Ercole Colombo: una vita in Formula 1
Transcript
Ercole Colombo: una vita in Formula 1
Ercole Colombo: una vita in Formula 1 Professione Ercole Colombo unisce grande passione, tecnica raffinata e un’esperienza di quasi quarant’anni vissuti sulle piste di tutto il mondo: ci racconta come è cambiato il mondo della F1 e come è cambiata la tecnica di ripresa. 22 PC PHOTO Indianapolis 2002: le Ferrari avrebbero dovuto passare il traguardo in parata, con Michael Schumacher, che era al comando della corsa, come vincitore. Invece tutto si trasformò in una beffa perché per pochi centimetri, come documenta la foto, fu Rubens Barrichello a tagliare per primo il famoso traguardo di mattoni. Ercole Colombo è nel mondo della fotografia dal 1970. Da allora segue le manifestazioni motoristiche per le più importanti testate italiane e straniere, fino a diventare uno dei più assidui e attenti testimoni della Formula 1 sulle piste di tutto il mondo. Nel corso degli anni ha firmato per la parte fotografica numerosi libri su questo argomento, tra cui l’ultimo “I Love Ferrari” edito da Zoom, ha partecipato a moltissime mostre in Italia, Stati Uniti, Argentina, Giappone e Cina ed ottenuto impor- tanti riconoscimenti internazionali. I circa 140 caschi avuti in regalo dai maggiori protagonisti delle piste negli ultimi decenni dimostrano chiaramente il suo impegno e l’amicizia che ha saputo instaurare con i piloti del circo della F1. Com’è cambiato il mondo della Formula 1 in quasi quaranta anni? Dal giorno alla notte. Quarant’anni fa la formula 1 era davvero quello che ancora oggi viene chiamato circo, per- Montecarlo 1979: Jody Scheckter lanciato con la Ferrari verso la conquista del titolo mondiale. In quegli anni era piuttosto difficile fare questi panning, col nome del pilota fermo e ben leggibile sulla vettura mentre tutto il resto risultava mosso. Questa foto vinse il premio Dino Ferrari, consegnatomi di persona da Enzo Ferrari. Per un fotografo di formula 1 il premio Ferrari era come l’Oscar. Montecarlo 2008: è una delle poche piste dove il fotografo può ancora stare abbastanza vicino ai protagonisti, quindi si presta ad immagini diverse dalle altre. Questo è Kimi Raikkonen ripreso con un tempo molto lungo e un colpo di flash per ottenere un effetto di esplosione, ma con il casco fermo e ben visibile. ché come in un circo tutti i protagonisti si spostavano insieme e piantavano le tende da una pista all’altra. Eravamo tutti amici, i piloti erano certamente rivali duri in pista, ma poi si usciva e si andava al ristorante tutti insieme. C’era un grandissimo rapporto con tutti: chi faceva il pilota, chi il manager, chi il giornalista o il fotografo, ma si viveva tutti assieme. Al giorno d’oggi no, si ha a che fare con aziende (tutte efficienti e più o meno asettiche) dove il marketing e l’immagine prevalgono e i rapporti umani sono ridotti al minimo indispensabile. Anche i piloti parlano poco tra di loro e addirittura alcuni non conoscono nemmeno i rivali che corrono con macchine poco competitive. Per il fotografo questo crea maggiori complicazioni; una volta per fare una foto a Regazzoni bastava chiederglielo e ti diceva “Va bene, fra due minuti mi libero e vengo”. Oggi devi passare attraverso l’addetto stampa, che magari ti gira al suo collaboratore, che deve consultare il manager e l’addetto stampa del pilota… siamo quasi alla domanda in carta bollata. Però qualche eccezione si trova ancora e per fortuna esistono piloti e addetti stampa che cercano di aiutare fotografi e giornalisti facendo al meglio il proprio lavoro. Come va con la protezione dei segreti? Si incontrano maggiori misure di protezione rispetto al passato? No, non direi. I segreti tecnici ci sono PC PHOTO 23 Nürburgring 2002: i meccanici stanno riportando il cofano motore sulla vettura. Il movimento, insieme al tempo d’esposizione lungo, crea l’effetto “ali” sulla Ferrari. sempre stati e le squadre hanno sempre cercato di proteggerli dagli sguardi indiscreti dei tecnici avversari, che conoscendo i problemi sanno dove guardare e cosa scovare, meglio dei giornalisti e dei fotografi alla ricerca dello scoop. In passato si arrivava addirittura a chiudere il box o a mettere dei teli per coprire le monoposto mentre i meccanici lavoravano. Oggi, giustamente, la FIA ha deciso che gli spettatori, che hanno pagato salato un posto in tribuna, devono vedere cosa avviene nei box e quindi durante le prove ufficiali e le gare i box non possono essere chiusi o protetti da teli. Anche la standardizzazione di certi componenti delle monoposto, prevista dai nuovi regolamenti, tende a ridurre il numero dei segreti da proteggere. Quali sono i protagonisti che ricorda più volentieri e perché? In quarant’anni ho conosciuto migliaia di persone e anche nominare quelli più simpatici è arduo. Con diversi piloti ho avuto un ottimo rapporto personale, al punto di passare, tra una gara 24 PC PHOTO e l’altra, le vacanze assieme. Posso citare Brambilla, Villeneuve, Patrese, Giacomelli, Alboreto, Nannini e Capelli, ma anche Reutemann, Lauda, Boutsen, Piquet, Mansell, Prost, Senna e Alesi. Adesso è molto più difficile. I piloti, quando hanno dei giorni liberi, preferiscono stare lontano dall’ambiente del circus per stemperare la grande pressione dei media. Anche ai box la situazione è cambiata. Una volta, in certe piste, come ad esempio a Long Beach, Detroit o Montecarlo, i box non esistevano ed i meccanici lavoravano all’aperto. Adesso i box sono praticamente uguali in tutto il mondo, con fondali, luci e grafica identica per tutta la stagione. Si sono perse quelle caratteristiche che facevano distinguere facilmente una foto scattata nei box di Monza rispetto a Silverstone. Le esigenze ed i gusti della committenza sono sempre gli stessi o la maggiore copertura televisiva ha portato dei cambiamenti? Direi che le esigenze sono rimaste più o meno le stesse. I giornali vogliono foto di fatti che la televisione ha fatto vedere, però con un maggiore approfondimento. Il singolo fotografo non può competere con la copertura data dalla televisione, ma i fotografi nel loro insieme possono dare qualcosa in più. Guardando una foto in tutti i suoi dettagli e per tutto il tempo che si vuole, il lettore può farsi un’idea più ragionata di quanto accaduto. Oltre a quello che succede in pista, i giornali vogliono vedere quello che succede nei box e nel paddock, come l’arrivo di un cantante o del politico di turno. Gli sponsor invece vogliono immagini accattivanti per le proprie campagne promozionali, col logo in evidenza e che sappiano trasmettere l’idea del dinamismo e del prestigio della formula 1, per associarlo ai loro marchi. Pensando alle prestazioni delle attuali reflex professionali, si può dire che oggi è più facile fotografare le corse? Se facciamo il confronto con le reflex autofocus a pellicola, non c’è una gran Montreal 2007: un errore ha portato Adrian Sutil (Spyker) a questo bel salto. La foto è stata scattata con un 700mm di focale ed ha richiesto una buona prontezza di riflessi. Bahrain 2008: i segni lasciati dalla McLaren di Lewis Hamilton sulla pista e sulle gomme di protezione. La macchina non c’è, ma le tracce descrivono con precisione, quasi una sindone, la dinamica dell’incidente. Questa foto ha vinto il 7° Concorso Internazionale “Pepi Cereda” tenutosi a Monza lo scorso settembre. differenza. La sequenza di una monoposto che “vola” dopo una toccata alla partenza, si faceva allora come adesso e la tecnica di ripresa non è cambiata. La differenza rispetto alla pellicola è che adesso puoi vedere subito il risultato sul monitor della macchina e all’occorrenza puoi aggiustare il tiro. Ad esempio, se ti accorgi che il casco del pilota non è perfettamente a fuoco, il giro successivo puoi scegliere di utilizzare un diverso punto di messa a fuoco per correggere subito l’errore. È richiesta comunque una grande abilità per tenere il punto di messa a fuoco sul casco di un pilota che viaggia ad oltre 300 km/h. L’altro grande vantaggio del digitale è la possibilità di passare da una sensibilità bassa per le riprese in pieno sole ad una alta per gli interni o in caso di cattivo tempo. Fotografare con le pellicole un gran premio in notturna come quello di Singapore sarebbe stato un disastro: praticamente impossibile con le diapositive e molto difficile anche coi negativi a colori. Invece con le reflex moderne si ottengono risultati qualitativi veramente sorprendenti, anche per chi come me dovrebbe averci fatto l’abitudine da tempo. Se invece pensiamo alla messa a fuoco manuale degli anni settanta/ottanta, la tecnica è diversa e i risultati anche. Allora dovevi mettere a fuoco la zona dove prevedevi di scattare e poi premevi il pulsante un attimo prima che la macchina passasse per quel punto. Se poi succedeva l’imprevisto, dovevi essere prontissimo ad inseguire l’incidente o il fuoripista del pilota, adattando il fuoco, con risultati incerti. Però allora avevamo almeno il vantaggio di essere più vicini ai nostri soggetti, mentre oggi per motivi di sicurezza ci tengono sempre più lontani. Negli anni settanta, alla curva Tarzan, la prima del circuito di Zandvoort dove si disputava il GP d’Olanda, non c’era guard-rail all’interno e andavamo a fotografare fin sui bordi del cordolo per PC PHOTO 25 San Paolo 2003. Qui rientravo dopo aver saltato due gran premi per la rottura di una spalla e facevo fatica ad usare il pesante teleobiettivo. Guardando verso Schumacher che rientrava ai box, ho scattato questa foto insolita, sfruttando la salita della pista e le gambe del commissario in primo piano. Questa foto con il titolo “Un ragazzo in gamba” ha vinto il 2° Concorso Internazionale “Pepi Cereda” tenutosi a Monza. utilizzare il grandangolo. Una volta addirittura Jackie Stewart si fermò subito dopo la curva per dirci di fare mezzo passo indietro, perché eravamo troppo vicini e rischiava di investirci. Sempre in Olanda, anche durante la corsa si poteva attraversare la pista. Oggi queste cose sono impensabili e quindi si utilizzano teleobiettivi sempre più lunghi. La foto della Spyker di Sutil che vola alla chicane di Montreal è fatta col teleobiettivo 500mm più il moltiplicatore 1,4x. Quindi con una focale di 700mm e la qualità è impressionante. A parte un’attrezzatura adeguata, cosa serve al fotografo di Formula 1? Il primo requisito è la completa padronanza tecnica dell’attrezzatura, perché la foto non si può ripetere e quindi deve essere buono il primo scatto (e gli altri della sequenza). Poi occorre grande reattività e capacità 26 PC PHOTO di valutare l’inquadratura più efficace. Ci vuole un allenamento specifico, non basta una buona esperienza fotografica negli sport o nella cronaca. Nelle competizioni motoristiche non puoi controllare tutto il campo di gara. Infatti occorre analizzare la situazione per decidere dove mettersi a fotografare, sapendo cosa potrà capitare, dove e quando. Detto questo, non può mancare il gusto, la vena artistica, la capacità di comporre l’immagine in modo gradevole e non ripetitivo. Per la sua bellezza o per i contenuti, ogni foto deve in qualche modo stupire, deve dare un’emozione. Questo è il compito del fotografo. Oggi che l’evoluzione tecnica è rapida, come fa Ercole Colombo ad essere sicuro di avere sempre la padronanza tecnica del mezzo? Quando mi arriva un modello nuovo, me lo studio, leggo il manuale, faccio delle prove. In realtà non è che ogni modello cambi totalmente rispetto al precedente, per cui di solito basta verificare solo alcune cose. Fatti alcuni scatti di prova, non necessariamente in pista, vado a fare una sessione di prove solo con la macchina nuova. Questo per evitare che al primo dubbio o intoppo mi venga la voglia di abbandonare la nuova per la vecchia. Ultimamente sono passato da Canon a Nikon, e quindi i cambiamenti sono stati molto più consistenti del solito, a partire dal senso di rotazione dell’obiettivo per montarlo e smontarlo. Prima di fare un passo del genere ho voluto pensarci bene e addirittura utilizzare la D3 in un paio di Gran Premi per vedere i risultati. Questo perché tutti ti raccontano che il nuovo modello è meraviglioso e fa cose stupende, con l’autofocus più veloce del mondo e una qualità mai vista, ecc. Volevo però essere certo di poter ottenere i risultati desiderati, nelle mie condizioni d’impiego e dal mio punto di vista. Volevo valutare il comportamento dell’auto- Zandvoort 1984: In attesa di entrare in pista per andare a schierarsi con la sua McLaren, Niki Lauda legge il giornale per stemperare la tensione. focus, la resa degli obiettivi, i tempi da usare per congelare il movimento o fare un panning, ecc. La macchina fotografica è lo strumento di lavoro, che ti deve dare la certezza di poter realizzare l’immagine che desideri. I flash, ad esempio, sono tutti elettronici, integrati con la macchina meravigliosi ed intelligenti, ma questa intelligenza deve essere al tuo servizio, per non avere delle amare sorprese. Silverstone 2005. Con la sua mania di perfezionismo, Michael Schumacher voleva sempre controllare tutto. Per vedere quello che gli succedeva intorno, anche durante la sosta per il pit-stop, si era fatto mettere questo specchio sulla paletta che comanda la ripartenza dopo la sosta. Ha collaboratori in pista? Non potendo essere ovunque, come si decide dove piazzarsi e quando? Sulle piste ho un collaboratore, col quale suddivido i compiti per realizzare immagini secondo lo standard della mia Agenzia che è esigente. Naturalmente non possiamo coprire l’intero percorso ed allora dobbiamo operare delle scelte. Solitamente uno si mette alla partenza, che è una fase determinante della gara, mentre l’altro si apposta in una staccata dove potrebbero verificarsi i sorpassi; infine si torna in pit lane per fare l’arrivo e il podio. Dopo l’arrivo ci si mette uno di fronte e l’altro di lato rispetto alla macchina che entra nel parco chiuso, così se il pilota scendendo esulta rivolto alla gente o al team abbiamo maggiori possibilità di avere l’inquadratura giusta. Lo stesso succede col podio. Barrichello al GP d’Australia 2005. Da qualche anno, per entrare nei paddock si utilizzaunpasselettronicocheappoggiato al lettore evidenzia con un’immagine il personaggio che lo utilizza. Per comparire la foto impiega alcuni secondi e spesso un’altra persona è gia pronta a passare. Per Barrichello, Schumi era ormai un’ossessione: sempre davanti, sempre vittorioso in tutto. Da questa situazione l’idea di creare un’immagine buffa, quasi da persecuzione, che mi ha costretto ad una lunga attesa davanti ai tornelli e ad un prontissimo scatto appena Michael era passato e Rubens stava azionando il suo pass. PC PHOTO 27 Quante foto si fanno in un GP? Scattate in Jpeg o anche in Raw? Tra prove, gara e dopogara facciamo 7-8.000 scatti in due. Scattiamo sempre in Raw+Jpeg, per avere subito le foto pronte da spedire, più il file di massima qualità per l’archivio. Infatti va tenuto presente che, finita la corsa su pista, ne inizia un’altra per arrivare primi a selezionare le foto di valore ed inviarle ai giornali. Oggi ogni fotografo è come se fosse un’Agenzia: fa concorrenza all’Associated Press o alla Reuters ed è in grado di inviare subito le immagini nel mondo. In genere il fotografo ha i suoi clienti che aspettano le foto, ma deve essere in grado di mandarle rispettando i tempi delle redazioni per vederle inserite nel giornale. Il Raw invece va archiviato e all’evenienza potrà essere usato in seguito, ad esempio per fare un poster. In realtà gli attuali Jpeg hanno una tale qualità che non ci sarebbe nemmeno bisogno di ripartire dal Raw, ma da quando ho cominciato con le prime digitali ho sempre fatto anche i Raw e continuo a farli. Avete altri collaboratori per effettuare ottimizzazioni, archiviazione ecc? Anche questo è un grande lavoro e ho tre persone che restano in ufficio e mi aiutano a catalogare ed archiviare tutto. Anche loro devono conoscere bene la formula 1. Noi fotografi siamo in giro per il mondo e quindi le richieste di immagini da parte dei giornali e degli sponsor che arrivano all’Agenzia devono essere esaudite interpretando le esigenze del cliente. Occorre trovare le foto adatte e saperle proporre nel modo giusto. D’altra parte, è inutile produrre immagini, archiviarle su server, hard-disk, usare sistemi RAID, ecc. e non venderle. Una corretta gestione commerciale delle immagini è fondamentale per mantenere “sana” l’Agenzia. Quanti giorni passate in giro per il mondo tra prove e gare? Chi paga le spese? Tra presentazioni, prove e gare, si è impegnati per almeno duecento giorni all’anno. Per quanto riguarda le spese, in genere i giornali sono restii a pagare direttamente le trasferte e quindi di norma devi recuperare i costi con la vendita delle foto; poi dipende dagli accordi che ciascuno può avere coi propri clienti. Certo che alla fine i conti devono tornare e deve rimanere anche un po’di guadagno, perché que- 28 PC PHOTO Imola 1983: Nigel Mansell, con la Lotus, arriva ai box. Questa spirale di tubi mette in evidenza la novità del momento: i pit stop per il rifornimento. Questa immagine ha partecipato ad una mostra itinerante, esposta nei principali musei americani, per celebrare i cento anni delle corse automobilistiche. sto è il nostro mestiere. Una volta la macchina e gli obiettivi potevano durare anche dieci anni e quindi la spesa per le attrezzature si poteva recuperare su tempi abbastanza lunghi. La rapida evoluzione tecnica ci costringe a stare sempre aggiornati, sia con l’attrezzatura fotografica che con i computer (portatili e da ufficio) ed i relativi programmi di post-produzione. Oggi in media l’attrezzatura va rinnovata ogni tre anni, e i corpi macchina anche più spesso. Alla fine si spende più adesso nelle attrezzature di quanto costassero una volta pellicole e sviluppo. Come sono i rapporti con gli altri fotografi? C’è più competizione o collaborazione? Dipende dai rapporti personali che uno riesce ad instaurare coi colleghi, italiani e stranieri. I fotografi che frequentano le piste di F 1 sono quasi sempre gli stessi e ci si conosce tutti. In genere, per principio, se un collega è in difficoltà non lo lascio mai a piedi. Tanto per essere chiari, se uno è rimasto senza una foto per un problema tecnico, lo aiuto. Certo non può essere tutte le volte, ma quando mi rendo conto che c’è una vera emergenza cerco sempre di dare una mano. È capitato anche a me di avere bisogno e mi hanno aiutato. Che cosa rappresenta la Ferrari per Ercole Colombo? La Ferrari rappresenta la mia passione per l’automobilismo. Sono cresciuto vicino all’autodromo di Monza e mio padre mi portava fin da bambino a vedere le corse. Ricordo nomi altisonanti, come Ascari e Fangio, che sfrecciavano su macchine che mi parevano bellissime. Da ragazzino, appena sentivo il rombo dei motori andavo a vedere cosa girava in pista, saltando il muro di cinta o attraversando i buchi nelle reti. In questo entusiasmo per le corse, la Ferrari era la mia squadra favorita, quella da tifo. Mio padre era appassionato di fotografia e mi ha trasmesso questo hobby. Ad un certo momento, è stato naturale mettere insieme la passione per la fotografia con quella per le macchine da corsa. Anche da professionista, la Ferrari resta la squadra di riferimento, quella a cui dedico la maggior parte del tempo e che mi porta la maggior parte delle richieste. C’è stato un lungo periodo nero, senza titoli mondiali, ma in questi ultimi anni la Ferrari ha Monza 1999: Mika Hakkinen era in testa alla gara, ma un errore lo costrinse al ritiro. Dopo avergli scattato diverse foto mentre scendeva arrabbiato dalla McLaren e buttava via il volante, mi chiese come fare per ritornare ai box. Gli dissi di seguirmi e mi avviai in uno stretto sentiero che costeggia la pista. Hakkinen mi superò e cominciò a correre. Faticavo a seguirlo carico di macchine e obiettivi. Poi, improvvisamente, si accasciò ed io pensai ad un malore. Invece s’era messo a piangere, travolto dalla delusione per il forzato ritiro. Lo rincuorai, ma scattai anche una delle mie immagini più famose. vinto tanto. Sono italiano ed ho quindi una maggiore facilità nell’accedere alla Ferrari, dove mi conoscono da anni ed ho qualche credito in più per entrare nei loro box. Ho avuto la fortuna di conoscere Enzo Ferrari, un uomo di grande carisma, con la battuta prontissima che ha dedicato tutta la vita per creare una squadra vincente ed un marchio conosciuto in tutto il mondo. Sotto la sapiente guida del presidente Montezemolo la Ferrari continua ad essere la squadra da battere in F1. La sua forza è nella capacità dei suoi uomini, la maggior parte dei quali cresciuti e forgiati nell’azienda: Stefano Domenicali, che oggi guida la Gestione Sportiva, ne è l’esempio. PC PHOTO 29 Monaco 2003: questa sfida, tra due grandissimi dell’automobilismo sportivo, non ha potuto verificarsi direttamente in pista. L’immagine simboleggia il confronto fra il cinque volte campione del mondo Juan Manuel Fangio, ricordato a bordo pista con una statua, e Michael Schumacher, che sfreccia con la Ferrari e si avvia a conquistare il sesto titolo mondiale Parliamo dei libri e in particolare di “I Love Ferrari”? Libri ne ho fatti tanti, circa una trentina, ma era dal novantuno che non ne facevo più sulla formula 1, anche perché nel frattempo ho fatto altre cose, compresa una rivista satirica sul mondo della formula 1. Quando Zoom mi ha proposto di fare un libro sulla Ferrari ho accettato volentieri, ma a Il libro “I Love Ferrari”, Foto di Ercole Colombo. Testi di Pino Allievi 192 pagine a colori, formato: 290x295mm, 50 euro. Edito da Zoom www.fotolibreria.it condizione di metterci quello che volevo io, quello che mi è piaciuto della Ferrari in questi anni. Naturalmente non ho potuto farci stare tutto, perchè un libro ha pur sempre uno spazio limitato, ma sono riuscito a metterci le foto che avevo nel cuore, alcuni episodi un po’ datati e i momenti più significativi. Così troviamo la vittoria o la sconfitta in un mondiale, un incidente... o la semplice saldatura che sembra un quadro astratto. Un libro che rappresenta un mio ricordo sugli anni passati a seguire la Ferrari. Dopo tanti anni, fotografare la Formula 1 è ancora appassionante o è diventata routine? La routine è andare in giro per il mondo; non nel senso che sia un peso, ma come aspetto normale della tua esistenza. Dopo un po’ che sei fermo ti vien da dire “Ma come, non mi muovo? Sono sempre qui a casa?” perchè viaggiare fa parte della tua vita. Invece fare foto è sempre un’esperienza nuova. Quando si trova a bordo pista il fotografo è sempre libero di scegliere cosa e come fotografare, con quale obiettivo, che tipo di inquadratura scegliere, con quale angolo... La vena creativa viene soddisfatta ogni volta dal fatto di poter scegliere quello che si vuol fare. Dario Bonazza 30 PC PHOTO