Giornale del 01/05/2013
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Giornale del 01/05/2013
ò ς European Journalism Legitimation - membership in the GNS Press Association - The ECJ promotes publishing, publication and communication work of all types - P. Inter.nal I COMPORTAMENTI A RISCHIO Fantasie delittuose degli adolescenti ( III parte) ANNO IX N.RO 05 del 01/05/2013 Pag. psicologica Bullismo e scuola Concorso di poesia Hardley Richardson Miti della creazione Plauto I grandi misteri Nicodemate Non tutti sanno Gennaro mio fratello Aisopos et Faedrus Proverbi Momento tenero Pagina medica Antropologia Storia della musica Andraous Eros nei secoli Critica letteraria Politica e Nazione Piatti tipici Dalla Red. di Bergamo I grandi Pensatori Dentro la storia Da altri giornali Immagini d’altro tempo De cognomine disput. l’angolo della riflessione Dalla redaz. di Angri Leviora La satira L’angolo del cuore Gionale sul portale http://www.andropos.eu/antroposint heworld.html Giornale su Facebook https://www.facebook.com/#!/group s/341962645843435/?fref=ts Canale Youtube http://www.youtube.com/user/MrFranc opastore Esiste una campagna mediatica che, attraverso film d’azione e, spesso, anche i cartoni animati, promuove confidenza con l’ idea della morte, intesa come fenomeno esorcizzabile: l’ eroe non muore mai, pur adottando comportamenti molto pericolosi, o come fenomeno mitico: uccidersi per rimanere immortali. Tale stimolazione può provocare situazioni di emulazione o di insight subliminale, rispetto all’idea della propria morte. In generale, il mondo dell’adolescente è fortemente attratto da tutto ciò che è anticonvenzionale, occulto e trasgressivo. Gli idoli musicali di molti giovani, infatti, “frequentano” la questione mortifera o sono protagonisti di “uscite di scena“ tragiche. Jim Morrison, Elvis Presley, Jimmy Hendrix, Bob Marley, Freddie Mercury, Kurt Cobain, sono soltanto le più celebri pop star che hanno seguito, pur in modi differenti, la comune sorte dell’auto-annientamento. Si Comprende, allora, quanto importante sia, anche su questi temi, la giusta attenzione educativa: i problemi psichici, nel loro insorgere e nella loro evoluzione, hanno sempre un’eziologia educativa. Le carenze genitoriali a riguardo sono sempre determinanti; se poi ad esse si aggiungono altri fattori di rinforzo negativo, è possibile giungere alla composizione di sindromi difficili da risolvere. Il tipo di interazione che un adulto instaura con un bambino e con un adolescente è assolutamente importante: ma è anche uno dei punti più critici della nostra società. Quella attuale è una società piuttosto in crisi nell’accudimento e nella protezione dei “piccoli”, al punto che, talvolta, li sopprime o procura loro, pur senza un’intenzione specifica, ferite psichiche tali da indurre loro stessi a togliersi la vita. Occorre che il giovane abbia la possibilità di parlare di quest’argomento con interlocutori, che si dimostrino in grado di stare a contatto con la dimensione che egli propone: il colloquio e l’approfondimento, adeguatamente svolti, fanno sì che il soggetto esca da quella condizione. Parlare ed elaborare, condividendole con qualcuno, le proprie spinte autodistruttive determina un aumento della padronanza su di esse ed un rinforzo delle spinte all’affermazione positiva del sé. Il suicidio è un problema complesso per il quale esistono numerose concause ed è difficile comprendere perché alcune persone decidano di suicidarsi, mentre altre, in condizioni simili o magari peggiori, non lo fanno. Spesso è possibile individuare un fattore “precipitante” di carattere ambientale, o psicosociale, un evento stressante che intercorre nei mesi immediatamente precedenti l’evento e che scatena l’episodio suicidario, creandone le premesse: una bocciatura, la perdita di un familiare, un episodio di molestia sessuale.1 Ad esso, segue per l’adolescente una situazione di crisi ed un cambiamento a livello cognitivo, fino ad includere l’ideazione, il tentativo ed il suicidio stesso. Un suicidio, comunque, non può essere compreso alla luce del solo evento scatenante, ma è il risultato dell’interazione di fattori genetici, biologici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali; degli effetti cumulativi ed interattivi dei fattori di rischio e della crisi dei fattori protettivi, che variano in funzione del momento, della situazione e degli individui. Comunque, la maggior parte dei suicidi possono essere prevenuti, non solo promuovendo i fattori “protettivi” (supporto familiare, autostima personale, benessere emozionale, capacità di chiedere aiuto, buona integrazione sociale, presenza di salde amicizie, e così via.), ma anche conoscendo quei fattori di rischio che si associano al comportamento suicidario e che consentono di identificarlo e di intervenire precocemente. 1 Carbone e Tirelli, PUBERTA’ ED ADOLESCENZA”; FRANCO ANGELI, 2006. -1- Antropos in the world SUL BULLISMO A SCUOLA E NELLA STRADA Bulli e pupe da qualche tempo sono scomparsi dalle cronache, dalle romanze più o meno virtuali, hanno abbandonato il proscenio della carta stampata, della scatola magica, delle aule scolastiche, come se a non parlarne, a non volerne sentire sulla pelle l’urto e il fastidio, fosse strada consolidata per il risolvimento del problema e delle tragedie che ne conseguono. Purtroppo non è così, e non sarà mai il silenzio a fare da scarto per una ritrovata coscienza, per una significativa presa di posizione a favore di uno stile di vita equilibrato, non più fondato sulla prevaricazione intenzionale, sulla sottomissione persistente, sulla violenza più asimmetrica, dove il più debole è obbligato a mollare gli ormeggi nella maniera più drammatica, nella condizioneoppressione disperante della paura che diviene vergogna. Una, due, tre adolescenti hanno deciso di rompere con la vita, gli argini della stupefazione si sono sciolti, ora c’è urgenza di trovare nuove soluzioni, altre vie di fuga al dolore. Bisogna stare molto attenti a quello che si dice, ma pure a quello che non si dice, che non è dato sapere perché le responsabilità non sono mai definite o colpevolmente riconducibili a una sorta di chiacchiericcio da bar sport. Rimangono a destare le coscienze i giovani rimasti a terra, le posture scomposte, il disfacimento dei volti, ai quali è stato rapinato tutto, perfino i sogni, quelli che in vita dovevano fare la differenza. Ma etichettare quanti rimangono contusi, segnati, costruire nuovi piedistalli di cartone, nuovi imperatori, sottende il rischio di incappare in altre tragedie simili, favorendo fascinazioni ed emulazioni da film dell’orrore. Quando un/a giovane non ha più capacità di vivere, quella sofferenza che assale è un angolo senza alcuna luce rossa di emergenza? Diventa morte che abbatte la vita senza possibilità di ascolto di un lamento, di una preghiera, di una richiesta di aiuto? Forse è così, perché i silenzi dell’anima tormentata non fanno rumore, relegano all’angolo più buio, dove le parole, i gesti, gli slanci ammutoliscono, con i polsi legati dalla disattenzione e dall’indifferenza, senza consapevolezza di quanto sia difficile essere adulti, rispettosi degli altri, soprattutto dei più giovani, delle difficoltà che nascono da una ingiustizia protratta e interpretata con superficialità, in fin dei conti sono ragazzate che accadono dalla notte dei tempi. Bullying e Cyberbullying, ieri non c’erano le evoluzioni tecniche di questo presente, non c’erano le messaggistiche istantanee, la rete, non c’erano i modi veloci quanto uno sparo per rendere invivibile un’esistenza, per rimanere soffocati dal vomito provocato da poche sillabe su un account. Oggi siamo nello stesso identico tempo del ferro e del fuoco, ma con le parole lanciate come fossero cluster bomb, aggettivi e sostantivi a grappolo, a scendere e risalire, senza dover chiedere conto o pagare -2- niente a nessuno, menzogne assemblate senza pudore, fino a farle divenire verità imposte, una condanna senza possibilità di appello. Sembrerà banale fin’anche patetico ma queste assenze inconfessabili al punto da stare attenti a parlarne, hanno un comune denominatore: la maleducazione, l’ineducazione, l’inculturazione dettata dall’età, dai finti eroi, dagli esempi-riferimenti in circolazione che fanno vittime a ogni promessa svenduta e mai mantenuta, con gli occhi rivolti al domani raccontato banalmente come se non fosse nulla di eccezionale. Vincenzo Andraous BOSTON E FOLLIA Quanto accaduto a Boston, in quella maratona, in quel traguardo diventato improvvisamente linea di tiro, in quella frontiera trasformata in un confine di infamia e di viltà, dentro una inumanità che non trova attenuanti, dove la fatica e il sacrificio di tanti uomini, lo sforzo immane del maratoneta, con le gambe dure, i polmoni che scoppiano, la testa pesante, il cuore in tumulto, in procinto di quella meta ambita quanto la sofferenza sopportata e infine vinta, la espulsione delle tossine agli ultimi metri. Ancora il sangue degli innocenti. Vincenzo Andraous (CdG) LIBRERIA ANTIQUARIA PRANDI s.n.c. di Dino e Paolo Prandi ------ Viale Timavo, 75 – Tel. 0522 434.973 Cas.Post. 217 – Fax 0522 431.017 42121 REGGIO EMILIA www.libreriaprandi.it e-mail: [email protected] Antropos in the world Rivista di Salerno Membership in the GNS Press Association Reg. ID 7676 8 – IPC / Richiesta autorizz.ne al Tribunale di Salerno del 25.03.2008 / Patrocinio Comune di Salerno prot. P94908 – 27.05.2009 / Patrocinio Prov. Avellino – prot. 58196 – 16.10.2012 / Patrocinio Com. Pagani – prot. 0023284 – 29.07.2008 / Patrocinio Prov. Salerno – prot. 167/st – 23.09.2009 / Patrocinio Com. di S. Valentino Torio – 24.05.2008 in collaborazione con il Rettorato del Santuario della Madonna del Carmine, Detta MADONNA DELLE GALLINE, la Fondazione del Carminello ad Arco e L’Ente Parrocchia SS. Corpo di Cristo, Chiesa Madre in Pagani, annuncia per il 27 maggio, alle ore 19,00 la cerimonia di premiazione del primo concorso di poesia religiosa “MATER DEI” La manifestazione avverrà nel cortile cinquecentesco della Fondazione Carminello ad Arco, in Pagani (Sa). La cerimonia prevede: un breve saluto dell’autorità religiosa e del Dir. resp. di “Antropos in the world ”; una breve dissertazione sul connubio tra poesia e religione cristiana, tenuta dal Dott. Renato Nicodemo (mariologo) un concerto di musica e canti; la consegna degli attestati alla carriera ed alla cultura; un concerto di musica sacra; la consegna dei premi ai primi tre artisti vincitori del premio; la lettura delle tre laude vincitrici; la consegna degli attestati di merito; la consegna degli attestati d’onore. I premi previsti sono: pergamene, coppe, targhe, la grande medaglia di Antropos, libri dello scrittore Franco Pastore, opere d’arte ed oggetti sacri. Non è esclusa la presenza di autorità politiche, religiose e militari e la partecipazione attiva di note emittenti televisive. Si prega inviare e-mail per la propria partecipazione. Seguirà un numero speciale di ANTROPOS IN THE WORLD, con un resoconto della manifestazione, il nome degli artisti in finale e le tre liriche vincitrici dei primi tre premi. Gli artisti finalisti sono: Giovanni Galli (Cuneo), Spagnuolo Loredana (Napoli), Antonio Nicolò (Caserta), Daniela Liguori (Salerno), Alberto Crisceni (Trapani), Giuffrida Farina (Salerno), Bruno Guidotti (Roma) Per informazioni / for information: [email protected] - Redazione / Drafting, tel/fax: 089.223738 –Direzione / Direction, tel 089.723814 -3- Antropos in the world LA DONNA NELLA STORIA Hadley Richardson A 28 anni Hadley non aveva mai baciato. Poi ha incontrato Hemingway e sono stati passione, amore, matrimonio, sofferenza. Lei ha ventotto anni, non è mai stata davvero baciata da un uomo, suona il pianoforte con dedizione, «non fa che rileggere Henry James», ha una famiglia che è «la quintessenza della famiglia perbene» alle spalle e «anche quando patisce la fame, non perde mai il viso tondo e le braccia tornite». Si chiama Hadley Richardson, è Una moglie a Parigi.Lui ha ventuno anni, «gli piacciono le donne: tutte», a una ha già permesso di spezzargli il cuore, vuole fare «la storia della letteratura», ha una guerra logorante alle spalle e «non smette mai di muoversi, di pensare, di sognare». Si chiama Ernest Hemingway, da aggiungere non sembrerebbe esserci altro. Eppure Paula McLain, poetessa originale e brillante, professoressa universitaria della California, da aggiungere ha molto. Un libro intero, poetico, appassionato e appassionante quanto basta per essere un romanzo, biografico e puntuale quanto basta per essere un documento preziosissimo di quegli anni lì, quando tutto pareva possibile per chi viveva a Parigi e voleva scrivere, dove tutto pare ancora possibile per chi oggi si gira indietro, vive in qualunque parte del mondo, e vuole scrivere. Invece, per essere la storia d'amore che in qualche modo promette il titolo, a Una moglie a Parigi manca qualcosa: ed è questa la scommessa vinta dalla McLain. Raccontare l'illusione ottica che può essere la coppia, se uno dei due è realmente un essere geniale, ha realmente una vocazione profonda. Perché sì: Hemingway (che ancora non è diventato Hemingway ma che da qualche parte già lo è, lo è sempre stato - è esattamente questo il punto) e Hadley s'incontrano. Sì: sono immediatamente e misteriosamente attratti l'uno dall'altra. Sì cercano, si trovano, si sposano, hanno un figlio, litigano, si fanno del bene, si fanno del male, si spostano da Chicago a Parigi, dal Canada alla Spagna. Ma è come se nelle loro parole, nei loro gesti, si sentisse sempre l'eco di una minaccia, o forse di una risata: di qualcosa che, comunque, a questo matrimonio non riesce a credere fino in fondo. La grandezza del personaggio di Hadley è che lei, quella risata minacciosa, dentro di -4- sè la avverte da subito. Il talento di uno come Hemingway ha anche inevitabilmente a che fare con la impossibilità di avvertirla. Hadley, in una zona con gli anni sempre meno remota del suo cuore, sa anche questo. Ancora prima di sposarsi, con la sua voce limpida e disarmante che attraversa il libro, come in un presagio, nota che accanto a quel ragazzo vibrante e giovane «la felicità è una clessidra quasi vuota, i granelli che si accalcano scorrendo verso il basso». Ma non ce la fa più a resistere, facendo finta di farlo, fra una lezione di pianoforte e l'altra, sotto l'ala protettiva e cupa della sua frustrata sorella maggiore. Allora si butta. Fra le braccia che non saranno mai capaci di accoglierla nel vero senso dell'espressione. Ma che faranno un incantesimo che le braccia di un uomo non potrebbero nemmeno immaginare di compiere: si trasformeranno in una chiave, nel mondo. Apriranno per lei stanze dense di fumo azzurro, dove una canzone di Nora Bayes salirà nell'aria, l'idea di un universo da creare da capo sembrerà possibile. Stanze dove abitano e si agitano persone che si chiamano Gertrude Stein, Ezra Pound, James Joice. Per Hadley sarà il momento del dolore, prima, dell'elaborazione, poi, ma quello del rancore non verrà mai. E Hadley, quando incontra Ernest, non si aspetta dal destino un marito. Si aspetta una vita piena. «Mi feci l'opinione che quei due facessero continuamente festa» è l'ingenuo eppure straordinariamente ficcante primo parere di Hadley, quando incontra Scott e Zelda Fritzgerald. Lei non sarà mai una di loro: è il motivo per cui Ernest l'ha scelta. Non sarà mai una di loro: è il motivo per cui Ernest l'abbandonerà per Pauline, guizzante e mondana. Sarà solo la volta del secondo di quattro matrimoni per Hemingway che continuerà, per tutta la vita, a tradire le sue donne con l'unica sposa senza la quale «si sentiva del tutto svuotato»: la scrittura. ntropos in the world MITOLOGIA GRECO-LATINA I MITI DELL’ORIGINE a cura di Franco Pastore I miti dell'origine", o "miti della creazione", rappresentano un tentativo di tradurre l'universo in termini comprensibili all'uomo e di spiegare l'origine del mondo. Il racconto tradizionalmente più diffuso ed accettato degli inizi del mondo è quello narrato nella Teogonia di Esiodo. All'improvviso dal Caos apparve Gea, la madre terra, principio di vita e madre degli uomini e della stirpe divina, prima realtà materiale della creazione. Dopo di lei apparvero Eros l'amore; il Tartaro luogo di punizione delle anime malvagie; l'Erebo la notte. GEA GENERO' DA SOLA URANO il cielo (che feconda la terra con una pioggia benefica) con il quale si unì e dalla cui unione nacquero i dodici Titani, sei maschi (Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto, Crono) e sei femmine (Tea, Rea, Temi, Teti, Febe, Mnemosine); i tre Ecatonchiri o Centimani, Briareo, Gia e Cotto mostri con cinquanta teste e cento braccia; i tre Ciclopi Bronte, Sterope ed Arge tutti con un solo occhio in mezzo alla fronte. GEA GENERO' DA SOLA PONTO il mare con il quale si unì e dal quale ebbe Taumante che secondo alcuni fu padre delle Arpie; Forco, la personificazione del mare in tempesta; Ceto la personificazione delle insidie che si celano nel mare in tempesta ed Euribia personificazione della violenza tempestosa del mare . n quel tempo Gea scelse Urano come sposo ed iniziò così il REGNO DI URANO, che assieme a Gea governavano il creato. Urano, disgustato dall'aspetto mostruoso dei suoi figli, i Giganti, gli Ecatonchiri e i Ciclopi, e ossessionato dall'idea che potessero privarlo un giorno del dominio dell'universo, li fece sprofondare al centro della terra. Gea, triste e irata per la sorte che il suo sposo aveva destinato ai figli, decise di reagire. Costruì, all'insaputa di Urano, una falce con del ferro estratto dalle sue viscere e radunati i suoi figli, chiese a tutti di ribellarsi al padre. Uno solo, il più giovane osò seguire il consiglio della madre, il titano Crono che armato dalla madre, si nascose nella Terra ed attese l'arrivo del padre. Era infatti abitudine di Urano, discendere la notte dal cielo per abbracciare la sua sposa nell'oscurità. Non appena Urano si presentò, Crono saltò fuori e con una mano immobilizzò il padre mentre con l'altra lo evirava con falcetto. Il sangue che sgorgava copioso dalla ferita fecondò Gea dalla quale nacquero le Erinni divinità infernali; le ninfe Meliadi (ninfe dei Frassini) protettrici delle greggi; i Giganti creature gigantesche dalla forza spaventosa, simbolo della forza bruta e della violenza sconvolgitrice della natura quali i terremoti e gli uragani. Dalla spuma delle onde creata dai genitali di Urano che cadevano nel mare, si generò Afrodite la dea dell'amore. Urano, riuscì però a scappare lontano e da allora mai più si avvicinò alla terra, sua sposa. Il governo della terra, sarebbe toccato al più anziano, Oceano (uno dei Titani), ma Crono, con l'inganno riuscì a impossessarsi del trono e a regnare sul creato. Iniziò così il REGNO DI CRONO, che liberò i suoi fratelli dalla prigionia alla quale il padre li aveva relegati ad eccezione dei Ciclopi e degli Ecatonchiri nei confronti dei quali nutriva seri dubbi sulla loro lealtà nei suoi confronti. Questo fu un grave errore da parte sua, errore che, negli anni a venire, gli sarebbe costato molto caro. Per continuare l'opera della creazione Crono, scelse come sposta Rea (una dei Titani), sua sorella. Nel frattempo, la grande opera della creazione continuava e numerose divinità apparivano: - le Graie e le Gorgoni; - Thanatos la morte, Eris la discordia, Nemesi la vendetta, le Moire , il destino (tutti figli della notte); - Elios il sole, Selene la luna, Eos il mattino (tutti figli del Titano Iperione); - Iride l'arcobaleno ed altre ancora. Con Rea, Crono ebbe numerosi figli tra cui tre maschi Poseidone, Ade, Zeus, e tre femmine, Era, Demetra, Estia. VESUVIOWEB.COM 1 Di Aniello Langella Cultura, arte, ricerche di sapore antropologico, sulla vasta area tra il vulcano ed il mare: Grammatica del dialetto di Pietraroja di P. Bello Villa De Curtis, un Patrimonio a rischio, di G.Maddaloni. Napoli, le bombe e l’ultima guerra mondiale, di Caffarelli. Quanno carètte Musullino di Salvatore Argenziano. ’A miezaparrocchia a ncapatorre, di Salvatore Argenziano Mosconi sul terrazzo di un Gran Caffè, di R. De Maio 1) A. Langella è nato a Torre del Greco. Nel 1978, si laurea in Medicina e Chirurgia alla Federico II di Napoli. In seguito, si specializza in Ortopedia e Traumatologia a Padova ed in Riabilitazione a Trieste Assunto in Ente Ospedaliero Monfalcone, nel 2000, fonda il Gruppo Archeologico del Mandamento Isontino. Ha scritto numerose pubblicazioni scientifiche. e, da più di 30 anni, studia Torre e il Vesuvio con amore e dedizione. -5- Antropos in the world IL TEATRO COMICO ROMANO La parola commedia è tutta greca: κωμῳδία, "comodìa", infatti, è composta da κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e ᾠδή,"odè", canto. Di qui il suo intimo legame con indica le antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci . Peraltro, anche i primi ludi scenici romani furono istituiti, secondo Tito Livio, per scongiurare una pestilenza invocando il favore degli dèi. I padri della lingua italiana, per commedia intesero un componimento poetico che comportasse un lieto fine, ed in uno stile che fosse a metà strada fra la tragedia e l'elegia. Dante, infatti, intitolò comedìa il suo poema e considerò tragedia l’Eneide di Virgilio. La commedia assunse una sua struttura ed una sua autonomia durante le fallofòrie dionisiache e la prima gara teatrale fra autori comici si svolse ad Atene nel 486 a.C. In altre città si erano sviluppate forme di spettacolo burlesche, come le farse di Megara, composte di danze e scherzi. Spettacoli simili si svolgevano alla corte del tiranno Gerone, in Sicilia, di cui purtroppo, non ci sono pervenuti i testi. A Roma, prima che nascesse un teatro regolare, strutturato cioè intorno a un nucleo narrativo e organizzato secondo i canoni del teatro greco, esisteva già una produzione comica locale recitata da attori non professionisti, di cui non resta tuttavia documentazione scritta. Analogamente a quanto era accaduto nel VI secolo a.C. in Attica, anche le prime manifestazioni teatrali romane nacquero in occasione di festività che coincidevano con momenti rilevanti dell’attività agricola, come l’aratura, la mietitura, la vendemmia. PLAUTO: MOSTELLARIA (II sec. a.C.) Come la satura, anche la recitazione dell’atellana preletteraria fu prerogativa dei giovani romani. Essi, nel tentativo di soddisfare il loro desiderio di recitazione senza incorrere nelle pene previste dalla legge per un cittadino che si dedicasse in forma professionale alla carriera dell’attore, diedero vita ad una forma teatrale per dilettanti, caratterizzata da un’accesa oscenità e da una forte aggressività verbale, oltre che dalla ricorrenza di maschere fisse (per esempio, Marcus, "lo sciocco", Pappus, "il vecchio avaro"). L’atellana trovò collocazione in coda alla rappresentazione degli spettacoli teatrali regolari di tipo tragico, con il nome di exodium Atellanicum. Il teatro comico regolare si sviluppò a Roma, insieme a quello tragico, a partire dalla seconda metà del III secolo a.C.: l'aspetto rilevante è che di questa produzione comica non sono sopravvissuti solo frammenti, come nel caso della tragedia latina arcaica, ma un cospicuo numero di opere che costituisce un'eccezionale documentazione: ventuno commedie di Plauto e sei di Terenzio. Titus Maccus Plautus, nacque a Sarsina, tra il 255 e il 250 a.C.; i tria nomina si usano per chi è dotato di cittadinanza romana, e non sappiamo se Plauto l’abbia mai avuta. Un antichissimo codice di Plauto, il Palinsesto Ambrosiano, rinvenuto ai primi dell’800 dal cardinale Angelo Mai, portò migliore luce sulla questione. Il nome completo del poeta tramandato nel Palinsesto si presenta nella più attendibile versione Titus Maccius Plautus; da Maccius, per errore di divisione delle lettere, era uscito fuori il tradizionale M. Accius . Plauto fu un autore di enorme successo, immediato e postumo, e di grande prolificità. Inoltre il mondo della scena, per sua natura, conosce rifacimenti, interpolazioni, opere spurie. Sembra che nel corso del II secolo circolassero qualcosa come centotrenta commedie legate al nome di Plauto: non sappiamo quante fossero autentiche, ma la cosa era oggetto di viva discussione. Nello stesso periodo, verso la metà del II secolo, cominciò una sorta di attività editoriale, che fu determinante per il destino del testo di Plauto. si stanno preparando per un banchetto che svolgeranno con Filolachete, il suo amico Callidamate e la prostituta Delfio. Mentre il banchetto procede tranquillamente, sopraggiunge Tranione, il quale ha scoperto dell'arrivo di Teopropide al porto di Atene. Questa è una pessima notizia per il gruppo che ha sperperato il patrimonio di Teopropride. Ma Tranione per salvare i suoi amici dalla collera paterna: decide di nascondere i banchettanti nella casa di Filolachete. Così lo schiavo, dopo aver fermato il vecchio Teopropide che stava per entrare in casa, racconta che la dimora era stata infestata dal fantasma di un uomo ucciso molti anni prima dal precedente padrone. Il vecchio crede alle parole del suo servo e scappa. L'usuraio Misargiride, che aveva prestato a Filolachete il denaro per riscattare l’amante Filemazia, incontra Tranione. Nel frattempo giunge, Teopropide che viene a sapere del prestito effettuato da Misargiride. Tranione inventa una nuova bugia, e fa credere a Teopropide, che i soldi erano stati usati per comprare una nuova casa, dato che quella vecchia era ormai irrecuperabile. Dopo che Tranione si era allontanato, Teopropide incontra due tizi che cercano di entrare nella sua casa, essi sono Fanisco e Pinacio, schiavi del migliore amico di Filolachete, Callidamate, che in quel momento è in casa occupato a festeggiare. Teopropide, da essi viene a sapere dell'inganno tesogli da Tranione e decide di vendicarsi del figlio e del servo. Tranione , scoperto, fa fuggire il giovane padrone e gli altri banchettanti e si prepara ad affrontare il padrone. Quest'ultimo dopo aver parlato con il servo, si accinge a torturarlo, ma sopraggiunge Callidamate, che riesce a distoglierlo dal suo intento. Tutto termina con il perdono. Sinossi: In questa commedia si ritrova la caratteristica plautina dei nomi parlanti. Infatti tutti i nomi dei personaggi sono collegati alla storia, ad esempio il nome "Teopropide" significa "Figlio di Indovino", in contrapTrama: Teopropride, il padrone di Tranione e Gru- posizione alla lentezza con cui il vecchio comprende mione, è partito per l'Egitto lasciando il figlio (Filolachete) l'inganno. la Commedia del Fantasma, è sicuramente una da solo ad Atene. Filolachete "traviato" dal servo Tranio- delle più note commedie plautine, e l'inganno, la gozzone, decide di darsi ad una vita smodata. Filemazia e Scafa viglia, la pigrizia e la beffa sono il motore degli eventi. -6- Antropos in the world I GRANDI MISTERI ORIGINI ARCAICHE DI VENEZIA ( II parte ) I minoici erano gente molto ricca (erano possessori di miniere d'oro), per cui avrebbero portato nelle lagune tesori immensi mantenendo con la madre patria non solo rapporti affettivi, ma anche commerciali; hanno potuto costruire qui con abbondanza di materiali pregiati come lapislazzuli, metalli, ecc. La tecnica usata nelle rappresentazioni sarebbe quella dell'incavo o del castone, dell'incisione, della glittica. La finezza delle opere apparirebbe tale da non escludere l'uso di strumenti per l'ingrandimento ottico dell'immagine. Ma in una non ben precisata epoca, un fenomeno marino di enorme portata avrebbe messo in crisi l'esistenza di questo popolo; si tratterebbe infatti di un'alluvione alta non meno di sei metri sul livello medio. Il fango e la creta avrebbero coperto ogni cosa penetrando in profondità in tutte le incisioni murarie fuori e dentro gli edifici, coprendo così i cicli narrativi che erano evidentemente i libri di scuola di quei popoli. Fango e creta profondamente penetrati nelle pareti vi sarebbero rimasti così per secoli, concorrendo - a causa dei sali presenti - a un processo chimico di trasformazione che fece sì che il materiale alluvionale, non solo si pietrificasse, ma prendesse anche l'aspetto decolorito del muro su cui poggiava. L'impero minoico - invaso dai Barbari 'ante litteram' (gli Elleni) - nel 1400 venne messo in ginocchio: Cnosso fu conquistata, la reggia ed i palazzi incendiati, fu una vera distruzione. Rimane nel continente Micene, espressione insieme e della forza ellenica, e della bellezza minoica. Nel 1100 circa gli Elleni, ossia i Greci, vanno alla conquista di Troia e nell'VIII secolo iniziano quella colonizzazione al di là del Mare Egeo e Adriatico che li conduce a fondare la 'Magna Grecia', e a spingersi anche oltre le foci del Po. Una di queste punte sarebbe giunta nelle lagune lasciando inconfondibili le impronte della loro presenza nelle colonne con capitelli ionici e corinzi e negli edifici che altrimenti non si potrebbero spiegare. Sia i Minoici che i Micenèi sono popoli religiosamente legati ai culti che sono comuni a tutto il Medio Oriente: il culto dei morti, della barca, del serpente, della dèa madre, del toro e forse della Vergine nel cielo. Particolarmente ricco il culto dei morti, con riti di esequie: i Minoici seppellivano i morti dopo aver usato anche l'imbalsamazione; i Micenèi, invece, li bruciavano, collocando le loro ceneri in vasi di vetro che riponevano nei tabernacoli. I Micenèi giunti nelle lagune non pensano affatto di disidratare i muri dal fango, ma stendono sulle stesse pareti con la tecnica dell'affresco - gli stessi cicli rappresentativi delle loro credenze, che seguono l'impianto di quelli coperti. Particolare interesse può suscitare il fatto che il popolo accoglierà nelle proprie isole i terrafermieri fuggiaschi, a partire dal V secolo d.C., e, con un tocco ancora più generoso e più ampio nel VII secolo, quando giungono i cristiani con i loro Vescovi e con le Sante Reliquie. Evidentemente, l'impatto tra cristiani e pagani fu del tutto pacifico, infatti, si trattava di quei i minoici che, in piena decadenza del paganesimo, avendo cominciato a subire i primi colpi dai cristiani della prima ora, erano molto probabilmente i fervorosi nipoti dei cristiani istruiti e battezzati dagli stessi Apostoli SS. Pietro e Paolo. Il cristianesimo nei confronti del paganesimo, ora visto come dottrina superiore e liberatoria dalle paure degli dèi adirati e dalle impressionanti favole, al punto che essi - pagani - si vergognavano di essere ancora adoratori di animali e furono affascinati dal prestigio che alla religione cri-stiana avevano dato i martiri, e continuavano a dare i Vescovi con la loro dottrina. Non dimentichiamo che nel IV sec.lo le regioni che vanno dal Piemonte alla Lombardia al Veneto, sono ormai cristiane; S. Andrea di Vercelli, S. Massimo di Torino, S. Ambrogio, S. Girolamo, saranno per sempre stelle fulgide per la Chiesa d'Occidente. Allora sarà possibile che, proprio con entusiasmo di popolo, a partire almeno dal VII secolo, ci si dà a coprire ogni rappresentazione mitologica con l'uso di qualsiasi materiale cementizio: gesso, calce, marmorino ed intarsio marmoreo. Nella chiusura saranno interessate innanzitutto le immagini offensive della fede o giudicate non lecite, mentre si opterà per un riutilizzo - con significato diverso - di tutto ciò che sarà possibile conservare. L'operazione, iniziata agli albori del Cristianesimo in Venezia, continuerà quasi a tappe sino a tutto il 1700; il che significa che non sempre si avevano a disposizione i materiali e artisti, e che la massa d'opere era immensa al punto che moltissimo di queste che noi siamo soliti attribuire all'epoca classica del '500, altro non sarebbero che opere originali fortunosamente sfuggite all'azione dei mimetizzatori. (Continua) Daniela Bortoluzzi -7- Antropos in the world NICODEMATE LA MADONNA CHE SCIOGLIE I NODI A qualcuno dei venticinque lettori del mio saggio “Nomi e titoli della Vergine” (ViVa Liber Edizioni 2010), in cui riporto in ordine alfabetico oltre tremila titoli della Madonna, non sarà sfuggita, alla lettera K, la Madonna Knotenloserin Il termine vuol dire “che scioglie i nodi”. L’immagine, che si venera nella chiesa di St. Peter in Perlach di Augsburg (Germinia), è attribuita al pittore settecentesco Johan Georg Schimittdner e rappresenta la Vergine Assunta in cielo che schiaccia la testa al serpente mentre è intenta a sciogliere i nodi di un lungo nastro che le è offerto da un angelo, mentre un altro riprende il tessuto ormai liscio. (Il dipinto, come ex voto, intendeva evocare sempli-cemente la grazia ricevuta dal nobile Wolfang Langenmantel per la ricomposizione del suo matrimonio, il nastro secondo l’usanza del tempo indicava l’unione coniugale ). Richiamo questo titolo, perché molto caro al papa Francesco che lo ha menzionato di recente. Questo Papa, non meno dei suoi predecessori – il beato Giovanni Paolo II e l’emerito Benedetto XVI – è, infatti, un Papa di radicata devozione mariana. Appena eletto, dopo aver salutato la folla, pregò la Madonna di custodire il suo predecessore e, come primo atto da Vescovo di Roma, si recò presso la più grande basilica mariana del mondo, Santa Maria Maggiore, per pregare davanti all’immagine di Maria “Salus Populi Romani”. Non si dimentichi che l’Argentina, il “paese dell’altro mondo” da cui proviene, è un paese ricco di tradizioni mariane, tra le quali la più sentita è quella del rosario. Tra i principali santuari quello di Lujan è un autentico centro mariano. Altri importanti santuari sono quelli di Nuestra Señora di Còrdoba, di Nuestra Señora de Itatì di Corrientes, di Nuestra Señora del Valle di Catamarca, di Nuestra Señora di Santa Fe e S. Maria del Rosario di San Nicolàs. La capitale Buenos Aires è poi la traduzione in spagnolo di Bonaria (Cagliari), perché proprio dal colle sardo, sul quale sorge l’omonimo santuario mariano, partirono i marinai che, scampati miracolosamente ad una furiosa tempesta e approdati su quella lontana terra, fondarono la città dandole il nome della loro Madonna invocata nel momento del pericolo. La tradizione vuole, inoltre, che i colori della stessa bandiera della Nazione (tre bande orizzontali: celeste, bianco, celeste) derivino dai colori delle vesti della Madonna. Papa Francesco è, poi, il primo gesuita assurto al Trono di Pietro e S. Ignazio, si sa, fu il cavaliere di Maria. “Maria è veramente la Madre della Compagnia”, affermava padre Arrupe. Sappiamo che Maria, Signora della Spagna, ebbe un grande influsso nella conversione di Ignazio e nella composizione delle sue opere. E’ noto l’episodio che il Santo, con la foga del neoconvertito, voleva vendicare a pugnalate le ingiurie di musulmano verso la verginità di Maria. Nel suo stemma, infine, compare nello scudo blu, sormontato dai simboli della dignità pontificia (mitra tra due chiavi rilegate da un cordone) sotto l’emblema della Compagnia di Gesù (un sole con le lettere IHS sormontate da una croce) la stella che simboleggia Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, e il fiore di nardo, che indica s. Giuseppe, patrono della Chiesa universale. Da tutto ciò deriva , come è stato notato, che “non si può comprendere a fondo la tenerezza e la misericordia che caratterizzano la peculiare fisionomia del magistero di papa Francesco senza cogliere l’immanenza della Madre di Dio nella sua vita. -8- E senza tener presente il titolo particolare con il quale egli sovente ama venerarla e invocarla : Colei che scioglie i nodi.” Questa devozione il Papa la scoprì in Germania dove si recò, semplice sacerdote, negli anni Ottanta. Fu, infatti, subito colpito da quell’immagine per la sua allegoria del ruolo mediatrice di Maria e decise di portarla con sé a Buenos Aires distribuendola a sacerdoti e fedeli. Già S. Ireneo scriveva che fu sciolto da Maria il “nodo” che Eva aveva intrecciato con la sua disubbidienza. Nel settembre del 1996, padre Arroyo, parroco della chiesa di San Josè del Talar, nella capitale argentina, decise di portare questa immagine alla venerazione anche nella sua chiesa. Nel giro di qualche mese l’ artista Ana Betta de Berti dipinse una riproduzione dell’originale tedesco (Nuestra Señora la que Desata los Nudos) e la donò alla parrocchia. L’8 dicembre – giorno della sua festa – il futuro papa Francesco, celebrò in quella chiesa la S. Messa e sottolineò che questa rappresentazione della Madonna illustra il fatto che “Dio, il quale distribuisce la sua Grazia a tutti i suoi figli, vuole che noi ci fidiamo di Lei, che le affidiamo i nodi dei nostri peccati per far sì che Lei ci avvicini a Gesù”. Conosciuta dunque molto in Sud America, la particolare devozione della “Madonna che scioglie i nodi” si sta diffondendo nella stessa Germania e in Europa per merito di una particolare campagna promossa da “Luci sull’Est”. Sono state composte per questa devozione una novena, una preghiera ed una supplica. Riportiamo qui il testo della preghiera diffusa con l’imprimatur dell’allora arcivescovo di Buenos Aires Mons. Bergoglio: Santa Maria, piena della Presenza di Dio, durante i giorni della tua vita accettasti con tutta umiltà la volontà del Padre, e il Maligno mai fu capace di imbrogliarti con le sue confusioni. Già insieme a tuo Figlio intercedesti per le nostre difficoltà e con tutta semplicità e pazienza ci desti un esempio di come dipanare la matassa delle nostre vite. E rimanendo per sempre come Madre Nostra poni in ordine e fai più chiari i legami che ci uniscono al Signore. Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra, a te che con cuore materno sciogli i nodi che stringono la nostra vita chiediamo di ricevere nelle tue mani … e di liberarci dai legacci e dalle confusioni con cui ci tormenta colui che è nostro nemico. Per tua grazia, per tua intercessione, con il tuo esempio liberaci da ogni male, Signora nostra, e sciogli i nodi che impediscono di unirci a Dio affinché, liberi da ogni confusione ed errore, possiamo incontrarlo in tutte le cose, possiamo tenere riposti in lui i nostri cuori e possiamo servirlo sempre nei nostri fratelli, Amen. Renato Nicodemo _________________ 2) Renato Nicodemo: nato a Laurito, è laureato in Pedagogia e Dirigente scolastico. Appassionato di studi mariani, cura la pagina mariana di alcune riviste cattoliche. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni. Alcuni titoli: La Vergine nel Corano, La Vergine nella Divina Commedia, Antologia mariana, Umile ed Alta, Il bel paese, I nuovi programmi della scuola elementare, Verso i nuovi Orientamenti ed altro. Antropos in the world DAGLI ALTRI GIORNALI Di Michele Rallo (Da SOCIAL – n.ro 40 settimanale d'informazione) -9- Antropos in the world IL RACCONTO DEL MESE: di Umberto Vitiello – Da Gente del Sud GENNARO, MIO FRATELLO Nel 1960 Gennaro promuove un ciclo di conferenze sul teatro moderno e contemporaneo tenuto dal teatro Universitario Napoletano e diretto dal regista Franco Enriquez con l’appoggio del Teatro Stabile di Napoli. Per il Collettivo Teatrale Scenografia Stefanucci della BBAA di Napoli cura la regia di “Don Giovanni” di Molière, musiche scelte da Enzo Salomone, scene, costumi e trucchi del Collettivo. Nel 1962 illustra due libri per l’Infanzia: “L’Incantesimo” e “Racconti italiani di ieri”. Nel 1963 illustra con immagini di Napoli l’Almanacco Torriani”, la cui prima copia è dedicata al Presidente della Repubblica. Intanto diventa collaboratore della rivista “Tempo di Letteratura”, diretta dal professor Nullo Minissi dello Istituto Universitario Orientale, e si lega sempre più a un gruppo di amici, quasi tutti docenti o ex allievi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, con cui progetta fin dal 1963 la nascita di un teatro laboratorio di formazione e ricerca, il futuro Centro Teatro Esse. La Esse sta per Sperimentazione. Scrive V. Monaco a pagina 115 e seguenti di La contaminazione teatrale: “… Il teatro di sperimentazione… scaturisce dal bisogno di aprire la cultura della città, di rompere con una tradizione di teatro dialettale alla ricerca del facile consenso… Nuove forze si trovarono a lottare contro il teatro ufficiale che, fin dagli anni cinquanta, era dominato da gruppi intellettuali incapaci di accogliere le novità che pure emergevano”. I più convinti ed attivi del gruppo, oltre Gennaro nel suo acquisito ruolo di regista, sono gli scenografi Giovanni Girosi e Carlo de Simone, la costumista Odette Nicoletti e la docente di Storia dell’Arte Anna Caputi, che suggerì come motto del futuro teatro le parole di Leonardo: “…cominciando dalla Sperienza e con essa investigare la ragione”. Inizialmente, anche se sollecitato moltissimo da Anna Caputi e da Odette Nioletti, Gennaro fu titubante e si pensò a un’alternanza collaborativa con un altro regista, Mario Miano, che aveva curato assieme a mio fratello la regia d’un recital su Lorca, e da solo la regia di Un sorriso di terra di H. Boll, Ceneri di Beckett e L’annuncio a Maria di Paul Claudel nel teatro dell’Accademia di Belle Arti. La collaborazione tra i due fu però difficile. “La personalità di Gennaro e il suo forte carisma sugli attori indussero Miano ad allontanarsi molto presto dal gruppo, che iniziava allora a muovere i primi passi” – ricorda Carlo de Simone in un’intervista del 24 ottobre 1991. I primi spettacoli sperimentali si tennero nella Cappella dei Girolamini, al Teatro Politeama di Napoli e al Cenacolo di Nola. Il gruppo, che si riuniva quasi sempre in casa di Anna Caputi a Posillipo, avvertì presto la necessità di avere un luogo stabile e definitivo in cui preparare e presentare gli spettacoli. Spazio che fu trovato al n° 18 di - 10 - (terza puntata) Via Martucci, dove una volta vi era un deposito di legname. La Moscheta di Ruzante, rappresentata nel febbraio del 1965 nello stabilimento di Pozzuoli della Divisione Ferroviaria dell’IMAM-Aerfer con la regia di Gennaro, le scene di Giovanni Girosi e la musica di Mario Perrucci (1), può ritenersi a buon diritto il primo spettacolo ufficiale del Teatro Esse, anche se l’inaugurazione del Centro Teatrale Esse di via Martucci avverrà solo il 27 dicembre 1966 con La Magia della Farfalla di Federico Garcia Lorca, un testo inedito in Italia, tradotto da Gennaro. Come avverrà con altri testi, da lui tradotti dal francese, dal tedesco, con l’aiuto della moglie, e ancora dallo spagnolo. Alla Magia della farfalla, seguirono nel 1967: Sei atti unici di Tardieu, Spasamiolipi di Spatola, Sanguineti, Miccini, Achille Bonito Oliva, Pienotti, e I Cenci di A. Artaud; nel 1968: Massa-Uomo di E. Toller, Il folle, la morte e i pupi da Il folle e la morte di Hugo von Hofmannsthal e Los Titeres de cachiporra di F. G. Lorca; nel 1969 I Negri di Jean Genet; nel 1970: Medea di L. Anneo Seneca; nel 1971 “K” di Edoardo Sanguineti, Il Re nudo di E. Schwarz e Prometeo legato di Eschilo; nel 1972 Il funerale del padre di G. Manganelli. Con I Negri di Jean Genet nel 1969, come scrive Cinzia Plaitano nella sua tesi di laurea (1), la “matassa immaginaria della scena raggiungeva l’apice del suo dispiegamento nella messinscena più rappresentativa e culminante del gruppo”. Il testo fu rappresentato in Italia per la prima volta grazie alla traduzione di Gennaro e all’autorizzazione da lui ottenuta dallo scrittore francese, che non aveva mai concesso di far recitare la sua opera da chi non era negro. - Ho inteso negro come emarginato, gli disse Gennaro, e i napoletani conoscono bene il peso dell’emarginazione. Genet si dichiarò d’accordo e Gennaro poté mettere in scena I negri, teatro nel teatro la cui azione drammatica, come una partita sportiva tra due squadre contrapposte di fantasmi vaganti e larve erranti nella sala, impone un coinvolgimento di tutti, attori e spettatori. Con la rappresentazione de I Negri Gennaro – come mi confidò – riuscì finalmente a sottrarsi con accresciuta consapevolezza alla tendenza solidamente pedagogica del teatro brechtiano, pur riconoscendone il valore tecnico dello straniamento. (2) ____________________ 1 Giovane rappresentate di Napoli del Centro Universitario Musicale conobbe Gennaro al Teatro Universitario Napoletano, gli creò la musica per La Moscheta di Ruzante e divenne poi autore di notevoli Musiche Originali per il teatro drammatico , ma anche per la televisione e per la radiofonia, e collaborò con registi di grande prestigio. Realizzò inoltre un’intensa attività di compositore e didatta e dal Ministero della P.I. fu nominato Ispettore Onorario per il patrimonio artistico e monumentale. 2 ) Università degli Studi di Salerno - Anno Accademico 1993-94 – “Gennaro Vitiello: Dal Teatro ESSE alla Libera Scena Ensemble. Un itinerario di ricerca a Napoli” – Relatore: Ch.mo Prof. Rino Mele. Antropos in the world La fine della Sperienza del Teatro Esse è segnata da Il funerale del padre, l’ultimo suo spettacolo. “Il TS si scioglie ufficialmente nel luglio del 1972, a causa di un guasto che rese inagibile la cantina di via Martucci – scrive nella sua tesi di laurea Leonilda Cesarano (1) - In verità il guasto fu solo la miccia per far esplodere la crisi interna che già da tempo minava il gruppo. Sembrò, ad un certo punto, che gli interessi non convergessero più”. Nell’ottobre dello stesso 1972 Gennaro, assieme con Enzo Salomone, Marisa Bello e nuovi attori non provenienti dal TS, crea La Libera Scena Ensemble che sceglie la prospettiva del teatro mobile. La sua sede è a Torre del Greco, in un appartamento dove si tengono riunioni e prove fino al 1977, anno in cui si trasferì in un garage sottoscala, prendendo il nome di Teatro nel Garage. Il primo spettacolo della Libera Scena Ensemble, Urfaust di J. W. Goethe, fu messo in scena già nel 1973 ed ottenne un grande successo. Seguirono, nello stesso anno, La morte di Empedocle da J.C.F. Holderlin; nel 1974 Un matrimonio d’interesse da Los Titeres de cachiporra di F. G. Lorca; nel 1975 I nuovi dolori del giovane Werther di U. Plenzdorf; K – Il funerale del padre di E. Sanguineti e G. Manganelli e Padrone e sotto da Il signor Puntila e il suo servo Matti di B. Brecht; nel 1977 Il cacatoa verde di Arthur Schnitzler; nel 1978 Mammà chi è? da Il cerchio di gesso del Caucaso di B. Brecht; nel 1979 La storia di Cenerentola à la manière de… da Dodici Cenerentole in cerca d’autore di Rita Cirio; nel 1980 Woyzech di Georg Büchner; nel 1982 Assolo per orologio di O. Zaharadnik e Operetta per una bambola da Los Titeres de cachiporra di F. G. Lorca; nel 1983 Hinkermann di E. Toller ed Edippo di Ugo Foscolo; nel 1984 Cabaret e forse… di G. Ranieri. Gli spettacoli si tennero all’Università di Napoli, all’Università di Camerino e in varie località italiane ed europee, ottenendo ottimi successi e vari riconoscimenti. Nel 1974/75 portò a Milano il Teatro delle Guarattelle (delle marionette), trasposizione nei modi napoletani della “Tragicommedia di Don Cristobal e la Signorina Rosita”, una farsa di Garcia Lorca. Contemporaneamente Gennaro organizza e dirige La Settimana Internazionale di Teatro Laboratorio negli anni 1973 – 1975 – 1979 – 1981 – 1982 e 1984 con la presenza di giovani compagnie teatrali di varie città d’Europa e d’Italia. Gli spettacoli si svolgono per la maggior parte nel Teatro Metropolitan di Torre del Greco. Per la “Festa dei Quattro Altari” nel 1979 organizza e dirige la Rievocazione Storica del Riscatto Baronale del 1699 che si svolge per strade, vicoli e piazzette della città di Torre del Greco. Dal 1981 al 1984 è il direttore artistico del Giugno Popolare Vesuviano di San Giuseppe Vesuviano. Ho conosciuto molti dei suoi attori, tra cui Peppe Barra, Enzo e Mario Salomone, Leopoldo Mastelloni, Vittorio Mezzogiorno, Vittorio Viviani e Nathalie Guetta, venuta da Parigi, sorella del noto giornalista di “Le Monde”. Ho visto purtroppo meno della metà delle sue messinscena. Alcune al Teatro Esse di via Martucci, la Medea con Mastelloni davanti a un tempio di Paestum, altre all’Università di Camerino, come l’Urfaust, dove veniva invitato tutti gli anni dal Rettore, uno dei suoi grandi estimatori, e io lo raggiungevo da Pesaro. A Camerino andavamo a cena assieme con tutta la compagnia subito dopo lo spettacolo, dove chiacchieravamo a lungo. Voleva sapere il mio parere sul testo, la recitazione, la scenografia, i costumi, la reazione del pubblico, prevalentemente di professori e studenti. Io mi complimentavo delle sue sbalorditive capacità creative e dei suoi indubbi successi, ottenuti perfino in una Università, il Tempio della cultura ufficiale in cui è sempre presente la contestazione degli studenti più vivaci, che esprimono in tanti modi e in varie occasioni la loro bramosia di liberarsi di ciò che ritengono superato, pretendendo ciò che per loro è innovativo e più confacente ai tempi presenti o prossimi a venire. Lui conosceva bene il mio amore per la verità e la sincerità con cui esprimo liberamente i miei giudizi, che apprezzava moltissimo. Un fratello, un vero amico non è, non può essere ipocrita solo per compiacerti, diceva ai suoi attori che ascoltavano il nostro colloquio. Privilegia invece la verità, su cui ci si può e ci si deve confrontare. È l’unico metodo che ci consente di migliorare, a teatro quando leggiamo e interpretiamo collegialmente il testo prima di metterlo in scena; ma anche nella vita quotidiana, che è la storia, la trama drammatica di ciascuno di noi. Del resto al nostro genere di teatro il pubblico viene principalmente per confrontarsi, colloquiare con la propria coscienza e guardarsi allo specchio senza infingimenti. (Continua) _______________ Univeristà degli Studi di Bologna – Facoltà di Lettere e Filosofia – Corso di laurea in D.A.M.S. – Sessione Autunnale Anno Accademico 1995-96– Gennaro Vitiello, Regista – Relatore: prof. Arnaldo Picchi 1 - 11 - Antropos in the world IMMAGINI D’UN ALTRO TEMPO – a cura di Andropos Tonina Torrielli Operaia in una fabbrica dolciaria a Novi Ligure, si iscrive al Concorso Voci Nuove nel 1955, vincendolo. Questo le dà diritto ad accedere nell'anno successivo al Festival di Sanremo. Nonostante la vittoria vada a Franca Raimondi con Aprite le finestre, la Torrielli, che presenta tra gli altri brani Amami se vuoi piazzandosi seconda, viene considerata la rivelazione dell'anno. Assegnata dalla Cetra all'orchestra di Cinico Angelini, viene subito montata dalla stampa una sua presunta rivalità con Nilla Pizzi, al tempo definita la regina della canzone italiana. Sempre nel 1956, Torrielli partecipa al primo Eurofestival con lo stesso brano (nella stessa kermesse vi è un'altra italiana, Franca Raimondi), al Festival di Napoli con Adduormete e 'E rrose d'o core, e al Festival di Assisi con il motivo Canzone nova. Nel 1957 la cantante a si ripropone a Sanremo con diversi brani, arrivando terza con la canzone Scusami, cantata in coppia con Gino Latilla. In una delle serate, a Tonina capita di prendere una evidente stonatura nel corso di una esibizione. Un normale incidente di percorso nella carriera di ogni cantante, ma anche in questo caso la stampa non si rivela tenera nei suoi confronti: c'è chi parla di eccessiva tensione emotiva, chi di scarsa preparazione. Nel 1958, anno del ritorno sulle scene di Sanremo della rivale Nilla Pizzi, la Torrielli viene proprio abbinata a lei con il brano L'edera. Il confronto non le nuocerà: l'arrangiamento più mo-derno e la sua interpretazione meno melodrammatica contribuiscono senz'altro alla conquista del secondo posto, dietro all'inaspettata vittoria di Nel blu dipinto di blu. Tuttavia sarà Nilla a riscuotere maggiori consensi sia con le vendite sia con le tournée all'estero, fino alla vittoria nella successiva Canzonissima. L'anno successivo, ancora una volta viene sopraffatta dal successo e dal carisma della cantante a lei abbinata: si tratta di Jula De Palma, che con Tua si aggiudica tutte le pagine dei giornali e mette in secondo piano la collega, provocando addirittura un piccolo scandalo nell'opinione pubblica per la sua interpretazione eccessivamente sensuale. Tra l'altro la canzone verrà anche proposta da una giovanissima Mina in una versione originalissima da "urlatrice". Nello stesso anno partecipa al film musicarello Destinazione Sanremo, diretto da Domenico Paolella. Nel 1960 sposa Mario Maschio, allora batterista dell'Orchestra del maestro Cinico Angelini. Le presenze a Sanremo proseguono e la vedono sempre - 12 - finalista con Colpevole (quarto posto nel 1960), sempre in coppia con Nilla Pizzi, Febbre di musica (1961 con Arturo Testa), Aspettandoti (1963, con Aura D'Angelo), e Perdonarsi in due (1963, con Eugenia Foligatti). Nel 1962 la cantante aveva partecipato anche alla prima edizione del Cantagiro con la canzone Chitarra e pistola. Qualche stecca in cui la cantante incappa nuovamente nel corso delle dirette televisive ridesta i pettegolezzi e le critiche giornalistiche. Un po' per questi piccoli incidenti, un po' per la sua passione per i francobolli, un po' per il declino del genere melodico tradizionale, ma soprattutto per il desiderio di dedicarsi a tempo pieno alla famiglia, Tonina Torrielli abbandona il palcoscenico nel 1965, a soli trentuno anni di età. A Torino, città in cui aveva scelto di eleggere la propria residenza, la cantante sarà titolare per molti anni, insieme a suo marito, di un negozio di dischi e di strumenti musicali situato in piazza Castello 43, che chiude nel 2003, dopo più di quarant'anni di attività. Tornerà sotto i riflettori per brevi apparizioni televisive nel corso di programmi di revival negli anni novanta. Apparirà nelle vesti di identità da svelare nella trasmissione televisiva Soliti ignoti - Identità nascoste, condotta da Fabrizio Frizzi su Rai 1 il 7 febbraio 2008. Nello stesso anno è ritornata a cantare, ospite in una puntata del programma televisivo I migliori anni, condotto da Carlo Conti. Il 13 marzo 2011 compare in collegamento televisivo da Torino, nel programma "Mattina in famiglia" per rendere omaggio alla collega scomparsa Nilla Pizzi. Tonina Torrielli, Mike Bongiorno, Cristina Jorio, Wilma De Angelisi Da il discobolo.net: http://youtu.be/NR-eqJWaZq4 Antropos in the world AISOPOS ET PHAEDRUS IN NAPOLETANO La capra e l’asino ἲὶὄνο Un tale teneva una capra e un asino. La capra, che era invidiosa dell'asino perché gli davano molto da mangiare, andava dicendogli che lo maltrattavano, ora facendogli girare la macina, ora caricandolo di pesi, e lo consigliava di fingersi epilettico e di lasciarsi cadere in un fosso, se voleva sottrarsi alle fatiche. L'asino le diede retta: si buttò giù e si ruppe le ossa. Allora il padrone chiamò il veterinario e gli chiese un rimedio. Questi ordinò che gli facessero un'infusione di polmone di capra. Così, per curare l'asino, uccisero la capra. (Aἲsopoς – μύθος XVI) Lexicon necessarium: Na crapa mappina: una capra cattiva. Ndà recchia: nell’orecchio. Quaccosa: qualcosa; fusione di qualche (in assimil. regressiva)+cosa, con apologia. T’arrepuòse: ti ripososi. Scrivatelle…ndà capa: mettiti bene in testa. Fabula docet (‘ύò: Una saggezza opportuna può salvare la vita. O CIUCCIO E A CRAPA ZOCCOLA (Chi vole ‘o male e ll’ate o suoie sta arrète ‘a porta) ‘Un tizio teneva ddoje bestie: ‘nu ciuccio e ‘na crapa mappina, invidiosa sta piézze ‘e latrina pecché ‘o ciuccio aveva da mangià. E dicette ‘nu juorno nda’ recchia -Fa quaccòse, tu fatiche già troppo! Si te vutte ndò fuòsse e t’azzuòppe t’arrepuòse e po’ t’hanna curà! -. L’asinello, che si sa quant’è ciuccio, l’ascultaie rumpènnese ll’osse e lasciaje a salute ndò fuòsse. Si tu vuo’ risanà questa bestia, e dicette accorate ‘o dottore, scrivatelle chiaramente ndà capa, qua ci vuole un’infuso di capra. Fu così che la crapa fu uccisa per curare le ossa del ciuccio e ridargli ‘a salute in tal guisa. NON TUTTI SANNO CHE Non c’è bisogno di morire per vivere in Paradiso, basta una telefonata! Contatti Via Roma, 116 80076 Lacco Ameno Isola d'Ischia, Napoli tel. +39 081 99 44 66 cell:+39 366 1057055 fax +39 081 99 44 66 [email protected] - 13 - Antropos in the worldc PROVERBI, DETTI E MODI DI DIRE - OVVERO ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA Cu `un fa nenti `un sbaglia nenti. Prima di parlari mastica li paroli. Si ad ogni cani chi abbaia ci vò tirari `na petra `un t`arrestanu vrazza. Cu duna prima duna `ntimenza, cu duna doppu cu tutti li senza. Esplicatio: Solo chi non fa niente non commette errori Rifletti bene sulle parole che stai dicendo Se vuoi tirare una pietra ad ogni cane che abbaia le tue braccia non ce la faranno. Chi colpisce per primo colpisce con esitazione, chi risponde alla provocazione lo fa con tutta la sua forza. Implicanze semantiche: Vrazza: sost.f. pl., braccia. dal latino brachiu-m, con evoluzione di br > vr. Ntimenza: esitazione, sorta di tmore; Sirica Dora dal participio presente latino timens: temere. Sensa:dall’acc. lat. senu-m, senso, consapevolezza. petra: sostantivo femm.le, pietra. Dall’accusativo latino petra-m. Da cui il napoletano, con metatasi, preta ed i derivati: petrata, petraglia, pretella IL LINGUAGGIO ANALOGICO DEI PROVERBI a cura di Andropos Una coppia sta litigando, forse lui é arrabbiato per qualche motivo, forse lei lo ha fatto arrabbiare; forse lui é geloso, forse lei lo ha fatto ingelosire, non si sa. Quel che è certo è che lui è esasperato dalla ripetizione di un certo comportamento da parte di lei, che ritiene negativo e moralmente condannabile. Ad un certo punto della discussione lui sente l'esigenza di ribadirle che se farà ancora quella certa cosa, forse lui non lo tollererà più e forse romperà la relazione. Potrebbe dirlo in tanti modi diversi, con maggiore o minore enfasi, e, in base alle emozioni del momento, e al tipo di rapporto di coppia, potrebbe cercare onestamente il dialogo, oppure passare alla polemica delle minacce e dei ricatti. In un modo o nell'altro, lo direbbe sempre molto direttamente: "... se fai ancora quella cosa io ti lascio" , "lo sai che mi dispiace quando fai così”, "...non so se lo fai apposta o se non sei capace di trattenerti, io non ne ce la faccio più e son qui che penso di mollarti una volta per sempre", "...é successo ancora! basta non ne posso più di te!", "é successo ancora, fermiamoci a parlarne e vediamo di capire come la possiamo risolvere, ma guarda che la mia pazienza é al limite", "...se me ne fai un'altra così...sarà… l'ultima!" Oppure potrebbe voltarsi verso di lei in maniera più o meno plateale, magari muovendo su e giù la mano col dito teso, e dirle semplicemente "...tanto và la gatta al lardo...." lasciando in sospeso il finale del proverbio, sapendo che lei lo sa. E, lei capirebbe perfettamente il significato della frase. Eppure in quella stanza non c'é nessuna gatta che rischia di farsi tagliare le zampe da una trappola contenente il lardo come esca. Nessuna gatta, niente lardo, nessuna trappola, ma il messaggio che lui vuole far arrivare, viene perfettamente inteso. Ora, questo non sorprende nessuno; - 14 - adoperare i proverbi fà parte del nostro modo di esprimerci e possiamo immaginare facilmente molte situazioni di dialogo che possono essere affrontate, usando un proverbio: un uomo riceve un regalo decisamente miserello, ci rimane così male che un amico, per consolarlo, gli dice: "A caval donato non si guarda in bocca". In azienda, il direttore sbraita e alza la voce, fa cazziatoni a tutti, ma poi non prende nessun provvedimento e le cose restano come prima; di lui si dice: "Cane che abbaia non morde". Padre e madre non si sono mai occupati del figlio che adesso, diventato ragazzo non fa che mettersi nei guai; un vicino di casa commenta questo fatto dicendo:"Chi semina vento raccoglie tempesta". in Spagna esiste un proverbio analogo, che è diventato anche titolo di un film: "Alleva corvi...e ti mangeranno gli occhi". Attraversando un ponte, il vento mi porta via il cappello, lo vedo volare e posarsi precariamente sulla riva del fiume; calandomi con molto pericolo potrei forse recuperarlo, ma la ragazza che é con me mi consiglia di non farlo, perché il rischio di cadere é molto forte; sono d'accordo con lei e le rispondo: "Il gioco non vale la candela" E così via, ognuno di noi potrebbe immaginare decine di situazioni come queste, circostanze nelle quali qualcuno pronuncia un proverbio, apparentemente senza senso e fuori contesto, ma viene invece perfettamente capito dall'altro interlocutore. Cosa succede quando utilizziamo un proverbio? E' come se facessimo vedere a chi parla con noi una fotografia ove é riprodotta più o meno drammaticamente la situazione del proverbio. (continua) IL PROFUMO D’ERMIONE (liriche) si può richiedere tramite e-mail: [email protected] Antropos in the world Con la gioia di sogni trafugati alle stelle, volavo, ogni sera d’estate, mirando lontano. Respirando le mie libertà, non ancor dissacrate, se l’amore chiamava, l’universo tratteneva la mano. MOMENTO TENERO Quel tempo, or lontano, è finito, poi nulla è eterno; nel silenzio, una voce mi offre una fuga d’inverno. FUGA D’INVERNO di Franco Pastore ________________ Dalla raccolta “OLTRE LE STELLE” Sono aggrumi di pace, a cavallo d’una stella cadente, son frastagli di luce affatanti, non fiammelle morenti. Generose assonanze incalzanti, che io tocco con mano, mentre cerco nel buio una via, con la forza d’un nano. APPROFONDIMENTO LINGUISTICO LE FIGURE RETORICHE A cura di Andropos POLIPTOTO Ripetizione della stessa parola con mutamento di flessione o di funzione sintattica. Dal greco polýptōton, («con molti casi») è una figura retorica in cui una parola ripetuta a breve distanza all'interno di un enunciato, pur essendo la stessa, assume una funzione sintattica diversa. Per esempio lo stesso verbo coniugato in tempi, modi, persone, diatesi diverse o un medesimo sostantivo in casi diversi. Il poliptoto può occupare qualsiasi posizione all'interno della frase, ed è frequente nelle situazioni comunicative che presentano le figure della ripetizione. È detto anche variazione. "Soles occidere et redire possunt; nobis cum semel occidit brevis lux,... (Catullo) Il sole può calare e ritornare; per noi quando la breve luce cala,... "Staphyla: Nam cur me miseram verberas? "Euclio: Ut misera sis, atque ut te dignam mala malam aetatem exigas..." (Plauto, "Aulularia") "Sono ambo stretti al palo stesso; e vòlto è il tergo al tergo e 'l volto ascoso al volto." ( T. Tasso, Gerusalemme liberata, II, 32 ) "Cred' io ch'ei credette ch'io credesse..." (D. Alighieri, Divina Commedia, Inf., 13) FM GROUP ITALIA Per un futuro di SUCCESSI – CONOSCENZE – MIGLIORAMENTI – GUADAGNI. Per informazi e contatti: Presidente FM GROUP CONTURSI Accademico/giornalista geom.Carlo D’Acunzo - Angri (Salerno) E-mail: [email protected] Tel. studio: 081.947884 Cellulare: 3358065955 - 15 - Antropos in the world LA PAGINA MEDICA LA FIBRILLAZIONE ATRIALE La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia sostenuta di più comune riscontro nella pratica clinica: 5% nella popolazione con età superiore a 65 anni nel Cardiovascul Health Study. La prevalenza e l’incidenza della FA aumentano progressivamente con l’età, per raggiungere in percentuale l’8,8% dei soggetti con età maggiore di 80 anni. Una cardiopatia strutturale ed una ipertensione arteriosa è presente nell’80-90% dei casi. Inoltre essa si correla generalmente con l’ingrandimento dell’atrio di sinistra, per cui si associa a valvulopatia reumatica. Essa si associa ancora alle seguenti patologie: Ipertiroidismo per azione degli ormoni sul miocardio specifico Valvulopatia reumatica e non, soprattutto la v. mitralica Ipertensione arteriosa Vasculopatia cerebrale (ictus cerebri) Diabete mellito. La classificazione della F.A. è quella cosidetta temporale, proposta da Gallagher e Camm nel 1988. Essa consente di distinguere: FA parossistica, che significa episodi di fibrillazione che occorrono improvvisamente e regrediscono in 24-48 ore FA persistente (interruzione solo con interventi terapeutici) FA permanente o cronica (dove sono falliti e per nulla indicati interventi di cardioversione a ritmo sinusale, ecg) Ma quale terapia attuare in un paziente fibrillante? Occorre trattarlo o no? La domanda sorge spontanea ma la risposta è complessa poiché il medico deve conoscere : L’età del paziente e le sue condizioni la durata della aritmia, l’insorgenza del primo episodio e quando si è verificato se la forma di FA è parossistica, persistente o cronica se la FA risponde ai farmaci antiaritmici la coesistenza di una cardiopatia se il paziente è ipertiroideo (ipertiroidismo) o abusa alcool (dipendenza alcolica) A questo punto il paziente va seguito e monitorato o, quantomeno, deve eseguire un ecg , e devono essere studiate le onde P e le onde di fibrillazione, la eventuale presenza di segnali di ipertrofia del ventricolo sinistro , se vi è blocco di branca sinistra (ecg2), se c’è una pre-eccitazione, se c'è stato un pregresso infarto e se la frequenza cardiaca è - 16 - elevata, nel qual caso bisogna anche intervenire in questo senso, cioè a ridurla. Vanno infine monitorati i complessi QRS e l’intervallo QT al tracciato durante la cura. Inoltre è indicato eseguire un esame radiografico standard del torace (rx torace) per valutare se sussistano lesioni del parenchima polmonare o sovraccarico di circolo. Un’indagine ecocardiografica per valutare l’ipertrofia di parete e le dimensioni atriali, le eventuali valvulopatie mitraliche, le pericole trombosi atriali (cfr. tao e malattia tromboembolica). Inoltre i tests di funzionalità tiroidea ci danno contezza di eventuali problematiche connesse con la situazione di ipertiroidismo (ipertiroidismo), dove la frequenza del ventricolo è difficilmente controllabile in queste situazioni e l’aritmia (aritmie) ricorre di frequente. Allora, in sintesi, che fare? Il trattamento di una FA si avvale innanzitutto del controllo del rischio tromboembolico (cfr tao e rischio tromboembolico) e del ripristino del ritmo sinusale (ecg) che non sempre però è indicato. Infatti se spesso è corretto che un paziente mantenga il ritmo sinusale è pur vero che se un paziente entra ed esce da tale aritmia, rischia una tromboembolia e, quindi, l’ictus di più che se permane nella fibrillazione atriale. Ciò è dovuto al fatto che nel momento in cui l’atrio riprende a funzionare, cioè durante il ripristino del ritmo sinusale capita che del sangue coagulato, contenuto dentro le auricole possa essere rimesso in circolo ed inviato verso il cervello. Perchè? Perchè nella FA è come se gli atri fossero paralizzati ed il sangue dunque ristagnando nelle auricole, che sono come delle specie di “tasche” nella parete dell’atrio, appunto diventa coagulato. Da qui l’esigenza categorica di effettuare una terapia con eparine a basso peso molecolare, o una terapia quantomeno antiaggregante (aspirina) o meglio ancora la terapia con anticoagulanti orali (tao). Prima di decidere se ripristinare e poi mante-nere il Ritmo Sinusale, cioè quello del nodo del seno, quello fisiologico, è importante sapere se vi è possibilità di successo nel mantenere tale ritmo, con profilassi antiaritmica e compliance del paziente. FIBRILLAZIONE ATRIALE E ICTUS CARDIOEMBOLICO: MISURE LEGISLATIVE, STRATEGIE DI PREVENZIONE, ACCESSO ALLE CURE Mercoledì, 15 Maggio 2013 ore 8.30 – 14.00 CAMERA DEI DEPUTATI - Palazzo Marini – Sala delle Colonne -Via Poli, 19 – Roma Antropos in the world NOTE ANTROPOLOGICHE IL CORAGGIO DELLA NORMALITA’ L’uomo … traccia la propria storia, il vissuto per quello che è, senza bisogno di rivendere niente di quanto è stato, piuttosto è pratica quotidiana per arginare il malcostume, l’illegalità diffusa... Qualche giorno fa c’è stato un incontro in una scuola, autorevole il relatore intervenuto, uno di quelli che per fare il proprio dovere di cittadino, di persona impegnata a rispettare il proprio territorio, etica e legalità, da molti anni è costretto a spostarsi sotto scorta, a vivere nello stretto, a pensare e agire con i polmoni in debito di ossigeno. Non è mai semplice raccontarsi per chi è obbligato a camminare nascosto agli occhi, costantemente allerta, parossismo di una vita interamente sopravissuta, nella consapevolezza di fare la cosa giusta, quella che non disprezza il valore della propria dignità. Ci sono parole che si pronunciano per fare colpo, ma l’uomo seduto alla cattedra non ha simpatie per le ripetizioni ermetiche che fanno scalpore, traccia la propria storia, il vissuto per quello che è, senza bisogno di rivendere niente di quanto è stato, piuttosto è pratica quotidiana per arginare il malcostume, l’illegalità diffusa, che si espande a causa di un fertilizzante velenoso che sta a indifferenza. Quest’uomo non è un eroe, o forse sì: quando definiamo una persona con questo sostantivo, il più delle volte lo facciamo perché qualcuno è morto con la sola colpa di avere dato il meglio di sé. Non è il caso di chiedere a alcuno di fare l’eroe, invece è un dovere ascoltare quel che può accadere a essere semplicemente un cittadino onesto, che fa del proprio diritto-dovere di cittadinanza, una responsabilità ulteriore per se stesso e per quanti sono in ginocchio, peggio, alla finestra ad aspettare un treno che non arriverà mai. L’ospite attraverso la sua testimonianza racconta il difficile cammino insieme alla propria famiglia, lo fa con gli occhi, con le mani, con il corpo, disegna il vivere nascosto, protetto, accompagnato dalle forze dell’ordine, un uomo consapevole dei propri diritti, dei propri doveri, dell’importanza di partecipare al bene comune, quello più oneroso in termini di coerenza individuale e rispetto della propria libertà, di quella altrui, quando questa è vessata, ingiustamente rapinata del suo valore inalienabile. I ragazzi sbattono contro un equilibrio esistenziale diventato improvvisamente precario, qualcuno afferma: “sarà anche giusto prendere posizione, ma lei è sotto scorta, con una libertà che somiglia più a una torsione, forse è meglio farsi gli affari propri”. In questa affermazione, pronunciata per spirito di contraddizione, per una sorta di auto-liberazione parossistica dettata dal timore di ritrovarsi nella stessa condizione di prigionieri di un’apnea asfissiante, c’è urgenza di dipanare la matassa, di liberarsi da questi fenomeni tellurici sociali. Ci fanno così paura da intenderli come una realtà sbagliata, ma tollerata, perché illegalità e violenza sono fiori dello stesso albero del male, tracimazioni di una crisi educativa istituzionale e familiare, che appare irrimediabilmente compromessa, sempre più deprivata di un senso condiviso. Ascoltare e riflettere sulle parole di quell’uomo “abbracciato” a una società inospitale, dentro il tentativo di incarnare uno stile di vita nuovo, che possa servire a essere finalmente cittadini che conoscono le proprie responsabilità, le cose come sono e come stanno, consapevoli di quanto il nostro comportarci comunichi più di mille parole. V.Andraous LA MOGLIE DELL’OSTE di Franco Pastore Tratta dalla XII novella de il Novellino di Masuccio Salernitano Richiedere a [email protected] - 17 - Antropos in the world STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore La musica del Novecento: Arnold Schönberg Dopo il secolo d’oro della musica classica occidentale, ci si avvia una frenetica ricerca di nuovi codici linguistici su cui basare la composizione musicale. Le soluzioni proposte sono diverse: dal ritorno alla modalità, all'adozione di nuove scale, di derivazione extraeuropea, come quella per toni interi (proposta per primo da Claude Debussy), al cromatismo atonale e poi dodecafonico che tende a scardinare la tradizionale dualità di consonanza/dissonanza. In particolare, nel secondo decennio Arnold Schönberg, assieme ai suoi allievi, tra cui si ricordano Alban Berg e Anton Webern, giunge a delineare un nuovo sistema, noto come "dodecafonia", basato su serie di 12 note. Alcuni ritennero questo l'inizio della musica contemporanea, spesso identificata con la musica d'avanguardia: altri dissentirono vivamente, cercando altre strade. Il concetto di serie, inizialmente legato ai soli intervalli musicali, si svilupperà nel corso del secondo Novecento sino a coinvolgere tutti i parametri del suono. È questa la fase del serialismo, il cui vertice fu raggiunto negli anni cinquanta con musicisti come Pierre Boulez e John Cage. Altri musicisti - tra cui Igor Stravinsky, Bela Bartok e Maurice Ravel - scelsero di cercare nuova ispirazione nelle tradizioni folkloristiche e nella musica extraeuropea, mantenendo un legame con il sistema tonale, ma innovandone profondamente la organizzazione e sperimentando nuove scale, ritmi e timbri. Parallelamente al versante colto, che in realtà si estende molto al di là dei confini tracciati dalla musica seriale, nel Novecento assunsero grande importanza i generi musicali popolari, cui i mezzi di comunicazione di massa consentirono una diffusione senza precedenti. Il compositore Arnold Schönberg nasce a Vienna il 13 settembre 1874. Con Stravinskij, Bartók e insieme ai suoi allievi nonchè amici Berg e Webern, è considerato uno dei padri della musica del Novecento, e il massimo esponente dell'Espressionismo musicale. A lui si deve la rifondazione del linguaggio musicale, inizialmente attraverso l'atonalismo (abolizione della gerarchia dei suoni, propria del sistema tonale), e poi attraverso l'elaborazione della dodecafonia, fondata - 18 - sistematicamente sull'uso di serie di suoni comprendenti tutte e dodici le altezze del sistema temperato. L'apprendistato Schönberg è disordinato, tanto che raggiunta una certa maturità si definirà autodidatta e violoncellista dilettante. Vive dapprima a Vienna, poi a Berlino (1901-1903); nel periodo tra il 1911 e il 1915, poi a partire dal 1926 fino al 1933, quando l'avvento del nazismo lo costringe a lasciare la Germania, si stabilisce in California, a Los Angeles. Allievo del viennese Alexander Zemlinsky, sposerà poi la sorella. Insegna presso l'Università della California dal 1936 al 1944, assumendo la carica di direttore musicale. Sebbene la produzione artistica di Schönberg non sia vasta, questa presenta capolavori in tutte e tre le fasi della evoluzione linguistica. Tra le opere tardo-romantiche vi sono il sestetto "Verklärte Nacht" (Notte trasfigurata, 1899) e il poema sinfonico "Pelléas und Mélisande" (1902-1903), da Maeterlick. Tra quelle atonali, la "Kammersymphonie op.9" (1907), il monodramma "Erwartung" (L'attesa, 1909) e "Pierrot lunaire op.21" (1912). Tra quelle dodecafoniche, la "Suite op.25 per pianoforte" (1921-23) e l'opera incompiuta "Moses und Aron". Fondamentale è la sua opera didattica, che trova importante realizzazione nel "Armonielehre" (Manuale d'armonia, 1909-1911), dedicato all'amico Gustav Mahler. Inoltre, negli anni della sua maggiore produzione musicale una stretta amicizia lo lega con il pittore Vassilij Kandiskij. Muore a Los Angeles il 13 luglio 1951. IL NAZARENO Rappresentazione clinica della morte di Cristo sulla croce. _____ Richiedere la pubblicazione di Franco Pastore a [email protected] Antropos in the world NELLA TERRA DEL CILENTO QUANDO I LUCANI SOTTOMISERO PAESTUM Gaetano Rispoli - 19 - Andropos in the world UNA DONNA NELLA LETTERATURA – A cura di Andropos Morgana Nel ciclo bretone, Morgana è un personaggio femminile a dir poco sconcertante. Sorella di Artù è grande nemica di Ginevra. Nella Vita Merlini del XII secolo, si dice che Morgana sia la più vecchia di nove sorelle che governano su Avalon. Geoffrey of Monmouth parla di Morgana come di una guaritrice e una mutaforma. Scrittori, come Chretien de Troyes, basandosi sull'interpretazione di Monmouth, hanno descritto Morgana intenta a curare Merlino ad Avalon. Nella tradizione, Morgana è sorellastra di Artù e, come donna celtica, ella parte dalla magia della Terra di sua madre. In Le Morte d'Arthur e altre fonti, ella è infelicemente sposata con Re Urien di Gore, dal quale avrà il figlio Ywain. Tenterà, infatti, di uccidere il marito, credendo che il suo amante, Accolon, sia riuscito ad uccidere Artù con la magica Excalibur. Le teorie sulla maternità di Morgana rispetto al figlio Mordred sono due: la tradizione più antica afferma che questi sia figlio di Morgause, sorella di Morgana, e di Artù stesso, che avrebbe avuto un rapporto con la sorellastra (Morgause per l'appunto) non sapendo ci fossero rapporti di parentela tra di loro (proprio per questo rapporto incestuoso, secondo la leggenda, Dio avrebbe punito Artù destinandolo a morire per mano di Mordred stesso); una seconda teoria, influenzata dal romanzo Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley e soprattutto dalla cinematografia, presenta Morgause come la donna che ha allevato fin dalla tenera età il piccolo Mordred, in realtà concepito da Morgana ed Artú durante le Nozze Sacre. Ma andiamo per gradi: Morgana figlia Lady Igraine, e del duca di Cornovaglia è l’ultima allieva della Dama del Lago, per volere della Sacerdotessa per educarla all’antica religione di Avalon al fine di farla succedere a sé come Sacerdotessa Madre. Possiede un carattere dalle mille sfaccettature: è forte e fragile nello stesso tempo, sa provare grandi emozioni e contemporaneamente, può agire in modo freddo e manovrare le vite degli altri. Gran parte del suo fascino sta nel fatto che combatte una battaglia - 20 - pressoché senza speranze. Per certi versi ella è un personaggio da tragedia greca. Morgana è un personaggio dal carattere tormentato. Lotta senza sosta per le sue antiche divinità, per un mondo che ormai sta scomparendo: ci mette tutta la sua determinazione e la sua passione, anche se ogni cosa sembra andarle contro. Spesso assume comportanti difficili da condividere, perché è pronta anche a sacrificare la felicità degli altri per la realizzazione di un suo progetto. Regimen Sanitatis Salernitanum - Caput XIX – XX DE TEMPORIBUS ANNI ET DE POTU BRAVO CORRIGENDO Temporibus modicum veris prandere iuberis; sed calor aestatis dapibus nocet immoderatis. autumni caveas fructus; ne sint tibi luctus. de mensa sume quantum vis tempore brumae. Salvia cum ruta faciunt tibi pocula tuta. adde rosae florem, minuit potenter amorem. Quando regna primavera usa tavola leggera Nell’ardor dei giorni estivi troppi cibi son nocivi. Nell’autunno bada a che i frutti non ti cechin gravi lutti ; ma nel tempo delle nevi, quanto vuoi manduca e bevi. Salvia e ruta nel bicchiere ti faran sicuro bere; se di rosa aggiungi il fiore, scemerai l’estro d’amore. Antropos in the world ANCORA DA BERGAMO Società Filosofica Italiana, sez. di Bergamo Conferenze 2013 Scrive Platone nel Teeteto:” E’ proprio del filosofo essere pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il filosofare che questo essere pieno di meraviglia”. Precisa Aristotele nella Metafisica che “ gli uomini, sia ora sia in principio, cominciarono a filosofare (philosophein, inteso come “cercare il sapere”) a causa della meraviglia (dia to thaumazein)”. Tanto Aristotele quanto Platone concordano nel riconoscere che nell’uomo il desiderio di sapere ha inizio dalla meraviglia provata di fronte al darsi delle cose del mondo. Lo stupore filosofico è pertanto qualcosa che ha direttamente a che fare con il desiderio e la capacità di porsi degli interrogativi, dal momento che “tutti gli uomini (hoi anthropoi, ossia uomini e donne, Greci e barbari, liberi e schiavi) per natura tendono al sapere”, come dichiara Aristotele all’inizio della Metafisica. La meraviglia è allora consapevolezza della propria ignoranza e perciò desiderio di apprendere, di conoscere, di sapere. La prima risposta fornita dalla Grecia antica per superare l’abisso dell’ignoranza è il ricorso al mito, ossia alle narrazioni dei poeti, che a loro modo forniscono una risposta alle domande di senso degli uomini. Ma si tratta di una formula del tutto insufficiente, che non spegne la meraviglia, anzi l’accresce. Perciò gli uomini non si accontentano del mito, ma ricercano la “scienza”, cioè il sapere. Nasce così la filosofia, concepita all’insegna della straordinaria curiositas dell’uomo greco, capace di guardare il mondo con atteggiamento critico e razionale. A coinvolgere in una così straordinaria avventura conoscitiva oltre 1200 studenti delle scuole secondarie superiori di Bergamo e Provincia è stata, anche quest’anno, la Società Filosofica Italiana (SFI), sezione di Bergamo, presieduta dal prof. Cesare Quarenghi, dirigente scolastico del Liceo Scientifico Statale “Filippo Lussana” di Bergamo, che dal 1984 organizza per le scuole conferenze filosofiche di altissimo profilo culturale. Conferenze che hanno portato a Bergamo, in questi anni, nomi prestigiosi nel campo della ricerca filosofica, come Mario Vegetti, Giovanni Reale, Enrico Berti, Carlo Sini, Giulio Giorello, Salvatore Natoli, Enrico Bellone, Salvatore Veca, Remo Bodei, Gianni Enrico Rusconi, Carlo Augusto Viano. “Questo progetto culturale è ze storiche e sociali a suscitare il maggiore consenso nel campo della ricerca – ha precisato il prof. Quarenghi -. La nostra sfida è stata quella di organizzare, già negli anni ’80, conferenze di filosofia ad alto livello per dimostrare che anche questa disciplina ha i suoi centri di ricerca e possiede un suo divenire storico in campo interpretativo, oltre le ideologie”. Tre sono le conferenze-dibattito, organizzate dalla SFI presso l’Auditorium del Collegio Vescovile S. Alessandro di Bergamo, nell’anno scolastico in corso, per parlare ai giovani di sapere filosofico attraverso l’intervento di autorevoli esponenti del mondo accademico italiano. Della filosofia di Arthur Schopenhauer (Danzica, 22 febbraio 1788 – Francoforte sul Meno, 21 settembre 1860) si è occupata, lo scorso 9 marzo, la prof.ssa Cristina Zaltieri dell’Università degli Studi di Bergamo e di Milano, rivolgendosi ad oltre 300 studenti delle classi quinte della scuola secondaria superiore. Il prof. Enrico Berti dell’Università di Padova ha affrontato il tema dell’etica in Aristotele, lo scorso 13 aprile, dinanzi ad una platea attentissima di 600 studenti delle classi terze della secondaria superiore di Bergamo e Provincia. A chiudere il ciclo di conferenze della S.F.I. per il 2013 è l’incontro sul filosofo David Hume (Edimburgo, 7 maggio 1711 – Edimburgo, 25 agosto 1776), in data 27 aprile, tenuto dal prof. Andrea Parravicini dell’Univer-sità degli Studi di Milano, riservato ad oltre 300 allievi delle classi quarte della scuola secondaria superiore. Ogni conferenza della SFI si chiude, secondo uno schema ormai sapientemente consolidato, con un fitto dibattito condotto dagli studenti partecipanti, che possono così confrontarsi criticamente con i relatori, dopo aver trattato il tema in classe con i loro docenti di filosofia. “I veri protagonisti del dibattito conclusivo sono proprio gli studenti – ha precisato il prof. Quarenghi- studenti che dimostrano sempre grande interesse e partecipazione per questi interventi specialistici, misurandosi criticamente con il sapere filosofico, tramite il contatto diretto e privilegiato con docenti universitari di altissimo profilo culturale. Per questi ragazzi si tratta di un’occasione importante per interrogarsi su problemi complessi, che esigono impegno e passione. La filosofia, intesa come metasapere – prosegue Quarenghi – si è sempre misurata con la sostanza dei problemi e oggi più che mai deve confrontarsi criticamente con i saperi contemporanei, rivolgendo uno sguardo particolare al mondo giovanile. E così ogni conferenzadibattito costituisce una sfida dell’intelligenza, che consente ai nostri allievi di farsi catturare dalla curiosità di sapere, dalla meraviglia, oltre il limite dell’immediatamente percepibile”. nato con l’obiettivo di riproporre il concetto di storicità Maria Imparato della filosofia, in una fase in cui erano soprattutto le scien- - 21 - Antropos in the world CRITICA LETTERARIA IL NAZARENO lauda di Franco Pastore - A.I.T.W. edizioni - Salerno 2010 Un’opera d’arte totale coinvolgente il Verso, l’ Immagine, la Musica: volendola racchiudere in glossa dunque delineandola in estrema sintesi , questa la connotazione della Lauda a quattro voci intitolata “Il Nazareno”, entrata nel nòvero del congruo e ragguardevole insieme delle fatiche letterarie di Franco Pastore; una fusione di Parola poetica (che prende forma, quasi si materializza ai nostri occhi), di splendide raffigurazioni (attraverso le coinvolgenti illustrazioni di Paolo Liguori) integrate con le musiche di Ermanno Pastore (il quale, credo sia giusto sottolinearlo perentoriamente, si è esibito con Artisti di levatura internazionale: Pavarotti, Muti, Oren; in teatri di assoluto rilievo quali il Metropolitan di New York, l’Opéra di Parigi,il Den Bosch Theater aan de Parade nei Paesi Bassi). Il volume, pubblicato nel febbraio 2009, è arricchito da una esegesi, la presentazione di Alberto Mirabella, e da due commenti critici, esplicitati da Don Flaviano Calenda e dal noto mariologo Renato Nicodemo. La forza, l’energia che scaturisce dalla Interiorità, reale essenza dell’Arte, visualizza il miracolo della vita nella sua pienezza ed innalza noi tutti; fa lasciare affanni e tristezze, si converte in sentimento universale nobilitante la missione (non il ruolo) che ciascuno di noi è chiamato a svolgere durante il breve transito terreno: viaggio nel quale si manifestano significato e realtà di due avvenimenti cardine illuminati da Dio, la Passione e la Resurrezione di Cristo, decisivi per la crescita e la maturazione della umanità. La crocifissione di Gesù intorno a mezzogiorno del venerdì 7 aprile dell’anno 30 , la morte da collocarsi attorno alle nostre tre del pomeriggio, la Sua resurrezione avvenuta in domenica, dopo il tramonto di quello che oggi chiamiamo “sabato” (ma , ai tempi di allora, il nuovo giorno iniziava dopo il tramonto): tre eventi che hanno rivestito di luce innovativa e rivoluzionaria il volto della Storia, tre accadimenti la cui ‘tangibilità’ attribuisce effettivo valore alla nostra vita, al nostro modo di procedere verso Dio. Difficili da raccontare, da raffigurare, da trasporre in musica, assai complesso interpretare le sanguinose piaghe di Gesù, impresa ciclopica il descrivere in termini artistici l’inesistenza della morte e l’analoga illusorietà della nascita, in quanto vi è un tutt’uno in Dio ed esiste una armonia, una consonanza che si esplica pienamente nel Suo dono della vita - 22 - eterna e dell’eterna felicità. Gli artisti hanno cercato, col comune sentire spirituale, di commentare ed illustrare il regno di Dio attraverso un chiaro messaggio: non è un regno isolato il Suo, racchiude un Sentimento universale innalzante la nostra labile struttura, elevandola , dandole sostanza sino ad orientarne il cammino verso Egli stesso Creatore. L’opera, pur nella sua complessità, fa chiaramente comprendere che l’Amore libera dal vincolo delle umane afflizioni, varca soglie tortuose per condurci all’infinità, è il sole che all’orizzonte brilla con la sua luce; personalmente ho avvertito una fiamma divampare dentro, ho percepito un dolce languore prendere tutto il mio essere, incredibilmente ho sentito la freschezza del mondo, pur nel supplizio atroce, pur nell’immensa sofferenza che il poeta ha reso tanto manifesta, credo che i miei occhi coi vostri hanno lacrimato. La lauda si sviluppa in un percorso lungo il quale trova naturale azione di movimento l’insieme metrico di ‘rime baciate’, strutturate con la sequenza ‘AA BB’, secondo cinque stadi: Prologo, Flagellatio, Crucifictio, Epilogo, infine Summa; nel corso di essi, emergono, con grande intensità, le fragili caratteristiche dell’essenza umana, il sottile legame spirituale correlante tutti i Personaggi, le ben note Figure, ciascuna con i limiti angusti e condizionanti della propria dimensione terrena; forse alcune di esse non sono pienamente degne di Dio, ma ciascuna , in quanto particella di Dio, racchiude in sé l’Energia Assoluta, l’Essere Supremo; penso che il denominatore comune dell’insieme testo/musica/grafico , un inusitato accordo di tre arti: lirica/suono/illustrazione grafica, risieda specificatamente ed essenzialmente nell’arduo concetto del ‘corpo mistico’ : la nostra apparente singolarità in realtà esprime le membra di un solo corpo, ciascun essere umano coinvolge ed è coinvolto nelle scelte e nelle responsabilità dell’altro, del prossimo; pur nell’oltremodo complicato, ed èsulante dalla condizione terrena, tentativo – anche di pregevolissima natura artistica – di comprendere sino in fondo quanto Lui veramente sia stato e quanto Lo sia oggi: Martire per gli uomini, Fiaccola che si accende nell’alta misericordia di Dio, Gesù di Nazareth. Giuffrida Farina ARECHI II di Franco Pastore. Richiedi il Dvd a: [email protected]– [email protected] Tel. Redazione Salerno: 089.223738 Antropos in the world I GRANDI PENSATORI: a cura di Andropos EDMUND HUSSERL (quinta parte) La Fenomenologia La prima mossa della fenomenologia dev’essere, secondo Husserl, la messa tra parentesi delle esistenze, ossia dell’esistenza reale di ciò che continuamente ci si dà alla coscienza. Messe le esistenze “sotto indice di questionabilità”, si studiano i puri fenomeni di coscienza, a prescindere dalla loro reale esistenza: la coscienza è sempre una “coscienza di”, è cioè caratterizzata da intenzionalità: si tratta appunto di studiare tutto ciò a cui tende la nostra coscienza: le essenze o, come Husserl ama esprimersi, le “singolarità eidetiche”. Portiamo un esempio concreto del metodo fenomenologico: vedo di fronte a me un tavolo; in opposizione al procedere della scienza, metto tra parentesi l’esistenza reale del tavolo (che, come giustamente notava Cartesio, non è certa), e lavoro sull’essenza del tavolo (infatti, sul fatto che io stia percependo un tavolo non c’è dubbio). Anche Cartesio era, a suo modo, giunto fin qui: solo che, troppo affrettatamente, aveva preteso di dimostrare la reale esistenza del mondo esterno, per di più passando dalla dimostrazione dell’esistenza di Dio. La fenomenologia è, come Husserl ama esprimersi, un “puro guardare” che va contro la tendenza naturale (e in questo senso essa è un atteggiamento “innaturale”) a concepire le cose come esistenti: posso (e devo) dubitare che il tavolo esista, ma non posso dubitare del fatto che lo sto vedendo. Proprio la percezione così intesa (che Cartesio aveva chiamato “clara et distinta perceptio”) è quello che Husserl chiama il “principio dei principi” della fenomenologia. Il programma di Husserl di fondazione della conoscenza non può però arretrarsi alla riduzione eidetica: le essenze infatti sono i correlati intenzionali degli atti della coscienza, i quali possono, a loro volta, essere fatti oggetti di riflessione. La riflessione é una proprietà fondamentale del vissuto: grazie ad essa ogni Erlebnis (vissuto) é coglibile e analizzabile. In altre parole si può dirigere uno sguardo riflessivo sugli atti stessi della coscienza e del pensiero: in questo modo, essi diventano oggetti di quella che Husserl definisce percezione immanente, la quale é fornita di evidenza assoluta. Si può infatti sospendere il giudizio sull'esistenza del mondo, ma é evidente che esso appare alla coscienza: non posso sospendere il giudizio sul fatto che io sto pensando. Questo vuol dire che, mentre il mondo naturale e le cose che gli appartengono possono essere o non essere, la percezione immanente garantisce necessariamente l'esistenza del suo oggetto, cioè del vissuto intenzionale della coscienza. La coscienza é dunque il risultato ultimo e indubitabile della riduzione, non ulteriormente riducibile ad altro: Husserl la chiama residuo fenomenologico . Non si tratta però della coscienza empirica dei singoli individui: anche questa, infatti, é sottoponibile ad una riduzione, che la liberi dai suoi caratteri meramente empirici. Il residuo fenomenologico é invece la coscienza pura o trascendentale , che non necessita di altre condizioni antecedenti per esistere: tutto é neutralizzabile e riducibile a riduzione, il mondo e Dio, le scienze e la teologia, ad eccezione dell'io puro, che però non é una sostanza ma é la funzione originaria e universale della coscienza che costituisce il mondo. Rispetto ad essa, il mondo naturale é trascendente, ma esiste e ha senso solo tramite gli atti della coscienza: quest'ultima infatti é intenzionalità, cioè é sempre coscienza di qualcosa. La nozione di intenzionalità della coscienza consente dunque a Husserl di tenersi alla larga dalle forme di naturalismo e positivismo, per le quali la scienza basata su dati oggettivi, indipendenti dalla coscienza, rappresenta il modello della conoscenza, sia dalle forme di spiritualismo, che, ravvisando nella pura introspezione la via di accesso privilegiata agli atti della coscienza, smarrisconono appunto il carattere intenzionale della coscienza, garante dell'oggettività della conoscenza stessa. Husserl definisce la fenomenologia come eidetica, cioè 'scienza di essenze': a differenza dei fatti empirici, esistenti nello spazio e nel tempo, che possono essere diversi da come sono, le essenze sono necessarie ed universali. Ed é per questo motivo che spesso gli interpreti hanno di vero e proprio 'platonismo di Husserl'. Ogni scienza empirica racchiude anche conoscenze eidetiche, ma solo la fenomenologia, al pari della logica e della matematica pura, é esente da dati di fatto e riguarda anche essenze. Esse rappresentano le strutture a priori, costanti e generali, dell'esperienza, le quali hanno per correlato il mondo come insieme degli oggetti di una esperienza possibile. Il mondo e la realtà hanno senso solo se riferiti alla coscienza, la quale ha appunto la proprietà di conferire senso ad essi. Ogni vissuto intenzionale é costituito da un aspetto soggettivo, chiamato noesi (che letteralmente vuol dire 'l'operazione del pensare'), cioè dall'atto intenzionale che conferisce senso (il percepire, il ricordare, il desiderare, ecc.) e da un aspetto oggettivo, chiamato noema (che letteralmente vuol dire 'ciò che é pensato'), cioè il percepito, il ricordato, il desiderato, ecc. Nel noema é dato il mondo intenzionato dalla coscienza nelle sue differenziazioni regionali, cioè nei diversi modi di essere in cui le cose si danno alla coscienza. In base a queste differenziazioni si costituiscono le cosiddette ontologie regionali , dove per regione si intende ' la complessiva e superiore unità di generi pertinenti a un concreto. La vita spirituale ha la sua legge fondamentale nella motivazione, cosicchè in tale mondo l'io si configura come io libero e ciò conferisce al mondo spirituale un primato ontologico su quello naturale. (Continua) - 23 - Antropos in the world POLITICA E NAZIONE TUTTE MARIONETTE IMMOBILI FURONO ovvero, il pensiero spicciolo del cittadino comune Che Bersani fosse un segretario di partito decotto era sotto gli occhi di tutti. Gli umori della sua compagine e quelli della piazza non erano più con lui da tempo, perché, per quanto delegittimato, era incapace di valutare il vissuto del paese. Infatti, nel mentre l’Italia rischiava di affondare e necessitava d’interventi urgenti, Bersani ha realizzato un immobilismo post elettorale in cui, purtroppo, si è impantanato anche Giorgio Napolitano, che invece di prendere decisioni risolutive, ha permesso a Bersani di fare il capopopolo, senza seguito e senza i numeri necessari. Eppure, prima delle elezioni, Bersani aveva dichiarato che, se raggiungeva il 51% delle preferenze, avrebbe governato come se ne avesse avuto il 49%; il che significava che avrebbe collaborato con altre forze politiche per governare al meglio l’Italia. Invece, dopo le disastrose elezioni, che lo hanno visto superare di poco la coalizione del centrodestra, ha cercato di governare da solo, come se avesse preso il 100% dei voti. L’immobilismo delle maggiori cariche delle istituzionali, dunque, ha di fatto piombare l’Italia nel periodo più negativo della sua storia, perché le famiglie italiane, sempre in maggiore difficoltà, non riescono più a mettere il piatto a tavola. Ed il suicidio per dignità è il termometro più inquietante del dramma. I partiti hanno perso ogni buon senso ed hanno dato spazio ad odi, faide e rese dei conti. L’esplosione di tale marasma è avvenuta nel centro-sinistra, dove ognuno ha cercato di curare il proprio orticello, a vantaggio dei propri interessi, senza pensare al bene di tutti. Ora necessita avere coraggio, quel coraggio che fino ad oggi è mancato alle maggiori cariche istituzionali e ristrutturare, in modo radicale, il sistema politico, se si vuol porre riparo su una recessione, causata dalla incapacità politica. Il momento è propizio, dopo lo squallido balletto post elettorale del premier incaricato e l’indecorosa dinamica del partito di maggioranza, che è esploso durante le fasi per la elezione del nuovo capo dello Stato. Il centrosinistra, per sua stessa ammissione, è divenuto un covo di traditori, dove sono in atto colpi bassi e complotti. Il partito di maggioranza relativa è scoppiato a - 24 - seguito di una serie di errori politici dimostrando ancora una volta che è incapace di governare. Gli errori sono incominciati con le primarie per la individuazione del candidato premier. Le regole sono cambiate in corsa e il partito si è spaccato. Poi sono proseguiti per i candidati da inserire nelle liste dove sono stati “paracadutati” circa il 30% di nominativi, piazzati ai primi posti delle liste elettorali, di persone che non hanno partecipato alle fumose “primarie”. A Salerno, tra gli altri, è stato “paracadutato” Sergio Zavoli che forse non ha mai visitato questa bellissima città. Per il succedersi di errori su errori il centrosinistra è nel pieno di una disfatta ed è allo sfascio perché sono emerse le faide che vedono da anni protagonisti Prodi, D’Alema e Marini a cui oggi si sono aggiunte quelle tra Bersani e Renzi.. Le altre forze politiche, dimostrando una maggiore responsabilità, hanno rivolto a Giorgio Napolitano un accorato appello perché prosegua il suo impegno di capo dello Stato al fine di trovare con immediatezza una soluzione condivisa alla soluzione della crisi incancrenita da quello che è stato il suo partito. Gli italiani, giunti sull’orlo del baratro, non possono e non vogliono più assistere, con indifferenza, ad un solo passo falso e, dopo la rielezione di Napolitano, sperano che si possa trovare una soluzione per far ripartire l’Italia e ridare al popolo il benessere perduto. Mario Bottiglieri Ora,necessita avere coraggio!! Siamo nel pieno di una disfatta del centrosinistra! Antropos in the world PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore (le ricette) RISOTTO AGLI ASPARAGI Ingredienti e dosi (per 4 persone) - 400 g di riso per risotti - 1 fascetto di asparagi - 1 l di brodo - 70 g di burro - ½ bicchiere di vino bianco - un pezzetto di cipolla, parmigiano, olio d’oliva, sale. Preparazione Far imbiondire la cipolla tritata in un tegame con metà del burro e poco olio d’oliva, unire gli asparagi crudi puliti e tagliati a pezzetti. Quando sono appassiti mettere il riso e tostarlo per qualche minuto, bagnare con ½ bicchiere di vino e sfumarlo, poi cominciare a versare il brodo bollente poco per volta sempre rimestando fino a cottura del riso. Togliere dal fuoco, verificare il sale e rifinire il risotto con il resto del burro ed il parmigiano grattugiato. INSALATA DI PASTA, PISELLI ED ASPARAGI Ingredienti e dosi (per 4 persone) - 400 g di eliche - 200 g di piselli sgranati - 1 fascetto di asparagi - 100 g di olive nere - 1 gambo di sedano - 1 spicchio di cipolla - olio d’oliva, sale, pepe. Preparazione Tritare la cipolla e appassirle insieme al sedano tagliato a bastoncini in una casseruola con l’olio, unire i piselli sgranati, aggiungere un po’ d’acqua, salare, coprire e portare a cottura. Nel frattempo pulire gli asparagi, raschiandone la parte bianca e lavandoli bene, sbollentarli in acqua bollente salata, tagliare le punte tenere ed insaporirle con i piselli. Lessare le eliche, scolarle al dente e versarle in una capace insalatiera, condirle con le verdure preparate, aggiungere le olive snocciolate, il prezzemolo tritato ed una generosa macinata di pepe. Mescolare bene e far raffreddare questa delicata ed insolita insalata di pasta. ASPARAGI IN BESCIAMELLA Ingredienti e dosi (per 4 persone) - 1 kg di asparagi - 80 g di burro -300 g di prosciutto cotto - 1 tazza di besciamella - parmigiano grattugiato, sale. Preparazione Lavare bene gli asparagi ed eliminare la parte che non si mangia. Legarli a mazzetti e metterli a lessare in acqua salata in ebollizione per 10-15 minuti; farli poi insaporire nel burro, avvolgerli nelle fette di prosciutto (3 o 4 punte per ogni fetta), allinearli in una pirofila imburrata e coprirli con la besciamella, nella quale si è aggiuno un pugno di parmigiano. Far gratinare al forno e servire. - 2 formaggini cremosi - 2 o 3 cucchiai di latte, sale, pepe. Preparazione: Ponete in un pentolino i formaggini con il latte e fateli sciogliere a fiamma dolce, senza far bollire. Date la giusta consistenza alla salsa aggiungendo eventualmente ancora un po' di latte, poi tenetela in caldo a bagnomaria. Dopo aver preparato gli asparagi stufati, insaporiteli con la metà del prezzemolo tritato, unite il prosciutto cotto tritato grossolanamente. In una ciotola sbattete le uova con sale e pepe, incorporando alla fine il parmigiano grattugiato. In una padella antiaderente di 22 cm di diametro, riscaldate l'olio e versate la metà del composto di uova. Date una rimescolata e lasciate leggermente rapprendere, quindi sten-detevi sopra la metà degli asparagi. Con due palette, arrotolate la frittata e lasciatela cuocere ancora per pochi secondi, poi trasferitela sul piatto da portata caldo e, con le uova e gli asparagi rimasti, confezionatene un'altra nello stesso modo. Incidete le due omelette nel senso della lunghezza (con un taglio non troppo profondo), irrorate con la salsa di formaggio tenuta al caldo e spolverate con il prezzemolo tritato rimasto. Servite subito. ASPARAGI FRITTI PANATI Ingredienti e dosi (per 4 persone) - 1,500 kg di asparagi - 100 g di burro - 50 g di parmigiano grattugiato - 50 g di pangrattato - 2 uova - Poca farina, sale. Preparazione Pulire e lessare gli asparagi, sgocciolarli ancora al dente, disporli provvisoriamente su un canovaccio pulito, asciugarli ed eliminare le parti bianche del gambo. Versare in un piatto il parmigiano grattugiato e mescolarlo con il pangrattato; sbattere in una fondina le uova con un pizzico di sale. Infarinare leggermente le punte degli asparagi, quindi passarle nell’uovo battuto e nel pangrattato. Mettere il burro in un largo tegame, farlo soffriggere un poco, allinearvi le punte degli asparagi impanate e farle dorare. ASPARAGI IN FRITTATA Ingredienti e dosi (per 4 persone - 800 g di asparagi - 50 g di burro - 50 g di parmigiano grattugiato - 4 uova - 1 dl di panna liquida - 1 mazzetto di prezzemolo tritato, noce moscata, sale, pepe. Preparazione Pulire e lessare gli asparagi, sgocciolarli ancora al dente, disporli provvisoriamente su un canovaccio pulito, asciugarli ed eliminare le parti bianche del gambo. Sbattere le uova in una terrina, unire il parmigiano, il prezzemolo, la panna e le punte degli asparagi; insaporire il tutto con una grattatina di OMELETTE AGLI ASPARAGI (genovino.it) noce moscata, condire con sale e pepe e rimestare bene. Ingredienti e dosi (per 4 persone)5 uova - 200 g di asparagi stufati - 50 g di prosciutto cotto tritato - 1 Mettere al fuoco ua padella con il burro, versavi il composto, lasciar rapprendere la frittata, capovolgerla su un piatto, farla cucchiaio di parmigiano grattugiato scivolare di nuovo nel recipiente e lasciarla dorare bene anche - 1 cucchiaio di prezzemolo tritato - 1 spicchio d'aglio dall’altra parte. Servirla calda con una verdura al burro di - 1 cucchiaio di olio di semi di arachidi contorno. - 25 - Antropos in the world DALLA REDAZIONE DI BERGAMO ARCHEOSTAGE A VELIA DELLE SCUOLE BERGAMASCHE Al tramonto si tinge di rosa, durante il giorno è irradiata di una luce intensa, una terra dove tutto diventa colore ed emana profumi caldi e forti che il tempo non cancella. E’ la greca Elea, divenuta Velia con i Romani - oggi ribattezzata con il nome di Ascea Marina, in provincia di Salerno, nell’incantevole cornice paesaggistica della costiera cilentana -, una delle aree archeologiche più interessanti della Magna Grecia, famosa per essere stato la patria dei filosofi Parmenide e Zenone e per la costruzione della monumentale Porta Rosa, primo esempio di arco greco a tutto sesto del IV sec. a. C. A Velia si svolgerà, dal 26 maggio al 2 giugno 2013, lo stage archeologico organizzato dal prof. Bruno Ippolito, ex dirigente scolastico, a cui partecipano quest’anno quattro istituti superiori della Città di Bergamo – i licei scientifici “Lussana” e Mascheroni”, il Liceo Artistico e l’Istituto “Vittorio Emanuele” di Bergamo- per un totale di 77 partecipanti, docenti accompagnatori inclusi. Gli studenti coinvolti sono tutti compresi fra i 16 e i 18 anni e risultano selezionati fra i migliori allievi degli istituti partecipanti, accompagnati dai rispettivi docenti referenti del Progetto. Il Progetto Archoestage, giunto con successo alla 19a edizione, anche quest’anno potrà avvalersi, in via del tutto eccezionale, della collaborazione della Soprintendenza Archeologica di Salerno, Avellino e Benevento. Gli studenti saranno guidati, come nelle edizioni precedenti, in tutte le attività di ricerca sperimentale sul campo da archeologi e restauratori professionisti della Soprintendenza Archeologica di Salerno, diventando i veri protagonisti di questo stage. Saranno coinvolti attivamente in tutte le fasi di scavo che la moderna ricerca comporta, dalla perimetrazione della trincea di scavo all’attività vera e propria di scavo archeologico: verrà fotografato il saggio di scavo e saranno effettuati i rilievi delle sezioni strati- 26 - grafiche e la quotatura degli strati con apposite apparecchiature; verranno stilate dagli studenti le schede di strato, valutando la natura del terreno e la presenza di sostanze organiche e di manufatti; si effettuerà il lavaggio dei reperti emersi, procedendo quindi alla catalogazione dei manufatti, suddivisi per classi di materiali; infine gli studenti prenderanno parte alle operazioni di restauro del frigidarium delle terme romane di II sec.d.C., nell’Insula II del Quartiere Meridionale dell’antica Velia, guidati dal restauratore della Soprintendenza Archeologica di Salerno,Valter Tuccino.. All’esperienza di scavo saranno associate anche visite guidate a Salerno, ad Ercolano, a Paestum, alle grotte di Palinuro e alla reggia di Caserta. Maria Imparato CONSIDERAZIONI DI DONNA Un paio di anni fa ero su un aereo tra la Thailandia e Singapore e stavo chiacchierando con la persona di fianco a me quando è iniziato il solito annuncio per dare il benvenuto a bordo: “Buongiorno sono il comandante di questo volo diretto a…”. In genere nessuno ci fa caso, nessuno ascolta, tutti continuano a leggere, a dormire, a chiacchierare. Ma quel giorno ho percepito inconsciamente qualcosa di strano. Il comandante aveva una voce da donna. Il comandante era una donna. Mi sono guardata intorno e improvvisamente tutti erano stati colpiti da questo annuncio. Qualcuno stava commentando, qualcuno stava piacevolmente sorridendo, qualcuno un po’ stupito e titubante stava cercando di sbirciare dal corridoio. Ho preso centinaia di aerei in vita mia e il comandante era sempre un uomo. Razionalmente so che non c’è niente di strano che una donna faccia questo lavoro. Eppure tuttora nel 2013 non siamo abituati a vedere una donna ai comandi di un aereo. Magari come strumentista o secondo pilota, ma coman-dante!? Il tempo per il cambiamento è maturo. Non possiamo più nascon-derci dentro casa o dietro il “non sono abbastanza brava.. ”. Siamo le donne più fortunate di tutti i tempi sul pianeta, siamo più istruite, libere e informate e quando ci è dato tanto, ci è chiesto tanto (è scritto anche nella Bibbia). Antropos in the world DA TRAPANI Anna Burdua presenta L’ultimo lavoro di Michele Megale Venerdì ventisei aprile, alle ore diciassette, nei locali del Centro Sociale “Peppino Impastato” del Comune di Erice, è stato presentato, alla presenza di un folto e attento pubblico, il libro edito dal Centro Studi Provinciale “ Giulio Pastore” e scritto dal benemerito e poliedrico uomo di cultura trapanese Michele Megale, “Erice – Amministrazioni Comunali – 1946-2013”. Il volume ripercorre la storia politica della città di Erice dal 1946 al 2013 attraverso una sequenza di immagini fotografiche degli Amministratori, la descrizione di eventi che hanno segnato la storia sociale della Città, un’analisi dettagliata dei risultati elettorali e delle composizioni politiche. Sono intervenuti il Vice Sindaco di Erice Daniela Toscano, il Presidente del Consiglio Ninni Romano, il presidente del Centro Aldo D’Amico e lo stesso Megale. Ha presentato il libro Anna Burdua, dirigente del Comune di Erice già direttrice della Biblioteca e del Museo della Città ericina. La dott.ssa Burdua, dopo una breve premessa sull’importanza del Comune - il secondo per estensione territoriale della Sicilia - nel corso dei secoli, ha voluto passare in rassegna gli aspetti storico – culturali più significativi dei sessantasette anni di vita politica. Si è soffermata sulle nascite dei Comuni di Custonaci, Buseto Palizzolo, San Vito Lo Capo e Valderice, delle sofferte e travagliate vicende che hanno portato queste frazioni periferiche alla loro autonomia amministrativa; della nascita della prima funivia avvenuta nel 52, della costituzione del Centro Ettore Majorana avvenuta nel’63 con la concessione, in comodato d’uso, degli ex conventi di San Francesco, San Domenico e S. Pietro, per le attività scientifiche. Del Manife sto della Pace,documento rivolto ai popoli di tutti i Paesi del mondo, per fermare la corsa agli armamenti, firmato ad Erice, dalle più grandi potenze, nel 1982, e culminato con la visita di Giovanni Paolo II nel 1993 che valse ad Erice l’appellativo di Città della Pace e della Scienza. Del Premio della Venere d’argento che proiettò la Città nelle alte sfere internazionali ospitando e premiando le migliori personalità che si sono distinte nei vari campi della cultura, dell’arte, dello spettacolo. Della costituzione del Museo Civico avvenuta nel lontano 1972 e della cittadinanza onoraria allo scienziato Antonino Zichichi concessa nello stesso anno. Infine della grande riforma amministrativa degli Enti Locali attuata dalla Legge 142 del 1990; dell’ elezione a suffragio popolare del Sindaco e della nuova composizione della Giunta tecnica. L’intervento si è concluso con l’auspicio che la Città di Erice, in vista delle nuove progettazioni in corso, che vedono l’adesione libera ed incondizionata degli amministratori del circondario ericino interessati, possa tornare agli antichi splendori attraverso una crescita sociale ed economica. N.d.D. Alla Fiera del Crocifisso ritrovato 2013, “NEL LABIRINTO DEL MEDIOEVO” tre micro rappresentazioni: L'arechi II, Gaita e la Scuola Medica Salernitana, La moglie dell'oste (ispirata al novellino di Masuccio Salernitano. Applaudite da un pubblico entusiasta, riversatosi a Salerno da tutta la regione ed oltre, le tre rappresentazioni teatrali: L'arechi II, Sighelgaita e la Scuola Medica Salernitana, La moglie dell'oste, quest'ultima già rappresentata al teatro dei Barbuti nel 2006. Le tre rappresentazioni, tratte dall'opera del noto commediografo Franco Pastore e dirette dall' attore salernitano Matteo Salsano, sono state messe in scena da “ La bottega di San Lazzaro”.Particolarmente suggestive sono risultate le locations in cui le opere sono state rappresentate: Chiesa di San Pietro a Corte, Tempio di Pomona ed il Duomo di San Matteo. - 27 - Antropos in the world DENTRO LA STORIA – A cura di Andropos L’INCONTRO DI TEANO La sera del 25 ottobre del 1860 le truppe piemontesi si accamparono sotto il paese di Presenzano; e Vittorio Emanuele II alloggio nel palazzo ducale ospite della famiglia Del Balzo.I volontari garibaldini (brigate Eber, Milano e la legione inglese) bivaccarono al bosco di Caianello, di fronte a Tavernola (Pioppetelli), sulla stradale Torricella-Quadrivio; Garibaldi passo' la notte a Taverna Cerasello. La mattina del 26 Ottobre le truppe del IV corpo (Cialdini) e quelle del V (Della Rocca) alle 6 del mattino, partirono per Teano; il IV corpo per la via di Cassino, e il V per quella di Venafro. Al quadrivio, il generale della Rocca, con parte delle sue truppe, percorre 3 Km sulla stradale di Capua, mentre Cialdini prosegue per Teano. A Tavernola, Garibaldi, che aveva fatto togliere il bivacco dal bosco di Caianello e aveva fatto spostare i suoi volontari a destra della strada, cioè tra Tavernola e il Palazzone, incontrò della Rocca che si recava ad Alife e gli chiese dove avrebbe potuto incontrare e salutare il Re. Logicamente il Della Rocca, che sapeva che il Re Vittorio marciava col IV corpo alla volta di Teano, dové indicare tutto ciò a Garibaldi Il quale, anziché tornare al quadrivio tra le truppe del V corpo, che, pur non volendo, avrebbero fatto ritardare il suo andare e sarebbe giunto molto probabilmente dopo che per quel luogo fosse passato il Re, dovette preferire di recarsi sulla via di Teano, passando per la traversa Zarone (dove lo vide il garibaldino Adipietro fra le 8 e le 8.30.) Da questa traversa, uscito di fronte alla chiesetta di Borgonuovo, dovette percorrere appena 200 metri circa e fermarsi sulla salita del ponte S. Nicola (o ponte di Caianello a Borgonuovo di TEANO come lo chiamo il generale Bertolé -Viale nella sua dichiarazione-testimonianza al Ministro della Guerra nel 1891.) Quivi appiedato nel campo laterale fra la strada e la stradella laterale (Via Cupa o Fontana Paola), fu prima salutato dal Cialdini, che marciava all'avanguardia; raggiunto poi subito dal Missoni di ritorno dall'accampamento di Cialdini, e poco dopo mentre il Missoni gli riferiva intorno all'abboccamento del Cialdini il dittatore ebbe, appena tempo di montare in sella col suo seguito, che il Re Vittorio Emanuele II apparve. Uno storico incontro; Vittorio Emanuele stringe la mano al Generale Garibaldi... verso le ore 8 e mezzo antimeridiane, il Re si trovava - 28 - sulla Strada Caianello-Teano, al bivio della chiesa di Borgo, ivi gli andava incontro il Generale Garibaldi; cui il sovrano stringeva la mano. Vittorio Emanuele e il Dittatore procedevano quindi a fianco a fianco per circa dieci minuti, fino a Teano. A Porta Romana, si separavano. I Due si parlarono da soli per circa 10-20 minuti, cosa si siano detti, sono tutte supposizioni, ma lo si può dedurre dagli avvenimenti che seguirono. Dopo una stretta di mano, si presume, si lasciarono alle porte di Teano, al largo di Porta Romana. Il Re prese alloggio a Teano nel palazzo del principe Santagapito ove fino alle due di notte avevano alloggiato i Borbone: il conte di Trani, i generali Salzano e Ritucci mentre nella piazza bivaccavano i soldati borbonici. Questi, al sopraggiungere dei garibaldini, dopo una breve sparatoria, montarono a cavallo e si ritirarono verso Sessa. Garibaldi con Mario, Missori, Nullo e Canzio, si fermò, per circa un'ora, in una vicina stalluccia al largo Muraglione, per far riposare il suo cavallo e consumare un frugale pasto. Per colazione il Dittatore mangiò pane, formaggio e una bottiglia di vino e per frutta tre fichi offertigli da un contadino, che il Generale ripagò con una moneta d'argento. Ai curiosi che erano accorsi a rendergli omaggio disse di andare a salutare il Re. Era lui che ora dovevano ossequiare. Oltre la collina di Anna burdua Screnpress Edizioni - Trapani Antropos in the world DALLA REDAZIONE DI ANGRI KERMESSE LIRICO MUSICALE AL TUFARO DI CONTURSI TERME promossa dalla F M group di Franco Pastore, declamate con vibrante intensità dalla professoressa Maria Pia Massa, splendidi momenti integrati e conchiusi dalla raffinata esegesi del professor Luigi Cre- Una splendida serata quella del 13 aprile 2013, lungo il cui corso si è sviluppato il tema dell’incontro tra musica ed arte poetica, la manifestazione si è svolta in Contursi Terme (provincia di Salerno) nel salone della sede amministrativa della fondazione Scoppa Onlus, divenuta meeting a cadenza mensile. Preliminarmente, il promotore e coordinatore della serata, Carlo D’Aunzo, ha premiato diversi distri-butori della FM Group che hanno conseguito qua-lifiche superiori rispetto a quelle del mese precedente; poi …. assoluta Energia … oro (musicale) colato, purezza mille per mille …. forse, più che le parole, occorrerebbe una equazione matematica, una formula sintetica per meglio descriverla ed illustrare compiutamente … Spiego subito il perché del solo bagliore di carattere matematico illu- scibene, inerente al succitato volume. Musica e poesia attraverso le loro suggestioni ci regalano un viaggio oltrepassante la dimensione del tempo, l’itinerario dura pochi secondi (occorrenti per recitare bellissimi versi) oppure alcuni minuti (un canto sublime accompagnato dal suono della fisarmonica o della chitarra); credo che ciascuno di noi abbia avvertito concretamente percezioni di luci irradiate, nei brani ascoltati non vi erano minante la corrispondenza: Arte = Emozione, all’interno della quale si può rinvenire la caratteristica risonanza coinvolgente “moti dell’anima e dei sensi” di baudelariana evocazione. Emozioni donate a soltanto le voci stupende di Ermanno e George e le note meravigliose di chitarra e fisarmonica: Le vere opere d’arte fungono da energia magnetica “attrattiva”, destano in noi spettatori “polarizzati” una sensinoi spettatori dalle interpretazioni di grandi musicisti di bilità emotiva che ci modifica, ci plasma , ci fa diventare levatura internazionale, George Mustang e Ermanno reattivi; il mezzo espressivo di voce e fisarmonica o di Pastore, dalla recitazione di alcune liriche appartenenti al voce e chitarra, di cui sono dotati i veri Travalicatori di testo poetico “Il profumo di Ermione ” - 29 - Antropos in the world spazio e tempo (l’usuale ed abusato termine di Musicista/Poeta sarebbe riduttivo per Ermanno Pastore e George Mustang) diffonde inusuali sensazioni di levità e delicatezza, desta in noi spettatori sentimenti di inquietudine o serenità, ci libera dai vincoli della miserabile condizione terrena, potenziando la nostra labile struttura ed innalzandola in una dimensione oltre lo spazio ed il tempo. Cosa c'è, realmente, in quel canto di Ermanno e George? Qual è il concreto particolare che smuove con analoga intensità l’animo del coltissimo docente universitario e dell’umile - naturalmente col massimo rispetto per tali dignitosissime categorie di lavoratori - macellaio o salumiere? Entra in gioco, può contare qualcosa quel “dentro di noi” che è il vissuto, l’esperienza, la conoscenza più o meno elevata, la cultura più o meno vasta? Io ritengo di no, credo sia esclusivamente il valore dell'artista che riesce, attraverso il suo inimitabile stile (lo stile è come Dio, lo si ritiene concreta-mente esistente oppure totalmente inesistente, non può esservi un “Dio a metà”, un “Dio frazionato” che inter-venga solo in casi particolari) a creare un canale di co-municazione attraverso una sorta di contatto extrasensoriale, a svelare il mistero di quei brevi attimi di fascino magicamente legati all’interpretazione dell’artista. L’arte non è il regno del patrimonio tecnico! Essa è assai oltre il ‘tecnicamente perfetto’, il ‘virtuosamente impressionante’ … Non esiste alcuna complicata teoria scientifica o rigorosa trattazione in grado di decifrare il mistero che si cela nei pochi attimi di una canzone napoletana eseguita con la forza dell’Interiorità da Ermanno Pastore, di svelare la grande tenerezza, il calore forte di braccia che ti stringono come d’incanto apparse nei meravigliosi istanti di vita spirituale regalati da George Mustang. L’arte vera è levità, è leggiadra delicatezza e forse anche “irriflessione” nel senso di estasi piena,di totale abbandono del pubblico e dell’artista, il quale non è colui che opera nel campo dell’arte, l’artista è dotato di una esclusivamente propria trascendente “singolarità” (quella che, in termini terreni definiamo “genialità”), è colui che racconta le cose reali riuscendo, senza sforzo particolare o fatica alcuna, a trasformarle in mito. Ecco dunque le bellezze artistiche di Ermanno e George, che convertono la sleale competizione della esistenza in so- gno, ribaltano la sua rozza e brutale selezione trasformandola in “eguaglianza tra tutti”, in “consonanza”, in accordo globale coinvolgente (questa è la reale essenza della musica!) tutti noi ascoltatori. Relativamente alla raccolta poetica di Franco Pastore, l’andamento della silloge è stato delineato: da Luigi Crescibene, il quale ha perlustrato un mondo affettivo e spirituale carico di “sentimenti che corrono / tra i sogni / e l’illusione”; e da Flaviano Calenda, che, direi, ha estrinsecato sussidi visivi, onirici e psicologici rinvenibili all’interno dei versi, difatti ha evidenziato l’interessante concetto di “poesia quale ragionamento fatto in presenza di un sogno”. Personalmente, le liriche di Pastore hanno destato in me l’immagine di un grafico matematico oscillante, un diagramma flut-tuante tra vertici perentori ed imperiosi (Ruba una barca ai tuoi sogni / e conducimi nel tuo destino! … Le tue carezze / donami! … Stringimi, come se stessi lì / nel tuo cuore! … Il grido disperato: “Ridatemi la mia vita!” inteso quale estremo tentativo di trarre a sé una primitiva fase esistenziale, la fanciullezza svanita per sempre) e stasi liriche contrassegnate da versi più sereni, d’una pacatezza comunque coinvolgente … avvertibili in placide atmosfere, in fresche sensazione di aeree levità: sono le “nuvole avvistate all’orizzonte”, i “ruscelli canterini”, è lo “scrigno di mielata passione” , il “flebile canto” … Ecco, la poesia di Franco Pastore, più che analizzarla dal lato tecnico (col registro ordinato e talvolta irregolare, le rime vigorose, le strofe essenziali: egli ben conosce il ‘mestiere‘ di poeta) sia maggiormente fruibile e godibile sotto il profilo emotivo, per la sensazione del vissuto che riesce a suscitare, d’altronde è palese che il veicolo di trasmissione della sua (‘elettrizzante’) parola poetica sia un invisibile filo condut-tore nel cui interno viaggia la marea di elettroni. Giuffrida Farina ________________________________ G. Farina, ingegnere elettrotecnico, vive ed opera in Salerno, alla via M. Gaudiosi,1. Artista a 360°, si è cimentato con successo in campo pittorico-musicale e nella critica d’arte e letteraria. Ha pubblicato numerose opere, qui di seguito, alcuni titoli: Nel dolore (poesie)- Luci bianche, sol diesis ( album music.)- Fenditure di un compositore anomalo (album music.)- Impulsi teatrali (tredici microatti ) – Ahi Dante maledetto! (liriche)- Microscintille inforgabbiate (esperienze di tecno-cultura) - 30 Antropos in the world DE ERICE GLI ARCHIVI STORICI COMUNALI LA ISTITUZIONE DELLA SEZIONE SEPARATA Fra i beni culturali che ci permettono di conoscere il passato, la sua memoria documentaria, l’Archivio occupa il posto più importante. Il termine archivio deriva dal greco archeion, termine indicante nell’antica Grecia il palazzo del Magistrato (Arconte), nel quale si conservavano le carte dell’ufficio; secondo il parere di molti eruditi l’origine della parola è nel verbo greco ἄ (àrchein) che significa custodire, proteggere. Nella lingua latina, questa parola è diventata archivium. Il destino degli Archivi, siano essi di Enti pubblici o privati, è stato sempre caratterizzato da degrado e abbandono che hanno precluso un’idonea conservazione e un’adeguata fruizione del prezioso materiale documentario. Proprio in un’ottica di rivalutazione e consapevolezza delle loro funzioni è nato il D.P.R. n. 1049 del 10 settembre 1963. Il decreto mirava a regolare con apposite norme le specifiche competenze e responsabilità. Il controllo sugli Archivi spetta alle Soprintendenze Archivistiche divenute in seguito all’istituzione, nel 1972, del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, uffici periferici del Ministero. Le Soprintendenze sono una per ogni Regione. La classificazione della produzione documentaria delle Amministrazioni Comunali è suddivisa in quindici categorie corrispondenti alle varie branche delle loro attività politiche e amministrative. La prima fase della classificazione della produzione documentaria è la ricognizione dei documenti. Per ognuno di essi sarà compilata una scheda con un numero provvisorio di collocazione, gli estremi cronologici del volume e l’indicazione della serie se si tratta di registri o dell’oggetto della pratica se si tratta di fascicoli. Ultimata la ricognizione, si procede alla redazione dell’inventario degli atti. L’ art. 30 del suddetto decreto stabilisce inoltre per i Comuni l’obbligo di istituire Separate Sezioni di Archivio Generale dove saranno conservati tutti i documenti relativi ad affari esauriti da oltre quaranta anni. L’Archivio Storico o Sezione separata d’ Archivio è un Archivio selezionato. In esso, esaurite le operazioni di scarto, vengono conservati a tempo indeterminato gli atti relativi ad affari esauriti da oltre 40 anni. Questi sono i protocolli, gli indici, le tabelle di classificazione nonché tutti i registri ausiliari che si siano usati in archivio e i verbali delle deliberazioni, gli inventari patrimoniali, gli atti relativi alle espropriazioni, gli elenchi delle strade, i bilanci delle deliberazioni, i bilanci con gli allegati, gli atti relativi ad eventuali concorsi, atti di beni demaniali, carteggi, notizie ed appunti che possano avere relazione con la storia del Comune. Dei documenti selezionati che sono passati nella Sezione Separata dovrà essere compilato un inventario in tre copie che sarà inviato alla Soprintendenza competente per territorio. Sarà cura della Soprintendenza inviarne una copia all’Archivio Centrale dello Stato. E’ da questo momento che l’Archivio acquisisce valore e diventa bene culturale. Le operazioni di scarto consistono nell’individuazione e successiva eliminazione delle scritture inutili ovvero le notizie e dati successivamente trascritti in registri, lettere di trasmissione, tronconi di bollettari. L’ art. 35 del suddetto Decreto impone che nessun Ente può stabilire quali documenti dei propri Archivi siano da scartare se non con provvedimenti motivati dai rispettivi Organi deliberanti. Ogni anno l’ archivista compila l’elenco dei documenti da scartare, questo viene sottoposto alla Commissione di scarto della quale fanno parte il Sindaco nella qualità di Presidente, il Segretario Comunale e il Direttore della Sezione Separata. Alla deliberazione va allegato un elenco descrittivo del numero di carte da eliminare con la motivazione, l’indicazione della data di inizio e fine. L’elenco deve essere redatto in tre copie, che saranno depositate rispettivamente presso la Segreteria, l’Archivio e la Soprintendenza Archivistica che rilascia il nullaosta ancor prima dell’approvazione dell’Organo Tutorio. In caso di mancato nulla osta della Soprintendenza dispone il Prefetto e se il Prefetto non ritiene opportuno seguire l’avviso del Soprintendente competente decide il Ministero dell’Interno. Le carte eliminate, per disposizioni di legge vengono destinate gratuitamente alla Croce Rossa Italiana per venderle alle cartiere. Anna Burdua ______________________________ Anna Burdua, ericina, ha conseguito la laurea in materie letterarie presso l’Università di Palermo. Dirigente del settore cultura (Biblioteca, Museo e dell’Archivio Storico) dal 1978 al 2010 ha orientato i suoi studi principalmente sulla storia di Erice per la diffusione e la divulgazione del patrimonio storicoculturale. - 31 - Antropos in the world DE COGNOMINE DISPUTĀMUS a cura di Gaetano Rispoli “ Il soprannome è l’orma di una identità forte, che si è imposta per una consuetudine emersa d’improvviso, il riconoscimento di una nobiltà popolare, conquistata in virtù di un ruolo circoscritto alla persona, quasi una spinta naturale a proseguire nella ricerca travagliata di un altro sé. Il sistema antroponimico era dunque binominale, formato da un nome seguito o da un’indicazione di luogo (per es.: Jacopone da Todi), o da un patronimico (Jacopo di Ugolino) o da un matronimico (Domenico di Benedetta) o da un attributo relativo al mestiere (Andrea Pastore), et cetera. Il patrimonio dei cognomi era pertanto così scarso, che diventava necessario ricorrere ai soprannomi, la cui origine non ha tempi e leggi tali, da permettere la conoscenza di come si siano formati, e la maggior parte di essi resta inspiegabile a studiosi e ricercatori. Spesso, la nascita di un soprannome rimanda ad accostamenti di immagini paradossali ed arbitrari. Inutilmente ci si sforzerebbe di capire il significato e l’origine di soprannomi come "centrellaro" o come "strifizzo" o "trusiano", lavorando solo a livello di ricerca storica e filologica. E così, moltissimi soprannomi restano inspiegabili, incomprensibili, perché si è perso ormai il contesto storico, sociale e culturale o, addirittura, il ricordo dell’occasione in cui il soprannome è nato. Verso il XVIII° secolo, il bisogno di far un po’ d'ordine e la necessità di identificare popolazioni diventate ormai troppo popolose porta all'im-posizione per legge dell'obbligo del cognome. la sua arma araldica, che è del genere delle armi parlanti, cioè di quelle che rappresentano graficamente il cognome. Si hanno notizie storiche della sua famiglia fin dalla seconda metà dell'XI secolo con un Gisalbertus Attonis, figlio di un Attone, appartenente a quella che sarebbe stata la gens nova che incominciava ad imporsi sulla declinante società feudale. Erano giudici e notai, di sicura fede ghibellina per quasi tutto il XIII secolo, mentre successivamente diventò incerta la loro appartenenza politica in quanto erano sempre più attenti ad appoggiare una parte anziché un'altra secondo le proprie convenienze del momento. Questo Gisalberto, che può essere considerato il capostipite della famiglia Colleoni, viene indicato per la prima volta con l'appellativo che sarà proprio della famiglia: Colione. Appare già ben inserito in una Bergamo, che come tutte le comunità della epoca, partecipava, tra il XI ed il XII secolo, a quel movimento sociopolitico che vide il prevalere del comune sul feudo, il prevalere della Questo mese, ci occuperemo del cognome: Colleoni. Assolutamente tipico del bergamasco, le tesi sull'origine borghesia, sulla società feudale. del cognome sono diverse, una sostiene che derivi da capileonis (teste di leone presenti nello stemma del casato), un'altra farebbe derivare il cognome dal nomen latino Colius, un'altra preferisce l'idea dei tre testicoli che Bartolomeo Colleoni, noto condottiero nato nel 1400, si vantava di possedere Tracce di questa cognominizzazione si trovano già nel 1300 a Martinengo (BG), in una pergamena si può leggere: "...in hospicio heredum quondam dom. Federici de Collionibus civitatis Pergami..." e questo porterebbe a preferire la prima delle tre ipotesi sulla derivazione del cognome. In Italia, 532 persone hanno il cognome Colleoni ed è il 5. 987° più diffuso in Italia. PERSONAGGI: Bartolomeo Colleoni nacque a Solza, un villaggio della sponda bergamasca dell'Adda. Sulla sua data di nascita non vi è certezza, anche se in una targa bronzea rinvenuta nel suo sepolcro il 21 novembre 1969 è indicata, assieme alla data della morte, l'età di ottant'anni: da ciò deriverebbe che l'anno di nascita sia il 1395. Di stirpe longobarda, figlio di Paolo e Ricadonna Saiguini de' Valvassori di Medolago, apparteneva alla nobiltà cittadina, come indicava - 32 - Eventi FONDATORE – DIR. EDITORIALE Livio Pastore DIRETTORE RESPONSABILE Sergio Sbarra EDITORE Ass. Culturale Eventi Via Pedagnali,65 - Sarno (Salerno) Tel.: 081967292 [email protected] Antropos in the world DALLA REDAZIONE DI ANGRI ALLUNGATE AI POVERI LA VOSTRA TAVOLA In un momento in cui tacciono le Istituzioni ed una crisi socioculturale attanaglia il Paese, Pagani apre il suo cuore ai fratelli più poveri, tracimati dalla bontà di cuore e dalla grande fede nel Signore. Pare, infatti che il popolo, quello bistrattato ed etichettato da sempre come refrattario al bene, abbia dato il giusto valore alla MENSA DI TOMMASO, che funziona alla grande, pur in presenza di promesse d’aiuto non mantenute. E’ come se, dimentichi delle difficoltà individuali, della pressione fiscale, degli spasimi di una Italia morente, in un anelito di amore fraterno, si fosse allungata la tavola in tutte le case ed i poveri consumano il loro pasto, nella vita che continua. E’ una gara che vede la partecipazione attiva delle persone più semplici, forse, le uniche ad aver veramente capito il messaggio! Qualcuno di essi lo considera un dono della Madonna del Carmine, qualche altro un tesoro inestinguibile, nato dall’entusiasmo e dalla cooperazione di tutti. Ora, occorre il concorso di coloro che possono, perché, non basta più condividere parole, esse non danno pane, come soleva dire un antico autore, ed è lo sforzo di tutti che determinerà il successo a lungo termine dell’iniziativa. Leggo ancora briciole incertezza sul volto di coloro, che cercano riparo al bisogno, e ad essi, con grande umiltà, io dico: - Accostatevi di buon animo alla Mensa di Tommaso, siete voi coloro che il Signore ama di più! Siete, infatti, i fratelli che vanno dai fratelli, che consentono loro di guadagnarsi, con opere di bene, l’ingresso al Paradiso!Flaviano Calenda G.Rispoli “ Paesaggio” - 33 - Antropos in the world LEVIORA La barzelletta illustrata da Paolo Liguori Allora, avete provato con 5 pillole di Viagra nel caffè? Sapesse dottore …dopo una notte d’amore, mio marito, stamane, è saltato sulla cameriera, sul garzone che portava la spesa e girava per casa dicendo: "Micio, micio bello , dove sei piccolo mio?” Sui simpatici ed ottimi carabinieri – Due carabinieri, un appuntato e un maresciallo, si ritrovano allo spaccio per un caffè. Il maresciallo, conoscendo bene l'appuntato, decide di fargli una confidenza intima: - Caro appuntato, sai, dopo aver provato di tutto e dopo essere stato con le prostitute centinaia di volte sono giunto alla considerazione che tutto sommato a letto è meglio mia moglie..-. - Caro maresciallo, dato che siamo in tema di confidenze, devo ammettere che hai proprio ragione!!! Cose dell’altro mondo – In un manicomio arriva un matto molto strano, che ogni mattina infila la testa in un sacco e comincia a ridere a crepapelle. L'infermiere lo osserva incuriosito tutti i giorni e una mattina decide di chiedergli: “Scusa, che cosa stai facendo?” E il matto: “Ma un sacco di risate, no?!” Gira sul web - Pierino alla madre: - Ho preso l'insufficienza in Italiano -.Lei:- Ma cosa hai scritto?_ Pierino tira fuori il suo quaderno ed inizia a leggere: - Un giorno vado a scuola e davanti a me vedo una merda un po' verdastra, doveva essere di Marco, perché a lui piacciono tanto le verdure. Continuo a camminare verso la scuola e dopo un po' vedo un'altra merda. Questa qui di un colore marrone scuro; sicuramente apparteneva a Simone, perché lui va matto per il cioccolato fondente. Vado avanti e ne trovo un'altra, molto, ma molto grande. Era sicuramente di Giovanni; perché è grasso e mangia tanto…- Ma scusa Pierino, quale era la traccia del compito?- chiede, allora, la mamma. - Un vero amico si riconosce nel bisogno – risponde Pierino. Cose dell’altro mondo – Un appuntato dice ad un collega amico:- Mi piacerebbe provare a fare dello scambismo con te e tua moglie... che ne dici?- E l'amico:- Dico che mi interessa! - Le due coppie organizzano una serata, e dopo due ore di sesso sfrenato uno dice all'altro: - Ma secondo te le nostre mogli si stanno divertendo quanto noi, nella stanza di fianco? Vecchia ma sempre bella – Un aereo che trasporta una comitiva di matti vola da parecchie ore. All' improvviso un'esplosione distrugge il pavimento dell'aereo e tutti i passeggeri riescono a non precipitare nel vuoto aggrappandosi ai portabagagli del soffitto che ha resistito all'attentato. Il comandante però avverte che essendo troppo pesanti uno dei passeggeri si deve sacrificare buttandosi nel vuoto. Un bravo passeggero allora esclama: "Molto bene per il bene di tutti mi sacrifico io!". A queste parole tutti i matti si mettono ad applaudire. - 34 Antropos in the world L’ANGOLO DELLA SATIRA CRISTIANI CRISTIANUCCI di Andropos Cristiani cristianucci, mamma mia che peccatucci! La historia ce l’insegna, certa chiesa non è degna: Fra Dolcino fatto a pezzi, da Clemente1 mero pazzo; Benedetto2 arse i frati, che di lui s’eran fidati. A migliaia sul fornellino ne bruciò il Clementino3. Innocenzo4 n’arse sette e voleva farli a fette. Il Gregorio5, in verità, fece stragi qua e là Pisa, poi, la poverina, n’ebbe la maggior rovina. E di un certo settimino6, meno papa e più assassino? Non da meno fu Eugenio7, il più infame del partenio: e se il numero fu parco, ei bruciò Giovanna D’Arco. Un Gregorio8, in una notte, fece strage d’Ugonotti. Papa Sisto9, con gli occhiali, fu il re di tutti i mali: macellaio e giustiziere, proprio un gran filibustiere. Alessandro,10 quella sola, ti bruciò Savonarola! Dodicesimo, il Clementino,11 fece d’ossa un gran casino, Paolo quarto12 fu perfetto, agli Ebrei fece un ghetto, ergo poi, da gran nazista, de’ suoi morti fe’ gran lista. Il Clemente13, gran sovrano, avvampò Bruno Giordano. Finché, poi, papa Gregorio15 mise ognuno in confessorio. Ma Pio nono16, infin, gran santo, fu il re del camposanto: nelle carceri, assortite, bimbi e suore rinsecchite poi, ovunque un gran macello: ciechi, zoppi e fraticelli. Lunga è ancora questa historia, senza lode e senza gloria; Dio è grande, con Suo figlio, e son fuori dal poltiglio, son nel cuore, in armonia, ma non stanno in sacrestia. Son nel sole, nel tramonto, nella luna a tutto tondo, tra le stelle e, che magìa, vivon pure in casa mia. 1) Papa Clemente V. Fra Dolcino, per nulla intimorito dalle minacce dell'Inquisizione, si scaglia contro Clemente V accusandolo di immoralità. Ridotto a brandelli il suo corpo viene bruciato al rogo. 13 marzo 1307. Molay, Gran Maestro, fu arso vivo a Parigi dopo anni di atroci torture. 2) Papa Benedetto XII (beatificato) - Francesco da Pistoia, Lorenzo Gherardi, Bartolomeo Greco, Bartolomeo da Bucciano, Antonio Bevilacqua e altri dieci frati Francescani, arsi vivi per predicare la povertà di Cristo - Venezia 1337. 3) Papa Clemente VI - Migliaia di vittime dell'inquisizione delle quali ci sono pervenuti soltanto i processi. 4) Innocenzo VI - Tra le numerose vittime di Santa Madre Chiesa da ricordare i frati Pietro da Novara, Bernardo da Sicilia, Fra Tommaso vescovo d'Aquino e Francesco Marchesino vescovo di Trivento accusati di appartenere ai fraticelli di S.Francesco. Torturati e bruciati vivi. 5) Gregorio XI - Intere città furono teatro di stragi perché avevano ospitato gli eretici. Nelle piazze di Firenze, Venezia, Roma e Ferrara fu un continuo accendersi di roghi. al rogo a colpi frusta. 1 novembre 1388. 6) Gregorio XII - Dopo il periodo di tregua passato sotto Urbano VI, con Gregorio XII riprendono le stragi e i roghi in una maniera estremamente spietata. La città che fu particolarmente colpita fu Pisa. 7) Papa Eugenio IV - Giovanna d'Arco, bruciata viva accusata di stregoneria (1431). Merenda e Matteo, due popolani, bruciati vivi dall'Inquisizione per rendere un favore alle famiglie dei Colonna e dei Savelli. 8) Gregorio XIII – responsabile della stage degli Ugonotti: diecimila eretici massacrati in Francia per ordine del Papa (Notte di S. Bartolomeo). 24 ag. 1572. 9) Papa Sisto IV .In Spagna eccelse per la sua crudeltà il domenicano Tommaso Torquemada il quale, confiscando i beni degli accusati di eresia e di stregoneria, era arrivato ad accumulare tante ricchezze da essere temuto dallo stesso Papa che lo obbligò a versargli la metà del bottino. 10) Papa Alessandro VI - Gerolamo Savanarola bruciato vivo in Piazza della Signoria a Firenze. 23 maggio 1498 insieme ai suoi due suoi discepoli Domenico da 11) 12) 13) 14) 15) 16) Pescia e Sivestro da Firenze. Tre ebrei arsi vivi in campo dei Fiori a Roma. Clemente VII - Anna Furabach, giustiziata per eresia. 9 maggio 1524. Migliaia di protestanti Anabattisti decapitati, arsi vivi, annegati e torturati a morte. 1525. Paolo IV - Istituzione del Ghetto a Roma con restrizioni contro gli ebrei ancor più severe del ghetto di Venezia. Clemente VIII - Giordano Bruno, bruciato vivo per eresia il 17 febbraio 1600. Quattro donne e un vecchio bruciate vive per eresia. Clemente XII - Questo Papa, ripristinando la "mazzolatura" (rottura delle ossa a colpi di bastone), si dimostrò uno dei più cinici sostenitori dell'arte della tortura. Gregorio XVI - Impose divieto assoluto ad ogni libertà di parola o di espressione scritta che non seguisse i dettami di Santa Madre Chiesa. Pio IX (santificato da Gian Paolo II, chiamato metro cubo di merda da Garibaldi) Romolo Salvatori, decapitato per aver consegnato ai Garibaldini l'Arciprete di Anagni. 10 settembre 1851. L’ANGOLO DEL CUORE Oltre le stelle (Dalla raccolta omonima di Franco Pastore) Aveva chiuso d’una fiaba il volo il gelo abissale dell’inverno. Nel chiarore iridato dei tramonti, non era più, ormai, tempo di sogni. Melodie lontane, sotto le stelle fluttuando, inducono, tuttora, alla speranza, ma la mia voce, lassù … sotto il magico mantello del vento, vibra nel silenzio. Nuvole evanescenti si rincorrono tra i sogni; mentre, saturo di nulla, il mio sguardo, in querule brame vagando, si smarrisce. ______________ In video http://youtu.be/bH8e5PtSBH4 - 35 - ANTROPOS IN THE WORLD, Rivista e Teleweb, hanno, inoltre , il patrocinio degli Enti Carminello e SS. Corpo di Cristo. Il giornale è a disposizione dei nostri lettori sul portale: http://www.andropos.eu/antroposintheworld.html ma può essere richiesto anche in forma cartacea, previo la sottoscrizione di un abbonamento annuale La teleweb ANTROPOS IN THE WORLD e la sua rivista non hanno finalità lucrative, né sono esse legate ad ideologie politiche. Perciò, agiscono nella totale libertà di pensiero, in nome di una cultura, che ha a cuore i valori che rappresentano il cardine della società civile e della vita,nel pieno rispetto per la persona umana e contro ogni forma di idiosincrasia. Pro pace, sempre contra bellum. Ai sensi e per gli effetti del D. Lg. 196/03, le informazioni contenute in queste pagine sono dirette esclusivamente al destinatario. È Vietato, pertanto, utilizzarne il contenuto, senza autorizzazione, o farne usi diversi da quelli giornalistici . I collaboratori, volontari, non percepiscono compenso alcuno e si assumono le responsabilità di quanto riportato nei propri elaborati. Dal Dettato costituzionale: - Tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure - (Art. 21) - La Costituzione italiana assume la cultura come valore fondamentale e inserisce tra i principi fondamentali la disposizione che impegna la Repubblica a promuoverne lo sviluppo. “Il patrimonio culturale di un Paese rappresenta la testimonianza visibile e tangibile della storia di quella Nazione …” - (art.9) Gli indirizzi e-mail in nostro possesso, in parte ci sono stati comunicati, in parte provengono da elenchi di pubblico dominio in Internet, altri sono stati prelevati, da messaggi e-mail a noi pervenuti. Secondo l'articolo n. 1618 Par. 111 deliberato al 105° congresso USA, in conformità alla D.Lgs. 196/2003 ed a norma della Leg. 675/96, nel rispetto del trattamento dei dati personali, il suo indirizzo è stato utilizzato esclusivamente per l’invio della presente rivista. Regalate un abbonamento gratuito alla rivista, a parenti, amici e conoscenti interessati, segnalandoci la loro e-mail. Infatti, il giornale viene inviato solo ad email segnalate ed opportunamente selezionate. Su www.andropos.eu, in News, i numeri della rivista degli ultimi tre anni. Per comunicazioni, invio di materiali, richieste di pubblicità e collaborazioni: 089.223738 – Fax: 089.723814 – Cellulare: 3771711064 E-MAILS : [email protected] [email protected] – [email protected] Spedizione virtuale on line Per spedizione virtuale omaggio, massimo 3 mesi Per copia cartacea: € 1,50 più spese di spedizione. Per abbonamento annuo al cartaceo: € 25,00 Per abbonamento annuo al virtuale: € 20,00 (Acquisto Spazio/web del 26/04/06 -Aruba S.P.A.) Membership in the GNS Press Association Reg. ID 7676 8 – IPC / Richiesta autorizz.ne al Tribunale di Salerno del 25.03.2008 / Patrocinio Comune di Salerno prot. P94908 – 27.05.2009 / Patrocinio Prov. Avellino – prot. 58196 – 16.10.2012 / Patrocinio Com. Pagani – prot. 0023284 – 29.07.2008 / Patrocinio Prov. Salerno – prot. 167/st – 23.09.2009 / Patrocinio Com. di S. 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