IL PAESE DELLE COCCOLE

Transcript

IL PAESE DELLE COCCOLE
IL PAESE DELLE COCCOLE
Esiste a questo mondo uno stranissimo paese, chiamato "il paese delle coccole".
Poiché è un paese serio, come tutti i paesi seri,è gemellato con qualche altro paese.
Ma poiché, oltre che serio è un paese strano (come detto sopra) si è gemellato niente
meno che con un quartierino nord-orientale del Paradiso. Forse voi non sapete che il
Paradiso è suddiviso in quartieri.(Qui ve lo spiego in fretta. Troverò tempo per
spiegarlo meglio.)
Nella zona centrale del Paradiso ci sono i Grandi Santi. Nei quartieri ci sono le varie
categorie: c’è il quartiere dei falegnami, delle suore (popolarissimo), dei ferrovieri, dei
poeti.
Il “paese delle coccole” era proprio gemellato con il quartiere dei poeti.
In questo incantevole paese, non esistono bar (micidiale!), non esistono supermercati
(bestiale!), non esistono discoteche, non esistono pasticcerie, non esistono boutiques,
non esistono parrucchieri, non esistono farmacie (incantevolissimo!), non esiste
ospedale (la fine del mondo!), non esiste il cimitero (paradossale!).
Cosa esiste allora? Esistono le case. Il paese non sono i mercati, gli autobus e i
negozi. Il paese lo fanno le case.
E dentro alle case del paese delle coccole, esistono le cose più belle dell'universo:
esistono le coccole.
Sapete cosa sono le coccole? Si!
Ebbene, in quel paese meraviglioso, sono sufficienti una o più coccole per fare felici i
suoi abitanti. Così felici che, come raccontavo sopra, è stato abolito perfino il cimitero.
La gente è così felice, così felice, che quando muore vola dritta dritta in Paradiso, nel
famoso quartiere dei poeti, anima e corpo.
Dentro alle case, poi, non ci sono i frigoriferi, i televisori, le lavatrici, i giradischi, le
radio, i video-registratori, i rasoi elettrici, i phon.
C'è solo un gran focolare, tantissimi vasi di fiori, delle stuoie fatte a mano, un enorme
tavolo
in
legno
massiccio...
Poveretti! Come poveretti?!Ho detto che ci sono le coccole. Al compleanno il marito fa
coccole delicatissime alla moglie; il prete, durante il catechismo in preparazione alla
comunione fa le coccole ai ragazzi, al venticinquesimo di matrimonio, gli sposi si
regalano venticinque coccole; i vecchietti, per la strada, di tanto in tanto, si fermano,
per scambiarsi, incantati, le coccole. Perfino a scuola, la pagella risente delle coccole
della maestra.
"Beato il paese cui basta una coccola per essere felice".È la scritta che capeggia alle
porte del paese.
Troppo bello, e come sempre, le cose troppo belle non possono durare.In una casa del
paese, separata, nascosta tra il verde, viveva una maga (in ogni paese ci sono le
maghe, le fattucchiere, le chiromanti, le streghe). Era sola, vecchia, senza denti, con
le unghie più lunghe delle dita, con la barba, come le capre. Questa maga aveva
consumato le mattonelle di casa, camminando nervosamente avanti e indietro, giorno
e notte. Era furibonda. Come poteva esistere un paese nel quale le maghe non
valevano niente? Inviperita, continuava a pensare come capovolgere la situazione.
Una notte, tra l'incedere nervoso, un lampo illuminò la sua ispida barba: "Devo
convincere la gente, a risparmiare le coccole ... perché! (ecco il lampo) anche le
coccole possono terminare, si possono consumare". Aspettò l'alba, si travestì da
nobile signora, andò nel paese vicino, alla redazione del giornale (dimenticavo: nel
paese delle coccole non esistevano i giornali, la gente era analfabeta, o come si dice
nei paesi civili ignorante, quasi tutta; fatto salvo: il prete, la suora, l’ostetrica,
l’erborista, alcuni bambini). Convinse una giornalista della sua risma, a scrivere un
grande articolo con il titolo: «Anche le coccole finiscono. Tenetevele per un domani».
In un battibaleno, si diffuse la notizia, allarmante, apocalittica. Nel paese delle
coccole, si infiltrò il dubbio, la paura."E se fosse vero?!". Il risparmio delle coccole
provocò un disastro. Iniziarono le malattie, iniziarono a morire a frotte i vecchietti e
poi i bambini
Fu allora che subentrò solennemente la strega. Uscì dalla sua casa nascosta, apri un
piccolo negozietto di ambulante e, mise in bella vista, vasi, vasetti e unguenti vari,
con tanto di biglietti-no: "Gocce miracolose, molto più efficaci delle coccole". Tutta la
gente accorse e una lunga coda si fece in breve tempo, davanti al banchetto della
maga.
Lei, pimpante più che mai, chiedeva e spiegava. "Tesoro tu cosa vuoi?" Era un
bambino.
"Sono molto triste, maga, la mia mammina ogni mattina mi faceva tante coccole, sul
nasino, sul sederino, sulla pancina. Ora non me le fa più. Dice che deve risparmiare.
Me
le
farà
solo
quattro
giorni
all'anno."
"Non ti preoccupare tesoro, ecco qui. Vedi queste boccettine. Vi sono dentro
millecinquecento gocce, sostitutive delle coccole. Dalle alla mamma... e lei, ogni
mattina, ogni sera ti darà: due gocce sul nasino, due sul sederino, e due sulla
pancina... Sei contento?""Sì, grazie. Mi sento meno triste."
La maga aveva una boccetta per ogni cosa. E tutti venivano, prendevano,
ascoltavano,
applicavano,
tornavano.
Per un po', le cose tornarono quasi come prima. Ogni mattina e ogni sera c'era un
gran traffico di bottigliette in ogni casa. Le morti si fermarono e le malattie cessarono.
Per poco però, la cura si rivelò presto fasulla. Come al solito, le maghe
distribuiscono... illusioni.
Appena fuori dal paese delle coccole, a ridosso del resto del mondo, c'era una
bellissima
via,
larga,
solenne,
alberata.
Si chiamava via Mazzini. A metà della via, sorgeva un palazzo, maestoso e ricco di
finestre di vetro, tutte uguali.
Davanti a questo palazzo, sul prato verde, c'era un cavallo mezzo seduto e con la
testa che guardava al cielo nel tentativo di fare un grande nitrito di sfida.
Proprio in quel palazzo alcuni professori escogitarono un marchingegno che
tamponasse la grande disgrazia abbattutasi sul paese delle coccole.
Dopo lunghe tavole rotonde misero a punto lo strumento sostitutivo delle gocce,
sostitutive delle coccole. Era un bussolotto rettangolare, molto curato, con alcuni tasti
che se pigiati avrebbero espresso coccole stupende.
In quel palazzo si misero in vendita degli abbonamenti, pagabili in trenta, sessanta,
novanta
giorni.
La gente dalla casa della strega si spostò veloce-mente davanti al palazzo per
acquistare quel mobiletto strano. Tutta la gente imparò in frettissima a leggere e
scrivere.
Portarono in ogni casa il mobiletto, lo misero in un angolo e poi ognuno pigiava il
bottone che distribuiva la felicità: il bottone delle favole, il bottone dello sport, il
bottone dei romanzi, il bottone delle informazioni, il bottone dell'horror..
Successero litigate tremende, in quelle case, perché nello stesso momento il bambino
voleva le sue coccole, il papà le sue, il nonno le sue, la mamma le sue,.
Per evitare bisticci si comprarono più mobiletti ogni casa. In seguito i mobiletti
diventarono a colori e le coccole che prima erano in bianco e nero, assunsero
colorazioni... stupende. Le case erano diventate negozi di mobiletti. Perché con lo
strano mobiletto delle coccole, entrò anche il mobiletto che stirava camicie, il
mobiletto che teneva fresca la carne e la verdura, il mobiletto che lavava i piatti… Però
il mobiletto che contava di più era quello della TV.
Da una parte c'era la TV in bianco e nero, da un'altra quella a colori.
I vecchietti dovevano accontentarsi delle coccole in bianco e nero; i ragazzi si presero
la TV ultimo grido, che sostituiva le coccole con sequenze bellissime a colori: sequenze
sportive, romantiche, drammatiche, storiche.
Durò poco anche questo marchingegno.
Un giorno uno dei tanti bambini, un po' scocciato e stufo di coccole artificiali, mentre
era seduto per terra nel tentativo estremo di farsi affascinare dalle coccole di
Biancaneve odi Pinocchio, buttò l'occhio sulla piazza, e vide arrivare da lontano un
barbone, scalzo, sporco, con un sacco sulle spalle, la maglia rotta.
Per cui invece di fermarsi a guardare il mobiletto con le coccole colorate, schizzò dalla
porta di casa e correndo affannosamente gli si precipitò addosso.
E, come fanno tutti i bambini, iniziò un interminabile girotondo, dapprima silenzioso e
poi,
pian
piano,
sempre
più
impertinente.
"Scusa, barbone, ho frenato tardi. Ciao! Come ti chiami? Perché sei cosi sporco; hai le
unghie nere, lunghe? Tua mamma non te le taglia? Hai la mamma, tu, barbone? Da
dove
vieni?
Da
un'isola,
dall'America,
dalle
miniere?"
Il girotondo continuava e le domande ancora di più.
Gli occhioni del bambino osservavano incuriositi ogni particolare del barbone, e il
barbone, stanco ma felice, con lo sguardo profondo, dondolava la sua testa, per
seguire i ritmi e i tempi della improvvisata danza infantile.
La voce fresca del bambino riempiva la piazza, tanto che, dopo poco tempo, quasi
tutti gli altri bambini uscirono dalle case e si aggiunsero al girotondo. "Sei scalzo,..
.hai freddo,.. .hai i piedi rotti,. ..hai i pantaloni bagnati,.. .ti sei fatto la pipì
addosso?...Vuoi un maglione?...Hai fame?...Ti portiamo un panino? Barbone, perché
non rispondi? Sei muto? Sei sordo?"
Le domande erano infinite, il girotondo pittoresco per i colori, le voci, gli scalpitii, i
sorrisi.
Ma
lui,
il
barbone,
taceva.
Guardava e taceva, seduto a terra, al centro della piazza. Finalmente, una domanda lo
sbloccò.
Il primo bambino, entrato in massima confidenza, gli si avvicinò, si sedette sulle sue
ginocchia, dopo aver alla buona spazzolato con la mano l'angolo dei pantaloni in
questione, accarezzò la sua barba e disse: "I tuoi occhi barbone, sembrano azzurri
come il cielo. Le tue mani, sporche, sono affusolate come quelle del mio insegnante di
musica. I tuoi capelli sono biondi, come i riccioli di mio fratello... Ma tu barbone sei
senza età?! Barbone, dimmi una cosa".
Il ballo si fermò. Il bambino guardò bene nello sguardo del barbone e, sottovoce,
nell'orecchio,
fece
la
domanda:
"Che cosa sai fare, barbone?".
Il barbone sorrise, allungò il suo braccio e, con una tenerezza indescrivibile,
lentissimamente, accarezzò la guancia paffuta del bambino."Tesoro, so fare una cosa
sola: le coccole!" E pianse ... lacrimoni grossissimi che si confusero con le carezze. Il
bambino trasalì. Sussultò di gioia. Gridò come un'intera schiera di angeli. Si mise a
correre freneticamente attorno al barbone, impazzito di felicità. Tutti i bambini prima
ammutoliti, trascinati dalla scena, senza quasi accorgersene, si misero in fila per
ricevere le coccole dal barbone... Il barbone sembrò, per un attimo, un santo sceso
dal cielo. Infatti era stato mandato dal quartiere dei poeti, gemellato. Gli amici del
Paradiso avevano escogitato il tutto per salvare il paese delle coccole.
Ancora oggi c'è la fila, e non solo dei bambini, ma delle mamme, dei papà.
Da quel giorno sono tornate le coccole nel paese.
Il barbone è diventato sindaco; il sindaco-barbone, venuto dal quartiere dei poeti, in
Paradiso.
Furono ributtati nel fiume, registratori, televisori, frigoriferi, tutto.
E il paese è.. il più felice paese del mondo. Questa è la storia. Ma nessuno ci crede.
Spero che iniziate a crederci voi.
La risposta alle mie molte fatiche, come il Teatro, il Musical, la Tremenda, i miei libri,
sta tutta qui. Ritrovare la voglia di vivere nella semplicità, nella tenerezza, nella
autenticità. E io ci credo!
D on A ntonio M azzi