Università di Salerno-Université de Poitiers Italia annalisavitolo

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Università di Salerno-Université de Poitiers Italia annalisavitolo
REVISTA MEMORIA EUROPAE
I/1 (1), Diciembre de 2015
e-ISSN: 2469-0902
“ES PINTADA LA HISTORIA DE JAUFRE”. TRASMISSIONE, RICEZIONE, E
VISUALIZZAZIONE DEL JAUFRE NEL PALAZZO DELL’ALJAFERIA DI
SARAGOZZA
“ES PINTADA LA HISTORIA DE JAUFRE”. TRANSMISSION, RECEPTION AND
VISUALIZATION OF THE JAUFRE IN ALJAFERIA PALACE OF SARAGOSSA
LIC. ANNA-LISA VITOLO
Università di Salerno-Université de Poitiers
Italia
[email protected]
Resumen:
Abstract:
El Roman de Jaufré es el único
The Roman de Jaufre is the only
en lengua occitana que habla acerca de one in the occitan language that talks
un caballero del rey Arturo. Descono- about a King Arthur’s knight. We don’t
cemos dónde fue exactamente produ- know where it was exactly produced, the
cido, la identidad del autor y el nom- Author’s identity and the name of the
bre del rey para el que fue dedicado; King to who it was dedicated; but we know
pero conocemos que el rey fue de la that the king, was one of the Crown of
Corona de Aragón y que el único ciclo Aragone, and that the only one frescos
de frescos que representa la historia cycle which represented the story is in the
está en el Palacio de la Aljafería en Zaragoza. Las imágenes de Zaragoza están en contacto con las imágenes del
manuscrito ilustrado del Jaufré (París,
BNF, fr. 2164). El espacio de realidad,
la Historia, el espacio de la imaginación y la fantasía, del caballero artúrico
y del Reino de Aragón son mezcladas,
Aljafería Palace in Zaragoza. The images
of Zaragoza are in contact with the images
of the illustrated manuscript of the Jaufre
(Paris, Bnf, fr. 2164). The space of reality,
the Story, the space of the imagination and
fantasy, of the Arthurian’s knight and of
the Realm of Aragone are mixed, in a continuus of power, politic and theirs visualization.
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en un continuus de poder, política y
sus visualizaciones.
Key words: Roman de Jaufre, Zaragoza, Aljafería, Illuminated manuscript,
Palabras clave: Roman de Jaufré, Crown of Aragon.
Zaragoza, Aljafería, Manuscrito iluminado, Corona de Aragón.
1. LUOGHI E TEMPI DELLA REALTÀ
Spazio vissuto e spazio immaginato: lo spazio vissuto è quello dei luoghi
della corte, delle sale di rappresentanza, della vita in comune nei luoghi della
socialità e dell’autoaffermazione del potere. Lo spazio immaginato è quello
della narrazione, del romanzo, le storie di cavalieri, eroi del passato, i loro
amori contrastati, che attraverso la voce e i gesti dei lettori dei manoscritti
illustrati, rivivono e si mescolano con le ritualità della corte, prendendo forma,
diffondendosi, mutando, trasmigrando in risemantizzazioni e visualizzazioni
tanto immaginate che reali. Quale sia stato, nel corso dell’epoca medievale, ed
in particolare del secoli dal XII al XIV, il confine, assai labile, tra racconto
romanzesco e realtà, fantasia e vita vissuta è oggetto, tra gli altri, del volume di
Geraldine Heng Empire of Magic (HENG, 2003). La studiosa analizza la relazione
tra la nascita e la diffusione di alcuni motivi dei racconti arturiani e gli
avvenimenti storici della prima Crociata. Il trauma vissuto durante la Crociata,
gli episodi di cannibalismo che sono attestati dalle fonti storiche, vengono
freudianamente ‘risolti’ attraverso l’intervento del fantastico e la creazione
romanzesca:
… romance represents a medium that is neither wholly fantastical nor wholly historical,
but in which history and fantasy collide, the one vanishing into the other, almost without trace (HENG, 2003, 45)
Il tema prende però pieghe più vaste: ciò che si mette qui in gioco non è
solo la risoluzione di un trauma attraverso l’intervento dell’arte del racconto, è
la costituzione stessa di una comune identità europea e occidentale, in contrasto
con l’altro e il diverso, che era rappresentato dal pericolo islamico nell’Oriente
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vicino. L’idea di incontro che genera scontro, dell’autoaffermazione dei tanti
regni spesso in lotta tra loro europei, del trincerarsi di queste realtà in lotta
contro un comune nemico, è fondativa dell’idea, ancora in germe in questa fase,
di una comune origine cristiana dell’Europa.
L’identificarsi nella chiesa di Roma, nella moralità e dei miti che sono
tramandati in ogni luogo attraverso le narrazioni di giullari prima e le letture di
piccole cerchie delle corti poi, crea il concetto, oggi tanto dibattuto di Europa. Il
tema è quanto mai attuale: cosa sta succedendo infatti all’Europa oggi, in piena
crisi, che si trova dinanzi nuove ‘invasioni’ da parte di popolazioni che cerca di
scacciare, trincerandosi ancora dietro una idea di ‘diversità’? Gli scontri tra
culture, e spesso le convivenze e coesistenze, riguardano in vario modo tanti
aspetti del mondo medievale, dalle Crociate in Terrasanta, agli scontri in
Oriente, alla Reconquista in territorio spagnolo, alle Crociate contro gli Albigesi
in terra occitana, e tutte queste hanno concorso alla formazione di una comune
identità culturale, quella ‘europea. La tematica è, ancora una volta, più che
attuale: attraverso lo scontro con l’altro, col ‘diverso’, si cerca e si costruisce una
identità comune, che provi ad unificare e, dal punto di vista opposto, a far
chiudere una cultura all’incontro e allo scambio con l’altro da sé. Nella lunga
vicenda delle Reconquista, un palazzo in particolare fu simbolo prima
dell’avanzata e dello stabile controllo di vasti territori europei dell’etnia di
religione musulmana e poi dell’ascesa al potere dei sovrani di religione cristiana
in Spagna: l’Aljafería (ALBAREDA. 1935; SUBIZA CABANERO, DE LASA,
2004; BORRAS GUALIS, SUBIZA CABANERO, 2012).
L’Aljaferia fu costruita nella seconda metà del IX secolo ed aveva
probabilmente funzione di residenza della dinastia dei Banu-Hud. Le notizie
riguardanti il Palazzo e gli studi più recenti si sono focalizzati proprio sulla sua
costruzione e sulla prima fase islamica, e si sono interessati poi al riutilizzo da
parte dei sovrani in primo luogo della dinastia aragonese. Da un punto di vista
di visualizzazione del potere, questo luogo resta un simbolo fortissimo, tanto
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che oggi è la sede della Cortes di Aragon, ossia il Parlamento Autonomo. La
prima conquista di Saragozza e del Palazzo fu ad opera di Alfonso I il
Battagliero nel 1118; le fonti ci trasmettono poi dell’incoronazione nel 1276 di
Pietro III e Costanza di Sicilia, dopo la morte di Giacomo I il Conquistatore,
mentre nel Trecento Pietro IV ordina al suo Merino di Saragozza di restaurare
per il suo imminente arrivo la sala dove “es pintada la historia de Jaufre”; proprio
a Pietro IV si dovrebbe la decorazione tipica a mudejar. E’ ovvio che il Palazzo
sia giunto ai nostri giorni come il risultato di una stratificazione di interventi e
di rifacimenti, di ampliamenti e di restauri. In questo avanzare della Storia e
degli uomini, le opere e i manufatti sembravano esser perduti, per poi essere
ritrovate. Ed è così che passiamo dalla storia dei luoghi e del loro utilizzo, alla
storia immaginata: ai luoghi del racconto.
Il racconto di cui parliamo è dedicato ad un cavaliere di Artù, dal nome
Jaufre In questo personaggio immaginato convergono probabilmente due
diverse figure: la figura di Girflet già attestato nella tradizione arturiana in
oitanico, e una figura storica, il conte Jaufré, primo conte di Barcellona nel IX
secolo, «cela sans oublier aussi qu’en 1172 le roi annexe le Roussillon, or le père
de Girart II de Roussillon s’appelle Gausfred» (GIRBEA, 2005). Siamo quindi,
appare chiaro, in uno schema di encomiastica del potere del sovrano e di
ricordo del passato glorioso di una dinastia. I nomi reali e i nomi immaginati si
accavallano, sovrappongono, e i luoghi con essi: teatri, palchi o quinte, della
Storia.
2. DALLA STORIA ALLA STORIA: IL TEMPO DEL RACCONTO
Il Roman de Jaufre, romanzo in versi in lingua occitana del Duecento, è
stato analizzato e studiato dall’Ottocento sino ai giorni nostri con diversi
approcci e metodi di ricerca 1. Le questioni affrontate dagli studiosi hanno
riguardato
1
soprattutto
la
datazione
e,
tema
per
noi
fondamentale,
Si rimanda alla bibliografia finale per tutti gli studi relativi al romanzo.
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l’identificazione del sovrano aragonese cui si fa riferimento nel testo, ma che
non è ancora stato mai identificato in maniera precisa. Questo è ciò che si legge
nei primi versi (vv. 56-70):
Colui che l’ha messa in rima dichiara/Di non aver mai visto re Artù/ma ne ha sentito
raccontare distesamente/nella corte del più nobile dei re/che mai fosse, di qualsiasi
fede/ovvero il buon re d’Aragona/padre di Pregio e figlio di Generosità/e signore di
Buona ventura/umile e di indole leale/egli ama Dio, lo teme e vi crede/e mantiene
Lealtà e fede/Pace e Giustizia; per ciò Dio/Lo ama, perché difende i suoi/Ed è il suo
nuovo cavaliere/nemico dei suoi nemici 2
Al di là dell’encomiastica regale, appare chiaro come il romanzo in versi
si rivolga ad un sovrano o, per meglio dire, ad un casato ben preciso, che
l’anonimo Autore mira a glorificare attraverso il racconto. Le posizioni
storiografiche mirano di volta in volta a far derivare il Jaufre occitano dalla
tradizione oitanica, o a farlo precedere alla stessa; ciò che è interessante, da un
punto di vista storico-culturale, è che in un dato momento, tra la fine del XII
secolo o lungo il corso del XIII, si è sentita l’esigenza di comporre un’opera
cavalleresca ed encomiastica, non solo diretta ad un re d’Aragona, che in quel
tipo di cultura e nei luoghi del potere aragonese dovette per forza circolare. C’è
di più: seguendo l’interpretazione più recente, soprattutto di Antoni Espadaler
(ESPADALER, 1997), gli anni di composizione e diffusione dell’opera sarebbe
gli ultimi del regno di Giacomo I, nel momento in cui Pietro III, l’Infante, poi
Pietro il Grande, sposò Costanza di Sicilia, figlia di Manfredi, avendo come sede
della loro corte Montpellier. L’infante si trasferì poi a Barcellona dopo la morte
del padre Giacomo il Conquistatore. Questo lasso di tempo, tra 1260 e 1280,
rappresenta anche il momento dello scontro aperto tra Aragonesi e Angioini;
questo scontro va spostandosi dai territori occitani inglobati nel regno angioino
grazie alla politica di espansione capetingia del XIII secolo, al Mediterraneo,
all’Italia meridionale, alla Sicilia che, negli anni dei Vespri, viene restituita,
secondo la visione ghibellina e antiangioina, ai legittimi sovrani, a Pietro
considerato l’erede di Manfredi, ed a sua moglie Costanza.
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I versi citati seguono l’edizione del romanzo, con traduzione in italiano a fronte, LEE (2006).
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Questo rapporto e questo contrasto tra le due sponde del Mediterraneo e
tra i due protagonisti Pietro III d’Aragona e Carlo I d’Angiò è ben evidente nei
componimenti politici, nei sirventesi e nelle parodie che circolavano soprattutto
per contrastare la figura dell’angioino. Il cavaliere Jaufre, ad un certo punto
della narrazione, è rapito dalla Fée de Gibel, in modo che lui possa salvarla dal
personaggio negativo Fellon, che rovina il suo regno, secondo il topos della
‘terra guasta’:
Io sono quella che così garbatamente/Vi venne a chiedere aiuto tra le lacrime/Per il
grande tormento e per l’angoscia/Che mi ha causato Fellone d’Albarua/Un uomo
malvagio: che Dio lo distrugga!/Perché non è affatto un cavaliere/Né lo sembra,
checché se ne dica/Nel mondo non ve n’è uno così disdicevole/Così pronto a fare
villania 3
La fellonia è l’attributo di Fellon, e la Feé de Gibel potrebbe essere, se
accogliamo la tesi già di Arturo Graf sulla denominazione di Mongibel come
Sicilia 4, allora si può credere che il Jaufre che combatte contro il nemico della
fata è il ‘fellone’ che detiene la Sicilia senza alcun diritto: Carlo I. I personaggi
che avrebbero potuto commissionare forse il romanzo, ma soprattutto il codice
riccamente illustrato Paris, Bnf, fr. 2164, potrebbero rientrare in questo circuito
politico-culturale, dei quali facevano parte Ruggiero Lauria, Giovanni da
Procida, Manfredi e Corrado Lancia, cugini di Costanza per linea materna:
Entre 1266 et 1282, Pierre et Constance accueillent de nombreux exilés de l’Italie septentrionale à leur court; des chevaliers lombards et des marchands de Gênes parmi lesquels
figurent des membres de la famille dirigeant de Spinola-, de Pise, de Lucca et de Pistoia
profitent de leur hospitlité; les messagers du palais comtal font la navette entre la Catalogne et l’Italie. La cour de Barcelone se trouve, somme toute, au centre de la production des troubadours gibelins: héritiers des derniers Hohenstaufen, ses rois encouragent
une propagande politique qui leur apportera bientôt la Sicile (AURELL, 1994, 194)
In questi decenni di addensamento culturale intorno alla corte di Pietro e
Costanza, si colloca anche la produzione del Jaufre illustrato conservato a Parigi,
Ancora l’edizione seguita per la traduzione dei versi è LEE (2006), vv. 8774-8782.
GRAF (1893). Per Graf proprio in ambito provenzale si diffuse l’idea che Artù non fosse morto,
ma vivesse in un luogo lontano e incantato. La tradizione bretone raccolta da Goffredo di
Monmouth tramandava che Morgana avesse trasportato Artù nell’isola di Avalon: il passaggio
attraverso le acque, l’elemento morganatico, sono elementi che ritroviamo anche nel Jaufre.
Inoltre il nome stesso della Fata ‘Gibel’, ricalca il nome con cui si designava l’Etna ‘Mongibello’,
nel ‘Detto del Gatto Lupesco’ citato dal Graf.
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che rappresenta il solo manoscritto miniato integro che ci sia mai giunto del
Roman de Jaufre. (Paris, Bnf, fr. 2164) 5. Un codice di questo tipo era funzionale
alla lettura in piccole cerchie della società cortese legata al potere aragonese
della storia dedicata al sovrano. Questi piccoli gruppi, che si dovevano
comporre di un lettore-declamatore-performer, e di un numero esiguo di
ascoltatori, che seguivano la narrazione visualizzandola attraverso le immagini
(il fr. 2164 si compone di circa 250 scene illustrate) e che si riconoscevano nei
valori trasmessi dall’opera letteraria. Questo tipo di performatività legata al
codice illustrato, varia certamente da contesto a contesto, e di epoca in epoca col
passaggio dal momento della declamazione pubblica di giullari e trovatori, a
quello di una oralità diffusa ma questa volta legata lettura per cerchie ristrette.
La Hindman teorizza, per il contesto dei codici miniati dei romanzi di Chrétien
prodotti sulla fine del Duecento in Piccardia, che esistessero nobildonne istruite
che leggevano ai cavalieri analfabeti:
These distinctive roles –literate aristocratic ladies as readers and illeterate errant nobles
as listeners and tellers- are reflected in the manuscripts, which evoke an oral culture
where telling and reading were both performative acts. (HINDMAN, 1994, 83)
Chi ascoltava i versi del romanzo, e guardava le immagini di volta in
volta scelte perché fossero in coincidenza con quanto narrato, si identificava con
i personaggi, con le loro credenze, tremava delle stesse paure, gioiva di
Di seguito la situazione codicologica del romanzo, tra copie integre e frammenti: Roman de
Jaufre, Paris, BnF, fr. 2164, datato fine del XIII secolo, pergamenaceo, cc. 1-110, 205 x 160 mm.,
scritto da due diversi copisti provenienti dalla Linguadoca e dalla Provenza, contiene circa 260
miniature; Roman de Jaufre, Paris BnF., fr. 12571, datato fine del XIII secolo, pergamenaceo, cc. IXXXI, 200 x 300 mm., copiato da Iohannes Iacobi probabilmente in Nord Italia. Nello stemma
codicum del Brunel il primo è indicato con ‘A’, il secondo con ‘B’. Si conoscono due frammenti
copiati nei Canzonieri provenzali L ed N: Citta del Vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, lat.
3206, fine del XIV sec., pergamenaceo, 155 x 100 mm; New York, Pierpont Morgan Library, M
819, XIV secolo, pergamenaceo, 263 x 194 mm. Oltre questi frammenti che sono stati copiati
nelle raccolte di canzoniere, sono stati rinvenuti dei frammenti in maniera fortuita. Questi
frammenti sono in genere datati ad un’epoca precedente sia i manoscritti che, ovviamente, i
brani citati nei Canzonieri L ed N: Nîmes, Archives départementales du Gard, F (001) 083, piéce
3, XIII sec., due pergamene, 293 x 200 mm.; Nîmes, Archives départementales du Gard, F (001)
083, piéce 4, una pergamena, 324 x 220 mm.; Rodez, Archives départementales de l’Aveyron, 50
J, fine XIII sec., due pergamene, 220 x 145 mm.; Barcelona, Institut Municipal d’Història, B-109,
primo quarto XIII sec., due pergamene, 145 x 53 mm.
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medesime speranze e aspettative future, riempendo gli spazi reali e i tempi
della vita medievale di suoni e gesti, e al contempo di idee e idealità condivise.
Che i manoscritti miniati in questa precisa fase storica, soprattutto illustrati e di
tema profano, fossero letti da piccoli circoli nell’ambito di corte, è un dato su cui
stanno riflettendo diversi studiosi, riferendosi a diversi ambiti europei, mentre
si riscontra un vuoto bibliografico proprio nell’area occitano-catalana 6, nella
quale sarebbe a ben diretto da inserire il fr. 2164.
Rispetto agli episodi di illustrazioni dei romanzi profani, oltre che
Chrétien, soprattutto la Vulgata e dunque le continuazioni del primo ciclo
narrativo arturiano, che si sono via via individuati in Palazzi nobiliari e torri in
tutta Europa 7, l’iconografia del Jaufre non è stata per il momento individuata in
pitture, oltre che, ovviamente, in altri manoscritti oltre il fr. 2164, o frammenti.
Tra questi, il solo recante una traccia di disegno conservato a Barcellona
(Institut Municipal d’História, B-109; fig. 1), è stato pubblicato Jesùs Alturo I
Perucho (ALTURO I PERUCHO, 1997), che l’ha considerato, per i suoi aspetti
paleografici, la più antica testimonianza del romanzo arrivata a noi. I versi di
riferimento, accanto all’immagine del castello, corrispondono ai versi che si
trovano accanto all’illustrazione di un castello anche nel fr. 2164: «Tutti ne
escono per fare onore/A Jaufre come loro signore/Tutti sono usciti fuori/Gente
ben vestita e armata/E hanno portato Jaufre al castello» 8. Il frammento era stato
utilizzato nel dorso di un altro codice (del quale non si sa però nulla), come
rinforzo. Ciò che va sottolineato è dunque da una parte che almeno una copia
del romanzo dovette circolare in area catalana (i libri e frammenti oggi presenti
all’Institut Municpal d’Història vengono dagli archivi dell’assemblea dei Cento
di Barcellona, le assemblee del popolo); dall’altra che ritrovare nello stesso
punto di due codici differenti, una stessa illustrazione, sebbene evidentemente
Tra gli studi più recenti sul tema segnaliamo: SPIEGEL (1993); HINDMAN (1994); STARKEY
(2004).
7 Ne è un esempio il caso di Frugarolo, oggetto di una mostra e del volume: CASTELNUOVO
(1999).
8 LEE (2006), vv. 6800-6804.
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stilisticamente non combaciante, porta ad ipotizzare che vi fu una tradizione
illustrata del romanzo, e questo sin dalle prime fasi di creazione e diffusione
della stessa.
3. La visualizzazione dell’immaginario
Ritorniamo ai luoghi veri, del potere, della rappresentanza, e cioè, nella
fattispecie, del luogo dove si conserva il solo ciclo del Jaufre a noi pervenuto, un
palazzo, come abbiamo detto, simbolo del potere aragonese: l’Aljafería (fig. 2).
Se infatti per il manoscritto illustrato conservato a Parigi non è possibile operare
confronti validi da un punto di vista stilistico, e il manufatto è quindi la sola
fonte iconografica completa del romanzo, è invece interessante cercare in un
altro medium, nella pittura murale, un parallelo che sembra ben rispondere,
come vedremo, per criteri tanto stilistici che iconografici.
Nel volume ‘Documents per l’Historia de la Cultura Catalana Migeval’
che riferisce di Pietro IV che fa restaurare la sala con le storie del Jaufre dal
palazzo dell’Aljafería di Saragozza:
Barcelona, 23 febrier 1352. Pietro III mana enrajolar e trespolar la camera moresca de
l’Aljafería de Saragoça en les parets de la qual es pintada l’Historia de Jaufre. El rej
d’Aragon. Queremos e us mandamos que de la cambra morisca de la Aljafería en las
paredes de la qual es pintada la Istoria de Jaufre fagades arrancar todas las losas de piedra marmol, e feyt la enrajolar o trespolar en manera que sea exuta e bien seca quando
nos seremos alla, do entendemos a seer en cerca, Dios queriendo. (RUBIO I LLUCH,
1908)
La notizia è ripresa dal Loomis:
Pedro IV of Aragon to his counsellor Johan Ximénez of Huesca at Saragossa concerning
the tiling and roofing of the Moorish chamber in the Aljafería on the walls of which
was painted the history of Jaufre… It was no coincidence, then that this romance of the
young hero who came to seek adventure at Arthur’s court was portrayed on the palace
walls at Saragossa 9,
Il Loomis parla del romanzo pur se non diffusamente, nel suo fondamentale testo sull’arte
raffigurante I romanzi e le opera di tema arturiano, R. S. LOOMIS, L. H. LOOMIS (1938), p. 26:
«The earliest is the order sent in 1352 in Barcelona by the Machiavellian Pedro IV of Aragon to
his counsellor Johan Ximénez of Huesca at Saragossa concerning the tiling and roofing of the
Moorish chamber in the Aljafería on the walls of which was painted the history of Jaufre… It
was no coincidence, then that this romance of the young hero who came to seek adventure at
Arthur’s court was portrayed on the palace walls at Saragossa».
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e poi dal Remy nel saggio sul Jaufre inserito nel volume Arthurian Literature in Middle
Ages: «Pedro IV of Aragon in 1352 directed that a chambre in the Aljafería of Saragossa,
adorned with scenes from the same poem, should be restored» (REMY, 1959: 404)
Brunel, nell’edizione critica del 1943, cita anch’egli la notizia, mettendo il
relazione le architetture disegnate nel manoscritto fr. 2164, con il palazzo di
Saragozza:
Or nous savons que le palais del rois d’Aragon à Saragosse, dont la chapelle dediée à
saint Martin était desservie par les moines de l’abbaye de La Grasse, au diocèse de Carcassonne, était établi dans une palais arabe, l’Aljafería . De l’edifice primitif, il n’existe
plus guère que des restes de la musqué, mais un préciuex document nous informe
d’une particularité de son état au milieu du IV siècle. Le 23 février 1352, Pierre IV
d’Aragon mandait de Barcelone à son merino de Saragosse, d’amémager la chambre
mauresque de l’Aljafería sur les parois de laquelle est peinte l’histoire de Jaufre. Il est
possible qu’il y ait un rapport entre les représentations de notre mauscrit et
l’architecture du palais du roi célébré par le poéte, peut-être même avec le peintures
murales qui attestent la grande faveur obetnu par le roman (BRUNEL, 1943: XXII)
Questa notizia attesta sicuramente, come mette in luce anche Brunel, che
il romanzo ebbe un buon successo alla corte aragonese, e che una esistette una
tradizione figurata del Jaufre. La fonte ci parla, in ogni caso, di un rinnovo della
sala, in vista dell’arrivo del sovrano, ma non ci fornisce indicazioni su quanto
tempo prima il ciclo era stato realizzato. La notizia era stata anche di recente
ripresa da Isabel de Riquer, ed anche lei parla di pitture che c’erano, ma
evidentemente attualmente scomparse, e mette in collegamento il palazzo
dell’Aljaería con le strutture architettoniche disegnate dal miniaturista del fr.
2164:
Precisamente en uno de los dos manuscritos en que se copia por entero el Jaufré, el
2164, de la BN de Paris, siglo XIII-XIV, el miniaturista se ha inspirado en construcciones
hispano-árabe, quizá en el palacio de Zaragoza que tenía pinturas de nuestro roman (I.
DE RIQUER, 1995).
Di recente, durante dei restauri iniziati nel 1998, sono venute alla luce
delle pitture proprio nel salone dei Marmi, anche detta Camera Moresca (fig. 3;
fig. 4). Le scene che sono emerse, abbastanza rovinate ma in alcune parti ancora
ben leggibili, devono essere quasi certamente le stesse cui si riferisce Pietro IV
quando scrive al suo Merino di Saragozza “es pintada la Historia de Jaufre”.
Proprio lo stato di conservazione delle pitture non permette di comprendere a
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pieno tutti gli episodi, eppure, nell’unico brano del ciclo meglio leggibile, è
possibile individuare un chiaro parallelo con le illustrazioni del manoscritto
conservato a Parigi. L’interpretazione che qui propongo è di individuare nel
personaggio che vediamo nel registro inferiore della scena meglio conservata,
pressoché al centro della scena 1 quel Fellon nel momento in cui, dopo la
vittoria di Jaufre su Fellon, questi è trasportato su una lettiga. Questo episodio,
come si è già spiegato, è fondamentale per comprendere il contrasto tra
Aragona e Angioini, in quanto rappresenta il momento in cui Jaufre affronta
un’avventura ultra-marina con la fée de Gibel, come abbiamo visto collegabile
alla Sicilia, e poi, risalito dal mondo sub-acquatico, potrà sposare Brunissen (fig.
5; fig. 6).
Se è possibile datare il manoscritto illustrato su basi codicologiche,
filologiche e storico linguistiche, ma anche culturali, al ventennio tra il 12601280, visto lo stretto rapporto tra le illustrazioni del codice e le pitture, si
potrebbe azzardare a questi stessi anni la commissione del ciclo, che
rientrerebbe quindi in quella ventata di produzione di tema cavalleresco che
invade sulla fine del Duecento anche Barcellona e Maiorca, come ben si evince
dalle coeve pitture superstiti oggi conservate allo MNAC di Barcellona 10.
Certamente un’occasione per l’ideazione del ciclo potrebbe essere stato proprio
il successo siciliano al tempo dei Vespri, che vede imporsi Pietro III il Grande,
come ‘novel cavalier’ che in un’avventura ultra marina riprende i territori che
spettavano a sua moglie Costanza, e risponde alle istanze del partito a lui
favorevole, quelle stesse istanze cui Giacomo non aveva saputo fino in fondo
rispondere, soprattutto nella fase finale del suo regno.
10 Tra le più recenti con oggetto le pitture e l’arte gotica dell’area catalana, conservate al MNAC
di Barcellona: PLADEVALL I FONT (2008); CAMPS I SORIA, YLLA CATALÁ (2011);
CORNUDELLA, FAVÁ, (2011).
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4. CONCLUSIONI
Una serie di immagini dedicate alle storie del cavaliere Jaufre dovettero
circolare negli stessi luoghi, nello stesso ambito artistico e culturale, prodotto di
unq medesima società. Queste immagini erano proposte e riproposte,
visualizzate e immaginate, miniate e dipinte, e cioè visualizzate attraverso media
diversi, ma per il concorso unico e solo di celebrazione del casato aragonese. Il
racconto, il manoscritto miniato, la pittura, l’idea della conquista e della vittoria
di Giacomo a Maiorca prima, e di Pietro in Sicilia poi, sono tutti elementi che
concorrono alla formazione di una ideologia politica, la plasmano e ne sono
plasmati. La presenza del romanzo in un luogo così simbolico come la Sala
Moresca dell’Aljaferia, è di per sé un segnale dell’importanza che esso ha svolto
per la dinastia aragonese. Il ritrovamento della pittura permette di accostare
finalmente il manoscritto illustrato conservato a Parigi all’ambito catalanoaragonese. Il codice Paris, Bnf, fr, 2164 era stato ancora di recente ascritto ad un
ambito molto vagamente ‘occitano’, nella recente pubblicazione
di Alison
Stones; la studiosa, nella seconda parte del lavoro sui Manoscritti Gotici, dedica
attenzione all’esemplare, che d’altronde cita già nell’Introduzione generale il
manoscritto fr. 2164 descrivendolo come di difficile contestualizzazione:
To judge from what survives, production of literary manuscripts in the south in general
resulted in fewer illustrated copies than in the north: so, for instance, the beautifully
written Flamenca, Carcassonne Bibl. mun. 34, is decorated only with minor initials; the
Chanso de la Croisade albigeoise, its line drawings unfinished (Cat. VII-36), stands out as a
rare istance of southern full illustrated epic poem, while the Roman de Jaufré, its text
dedicated to Jaimé of Maiorca and fully illustrated in BNF fr. 2164, is hard to place because of the lack of stylistic cognates (Avignon? Toulouse? Narbonne? Cat VI-0).
(STONES, 2014: 27)
D’altra parte, alla luce della datazione del codice alla seconda metà del
Duecento, le pitture possono essere datate allo stesso lasso di tempo, e più
specificamene forse ad una committenza nel momento dei Vespri, o nella fase
subito seguente, come momento di autocelebrazione della dinastia aragonese,
che trova in Pietro il sovrano adatto ad ampliare i confini del regno e per la
prima volta stabilire un potere mediterraneo, aspirazione da sempre inseguita
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dagli Aragonesi. I tempi della storia e della Storia si intrecciano quindi, e
possono essere spiegati l’una in funzione dell’altra, attraverso una reciprocità
sempre più stimolante e interessante. L’individuazione della committenza
specifica, dei rapporti stringenti tra pitture e illustrazioni, sarà quindi oggetto di
prossime ricerche.
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5. APPENDICE ICONOGRAFICA
Fig. 1
Fig. 2
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Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
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Fig. 6
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Recibido: 03/11/2015
Aceptado: 14/12/2015
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