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Lapo Elkann: La sede di Garage Italia Customs a Milano «Il sogno italiano può ancora avverarsi» SGUARDO ACCATTIVANTE, UN SAVOIR-FAIRE CHE SORPRENDE E UNA MENTE FOCALIZZATA COSTANTEMENTE VERSO NUOVI PROGETTI. UN'INTERVISTA A 'TU PER TU' INTORNO AL MONDO DEL DESIGN, DEL LIFESTYLE, DEL VISUAL, DEI MOTORI E, NON ULTIMO, DELLA SOLIDARIETÀ. UN UNIVERSO GIOVANE DALLE MILLE SFACCETTATURE, DOVE I SOGNI NON MANCANO MAI... I di GUIDO BAROSIO, ALESSIA BELLI e VALENTINA STIFFI foto FRANCO BORRELLI, CLAUDIO FERRERO, MARCUS MAM e ARCHIVIO GARAGE ITALIA CUSTOMS mprenditore creativo. Due parole per racchiudere l'essenza di Lapo Elkann. Determinazione, energia e perseveranza sono le armi che ogni giorno mette in campo nelle sue numerose attività. Imprese e collaborazioni che rispecchiano il suo modo di vedere la realtà e a cui si dedica ininterrottamente. «Nel lavoro, che rappresenta gran parte della mia vita, mi considero un ossessivo compulsivo», ci confida mentre racconta quanto siano importanti la dedizione e la ricerca nell'affrontare le sfide quotidiane. Raccontando trasmette tutta la passione e la forza incanalate nei suoi progetti. Lapo Elkann, con il suo determinato entusiasmo, ci trasporta in un viaggio che parte dall'Italia e fa il giro del mondo attraverso lo stile, il business globale, la cultura e il futuro. Ricordandoci sempre che il mercato italiano possiede un forte appeal, soprattutto se non si perde mai la vision 'giusta': «L'Italia ha un grande potere attrattivo – spiega – e bisogna puntare sulle nostre carte vincenti: il bello, la qualità e il buono che caratterizzano tante realtà del nostro paese». Scrive e disegna, Laps (come lo chiamano gli amici), mentre ci trascina nei suoi pensieri. Perché «essere un imprenditore è vita, bisogna essere on call 24 ore su 24. E, soprattutto, sempre pronti ad ascoltare la propria squadra». Sei un esempio d’imprenditorialità, soprattutto per i giovani. Hai già raggiunto tanti traguardi. Stai facendo il lavoro che desideravi? «Il bello della vita è che è fatta di percorsi. La mia grande fortuna è che la sfera professionale, e non, è stata molto densa, varia, intensa e con grandi alti e bassi. Esperienze che mi hanno consentito di gestire quasi ogni tipo di difficoltà, e che oggi affronto con meno ansie e tensioni rispetto a molte altre persone. Probabilmente per il fatto che, finora, mi è stato possibile entrare in contatto con tanti ambiti, dall'automotive al marketing, alla comunicazione fino alla politica: ho toccato altissimi picchi di successo ma ho attraversato anche momenti bui, da cui poi sono riuscito a riemergere per costruire nuove realtà aziendali e startup, producendo sempre nuovi progetti e prodotti costantemente precursori d’innovazione in ogni campo». Partendo da Italia Independent... «Oggi conta quasi 400 tra dipendenti e collaboratori nel mondo. Torino e Venaria sono la casa madre della nostra attività: questo perché Torino ha mille motivi per essere una città con tanti pregi e credo che nel tempo sia andata anche migliorando. C'è più apertura al marketing e meno quell'atteggiamento 'bogianen'. La modestia e l'umiltà sono fondamentali, ma per vendere un prodotto bisogna anche saperlo presentare. È necessario suscitare pathos e avere costanza per valorizzare ciò che si crea. Torino, negli ultimi anni, ha saputo cambiare pelle ed è diventata una città che offre tanto. Di base sono a Milano, perché per il lavoro che svolgo è più 'comoda' e, per certi aspetti, più dinamica, ma ho voluto che la mia nuova fondazione, Laps (Libera Accademia per Progetti sperimentali), nascesse a Torino. Sono due città che hanno molto fascino, ma devo ammettere che a me piace l'Italia a 360 gradi». E se potessi scegliere dove vivere? «Vorrei che in Italia esistesse un posto come Barcellona. Io amo tutte le località marittime, città come Tel Aviv e La sede di Venaria di Italia Independent Napoli. Mi piace alzarmi la mattina e guardare il mare. Purtroppo, però, nel nostro paese non esiste ancora una città affacciata sul mare davvero efficiente, caratteristica fondamentale per chi fa business. Vivere su una barca resterà sempre un sogno per me. In questo momento è ovviamente impossibile, ma il bello della vita è proprio il fatto di poter avere costantemente dei sogni...». Sei considerato anche un influencer... cosa ne pensi? «Ne sono onorato e gratificato. Mi spinge a fare di più e a farlo meglio: è un’energia che mi stimola a supportare le nuove generazioni, permettendo loro di entrare a far parte dei miei progetti. Per esempio, abbiamo da poco incoraggiato ragazzi — tramite la fondazione Laps — provenienti da realtà disagiate, mettendo a disposizione dieci borse di studio. La realtà dei fatti è che ci sono tante cose da fare, soprattutto nel sud Italia. I giovani, la legalità e il diritto alla felicità sono temi che mi stanno particolarmente a cuore. Le mie stesse aziende, anche quelle fondate sette o otto anni fa, mantengono un carattere fresco, un fervore e un'energia dovuti al fatto che ci lavorano persone giovani di testa e di atteggiamento. Perché se vuoi competere, combattere e vincere con le tue idee, devi avere al tuo fianco persone dalla mente aperta, incentivata e 'mega motivata'. E allora devi aiutarle a costruire un futuro per l'azienda e per loro stesse: due attitudini che, se viaggiano sullo stesso binario, sono una carta vincente sia per l'impresa che per il lavoratore. È per questo che il nostro modo di vivere l'azienda è molto particolare: a Venaria, ad esempio, nella sede di Italia Independent, ho aperto una palestra... Per me è importante il benessere psicofisico dei miei collaboratori. Detto ciò, ritengo che in Italia ci siano molte isole felici». Molto spesso si parla dei giovani italiani in maniera critica. Tu che hai girato il mondo, come li consideri rispetto ai giovani stranieri? «Non parlerei del giovane italiano, ma di quello europeo. Realisticamente parlando, l'Europa ha un grandissimo handicap: è un continente vecchio. Di cose da mettere in pratica e su cui riflettere per essere competitivi ce ne sono tante. È necessario un lavoro di aggregazione e di unione molto più forte. Ci sono paesi nei quali i ragazzi sono maggiormente predisposti all'internazionalizzazione e altri in cui lo sono meno. Non andrei a criticare i giovani: il problema sono le istituzioni, che dovrebbero creare le condizioni per permettere anche a loro di affrontare il mondo del lavoro con più grinta e dinamismo; con la consapevolezza di potersi costruire un futuro nel proprio paese o nel proprio continente. Secondo me, il sogno italiano, come quello americano, può esistere. Purtroppo, però, far nascere da zero realtà imprenditoriali qui è ancora molto complicato, il sistema è lento e poco reattivo rispetto a quanto accade nel resto del mondo. Chi investe e ha voglia di fare impresa, invece, non può permettersi di perdere tempo. Lo stesso vale per gli studi, perché nelle università straniere c'è una maggiore spinta propulsiva verso gli stage. Se la scuola non aiuta e non incentiva i giovani a entrare nel mondo del lavoro durante il percorso accademico, in modo da conoscere più realtà e capire meglio qual è la strada che vogliono intraprendere, la colpa non è loro ma del sistema». Sei molto legato anche al concetto di ‘creato e concepito in Italia’: cosa pensi dello stile italiano? Ha ancora un futuro? «L'Italia, se presa dal verso giusto e guardata con occhi e passione diversi, è un mercato dal grande e fortissimo potere attrattivo. Ma bisogna saper valorizzare le sue qualità, altrimenti non ce la faremo, perché siamo meno competitivi di altre nazioni. Eppure, abbiamo molte realtà di altissima eccellenza: dall'artigianato alle industrie. Quando ho scelto di avviare le mie attività in campi diversi, mi sono reso conto che si tende a parlare Il negozio Italia Independent in via Lagrange a Torino “ Il bello della vita è che è fatta di percorsi. La mia grande fortuna è che la sfera professionale, e non, è stata molto densa, varia, intensa e con grandi alti e bassi. Esperienze che mi hanno consentito di gestire quasi ogni tipo di difficoltà, e che oggi affronto con meno ansie e tensioni rispetto a molte altre persone ” “ Durante l’intervista L'Italia, se presa dal verso giusto e guardata con occhi e passione diversi, è un mercato dal grande e fortissimo potere attrattivo. Ma bisogna saper valorizzare le sue qualità, altrimenti non ce la faremo, perché siamo meno competitivi di altre nazioni ” IL MONDO DI LAPO Italia Independent Group: Italia Independent, Independent Ideas, Care Label e I Spirit Vodka Garage Italia Customs Fondazione Laps Tra le ultime collaborazioni di Italia Independent Group: Adidas Hublot Pepsi Ducati Karl Lagerfeld Pinko di Garage Italia Customs: Kartell 32 sempre di ciò che l'Italia non ha. Ma il sogno italiano esiste, c'è. Certo, devi lottare tre volte di più, ma se hai occhio e capacità il nostro paese ti permette di lavorare con gente di altissimo livello. La mossa vincente è fare squadra, meno Io e più Noi. Senza il mio team, non sarei stato in grado di realizzare le cose che ho creato. Naturalmente, oltre a me ci sono un sacco d’imprenditori 'cazzuti', che stanno lottando per le proprie aziende. Fare l'imprenditore non è un lavoro, ma una scelta di vita. Devi sempre essere disponibile e rapido per reagire alle tendenze del mercato. La reattività nel dare risposte e proporre prodotti sempre nuovi deve essere immediata, se vuoi essere competitivo. Non bastano le idee, ci vogliono una logistica e un'organizzazione che ti permettano di essere sempre più veloce dei tuoi competitor. Soprattutto nel mondo del lusso accessibile, devi essere in grado di fornire un servizio più veloce degli altri». E con Garage Italia Customs? «È tutta un'altra storia: non vendiamo un prodotto ma un sogno. Personalizziamo e realizziamo i desideri dei nostri clienti offrendo la possibilità di customizzare i loro mezzi con soluzioni tailor made. Partendo dal car wrapping fino a una totale personalizzazione. Non ci sono limiti...». Un'esperienza che ti ha riavvicinato al mondo dell'auto... «In realtà non l'ho mai abbandonato, è sempre stato fonte di grande ispirazione per la mia vita. Ed è stata anche la palestra più dura, che mi ha permesso di diventare ciò che sono oggi. Sono molto riconoscente, ad esempio, a Ferrari, Maserati e Fca, perché sono realtà con cui ho lavorato direttamente. Adesso ho creato una struttura totalmente differente, che ricorda di più il mondo dei mitici carrozzieri italiani, la cui sede è un’ex stazione di benzina Agip degli anni ’50, età d’oro dell’Italia. Quello che vorrei è risvegliare il brio e l'energia tipici del mondo dell'auto di quell'epoca, e farli rivivere». Per vincere bisogna essere versatili? «Sì, ma soprattutto estremamente determinati. La determinazione e l'ostinazione sono indispensabili per il raggiungimento dei propri obiettivi. Deve essere quasi un'ossessione. Il lavoro è gran parte della mia vita e mi dà un'adrenalina e un 'arrapamento' maggiori rispetto a ciò che la gente considera eccitante. Non mi pongo tempi né limiti quando lavoro». Ci sono momenti in cui stacchi? «Può capitare. A differenza di ciò che la gente pensa, non amo tanto la mondanità: in realtà, mi piace molto il contatto con la natura, in particolare con il mare. Accade, certo, che ci siano momenti di pausa, ma la mia testa non si ferma mai... elabora sempre! Ogni volta che guardo qualcosa ne noto subito i difetti. Una gran bella sfiga: se va bene sul lavoro, nella sfera personale non tanto... La mia vera forza è mettermi costantemente in discussione: come dico sempre ai miei collaboratori, è importante affrontare la vita a tutto tondo». Parlando di passioni, la Juventus? «È da sempre una mia grande passione, come di tutta la mia famiglia. Negli ultimi anni bisogna ringraziare mio cugino (Andrea Agnelli, ndr), che ci ha abituati bene (ride, ndr). Amo molto il calcio e in generale lo sport. Mi piace guardalo e praticarlo. È fondamentale nella mia vita». Cosa rappresentano le tue radici familiari? «Avere una grande famiglia può essere un vantaggio nel momento in cui capisci chi sei e, di conseguenza, lavori per diventare te stesso. Se invece non fai germogliare il tuo Io, ne rimani intrappolato. Nel mio caso, posso dire che è stato un vantaggio perché la storia dei miei familiari è stata di grande stimolo per me: per fare meglio, per creare la mia squadra, per mettermi in discussione. Alle spalle ho un'importante eredità costruttiva, che non passa solo dall'industria: ne ho tratto esempio per creare qualcosa di soltanto mio, indispensabile per crescere. Ognuno di noi ha bisogno di realizzare progetti capaci di dargli una identità propria». In questo momento hai un sogno, professionale o non, da inseguire? «Più di uno. Se penso alle mie aziende, vorrei farle crescere rendendole sempre più internazionali, valorizzandole sempre di più. Inoltre, vorrei trovare più tempo per dedicarmi a progetti etici, come già faccio con la mia fondazione Laps, perché sono esperienze che regalano energia all'anima. La cosa difficile, essendo un imprenditore creativo, è che di sogni ne ho uno al minuto... Non riesco proprio a limitarmi!». Ci parli più nel dettaglio di Laps? «È molto semplice la finalità a cui aspira la fondazione: riportare la felicità in luoghi disagiati o in persone che non la conoscono o l’hanno persa. Stiamo vagliando molti progetti in Italia: abbiamo così tanti problemi in casa che non mi è sembrato il caso di guardare altrove. Il 70% delle energie si focalizzeranno al sud, il 30% al nord. I primi progetti sono a Scampia: migliorare i servizi di una scuola (comprare un pulmino, ad esempio) e sostenere un centro polisportivo. Inoltre, vorrei creare dei laboratori all'interno di un carcere di Nisida e riportare i ragazzi sulla strada della produttività e della ricostruzione di sé, realizzando un percorso di recupero; perché uscire da un ambiente problematico è una delle cose più difficili. Non bisognerebbe mai giudicare gli altri senza prima conoscere la loro storia. Vorrei inoltre supportare ragazzi meritevoli con borse di studio e sostenerli nel loro percorso. La mia è una fondazione che punta a realizzare cose concrete: poche ma fatte bene. Gli americani adorano parlare di think tank, io preferisco il do tank». Un consiglio a chi si accosta oggi al mondo del lavoro? «Questo è un momento estremamente difficile. Quando avevo 24 anni io, sicuramente era tutto più semplice, probabilmente anche perché vivevo una situazione privilegiata. Oggi il mondo del lavoro è complesso, più competitivo e più veloce. Bisogna prepararsi a un ambiente complicato e, per raggiungere i propri obiettivi, serve combattere senza avere paura di niente. Oggi nulla è dovuto. C'è meno gente disposta a investire su di voi. Costante, continua e ostinata determinazione: questa è la chiave di volta per tutto». wwI