Leonardo Mosso - architetto e artista
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Leonardo Mosso - architetto e artista
134 LE IDEE: il paesaggio e la memoria, il paesaggio e il futuro, il paesagio e l’architettura LEONARDO MOSSO - architetto e artista Strutture e Paesaggi di luce Da circa vent'anni, il tema dei paesaggi di luce è l'aspetto centrale del mio lavoro teorico e operativo sull'arte e sull'architettura. Introduco questa esperienza, accennando alle problematiche della luce, in relazione alla fruizione visiva del paesaggio e delle sue presenze architettoniche. La caratteristica principale di una architettura o insieme di architetture è quella di essere parte più o meno grande di un paesaggio di luce; e si evidenzia in modo particolare nelle architetture costiere viste in distanza dal mare e in quelle collinari e di montagna. Di fatto, la visione dell'architettura sarebbe impossibile senza la luce: sia quella solare del giorno sia quella artificiale o cosmica della notte. L'arte, l'architettura e la città stessa sarebbero per noi inesistenti come valore e godimento di armonia, di pensiero estetico e di “forme rivelate dalla luce”, nel senso in cui le intendeva Le Corbusier. In termini poetici e nel ricordo di Malevitch, “per la luce” e ”solo per il fatto che la luce esiste", Eugenio Montale ha potuto definire il paesaggio della costa ligure come universale. Nei silenzi della Liguria più alta, l'orologio illuminato dall'interno di certi campanili liguri, o già piemontesi, alle spalle della costa ma col sentore o ancora in vista del mare, non è una illuminazione estetica: è piuttosto un segno di confidenza come una finestra illuminata, un faro per i viandanti, che introduce nella vita del villaggio. La luce artificiale segna e prolunga nella notte la visione delle forme costruite e può arricchire il paesaggio anche in senso funzionale. Eppure, certa illuminazione esagerata stravolge il carattere dei monumenti e degli ambienti urbani. il paesaggio e l’architettura 135 Nel 1974, la mia “struttura/scultura” aerea più grande e famosa, la “Nuvola rossa”, entra con forte presenza nel panorama urbano torinese di Piazza Carlo Alberto, attraverso le vetrate dell'Aula del Primo Parlamento Italiano di Palazzo Carignano in Torino. 136 Nell'ordine della città “più progettata” d'Italia, come la storia confermerà, questa è un'opera non conformista e “irritante Luce d'artista” ante litteram. Sotto molti aspetti, un intervento di drammaturgia urbana. Franco Antonicelli, già Presidente del CNL Piemontese, aveva voluto la ”Nuvola rossa", come simbolo di quel Museo della Resistenza, da lui ispirato e sul quale stavamo lavorando da anni, come parte integrante e conclusiva del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino. Tuttavia, insie me al mi o proge tto di s trutt ure mus eali, g ià perfettamente definito e da lui molto apprezzato, la “Nuvola rossa” è diventata il suo testamento culturale, redatto al preciso scopo di garantirne l'esecuzione. Considerata dalla critica internazionale come la scultura aerea più grande del mondo e simbolo della mia poetica di morfogenesi applicata all'arte e all'architettura, l'opera fu in seguito deliberatamente distrutta, per intolleranza verso l'arte moderna o per più gravi motivi, ma venne subito recuperata in ogni suo frammento dalla Regione Piemonte, per merito del Presidente Aldo Viglione e del Soprintendente Bruno Malara. Nel 1983, anche il mio progetto di concorso per il “Piano Particolareggiato di Bussana Vecchia” con Laura Castagno, Walter Stiari e Ivano Amoretti conteneva analoghi concetti di identificazione dell'immagine del luogo e della mia filosofia di restauro storico. Sospesa tra cielo e terra, alta sul mare e con le murature relativamente intatte a un secolo dal terremoto che la fece abbandonare, Bussana Vecchia costituiva un documento storico, ambientale e architettonico, quasi incontaminato. Nella mia proposta, i ponteggi e le puntellature lignee dovevano essere dipinte di vari colori, onde far fiorire dalle rovine una immensa scultura cromatica in progress, variabile di giorno in giorno. Un paesaggio di emozioni estetiche sempre diverse, avrebbe così marcato di gioco e di gioia la fase iniziale delle puntellature statiche, dopo cento anni dalla morte per terremoto della città, insieme con i suoi abitanti. “Per volontà e per caso” quindi, nella maniera in cui il compositore Pierre Boulez definisce la sua musica, dallo stesso Boulez accomunata nel metodo alle mie “Strutture”, in un nostro colloquio torinese. il paesaggio e l’architettura 137 A Bussana Vecchia, le travi dipinte dei ponteggi sarebbero state i grandi segni lineari di colore, visibili dal mare e dall'autostrada: un “Paesaggio di processo”, durante tutte le fasi del restauro e della ricostruzione. Ma il desiderio di un impegno progettuale storico e civile adeguato, mi portò a complessi approfondimenti, come il diritto dei discendenti dagli antichi proprietari e quello degli attuali residenti per usucapione, sulla base di un originale concetto di restauro storico, che sintetizzo: - consolidare e congelare nel loro stato di documento, le tipiche “unità quadrangolari accostate” delle murature medioevali, senza alcun ulteriore accrescimento; - Far sorgere dal loro interno, in autocost ruzione co nt ro ll at a, la mo de rn a vo lu me tr ia de ll a fa se ricostruttiva, in materiali leggeri colorati come case veneziane di laguna. Il progetto non ebbe successo nel concorso, ma fu presentato nella sua completezza in università e musei d'arte europei e, al K-E Osthaus Museum di Hagen, fu anche oggetto di un convegno: la finalità di suscitare interesse a un Centro Studi sulle città storiche terremotate a partire dall'esperienza su Bussana, è stata però raggiunta. La serie di opere e progetti di azione strutturale e anche mimica “strutture in piazza, strutture in cielo, struttura e danza sulla citta” seguono in Europa la poetica della ”Nuvola rossa". Nel 1979 il progetto “alla Mole” fa scendere una struttura vertiginosa lungo tutto l'edificio, con analoga teatralità della splendida progressione luminosa del 2000 di Mario Merz, compagno allora in varie esposizioni. Nello studio “Per Guarini” del 1980, strutture diverse nell'ambito di Piazza Castello coinvolgono: la cancellata della Piazzetta Reale, San Lorenzo, la Sindone e il Campanile del Duomo. A partire dal 1990, con un procedimento di tipo luministico, le mie classiche “Strutture” introducono una problematica nuova nel grande tema del paesaggio e diventano “Strutture di luce”; e ciò con l'inserimento della luce nei due sistemi strutturali da me in precedenza ideati: “Mosstrut”, del 1961-63 a giunto smontabile; e “Mossmob”, del 19701972 a giunto elastico. Queste opere instaurano un nuovo rapporto di spazialità e di valorizzazione con architetture, musei, ambienti e città europee come Bonn, Vlissingen, Berlino, Francoforte, Venezia, Milano, Torino, Gubbio, Bergamo, Hünfeld, Celle, Lubli no, Acic astel lo, Caste llamo nte, Berna , Essen , Colonia, Erfurt, Karlsruhe, Bremerhafen, Oberhausen, 138 Monaco, Rotterdam, Genova, Darmstadt. Nel 2007, Fulvio Irace mi presenta alla Triennale di Milano come “Il Munari dell'architettura” e definisce questi anni il periodo dei “paesaggi di luce di Leonardo Mosso”. Il paesaggio di luce che circonda il mio studio, marca un ambiente naturale tra i più ricchi di storia della collina torinese. D'inverno, per la diffrazione della luce, i cristalli di neve riflettono e mescolano le luci colorate delle strutture creando nuovi colori, in una operazione pittorica di acquarellatura: la proiezione del rosso e del blu rende viola i pini innevati e rosa il prato, come un quadro fauve di Macke. (vedi foto 1-2) In questo contesto, la Struttura “a luce interna proiettante” (2004-2006) alta 20 metri, dialoga dalla Valle dei Salici con il volume “a luce esterna riflessa” della Basilica di Superga di Filippo Juvarra del 1715-1718. Le “Strutture” di questo tipo sono “geometrie nello spazio”, senza una vera e propria volumetria, con ritmi di luce proiettante che spiccano dal loro interno, grazie ai sistemi tecnologici, costruttivo ed elettrico, integrati. (vedi foto 3) E' pure del 2004-2006, l'intervento in Valchisone, tra il Forte piemontese sette-ottocentesco di Fenestrelle e il secentesco Forte francese Mutin. 1 2 139 3 140 La dinamica dei fari delle automobili lungo la Via Olimpica si aggiunge alle due maniere luministiche, quella a luce interna proiettante della struttura e quella a riflessione esterna del Forte. (vedi foto 1-2) 1 Anche sulla superficie cristallina dell'acciaio inossidabile, una sorta di pittura spaziale aleatoria miscela i colori proiettati dai “Mosstrut” di luce, mentre il sole li infiamma in maniera abbagliante. Un nuovo Progetto per Helsinki (1990) “Terra-mare e acquaghiaccio-luce” porta una doppia reticolatura a due colori interferenti, dalla terra verso il mare e vicevera. Boe sull'acqua d'estate e monoliti sul ghiaccio in inverno sono le geometrie luminose di uno sguardo verso Tallin, donde i progenitori ugro-finnici giunsero in Finlandia attraverso il mare. Dello stesso anno, il “Continuum per Los Angeles”, studia una struttura urbana chilometrica, attraverso la metropoli. Nel 2001, il concorso per Trieste di miglioria generale della città, con Giancarlo de Carlo, è ancora una drammaturgia urbana, dove alcuni grandi segni lineari di luce marcano in contrappunto le architetture/chiave della città: - In senso orizzontale: sui cornicioni lungo il Canal Grande, sulla Stazione Marittima, sul Palazzo delle Generali e sull'edificio della Borsa; 2 141 - In senso verticale: con una torre di luce spiccante sul portico di Piacentini in piazza della Borsa, ai margini di quanto resta della città medioevale. Tutto per una visione topica globale sulla “cittàpalcoscenico”, dal mitico Molo Audace avanzato sul mare e classica passeggiata, donde Trieste appare con le colline carsiche sorgere dal mare e rientrarvi dai due lati, in una spettacolare sezione sulla sfera terrestre. (vedi foto 1) Nel paesaggio delle colline intorno a Hünfeld, al centro della Germania presso Fulda, un “eretteo di luce” segna il profilo della piccola città tedesca e la nuova autorimessa comunale seminterrata, 2000. (vedi foto 2) 2 1