Tutto il popolo tendeva l`orecchio al libro della legge
Transcript
Tutto il popolo tendeva l`orecchio al libro della legge
www.movimentoapostolico.it Anno 31 n. 13 - 22/06/2014 e-mail: [email protected] Tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge Nei secoli scorsi, secondo la regola di Melchior Cano, i luoghi della teologia si fondavano su ben dieci autorità: “La Sacra Scrittura, la Tradizione Apostolica, l'autorità della Chiesa cattolica, l'autorità dei Concili ecumenici, l'autorità del Sommo Pontefice, la dottrina dei Padri della Chiesa, la dottrina dei dottori scolastici e dei canonisti, la verità razionale umana, la dottrina dei filosofi, la storia”. Un buon teologo era obbligato a servirsi d'ognuno di essi per produrre una buona, anzi eccellente riflessione sui misteri della fede. Sant’Agostino ha coniato l’adagio: “Credo ut intelligam, intelligo ut credam – credo per comprendere, comprendo per credere - ”. Ogni buona riflessione sulla fede apre l’intelligenza a più alti traguardi nella comprensione del mistero. Ma anche ogni più alto traguardo nella comprensione apre la fede ad una chiarezza sempre nitida e splendente. La fede illumina la ragione, la ragione illumina la fede. Insieme sono forza. Separate sono debolezza. Un altro adagio così recita: “fides non cogitata, nulla est – la fede non pensata è nulla - o secondo la frase di Sant’Agostino: quoniam fides si non cogitetur, nulla est – Se la fede non viene pensata, meditata, se non si riflette su di essa, è nulla”. La fede mai dovrà essere sottoposta alla mente dell’uomo. La mente dell’uomo dovrà aiutare la fede a non essere fideismo, superstizione, idolatria, empietà, superficialità, chiusura a Dio, tentazione contro il Signore. Tutte queste vie e modalità da sole sono sufficienti al teologo per offrire a credenti e non credenti una attuale, aggiornata, riflessione sul mistero e sulla verità che la sua fede professa? Il passato potrà divenire presente e aprire delle piste verso il futuro solo perché la mente credente lo contempla, lo medita, riflette su di esso? Bastano le dieci autorità ad aggiornare il mistero e a renderlo fruibile alle anime assetate di verità, giustizia, più grande luce? La risposta è un no assoluto. Il passato mai potrà essere trasformato in presente aperto verso un futuro dalle dieci autorità di cui ci serviamo, anche se utilizzate in modo correttissimo. La mente umana può anche intuire qualcosa, può anche vedere il limite che impedisce al passato di divenire presente di vera salvezza, purtroppo deve confessare la sua pochezza, la sua nullità, dinanzi ad un mistero sempre nuovo per essa. Dobbiamo allora considerarci sconfitti o rinchiuderci in un passato e fissare il nostro sguardo stabilmente in esso? Per grazia di Dio questo mai avverrà. L’autorità che manca nei dieci luoghi della teologia è quella suprema del nostro Dio. È quella vera rivelazione dello Spirito Santo, nell’oggi della storia, che conduce i credenti a tutta la verità. La vera teologia non la fa l'uomo. La fa lo Spirito Santo con l’uomo che si lascia prendere per mano e condurre da Lui nello splendore della verità. È lo Spirito del Signore, invocato con preghiera umile e costante, l’Attore, l’Autorità che dona autorità ad ogni regola pensata per scrivere o per proferire della buona teologia. Ma lo Spirito Santo è lo Spirito di Cristo Gesù, della sua Parola. Lui viene per illuminarci sulla Parola di Gesù, sulla sua verità, sul suo mistero. Lo Spirito illumina mentre si medita la Scrittura, la si legge, si riflette su di essa in un clima di preghiera e di grande umiltà, nell’ascolto comunitario. Lui non parla solo attraverso uno, bensì attraverso tutti. Il metodo innovativo di Esdra è sempre valido: “Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. I leviti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura” (Ne 8,1-12). La Scrittura non può essere usata come uno dei luoghi della teologia. Deve essere il luogo per eccellenza. Tutti gli altri luoghi sono di aiuto ad essa. Essa può avvalersi di tutti, ma da nessuno sarà mai sostituita o messa da parte. Lo Spirito Santo parla alla mente credente, orante, umile, sottomessa, attraverso la Scrittura. Come il Padre parla a noi attraverso Cristo Signore, così lo Spirito Santo parla a noi attraverso Cristo Gesù, attraverso il suo mistero. Divenendo noi mistero di Cristo, dal mistero di Cristo lo Spirito parla per illuminare con sempre perenne attualità lo stesso mistero. Poiché lo Spirito e la Parola sono una cosa sola, Parola, Spirito, Teologo devono essere una cosa sola. Lo Spirito parla attraverso la Parola del teologo se il teologo è una cosa sola con Cristo e con la Parola. Una sola essenza, una sola missione, una sola verità, una sola santità, una sola obbedienza, un solo amore, una sola speranza. Se questa unità con Cristo non viene creata, lo Spirito Santo non può parlare attraverso l’uomo e questi diviene un traslocatore di idee vecchie da un libro ad un altro, da una rivista ad un’altra. Una verità traslocata non è una verità aggiornata alla sua pienezza dalla potente luce dello Spirito Santo. Vergine Maria, Madre della Redenzione, in te la Parola Eterna, il Suo Verbo si è fatto carne per opera dello Spirito Santo. Aiutaci a far sì che anche in noi la Parola di Dio si faccia carne, vita sempre nuova e attuale. Sac. Costantino Di Bruno Il Cenacolo, forgia della Chiesa apostolica Riflessioni a partire dall’omelia di S.S. Francesco nella Sala del Cenacolo (Gerusalemme, 26 maggio 2014) «È un grande dono che il Signore ci fa, di riunirci qui, nel Cenacolo, per celebrare l’Eucaristia. […] Qui, dove Gesù consumò l’Ultima Cena con gli Apostoli; dove, risorto, apparve in mezzo a loro; dove lo Spirito Santo scese con potenza su Maria e i discepoli, qui è nata la Chiesa, ed è nata in uscita. Da qui è partita, con il Pane spezzato tra le mani, le piaghe di Gesù negli occhi, e lo Spirito d’amore nel cuore» (Omelia). Il Cenacolo viene colto dal Santo Padre come un “luogo” sorgivo, dove la Chiesa è chiamata sempre a lasciarsi convocare per essere rigenerata; confermata e rinnovata nella sua identità; purificata per non cadere nel meschino tradimento del suo Maestro; partorita, custodita, rafforzata dalla vicinanza essenziale della Vergine Maria nell’invocazione di una perenne Pentecoste; inviata a svolgere la missione apostolica nella potenza dello Spirito Santo effuso dal Risorto. Nel Cenacolo è come se vi fosse in sintesi la storia della Chiesa. In esso vi sono gli esordi della Chiesa, lo stile della Chiesa, vi sono le sue sofferenze, le sue certezze e le sue speranze, vi sono i “mezzi” e gli “strumenti” perché si adempia la sua missione ed anche la prefigurazione escatologica di quello che sarà la Chiesa celeste, quando ogni fedele discepolo di Cristo potrà raccogliere il frutto delle sue fatiche (cf. Omelia). Tra questi punti penso possa ritornare utile approfondire la dinamica che il Santo Padre vuole indicare quando parla di una Chiesa in uscita, ma al tempo stesso capace di una memoriaviva, nello Spirito Santo, di quegli attimi. È come se venisse individuata una tensione verso una meta, per raggiungere la quale bisogna sempre aver chiaro il punto di partenza. Nel Cenacolo vi è la prefigurazione escatologica di quello che la Chiesa godrà nell’eternità beata. Per spiegare quanto voglio significare ricorro al Vangelo di Luca, il quale esprime a proposito qualcosa che può richiamare e completare il racconto giovanneo della lavanda dei piedi, proiettandolo in una luce eterna. Scrive l’evangelista: «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!», (Lc 12, 37-38). Le due “lavande” dei piedi sono legate. Quella che si vive nel Cenacolo ecclesiale è in funzione di quella che si celebrerà nel Cenacolo celeste. Alla luce di questo passo di Luca, penso si possa meglio comprendere la finalità per la quale sempre ogni credente deve ritornare nel Cenacolo ecclesiale, che sono le nostre chiese, le forge sempre accese dove si donano la verità della Parola e la Grazia dei sacramenti. Si va nel Cenacolo ecclesiale per acquisire la forma di Cristo, il quale «assumendo una condizione di servo […] umiliò se stesso facendosi obbediente sino alla morte e a una morte di croce». In quella forgia divina si contempla e si vive sacramentalmente l’annientamento nell’obbedienza del Figlio unigenito del Padre (cf. Fil 2,5-11), per assumere, consumare, quella vita ad immagine della quale siamo chiamati a trasformarci. Giovanni ricorda nel capitolo sesto che mangiare Cristo è vivere per lui (cf. Gv 6,57). Cioè si mangia Cristo nella sua integralità di Parola e di Grazia per trasformare in vita ogni parola ricevuta dal Padre in forza della potenza della grazia che si riceve in dono. La vita in Cristo è vita nella Parola e nella Grazia. Si entra nella Parola, per l’obbedienza della fede e per la grazia che ci viene concessa di poter ascoltare la predicazione piena di Spirito Santo di qualche apostolo o martire o profeta. Accolta la grazia della conversione, ci si apre al mistero della santificazione, accogliendo e accrescendo la grazia operante nei sacramenti per trasformare in vita tutta la Parola che Cristo ci ha lasciato. Questo itinerario mai finisce e mai s’interrompe. Solo per chi si cala con fede nella forgia del Cenacolo ecclesiale si compie il miracolo della cristificazione. E solo per chi si compie il miracolo della cristificazione nel “primo” Cenacolo, ripetute volte, nel tempo della storia, si realizzerà il grandioso miracolo dell’accoglienza nel “secondo” Cenacolo, quello eterno, dove si celebreranno le nozze tra il credente che è stato obbediente alla Parola e l’Agnello immolato (cf. Ap 19,1ss., in part. 7-9). In questo pellegrinaggio senza sosta dal “primo” al “secondo” Cenacolo, la Vergine Maria ha un ruolo determinante. Gli Atti degli Apostoli ce la rivelano presente in quel “primo” Cenacolo storico in preghiera con gli Apostoli, nell’attesa dell’effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente (cf. At 1,12-14). A Cana la sua presenza è vitale e necessaria per la riuscita delle nozze (Gv 2,1-12). Sotto la croce Ella riceve dal Figlio il comando divino di prendersi cura a titolo materno della Chiesa, venendo inserita nel mistero della generazione del Corpo di Cristo come verissima Madre. Che di verissima generazione si tratti lo dimostra l’opera dello Spirito Santo, necessaria perché si compia il parto di ogni singolo membro del Corpo ecclesiale. Come il Figlio è generato dal Padre, eternamente, nello Spirito Santo; come la stessa persona del Figlio fu generata, analogicamente, alla vera umanità dalla Madre, nel tempo e senza il concorso dell’uomo, solo per opera dello Spirito Santo; così anche il singolo credente viene generato da lei alla vita filiale per la potenza e l’opera dello Spirito Santo. È il suo grembo verginale il primo vero Cenacolo ecclesiale da cui prende inizio il pellegrinaggio verso il Cenacolo celeste. Vergine Maria, Madre della Redenzione, tu sei stata mossa a pietà dalla più pura misericordia divina. La Trinità ti ha mostrato l’uomo fuori dal Cenacolo della verità della Parola e della Grazia, e tu, Madre premurosa, per vocazione ancora ti sei manifestata all’uomo. A lui hai ricordato e ricordi che, se vuole entrare nel Cenacolo eterno, deve ritornare alle fonti della verità e della grazia, dispensate nel Cenacolo vivente della Chiesa. Fa’ che prendiamo sul serio ogni tua parola, ogni tuo gemito, ogni tuo anelito e desiderio di salvezza e, ritornando nel Cenacolo della Chiesa, ne usciamo “per dare al mondo una nuova anima”. Angeli e Santi, dateci una spinta divina e fate che ci convinciamo che la via per entrare nel Cenacolo celeste è solo quella di ritornare a lasciarsi cristificare nel Cenacolo ecclesiale. Sac. Giuseppe Deodato Il giorno del Signore a cura del Teologo Sac. Costantino Di Bruno Rito ambrosiano Verso il Sinodo sulla Famiglia MEDITARE “FAMIGLIA OGGI”. CICLO DI INCONTRI TRA FEDE E SOCIETÀ «Nel tempo che stiamo vivendo l’evidente crisi sociale e spirituale diventa una sfida pastorale, che interpella la missione evangelizzatrice della Chiesa per la famiglia, nucleo vitale della società e della comunità ecclesiale. Proporre il Vangelo sulla famiglia in questo contesto risulta quanto mai urgente e necessario» (Sinodo dei Vescovi, Documento preparatorio alla III Assemblea straordinaria). Nell’attuale clima culturale, che aria tira sulla famiglia? Il barometro segna condizioni di spiccata variabilità. Un ampio fronte instabile spinge intense correnti di ripensamento, e sembrano smuoversi i pilastri di un edificio che ha attraversato indenne le epoche e i millenni. Anche se si espone e non si nasconde al confronto con questo nuovo vento, la fede della Chiesa permane stabile: la famiglia, fondata da Dio sul matrimonio di un uomo e di una donna, riceve da Cristo la Grazia per edificarsi nell’amore fecondo, formare la persona e fondare la comunità degli uomini. Perché l’identità e la missione della famiglia sono così rilevanti per la fede della Chiesa? Quale lettura e quale contributo essa vuole offrire alla società in questo frangente culturale? Nello sforzo di interloquire con il mondo contemporaneo su queste domande, un Sinodo Straordinario dei Vescovi sta per essere interamente dedicato alla famiglia, mentre la Chiesa Italiana sta orientando tutto un decennio in funzione della “sfida educativa”. Come proprio contributo in questa prospettiva ecclesiale e culturale, il Movimento Apostolico, d’intesa con l’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace e con la partecipazione del Centro Studi Verbum, ha proposto un ciclo di dialoghi tra fede e società, quale occasione di riflessione e testimonianza sul “Vangelo della famiglia”. In ciascuno degli appuntamenti, ospitati nella Sala consiliare dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, un teologo si è confrontato con un interlocutore esperto in un particolare settore del panorama sociale. È stata presentata la famiglia fondata sul matrimonio come progetto di amore e dono di vita, quale emerge dalla Sacra Scrittura e dalla fede della Chiesa (Mons. Costantino Di Bruno, prof. Egidio Chiarella); si è riflettuto sulla misericordia come virtù necessaria per realizzare il progetto divino nella stabilità e nella fedeltà (Don Gesualdo De Luca, prof.ssa Maria Primo); è stata posta in luce la dimensione educativa di questo progetto, che fa della famiglia la “culla del nuovo umanesimo” (Don Francesco Brancaccio, prof.ssa Anna Guzzi); ci si è soffermati infine su paternità e maternità responsabili, in confronto con le risorse della scienza e i necessari riferimenti etici (don Nicola Rotundo, dr Benedetto Caroleo). Un ampio dibattito con il pubblico ha completato ogni singolo incontro. Un brano tratto dalla rubrica “Meditare” dell’Ispiratrice del Movimento Apostolico, letto nell’ultima serata, può sintetizzare nel suo spirito il messaggio di fede su cui il ciclo di incontri ha voluto riflettere e dialogare: “Grande è il mistero dell'amore! Un uomo ed una donna / formano una sola carne, / per donarsi, / per offrirsi, / per dare la vita / nella loro unione /e per darsi la vita”. Concetta Silipo Powered by TCPDF (www.tcpdf.org) VIA, VERITÀ E VITA Sappi perdonare tante volte come il Signore ha perdonato e perdona te. Ama come il Figlio dell'uomo ha amato e ama te fino alla morte di croce. Sii umile. Sii sottomessa. Sii obbediente per la fede, per la buona novella. Non fare diventare mai i tuoi pensieri, pensieri di Dio. Attenta! Diventeresti cieca. Non giudicare. Solo al Padre che è nei cieli, solo a lui spetta il giudizio e la sentenza. Ogni giorno, ogni attimo il male vuole entrare nel tuo cuore. Induriscilo per il peccato e inteneriscilo per il Cristo, il Cristo morto e risorto per il grande amore che ha avuto e che ha per te. Nella solitudine ricorda: non sei mai sola, c'è lui. Nella sofferenza non soffri mai da sola, c'è lui. La sofferenza per te sia sempre redenzione. Non c'è gioia se non gioisci per lui. Non c'è amore se non ami per lui. Lui, il Figlio del Dio vivente, lui solo, lui ti sazierà, ti ciberà, ti purificherà, ti disseterà. Solo lui ha parole di vita eterna. Non ti aspettare mai nulla dall'altro, dal tuo fratello, se questo fratello non conosce il Cristo. Chi è mio fratello? Colui che fa la volontà del Padre mio. Quando non hai il coraggio di rivolgerti a lui, sappi che la sua Mamma è lì pronta, con il suo grande mantello, a coprirti, a consolarti e, in questo grande amore di misericordia e di perdono, ti porta a lui per mano: "Figlio, è qui". In quel momento la tua strada e il tuo cammino diventano: via, verità, vita. Come bambini, prendetevi per mano, e al centro mettete lui e la sua Mamma. Solo così potrete raggiungere e far raggiungere, conoscere e far conoscere il Regno dei cieli. "Convertitevi e credete al Vangelo". Maria Marino Editore: Movimento Apostolico. Direttore Responsabile: Costantino Di Bruno. Autorizzazione n. 75 dell 8-2-1990 del Tribunale di Lamezia Terme. Direzione, Redazione, Amministrazione: Via B.Musolino, 23/D, Catanzaro. Periodico quindicinale non a scopo di lucro. Diffusione gratuita. Con approvazione ecclesiastica - Curia Vescovile di Nicastro Internet: www.movimentoapostolico.it - e-mail: [email protected]