La famiglia educa all`etica del dono e della reciprocità

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La famiglia educa all`etica del dono e della reciprocità
RESEGONEONLINE.IT
7 aprile 2014
Bosisio Parini, 07 aprile 2014
La famiglia educa all'etica del dono e della
reciprocità
di Italo Allegri
La professoressa di Storia Economica all’Università di Bologna, Vera Negri Zamagni, è intervenuta al
settimo Meeting delle Famiglie, tenuto presso La Nostra Famiglia di Bosisio Parini.
«E’ una delle più importanti battaglie che dobbiamo fare – felici, non cruente – quella di riportare la
famiglia ai suoi valori originali e di riprenderci in mano il significato vero di queste parole che mi avete
offerto, perché altrimenti la gioia in questo mondo diminuirà abbondantemente e la società declinerà».
Le parole a cui fa riferimento la professoressa di Storia Economica all’Università di Bologna, Vera
Negri Zamagni, sono contenute nel tema della relazione assegnatale in occasione del settimo
Meeting delle Famiglie, tenuto presso La Nostra Famiglia di Bosisio Parini nei giorni di sabato 5 e
domenica 6 aprile, dal titolo: «La famiglia educa all’etica del dono e della reciprocità», presieduto da
S.E. Mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo della diocesi di Novara.
Oggi non si riconosce più il genoma vero della famiglia formato da quattro elementi diversamente
disposti: asse verticale, sessualità – generatività; asse orizzontale, dono – reciprocità. Questi elementi
devono stare tutti insieme; uno solo di essi non costituisce la famiglia «perché tutti noi siamo incompleti
e non possiamo vivere da soli». Nella società odierna la famiglia si declina sull’asse dell’avere, come
fosse un elemento di scambio ma, pur essendo importante, costituisce altre attività. Se la famiglia
si basa su questo elemento finisce «nella caducità tipica di questo mondo».
Si parla di IRCCS “E. Medea” - Ass. La Nostra Famiglia
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La famiglia è chiamata a educare, non istruire; mentre l’idea oggi diffusa è che «ciascuno è libero di una
libertà senza collegamento e la persona deve autodefinirsi». I risultati sono «i mostri che vediamo in
giro senza direzione, senza il senso della vita». La parola «educazione ce la manteniamo noi cattolici,
ma abbiamo una grossa battaglia da fare, perché rischiamo di perdere la possibilità di dare ai
nostri giovani una lezione di vita». L’attacco all’etica risale a tempi lontani – dal Rinascimento in poi
–, quando si è «affermata la specializzazione del pensiero». In origine aveva richiesto un concetto di
autonomia, prima di giungere alla separazione, quando le elaborazioni scientifiche venivano
automatizzate da approfondimenti maggiori. La conseguenza di questo processo consente a ogni
disciplina di definire un proprio fine. Allora il fine dell’economia è quello di produrre ricchezza senza
intrusione dell’etica, oppure genera una totale discrasia: perseguiti gli affari si fa beneficenza.
Da quando si è affermato il mercato come scambio di equivalenti, il successo conseguito ha «oscurato la
necessità di non ridurre tutta la vita a mercato», declinandola sull’asse dell’avere e non dell’essere. Ma
cosa ci offre il mercato: «la felicità, la saggezza, l’amicizia, l’amore? No, perché sono valori importanti
per la vita dell’uomo che riguardano l’essere e non l’avere; non si possono comperare». Gli economisti
si sono resi conto che la curva della felicità aumenta con il reddito fino a soddisfare i bisogni
primari, poi, a un cero punto, crolla pur aumentando quella del reddito. Prova ne è che la percentuale di
suicidi è più elevata nei paesi più avanzati che in quelli arretrati.
Il pericolo che si corre è quello di «ridurre la famiglia a mercato», allora non si comprende più il suo
reale significato. Le relazioni crescono con il tempo e con l’interloquire. Di conseguenza è importante
proteggerla, evitando di «mercantizzare la famiglia». Nell’ambito familiare tutti devono collaborare
perché ciascun componente si dona a vicenda, valori che per fortuna si vivono ancora nell’ambito delle
associazioni.
«Nella famiglia si produce il capitale umano perciò è degna di protezione, attivando tutti i soggetti
sociali che dovrebbero contribuire a questo scopo», ha detto la relatrice.
Innanzitutto lo Stato. Quello italiano «è quello che pensa di meno alla famiglia tra tutti quelli
avanzati esistenti al mondo; la spesa pubblica in Italia per la famiglia è 3 volte inferiore rispetto a
Francia e Svezia e, dal punto di vista del reddito, non siamo tanto distanti», ha affermato la dott. Negri.
Il nostro Paese «è l’unico al mondo dove la famiglia con tanti figli paga tante tasse come quella senza
figli, anzi, in un certo senso ne paga di più». Allora è importante che i cattolici non si chiudano «nella
pratica delle relazioni familiari, perché ne potrebbero beneficiare tante altre famiglie che vivono in
condizioni di fragilità».
Altro soggetto che dovrebbe contribuire alla valorizzazione della famiglia è l’impresa con
l’armonizzazione famiglia – lavoro. Siamo passati dal lavoro fatto in casa, al lavoro fuori casa del
marito, trovando all’interno della famiglia l’equilibrio di una specializzazione che si è dimostrata
instabile, allargando il divario fra uomo e donna. La grande transizione di oggi vede la donna impegnata
fuori casa, perciò i tempi di lavoro devono essere rimodellati. Le imprese possono fare questa
operazione di armonizzazione tra famiglia e lavoro. In Olanda il 70% delle donne e il 25% degli
uomini lavorano part time e registra i «livelli di produttività più alti del mondo, superiori anche
agli Stati Uniti».
«La famiglia deve capire – ha concluso la professoressa Negri – che i tempi sono cambiati e molte cose
devono cambiare anche al suo interno. Le donne oggi vanno fuori e gli uomini devono tornare a casa e
prendersi cura della famiglia». Al termine della relazione si è aperto il dibattito che ha offerto
l’opportunità ai numerosi presenti di approfondire ulteriormente alcune tematiche.
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