Lascuolaèditutti» FioronireplicaaScola

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Lascuolaèditutti» FioronireplicaaScola
C ORRIERE
DELLA
S ERA U L UNEDÌ
17
L UGLIO
Cronache
2006
Il cardinale aveva sostenuto che l’istruzione di Stato è superata
SVIZZERA
«La scuola è di tutti»
Fioroni replica a Scola
Scoperte tracce
di un cacciatore
di 5.000 anni fa
Bertinotti: il patriarca sbaglia. Applausi dal Polo
HA DETTO AL «CORRIERE»
Il cardinale di Venezia
«Spazio alla società»
La proposta è:
lo Stato smetta
di gestire
la scuola
e si limiti
a governarla.
Rinunci a farsi
attore propositivo
diretto di progetti
scolastici per
lasciare questo
compito
alla società
civile
ROMA — «La scuola italiana è di tutti e per tutti». Il ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, prende
le distanze dall’idea di scuola
espressa dal cardinale Angelo Scola in un’intervista al
Corriere della Sera. «Lo Stato — questo in estrema sintesi il pensiero del Patriarca di
Venezia — deve rinunciare in
linea di massima a farsi attore propositivo diretto di progetti scolastici e universitari
per lasciare questo compito
alla società civile». La proposta è rivoluzionaria e il ministro Fioroni non la rinvia al
mittente: merita «riflessione
e approfondimento. «Ma la riflessione — precisa — va fatta
nell’interesse della scuola italiana, che è la scuola di tutti e
per tutti». Ovvero non una
scuola di tendenza. Il ministro, in buona sostanza, dice
no a quanti ritengono, come
il cardinale, che lo Stato in
materia di educazione debba
ritirarsi e lasciar fare alla società civile, senza tuttavia
condividere la posizione opposta, secondo cui la scuola
deve essere soprattutto di
Stato.
Le reazioni alla tesi di Scola non si sono fatte attendere. Per Albertina Soliani, capogruppo dell’Ulivo nella
7,7
MILIONI
Sono oltre
7 milioni
gli studenti
delle scuole
statali in Italia
9
MILIONI
Gli alunni di
scuole statali,
paritarie e non,
sono circa
nove milioni
commissione Cultura, «il proliferare di scuole al di fuori di
un impegno della Repubblica
per l’istruzione porterebbe a
una deriva dannosa per il Paese». «Mi preoccupa l’idea di
prevedere scuole di tipo islamico — continua la senatrice
—. Molto più utile una scuola
di tutti, laica, aperta alle di-
MINISTRO Fioroni, responsabile dell’istruzione, mentre incontra alcuni studenti (Benvegnù-Guaitoli)
verse religioni e culture». Per
la maggioranza il rischio implicito nella visione del cardinale è quello di una proliferazione di scuole di tendenza:
religiosa e politica. Lo teme
Franco Monaco della Margherita: «È l’opposto di ciò di cui
abbiamo bisogno». Preoccupato il presidente della Came-
ra, Fausto Bertinotti: «Penso
che la scuola in una società
che diventa sempre più meticcia debba essere unitaria e
cioè pubblica per comprendere tutte le etnie, le religioni e i
punti di vista, in una costruzione unitaria che è quella
della convivenza in cui ognuno rispetti l’altro ma si con-
ALBERTINA SOLIANI (Ulivo)
RICCARDO PEDRIZZI (An)
Il proliferare di scuole
fuori da un impegno della
Repubblica è un danno
Giusto, bisogna passare
dalla scuola dello Stato a
quella della società civile
fronti con lui quotidianamente». Non è la scuola che piace
alla Cdl, che difende il patriarca di Venezia. Riccardo Pedrizzi (An) condivide l’impostazione di Scola: «Bisogna
passare dalla scuola dello Stato alla scuola della società civile». Per Maurizio Sacconi
(FI) «la considerazione del
patriarca deve indurre una riflessione meditata». La Compagnia delle Opere, infine, si
dice perfettamente d’accordo con quanto affermato da
Scola: «Un sistema regolato
che consenta una competizione virtuosa tra i soggetti dell’istruzione è la migliore garanzia per lo sviluppo del capitale umano in Italia».
G. Ben.
ENRICO BOSELLI
ROCCO BUTTIGLIONE
«Parla di Europa, pensa al Medioevo
L’Italia non può fare altri passi indietro»
ROMA — «Parla di Europa, ma pensa al Medioevo: vuole che si passi dalla
scuola di Stato alla scuola delle chiese». Enrico Boselli, leader dello Sdi,
commenta così la richiesta del cardinale Angelo Scola. Una proposta di arretramento rispetto ai canoni europei?
«E di molto — continua Boselli —. Non
gli basta la situazione già arretrata dell’Italia? Siamo gli unici in Europa a finanziare l’insegnamento della religione cattolica: un miliardo di euro all’anno; l’unico Paese in cui i docenti di religione vengono scelti dalla curia e assunti, senza concorso, dallo Stato: ventimila, l’anno scorso. Con il paradosso
che se poi il vescovo non gradisce più
uno di loro, la scuola deve comunque
assegnargli un altro incarico per un’altra materia».
Il governo Berlusconi ha concesso alla Chiesa la facoltà di scegliere gli insegnanti di religione. Il centrosinistra
ora cambierà questa norma?
«Va assolutamente modificata».
Scola usa termini come «autonomia
e decentramento» per quanto riguarda l’istruzione.
«La Cei dovrebbe ricordarsi che gli
italiani hanno appena votato per re-
spingere una riforma costituzionale
che, su questo tema, avrebbe introdotto solo l’autonomia regionale nell’organizzazione scolastica».
Crede che l’Unione non cederà alle
pressioni ecclesiastiche?
«Gli italiani, in stragrande maggioranza, sono custodi molto gelosi della
scuola pubblica e la difenderanno. Offre uno dei rari momenti di uguaglianza e in alcune zone, soprattutto nel
Mezzogiorno, è l’unica presenza dello
Stato. Certo, va migliorata e per questo servono fondi».
Ancora Scola, chiede «libertà di educazione»...
«Si vuole dividere, frantumare? E
quanti tipi di scuole ci saranno: per
ogni religione e anche per chi non crede? Per i ricchi e per i poveri? La scuola
pubblica, nei decenni passati, è servita
a integrare i figli del proletariato e oggi
può avere la stessa funzione per i figli
degli immigrati. Se la Chiesa vuole fare
politica, prego, la faccia e non vieti più
ai preti di candidarsi alle elezioni. Ma
sia chiaro che tutti questi interventi in
tema di vita pubblica significano un superamento di fatto del Concordato».
«Nessuno vuole favorire la Chiesa
Il diritto all’educazione torni ai genitori»
LAICO Enrico Boselli, 49
anni, deputato, segretario
dello Sdi, è tra i fondatori
della Rosa nel Pugno
CATTOLICO Rocco Buttiglione, 58 anni, senatore
dell’Udc, è stato ministro
dei Beni culturali
Daria Gorodisky
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ROMA — L’idea di una nuova laicità lanciata dal cardinale Scola, partendo dalla libertà di educazione, non
rappresenta una novità per l’ex ministro Rocco Buttiglione: «Scola ed io
abbiamo lavorato per molto tempo insieme e abbiano un medesimo approccio culturale che non è affatto estremistico o confessionale».
Perché lo Stato dovrebbe fare dei
passi indietro?
«La scuola di Stato è nata come
scuola che deve difendere l’ideologia
dello Stato. Ricordiamoci del moschetto fascista, dell’egemonia culturale di Gramsci. Una scuola destinata
a preparare dei quadri in una società
in cui lo Stato è espressione massima
dell’eticità. Allora, sebbene la finalità
fosse sbagliata, quella scuola funzionava. Oggi la scuola di Stato non funziona più perché quella finalità è venuta meno. L’ideologia di Stato non è
stata sostituita da un progetto educativo».
La nostra scuola, secondo lei, non
ha un progetto educativo?
«L’unico progetto è dato da concetti come "dialogo", "apertura", "ascolto
dell’altro". Questi concetti hanno un
senso elevatissimo se uno ha un’identità, una cultura, un passato, altrimenti c’è il rischio di una scuola ideologica
o vuota».
Chi dovrebbe occuparsi dell’educazione?
«Non lo Stato e neppure la Chiesa,
ma le famiglie che si organizzano nella
società. Restituiamo alle famiglie il diritto di educare. Qualcuna chiederà
aiuto alla Chiesa, qualcuna non lo farà. Nasceranno tante associazioni educative autonome. In una società pluralista lo Stato ha una funzione sussidiaria».
Senza Stato chi penserà a rimuovere gli ostacoli che impediscono ai più
deboli di avere un’educazione?
«L’idea non è di favorire la scuola
privata, l’idea è che ogni scuola deve
avere la sua identità, mettere in campo i suoi servizi e poi le famiglie scelgono liberamente. È la strada del buono
scuola intrapresa dalle regioni Lombardia e Piemonte. È il percorso avviato dalla riforma Berlinguer e poi Moratti. È la direzione scelta da chi vuole
modernità ed efficienza, compresa la
poco confessionale Confindustria».
Giulio Benedetti
BERNA — Tracce di
un uomo risalente a
cinquemila anni fa
sono state trovate su
un nevaio svizzero nel
cantone di Berna.
Arco e frecce,
frammenti di gambali
e di scarpe di cuoio
fanno sperare i
paleontologi locali di
essere vicini a una
mummia simile a
quella di Oetzi, il
cadavere di un
cacciatore rinvenuto
sul ghiacciaio del
Similaun, poco
distante dal confine
tra l’Alto Adige e
l’Austria, ora meta di
visitatori da tutto il
mondo. Il cosiddetto
uomo del Similaun
venne scoperto il 19
settembre 1991, in
perfetto stato di
conservazione: fu
ribattezzato Oetzi, da
Oetztal, la località del
ritrovamento. Questa
volta gli oggetti sono
stati trovati in un
nevaio sul
Schnidejoch, una
montagna non
distante da Berna. I
primi ritrovamenti
nella zona risalgono a
settembre del 2003,
quando una coppia di
escursionisti della
vicina cittadina di
Thun consegnò agli
archeologi un oggetto
ritrovato nella neve.
Poi, in tempi
successivi, altri
escursionisti hanno
recuperato un arco,
frammenti di frecce, e
alcuni resti di
gambali e calzari di
cuoio. Molto
interesse per il
ritrovamento
svizzero è stato
dimostrato da
Eduard Egarter,
l’anatomopatologo
che guida l’equipe di
scienziati
internazionali che da
anni studiano la
mummia di Oetzi. Ma
lo studioso si è detto
scettico sulla
probabilità che dalla
neve possa emergere
una mummia come
quella altoatesina. «È
molto più probabile
— ha affermato — che
ad affiorare sia
soltanto uno
scheletro, dato che le
notevoli variazioni
stagionali di
temperatura del
nevaio sembrano
difficilmente
compatibili con un
vero e proprio
processo di
mummificazione».
Il giovane, vent’anni, godeva della fiducia della madre. In casa sono state trovate scritte morbose sul piccolo e materiale pedofilo
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES — La polizia belga ha annunciato di
aver fermato il presunto responsabile del rapimento di
David, il bambino di nove anni scomparso la sera di venerdì scorso a Viviers, un
centro a est di Liegi, poi ritrovato nel pomeriggio del
giorno dopo in un sentiero
di campagna, imbavagliato,
legato e con serie ferite alla
testa. È un ventenne amico
di famiglia, Benoit D., che godeva della fiducia della madre e dello stesso bambino.
Ieri gli investigatori lo hanno interrogato per molte ore
e hanno fornito quella che al
momento resta l’unica ricostruzione dei fatti. Il presunto responsabile avrebbe confessato di aver tentato di molestare sessualmente David,
dopo averlo invitato a fare
un giro in auto. Il piccolo si
sarebbe ribellato e avrebbe
minacciato di raccontare
tutto alla madre. Il ventenne sarebbe stato preso dal
panico per le prevedibili con-
Belgio, arrestato un amico di famiglia del bimbo rapito
seguenze nell’attuale clima
di esasperazione nella zona
di Liegi, provocato dall’orrendo assassinio di Stacy
Lemmens e Nathalie Mahy,
due bambine di sette e dieci
anni (una delle quali è risultata violentata). Avrebbe così immobilizzato il bambino
per convincerlo a tacere. Secondo le autorità giudiziarie, avrebbe però negato
qualsiasi violenza sessuale e
di essere responsabile delle
fratture al cranio, che hanno
richiesto un intervento chirurgico nell’ospedale di Viviers, dove David resta ricoverato in condizioni stazionarie. Benoit D. sosterrebbe
che il piccolo si sarebbe fatto male da solo, cadendo su
delle pietre. Lo avrebbe poi
abbandonato solo perché lo
credeva morto.
Molto sorpresi del fermo
sono apparsi vari conoscen-
ti del presunto rapitore, che
aveva anche collaborato attivamente alle ricerche insieme agli abitanti del quartiere, dove il bambino era in vacanza a casa della madre
(normalmente vive a Spa
con il padre). Ma il procuratore di Viviers, Robert Andrè, ha fatto sapere che nel
computer del ventenne sarebbero stati trovati scritti
con morbose fantasie nei
confronti del piccolo David
e materiale pedofilo.
Nella notte di venerdì scorso era stata scatenata una
massiccia caccia al pedofilo
nella regione di Liegi. Sarebbero stati mobilitati decine
di agenti, cani poliziotto e
IN SALVO
David Henriet,
9 anni.
A sinistra
il sentiero
dove è stato
ritrovato
un elicottero. Molti abitanti
di Viviers avevano improvvisato indagini private. L’organizzazione Child Focus aveva diffuso nella zona centinaia di manifesti con la foto del
piccolo David. A trovarlo è
stato casualmente il contadino Marc Defechereux, che
ha avvisato la polizia, mentre sua moglie Annette tentava di tranquillizzare il piccolo, insanguinato e visibilmente sconvolto. Secondo i
medici, avrebbe corso il rischio di morire se non fosse
stato soccorso in tempo.
Questo caso ha rilanciato
l’allarme pedofilia in un Belgio che non ha ancora superato gli choc del «mostro di
Marcinelle», Marc Dutroux,
e di altre vicende analoghe.
Ieri un Tg della sera ha annunciato che un individuo è
stato fermato in una piscina
pubblica di Bruxelles per
aver molestato una dodicenne. Due genitori delle bambine assassinate il mese scorso a Liegi hanno guidato un
corteo commemorativo di
centinaia di motociclisti nel
centro della capitale chiedendo giustizia e più sicurezza per i minori in Belgio.
Questa protesta ha rilanciato i dubbi sulla situazione
del marocchino Abdallah
Aid Oud, un pregiudicato
per reati di pedofilia, arrestato come presunto responsabile della scomparsa di
Stacy e Nathalie, che si dichiara innocente. Gli investigatori non sarebbero ancora
in grado di incriminarlo per
omicidio. Ieri Oud è stato
portato nel tribunale di Liegi per un interrogatorio domenicale, verosimilmente
proprio per smentire la difficoltà di rinvialo a giudizio.
Subito dopo sono stati fatti
trapelare su vari media belgi
nuovi particolari, che aggraverebbero la posizione del
marocchino.
Ivo Caizzi