ANICA SCENARIO

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ANICA SCENARIO
ANICA SCENARIO
17 - 19 gennaio 2015
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INDICE
ANICA SCENARIO
19/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Quei vuoti di memoria di Julianne: la forza di un'attrice straordinaria
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19/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Serie tv, se vincono i successi nati dal web
7
19/01/2015 La Stampa - Nazionale
Tra squali e tempeste i bei sogni di Lucky Lou
8
19/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
In Francia l'obiettivo è donna
10
19/01/2015 La Stampa - Nazionale
Amori, tradimenti fughe: i francesi li raccontano meglio
11
19/01/2015 La Stampa - Nazionale
È record d'incassi per American Sniper firmato Eastwood
13
19/01/2015 Il Tempo - Nazionale
Intrepido Rocky Torna a lottare
14
18/01/2015 Il Sole 24 Ore
Il bambino sovrumano
16
18/01/2015 Corriere di Verona - Verona
Cinema africano, festival tutto l'anno
18
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Agli Oscar esclusi gli afroamericani Sul caso «Selma» accuse di razzismo**
19
18/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
Le formiche con l'elmetto
20
17/01/2015 La Sicilia - Ragusa
Per Italo red carpet alla siciliana
21
17/01/2015 La Stampa - Nazionale
Solo i figli ci salveranno dalla commedia italiana
22
17/01/2015 Il Tempo - Nazionale
Gassman e il mito italiano «Interpreto l'uomo rampante che ha fatto male al Paese»
23
17/01/2015 Libero - Nazionale
È autolesionista continuare a copiare dai francesi
24
17/01/2015 La Nuova Sardegna - Nazionale
Arriva nella sale il provocatorio "Golzius" di Greenaway
25
17/01/2015 Il Giornale - Nazionale
Da Leopardi a Dante Il cinema italiano è sempre in cattedra
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17/01/2015 Milano Finanza
Nelle sale del cinema il 2015 parte bene
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17/01/2015 Avvenire - Nazionale
E sullo schermo tornano padri e figli
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17/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
«Che ridere i radical chic»
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17/01/2015 La Sicilia - Nazionale
Il regista Scimeca s'inventa distributore per il film "Biagio"
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17/01/2015 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Costumi, la stoffa dei sogni Va in scena l'Italia da Oscar
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16/01/2015 360com
La regia di azorìn in escLusiva per FiLmmaster productions
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16/01/2015 Il Giornale d'Italia
The Water Diviner: Russell Crowe tra storia e speranza
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16/01/2015 Engage.it
Branded Content: ecco i migliori progetti italiani del 2014
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ANICA SCENARIO
25 articoli
19/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Il film del Mereghetti STILL ALICE
Quei vuoti di memoria di Julianne: la forza di un' attrice straordinaria
L'Alzheimer dal punto di vista della malata. Un dramma che commuove
Paolo Mereghetti
Raccontare la malattia al cinema è uno dei campi minati più difficile da attraversare: per il rischio
dell'eccesso, del ricatto, a volte anche della superficialità. E perché lo spettatore spesso finisce per
«respingere» quasi inconsciamente un argomento che lo costringerebbe a confrontarsi con la parte più fragile
e indifesa di sé, mettendosi in gioco forse più di quanto non sia disposto a fare. Ma è anche la ragione per
cui, dalla parte dei registi e degli sceneggiatori, la «malattia» diventa una sfida che vale la pena di affrontare,
coinvolgente e stimolante.
È quanto devono aver pensato Richard Glatzer e Wash Westmoreland, coppia di registi consacrata dal
Sundance dove il loro Non è peccato - La Quinceañera vinse i premi del pubblico e della critica nel 2006
(dopo essersi fatti notare nel 2001 con un contrastato ritratto del mondo porno con The Fluffer ), quando fu
loro proposto di portare sullo schermo il romanzo di Lisa Genova Still Alice - Perdersi (Piemme Edizioni),
storia di una professoressa cinquantenne che si scopre malata di Alzheimer precoce.
La protagonista, Alice Howland, insegna linguistica alla Columbia University di New York, è sposata con un
ricercatore biomedico e ha tre figli che hanno cominciato a camminare con le loro gambe (uno è sposato, la
terza vuole fare l'attrice). Invitata all'Ucla a tenere una conferenza, ha un improvviso vuoto di memoria che
non le fa trovare il giusto vocabolo durante il suo discorso; tornata a New York, mentre fa il suo solito giro di
jogging intorno al campus, si smarrisce e non sa più dove si trova.
Decide di farsi visitare da un neurologo temendo un tumore al cervello e invece la diagnosi è quella di
Alzheimer precoce. Dando inizio così a un doppio calvario, quello degli altri membri della famiglia che devono
ricalibrare la propria vita sulla malattia di Alice e quello della stessa donna che inizia una personalissima lotta
contro un male «invincibile». Non è la prima volta che il cinema affronta una delle malattie più devastanti e
inafferrabili che esistono (e che vede le donne più indifese e colpite). Basterebbe ricordare l'ottimo Away from
Her - Lontano da lei di Sarah Polley, anche lui tratto da un testo letterario (il racconto L'orso attraversò la
montagna di Alice Munro) e che fece vincere un meritato Golden Globe a Julie Christie. Qui però il film (e il
romanzo) mettono in campo un significativo ribaltamento di prospettiva: mentre solitamente i film
«osservano» la malattia dal punto di vista di chi sta loro accanto - coniuge, medico o amico che sia -, in Still
Alice lo spettatore vive il dramma dal punto di vista della malata. È lei che vediamo prendere pian piano
coscienza della propria condizione, accorgersi della gravità della malattia e cercare di lottare contro un morbo
che si insinua giorno dopo giorno nel suo corpo e nella sua mente.
Con almeno una sequenza che non si può dimenticare, quella in cui si costringe a una serie di «compiti» con
cui poter misurare il suo livello di malattia così da essere pronta alla più radicale delle soluzioni.
L'ho lasciato per ultimo, ma è evidente che un film costruito con questa prospettiva si può reggere solo su
un'interpretazione perfetta e su un'attrice superlativa. Julianne Moore è entrambe queste cose, capace di far
trasparire sul suo viso la discesa verso la perdita di sé di Alice, senza cedere a facili effetti melodrammatici e
restando sempre convincente nel suo ruolo di malata.
Accanto a lei non sfigurano né Alec Baldwin, nel ruolo del marito che non vorrebbe del tutto abdicare alle
proprie ambizioni professionali, né Kristen Stewart (una sorpresa dopo Twilight ) nella parte della figlia
«ribelle» che vorrebbe fare l'attrice e che saprà ricomporre i legami tormentati con la famiglia. Ma è la Moore
che tiene sulle proprie spalle tutto il film, rendendolo credibile e commovente.
Il Golden Globe appena vinto come miglior attrice drammatica e la nomination agli Oscar ne sono una
ulteriore conferma.
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La figlia
In «Still Alice», Kristen Stewart (24 anni, foto), star di «Twilight», è la figlia ribelle di Julianne Moore, capace
di ricomporre però i legami tormentati con i familiari. È una delle sorprese del film
Le stelle
Una professoressa, colpita dall'Alzheimer, vede sfuggire la sua vita
Foto: da evitare interessante da non perdere capolavoro
Foto: Fragile Julianne Moore (54 anni) in una scena di «Still Alice», il film tratto dal libro «Perdersi» (2007)
scritto da Lisa Genova. Per la sua interpretazione nel ruolo di una professoressa malata di Alzheimer
precoce, la diva ha vinto il Golden Globe come miglior attrice drammatica ed è candidata all'Oscar
Foto: Convincenti anche Baldwin e Stewart
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Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Serie tv , se vincono i successi nati dal web
Ai Golden Globes il premio per «House of Cards» prodotta da Netflix. E Amazon trionfa con «Transparent»
Renato Franco
Cambia il modo di fruire dei contenuti televisivi, ma cambia anche il modo di produrli. Di fronte a un palinsesto
sempre più liquido (l'ora di messa in onda la decide lo spettatore) e sempre più mobile (anche il luogo e il
supporto di messa in onda li decide lo spettatore), la Rete (intesa come Internet) inizia a dettare legge nella
creazione dei contenuti, perché sempre più spesso le serie tv di qualità arrivano non dalle reti (intese come
televisive), ma da nuovi soggetti che hanno fiutato il nuovo business.
Ora è su questo campo che si gioca la nuova sfida tra i due grandi servizi di streaming di film e serie tv Amazon Prime e Netflix, ancora assenti in Italia. Netflix era nata per offrire un servizio di noleggio di dvd e
videogiochi via Internet, per poi allargarsi allo streaming online on demand. Troppo poco, serviva un ulteriore
passo: così da mero distributore Netflix ha deciso di diventare anche produttore di contenuti originali. Il primo
risultato è stata la pluricelebrata House of Cards , un affresco cinico della politica con Kevin Spacey e Robin
Wright. Il secondo risultato l'altrettanto apprezzata Orange Is the New Black , ritratto senza sconti di un
carcere femminile.
Se i Golden Globes hanno premiato Kevin Spacey come miglior attore di una serie drammatica, hanno
soprattutto sancito il successo di Transparent , su una famiglia con padre transgender: la serie ha ricevuto un
doppio globo, uno come miglior serie comedy e uno per il suo attore protagonista Jeffrey Tambor.
Transparent è prodotta da Amazon, il colosso dell'ecommerce che per diversificare e ampliare il suo business
ora ha anche sviluppato una divisione che si occupa di spettacolo, gli Amazon Studios. Transparent è solo
uno dei tanti pilastri che la società di Jeff Bezos ha messo in piedi. Di tre giorni fa è la notizia che ha convinto
Woody Allen a lavorare a una serie tv: il titolo della produzione è come per ogni film del regista americano lo
stesso, Untitled Woody Allen Project , ma la curiosità per quello che ne nascerà è già alta. Qualche mese
prima invece Amazon aveva trovato un accordo con Ridley Scott, coinvolto come produttore esecutivo della
serie La svastica sul sole , tratto dal romanzo di Philip K. Dick, dove lo scrittore immagina un mondo in cui la
Germania di Hitler e il Giappone hanno sconfitto gli alleati nella Seconda guerra mondiale.
Ma la competizione tra Amazon e Netflix - Golia contro Golia, visto il volume di affari - è su più fronti: proprio
poco tempo fa la prima ha siglato un accordo per distribuire le ambite serie tv di HBO: da I Soprano a Il trono
di spade , da Boardwalk Empire a True Detective . La seconda ha risposto investendo il 10 per cento del
proprio budget 2015 - oltre 300 milioni di dollari - in produzioni originali.
Una battaglia sui contenuti che è una battaglia per ottenere nuovi abbonati. Netflix è avanti: presente in circa
40 Paesi, ha superato i 50 milioni di clienti (di cui 17 al di fuori degli Usa). Amazon invece è attiva in Stati
Uniti, Gran Bretagna, Germania, Austria e Giappone e può contare per ora su oltre 20 milioni di sottoscrittori.
L'Italia? Al momento non pervenuta.
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La trama
Agli ultimi Golden Globes ha trionfato (vincendo anche come miglior serie) «Transparent», webserie che ha
debuttato il 6 febbraio 2014 ed è prodotta da Amazon Studios L'idea è quella di raccontare le vicende di una
famiglia che vive a Los Angeles dopo la scoperta che il padre (interpretato da Jeffrey Tambor, nella foto al
centro) è transgender
Foto: Cinico Kevin Spacey (55) con il Golden Globe come miglior attore per «House of Cards»
Foto: Debuttante Woody Allen (79) dirigerà per Amazon la sua prima serie tv: il titolo è segreto
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La Stampa - Ed. nazionale
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CULTURA SOCIETA &SPETTACOLI
Tra squali e tempeste i bei sogni di Lucky Lou
Mentre arriva Unbroken , il film di Angelina Jolie sull'American Hero Zamperini, tre libri raccontano la sua vita
straordinaria: ex olimpionico, 47 giorni su un canotto alla deriva nel Pacifico durante la Seconda guerra
mondiale
EGLE SANTOLINI
«Mi chiedono sempre: come facevate a tenere traccia del tempo e dei giorni che passavano? (...) Ancora una
volta, non è come nei film. Hollywood cerca di rendere tutto molto più drammatico e crea momenti
emozionanti di ogni genere, mostrando personaggi che piangono e si disperano. In realtà, l'unica pressione
che si subisce è il bisogno di mangiare, bere e restare in vita». Ora che anche questa storia, la storia di Louis
Zamperini, è diventata un film, Unbroken , diretto da Angelina Jolie e sceneggiato dai fratelli Coen, possiamo
di nuovo esercitarci nell'arte dei distinguo. Quanto c'è di verità? Quanto di retorica? Sarà riuscita Angelina,
che sotto la regìa di Clint interpretò benissimo Changeling a fronteggiare una storia dai toni eastwoodiani,
virile e a ciglio asciutto, integralmente a stelle e strisce? Materia per il cinema Di sicuro la vicenda
dell'«American Hero» Zamperini pare materia naturale per il cinema, e anzi di film ne contiene tre o quattro.
C'è il côté Coppola o Scorsese, con il ragazzino mangiaspaghetti di famiglia povera ma bella, tentato dal
crimine ma rimesso in carreggiata dalla pratica sportiva e dai primi record sul miglio ai campionati universitari.
C'è il momento di gloria, la partecipazione alle Olimpiadi di Berlino del 1936, corredata da un incontro
fuggevole con Hitler e dal furto di una bandiera con la svastica che negli anni di guerra alimenterà una
leggenda metropolitana. E poi il fronte del Pacifico, l'incidente aereo su un bombardiere, e l'odissea
sull'oceano, alla deriva per 47 giorni su un canotto. La prigionia in tre campi giapponesi, con tutte le
reminiscenze del caso, dal Ponte sul fiume Kwai a Furyo , e un carnefice sadico soprannominato l'Uccello
che prende il nostro eroe come bersaglio (nel film lo impersona una popstar giapponese, Miyavi). Infine, il
ritorno a casa del reduce, il matrimonio, di nuovo la tentazione dell'alcol, infine l'abbraccio della fede.
Zamperini è morto lo scorso 2 luglio a 97 anni, decoratissimo, sereno, avendo avuto il tempo di benedire il
progetto della sua vicina di casa Jolie. L'aereo in avaria Per chi vuole approfondire, in attesa dell'uscita di
Unbroken , fissata in Italia per il 29 gennaio, le letture non mancano e anzi proliferano con particolare
abbondanza. La fonte dichiarata del film, citata nei crediti ufficiali, è il libro di Laura Hillenbrand uscito da
Mondadori nel 2012 come Sono ancora un uomo e oggi ripubblicato con il titolo Unbroken - Una storia di
resistenza e di coraggio , abile confezione a cura di un'autrice di bestseller, già responsabile di Seabiscuit .
Ma da Newton Compton rispondono con Sopravvissuto , alias Devil at my Heels , firmato nel 2003 da
Zamperini in persona con David Rensin, il libro da cui abbiamo tratto la citazione iniziale; e da Piemme con
Vivi! La vita che vuoi , sempre firmato da Zamperini e da Rensin, uscito l'anno scorso negli Stati Uniti,
insomma una specie di testamento spirituale o di manuale etico a uso delle giovani generazioni, come il titolo
italiano pare implicare, e come ribadiscono le intestazioni dei vari capitoli: «Fidatevi di quello che sapete»,
«La preparazione è decisiva per la sopravvivenza», «Non è come vinci, ma come perdi». Per paradosso, più
eloquenti di tutte queste parole risultano le foto, da cui impariamo a conoscere la bella faccia di Lucky Lou,
sotto quella chioma che da ragazzo tentava invano di domare con gli impacchi all'olio d'oliva, e i suoi
compagni di avventura, e il disgraziato trabiccolo «Green Hornet» che andò in avaria precipitandoli nel
Pacifico. Che parli in prima persona o attraverso i suoi interpreti, Louis è un tipo diretto, senza fronzoli, dagli
appetiti elementari: «Francamente, odiai l'aeronautica fino al giorno in cui, mentre camminavo per strada a
Houston insieme a due cadetti, accostò una grande Cadillac decappottabile bianca: dentro c'erano due belle
ragazze. Eravamo solo cadetti, ma pur sempre dell'aeronautica, ed era quello che le ragazze stavano
cercando». Indistruttibile Ma è anche indistruttibile, forse toccato dalla Provvidenza: e alla deriva sul Pacifico,
tra una lotta con gli squali e una tempesta con le onde alte 15 metri, trova il modo di «fare dei bei sogni». «In
tutta questa avventura» non stenta a confessare «non ho mai perso la convinzione che la vita possa essere
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La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 25
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bella». La critica americana non ha risparmiato critiche a Unbroken , apprezzando l'interpretazione del
protagonista Jack O'Connell, riconoscendo che Angelina è una regista vera e non soltanto un'attrice ansiosa
di arricchirsi il curriculum, ma per esempio definendo il film «interminabile, ridondante, non necessario», e a
dirlo è David Denby del New Yorker . Si aspetta il responso del box office italiano e da quando American
Sniper ha battuto Si accettano miracoli di Alessandro Siani nulla può essere dato per scontato. Twitter
@esantoli
Rivali in libreria Unbroken di Laura Hillenbrand, Mondadori Vivi! La vita che vuoi di Louis Zamperini con
David Rensin, Piemme Sopravvissuto di Louis Zamperini con David Rensin, Newton Compton
Foto: UNIVERSAL PICTURES
Foto: Nella foto sopra il vero Louis Zamperini, scomparso a 97 anni lo scorso 2 luglio, con Angelina Jolie, che
ha diretto Unbroken . A lato una scena del film, con Jack O'Connell (Zamperini) a sinistra, assieme a
Domhnall Gleeson e Garrett Hedlund, che interpretano i suoi compagni nell'odissea sul canotto
Foto: UNIVERSAL PICTURES
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Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 21
(diffusione:210842, tiratura:295190)
In Francia l'obiettivo è donna
Gloria Satta
TENDENZA Ma il cinema è sessista? La Francia risponde con una valanga di film al femminile, una "nouvelle
vague" di nuove registe e un'attenzione costante al mondo delle donne. «Lo so, di solito le attrici si lamentano
di non trovare abbastanza ruoli perché quelli interessanti toccano agli uomini», ragiona Isabelle Carré, 43
anni, superstar del cinema d'autore, «ma questo non vale in Francia: io ho la fortuna di lavorare senza un
minuto di respiro e spesso vengo diretta da donne». Nel ruolo toccante di una suora che insegna a
comunicare a una giovane cieca e sordomuta nel film Marie Heurtin (grande successo in patria, noi lo
vedremo a marzo), Isabelle è una punta di diamante della pattuglia rosa del cinema transalpino.E assicura:
«Anche se non ho più vent'anni, gli autori mi propongono personaggi meravigliosi. Non so se avrei le stesse
opportunità in un altro Paese, per questo mi sento una privilegiata a lavorare nel mio». COMMEDIA Largo
alle donne. Nelle prossime settimane sbarcheranno sui nostri schermi un buon numero di eroine made in
France. Una è Ludivine Sagnier, la protagonista della commedia sentimentale Amori e turbolenze : lui (l'attore
Nicolas Bedos) è uno scapolone incallito, lei una ragazza indipendente e realizzata nel lavoro ma sogna
l'amore romantico. Indovinate chi la spunta? Ma l'attrice, che ad appena 35 anni vanta una filmografia da diva
consumata (ha lavorato con Chabrol, Miller, Honoré), dice: «Le donne hanno un grande spazio nel cinema
francese, ma gli sceneggiatori scrivono prevalentemente personaggi di vent'anni o over 40. La generazione
intermedia, cioè la mia, è poco o niente rappresentata». Non si lamenta certo la premiatissima Bérenice Bejo,
protagonista del dramma The Search , diretto da Michel Hazanavicius e ambientato in Cecenia. E sta
facendo passi da gigante la carriera della bella Anaïs Demoustier, nuova musa di Ozon nel film Una nuova
amica . Karine Viard invece commuove nel ruolo della mamma sordomuta in La famiglia Bélier , la giovane
Pauline Etienne s'innamora di un giapponese in Tokyo fiancée e Charlotte Gainsbourg, la star femminile di
Samba , salta da un set all'altro proprio come i mostri sacri Catherine Deneuve, Fanny Ardant, Isabelle
Huppert, Sophie Marceau. Nel campo della regia, cresce di anno in anno il numero delle donne. Mia Hansen
Love, classe 1981, è arrivata al quarto film: Eden , ambientato negli anni Ottanta quando si affermava la
musica elettronica e irrompevano sulla scena del pop i Daft Punk. «E' il ritratto di una generazione», dice.
Della nuova ondata delle registe francesi fa parte anche Mélanie Laurent, già attrice di Audiard e di Tarantino,
che ha avuto un ottimo successo di critica con l'opera prima Respire . «E presto farò il bis», annuncia. Alix
Delaporte, applaudita a Venezia con L'ultimo colpo di martello , ha appena girato Eva & Léon con la sua
attrice-feticcio Clotilde Hesme. «Ma per una donna dirigere un film rappresenta sempre una guerra»,
assicura. Valérie Donzelli ha diretto Que d'amour . Di Rose Bosch sta per uscire in Italia Avis de mistral ,
commedia drammatica con Anna Galiena, mentre Julie Bertuccelli ha firmato La cour de Babel : un
documentario su un gruppo di immigrati adolescenti, di Paesi diversi, che si ritrovano nella stessa classe a
Parigi. Alla luce degli ultimi avvenimenti, risulta di un'attualità sconvolgente. VOLTI In alto, Ludivine Saigner in
"Amori e turbolenze" Sopra, Berenice Bejo e sotto Isabelle Carré
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Il cinema d'oltralpe sforna nuove attrici e registe che raccontano storie al femminile E ora i loro film arrivano
nelle nostre sale
19/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Amori, tradimenti fughe: i francesi li raccontano meglio
Le commedie sentimentali in arrivo da Oltralpe
FULVIA CAPRARA PARIGI
Ifrancesi lo raccontano meglio. Tra liti furiose, incontri appassionati, equivoci esilaranti, la cinematografia
d'oltralpe, Nouvelle Vague in testa, vanta da sempre una speciale capacità nel raccontare l'amore, sia
rifacendosi alla produzione letteraria, sia inserendo le storie nel contesto sociale contemporaneo, sia
trasformandole in pirotecnici vaudeville a base di tradimenti, fughe, riconciliazioni. Tra i film «made in France»
che in primavera arriveranno sugli schermi italiani (e che in questi giorni vengono presentati in anteprima alla
stampa straniera, durante la diciassettesima edizione dei «Rendez-vous» di Unifrance) il tema è ricorrente.
Relazioni tormentate Lo affrontano talenti emergenti come Mia Hansen Love che in Eden ricostruisce la
biografia del fratello, dj negli Anni '90, diviso tra passioni musicali («Daft Punk») e amori complicati, e registi
affermati come Lucas Belvaux che in Pas son genre , basato sul romanzo di Philippe Vilain pubblicato nel
2011, descrive la relazione tormentata tra un giovane intellettuale di città (Loic Corbery) cerebrale e
supponente, e una ragazza di campagna (Emilie Dequenne), semplice, petulante e soprattutto appassionata
di karaoke. O come Stefan Liberski che in Tokio Fianceé , tratto dal libro di Amelie Nothomb, esplora i
sentimenti di Amelie, 20 anni, che torna in Giappone dove è cresciuta e incontra Rinri, il suo primo allievo,
con cui divide subito una forte attrazione. I volti adatti a questo tipo di storie si rinnovano continuamente,
sfornando neo-divi fascinosi e capaci, come Jean Dujardin, protagonista di The artist e ora di nuovo in pista
con il noir La French , di rubare la scena a concorrenti del calibro di George Clooney. Ritratti contemporanei
Mentre alla «Cinematheque», tutti i giorni, eserciti di visitatori si mettono in fila per rivedere, nella mostra
dedicata a François Truffaut, le sequenze celebri di Jules e Jim , Le due inglesi , Adele H , esplorazioni
appassionate di un vocabolario amoroso immortale, i registi di oggi si rifanno a quegli esempi per spiegare il
senso delle loro opere: «Il mio film - dice Belvaux - racconta la storia di un uomo incapace di amare che
incontra la donna della sua vita e non riesce a capirlo perchè è accecato dalle barriere culturali». Il suo ideale
di commedia, aggiunge Belvaux, è a metà strada tra l'esempio italiano e quello Usa, nella scia di Colazione
da Tiffany in cui, dietro le apparenze della tenera storia d'amore, c'era «una critica durissima alla posizione
della donna e alle divisioni sociali dell'epoca». Fiducia e gelosia In Amour et turbulence , regia di Alexandre
Castagnetti, l'impossibile unione tra lo scapolo impenitente Antoine (Nicolas Bedox) e l'insoddisfatta exfidanzata Julie (Ludivine Sagnier), viene analizzata e rivissuta nel corso di un viaggio aereo in cui i due si
ritrovano per caso, gomito a gomito, sullo stesso volo. Lei, ferita dai mille tradimenti di lui, ha giurato che non
ricomincerà mai, per nessun motivo, ad amarlo: «In realtà - dice Sagnier che si fa intervistare tenendo in
braccio l'ultimo figlio tra una poppata e l'altra - la vicenda descrive due modi diversi e contrapposti di vivere
l'amore, Antoine è un celibe convinto, Julie è una giovane donna moderna che non sa ancora bene che
direzione prenderà la sua vita». Gelosia e mancanza di reciproca fiducia sono sempre le trappole più temibili:
«Non sono gelosa, ma credo che esserlo possa essere davvero pericoloso, la gelosia è una passione
distruttrice, secondo me chi ne è vittima nutre dubbi più su se stesso che sull'altro». P a r l a n d o del suo
cinema ad alta temperatura a m o r o s a , Truffaut diceva di voler dare al pubblico l'impressione di aver girato
le proprie opere «come se avessi avuto la febbre a 40». Ma la passione, quando è legata all'adolescenza,
come accade in Eden , è spesso più malinconica che fiammeggiante: «Ho tanti modelli e tanti registi a cui mi
sono ispirata - spiega Mia Hansen Love -, da Ingmar Bergman a Michael Mann, ma autori come Truffaut e
Rohmer hanno lasciato in me un'eredità profonda, fanno parte della mia cultura».
Foto: Una scena di Eden , di Mia Hansen Love, biografia di un dj negli Anni 90
Foto: «Amour et turbolence» Con la regia di Alexandre Castagnetti, il film analizza l'impossibile unione tra
uno scapolo impenitente (Nicolas Bedox) e l'insoddisfatta ex-fidanzata Julie (Ludivine Sagnier)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Anteprima
19/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:309253, tiratura:418328)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Foto: Truffaut A Parigi alla Cinematheque è in corso la mostra dedicata a François Truffaut con le sequenze
celebri di film come Jules e Jim (foto) e Adele H
Foto: «Tokio Fianceé» È tratto dal libro di Amelie Nothomb il film di Stefan Liberski che esplora i sentimenti di
una ventenne al rientro in Giappone
Foto: Pas son genre , di Belvaux: storia tra un intellettuale e una ragazza di campagna
19/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:309253, tiratura:418328)
È record d'incassi per American Sniper firmato Eastwood
[S. N.]
LOS ANGELES Incasso record negli Stati Uniti per American Sniper , il film di Clint Eastwood con
protagonista Bradley Cooper nel ruolo di un cecchino, e candidato a sei premi Oscar tra cui miglior pellicola e
miglior attore. S econdo le stime avrebbe superato i 100 mil i o n i d i d o l l a r i n e l weekend, con
un'apertura storica da 30 milioni del giovedì al pari se non meglio delle uscite di precedenti gloriosi come
Avatar e la Passione di Cristo . Il film è basato sull'omonima autobiografia di Chris Kyle, dove il Seal rievoca
le sue quattro missioni di cecchino in Iraq con il record di 160 bersagli ufficiali colpiti. Film che ha diviso
comunque la critica in questi giorni sia in America sia in Gran Bretagna: dubbi e giudizi negativi sul film di
Eastwood hanno riguardato le imprese sul quale il film è basato, e in particolare il fatto che il vero
protagonista non fosse proprio quell'eroe tormentato descritto dal regista. Anche in Italia American Sniper
aveva aperto la stagione cinematografica dell'anno con un risultato da record, incassando oltre 5.700.000
euro nel primo weekend di programmazione e divenendo così il più alto risultato di sempre nel primo
weekend per un film firmato da Clint Eastwood.
Foto: Bradley Cooper in «American Sniper»
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IN USA OLTRE 30 MILIONI IN UN GIORNO
19/01/2015
Il Tempo - Ed. nazionale
Pag. 17
(diffusione:50651, tiratura:76264)
Intrepido Rocky Torna a lottare
Stallone inizia le riprese del 7° episodio e si prepara a girare anche Rambo 5 Svelato il finale In un tweet la
scena del pugile che appare malato di cancro Il film in sala nel 2016 Si intitola «Creed» e il boxeur allena il
nipote dell'amico-rivale
Dina D'Isa
Tra pochi giorni dovrebbero iniziare le riprese di «Rocky7».SylvesterStallone lo aveva già annunciato su
Twitter: il film dovrebbe uscire nelle sale nel 2016 e sarà intitolato «Creed». I primi ciak partiranno dalla solita
location, in Philadelphia, e dovrebbero concludersi entro il 2015. Protagonista di questa nuova pellicola sarà
AdonisCreednipotedelpiùcelebre Apollo Creed con cui Rocky aveva combattuto in «Rocky I» e «Rocky II» e
che morì all'età di 42 anni in «Rocky IV» durante il combattimento contro il pugile russo Ivan Drago, che fu
poi sconfitto dallo stesso Rocky in un incontro leggendario. Ad interpretare il giovane aspirante campione di
pugilato sarà MichealB.Jordan(diventatopopolare per il film «Prossima fermata: Fruitvale Station») che, per
emulare il nonno, chiederà aiuto a Rocky per farsi allenare prima di un combattimento decisivo per la sua
carriera da pugile professionista. L'invecchiato ex campione dei pesi massimi, impressionato dalla forza e
dalle qualità del giovane, accetterà di allenarlo, anche in nome del suo defunto amico-rivale Apollo Creed.
Cresciuto in una casa d'élite grazie ai soldi guardagnati sul ring dal nonno, il nipote non ha in realtà bisogno
di fare box e la sua famiglia non vuole che la pratichi. Ma istinto naturale e talento lo perseguitano insieme
con il ricordo del nonno, campione di pesi massimi, fino a quando Rocky Balboa prese il suo titolo nel 1979.
«Ero molto interessato alla premessa - ha dichiarato Stallone - Non è però un "Rocky 7", non è nemmeno
vicino a ciò. Rocky è in pensione, è molto solonel suomondo. La suavita trascorre in attesa dell'inevitabile.
Passa a visitare il nipote del suo piùgrandeecaroamico,chegliè morto tra le braccia, e da lì comincia il loro
rapporto d'amicizia. Questo ragazzo viene da un mondoedaunaculturacompletamente diversa e succede
qualcosa di incredibilmente profondo e drammatico. Il film sarà drammatico, non salirò sul ring. Ho pensato
che sarebbe davvero unico portare il personaggio di Rocky a sentirsi ancora vivo e rilevante all'interno di
un'altra generazione.Wow,èunico!Penso che con l'ultimo film che ho fatto,"IMercenari3",siamoarrivati al
massimo, e non credo di poter fare altro per andare oltre. Voglio tornare indietro e fare film come "Cop Land"
e il primo Rocky. Non mi arrendo con i film d'azione, ma questo sarà un film di suspance e un po' più
emotivo». Nell'annuncio dell'uscita di «Creed» su Twitter Stallone ha peròsvelato(nonsisaseinvolontariamente
o volontariamente per adempiere a qualche strategia di marketing) importanti informazioni sul finale di
«Creed». L'attore sul social network ha infattipubblicato una fotocon la presuntasceneggiaturadelnuovo
capitolo di Rocky e con le ultime due scene del film. Nella prima si parla di come
AdonisCreeddiventiuncampioneevengaacclamatodalpubblico dopo la vittoria del suo
incontro.Enellasecondavienedescritto un Rocky provato ma sempre intramontabile nel cuore dei fan: «È più
lento e più magro, ha ricominciato la chemioterapia», è scritto nello script pubblicato sul Tweet di Stallone,
mettendo così in evidenza come il vecchio Rocky stia lottando contro uno dei peggiorimali del nostro tempo, il
cancro. E come se non bastasse, Sly ha anche annunciato che farà «Rambo 5», aggiungendo che il quinto (e
forse ultimo?) capitolo della serie si intitolerà «Rambo: Last Blood», diretto riferimento al primo
lungometraggio del 1982 («Rambo - First blood»), nel quale Stallone sarà protagonista e regista. L'ultima
pellicola sullevicendedelreducedel Vietnam, John Rambo, risale al 2008 eall'epoca il filmincassò 113 milioni
di dollari in tutto il mondo. Questo capitolo è oggi possibile, solo grazie ad un finale
cambiatoall'ultimomomento:nellasceneggiatura iniziale di «First blood», nell'ultima commovente
conversazione con Trautman, Rambodecidevaditogliersilavita, sparandosi. Ma dopo i primi screen test si optò
per un finale diverso, quello noto. L'ex berretto verde, in «First blood», è reduce della Guerra del Vietman; al
suo ritorno non riesce a trovare lavoro stabile e nel suo girovagare approda a Hope, cittadina di un suo amico
soldato, morto di cancro.Incittàincontralosceriffo Teasle (Brian Dennehy), che dimostra subito astio nei suoi
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Continua la lunga saga del pugile che ha conquistato intere generazioni
19/01/2015
Il Tempo - Ed. nazionale
Pag. 17
(diffusione:50651, tiratura:76264)
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confronti e lo fa andare via. Ma Rambo torna e viene arrestato, soottoposto alle crudeltà dei poliziotti che gli
fanno tornare alla mente le torture subite in Vietman.Scappae,inferocito,sirifugiasullemontagnealleportedella
città, ma lo sceriffo si accanisce per catturarlo e a lui non resta che difendersi, ferendo tutti i poliziotti. Sarà
solo l'intervento di Trautman (Richard Crenna), il colonello che lo ha addestrato e guidato in Vietnam, a farlo
calmare e arrendere. Il film diretto da Ted Kotcheff fu additato come molto violento: Sly stesso, rifiutando la
controfiguranella scenain cuisi lancia nel burrone, atterrando sui ramidell'alberosiruppelecostole; e, nella
scena della sua fuga dal commissariato, ferì sul serio un attore, rompendogli il naso e costringendolo così a
recitare pertuttoilfilmconlamedicazione. Dopo il primo film del 1982, ne sono seguiti altri tre: «Rambo 2» nel
1985, «Rambo III» nel 1988 e «John Rambo» nel 2008, tutti campioni d'incassi; «Rambo 2» è stato secondo
solo a «Ritorno al futuro» nel 1985, mentre lo stesso «Rambo - First blood» fu battuto da pochi altri film tra
cui «Rocky III». E anche l'anno prossimo potremmo assistere a Rocky versus Rambo, almeno ai botteghini.
Foto: Ciak Dall'alto, Rocky sul ring e sopra, con la sua amata Adriana
Foto: Divo Sylvester Stallone firma autografi ai suoi fan durante le riprese dopo un incontro sul ring
Foto: Memorabile L'immagine più popolare di Sly nei panni di Rambo che finora è apparso in quattro pellicole
, l'ultima del 2008
Foto: Sul set Stallone dirige e interpreta «Rambo» anche nel quinto capitolo che uscirà nel 2016 come
«Rocky 7»
18/01/2015
Il Sole 24 Ore - Domenica
Pag. 43
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Il bambino sovrumano
Una madre nuoce al figlio proteggendolo troppo: Costanzo racconta con efficacia un'ossessione genitoriale
da incubo
Emiliano Morreale
Di solito, i film italiani alla MostradiVenezianonvengono accolti tutti con favore. Comeminimoc'èuncapro
espiatorio (a volte due, a volte tre) che convoglia, a voltearagione, imalumori
dipubblicoecriticaperuncinemaspessoasfittico, politicamente protetto, smorto. L'anno scorso i film di
Francesco Munzi, Mario Martone e Saverio Costanzo sono stati invece accolti
tuttibene,ecertohagiovatol'estrema varietà dei temi e delle scelte stilistiche. L'ultimo dei tre a giungere in sala,
Hungry Hearts di Costanzo,èpoi sì italiano,matuttoambientato a New York, e girato in inglese; l'unico
elemento riconoscibilmente nostrano è la presenza di Alba Rohrwacher come protagonista femminile. Il
romanzo di origine, Il bambino indaco diMarcoFranzoso,era invece ambientato in Veneto, e raccontava la
storia di una tragedia familiare oscura di cui poco a poco, attraverso dei flashback, si andavano scoprendo le
dinamiche. Una donna si convince che il figlio appena nato siaunbambinospeciale,dotatodi sensibilità e doti
sovrumane e dunque bisognoso di cureparticolari.Semprepiùossessivamente lo circonda di precauzioni: lo
nutre pochissimo seguendo precetti maniacali, lo tienechiusoincasaperpurificarloeproteggerlo
dalmondoesterno, rischiando poco a pocodiucciderlo.Lalottadelpadreconquesta madre si fa sempre più
difficile, e sfocia nell'incubo. Costanzo rinuncia all'efficace costruzione del romanzo d'origine, che raccontava
a capitoli alterni il progressivo scivolare nell'ossessione e l'epilogo sanguinoso, in un andirivieni temporale per
cui il lettore scopriva poco alla volta ciò che era avvenuto. In questo senso il libro otteneva da
subitounasuspensemaggioredel film,cheprocede invece in maniera lineare, accompagnando passo passo lo
spettatore dall'incontroallastoriad'amoreall'infernodomestico, e così ci mette un po' a trovare il proprio
centro,anche stilistico. Il regista sperimenta continui cambi di registro, già dalla primascena,unefficacesketch
inpiano-sequenza: i protagonisti Jude e Mina si conoscono infatti quando rimangono per caso chiusi nel
bagno di un ristorante cinese. Una situazione ridicola, in un'unica inquadratura che costituisce anche un
efficace gioco virtuosistico per gli attori.Masi tratta di una falsa partenza, per spiazzare lo spettatore, chepoisi
ritroveràinunméloinquieto, in un thriller, in un horror, e nell'ultima inquadratura di nuovo smaccatamente,
quasi sarcasticamente riportato al mélo. Anche questo film, come il precedente, bistrattatoLa solitudine dei
numeri primi, èun horrordei sentimenti,che passada tonalità di commedia newyorchese a un'atmosfera
stileRosemary's Baby e addiritturaalracconto di streghe, con scene (un po' insistite) in cui l'uso dei
grandangoli trasformagli attori, e Rohrwacher in particolare, in figure da disegnoanimatotipoNightmare Before
Christmas o Coraline. L'altro parente, nella costruzione del personaggio femminile, è forse Safe di Todd
Haynes, in cui il personaggio interpretato da Julianne Moore sviluppava un'allergia per tutti i prodotti
dellasocietàmoderna.E, casualmente,alla Mostra di Venezia c'era una commedia horror che sembrava una
versione più allegrae squisitamente di genere diHungry Hearts: Burying the Ex di Joe Dante, non troppo
distante nella sua cinefilia e nella sua visione della coppia. Costanzo, nei film precedenti,avevamostrato una
personalità eclettica, passando dauncinemachericercava iltonodellapresa diretta (Private) a tonalità ascetiche
(In memoria di me), dal serial tv (In Treatment) fino,come si è detto, alla rilettura gotica del teen movie nella
Solitudine dei numeri primi. Chesomigliaa questoanchenel serbare il proprio senso, più che nella storia, nello
stile, a sua volta composto di rimandi. Il cinema di Saverio Costanzo è, in questo senso, letteralmente
manierista. Un cinema di secondogrado,nondirettamente citazionisticomaa suomodoricalcatosu delle libere
associazionidiimmagini,di forte riconoscibilità generazionale. Con momenti a volte freddie altriin cuièproprioil
lieve détournement, il cortocircuito tra stile e argomento, a generareun imprevisto, feticistico calore.
Spessoattraverso lamusica: nel film precedente Bette Davis Eyes o la colonna sonora di L'uccello dalle piume
di cristallo, qui una dellemiglioripartiturerecentidiNicolaPiovani, e la musica di Flashdance che
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all'italiana
18/01/2015
Il Sole 24 Ore - Domenica
Pag. 43
(diffusione:334076, tiratura:405061)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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improvvisamente apre sui tetti diNewYork.Ese lo scioglimento rischia di procedere per binari un po' obbligati,
e l'epilogo confermare untonodaeserciziodi stile,nellaprimaparte ilrapportoconla città,intravistaconstordimento,
rende vivo l'insieme e fa intravedere qualcosa delmondo interiore di Mina. Probabilmente il regista ha cercato
anche di attutire la durezza del racconto di Franzoso che, narrato sulla pagina in primapersona, rischiava di
apparireeccessivamentemisogino, quasiun'apologiadelfemminicidio, una volta trasposto sullo schermo (alla
proiezione veneziana, quando, stancodelle fissazionie dei ricatti dellamoglie, AdamDriver le dàun ceffone
facendola cadere, è scattato l'applauso). Dunque la sceneggiaturaelaregiacercanodi distribuire meglio le
responsabilità tra i personaggi, accentuando il senso di isolamento di Mina per darle una motivazione più
prossima allo spettatore. Inoltre si suggerisce che la gravidanza diMinasia quasiunaprepotenza di Jude, e
soprattutto si rende lamadredi quest'ultimoun personaggio sinistro, streghesco (e qui il richiamo alla Ruth
Gordon, mite vicina satanica di Rosemary's Baby, è vicinissimo). Il rischio, forse, è di raddoppiare l'odio per i
personaggi femminili, tutti orrorifici. Produttivamente, Hungry Hearts è una operazione semi-internazionale
oculata: produzione italiana in America ma in pochissimi ambienti, a bassissimo costo: un prodotto
internazionale ma non troppo, chesfruttabeneil classicosguardodelnonamericano sulla città. Va detto che il
doppiaggio, purtroppo, non aiuta in questa direzione: Rohrwachersembramenospaesata (nel film originale
parla a tratti in italiano, e in inglese mantiene il suo accento per tuttoil film),emoltesfumaturedeidueattori si
perdono. Al riguardo, viene da fare una piccola divagazione. Quest'anno girano in ingleseancheGarronee
Sorrentino,edè curioso notare come il nostro cinema d'autore cerchi verità e ambizioni alte fuggendo
dall'italiano: l'anno scorso, a Venezia, oltre a un film in inglese ce n'era uno in calabrese sottotitolato, uno che
si confrontava con l'italiano poetico e ottocentesco di Leopardi. Due anni prima, su sei film italiani presenti
nelle sezioni di Venezia, tre eranosottotitolati: dal siciliano, dal sardo, dal napoletano. Il film in inglese di
Garrone è tratto dal Cunto de li cunti, raccolta napoletana che Benedetto Croce novant'anni fa aveva tradotto
in italiano. Forse è troppo dire che la secolare questione della lingua trasmigra nel cinema, però è curiosa
questa ricchezzao incertezz tramelò e horror | «Hungry hearts» di Saverio Costanzo
18/01/2015
Corriere di Verona - Verona
Pag. 15
Dopo i successi di novembre, la rassegna diventa stabile. Proiezioni da oggi
Luca Romeo
R icomincia da «tre» il Festival del Cinema Africano di Verona, dalle «Tre verità» del cortometraggio algerino
di Louisa Beskri e Adehan Wakili (presentato con il titolo originare in lingua francese, «Les trois vérités») che
sarà proiettato questa sera al cinema teatro Santa Teresa di via Molinara, 23. L'appuntamento è per le ore 21
e dopo il corto nordafricano verrà il turno dell'atteso «Half of a yellow sun», titolo del regista nigeriano Biyi
Bandele, della durata di 109 minuti. Dopo il grande successo del Festival, che per la sua 34esima edizione si
è tenuto in diversi cinema della città dal 17 novembre al 7 dicembre, gli appuntamenti con le pellicole africane
non si concludono. E preparano una grande sorpresa per gli appassionati del genere. Parte ufficialmente
questa sera, infatti, l'iniziativa «Festival tutto l'anno» (info su www.cinemafricano.it), che presenta nove
proiezioni già viste e valutate dalle giurie durante la kermesse autunnale, ma ancora inedite per il pubblico. Il
filo conduttore della manifestazione artistica resta «New waves», letteralmente traducibile in «nuova onda»,
anche se ormai non fa più notizia il successo della cinematografia africana, tanto che un'opera della
Mauritania, «Timbuktu», è tutt'ora in corsa per l'Oscar americano come migliore film straniero. Dopo i quasi
8mila visitatori di novembre e dicembre, la «Nuova onda» africana riparte con cinque serate di cinema, che si
terranno ogni terza domenica del mese, fino a maggio. L'amore e il mistero saranno i temi dominanti della
serata di oggi, con il lungometraggio «Half of a yellow sun» - tratto dall'omonimo romanzo di Chimamanda
Ngozi Adichie - che racconta la storia drammatica di un amore spezzato. Protagoniste sono due sorelle
gemelle nigeriane, che rimpatriano dopo esser cresciute in Inghilterra, all'indomani dell'indipendenza del
Paese d'origine, nell'ottobre del 1960. Olanna e Kainene, questo è il nome dei personaggi principali,
conosceranno l'amore ma andranno verso un destino indecifrabile. «Les trois vérités, invece, vede come
protagonista un ragazzo, Kossi, che per realizzare l'ultima volontà del padre morente va a liquidare i creditori
di quest'ultimo. Al ritorno, l'uomo rivelerà al giovane le tre verità della vita che valgono tutto l'oro del mondo.
Dopo questa doppia proiezione, il cinema africano tornerà il 15 febbraio con i film «Zakaria» e «Ni sisi», il 15
marzo con «Keys, money, phone» e «Dakar trottoirs» e poi il 15 aprile con «Shadow tree e «Rock the
casbah». Gran finale domenica 17 maggio con «Mboté!», ma soprattutto «Printemps tunisien», il
lungometraggio firmato da Raja Amari che si è aggiudicato la vittoria del Festival.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Cinema africano, festival tutto l'anno
18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 41
(diffusione:619980, tiratura:779916)
L'Academy e il film su Martin Luther King: voto pulito, regole da rivedere per il futuro Le nomination La
biografia del leader nero in gara tra i migliori titoli, ignorati la regista e il protagonista
Giovanna Grassi
LOS ANGELES Divampa la polemica sulle nomination degli Oscar accusate da più parti di aver mostrato il
loro razzismo «di matrice bianca» nei confronti del film biografico Selma. Candidato sì tra i titoli migliori
dell'anno (oltre che per la canzone originale, Glory), ma con l'esclusione della regista Ava DuVernay, che
sulla sceneggiatura di Paul Webb ha narrato la campagna di Martin Luther King e la sua lotta per
l'eguaglianza: al centro della trama soprattutto l'epica marcia da Selma a Montgomery in Alabama nel 1965.
Contestata anche l'assenza del protagonista David Oyelevo. Non è entrato nella cinquina dei migliori attori
per i prossimi Oscar definiti i «più bianchi dal '98 a oggi», mentre si fa notare che il 90 per cento dei votanti
per la statuetta è bianco. Si dimentica però che l'anno scorso ha stravinto la saga sui neri 12 anni schiavo e
che gli oltre 7.000 membri dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences votano per le diverse categorie (
attori per attori, registi per registi...) e tutti insieme solo per i migliori film. In molti, a cominciare dal Los
Angeles Times l'avevano previsto accendendo la miccia: l'esclusione della regista di Selma (film co-prodotto
da Oprah Winfrey) e del suo protagonista avrebbe incendiato gli animi e non solo quelli della comunità e dei
critici afroamericani. La biografia di Martin Luther King è considerata da loro il miglior titolo dell'anno e tanti
analisti avrebbero voluto riconoscimenti per gli interpreti principali. Per la prima volta nella sua storia
l'Academy interviene sulle nomination. La presidente (afroamericana) Cheryl Boone Isaacs, ha replicato alle
critiche asserendo la necessità di alcuni cambiamenti (senza precisare quali) e sottolineando comunque che
le candidature premiano i migliori in nome della diversità. Proprio la mancanza di «diversità » per le
minoranze è invece il primo atto d'accusa. Rifiutando ogni imbarazzo per le decisioni dei membri
dell'associazione Cheryl Boone Isaacs ha dichiarato: «I voti sono individuali, ogni ramo elegge la rosa dei
candidati e Selma ha avuto la nomination da tutti i votanti, come accade solo per la categoria miglior film, che
quindi chiama in causa e congloba ogni diversità possibile degli elettori. Considero Selma un fantastico
lavoro, la sua candidatura nella categoria principale riflette il talento di tutta la sua équipe. Ci saranno
aggiustamenti nel sistema, ma ribadisco che l'Academy riflette una diversità di scelte, opinioni ed
esperienze». Nei giorni precedenti le nomination la regista ha solo sottolineato che il suo film è uscito nelle
sale tardi rispetto agli altri concorrenti, sebbene sia stato ben sorretto dalla Paramount con la distribuzione
del suo dvd ai membri dell'Academy (e anche a quelli del Bafta, gli Oscar inglesi, che hanno ricevuto tutti il
dvd, ma non hanno nominato Selma tra i film migliori né' la sua regista). Pochi hanno ricordato, comunque,
che può essere stato nocivo per il film essere stato aspramente criticato da molti studiosi, in particolare dagli
storici del Presidenti Lyndon B. Johnson per un ridimensionamento nel copione del suo ruolo sui diritti civili
Usa. Su Twitter è partita proprio questa polemica che ha boicottato come «antistorico» Selma mentre la
platea lo ha vissuto e lo vive come una pagina profondamente americana e attuale di lotta per l'eguaglianza
collegandolo ai fatti di Ferguson e alla morte dell'afroamericano Eric Garner, disarmato, picchiato dalla
polizia. Marce nel Paese continuano a farsi dietro lo slogan: «Le vite dei neri contano » e la stessa frase sta
diventando la bandiera in difesa delle sole due nomination al film. I volti Presidente L'afroamericana Cheryl
Boone Isaacs, alla guida della Academy, ha respinto le critiche di «razzismo»: «Servono aggiustamenti nel
sistema, ma l'Academy riflette una diversità di scelte» Produttrice Oprah Winfrey (foto; 60 anni), oltre a
esserne la produttrice (con la Plan B di Brad Pitt), in «Selma» ha anche una piccola parte: interpreta Annie
Lee Cooper, una dei leader del movimento per i diritti civili «I have a dream» David Oyelowo (al centro) è
Martin Luther King in una scena di «Selma». Il film rievoca una delle marce da Selma a Montgomery che dal
1965 segnarono l'inizio della rivolta per i diritti civili Usa
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Agli Oscar esclusi gli afroamericani Sul caso «Selma» accuse di
razzismo**
18/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 24
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Le formiche con l'elmetto
IL CAPO DI UNIFRANCE: LA VARIETÀ È VINCENTE A ROMA IN APRILE GLI STATI GENERALI DELLA
PROUZIONE EUROPEA
Gloria Satta
PARIGI Un esercito di formiche rosse contro un battaglione di formiche nere in guerra per qualche zolletta di
zucchero, inseguimenti, scene d'azione, musica epica, tanta ironia e la natura filmata dal vero: c'è anche un
originale cartoon, intitolato Minuscule - la valle delle formiche perdute e atteso nelle sale italiane il 22
gennaio, nell'annata record del cinema francese che festeggia i 111 milioni di spettatori conquistati nel mondo
e i 640 milioni incassati. Minuscule è uno dei titoli di punta dell'annuale Rendez-vous organizzato da
Unifrance per presentare l'ultima produzione. Ispirato a una fortunata serie tv e già venduto in 40 Paesi, il
cartoon è diretto a quattro mani da Thomas Szabo e Hélène Giraud. «Volevamo realizzare un film d'azione e
avventura come il Signore degli anelli, ma ambientato tra gli insetti», raccontano i due registi che sfidano
l'animazione americana e quella giapponese. BATTAGLIE «La protagonista di Minuscule è una coccinella
che viene coinvolta suo malgrado nella guerra tra le formiche che si contendono gli avanzi di un pic-nic»,
spiegano Szabo e Giraud, «e per ottenere la complicità del pubblico ci siamo concessi qualche citazione
cinematografica: Buster Keaton, le comiche di Charlot, Star Wars, Psycho». La parte più difficile? Far agire i
personaggi animati nei paesaggi naturali. «Abbiamo prima filmato gli sfondi in alcuni degli scenari più
suggestivi di Francia, come il massiccio dell'Ecrins e il Parco Nazionale di Mercantour, nelle Alpi», rivelano i
due registi. «Poi abbiamo creato gli insetti al computer e li abbiamo inseriti nello sfondo». E a quale pubblico
puntano? «Non soltanto ai bambini. Parliamo a tutti. Anche perché tutti gli oggetti che si vedono nel film
hanno un comune denominatore: l'inquinamento. Lattine arruginite, scatole di fiammiferi, pesticidi, avanzi di
cibo denunciano i danni compiuti dalla società dei consumi sull'ambiente». ESTERO Nel cinema francese
superstar all'estero (solo in Cina l'altr'anno ha avuto 17 milioni di spettatori) l'Italia gioca un ruolo di primo
piano. Lucy, il massimo incasso internazionale, è andato benissimo anche da noi. «Alla base del mio film c'è
il cuore. Anche se ha una protagonista americana, Scarlett Johannson, ed è parlato in inglese, è un prodotto
francese al cento per cento», dice il regista e produttore Luc Besson, l'"uomo d'oro" che in questo momento
sta sbancando i botteghini Usa con Taken 3 . «Il cinema è ormai una realtà che supera i confini nazionali del
resto: si può mangiare sushi ascoltando musica reggae». Nelle prossime settimane usciranno in Italia gli
ultimi successi transalpini come la commedia sentimentale Amori e turbolenze , Le vacanze del piccolo
Nicolas , La famiglia Bélier , il poetico Marie Heurtin , The Search di Hazanavicius, Samba degli stessi registi
di Quasi amici , Tokyo fiancée , Eden . E Una nuova amica di Ozon, con il protagonista Romain Duris vestito
da donna: da non perdere. «L'anno scorso, nelle vostre sale, i film francesi hanno avuto sei milioni e 200mila
spettatori», spiega Jea-Paul Salomé, il regista che guida Unifrance. «Malgrado le coproduzioni con l'Italia
siano diminuite, con voi e la Germania stiamo organizzando una task force per combattere la pirateria»,
continua. «Ad aprile saremo a Roma, non soltanto per presentare i nostri nuovi film ma anche per
organizzare gli stati generali del cinema europeo: è l'unica alternativa all'industria hollywoodiana che continua
a puntare sull'evasione. Mentre il cinema francese i generi li affronta tutti».
Foto: MONDO PICCOLO Sopra, un affascinante e inquietante momento del film "Minuscule". A destra, il
regista Abderrahmane Sissako
Foto: Il regista Luc Besson
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Il cartoon "Minuscule" ambientato tra gli insetti e atteso in Italia il 22, ha aperto la vetrina del cinema francese
Record dell'export e tanti successi in arrivo anche da noi. Besson, uomo d'oro degli incassi: «Bisogna
metterci il cuore» IL CASO
17/01/2015
La Sicilia - Ragusa
Pag. 27
(diffusione:64550, tiratura:80914)
La première del film diretto da Alessia Scarso, nella città che ha adottato il cane randagio. Un'accoglienza
entusiasmante per il cast e la produzione . La commozione di Barbara Tabita e tutti gli occhi femminili puntati
su Marco Bocci
leonardo lodato Nostro inviato "Che vita da cani! Sbattuto qua e là a girare nei cinema di tutta Italia! Guarda
quelle lì, sbavano per Marco Bocci... Eh? Come? Ah, sì, scusate, eccomi. Volete fare una foto? Ok. Potrei
tirarmela un po' ma non sono né Lassie né Rin Tin Tin... Il mio mito? Sorpresa, non è Rex e nemmeno
Hachiko. No, il mio mito, ripeto, non è un cane-attore, o un attore-cane e, vi giuro, di questi ultimi, in giro, ce
ne sono davvero tanti. In realtà, il mio punto di riferimento è Snoopy. Intelligente, ironico, pungente... ".
Sembra di sentirlo Tomak, il cane che interpreta Italo Barocco nel film di Alessia Scarso, mentre si
destreggia, timidamente, tra i co-protagonisti (scusateci quel "co" ma è così) e la folla che, in questi giorni, sta
affollando i cinema di tutta Italia. La stessa folla che accoglie il cast di "Italo" al Cinema Teatro Italia. A Scicli,
dove, nel giro di pochi giorni, si sono verificati due miracoli. Il primo, la riapertura del cinema. Il secondo, il
ritorno di Italo, il cane adottato da un'intera città che è tornato a vivere nel racconto che ne fa Alessia Scarso.
Il tutto, condito da un tour de force che ha portato gli altri attori, la regista, la produttrice e tutto il cast, a
presentare la pellicola in giro per la Sicilia e, galà attesissimo, proprio in quella Scicli sapientemente e
amorevolmente narrata da "Italo". Come a dire: state attenti, la Sicilia, il Sud est di questa splendida e
bistrattata isola, a volte "Bella", altre volte "Bestia", non sono soltanto emergenza immigrazione,
disoccupazione, fuga di cervelli. E Scicli non è soltanto la patria del Commissario Montalbano. Al di là dei
tanti luoghi comuni, c'è, infatti, molto altro di bello, anzi di bellissimo, di appassionante, ancora da scoprire e
da raccontare, così come quei paesaggi onirici ma fortemente reali che, sul grande schermo, vengono
puntellati dal pennello di Piero Guccione. E tra le cose belle c'è spazio per l'accoglienza che tutta, ma proprio
tutta Scicli, ha riservato giovedì sera a Marco Bocci, Barbara Tabita, Elena Radonicich e i tre "ragazzini
terribili" Vincenzo Lauretta, Martina Antoci e Matteo Korreshi. Fuori, nella piazza, il pubblico si accalca
davanti al cinema e al red carpet in stile hollywoodiano. Ci sono i rappresentanti "No Triv" e "No Muos",
scambiano qualche parole con alcuni politici giunti per assistere alla proiezione ma che sono ben lontani dal
voler fare passerella. C'è, soprattutto, la città, quella Scicli che, dopo avere adottato il vero randagio, ha fatto
lo stesso con la "squadra" di "Italo" il film. "Grazie al territorio - dice Roberta Trovato, produttrice del film - a
Scicli e a tutto il Sud est siciliano: non è stato facile decidere di avviare una produzione in una provincia così
periferica, ma era l'anima di quel territorio, di cui la storia di Italo è metafora, che volevamo raccontare. Senza
quello che abbiamo ricevuto, oggi questo film non sarebbe quello che è". Le lacrime di emozione di Barbara
Tabita, mentre ringrazia dal palco, sottolineando fortemente che questa terra, per nostra fortuna, non produce
solo mafia, si mischieranno, tra poco, a quelle di commozione di chi ricorda Italo, di chi ne sente la
mancanza, di chi, come "L'uomo dei cani", parla poco ma dimostra di sapere tanto della sua Scicli, delle sue
tradizioni, della sua ospitalità. Essere riusciti a portare a termine questa produzione è una vittoria di chi ha
voluto il film a tutti i costi (con in testa Roberta Trovato, la sceneggiatrice Coralla Ciccolini, la regista Alessia
Scarso), di chi ci ha creduto fin dall'inizio. E' la vittoria di una città intera. Della sua gente che giovedì sera ha
indossato l'abito da cerimonia, ha salutato tra applausi, smartphone impazziti di flash, e strette di mano, un
cast che si è prestato con grande trasporto e amore a far sì che questa favola potesse divenire realtà. Ci
sarebbero tante storie, belle e positive da raccontare. Per il momento, ci accontentiamo di Italo. Nella
speranza che sia uno stimolo per dare voce alla Sicilia operosa, laboriosa e convinta che qualcosa può
davvero cambiare. Imparando, forse, dagli animali. 17/01/2015
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Per Italo red carpet alla siciliana
17/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 28
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Solo i figli ci salveranno dalla commedia italiana
Archibugi dirige il remake del film francese "Cena tra amici" E "Il nome del figlio" è il racconto (da ridere) di un
fallimento
FULVIA CAPRARA ROMA
Le colpe degli intellettuali di sinistra che hanno continuato a chiudersi nel circolo dei propri simili, convinti
della loro superiorità. E quelle di chi non si è mai impegnato in nient'altro che non fosse il desiderio di
accumulare denaro, perdendo il senso dei rapporti umani. Sembra un trattato di sociologia e invece è una
cena tra parenti stretti, fratelli riuniti intorno all'evento imminente della nascita di un bambino, figlio di Paolo
(Alessandro Gassman), spregiudicato agente immobiliare, e di Simona (MicaelaRamazzotti), bella di periferia
che ha appena sfornato un best-seller a sfondo erotico. La pietra dello scandalo, nella casa accogliente di
Betta (Valeria Golino), sorella di Paolo sposata con Sandro (Luigi Lo Cascio), professore universitario autore
di libri poco letti e pochissimo venduti, è il nome che la coppia in attesa ha deciso di mettere al nascituro.
Benito, come Mussolini. Un insulto alle idee dei padroni di casa, dell'amico di sempre Claudio (Rocco
Papaleo), masoprattutto ai legami di famiglia, visto che Betta e Paolo vantano origini di ebrei illuminati:
«Volevo mettere in scena - dice Francesca Archibugi - un certo tipo di società, raccontare la nostra
generazione, costruire una commedia intorno a persone che hanno sempre pensato di essere le migliori».
Remake all'italiana di un film francese di gran successo (Cena tra amici, al posto di Benito c'era Adolf), Il
nome del figlio, dal 22 in 280 sale con Lucky Red, riflette, senza cattiveria e con molta ironia, sulle storture di
un tessuto sociale che la regista conosce bene: «È un po' quello che ha fatto Nanni Moretti, prendendo di
petto se stesso e i suoi simili. Io ho un modo più amoroso di fare critica e autocritica. Alla fine tutti, pur non
essendo innocenti, sono casi umani, raccontandoli non li giustifico, ma inevitabilmente li amo». Di
quell'universo, professor Lo Cascio in testa, l'unica eredità positiva è nell'inesausta «sete di conoscenza».
Per il resto le speranze si concentrano sui bambini, che ci si augura possano superare l'impaccio dei loro
«nomi assurdi, Pin e Scintilla» (fulminante la battuta del piccolo Pin: «So già che alle medie mi chiameranno
Bancomat»), e su Simona, ragazza di borgata che osserva tutto e prende appunti, pronta a raccontare in un
altro libro timori, paure, inadeguatezze di una famiglia molto diversa da quella in cui è cresciuta: «Siamo
arrivati - continua Archibugi parlando della nostra attualità - a un livello di corruzione da Paese del Terzo
mondo, penso che l'unico principio da cui si può ripartire sia quello del non fare agli altri ciò che non vorresti
fosse fatto a te stesso». Esempi? «Ci siamo assuefatti a tante cose, piccole e grandi - risponde -, come se
fossero normali. Tradire un marito o una moglie non è uno scherzo, trattare i figli come se fossero oggetti di
cui vantarsi non è bello, così come non mi piace chi non risponde al telefono. Rispondere è di sinistra». E il
parto che chiude il film - commenta la regista - «è un momento per me commovente: viene al mondo un
essere umano, una persona nuova, che casca in questo nostro disgraziato Paese».
Storie di famiglia Hungry Hearts Il rapporto morboso di una madre con il figlio e con il cibo nel thriller di
Saverio Costanzo Mommy Il giovane Xavier Dolan dirige un film visionario e insolito sul rapporto tra una
madre e il figlio malato
Foto: ANSA
Foto: Cast e regista: Alessandro Gassman, Micaela Ramazzotti, Francesca Archibugi, Valeria Golino, Luigi
Lo Cascio e Rocco Papaleo
Foto: La crisi Ne «Il nome del figlio» lo scontro che divide una famiglia nasce quando una coppia dice di voler
chiamare Benito il nascituro
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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il caso
17/01/2015
Il Tempo - Ed. nazionale
Pag. 22
(diffusione:50651, tiratura:76264)
Gassman e il mito italiano «Interpreto l'uomo rampante che ha fatto male
al Paese»
Il divo A febbraio compirà 50 anni intanto prepara il film da regista
Dina D'Isa
Tratto dal film francese, «Cena tra amici» di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, a sua volta
ispirati a «Prenom», commedia teatrale di grande successo, arriva ora nella sale (da giovedì in 280 copie) la
pellicola «Il nome del figlio» rivisitata e riscritta da Francesco Piccolo e Francesca Archibugi che ne è anche
regista. Qui, la storia è tutta italiana e nella stessa famiglia (citando «La Terrazza» di Scola) si ritrovano le
contrapposizioni tipiche di un intero Paese: una sinistra che non sa dove andare, una borghesia rampante e
qualunquista, una classe intellettuale narcisista e i radical chic che vivono in una bella casa romana tra il
Mandrione e il Pigneto. Qualcuno già lo paragona al «Carnage» all'italiana, ma per la regista, tornata sul set
a più di sei anni da «Questioni di cuore», «qui c'è meno rabbia e molto più amore». Il film è prodotto da
Indiana Production e Lucky Red con Rai Cinema e Sky, MiBACT e Motorino Amaranto di Paolo Virzì,
produttore e amico ventennale di Francesca Archibugi: la storia narra una serata tra amici di vecchia data,
riuniti a cena a casa di Sandro (Luigi Lo Cascio), scrittore e professore universitario precario e sua moglie
Betta (Valeria Golino), insegnante e madre affettuosa di due bambini. Insieme a loro, Paolo (Alessandro
Gassmann), fratello di Betta, cinico e sbruffone agente immobiliare e la bella Simona (Micaela Ramazzotti),
ragazza della periferia romana, autrice di un best-seller piccante. Tra le due coppie si inserisce l'amico di
infanzia Claudio (Rocco Papaleo) musicista stravagante, ago della bilancia tra gli screzi altrui. Sembrerebbe
una normale rimpatriata, ma una banale domanda su quale nome dare al figlio, che Paolo e Simona stanno
per avere, scatenerà un'aspra discussione, che condurrà la serata verso esiti inattesi, tra verità inconfessate
ed antichi rancori. «Il mio personaggio (Paolo) rappresenta una fetta molto ampia della popolazione - ha
spiegato Gassman - Rappresento un uomo simpatico e pericoloso perché non si sa mai davvero cosa pensa
e ce ne sono tanti come lui in giro per l'Italia. Ma non credo possa ritenersi un uomo di destra, anche se si
differenzia dai suoi amici e forse, proprio per questo, riesce più simpatico. Per intepretarlo mi sono ispirato a
certi personaggi che ha portato mio padre sul grande schermo e ora che il 24 febbraio compirò 50 anni sono
sempre più simile a lui: la faccia mi si sta scavando e mi si accentua la lordosi. Per questo, mi sto
concedendo maggior tempo per me stesso, per il mio fisico e per la mia libertà. Sto, tra l'altro, portando avanti
il mio prossimo progetto da regista, una storia on the road tra un uomo e un ottantenne, un nonno che
racconta l'Italia vedendola da altri Paesi». «Sono stata diretta da Francesca in "Questioni di cuore" tanti anni
fa - ha ricordato la Ramazzotti - E sempre nel ruolo di donna incinta. Con gli altri 4 protagonisti mi ritrovo a
cena per festeggiare la gravidanza ma, quando Paolo dice che il nascituro si chiamerà Benito, si scatena una
bagarre verbale e le ipocrisie che reggono il precario equilibrio dei rapporti del gruppo vanno sgretolandosi a
mano a mano. È un film corale che si ritrova nella canzone "Telefonami tra vent'anni" di Lucio Dalla del 1981.
E la pellicola si chiude poi con il mio vero parto, con la nascita di mia figlia Anna, un cesareo che Francesca
Archibugi ha filmato personalmente con le lacrime agli occhi e la videocamerina che le tramava tra le mani».
Il film è ricco di flashback, con le immagini delle vacanze nella villa in Toscana dove i cinque protagonisti,
allora ragazzini, cominciano a segnare i propri destini. E da lì nasce la voglia di realizzare una commedia non
snob, per «raccontare, mai giudicare. Come diceva Jean Renoir, "tutti hanno le loro buone ragioni" - ha
concluso la regista - Abbiamo visto in questo film un mezzo di trasporto per parlare di una cosa che ci
riguardava. Questi due modi di pensare in Italia sono radicati da venti anni, anzi da cinquanta, ma abbiamo
giudicato con maggior severità quelli che ci sono più vicini».
Foto: Personaggi Sopra l'attrice Micaela Ramazzotti (moglie di Virzì) e sotto la regista Francesca Archibugi
Foto: Protagonista Alessandro Gassman interpretaun personaggio scanzonato ecinico come sene incontrano
moltinell'Italia dioggi
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Film Da giovedì «Il nome del figlio» di Archibugi con l' attore romano
17/01/2015
Libero - Ed. nazionale
Pag. 26
(diffusione:125215, tiratura:224026)
È autolesionista continuare a copiare dai francesi
GIORGIO CARBONE
Ogni tanto facciamo gli americani anche nel cinema. Dove da tre, quattro anni, abbiamo adottato un vezzo
molto hollywodiano: il remake di un successo europeo. Loro hanno cominciato cinque, sei lustri or sono.
Quando hanno capito che comprare i bei film esteri e distribuirli nelle sale Usa era un magro affare. La
profonda provincia americana non consumava volentieri le pellicole doppiate, o peggio sottotitolate. Molto
meglio assicurarsi i diritti e poi rifare la storia con attori e registi Usa. Fu così che famosi hit italiani ( Crimen , I
soliti ignoti ) ebbero la loro più o meno bella versione yankee. Qualche anno fa abbiamo seguito l'andazzo.
Giù al Nord era stato un successone in Francia e aveva avuto buon esito anche da noi? Così i produttori
hanno azzardato il remake con Claudio Bisio bauscione funzionario delle poste milanesi spedito per
punizione in un paesino della Campania a vedersela con Alessandro Siani. L'ottimo riscontro di pubblico ha
persuaso evidentemente i produttori che quella del remake era una strada da battere. Le ragioni, certo, sono
leggermente diverse da quelle americane. Loro debbono rifornire il loro mercatone, noi il nostro mercatino.
Che una sola cosa sembra chiedere: le commedie mimimaliste, le vicenduole dei ragazzi e delle ragazze
della porta accanto (la specialità, appunto, da qualche stagione della produzione transalpina). Domanda: è
davvero il caso di batterla, la strada del copia-incolla? Un conto è il film di Bisio che prendeva dal precedente
francese la bella idea e poi la rielaborava autonomamente. Un altro è riprodurre una piece «da camera»
come Cena tra amici un discreto esito di tre anni fa divenuto Il nome del figlio nella manipolazione di
Francesca Archibugi. Per riprodurre è vitale, è necessario, avere attori in grado di fronteggiare quelli originali.
Gli americani li hanno, noi no. Alessandro Gassmann, con la sua tenera inguaribile introversione, non può
reggere il confronto con l'esplosiva bausceria di Patrick Bruel, il personaggio che annunciando
provocatoriamente di voler chiamare il suo nascituro Adolf (da noi sarà Benito), manda in vacca l'armonia
della cena del titolo. E che c'entra lo sconcio Rocco Papaleo col dolce personaggio dell'amico ritenuto gay
anche dai più intimi? Appunto, non c'entra un tubo. Proseguendo in questo filone rischiamo di infilarci in una
produzione né carne né pesce, né italiana né francese. Gli americani sono ricchi, si possono permettere la
mancanza di fantasia. Noi, da poveretti, cerchiamo almeno di non rinunciare all'inventiva.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Commento
17/01/2015
La Nuova Sardegna - Ed. nazionale
Pag. 33
(diffusione:59819, tiratura:72030)
Arriva nella sale il provocatorio "Golzius" di Greenaway
Arriva nella sale
il provocatorio
"Golzius"
di Greenaway
cinema
ROMA «Provo un'intensa avversione per il ruolo del drammaturgo. Ti dicono continuamente cosa hai
sbagliato, come avresti potuto fare meglio, che non è realistico, che non è andata proprio così. Loro come lo
sanno? C'erano ai piedi della Croce? O quando hanno fatto entrare il cavallo di Troia?». Potrebbero, forse,
essere parole sue. Ma Peter Greenaway questo j'accuse lo affida al suo alter ego, lo stampatore-capocomico
del tardo '500 protagonista del suo ultimo film, «Goltzius & The Pelican Company». Dopo due anni di attesa e
dopo aver fatto il giro del mondo, la pellicola ora debutta al cinema anche in Italia. Prima, il film aveva
debuttato al Festival di Roma del 2012, riempito le sale di grandi musei come il Louvre e la National Gallery di
Londra e anche le platee dei teatri, enfatizzando, fuori e dentro lo schermo, quel continuo scambio con arte e
teatro che è il cinema di Greenaway. «Sono provocatorio, è fondamentale che un artista lo sia», ha spiegato
più volte lui, che anche in questo film non lesina «sberleffi» pure alla religione, ad esempio, giocando con le
parole «God-Dog» (in inglese, «Dio-Cane»). E «Goltzius & The Pelican Company», che verrà proposto in
lingua originale con sottotitoli in italiano proprio per mantenere integra la visione del regista, non fa
eccezione, raccontando, tra grandi giochi scenografici ed effetti digitali, richiami a Shakespeare e Brecht e
molte scene di nudo e sesso esplicito, le disavventure di un incisore olandese del tardo '500, uno dei primi a
dedicarsi al soggetto erotico, in cerca di un mecenate che finanzi la sua prossima opera. Lo trova nel
Margravio d'Alsazia a patto che metta in scena per la corte gli episodi biblici legati ai vizi capitali. La
rappresentazione, più che realistica, di tabù come incesto, adulterio pedofilia e persino la necrofilia, innesca
però una serie di dinamiche inattese tra pubblico e Compagnia teatrale. Protagonisti, F. Murray Abraham,
Ramsey Nasr, Kate Moran e gli italiani Pippo Delbono, Giulio Berruti e Flavio Parenti.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Arriva nella sale il provocatorio "Golzius" di Greenaway cinema
17/01/2015
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 34
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Da Leopardi a Dante Il cinema italiano è sempre in cattedra
LA SCINTILLA La vita del poeta di Recanati è stata un successo : oltre 6 milioni di incasso Il boom del
«Giovane favoloso» lancia la nuova tendenza Sul set arrivano Boccaccio, l'eros seicentesco di Basile e
persino i Soliti Idioti con «La Divina Commedia»
Pedro Armocida
Un po' sembra di essere tornati al liceo. Nel momento in cui si ripropone l'annoso dibattito sull'utilità o meno
di quello classico ecco che il cinema italiano risponde con una lunga teoria di titoli che, presto o tardi, gli
stessi studenti vedranno proiettati - e il cerchio si chiude - nelle matinée o sulle mitiche L.I.M. (lavagna
interattiva multimediale). E non mancano le sorprese, a partire dal successo, oggettivamente imprevedibile
per le proporzioni, di Mario Martone che ha raccontato con maestria l'immenso Leopardi. Il risultato
straordinario è che Il giovane favoloso , a più di due mesi dall'uscita, è ancora proiettato in alcune sale e ha
raggiunto i sei milioni e mezzo di euro di incassi diventando il film italiano - non commedia - più visto nel
2014. Merito anche del suo attivissimo produttore, Carlo Degli Esposti, che è riuscito, mettendosi in gioco
anche personalmente su Twitter, a intercettare il pubblico di adolescenti della sua seguitissima serie tv
Braccialetti rossi per condurlo a vedere e - incredibile! - ascoltare Elio Germano recitare per intero tanto
L'infinito quanto la complicata ma testamentaria La ginestra . Così, dopo il recente omaggio di Pasolini dello
statunitense Abel Ferrara in una coproduzione italiana, il cinema «scolastico» nel 2015 prende ancora più
forma e si proietta verso il più importante festival del mondo. Mancano cinque mesi a quello di Cannes ma è
già dato per certo che il nuovo film di Matteo Garrone parteciperà in concorso (in Italia esce infatti il 15
maggio a festival appena iniziato) rischiando pure di vincere qualche premio. Ne sono certi quelli che hanno
avuto la fortuna di vedere in anteprima alle recenti Giornate professionali di Sorrento le prime immagini
«caravaggesche» di Lo cunto de li cunti che il regista di Gomorra e Reality ha tratto dall'opera omonima di
Giambattista Basile. La cosa curiosa è che il film in costume ambientato a metà del 1600 è stato girato in
lingua inglese (e infatti il vero titolo è The Tale of Tales ), con un cast internazionale (per Alba Rohrwacher e
Massimo Ceccherini solo ruoli secondari) tra cui spiccano Salma Hayek, Vincent Cassel e Toby Jones che si
dividono rispettivamente i tre capitoli del film: L'orsa , La vecchia scorticata e La pulce . «Lo cunto de li cunti
overo lo trattenemiento de peccerille» di Basile è noto anche come Pentamerone con le sue 50 fiabe
collocate in una cornice che segue il modello di trecento anni prima del Decameron di Boccaccio. Che,
neanche a farlo apposta, è al centro del nuovo film di Paolo e Vittorio Taviani dal titolo, appunto, Maraviglioso
Boccaccio . «Per noi che siamo di San Miniato Boccaccio è una specie di vicino di casa hanno spiegato i due
registi - è una vita che ci pensiamo ma non era mai il momento. Mentre ora la storia di questi giovani che si
rifugiano in una casa in campagna e fanno comunità, si danno nuove regole, oppongono alla disperazione la
speranza e ricreano la vita raccontandosi novelle ci sembra proprio una storia di oggi». Rigorosamente
italiano, fatta eccezione per Kasia Smutniak, il cast che vede una nutrita partecipazione di attori eterogenei
come Lello Arena, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Flavio Parenti, Vittoria Puccini, Michele Riondino,
Kim Rossi Stuart, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca. Ma la storia della letteratura italiana sul grande
schermo non finisce qui. A sparigliare le carte, e a intercettare sicuramente proprio il popolo degli studenti, ci
penseranno quei due soliti idioti di Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli che esordiscono come registi con La
solita commedia - L'inferno (ma è difficile immaginare delle matinée con le scuole). Un progetto ambizioso - è
una trilogia - ispirato al grande poema dantesco che vedrà la coppia satirica alle prese con nuove categorie di
peccatori (hacker, stalker...). Con Dio che decide di mandare sulla terra, a Milano, Dante (Mandelli) insieme a
un improbabile Virgilio (Biggio) per farsi strada tra ogni genere di nuovo peccatore. Per capire il tenore
dell'operazione non dovremo aspettare l'uscita del film prevista a marzo ma il festival di Sanremo dove, dal
10 febbraio, Biggio& Mandelli sono stati chiamati a sorpresa nella categoria dei Big a salire sul palco
dell'Ariston con la canzone Vita di Inferno . Un titolo che è tutto un programma.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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FILM DA LICEO
17/01/2015
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 34
(diffusione:192677, tiratura:292798)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Ciak da letteratura LacoppiaBiggio- Mandelli(SolitiIdioti) hadeciso di «attualizzare» la Divina Commedia di
Dante «La solita commedia - L'inferno» Controtutteleattese,ilfilmdiMartonesuLeopardi è diventato uno dei più
visti di tutto il 2014 «Il giovane favoloso» Abel Ferrara si è confrontato con la storia controversa e creativa di
Pier Paolo Pasolini «Pasolini» I fratelli Taviani (nella foto Paolo) si confrontano con il loro «vicino di casa»
Boccaccio «Maraviglioso Boccaccio»
Foto: ISPIRATO Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi in «Il giovane favoloso» di Mario Martone, il
film italiano più visto del 2014
17/01/2015
Milano Finanza - N.12 - 17 gennaio 2015
Pag. 20
(diffusione:100933, tiratura:169909)
Elena Dal Maso
Cinematografia italiana in chiaroscuro. Il settore ha chiuso il 2014 con una flessione del 7,1% rispetto all'anno
prima (da segnalare che nel 2013 il film di Checco Zalone, Sole a catinelle, aveva incassato, da solo, 50
milioni di euro) e in linea col 2012 (+0,1%). I dati appena pubblicati da Cinetel raccontano che nel 2014 sono
stati presentati 470 film in Italia contro i 454 del 2013 con un fatturato in discesa da 618,722 a 574,839 milioni
di euro. Il prezzo medio del biglietto, l'anno scorso, è stato di 6,02 euro, in calo dell'1,1% sul 2013 e del 3%
sul 2012. «Per non parlare della pirateria che rappresenta il 50% del giro d'affari del settore», spiega a MFMilano Finanza Federica Lucisano, amministratore delegato di Lucisano media group, titolo quotato sul
segmento Aim e unico gruppo integrato in Italia che controlla produzione, distribuzione e sale
cinematografiche. «Però è una piaga che stiamo combattendo grazie alle azioni mirate dell'Agcom e della
Guardia di finanza». Nonostante le incertezze del 2014, il 2015 si è aperto bene, con un incremento degli
incassi, dal primo al 13 gennaio (fonte Cinetel), del 10,71% sull'anno precedente. «Avremo un prodotto
migliore rispetto al 2014», riprende Federica Lucisano, «grazie alle proposte di Garrone, Sorrentino e Moretti
a Cannes e ai blockbuster americani verso l'estate». I primi dieci film del 2014 hanno incassato dai 14 milioni
di Maleficent (Walt Disney) a 8,7 milioni di Transformers 4 (Universal), mentre il miglior prodotto presentato lo
scorso Natale è stato Lo Hobbit della Warner Bros, che ha ottenuto 13 milioni di euro. Ma quanto deve
registrare il box office perché un film possa dirsi di successo? Secondo Federica Lucisano un film distribuito
fra 200 e 400 copie deve vendere biglietti per almeno 1,5-2 milioni di euro. Sotto il milione è un flop. Il 30-40%
del fatturato dei gruppi che lavorano nel settore cinematografico, aggiunge poi la manager, di solito ricavano il
30-40% dalle sale, il resto dagli altri media. Per Lucisano la produzione della fiction pesa per il 15%.
Importante è il segmento televisivo nella distribuzione cinematografica, trainato dal successo o meno dei film
al botteghino. «Il miglior interlocutore è la tv a pagamento», racconta l'ad, «per la programmazione dei titoli e
la qualità editoriale, che invece zoppicano in quella generalista». Il gruppo Lucisano ha reso noti i dati
preliminari relativi al fatturato 2014, previsto in crescita del 20% rispetto all'anno precedente. I quattro film
prodotti nel 2014 dalla controllata Italian International film hanno incassato al botteghino un totale di oltre 11
milioni. I Lucisano hanno firmato di recente un accordo con Vincenzo Salemme (avevano prodotto nel 2011
Ex-Amici come prima, con l'attore nel cast, e il film aveva registrato un incasso di 5 milioni di euro al box
office). Il 5 febbraio, poi, uscirà in Italia, distribuito dal gruppo Lucisano, Non sposate le mie figlie, film
francese che oltreconfine ha incassato 84 milioni di euro. (riproduzione riservata)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Nelle sale del cinema il 2015 parte bene
17/01/2015
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 23
(diffusione:105812, tiratura:151233)
E sullo schermo tornano padri e figli
Da Hollywood , con la potenza dell'amore paterno di Crowe, all'Italia con Muccino e i drammi di Costanzo
ALESSANDRA DE LUCA
E uno dei temi più amati e indagati dalla settima arte, frequentato da film maker alle prime armi e da grandi
maestri, al punto da diventare una vera e propria tendenza in alcune stagioni cinematografiche. Come quella
che si è appena inaugurata e che affronterà il rapporto tra genitori e figli, soprattutto padri, in numerosi film in
uscita nei prossimi mesi. Abbiamo appena visto Russell Crowe che per il suo primo film da regista, The Water
Diviner , ha scelto la commovente storia di un contadino australiano impegnato nella ricerca in Turchia dei tre
figli dati per dispersi durante la battaglia di Gallipoli. Un omaggio alla potenza dell'amore paterno che ha
cambiato la vita dell'attore, orgoglioso genitore di due bambini, come egli stesso ama ripetere durante le
interviste. E non è un caso allora che Gabriele Muccino al suo quarto film americano, Fathers and Daughters
torni a esplorare un tema su cui ha riflettuto anche con La ricerca della felicità e Quello che so sull'amore
affidando proprio a Crowe il ruolo di un padre vedovo, scrittore di successo colpito da un forte esaurimento
nervoso che non può crescere accanto a sé l'adorata figlioletta Kate. Dopo ventisette anni la bambina è
diventata una brillante dottoressa in psicologia, ma è ancora in cerca della serenità perduta durante la sua
tormentata infanzia. In The Cut , affresco storico presentato all'ultimo Festival di Venezia, Fatih Akin ci
racconta di un altro padre alla ricerca dei figli perduti. Durante la dominazione dell'Impero Ottomano
Nazareth, deportato dai turchi con gli armeni perché cristiano, è costretto ai lavori forzati. Sfuggito alla morte
e rimasto muto, intraprenderà un lungo viaggio fino all'altro capo del mondo per riabbracciare le figlie ancora
in vita. C'è poi chi affronta lo stesso argomento usando il linguaggio della commedia, come Non sposate le
mie figlie! di Philippe de Chauveron, che in Francia la scorsa primavera ha incassato oltre 60 milioni di euro
diventando un vero e proprio caso cinematografico nazionale. Nel film un padre deve fare i conti con tre figlie
sposate rispettivamente con un arabo, un cinese e un ebreo. Quando la quarta decide di convolare a nozze
con un ivoriano, sarà il caos, ma anche l'occasione per riflettere sui matrimoni misti, assai frequenti oltralpe, e
sulla necessità di un dialogo tra culture e religioni diverse all'interno della stessa famiglia. In Se Dio vuole ,
esordio alla regia dello sceneggiatore Edoardo Falcone, un padre (Marco Giallini) non accetta che il figlio
adolescente voglia vestire l'abito talare. Il piano di emergenza consiste nello screditare agli occhi del ragazzo
la figura che tanto lo ispira, il prete del quartiere (Alessandro Gassmann), ma le cose non andranno come
previsto. Debutta dietro la macchina da presa anche Riccardo Rossi con La prima volta (di mia figlia) in cui
Alberto, medico separato da dieci anni, vive in simbiosi emotiva con la figlia quindicenne, ma quando scopre
nel diario di lei alcuni segreti, fa del suo peggio per evitare che la ragazza cresca troppo in fretta. Il rapporto
generazionale sarà al centro anche dell'attesissimo nuovo film di Paolo Sorrentino, La giovinezza , in cui due
vecchi amici, Fred, compositore e direttore d'orchestra in pensione, e Mick, regista ancora in attività,
trascorrono insieme le vacanze in un elegante albergo alle pendici delle Alpi, immaginano il futuro e guardano
con curiosità e tenerezza alle vite confuse dei rispettivi figli. Kevin Costner lotterà come un leone in Black and
White per ottenere la custodia della nipotina dopo la morte della figlia prima e della moglie poi, mentre Jamie
Foxx veste i panni di un milionario deciso ad adottare un'adorabile orfanella nel musical Annie prodotto da
Will Smith, remake dell'omonimo film di John Huston. Nel nome del padre si ritroveranno in una grande casa
di campagna cinque donne con le rispettive figlie, per onorare la memoria di un grande attore morto dieci anni
prima. Con la commedia corale Latin Lover Cristina Comencini rende omaggio al cinema italiano e riflette
sull'eredità di padri ingombranti, parenti serpenti, madri in guerra come tante "Eva contro Eva". Una madre
fragile e autodistruttiva è quella raccontata da Saverio Costanzo nel suo doloroso Hungry Hearts , film tratto
dal romanzo autobiografico di Marco Frazoso e vincitore di due Coppe Volpi e Venezia per l'intensa
interpretazione di Alba Rohrwacher e Adam Driver. Mina e Jude si innamorano e si sposano a New York, ma
quando lei rimane incinta si convince che il figlio sia un "bambino indaco" e per mantenerlo "puro" lo
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AGORÀ spettacoli I film .
17/01/2015
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 23
(diffusione:105812, tiratura:151233)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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sottopone a un durissimo regime alimentare che blocca la sua crescita. Fino al momento in cui Jude capisce
che il piccolo è in serio pericolo. E sul rapporto con la figura materna (ma anche sulle dinamiche familiari già
affrontate con La stanza del figlio ) riflette Nanni Moretti con Mia madre in cui Margherita Buy, regista
impegnata nelle riprese di un film su un industriale in crisi, è costretta ad affrontare l'aggravamento delle
condizioni di salute della madre che hanno spinto suo fratello Giovanni (interpretato dallo stesso Moretti) a
lasciare il lavoro per restarle accanto. HUNGRY HEARTS. Alba Rohrwacher e Adam Driver genitori in crisi
per Saverio Costanzo BLACK AND WHITE. Intenso Kevin Costner nonno che lotta per la custodia della
nipotina THE WATER DIVINER. Russell Crowe cerca i tre figli dispersi nella battaglia di Gallipoli
17/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 23
(diffusione:210842, tiratura:295190)
«Che ridere i radical chic»
Francesca Archibugi parla del suo ultimo film "Il nome del figlio", dal 22 nei cinema , remake all'italiana del
francese "Cena tra amici" con Gassman, Ramazzotti, Golino, Lo Cascio, Rocco Papaleo. «Una commedia
che fa critica e autocritica di un'intera generazione, la mia» I MIEI PERSONAGGI HANNO UN COMPLESSO
DI SUPERIORITÀ E PUR AMANDOLI LI METTO ALLA BERLINA
Gloria Satta
«Era saltato un mio film ambientato fra Italia e Pakistan», racconta Francesca Archibugi, «passavo le
giornate sul divano depressa quando Paolo Virzì mi ha obbligata a tornare al lavoro, promettendomi che in
caso di necessità avrebbe anche menato le mani per me. Si chiama amicizia, questa, e mi sono rimessa in
gioco». Così la regista, con il collega nel ruolo di produttore (insieme a Indiana e Lucky Red) e con la
collaborazione dello sceneggiatore Francesco Piccolo, ha preso una commedia francese di grande successo
, Cena tra amici , e l'ha "rivoltata" all'italiana. Il risultato è Il nome del figlio , il film che uscirà giovedì 22
interpretato da un cast all star: Alessandro Gassman, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio, Micaela Ramazzotti,
Rocco Papaleo. Come nella versione originale, una serata conviviale tra vecchi amici, tutti intellettuali di
sinistra (o ex), si trasforma in una baruffa collettiva quando la coppia Gassman-Ramazzotti, in attesa di un
figlio, annuncia il nome che darà al nascituro: Benito, come Mussolini (nel film francese era Adolfo, come
Hitler). Questa scelta politicamente scorretta sarà il pretesto per sbranarsi a vicenda e rinfacciarsi, tra un
colpo di scena, un flashback e un momento esilarante, antichi rancori, tensioni sopite, gusti sessuali,
differenze di classe, tradimenti politici. Perché un remake? «Non è la prima volta che mi ispiro al lavoro degli
altri. La commedia francese ha funzionato come un veicolo e mi ha permesso di raccontare la mia
generazione in chiave di commedia umana. Ho mantenuto l'impianto narrativo originale ma ho italianizzato le
situazioni affondando, secondo la nostra tradizione, nella psicologia dei personaggi». Qual è il difetto
peggiore dei suoi protagonisti? «Hanno un complesso di superiorità, si sentono migliori degli altri. Il film mette
in scena le ceneri di un gruppo sociale e antropologico che un tempo era effettivamente più avanti degli altri:
più colto, più elegante, più lungimirante». I cosiddetti radical-chic. Non è l'ambiente dal quale proviene?
«Certo e, pur amandolo, lo metto alla berlina. Ce lo ha insegnato Nanni Moretti: prendere di petto se stessi è
il mondo migliore per fare autocritica». Non dovrebbe allora essere più feroce? «Ma io li amo, questi
personaggi, anche i meno difendibili. In fondo siamo tutti dei casi umani». È rimasto qualcosa di quel mondo
che viene rievocato nel film? «Una visione della politica non corrotta. Ma la corruzione, che nel nostro Paese
ha raggiunto livelli da terzo mondo, ha sporcato anche l'ambiente della sinistra idealista». Cosa significa oggi
essere di sinistra? «Forse applicare un precetto elementare: non fare agli altri quello che non vorresti fosse
fatto a te. Purtroppo si sono deteriorati anche i rapporti umani. Viene accettato l'adulterio, è normale vantarsi
dei figli e chi si sente importante smette di rispondere al telefono. Per paradosso, chi è di sinistra non può
negarsi all'interlocutore». Come ha gestito il suo cast di star? «E' stato bellissimo mettere insieme cinque
attori che vengono da mondi, sensibilità ed esperienze completamente diversi. Prima delle riprese, abbiamo
provato a lungo. E ci siamo amalgamati. La scena del parto di Micaela Ramazzotti è stata presa dal vero: l'
attrice mi ha permesso di filmare quel suo momento privato». Cosa rappresenta "Il nome del figlio" nella sua
carriera? «Il tentativo di sperimentare un genere diverso, la commedia. È una storia "da camera" basata sulla
forza degli attori». Come vede il cinema italiano di oggi? «È stupefacente la qualità dei film che si fanno
malgrado la mancanza di soldi, l'assenza di un sistema e di un mercato. L'Italia sa fare il cinema». E che si
aspetta dal futuro politico? «Non credo sia possibile un rinnovamento copernicano. E' sacrosanta la
disaffezione dalla politica che ha dato il peggio di sé. Ma certi fenomeni non si producono da soli. Gli italiani
sono corresponsabili dell'immoralità, l'hanno accettata». Cosa farà? «Sto scrivendo un altro film, ancora con
Piccolo e ancora ambientato in una casa. Sto esplorando un mondo che non conosco, studio, imparo. Ci
sono dentro fino al collo».
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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L'INTERVISTA
17/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 23
(diffusione:210842, tiratura:295190)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Foto: I PROTAGONISTI Da sinistra Micaela Ramazzotti Alessandro Gassman Valeria Golino Luigi Lo Cascio
Rocco Papaleo
Foto: LA REGISTA Francesca Archibugi: «È stato bellissimo mettere insieme cinque attori di mondi diversi»
In basso Valeria Golino e Micaela Ramazzotti
17/01/2015
La Sicilia - Ed. nazionale
Pag. 22
(diffusione:64550, tiratura:80914)
È una svolta, molte sale italiane hanno aderito
MARIA LOMBARDO Palermo. La strada di Biagio, film low budget, è stata lastricata di difficoltà ma ora il
nuovo film di Pasquale Scimeca il 20 gennaio sarà nelle sale siciliane (King di Catania, Gaudium di Palermo,
Apollo di Messina, Aurora di Siracusa), dal 2 febbraio nel resto d'Italia. Nuovo il circuito distributivo che la
stessa Arbash (la società dello stesso regista siciliano) si è inventata in collaborazione Acec (associazione
della sale cattoliche) per fare arrivare in sala il film (Green Movie Award e Premio di critica sociale 2014,
menzione speciale The Signis Award). La distribuzione internazionale è curata da Fandango. Produzione
indipendente (presentata in anteprima al Festival internazionale del film di Roma) come le altre di Scimeca, in
collaborazione con SiciliaFilmCommission, la storia di Biagio Conte missionario laico palermitano, salì alla
ribalta della cronaca 25 anni fa per la scelta radicale del giovane di lasciare la vita agiata e dedicarsi ai
poveri. La famiglia lanciò un appello a "Chi l'ha visto? ". Si era ritirato nelle montagne, eremita e pastore, era
andato poi ad Assisi nei luoghi di San Francesco e aveva deciso di dedicare la sua vita agli ultimi fondando a
Palermo tre centri della "Missione di Speranza e Carità". Marcello Mazzarella è intimamente ed esteriormente
credibile eremita e frate nel film caratterizzato da un tono lirico, da dialoghi scarni che lasciano spazio ai
pensieri e ai turbamenti del protagonista e da una bella fotografia. L'espediente narrativo iniziale è quello di
un giornalista che intervista Biagio e finisce per viverne l'esperienza. Il film incredibilmente non ha trovato
distributore, caso clamoroso in un mercato invaso da film di cassetta con spazi esigui per gli autori. Scimeca
non si è arreso. «Il nostro è un tentativo di scardinare questo stato di cose: abbiamo lanciato il BIAGIODay e
centinaia di sale hanno aderito». Presenti regista ecast (Marcello Mazzarella nel ruolo del protagnista,
Vincenzo Albanese, Renato Lenzi, Omar Noto, Michelangelo Balistreri, dei produttori Linda Di Dio e
Giuseppe Scimeca), il film è stato presentato ieri al Cinema Gaudium di Palermo. Una distribuzione
sperimentale, Scimeca? «La vita di un film indipendente non è facile e la distribuzione meno ancora: spesso
si finisce in pasto a pescecani. Perciò abbiamo cercato unpercorso diverso, abbiamo messo in piedi una
struttura di distribuzione. Le comunità cattoliche hanno 500 sale, parrocchiali e non. Stiamo cercando di
arrivare a tutte e ad altre (circoli, sale d'essai) sulla base dell'esperienza fatta con Rosso Malpelo. L'altro
problema - continua Scimeca - è che le sale non Acec che vogliono programmarlo avendo contratti vincolanti
con i grandi distributori, accettano il film per un solo giorno. Tuttavia sono state organizzate diverse proiezioni
nell'arco della giornata: matinée con scuole, associazioni. I biglietti che normalmente si vendono in una
settimana (500-600) così li vendi in un giorno: una novità assoluta. Non aspettiamo il pubblico ma lo
cerchiamo. A Messina abbiamo organizzato una proiezione per gli scout, che si fanno carico della
prevendita». Dunque una sola giornata di programmazione? «Diversi cinema lo terranno anche di più. Oggi
quasi tutti praticano la multiprogrammazione usando una sala per più film nella stessa giornata». Biagio
Conte ha visto il film? «Non lo so, l'ha visto don Pino il suo collaboratore, c'è un po' di pudore da parte di
Biagio e io rispetto questa sua paura di fare un peccato di orgoglio, lui rispetta il mio lavoro d'artista. All'inizio
del progetto mi ha detto: "Se Dio vuole, te lo fa fare". E io: "Biagio hai visto che ce l'abbiamo fatta? ". Lui:
"Sono contento"». Cosa vorresti che arrivasse al pubblico? «Quello che abbiamo cercato di mettere nel film: il
percorso di un uomo che parte da una crisi profonda e poi rinasce imboccando una nuova strada». Pasquale
si riconosce nella storia di Biagio? «Biagio rifiuta il nostro modo di vivere, il consumismo, riscopre il rapporto
con la natura che non possiamo mettere fuori dalla nostra dimensione esistenziale e poi guarda verso il cielo
scoprendo un bisogno di spiritualità. In questo possiamo ritrovarci tutti. Dio che si fa uomo, soffre come uomo
e ci da dei messaggi semplici banali per vivere serenamente». Pasquale, ma non eri comunista? «L'altro
giorno Papa Francesco ha detto una frase illuminante. Il nostro essere accanto ai poveri non è comunismo, è
Vangelo. Da giovane ho abbracciato il tentativo di lottare per una società comunista, inconsciamente lottavo
per i principi del Vangelo. Non posso dire che mi sono convertito ma da quando frequento Fra' Paolo dei
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Il regista Scimeca s'inventa distributore per il film "Biagio"
17/01/2015
La Sicilia - Ed. nazionale
Pag. 22
(diffusione:64550, tiratura:80914)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Francescani di Corleone o Biagio, sento di avere iniziato un cammino, non so se approderò a una vera fede
verso il Cristianesimo. Spero di essermi messo in cammino su questa strada. Ho tanti amici missionari che mi
stanno aiutando con il loro esempio». 17/01/2015
17/01/2015
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:165207, tiratura:206221)
A Roma in mostra un secolo della nostra eccellenza cinematografica ARTE & ARTIGIANATO L'omaggio della
Fondazione Cineteca di Bologna da oggi a marzo: a Palazzo Braschi
Paola Pasquarelli
· ROMA Sandra Milo in "Giulietta degli spiriti" di Fellini, costumi di Piero Gherardi. A sinistra, Milena Canonero
UNICA candidata italiana agli Oscar 2015 per aver curato la realizzazione dei costumi del film "Grand
Budapest Hotel" di Wes Anderson, Milena Canonero è una delle principali protagoniste di una mostra
dedicata ai costumi del cinema italiano allestita a Palazzo Braschi. Visitabile da oggi fino al 22 marzo, "I
vestiti dei sogni: un secolo di storia del cinema attraverso l'arte dei grandi costumisti italiani" è l'omaggio più
bello a quelle creazioni che hanno la forza di riaccendere nel pensiero le pellicole più amate, di farle rivivere
insieme alle emozioni. A quelle creazioni che hanno caratterizzato attori e attrici famosissimi, avvolgendo nei
tessuti i ruoli più diversi, illuminando volti, espressioni e pensieri. Autentici gioielli di scena creati da veri artisti
prestati al cinema. ACCANTO alla Canonero in primo piano le creazioni degli altri premi Oscar Piero Tosi,
Danilo Donati e Gabriella Pescucci, insieme a tanti altri nomi che hanno firmato i disegni e la realizzazione di
abiti che sono stati in grado di raccontare al pari dei dialoghi, delle trame e delle ambientazioni. L'esposizione
ripercorre la storia del cinema dalle origini ai giorni nostri, dalle dive del muto a "La grande bellezza". Nel
mezzo ci sono gli abiti disegnati da Donati per il film "Casanova" di Fellini, quelli di Tosi indossati da Sophia
Loren nel ruolo di Filomena Marturano in "Matrimono all'italiana", la giacca blu di Totò in "Uccellacci uccellini"
di Pasolini, quelli cuciti per Silvana Mangano protagonista di "Morte a Venezia" e gli splendidi costumi del film
"Gattopardo" di Visconti, i costumi realizzati da Milena Canonero per "Marie Antoninette" di Sofia Coppola. Ad
ognuno il suo posto d'onore accanto a qualche opera d'arte custodita nel Palazzo. «ABBIAMO scelto di
collocare i vestiti in un dialogo ispirato ai dipinti esposti nella collezione di Palazzo Braschi», spiega il direttore
della Cineteca di Bologna e curatore della mostra Gian Luca Farinelli. Per questo l'abito da cardinale del film
di Moretti "Habemus Papam" finisce strategicamente vicino al busto di Clemente XII Corsini, senza però
sfigurare. In realtà nessuno degli oltre cento costumi in mostra è svilito dalla vicinanza di un quadro o di una
scultura che in quel museo hanno trovato stabile dimora; il dialogo trasversale tra le arti quasi li esalta
regalando un impatto visivo di grande effetto. Insieme agli abiti originali in mostra ci sono decine di bozzetti e
una selezione di oggetti, tra i quali spicca la pressa che il maestro Danilo Donati costruì per foggiare i costumi
del "Satyricon" di Fellini. Il percorso di luci di Luca Bigazzi, e le colonne sonore dei film in sottofondo, fanno il
resto. Un salone infine è dedicato alla Sartoria Tirelli che ha collaborato alla realizzazione di molti costumi
premiati con l'Oscar come "Il Casanova" di Fellini, "L'età dell'innocenza" di Martin Scorsese, "Il paziente
inglese" e "Cyrano de Bergerac".
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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Costumi, la stoffa dei sogni Va in scena l'Italia da Oscar
16/01/2015
360com
Pag. 3
La regia di azorìn in escLusiva per FiLmmaster productions
Grandi manovre per la sigla di Madrid che oltre ad arricchire il roster di registi , annuncia l'arrivo della
producer internazionale Irene Choclán
Il regista spagnolo Gabriel Azorín entra a fare parte del roster di registi di Filmmaster Productions, con
un'esclusiva per Spagna, Italia ed Emirati Arabi. Questa operazione va ad arricchire l'offerta della casa di
produzione che continua a investire sul talento e sui nuovi linguaggi di comunicazione. Gabriel Azorín, classe
1981, è un giovane talento cresciuto e formatosi tra Valencia, Madrid e Città del Messico. Laureato alla
Ecam, scuola di cinematografia a Madrid, è stato acclamato dai più prestigiosi festival internazionali tra cui i
Festival di San Sebastián, Alcine, Lille, Ficunam, Zinebi, Cinema Jové e Estoril. Azorín è considerato uno dei
talenti più interessanti e promettenti del panorama spagnolo. Il suo cortometraggio "Los galgos" è stato
acclamato da riviste di settore quali Caimán Cuadernos de Cine y Fotogramas come uno dei migliori
cortometraggi spagnoli del 2012. E sempre nel 2012 si è aggiudicato la vittoria al concorso internazionale
Nike "The Chance" con il cortometraggio "Mi nombre es Portero", con Spike Lee come presidente della giuria
. Molto attivo nella ricerca, Gabriel Azorin ha fondato lacasinegra, un collettivo di ricerca artistica per molti
progetti che mettono a confronto il cinema con i nuovi modelli di creazione e produzione audiovisivi. La scelta
dei registi e il continuo rinnovamento del roster è da sempre uno asset fondamentale di Filmmaster
Productions. Grazie a un accurato lavoro di ricerca regia, la casa di produzione è in grado di intercettare i
nuovi talenti capaci di interpretare e sperimentare nuovi linguaggi di comunicazione, potendo imboccare
strade completamente nuove come protagonisti indiscussi della comunicazione di domani. Roberto Serna,
Executive Producer di Filmmaster Productions Spagna, spiega: «Siamo molto orgogliosi di poter arricchire la
nostra offerta con un giovane talento come Gabriel Azorín, uno dei giovani registi più interessati e promettenti
della scena filmica spagnola e talento capace di sperimentare in modo trasversale diversi linguaggi. Siamo
eccitati al pensiero che un artista come Gabriel abbia scelto di essere rappresentato in esclusiva da
Filmmaster Productions. Il 2015, inoltre, è un anno in grande fermento per Filmmaster Productions Madrid;
siamo già negoziando nei primi mesi del 2015, l'arrivo di altri nuovi registi e sono molto orgoglioso - aggiunge
Serna - nell'annunciare che è entrata a far parte della squadra Filmmaster Irene Choclán, producer di grande
esperienza nazionale e internazionale con cui Gabriel Azorin ha già lavorato in passato. Irene mi affiancherà
nello sviluppo e nella crescita della sede Spagnola di Filmmaster Productions». Mentre lo stesso Gabriel
Azorin ha commentato così: «E' un onore essere entrato a fare parte di una squadra che lavora con i più
grandi registi nazionali ed internazionali. Questo per me è un passaggio fondamentale nella mia carriera e
sono sicuro che con Filmmaster riuscirò a fare grandi cose, non vedo l'ora di cominciare e mettermi in gioco».
producer e regista con relativo award nelle foto, da sinistra, la producer irene choclàn, il regista gabriel
azorìn, un frame del corto "my nombre es portero", vincitore del concorso nike "the chance"
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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La casa di produzione si assicura iL regista iberico per spagna, itaLia e emirati arabi
16/01/2015
Il Giornale d'Italia
Pag. 12
The Water Diviner: Russell Crowe tra storia e speranza
Sullo sfondo di paesaggi mozzafiato della Turchia nascosta, un viaggio che esplora la natura conflittuale
dell'animo umano e di una delle guerre più devastanti della storia dell'umanità
Il debutto alla regia di Russell Crowe racconta un'avventura epica ambientata quattro anni dopo la terribile
battaglia di Gallipoli in Turchia, durante la Prima Guerra Mondiale. Protagonista della pellicola, ambientata nel
1919, è lo stesso Crowe nei panni di Joshua Connor, contadino e rabdomante che intraprende un lungo
viaggio verso la Turchia alla ricerca della verità riguardo la sorte dei suoi tre figli, dati per dispersi durante la
battaglia di Gallipoli. L'occupazione da parte delle truppe britanniche di Costantinopoli, destinata a durare
quattro anni, complica la ricerca di Connor, che diventa protagonista di una corsa contro il tempo per scoprire
la verità sui suoi figli e la natura della vera amicizia e dell'amore. Lo sceneggiatore Andrew Anastasios si è
ispirato ad una lettera di Cyril Hughes, Tenente Colonnello dell'Esercito australiano, che conteneva un
passaggio riguardo ad un uomo venuto dall'Australia fino in Turchia alla ricerca della tomba del figlio. Della
guerra restano solo i flashback sulle sorti dei tre giovani fratelli, e la caccia al tesoro ha come bottino i
cadaveri dei figli perduti d'Australia, che il water diviner percepisce e riporta alla luce. La sequenza d'apertura
di questa sua prima regia è subito intrigante, la ricerca solitaria del protagonista nel deserto del punto in cui la
secca terra cela una fonte d'acqua, poi lo scavo del pozzo, un bagno liberatore, e la clamorosa soggettiva
dell'uomo che per un attimo sembra voler lasciarsi andare per sempre in quel buco, sott'acqua e sottoterra
insieme. Malgrado solo un quinto della storia di The Water Diviner si svolga in Australia, buona parte del film
è stata girata nel continente australiano. La produzione è stata avviata a dicembre 2013. Le riprese, durate
tre settimane, si sono svolte a Sydney, prevalentemente all'interno di studi cinematografici, per le scene
ambientate nell'hotel di Istanbul; per pochi giorni, le riprese sono state effettuate in apposite location
all'interno di vecchie zone della città. Dopo questa prima fase, nei mesi di gennaio e febbraio 2014, per
cinque settimane la produzione ha girato nel sud dell'Australia, in particolar modo in campagna e sulle coste,
per le scene ambientate a Gallipoli e in alcune zone semidesertiche della Turchia rurale. Un ambiente ostile,
spesso quasi brutale, caratterizzato da condizioni climatiche avverse e particolarmente difficili. Insomma,
nonostante si tratti di un esordio, Russell Crowe dimostra non solo bravura tecnica dietro la macchina, ma
mette in mostra quel potenziale di sensibilità e raffinatezza che solamente pochi registi possono vantare. The
Water Diviner è quindi un film che racconta di sentimenti. Una storia toccante che ci racconta il percorso che
un padre deve compiere per accettare la perdita dei propri figli. Per farlo Russell Crowe decide di usare non
solo la guerra come movente, ma anche un confronto tra culture che ha lo scopo di far risaltare l'animo
umano al di là delle diversità culturali. Nonostante alcuni argomenti che meritavano più profondità e una certa
linearità nel racconto, è un film che consigliamo.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 17/01/2015 - 19/01/2015
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DISTRIBUITO DALLA EAGLE PICTURES IL FILM È GIÀ NELLE NOSTRE SALE , CON GRANDE
SUCCESSO
16/01/2015
Engage.it
Sito Web
Branded Content: ecco i migliori progetti italiani del 2014
L'Osservatorio Branded Entertainment ha scelto i lavori che si sono distinti per originalità, qualità estetica,
integrazione delle piattaforme e coinvolgimento tra 127 casi
Il Branded Entertainment, un "nuovo" strumento a disposizione delle aziende per stabilire un rapporto con
l'individuo attraverso la proposta di storie da cui apprendere i significati simbolici dell'azienda e del brand, è
un canale di comunicazione sche sta prendendo sempre più piede, grazie alla miriade di nuove possibilità
offerte dallo sviluppo tecnologico e dalla richiesta crescente del pubblico di storie e di contenuti di qualità.
Sono tante, oggi, le aziende che ne stanno mettendo alla prova (con successo) il potenziale, e, col tempo,
grazie all'Osservatorio appositamente dedicato al settore, è stato possibile anche misurarne l'impatto sui
brand e l'efficacia nel confronti del pubblico.Oggi, l'Osservatorio Branded Entertainment, dopo aver analizzato
127 casi, tra programmi TV, operazioni di native adv, progetti all digital, cortometraggi e app, ha rilasciato una
classifica dei 10 progetti che più hanno segnato il 2014, distinguendosi per originalità, qualità estetica,
integrazione delle piattaforme, coinvolgimento, capacità di utilizzare nel modo più "puro" questo strumento di
comunicazione di marca, trascendendo il mero placement.Al 1° posto troviamo "A small section of the world",
il documentario prodotto da illycaffè che racconta una storia multi-generazionale di passione e tenacia tutta al
femminile. Il progetto si focalizza infatti sulle donne di ASOMOBI (Asociacion de Mujeres Organizadas de
Biolley), l'associazione delle donne produttrici di caffè che vivono sulla Cordigliera di Talamanca in Costa
Rica che, rimaste da sole nei villaggi, hanno costruito il loro primo macinacaffè dando così il via a un modello
di coltivazione del caffè sostenibile e di qualità.Al 2° posto l'ottava edizione di X Factor, format originale di
FremantleMedia, che ha raccolto nella sola finale in onda su Sky Uno HD e su Cielo un'audience media
complessiva di oltre 2,6 milioni di spettatori e che si conferma un vero fenomeno registrando in totale più di 2
milioni di tweet inviati da oltre 250 mila utenti, entrando più volte anche nella classifica mondiale di Twitter. Un
format di successo che ha saputo gestire una molteplicità di sponsor (occhiali Lozza by De Rigo Vision, Max
Factor, Morellato Gioielli e Sector No Limits, Peugeot, Puma, Testanera, Twix e Yamaha) e ha saputo
accogliere nella forma di brand integration un marchio come Enel, rinnovando la partnership per il terzo anno
consecutivo, esplodendo il leitmotiv dell'energia "green" in molteplici touchpoint con il suo pubblico di
consumatori potenziali.Al 3° posto Samsung Maestros Academy, una branded platform sviluppata nell'ambito
dell'iniziativa "Launching people" da cui chiunque può seguire online le lezioni presentate dai maestri della
Maestros Academy, artigiani rappresentanti del made in Italy che spiegano il proprio mestiere attraverso i
video tutorial. Nella serie televisiva realizzata da Magnolia in onda su Real Time e DMax dodici protagonisti
tra i 20 e i 35 anni, raccontano un aspetto fondamentale e comune della propria vita: sono giovani, cresciuti in
una società fortemente tecnologica, ma che coltivano una grande passione per la tradizione delle professioni
artigiane. Il brand pur essendo presente non risulta invadente in quanto è inserito coerentemente nel flusso
narrativo: i prodotti Samsung sono utilizzati come tool a supporto dell'attività di volta in volta realizzata.
Inoltre, i dispositivi Samsung vengono utilizzati dai ragazzi anche per contattare gli artigiani che li seguiranno
durante i loro progetti. La narrazione non è mai prodotto- centrica.Al 4° posto il documentario in 4 puntate
Inspiring Chef: il gusto dell'arte realizzato per Sky Arte da Zodiak Active. In ogni puntata sono presentati due
chef stellati: Bottura e Bras, Adrià e Cracco, Oldani e Cannavacciuolo, protagonisti del calendario Lavazza
2014, che conducono lo spettatore in un viaggio alla scoperta del proprio territorio, alla ricerca del proprio
ingrediente simbolo, seguito dalla visita a un luogo d'arte o d'interesse affine allo chef. Il contenuto lavora
sugli intangibles di brand, sulla relazione soft che la marca instaura con il consumatore collegandola all'alta
cucina, al gusto e alla cultura. Lo scopo commerciale è poco evidente e non invasivo: il brand non è mai al
centro dell'attenzione (in primo piano o discusso) ma è presente attraverso codici iconici e inquadrature mai
troppo dedicate, con un'integrazione perlopiù riuscita. L'intento commerciale non risulta evidente in quanto il
prodotto non è mai discusso o troppo presente all'interno della narrazione, ma viene veicolato attraverso
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codici iconici o le inquadrature, seppur non approfondite, concesse alle tazzine o alle capsule durante il
momento (sempre presente) in cui gli chef si concedono un caffè e attraverso il collegamento esplicito
soprattutto nell'ultima puntata, dedicata al fotografo Martin Schoeller, con il calendario Lavazza 2014 (gli chef
stellati e il fotografo).Al 5° posto Caserta Palace Dream, ultimo dei cortometraggi prodotti dal Pastificio
Garofalo nell'ambito del progetto "Garofalo firma il Cinema". Il corto è stato distribuito online sul sito
www.pastagarofalo.it e on air su Sky Cinema Cult dopo una settimana in cui sono state trasmesse tutte le
precedenti opere del progetto scritto e diretto da James Mc Teigue e ambientato nella Reggia di Caserta, il
corto racconta l'amore platonico tra la regina Maria Amalia di Sassonia (Kasia Smutniak), moglie di Re Carlo
di Borbone (Valerio Mastandrea), e Luigi Vanvitelli (Richard Dreyfuss), genio architettonico italiano. Lo
storytelling assume una posizione centrale e risulta completamente slegato da fini commerciali (il prodotto
non viene mai esibito, non è mai presente nella narrazione). È la storia raccontata a rappresentare il dono, la
gratificazione per il telespettatore. Il brand è riconoscibile solamente in apertura (dove appare la scritta
'Garofalo presents') e in conclusione dove appare il logo dell'iniziativa "Garofalo firma il cinema". Non si tratta
tuttavia di una "sponsorizzazione" perché il Pastificio ha ideato il progetto e prodotto il cortometraggio. Non è
nemmeno un progetto istituzionale perché non ha niente del film aziendale (non illustra la storia dell'impresa,
né l'how is made del prodotto) non è destinato (solo) agli acquirenti della pasta e non ha fini esplicitamente
commerciali. Infine si differenzia nettamente da un'operazione commerciale tradizionale per formato (20')
tipologia di contenuto (in cui il prodotto è completamente assente), distribuzione (web, non interruttiva,
tipologia pull), girato e editing, accostabili ad una vera e propria produzione cinematografica.Al 6° posto il
progetto #Italiavoltapagina, realizzato sul sito Corriere.it dalle firme del giornale, dai più importanti
collaboratori e dai blogger in partnership con i brand coinvolti: Enel, Eni, Intesa Sanpaolo, Ferrero, Telecom
Italia, Vodafone. Gli articoli trattano di lavoro, famiglia, scuola, salute e ambiente, proponendo un incrocio di
analisi e storie positive per raccontare un'Italia che in questi anni non si è arresa e ha continuato a investire
nel futuro. On Top all'operazione, Il Corriere della Sera il 19 maggio ha diffuso a 20 milioni di famiglie italiane
un numero speciale del quotidiano intitolato "L'Italia che ce la fa", per dare massima diffusione al progetto. Le
aziende partner dell'operazione non sono solo sponsor ma anche contributors attivi in quanto presenti nel
numero speciale e all'interno del sito con articoli native. In particolare nel sito è presente una sezione bordata
di giallo e titolata "a cura dei partner" che raccoglie articoli scritti dalle firme e riguardanti temi affini agli
argomenti trattati come sviluppo, sostenibilità, tecnologia e più in generale a progetti che sfidano la crisi con
un atteggiamento positivo. In collaborazione con Eni, è stata realizzata una versione digitale inglese dello
speciale scaricabile gratuitamente sul sito Digitalians.Al 7° posto Top Dj, un format originale firmato Endemol
Italia, prodotto da YAM112003, talent show che ha visto sfidarsi dieci dj amatoriali per ottenere l'accesso alla
finale dove poter far ascoltare per la prima volta un brano inedito: il migliore ha ottenuto un contratto
discografico con Sony, oltre al titolo di miglior dj d'Italia. Progetto crossmediale e multipiattaforma che ha
previsto, oltre al talent show televisivo, un magazine online (www.top-dj.it) e attivati i relativi social media:
(facebook, twitter, soundcloud, instagram, youtube) e un tour live, con l'obiettivo di coinvolgere professionisti,
clubbers, trend setter, e appassionati del genere. A differenza degli altri marchi presenti nel programma
(SKYY Vodka, Air Action Vigorsol Xtreme, PUMA, Alfa Romeo - MiTo) , Radio Deejay appare il vero
protagonista di questo branded content. L'emittente diretto da Linus si lega indissolubilmente alla narrazione
e ne costituisce parte centrale e fondamentale in quanto senza la sua presenza il programma assumerebbe
un'altra forma. Presente all'interno della giuria nella figura di Albertino, personaggio storico della radio, e con
la "MusicRoom Radio Deejay", il laboratorio musicale dove i talent preparano la loro prova creativa, in cui
troviamo, ad assistere i concorrenti, il dj produttore e regista di Radio Deejay Fabio B.All' 8° posto Women's
Tales di Miu Miu. Il brand di Prada ha chiesto cosa vuol dire essere donna a 8 artiste film maker, che hanno
prodotto 8 cortometraggi affrontando temi come la bellezza, la cura di se, i valori più profondi come amicizia e
famiglia, raccontante dal punto di vista femminile. Il progetto Women's Tale, è approdato in televisione su
laeffe grazie alla collaborazione editoriale con la Tv di Feltrinelli. Un progetto originale che prevede ogni
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
settimana la messa in onda, in prima visione assoluta, di due delle 8 opere Miu Miu Women's Tales
accompagnate da interviste originali alle registe che raccontano, attraverso il loro lavoro e la genesi
produttiva delle loro opere, l'immaginario e la poetica delle donne.Al 9° posto La scalata di Levissima, vero e
proprio docu-game che sfrutta appieno le potenzialità dell'HTML5, e delle riprese in soggettiva realizzate da
scalatori professionisti con una videocamera Gopro. Con La Scalata l'utente si identifica con lo scalatore
protagonista del gioco muovendosi in prima persona all'interno dell'ambiente naturale valtellinese, come
fosse in un vero e proprio documentario scientifico. Obiettivo ottenuto grazie alle immagini realizzate per
National Geographic Channel da FoxLab.Al 10° posto, infine, un'applicazione realizzata da Zodiak per
Ferrero: si tratta di Magic Kinder, app per tablet e smartphone che dà vita ai giochi sorpresa degli ovetti
Kinder. L'app presenta molti contenuti: videoclip documentario, favole della buonanotte, disegna e colora e
contenuti scaricabili per costruire e personalizzare i propri avatar.Assenti dalla classifica progetti legati al
mezzo radiofonico, un medium con grandi potenzialità che però non sembra ancora aver definito una
strategia di content marketing a lui propria: perlopiù brand integration (nei programmi, gli speaker si fanno
endorser dei prodotti da pubblicizzare) o operazioni di branded entertainment "fuori dal mezzo" come RDS
Academy e Radio Italia Live, che la radio naturalmente potenzia.