leggi il libro - Gruppo Famiglie

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leggi il libro - Gruppo Famiglie
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Camilletti Morris, Come l’alba dopo la notte
Copyright© 2011 UNI Service
Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.uni-service.it – [email protected]
Prima edizione: maggio 2011 – Printed in Italy
ISBN 978-88-6178-703-2
Sito dello scrittore: morriscamilletti.altervista.org
I fatti e i personaggi narrati in questo libro sono
puro frutto della fantasia dell’autore, pertanto
ogni eventuale riferimento alla realtà è
puramente casuale.
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Sommario
6 Vita di paese
10 La serata al Deep Night
19 La tragica notte
30 La festa
39 L’incontro con Kate
45 La svolta di vita
51 L’abbandono
57 Nel baratro
64 A un passo dalla follia
74 La gara
82 Il risveglio
89 Come l’alba dopo la notte
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COME L’ALBA DOPO
LA NOTTE
Dietro la notte più buia
si può nascondere l’alba di una
nuova vita
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Vita di paese
Era una splendida giornata di metà giugno.
Dal balcone della sua villetta Julien stava osservando il
panorama. I colori del paesaggio erano intensi, ravvivati dai
raggi del sole che spiccava in mezzo a un cielo limpido.
Una lieve brezza rendeva il clima piacevole e scuoteva
dolcemente i riccioli castani di Julien. Ma chi era Julien? Era
un ragazzo venticinquenne, figlio unico, nato da una famiglia
benestante, da padre medico e madre professoressa di liceo.
Le sue passioni erano la moto e dipingere quadri con colori a
olio. I soggetti preferiti dei suoi quadri erano i panorami, di
cui cercava di cogliere ogni minimo particolare.
Frequentava l’università, era iscritto alla facoltà di medicina,
che distava da casa sua circa dieci chilometri. Terminate
le scuole superiori avrebbe voluto andare a lavorare, così da
cominciare a guadagnarsi i primi soldi. Non ne voleva sapere
di continuare gli studi, lui che sognava di diventare artista,
vendere quadri e girare tutto il mondo. Si era iscritto a
medicina per non deludere i propri genitori, che desideravano
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che il figlio si laureasse e diventasse un bravo dottore; non
amava però questo studio e trovava molte difficoltà nel
superare gli esami.
Non molto distante da casa sua abitava il suo migliore
amico, Nicolas. Si può dire che fossero cresciuti insieme, in
quanto da sempre vicini di casa, coetanei ma di carattere differente. Julien era ribelle, istintivo; Nicolas invece, più
razionale e pacato, si dimostrava più maturo della sua età.
Julien passava spesso a prendere l’amico con la sua moto, e
insieme si divertivano a sfrecciare per le strade semideserte
che attraversavano le colline del piccolo paese dove
abitavano.
Spesso andavano in un locale chiamato Deep Night, dove si
ritrovava la maggior parte dei ragazzi del paese per
chiacchierare, ballare o bere qualcosa.
Negli ultimi tempi i due amici vi si recavano insieme a Thomas,
un ragazzo che Julien aveva conosciuto all’università
da qualche mese. Il ragazzo, con il suo modo di fare un po’
sbruffone e spesso contro le regole, non era mai andato a
genio a Nicolas, di carattere completamente opposto.
«Non mi convince proprio quello!» ripeteva spesso a Julien,
che però prendeva sempre le difese di Thomas sostenendo
fosse in fondo un ragazzo di cui potersi fidare. Nicolas
era molto legato a Julien, era il suo migliore amico, e sapeva
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che un’amicizia come quella di Thomas avrebbe potuto essere
particolarmente pericolosa nella delicata fase di vita che
l’amico stava attraversando.
Oltre a essere sempre più insofferente verso lo studio Julien
si era da poco lasciato con Sara, una ragazza con la quale era
stato fidanzato per tre anni. Aveva preso una bella cotta per
lei, e lei l’aveva piantato in asso innamorandosi di un altro.
Questo fatto aveva lacerato profondamente il suo cuore, al
punto che promise a se stesso di non innamorarsi mai più.
Anche Thomas, come Julien, si era iscritto a medicina più
per accontentare suo padre medico che per scelta propria.
Portava i capelli molto corti, scuri, amava bere e fare baldoria
quando si trovava in compagnia, oltrepassando spesso i limiti
del buon senso.
La vita di questi tre ragazzi si stava svolgendo in un piccolo
paesino dominato dalla natura con le sue verdi colline e i
suoi bei alberi frondosi. Qua e là, in mezzo alla natura, faceva
capolino qualche casetta dai mattoncini color bianco sporco.
Scendendo dalle colline si poteva raggiungere il mare con la
sua lunga spiaggia, molto frequentata d’estate da gente
proveniente dai paesini vicini. Julien e Nicolas avevano
passato estati intere a divertircisi, era la loro meta preferita.
Partivano presto la mattina e ritornavano alla sera quando il
sole volgeva al tramonto.
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La serata al Deep Night
Era sabato sera e Julien aveva in programma di andare al
Deep Night con Nicolas. Erano circa le dieci quando
uscì in giardino e salì a bordo della sua moto.
La notte era ormai calata da un po’, non soffiava un filo
d’aria e si sentiva solamente cantare qualche grillo. Il rombo
della moto squarciò il silenzio della notte. Julien andò a
prendere Nicolas che salì in sella dietro di lui e nel giro di
pochi minuti arrivarono al locale.
Al Deep Night c’erano poche persone, ma di solito molti
arrivavano nelle ore più tarde. I due amici presero posto e
ordinarono un paio di birre. Una musica in sottofondo
accompagnava
la serata che procedeva spensieratamente tra
una chiacchiera e l’altra.
«Allora, come procede l’università?» domandò Nicolas a
Julien.
«Procede» rispose con tono svogliato Julien, che non si
mostrava affatto entusiasta dell’argomento.
«Thomas questa sera non te lo sei portato?» continuò Nicolas.
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«L’ho sentito questo pomeriggio e ha detto che forse sarebbe
venuto al Deep Night con dei suoi amici sul tardi»
rispose Julien mentre sorseggiava dalla bottiglia una birra
appena ordinata.
«Lo sai che in giro non si dice un gran bene di Thomas?»
disse Nicolas.
«Beh, mi hai sempre detto che Thomas ti risulta antipatico!
» rispose Julien con aria un po’ scocciata.
«Un conto è che mi risulta antipatico, altro discorso è ciò
che sono venuto a sapere!» rispose Nicolas.
«E cioè?» continuò Julien.
«Si dice che Thomas faccia uso di droga e che abbia avuto
problemi con la giustizia!» rispose preoccupato Nicolas.
«Mah… saranno solo voci… chi ti ha raccontato queste
fandonie?» domandò stizzito Julien.
«Ho degli amici che frequentano medicina come te e sembra
che Thomas non goda di buona fama!» rispose Nicolas.
«Con me si è sempre comportato bene, per cui non vedo
per quale ragione non debba frequentarlo!» insistette Julien.
«Fai come vuoi, ma non dire poi che non ti avevo avvertito.
» Con questa frase Nicolas concluse il discorso, vedendo
che Julien cominciava a infastidirsi. Intanto, poco alla volta,
il locale si stava riempiendo di ragazzi che ordinavano da bere
e si sedevano ai tavolini. C’era anche una sala dove si poteva
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ballare.
Mentre Julien e Nicolas continuavano a chiacchierare, ecco
entrare nel locale Thomas insieme a un paio di suoi amici.
Appena entrati i tre ragazzi cominciarono a guardarsi intorno
alla ricerca di un tavolino libero, e quando Thomas si accorse
della presenza di Julien e Nicolas vi si avvicinò.
«Ehi ragazzi, che fate di bello?» chiese Thomas mentre
appoggiava
la sua mano destra sulla spalla di Julien.
«Niente di particolare, solo due chiacchiere. Volete unirvi
a noi?» chiese Julien.
«Volentieri!» rispose Thomas. I due amici di Thomas avevano
un aspetto un po’ cupo e non sembravano essere molto
socievoli. Si limitavano ad ascoltare le parole che Thomas e
Julien si scambiavano. Nicolas intanto si era mostrato
infastidito
della presenza dei nuovi arrivati e si era voltato verso il
bancone del locale facendo una smorfia.
«Ma cosa state bevendo? Birra?» chiese con aria sarcastica
Thomas, che poi aggiunse: «Perché non prendete qualcosa
di più forte?»
«A noi bastano le birre!» rispose abbastanza seccato Nicolas.
«Ma dai, perché non prendete del whisky e mi fate
compagnia?» insistette Thomas.
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Julien rimase un attimo in silenzio, come perplesso, poi
rispose:
«No Thomas, preferiamo non andarci pesante stasera
col bere!»
«Ok come volete, ma non sapete cosa vi perdete! Qua dentro
si può bere molto di meglio!» continuò Thomas voltatosi
verso il barman con l’intenzione di ordinare qualcosa. La
serata procedeva e si avviava verso la mezzanotte. La
presenza di Thomas aveva infastidito Nicolas al punto che
praticamente parlavano solo Julien e Thomas tra loro.
«Perché non andiamo a ballare? Ho visto delle ragazze da
urlo avviarsi in sala da ballo!» chiese Thomas cercando di
spronare gli altri.
«Vai pure» rispose Nicolas, che poi aggiunse: «Io e Julien
preferiamo restare qui.»
«Ma dai, cosa fate qui, alzatevi un po’ e divertiamoci!»
insistette
Thomas.
«Fra un po’ ti raggiungiamo, tu intanto vai pure» disse
Julien rivolto a Thomas, che a quel punto con aria un po’
seccata si alzò e invitò i due amici, con i quale era venuto, a
seguirlo. I tre si alzarono e si allontanarono dal tavolo, diretti
verso la sala da ballo.
«Forse c’è rimasto male» bisbigliò Julien a Nicolas.
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«Detto tra noi, non mi importa niente!» rispose prontamente
Nicolas, che intanto con la coda dell’occhio scrutava
Thomas e i suoi amici, che stavano parlando tra di loro
appoggiati al bancone del bar. Si erano fatti servire del whisky
ma avevano anche ordinato una bottiglia di birra. I tre
confabulavano tra loro e ogni tanto si voltavano con aria
un po’ losca verso il tavolino da cui si erano appena alzati.
Dopo un po’ Thomas si avvicinò di nuovo al tavolo dei due
amici e offrì loro la bottiglia di birra che aveva ordinato al
bar.
Disse: «Dato che non desiderate farci compagnia col whisky,
accettate almeno questa birra!»
«Io non ho più voglia, ho già bevuto abbastanza stasera!»
rispose Nicolas, che aveva trovato alquanto strano il gesto di
Thomas.
«Grazie Thomas, la berrò io tutta d’un fiato!» rispose invece
Julien. Il Deep Night si era riempito e le voci dei ragazzi
che chiacchieravano ai tavolini si confondevano con la musica
che in sottofondo proveniva dalla sala da ballo. Julien
dopo aver bevuto la sua birra cominciò ad avvertire strane
sensazioni, sentiva crescere dentro di sé una carica
particolare e sentiva di non poterla controllare. Nicolas si era
reso conto dello stato alterato del suo amico e faceva
pressione per andarsene
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dal locale, ma Julien non ne voleva sapere.
«Dai Nicolas, alzati e andiamo a ballare!» disse.
«Julien andiamocene che è meglio, sei mezzo ubriaco!»
rispose Nicolas.
«Fai come vuoi, andrò a ballare da solo!» concluse scocciato
Julien, che si alzò per recarsi in sala da ballo. Era circa
l’una di notte e la sala era piena. I corpi di chi ballava si
muovevano freneticamente mentre le luci stroboscopiche e
la musica frastornante animavano la sala.
Thomas stava ballando e non appena vide Julien gridò ad
alta voce in mezzo al frastuono della musica: «Vedo che sei
riuscito a scollarti da quella sedia!»
«Sì, sì, ci sono riuscito!» rispose sorridendo Julien.
Thomas poi continuò: «Non dovresti portartelo dietro
quel tipo, Nicolas. Non ama divertirsi!»
«È fatto così!» rispose Julien mentre ballava a ritmo della
musica dance, in mezzo alla folla di gente che si agitava
freneticamente.
A un certo punto, tra la folla danzante, Julien
vide Sara, la sua ex, in compagnia di un ragazzo che aveva
già notato in giro insieme a lei. Quella sera però,
contrariamente alle altre volte, la vista di Sara scatenò in lui un
impulso di
rabbia incontrollabile. Thomas si rese conto che l’espressione
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di Julien era cambiata e chiese se fosse successo qualcosa.
«Vedi quella? è la mia ex!» disse gridando Julien.
«Ti fa soffrire vederla?» chiese Thomas, mezzo ubriaco e
con aria sballata.
«Non me ne importa niente!» rispose seccamente Julien.
«Io invece fossi in te gliene direi quattro!» disse Thomas
sorridendo ironicamente.
«Mi sa che hai ragione!» rispose Julien, che cominciò a
farsi largo tra la folla per raggiungere Sara.
«Brava! Complimenti! Ti sei scelta proprio un bel tipo!»
le urlò in mezzo alla sala da ballo, tra la confusione.
«Julien sei ubriaco! Non ti ho mai visto così, mi fai paura!
» rispose Sara con aria impaurita. Il ragazzo che stava con
lei aveva notato tutta la scena e intimò a Julien di allontanarsi
e non importunarla.
«Cosa vuoi tu? Allontanati, non sono fatti che ti riguardano!
» disse minaccioso Julien, fuori di sé. A quelle parole
il ragazzo gli diede una spinta e quasi lo fece cadere. Ne
nacque
una rissa che riuscì a placarsi solo grazie all’intervento di
Nicolas che aveva avvertito che in sala da ballo stava
succedendo qualcosa di strano. Nicolas bloccò l’amico, che
voleva
continuare a picchiare il ragazzo di Sara, e lo trascinò con
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forza fuori dalla sala da ballo.
«Dobbiamo andarcene immediatamente di qui, sei
completamente
fuori di testa Julien!» gridò Nicolas, mentre
spingeva l’amico verso l’uscita del locale. Julien fece
resistenza,
ma alla fine Nicolas riuscì a trascinarlo fuori.
«Ma sei pazzo, cosa ti è successo stasera? Non ti ho mai
visto così!» gridò fuori dal locale Nicolas a Julien, che aveva
un’aria completamente stravolta.
«Non so, non mi sento bene, andiamocene immediatamente
di qui!»
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La tragica notte
Senza dire una parola Julien indossò il casco e salì in moto,
Nicolas gli salì dietro. Il silenzio della buia notte venne
squarciato dal rombo della moto che partì sfrecciando.
Attraverso
le colline percorsero delle strade che Julien conosceva
come le sue tasche. Non passava nessuno a quell’ora e
qualche lampione illuminava il tratto stradale.
La moto stava percorrendo un tratto in salita che proseguiva
con una curva, dalla quale stava giungendo in senso opposto
una macchina con fari alti. Julien, poco lucido, rimase
come accecato da quella luce, non riusciva più a scorgere i
bordi della strada, così sbandò e schizzarono giù per un
dirupo.
Si ritrovò disteso a terra, ma non aveva perso i sensi, sentiva
il corpo dolorante e un forte dolore alla gamba destra.
Conservava
ancora in capo il casco, che gli aveva salvato la vita,
ma non riusciva ad alzarsi, tanto forte era il dolore che
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alla gamba. La silenziosa notte con il suo buio intenso
avvolgeva tutto intorno.
Cercò di rialzarsi. Il primo pensiero andò al suo amico Nicolas
che non riusciva a vedere. Il dirupo fitto di alberi e di
erba alta non rendeva facile il ritrovamento. Cominciò a
chiamare
il suo amico con tutto il fiato che aveva, ripetutamente.
Non sentendolo rispondere, ebbe paura che gli fosse capitato
qualcosa di grave. Provò allora a risalire il dirupo trascinando
la gamba destra, che gli procurava un dolore lancinante.
Continuava a gridare il nome del suo amico, ma il silenzio era
l’unica risposta. Improvvisamente urtò contro qualcosa ma
non riuscì subito a capire cos’era, l’erba era davvero alta.
Abbassò
lo sguardo e notò la presenza di un oggetto. Lo raccolse.
Guardandolo bene si rese conto che era il casco di Nicolas.
Quel ritrovamento aumentò la sua inquietudine. Mille
pensieri negativi affollarono la sua mente; pensò di vivere un
incubo dal quale non riusciva a svegliarsi. Disperato
continuava
a gridare il nome del suo amico, mentre trascinando
la gamba destra guadagnava terreno. Poco distante dal punto
in cui aveva trovato il casco riuscì finalmente a scorgere la
sagoma di Nicolas, riverso a terra sotto un albero, supino con
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il capo rivolto verso un lato. Camminando faticosamente vi
si avvicinò, si chinò e girò il suo corpo per capire in che
condizioni
versasse. Scoprì tristemente che aveva battuto la testa
contro un albero lì vicino e aveva perso un bel po’ di sangue.
Subito gli tastò il polso e scoprì che era ancora vivo.
Occorreva
immediatamente un’ambulanza, cominciò quindi a cercare
freneticamente il cellulare nelle tasche, che però erano
vuote; probabilmente era schizzato via nella caduta.
In preda al panico, Julien cercò disperatamente una soluzione
per salvare la vita del suo amico. Si ricordò improvvisamente
che Nicolas portava il suo cellulare sempre in tasca
così lo cercò lì, ma niente, non c’era. Con le poche forze a
disposizione raggiunse la cima del dirupo e sperò con tutto
se stesso che passasse qualcuno a cui chiedere aiuto. La
strada
però era deserta, non passava nessuno. Guardò allora verso
il cielo fitto di stelle, come per invocare un aiuto insperato.
Una stella tra le altre lo colpì emanando un luccichio tanto
breve quanto intenso. In strada non passava ancora nessuno,
allora si incamminò alla ricerca di qualche casa dove poter
chiedere aiuto. Dopo circa un chilometro, notò una casetta
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nascosta dietro ad alcuni alberi. La raggiunse e bussò
freneticamente.
Una voce dall’interno della casa gridò: «Chi è a quest’ora?
»
«Aiuto! Aiuto!» furono le uniche parole che Julien riuscì
a gridare. La porta della casa si aprì e un signore sulla
cinquantina si affacciò sull’uscio.
Julien raccontò in fretta quanto era accaduto e il signore
chiamò subito un’ambulanza.
I soccorsi giunsero prontamente. Nicolas venne posto su
una barella e caricato immediatamente nell’ambulanza, nel
quale salì anche Julien. L’ospedale distava da lì circa dieci
chilometri, ma arrivarono dopo poco tempo. Nicolas venne
portato urgentemente in sala operatoria per essere operato
dal dottor Biancucci. Nel frattempo Julien venne portato in
un ambulatorio dell’ospedale perché gli medicassero le ferite
riportate nella caduta.
«Hai riportato solo una forte contusione alla gamba destra
e delle piccole ferite sparse per il corpo, non c’è bisogno di
nessun intervento chirurgico. Dobbiamo però farti un piccolo
prelievo di sangue» disse il dottore a Julien. La notizia
non riuscì a sollevare più di tanto il morale del ragazzo che
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pensava continuamente a Nicolas, il quale a sua insaputa
stava lottando in sala operatoria tra la vita e la morte.
Arrivarono
nel frattempo in ospedale anche i genitori dei due amici,
avvisati dell’accaduto. Dopo la medicazione e il prelievo Julien
e i suoi genitori raggiunsero i familiari di Nicolas nel corridoio
che conduceva alla sala operatoria. Il padre di Nicolas
stava stringendo in un abbraccio consolatorio la moglie, che
non riusciva ancora a darsi pace dell’accaduto. Ormai Nicolas
era in sala operatoria da quasi due ore, e l’ansia per l’esito
dell’intervento cresceva di secondo in secondo. Anche i genitori di Julien mostravano di essere provati dall’accaduto, ma
riuscivano più dei genitori di Nicolas a trattenere l’emotività.
Erano circa le quattro e mezza del mattino e i corridoi
dell’ospedale erano ancora deserti, si vedevano solo delle
infermiere che ogni tanto entravano e uscivano dalle stanze.
A un certo punto venne spalancata la porta che conduceva
alla sala operatoria e uscì il dottore che aveva operato
Nicolas.
Tutti si avventarono in fretta su di lui per avere notizie
dell’intervento.
L’aria del dottore sembrava cupa e provata allo stesso tempo,
quindi disse: «Il ragazzo ha subito un fortissimo trauma
cranico che lo ha fatto entrare in coma. Abbiamo fatto tutto
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il possibile per ridurre il danno, ma non riesco a dirvi se e
quando il ragazzo uscirà dal coma.» La notizia piombò su
tutti come un macigno. Julien si sedette e scoppiò a piangere
come un bambino.
«È solo colpa mia se Nicolas è ridotto così!» I suoi genitori
lo avrebbero voluto consolare, ma di fronte a quella
notizia rimasero impietriti e non riuscirono a pronunciare
alcuna parola. La madre di Nicolas svenne e venne
accompagnata in una saletta da un’infermiera che cercò di
farla riprendere.
Una serata di divertimento si era trasformata in una tragedia.
Quella maledetta notte di metà giugno segnò profondamente
Julien, che per un istante ripercorse nella sua mente
tutti i momenti più significativi trascorsi insieme al suo più
caro amico. Ripeteva a se stesso che avrebbe dovuto trovarsi
lui al posto di Nicolas e il senso di colpa lo stava lacerando.
Le brutte notizie, quella maledetta notte, piovevano
continuamente;
arrivò infatti un’infermiera che lo invitò ad andare
nello studio del dottore che l’aveva medicato.
Entrato nella stanza fu invitato a sedersi dal medico, che
poi con espressione seria disse: «Julien, non ti ho chiamato
per parlare di Nicolas, bensì di te.» Il ragazzo rimase per un
attimo in silenzio con aria perplessa. Si stava chiedendo cosa
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mai il dottore avrebbe potuto domandargli. Questi abbassò
per un attimo lo sguardo verso dei fogli che aveva sulla
scrivania.
«Mi dica pure dottore» disse Julien.
«Fai mica utilizzo di droghe?» chiese il medico con aria
un po’ imbarazzata.
Julien rimase attonito, non capiva il senso di quelle parole,
poi disse: «Perché mi chiede questo dottore? Io non ho mai
fumato neanche una sigaretta!»
Il medico abbassò ancora lo sguardo sui fogli e disse: «Qui,
dalle analisi che ti sono state fatte stanotte, emerge la traccia
di sostanze stupefacenti nel tuo sangue.»
«Impossibile dottore!» obiettò prontamente Julien con
aria aggressiva: «Ci deve essere stato un errore. Voglio rifare
le analisi!»
Il medico sempre con aria un po’ imbarazzata proseguì:
«Julien, le analisi non possono sbagliare. Non serve a nulla
negare, ammetti di aver fatto uso di stupefacenti ieri sera!»
Julien sentiva di essere sprofondato in un incubo; non bastava
aver ridotto in fin di vita il suo amico, ora veniva pure
accusato di drogarsi.
A quel punto dentro di lui si creò un’esplosione emotiva
tale da farlo scoppiare a piangere nuovamente, e mentre
piangeva ripeteva: «Dottore glielo giuro, non ho mai assunto
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nessuna schifezza!»
Il medico provò pena per il ragazzo che sembrava essere
sincero, ma il risultato delle analisi parlava chiaro; nel suo
sangue c’erano tracce di stupefacenti e la cosa doveva essere
segnalata anche alle autorità giudiziarie.
Julien uscì dalla stanza del dottore e trovò di fronte a sé
i suoi genitori, curiosi di sapere il motivo della convocazione.
Il ragazzo non ebbe il coraggio di rispondere, non sapeva
come affrontare l’argomento.
Invitò poi i genitori a sedersi sulle seggiole lungo il corridoio
dell’ospedale e iniziò: «Quello che ho da dirvi non vi farà
piacere.» I genitori, già sconvolti dall’accaduto, aspettavano
con ansia ciò che Julien avrebbe detto loro.
«Hanno scoperto nel mio sangue delle tracce di stupefacenti
» continuò abbassando la testa.
A queste parole il padre di Julien balzò improvvisamente in
piedi e afferrandolo per il colletto della maglia gli intimò con
tono minaccioso: «Che dici, che porcherie hai assunto?»
Al che il figlio rispose: «Mi devi credere papà, non ho assunto
alcuna droga!»
Il padre allora continuò: «E le analisi che dicono allora?»
«Non lo so papà, non lo so!» rispose gridando Julien mentre
allontanava con forza le mani del padre posate su di lui.
«Ho sbagliato tutto con te!» continuò il padre gridando:
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«Questo è il risultato di tutto ciò che ho fatto per te. Ecco
come mi ripaghi!»
La madre, che nel frattempo si era ripresa dallo svenimento,
senza proferire parola aveva abbassato lo sguardo e si era
messa le mani in volto.
A un certo punto giunse una voce proveniente dalle spalle
del ragazzo che domandava: «Sei tu Julien?»
Il ragazzo si voltò e rispose: «Sì, e lei chi è?»
«Sono l’ispettore Roganti. Vorrei farti alcune domande.»
Julien sconvolto disse: «Dica pure.»
«Mi può spiegare cosa è successo questa notte?»
«Non so come possa essere accaduto!» disse piagnucolando
Julien, che si era portato le mani sul volto.
«Ora si calmi e mi spieghi con calma ogni particolare»
disse con tono consolatorio l’ispettore.
Allora il ragazzo cominciò: «Insieme al mio amico Nicolas
siamo andati in un locale, il Deep Night. Lì ho bevuto forse
qualcosa di troppo e non mi sentivo molto lucido alla fine
della serata. Poi, lungo il tragitto di ritorno, sono stato
accecato dai fari di un’auto che proveniva in senso opposto,
ho perso il controllo e siamo caduti giù per un dirupo.»
L’ispettore poi disse: «Il referto medico parla di tracce di
stupefacenti nel tuo sangue, come mai?»
«Ispettore le giuro che ho solamente bevuto della birra e
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non ho assunto mai stupefacenti!» rispose disperato Julien.
L’uomo guardò il ragazzo negli occhi e gli sembrò essere
sincero, ma il suo ruolo gli imponeva di andare a fondo nella
questione e concluse dicendo: «Questo sarà da dimostrare.
Tieniti a disposizione. Per stasera è tutto.» Con passo veloce
poi si allontanò.
Stava per spuntare l’alba che avrebbe cacciato via la notte. Il
cuore di Julien era straziato dalla tragedia, e mentre fuori
stava per spuntare la luce lui sprofondava nell’abisso più buio.
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La festa
Riprendere la vita di tutti i giorni non fu certo facile per
Julien. All’improvviso tutto sembrava cambiato. La vita
spensierata vissuta fino al giorno precedente sembrava
lontana anni luce. Il ragazzo non riusciva a darsi pace per aver
provocato l’incidente e non capiva a cosa erano dovute quelle
tracce di stupefacenti ritrovate nel suo sangue. In questo
duro momento non poteva contare né su Nicolas, che lo aveva
sempre sostenuto nelle situazioni più difficili, né sui suoi
genitori che, non sapendo se credere o meno alle sue parole,
avevano assunto verso di lui un atteggiamento freddo e
distaccato.
Il rapporto con loro non era mai stato facile a causa del suo
carattere ribelle. Julien avrebbe voluto presentarsi dai genitori
di Nicolas per scusarsi di quanto accaduto, ma ritenne
non fosse ancora arrivato il momento per farlo e non sapeva
se sarebbe mai arrivato. La notizia che Julien aveva assunto
droga si era sparsa a macchia d’olio nel piccolo paesino dove
abitava e ciò non faceva che rendere ancora più difficile la
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sua posizione. La sua moto che tanto amava aveva subito
numerosi urti nell’incidente, ma non se la sentiva di portarla a
riparare. Non aveva voglia di fare nulla, avrebbe voluto
solamente volare via, lontano da tutti, alla ricerca di una felicità
che non era mai riuscito a raggiungere. Di lì a poco avrebbe
dovuto sostenere un esame che stava già preparando da
tempo, ma ora la testa era assente e rimanere concentrato sui
libri sembrava un’impresa.
Cominciò quindi a recarsi tutti i giorni al mare la mattina
presto a bordo della sua bicicletta, che non utilizzava ormai
da tempo. Arrivato in spiaggia soleva sedersi su una barchetta
che giaceva lì arenata nella sabbia e contemplare il lento
movimento delle onde del mare che si frangevano sugli scogli.
Di tanto in tanto raccoglieva dei mattoncini e li tirava in acqua.
Trascorrere il tempo così lo rilassava e gli permetteva di
ritrovare un po’ se stesso.
Il mare in quei giorni d’estate era davvero limpido e il cielo
di un azzurro stupendo. Julien avrebbe volentieri dipinto
quello scenario, armato di una tela e dei suoi colori a olio.
La spiaggia in quel periodo cominciava a essere molto
frequentata da turisti e dagli abitanti dei paesi vicini. I tanti
ombrelloni rendevano la spiaggia variopinta e il brusio delle
voci si confondeva con il lieve rumore delle onde. Mentre
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contemplava il mare Julien rivedeva se stesso correre e
scherzare
sulla spiaggia insieme a Nicolas, come davanti a un film.
Il suono della sua voce sottile e i suoi occhi vispi ritornavano
prepotentemente nei suoi pensieri. Avrebbe dato tutto se
stesso per rivivere quegli istanti, per rivedere il suo più caro
amico lì accanto a lui, sano e sorridente, voglioso di giocare
e scherzare.
Rivedeva davanti a sé le immagini di se stesso a passeggio
con la sua ex Sara, mano nella mano, a piedi nudi nel mare,
mentre si scambiavano dolci sguardi e baci. Tutto questo
appariva come qualcosa appartenente a un’altra epoca,
lontanissima.
Si sentiva come un pugile messo al tappeto e non sapeva
come fare per rialzarsi, intorno a sé vedeva solo deserto,
nessuno in grado di aiutarlo.
Mentre era immerso in questi pensieri scorse una ragazza
che camminando sulla spiaggia si stava lentamente avvicinando. La osservò, magra, dagli occhi chiari e dai lunghi capelli
scuri che ricadevano dolcemente sulle spalle scoperte.
Indossava un costume bianco, che risaltava l’abbronzatura del
suo corpo. Passando davanti a Julien incrociò il suo sguardo e
gli fece un sorriso che, come una medicina, lo sollevò da tutti i
pensieri in cui era immerso. Lo sguardo e il sorriso di quella
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ragazza lo avevano così colpito che rimase a contemplarla
fino a quando scomparì del tutto dalla sua vista. Rimase un
altro po’ in spiaggia sperando di rivedere quella dea che per
un attimo lo aveva sollevato in un’altra dimensione ma non
accadde, quindi decise di ritornare a casa.
Prima di salire in bicicletta squillò il suo cellulare; era Thomas.
«Ciao Thomas, come stai?»
«Io bene e tu? È da un po’ che non ti sento. Ti è successo
qualcosa?»
«Sono distrutto! Nicolas lotta tra la vita e la morte in ospedale
e tutto questo per causa mia!» disse affranto Julien.
«Ehi, ma cosa stai dicendo?» rispose sbalordito Thomas,
che proseguì: «Raccontami cosa è successo.»
Julien raccolse un po’ di fiato e rispose: «Ricordi l’ultima
sera che ci siamo visti al Deep Night? Ebbene, tornando a
casa sono uscito fuori strada con la moto e Nicolas ha avuto
la peggio; ora si trova in coma.»
«Non ci posso credere!» rispose Thomas.
«Ma purtroppo è andata così» aggiunse sconsolato Julien.
«Vedrai che Nicolas ce la farà! Ora l’importante è che tu
riesca a dimenticare al più presto quello che è successo»
disse Thomas.
«Ma come faccio a dimenticare? È impossibile!» rispose
senza alcuna speranza Julien.
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«Senti, questa sera c’è una festa organizzata da un mio
amico in un locale affittato qui vicino, devi venire anche
tu!» disse Thomas.
«Non ci penso minimamente. Non ho voglia di far nulla,
tanto meno di divertirmi in questo momento» ripose Julien.
«Invece verrai! Vedrai che ti farà bene, ti aiuterà a dimenticare
il brutto episodio che ti è accaduto.»
Al che Julien rispose: «No, no. E poi anche volessi non
avrei neanche la moto per venire.»
«Di questo non ti devi preoccupare, ti passerò a prendere
io. Allora affare fatto, ok? Questa sera alle otto ti passo a
prendere con la mia moto e non voglio sentire scuse. A
stasera allora!»
Con queste parole Thomas chiuse la conversazione. Julien,
ancora perplesso, salì sulla sua bicicletta e lentamente
cominciò a pedalare, diretto verso casa.
Quella sera Thomas fu puntuale. Passò a prenderlo a casa
sua quando mancavano ancora cinque minuti alle otto. Julien
era già pronto. Uscì di casa e salì in sella sulla moto, dietro a
Thomas. Dopo circa un quarto d’ora raggiunsero un locale
abbastanza isolato, in mezzo alla natura.
Era un grande capannone che Dario, un amico di Thomas,
aveva affittato per organizzare una festa con molti invitati.
Appena arrivati già da fuori si sentiva il rumore della musica.
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La porta del locale era socchiusa. Appena entrarono Julien si
trovò davanti decine e decine di giovani che prevalentemente
ballavano al ritmo della musica da discoteca, assordante.
Qualche coppia seduta rannicchiata a terra si baciava. L’alcol
circolava moltissimo lì dentro, molti avevano in mano o
accanto una bottiglia, per la maggior parte delle volte
semivuota.
«È proprio uno sballo!» esclamò Thomas, rivolto verso
Julien, che stava osservando cosa accadeva intorno a sé.
«Vieni, andiamo da Dario che ci dà qualcosa da bere»
aggiunse poi Thomas. Dario stava appoggiato con una spalla
al muro, in un angoletto del locale, mentre parlava con un
altro ragazzo. Quando vide Thomas si salutarono dandosi un
cinque con la mano, quindi gli diede due bottiglie di whisky
che era andato a prendere in un’altra stanza.
Thomas allungò una bottiglia a Julien e disse: «Dai bevi!»
Questi prese in mano la bottiglia e rispose: «Thomas, sarà
meglio che non beva. L’ultima volta che l’ho fatto me ne
sono pentito.»
Al che Thomas rispose: «Non pensare a quella sera, pensa
a divertirti; e poi questa sera ti porto a casa io, non devi
guidare tu!»
Per non deludere il proprio amico Julien cominciò a bere
dalla bottiglia. Il whisky era davvero forte e lo aiutò a essere
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più disinibito.
Si gettò in mezzo alla folla e cominciò a muoversi al ritmo
della musica frenetica. Nel locale erano state installate delle
luci che cambiavano di colore di tanto in tanto. Julien urtava
uno dopo l’altro i corpi che si muovevano danzando a un ritmo
sfrenato. Una ragazza si avvicinò ballando e cominciò a
strusciarsi contro di lui. Dopo un po’ afferrò Julien per il colletto
della camicia e lo invitò ad appartarsi dalla folla, accanto
a una parete. La ragazza indossava un vestito scuro, molto
corto e provocante. Julien, in preda al whisky e allo sballo
della serata, cominciò a baciare appassionatamente la
ragazza che tentava di svestirlo, sfilandogli la camicia. I corpi
rimasero avvinghiati appassionatamente per un po’, fino a
quando Julien cominciò a sentirsi male. Improvvisamente
vomitò e la testa gli cominciò a girare fortemente. La ragazza
preoccupata chiamò gridando Thomas, che accorse e trascinò
Julien in un’altra stanza, dove in quel momento non c’era
nessuno.
Lo mise disteso a terra e gli diede dei piccoli schiaffi per farlo
riprendere.
Julien aveva gli occhi ben aperti fissi verso il soffitto
e sembrava respirare affannosamente. Thomas si fece portare
da un amico una bottiglia d’acqua e lo obbligò a berne un
po’. Dopo qualche minuto riprese a respirare regolarmente e
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riuscì a mettersi seduto.
«Cosa ti è preso, mi hai fatto impaurire!» esclamò Thomas.
«Non ti preoccupare, ora sto bene» rispose Julien.
«Vuoi che ti riporti a casa?» chiese l’altro.
«No, no. Vai pure a ballare con gli altri. Io sto bene, ma per
un po’ voglio rimanere qui da solo.»
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L’incontro con Kate
Giunse l’alba. Molti, completamente sbronzi, stavano
ancora dormendo, seduti a terra, appoggiati alle pareti,
mentre altri erano completamente distesi sul pavimento.
Thomas e Julien si sentivano a pezzi, frastornati dalla lunga
festa.
«Thomas, non riportarmi a casa. Se i miei genitori mi
vedessero così non mi farebbero neanche entrare» disse
Julien con un filo di voce.
«Cosa proponi?» chiese allora Thomas.
«Andiamo al mare e distendiamoci un po’ lì.» Thomas lo
guardò per qualche attimo e scoppiò a ridere.
«Cos’hai da ridere?» chiese Julien.
«Sembri proprio uno zombie!» rispose l’altro ridendo ancora.
Julien gli diede amichevolmente una spinta ed entrambi
frastornati salirono in moto.
L’alba preannunciava una stupenda giornata di sole e per
la strada non c’era ancora nessuno. Dopo circa venti minuti
arrivarono al mare. Scesero dalla moto e sorridendo corsero
verso la spiaggia, a quell’ora semideserta. Si gettarono distesi
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a terra, con braccia e gambe spalancate e viso rivolto verso il
cielo. Il sonno li vinse immediatamente e dormirono per circa
due ore, fino a quando Julien per primo riaprì gli occhi. Si
guardò intorno; Thomas stava ancora dormendo. La spiaggia
nel frattempo si era riempita e qualcuno mentre passeggiava li
osservava con espressione un po’ stupita, vedendoli
completamente vestiti, distesi a terra senza neanche un telo
da mare.
«Ehi Thomas, svegliati!» disse Julien mentre scuoteva il
braccio sinistro del suo amico.
«Dove siamo?» rispose frastornato Thomas, con gli occhi
ancora socchiusi.
«Siamo all’inferno» rispose sorridendo Julien.
«Me lo aspettavo diverso!» gli fece l’amico che nel frattempo
si era risvegliato e messo seduto rannicchiato, con le
ginocchia tra le braccia.
I due ragazzi rimasero qualche minuto in silenzio, a
contemplare il mare e tutto ciò che accadeva in spiaggia. Una
leggera brezza sollevava leggermente i riccioli castani di
Julien, mentre i raggi del sole rendevano i suoi occhi turchesi.
A un certo punto notò in spiaggia la ragazza che tanto l’aveva
colpito il giorno precedente.
Indossava lo stesso costume bianco e stava facendo una
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passeggiata in spiaggia. Ancora una volta rimase incantato
dalla sua bellezza e dal suo sguardo.
Thomas se ne rese conto e disse: «Ehi, sveglia!» sventolando
la mano destra davanti al volto di Julien.
«Guarda che incanto!» disse questi con aria trasognata.
«Si direbbe proprio un colpo di fulmine!» disse sorridendo
Thomas.
«Ma dai, non dire stupidaggini! Ho smesso di innamorarmi!
» rispose malinconicamente Julien.
«Mai dire mai!» disse con tono ironico Thomas che poi
aggiunse: «Che ne dici se te la faccio conoscere?»
«Ma che stai dicendo Thomas, vedi di non fare cavolate!»
fece Julien. L’amico nel frattempo si era alzato e si stava
avvicinando a quella ragazza. Julien rimase con espressione
sbalordita a immaginare cosa avrebbe combinato.
Thomas stava scambiando alcune parole con la ragazza, ma
erano a una distanza tale che Julien non riuscì a sentire nulla
di ciò che dicevano.
Dopo un po’ Thomas gli fece cenno di avvicinarsi.
Julien si recò verso di loro e allungando una mano alla
ragazza disse: «Piacere, mi chiamo Julien. Non so cosa ti
abbia detto il mio amico, ma ti prego di non prestargli ascolto,
è completamente fuso!»
La ragazza sorrise e si presentò: «Piacere, io mi chiamo
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Kate. Il tuo amico è un po’ invadente, ma simpatico.»
«Sentite, io vado a comprare qualcosa da bere, ci vediamo
tra un po’» disse Thomas facendo l’occhiolino a Julien.
«Cosa ti ha detto il mio amico, Kate? Spero non ti abbia
importunata» chiese Julien.
«Non ti preoccupare. Mi ha solo detto che mi trovi bellissima
e che desideravi tantissimo conoscermi» rispose Kate.
Julien diventò rosso in volto per l’imbarazzo e abbassò lo
sguardo, poi fece: «Vedo che Thomas è sempre molto
diplomatico nel parlare!»
Kate sorrise, poi disse: «Sei del luogo?»
«Sì, abito a pochi chilometri da qui. E tu da dove vieni?»
«Anch’ io abito qui vicino, a circa quindici minuti d’auto
» rispose Kate.
«È strano, pur abitando vicini, non ti ho mai vista in giro.
Cosa fai, studi o lavori?» chiese Julien.
«Lavoro in un negozio di vestiti qui vicino, come commessa.
Tu invece cosa fai?» rispose Kate.
«Io studio medicina» disse Julien.
«Complimenti, studi una materia davvero interessante!»
esclamò Kate.
«Diciamo di sì» rispose Julien con aria poco convinta. Intanto
stava arrivando l’amico, sorseggiando una bibita dalla
lattina.
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«Sta tornando Thomas, quel rompiscatole. Senti, se ti va
possiamo scambiarci il numero di cellulare» chiese
timidamente Julien.
«Perché no» rispose Kate.
Mentre i ragazzi memorizzavano nel loro cellulare i numeri
telefonici arrivò Thomas: «Disturbo?»
«No, non disturbi, me ne stavo andando» rispose Kate,
che sorridendo fece un cenno di saluto ai due ragazzi e si
allontanò.
«Allora come è andata? Raccontami tutto!» chiese Thomas
a Julien.
«È andata!» rispose sorridendo lui.
Thomas pose la sua mano destra sulla spalla di Julien e lo
strinse a sé, poi sorridendo gli chiese: «Allora quando vi
rivedete?»
«Che ne so!» rispose Julien imbarazzato e poi aggiunse:
«Andiamocene di qui, vorrei tornare a casa.» Entrambi si
avviarono quindi verso la moto.
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La svolta di vita
Julien arrivò a casa sua quando era quasi mezzogiorno.
Appena entrato trovò in soggiorno suo padre, che stava
leggendo un giornale seduto sul divano.
«Si può sapere dove sei stato stanotte?» gli chiese con aria
severa il padre.
«Sono andato a una festa ed è andata per le lunghe» rispose
Julien con aria sfuggente.
«Invece di passare il tempo sui libri a studiare, vai sempre
in giro a combinare guai con i tuoi amici! Dovresti vergognarti!
»
Queste parole accesero Julien che rispose: «La vita che
vorresti per me mi fa schifo! Non devo rendere conto a te ciò
che faccio!»
«Per me e tua madre sei soltanto una delusione!» continuò
il padre.
«Se è così, allora non mi vedrete più. Faccio i bagagli e me
ne vado!» disse gridando Julien.
«Julien non fare sciocchezze, e non far star male tua madre,
che sai soffre di cuore!» disse il padre. La madre di Julien
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in quel momento non era in casa, era uscita per fare la spesa.
Julien accecato dalla rabbia andò in camera sua, raccolse in
uno zaino alcuni vestiti e uscì di casa sbattendo la porta.
Non sapeva dove andare, la sua moto era ancora rotta e in
tasca aveva pochi soldi. Cominciò a camminare senza meta,
a volto chino, mentre una lacrima gli scendeva lentamente da
un occhio.
Chiamò al cellulare il suo amico Thomas: «Ehi Thomas,
devi aiutarmi!»
«Cosa è successo?» rispose l’amico.
«Me ne sono andato di casa e non so dove andare.»
Thomas rimase qualche secondo in silenzio, poi chiese:
«Dove ti trovi?»
«A qualche centinaio di metri da casa mia» rispose Julien.
«Aspettami lì, ora vengo a prenderti» disse Thomas, che
dopo qualche minuto giunse con la sua moto.
«Ti porto dove abito io. Lì troveremo una sistemazione
temporanea per te» disse Thomas a Julien, rassicurandolo.
Thomas abitava insieme ad altri due ragazzi in un
appartamento messo a disposizione degli studenti universitari.
Non era infatti del luogo, proveniva da un paese distante un
centinaio di chilometri dall’università.
«Grazie, sei un amico!» gli disse Julien. Quella sera rimase
a dormire nel letto lasciato libero da un compagno di stanza
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di Thomas.
Ricevette numerose chiamate sul cellulare da parte dei
genitori, ma non rispose mai. Aveva deciso di abbandonare gli
studi di medicina e cominciare a lavorare. Aveva bisogno di
guadagnare denaro per mantenersi e Thomas gli segnalò una
fabbrica che stava cercando un magazziniere. Il giorno dopo
si presentò, venne assunto e cominciò da subito a lavorare.
Per qualche settimana alloggiò dove abitava l’amico, poi dopo
il primo stipendio andò ad abitare da solo in un appartamento
preso in affitto, non molto distante dalla fabbrica. Lavorava
sodo e quando c’era possibilità faceva gli straordinari. In
questo modo riusciva a pagare l’affitto, le bollette e qualche
volta gli avanzava qualcosa per sé. Con i soldi guadagnati
era riuscito anche a far riparare la sua moto, che era andato
a prendere di nascosto a casa dei genitori. In quell’occasione
aveva anche lasciato loro una lettera, nella quale aveva scritto
che stava bene, che aveva intenzione di smettere di studiare e
che non dovevano cercarlo.
Quando usciva dal lavoro telefonava regolarmente a Kate,
la ragazza ventitreenne che giorno dopo giorno stava entrando
sempre più nel suo cuore. Nonostante avesse promesso a
se stesso di non innamorarsi mai più non riusciva a stare
lontano da quella fanciulla, che lo aveva letteralmente
stregato. Nei fine settimana uscivano insieme ed entravano
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sempre più in confidenza. Julien trovava incredibile che Kate
riuscisse a comprenderlo, dandogli continuamente consigli.
L’aveva persino capito nella sua decisione di abbandonare gli
studi.
L’unico punto in cui non erano d’accordo era il rapporto che
aveva con i suoi genitori. Kate lo invitava a perdonare il loro
atteggiamento e riavvicinarsi a loro, ma lui non ne voleva
proprio sapere.
Era un sabato sera di fine estate e Julien era uscito insieme
alla ragazza per fare una passeggiata sul lungomare. C’era
molta gente a spasso. Mentre camminavano tenendosi per
mano la sua attenzione venne catturata da un braccialetto
arancione in una bancarella. Vi erano incise le parole Together
Forever. Lo comprò e lo regalò a Kate, che lo infilò subito
al polso.
Si sedette insieme a lei su una panchina e le disse: «Per
sempre insieme. Questo è quello che c’è scritto in questo
braccialetto ed è quello che desidero, stare sempre accanto
a te!»
Kate sorrise, guardandolo negli occhi. Poi Julien continuò:
«Con te mi sento sempre al settimo cielo. Con un semplice
sguardo riesci a cancellare ogni mia sofferenza.»
«È forse questa una maniera per dirmi che sei innamorato
di me?» chiese con un sottile filo di voce Kate.
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«Diciamo di sì» rispose Julien che poi le si avvicinò
ulteriormente per baciarla. Rimasero seduti sulla panchina per
qualche minuto, poi si alzarono per proseguire la passeggiata.
Improvvisamente però Kate si sentì male e si portò una
mano al volto.
«Cosa è successo?» chiese preoccupato Julien.
«Niente, non ti preoccupare. Ultimamente mi capita spesso.
»
«Cos’è che ti capita di preciso?» domandò il ragazzo.
«Mi vengono improvvisamente delle vertigini» rispose lei.
Julien con atteggiamento premuroso le disse: «Dovresti
parlare con un medico!»
«Lo farò» rispose Kate. Julien la riaccompagnò a casa,
quindi fece ritorno a casa sua.
Prima di coricarsi la sua attenzione andò al cellulare. Notò
che gli era arrivato un sms che diceva: «Abbi cura di te stesso.
Ti voglio bene. Tua madre.» Il ragazzo si sedette sul letto
e per un po’ pensò alla sua famiglia. Ancora ferito dai
rimproveri del padre e stanco di condurre una vita
insoddisfacente, non fu toccato da alcun sentimento. Spense
la luce e si addormentò.
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L’abbandono
Era una serata qualunque, come tante altre. Julien, appena
tornato a casa dopo una giornata di lavoro, era andato
a farsi una doccia. Mentre era sotto l’acqua, il suo pensiero
andò a Nicolas; decise che uno di quei giorni sarebbe passato
all’ospedale per andarlo a trovare. Da un lato aveva paura
dell’emozione che gli avrebbe scatenato il vederlo disteso
su un letto, privo di sensi, dall’altro gli mancava tantissimo.
Terminata la doccia indossò un accappatoio e con le mani
cominciò a frizionarsi i capelli per asciugarli un po’. Intanto
nella stanza accanto al bagno il suo cellulare aveva emesso la
solita musichetta che segnalava l’arrivo di un sms.
Uscì dal bagno per leggere il messaggio che diceva: «Se
mi vuoi veramente bene non cercarmi mai più. Perdonami.
Kate.» Julien rimase impietrito nel leggere quelle parole, di
cui non riusciva a cogliere il significato. Provò immediatamente
a chiamare la ragazza al cellulare, ma lo teneva spento.
Allora in fretta e furia si vestì, salì a bordo della sua moto e
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andò sotto casa sua. Suonò il citofono ma non rispose
nessuno.
Riprovò più volte a suonare ma non gli fu risposto.
Cominciò allora a gridare a squarciagola: «Kate!» più e
più volte, rivolto verso il balcone del suo appartamento, che
stava al secondo piano. Le tapparelle erano abbassate,
sembrava che in casa non ci fosse nessuno. Restò lì per
qualche ora con la speranza di veder tornare Kate. Era giunta
l’una di notte quando la stanchezza lo vinse spingendolo a
tornarsene a casa.
Si mise disteso sul letto, con il viso rivolto verso la
finestra della sua camera, attraverso la quale riusciva a vedere
la luna, lì in mezzo al cielo buio. Non riusciva a prendere
sonno e pensava continuamente alle parole dell’sms. Ogni
tanto provava a chiamare Kate, ma il suo cellulare risultava
sempre spento.
Arrivò l’alba e non era riuscito a chiudere occhio. Non
aveva affatto voglia di andare a lavorare, voleva vedere a tutti
i costi la ragazza. Così quella mattina invece di andare in
fabbrica tornò sotto la casa di Kate. Suonò il citofono ma
nessuno rispondeva. Di tanto in tanto controllava il balcone
del suo appartamento, ma le tapparelle restavano sempre
abbassate come la sera prima. Decise allora di andare a
cercarla al negozio dove lavorava, ma lei non era neanche lì.
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«Scusami, sto cercando Kate, una tua collega che lavora
qui» disse Julien alla commessa del negozio.
«So solamente che Kate ha avvisato che oggi non sarebbe
venuta. Non so dirti altro.» Il ragazzo uscì sconsolato dal
negozio, sentiva di non capire nulla di tutto ciò che stava
accadendo.
Salì quindi in moto e si diresse in spiaggia, il luogo
che aveva dato inizio alla sua storia con Kate. Si sedette sulla
spiaggia, rannicchiato, con le ginocchia tra le braccia.
Guardava l’orizzonte e si sentiva tremendamente a terra; non
riusciva a perdonarsi il fatto di essersi lasciato andare ancora
una volta alle lusinghe dell’amore, contraddicendo la
promessa che aveva fatto a se stesso quando Sara lo aveva
abbandonato.
«Sono solo uno stupido a essermi innamorato di Kate!
Avrei dovuto immaginare un tale epilogo!» diceva sottovoce
sconsolato mentre lanciava dei sassolini in acqua. Il sole era
alto all’orizzonte, il cielo era di un limpido azzurro, sgombro
da nubi e le onde del mare morivano dolcemente sulla
spiaggia. Si alzò e si allontanò dalla spiaggia. Salì in moto, in
direzione della casa di Thomas. Aveva bisogno di conforto e
ora l’unico che poteva offrirgli un sostegno era proprio lui.
«Che faccia che hai, cosa ti è successo?» chiese Thomas
all’amico non appena lo vide.
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«Vorrei morire!» rispose sconsolato Julien, mentre si sedeva
su una sedia.
«Dai, raccontami tutto, non tenermi sulle spine!» fece
incuriosito Thomas.
«Kate mi ha lasciato» disse con un filo di voce Julien.
«Non posso crederci!» rispose stupito Thomas, che poi
aggiunse: «Sembravate davvero una coppia affiatata, la cosa
mi stupisce molto!»
«Infatti. Sinceramente faccio anche io fatica a comprendere
come lei abbia potuto assumere questo comportamento
dall’oggi al domani. Siamo andati sempre d’accordo e non
abbiamo mai litigato.»
Thomas rimase qualche secondo in silenzio, poi appoggiò
una mano sulla spalla dell’amico e disse: «Anche se mi rendo
conto che è difficile, ora devi cercare di dimenticarti di lei.»
«Ma come puoi chiedermi questo?» gridò Julien, che poi
aggiunse: «Ciò che ho provato per Kate non l’avevo mai
provato prima, neanche per Sara!»
Thomas abbassò per un attimo lo sguardo, poi disse: «Ce
la farai a superare questo momento! Devi soltanto non
chiuderti in te stesso! Domani sera un mio amico organizza
una festa. Verrai con me. Vedrai, ti farà bene svagarti!»
«No, non credo sia una buona idea. Non me la sento» rispose
Julien.
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«E invece verrai! Domani sera ti passo a prendere io!»
disse con tono deciso Thomas, che riuscì alla fine a
convincere l’amico. Quella sera Julien provò a richiamare la
ragazza, ma il suo cellulare continuava a risultare spento.
Molto tristemente decise che quella era l’ultima volta che
provava a chiamarla, oramai gli sembrava chiaro che non
voleva più saperne nulla di lui..
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Nel baratro
Il giorno dopo tornò in fabbrica e venne rimproverato dal
suo datore di lavoro, che non aveva gradito la sua assenza
senza preavviso. Julien faceva fatica a concentrarsi, la sua
mente era altrove. Quella sera tornò a casa, si fece una
doccia, poi attese Thomas che venne a prenderlo con la sua
moto.
Andarono a una festa in discoteca organizzata da Alex, un
amico di Thomas. La discoteca era gremita di gente e la
musica dance assordante. I due amici entrarono in una saletta
della discoteca dove si trovavano una ventina di persone tra
cui Alex, che si avvicinò loro per salutarli. Molti erano seduti
su dei divanetti mentre altri ballavano. C’era una luce
rossastra, soffusa. Thomas stava parlando con un ragazzo
mentre Julien osservava, seduto su un divanetto, la gente
presente in quella sala. Non conosceva nessuno di loro.
«Andiamo al bar a bere qualcosa» fece Thomas a Julien,
che si alzò dal divanetto e lo seguì.
«Dacci qualcosa di forte» disse Thomas al barman, che
prese dallo scaffale dietro di sé una bottiglia e versò loro
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da bere. Julien non chiese di cosa si trattava e con un sorso
mandò giù la bevanda. Capì subito ch’era qualcosa di molto
forte, sentì infatti un forte calore sprigionarsi nel petto e un
senso di leggerezza.
«Dai sciogliti, dovresti vedere che faccia hai! Abbandona
tutti i tuoi pensieri per questa sera!» disse Thomas all’amico
che se ne stava lì, appoggiato al bancone del bar, con il
bicchiere vuoto.
Poi Thomas fu avvicinato da un ragazzo che guardandosi
intorno gli mise in mano qualcosa con un rapido gesto e si
allontanò. Thomas si avvicinò all’amico, lo prese per un
braccio e gli disse: «Vieni con me!»
«Dove stiamo andando?» gli chiese Julien. L’altro non rispose
e lo condusse nella toilette della discoteca. Dopo aver
chiuso la porta dietro di sé, estrasse dalla sua tasca un
sacchettino minuscolo contenente della polvere bianca.
«Cosa stai facendo Thomas?» chiese Julien perplesso.
«Prova questa roba, ti farà risuscitare!» gli disse l’amico.
«Cos’è questo schifo?» chiese Julien.
«Schifo è la vita, non questa roba. Fai come me!» disse il
ragazzo, cominciando a sniffare la cocaina.
«Io non ci penso neanche lontanamente!» disse fermamente
Julien, nonostante si sentisse confuso a causa dall’alcol
che aveva in corpo.
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«Ok, allora continua a piangerti addosso! Questa roba ti
tirerà su, vedrai!» disse seccamente Thomas. Julien restò per
qualche istante in silenzio, poi si fece forza e cominciò a
sniffare.
Proprio in quel momento la porta della toilette venne
sfondata da un forte calcio e i due prima di potersi girare
avevano già le manette ai polsi.
Una voce alle loro spalle disse: «Vi dichiaro in arresto! Ora
usciremo dal locale e vi porterò alla centrale. Non ribellatevi
o complicherete solo la vostra situazione!»
A pronunciare quelle parole era un agente della squadra antidroga, che in borghese stava controllando già da tempo dei
movimenti sospetti all’interno di quella discoteca. Arrivato
alla centrale, l’agente interrogò i due ragazzi.
«Non è la prima volta che hai a che fare con questo schifo
tu, non è vero?» chiese l’agente a Julien.
«Non ho mai fatto uso prima d’ora di questa robaccia!»
rispose rabbiosamente il ragazzo.
«Qui al computer mi risulta sia aperta un’indagine su di
te per delle tracce di sostanze stupefacenti ritrovate nel tuo
sangue a seguito di un incidente» aggiunse l’agente.
Julien, ancora in preda all’alcol, si alzò improvvisamente
dalla sedia e con le manette ancora ai polsi afferrò il colletto
dell’agente e digrignò: «Lei mi deve credere! Io non mi sono
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mai fatto!»
Poi, rivolto verso l’amico, disse: «Diglielo tu che io non
c’entro niente con questa roba!»
Thomas abbassò il volto con aria di compatimento e non
disse nulla.
Nel frattempo l’agente allontanò da sé le mani di Julien e
gli disse: «Così peggiorerai solo la tua situazione! Cerca di
stare calmo!»
Alla fine dell’interrogatorio i due ragazzi vennero portati
in cella. Entrambi si sedettero sul pavimento, a volto chino,
con le ginocchia strette tra le braccia.
«Dimmi che è solo un incubo» disse a un certo punto Julien,
sempre restando col volto chino a terra.
«È solo colpa mia» disse Thomas con un filo di voce.
«Certo che è colpa tua!» cominciò a gridare l’altro, che
improvvisamente si era alzato e avvicinato minacciosamente
a Thomas.
«Ehi, stai calmo!» disse questi con aria intimorita, vedendo
Julien furioso.
«Calmo? Come posso restare calmo? Invece di aiutarmi,
ecco dove mi hai fatto finire!»
Una guardia, resasi conto che Julien stava uscendo dai binari,
lo prelevò e lo portò in cella di isolamento.
Il ragazzo si sedette a terra e col volto chino sulle ginocchia
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piegate cominciò a piangere; si era reso conto di aver toccato
il fondo. Stava ripercorrendo con la mente tutto ciò che gli
era capitato negli ultimi mesi e ciò che ne usciva fuori era
solo un triste film. Ogni ricordo lo feriva come un lama di
coltello infilzata nel petto: riviveva nella sua mente il tragico
momento dell’incidente con Nicolas, la furibonda lite con
suo padre, la coraggiosa decisione di lasciare gli studi,
l’illusione di poter vivere con Kate il resto della sua vita e infine
la caduta nel baratro della droga. Si chiedeva perché proprio a
lui fosse dovuto capitare tutto questo e si sentiva condannato
all’infelicità. Il sonno infine lo vinse e si addormentò così
com’era, seduto per terra, con il volto chino appoggiato sulle
ginocchia.
Nella tarda mattinata del giorno seguente giunse a trovarlo
il padre.
«Come hai saputo che sono qui?» gli chiese con aria di
sfida Julien.
«Mi ha chiamato un agente questa mattina.»
«Immagino che ora vorrai farmi la tua solita predica, vorrai
ricordarmi che sono la vergogna della casa!» cominciò a
gridare Julien.
«Stai calmo! Ora dobbiamo solo pensare a come farti uscire
di qui, non mi interessa farti la predica. Ho già contattato
un buon avvocato, questo pomeriggio verrò insieme a lui.»
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«Non ho bisogno del tuo aiuto, puoi anche andartene!»
disse Julien.
«Se non lo vuoi fare per me, fallo almeno per tua madre.
Non sa che sei in carcere. Sai che tua madre soffre di cuore
e se venisse a sapere che tu sei chiuso qui dentro potrebbe
prenderle un infarto! Quindi cerca di collaborare con me per
uscire di qui» disse il padre, che poi si allontanò dalla cella.
Queste parole convinsero il ragazzo a farsi aiutare
dall’avvocato, che riuscì a farlo scarcerare dopo tre giorni.
L’aiuto ricevuto dal padre non lo riavvicinò alla sua famiglia,
così ritornò nella casa che aveva preso in affitto.
Questa volta però, per mantenersi, non poteva più contare
sui soldi che prendeva in fabbrica, dove era stato licenziato.
Il datore di lavoro era venuto a conoscenza di ciò che gli era
avvenuto e aveva deciso di interrompere il contratto di lavoro,
ritenendo Julien inaffidabile. Questa cosa mise al tappeto
il ragazzo, che intorno a sé vedeva solo terra bruciata.
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A un passo dalla follia
Disteso sul suo letto, Julien fu assalito da un tremendo
sconforto. Era cosciente di aver perso l’unico amico
che gli era rimasto, Thomas, e il lavoro, che gli garantiva la
possibilità di vivere autonomamente. Non ne voleva sapere
di ritornare a casa a vivere con i genitori. La lite avuta con
il padre gli aveva lasciato una ferita ancora aperta. Sentiva
di aver perso tutto, intorno a sé non aveva più nessuno. In
quell’istante avrebbe tanto voluto avere accanto Nicolas, per
confidargli tutto ciò che provava; lui, con il suo solito sorriso
e il suo atteggiamento pacato e razionale, avrebbe icuramente
saputo come tirarlo su di morale. Ma Nicolas non c’era e
forse non ci sarebbe più stato.
Colto da un attimo di follia pensò allora di farla finita; aprì
il cassetto del comodino e prese un flaconcino contenente
dei calmanti. Ne tenne una manciata sul palmo aperto della
sua mano destra e per un po’ rimase a osservarli. Sapeva che
se li avesse ingeriti sarebbe andato incontro alla morte. Da
un occhio gli scese improvvisamente una lacrima che
velocemente attraversò la parte sinistra del volto.
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La mano contenente le pillole si stava avvicinando alla bocca.
Il tic tac delle lancette della sveglia sul comodino stava
scandendo quegli inesorabili secondi di follia. Quando ormai
stava per ingerirle, ecco che suonò il campanello. Julien
si voltò e per qualche attimo fissò la porta di ingresso; dopo
qualche attimo di indecisione, decise di riporre le pasticche
nel flacone e di andare ad aprire.
Era Thomas. Non appena lo vide Julien fu assalito da un
impeto di rabbia e gli disse gridando: «Cosa ci fai tu qui?
Non ti basta quello che mi hai causato?»
«Ti prego fammi entrare, ho delle cose importanti da dirti!
» implorò Thomas.
«Ti conviene stare lontano da me, vattene, non voglio più
vederti!» rispose con rabbia Julien.
«Ti prego fammi entrare. Ti ruberò solo cinque minuti e
non mi vedrai più, te lo giuro!»
Julien lo fece entrare, poi chiese: «Cos’hai da dirmi?»
Thomas abbassò per un attimo il viso, raccolse un po’ di
fiato e disse: «Mi dispiace averti messo nei pasticci.»
«Questo è tutto quello che avevi da dirmi?» gridò Julien.
Thomas rimase qualche istante in silenzio, poi disse: «In
realtà vorrei liberarmi di un peso che ho nella coscienza.»
«E cioè?» chiese con aria sorpresa Julien.
«Mi sento responsabile dell’incidente che hai avuto con
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Nicolas, quella maledetta notte!»
Julien guardò con aria interrogativa Thomas, che proseguì:
«Ti ricordi quella sera al Deep Night?. Tu e Nicolas volevate
rimanere seduti a chiacchierare, mentre io volevo convincervi
a seguire me e i miei amici per andare a ballare. In realtà
volevo che tutti quanti potessimo passare una nottata da
sballo. Non riuscivo però a convincervi, così ho ordinato una
birra al bar e vi ho sciolto delle pasticche eccitanti. Tu quella
birra la bevesti tutta d’un fiato e poi….» Thomas non fece in
tempo a pronunciare quelle parole, che Julien lo afferrò per il
collo e lo scaraventò lungo sul letto.
Mentre le sue mani stringevano il suo collo cominciò a
gridargli: «Sei solo un miserabile! Ti rendi conto che Nicolas
lotta tra la vita e la morte a causa dell’incidente che ho provocato? E se non fosse stato per quello schifo che hai sciolto
nella birra, la serata avrebbe potuto concludersi diversamente!
»
Julien stava stringendo sempre più forte il collo del ragazzo,
a tal punto che stava rischiando di strozzarlo. Thomas non
riusciva quasi a parlare.
A malapena riuscì a dire: «Fermati, ti prego! Ho notizie di
Kate.»
Quando Julien sentì pronunciare questo nome, allentò
improvvisamente la presa e disse: «Ripeti cos’hai detto!»
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«Ho detto che ho notizie di Kate che ti potrebbero interessare.
Lo so, ti ho procurato tanti guai, e anche se questo non
basterà per cancellarli dalla tua mente, voglio fare qualcosa
di buono per te! Dentro questa busta che ti do è contenuto
l’indirizzo del luogo dove si trova Kate» ed estrasse dalla sua
tasca una piccola busta bianca.
«Come fai tu a sapere dove si trova Kate? Spero non sia
un’altra delle tue trappole oppure….» Julien non riuscì a finire
la frase che Thomas lo interruppe «No! Questa volta
devi davvero fidarti di me! Consideralo un regalo d’addio.»
Julien lo guardò per un po’ dritto negli occhi poi gli disse:
«Vattene ora!»
L’altro si alzò e uscì dall’appartamento. Julien aprì in fretta
la busta. C’era un piccolo cartoncino in cui v’era un indirizzo
di Milano.
Con i soldi che gli erano rimasti Julien decise di raggiungere
quella meta col treno. Erano quasi le sette di sera quando
arrivò in stazione. Il primo treno per Milano sarebbe partito
alle sette e ventuno. Fece i biglietti e lo prese. Durante il
viaggio non fece altro che pensare all’emozione che avrebbe
provato nel rivedere davanti a sé Kate, anche se temeva che
lei non ne sarebbe stata altrettanto felice. Si chiedeva perché
fosse partita per Milano, ma non riusciva a darsi una risposta
convincente.
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Il treno avanzava rapidamente e ogni tanto si fermava in
una stazione. La gente a bordo era poca. Julien era seduto
vicino al finestrino e stava guardando il paesaggio che gli
scorreva davanti. Arrivò a Milano verso le nove. Fermò un taxi
e si fece portare all’indirizzo che gli aveva dato Thomas. Dopo
circa dieci minuti arrivò a destinazione. Scese dalla macchina
e si guardò intorno. Davanti a sé vide un grande ospedale.
Julien sperò con tutto il cuore che Kate non si trovasse lì
dentro, ma decise di controllare. Chiese in portineria se lì vi
fosse ricoverata una ragazza che rispondeva al nome e
cognome di Kate.
«Si trova al secondo piano, camera 115» rispose il portinaio.
Julien corse verso l’ascensore; aveva fretta di raggiungere
la camera che gli era stata indicata. Sentiva crescere in
sé istante dopo istante una forte inquietudine. I corridoi
dell’ospedale erano deserti, si vedeva ogni tanto camminare
solamente qualche infermiera. Julien entrò nella stanza 115,
notò che c’erano quattro letti e accanto a uno di questi due
persone, sedute su una sedia, un uomo e una donna.
Julien vi si avvicinò e scoprì che vi era distesa Kate, con gli
occhi socchiusi e il volto molto pallido.
«Chi sei tu?» chiese la signora lì seduta a Julien.
«Io mi chiamo Julien, voi siete per caso i suoi genitori?»
«Ah sì, tu devi essere il ragazzo che Kate stava frequentando
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» disse la donna.
«Sì» rispose laconicamente Julien.
«Noi siamo i suoi genitori» aggiunse poi la donna.
«Cos’è successo a Kate?» chiese con ansia Julien.
«Tu quindi non sai niente» rispose con un filo di voce la
donna, che poi chinò il volto.
Intanto Kate, con un lentissimo movimento, appoggiò la
sua mano sinistra sulla gamba della madre e le disse: «Vi
prego uscite un attimo tu e papà, voglio rimanere sola con
Julien.»
I genitori esaudirono il desiderio della figlia e uscirono dalla
stanza. Il ragazzo si sedette sulla sedia dov’era prima la
madre di Kate, strinse tra le sue la mano sinistra della ragazza
e poi le chiese con aria preoccupata: «Cosa ti è successo
Kate?»
La ragazza rimase per qualche istante in silenzio, mentre
con gli occhi socchiusi lanciava uno sguardo amorevole verso
il suo Julien, poi con voce stanca disse: «Come hai fatto a
trovarmi?»
Julien rimase qualche istante in silenzio, poi rispose: «Non
preoccuparti di questo, l’importante è che sono qui!»
Nel volto stanco di Kate si formò un sorriso poi disse: «Lo
vedi come sono ridotta. Ora capisci perché volevo che ti
dimenticassi di me!»
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«Ti prego, dimmi cos’hai!» chiese con aria preoccupata
Julien.
«Quel giorno che ti mandai l’sms in cui ti chiedevo di
dimenticarmi, avevo ritirato il risultato di una visita che avevo
fatto tempo prima. Ebbene, scoprii di avere un tumore in
fase avanzata. Il dottore parlò con i miei genitori e disse loro
che mi sarebbe rimasto poco tempo da vivere, al massimo
un mese. Io stavo aspettando fuori dalla stanza del dottore,
ma origliai e riuscii a sentire tutto. Ricordo che scappai via,
corsi per il corridoio dell’ospedale e mi chiusi in bagno dove
scoppiai a piangere. Poi ti mandai subito il messaggio in cui
ti dicevo di non cercarmi più. Volevo che mi dimenticassi,
che non soffrissi per me, che magari incontrassi una ragazza
senza problemi, non come me! In tutto questo tempo
comunque non ho mai smesso di pensarti e sei sempre
rimasto dentro di me!»
Julien non riuscì a trattenere le lacrime e chinò il volto
mentre appoggiava la mano di Kate sulla sua guancia.
Poi riuscì a trovare un po’ di fiato per dire: «Nel mio cuore
c’è spazio solamente per te, non ti avrei abbandonata per
nessun motivo!»
Gli occhi stanchi di Kate si incrociarono con quelli bagnati
dalle lacrime di Julien, ora aveva la certezza che quel ragazzo
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l’amava veramente e questo le procurò una sensazione di
gioia più forte del male che aveva in corpo. Con un filo di voce
poi disse: «Julien, ricordi quel braccialetto che mi regalasti
quella sera mentre passeggiavamo al mare?»
«Certo che me lo ricordo!» rispose Julien, che poi aggiunse:
«Quel braccialetto mi aveva davvero colpito! Sopra c’erano
incise le parole Together Forever.»
«Sì, proprio quello» disse Kate, che continuò: «Il giorno
in cui partii per Milano per venire qui, all’ospedale, sotterrai
quel braccialetto nel piccolo giardino sotto casa mia, in
prossimità di un abete. Mi convinsi che il destino ti avrebbe
voluto accanto a me per sempre solo se me l’avessi riportato,
mettendomelo al polso come quella sera al mare.»
Julien passò la mano con un lieve movimento sui capelli
di Kate, poi con uno sguardo rassicurante le disse: «Ci puoi
contare che te lo riporto! Ora pensa solo a stare bene!»
In quell’istante entrò in stanza un’infermiera per controllare
la paziente.
Il ragazzo si alzò dalla sedia, baciò sulla fronte Kate e le
sussurrò: «Tornerò domani, angelo», quindi uscì dalla stanza.
Mentre camminava per il corridoio la sua attenzione andò
a una targhetta sul muro, accanto a una stanza. Vi era inciso
il nome di un dottore che gli suonava già noto. Si fermò a
riflettere per qualche istante, poi capì che si trattava del padre
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di Thomas e comprese come questi fosse riuscito a sapere
che Kate si trovava lì.
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La gara
Julien tornò la notte stessa in stazione. Aveva molto sonno,
si sentiva stanco e il suo unico pensiero era arrivare al
suo paese, prendere il braccialetto e tornare subito da Kate.
Il primo treno diretto verso casa era previsto per le quattro e
undici del mattino. Julien decise di prenderlo e nell’attesa si
sedette sonnolento su una panchina della stazione.
Tornò a casa quando il sole stava ormai spuntando. Decise
di riposarsi qualche ora e impostò la sveglia per mezzogiorno.
Mentre dormiva fu svegliato improvvisamente dal suono
del suo cellulare. Balzò seduto sul letto con un rapido
movimento e si precipitò a vedere chi lo stava cercando.
Aveva paura che fosse successo qualcosa a Kate, poi con
sollievo scoprì che lo stava cercando il proprietario del suo
appartamento, che con tono cupo gli disse: «Lo sai di essere
in ritardo nel pagamento dell’affitto? Se entro tre giorni non
mi paghi ti butto fuori!»
Julien si stropicciò gli occhi, pesanti per il sonno, e rispose:
«Mi deve concedere più tempo, tre giorni è troppo poco! Le
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giuro che la pagherò!»
«Non voglio sentire scuse! Se entro tre giorni non mi paghi,
ti sbatto fuori!» concluse il proprietario, chiudendo
bruscamente la chiamata.
«Sei solo un bastardo!» gridò Julien, scaraventando
violentemente il cellulare sul letto. Il ragazzo aveva con sé
davvero pochi soldi, al punto da non riuscire a pagare
neanche l’affitto.
Cominciò a riflettere; doveva trovare un modo per
riuscire ad avere dei soldi e in poco tempo. Il sonno era più
forte dei suoi pensieri e lo vinse. Si addormentò e dormì fino
a quando la sveglia emise il suo suono acuto. Si alzò e
mangiò velocemente qualcosa, poi uscì di casa e a bordo
della sua moto si recò verso la casa di Kate. Durante il tragitto
incrociò per strada Manuel, un amico di Sara, la sua ex, che
aveva conosciuto quando stava ancora con lei.
Stava camminando su un viale e Julien si fermò per salutarlo.
«Come stai Manuel, tutto bene?» chiese Julien.
«Sì, tutto sommato non mi lamento, e tu cosa mi racconti?
»
Julien fece un sorriso ironico e rispose: «Ne avrei di cose
da raccontare, ma dovresti avere una giornata a disposizione
per ascoltarmi!»
Manuel fece un sorriso, poi posò una mano sulla moto di
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Julien e disse: «Ti interessano ancora le corse?»
Il ragazzo rimase per un po’ in silenzio con il volto chino,
poi rispose: «Da quella volta no!»
Manuel faceva parte di un circolo di gente che organizzava
di notte delle corse clandestine in moto e Julien qualche
volta aveva partecipato, fino alla notte in cui cadde e si ruppe
una gamba. Da quel giorno in poi Julien volle uscire da quel
mondo e non prese più parte a quelle gare.
«È un peccato che non ti interessino più. Questa notte so
che si organizza una gara e a chi arriverà primo verrà dato un
bel gruzzolo di mille euro!»
Julien rimase qualche istante in silenzio, i soldi gli servivano
e quella occasione era davvero allettante.
«A che ora è la gara?» chiese.
«Alle due ci ritroviamo al solito posto. Ti ci conto allora!»
rispose Manuel, che appoggiò una mano sulla sua spalla e si
allontanò. Julien rimase lì, appoggiato sulla moto a meditare
sulla scelta che aveva fatto. Era cosciente della pericolosità
della cosa ma in quel momento non vedeva altra alternativa
per guadagnare in fretta un po’ di denaro. Indossò
nuovamente il casco e ripartì, diretto verso la casa di Kate.
Arrivato, scese dalla moto e cercò subito l’abete. Lo vide
e in prossimità delle radici cominciò a scavare la terra con
le mani fino a quando trovò il braccialetto. Lo ripulì della
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terra e lo osservò per qualche istante. Nella mente di Julien
ritornarono per un attimo le immagini di quella sera al mare,
quando regalò quel braccialetto a Kate. Ricordando questi
momenti il suo corpo venne attraversato da una forte
emozione sotto forma di brivido. Non aveva mai provato tanto
per qualcuno prima di conoscere Kate.
Mise il braccialetto nelle tasche dei jeans e ripartì in direzione
dell’ospedale, sentiva infatti il bisogno di andare a
trovare Nicolas. Era il primo pomeriggio e l’ospedale era
parecchio affollato.
Julien arrivò nella stanza dell’amico ed entrò.
Le serrande erano quasi del tutto abbassate e la luce che
entrava nella stanza era davvero poca.
Si sedette accanto al letto di Nicolas, che giaceva disteso
immobile, gli prese la mano e cominciò a sussurrargli: «Avrei
un mare di cose da raccontarti Nicolas, ma non so da dove
partire. Mi è capitata una cosa bellissima sai? Mi sono
innamorato, ma non riesco ad accettare il fatto che lei ora è
ammalata e probabilmente morirà presto!»
Mentre diceva queste parole delle lacrime cominciarono
a scendere dai suoi occhi, poi continuò: «Poi temo di aver
commesso una sciocchezza oggi! Ho accettato di partecipare
a una gara di moto, ma ho paura! Ma cosa devo fare, ho
bisogno di soldi! Ti prego, dammi un consiglio!» e appoggiò
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disperato il suo capo sul petto di Nicolas, sperando che un
miracolo lo facesse risvegliare. Purtroppo non fu così e Julien
uscì da quella stanza solo come prima. Risalì a bordo della
sua moto e andò un po’ in spiaggia.
Rimase in piedi a osservare il mare, calmo, di un azzurro
limpido. Era l’unico luogo che gli riusciva a donare un po’ di
pace e serenità.
Vi rimase per circa un’ora, poi se ne andò a casa a riposare un
po’.
Giunse la notte con la sua oscurità e Julien alle due si fece
trovare pronto all’appuntamento che aveva preso. Arrivò in
prossimità del viale dove si doveva svolgere la gara. Vi si era
radunato un capannello di persone che stavano circondando
quattro motociclisti; erano i partecipanti alla gara, gli sfidanti
di Julien.
C’era anche Manuel tra la gente, e appena lo vide gli si
avvicinò, gli pose una mano sulla spalla e gli disse: «Ehi
Julien, allora sei pronto? Stai attento ai tuoi avversari, sono
agguerriti!»
Julien era preoccupato, era da molto che non partecipava
più a una gara.
«Andrà tutto bene!» gli rispose con tono rassicurante,
mascherando il suo stato d’animo. Tutti i partecipanti, cinque
motociclisti in tutto, erano pronti. A un certo punto il
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capannello di gente che era attorno si fece da parte e un
ragazzo intimò ai motociclisti di posizionarsi tutti in linea. Le
moto cominciarono a rombare, tutto era pronto per la
partenza.
«Quando abbasserò il braccio potete partire» gridò il
ragazzo davanti ai motociclisti. Julien sentiva aumentare in
sé l’adrenalina. Passarono circa cinque secondi e il ragazzo
abbassò velocemente la mano. I motociclisti partirono come
frecce. La distanza da percorrere non era moltissima, circa
due chilometri. Appena partiti, i motociclisti si ritrovarono
tutti appaiati e Julien era in seconda posizione. Guidava con
disinvoltura e tallonava il primo. Dopo circa un chilometro
divenne evidente che la vittoria se la sarebbero contesa Julien
e chi si trovava in prima posizione. Julien lo tallonava,
lo seguiva a ruota e sentiva che lo avrebbe potuto superare
alla prossima curva, che si trovava a circa trecento metri dal
traguardo. I rombi delle moto squarciavano il silenzio della
notte, mentre le ruote solcavano l’asfalto deserto. I motociclisti
arrivarono in prossimità della curva e Julien provò a infilarsi
all’interno per superare l’avversario. La manovra stava
funzionando e il ragazzo si accingeva a guadagnare la prima
posizione, quando ormai si cominciava a vedere il traguardo.
Quando quell’altro motociclista avvertì che lo stavano
superando allargò il gomito per urtare quello di Julien, che
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perse il controllo della traiettoria e schizzò fuori strada.
L’incidente fu pauroso. Julien andò a schiantarsi sul cemento
di un marciapiede ai bordi della strada; rimase lungo a terra,
senza il casco che si era sciolto nella caduta, riverso su una
chiazza di sangue che in prossimità della testa si stava
allargando a macchia d’olio. La moto giaceva poco distante da
lui, con le ruote che ancora lentamente giravano.
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Il risveglio
Aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide davanti
a sé fu un soffitto. Faceva fatica a muovere la testa, ma
cercò di capire in che luogo si trovava. Sentiva qualcosa come
un ago pungere il suo braccio destro e avvertiva un forte
dolore alla testa e alle gambe.
«Bentornato tra noi!» disse una voce femminile. Julien si
voltò lentamente e notò che ai bordi del letto in cui giaceva
c’erano i suoi genitori.
«Cosa mi è successo? Dove mi trovo?» chiese Julien.
«Un’altra bravata delle tue!» rispose prontamente il padre.
«Ti prego, non è il momento di litigare!» intervenne la
madre che poi proseguì: «Sei all’ospedale. Un passante ti ha
ritrovato riverso in strada, accanto alla tua moto, disteso su
una pozza di sangue, e ha chiamato un’ambulanza che ti ha
portato qui. Hai avuto un lieve trauma cranico, il casco
fortunatamente ha attutito l’urto che hai avuto nell’incidente.»
«Da quand’è che sono qui?» chiese Julien.
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«Oggi è il terzo giorno» rispose la madre.
«Il terzo giorno? Io devo assolutamente andarmene di
qui!» brontolò Julien, cercando invano di alzarsi.
«Cosa vuoi fare, sei pazzo? Il dottore dice che prima di
un’altra settimana non puoi andartene!» disse la madre
preoccupata.
«Non posso restare qui, Kate mi sta aspettando e potrebbe
non sopravvivere fino alla prossima settimana!»
«Chi è questa Kate?» chiese la madre.
«Dimenticavo che tu non la conosci» brontolò sottovoce
Julien, che poi continuò: «Kate è una ragazza adorabile, è la
mia ragazza. Il male la sta divorando e le sono stati
diagnosticati pochi giorni di vita. Il suo ultimo desiderio è che
io le riporti un braccialetto che le regalai mesi fa. Devo andare
mamma, non posso rimanere qui!»
La madre di Julien rimase sconvolta da questa storia, stette
qualche istante in silenzio, poi disse: «Vedrai che farai in
tempo ad andare dalla tua Kate. Ora però devi solo riposarti,
non sei in grado di alzarti e andare in giro!»
Nonostante la sua volontà, Julien dovette fare i conti con la
realtà e capì che effettivamente i dolori che aveva sparsi per
il corpo gli permettevano a fatica di muoversi. Dentro di sé
pregava che Kate rimanesse in vita e aspettasse il suo ritorno.
«Non ricordi nulla dell’incidente?» chiese poi la madre.
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Julien rimase qualche istante in silenzio, poi rispose:
«Sinceramente no, non ricordo nulla.»
«In questi tre giorni il tuo cellulare ha squillato continuamente
e alla fine ho risposto io» disse la madre.
«Chi era?» chiese Julien.
«Era un signore che diceva di essere il proprietario
dell’appartamento dove abiti e sembrava piuttosto arrabbiato.
Diceva che non avevi pagato l’affitto» rispose la madre.
«Sì, ha ragione quel bastardo!» disse Julien.
«Comunque alla fine l’ho pagato io il tuo affitto. Gli ho
detto che avresti abbandonato quella casa per tornartene a
casa mia, perché sarà così vero?» chiese la madre con tono
apprensivo. Julien per la prima volta dopo tanto tempo avvertì
la madre più vicina, più comprensiva nei suoi confronti,
così non se la sentì di contraddirla.
«Ho già provveduto io a portare via le tue cose
dall’appartamento. Ho riportato tutto a casa» continuò la
madre, mentre passava lentamente una mano tra i capelli di
Julien.
I genitori se ne andarono dall’ospedale al calare del tramonto
e il ragazzo rimase solo con i suoi pensieri; si sforzava
di ricordare cosa gli fosse accaduto ma non ci riusciva. Quella
notte prese sonno con difficoltà, si girava e rigirava nel letto.
Dormì solo per qualche ora, perché un sogno lo fece svegliare
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di soprassalto. Sognò di trovarsi in una stanza piccola e
vuota. Lì dentro c’era solamente Kate, seduta su una sedia,
che lo guardava con volto serio e inespressivo.
Nel sogno le diceva: «Kate va tutto bene?» ma lei non
gli rispondeva e continuava a guardarlo. Julien allora posò
le mani sulle sue spalle e la scosse per incitarla a parlare. Lei
a quel punto allargò le braccia per cercare il suo abbraccio.
Julien si strinse a lei ma in quell’abbraccio avvertì una strana
sensazione, non la solita emozione. Ciò lo fece svegliare
improvvisamente.
Si passò una mano sulla fronte per asciugarsi
il sudore; guardò fuori, era ancora notte fonda, saranno state
le tre. Quel sogno lasciò in lui una forte inquietudine e
accentuò il suo desiderio di andare da Kate; non ce la faceva
più ad attendere, sentiva che doveva correre da lei.
Nonostante avesse ancora dei fastidiosi dolori in tutto il corpo
riuscì ad alzarsi dal letto e vestirsi. Aprì la porta della sua
stanza cercando di non far rumore, si accertò che nel corridoio
non passasse nessuno e in poco tempo arrivò all’ascensore;
lo prese e scese al primo piano verso l’uscita dell’ospedale.
Salì su un autobus che transitava di lì ogni mezz’ora e si recò
nei pressi della stazione.
Dopo tre quarti d’ora circa di attesa prese il primo treno per
Milano. Salì senza biglietto, dal momento che non
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aveva soldi a sufficienza per comprarlo. Trovò un posto libero
accanto a un finestrino e vi si sedette. In treno c’era poca
gente.
Ogni tanto si guardava intorno per vedere se stesse passando
il controllore. Avrebbe voluto volare da Kate, sapeva
che ogni singolo minuto era prezioso, perderne soltanto uno
poteva significare non ritrovarla in vita. Durante il viaggio,
vinto dal sonno e dalla stanchezza, si addormentò. Proprio
in quegli istanti passò il controllore che lo svegliò: «Mi fa
vedere il biglietto per piacere?»
Julien si svegliò di soprassalto, si stropicciò gli occhi per
riprendersi, poi disse: «Devo averlo in tasca, ora controllo.»
Si passò le mani in tasca, anche se sapeva di non avere il
biglietto con sé.
«Credo di averlo perso, l’avevo in tasca» disse Julien.
«Lo sa che le devo fare una contravvenzione?» disse il
controllore. Julien abbassò il volto e rimase in silenzio.
«Mi dia un documento per favore» disse poi il controllore.
«Non ho documenti con me» rispose Julien.
Il controllore lo guardò per qualche istante negli occhi, poi
gli disse: «Scendi di qui e vattene!»
«La prego non mi faccia scendere, devo raggiungere
immediatamente una persona che non sta bene!» implorò
Julien.
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«Non mi interessa, scendi subito dal treno!» gridò il
controllore.
Il ragazzo obbedì e scese dal treno che nel frattempo
si era fermato in una stazione. Di fuori pioveva a dirotto e
Milano distava da lì circa un’ora. Camminando a fatica uscì
dalla stazione e si portò in strada per fare l’autostop.
La pioggia cadeva incessantemente ed era tutto bagnato
fradicio. Il rumore delle gocce che morivano nell’asfalto si
confondeva con il suono cupo dei tuoni, mentre i fulmini
squarciavano il cielo. Non si sentiva bene, aveva bisogno di
sedersi da qualche parte. Dal momento che nessuno si
fermava, decise con un gesto disperato di mettersi al centro
della strada nel tentativo di fermare la prossima auto che
sarebbe passata di lì.
Scorse dei fari avvicinarsi lentamente. Agitò le braccia, alzate
verso il cielo, con ampi movimenti a destra e sinistra.
L’auto si fermò e Julien si avvicinò al finestrino del
conducente:
«La prego mi dia un passaggio!» disse con aria
implorante. L’auto stava andando proprio verso Milano e il
conducente lo fece salire a bordo.
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Come l’alba dopo la notte
A causa della pioggia ci volle più tempo del previsto per
arrivare all’ospedale. Vi giunsero quando ormai stava
spuntando l’alba. Dopo aver ringraziato il conducente Julien
cercò più in fretta possibile di raggiungere Kate.
Pregava dentro di sé di ritrovarla ancora in vita. Prese
l’ascensore e salì al secondo piano. Il corridoio che portava
alla sua stanza era deserto e c’era un gran silenzio.
La porta della stanza della ragazza era socchiusa e Julien la
spinse lentamente per entrare.
La scena che si presentò subito ai suoi occhi lo trafisse come
una spada infilzata nel petto; trovò infatti i genitori di Kate
accanto al letto della figlia.
Il padre era seduto su una sedia, col volto chino, mentre le
stava tenendo la mano destra, la madre invece era
inginocchiata a terra e stava piangendo con la testa
appoggiata sul suo ventre.
Julien avrebbe voluto dire qualcosa ma non riusciva
a parlare. Sentiva come un nodo alla gola che lo soffocava.
Si avvicinò al letto di Kate e la osservò. Aveva gli occhi
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chiusi e in volto un’espressione distesa, serena. Un tumulto
di emozioni cominciarono ad agitarsi nel suo petto e
culminarono in un pianto fragoroso. Si avvicinò allora alla
finestra e si coprì il volto con le mani. Non riusciva a
perdonare a se stesso il fatto di non essere riuscito ad arrivare
in tempo; non riusciva a stare lì, impotente, a guardare Kate
morta.
Alzò poi lo sguardo verso la finestra e ricordò tutti i momenti
più belli vissuti accanto a lei; come in un film rivide se
stesso passeggiare insieme alla ragazza sul lungomare, mano
nella mano, rivide il suo dolce sorriso e i suoi occhi. Avvertiva
ancora il calore dei suoi abbracci e il sottile suono della
sua voce. A un certo punto la madre di Kate disse a Julien:
«Vieni qui, devo darti una cosa.» Julien si voltò incuriosito
verso di lei.
«Questa è una busta che Kate mi ha chiesto di consegnarti
» proseguì poi la signora mentre tendeva il braccio, con la
busta in mano, verso Julien. Il ragazzo si avvicinò lentamente,
prese la busta e la aprì mentre si riavvicinava alla finestra. Al
suo interno c’era una lettera e un braccialetto color argento
in cui erano incisi dei piccoli soli.
Julien spiegò rapidamente la lettera in cui erano scritte
queste parole: «Ciao Julien, temevo che non ci saremmo
più rivisti, che non ce l’avrei fatta a sopravvivere fino al tuo
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ritorno, ho così affidato le mie ultime parole per te alla penna.
Ci tenevo a dirti che accanto a te ho passato i più bei
momenti della mia vita e mi hai fatto provare delle stupende
emozioni.
Anche se fisicamente non ti sarò più accanto, sappi che
veglierò sempre su di te. Portami anche tu nel tuo cuore,
sempre.
Ricordi cosa c’era scritto in quel braccialetto che mi regalasti?
Per sempre insieme. Vedrai che sarà così! In questa
busta troverai un braccialetto, che ti comprai prima di scoprire
di essere ammalata. Vi sono incisi dei soli e ho scelto
di regalartelo perché il sole è simbolo di luce, spazza via il
buio. Porta anche tu luce nella tua vita eliminando tutte le
oscurità, riavvicinati alla tua famiglia e decidi cosa vuoi fare
nella vita solo dopo aver ascoltato il tuo cuore. Ora mi
raccomando, basta piangere, perché so che è così. Non so
dove, non so quando, ma un giorno ci rivedremo, sono sicura.
La tua Kate.»
Julien non riusciva ad arrestare le lacrime che copiosamente
sgorgavano dai suoi occhi, non ce la faceva ad accettare
di averla persa per sempre. Con un po’ di fiato che
gli era rimasto chiese alla madre di Kate: «Quand’è che è
morta?»
Lei rispose: «Circa un’ora prima che arrivassi tu.» Julien
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si avvicinò alla ragazza, estrasse dalla sua tasca il braccialetto
che le aveva regalato tempo prima e glielo infilò al polso.
Poi tenne per qualche istante tra le sue la mano sinistra di
Kate e le sussurrò: «Ciao Kate.»
Straziato dal dolore, uscì dalla stanza e si appoggiò con una
spalla al muro mentre con una mano cercava nelle tasche un
fazzoletto per asciugarsi le lacrime.
All’improvviso squillò il suo cellulare, era sua madre: «Julien,
dove sei finito? Stai bene?» e Julien rispose: «Sì mamma
sto bene, venite a prendermi per favore.» Julien spiegò
alla madre dove si trovava e dopo un po’ i genitori vennero a
prenderlo per riportarlo a casa.
Riprendere la vita senza Kate non fu affatto facile per Julien,
ma alla fine quell’incontro aveva dato una svolta alla sua
vita; aveva capito cosa significava amare e perdere la persona
amata. Per questo decise di continuare gli studi di medicina,
per cercare di salvare coloro che il male tenta di strappare alla
vita. Attraverso i loro occhi avrebbe rivisto Kate, e avrebbe
lottato per curarli come se avesse avuto davanti lei. Stava
affacciandosi l’alba di una nuova vita per Julien, l’alba dopo la
notte.
Trascorsero dieci anni dalla morte di Kate. Julien stava nel
terrazzo della sua casa, affacciata sul mare. Stava dipingendo
con i colori a olio su una tela lo splendido tramonto che si
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presentava ai suoi occhi, quando squillò il suo cellulare.
Dall’altra parte la voce di un’infermiera disse: «Dottore
dottore, accorra presto all’ospedale, Nicolas si è risvegliato
dal coma!»
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