Martin Sec e simili: le antiche pere piemontesi da cottura

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Martin Sec e simili: le antiche pere piemontesi da cottura
Tecnica
SPECIALE PERO
Martin Sec e simili: le antiche
pere piemontesi da cottura
Francesca Costamagna - Lorenzo Berra - Cristiano Carli - Silvio Pellegrino
Consorzio di ricerca e sperimentazione per l’ortofrutticoltura piemontese (CReSO) - Cuneo
La famiglia delle varietà autoctone
derivate da Martin Sec è ampia
e di lunga tradizione produttiva
in vaste aree del Piemonte.
In due secoli si sono tramutate
da alimento povero, tipico
delle civiltà contadine, in preparati
di eccellente gastronomia.
Un esempio eloquente di come
il cibo si è adeguato al progresso
della società nel corso del tempo.
I
l Piemonte è una delle regioni più
ricche di germoplasma frutticolo,
soprattutto per quanto riguarda le
pomacee: sono oltre 400 le varietà di
melo (Bounous et al., 1992) e alcune
decine quelle di pero (Radicati et al.,
2003) descritte e conservate ex situ. Alcune sono oggetto di coltivazione mai
del tutto interrotta, contribuiscono alla
biodiversità del territorio e alimentano
interessanti nicchie di mercato. L’ampiezza della piattaforma pomologica
non deve stupire. Nei secoli del Barocco e dell’Illuminismo, quando si verificò un’ampia diversificazione varietale
nell’Europa occidentale, il Piemonte
era parte di Stati che si estendevano da
entrambi i versanti delle Alpi, una cerniera al centro dell’Europa.
Le pere più diffuse negli ambienti
pedemontani sono quelle da cottura. Al
tempo dei fruttai erano infatti le varietà
che si potevano conservare per più mesi, contro le poche settimane di quelle
da consumo fresco, fornendo la materia prima per gustosi dessert nei mesi
invernali. Serbevolezza e idoneità alla
cottura vanno di pari passo e sono connesse alla polpa ben “strutturata”, poco
succosa e consistente. Frutti di questo
tipo, specie se la polpa è disseminata
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5La struttura della piramide tronca crea suggestivi effetti di “foresta incantata”.
di sclereidi, non sono un granché per
il consumo fresco, mentre “tengono” le
alte temperature del forno.
Il Martin Sec
La varietà di riferimento per le pere da cottura è Martin Sec. È originaria delle Alpi occidentali (Gallesio,
1817), difficile stabilire di quale degli
attuali versanti italiano o francese. Anticamente era conosciuta come Pera di
San Martino e sono noti molti sinonimi:
Martin Sec d’hiver, Cannellino, Cavicchione, Garofala, Garofolino, De Saint
Martin, Roggia, Rousselet d’hiver, denominazioni assunte nelle diverse regioni
in cui si è in seguito diffusa. Il nome
Martin Sec è legato a due caratteristiche
di rilievo della varietà: Martin fa riferimento all’epoca di maturazione tardiva (fine ottobre – inizio novembre), in
corrispondenza della ricorrenza di San
Martino, il capodanno dell’annata agraria. Sec (“secco” in italiano) si riferisce
all’asciuttezza della polpa e forse anche
alla piccola pezzatura.
La buccia è bronzata, completamente rugginosa, talvolta con sfaccettature aranciate/rossastre nelle zone
di altitudine e nelle parti esposte della
chioma. È inoltre spessa e coriacea, tale
da contrastare lo sfaldamento del frutto
alla cottura. La forma è intermedia tra
5Martin d’l Boso.
turbinato e piriforme. La pezzatura piccola (100–120 g) è un altro punto di forza per la cottura: il frutto cuoce in modo
uniforme. La polpa, bianco-giallastra,
è poco succosa, compatta, granulosa
e ricca di sclereidi. Il sapore è molto
dolce, aromatico, ma tannico e astringente a maturazione incompleta. Nel
complesso, il gusto del frutto tal quale è
mediocre, mentre la qualità organolettica alla cottura è di sicura eccellenza: è
probabilmente la miglior varietà di pero
da cottura. Cuocendo, la polpa soda e
consistente si intenerisce al punto giusto: si fa morbida senza disfarsi. Le piccole dimensioni dei frutti ne agevolano
una cottura rapida e omogenea. Anche
la buccia, spessa e rugginosa, fa la sua
parte: resiste bene alle alte temperature
del forno, raggrinzisce senza sfaldarsi.
I frutti, molto serbevoli, si raccolgono nella terza decade di ottobre e maturano in fruttaio da fine dicembre a marzo. La varietà non è affine al cotogno; è
tradizionalmente innestata su franco. Si
ottengono alberi longevi, di dimensioni
notevoli, allevati in forme in volume a
pieno vento, perlopiù a piramide tronca perché il vaso mal sopporta i carichi
nevosi. Si tratta spesso di filari isolati e
piante sparse che producono un effetto
paesaggistico di rilievo sullo sfondo dello “skyline” alpino.
Dagli anni ’80 del secolo scorso
sono stati realizzati impianti intensivi,
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ancorché di modeste dimensioni. Sono
innestati su cotogno BA 29 con l’intermedio di Madernassa o Passacrassana.
La densità è di 1.200–1.400 alberi/ettaro e l’altezza è contenuta entro 3,5 m.
In questo modo si possono utilizzare le
piattaforme semoventi per le operazioni
di potatura e raccolta, riducendo i costi e soprattutto i rischi di cadute per gli
operatori. Martin Sec è poco sensibile a
ticchiolatura.
Il gruppo delle “Martin-simili”
Nonostante la rusticità e la tolleranza alle malattie, la produttività di Martin
Sec è solo media e talora incostante (Latino, 1990). Probabilmente questo punto debole ha indotto, in epoche in cui
la fame era endemica nelle vallate alpine, a selezionare varietà “Martin-simili”
più affidabili sotto il profilo produttivo.
Si tratta probabilmente di semenzali ottenuti da libera impollinazione di Martin Sec, che rappresenterebbe la varietà
“capostipite” del gruppo. Sebbene tale
ipotesi sia comunemente accettata, non
è ancora stata sottoposta al vaglio della
biologia molecolare, che consentirebbe
di stabilire i reali rapporti di parentela,
oltre ad eventuali sinonimie. Le varietà
del gruppo hanno mantenuto il nome
Martin, declinato con riferimenti alle
dimensioni del frutto (Martinon, Dobi),
alle località di origine o di diffusione
(Saluse, Sala) e a persone (Berton, Supertin). La varietà Madernassa fa parte
di questo gruppo, ma ha raggiunto una
notorietà e una diffusione tali da essere
generalmente trattata a parte. Dal punto di vista qualitativo le “Martin-simili”
sono ritenute un po’ meno gustose della varietà capostipite. Probabilmente, la
pezzatura più elevata influisce negativamente sui risultati della cottura.
La Madernassa
Anche la cultivar Madernassa fa parte della famiglia delle “Martin-simili”
per le caratteristiche pomologiche e
verosimilmente per l’origine genetica:
figlia o nipote di Martin Sec. La storia di
questa varietà è ampiamente descritta
in bibliografia (Carlone, 1950; Branzanti e Sansavini, 1964) e ancora ben nota
ai frutticoltori del Roero, il territorio collinare sulla sinistra del Tanaro nel Sud
Piemonte. La pianta originaria nacque
da un seme di libera impollinazione in
un appezzamento della Cascina Gavello della Borgata Madernassa, “che sorge
su di una collina esposta a levante tra i
comuni di Guarene e Castagnito”. Per
quanto riguarda l’origine genetica, già il Cavazza (1908)
riteneva che derivasse da una
libera impollinazione della varietà Martin Sec, traendo tale
convincimento dal raffronto
dei caratteri morfologici e istologici dei rami, delle foglie e
dei fiori delle due varietà.
La data di nascita si può stabilire con buona approssimazione, se si pensa che la pianta
madre fu abbattuta nel 1914, 5Impianto intensivo di Madernassa in Valle Grana.
quando aveva circa 130 anni.
“Quando cominciò a portare i primi frutti, il proprietario
poté apprezzarne la bontà e
quando l’albero si dimostrò
rustico e vigoroso, provvide a
propagarla sovrainnestandola su alcuni peri. Ben presto
i pregi colturali e qualitativi
della varietà furono conosciuti dai vicini che la moltiplicarono nei loro poderi e così a
poco a poco si estese in tutto
il territorio albese” (Carlone, 5Martin Sec: piante sparse intorno a un cascinale.
l.c.). La Madernassa è coltivata
nell’Albese e più in generale nel Cuneese fin dal XIX secolo. Le caratteristiche
pomologiche e agronomiche furono descritte per la prima volta da Cavazza nel
1908, il quale ne illustrò la rusticità, la
produttività e la lunga vita. Nel 1927 la
varietà fu portata all’attenzione dei frutticoltori italiani per merito del Boni, che
in occasione del Convegno nazionale
di frutticoltura di Lugo di Romagna (Ra)
ne consigliava l’adozione anche in altre
province dell’Italia settentrionale. Già
a fine ’800 veniva commercializzata in
tutta Europa per il suo intenso sapore 5Confetture di Madernassa.
e per la predisposizione come pera da
cuocere, caratteristiche gradite, in particolare, ai mercati inglesi e tedeschi.
Il frutto è di media grandezza, con
fossa calicina poco profonda e peduncolo lungo e sottile. La buccia è sottile,
liscia con fondo verde scuro che vira al
giallo a maturità; talvolta è sfumata di
rosso aranciato nella parte esposta al
sole; presenta numerose lenticelle evidenti di colore grigio scuro. In ambiente umido e nelle zone di pianura, dove
sono frequenti le nebbie al mattino, la
buccia si ricopre di aree più o meno ampie di rugginosità, che in qualche caso
ne ricopre tutta la superficie. La polpa è
bianco crema–giallo paglierino, molto
soda, con profumo tipico, leggermente
astringente, soggetta ad ammezzimento
durante la post-maturazione. È disseminata di sclereidi (formazioni granulose
lignificate), leggermente fastidiose per il 5Succo limpido artigianale di Madernassa.
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Tutte le figlie di Martin Sec
Martinon (Martinone in italiano, sin. Martinazza)
Nel lessico piemontese la o si pronuncia come la u dell’italiano. Deve il suo nome alla
notevole pezzatura dei frutti, se confrontata con quella di Martin Sec. La denominazione
Martinon non è univoca, talvolta è confusa con il Martin doppio e non si può escludere con
certezza che si tratti della stessa entità. La buccia, color bronzo, è completamente rugginosa; la polpa è consistente e granulosa, di sapore dolcissimo. Tradizionalmente veniva
consumata cotta, benché di qualità non equiparabile a quella di Martin Sec. Si raccoglie
intorno alla seconda decade di ottobre e matura in fruttaio tra dicembre e marzo. La cultivar
è nota anche con i sinonimi di Bagnola (si tratta di un toponimo, in questo caro riferito al
comune di Bagnolo Piemonte) e Cannellina Tonda.
Martin Dobi (Martin doppio).
Il nome riferisce delle sue dimensioni: sensibilmente superiori (doppie) a quelle del Martin Sec. L’albero presenta lo stesso vigore di Martin Sec, con i rami meno sottili e lembo
fogliare più ampio. L’affinità di innesto con il cotogno è scarsa e la pianta è leggermente
sensibile a ticchiolatura.
Martin Berton (Martin Bertone)
Di piccola pezzatura, il frutto ha buccia e polpa di colore giallo. La superficie esterna è
completamente rugginosa. Al palato la polpa è dolce e aromatica, connotata da una considerevole presenza di sclereidi. Un tempo era diffuso in tutto il Piemonte occidentale (in particolare ai confini tra le province di Cuneo e Torino); oggi la sua presenza è molto limitata.
Martin Bianc (Martin Bianco)
Questa antica “Martin-simile” deriva il nome dal colore bianco crema della polpa, che la
distingue dalle altre pere della stessa tipologia. L’epicarpo del frutto è giallo e completamente rugginoso. La granulosità della polpa è lieve, il sapore buono e profumato, la consistenza compatta e croccante.
Martin d’l Bòso
Ha dimensioni leggermente superiori al Martin Sec. Il nome della varietà è un probabile
riferimento al biancospino, “bòso” (in piemontese si pronuncia bosu, con la s dura). Anticamente, infatti, il pero veniva innestato anche sul biancospino (Crataegus spp.), spontaneo e comodamente disponibile intorno alle cascine e lungo le siepi. Come portinnesto,
il biancospino dà origine a piante di pero dal vigore contenuto, ma che entrano presto in
produzione. È una specie molto pollinifera, cosicché le piante innestate presentano un
aspetto curioso di alberi bi-membri (pero/biancospino), con un cespuglio basale di rami
spinescenti. La buccia del Martin d’l Boso è gialla e rugginosa. La polpa è bianca, granulosa e aromatica.
Martin d’la Sala (Martin della Sala)
È una varietà selezionata a partire da Martin Sec nel comune di Barge, in Borgata Sala (da
cui il nome). La pezzatura del frutto è media; il colore di fondo giallo e la rugginosità estesa
all’intera superficie. La polpa è molto dolce e aromatica, piuttosto granulosa al palato. Oggi
ne rimangono pochi esemplari.
Martin d’ Saluse (Martin di Saluzzo)
Si distingue per la granulosità meno pronunciata e la scarsa dolcezza della polpa. Un tempo molto diffusa nel territorio di Saluzzo – cui deve il nome – è oggi quasi completamente
scomparsa in situ.
Supertin (Supertino)
Pera invernale, locale del cuneese (Branzanti e Sansavini, 1964). Il nome della varietà
deriva dalla famiglia di frutticoltori che la scoprì all’inizio del ‘900. Fu Francesco Supertino
a selezionare la varietà da un semenzale di Martin Sec presso la propria cascina in Via
Garibaldi a Lagnasco (Cn). Il pronipote Francesco ha raccontato agli autori di come la
sua famiglia si trasferì nel 1950 a Savigliano, in frazione Solere, portando con sé anche
la varietà di pero. Oggi Francesco Supertino è titolare di un’azienda agricola a Savigliano
(in Strada San Salvatore), dove coltiva un pereto di Supertin; piante innestate su cotogno
e molto produttive. I frutti, più grandi del Martin Sec, sono ottimi aspersi di vino rosso e
cotti al forno. La buccia ha colore di fondo giallo velato da un tenue sovraccolore rosso
ed è completamente coperta da rugginosità. La polpa è bianca e poco granulosa, dolce e
profumata.
Ciat
Si tratta di una varietà originaria di San Maurizio, una frazione del comune di Bagnolo (Cn)
selezionata all’inizio del ‘900 dal Sig. Marconetto (Latino, 1990). Per questo è nota anche
come Marconet. Si raccoglie intorno alla seconda decade di ottobre e matura in fruttaio tra
novembre e febbraio. I frutti, molto serbevoli, sono di media pezzatura; la buccia verdegiallo è rugginosa e punteggiata di numerose lenticelle; talvolta compaiono leggere sfumature rosa. Anche in questo caso la polpa è soda, compatta e granulosa.
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consumo fresco, ma apprezzate ed efficaci nel regolare le funzioni intestinali.
Nel secolo scorso era considerata una
varietà a duplice attitudine. Oggi che si
preferiscono le pere a polpa fondente
e burrosa, sarebbe considerata una varietà di seconda scelta. Per il consumo
fresco si è così ritagliata una nicchia
per i consumatori che ne apprezzano
la polpa succosa e aromatica, mentre
la destinazione prevalente è diventata
la trasformazione. A livello artigianale
si presta per essere cotta o essiccata.
L’industria ne ottiene succhi limpidi di
ottima qualità tecnologica con spremitura a freddo.
La rusticità della Madernassa è notevole: questo pregio colturale, unitamente alla fertilità, alla tolleranza alle
malattie crittogamiche – in particolare
alla ticchiolatura – e alla bontà del prodotto, ha contribuito alla sua diffusione.
L’epoca di raccolta va da fine settembre,
in collina, a fine ottobre nelle vallate.
La diffusione sul territorio
Le varietà del gruppo Martin Sec
sono presenti in tutto il territorio pedemontano della provincia di Cuneo: dal
Saluzzese alla Valle Pesio, fino all’Alta
Langa. I frutteti professionali di una certa dimensione sono rari. Più spesso si
tratta di filari sparsi, in consociazione
con prato o cereali vernini. Se ne ottiene una produzione di nicchia, per filiere corte (agriturismi, mercati contadini,
ecc.) che impreziosiscono il territorio
con prodotti autenticamente tipici, legati ad aneddoti e ricchi di storia. Merita di essere preservata e valorizzata,
affinché non se ne perdano tracce e
ricordi. La superficie complessiva del
gruppo Martin Sec in Piemonte è stimata in alcune decine di ettari, per una
produzione che oscilla tra 300 e 500 t.
La cv Madernassa è invece ancora presente in impianti professionali o
semi-professionali. È oggi presente sporadicamente in tutti gli ambienti a vocazione frutticola della provincia di Cuneo, risale le vallate alpine e vanta una
presenza costante nei frutteti famigliari.
La coltivazione si è però concentrata in
due aree distinte, entrambe ad elevata
vocazionalità. La prima è il territorio di
origine: il Roero, in particolare i comuni di Canale, Baldissero, Castellinaldo,
Sommariva Perno, Vezza d’Alba, ecc. I
pereti sono distribuiti sulla fascia mediana dei rilievi collinari, mentre lasciano alle drupacee – pesco, albicocco in
particolare – la parte sommitale. La rusticità della Madernassa consente infatti
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5Martin Dobi: la cottura.
5Fruttificazione di Martinon.
5Martin Sec.
5Frutti di Madernassa.
di sfuggire al rischio di gelate primaverili, che aumenta al scendere dell’altimetria. Viceversa i terreni della fascia
intermedia mantengono una più elevata
dotazione idrica nel corso dell’estate,
ciò che consente un regolare accrescimento dei frutti anche in annate siccitose.
La seconda area di elezione è la
bassa Valle Grana, in particolare i terreni pianeggianti di Valgrana e Caraglio.
L’ambiente pedemontano, ad altimetria
elevata (600–700 m s.l.m.), caratterizzato da estati fresche ed accentuazione
delle escursioni termiche giorno/notte nel periodo precedente la raccolta,
conferisce struttura e consistenza alla
polpa, migliorandone la serbevolezza,
ma anche la tenuta alla cottura. Qui
i terreni sono di origine alluvionale,
franco-sabbiosi, dotati di una buona regimazione idrica, sia per la favorevole
distribuzione delle precipitazioni, sia
per la disponibilità irrigua di acque di
torrente. L’attuale superficie coltivata a
Madernassa si aggira intorno a 70 ettari
nel Roero e 40 ettari nella Valle Grana.
Se ne ottiene una produzione complessiva di circa 2.500 t.
Al di là degli aspetti produttivi, le varietà di pere da cottura del gruppo Martin Sec e Madernassa rivestono un ruolo
importante per il territorio piemontese
perché ne arricchiscono e connotano il
paesaggio. I filari in coltura promiscua
consociati al prato e ai cereali, o i gruppi di alberi storici di oltre 50 anni di età
disegnano tratti armoniosi sulle colline
del basso Piemonte. Si tratta spesso di
esemplari imponenti, che si ergono,
quasi monumenti, contribuendo a preservare la biodiversità del territorio.
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Percorsi di valorizzazione
Le pere da cuocere così come le conosciamo oggi – ingrediente di pregio
per la realizzazione di dessert sfiziosi,
in abbinamento con altri ingredienti nobili – affondano le loro radici in un passato lontano. Da allora, almeno un paio
di secoli, si sono tramutate da alimento
povero e funzionale (i frutti si conservavano per tutto l’inverno) in un preparato
di eccellente gastronomia, spesso proposto nei migliori ristoranti. Le varietà
di pero da cottura “Martin Sec-simili”
sono un eloquente esempio, certo non
l’unico, di come il cibo si sia nel corso
del tempo adeguato al progresso della
società: ciò che era inteso per la sussistenza delle famiglie più povere diviene
prodotto ricercato ad elevato valore aggiunto.
E tuttavia la gastronomia moderna
ha fatto tesoro delle metodiche di cottura usate un tempo nelle case contadine, limitandosi ad impreziosire i frutti
con ingredienti oggi comuni (Giordano
et al., 1980). Il vecchio forno alimentato dal calore del “poutagè” (la stufa
a legna che riscaldava l’ambiente) è
stato abbandonato, ma non la pratica
di disporre i frutti interi in una teglia e
aspergerli di un buon vino rosso prima
di avviarli alla cottura. La naturale dolcezza della polpa, accentuata dalla cottura, non faceva avvertire la mancanza
dello zucchero; il vino e il calore della
cottura ne esaltano da sempre la spiccata aromaticità.
La struttura della polpa, la dolcezza del sapore e l’aromaticità sono le
caratteristiche che rendono queste pere speciali per la cottura ancora oggi.
Il tempo alle elevate temperature del
forno intenerisce al punto giusto sia la
buccia (di per sé coriacea), sia la polpa,
che diviene morbida e fondente al palato senza squagliarsi. Il frutto cotto appare imbrunito dal vino e dalla cottura,
raggrinzito, ma perfettamente integro e
può essere affettato con un cucchiaio
o una forchetta da dessert. È come se il
forno le rendesse più simili alle pere da
consumo fresco che conosciamo oggi,
smussando le spigolosità organolettiche
del frutto fresco. La trasformazione artigianale e talvolta anche industriale ha
riscoperto queste antiche varietà di pero
grazie alle buone potenzialità tecnologiche dei frutti. Così come si prestano
bene ad essere cotte, le pere “Martin-simili” mostrano una notevole attitudine
alla trasformazione. È dunque possibile acquistare in negozi specializzati o
agriturismi della zona composte di pere
sciroppate, confetture, succhi. In questo
caso la trasformazione tecnologica conferisce un ulteriore valore aggiunto al
prodotto, valorizzandone l’aspetto, rendendolo sempre più versatile e adatto
ad impieghi e situazioni differenti e ampliando ulteriormente la disponibilità di
prodotti a base di pere “Martin-simili”.
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