Simoni – Uccelli e caccia nella celebre opera del Tirabosco

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Simoni – Uccelli e caccia nella celebre opera del Tirabosco
Uccelli e caccia
nella celebre opera del Tirabosco
d i P i n o Si m o n i
Alla cara memoria di
Franco Sacchetti
D
opo aver illustrato la prima edizione del poema didascalico
L'Uccellagione
del Tirabosco, osiamo ora risolvere l'insoluto
«pro bl e ma del linguaggio venatorio», riguardante particolarmente i nomi degli uccelli, contenuto in questa famosa opera tiraboschiana anche se qualche tentativo è già stato fatto nell'Ottocento.
Figlio di Giacomo e di Cecilia Alberti, Antonio Tirabosco nacque il 27
febbraio 1707 in contrada S. Marco n. 45 (ora Vicolo S. Marco n. 2) a
Verona, dove, dopo aver esercitato la professione paterna di notaio, mori
il 13 febbraio 1773 in seguito ad un banale incidente di caccia, scivolando
in una scarpata mentre, con il suo bravo cane, cercava le beccacce sui
monti di Centro di Tregnago, località dell'area cimbra della nostra
provincia. Come da espressa sua volontà, il nostro poeta della caccia
venne sepolto nella chiesa di S. Carlo in Verona, fatta costruire dai suoi
avi.
La sua produzione letteraria è abbastanza vasta: fu cultore di studi
danteschi, studioso appassionato di poeti latini e autore di vari soggetti e
canzoni. La sua fama è pe rò legata al poema in tre libri L'Uccellagione,
l'opera sua maggiore, apparsa nel 1775, due anni dopo la sua morte, a
spese dell'editore Moroni in Verona in una elegante edizione, dedicata al
capitano e vice- podestà della città Angelo Carminati.
L'opera ha avuto un grande successo editoriale: dopo la stupenda editto
princeps, risulta stampata più volte non solo a Verona ma anche a Roma,
Venezia, Milano, Parma e Brescia; un totale di diciannove edizioni, di cui
l'ultima, nel 1955, è pubblicata da Vita Veronese (Collana «Lo Scrigno» n.
7) con una dotta introduzione di Mario Carrara. Il poema, gradito e
gustato dai contemporanei, fu letto e divulgato per tutto l'Ottocento
nelle scuole come libro di piacevole e sana lettura. Per molti motivi
piacque e piace ancora: i cacciatori, i bibliofili sono rimasti sempre fedeli
all'edizione originale di questo rarissimo e pregiato libro figurato di
caccia del Settecento.
Ispirato dalla sua personale esperienza venatoria, il Tirabosco i mpi e gò
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molto tempo per comporre L'Uccellagione, forse dal 1760 al 1773, perché
l'opera fu sottoposta ad un lungo lavoro di lima per trovare la purezza
della lingua e l'eleganza dei versi. Ripartita in tre libri, descrive con grazia
e sincerità le bellezze della natura., la pace delb.c^mria-^na.eldi,v^dTOAyi?i
di catturare gli uccelli.
Il primo libro è un invito al cacciatore a preparare le reti nel periodo
invernale e primaverile, quando la caccia rimane chiusa. Il poeta esorta ad
uscire in campagna per ascoltare il canto amoroso degli uccelli e gustare
la tranquillità della natura tra gli alberi rifiorenti, pieni di gemme e fiori.
N e l secondo libro è già primavera inoltrata e il Tirabosco insegna
all'uccellatore il modo di preparare il roccolo e al cacciatore come usare le
reti e i cani per catturare le starne e le coturnici sui monti. Il terzo ed
ultimo libro è dedicato all'uccellagione nel periodo del passo autunnale.
Pispole, tordi e allodole sono le migliori prede in questo tempo di caccia.
E poi l'inverno, a casa con gli amici accanto al focolare a raccontare le
belle giornate venatorie.
L'opera tiraboschiana è piena di soggetti adatti a suscitare la vena
poetica: il volo e il canto degli uccelli, il nido, la cova, i primi voli ed i
quadri agresti che la natura offre ogni giorno. Il nostro Autore ricorda
pure la muta o chiusa (dialetto veronese: muda) degli uccelli da richiamo,
che i cacciatori custodiscono accuratamente al buio dal 3 maggio al 14
settembre circa, il periodo cosiddetto fra le due Sante Croci, per il cambio
delle penne ai volatili.
Ne L'Uccellagione tiraboschiana affiorano un certo numero di specie di
augelli con una nomenclatura italiana tuttora usata ed altri con quella
settecentesca che abbiamo cercato d'individuare: questi nomi sono stati
riportati come trovati nell'opera, sia al singolare oppure al plurale. D i
nostro abbiamo aggiunto il nome volgare italiano pi ù comune, quello
scientifico latino, quelli dialettali veronesi e, quando in possesso, anche
quello in cimbro. Per quanto riguarda la vita e la descrizione degli uccelli,
che presenteremo fra poco e già noti nell'ornitologia italiana, rimandiamo l'appassionato e cortese lettore alle varie, belle e illustrate opere e alle
enciclopedie ornitologiche e venatorie recentemente edite.
Questi sono gli uccelli reperiti nell'opera del Tirabosco e qui di seguito
elencati in stretto ordine alfabetico per una facile consultazione:
1) Acceggie = BECCACCI A, Scolopax rusticola Lin n eo 1758.
Dialetto veronese: Galin àssa, Galin àza, Galin àssa falchetina, Pipòn a, Becàssa, Becàza.
Cimbr o: Sch n àp f, Sch n epfar in j, Sch n opfa, Sn epf, Snepf ar i n , Sn épfe.
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2) Aliu zzi = BA LI A NERA, Ficedula hypoleuca hypoleuca (Pallas 1764).
Dialetto veronese: Batiale, Bati-ale m òr o, Batiale nero, Batiàla, Al i , Frangueleto dei boschi.
Conosciamo pure la BA LI A D A L CO LLARE, Ficedula albicollis albicollis
(Temmin ck 1815).
Dialetto Veronese: Batiale.
Allodette, vedi: Allodola.
3) Allodola, Allodolette, Lodoletta, Lodolette, Allodette = A LLO D O LA ,
Alauda arvensis arvensis Lin n eo 1758.
Dialetto veronese: Lòdola, Ciurlòta, Pasturata, Paissòta, Lòdola mantovana, Sarloda, Ràldola.
Cimbr o: Leber ga, Ló d o l e .
Pure Lodoletta per CAP P ELLACCIA, Galerida cristata cristata (Linneo
1758), da n oi elencata alla voce: Calandra.
4) Aveglia = AVERLA P I CCO LA, Lanius collurio collurio Linneo 1758.
Dialetto veronese: Sarsàcolo, Sarsàcola, Sirasacol foresto, Sirisàcolo, Sersacolo, Siversacol, Regestola, Sarciacolo, Gazeta, Sato rosso, Redèstola.
Cimbr o: Gh esa.
Dubbiosa è l'attribuzione degli Au t or i all' AVERLA M AGGI O RE, Lanius
excubitor excubitor Linneo 1758.
Dialetto veronese: Sarsàcolo falconèr, Redèstola, Sarsacolón , Sirasacol,
Regestola, Gar dolàt a, Rièstola, Sibersàcolo falconèr, Sarsàcolo gazàrdo,
Redèstola falcona, Reièstola falcona, Redèstola, Sersacolo, Sersacolon,
Sersacolo falconier, Sersacolo d'inverno, Ariestola, Siversacol, Sarsàcolo
bianco.
5) Balestrucci = BALESTRUCCI O , Delichon urbica urbica (Linneo 1758).
Dialetto veronese: Sipriòto, Tartagin, Rón din a, Dar dar ìn , Dalder, Rón din a
bianca, Tartarìn , Zipr iot o, Fratìn , Tartaro, Dàr dar o, Rondinela.
6) Beccafichi = BECCAFI CO , Sylvia borin borin (Boddaert 1783)
Dialetto veronese: Becafìgo, Figaròla, Becafic, Biancheta.
Cimbr o: Kack ar , Sch n opf.
7) Braviere, Bravieri = STRI LLO ZZO , Emberiza calandra calandra Linneo
1758.
Dialetto veronese: Petòn zo, Petòn so o Pet ón so, Peton sòl, Pitòn so, Petonsolo, Cressi-man.
8) Calandra = CAP P ELLACCIA, Galerida cristata cristata (Linneo 1758)
Dialetto veronese: Capelòt a, Capelùga, Capelùa, Capelòt a, Calandra, Lòd ola capelota, Capelona, Capelotina, Capelàza.
Vediamo pure la T O T T A V I LLA , Lullula arborea arborea (Linneo 1758).
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Dialetto veronese: Calandra, Merlon gàt o, Lòdola (falsamente), Lodolì,
Calandrina, Tordin a.
9) Calderugi, Calderuggi = CA R D ELLI N O , Carduelis carduelis carditeli*
(Linneo 1758).
Dialetto veronese: Gardelìn , Cardelìn , Gardelii, Gardelì.
Cimbr o: Dist oogh el.
10) Calenzuol, Calenzuoli = VERD O N E, Chloris chloris chloris Linneo
1758.
Dialetto veronese: Ter àn so, Tir àn so, Verdòn , Zaràn to, Tar àn zo, Saràn to,
S-ciarànto, Ter àn zo, Tar àn s, Becheta (femmina), S-ciaranzo (maschio),
Tar àn sio, Teràn sio.
Cimbr o: Gr àse - m o u cal a, Gr ase m ó u c al a.
11) Cingallegra = CI N CI ALLEGRA, Parus major major Linneo 1758.
Dialetto veronese: Speròn sola, Seròn sola, Sifolòta, Potasèca, Zifòtola, Speròn sola mora, Sifotòla mora, Speròn zola, Speransina, Potasséca, Speran sóla,
Sifòtola, Sifótola, Ciciarèla, Perussola, Sparin sòla, Moretin a, Potasséca
nostrana, Potasséca da montagna, Ci-ci-bin , Speran zóla, Parùssola.
Cimbr o: Fin ch iglia, Fi n k l ja , Móase la, Moesilja, Sin cilja, V i n k l i a (?).
Civetta, vedi: Coccoveggia.
12) Coccoveggia, Civetta = CI VETTA, Athene noctua noctua (Scopoli 1769).
Dialetto veronese: Sivèta, Civéta, Zivèta, Siéta, Fieta, Zieta, Civeta, Ciussa,
Zoeta.
Cimbr o: A u l .
13) Codirossi = CO DIRO SSO , Phoenicums phoenicurus phoenicurus (Linneo
1758).
Dialetto veronese: Squarùssolo, Squeròssolo, Coar òssa, Squarol, Squar óssolo, Scoarossolo, Cor ù solo, Coerossa, Scorossol, Scue-róssolo, Squaronsolo,
Squarosol, Squar òzolo, Squarùssolo nostran, Squarùssolo da montagna,
Squarassol, Scoarossoleto, Squarossoleto.
Cimbr o: P r an t - vou gh ilja, P r a n t v ó u gh i gl i a , Roat sban t z, Roat sban z.
14) Cot ur n ici = CO TU RN I CE, Alectoris graeca Meisner 1804.
Dialetto veronese: Cot òr n o o Cot ór n o.
Cimbr o: Rebeh a (?), Rebeh u an , Reben h u a, Rege-h uaz, Regen -h uaa,
Ré gh e h u , Ré gh e - h ù a.
15) Cutretta, Cutrette = BALLERI N A o BALLERI N A BI AN CA, Motacdla
alba alba Linneo 1758.
Dialetto veronese: Spassacòa o Spassacóa, Squassacòa, Catarin èla, Aquaròl,
Balarina, Piombii, Boarola, Balerina, Sguassacoa (anticamente), Boarina,
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Spassacóa bianca, Baticoa, Boarota, Tremacoa (anticamente).
Cim br o: Bacer st elz, Bassarsch eltz, Bassarsch elz, Bassarskelt z, Bassarskelz, Basser-skeltz.
Oppure la CUTRETTO LA CAP O CEN ERI N O , Motaalla flava cinereocapilla Savi.
Dialetto veronese: Bricè, Briecè, Coarina, Boarola (?), Spazzacòa giàla.
Anche la CUTRETTO LA o CUTRETTO LA GI ALLA, Motaalla flava
flava Linneo 1758.
Dialetto veronese: Boarìn a, Boarìn a giàla, Boar òla, Coarina, Squazzacoa
(anticamente), Tremacoa (anticamente), Spazacòa giàla.
16) Fagian = F A G I A N O C O M U N E , Phasianus colchicus colchicus Lin n eo
1758.
Dialetto veronese: Fagiàn , Fasàn , Fajàn , Fagiano.
17) Falcon = FALCO N E, in genere le specie appartenenti alla Famiglia dei
Falcon idi = Falconidae.
Probabilmente i l P ELLEGRI NO o FA LCO N E P ELLEGRI NO , Falco
peregrinus peregrinus Tun stall 1771.
Dialetto veronese: Poiana negra, Falch etòn , Falco de la regina, Poiana,
Poiana nera, Falchet, Falcheto, Falco, Falcón , Poia.
Cimbr o: Bimbege (?), Bimpege (?), Bim p è ge (?), Bim pegh e (?), Bin t epege (?), Spin n ar (?), St u r (?), St u r h m (?), Vim pegh e (?), Vi m p é gh e (?),
Vou ge l ' u n h àn je (?), W im peh e (?).
Più identificabile è la P O I A N A , Buteo buteo buteo (Linneo 1758).
Dialetto veronese: Poiana da zoca o da in vern o, Poiana, Poiana da soca,
Poiacara, Parabel, Oselazo, Oselaz, Oselasso, Agoia o Agoja, Pojana, Poia.
18) Fanelli = FAN ELLO , Achanthis cannabina cannabina (Linneo 1758).
Dialetto veronese: Fain èl, Fan èl, Favinelo, Fainelo, Farin èl, Fagan èlo.
19) Fringuei = FRI N GU ELLO , Fringilla coelebs coelebs Lin n eo 1758.
Dialetto veronese: Fran guèl, Fineo, Frin guèl, Frangoel, Fringuelo.
Cimbr o: Fin ck , Fi n k , V i n k (?), V i n k h (?), W i n k .
20) Frosoni = FRO SO NE, Coccothraustes coccothraustes cocotharaustes (Linneo
1758).
Dialetto veronese: Frisòn o Frisón , Fr isòo, Sfrisòn , Frisone, Froson.
21) Gr u = GRU, Grus grus grus (Linneo 1758).
Dialetto veronese: Gr ùa, Gr u .
Lodoletta, Lodolette, vedi: Allodola.
22) Luch erin i = LU C H E R I N O o LU C A R I N O , Carduelis spinus (Linneo
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1758).
Dialetto veronese: Lugarìn , Cir i, Cir i, Lugh erii, Ugar ìn , Lugar ì, Logarìn ,
Lugh erì.
23) Massajuola = CU LBI A N CO , Oenanthe oenanthe oenanthe (Linneo 1758).
Dialetto veronese: Culbianco, Culbian co de tera, Cu i bianc, Culobianco,
Biancocul.
Cimbr o: Baizen sch ban z.
24) Mer lo = M ERLO , Turdus merula merula Linneo 1758.
Dialetto veronese: Mèrlo, Mèrla, Mèrlo sotobanca, Mèrlo de zoca, Mèrlo
negro, Ciòrla (femmina).
Cimbr o: Am isch al, A m i z a l , Am sel, Balt -amassal, Balt - am isch al.
25) Mon ach in i = CI U FFO LO TTO , Pyrrhula pyrrhula Linneo 1758.
Dialetto veronese: Siolòn zo, Siolòn go, Subiòt o, Siolòn so, Sufolóto, Sifolot,
Zufolot o, Fran guèl de montagna, Zión zolo, Ciùs.
26) Mon t an elli = PEPPOLA, FringUla montifringilla Linneo 1758.
Dialetto veronese: Mon t àn , Fineo mon t àn , Mon tai, Mon t an o, Fanguel
mon tan , Fineo (?), Frangoel mon tan .
Cimbr o: Ka l .
27) Or t olan , Ortolan o = O R T O LA N O , Emberiza hortulana Lin n eo 1758.
Dialetto veronese: Or t olàn , Gir on dò, Giran do, Mirabùs.
28) Passera, Passere, Passeri = PASSERO o PASSERA D ' I T ALI A, Passer
domesticus italiae (Vieillot 1817).
Dialetto veronese: Pàssara, Passaròto, Becacòpi, Pàssara testona, Pàssera
grossa, Pàssera, Pàssara padoana, Pàsara, Pàssara casalina, Pàssara da copi.
Cimbr o: Spatz.
Anche la P ÀSSARA M A T T U G I A , Passer montanus montanus (Linneo
1758).
Dialetto veronese: Pàssara o Passera grautìn a, Passarina, Pàssara crautina,
Pàssara glautina, Buserina, Busarina, Pàssara garaottina (anticamente),
Pàssara graotina, Pàssara migliarin a, Grautina, Pàssara de campagna, Pàssara maiaròla, Graotina.
Pure la PASSERA D I P ALUDE, Emberiza schoeniclus intermedia (Degland)
citata dagli Au t or i.
Dialetto veronese: Piònsa de vai, Pion sòn , Can arèl, Passera canarola.
29) Pernice = Forse la P ERNI CE BI A N CA , Lagopus mutus (Mon t in 1776).
Dialetto veronese: Galastrèla, Galina de la neve, Pernìsa e Pernìse bianca,
Galastrèla bianca, Pernis bianca, Pernise de la neve.
Cimbr o: Re b e h à.
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Pernice, Pernici, vedi: Starne.
30) Pettirosso, Pettirossi = PETTIROSSO, Erithacus rubecula mbecula (Linneo
1758).
Dialetto veronese: Pìtaro, Pitàro, Petarosso, Piter, Petirosso, Pìtro, Pitar.
Cimbr o: Ró a t i gl i a , Roat ilja, Roet ilja.
31) Pispole, Pispoletta, Pispolette = PISPOLA, Anthus pratensis pratensis (Lin neo 1758).
Dialetto veronese: Sgussèta, Fista, Sguzeta, Scozzèta (anticamente), Scusseta, Tordin a (?), Sgusceta (anticamente).
Cim br o: Gr a se m ò u k a l a , Gr àse - m o u c al a, Gr a se m ó u c a l a , Rasen m oukala.
32) Quaglia, Quaglie = Q UAGLI A, Coturnix coturnìx coturnix (Linneo
1758).
Dialetto veronese: Quaia, Quaioto (maschio), Quaiastròn (giovane), Quaiastrèl o Quaiastrìn (pulcino), Qoaja, Coàia, Coaja, Quaja.
Cimbr o: Bach t el, Bad it e la, Bach t ala.
33) Raperini = VERZ ELLI N O , Serinus serinus (Linneo 1766).
Dialetto veronese: Sverzarìn, Sgarzerìn , Sverzerìn, Sversarìn, Svesarìn,
Verzerì, Sverzelìn, Larosol, Verzelìn .
34) Ron din in , Ron din i, Rondinella = R O N D I N E , Hirundo rustica rustica
Lin n eo, 1758.
Dialetto veronese: Rón den a, Rón din a, Rondinola, Ron den èla, Ron dan ìn ,
Rón dola, Ronda, Usèl de la Madona, Galìn a del Signor, Rondalato,
Smaltare, Rondene, Galin éta del Signor, Galin èla del Signor, Rondine,
Ron dan ìn a, Rón dan a, Osèl de la Madòn a, Fioléta de la Madón a, Mon egh ìn a
del Signor, Rondine forbesón a, For besón a.
Cimbr o: Sbalb, Sbalme, Sbam, Sbelb, Sch balbela, Sch balme, Sm alm e.
35) Saltainseccia = SALTI M P ALO , Saxicola torquata rubicola (Linneo 1766).
Dialetto veronese: Batiale, Favarèto, Negr isòl, Negrisiol, Batiàl, Griseta,
Negrisola (anticamente), Polentarol (?), Sgrisol (?).
Per gli Au t or i pu ò essere anche lo STI ACCI N O , Saxicola rubetra (Linneo
1758).
Dialetto veronese: Negr isòl, Negrisiol, Batiàl, Griseta, Polentarol (?), Sgrisol
(?)•
36) Scricciolo = SCRI CCI O LO , Troglodytes troglodytes troglodytes (Linneo
1758).
Dialetto veronese: Cércer, Cercèr, Reatìn , Imperatór, Imperatore, Sbusasièse, Trè-tré, Sbusazèse, Ruzeto, Sbusassése, Cin cèr, Sbuza-séze, Cir i,
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Sbusasaraie, Ceree, Ciarcèr, Sbusa-passaie (?), Imperatorel, Scriciolo, Sbusaseràie, Sbusasese, Ceree, Sbuassese, Tarcer, Sbusasés.
Cimbr o: Cer , Ke n igh lie , Ke n i k l ja, Ku n i c h a l j, Kù n i ck i a, Kù n i cl i a,
Ku n i k l ja , Kù n i xl i a , Tz à u gn - k ù n i c k i a , Tz a u gn k ù n i c k i a , Tzau n k en ich lja, Tzau n k òn ich lja, Tz a u n i - k u n i k l ja , Tz a u n k u n i k l ja .
37) Sepajuole = CAP I NERA, Sylvia atricapilla atricapilla (Linneo 1758).
Dialetto veronese: Capinera, Capon èr o, Caponegro, Capinera, Conegre,
Moreta, Capet, Sparn in sòla, Capen èra, Caonegro, Caponera, Càon er o.
Cimbr o: Sb ar t zvou gh iglia, Sb àr t - v ó u gi l ja, Sb ar t z- vou gh ilja, Sbar t zv o u gh il ja, Sch w ar t vou gal, St au devou gal.
N o n certa la PASSERA SCO P AIO LA, Prunella modularis modularis (Lin neo 1758).
Dialetto veronese: Morèta, Moretin a.
Oppure la STERPAZZOLA, Sylvia communis communis (Latham 1787).
Dialetto veronese: Bian ch èta, Bian ch èta bianca, Sardagna.
38) Sparavier = SPARVIERE, Accipiter nisus nisus (Linneo 1758).
Dialetto veronese: Falch etìn , Falch etìn da o de lòdole, Falch èto da lòdole,
Gavin èl, Falchet, Falchete, Storela, Falco sparavier, Sparavèr, Sparavier.
Si p u ò anche immaginare la P O I A N A , Buteo buteo buteo (Linneo 1758)
citata alla voce: Falcon.
39) Starne = STARNA, Perdix perdix Linneo 1758 identificabile pure alla voce:
Pernice.
Dialetto veronese: Pern ìsa, Pernìse, Pernice, Pernis, Starna.
Cimbr o: Rebeh a (?), Roat e-r epeh uaa.
40) Tor d i = T O R D O o T O R D O BO TTACCI O , Turdus philomelos philomelos
C.L. Breh m 1831.
Dialetto veronese: Tor do, Tordo da ùa, Tor do da cico, Cip, Tordo boicio,
Boicio, Tor t , Toor t , Tor do de cico, Buicio.
Cimbr o: Drossel, Drosseltal, Tróasch al, Troascal, Tróascial, Trostel.
Anche i l T O R D O SASSELLO, Turdus iliacus iliacus Lin n eo 1766.
Dialetto veronese: Tor do rossèto, Tordo spin aròl, Tor do spin àrdo, Tordo
sigalìn, Spinarol, Spinarool, Sigalìn, Sigarài, Tor do sigarài, Rossèt o, Tordo
zigaròl (anticamente), Tor do sisalìn , Sisalìn, Siselìn, Sigoto, Tordo sigoto,
Tordo sassèl.
Cimbr o: Am isch al- r oat (?), Roat - am isch al (?).
41) Tordin a = P RISP O LO NE, Anthus trivialis trivialis (Linneo 1758).
Dialetto veronese: Tordin a.
Cimbr o: Bisan vou gal, Bisen vou gal, Tr oascal.
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42) Usign ol, Usign oli = U SI GN O LO , Luscinia megarhynchos megarhynchos
C.L. Breh m 1831.
Dialetto veronese: Rossign òl, Rusign òl, Rosign ol, Usign ol, Lusign ool,
Rossignolo, Russignol, Rusignolo, Rosignolo, Russignolo.
43) Zigoli = M I G LI A R I N O D I P ALUDE, Emberiza schoeniclus schoeniclus
(Linneo 1758).
Dialetto veronese: Pión sa, Piòn za, Piòn sa canarola, Piòn sa de risarà, Canar o l a, Spion za, Spion sa, Pion sa da aqua, O r t o l a n de p a l ù ,
e gli altri Zigoli della Famiglia degli Emberizidi = Emberizidae, in particolare lo Z I G O LO N ERO , Emberiza cirlus cirlus Lin n eo 1766.
Dialetto veronese: Pionza o Pionsa smaiardàda o smaiarda, Spionsa, Smeiarda scura.
C i è sembr at o o p p o r t u n o aggiun gere pu r e t u t t o ciò ch e r igu ar da i
p r in cip al i m ezzi d' au cu pio p r o p r i dell'ar t e ven at or ia settecentesca
espressamente m en zion at i dal Tir abosco, logicam en t e con ben eficio d ' i n ven t ar io.
Accu r at am en t e i l N o st r o descrive n ei su oi ver si la caccia con le r et i,
quelle or izzon t ali senza sacche e pu r e quelle ver t icali con sacche (a
t r am aglio). N e l l e p r im e abbiam o i l paretaio (dialet t o veron ese: re-trote,
trota), i m p i an t o sempre fisso i n u n dat o post o m en t r e la «p ar en t e
p r o ssi m a » prodina è m ob ile .
I l par et aio è u n a tesa cost it u it a «d a un a coppia [anche diverse] d i r et i,
un a p i ù gran de det t a grassa e u n a p i ù piccola detta magra, le qu ali,
coman dat e da u n capan n o, si ch iu d on o a t r azion e ven en do cosi a copr ir e
la piazza. Q u est ' u lt im a è cost it u it a dal t er r en o com pr eso fr a le due r et i
dove gl i u ccelli [principalmente di passo] si posan o at t r at t i dai r ich iam i
in gabbiat i, dagli zi m b e l l i a leva e dai passeggin i che son o sulla piazza».
La p r od in a assomiglia al par et aio, «p e r ò i n essa le r et i son o d i uguale
gr an dezza e lo spiazzo su cu i si ch iu d on o è falciat o». Vien e cosi appellat a
«p er ch é d i solit o la si ten de alla p r od a del cam po a r idosso d i u n filar e d i
alber i»: è pu r e usata i n aperta campagn a per cat t ur ar e gl i alat i d i passo. «È
for m at a da u n solo paio d i r et i or izzon t ali d i m edia lu n gh ezza e altezza
(m . 10 x 2 al massimo) che si ch iu d on o sul r et t an golo d i t er r en o, post o fr a
d i esse, m edian t e fu n i m an ovr at e da u n cap an n e llo», dove è n ascosto
l' u ccellat or e. M o l t o spesso è detta reti vaganti, «cosi ch iamat e, p e r ch é si
posson o spostare facilm en t e» i n t er r en i d i past ura e d i t r an sit o dei volat ili.
I l Tir abosco riferisce d i u n a pantera: dovr ebbe essere u n a specie della
n ot a pantiera. M e gl i o al plu r ale pantere com e n el dialet t o veron ese
olandìne cioè son o delle r et i m o b i l i usate i n par t icolar m o d o per la caccia
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alle allodole e recentemente nella bassa pianura veronese fra le stoppie del
riso per catturare i passeri ed altri piccoli pennuti: si pu ò dire una piccola
prodina. Invece Vittorio D al Ne ro ci dà un'altra versione: «So n o una
specie di leggieri tramagli, pi ù o meno grandi, a tre teli da larghe maglie e
senza armatura poi che si fissano al suolo appesi a funicelle sorrette da
bastoncelli e che stendonsi per pigliare allodole, quaglie ed altri uccelli usi
a dormire per terra».
Tra le reti verticali con tramaglie notiamo il roccolo: è la classica tesa
per catturare gli uccelli disposta su un terreno rasato e «specialmente
attrezzato, con piante sempre verdi» collocate in una forma semicircolare. Diverse gabbie di richiami sono nascoste e degli zimbelli vengono fatti
svolazzare al momento giusto. Quando gli uccelli di passo arrivano e si
posano, allora dal casotto (o capanno) viene lanciato uno spauracchio
(dialetto veronese: strambajo) e questi volatili spaventati, fuggendo,
vanno ad insaccarsi nella rete sottile e, si p u ò dire, invisibile e nascosta.
D i diversa impostazione venatoria e costruzione è la quagliara o
quagliottara: un mezzo di uccellagione per catturare logicamente le
quaglie nei mesi di agosto-settembre ed anche in ottobre quelle di ripasso.
Consiste in un appezzamento di terreno, con speciale coltivazione, a
forma di triangolo, aperto da un lato mentre gli altri due vengono cintati
con una siepe fitta e invalicabile in modo che le quaglie sono costrette,
pedinando, a dirigersi verso il vertice formato dalle due pareti di steli e
dove è collocata la rete a forma di nassa o bertovello. La caccia si inizia alla
sera collocando su un palo, molto alto con la carrucola, i richiami che
nella notte attirano le quaglie del posto e di transito. Il canto delle quaglie
in gabbia viene «aiutato» e aumentato dal quagliere (dial. ver. quajaról)
usato dai cacciatori appostati: è uno strumento fatto d'osso con una
borsetta di pelle ripiena di crine di cavallo e battendolo con arte produce
ed imita molto bene il canto delle quaglie. (I maschi credono molto al
verso della femmina fatto con questo speciale fischietto). A turno, dal
capanno gli uccellatori vigilano la tesa per tutta la notte. «D o p o aver
abbassato le gabbie dei richiami», al sorgere del sole si effettua la
«battuta»: gli addetti partendo da lontano, battendo le mani e dicendo
«Cori bela, cori bela» invitano i piccoli galliformi, posati per terra nella
notte attirati dai richiami, a pedinare verso quel triangolo dove è posta la
rete a sacco: cosa importante è che le quaglie non s'alzino in volo.
(Qualche tempo fa quelle sfuggite alla cattura venivano racimolate e
ribattute con il fucile caricato con cartucce munite di piccolo piombo e il
cane da ferma).
1 Tirabosco parla pure della ragna: crediamo che si tratti di una sottile rete
a sacche usata pe rò nell'uccellagione vagante con o senza richiami. Per la
78
verità dobbiamo aggiungere anche che la ragna è una classica rete da
uccellagione, della quale si parla in vari scritti della fine del Cinquecento.
Per il nostro poeta la caccia agli uccelli con gli archetti è una «Villana
invenzion, util più assai/ Che piacevol e grata a un cor gentile». Questi
mezzi sono usati dai bracconieri per catturare volatili di piccola mole
soprattutto i pettirossi. Se una volta tali lacci davano da mangiare alla
famiglia, oggi invece, regnando il benessere, i tenditori sono da condannare.
È a tutti nota nel passato (ed anche oggi dai bracconieri) l'insidia dei
lacci, fatti di crine e collocati nei luoghi di pastura, per catturare gli uccelli
mentre quelli costruiti con ferro maleabile vengono usati nei posti di
transito per prendere gli animali da pelo.
D i un certo fascino è la caccia col vischio agli uccelli «di piccola e media
mole adescandoli con richiami e altre lusinghe». Co n questa sostanza
adesiva inessicabile si preparavano i panioni, le panie e il palmone
(dialetto veronese: vis-cióni, vis-ce, panioni). Proprio nel Settecento era
famosa la caccia con i panioni e la civetta (la femmina è migliore). Il
panione consisteva in una grossa verga impaniata per prendere i volatili,
le panie erano verghette di legno sottile spalmate di vischio mentre invece
il palmone era formato da un «gro sso palo che si pu ò alzare e abbassare, e
alla cui so mmi tà si infiggono vergóni a raggerà, spalmati di vischio, per
prendere piccoli uccelli», attirati da richiami posti attorno all'imboscata.
Il Tirabosco ricorda la caccia con il vischio e i richiami alle Cinciallegre
(dial. ver. sperónsole), catturate anche non molti anni fa dai giovani
bracconieri con lo stesso sistema.
Un a particolare descrizione ci offre il nostro Autore della caccia
notturna con una lanterna detta «frugnolo» e con una racchetta o paletta
appellata «ramata»: si tratta di sorprendere nel sonno gli uccelli appollaiati, che, abbagliati dall'intensa luce di tale lampada, restano immobili e
quindi facilmente abbattibili con un colpo della predetta ramata.
Co n l'espressione caccia alla «passata», il Tirabosco invita gli uccellatori a recarsi nelle «gole» dei valichi alpini a tendere le reti verticali quando
il movimento degli uccelli è intenso.
La caccia con il cane e le reti a starne e coturnici deve aver avuto
senz'altro una sua particolare attrazione e gioia venatoria se il Nostro ha
voluto poeticamente immortalarla: a quei tempi potevano accadere anche
questi piacevoli fatti.
Che cosa possiamo dire della caccia alle «passere al canestro» con
richiami? Solo la fantasia venatoria e la scarsa conoscenza ci spingono a
riferire di un probabile cesto a scatto per catturare questi volatili oppure
una «céstola» cioè una specie di trappola, salvo che non siano le spesso
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usate grandi ceste di campagna adibite proprio per caduta e quindi per
intrappolamento per questo scopo ma in momenti particolari come
d'inverno dopo la caduta della neve.
Nell'opera tiraboschiana abbiamo pure notato l'uso della civetta negli
appostamenti di caccia, in modo che questa venga ripetutamente fatta
svolazzare e quindi i richiami a cantare e attirare i consimili di passo.
In appendice proponiamo una curiosità tiraboschiana e ornitologica:
quel fortunato uccellatore che il nostro poeta vide, citò e ammi rò sul colle
veronese di S. Leonardo fu Stefano D a Brolo Berzacola, appassionato
cacciatore e autore di una originalissima opera intitolata Uccellande e
Uccellatori, forse manoscritta e quindi inedita, che da molti anni andiamo
cercando. Per nostra fortuna, alla fine dell'Ottocento Augusto Squarzoni, noto curatore del capolavoro tiraboschiano, ebbe modo di leggere tale
trattato venatorio riportando quella nota curiosa e pure a noi piacevole.
Eccola:
«Il cacciatore che entra in campagna - scrive i l Berzacola - pu ò risparmiarsi i l
lusso cosi in comodo dell'orologio da tasca, mentre se gli è famigliare la voce
degli uccelli deve anche saper leggere sull'Orologio del Cacciatore.
«Dop o l'Usign olo, continua i l lepido scrittore, che canta interpolatamente
tutta la notte, il Frin guello è quello che per pr imo segnala lo spuntare del giorn o
dalle l 1 / , alle due ore; segue i l canto della Capinera dalle 2 alle 2 / ; fin o alle 3
cantano le Quaglie; dalle 3 alle 2> / il Pettirosso; da quest'ora alle 4 squittisce i l
Mer lo; dopo le 4 si fa sentire brevemente la Cingallegra; dalle 4 ' / alle 5 zirlan o i
Tor di; poco prima delle 6 cantano le Prispole; alle 6 / cinguetta la Passera; alle 7
il cielo è t ut t o pieno delle querele della Calandra; e da quest'ora fino alle S /
dura i l soave concerto delle Allodole.
«Dalle 8 ! / 2 alle 9 canta la Moretta e l'Or t olan o; dalle 9 1 / 2 alle 10 il Codirosso;
da quest'ora alle 10Y2 lo Zigolo giallo; e dalle 10 x / 2 alle 11 ' / i l Zuffolot t o e la
Catarinella.
«A questo pun to r om or i d'altra specie si fanno sentire per la campagna: lo
stormire quieto delle foglie, i l soffio mite del vento, i l leggiero ron zio delle api
operaie, e quello più romoroso dei calabroni, e lon tan lon tan o, lo stridore
languido delle Grilla]ole.
«Un po' pr ima delle 2 canta i l Fanello, alle 2 1 / , è la volta del Verdone; dalle
2 / sàie 3 fischia il Braviere... e qui ancora l'Orologio del Cacciatore, subisce una
nuova in terruzion e durante la quale la natura pare che si abbandoni in un
profon do sopore; ma probabilmente anche i l cacciatore sarà stanco e vorrà
prendersi un'oretta di riposo; giusto i l tempo necessario, perch é l'interessante
congegno riprenda i l suo movimen to regolare.
«Infatti verso le 4 il Rigogolo rompe bruscamente il silenzio; alle 4 / prin cipia
la mesta elegia del Passero solitario; da quest'ora alle 5 la Cun etta chiama a
raccolta le compagne sui prat i; dalle 5 alle 5 / tubano le Tortore; alle 6 cantano
le Pernici pr ima d'appollajarsi; alle 6' / 2 la Ghiandaja strilla replicatamente
l 2
l 2
1 2
1 2
1 2
1 2
1 2
81
riducendosi al bosco; alle 7 l'Assiolo saluta le prime ombre della sera; e questa
volta l'or ologio si ferma... per ricomin ciare da capo i l giorn o dopo».
Concludendo, possiamo dire che il nostro Tirabosco nella sua opera
L'Uccellagione
dimostra una «pro fo n da conoscenza o rn ito l o gica»: egli fu
infatti un vero e preparato cacciatore, che si dilettava molto spesso sulle
colline veronesi in particolar modo nella bella terra di Centro di Tregna-
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