lo sguardo del lupo
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Claudio Corvino bi ti la Excerpt of the full publication a per tiv l a scuola media collana di nar ra rin lo sguardo del lupo Claudio Corvino bi ti la Excerpt of the full publication a per tiv l a scuola media collana di nar ra rin lo sguardo del lupo Copyright © 2003 Esselibri S.p.A. Via F. Russo 33/D 80123 Napoli Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Per citazioni e illustrazioni di competenza altrui, riprodotte in questo libro, l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alle opportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazione degli interessati. Prima edizione: marzo 2003 S273 - Lo sguardo del lupo ISBN 88-244-9089-1 Ristampe 8 7 6 5 4 3 2 1 2003 2004 2005 2006 Questo volume è stato stampato presso «Officina Grafica Iride» Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII traversa, 24 - 80022 Arzano (NA) ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Consulenza didattica ed esercizi: Anna Somma ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Revisione del testo: Nadia Rossi ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Copertina: Gianfranco De Angelis ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Impaginazione: Grafica Elettronica Luciano, Antonio e Alessandro, Luca, Eugenio e Pierfrancesco, Alfonso Maria e Flavio, Clara, Valentina e Isabella, Marzia e Diana, Flavio e Livio, Renée, Alisdair, sono un branco di lupacchiotti che corre e gioca nella foresta, spiando da lontano la pianura che circonda la città. Qualche volta guardano con curiosità agli abitanti, sempre indaffarati, sempre in movimento, e ne hanno un po’ paura… A loro auguro lo “sguardo del lupo”, ché li aiuti a vedere meglio dentro e fuori di loro. Excerpt of the full publication Excerpt of the full publication lupo nel cuore, lupo nella mente ■ Quando sarete più grandi, cioè più maturi e più preparati, probabilmente andrete in un liceo, un tipo di scuola che prende il suo nome da me, il lupo, che nella lingua degli antichi Greci si diceva lykos. Ed è quasi certo che al termine della scuola, nei giorni d’esame, nervosi e angosciati, passeggerete in lungo e in largo “come la lupa del Campidoglio” e, allora ci sarà poco da augurarvi “in bocca al lupo”, perché, come tutti, anche voi tremerete dalla paura. Dopo, però, con una “fame da lupi”, potrete finalmente tornare alla vostra “tana”, a casa, e farete piazza pulita di tutto ciò che troverete sulla tavola. Se invece un giorno, magari stanchi di andare a rifocillare le vostre mucche con la lupinella, un’erba della famiglia delle papilionacee, o semplicemente perché ne avrete fin sopra ai capelli della vita di città, deciderete di diventare “lupi di mare” e vorrete assicurare la vostra preziosa barca ad un ormeggio, probabilmente farete un bel nodo a “bocca di lupo”, uno dei più sicuri. Ma mi auguro che una volta grandi, quando “proverete il morso del lupo”, cioè conoscerete i problemi della vita, non tenterete di risolverli con la “lupara”, quel fucile tristemente noto in molte zone del Sud-Italia e con il quale un tempo si “regolavano i conti”. Altrimenti, finireste col guardare il mondo da dietro antiche finestre a “bocca di lupo” di un carcere e magari, una volta usciti da lì, potreste continuare a fare del male, perché, si dice, “il lupo perde il pelo ma non il vizio”. Allora sarà inutile gridare “Al lupo! Al lupo!” perché nessuno vi vorrà aiutare e anche voi comincereste a credere che davvero “homo homini lupus”, cioè che l’uomo è lupo (nemico) all’altro uomo. Ma non cominciate a preoccuparvi fin da ora, anche perché “la morte delle pecore è la fortuna del lupo” e non tutti i mali vengono per nuocere, e poi, in fondo, ricordatevi sempre che “lupo non mangia lupo”. Ad ogni modo, siccome “la fame caccia il lupo dal 5 Excerpt of the full publication lupo nel cuore lupo nella mente bosco” ed io ho tanta voglia di raccontarvi la mia storia, eccomi qua, “lupus in fabula”, pronto per incominciare. Questi che vi ho ora elencato, cari ragazzi, sono solo alcuni dei modi di dire, quasi scherzi del linguaggio, che girano intorno alla figura del lupo. Non sono che un pallido segno di quanto noi lupi siamo ancora ben presenti nei modi di dire, nella vostra mentalità, nella vostra cultura. Oserei dire, senza peccare d’immodestia, che la mia razza ha segnato la civiltà umana in un modo indelebile, dal Paleolitico (1), epoca in cui l’uomo poteva appena chiamarsi così, e fino ai giorni nostri, dove nei cinema ancora continuano a proiettare film che hanno come protagonisti lupi, magari mannari (2) e assetati di sangue. (1) Paleolitico: il periodo più antico del- (2) (lupi) mannari: nelle credenze popol’età della pietra, caratterizzato dall’uso lari, uomini trasformati in lupi. della pietra e dell’osso nella fabbricazione di armi e strumenti. 6 Excerpt of the full publication lupo nel cuore lupo nella mente / esercizi SAPER scrivere Scrivi una favola che abbia come finale uno dei seguenti modi di dire, ovviamente dopo averne compreso il significato (vedi esercizio successivo): ♦ Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. ♦ La morte delle pecore è la fortuna del lupo. ♦ La fame caccia il lupo dal bosco. SAPER riconoscere la struttura e le funzioni della lingua Dopo un’attenta rilettura del brano introduttivo e una ricerca sul vocabolario, spiega a parole tue il significato dei vari termini e modi di dire legati alla parola lupo. ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ In bocca al lupo. Avere una fame da lupi. Lupo di mare. Nodo a bocca di lupo. Provare il morso del lupo. Lupara. Finestra a bocca di lupo. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Al lupo! Al lupo! Homo homini lupus (latino). La morte delle pecore è la fortuna del lupo. Lupo non mangia lupo. La fame caccia il lupo dal bosco. Lupus in fabula. 7 Excerpt of the full publication capitolo primo ■ IL LUPO DELLA PIETRA Il mio lungo viaggio su questo pianeta è cominciato tanti e tanti anni fa, circa 200mila, in quella zona davvero poco ospitale che gli uomini hanno chiamato tundra (1), una larga striscia di terra fredda e solitaria che va dallo stretto di Bering ai Pirenei verso Ovest e, dal lato opposto, attraversando quel sottile nastro di mare che un tempo non esisteva, coperto com’era da una terra chiamata Beringia, fino al Canada, terra di acque e di boschi. In tutti questi anni, il mio fisico non è cambiato molto: sono sempre stato alto e snello, più o meno di cinquanta-ottanta chili di peso e circa un metro e mezzo di lunghezza. Al garrese (2), dove in genere ci misuriamo noi animali, riesco a raggiungere anche il metro di altezza. Non è molto, direte voi, lo so, soprattutto se paragonato ad altri colossi come l’orso, il rinoceronte, l’elefante. Ma io, anzi noi lupi, abbiamo alcuni vantaggi sugli altri predatori. Innanzitutto il collo, muscolosissimo e con delle vertebre non saldate, ci permette di tenere tra le fauci (3) una pecora pesantuccia e di stringerla con una pressione di oltre cento chilogrammi per centimetro quadrato, praticamente una pressa per tipografi e, ancora e soprattutto, cacciamo in gruppo.“L’unione fa la forza”, come si dice tra voi umani. Da solo, lo confesso, avrei dei problemi ad affrontare i grandi ungulati (4) (1) tundra: zona della terra che si trova nella fascia più vicina al Polo Nord, caratterizzata dalla presenza di cespugli bassi, erbe, muschi e licheni. Allontanandosi dal Polo e aumentando il calore, la tundra si trova a quote più elevate, al limite della vegetazione arborea, cioè intorno ai duemila metri. (2) garrese: parte compresa tra il collo e il dorso dei quadrupedi, precisamente dove le vertebre del collo si uniscono a quelle della spina dorsale. (3) tra le fauci: nella bocca. (4) ungulati: gruppo di Mammiferi con unghia a zoccolo. 9 Excerpt of the full publication capitolo primo / il lupo della pietra come il bue muschiato, l’alce, il cervo. Figuriamoci poi quel “porco” del cinghiale: ci sono stati casi in cui alcuni miei cari amici sono rimasti uccisi con una sola carica di questo feroce e puzzolente suino. Vi voglio rivelare, ma non lo andate a dire troppo in giro, che io stesso un giorno ho passato un brutto momento con un grosso castoro che stava costruendo la sua diga, quando inavvertitamente vi passai sopra. Di necessità virtù (5), dite voi, no? E così noi lupi abbiamo imparato a cacciare in gruppi organizzati, i cosiddetti branchi. L’unione, il branco è la nostra forza e, un po’ come nella vostra, è la coppia monogamica (6) la base della nostra società: il lupo e la lupa che, una volta uniti, rimangono insieme fino alla morte. Romantico, no? Curiamo i cuccioli fin quando non saranno in grado di vedersela da soli e li accogliamo nel nostro nucleo familiare “allargato”, formato da cugini, parenti ed amici. Siamo una specie di tribù con delle regole gerarchiche (7) molto precise, nella vita di gruppo e soprattutto durante la caccia. Non lo faccio per vantarmi, ma è osservando noi lupi che i primi umani hanno imparato ad organizzarsi in bande o in classi di età, e che hanno imparato a cacciare. Ma tra uomini e lupi ci sono anche moltissime differenze: noi siamo più discreti e attenti, più rispettosi verso la natura, più “umani”, se mi permettete questo assurdo controsenso. Gli uomini, quando cacciano, sono eccessivamente rumorosi e non badano quasi mai veramente alla preda. Una volta scelta la specie, che so, un bufalo o un mammut (8), ne inseguono l’esemplare disperatamente e lo braccano, fino a quando non riescono ad ucciderlo. Noi, invece, perlomeno nel Paleolitico, quando la caccia ci era permessa dalla grande legge di Madre Natura, lasciavamo alla preda un largo margine di salvezza, una speranza di vita. Giocavamo a carte scoperte (9), ci guardavamo negli occhi, noi e (5) (fare) Di necessità virtù: adattarsi alle circostanze. (6) coppia monogamica: coppia in cui il maschio tende ad accoppiarsi con una sola femmina. (7) regole gerarchiche: regole proprie di una gerarchia, cioè di un rapporto reciproco di supremazia e di dipendenza. (8) mammut: elefante del Quaternario, estinto. (9) Giocavamo a carte scoperte: (espressione figurata) agivamo senza nascondere nulla. 10 capitolo primo / il lupo della pietra la preda. Ci studiavamo a vicenda per poi lanciarci reciprocamente chiari messaggi di morte. Dopodiché attaccavamo, in genere i più deboli o gli esemplari ammalati. Pensate che questa sia crudeltà? Niente affatto, anzi! Questo è un apprezzamento, un tenere in gran conto le altre specie. È una legge di Natura. Tra gli animali, gli esemplari più deboli o portatori di malattie devono per forza scomparire, altrimenti indebolirebbero via via tutta la specie, fino a causarne la totale estinzione. Qui da noi, nel nostro mondo selvaggio e lontano dalle leggi della cultura, le cose vanno diversamente dal mondo degli uomini: non abbiamo medicine, ospedali o ricoveri per anziani. Da noi, nei boschi o tra le nevi, non possiamo permetterci di assistere un malato o un anziano: è un lusso che può esistere solo nel mondo della cultura, degli uomini e delle donne, degli esseri umani. In questo modo, però, svolgiamo comunque un compito importantissimo che, dall’inizio della vita sulla terra, ha impegnato tutti i rappresentanti degli esseri viventi. Questo premuroso e delicato incarico, è quella famosa “selezione naturale” (10) che i vostri professori spiegano a scuola. Seguitela attentamente, quella lezione ragazzi. Io, che non sono mai andato a scuola, posso solamente raccontarvi una leggenda, molto antica e profonda, che risale al tempo in cui gli esseri umani sapevano convivere con gli animali, quelli predatori e quelli predati. Ascoltate attentamente. Tra gli Inuit (11), una popolazione che abita i confini ghiacciati del grande Nord, quasi all’estremità di quella metà della Terra chiamata (10) selezione naturale: in una qualsiasi popolazione, esiste una serie di fatti che fanno in modo che alcuni esemplari sopravvivano e altri no. Quelli che sopravvivono, cioè i più adatti in un certo ambiente (non necessariamente i più forti), fanno continuare la specie e la evolvono, gli altri spariscono. La selezione naturale può essere vista come la probabilità che ha ciascun individuo (e tutto il suo patrimonio genetico) di sopravvivere e ripro- dursi con successo. Essa è alla base dei processi di evoluzione e di adattamento delle varie specie presenti sul pianeta. (11) Inuit: gruppo umano che abita ancora, ma in piccoli gruppi, le coste della Groenlandia, dell’Alaska, della parte artica del Canada e la punta della Siberia. Preferiscono essere chiamati Inuit, che nella loro lingua significa “gente” e non eschimesi o “mangiatori di carne cruda”, un termine considerato offensivo. 11 Excerpt of the full publication capitolo primo / il lupo della pietra emisfero boreale, viveva solitaria e felice una donna, di nome Kaila. Era un tipo un po’ strano, parlava spesso da sola e passava il suo tempo libero a cercare conchiglie sulla spiaggia o sparuti (12) ciuffi d’erba per farne medicine, creme di bellezza e altri intrugli di questo tipo. Ma era molto brava a mescolare, cuocere e filtrare quella roba. Talmente brava, che tutti gli Inuit di quel circondario andavano a chiamarla quando c’era qualcuno ammalato, o anche quando avevano smarrito un oggetto: la consideravano una specie di strega buona, che nella loro lingua si dice angakok. Quando le portavano un ammalato, in preda alla febbre più alta o con dolori fortissimi, lei lo guardava, gli toccava la fronte, il polso e il petto e, dopo un po’ sentenziava: “Qualcuno gli ha rubato l’anima!” E così, tra la paura e la disperazione dei parenti dell’ammalato, andava nel suo igloo, la casina di ghiaccio degli Inuit, e cominciava a battere il suo bel tamburo di pelle di foca. Dapprima lentamente, utilizzando una bacchetta fatta di osso di orso polare, poi il ritmo aumentava, fino a diventare martellante, ossessivo. E batti, ribatti e batti, Kaila perdeva conoscenza, rimanendo seduta tra le pareti di ghiaccio, mentre la sua anima viaggiava libera nell’aria fredda della notte, alla ricerca dello stregone malvagio che aveva rapito quella del suo paziente. Dopo averlo trovato, lo costringeva, con le buone o con le cattive, a riconsegnargliela, riportandola subito al suo protetto, ridandogli così anche la guarigione. Kaila, quando non era indaffarata a preparare medicine, creme e a guarire la gente, aveva cura della sua bella mandria di caribù, numerosa e colorata come le pigne dei pini del bosco. Dai suoi animali aveva tutto quello che le serviva per vivere: la carne, il latte, la pelliccia e le corna, con le quali realizzava dei bellissimi pettini che barattava o vendeva al mercato. La donna viveva felice, contenta di tutto questo, perlomeno fino a che un giorno, un triste giorno, si accorse che qualcosa non andava più per il verso giusto. I suoi caribù stavano diminuendo: la morte passava ogni notte nel recinto e ne portava via qualcuno, lasciando dietro di sé il freddo e la malattia. (12) sparuti: poco consistenti. 12 Excerpt of the full publication capitolo primo / il lupo della pietra Quei caribù erano tutto quello che Kaila possedeva, tutta la sua vita. Era disperata. La sua magia non riusciva a fare niente: non c’è incantesimo o volo dell’anima che possa vincere la potentissima, inesorabile e nera Signora della morte. Così, dopo aver digiunato tre giorni per purificarsi il corpo, andò nel suo igloo e cominciò a battere il tamburo magico fatto con pelle di foca. Batte, ribatte e batte, fino a quando non le apparve il dio-lupo Amorak, padrone dei venti e di ogni tempo. Kaila gli raccontò il suo problema, dei suoi caribù ammalati, della sua disperazione. Il dio Amorak ascoltò con attenzione, rifletté silenzioso, e infine decise. Avrebbe mandato sulla terra i suoi cari figli, i lupi, e le cose si sarebbero risolte. Da quel giorno, i caribù e tutti gli altri animali ammalati, li avrebbero presi i lupi per loro, lasciando agli uomini quelli sani, così che tutte le specie animali sarebbero cresciute forti e in buona salute, per secoli e secoli. Se oggi allora potete ancora ammirare i caribù e tante altre specie animali, è anche un po’ merito nostro: non siete d’accordo ragazzi? Ma abbandonando la terra dei ghiacci per la più calda zona temperata, ritorniamo ai nostri ominidi, cioè ai vostri antenati. Una volta che questi ebbero imparato a cacciare, finalmente la smisero di andare a zonzo qua e là in cerca di frutta, radici o carcasse di animali morti e cominciarono ad organizzarsi in gruppi. Un cacciatore, da solo, poteva fare ben poco: magari acchiappare qualche preda piccola come un coniglio, che a mala pena bastava solo per lui. Ma per dare da mangiare ad un’intera famiglia c’era bisogno di qualcosa di più grosso, quindi anche più forte e più difficile da vincere. Prendendo esempio da noi, ma grazie anche alla loro intelligenza, gli umani cominciarono a catturare ed uccidere gli animali in un modo estremamente semplice: incendiavano le radure (13) o facevano un gran baccano all’improvviso per spaventare gli animali e costringerli a correre verso trappole naturali come i precipizi o delle buche appositamente scavate. Quella specie di macellerie ambulanti che erano i mammut (14), ad (13) radure: spazi di terreno erboso o sono detti “macellerie ambulanti” perché cosparso di arbusti. con la loro grossa mole offrono al cac(14) Quella specie … mammut: i mammut ciatore grande abbondanza di carne. 13 Excerpt of the full publication capitolo primo / il lupo della pietra esempio, ci cascavano sempre, come delle pere mature dall’albero, e precipitavano. Per gli umani era allora abbastanza facile finirli, assicurandosi così una riserva di cibo per parecchi giorni. A quel tempo, tra noi lupi e gli umani non c’erano grandi rapporti. Fortunatamente, a loro non piaceva la nostra carne, dicevano che era troppo coriacea e nauseabonda (15) e, per quanto riguarda noi… Beh!, abbiamo imparato a nostre spese che anche se sembra piccolo e indifeso, così deforme e dall’aspetto fragile (16), con quei quattro peli che ha sul corpo, è molto temibile e vendicativo, capace di uccidere per vendetta anche dopo vari anni, magari solo perché un lupo ha dato un morso ad un suo cucciolo di bambino. Puah! Mollezze da umani. Noi abbiamo troppe cose da fare per vendicarci. E poi, mi vengono sempre i brividi quando ci penso, verso la fine del periodo che voi chiamate Paleolitico inferiore, credo circa 400mila anni fa, l’umano ha scoperto il fuoco. Terribile! Se lo portava dappertutto e non lo spegneva mai, per paura di non poterlo più accendere. Noi animali, certamente già lo sapete, abbiamo un’atavica (17) paura del fuoco, non possiamo farci niente. Lo temiamo da sempre, e abbiamo imparato a starne alla larga, anche perché significa che ci sono umani nei paraggi. Costoro, poi, avevano anche preso l’abitudine di bruciare, anzi cucinare, come dite voi, la carne prima di mangiarla. Dicevano che serviva a digerire prima, per avere così più tempo per fare altre cose. E, in effetti, da quando cominciarono a cucinare la carne, li vedevo più svegli: avevano smesso di fare quelle lunghe pennichelle dopo pranzo o di ciondolare qui e lì per le loro grotte, e si concedevano momenti di svago. Alcuni cominciarono ad imbrattare le pareti delle caverne che abitavano: oggi voi questa la chiamate arte, ma per noi è sempre stata una perdita di tempo. Eppure, guardando di nascosto tutte queste cose, mi resi conto che le nostre strade si sarebbero separate. Voi diventavate sempre più intel- (15) coriacea e nauseabonda: dura e tale (17) atavica: derivante dai più lontani da produrre nausea. antenati. (16) deforme e dall’aspetto fragile: brutto e dall’aspetto gracile. 14 capitolo primo / il lupo della pietra ligenti, avevate più tempo a disposizione per pensare, per giocare, persino per pregare degli esseri invisibili che però sembravano onnipresenti. A loro gli umani offrivano sacrifici e dedicavano molto del loro tempo: ma, non vi confondete ragazzi, non era Dio, Allah o il Jahvé (18) che conoscete oggi! Erano esseri soprannaturali molto diversi. Era logico che un popolo di cacciatori, che prendeva tutto quello che aveva (carne, pellicce per riscaldarsi, ossa da utilizzare come utensili) dagli animali, sviluppasse un rapporto molto intimo con loro. Provate per un attimo a mettervi nei panni di un uomo preistorico, e guardate con i suoi occhi un animale come l’orso delle caverne, una tigre dai denti a sciabola o un leone. Questi quadrupedi sembravano avere tutto: pelliccia, forza, unghioni e denti per difendersi, velocità di attacco e di fuga. I poveri umani, invece, nudi e fragili com’erano, potevano contare solo sulla forza del gruppo, quella che voi oggi chiamate società, e sulla loro, allora incerta, intelligenza. Era normale che vedessero negli animali il dono di una specie di divinità, terribile per la sua potenza ma generosa, perché ogni tanto concedeva qualcuno dei suoi figli per sfamare gli uomini. Questa figura divina, ovviamente, aveva la forma di un animale, anzi era il “Signore degli animali”, che proteggeva sia le prede sia i cacciatori. Questo era un dio molto potente e, soprattutto, poteva decidere se rimandare sulla terra nuovamente i suoi figli una volta morti, oppure trattenerli presso di lui. Era il grande padre di tutti gli animali che, una volta uccisi e mangiati, tornavano da lui, in una sorta di paradisiaco albergo dove vivevano in eterno. La venerazione per questo Signore è durata molti millenni, anzi, ancora oggi ci sono popoli che vivono di caccia che non toccano animale se prima non l’hanno in qualche modo reso pacifico con qualche offerta o qualche discorsetto, tipo questo qui, che un mio amico ha (18) Dio, Allah o il Jahvé: rispettivamente il dio dei cristiani, dei musulmani e degli ebrei. 15 Excerpt of the full publication capitolo primo / il lupo della pietra ascoltato mentre era di passaggio in Bolivia, insieme a padre Ivano Nasini, un missionario: Signore, tu sei il padrone del bosco e di tutte le creature. Io sono povero e per sostenere la mia famiglia ho bisogno di uccidere qualche animale. Ti prometto che il mio fucile ucciderà soltanto lo stretto necessario. Intanto ti ringrazio per la tua generosità che vorrò ricambiare con una vita più buona. Ma ora smettiamola di parlare di cose tristi, e pensiamo ad altro! Per esempio a quand’è che si fa merenda. Mi sta venendo un certo languorino… 16 il lupo della pietra / esercizi SAPER leggere 1 ■ Qual è l’argomento di questo primo capitolo? 2 ■ Qual è, in sintesi, il contenuto di ciascun capoverso? Es.: 1° capoverso (da Il mio lungo viaggio a …di boschi”) Il lupo racconta che il suo viaggio sulla terra è iniziato circa duecentomila anni fa nella zona della tundra. 3 ■ Indica chi è, nella narrazione: l’autore, il narratore, il protagonista, il destinatario. SAPER parlare 1 ■ L’idea dell’autore di far parlare il lupo in prima persona, come la trovi? (originale, simpatica, efficace, altro) 2 ■ Il lupo, come pure altri animali, ricorre spesso nei nostri detti, nei proverbi, nei nomi degli oggetti, nei film e nella pubblicità. Anche nei simboli che vengono utilizzati in internet ci sono molti animali: un ranocchio, una tartaruga ecc. In particolare, su internet puoi trovare altri lavori sul lupo fatti da ragazzi come te, di altre scuole: cercali, poi presenta alla classe quello che ti sembra meglio riuscito. 17 Excerpt of the full publication il lupo della pietra / esercizi SAPER scrivere Scrivi un testo in cui l’uomo dell’età della pietra sia il protagonista narratore. Che cosa dirà della sua vita e del rapporto con gli animali, lupo compreso? SAPER riconoscere la struttura e le funzioni della lingua 1 ■ Scrivi, accanto a ciascuno degli aggettivi, almeno un sinonimo e un contrario: sparuto, deforme, fragile, terribile, generoso, potente 2 ■ Leggi il brano posto nel riquadro (molto interessante per approfondire la conoscenza degli Inuit), poi fa l’analisi del periodo, distinguendo tra principali, coordinate alla principale, subordinate. Inuit La società degli Inuit è fondata sulla famiglia, che può essere monogamica, nella maggior parte dei casi, ma esiste anche la poliginia, cioè la possibilità di prendere più mogli, e la poliandria, ovvero il prendere più mariti. Il popolo del ghiaccio mangia soprattutto, e ovviamente, pesce, foche, balene e altri mammiferi marini, la cui carne viene cotta, fatta seccare o congelata. La foca è uno dei loro animali sacri, preziosa fonte di cibo (anche per i cani) e offre anche il pellame per costruire barche e tende, l’olio per l’illuminazione e il riscaldamento. Molti di loro sono ancora cacciatori e inseguono caribù, non disdegnando volpi e orsi, anche se nuove leggi glielo stanno proibendo del tutto. Pescano anche, in gruppo, balene e trichechi. Oggi, però, molti Inuit svolgono lavori salariati e si sta diffondendo sempre di più l’uso dei cibi industriali. Anche l’alcol si sta diffondendo molto in alcuni gruppi, diventando una vera e propria piaga sociale. 18 Excerpt of the full publication il lupo della pietra / esercizi Le tipiche case inuit, che loro chiamano igloo, sono di due tipi: tende di foca o tricheco in estate e capanne o case in inverno. Le abitazioni sono in genere in pietra con una struttura in legno o, più un tempo, in osso di balena. L’igloo di ghiaccio, quello di cui si parla nella storia di Kaila, in realtà è diffuso in Canada, un poco in Groenlandia e nessuno lo costruisce in Alaska. Oggi, però, molti preferiscono vivere negli alloggi moderni messi a disposizione dallo Stato. I mezzi di trasporto tradizionali erano il kayak, una specie di canoa in legno coperta di pelli di foca con una sola apertura per far alloggiare il rematore, e l’oomiak, più grande e aperta. Sulla terra si muovevano con slitte trainate da cani, oggi sempre più sostituite dai “gatti delle nevi”. Gli Inuit credono che le cose, tutte le cose, abbiano uno spirito o, perlomeno, siano in relazione con qualcos’altro che è invisibile. Nella sfera religiosa ha grande importanza lo sciamano, un operatore del sacro che conosce una serie di tecniche per avere a che fare con gli esseri che abitano l’aldilà. La divinità principale, per molti di loro, perlomeno per quelli che non sono ancora convertiti al cristianesimo, è la “Signora dei mammiferi del mare”, a cui vanno tutte le anime degli animali uccisi. SAPER organizzare i contenuti 1 ■ I lupi la geografia l’hanno imparata con l’esperienza, migrando qua e là per i continenti per migliaia di anni. E tu? Disegna una cartina muta del mondo e colora la tundra. Potresti poi aggiungere i disegni degli animali che la abitano. Un’altra cartina potrebbe essere dedicata all’area del lupo. Dove si può trovare oggi? 2 ■ Ricerca di gruppo e relazione scritta: Gli stemmi che ancora conservano figure di animali (di associazioni, dei Comuni, delle squadre sportive ecc.). 3 ■ Riassumi in 2 pagine il contenuto del racconto tenendo presente come scaletta le sintesi dei vari capoversi. 19 Excerpt of the full publication rin bi la Leggere per conoscere nuovi mondi e per riflettere su cose già conosciute. Leggere per perdersi nei labirinti dell’immaginazione e, attraverso la finzione letteraria, capire i problemi del mondo che ci circonda. Leggere per “sentirsi convinti che ogni libro degno di questo nome rappresenta una concentrazione, un compendio e una forte semplificazione di cose complicate”. (H. Hesse) iva pe collana di narr at r la scuola media ti lo sguardo del lupo lo sguardo del lupo Un vero e proprio studio di antropozoologia o zoostoria che affronta, in forma godibilissima, le tematiche dell’avventura umana: dalla vita quotidiana degli uomini del Paleolitico Superiore, alla nascita dell’allevamen- to, agli eroi greci e romani, fino al medioevo. Il lupo, nella sua narrazione, attraverso le fonti e i documenti più disparati (dalle varie Leggi barbariche a Salimbene da Adam, Dante, la Cronaca di Erfurt, i Fioretti Excerpt of the full publication di San Francesco), racconta la storia degli uomini, dei loro miti, delle loro leggende e, soprattutto, di quell’insieme di credenze che formarono il nostro immaginario europeo.