Intervento di Paolo Loriga - Azione Cattolica Italiana

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Intervento di Paolo Loriga - Azione Cattolica Italiana
XXIX Convegno Bachelet
Crisi della politica e bene comune
Alla ricerca di una rinnovata etica pubblica
Roma, 14 febbraio 2009
Per un nuovo ethos della politica:
quale contributo dei cattolici?
Iniziative ed esperienze sul versante
della partecipazione democratica e della cittadinanza responsabile
Paolo Lòriga
Un grazie sentito da parte mia per l’invito a questo appuntamento, con un programma ricco,
che – per la nutrita presenza di esponenti di associazioni e movimenti – manifesta il lavoro di
tessitura e dialogo dell’Azione cattolica nel panorama ecclesiale italiano. Appuntamento
importante, questo, anche per il tema oggetto di riflessione e per l’ambito più specifico su cui
poniamo la nostra plurale attenzione questa mattina.
Porto il saluto più cordiale della nostra presidente Maria Voce, che ha avuto il piacere di
conoscere il presidente Franco Miano, quando, in prossimità del Natale, è stato possibile un
incontro tra alcuni responsabili di organismi italiani desiderosi di conoscerla.
Quale contributo, come Focolari, stiamo offrendo per un nuovo ethos della politica?
È un ambito che ci appassiona in modo particolare. Sin dai nostri inizi. Il Movimento dei focolari è
nato nel 1943, nel pieno della seconda guerra mondiale, a Trento, sotto i bombardamenti, quando
crollavano case e progetti di vita, ma anche speranze e virtù civiche. Precisava Chiara Lubich: «Si
disfaceva tutto quell’insieme di istituzioni, di consuetudini, di relazioni che, in tempi normali,
costituiscono il tessuto della società civile e della politica». E ancora: «Era il fallimento della
politica, ridotta al solo linguaggio delle bombe e delle armi». Da lì, l’impegno a voler contribuire,
con la peculiarità del carisma dell’unità, al rilancio e al rinnovamento anche della politica.
Come fare? Chiara e la nascente prima comunità non ebbero dubbi: presero di mira i rioni più
poveri di Trento, aiutando i bisognosi con l’ausilio di chi stava meglio. Ciò attirò l’apprezzamento e
il desiderio d’emulazione su vasta scala di politici locali. Nell’assenza di leggi causata dalla guerra,
quel gruppo era ripartito dalla legge delle leggi, l’amore, principio e sintesi di tutti i valori: un
amore che ricostruiva la comunità.
La città
Da allora, l’attenzione alla città, lì dov’è una comunità dei Focolari, non è venuta meno. Da
una decina d’anni, tuttavia, l’impegno nei confronti della città s’è maggiormente radicato, perché è
diventata il luogo in cui si accumulano tensioni e sfide planetarie dovute alla globalizzazione e alle
migrazioni. Un tempo, considerata lo spazio della libertà e della protezione, della convivenza e
della relazione, la realtà urbana è pervasa ora da un clima di inospitalità e insicurezza, illegalità e
abbandono. La crisi della città manifesta per noi una crisi più profonda, quella della concezione
dell’uomo e delle sue relazioni con gli altri e con l’ambiente, mentre è investita da grandi sfide:
ingiustizia sociale e dialogo multiculturale e interreligioso, frattura tra generazioni, lontananza tra
le istituzioni della politica e la società civile.
La nostra presenza, anche quando è modesta in una città, ha lo scopo di creare relazioni
strette e vitali per far crescere quel capitale sociale urbano che può contrastare i fenomeni
degenerativi. Ecco un nostro apporto: vivere la città, non subirla nei giorni lavorativi, non fuggirla
nei fine settimana. Prendersene cura a partire dagli ultimi, conoscere risorse e ferite, percorrerla
nelle sue vicende storiche, civili e religiose sino a scoprirne la vocazione e concorrere a realizzarla,
interpellando le istituzioni e offrendo proposte, mobilitando energie e competenze, intrecciare
locale e globale. Laddove buone pratiche sono in atto, costatiamo l’incontro virtuoso tra realtà
istituzionale e dinamismo vitale delle componenti sociali. Cresce una democrazia più partecipata.
Pensare alla propria città come comunità aperta al mondo crea poi le premesse per una rete tra le
città. Ma questa va considerata ancora pre-politica?
Quali risultati? Nel novembre 2001, a Innsbruck, in Austria, s’è svolto un convegno con
oltre 700 sindaci e amministratori locali dell’Europa dell’Ovest e dell’Est.
Nel 2005, nella città argentina di Rosario, si sono ritrovati sindaci e politici dell’intero
continente Latino-Americano, dal Messico alla Terra del Fuoco. Oltre 1.200 i partecipanti, che
hanno deciso, tra il resto, di dare vita ad una rete di rapporti permanenti tra tante municipalità sia
all’interno dei singoli Paesi, sia a livello sovranazionale.
Nel 2007, nella nostra cittadella di Loppiano abbiamo fatto il punto del cammino avviato e
della riflessione sviluppata in un convegno internazionale sul tema: “Democrazia e città. Tra
rappresentanza e partecipazione”.
Nel novembre scorso, con i musulmani con cui lavoriamo alle più diverse latitudini del
pianeta abbiamo dato vita ad una riflessione internazionale proprio “sulla città come luogo di
fraternità”.
Un mese fa si è formalmente costituita in Italia un’associazione di città per la fraternità;
promotori una ventina di sindaci.
La città non è una faccenda solo per adulti e giovani. Coinvolge anche i nostri adolescenti,
che seguono un percorso educativo denominato “Colori-amo la città”, una serie di iniziative a
favore della città e in dialogo con gruppi e istituzioni per dare colore e contrastare il dilagante
grigiore.
Concerne sempre la città una delle ultime indicazione della nostra fondatrice: un
appuntamento mondiale sul tema della città, che si svolgerà nel maggio del 2010 per un approdo
prima di riprendere il largo all’insegna del bene comune che deve includere sia gli esclusi (tutte le
povertà, ma anche adottando stili di vita improntati alla sobrietà), sia le future generazioni
(gravate dal rischio ambientale e dai debito pubblico).
Sino ad ora, la politica ha considerato la società – nella migliore delle ipotesi – come il suo
interlocutore, il suo “tu”. Adesso, anche a motivo della crisi economica, politica e di senso vissute
dalla gente, la società, con le sue articolazioni più vive, è chiamata ad essere l’“io” della politica, il
soggetto capace di dare all’azione delle istituzioni nuovi contenuti, metodi e fini.
Movimento politico per l’unità
Il Movimento politico per l’unità trae la spinta dalla spiritualità dei Focolari e si struttura
formalmente nel 1996,ma l’impegno diretto in politica di chi si ispira al carisma dell’unità si radica
già negli anni Cinquanta.
Lo si può definire un cantiere internazionale di lavoro politico comune tra cittadini,
funzionari, studiosi e studenti della scienza politica, politici impegnati a vari livelli, di differente
ispirazione culturale e di varia appartenenza partitica, attratti dalla sfida di fare della fraternità una
categoria politica – culturale e pratica ad un tempo – da affiancare a libertà e uguaglianza.
È una sfida che chiede di mettere in discussione modelli e sedimentazioni che formano il
retroterra culturale di ciascuno. Diversamente dall’interpretazione prevalente, si sta infatti
approfondendo il principio della fraternità non tanto come criterio regolatore tutt’al più della sfera
privata delle relazioni tra le persone, ma come cardine in grado d’informare anche le più ampie
relazioni della politica e la sua stessa organizzazione.
A motivo dei diversi contesti culturali e politici – il Mov pol è diffuso particolarmente in Europa,
Sud America e Corea del Sud – ricca è la varietà di sperimentazioni e riflessioni teoretiche, anche
per l’interesse di varie facoltà di scienze politiche.
Nel 2001, con la proposta di un patto di fraternità per l’Italia, lanciata dalla nostra fondatrice ai
parlamentari nazionali a Palazzo San Macuto, ha preso avvio con regolarità un cammino di
confronto e approfondimento spirituale e politico tra deputati e senatori di diversi schieramenti,
diplomatici e funzionari dello Stato, studiosi e giovani, cittadini appassionati di politica.
Esperienze analoghe sono andate moltiplicandosi nei Paesi dove il Mov poltico è presente.
Politici di fedi religiose diverse, inoltre, stanno contribuendo nel dialogo costante tra loro ad una
maggiore comprensione tra le religioni.
Dalla riflessione comune ai diversi livelli d’impegno politico sono maturate iniziative e proposte.
Mi soffermo su una di quelle più emblematiche: ha oltre 20 anni di vita e può offrire un
contributo alla democrazia rappresentativa in crisi.
Si chiama Patto eletto-elettore e poggia su un’interpretazione del sistema politico in cui ciascun
cittadino è soggetto competente e responsabile della costruzione della propria comunità, partecipe
di una funzione sociale universale che precede l’organizzarsi delle istituzioni politiche.
Il Patto politico-partecipativo tra eletto ed elettori si potrebbe definire un accordo di impegni
reciproci che i cittadini stipulano con il loro rappresentante, fin dal momento in cui si candida, o
quando viene eletto, assumendosi insieme a lui la responsabilità di definire l’agenda, le priorità e i
contenuti delle decisioni politiche, e di controllarne l’attuazione.
Ad entrambe le parti viene richiesto un comportamento rispettoso del principio di fraternità
universale, che impone di misurare ogni scelta politica esclusivamente sul bene comune: agli eletti,
un atteggiamento costruttivo e non pregiudizialmente antagonista, e con piena trasparenza e
correttezza nell’uso del denaro pubblico; agli elettori è chiesto invece di non contrattare favoritismi
individuali, di gruppo o di categoria; di perdere la misura stretta dei bisogni personali per
ritrovarne la giusta prospettiva a confronto con i bisogni della comunità. C’è poi un profilo
programmatico: nonostante la delega debba essere esercitata senza vincoli, i contenuti dell’azione
politica devono comunque rispecchiare gli orientamenti ideali della o delle comunità che aderiscono
al Patto. Un terzo profilo è quello democratico, volto a garantire l’incontro periodico effettivo tra
cittadini e rappresentanti, utilizzando le modalità e gli strumenti di comunicazione e di dialogo più
idonei per esercitare una funzione di orientamento, di stimolo e di controllo.
Da alcuni anni, durante le campagne elettorali, il Movimento politico organizza dibattiti tra
candidati di diversi schieramenti che hanno scelto una politica rispettosa delle persone, il dialogo
con tutti, una maggiore attenzione ai programmi e alla loro realizzazione per il bene della
comunità.
Scuole di formazione
Dall’esperienza e dal rapporto contagioso con le nuove generazioni sono nate, a seconda dei
contesti, Scuole di formazione all'impegno sociale e politico o Scuole di partecipazione.
In Argentina sono 13; in Brasile, 10; in Uruguay, 1 e 2 in Paraguay.
In Italia, dopo un primo ciclo di corsi (in 14 sedi diverse aperte a partire già a metà degli anni
Novanta), negli ultimi due anni si è provveduto ad aggiornare il piano metodologico e didattico.
Tra le scuole ci sono collaborazioni di vario tipo per favorire una cultura politica dal respiro
planetario, proprio quella che serve alle sfide globali di oggi e di domani.
Gli studenti seguono un percorso formativo anche alla luce della Dottrina sociale della Chiesa,
ma sono pure inseriti sia nell’esperienza del Movimento politico locale, che nell’impegno della
comunità del Focolare a favore della città.
Parte integrante della formazione nelle scuole è la spiritualità di comunione: senza spiritualità,
ci ammoniva Chiara, non si formano politici nuovi e non si rinnova la politica in modo che possa
contribuire a fare dell’umanità un’unica famiglia.