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IAB ITALIA
Rassegna Stampa del 20/10/2014
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INDICE
IAB ITALIA
18/10/2014 Sueddeutsche Zeitung
Diskriminierte Migranten
17
18/10/2014 Sueddeutsche Zeitung
Kontakte führen zu den meisten Jobs
18
16/10/2014 ADV Express
Iab Seminar/2. Yahoo punta sempre più sui video e lancia il format 'shortcast'
coinvolgendo Saviano, Simona Ventura, il Trio Medusa e Vaporidis
19
16/10/2014 ADV Express
Iab Seminar/3. Per una comunicazione video efficace: storytelling, engagement e
formati outstream
20
17/10/2014 Engage.it
Trasversale e quotidiano, ma con le sue regole. Ecco tutti i numeri del video online
secondo Yahoo
21
17/10/2014 MyMarketing.Net
Iab Seminar Video Advertising Strategy
23
17/10/2014 Pubblicitaitalia.it 11:46
Iab Seminar: stime 2014 per il mercato del video adv a 275 mln di euro (+25% vs
2013)
24
ADVERTISING ONLINE
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
Banda ultra larga, il piano del governo verso Bruxelles
27
20/10/2014 Il Sole 24 Ore
Better Silver entra nella L&A e punta sui gioielli «green»
29
20/10/2014 Il Sole 24 Ore
La firma elettronica è più veloce
30
20/10/2014 Il Sole 24 Ore
Per gli ingressi in vista un rialzo del 4%
32
20/10/2014 Il Sole 24 Ore
La multicanalità al servizio di clienti sempre più mobili
34
20/10/2014 Il Sole 24 Ore
L'e-com batte il calo dei consumi *
36
19/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Amazon, il segreto per fermare la seduzione del grande libraio
38
20/10/2014 La Stampa - Nazionale
Innovare il presente per costruire il futuro
42
20/10/2014 La Stampa - Nazionale
"I concorrenti di CartaSi? Apple e Amazon"
44
20/10/2014 Il Giornale - Milano
Il marketing digitale per Expo e i progetti dei social media
46
18/10/2014 Il Fatto Quotidiano
Quando il web soccorre la carta
47
18/10/2014 ItaliaOggi
Le Monde vuole Lci per crescere
48
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Dalla scuola alla sanità l'Agenzia ha le armi per digitalizzare il Paese
49
20/10/2014 Corriere Economia
Auto, nani da giardino, interi borghi: Melany e la vetrina di seconda mano nel web
51
20/10/2014 Corriere Economia
A Parigi e Tokyo adesso si paga con Twitter e FB
52
20/10/2014 Corriere Economia
Ecommerce, la formula per guadagnare con i clic
53
20/10/2014 Brand News Today
Le recensioni stimolano il download dell'app di MoneyFarm
54
20/10/2014 DailyNet
Agenzie Armando Testa si ripensa più digitale
55
20/10/2014 DailyNet
Mercato Arredamento.it e Nientepopcorn.it affidano la raccolta adv a SìAdv
56
20/10/2014 DailyNet
Rubriche GroupM analizza le principali evidenze della Total Digital Audience di luglio
'14
57
20/10/2014 DailyNet
App Shazam: sono 8 milioni gli italiani che la usano ogni mese
58
20/10/2014 DailyNet
Agenzie Armando Testa si ripensa più digitale*
59
20/10/2014 DailyNet
Algorithmedia punta sul target femminile. La parola al sales manager Gian Marco
Mandrini*
61
20/10/2014 Pubblicita Today
Inpiù.net apre al mercato Business to Consumer
62
20/10/2014 Pubblicom Now
Nuove acquisizioni editoriali per Sìadv
64
17/10/2014 Channel Magazine
SITI MALIGNI: SEMPRE DI PIÙ GLI ITALIANI CHE LI VISITANO
65
18/10/2014 Giornale delle Assicurazioni
Le strategie di Axa sul mercato italiano
66
17/10/2014 ADV Express
Clear Channel a Roma per presentare il progetto di rinnovamento degli spazi negli
aeroporti
71
17/10/2014 ADV Express
W+K Tokyo firma la prima campagna di Facebook per il mercato giapponese
73
17/10/2014 ADV Express
Space Available Here. Lo strano caso del 'Risparmio Ignorante'
74
17/10/2014 ADV Express
A Sìadv la raccolta di arredamento.it e nientepopcorn.it
76
17/10/2014 ADV Express
PrimeWeb realizza l'e-commerce di Ottimomassimo
77
17/10/2014 Engage.it
Gli integratori Frau in Tv su Sky: la campagna firmata Dolci Advertising
78
17/10/2014 Engage.it
Per Ottimomassimo restyling del sito e nuova piattaforma e-commerce. Firma
PrimeWeb
79
17/10/2014 Engage.it
Sìadv acquisisce Arredamento.it e Nientepopcorn.it
80
17/10/2014 Primaonline.it 01:07
L'innovazione e la concorrenza secondo il presidente di Google, Schmidt
81
17/10/2014 Primaonline.it 00:08
EGaming Review premia l'online gaming italiano, a PokerStars.it tre riconoscimenti
83
17/10/2014 Pubblicitaitalia.it 02:46
Subito.it lancia il native advertising per desktop e mobile
84
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO
18/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Malumori e ostilità, il Sinodo imprevisto
86
18/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
non è un delitto tagliare del 2%
88
18/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
La clausola di salvaguardia che protegge il premier
90
18/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
La premier della Polonia: «Alta tensione, colpa di Mosca»
92
18/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Serracchiani: noi governatori dobbiamo ammettere che ci sono sprechi
93
18/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
«Sui divorziati non dovevamo dare risposte definitive»
94
18/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Auto in Europa, la ripresa di settembre
96
18/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Telecom «congela» l'operazione Oi
97
18/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Google batte Goldman Sachs, più fondi a Washington
98
19/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
«Cambio la giustizia con l'opposizione E San Vittore va chiuso»
99
19/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
«Io un vero capo Sono pronto per la politica»
102
19/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Gli incentivi per le assunzioni? Finiranno in pochi mesi
105
19/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Due miliardi alle aziende agricole strette tra «falsi» e embargo russo
107
19/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Borse e bond, come cercare di guadagnare con il rimbalzo
108
20/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
La Chiesa e la ferita dei divorziati «Fu Ratzinger a sollevare il problema»
109
20/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Unioni gay, sì da tre italiani su quattro Sul matrimonio il consenso è del 35%
111
20/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Padoan: siamo in regola, l'Ue non ci boccerà
113
20/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
«Una tassa unica sulla casa entro i prossimi due mesi»
115
20/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
«Di Pietro corre a Milano? Magari anch'io»
117
20/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
«FI cambi rotta: torniamo al bipolarismo»
118
20/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Le troppe amnesie sui cristiani perseguitati
119
18/10/2014 Il Sole 24 Ore
Dall'Europa il primo passo, ora tocca a Putin
120
18/10/2014 Il Sole 24 Ore
Orlandi: 15 miliardi dal contrasto all'evasione fiscale
122
18/10/2014 Il Sole 24 Ore
«In Europa 15% di Pil in meno in 10 anni, in Italia il Jobs Act va nella giusta
direzione»
124
18/10/2014 Il Sole 24 Ore
«Così il Tfr è a rischio incostituzionalità e mancano i vitalizi»
126
18/10/2014 Il Sole 24 Ore
«Per salvare la sanità pubblica i ricchi devono pagare di più»
127
18/10/2014 Il Sole 24 Ore
«I commercialisti aspettano semplificazioni vere» «Per esempio, si preveda lo
scioglimento agevolato per le società non operative»
129
18/10/2014 Il Sole 24 Ore
Del Vecchio chiude il riassetto e sceglie un manager estero**
130
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
Perché i tempi stanno cambiando (velocemente)
132
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
Le due trappole che l'Europa non vede
135
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
Avviso al Parlamento
136
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
La sfida di Fineco è aumentare la consulenza nel risparmio gestito
137
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
I «dettagli» che zavorrano la manovra
140
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
La missione perduta delle banche globali
142
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
Visco: tutelare i lavoratori, non i posti
144
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
Borse, la ripresa punta su Draghi
145
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
«Nessun rancore sulle vostre scelte»
147
19/10/2014 Il Sole 24 Ore
Unipol verso l'intesa sulla governance
148
20/10/2014 Il Sole 24 Ore
In Europa investimenti e crescita
149
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Pressing su Barroso "Non ci boccerà"
152
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Ecco la mediazione dei governatori "Pronti a rinunciare a 2 miliardi della sanità"
154
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"O tagliamo i servizi oppure tutto il resto l'aritmetica non gufa Matteo ora ci ascolti"
156
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Draghi riscalda le Borse Milano +3,4, Atene +7% lo spread torna a calare
158
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Montebourg: "Europa verso l'autodistruzione Hollande aiuti Renzi contro la destra
tedesca"
159
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Landini: gli agenti hanno esagerato ma gli ordini venivano dall'alto
161
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"Ma così ci guadagna solo il Cremlino"
163
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"Sono andato a Lourdes e lì ho deciso di lasciare io voglio vivere in pace con me
stesso"
164
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Jimmy Choo debutta senza fare il botto ma a Singapore apprezzano le scarpe
glamour
166
18/10/2014 La Repubblica - Nazionale
LA7 IN CRISI UNA TELEVISIONE DA RIVEDERE
167
19/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"Solo autografi, lo fermerò"
169
19/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Il biglietto della lealtà "Il Papa non sono io"
171
19/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"Dobbiamo poter licenziare i professori che non lavorano"
173
19/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"Renzi rispetti i patti o rivolta sulle tasse"
175
19/10/2014 La Repubblica - Nazionale
La "guerra" cino-giapponese può far alzare il prezzo di Breda e Sts
177
19/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Visco: "Vanno salvati i lavoratori non i posti ora più investimenti"
178
19/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Furlan: "Il Tfr di Renzi ci renderà più poveri"
179
20/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Cairo: "Tra Santoro e Travaglio io scelgo Michele"
180
20/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"La Padania libera è inutile se chiudono le fabbriche Ora la Lega parla a tutti siamo
l'argine al razzismo"
181
20/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Lavoro nei giorni festivi e professioni più libere così Macron rilancerà l'economia
francese
183
20/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Il fondo
185
20/10/2014 La Repubblica - Nazionale
QUELL'ULTIMO ASSALTO ALLA LAGUNA
186
20/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"Scopriamo dagli altri che il nostro Paese non è in decadenza"
188
18/10/2014 La Stampa - Nazionale
Nessuno mi ha avvisato che i tagli crescevano da 3 a 4 miliardi Da Matteo neppure
un sms né da Delrio
189
18/10/2014 La Stampa - Nazionale
Farnesina, la favorita è la Sereni
191
18/10/2014 La Stampa - Nazionale
Vladimir si sfoga con Silvio "Perché l'Europa si presta al gioco degli Stati Uniti?"
193
18/10/2014 La Stampa - Nazionale
"Niente garanzie sul lavoro Così la manovra non dà crescita"
194
18/10/2014 La Stampa - Nazionale
Da Serra a Landi e Romeo Ecco i finanziatori della Leopolda 2014
196
18/10/2014 La Stampa - Nazionale
"Il Fondo monetario non vede l'Italia come sorvegliata speciale"
197
18/10/2014 La Stampa - Nazionale
"Con la moneta elettronica vantaggi per tutti"
199
19/10/2014 La Stampa - Nazionale
IL PERICOLO DELL'INFARTO FINANZIARIO
200
19/10/2014 La Stampa - Nazionale
Boldrini: il sindaco ha fatto bene La realtà nel mondo sta cambiando
202
19/10/2014 La Stampa - Nazionale
Il Parlamento ora resta senza alibi Renzi: adesso dobbiamo chiudere
204
19/10/2014 La Stampa - Nazionale
"Uffici pubblici digitali: recuperiamo 30 miliardi"
205
19/10/2014 La Stampa - Nazionale
"Basta spese folli per le sagre di paese"
206
19/10/2014 La Stampa - Nazionale
Sindacati nel panico: "9000 posti a rischio nei nostri patronati"
207
19/10/2014 La Stampa - Nazionale
"Ora lo sviluppo col Jobs Act Sarà legge entro il 1° gennaio"
208
19/10/2014 La Stampa - Nazionale
Quando a Gerusalemme mi perdonò di avergli rovinato il riso allo zafferano
210
20/10/2014 La Stampa - Nazionale
"Che ipocrisia sulle Regioni"
212
20/10/2014 La Stampa - Nazionale
"Ma è possibile il compromesso"
213
20/10/2014 La Stampa - Nazionale
Giachetti: "Ricetta timida che finisce per discriminare gli eterosessuali"
214
20/10/2014 La Stampa - Nazionale
"Nessuna spaccatura I sacramenti ai risposati? Questione ancora aperta"
215
20/10/2014 La Stampa - Nazionale
Guerini: "Il nuovo Pd parla a tutto il Paese non solo a un pezzo"
217
20/10/2014 La Stampa - Nazionale
«Le azioni? Meglio utility e autostrade»
219
18/10/2014 Il Messaggero - Nazionale
Fondi pensione tassati, allarme per i risparmiatori
220
18/10/2014 Il Messaggero - Nazionale
Ma la mina enti locali rischia di indebolire la manovra
221
19/10/2014 Il Messaggero - Nazionale
«Niente matrimoni né adozioni dico sì a più tutele patrimoniali»
222
19/10/2014 Il Messaggero - Nazionale
Regioni, il governo va avanti «Sui tagli nessuna apertura»
224
19/10/2014 Il Messaggero - Nazionale
Due donne tra i giudici supremi, è la prima volta
226
20/10/2014 Il Messaggero - Nazionale
Il premier cambia pelle al Pd: basta col recinto della sinistra
227
20/10/2014 Il Messaggero - Nazionale
Sinodo, dopo gli strappi il caso dei cardinali che non salutano il Papa
228
18/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Il mulo di Berlino e l'orso dell'Est
229
18/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Napolitano difende il premier e i governatori rossi ci ripensano
230
18/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Dal cane ai ritardi, Angela e lo zar agli antipodi
231
18/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Nell'Italia pre-fascista i figli erano un peso e una risorsa
232
18/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Gli anti Ogm e i delitti di lesa sanità
233
19/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Mater@ e il Milione che manca a sud
234
19/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Il Pd è in rosso ma Renzi incassa due milioni
235
19/10/2014 Il Giornale - Nazionale
È scattato il ricatto demagogico delle Regioni spendaccione
236
19/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Evangelizzare non equivale a fare marketing
237
20/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Il dossier che incastra l'Oms: «Ecco tutti gli errori su Ebola»
238
20/10/2014 Il Giornale - Nazionale
Molte Regioni sono regni del superfluo
240
19/10/2014 Avvenire - Nazionale
«Atto nullo, Marino cerca visibilità»
241
19/10/2014 Il Manifesto - Nazionale
«Sono al passo con la realtà»
242
18/10/2014 Libero - Nazionale
«L'Europa ha ucciso il sogno liberista Ci resta il Nazareno»
244
19/10/2014 Libero - Nazionale
«Lega Sud e asse con gli azzurri» Il Matteo padano legge il futuro
246
20/10/2014 Il Secolo XIX - Nazionale
BONGIORNO: PREISTORICO E DEMAGOGICO SERVONO ASILI E LOTTA ALLE
DISCRIMINAZIONI
248
18/10/2014 Il Foglio
PICCOLA POSTA
250
18/10/2014 ItaliaOggi
Dopo Craxi e il Cav, riusciranno i conservatori ad affossare Renzi?
251
18/10/2014 ItaliaOggi
Fondazione Fiera Milano batte cassa in Fiera
252
18/10/2014 ItaliaOggi
Ok alla Costituzione della rete
254
18/10/2014 Financial Times
Putin's nightcap with old pal dims focus on Ukraine
255
18/10/2014 Financial Times
Respect for the quiet heroes of wartime Italy
256
18/10/2014 Financial Times
Short cuts
257
18/10/2014 Financial Times
Wild price swings a flashback to crisis
258
20/10/2014 Financial Times
Euro fall offers mild respite in deflation war
260
20/10/2014 Financial Times
Prime minister plays for time over 'Abenomics' reforms
262
18/10/2014 International New York Times
Exuding confidence, Putin rebuffs European appeals
264
18/10/2014 International New York Times
'ROBIN HOOD' OR A THIEF IN THE VATICAN?
266
18/10/2014 International New York Times
The Italian military to the rescue!
270
20/10/2014 International New York Times
A prescription for the eurozone
271
20/10/2014 International New York Times
What is a Catholic family?
273
18/10/2014 The Guardian
Hopes raised over deal on Ukraine gas
275
18/10/2014 The Guardian
Road to ruin - how economic meltdown in Greece sent eurozone's dominos tumbling
276
18/10/2014 The Guardian
The weekly column that fights for your rights Miles Brignall and Rebecca Smithers
278
20/10/2014 The Guardian
Analysis Bishops turn their backs on calls for gay equality
280
18/10/2014 The Independent
Frosty reception for Putin's bid to thaw EU as no deal reached over Ukraine
281
18/10/2014 The Times
Putin rebuffs Brussels challenge on Ukraine
282
18/10/2014 The Times
Putin leaves Berlusconi villa at 3.30am
283
18/10/2014 The Times
German bank boss refuses to budge over stimulus calls
284
20/10/2014 La Tribune Quotidien
UN REFERENDUM SUR L'EURO EST-IL POSSIBLE EN ITALIE ?
285
18/10/2014 Le Figaro
DANS LES COULISSES DU SYNODE SUR LA FAMILLE
286
18/10/2014 Le Monde
La crise des marchés pousse Paris et Berlin à s'entendre
289
18/10/2014 Le Monde
22 v'là une taxe pour payer les flics italiens !
290
19/10/2014 Le Monde
Marchés boursiers : de l'aveuglement à la chute
291
19/10/2014 Le Monde
Le retour du spread (plus si) souverain
293
19/10/2014 Le Monde
Ukraine : M. Poutine reste inflexible face aux Européens
294
18/10/2014 Liberation
Podemos, la nouvelle vague de l'indignation
295
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
IL RISCHIO PIGRIZIA PER LA MODA ITALIANA
299
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Si alleano i padroni dell'acqua per una torta da 5 miliardi
300
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Fininvest, conti difficili senza gli utili Mediolanum
302
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Se l'economia diventa stagnazione secolare
304
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Nella guerra al rigore la Bce resta sola
306
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Eni, calo del petrolio crisi in Libia e inchieste le spine di Descalzi
308
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Big Pharma blocca l'esodo e ritorna a investire nel Bel Paese
311
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Parla Sugar "Con il web l'Europa deve cambiare musica"
313
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
"Sta cambiando il mercato troppo greggio nel mondo i prezzi resteranno bassi"
315
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
SUPERDIRETTORI PER L'ITALIA SI ALLARGA UN ALTRO SPREAD
317
20/10/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Rivoluzione Mini, un'elettrica e una spider
318
20/10/2014 Corriere Economia
L'economia frena? Guardare a Oriente ci può aiutare
320
20/10/2014 Corriere Economia
Tfr e previdenza: i conti in tasca alle nuove regole
321
20/10/2014 Corriere Economia
All'euro serve una «bad bank»
323
20/10/2014 Corriere Economia
Mercati «Italia e Francia, la riscossa inizia da qui»
324
20/10/2014 Corriere Economia
Btp Italia La sfida del Tesoro all'inflazione azzerata
326
18/10/2014 Milano Finanza
MALACARNE ( SNAM ) : UNA STRATEGIA EUROPEA PER IL GAS NATURALE
328
18/10/2014 Milano Finanza
Il renminbi sarà gran protagonista
330
18/10/2014 Milano Finanza
Sfida sui video tra Facebook e YouTube
333
18/10/2014 Milano Finanza
La gestione sia separata
334
18/10/2014 Milano Finanza
2015, ritorno alla crescita
335
18/10/2014 Milano Finanza
Si consolano con la Ue
337
18/10/2014 Milano Finanza
Mangiando sul mondo
338
18/10/2014 Milano Finanza
ORSI & TORI*
340
17/10/2014 The Economist
Order, order!
343
17/10/2014 The Economist
The squeezed middle
344
17/10/2014 The Economist
In banking's shadow
346
17/10/2014 The Economist
Ordoliberalism revisited
347
17/10/2014 The Economist
Nonparelli
348
19/10/2014 The Observer
As cracks in its economy widen, is Germany's miracle about to fade?
349
19/10/2014 The Observer
Germany's tough economic medicine risks killing off the entire European project
352
19/10/2014 Corriere della Sera - La Lettura
Quelle coperte liberarono gli schiavi
353
17/10/2014 Le Nouvel Observateur
Matteo plus fort que Berlusconi
355
IAB ITALIA
7 articoli
18/10/2014
Sueddeutsche Zeitung
Pag. 27
Diskriminierte Migranten
Berlin - Migranten werden auf dem Arbeitsmarkt nach eigener Einschätzung in großem Umfang diskriminiert.
Zu diesem Ergebnis kommt eine breit angelegte Studie der Institute IAB und DIW, die am Freitag vorgestellt
wurde. Über die Hälfte der 5000 befragten Migranten gaben an, aufgrund ihrer Herkunft benachteiligt zu
werden. Am häufigsten sei dies auf dem Arbeitsmarkt sowie bei Ämtern und Behörden der Fall. 54 Prozent
der Diskriminierten erklärten, dass sie bei der Arbeits- und Ausbildungsplatzsuche schlechter behandelt
würden. Besonders Einwanderer aus der Türkei und aus arabisch-muslimischen Staaten leiden demnach
unter Diskriminierungen. Bei den Migranten aus arabisch-muslimischen Staaten liegt der Anteil derer, die sich
benachteiligt sehen, bei 60 Prozent. Die Benachteiligung dieser Gruppe lasse sich nicht durch Merkmale wie
Bildung, Erwerbsstatus und Einkommen begründen, erklärten die Autoren des Instituts für Arbeitsmarkt- und
Berufsforschung (IAB) und des Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW). dpa Kommentar
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Wirtschaft
18/10/2014
Sueddeutsche Zeitung
Pag. 67
Kontakte führen zu den meisten Jobs
Persönliche Kontakte waren im vergangenen Jahr der häufigste Weg in einen neuen Job: Mehr als ein Viertel
der Stellenbesetzungen kamen durch Kontakte der Bewerber oder Empfehlungen eigener Mitarbeiter eines
Betriebs zustande, berichtete das Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung (IAB). Knapp ein Fünftel der
Stellen wurde über Anzeigen in Zeitungen und Zeitschriften besetzt, jede achte Stelle über die Arbeitsagentur
und deren Jobbörse, knapp jede zehnte Stelle über andere Internetbörsen. Initiativbewerbungen kamen
ebenfalls bei etwa jeder zehnten Besetzung zum Zuge. Bei mehr als jeder dritten Besetzung hatten die
Betriebe Probleme bei der Suche. Besonders schwierig war es, geeignete Meister oder Techniker zu finden,
hier sei fast jede zweite Besetzung schwierig gewesen. Wenn Firmen Kompromisse eingingen, sei dies eher
mit Blick auf den Lohn geschehen, weniger mit Blick auf Qualifikation oder Erfahrung der Bewerber .SZ
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Stellen-Markt
16/10/2014
ADV Express
Sito Web
Il consumo di video, specie tramite device mobili, svolge un ruolo sempre più centrale nella nostra dieta
mediale quotidiana. Proprio con l'intento di fornire contenuti audiovisivi coinvolgenti e originali, Yahoo ha
recentemente avviato delle collaborazioni con rinomati esponenti del mondo dell'informazione e
dell'intrattenimento, come Roberto Saviano, il Trio Medusa, Simona Ventura e Nicolas Vaporidis. Quanto
ai formati di video advertising, i più accettati dagli utenti, perché meno invasivi e interruttivi, ma anche i più
efficaci in termini pubblicitari sono i pre-rolls. A seguire i banner ads e gli interactive ads. Il consumo di
contenuti video, tramite device mobili (non solo out of home, ma anche e soprattutto all'interno delle mura
domestiche) e attraverso pc, svolge un ruolo sempre più centrale nella nostra dieta mediale quotidiana,
integrando (e non sostituendo) la fruizione di video e spot tramite altri canali, tv in primis. I video online,
come spiegato da Lorenzo Montagna (in foto), country commercial director di Yahoo Italia, nell'ambito dello
Iab Seminar, svoltosi quest'oggi a Milano, sono una forma di intrattenimento trasversale: "Il 73% degli utenti ha affermato Montagna citando una recente ricerca di Yahoo - guarda video online almeno una volta al
giorno. Percentuale che sale all'81% per i 16-24enni e al 75% per i 25-34enni, scendendo un po' al 62% per i
35-44enni. Con un importante 51% di utenti che, guardando video più volte al giorno, si configura come
'heavy video users'". (In riferimento allo Iab Seminar di oggi, vedi anche la news dati video adv Politecnico e
la news storytelling, engagement e formati outstream) Inoltre, a dispetto dello stereotipo che di solito
contrappone gli 'heavy video users' e gli 'heavy tv users', distinguendoli in due gruppi diversi, la ricerca spiega
che solo il 31% degli 'heavy video users' si connota per un basso livello di utilizzo della televisione.
Piuttosto, ragiona sempre Montanga, è vero che gli 'heavy video users' sono abituati a consumare contenuti
selezionati, esprimendo, non a caso, nell'84% dei casi una preferenza per i contenuti fruiti via internet, perché
"più originali e unici" rispetto a quelli proposti dal mezzo televisivo. In questo senso, da sottolineare come per
il 58% dei rispondenti la tv risulti sostanzialmente "un rumore di sottofondo quando vengono usati gli altri
device". L'importanza di proporre contenuti che risultino coinvolgenti e originali è tale che con Yahoo
Screen, la digital company ha recentemente avviato delle collaborazioni con rinomati esponenti del mondo
dell'informazione e dell'intrattenimento come Roberto Saviano, che commenta alcuni dei principali fatti di
cronaca (da segnalare, in particolare, un video realizzato dallo scrittore in treno) e Nicolas Vaporidis,
protagonista di una serie di interviste al 'vetriolo' dal titolo 'Piove', ma anche il Trio Medusa e Simona Ventura,
della quale Yahoo segue la web tv, occupandosi della pubblicazione dei contenuti e della gestione degli spazi
pubblicitari. Il tutto seguendo una strategia che fa leva sul formato 'shortcast', ovvero contenuti di qualità,
come interviste e approfondimenti, ma di breve durata, per incuriosire e coinvolgere, senza stancare gli
utenti. Il criterio della qualità, spiega sempre Montagna, va applicato anche nel campo del video advertising:
gli annunci dirompenti o irrilevanti possono, infatti, rovinare l'esperienza di fruizione e portare l'utente a un
allontanamento dalla piattaforma, per trovare contenuti altrove. In particolare, i risultati della ricerca ci dicono
che il pre-roll (27%) è il formato che gli utenti valutano come meno intrusivo e interruttivo. A seguire i banner
ads (23%), gli interactive ads (16%), i wrapped banners (13%) e i mid rolls (10%). Non a caso, a conferma
di quanto appena detto, sempre secondo l'indagine di Yahoo, il 70% dichiara di vedere i pre-roll prima dei
contenuti video desiderati e il 51% afferma di essere incuriosito quando vede un pre-roll. L'esposizione al
formato pre-roll genera, infatti, un'attitudine positiva verso il brand: nel 58% dei casi l'utente successivamente
cerca il brand sui motori di ricerca, nel 57% clicca sul video e nel 57% visita il sito del brand. Mario Garaffa
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Iab Seminar/2. Yahoo punta sempre più sui video e lancia il format
'shortcast' coinvolgendo Saviano, Simona Ventura, il Trio Medusa e
Vaporidis
16/10/2014
ADV Express
Sito Web
La crescita del video adv porta con sé l'affermarsi di un nuovo paradigma. Se 'prima' la comunicazione
poteva sperare, in qualche modo, di 'imporsi' sui consumatori, oggi deve puntare a 'essere scelta' dagli utenti.
Ecco perché i video adv devono proporre contenuti originali e coinvolgenti, capaci di conquistare l'attenzione
di chi li guarda, grazie anche a formati innovativi outstream, poco interruttivi e altamente coerenti con il
contesto editoriale in cui vengono collocati. Ma in questo modo cambiamo, ovviamente, anche i Kpi
fondamentali in base ai quali valutare l'efficacia di una campagna online. Vediamoli. apri la gallery fotografica
Le regole del gioco sono cambiate. Tentare di applicare al digitale e al video advertising le tecniche classiche
della comunicazione pubblicitaria televisiva porta a risultati a dir poco disastrosi. Si è affermato un nuovo
paradigma: per semplificare potremmo dire che siamo passati dall'epoca dell''imposizione' a quella della
'scelta'. Del tema si è discusso nell'ambito dello Iab Seminar, svoltosi quest'oggi a Milano. (In riferimento allo
Iab Seminar di oggi, vedi anche anche la news dati video adv Politecnico e la news Yahoo) Ma andiamo
con ordine, se un tempo (anche piuttosto recente) la comunicazione poteva sperare, in qualche modo, di
'imporsi' sui consumatori a suon di bombardanti campagne 'push', oggi, a seguito delle trasformazioni
introdotte dal digitale e della crescita del video advertising, la comunicazione deve puntare a 'essere scelta'
dagli utenti. In questo senso, i video adv per sperare di risultare efficaci, ossia di riuscire a contribuire
attivamente al perseguimento di specifici obiettivi di branding, devono - come messo in risalto da Olivier Van
Duüren, global solutions strategy, GM, Microsoft Advertising & On-Line - proporre contenuti originali e
coinvolgenti, puntando sullo storytelling, sui collegamenti con i social network, sulla ubiquitous connectivity e
su un adeguato merge tra real e virtual world. Sul tema è intervenuto anche Marco Imperato, head of digital
media Mosaicoon, il quale ha sottolineato che 'engagement' fa necessariamente rima con 'volontarietà'. Ecco
perché, sempre secondo Imperato, per valutare l'efficacia della campagna online occorre prendere in
considerazione nuovi Kpi fondamentali. Eccoli. 1. Completion: ossia completezza della visione del video da
parte dell'utente, cui si associa la logica del 'cost per completely view'. 2. Social activity: ossia collegamento e
interazione tra video e social networks. 3. Interaction: capacità del video di innescare interazioni, click, azioni
concrete da parte dell'utente. 4. Editorial: un video di successo deve riuscire a far parlare di sé su altri canali
e piattaforme. 5. Earned views: nel senso della capacità del video di diffondersi, anche in modo virale,
attraverso le logiche degli 'earned media'. In questo discorso, come messo in risalto da Giuseppe Bronzino,
MD at Teads, un altro tassello fondamentale è ovviamente quello della scelta del giusto formato pubblicitario.
Anche in questo è necessario superare le logiche degli 'old media' e arrivare a un nuova modo di intendere
l'acquisto e la pianificazione pubblicitaria. Secondo Bronzino la soluzione ideale, in questo senso, sono i
formati outstream, che, essendo poco interruttivi e altamente coerenti con il contesto editoriale in cui vengono
collocati, "risultano essere - afferma il manager Teads citando una ricerca Ipsos - tre volte più coinvolgenti dei
formati instream". Bronzino cita in particolare il formato InRead: in sostanza il video adv appare durante lo
scroll di un articolo, in una dimensione superiore a quella del classico pre-roll, ma senza impedire la lettura
dell'articolo stesso, e con un audio con si attiva solo a seguito della volontà dell'utente, per esempio,
passandoci sopra con il mouse. Mario Garaffa
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Iab Seminar/3. Per una comunicazione video efficace: storytelling,
engagement e formati outstream
17/10/2014
Engage.it
Sito Web
Trasversale e quotidiano, ma con le sue regole. Ecco tutti i numeri del
video online secondo Yahoo
Oltre la metà degli utenti internet italiani 16-44 guarda video online più volte al giorno, come ha evidenziato lo
studio presentato a IAB Seminar dalla media company, che mette in evidenza i gusti degli utenti e le soluzioni
adv più efficaci
Guardare video online? E' una pratica trasversale e già fortemente radicata nelle abitudini di tutti i giorni. Ma
ha le sue regole, legate soprattutto alla natura e alle specificità di mezzi che gli investitori adv non dovrebbero
scambiare superficialmente per una "seconda tv". Sono alcune delle evidenze che emergono dalla ricerca
internazionale realizzata da Yahoo per indagare quali esperienze guidano il consumo di video online nella
quotidianità degli utenti, il cui dettaglio sull'Italia - realizzato a maggio coinvolgendo oltre 2100 utenti internet
tra i 16 e i 44 anni - è stato presentato nel corso dello IAB Seminar di giovedì dall'a.d. e direttore commerciale
per l'Italia Lorenzo Montagna.Partiamo da qualche numero per inquadrare la portata del fenomeno, che
anche a causa della massiccia adozione di device mobile nella fascia d'utenza considerata, è già
rilevantissimo: il 73% degli utenti guarda video online tutti i giorni, e oltre la metà (51%) più volte al giorno.
Sono gli "heavy users", che spesso si rivelano poco attratti dalla tv.(clicca sulle immagini per ingrandirle) Il
consumo di contenuti video online in Italia è prevalentemente legato ai formati brevi: il 61% del consumo di
video online è dedicato a user generated contents o a contenuti "premium" sotto i 15 minuti. Un dato in linea
con quello registrato da Yahoo in altri Paesi anche se, per esempio rispetto per esempio agli Inglesi, gli
italiani mostrano una predilezione per i contenuti di qualità rispetto agli Ugc. I long form video sopra i 15
minuti (come i tv shows e i film in streaming) prendono però il sopravvento nella fascia oraria del prime time,
dove peraltro il consumo di video online tocca la sua massima diffusione tra gli italiani. Segno che gli utenti
mobile tendono a trasferire le loro abitudini domestiche (la sera, si guarda la tv) dal tradizionale schermo
televisivo al mobile. «La tv ha perso il proprio scettro di medium dominante anche tra le mura domestiche, e
in questo senso parlare di "first" e "second screen" non è corretto», ha commentato in proposito Montagna.
Tra le principali motivazioni che portano gli utenti a trasferire la propria attenzione verso i video online, la
maggior parte ha indicato l'originalità e unicità dei contenuti (84%) e una maggior disponibilità di contenuti
adatti alla propria fascia d'età (77%). La sfera del divertimento, accanto a quella della funzionalità, è
fortemente associata al consumo di video via smartphone. E non solo fuori casa. L'indagine, infine, ha preso
in analisi i diversi formati pubblicitari utilizzati su mobile, evidenziandone pro e contro. Tra tutti, i preroll
sarebbero quelli capaci di catalizzare maggiormente l'attenzione degli utenti e anche quelli maggiormente
accettati in funzione di un'esperienza di navigazione piacevole. L'esposizione a un annuncio in questo
formato sembrerebbe generare una attitudine piuttosto positiva verso il brand: il 58% degli utenti cerca
"spesso" o "qualche volta" il brand sui motori di ricerca, il 57% clicca sul video, il 57% visita il sito del brand.
Lo scenario, come si vede, sembrerebbe piuttosto favorevole alla pubblicità. Ma le aziende sono preparate a
cogliere tutto il potenziale? Solo in parte, secondo Montagna: c'è ancora molto da fare «Non vediamo ancora
una video strategy davvero matura da parte degli spender pubblicitari, che peraltro sono i primi ad esserne
consapevoli - afferma il country commercial director di Yahoo Italia -. Il video advertising è in crescita (+ 50%
medio nell'ultimo triennio e una previsione di crescita tra il 20 e il 25% quest'anno, ndr) soprattutto perché gli
spender ci investono in termini di copertura a complemento delle pianificazioni televisive, ma il web non è
semplicemente una altro canale tv». Il prossimo importante passo, continua Montagna, sarà quello di
declinare la propria creatività in funzione di mezzi che sono diversi, in particolare «puntando su formati più
brevi e call-to-action forti e immediate».Per quanto riguarda propria strategia, Yahoo continuerà a puntare su
tre punti forti: la "massa critica" (Yahoo! è il secondo network pubblicitario in Italia, grazie anche a properties
in concessione come Vevo e Dailymotion), targettizzazione sociodemografica e semantica, (mentre il
Programmatic video per ora non è in agenda) e contenuti di qualità. Da questo punto vista le idee sono
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Ricerche
17/10/2014
Engage.it
Sito Web
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 20/10/2014
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chiare: «Non abbiamo Ugc - spiega Montagna - ma creiamo premium entertainment content di meno di 15
minuti, con obiettivi di intrattenimento». Anche a livello locale, Yahoo da tempo sta investendo in esclusive
partnership con personaggi di primo piano, come i video editoriali di Roberto Saviano, le clip di #triopuntozero
con il Trio Medusa, la web tv di Simona Ventura e "Piove", Il nuovo programma condotto da Matteo
Branciamore ideato e realizzato in esclusiva per Yahoo dalla cdp Drive di Nicolas vaporidis. La produzione
video di Yahoo ruota attorno a Yahoo! screen, la piattaforma di streaming video on demand pensata e
disegnata per una fruizione multipiattaforma.
17/10/2014
MyMarketing.Net
Sito Web
Iab Seminar Video Advertising Strategy
"La pubblicità sui Video è cresciuta del 32% nel 2013, raggiungendo una quota pari al 13% del totale Internet
Advertising. Prevediamo che questo trend continui nel 2014, generando un'ulteriore crescita tra il 20 e il 25%,
più che triplicando il valore del mercato dei Video Advertising rispetto al 2011. Alla base di questa crescita ci
sono diverse ragioni, tra cui l'incremento dell'offerta e della fruizione di contenuti Video su internet (in
particolare su Smartphone e Tablet); la vendita anche su piattaforme di Real Time Advertising; lo sviluppo di
soluzioni in grado di misurare l'audience incrementale rispetto alle campagne televisive; la diffusione di
formati Video sempre più interattivi". Riccardo Mangiaracina, Co-responsabile della Ricerca Osservatorio
New Media e New Internet del Politecnico di Milano, ha aperto così i lavori dello Iab Seminar dedicato alla
Video Advertising Strategy. Crescono infatti a doppia cifra gli investimenti in video advertising In Italia, con un
incremento tra il 20% e 25% nel 2014 che si aggiunge al +50% di incremento medio annuale dal 2011 a oggi.
Sulla base di questo scenario, l'incontro è diventato l'occasione per tracciare un percorso volto a mettere in
luce le possibilità, gli strumenti e le strategie per operare efficacemente in questo segmento di mercato.
Secondo Lorenzo Montagna, Country Commercial Director di Yahoo Italia, non ha più molta ragion d'essere
parlare di second screen, quando il video secondario in molti casi diventa il maxi-tv campeggiante in salotto,
mentre "l'attenzione dei singoli si concentra su smartphone e tablet. Non a caso il 42% di chi guarda i nostri
video lo fa da un device mobile". Marco Imperato, Head of Digital Media di Mosaicoon, rileva che " sono tre i
trend in primo piano: il mobile, il programmatic e il video, accomunati dalle centralità del content, che deve
essere coinvolgente e capace di trattenere e coinvolgere l'utente". (Qui per approfondire) Anche per
Giuseppe Bronzino, MD at Teads, "le strategie di comunicazione digitale saranno sempre più basate su un
mix di formati e di device, e richiederanno metriche differenti, superando la tradizionale impression". (Qui per
approfondire) Sul podio si sono quindi alternati Olivier Van Duüren, Global Solutions Strategy, GM, Microsoft
Advertising & On-line, Marco Caradonna, Ceo e Founder di Simple Agency, Justine Saverine, Firefly Video
General Manager di Exponential, Valerio Perego, Head of Agency Partnership di Facebook, e il regista
visionario Tarsem Singh, autore di memorabili pellicole e pubblicità giunto dagli Usa per l'occasione, che con
il producer Karim Bartoletti, ha portato la sua esperienza in campo cinematografico e pubblicitario,
trasponendola nel mondo della comunicazione digitale. Il dialogo tra i due esperti, intervistati dal Consigliere
di IAB Italia Aldo Agostinelli, si è focalizzato sul tema dello storytelling, strumento che si rivela fondamentale
in uno scenario web che vede i contenuti protagonisti assoluti dell'engagement, elemento chiave per il
coinvolgimento di utenti maturi e sempre più avvezzi alla fruizione del video via internet. "Abbiamo raggiunto
l'obiettivo che ci eravamo prefissati con questo incontro, ovvero quello di stimolare il confronto, grazie a
testimonianze importanti e concrete, su un mercato strategico che presenta opportunità per la nostra industry
e per le aziende investitrici." - ha concluso Agostinelli - "In un Paese in cui la tv - tradizionale o via internet - è
ancora il media principale, la Video Adv rappresenta infatti una forma di comunicazione importante per
intercettare il consumatore e sta acquisendo un ruolo crescente nelle strategie delle aziende. L'Italiaoggi è in
linea con il resto d'Europa e, grazie alla creatività che nel nostro Paese non manca e ad adeguati investimenti
in ambito tecnologico, siamo convinti che raggiungeremo risultati significativi negli anni a venire nei prossimi
anni". Massimo Bolchi In collaborazione con AdV - Strategie di Comunicazione Foto di Michele Marzan
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Media
17/10/2014
11:46
Pubblicitaitalia.it
Sito Web
Tutte le News
Ieri l'appuntamento organizzato da IAB Italia Dal 2011 al 2014 il valore è triplicato. Crescita media annua del
50% Un mercato in espansione quello del video adversiting che contiuna a crescere e evolvere, utilizzando
strategie legate alla creatività e al coinvolgimento degli utenti: è questa la fotografia che emerge dall'odierno
IAB Seminar dedicato alla Video Advertising. Creatività e engagement i principali strumenti di successo in un
settore che nel nostro Paese continuerà a crescere tra il 20% e il 25% nel 2014 generando 275 milioni di
euro, in crescita del 25% sul 2013. Gli investimenti in vidfeo advertisting negli ultimi tre anni sono cresciuti in
media del 50% . Sono queste le cifre stimate dall'Osservatorio New Media & New Internet del Politecnico di
Milano in collaborazione con Doxa, esposte da Riccardo Mangiaracina, co-responsabile della Ricerca al
secondo appuntamento 2014 di Iab Seminar, dedicato alla Video Advertising Strategy. "La pubblicità sui
video è cresciuta del 32% nel 2013, raggiungendo una quota pari al 13% del totale Internet Advertising commenta Mangiaracina -. Prevediamo che questo trend continui nel 2014, generando un'ulteriore crescita
tra il 20 e il 25% - ha affermato Mangiaracina -. Nel 2014 il valore del mercato dei Video Advertising risulta
così più che triplicato rispetto al 2011. Alla base di questa crescita ci sono diverse ragioni, tra cui l'incremento
dell'offerta e della fruizione di contenuti Video su internet (in particolare su Smartphone e Tablet); la vendita
anche su piattaforme di Real Time Advertising; lo sviluppo di soluzioni in grado di misurare l'audience
incrementale rispetto alle campagne televisive; la diffusione di formati Video sempre più interattivi" L'80% dei
video fruiti è su YouTube Nel 2018 il video adv raggiungerà 25% della pubblicità totale su internet "A imporsi
sul mercato dei video con l'80% dei video fruiti rimane YouTube - spiega Mangiaracina - tallonato da
Facebook con il 60%, seguito dai dei broadcaster a 34%) e i siti di news 22%". I video online hanno una
platea vasta tanto quanto quella dei social; sono fruiti, infatti, dall'84% degli Internet user per un tempo medio
di 33 minuti al giorno: da pc il 66%, il 33 da smartphone e il 31 da tablet. Al primo posto ci sono i video
musicali e quelli di news. Nel 2013 i video online sono cresciuti del 37% rispetto al 2012 e si confermano la
componente più rilevante del New Internet in valore assoluto. Il formato video, molto efficace e apprezzato
nel perseguire obiettivi di branding, sta in parte cannibalizzando il display tradizionale e in alcuni casi perfino
l'advertising in tv. Crediamo che questi formati pubblicitari continueranno a crescere anche nei prossimi anni
grazie a diversi fattori: l'incremento dell'offerta e della fruizione di contenuti video su internet, in particolare su
smartphone e tablet; la vendita anche su piattaforme di RealTime Advertising; lo sviluppo di soluzioni in grado
di misurare l'audience incrementale rispetto alle campagne televisive; la diffusione di formati video sempre
più interattivi". Ad oggi il video adv pesa il 14% della pubblicità totale su internet, in crescita rispetto al 2013
(13%) e il 2012 (il 12%), ed entro il 2018 stimiamo raggiungerà il 25%".Il consumo di video è destinato a
proseguire la sua crescita anche grazie a standard in grado di aumentarne la qualità. L'incremento della
fruizione di Video Online porterà con sé anche problematiche di gestione e ottimizzazione del traffico dati per
evitare la congestione delle reti: sarà interessante in tal senso osservare l'eventuale nascita di accordi tra
Over the Top e Telco per la gestione e la distribuzione dei contenuti a condizioni privilegiate, a seguito di
eventuali evoluzioni del contesto normativo relativo alla net-neutrality. "Abbiamo raggiunto l'obiettivo che ci
eravamo prefissati con questo incontro, ovvero quello di stimolare il confronto, grazie a testimonianze
importanti e concrete, su un mercato strategico che presenta opportunità per la nostra industry e per le
aziende investitrici - ha commentato il Aldo Agostinelli (nella foto), consigliere IAB Italia -. In un Paese in cui
la tv - tradizionale o via internet - è ancora il media principale, la video adv rappresenta infatti una forma di
comunicazione importante per intercettare il consumatore e sta acquisendo un ruolo crescente nelle strategie
delle aziende. L'Italia - prosegue Agostinelli - oggi è in linea con il resto d'Europa e, grazie alla creatività che
nel nostro Paese non manca e ad adeguati investimenti in ambito tecnologico, siamo convinti che
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 20/10/2014
24
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Iab Seminar: stime 2014 per il mercato del video adv a 275 mln di euro
(+25% vs 2013)
17/10/2014
11:46
Pubblicitaitalia.it
Sito Web
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 20/10/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
raggiungeremo risultati significativi negli anni a venire nei prossimi anni". Sul palco si sono poi alternati
importanti player, presentando case history, testimonianze e riflessioni sul mercato. Sono intervenuti Lorenzo
Montagna, Country Commercial Director di Yahoo Italia, Olivier Van Duüren, Global Solutions Strategy, GM,
Microsoft Advertising & On-line, Marco Imperato, Head of Digital Media di Mosaicoon, Giuseppe Bronzino,
MD at Teads, Marco Caradonna, Ceo e Founder di Simple Agency, Justine Saverine, Firefly Video General
Manager di Exponential, Valerio Perego, Head of Agency Partnership di Facebook. Ospiti d'eccezione
dell'incontro sono Tarsem Singh e Karim Bartoletti. Fiorella Cipolletta Follow Condividi
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38 articoli
19/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1.9
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Banda ultra larga, il piano del governo verso Bruxelles
Alessandro Longo
Alessandro Longo u in copertina a Internet a 30 megabit a tutti e 100 megabit all'80% della popolazione, con
6 miliardi di euro in fondi pubblici. A quanto risulta a Nòva24, sono questi gli obiettivi del piano nazionale
banda ultra larga che il Governo porterà alla Commissione europea entro fine mese. Obiettivi che sono
persino migliorativi, rispetto a quelli dell'Agenda digitale europea (100 megabit alla metà della popolazione). E
che ci permetterebbero di metterci alla pari con gli altri grandi del continente. Il tutto, grazie ai fondi della
programmazione 2014-2020, europei, regionali e nazionali; ma anche grazie a un pacchetto di misure e
agevolazioni contenute nello stesso piano banda ultra larga.
Se riuscisse, sarebbe un'impresa epocale per l'Italia, che è ultimo Paese in Europa per copertura banda ultra
larga, adesso su circa il 20% della popolazione per i 30 megabit, contro una media Ue del 60% circa.
Ufficialmente, gli operatori italiani non hanno piani di copertura 100 megabit, nel senso che non li hanno
comunicati al ministero dello Sviluppo economico. Solo Telecom ha comunicato un piano banda ultra larga, a
30 megabit. Il ministero ha bisogno di queste informazioni perché il piano banda ultra larga usa fondi pubblici
per completare i piani degli operatori. Telecom al momento copre quasi 100 città in Vdsl2 (fibra fino agli
armadi), a 30 megabit, che diventeranno 600 nel 2016. Ha un'offerta 100 megabit (fibra nelle case) solo a
Milano. Il piano potrebbe continuare dopo il 2016; potrebbe includere nuove tecnologie per i 100 megabit e
oltre (come lo standard GFast su fibra ottica che arriva fino all'ultimo nodo di distribuzione, cioè quasi fino alla
casa). Ma al momento non c'è nulla di certo, né di ufficiale.
Negli ultimi giorni però c'è stato uno scatto in avanti della concorrenza. Fastweb ha annunciato l'estensione
del piano Vdsl2 fino al 2016, per coprire altre 80 città (al momento sono venti). Fastweb offre già i 100
megabit su tutta la propria rete, ma su Vdsl2 non è una velocità garantita. Di fatto, il ministero non ne sta
tenendo conto per il proprio piano. In questi stessi giorni Vodafone ha annunciato un piano per coprire 25-30
città in Vdsl2 entro marzo 2015, per arrivare a 150 in tre anni (ha avviato i lavori in otto). Vodafone sta
rivendendo l'offerta di Telecom Italia. A Milano però si appoggia alla rete di Metroweb (fibra nelle case), come
anche Wind, e da ottobre offre qui una velocità di 300 megabit. Metroweb per altro ha ripreso a lavorare alla
propria rete, estendendola anche a Genova e Bologna.
Questa abbondanza di piani, tuttavia, non aiuta l'Italia ad affrontare il digital divide. Tutti mirano a coprire le
stesse città e i concorrenti saranno su una frazione di quelle interessate dai piani di Telecom Italia. Il
paradosso insomma è che - al netto degli interventi pubblici - nei prossimi tre anni in un pugno di città ci
saranno quattro reti. Tre, in circa 100-150 città. In una quota che Infratel stima pari al 60% della popolazione,
ci sarà solo la rete Telecom. «In un contesto di risorse scarse, con una domanda potenziale relativamente
debole rispetto ad altri Paesi, la duplicazione degli investimenti nelle aree a maggiore potenziale può rendere
difficile il raggiungimento di una loro adeguata remunerazione», avvisa Cristoforo Morandini, dell'osservatorio
Between. «Una maggiore condivisione potrebbe portare a livelli di copertura più estesi». Ma gli operatori non
hanno trovato un accordo e stanno andando ognuno per conto proprio, salvo casi di condivisione di scavi.
Avremo nelle strade tre diversi armadietti (Telecom, Fastweb, Vodafone), anche con un certo impatto estetico
e sulla viabilità.
Un'altra cosa di cui il piano banda ultra larga italiano non terrà conto - a quanto risulta - è la copertura 4G. Gli
operatori mirano a portare la banda larga mobile di nuova generazione all'80-90% della popolazione entro il
2016. Adesso Telecom ne copre il 72%, Vodafone il 70%; Wind e 3 Italia (a quanto riferiscono a Nòva24) il 25
e il 35% rispettivamente. Tuttavia, il Governo segue le linee guida della Commissione europea secondo cui il
4G non è banda ultra larga perché non garantisce i 30 megabit a tutti gli utenti connessi. La rete mobile lo
permetterà solo nei prossimi anni, con l'Lte Advanced e una maggiore densità di celle, tutte connesse in fibra.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 20/10/2014
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ALL'INTERNO
19/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1.9
(diffusione:334076, tiratura:405061)
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'idea del piano è di non usare risorse a fondo perduto sulle città principali (circa il 20% della popolazione),
ma qui aiutare gli operatori solo con incentivi fiscali (come quelli del decreto Sblocca Italia, che valgono però
solo per il 2015) e con accesso agevolato al credito bancario. Il grosso delle risorse, 3,5 miliardi di euro,
andranno invece per bandi di gara con cui incentivare gli operatori a passare da 30 a 100 megabit in circa il
40% della popolazione (fuori dalle città principali). Del restante 40% (zone non interessate da piani banda
ultra larga degli operatori), circa la metà sarà portata a 100 megabit solo con risorse pubbliche (con
intervento diretto di cablatura o con un modello a incentivo). Le quali infine serviranno a portare i 30 megabit
nelle zone più periferiche (10-20% della popolazione).
Ma con quali fondi? Le Regioni metteranno 2 miliardi di euro con i fondi europei (Fesr e Feasr). Il resto verrà
dal residuo della vecchia programmazione e, soprattutto, dal fondo Sviluppo e Coesione (nazionale). La
partita delle prossime settimane sarà ottenere che il Governo destini, da questo fondo, una quota adeguata
alla banda ultra larga.
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20/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 24
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Better Silver entra nella L&A e punta sui gioielli «green»
Katy Mandurino
Le aziende del gioiello fanno sistema. Succede in Veneto, dove la Better Silver, storica azienda vicentina del
distretto orafo-argentiero, specializzata nella progettazione, produzione e commercializzazione di gioielleria in
argento, è entrata nella compagine societaria di L&A Srl, start-up di Treviso ideatrice di Ecos Jewel, brand di
gioielli realizzati in metallo prezioso e legno, recuperati da materiali da avanzi produttivi secondo un
procedimento brevettato.
L'azienda vicentina (di Bressanvido), tra le prime in Italia ad aver sviluppato l'e-commerce per le gioiellerie,
diventa partner di Ecos Jewel attraverso la controllata Easy Silver Srl e la piattaforma di vendite online
www.silver-retail.it. E-commerce e nuove tecnologie digitali che rappresentano gli strumenti con cui Ecos
Jewel da qualche mese ha lanciato sul mercato gioielli eco-friendly e accessibili. L'investimento prevede il
potenziamento della vendita online attraverso un innovativo software per la personalizzazione "su misura": un
configuratore virtuale realizzato da Moku, azienda nata sotto le ali di H-Farm, l'incubatore d'imprese
veneziano punto di riferimento per l'innovazione digitale.
«Innovazione e forte orientamento alla digitalizzazione sono gli asset principali su cui negli ultimi anni
abbiamo incentrato il riposizionamento della nostra azienda - sottolinea Paolo Bettinardi, amministratore
delegato di Better Silver -. La collaborazione con Ecos Jewel ci permetterà di rafforzare la nostra presenza
nella nuova frontiera della gioielleria green». «L'accordo con Better Silver è il riconoscimento da parte di
un'azienda di fama mondiale della realtà e delle potenzialità del nostro progetto - affermano Alberto Zampieri
e Leonardo Pivato, co-fondatori di L&A e di Ecos Jewel, ventottenni laureati in marketing e comunicazione
alla Ca' Foscari di Venezia -. È stata data fiducia ai nostri principi: alta qualità, sostenibilità ambientale,
design, sintesi tra artigianalità e tecnologia».
Better Silver fattura all'estero il 90% dei ricavi (un totale di circa 40 milioni di euro), in particolare Nord e Sud
America ed Europa Occidentale. Con 700 macchinari in assetto produttivo, lavora circa 80 tonnellate di
argento all'anno. Il gruppo ha circa 250 dipendenti. Nel 2007 ha sviluppato la piattaforma e-commerce
www.silver-retail.it, che permette ai negozianti di sfruttare una sorta di magazzino online per il proprio store
usufruendo, allo stesso tempo, dei vantaggi di una fornitura direttamente dalla produzione.
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Foto: Anelli eco. In argento e legno
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Veneto. Un software per il «su misura»
20/10/2014
Il Sole 24 Ore - Risparmio e famiglia
Pag. 12
(diffusione:334076, tiratura:405061)
La firma elettronica è più veloce
Findomestic e Compass offrono sistemi «paperless» per fare tutto online
Gaia Giorgio Fedi
a Il fattore temporale è essenziale quando si prova ad accedere a un finanziamento, soprattutto nel caso si
tratti di credito al consumo: se si vuole un prestito per comprare qualcosa, un ritardo nel processo rischia di
far sfumare l'opportunità di acquisto. Per questo, alcuni grandi player di credito al consumo si sono attrezzati
per risolvere le lungaggini con l'ausilio della tecnologia. Come? Con il lancio di sistemi di firma digitale o
elettronica con cui è possibile evitare il passaggio per cui, per chiudere un contratto (anche quelli per i quali la
richiesta è stata fatta online) finora era necessario stamparlo su carta, fotocopiare i propri documenti di
identità, inviare tutto per posta e aspettare la risposta. Nel settore del credito al consumo la prima a muoversi
è stata Findomestic, del gruppo Bnp Paribas, che nel 2012 ha annunciato l'introduzione della firma digitale
per consentire di richiedere i finanziamenti direttamente online - da pc o da tablet - saltando il passaggio
dell'invio cartaceo dei documenti. E adesso anche Compass (gruppo Mediobanca) ha lanciato un processo
totalmente paperless, che prevede cioè un meccanismo di accesso al credito che si svolge esclusivamente
online, senza carta, grazie a CompassKey: una soluzione di "firma elettronica remota", che un qualsiasi
nuovo cliente può usare per sottoscrivere contratti di finanziamento da remoto e senza stampare i documenti.
«Questo sistema di firma elettronica remota è diverso rispetto alla firma digitale, che è in giro da tempo ma
non ha avuto larga diffusione», spiega Luigi Pace, direttore centrale marketing & assicurazioni Compass. «La
firma digitale è uno strumento molto più complesso, che richiede la generazione di una nuova chiave
crittografica ogni volta che viene usata. Offre qualche vantaggio in più se viene utilizzata per firmare atti più
impegnativi, come un atto notarile per la compravendita di una casa, ma per i contratti bancari la nostra è
forse più adatta», aggiunge. La CompassKey, spiega, appartiene alla famiglia delle firme elettroniche
avanzate remote, ed è più semplice da usare «perché concede al cliente un Pin statico, da inserire ogni volta
che debba firmare un contratto, ed è quindi molto più facile da usare», argomenta Pace. In pratica, per
questo tipo di firma non serve il cosiddetto token, cioè un dispositivo fisico o un software necessario per
effettuare un'autenticazione.
«Molti servizi finanziari in teoria vengono offerti online ma di fatto vanno conclusi sul canale analogico,
perché impongono la stampa e l'invio dei documenti per posta. E poi impongono l'attesa della risposta e
l'incertezza che l'invio, e quindi il perfezionamento del contratto, possa non essere andato a buon fine». Uno
spreco di tempo inutile, visto che la richiesta potrebbe invece concludersi in pochi minuti, come avviene
appunto con l'utilizzo di una firma elettronica remota. Uno strumento che può cambiare radicalmente il
processo di accesso non solo ai prestiti e ai finanziamenti finalizzati, ma anche a tutti i servizi finanziari in
genere: si pensi per esempio all'apertura di un conto corrente, o alla sottoscrizione delle polizze assicurative
online.
«Ma la firma elettronica avanzata vanta anche un potenziale fortissimo per la diffusione dell'ecommerce»,
sostiene Pace. «Se si vuole comprare online un bene per il quale si ha bisogno di un finanziamento, con
questo strumento si può chiedere il prestito, ottenerlo addirittura in pochi minuti - perché se non ci sono
incoerenze nei dati personali basta un computer a valutare il merito di credito del richiedente, e il processo
avviene molto velocemente - ottenere in tempo reale il denaro e utilizzarlo subito per l'acquisto del bene»,
afferma.
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un mondo di app anche per i finanziamenti
aIl ruolo dei comparatori Nel processo di digitalizzazione di tutti i processi della vita quotidiana, che ha
prodotto una app per qualsiasi genere di attività, non potevano mancare le applicazioni per i prestiti. Sugli
store di Apple e di Google Play sono disponibili al download diverse app utili a chi voglia chiedere un
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tendenze
20/10/2014
Il Sole 24 Ore - Risparmio e famiglia
Pag. 12
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finanziamento. Molti operatori del credito al consumo sono presenti su App (come Agos, Findomestic,
Compass). Ma la parte del leone la fanno i cosiddetti comparatori, che consentono di inserire i dati del
prestito che si ha intenzione di chiedere e fare un confronto tra le offerte dei vari player: tra questi spiccano le
app di Facile.it, Segugio.it, PrestitiFacili.net, Che Rata Fa. Ma sono disponibili anche diverse app per
calcolare le rate e le durate dei prestiti, come Finance Calculator Pro, con cui si possono stimare diversi
parametri di credito, compresi quelli di prestiti e mutui, o Calcolatore di prestito.
20/10/2014
Il Sole 24 Ore - Bit 2015 focus
Pag. 23
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Per gli ingressi in vista un rialzo del 4%
VALORE AGGIUNTO STRATEGIE Per risollevare il mercato domestico penalizzato dai costi è in atto un
rimodellamento dei sistemi di pricing Nei «punti vendita» si rileva un ritorno dei clienti in cerca di garanzie che
solo il supporto «fisico» è in grado di assicurare
D. Aq.
A fine anno i flussi internazionali incoming potranno arrivare a un incremento di almeno il 4%; e nel 2015 il
movimento delle presenze degli stranieri supererà, per la prima volta, quello dei residenti in Italia. Così si
legge nella ricerca sugli «Italiani in viaggio: come cambiano le preferenze», realizzata dall'Osservatorio Bit in
collaborazione con Mercury-Turistica.
Troppo presi a guardare ai fenomeni contingenti e all'incoming - si sottolinea - abbiamo però distolto
l'attenzione dal continuo e progressivo calo dell'outgoing degli ultimi anni. «È vero che l'incoming ruota
soprattutto intorno alle grandi città d'arte, sempre prese d'assalto, e che in realtà si sfrutta solo in parte
l'enorme potenziale a disposizione - premette Franco Gattinoni, presidente Ainet (Associazione dei network
italiani) -. Tutto dipende da cosa si è in grado di proporre. Ma ci sono anche altri ambiti su cui occorre
impegnarsi di più: come risollevare il movimento turistico domestico che in questi anni è stato fortemente
penalizzato dai costi, se confrontati per esempio alla concorrenza del Mediterraneo, e nel quale oggi
assistiamo perciò a un rimodellamento del pricing».
Le agenzie si sono rimesse in discussione e i network le supportano con tecnologie, servizi di rete, marketing
e comunicazione. «Le aiutano a superare anche le difficoltà create da alcuni tour operator che faticano
nell'adattarsi alle esigenze della clientela. «I dati provenienti dai nostri associati - continua Gattinoni - ci
dicono che nei viaggi stiamo guadagnando quest'anno una leggera inversione di tendenza rispetto alla
contrazione generale che affligge il mercato turistico dal 2008. La proiezione per il 2014 lascia intravedere un
indicativo +5% sull'anno scorso, e tra le conquiste principali c'è il fatto di aver recuperato un po' di traffico
dalle agenzie online: stiamo rivedendo clienti "di ritorno", gente che viene anche solo per l'acquisto di un
biglietto aereo, perché cerca quelle garanzie di fronte agli eventuali imprevisti che solo l'agenzia "fisica" è in
grado di offrire».
Questo recupero - è l'analisi - sta avvenendo anche grazie ai nuovi strumenti interni al network. Il web non
ucciso le agenzie di viaggi che anzi difendono il perimetro. «A riguardo, è imprescindibile appropriarsi delle
nuove tecnologie, muoversi nell'e-commerce e con servizi dedicati, non si può rimanere fermi. E il cliente lo si
tiene stretto grazie al lavoro di consulenza e assistenza continua, al contatto via email, telefono o di persona:
quel che viene percepito come il vero valore aggiunto, specie quando si deve pagare un sostanzioso acconto
per un viaggio all'estero».
Sul lato outbound, ci sono destinazioni che in generale hanno sofferto, come il Nord Africa, e altre che hanno
avuto una ripresa, come quelle orientali, soprattutto per il buon rapporto qualità-prezzo.
«Ma per l'outgoing - osserva il presidente Ainet - è importante agganciare la destagionalizzazione della
domanda, legata all'organizzazione di eventi e convegni. Lì stiamo ottenendo buoni risultati». Non a caso, tra
le novità della prossima Bit, c'è proprio un'area dedicata al segmento strategico del Mice (meeting, inventive,
conferences, events). «L'outgoing stesso - conclude Gattinoni - apre in molti casi le porte per lo sviluppo
dell'incoming. Gli obiettivi si intrecciano: motivo per cui c'è bisogno di muoversi nel mondo, investire, fare
rete, diventare internazionali. Organizzare un evento all'estero consente al contempo di promuovere il nostro
Paese. Non è facile, perché le strutture sono un po' carenti e hanno costi elevati, però lo sforzo premia».
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IL SENTIMENT
+5%
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Agenti di viaggio. Inversione di tendenza con previsioni positive degli arrivi secondo l'Osservatorio Bit, ma
serve maggiore impegno nell'outgoing
20/10/2014
Il Sole 24 Ore - Bit 2015 focus
Pag. 23
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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MERCATO COMPLESSIVO
La proiezione dell'andamento di mercato 2104 lascia trasparire un aumento del 5% rispetto allo scorso anno.
È questo il sentiment degli associati Ainet, che riunisce i maggiori network di agenzie di viaggi sul territorio
nazionale. Si tratta di una netta inversione di tendenza rispetto al trend in flessione che si registrato nel corso
degli ultimi anni. Un risultato che, secondo gli operatori, è dovuto anche al ritorno di alcuni clienti che nel
recente passato preferivano rivolgersi alle online travel agency (Olta)
20/10/2014
Il Sole 24 Ore - Bit 2015 focus
Pag. 23
(diffusione:334076, tiratura:405061)
La multicanalità al servizio di clienti sempre più mobili
L'EVOLUZIONE Il consumatore dispone ora di molti punti di contatto: dall'intermediario fisico a quello
totalmente online fino ai «metasearch»
Dario Aquaro
Customer journey, contaminazioni tra canali on e offline nelle esperienze di acquisto, ruolo del mobile,
impatto delle tecnologie di nuova generazione. «Il mondo del turismo è diventato più complesso e la
tecnologia è il motore che aiuta a rendere concrete le potenzialità ancora inespresse: i temi connessi
all'innovazione si rivelano dunque essenziali per la formazione degli operatori». Tommaso Vincenzetti è
direttore Marketing and business development di Amadeus, provider tecnologico che sviluppa prodotti e
soluzioni avanzate per l'industria dei viaggi e del turismo. La multinazionale It, quotata alla Borsa spagnola, è
presente in 195 Paesi, con 12mila dipendenti, «e - sottolinea Vincenzetti - non perde occasione per fare
cultura». Lo farà anche a Bit 2015, collaborando all'organizzazione degli eventi che si terranno nella Digital
Arena, ospitata all'interno dell'area Digital World dove si realizza l'incontro con i principali operatori del mondo
tecnologico-digitale italiani e stranieri. Per capire anche come cambia la figura del viaggiatore-consumatore in
un panorama in continua evoluzione.
«Se un tempo aveva l'unica opzione di recarsi in agenzia, ora il viaggiatore si trova di fronte a molteplici punti
di contatto. Può andare nel negozio fisico per avere qualche notizia, poi approfondire e acquistare in rete.
Oppure può navigare sul web per informarsi e conoscere meglio alcune località prima di recarsi in agenzia
per farsi confezionare il viaggio. Non c'è una tendenza prevalente - dice Vincenzetti - perché gli approcci
cambiano a seconda delle piattaforme, dell'età, le possibili variabili sono molte». Alcuni elementi possono
essere individuati con precisione. «Questo è l'anno del sorpasso della navigazione da tablet e smartphone su
quella da pc. Gli smartphone, almeno per la situazione italiana, sono però utilizzati nel 60-70% dei casi solo
per reperire informazioni o guardare offerte commerciali. Inoltre gli acquisti da mobile si riferiscono ancora a
operazioni "semplici": solo il 5% riguarda pacchetti turistici con volo, soggiorno, escursioni e altro; un 10-15%
riguarda l'hotellerie, il resto è appannaggio della biglietteria».
In mobilità, l'info-commerce è ancora predominante sull'e-commerce. Si vede sempre più browsing sul
mobile, dove si moltiplicano le applicazioni; ma quando si tratta di acquisti più complessi, come i pacchetti
vacanza, rimane centrale la rassicurante figura di un consulente e quindi il canale offline. Eppure lo
smartphone apre grandi spazi di azione e in prospettiva, anche con lo sviluppo dei pagamenti in mobilità,
sarà il reale centro di ogni operazione. «Può servire già adesso per fare up-selling e cross-selling, sfruttando
la geolocalizzazione, e così arricchire l'offerta anche durante il viaggio stesso. Purtroppo però - continua il
manager - in questo senso la comunicazione funziona ancora male, e ad esempio le agenzie di viaggio online
(Olta) concentrano gran parte dell'attenzione prima dell'esperienza e non durante».
Nella fase post-viaggio, nella cura della reputazione? «Qualcosa si muove, soprattutto sul lato dei social. Ma
non ci sono strumenti evoluti di Crm (Customer relationship management, ndr), una gestione efficace dei
rapporti con i clienti, e si sfruttano dunque strumenti consumer. Quando alcuni servizi saranno introdotti,
faranno davvero la differenza».
Le agenzie fisiche hanno subito la disintermediazione delle Olta che adesso, per effetto di una mole di
informazioni così elevata presente in rete, assistono a loro volta all'avanzata dei metasearch: aggregatori di
offerte che rappresentano un'ulteriore disintermediazione, perché evitano di saltellare tra i vari siti delle
agenzie. «In questo quadro - afferma Vincenzetti - crediamo che l'agenzia fisica abbia tutte le carte in regola
per resistere, continuare a lavorare bene e conservare la propria fetta di mercato, perché può far leva sul
valore aggiunto dell'assistenza, della fidelizzazione, dell'accurata personalizzazione dell'offerta. Deve però
dotarsi di strumenti moderni e abituarsi a intercettare attivamente il cliente, che è mobile. Come? Per
esempio costruendo un buon sito, dedicato all'e-commerce. E applicazioni per smartphone e tablet che
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Digital Arena. Dedicata alle nuove tecnologie
20/10/2014
Il Sole 24 Ore - Bit 2015 focus
Pag. 23
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
consentano di rimanere in contatto con il cliente durante il viaggio, e che di certo sarebbero percepite come
meno "impersonali" rispetto a quelle dei grandi operatori online».
L'argomento della disintermediazione è trasversale e alla Bit sarà spunto per incontri e dibattiti che
aiuteranno ad aggiornare e accrescere la cultura di settore. A tal proposito, il tema dello stretto rapporto tra
industria e mediazione, dei confini sempre più labili tra chi produce e chi distribuisce, sarà il nucleo di un
singolare incontro tra tour operator e network. I top manager dei due anelli della filiera sono infatti pronti a
confrontarsi per la prima volta in pubblico, secondo una formula talk-show sviluppata per Bit da Roberto
Gentile, noto esperto del retail nel turismo, già socio e amministratore delegato di Frigerio Viaggi nonché
autore di libri e articoli sulla distribuzione turistica. Produzione e distribuzione si ritrovano in "botta e risposta"
veloci e informali, sessioni brevi ma pregne di contenuti, grazie all'impianto multimediale-multicanale.
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20/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1.17
(diffusione:334076, tiratura:405061)
L'e-com batte il calo dei consumi *
In aumento gli acquisti in mobilità e dei prodotti fisici - I viaggi restano i «best seller» DUEPROTAGONISTI Il
mercato è diviso in parti quasi uguali tra le insegne dellamoderna distribuzione e le «pure» dotcom
Enrico Netti
Le vendite online riescono a battere la crisi dei consumi. Nel 2013 il valore dei prodotti e
serviziacquistatidasitioperanti in Italia ha messo a segno un +17% rispetto all'anno precedente, raggiungendo
quota 13,3 miliardi di euro.Unrisultato in netta controtendenza rispetto al calo del 2,6% della spesa per
consumifinalidellefamiglieregistrato dall'Istat.Indecisacrescita (+30%) gli acquisti di beni fisici rispettoai
servizi(+9%),il che ha ridotto il gap tra i due comparti. Molti italiani, poi, si sono abituati ad acquistarecon
smartphone e tablet,alimentandoilfilone dell'e- com in mobilità, che ora vale circa 2,6 miliardi, unquintodelle
venditetotali. Ma la penetrazione dell'ecom in Italia resta bassa: 3,5% delle vendite retail, la metà che in
Francia e ben lontano dai livellidelRegnoUnito( 15%).Dal lato dei merchant, invece,sono
leimpresetradizionalie le "pure" dot com prevalentemente straniere (Amazon, eBay, vente- privee)a
dividerselo in parti quasiuguali. Sono questi punti chiave dell'osservatorio «L'eCommerce B2c in Italia: le dot
com corrono, i retailer inseguono», realizzato dalla School of management del Politecnico di Milano in
collaborazione con Netcomm,chesaràpresentato domani a Milano. «È la prima che registriamo un aumento
così ampio nelle vendite di beni fisici e servizi - commenta Alessandro Perego, responsabile dell'osservatorio
-. Inoltre i migliori siti dotcomsono imbattibili per prezzi e varietà nelle categorie merceologiche proposte».
Nelsegmentodeiprodottifisiciipiùvendutisonol'abbigliamento( 14%) e i prodotti tecnologici (12%). Seguono
l'editoria (3%) e il grocery (1%), «dove è in atto qualche sperimentazione ». Nel fashion lo scontrino medio
ammonta a 181 euro, che salgono a 238 per l'elettronica di consumo e l'informatica, mentre nel grocery si
arriva a 129 euro e nell'editoria digitale la spesa tocca i 40 euro. Per le assicurazioni si pagano 478
euroetraviaggieturismolaspesa èdipocoinferiore ai300euro. In aumento anche il numero degli italiani che
hanno provato a fare e-shopping. «Sono più di 16 milioni, con una crescita, inaspettata, del14%- sottolinea
Roberto Liscia, presidente di Netcomm-. Sono consumatori "mobile" e multicanale, che
hannoilpienocontrollodelprocessod'acquisto ». Buone notizie per i merchant, checontinuanoadarricchire le
proposte di vendita. «Stiamo allargando l'offerta con un marketplace aperto ad altri venditori costruito sulla
piattaforma di ePrice - osserva Edoardo Giorgetti, managing directore-commercedel gruppo Banzai( ePrice,
Saldi privati, Bow, mr.Price ed eplaza), che nel 2013 ha venduto beni per 180 milioni di euro -. Puntiamo sui
grandi elettrodomestici, il vino vamoltobenenellevenditeprivateeprogressivamenteinseriremo sempre più
prodotti per tempo libero, fai-da-te, giocattoliesport ». Il tentativo è superare il format "fashion e libri" che ha
caratterizzato per anni il modellodellevenditeonline. Unavia imboccatadalla multinazionale spagnola Privalia,
outlet di moda, accessori e sportware che ora vira verso i mobili e gli accessori di design per la casa. «È il
settore in cui cresciamo di più, con un +40% di ricavi - dice Valentina Visconti, country manager di Privalia
Italia, che nel 2013 ha avuto un giro d'affaridioltre100milioni-.Investiamo anche nel segmento
deiprodottiperbambiniepromuoviamo un interscambio di campagne di vendita tra Italia e Spagna». L'online
genera flussi commercialichecresconoaduecifre. L'import, secondo l'osservatorio del Politecnico, vale circa 4
miliardi (+16%) ed è costituito da biglietti low cost, viaggi e, in misura minore, abbigliamento e informatica. Le
esportazioni superano i 2,5 miliardi(+ 24%),trainatidaprenotazioni alberghiere, abbigliamento e merchandising
dei marchi delmadein Italy, mentre- segnalaPerego-«èdeltutto assente il food». Viaggi e pacchetti turistici si
confermanoibestsellerdeiservizi, ma la crisi ha modificato tempi e modid'acquisto. «Si riduce l'intervallo tra la
prenotazione e la data di partenza e la stagionesièallungatafinoasettembre - afferma Angelo Ghigliano,
country director eDreams Odigeo Italia -. Si sono ridotti i giorni di soggiorno,mail numero di prenotazioni e di
viaggi sono stabili, mentre sono in forte aumento i pacchetti fai-da-te».Comecontromisure la società ha varato
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Economia digitale . Secondo l'Osservatorio B2C del Politecnico di Milano nel 2013 le vendite hanno toccato i
13,3 miliardi (+17%)
20/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1.17
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una campagna di voucher in collaborazione con Groupon «con uno sconto che può arrivare al 20-25%
dell'acquisto su eDreams» aggiunge Ghigliano, oltre ad accordi di partnership con fornitori di prodottieservizi
terzi. Diventano digitali anche i buoni sconto. «Nei primi nove mesidel2014abbiamodistribuito 26 milioni di
coupon digitali contro i 22 dello stesso periodo del 2013 - spiega Angelo Tosoni, a.d. di Valassis Italia -.A
utilizzarli 103 marchi del largo consumo di oltre 80 aziende». Accanto ai grandi nomi dell'e-com non mancano
le start up. È il caso di Velasca, sito che vende online calzature made in Italy realizzate da artigiani
marchigiani. In quasi un anno di attività Enrico Casati e Jacopo Sebastio, soci fondatori di Velasca, hanno
venduto scarpe per 150mila euroe sono riusciti ad allargare la visibilità del sito in Usa, Canada e Germania.
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LA PAROLA CHIAVE Multicanalità Con l'espressione multicanalità, legata alle vendite su internet, si intende
la possibilità, utilizzata soprattutto nel commercio elettronico, di mettere a disposizione dei clienti una
molteplicità di dispositivi come, per esempio, smartphone, tablet, tv e canali di vendita per acquistare e
vendere beni e servizi. Inoltre inun processo di vendita multicanale il merchant offre ai propri clienti la
possibilità di deciderecomee dove avvicinarsi al brand
Brillano le vetrine virtuali E-COMMERCE NEL 2014 Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School
of management Politecnico di Milano
19/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1.44.45
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Amazon, il segreto per fermare la seduzione del grande libraio
FRANKLIN FOER
VENT' ANNI fa l'azienda iniziò con l'obiettivo di voler creare una libreria ricca come la grande biblioteca di
Alessandria d'Egitto, e poi è riuscita velocemente a far sembrare quasi ridicola persino questa magniloquente
affermazione. Amazon potrebbe presto far apparire su un telefono il testo integrale di qualsiasi pubblicazione
in meno di un attimo. I suoi magazzini contengono un illimitato catalogo di titoli che riescono a soddisfare le
esigenze di quasi tutti gli esseri umani, dalle più semplici a quelle esoteriche: basta un solo click, e il prodotto
viene velocemente consegnato, al costo più basso consentito dal sistema capitalistico.
Invece di intascare i profitti di questa sua creazione, Amazon ha lavorato per migliorarsi investendo gli
incassi nella costruzione di centri di smistamento ben collocati che possano accelerare le consegne, in
tecnologie che tentino di leggere le nostre menti avide e ci suggeriscano in maniera appropriata il nostro
prossimo acquisto. Comprare su Amazon si è a tal punto radicato nella vita americana da diventare quasi
un'abitudine distratta, e la compagnia ha raggiunto un livello di controllo che merita l'uso della vecchia
etichetta: monopolio.
Il termine non viene usato spesso di questi tempi, e invece dovrebbe. Amazon è l'esempio per eccellenza di
un ritorno in auge di monopoli che include anche Google e Walmart. Diversamente da U. S. Steel, i nuovi
giganti non usano il loro potere quasi indiscusso per alzare i prezzi. Sono invece per così dire i servitori del
consumatore, e in un'era di prezzi bassi hanno aperto a quasi ogni tipo di prodotto, dalle TV a schermo piatto
ai fazzoletti di carta o agli smartphone. Se Amazon, che ha un fatturato annuo di 75 miliardi di dollari, abbia
tecnicamente violato le leggi è una questione importante, certo. Tuttavia andare a vedere cosa c'è sotto le
decisioni di dumping non fa che nascondere la vera minaccia. Nella sua ricerca di grandezza, Amazon ha
lasciato una scia di distruzione - concorrenti battuti sul prezzo, fornitori schiacciati - che in parte era
necessaria, ma anche molto preoccupante.E nel confronto con la casa editrice Hachette ha assunto
un'estrema aggressività sconosciuta persino ai tempi in cui cercava di schiacciare Zappos offrendo uno
sconto di $5 su tutte le scarpe, o quando dava ai suoi dipendenti biglietti da visita falsi per evitare di pagare le
tasse sulle vendite in vigore in diversi Stati.
In effetti, siamo stati rimbalzati indietro di 100 anni in un tempo in cui la legge non era all'altezza del compito
di proteggere dalle minacce che i monopoli ponevano alle democrazie, un tempo in cui la nuova natura delle
aziende richiedeva una riconsiderazione significativa da parte dei governi.
Amazon è il prezzo che stiamo pagando per un pensiero assolutamente bi-partisan. Mentre costruiva
l'azienda, Jeff Bezos studiava attentamente l'esempio di Walmart, il più grande venditore al dettaglio
d'America, plasmando il suo stile personale su quello parsimonioso di Sam Walton e andò anche a pescare
tra i suoi top manager. I dirigenti di Walmart non sono strapagati e neppure quelli di Amazon. Per un certo
periodo non hanno neppure ricevuto il rimborso del parcheggio dell'ufficio. Nel frattempo entrambe le aziende
hanno di proposito evitato la sindacalizzazione e trattato i loro lavoratori in modo avvilente. In un'occasione,
divenuta poi famosa, Amazon ha preferito assumere dei paramedici per rianimare dei dipendenti che
avevano avuto un malorea causa del caldo in un magazzino della Pennsylvania piuttosto che installarvi l'aria
condizionata.
Eppure la lezione più importante che Bezos ha tratto dai Waltons è stata come comportarsi con i fornitori. Sia
Amazon che Walmart promettono ai loro consumatori le stesse prodezze: sconfiggere la concorrenza sui
prezzi. Ma la frugalità e l'innovazione possono arrivare solo a mantenere i prezzi al ribasso specialmente di
fronte all'impazienza della borsa. La crescita dei margini di profitto dipende, pertanto, dal continuare ad
ottenere contratti migliori con i fornitori. Alla Walmart, questa tattica è contenuta nella sua politica aziendale:
l'azienda ha insistito che i fornitori di beni di largo consumo riducessero ogni anno i loro prezzi di circa il 5%.
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È facile immaginare quanto queste richieste sui prezzi abbiano nuociuto alla possibilità di una solida
concorrenza. Ma quando Amazon si impegna in un comportamento simile, assume toni foschi. Se Walmart è
una versione più grande e più economica del vecchio supermercato e grande magazzino, Amazon non limita
le sue ambizioni ad alcun quadro di riferimento esistente.E considera che niente esuli dalla sua attività
centrale: perciò si è spinta fino a vendere spazio sul suo server alla CIA, a produrre spettacoli televisivi
originali su imbranati membri del Congresso e a progettare la propria linea di telefonia mobile.
Ementre accumula potere economico, aumenta la sua influenza sulla vita culturale e intellettuale del paese.
Si consideri il rapporto di Amazon con l'industria editoriale. Un recente sondaggio condotto nel marzo scorso
da Codex Group, ha rivelato che Amazon detiene una quota pari al 67% del mercato degli ebook. E quando
si tratta della vendita di tutti i libri nuovi - in versione economica, rilegata o digitale - Amazon arriva al 41%.
Anche se le 5 più importanti case editrici hanno relazioni politiche e potere economico, non riescono a
competere. Quando Amazon per la prima volta ha fissato il prezzo degli ebook a $9.99, lo ha fatto in maniera
unilaterale senza informare gli editori. L'azienda trova continuamente nuovi sistemi per riscuotere tributi dalle
case editrici. Amazon chiede un contributo per «un fondo sviluppo del marketing» che colpisce gli editori con
un ulteriore riduzione dal 5 a 7% dei loro ricavi lordi. Tutti gli strumenti meravigliosi presenti sul sito di
Amazon sono aperti agli editori, ma solo se preparano un assegno di adeguate dimensioni: tasti di pre-ordine,
visibilità nei risultati di ricerca e raccomandazioni personalizzate sono servizi scarsamente sottolineati dal loro
amichevole libraio. Certo, Barnes e Noble e altre catene hanno richiesto una tassa per la posizione data ai
prodotti sugli scaffali, ma Amazon ha inventato una versione gonfiata di questa vecchia consuetudine.
Sembra non ci siano limiti alle richieste di Amazon, e le sue attuali trattative con Hachette lo provano.
Per giustificare questo approccio, Amazon dipinge gli editori come se meritassero un trattamento più duro.
Un ex-dipendente della Amazon ha detto a George Packer del New Yorker che l'azienda vede gli editori
come «vecchi perdenti con telefoni a disco, sistemi di inventario progettati nel 1968 e magazzini pieni di
stronzate». Intorno al 2005, l'azienda ha lanciato un'iniziativa chiamata il "Gazelle Project" per ottenere
termini più favorevoli dai piccoli editori. Il nome dell'operazione veniva da un'idea di Bezos, e cioè che la sua
squadra inseguiva la preda come un ghepardo insegue una gazzella malata. E un dirigente incaricato della
trattativa con l'industria editoriale ha confessato al giornalista Brad Stone: «Ho fatto tutto quello che ho potuto
per danneggiare la loro performance». Disperati, gli editori hanno provato varie mosse per cambiare questa
dinamica: hanno cercato di combattere con le stesse armi, un'idea sbagliata che li ha portati a scontrarsi con
Apple nella palese violazione delle leggi di cartello. Inoltre hanno accelerato la vecchia tendenza a cercare
rifugio nelle fusioni. Lo scorso anno Random House e Penguin si sono fuse per creare una megasocietà che
controlla il 25% del mercato dei libri, nella vana speranza che questo nuovo vigore li potesse proteggere dalle
richieste più dure di Amazon. Ma persino una multinazionale gigante deve piegarsi alla volontà del suo
maggior compratore. Questa è la legge ferrea di Walmart che impone i propri termini alle più grandi
multinazionali del mondo. Così ha descritto la situazione Barry Lynn della New America Foundation:
«Walmart ha detto a CocaCola quale dolcificante artificiale deve usare nella sua Diet soda, ha detto alla
Disney quali scene tagliare da un DVD, alla Levi's quale pesantezza di cotone usare per i suoi jeans e ai
fabbricanti di tosatori da erba quale spessore di acciaio comperare». Per quanto grandi diventino, gli editori
continueranno a erodere i costi per soddisfare Amazon. E maggior attenzione ricadrà sullo spreco che sta al
cuore dell'attività: gli anticipi pagati dagli editori ai loro autori. Questo denaro anticipatoè il pilastro economico
su cui poggiano i libri di qualità e quindi rappresenta il baluardo contro il dilettantismo. Gli anticipi in denaro
danno allo scrittore quella tranquillità economica che consente di consacrare anni alla realizzazione di un
progetto.
Ma non c'è bancao investitore di buon senso che darebbe questo tipo di credito a un autore, a meno che non
sia forse Stephen King, il che significa che non ci vorrà molto tempo perché questo ecosistema anomalo
crolli. Amazon potrebbe decidere di generare incassi trasformando ancora il mercato degli ebook, e potrebbe
orientare le vendite sgonfiando il prezzo di un romanzo di Salman Rushdie o di Jennifer Egan al prezzo di
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una Diet Coke. Oppure potrebbe spronare le case editrici a cambiare i loro modelli finché non cedono. In un
modo o nell'altro la cultura subirà le inevitabili conseguenze del monopolio: meno varietà di prodotti e qualità
inferiore di quelli esistenti. E questo è deprimente abbastanza da interrogarsi su cosa ne sarà delle lame dei
tosaerba.
Nell'affrontare la questione di Amazon dobbiamo prima di tutto riconoscere la nostra complicità.
Siamo stati sedotti dai grandi sconti, la consegna mensile dei pannolini,i film gratis da Prime, la confezione
regalo, la consegna in due giorni gratuita, la possibilità di comprare scarpe, libri, sementi di fagioli borlotti o un
completo per bagno nello stesso posto. Ma siamo andati oltre alla fase di seduzione. Noi ci aspettiamo
queste comodità come fossero diritti acquisiti ed esse appartengono all'idea di come i consumatori
dovrebbero essere trattati.
Queste aspettative alimentano il nostro collettivo rifiuto rispetto ad Amazon: siamo convinti che il Web sia
troppo fluido per diventare preda di monopoli. Se un sito inizia a mostrare la zoppia di AltaVista o Myspace, i
consumatori lo abbandoneranno senza esitazioni. Ma mentre questa teoria meritocratica potrebbe essere
valida per un motore di ricerca o un social network, per Amazon le cose vanno diversamente. Nella sua storia
c'è l'aver fatto a pezzi nuove piccole azende, come Zappos o Diapers. com, non appena queste cominciano a
porre vere sfide concorrenziali. Usa il suo patrimonio per battere gli oppositori sui prezzi, poi una volta che ha
esaurito le risorse dei suoi nemici, li compra e ne esce anche rafforzata.
Questa posizione di forza necessita un intervento da parte del governo. Si è spesso detto che lo Stato è
troppo lento per tenere il passo delle aziende di prodotti tecnologici, che nel tempo che ci mette per agire
contro un'azienda, l'economia digitale si è allontanata al galoppo. Ma esiste una lunga storia che prova il
contrario.
Incomincia con AT&T's Bell Labs alla fine degli anni Quaranta. Anche se i ricercatori sviluppavano un
mucchio di grandi invenzioni - chiamata automatica, nuovi centralini - i dirigenti in cima al monopolio
sostanzialmente spingevano i nuovi congegni in un archivio dove languivano (monopolisti senza sfide da
parte dei concorrenti sono poco motivati per cambiare il settore che già controllano). Sotto pressione da parte
del governo, AT&T cominciò a consentire che altre aziende utilizzassero la sua tecnologia, compreso un
dispositivo chiamato transistor elettronico, che nelle mani della Texas Instruments, è diventato la base del
computer. O si prenda l'esempio di IBM, un'azienda che ha sempre flirtato con l'illegalità. Il Dipartimento di
Giustizia le è stato addosso negli anni Cinquanta e Sessanta. E sebbene IBM si lamentasse dell'intrusione, si
accordava sempre con il governo e prometteva di rivedere il suo modo di agire. E poi c'è il successore di IBM,
Microsoft. L'azienda era famosa perché usava il suo potere per schiacciare i piccoli rivali che creavano
prodotti di qualità superiore. Ma le iniziative del governo l'hanno costretta ad abbandonare quella tattica, cosa
che a sua volta ha permesso alle nascenti aziende come Google e Skype di crescere. «L'antitrust ha il merito
di aver ripristinato l'incontestata superiorità tecnologica americana», dice Tim Wu, autore di The Master
Switch . «Ha fatto in modo che il web restasse aperto». Queste storie sembrano impressionanti ma ci sono
voluti decenni di sperimentazioni, perlopiù fallimentari, prima di trovare un approccio che riuscisse a piegare i
monopoli. Però allontanare un problema non significa averlo risolto. I progressisti non sono mai riusciti a
trovare un accordo su cosa pensare dei monopoli: avrebbero permesso loro di esistere, regolamentato la loro
presenza o li avrebbero fatti a pezzi? La creazione di una Commissione federale per il Commercio nel 1914
doveva essere la conclusione di quel lungo conflitto, e invece finì per rappresentare la vaghezza concettuale
dello scontro.
Ci volle la Grande Depressione per far quella chiarezza che i progressisti non erano riusciti ad ottenere.
Quando tutti i suoi sforzi per risuscitare l'economia si arenavano, Roosevelt dichiarò guerra totale al
monopolio. Solo nel 1940, il suo Dipartimento di Giustizia esaminò 92 nuovi casie registrò 3.412 cause;
inseguì pezzi grossi come come Alcoa, General Motors e la American Medical Association.
Forse il dibattito su Amazon non andrà avanti così a singhiozzo. Filtrano già alcune idee: una sarebbe di
toglierle il potere che ha sui prezzi, un'altra sarebbe di privarla della possibilità di usare il proprio sito per
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punire i fornitori recalcitranti.
Queste idee al momento sembrano colpi incerti invece che soluzioni coerenti. Tuttavia se non affrontiamo la
nuova realtà del monopolio con spirito critico e di sperimentazione, ci lasciamo andare alla deriva in un futuro
insostenibile dove una sola azienda detiene un inaccettabile potere economico e culturale. Sfortunatamente
un solido sistema di regolamentazione non è questione che possa essere risolta da un giorno all'altro.
© Franklin Foer. @franklinfoer. Traduzione di Michael Cruickshank. Franklin Foer è direttore di The New
Republic
Foto: LA MOSTRA Sophie Calle MAdRE è al Castello di Rivoli fino al 15 febbraio 2015 (pag. 50)
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Innovare il presente per costruire il futuro
A Milano va in scena l'innovazione che c'è già e quella che verrà Tre giorni di incontri per far dialogare nuove
imprese e istituzioni LA FORZA Le piccole e medie imprese rappresentano il 90 per cento del tessuto
economico italiano LA DEBOLEZZA Secondo una ricerca Google su tre Pmi solo una è sul web L'e-commerce
è poco diffuso
BRUNO RUFFILLI
La tecnologia non è solo di bit e transistor: è anche anima, passione, speranza. Così questa edizione 2014
dello Smau che parte a Milano mercoledì prossimo è un invito a sperare. Nel futuro di un'Italia che è capace
di guardare avanti, come 51 anni fa, quando il Salone Macchine e Attrezzature per l'Ufficio apriva per la prima
volta i battenti. Startup A Fieramilanocity si parlerà di futuro: e non come possibilità astratta, ma come
qualcosa che è già attuale, con le tante startup innovative che prese tutte insieme sono già una delle più
grandi imprese d'Italia. Allo Smau saranno presenti duecento tra startup, centri di ricerca, università, Parchi
Tecnologici, accanto a Regioni, Comuni e Associazioni di categoria. Con Open Innovation il Salone milanese
punta a favorire lo scambio di competenze tra l'ecosistema dell'innovazione italiano e i grandi nomi
dell'Information Technology, da una parte, le imprese e le istituzioni dall'altra. Molte quindi le iniziative e i
momenti di incontro, a iniziare dagli speed pitching, mini-presentazioni in cui le startup proporranno la loro
attività in 90 secondi al pubblico in sala. «Boost Your idea» è invece il contest organizzato e promosso da
Clouditalia, che mette in palio una fornitura di risorse cloud sui propri Data Center per un intero anno, oltre
all'assistenza e alla possibilità di ulteriori collaborazioni. A concludere gli appuntamenti di Open Innovation, il
Premio Nazionale Innovazione ICT e il Premio Lamarck, che si terranno quest'anno in contemporanea proprio
per creare un unico evento in cui poter riunire i campioni dell'innovazione con e favorire la nascita di nuove
partnership per la crescita e lo sviluppo delle imprese. Sempre il 24 ottobre, Italia Startup, l'Associazione che
rappresenta l'ecosistema italiano connesso alle giovani imprese innovative, presenterà l'aggiornamento 2014
di due progetti tra loro collegati. Si tratta di «The Italian Startup Ecosystem: Who's Who», la mappa del
settore realizzata con gli Osservatori del Politecnico di Milano, in collaborazione con Smau e Cerved Group e
con il supporto del Ministero dello Sviluppo Economico; e del Secondo Osservatorio Italia StartupOsservatorio Politecnico di Milano, sull'ecosistema italiano delle startup, il valore del mercato, gli investimenti
e le prospettive di sviluppo. Expo 2015 «Expo 2015 e l'Italia dell'innovazione: le imprese al centro, i territori
protagonisti» è il titolo del convegno inaugurale dello Smau, in programma mercoledì 22 ottobre. Sarà un
momento di confronto tra i principali fornitori di tecnologie digitali, gli assessori alle attività produttive di varie
Regioni italiane e il mondo della domanda sull'impatto economico derivante per l'Italia intera da Expo 2015.
Le piccole e medie imprese rappresentano il 90 per cento del tessuto economico italiano, ma sono ancora
molto indietro rispetto alla media europea: secondo una recente ricerca di Google nel nostro Paese il 78 per
cento delle Pmi possiede un computer, ma appena il 34 per cento ha un sito web; e solo tre su dieci
utilizzano il commercio elettronico come canale addizionale di vendita e acquisto. Qualcosa si muove, con gli
esempi virtuosi che si moltiplicano e soprattutto con l'attenzione del Governo sul tema della digitalizzazione
delle piccole e medie imprese, con la Carta dei Diritti di Internet. Ma per diffondere l'innovazione è troppo
spesso necessario lottare contro una burocrazia ancora lenta e farraginosa. Semplificare regolamenti e
codicilli potrà rendere la strada più facile alle imprese giovani e alle idee nuove, ma giorno dopo giorno potrà
anche aiutare a vivere meglio. La parola chiave è sempre la stessa: intelligenza. Per questo allo Smau anche
quest'anno si parla di smart communities, e c'è un premio dedicato ai migliori esempi del settore. Da seguire
anche «Innovare in Città per far ripartire il Paese», evento organizzato dall'Associazione Nazionale Comuni
Italiani, che coinvolge sindaci, esponenti del governo e delle Regioni per fare il punto sull'attuazione dell'
Agenda Digitale, l'avvio delle città metropolitane e del relativo Programma Operativo Nazionale e Riforma
della pubblica amministrazione. Nei tre giorni del Salone milanese si parlerà di efficienza energetica e
sostenibilità ambientale, sicurezza e monitoraggio del territorio, mobilità, salute, egovernment, istruzione e
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SMAU 2014
20/10/2014
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formazione, cultura e turismo. Ossia della nostra vita: e vale la pena informarsi, perché non devono diventare
smart solo le città, ma anche i cittadini. 51
I numeri edizioni il Salone Macchine e Attrezzature per l'Ufficio è nato nel 1964. Dal 2008 si articola anche in
una serie di appuntamenti itineranti in tutta italia 50 mila visitatori quest'anno sono previsti a Fieramilanocity
nei tre giorni del Salone. Si apre con un convegno la mattina del 22 ottobre e termina il 24 500 espositori tra
cui Aruba, Dell, Fujitsu, Huawei, Microsoft, SAP, SAS, Telecom Italia, Vodafone e altri, ma anche molte
Regioni d'Italia. 200 sono le startup 14 finalisti dell'App4Expo Award, la gara di app per promuovere il
territorio lombardo ai visitatori dell'Expo 2015. Allo Smau sarà svelato il vincitore
20/10/2014
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"I concorrenti di CartaSi? Apple e Amazon"
L'amministratore delegato Laura Cioli: entro l'anno arriva MySi, una tecnologia che permette di virtualizzare
qualunque carta «Nessun pericolo se si perde il cellulare, dentro non ci sono dati»
NADIA FERRIGO
Marchigiana di origine, milanese dal suo primo giorno di Mba alla Bocconi, da un anno Laura Cioli è
l'amministratore delegato di CartaSi, società leader nei pagamenti elettronici con 2 miliardi di transazioni
gestite, 600 mila punti vendita convenzionati, 2 mila esercenti dotati del Pos virtuale XPay per le vendite
online e oltre 13 milioni di carte in circolazione. Laureata in Ingegneria elettronica, ha lavorato nel mondo
dell'energia per Eni Gas&Power, poi telecomunicazioni con Vodafone e media come direttore generale di Sky
Italia: un'esperienza trasversale che servirà a Cioli per affrontare le sfide della «monetica», l'insieme di
conoscenze elettroniche, informatiche e telematiche indispensabili per disegnare il futuro dei pagamenti. Le
nuove tecnologie hanno già moltiplicato le possibilità del settore, oggi popolato da concorrenti agguerriti come
Paypal, Apple e Amazon. Niente più tessere e carte: il portafoglio diventa virtuale. Fantascienza oppure
futuro prossimo? «Sta già accadendo. A fine anno lanceremo MySi, che grazie alla tecnologia Hce permette
di virtualizzare qualunque carta, di credito o anche di raccolta punti, oggetti completamente diversi tra loro
che potranno essere accessibili in una sola applicazione sul telefono. La tecnologia già lo permette, basta
organizzarsi con i diversi partner». Vero è che gli italiani non sono grandi fan della moneta elettronica: il
numero medio di transazioni procapite con carte è 31, mentre in Olanda, Francia e Regno Unito sia- mo a
130. Il fatturato dell'e-commerce sui consumi delle famiglie italiane pesa per circa il 6 per cento, la media
europea è il 15 per cento. Nemmeno gli esercenti sembrano troppo ben disposti: si è visto con l'obbligo del
Pos per i pagamenti al di sopra dei 30 euro. Chi deve iniziare a cambiare mentalità? «Entrambi. Dal punto di
vista dell'esercente, c'è tutta la convenienza a usare strumenti di pagamento digitali. Per farlo sostengono dei
costi, ma equivalenti a quelli per la gestione del contante, anche se la percezione è diversa. Credo che non
sia questo il problema, quanto la trasparenza delle transazioni. Prima di arrivare in CartaSi non avevo questa
sensibilità, poi ho iniziato a usare sempre la carta, anche in taxi. Il lavoro che dobbiamo fare è comunicare
bene, a partire dal consumatore, evidenziando i benefici del virtuale: sicurezza, tutela della privacy, servizi.
Così anche gli esercenti capitoleranno». Secondo il direttore generale dell'Agenzia delle Entrate Rossella
Orlandi, occorre ripensare le commissioni bancarie su carte e bancomat, se si vuole incentivarne l'utilizzo.
«Non credo sia la ricetta giusta per eliminare il sommerso: se la carta non viene usata per non essere
tracciati, poco importano le commissioni. Avere un Pos può costare da due a dieci euro, una cifra modesta. Si
torna al solito tema: la resistenza sul costo aggiuntivo è legata al fatto che l'utilizzo di questi strumenti non
consente di eliminare gli elementi di tracciabilità. La partita non è legata al Pos: non basta abbassare le
commissioni per eludere il nero, anche portarle a zero non funzionerebbe». Nel nostro Paese i pagamenti
elettronici sono il 15% del totale, la metà della media europea: puntate ad arri- vare al 31% nei prossimi
quattro anni, ma chi è pronto a trasferire il portafoglio sullo smartphone ? «Ci sono persone che non sono mai
entrate in banca e mai lo faranno, altre che invece danno per scontato che si possa fare tutto con il telefono.
Le fasce più giovani senza dubbio sono le più predisposte, senza differenza tra uomini e donne. Gli spazi per
crescere ci sono, noi li stiamo occupando: grazie a innovazione tecnologica e cambiamento dei sistemi di
consumo assistiamo a una mutazione epocale». Secondo una ricerca da voi condotta sui consumatori, per
sei su dieci la caratteristica più importante è la sicu- rezza. E qui il primo dubbio: e se poi perdo il telefono?
«Non succede niente. La cosa bella della nostra nuova applicazione è la semplicità dell'interfaccia per il
consumatore, mentre la complessità è nascosta. Mi spiego: nel telefono non resta nessun dato, è una
tecnologia sicura. Certo più dei contanti: se si perdono, non c'è più niente da fare». Tra i vostri progetti c'è la
creazione di una città «cashless», con uso del contante è al minimo. Di che si tratta? «L'obiettivo è
dimostrare che se ci mettiamo tutti insieme possiamo cambiare in modo significativo la situazione. Vogliamo
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INTERVISTA VERSAMENTI ELETTRONICI tutto SOLDI
20/10/2014
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togliere agli interlocutori tutti gli alibi che fino a oggi sentiamo: per noi è un biglietto da visita per dimostrare
che sì, si può fare. Siamo alla ricerca di una città non troppo grande, dove ci sia un'amministrazione ben
disposta che voglia fare sua la nostra visione. Ho già raccolto diverse manifestazioni di interesse, da
imprenditori, banche, aziende disposte a partecipare. Per ridurre drasticamente il peso del contante, i
problemi da superare sono la mancanza di determinazione e di un progetto comune». Non si parla solo di
città senza contati, ma anche di un settore preciso. Si parte dai trasporti? «Stiamo siglando una accordo di
partnership con Trenitalia che ci consentirà di integrare in un solo prod o t t o u n a s e r i e d i co m p o n e n t
i : l'obiettivo è digitalizzare interamente il mondo dei trasporti. In Italia i punti non presidiati sono moltissimi:
ormai il consumatore si aspetta di poter pagare i parcheggi, il metrò o noleggiare una bicicletta senza
ricorrere agli spiccioli. A breve presenteremo tutti i dettagli con Trenitalia». Un anno in CartaSi, come è
andata? «Faticoso, ma entusiasmante. Posso dire di essere fortunata, la sfida è ambiziosa, ma coincide con
l'esigenza di velocizzazione del cambiamento. Il mio incarico rappresenta la convergenza tra le mie
esperienze precedenti: che si parli di telecomunicazioni, servizi finanziari o media, bisogna fronteggiare gli
stessi concorrenti. Apple o Amazon, non cambia: la loro vocazione è catturare più dati e informazioni
possibili. Noi non abbiamo intenzione di restare indietro, anzi. P untiamo sull'innovazione: i quattro direttori da
me dipendenti, che si occupano di innovazione e sviluppo, marketing, vendite e comunicazione del brand,
hanno meno di 40 anni, tre su quattro non erano in azienda un anno fa, hanno esperienze internazionali e
articolate. Tutti requisiti fondamentali, perché insieme a me saranno motore e guida dell'azienda».
miliardi Il valore delle transazioni gestite da CartaSi, che dal 1985, in Italia, è la società leader nel campo dei
pagamenti elettronici
13,5
milioni Le carte di credito attualmente in circolazione, con più di 29 milioni di funzioni di debito e 600 mila
esercenti convenzionati
I numeri di CartaSi
13,5 mln
600.000
12.000
15
2 mld
29 mln
530.000
10.000 Oltre Oltre - LA STAMPA POS gestiti ATM gestiti di transazioni complessivamente gestite esercenti
convenzionati di funzioni di debito (nazionali /internazionali) di carte credito in circolazione (credito e
prepagate) esercenti dotati del Pos virtuale XPay di CartaSi, per le vendite online transazioni e-commerce
all'anno per carta attiva su internet
Foto: Digitale Arriverà a fine anno MySi, wallet di CartaSi per i clienti dotati di smartphone con Android
Foto: AP
Foto: Trent'anni di innovazione
Foto: CartaSi è dal 1985 la società leader in Italia nei pagamenti elettronici con oltre 2 miliardi di transazioni
complessivamente gestite, 13,5 milioni di carte di credito in circolazione, più di 29 milioni di funzioni di debito
e 600 mila esercenti convenzionati. CartaSi gestisce inoltre 530.000 mila Pos e circa 10.000 Atm
20/10/2014
Il Giornale - Milano
Pag. 13
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Il marketing digitale per Expo e i progetti dei social media
In vista di Expo, arriva per le imprese la possibilità di realizzare un progetto di marketing e comunicazione
digitale con una risorsa giovane altamente qualificata. Il progetto potrà, ad esempio, essere finalizzato
all'analisi dei bisogni di comunicazione web dell'impresa; alla stesura di piani editoriali; alla mappatura degli
influencer per le attività di Digital PR; alla definizione e utilizzo dei social media più adeguati alle esigenze
dell'azienda allo sviluppo di piani di web marketing coerenti con le esigenze di mercato dell'impresa, in una
logica d'innovazione e sviluppo digitale aziendale
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COMUNICAZIONE SUL WEB
18/10/2014
Il Fatto Quotidiano
Pag. 11
(tiratura:100000)
DOPO L ' ACQUISTO DA PARTE DI BEZOS (AMAZON) IL WASHINGTON POST TORNA A RUGGIRE
Angela Vitaliano
New York Un crollo verticale e ancora senza rete di salvataggio: questo sembra, negli ultimi anni, il destino
irreversibile dei giornali, in particolare dei giornali " di carta " . Le entrate dei quotidiani americani, provenienti
dalla pubblicità, secondo l ' A m e r i ca n Enterprise Institute , nel 2013, avrebbero raggiunto un minimo
storico, addirittura al di sotto delle cifre registrate nel 1950, anno in cui, la Newspaper Association of America
, aveva iniziato a registrare i dati di questo settore. Il periodo di " massimo splendore " da questo punto di
vista è rappresentato dagli anni a cavallo del cambio di secolo, ma dal 2000 in poi il vento sembra essere
cambiato in maniera definitiva e i dati relativi al 2008 e al 2009, hanno portato alla chiusura di molte quotidiani
che rappresentavano realtà consolidate di molte città americane come il Seat tle Post Intelligencer e l ' Ann
Arbor News e alla dichiarazione di bancarotta per altri che stanno faticosamente provando a ricollocarsi sul
mercato con una struttura più agile, come il Chicago Sun Times , il Minneapolis S ta r e il Philadelphia
Inquirer e il Philadephia Daily News che hanno, fra l ' altro, annunciato, proprio due giorni fa, la decisione di
chiudere i rispettivi siti web per concentrare tutti gli sforzi sul portale P h i l l y.co m . Chiuderà peraltro il free
press gratuito lanciato solo 2 anni fa dalla stessa compagnia. NON SE LA PASSANO MEGLIO, natural
mente, nemmeno i giornali più importanti: il New York Times stesso continua a registrare gravissime perdite
nelle entrate pubblicitarie che hanno costretto ad un nuovo, recentissimo, taglio di altri cento posti, fra
licenziamenti e prepensionamenti. Una ristrutturazione che, però, non tocca, o tocca solo marginalmente i
giornalisti che anzi, come confermato dall ' editore Arthur Sulzberger jr, " non sono mai stati così numerosi in
tutta la storia del giornale " . Molti giornali, infatti, lasciando sempre più spazio alle edizioni on line per la
cronaca degli eventi, stanno puntando al " racconto " di storie, di reportage e di analisi che possano essere
interessanti per il lettore. Uno " slittamento " politico verso destra è, invece, la strategia scelta dal Wa
shington Post , dopo esser stato acquistato dal Jeffrey P. Bezos che, l ' ottobre scorso, pagando 250 milioni
di dollari, ha messo fine al controllo del giornale esercitato per 80 anni dalla famiglia Graham. Il miliardario,
fondatore di Amazon, nell ' atto dell ' acquisto, aveva assicurato che il giornale avrebbe mantenuto la sua
tradizionale " indipenden za " , una promessa mantenuta solo a metà, dal momento che l ' esigenza era
quella di colmare l ' attesa di un pubblico più conservatore, che ora pare premiare il giornale.
Foto: Jeff Bezos La Pre ss e
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Quando il web soccorre la carta
18/10/2014
ItaliaOggi
Pag. 5
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Le Monde vuole Lci per crescere
ALESSIO ODINI
Il gruppo Le Monde ha presentato ieri un'offerta formale per l'acquisto di Lci, pioniere in Francia nel 1994 dei
canali televisivi all news, di proprietà di Tf1, oggi a rischio chiusura. Louis Dreyfus, presidente del consiglio
direttivo di Monde, ha confermato a Bfm Business, radio del gruppo NextRadioTv, il proprio interesse per il
canale satellitare di Tf1 e di aver inoltrato una proposta formale di riacquisto. Senza un acquirente, il gruppo
media presieduto e diretto da Nonce Paolini rischia di dover chiudere Lci, a cui il Consiglio superiore
dell'audivisivo francese ha negato il passaggio dalle frequenze satellitari a quelle in chiaro della tv digitale
terrestre. «Aspettiamo le scelte del consiglio di stato», si è limitato a commentare Dreyfus a Le Figaro,
alludendo all'audizione che attende Tf1 il prossimo 21 ottobre. Anche lo stesso gruppo Figaro di Serge
Dassault, che pubblica il quotidiano omonimo, si era detto interessato a rilevare Lci, intravedendo le
opportunità rappresentate da un canale televisivo, da espandere anche sul web. La priorità del gruppo Le
Monde, che non ha comunicato il valore dell'operazione, sembra quella di salvare integralmente i posti di
lavoro dei dipendenti di Lci, che oggi sono 98. Il piano messo a punto da Tf1, al contrario, per evitare la
chiusura, punta sul taglio di 58 lavoratori della tv all news e la prosecuzione delle trasmissioni, ma a
pagamento e aprendosi a un taglio più generalista. Una strategia che si ispira a quelle dei giornali, dove la
dimensione digitale è «una delle vere rampe di lancio del nostro progetto», ha aggiunto Dreyfus. Ma il
manager del gruppo Le Monde, i cui azionisti di maggioranza sono rappresentati dal trio Matthieu Pigasse,
Xavier Niel et Pierre Bergé, confida anche nella possibilità di sviluppare l'attività web di Lci, che al momento è
sotto dimensionata. Rilevando il canale all news di Tf1, Le Monde protrebbe inoltre rafforzare la propria
offerta video, redditizia sotto il profilo della raccolta pubblicitaria. © Riproduzione riservata
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Il canale di Tf1 è a rischio chiusura
20/10/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 46
(diffusione:581000)
Dalla scuola alla sanità l'Agenzia ha le armi per digitalizzare il Paese
"AGID PUÒ PORTARSI AVANTI ANCHE IN MANCANZA DEI DECRETI DEL GOVERNO" SOSTIENE ELIO
CATANIA, PRESIDENTE DI SETTORE DI CONFINDUSTRIA "SULLE CITTÀ INTELLIGENTI SI POSSONO
FORMARE TEAM PER STABILIRE GLI STANDARD DELLA SENSORISTICA"
Stefano Carli
Roma «Si è vero, se guardiamo lo stato degli iter istituzionali dei diversi pezzi dell'Agenda Digitale italiana
siamo ancora indietro, in molti progetti mancano i decreti del governo, come quelli sui pagamenti digitali nel
trasporto pubblico locale. In altri casi, come sul Fascicolo sanitario elettronico o la carta di identità elettronica,
i decreti attuativi non sono mai stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, Ma questo non vuol dire che si debba
stare fermi. Si può, anzi, si deve andare avanti. Il Governo ha messo in campo una squadra competente e la
forza politica per farlo. A partire dall'Agid, l'Agenzia per l'attuazione dell'Agenda Digitale, che deve dettare le
regole per l'interoperabilità e la standardizzazione». Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale spiega
che se Palazzo Chigi vuol davvero dare un impulso a tutta la complessa partita del rinnovamento della Pa
italiana, come le dichiarazioni del premier Matteo Renzi lasciano immaginare, le vie alternative ci sono. «Il
nuovo vertice dell'Agid è stato nominato a luglio, poi c'è stata l'estate ma mi sembra che il nuovo direttore
Alessandra Poggiani stia iniziando a muoversi nella direzione giusta. Insomma, non c'è bisogno di aspettare i
decreti del governo o i decreti attuativi per avviare i processi. Sul fascicolo sanitario per esempio il lavoro è
già avviato grazie alle linee guida concordata da Agid con il ministero della Salute senza attendere il decreto
attuativo. E lo stesso può avvenire con il ministero della Pubblica Istruzione per il libretto scolastico digitale.
Sulle città intelligenti si può già lavorare sugli standard per la sensoristica e la georeferenziazione,
coinvolgendo anche le imprese». Nelle prossime settimane insomma si potrà utilizzare questo criterio per
valutare la reale volontà del governo di imprimere una svolta. Si tratta di partire dai risultati positivi dei primi
passi, che hanno dato indicazioni confortanti sulla capacità del corpaccione della burocrazia pubblica di
imboccare la strada giusta. Due risultati su tutto. Intanto, il più recente, l'avvio dell'obbligo di passare alla
fatturazione elettronica per tutta la Pa centrale. Si è partiti in giugno, come da road map stilata da Francesco
Caio lo scorso inverno, e la cosa ha funzionato. Già ad agosto il numero di operazioni andate a buon fine al
primo colpo ha superato l'80%. L'altro risultato positivo è invece ancora precedente ed è passato abbastanza
sotto silenzio: si tratta dell'iscrizione solo online alle scuole e alle università partite nel gennaio 2013 e che
hanno dato adito a polemiche soprattutto prima, segno che poi le cose sono entrate nella routine. Un'altra
iniziativa che l'Agid dovrebbe prendere già in queste settimane è quella di seguire da vicino il lavoro dei
singoli ministeri e provvedere ad implementare di volta in volta una specie di catalogo unico nazionale delle
app della Pa. Anche in questo caso non è necessario attendere il viatico legislativo prima di avviare anche la
minima iniziativa. Ci si può portare avanti se il mandato politico è reale e sostanziale. D'altra parte è questa
l'unica strada per aggirare tutte le più varie forme di resistenza - perlopiù passiva - che la vecchia
tecnostruttura mette in atto per rallentare la digitalizzazione che taglia i passaggi cartacei, garantisce la
massima trasparenza e leggibilità degli iter burocratici anche dall'esterno e azzera i rischi di discrezionalità
dei singoli uffici soprattutto nella tempistica del disbrigo delle pratiche. Se l'Agid saprà diventare un vero
fattore di innovazione, potremmo anche dimenticare il bollettino di guerra dei percorsi istituzionali
dell'Agenda. Ad oggi, su 19 capitoli dell'Agenda digitale ben 11 risultano infatti incompleti. Mancano notizie
del Dpcm sull'Archivio nazionale dei numeri civici e delle strade urbane. Del fascicolo sanitario e della carta di
identità elettronica si è già detto. Pure il decreto sui libri digitali nelle scuole si è perso per strada, così come
quello sulla misurazione e il rilevamento dei campi elettromagnetici che è fondamentale per dare regole certe
alla nuova generazione di antenne per la telefonia mobile in banda ultralarga: regole senza le quali gli
investimenti degli operatori telefonici vanno a rilento. Il ministero della Giustizia non ha mai emanato i decreti
sull'utilizzo dell'Ict nei processi, anche se va in Confindustria Digitale rilevano che nonostante questo il
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rapporti Hi-tech
20/10/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 46
(diffusione:581000)
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Processo Civile Telematico sta avanzando, cosicché quando arriveranno i decreti lo stato di avanzamento dei
lavori sarà già a buon punto e l'avvio dell'operatività più vicino. Intanto mercoledì prossimo si riunirà per la
prima volta il "Tavolo Interministeriale permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana": è un nuovo
organismo, presieduto dal deputato Paolo Costa, braccio destro in materia di digitale del ministro della
Funzione pubblica Marianna Madia. E' un soggetto di consulenza tecnica e supporto alla Cabina di Regia
dell'Agenda digitale, che è invece un organismo formato da ministri e di cui lo stesso Matteo Renzi ha preso
di fatto la guida. Avrà il compito di individuare nuovi temi e campi di applicazione dell'innovazione. Nel
frattempo almeno un merito, nonostante il suo lungo titolo molto da Prima Repubblica, potrebbe averlo. E'
quello di mettere in chiaro che la digitalizzazione della Pa non è il punto di arrivo ma un punto di partenza e
che il vero obiettivo è l'innovazione. Ossia entrare nella terza rivoluzione industriale: quella della Green
Economy. PIATTAFORME SW E COMMERCE, PUBLIC & PRIVATE CLOUD, PIATTAFORME SOCIAL,
PIATTAFORME HW E SW IOT, DIGITAL CONTENT, MOBILE PAYMENT, DIGITAL ADVERTISING,
MERCATO DIGITALE, CONTENUTI E PUBBLICITA' DIGITALI, SERVIZI DI RETE TLC, SERVIZI ICT,
SOFTWARE E SOLUZIONI ICT, DISPOSITIVI E SISTEMI, ASSINFORM/NETCONSULTING MARZO 2014,
S.DI MEO
Foto: "Mi sembra che il nuovo direttore dell'Agid Alessandra Poggiani stia iniziando a muoversi nella
direzione giusta" dice Elio Catania
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 21
Auto, nani da giardino, interi borghi: Melany e la vetrina di seconda mano
nel web
UMBERTO TORELLI
U na storia di successo. È quella della milanese Melany Libraro che, a soli 39 anni, guida dal 15 settembre
Subito.it., il primo portale italiano per compravendita dell'usato, con il 68,5% di mercato (dati Audiweb).
Oltre 1 milione di visitatori quotidiani, 100 mila nuovi annunci pubblicati ogni giorno e 4,5 milioni di articoli
presenti in migliaia di pagine web. Un portale multipiattaforma per desktop Pc e dispositivi mobili, gestito da
un'ottantina di giovani (età media 35 anni), dal quartier generale di Milano.
La città dove Melany è nata e ha conseguito a pieni voti la laurea in Marketing e comunicazione allo Iulm. A
fine anni 90, dopo l'università, arriva la prima proposta di lavoro da Cisco.
Primo incarico corporate manager nella sede di Londra. Melany decide di perfezionarsi con un Mba alla
Santa Clara University in Silicon Valley. Siamo in piena net economy e non si fa scappare l'occasione quando
la chiamano in Google come marketing manager. «Impossibile non rimanere contagiati dall'atmosfera del
campus di Mountain View. Dove viene dato spazio a idee personali e gestione meritocratica del lavoro, con la
possibilità di emergere come imprenditori di se stessi», il Google style che Melany sta proponendo in
Subito.it. Un sito che deve il successo all'idea di portare nel mondo web gli oggetti di seconda mano.
«Complice la crisi il mercato degli annunci di compravendita è in rapida crescita. Aumenta il numero di
persone desiderose di risparmiare, così prima di andare in negozio cercano l'occasione sull'usato».
A differenza di altri market-place, il servizio è gratuito per chi vende e chi acquista. Basta registrarsi, scattare
una foto e con un clic l'oggetto da mettere nella vetrina digitale è già online. Un'interfaccia grafica
volutamente spartana, senza fronzoli, studiata per rendere semplice e immediato l'accesso. Venditore e
acquirente decidono poi modalità di spedizione e pagamento.
Nella maggior parte dei casi ci si incontra faccia a faccia come nei mercatini della domenica. Il riscontro degli
affari andati a buon fine supera il 40%. Oltre all'aspetto economico, un altro fattore del successo di Subito.it
arriva dalla curiosità. Quello che gli inglesi chiamano window shopping, cioè guardare le vetrine e confrontare
i prezzi. Lo dimostrano gli 11 minuti spesi in media ogni giorno da ogni cybernauta per ficcare il naso tra gli
annunci.
Grazie poi ad app e tecnologie mobili di smartphone e tablet, i numeri sono destinati a crescere. «Vogliamo
essere vicini, anzi nelle tasche degli utenti e in qualunque luogo - spiega ancora la vulcanica Melany, mamma
da due anni - ormai uno su due si collega in mobilità. Dalla fermata del tram, a quando si siede in treno».
Per lei il comparto telefonico non ha segreti. Visto che arriva da un'esperienza di cinque anni in Vodafone
Italia, dove si occupava del lancio di servizi consumer. Una delle priorità della sua nuova gestione riguarderà
il potenziamento di annunci via smartphone. Subito.it ha chiuso il 2013 con un fatturato di 15 milioni di euro
(+35%). Un risultato che arriva dalla pubblicità di 500 aziende e dai servizi a pagamento. Infatti, a differenza
dei privati, le imprese pagano per gli annunci.
I prodotti in vendita sono i più svariati. Dalla culla per neonati al trattore agricolo, dai nanetti per giardino a un
intero paese. Come Consonno, il piccolo borgo disabitato in provincia di Lecco, apparso sugli annunci a
settembre. Immobili e auto si trovano ai primi posti. Sono ben 8.700 i concessionari italiani che hanno aperto
una vetrina digitale. Il risultato? Su Subito.it viene venduta una quattroruote usata ogni minuto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Subito.it Melany Libraro
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La storia di Subito.it
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 40
A Parigi e Tokyo adesso si paga con Twitter e FB
CHIARA SOTTOCORONA
I pagamenti elettronici diventano social. La soluzione più semplice si chiama S-Money e consente di trasferire
denaro con un solo tweet. L'ha lanciata il 14 ottobre il gruppo Caisse d'Epargne-Banque Populaire francese. Il
sistema messo a punto con Twitter non è limitato ai clienti delle due banche. Può essere utilizzato da
chiunque, ma per ora solo sul territorio francese.
Come funziona? Basta uno smartphone iOs o Android e l'applicazione S-Money. La prima tappa prevede di
inserire le coordinate del proprio conto sull'app e abbinarle al proprio account su Twitter, operazione da fare
una sola volta. A quel punto si è abilitati a trasferire denaro a un destinatario sul social network. In qualsiasi
momento e con un solo tweet, in questa forma per esempio: @S-Moneyfr#inviare100euro più l'account di chi
deve ricevere il denaro. I bonifici «cinguettanti» sono limitati a un tetto di 250 euro per la destinazione a
privati e di 500 euro per le associazioni.
Il nuovo sistema potrebbe rivelarsi particolarmente rapido ed efficace nelle campagne umanitarie di raccolta
fondi come Telethon o Aids Live sostenute da trasmissioni televisive che incitano al dono. Ma é anche un
complemento utile all'ecommerce, sopratutto nel caso di compravendite tra privati.
E la sicurezza? A garantirla è il fatto che la transazione avviene attraverso il servizio S-Money nel momento
in cui l'applicazione riceve il messaggio di testo del tweet. «Rispondiamo agli stessi standard di data-security
delle carte di credito» ha precisato Nicholas Chatillon, direttore generale di S-Money. Thomas Husson,
analista di marketing a Forrester Research, ha spiegato a Reuters che Twitter sta moltiplicando gli sforzi per
generare nuovi profitti con le banche e le carte di credito.
E se il gruppo Caisse d'Epargne-Banque Populaire francese è il primo a lanciare i pagamenti con un tweet, in
Giappone è stato avviato un servizio simile attraverso Facebook. Rakuten Inc, firma leader dell'ecommerce
giapponese, da quest'estate ha introdotto un'applicazione mobile («Transfer by Facebook») per consentire di
inviare denaro scegliendo i destinatari nella lista del proprio gruppo di amici sul social network.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Twitter Dick Costolo
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Soldi hi-tech
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 42
Ecommerce , la formula per guadagnare con i clic
PAOLA CARUSO
In un progetto ecommerce riuscito, in grado di generare revenue, l'elemento principale è il marketing digitale.
Anche se non è il solo. «Se non si porta traffico sul sito, è come avere un bellissimo negozio nel deserto»,
spiega Leonardo Pecchioli, fondatore di Keros Digital (società specializzata nelle soluzioni per l'ecommerce).
Ed è proprio nel marketing specifico, pensato per il web e diverso da quello tradizionale, che bisogna
investire risorse e strategie. «Tutti pensano che sia economico avviare un sito per lo shopping online precisa Carlo Terreni, cofondatore di Marte Digital - ma è sbagliato. A meno che tu non abbia un brand forte e
riconosciuto a livello internazionale per cui la gente ti cerca perché sa dove trovarti».
Per creare affari in Rete ci vogliono le competenze e il corso Ecommerce e Business Planning (21 novembre)
di Corriere Economia Digital Training aiuta manager e imprenditori ad acquisire gli skill necessari. «Molti non
conoscono l'importanza del tasso di conversione - sottolinea Terreni - ossia quel dato, in percentuale, che
rappresenta il numero di persone che comprano rispetto a quanti hanno cliccato sulla piattaforma. Il tasso di
conversione più andare dallo 0,1% al 2,5%, ma se arrivi all'1%, sei già un bravo venditore. Che cosa vuol dire
l'1%? Che su 100 visitatori del sito, uno ha comprato».
Ma il marketing non basta. Per un progetto ecommerce funzionante bisogna considerare anche altri fattori.
Uno è quello fiscale. «Se vendi all'estero devi tener conto delle tasse dei Paesi in cui spedisci - commenta
Pecchioli -: in Europa, Usa e Asia esistono regole diverse». Un altro fattore da tenere in considerazione è la
corretta gestione dei prodotti e l'adeguamento della logistica al tipo di business, entrambi realizzabili
attraverso un sistema informatico adeguato. «Nel commercio online non si hanno poche spedizioni di grandi
volumi - precisa Pecchioli - ma molte spedizioni di piccoli volumi, per cui la logistica è completamente diversa.
Ecco perché è importante che il sistema informatico abbia la possibilità di gestire gli ordini e interfacciarsi con
il magazzino in tempi rapidi, per evitare problemi e rallentamenti».
Il ritorno dell'investimento totale può essere veloce. La piattaforma, ha un tempo di rodaggio medio di 3-4
mesi, prima di andare a regime, e il guadagno soddisfacente si ottiene anche nell'arco di un anno. Oltre alle
lezioni dedicate all'ecommerce, Corriere Economia Digital Training propone altri tre corsi. Obiettivo: preparare
i colletti bianchi al corretto approccio degli affari online. Il prezzo per ogni workshop è di 590 euro (scontato a
490 fino al 31 ottobre). I quattro seminari si possono acquistare insieme, come un mini-master (scontato a
1600 euro fino a fine mese). Per info: www.icorsidicorriereconomia.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Iniziative I corsi digitali di Corriere Economia
20/10/2014
Brand News Today
Pag. 7
Le recensioni stimolano il download dell'app di MoneyFarm
Per la società di consulenza finanziaria online MoneyFarm, la piattaforma di content discovery Outbrain ha
creato una campagna mobile veicolando ai soli utenti di telefoni iOS le recensioni positive dell'app pubblicate
da editori indipendenti, raggiungendo buoni risultati di conversione: 1 utente su 4 ha scaricato ed installato
l'app nel periodo di attività della campagna
OBIETTIVI MoneyFarm ha sviluppato BudJet, una nuova app gratuita che tiene traccia delle spese personali
e della famiglia. L'app ha incontrato il gradimento dei risparmiatori e ha ricevuto ottime recensioni dai
magazine indipendenti specializzati. Per aumentare la sua notorietà e incrementare i download, MoneyFarm
ha collaborato con Outbrain per sviluppare una campagna di native advertising per BudJet rivolta ai soli
possessori di Phone e iPad e orientata al target dei risparmiatori. ESECUZIONE Outbrain ha impostato una
specifica campagna per la promozione di BudJet con l'obiettivo di aumentare l'awareness della nuova app
per i device mobile iOS: direzionando gli utenti alla recensione positiva, questi ultimi hanno poi proseguito
spontaneamente la navigazione verso l'App Store, fino al download. La strategia ha previsto di diffondere le
recensioni positive, segnalate dai clienti, attraverso gli spazi di content discovery, sul network di 200 editori
premium italiani di Outbrain. Grazie al targeting per device, la recensione è stata mostrata ai soli utenti iOS e,
attraverso l'uso di titoli accattivanti come "Ecco l'app 5 stelle per tenere sotto controllo le spese in famiglia",
solo l'audience realmente interessata ha letto l'articolo. L'utente non è mai stato interrotto nel suo percorso di
navigazione ed ha intenzionalmente scelto di leggere la recensione, non percepita come messaggio
pubblicitario. RISULTATI Dopo la lettura della recensione positiva indipendente, ben 1 utente su 4 ha
proseguito la navigazione sull'App Store fino al download dell'applicazione, con un tasso di conversione del
25%. Alberto Mari, Country Manager di Outbrain Italia afferma: "Sfruttando le potenzialità del content
marketing abbiamo ottenuto un aumento dei download nel periodo di campagna rispetto al trend identificato
nei giorni precedenti, un tasso di conversione del 25%, un costo effettivo di €0,23 per download". Stefano
Giudici, Web Marketing Specialist di MoneyFarm conclude: "Abbiamo scelto di diffondere la recensione
positiva di un editore indipendente anziché diffondere i nostri contenuti. L'autorevolezza dell'editore
indipendente, combinata con la strategia native e la reach di Outbrain, ha moltiplicato l'effetto positivo della
recensione".
Foto: Alberto Mari
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case study TALIA MOBILE
20/10/2014
DailyNet
Pag. 2
(diffusione:15000, tiratura:15000)
di ottavia quartieri
a milano i vertici della storica sigla della pubblicità italiana hanno spiegato il nuovo corso del gruppo armando
testa ha presentato venerdì scorso, presso la sede milanese di via Washington, i cambiamenti e la rinnovata
strategia societaria, voluta fortemente dal corpo dirigenziale, guidato da nicola belli, nuovo consigliere con
delega all'innovazione e allo sviluppo, il quale ha condotto la conferenza stampa in una location anch'essa
rimodernata, in cui si respirava un clima informale. il "fil rouge" dell'intera presentazione lo si può riassumere
in una sola parola: new. «new logo, new website, new people, new business e new thd» ha affermato nicola
belli che, insieme ai suoi collaboratori, ha esposto tutte le numerose novità che stanno interessando l'azienda
in questo periodo di profondi cambiamenti. New Logo e New weBsiTe il nuovo logo mantiene le iniziali "at"
del fondatore della più grande agenzia pubblicitaria italiana, armando testa, ma il tradizionale colore rosso del
marchio viene sostituito da un effetto camouflage, che rispecchia la volontà di immedesimarsi nelle esigenze
dei clienti. all'interno del new website, che ha subito un sostanziale restyling, il nuovo logo vivrà come una
metaforica finestra, al cui interno saranno visibili le campagne dei vari clienti. un altro elemento rilevante del
sito è l'introduzione di un contest meritrocratico e qualitativo, che permette mensilmente di decidere quali
sono i sei migliori progetti che potranno entrare in home page, sempre in modalità window. le prerogative di
una home page meritocratica, nelle intenzioni della nuova equipe creativa, sono l'originalità e la creatività dei
content, unite a una comunicazione pungente e provocante. New TooLs per quanto riguarda la parte dei new
tools, l'intelligence di agenzia, guidata da emanuela calderoni, ha dato vita al compartimento "at brain: fuel of
thoughts" il quale si pone come il nucleo pensante dell'azienda, un cervello composto da tre centri di
pensiero: at market research and strategy planning, media italia e thd. i servizi di "at brain" hanno il compito
di creare una cultura interna alla stessa azienda e, inoltre, poterla condividere con i clienti per comunicare in
modo più efficace. i prodotti pensati sono, ad esempio, "at tweet" per condividere informazioni in modo breve
e immediato; "at mat" che è un magazine online trimestrale; "at vox pop" che coinvolge un panel di 6 milioni
di persone nel mondo, contattabili in qualsiasi momento per avere un riscontro rispetto ad un idea proposta;
infine "at buzz" che testa il sentiment nel mondo social. New peopLe oltre ai nuovi servizi, è stata presentata
la squadra creativa, in parte rinnovata, che si propone di essere dinamica e unconventional, composta da
vincenzo celli, in qualità di direttore creativo, e dalla nuova coppia creativa matteo pozzi e samantha scaloni, i
quali hanno dichiarato di «interpretare questa nuova avventura come una sfida». New BusiNess nicola belli,
dopo aver annunciato qualche mese fa le acquisizioni di nuovi clienti come cam, Wall street english, la testata
rolling stones e gimme5, ha annunciato in anteprima «la chiusura di un accordo con due aziende importanti,
telecom italia e golden lady». per quanto riguarda telecom italia, armando testa si è aggiudicato la nuova
campagna di stakeholder engagementent, lavorando su un progetto che è stato definito assolutamente
partecipativo, social e attinente alla corporate social reFoto: il sito dell'agenzia è stato trasformato in direzione fortemente innovativa
Foto: da sinistra: nicola belli, valentino cagnetta e marco testa
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Agenzie Armando Testa si ripensa più digitale
20/10/2014
DailyNet
Pag. 2
(diffusione:15000, tiratura:15000)
la concessionaria che fa capo a casa.it entra anche nel mondo dell'entertainment sìadv arricchisce
ulteriormente la propria offerta con i portali arredamento. it e nientepopcorn.it. nato nel 1999 come web
community dedicata ai temi dell'arredo e del design, il portale arredamento.it, che detiene la leadership sia
per numero di visitatori (oltre 700 mila utenti unici al mese), sia per fedeltà dei lettori (il 45% degli utenti che
torna più volte nell'arco di un mese), è l'indiscusso punto di riferimento per le news, gli approfondimenti, sulle
ultime tendenze riguardanti il design, l'architettura d'interni. per le sue caratteristiche distintive, arredamento.it
è pienamente coerente con il target "casa" e va a rafforzare ulteriormente l'offerta di sìadv, mirata a
raggiungere un target estremamente trasversale e di grande interesse per gli investitori, che potranno
avvalersi di piani di comunicazione molto profilati. «l'accordo segna l'avvio di una partnership sicuramente
fruttuosa, che dischiude grandi opportunità a chi decide di investire sul web per raggiungere il proprio target
di riferimento», ha affermato fabiano lazzarini, media & strategy manager di casa.it. «diamo il benvenuto a
sìadv quale partner di prelude advertising nella raccolta pubblicitaria per il nostro network di portali dedicati
alla casa e all'arredamento - ha aggiunto marco meregalli, direttore di arredamento.it -. l'avvio di tale
collaborazione affiancherà la vendita diretta nella valorizzazione degli spazi pubblicitari sui nostri siti, oggi
punto di riferimento per le aziende del settore che decidano di pianificare nella comunicazione online». oltre
all'accordo raggiunto con arredamento.it, sìadv ha acquisito nel proprio portfolio clienti anche
nientepopcorn.it, aprendo così anche le porte dell'entertainment alla concessionaria di pubblicità digitale di
casa.it. si tratta del primo social network italiano dedicato agli appassionati di cinema e di serie tv.
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Mercato Arredamento.it e Nientepopcorn.it affidano la raccolta adv a
SìAdv
20/10/2014
DailyNet
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15 Rubriche GroupM analizza le principali evidenze della Total Digital Audience di luglio '14 < audiweb
rilascia da luglio i dati relativi alla navigazione in mobilità , dati che ad oggi sono stati pubblicati per il periodo
gen-lug 2014, e che, annessi al dato da pc, permettono di misurare la total digital audience (pc, smartphone e
tablet) sugli adulti 18-74 . la fruizione del mezzo internet via mobile incrementa l'audience del web, audience
che si mostra in calo da pc e sempre meno giovane. < google, facebook e youtube , i tre big player digitali,
vengono fruiti sia da device fissi (pc) che mobili (smartphone e tablet). il dato della total digital audience di
luglio 2014 mostra che la maggioranza degli utenti utilizza ambedue le tipologie per navigare sui questi siti, in
particolar modo su google e facebook. youtube , al contrario, discrimina maggiormente la sua audience: il 32
% dei 18-74 che visita il sito lo fa esclusivamente via mobile , mentre il 27% solo da pc forse limitati dal
consumo del traffico dati scaturito dai video. < focalizzandoci sulla categoria social networks , molto impattata
dall'uso del mobile, si evidenzia un trend di utenti pressoché stabile (22,8 mio di utenti a luglio) con
un'audience 18-74 da mobile pari a 16,9 mio di utenti, in crescita del +8% vs gen'14. l'utilizzo molto spinto di
device mobili coinvolge particolarmente instagram con un'audience esclusiva da mobile pari all'81% dei suoi
utenti, twitter (74%) e google+ (64%). i facebook user navigano sul social network con ambedue le modalità:
il 49% utilizza sia smartphone che tablet che pc . < il tempo speso mensile dedicato ai social cresce a luglio
del +18% rispetto a gennaio 2014. il dato da pc è in calo mentre esplode da mobile: 14 ore e 44 minuti è il
tempo netto dedicato da pc e mobile (smartphone/ tablet) ai social networks, 6 ore da pc e 13 da mobile
(+29% vs gen'14). < anche il mondo app è molto coinvolto dalla categoria: sono 4 le social app presenti nelle
top 20 app più utilizzate secondo i dati audiweb di luglio, tutte con variazioni positive di crescita nei primi 7
mesi dell'anno.
Trend Total Digital Audience Source: HroupM elabora-ons on Audiweb View & Mobile data Adults 18 74
owners of Android & iOS devices Nota : il target Mobile è quello dei 18 74 anni , l'elaborazione considera
quindi target omogenei anche per Pc Audience e Total Digital Audience 23.736 23.442 23.909 23.814 23.620
23.612 23.283 16.671 17.263 17.203 17.187 17.148 17.249 17.844 25.305 25.683 25.143 25.205 24.757
24.762 24.654 Jan 14 Feb 14 Mar 14 Apr 14 May 14 Jun 14 Jul 14 TOTAL DIGITAL AUDIENCE PC MOBILE
Audience (.000) Trend Total Digital Audience Focus: Social Networks Source: HroupM elabora-ons on
Audiweb View & Mobile data - July 2014 - Adults 18 74 owners of Android & iOS devices Nota : il target
Mobile è quello dei 18 74 anni , l'elaborazione considera quindi target omogenei anche per Pc Audience e
Total Digital Audience Mobile = Smartphone + Tablet Jan 14 Feb 14 Mar 14 Apr 14 May 14 Jun 14 Jul 14
SNs: Audience trend (.000) 3,7% +7,6% 3,6% Var% Jul vs Jan'14 PC MOBILE PC + MOBILE
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Rubriche GroupM analizza le principali evidenze della Total Digital
Audience di luglio '14
20/10/2014
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giacomo broggi
dailynet ha incontrato filippo vizzotto, country manager di mobvious, che ne gestisce la raccolta giovedì sera
a milano è andato in scena lo shazam party, con cui la società si è presentata al mercato italiano. a fare da
padrone di casa filippo vizzotto, country manager di mobvious, lo spin-off del gruppo hi media, che gestisce la
raccolta pubblicitaria della popolare app per scoprire la musica. tanto popolare che «in italia è stata scaricata
25 milioni di volte ed è utilizzata da 8 milioni di persone al mese - ha dichiarato a dailynet proprio vizzotto -.
numeri che fanno del nostro paese il terzo mercato per penetrazione dell'app, dietro agli usa e alla francia e
davanti, per una volta, al regno unito. e siamo anche il terzo mercato per diffusione della soluzione shazam
for tv. il perché di questi dati è facile da spiegare: ci piace moltissimo la televisione e possediamo circa 1,5
smartphone a testa». ed ecco che i brand hanno colto le potenzialità di questo strumento attraverso il lancio
di diverse campagne pubblicitarie. «che, devo dire, sono state fatte molto bene, con grande attenzione nei
confronti dei dati da parte degli investitori - prosegue il manager -. su 25 campagne che abbiamo condotto,
per un totale di 15/16 clienti, circa la metà di questi ha voluto rifarle. penso che ciò dimostri l'efficacia di
shazam for tv e di shazam in generale, come luogo dove proporre annunci pubblicitari». ma come funziona l'
advertising su shazam? «attivando l'app durante uno spot tv, al cinema, durante un concerto o in radio, si
atterra su una landing page dove è possibile approfondire la comunicazione. e si può fare anche con una
canzone, come nel caso di lexus, che si è legata a Will.i.am, creando un'associazione virtuosa tra brand e
musica e fornendo contenuti speciali legati a un suo brano. operazioni del genere fanno rimanere
mediamente l'utente 1 minuto e 43 secondi sulla landing. e il tag su shazam rimane per sempre», dichiara
con un sorriso di soddisfazione vizzotto. shazam, inoltre, rappresenta il primo driver di traffico di itunes,
google play e spotify ed è uno dei dieci top partner di apple. «tutti fattori che stanno spingendo shazam, che
crescerà del 100% quest'anno mentre mobvious registrerà un aumento di fatturato attorno al 65-70% continua vizzotto -. Questo ci permetterà di dare il via a numerose novità nel corso dell'anno prossimo: dal rtb
mobile alle campagne performance. a dire il vero sul fronte programmatic ci siamo già dentro, in virtù di una
partnership paneuropea tra hi media e appnexus; diciamo che il nostro obiettivo per il 2015 è consolidare
questa modalità sia su open sia su private marketplace. stessa cosa vale per le campagne a performance e a
cost per download, sulle quali mobvious si sta lanciando già nel corso di questo quarter». insomma, ha le
idee chiare il manager, che sa che nel 2015 dovrà fare entrare a pieno regime queste attività per
massimizzare l'efficacia dell'offerta della concessionaria. «in ogni caso mi attendo che gran parte delle
revenues provengano dal nostro posizionamento premium», conclude vizzotto, prima di andare a godersi il
party.
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App Shazam: sono 8 milioni gli italiani che la usano ogni mese
20/10/2014
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ottavia quartieri
a milano i vertici della storica sigla della pubblicità italiana hanno spiegato il nuovo corso del gruppo armando
testa ha presentato venerdì scorso, presso la sede milanese di via Washington, i cambiamenti e la rinnovata
strategia societaria, voluta fortemente dal corpo dirigenziale, guidato da nicola belli, nuovo consigliere con
delega all'innovazione e allo sviluppo, il quale ha condotto la conferenza stampa in una location anch'essa
rimodernata, in cui si respirava un clima informale. il "fil rouge" dell'intera presentazione lo si può riassumere
in una sola parola: new. «new logo, new website, new people, new business e new thd» ha affermato nicola
belli che, insieme ai suoi collaboratori, ha esposto tutte le numerose novità che stanno interessando l'azienda
in questo periodo di profondi cambiamenti. New Logo e New weBsiTe il nuovo logo mantiene le iniziali "at"
del fondatore della più grande agenzia pubblicitaria italiana, armando testa, ma il tradizionale colore rosso del
marchio viene sostituito da un effetto camouflage, che rispecchia la volontà di immedesimarsi nelle esigenze
dei clienti. all'interno del new website, che ha subito un sostanziale restyling, il nuovo logo vivrà come una
metaforica finestra, al cui interno saranno visibili le campagne dei vari clienti. un altro elemento rilevante del
sito è l'introduzione di un contest meritrocratico e qualitativo, che permette mensilmente di decidere quali
sono i sei migliori progetti che potranno entrare in home page, sempre in modalità window. le prerogative di
una home page meritocratica, nelle intenzioni della nuova equipe creativa, sono l'originalità e la creatività dei
content, unite a una comunicazione pungente e provocante. New TooLs per quanto riguarda la parte dei new
tools, l'intelligence di agenzia, guidata da emanuela calderoni, ha dato vita al compartimento "at brain: fuel of
thoughts" il quale si pone come il nucleo pensante dell'azienda, un cervello composto da tre centri di
pensiero: at market research and strategy planning, media italia e thd. i servizi di "at brain" hanno il compito
di creare una cultura interna alla stessa azienda e, inoltre, poterla condividere con i clienti per comunicare in
modo più efficace. i prodotti pensati sono, ad esempio, "at tweet" per condividere informazioni in modo breve
e immediato; "at mat" che è un magazine online trimestrale; "at vox pop" che coinvolge un panel di 6 milioni
di persone nel mondo, contattabili in qualsiasi momento per avere un riscontro rispetto ad un idea proposta;
infine "at buzz" che testa il sentiment nel mondo social. New peopLe oltre ai nuovi servizi, è stata presentata
la squadra creativa, in parte rinnovata, che si propone di essere dinamica e unconventional, composta da
vincenzo celli, in qualità di direttore creativo, e dalla nuova coppia creativa matteo pozzi e samantha scaloni, i
quali hanno dichiarato di «interpretare questa nuova avventura come una sfida». New BusiNess nicola belli,
dopo aver annunciato qualche mese fa le acquisizioni di nuovi clienti come cam, Wall street english, la testata
rolling stones e gimme5, ha annunciato in anteprima «la chiusura di un accordo con due aziende importanti,
telecom italia e golden lady». per quanto riguarda telecom italia, armando testa si è aggiudicato la nuova
campagna di stakeholder engagementent, lavorando su un progetto che è stato definito assolutamente
partecipativo, social e attinente alla corporate social responsability. in relazione all'accordo con go lden lady
company, l'agenzia creativa è riuscita ad aggiudicarsi, attraverso una finestra di presentazione pre-gara, la
gestione delle campagna pubblicitaria del nuovo prodotto innovativo del marchio golden lady, a cui hanno
lavorato per più di quindici anni. la campagna è stata annunciata come multimediale e indirizzata verso il
digitale, con l'obiettivo di raggiungere un target più giovanile, grazie alla nuova strategia aziendale di "at" che
si focalizza su un approccio multitasking, pensato già in origine per adattare i progetti di comunicazione al
web. TesTA DigiTAL HuB testa digital hub è la parte più innovativa dello storico gruppo armand o testa: è
stata presentata sei mesi fa come «la vera agenzia del futuro» che ha il compito di gestire la comunicazione
digitale dei propri clienti, come ad esempio i sei brand del gruppo fiat, su tutti i mercati, italiani ed europei. la
vera novità di questa cellula dell'azienda risiede nel fatto che parte da un progetto completamente nuovo,
basato esclusivamente sulle capacità strategiche e creative dei componenti, e non presenta nessun legame
con le iniziative precedenti. certamente il passato prestigioso di un'azienda solida e rinomata come "at" è un
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Agenzie Armando Testa si ripensa più digitale*
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ottimo punto di partenza, ma «continuamente bisogna prendere qualcosa dalla vita esterna e bisogna essere
pronti a tutto ha affermato marco testa, che ha poi proseguito - abbiamo sentito il bisogno di sviluppare una
parte strategica, che crei contagio e una sinergia con tutte le parti dell'azienda». dunque, tdh si candida a
essere il fulcro di un gruppo armando testa rinnovato, che p unta su progetti unconventional sfruttando
comunque l'importante know how dell'azienda. Jacopo morini, ex inviato de "le iene" e capo autore del social
media channel la3, è il direttore creativo di tdh, supportato da un team di venti giovani ragazzi, propositivi,
reattivi e molto eterogenei tra loro. morini ha messo a disposizione di "at" la sua esperienza nel mondo del
web e nel linguaggio digitale per creare progetti non convenzionali in contesti, invece, più tradizionali. un
esempio del lavoro che sta svolgendo il suo gruppo, è la campagna "pollocar" per il marchio cuki, così come
la parodia del viral video "first kiss" realizzata per dreher, che in pochissimo tempo ha raggiunto oltre 1.300
visualizzazioni online. <
Foto: il sito dell'agenzia è stato trasformato in direzione fortemente innovativa
Foto: da sinistra: nicola belli, valentino cagnetta e marco testa
Foto: il sito rinnovato di armando testa
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Algorithmedia punta sul target femminile. La parola al sales manager Gian
Marco Mandrini*
giacomo broggi
10 Algorithmedia punta sul target femminile. La parola al sales manager Gian Marco Mandrini gian marco
mandrini in un paese sempre più provato dalla crisi economica e da tutti i mali che questa porta con sé,
esistono delle realtà che, nonostante tutto, vanno avanti. e lo fanno con ottimi risultati. È il caso di
algorithmedia, azienda nata nel 2012 con l'intento di creare e utilizzare nuovi algoritmi e tecnologie destinati
al web advertising e alla massimizzazione delle performance. abbiamo sentito il sales manager gian marco
mandrini e quando lo abbiamo contattato telefonicamente non abbiamo digitato il solito prefisso di milano o di
roma bensì quello di alessandria. sieTe Di ALessANDriA, quesTo è già Di per sé uNA NoTiziA... «È vero.
dico sempre che siamo un'anomalia spazio-temporale. un pezzo di california nella grigia alessandria. Questa
è la sensazione da quando abbiamo traslocato nella nuova sede di algorithmedia. e, per una volta, c'è anche
la sensazione che non sempre il territorio condizioni le menti e le imprese. siamo davvero orgogliosi di far
parte di questo territorio: la nostra impresa è riuscita a creare occasioni e opportunità importanti in una città
sempre più in difficoltà». poTeTe Descrivere LA vosTrA AzieNDA? «siamo attivi fondamentalmente in due
campi: sviluppo di tecnologie proprietarie per il web e creazione e sviluppo di nostri portali verticali. siamo nati
con l'obiettivo di costruire algoritmi dedicati al web marketing. poi ci siamo evoluti». coMe AveTe fATTo?
«stefano loberti ha dato vita al portale campioniomaggio. it. era il gennaio 2013. oggi il sito può contare su 1,5
milioni di utenti iscritti e circa 500 mila fan su facebook. di rei che di strada ne abbiamo fatta: siamo, infatti,
presenti in quasi tutta europa. e il nostro obiettivo è sbarcare negli usa. vedremo». può Descrivere
cAMpioNioMAggio? «come per l'azienda anche in questo caso il nome riassume i caratteri fondamentali
dell'attività del sito, che è nato con l'obiettivo di promuovere prodotti, brand e aziende tramite dei campioni
omaggio. Quindi si sono affiancate altre proposte, come i coupon e i buoni sconto. non solo, con il tempo la
community si è fidelizzata e abbiamo dato il via a un'attività di testing. coMe fuNzioNA quesTA ATTiviTà? «in
questo contesto la nostra proposta non si limita a una prova del prodotto ma si trasforma in una vera e
propria indagine di mercato. in una recente campagna dedicata a un nostro cliente, abbiamo raggiunto in
pochi giorni 15 mila iscritti che hanno risposto a 15 domande. tutte lead fortemente interessate al prodotto
specifico e che al cliente non sono costate nulla». A cosA è DovuTo iL successo DeL MoDeLLo Di
cAMpioNioMAggio? «penso alla credibilità. ci siamo imposti perché le persone si fidano di noi. e poi la
fruibilità del sito aiuta». AveTe ALTri porTALi? «sì. ne abbiamo altri: scarpe donna, meteo femminile,
assicurazione, kasco, grandhotel e opinioni. vorrei porre l'attenzione su opinioni.it, dove le persone
partecipano attivamente con delle recensioni di prodotto. e anche questo sito sta crescendo bene». quAL è iL
vosTro ATTuALe MoDeLLo Di BusiNess? «monetizziamo attraverso il traffico sui nostri siti. e quindi con la
pubblicità. la nostra proposta base alle aziende è gratuita e queste possono proporsi in qualsiasi momento
dell'anno, senza intaccare minimamente i propri budget». MA cHi uTiLizzA cAMpioNioMAggio? «sono
soprattutto le donne, arrivate al 97% delle visite totali. e, infatti, il settore cosmesi va molto forte, anche per le
caratteristiche dei prodotti, che ben si sposano con le attività di prova e test». NoviTà? «stiamo ampliando il
nostro network, in particolare verticalizzando al femminile. i dati, inoltre, ci suggeriscono cosa fare. e dunque
noi li seguiamo». <
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Aziende
20/10/2014
Pubblicita Today
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Inpiù.net apre al mercato Business to Consumer
Il progetto è edito da Abete, che da oggi lancia Ascanews.it, la seconda agenzia nazionale italiana [ pag. 20 ]
Sbarcata sul web a fine aprile 2013, inpiù si è imposta nel mercato dell'editoria come sito di informazione b2b.
La creatura digitale, grazie alla linea editoriale e al sistema web, mail, app per android e iOS, registra oltre 30
abbonati, 100 mila utenti unici al mese per il sito e 1.000 utenti profilati. Il prodotto editoriale è distribuito in
abbonamento (costo dai 5 mila euro ai 20 mila euro a seconda degli account richiesti per accedere alle
notizie) direttamente su tutti i device e sul sito www.inpiu.net . Dopo il suo esordio inpiù. net continua a
crescere e offre una proposta che punta a rispondere alla richiesta di un pubblico curioso e attento alle
tematiche della politica, business e alle notizie dall'estero. "Con inpiù. net offriamo un prodotto dalle
caratteristiche premium - spiega a Today Pubblicità Italia Daniele Pelli , amministratore delegato di Inpiù - che
si avvale della direzione di Giancarlo santalmassi e di un comitato scientifico presieduto da innocenzo
Cipolletta ". Dopo un anno e mezzo il sito, edito da luigi abete , ha deciso di evolvere e aprirsi anche al
business to consumer. "A partire dall'1 gennaio 2015 abbiamo deciso di incrementare la raccolta pubblicitaria
sempre gestita dalla concessionaria aMe , Agenzia di Marketing Editoriale - continua Pelli -. Oltre ai formati
standard come video, banner e display, stiamo lavorando a progetti di branded content che gestiremo
direttamente in house. A breve le rubriche 'È la stampa bellezza' e 'Il mondo alle 20' saranno sponsorizzate
da clienti diversi - conclude Pelli - . La prima operazione sarà con Unicredit". L'obiettivo per l'anno prossimo è
incrementare la raccolta adv e dopo il break even di quest'anno puntiamo ad aumentare il fatturato del 30%.
continua a pag 25 ( Segue dalla prima ) Il successo del progetto editoriale, nato con l'obiettivo di fare ordine
nel caos dell'informazione divulgando commenti e opinioni autorevoli e informate sui principali fatti del giorno,
"si deve a un'iniziativa pensata secondo il profilo di abbonati che vogliono togliersi dal filo della corrente, per
dedicare il loro tempo e attenzione solo alle notizie importanti e comprenderne la dimensione strategica spiega innocenzo Cipolletta , presidente comitato editoriale di inpiù.net . L'utente non deve cercare in un sito
web le opinioni più autorevoli, ma le riceve direttamente e può leggerle rapidamente, anche mentre è
occupato in altre faccende. I nostri utenti sono disponibili e pronti a reagire alle informazioni con commenti
preganti. La redazione seleziona le notizie più rilevanti e fornisce un primo commento elaborato da esperti.
Sulla base di questa idea, puntiamo a stimolare nel lettore una prima reazione. Il lettore può farsi una sua
propria opinione o può fare sua quella nostra, se la condivide. Una notizia, un commento breve e conciso che
racchiude le informazioni principali e che non ruba tempo, fruibile da qualsiasi device e in qualsiasi momento,
perchè arriva in modalità push. L'obiettivo è creare un'azione che dà luogo a una reazione. Un modello
pensato per i protagonisti del mondo del business, dirigenti e attori del mercato che ogni giorno si
confrontano con le informazioni giorno per giorno e che sono consapevoli del fatto che essere informati
presto e bene faccia una grande differenza. Con la notizia si fanno affari, la sua diffusione deve molto alla
tecnologia e alla rete. Uscire in rete prima degli altri significa attivare in anticipo social network, aggregatori,
link. Il tutto distribuito in real time e con una formula moderna e di facile consultazione". Un modello strategico
che agevola l'utente e fornisce news eccellenti senza la ricerca di informazioni sul web. "Inpiù.net è un
quotidiano online che fornisce le notizie del giorno in corso. Noi anticipiamo i quotidiani dando le news
rilevanti in tempo reale". Quasi mai si sa chi scelga le notizie per noi e con quali criteri lo faccia. "I lettori
fanno sempre più fatica a distinguere tra notizie vere, notizie verosimili, notizie semi false, o false del tutto.
InPiù è il filtro trasparente che lavora per voi. Per i lettori comprendere e farsi una opinione in un generale
usso di notizie in cui la quantità prevale sulla qualità diventa difficile se non impossibile". La redazione sotto la
direzione di Giancarlo santalmassi si avvale di 20 opinion leader. Il progetto è edito dal Gruppo abete e la
concessionaria è affidata a aMe , che cura anche la raccolta di asca che da maggio si è fusa con TMnews
dando vita alla seconda agenzia nazionale italiana ascanews.it da oggi online.
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Pubblicita Today
20/10/2014
Foto: Daniele Pelli
Foto: innocenzo cipolletta
20/10/2014
Pubblicom Now
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Nuove acquisizioni editoriali per Sìadv
Sìadv, la concessionaria di pubblicità digitale che fa capo a Casa.it, arricchisce la sua offerta ampliando il
network di editori grazie agli accordi conclusi con i portali Arredamento.it e Nientepopcorn. it. Soddisfatto
Fabiano Lazzarini, media & strategy manager di Casa.it pagina 15 Sìadv, la concessionaria di pubblicità
digitale che fa capo a Casa.it (Rea Group Ltd-News Corp.), arricchisce ulteriormente la sua offerta ampliando
il network di editori con gli accordi conclusi in questi giorni con i portali Arredamento.it e Nientepopcorn.it.
Nato nel 1999 come web community dedicata ai temi dell'arredo e del design, il portale Arredamento.it, che
detiene la leadership sia per numero di visitatori (oltre 700.000 utenti unici al mese), sia per fedeltà dei lettori
(il 45% degli utenti che torna più volte nell'arco di un mese), è l'indiscusso punto di riferimento per le news, gli
approfondimenti, sulle ultime tendenze riguardanti il design, l'architettura d'interni. Per le sue caratteristiche
distintive, Arredamento. it è pienamente coerente con il target "casa" e va a rafforzare ulteriormente l'offerta
di Sìadv mirata a raggiungere un target estremamente trasversale e di grande interesse per gli investitori, che
potranno avvalersi di piani di comunicazione molto profilati. «Siamo lieti di accogliere nel network di editori
della nostra concessionaria Sìadv un portale dalle ottime performance e dalla consolidata riconoscibilità come
Arredamento.it - afferma Fabiano Lazzarini, media & strategy manager di Casa. it. - L'accordo segna l'avvio
di una partnership sicuramente fruttuosa, che dischiude grandi opportunità a chi decide di investire sul web
per raggiungere il proprio target di riferimento». «Diamo il benvenuto a Sìadv quale partner di Prelude
Advertising nella raccolta pubblicitaria per il nostro network di portali dedicati alla casa e all'arredamento aggiunge Marco Meregalli, direttore di Arredamento.it. - L'avvio di tale collaborazione affianche rà la vendita
diretta nella valorizzazione degli spazi pubblicitari sui nostri siti, oggi punto di riferimento per le aziende del
settore che decidano di pianificare nella comunicazione online». Oltre all'accordo raggiunto con Arredamento.
it, Sìadv ha acquisito nel proprio portfolio clienti anche Nientepopcorn.it, aprendo così anche le porte
dell'entertainment alla concessionaria di pubblicità digitale di Casa.it. Si tratta del primo social network italiano
dedicato agli appassionati di cinema e di serie tv, che potranno interagire tra di loro e creare un profilo sulla
base delle proprie esperienze visive, votando i film, postando e commentando recensioni, inserendo citazioni
e partecipando alle attività dei gruppi di discussione. Fabiano Lazzarini
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digital
17/10/2014
Channel Magazine - N.33 - settembre 2014
Pag. 21
SITI MALIGNI: SEMPRE DI PIÙ GLI ITALIANI CHE LI VISITANO
Sempre più italiani finiscono per visitare siti malevoli. Questo è quanto rivela il report sulle minacce
informatiche del secondo trimestre diTrend Micro, leader globale nella sicurezza per il cloud. Il documento,
dal titolo "Invertire la tendenza degli attacchi informatici. Rispondere alle tattiche in evoluzione"rivela anche
che l'Italia scende finalmente dal podio delle nazioni che spammano di più, ma purtroppo cresce il numero di
attacchi all'online banking nel nostro paese. In generale, il report diTrend Micro mostra che le vulnerabilità ad
alto rischio e le violazioni di dati hanno continuato a dominare la prima metà del 2014. La severità di questi
attacchi si è intensificata contro le istituzioni finanziarie, le banche e le catene di negozi retail, provocando la
cifra record di 10 milioni di dati personali violati nel mese di luglio. Alla data del 15 luglio scorso, infatti, erano
state raccolte più di 400 denunce di incidenti di violazioni di dati. Questo dato sottolinea ancora una volta
come le aziende e le organizzazioni abbiano bisogno di una strategia di difesa efficace, per proteggere i loro
dati sensibili."Le organizzazioni devono considerare la sicurezza informatica come un tassello primario di una
strategia di business a lungo termine, non come una risposta sporadica a eventuali criticità"- ha commentato
Gastone Nencini, Country ManagerTrend Micro Italia -"Una strategia di sicurezza ben pensata porta infatti a
benefici a lungo termine che migliorano l'efficienza". Nel dettaglio, ecco quanto è accaduto in Italia nel
secondo trimestre del 2014: • L'Italia è scesa da! podio delle nazioni che inviano più spam, passando dal
terzo posto del primo trimestre al quinto del secondo. La classifica dei paesi che inviano più spam è guidata
dalla Spagna, seguita da Argentina, Stati Uniti e Germania. In Italia sono stati bloccati 670 milioni di indirizzi
IP che inviano spam. In tutto il mondo più di 13 miliardi • L'Italia è entrata nella top ten dei paesi
maggiormente colpiti da malware diretti al settore dell'aliine banking. La classifica in questo caso è guidata da
Giappone, Stati Uniti e India. Nel secondo trimestre 2014 sono stati ben 2.420 i malware diretti al banking che
hanno colpito direttamente l'Italia. In tutto il mondo 121.000 • L'Italia è entrata nella top ten dei paesi con il più
alto numero di visite a siti malevoli. Anche in questo caso la classifica è guidata da Stati Uniti e Giappone con
l'Italia terza a pari merito.Tradotto in cifre significa che gli italiani sono capitati in siti malevoli 37 milioni di
volte In generale, a livello globale, questi i dati più interessanti sulle vulnerabilità che hanno scosso il secondo
trimestre: • Le vulnerabilità hanno colpito i professionisti della sicurezza e il pubblico: vulnerabilità ad alto
rischio hanno indebolito diversi componenti di internet e dei web services come librerie server, OSs, app
mobile e browser. Heartbleed è stato il caso più clamoroso e ha lasciato un segno profondo • Escalation nella
severità e nel volume degli attacchi: la gravita degli attacchi contro le organizzazioni ha sottolineato
l'importanza di un piano di risposta in caso di incidenti e di una maggior consapevolezza nella sicurezza • Le
contromisure cyber criminali ai progressi nell'online banking e nelle piattaforme mobile: lo sviluppo di
ransomware per dispositivi mobile e di malware per i sistemi di identificazione a due fattori sono emersi in
risposta ai progressi nel settore delle piattaforme mobile e dell'online banking • Vulnerabilità nelle aree Digital
Life e Internet of Everything: i campionati mondiali di calcio in Brasile sono stati usati come esca per
numerose azioni di ingegneria sociale che hanno colpito utenti in tutto il mondo TREND MICRO Italy S.r.l.
Edison ParkCenter Viale Edison 110- Edificio C 20099 Sesto San Giovanni (MI) Via Tiburtina, 912,00156
Roma www.trendmicro.it Secondo trimestre 2014, i Paesi con il più alto numero di visite a siti malevoli •
United States • Japan • France » Australia • Taiwan • Italy • China • India • United Kingdom • Germany •
Others 29% 16% 4% 4% 4% 4% 4% 4% 3% 3% 25% Secondo trimestre 2014, i principali Paesi che inviano
Sparr Spain Argentina United States Germany Italy Iran Vietnam Russia China Colombia Others
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
CHANNELCITY PER TREND MICRO
18/10/2014
Giornale delle Assicurazioni - 10 ottobre 2014
Pag. 12
(diffusione:10000, tiratura:12000)
Le strategie di Axa sul mercato italiano
A un anno dalla ristrutturazione organizzativa del gruppo, il numero uno in Italia fa il punto della situazione. E
illustra i nuovi progetti che passano anche attraverso una trasformazione digitale.
Antonio Marini
I enri de Castries ne è convinto: «la doppia rivoluzione che stiaI mo vivendo, il digitale e i big data,
rappresenta un vero e proprio terremoto economico e tecnologico, come l'invenzione della stampa o la
rivoluzione industriale». Lo ha affermato nel corso del tradizionale press seminar internazionale di Axa al
castello di Suduiraut (che fa parte di Axa Millesimes e famoso per i suoi Sauterne) a mezz'ora circa da
Bordeaux. «Il modello economico delle compagnie di assicurazioni va reinventato», ha proseguito de
Castries. «Continueremo a proteggere le persone, la loro proprietà, la loro salute, la loro famiglia, i loro
progetti. Ma il modo in cui offriremo questa protezione è destinato a cambiare profondamente», ha aggiunto il
ceo del gruppo francese. La trasformazione digitale è, d'altra parte, una priorità strategica per Axa. Non è un
caso che sia stato il primo gruppo assicurativo internazionale a stringere partnership con Facebook e
Linkedin. Perché non si tratta solo di vendere polizze o fornire assistenza in modalità mobile. È il modo
stesso di essere della società - dalle strategie di vendita alla comunicazione, al reclutamento delle risorse
umane - che è in veloce trasformazione. «Non è solo un problema tecnologico o di marketing. Il punto è come
trasformare la compagnia» ha sottolineato Véronique Weill, chief operations officer del gruppo. «Il cliente
deciderà quando e come vuole interagire con Axa. Occorre, quindi, semplificare le offerte, "pensare mobile",
segmentare sempre di più la clientela. Già adesso negli Usa il 67% di chi ha acquistato prodotti assicurativi
ha scelto le tariffe on line, il 48% dei possessori di smartphone hanno utilizzato servizi di mobile banking negli
ultimi 12 mesi, mentre gli agenti interagiscono maggiormente con i loro clienti, attraverso Facebook. La scelta
digitale è ormai fuori discussione e l'unica domanda è: stiamo andando abbastanza veloce?». Per provare a
non perdere il treno, il gruppo francese ha aperto l'anno scorso l'Axa Lab a San Francisco, ha lanciato una
seed factory in Francia (che investe in start up tecnologiche) e una agenzia digitale interna di gruppo.
L'impegno nel digitale si accompagna ad altre trasformazioni. I bilanci del gruppo sono positivi, in linea con
Ambition Axa e trainati dalla crescita su tutte le linee di business. Nel 2013 sono stati registrati 91 miliardi di
euro di ricavi con un incremento del 2%. Nel primo semestre del 2014 il gruppo ha raggiunto i 50 miliardi,
sempre con una crescita del 2%. L'utile netto è salito del 25% a 3 miliardi ed è salito (+8%) a 2,8 miliardi
anche il risultato operativo. Il gruppo ha l'obiettivo di migliorare ancora: le priorità strategiche saranno
accelerare la crescita mediante investimenti in brand e digitale (800 milioni l'esborso previsto in tre anni) e
mantenere la disciplina su capitale e risk management. In Italia, per esempio, la joint venture con Mps è
strategica, ma il gruppo starebbe pensando anche a nuove alleanze di bancassurance con altri istituti di
credito (si parla di BnlBnp Paribas). Axa sarebbe anche in corsa per rilevare le attività italiane e tedesche di
Direct Line, e starebbe studiando altri dossier per possibili acquisizioni. Il riserbo della compagnia su questi
temi è totale, anche se de Castries, in un'intervista a Repubblica, ha confermato la possibilità di crescita per
vie esterne e la costituzione di due nuove entità per proporre, con l'accordo di Mps, bancassurance danni e
vita a istituti bancari. Insomma, Axa sta cambiando anche in Italia. Già, ma in quali direzioni? Quali sono stati
i risultati della riorganizzazione delle attività del gruppo in Italia? Come si sviluppa, nel nostro paese, la
strategia digitale del gruppo? Quale sarà il ruolo della rete agenziale? Il Giornale delle Assicurazioni ne ha
parlato con Frédéric de Courtois, numero uno di Axa Italia D o m a n d a . È passato un anno dal lancio del
progetto Axa One Italy, che vuole trovare e sfruttare le sinergie tra i modelli di business di Axa assicurazioni e
di Axa Mps. Si può già fare un primo bilancio? Quali sono le attività delle due compagnie che sono state
"messe in comune"? E quali i progetti che verranno sviluppati quest'anno? Risposta. Axa One Italy è nato nel
2013 per creare un unico modello di riferimento sul mercato italiano con cui affrontare la concorrenza. I
risultati 2013 testimoniano un trend positivo: l'anno si è chiuso con una raccolta premi complessiva di 6,3
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PIANI DI SVILUPPO Parla Frédéric de Courtois Consumatori&ComDaanie
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miliardi di euro, in crescita del 12%, e una quota di mercato del 5%. Dopo i primi passi che hanno visto la
creazione di un unico gruppo assicurativo italiano, Axa Italia, e la mia nomina a unico amministratore
delegato, il nostro impegno si sta concentrando nell'attuazione del nuovo piano industriale che ha come
obiettivo la valorizzazione delle due società, Axa Assicurazioni e Axa Mps, guidate rispettivamente da
Maurizio Cappiello e Beatrice Derouvroy Bernard. D. In che modo? R. Attraverso la condivisione delle best
practice e del know how, l'allineamento dei processi e lo sviluppo di sinergie e progettualità congiunte per
affrontare le sfide di lungo periodo del mercato. Il lancio della prima iniziativa integrata di comunicazione Nati
per proteggere mi sembra un esempio di campagna di posizionamento comune sul tema della protezione a
360 gradi. D. Grandi player del mondo assicurativo italiano si sono fusi, aumentando di fatto il loro peso. In
questo mercato più concentrato e competitivo, come si pone Axa? Quali sono gli obbiettivi di crescita?
Pensate anche a uno sviluppo per linee esterne, con acquisizioni di compagnie? R. Il mercato in cui ci
confrontiamo oggi presenta novità importanti, alcune legate a fenomeni ciclici altre strutturali. I rami danni
sono caratterizzati da una concentrazione elevata, con i tre maggiori player che detengono il 60% del
mercato, uno dei più concentrati d'Europa. Inoltre, tutti dobbiamo affrontare la sfida del digitale: negli ultimi
cinque anni la percentuale di clienti che si informa sul web prima di acquistare una polizza è passata da zero
a quasi il 60% di oggi. In questo contesto vogliamo crescere e rafforzarci sul mercato italiano per diventare
sempre più competitivi, attraverso un piano industriale che risponda alle trasformazioni in atto. La nostra è
una strategia di crescita organica che prevede l'aumento della quota di mercato, l'acquisizione di agenti
professionisti e l'ampliamento degli accordi con banche terze per la distribuzione delle polizze. Il presidio
territoriale, la vicinanza al cliente e la consulenza personalizzata sono elementi che faranno sempre di più la
differenza. Attualmente possiamo contare su una rete di circa 1.000 agenti, che sono al centro della nostra
strategia distributiva e che rappresentano il nostro canale "preferito", perché Axa crede molto nella loro forza
imprenditoriale. Per questo vogliamo continuare a consolidare la rete cercando di attrarre nuovi agenti dalla
concorrenza. Nello stesso tempo, abbiamo intenzione di sottoscrivere nuovi accordi distributivi con altri
partner, attraverso due compagnie vita e danni ad hoc, per puntare soprattutto su salute, previdenza e
protezione. Ovviamente con il benestare di Banca Montepaschi, che è e resta il nostro partner bancario
principale. Tutto ciò, tuttavia, non esclude il fatto che siamo comunque aperti a considerare acquisizioni sul
mercato italiano, qualora ci fossero buone opportunità di business, al prezzo giusto. D. L'obiettivo del gruppo
è quello di completare l'adeguamento a Solvency 2 entro il primo gennaio 2016. Che conseguenze ci saranno
a livello di prodotti, soprattutto nel ramo vita? Quali soluzioni saranno eliminate perché assorbono troppo
capitale? E quali saranno le innovazioni? R. L'entrata in vigore del regime Solvency 2 implicherà profondi
cambiamenti nella gestione delle compagnie. La strategia aziendale non potrà prescindere da un'attenta
valutazione del livello di capitale economico assorbito dalle soluzioni assicurative proposte. Il ramo vita, e in
particolare il business di risparmio, sarà certamente il segmento che maggiormente impegnerà le compagnie
nel riposizionamento della propria offerta. D. E Axa... R. Axa, in coerenza al contesto di mercato e
anticipando gli effetti del quadro regolamentare che si sta delineando, ha iniziato da alcuni anni ad attuare
una politica di diversificazione dell'offerta aggiungendo alle polizze rivalutabili collegate a gestioni separate
(che sono onerose in termini di capitale), forme di protezione miste o alternative. Tutto ciò ci ha consentito di
fecalizzare l'attenzione su quelle specifiche esigenze di protezione non adeguatamente o non sempre
percepite dagli italiani. Lo sviluppo delle multiramo, che associano alla garanzia di rendimento anche la
prospettiva di una performance legata a fondi unit linked, e delle polizze di protezione (long term care, criticai
illness e temporanee caso morte) vanno proprio in questa direzione. Riteniamo infine che un bilanciamento
maggiore dei rischi sarà una delle leve essenziali da realizzare. E ciò comporterà una rivitalizzazione
dell'offerta assicurativa, con implicazioni positive sul livello di protezione del paese, ancora oggi tra quelli
meno assicurati d'Europa. D. La Re auto resta un tema centrale nel panorama italiano: Axa ha tutti i canali
(agenzie, banca e compagnia diretta, Quixa): non c'è il rischio di una cannibalizzazione? R. No. Le esigenze
della clientela dei tre canali sono differenti. Parlerei piuttosto di "complementarietà" di offerta e di servizi
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
forniti, nell'ambito di una strategia distributiva che vede comunque sempre l'agente "protagonista", soprattutto
quando sono i servizi a fare la differenza. D. Ma come si differenzia l'offerta per canali? R. La nostra offerta
tiene conto delle diverse tipologie di clienti e soprattutto del livello di specializzazione professionale, che è
differente tra agente assicurativo e sportellista. Quindi, tendenzialmente, un'offerta più personalizzata sul
canale assicurativo e più standardizzata su quello bancario. D. Che risposte ha dato nell'auto la
bancassurance? R. Molto buone. Il modello di business della joint venture tra Axa e Mps è un esempio di
efficienza nel nostro gruppo, un riferimento per la bancassicurazione in Italia, e, ancor prima, una scelta
affidabile per la rete distributiva e per i nostri clienti. Axa Mps consolida inoltre la strategia finalizzata a "fare
della banca un luogo di protezione", per le famiglie e le imprese in Italia, con una crescita importante dei
volumi. Sul fronte dell'intera offerta auto, il 2013 si è chiuso con una raccolta in crescita di 47,7 milioni di euro
(contro i 31,2 milioni del 2012). D. E il rapporto sinistri/premi ha raggiunto un livello soddisfacente? Si, con
segnali di attenzione legati ad alcuni fenomeni congiunturali osservabili sul mercato auto. Primo fra tutti la
competizione in atto sulle tariffe, che potrebbe deteriorare i risultati tecnici di tutte le compagnie. D. Insomma,
pensa che la Re auto continuerà a essere redditizia anche nel medio periodo? R. Siamo in una fase
economica e finanziaria complessa, con un mercato auto caratterizzato da sempre maggiore competizione e
concentrazione, che sta vivendo un momento di difficoltà, sia ciclico che strutturale: basti pensare che i premi
auto hanno subito un decremento del 7% nel 2013. Noi deteniamo il 5% della raccolta e miriamo ad
aumentare la quota, con la consapevolezza che queste polizze potranno continuare a essere redditizie se
riusciremo a differenziarci, a innovare nei prodotti e nei servizi rispetto alla media del mercato. Ci interessa
poco l'auto come commodity e crediamo che sia necessario promuovere una trasformazione culturale per far
capire al cliente che non conta solo il prezzo, ma anche, e soprattutto, il servizio offerto. D. Sempre a livello di
prodotti auto, il gruppo Axa in Spagna, Francia, Corea, propone varie nuove soluzioni per l'acquisto della
polizza anche in mobilità. Verranno lanciati anche nel nostro paese? Oppure per l'Italia si pensa a soluzioni
diverse? R. Crediamo che l'evoluzione del business non possa prescindere dal concetto di mobilità: il cliente
deve poter accedere all'offerta assicurativa ovunque desideri, senza però rinunciare alla figura di un
professionista del settore che lo accompagni nei percorsi di scelta. Per questo in Axa Assicurazioni stiamo
testando delle soluzioni che prevedono nuovi processi, tali da garantire la vendita di polizze motor attraverso
device mobili e sistemi di e-payment. In questo contesto la figura del consulente assicurativo continua ad
avere un ruolo centrale. L'adozione di processi amministrativi più snelli e rivolti sempre più a una gestione
paperless del contratto ha l'obiettivo di permettere una maggiore focalizzazione sulle esigenze dei clienti e
sulla soddisfazione dei loro bisogni. D. Oltre alla Re auto, state pensando a novità nei rami danni? R.
Puntiamo a una penetrazione sempre più ampia nell'ambito del segmento persone e aziende, in particolare
lavoratori autonomi e microimprese, che rappresentano il tessuto produttivo italiano e nello stesso tempo i
settori maggiormente sottoassicurati. Guardando al futuro, e sfruttando le sinergie che derivano
dall'appartenenza a un gruppo internazionale, vogliamo portare innovazione e concorrenza, soprattutto nei
settori che stanno emergendo come le commerciai line e il comparto salute. Senza dimenticare la sfida del
digitale, che cambierà radicalmente il nostro modo di lavorare. D. I rami vita, in generale, continuano la loro
crescita: perché il popolo dei Bot cerca un guadagno più interessante dei titoli di stato o veramente c'è un
bisogno crescente di protezione? Nell'offerta Axa, avete aumentato (o aumenterete) la componente
assicurativa dei prodotti vita? R. In un contesto di incertezza, il settore assicurativo è visto come un porto
sicuro. A questo si aggiunge una sensibilità crescente degli italiani al concetto di protezione, che rappresenta
per noi una sfida, non solo sul fronte dello sviluppo di un'offerta che possa educare a un ampliamento degli
orizzonti temporali del risparmio, ma anche di informazione e sensibilizzazione su questi temi. Così, per
esempio, nella previdenza, accanto a un'offerta dedicata (fondi pensioni aperti e Pip), vogliamo promuovere
la consapevolezza dell'importanza di prepararsi per tempo alla pensione, con un'attenzione particolare alle
nuove generazioni. Il nostro portale dedicato alla previdenza, www.previsionari.it, lanciato due anni fa per la
divulgazione e l'aggiornamento di argomenti previdenziali in modo semplice, ha già raggiunto i 150 mila utenti
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unici nel 2013 e oltre 100 mila visite nei primi tre mesi del 2014. La strategia di Axa in Italia è basata
sull'arricchimento dell'attuale offerta e su un focus sempre più attento a soluzioni di protezione dai rischi non
solo legati all'andamento dei mercati, ma anche e soprattutto al benessere della famiglia nel suo complesso
(per esempio Tcm e long term care). D. Che cosa devono e possono fare stato e società civile, e che cosa le
compagnie per cercare una soluzione ai problemi sociali connessi alla non autosufficienza delle persone
anziane? R. Il tasso di invecchiamento nel nostro paese è tra i più alti al mondo: l'aspettativa di vita alla
nascita per gli italiani è prossima a 79 anni per gli uomini e di poco superiore a 84 per le donne. La longevità
è sicuramente un rischio-opportunità che coinvolge una pluralità di attori, dalla società al settore privato, fino
allo stato, il cui ruolo è in forte ridefinizione. Il settore privato, e in particolare quello assicurativo, può giocare
un ruolo importante grazie alla sua expertise nel campo della gestione dei rischi, come garante dei sogni
della "seconda vita", come erogatore di rendite e servizi di cura e assistenza nel tempo, soprattutto in caso di
non autosufficienza. È la massima espressione del concetto di protezione di lungo periodo. Axa è pioniere nel
mercato della long term care. Ma siamo anche attivi sul fronte dell'educazione e del dibattito pubblico per
creare maggiore consapevolezza sui rischi legati alla longevità e alla non autosufficienza e per contribuire a
creare un nuovo welfare fondato su un'alleanza tra pubblico e privato. D. Il gruppo sta puntando molto sulla
digitalizzazione: che cosa accadrà in Italia in questo campo? Si va verso agenzie digitali? Che supporti
verranno forniti agli agenti (siti, social network, supporti mobile)? Sarà necessario "formare" la rete ai nuovi
media? Quali servizi verranno forniti ai clienti in modalità mobile? R. Anche per Axa in Italia la digitalizzazione
è un fattore chiave, e stiamo investendo molto in questa direzione. Per fornire servizi ai nostri agenti e ai
nostri clienti, vogliamo sfruttare tutti i canali di accesso. Per questo stiamo lavorando su tutta la catena del
valore, dalla progettazione dell'offerta alla strategia di vendita, partendo sempre dalla centralità degli agenti.
Ci stiamo avvalendo di tecnologie e soluzioni di ultima generazione, con l'obiettivo di offrire prodotti sempre
più personalizzati, servizi di assistenza semplici, come l'apertura e il tracciamento dei sinistri on line, ma
anche un nuovo modo di interagire tramite pc, tablet e smartphone. La trasformazione digitale è
un'importante opportunità anche per la rete distributiva, che avrà a disposizione nuovi strumenti per lavorare
in mobilità (dalla preventivazione, alla stipula dei contratti, fino alla consulenza post-vendita), oltre alla
visibilità sul web e alla presenza sui social network. L'evoluzione digitale porterà alle agenzie una serie di
benefici in termini di snellimento dei processi ed eliminazione totale della carta. Un cambiamento significativo
e necessario che accompagneremo gestendo e presidiando tutti gli aspetti coinvolti, dall'infrastruttura alla
formazione, con la consapevolezza che questa sia la giusta strada per continuare a essere competitivi e
innovativi sul mercato. Del resto, il mercato assicurativo si sta evolvendo in linea con i cambiamenti storici e
sociali in atto, come l'avvento del digitale, della telematica nell'auto, il crescente imporsi di nuovi rischi, come
quello salute. Axa sta cambiando velocemente per affrontare e sfruttare questo momento di discontinuità e
dimostrare di poter crescere su un mercato sempre più competitivo. La parola chiave è "innovazione". •
BENCIT LINERO Addio alla carta La trasformazione digitale è un'importante opportunità anche per la rete
distributiva, che avrà a disposizione nuovi strumenti per lavorare in mobilità (dalla preventivazione, alla
vendita, alla consulenza post vendita), oltre alla visibilità sul web e alla presenza sui social network», dice
Frédéric de Courtois, numero uno di Axa in Italia. «L'evoluzione digitale porterà alle agenzie una serie di
benefici in termini di snellimento dei processi ed eliminazione totale della carta».
Attualmente possiamo contare su una rete di circa 1.000 agenti che sono al centro della nostra
strategia distributiva
Unificazione II progetto Axa One Italy, lanciato un anno fa, ha unificato i modelli di business di Axa
assicurazioni e Axa Mps.
Nuovi modelli Nel corso del tradizionale press seminar, organizzato al castello di Suduiraut, a mezz'ora circa
da Bordeaux, il top management internazionale di Axa ha tracciato i nuovi modelli organizzativi che il mondo
assicurativo dovrà adottare nel prossimo futuro. A fianco, la facciata del castello di Suduiraut.
18/10/2014
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Piano industriale II nuovo piano industriale di Axa ha come obiettivo la valorizzazione delle due società, Axa
Assicurazioni e Axa Mps, guidate rispettivamente da Maurizio Cappiello e Beatrice Derouvroy Bernard (a
fianco).
Agenti più specializzati Axa punta a far crescere i propri intermediari per prepararli ad affrontare una
concorrenza più agguerrita e le nuove sfide tecnologiche. Ecco come. È opinione diffusa che le agenzie
debbano cambiare profondamente per restare competitive in un mercato sempre più complesso e
concorrenziale. Axa, accanto alla digitalizzazione, ha iniziato, e non da oggi, un processo di qualificazione per
target della propria rete distributiva. L'anno scorso, per esempio, è stata creata una rete specializzata in Pmi.
Axa pensa che la segmentazione per clientela sia una delle strade per sostenere la redditività delle agenzie?
«Decisamente sì», risponde Maurizio Cappiello, direttore generale di Axa Assicurazioni. «La specializzazione
è la chiave per differenziarsi realmente e costruire una relazione forte tra agenti e dienti, che saranno sempre
più sollecitati da canali e prodotti differenti. La rete agenziale è il principale punto di riferimento per i nostri
assicurati e continuerà a essere un pilastro importante sul mercato. È tuttavia chiaro che la crescente
competizione nel mercato richiederà un incremento dei livelli di managerialità, professionalità e
specializzazione degli intermediari, oltre ovviamente all'utilizzo di strumenti tecnologici sia nella gestione delle
attività di back office che nella relazione con i clienti. Per questo motivo», continua Cappiello, «già da tempo
investiamo in formazione dedicata per le nostre reti, per fornire ai clienti attuali e potenziali un elevato livello
di consulenza. In quest'ottica, accanto alla rete dedicata al vita (persona e previdenza), nata dieci anni fa e
che conta oggi oltre 450 consulenti all'interno delle agenzie, il 2013 è stato contraddistinto dal
consolidamento delle figure di consulenti focalìzzati sul settore delle piccole e medie imprese (circa 170 a
oggi), per supportare il modello specialistico e presidiare questo mercato ad alto potenziale. Il programma
proseguirà anche nei prossimi anni, in coerenza con gli obiettivi di crescita, attraverso forti investimenti in
reclutamento e percorsi di formazione ad hoc».
Pensare mobile «Non è solo un problema tecnologico o di marketing. Il punto è come trasformare la
compagnia» ha sottolineato Véronique Weill, chief operations officer del gruppo. «Il cliente deciderà quando e
come vuole interagire con Axa».
Portale per la previdenza I portale di Axa dedicato alla previdenza (www.previsionari.it), lanciato due anni fa,
ha raggiunto i 150mila utenti unici nel 2013.
Foto: Maurizio Cappiello
17/10/2014
ADV Express
Sito Web
Il progetto di rinnovamento è frutto della partnership nata tra Clear Channel e ADR - Aeroporti di Roma.
Quattro le principali linee guida del nuovo piano pubblicitario: 'less is more', si andranno a ridurre del 40% gli
spazi pubblicitari; si prevede l'adozione di nuove tecnologie e impianti digitali; verranno installati impianti
iconici e backlit di forte impatto e qualità; verranno adottate tecnologie e piattaforme volte a favorire una forte
interazione con le audience presenti in ADR. Entro la fine del 2014, il progetto sarà in piena fase di attuazione
con circa il 60% dei nuovi prodotti installati. Clear Channel Italia ha organizzato il 14 ottobre anche a Roma,
presso Palazzo Montemartini, l'evento per la presentazione del progetto di rinnovamento degli spazi
pubblicitari degli aeroporti della capitale al mercato della comunicazione quindi ai clienti, alle agenzie, ai
centri media e agli specialist. Nell'ottica di condividere sempre le ipotesi progettuali sviluppate, in questa
occasione, Clear Channel ha voluto replicare l'evento di Milano del 26 giugno, proponendo un ulteriore
aggiornamento sui nuovi schermi digitali installati all'aeroporto di Fiumicino. Ricordiamo che il rinnovamento è
frutto della partnership nata tra Clear Channel e ADR - Aeroporti di Roma. Quattro le principali linee guida del
nuovo piano pubblicitario: a) 'less is more', si andranno a ridurre del 40% gli spazi pubblicitari; b) si prevede
l'adozione di nuove tecnologie e impianti digitali per i quali ADR ha programmato un notevole investimento; c)
verranno installati impianti iconici e backlit di forte impatto e qualità; d) verranno adottate tecnologie e
piattaforme volte a favorire una forte interazione con le audience presenti in ADR. L'adozione di queste nuove
tecnologie e la presenza del digitale, consentirà di avere quella flessibilità, prossimità e immediatezza che
valorizzeranno ulteriormente l'offerta commerciale, sfruttando al massimo le sinergie con gli operatori retail
presenti in aeroporto, garantendo un marketing di prossimità ma soprattutto anche una forte
complementarietà con la comunicazione televisiva e web. L'ambiente aeroportuale consente di avere delle
profilazioni molto puntuali sulle diverse tipologie di target audience inoltre anche i flussi sono molto definiti,
per cui questi aspetti hanno consentito a Clear Channel di sviluppare un'offerta commerciale volta a
contattare e intercettare in modo puntuale il Target Audience desiderato dall'Advertiser, ottimizzandone
l'investimento pubblicitario. Ulteriori affinamenti e sviluppi in tal senso verranno realizzati attraverso i due
prossimi step di approfondimento: a) ricerche di mercato ad hoc: novembre 2014 b) misurazione della
pressione pubblicitaria per mezzo di AudiOutdoor: inizio 2015. Ciò consentirà a tutti i settori e categorie
merceologiche di potersi non solo avvicinare al Media dell'Aeroporto, ma di poter impattare positivamente sul
proprio target per mezzo dei più innovativi sistemi di comunicazione, siano essi innovativi pannelli che nuovi
prodotti digitali ed iconici, come anche eventi di contatto con il Consumatore/Utente. Il progetto prevede
un'articolata offerta digitale, dedicata ad azioni tattiche e impianti iconici di grande impatto. I circuiti digitali
saranno formati da oltre 200 schermi digitali, in alta risoluzione, da 65" e 55", posizionati nei punti strategici di
transito e stazionamento dei passeggeri, garantendo così la copertura del 100% dei viaggiatori. Entro la fine
del 2014, il progetto sarà in piena fase di attuazione con circa il 60% dei nuovi prodotti installati e di pari
passo proseguirà il processo di rimozione delle vecchie strutture. Questa fase di installazione comprenderà il
circuito DigiNetwork mentre il circuito DigiWelcome è già attivo in questi giorni. Questi sono i tactical digital
network di Clear Channel disegnati per dare una copertura targettizzata dei specifici passeggeri che
finalmente consentirà agli advertiser di arrivare ai consumatori del loro core target in modo puntuale ed
efficace. Sarà, inoltre, completata la fase di ammodernamento del Molo B, il principale molo dei voli interni di
Fiumicino che vedrà replicare l'installazione Spectacular digital, realizzata per Chanel al Molo C, ma questa
volta utilizzando un minimo di 10 colonne. Senza dubbio questa sarà una delle più belle e più innovative
opportunità pubblicitarie di qualsiasi aeroporto nel mondo. Dichiarazione di Paolo Dosi, Ceo di Clear Channel
Italia: "Abbiamo ritenuto importante e necessario replicare a Roma l'evento di giugno organizzato a Milano,
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Clear Channel a Roma per presentare il progetto di rinnovamento degli
spazi negli aeroporti
17/10/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
non solo perché vi ha sede il nostro Partner ADR, ma soprattutto per presentare anche al mercato della
comunicazione del Centro e Sud Italia, nell'esclusiva location di Palazzo Montemartini, il singolare progetto di
ammodernamento delle strutture pubblicitarie degli Aeroporti di Roma che siamo certi farà degli scali romani
un benchmark nell'advertising degli aeroporti europei e del mondo in termini di innovazione ed esclusività.
Siamo soddisfatti della risposta avuta in termini di partecipazione e il grande interesse suscitato con il nostro
video che ha illustrato la realizzazione della fase progettuale presentando anche le più recenti installazioni".
SP
17/10/2014
ADV Express
Sito Web
La campagna 'You Are Someone's Friend' avrà declinazioni online, in affissione e sul primo
innovativo impianto 5-screen all'incrocio Shibuya di Tokyo, oltre che naturalmente sul social network. Lo spot
è stato diretto da Zachary Heinzerling. Wieden + Kennedy Tokyo ha svelato la prima parte della campagna
integrata dedicata a Facebook, costituita dallo spot 'You Are Someone's Friend'. La campagna avrà
declinazioni online, in affissione e sul primo innovativo impianto 5-screen all'incrocio Shibuya di Tokyo, oltre
che naturalmente sul social network. La campagna, creata in Giappone per il mercato giapponese, fa leva su
insight relativi alla cultura, alle persone e all'amicizia. L'idea alla base del progetto è che la cosa più
importante che ognuno di noi può fare è essere un amico per qualcuno. Che lo dimostri ridendo alle sue
battute stupide o preparandogli la zuppa quando è ammalato, ciascuno di noi è amico di qualcuno. Che
amico sei dipende solo da te. Guarda lo spot. Adam Koppel, direttore creativo dell'agenzia, commenta: "Tutti
abbiamo degli amici, ma non ci fermiamo a pensare a che cosa significa veramente essere un amico.
Abbiamo voluto creare una campagna in grado di sorprendere, ma anche di spingere le persone a pensare
davvero ai loro amici. Se qualcuno vedrà lo spot e dirà al suo amico 'L'ho visto e ho pensato a te', allora
avremo fatto qualcosa di buona". Lo spot è stato diretto da Zachary Heinzerling, mentre il voiceover è a cura
dell'attore Ryo Katsuji. SP
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W+K Tokyo firma la prima campagna di Facebook per il mercato
giapponese
17/10/2014
ADV Express
Sito Web
Nella sua rubrica Pasquale Diaferia riflette sulla tendenza, anche in comunicazione, ad avvalersi di servizi low
cost, citando come esempio il caso di una software house che "fa una brutta figura sul nostro mercato, solo
ed esclusivamente perché ha privilegiato, provo ad indovinare, un sistema di traduzioni fornito online, a prezzi
molto competitivi e con bassi standard qualitativi". Il valore di quella marca viene danneggiato da questa
scelta. Così come il valore di qualsiasi altra marca viene danneggiato da un brutto logo comprato su un
portale di serieB, da una brutta campagna fornita da una piattaforma di crowdsourcing, da una brutta
operazione di comunicazione comprata da un'agenzia di nome che magari regala la creatività a patto che
possa gestire il media". Tante riflessioni vengono fatte in questi giorni sui cambiamenti di questo mestiere.
Altrettante, e sempre da importanti opinionisti, sulle accelerazioni legate al digitale: portano forti
abbassamenti nelle remunerazioni, ed un conseguente impoverimento nei profitti di chi ancora è strutturato
su business model antichi ed oggi improponibili. Personalmente le trovo riflessioni di retroguardia. Addirittura
mi sembra una perditadi tempo per tutti. Chi dovrebbe guidare il mercato deve proporre soluzioni nuove, non
lamentarsi del fatto che il cambiamento non permette di fare quello che si faceva un tempo. Per esempio non
è demonizzando Zooppa o LogoGratis che si risolvono i problemi di credibilità delle agenzie. Ma solo
ritornando a presidiare il proprio ruolo di consulenti strategici, capaci di fornire servizi assolutamente originali,
efficaci, di lungo termine. La conferma di questo pensiero mi è arrivata qualche giorno fa. Su un popolare
social network, nella pagina in cui parecchie migliaia di professionisti si scambiano consigli ed opinioni,
Giovanni Pizzigati, direttore creativo di Matite Giovanotte di Forlì, segnalava la finestra di dialogo di uno dei
più diffusi software professionali. La trovate riprodotta qui a fianco. Si tratta del finale di un processo di
registrazione. Nella finestra, in basso a destra, appaiono i due bottoni Annulla e Risparmia. Come è tipico di
questi tempi, in cui anche la componente economica ha il suo peso, Pizzigati preme il pulsante Risparmia,
immaginando che si tratti di qualche offerta speciale, magari un "compra due e paga uno" o qualche simile
offerta promozionale, come ormai anche nel software è in uso. Invece, sorpresa massima, il processo si
conclude. Perché il pulsante Risparmia in realtà è quello del Salva, che permette di registrare tutte le scelte
precedenti. Insomma, un banale caso di adattamento linguistico dall'inglese all'italiano fatto in modo poco
professionale. Una traduzione pessima che porta ad una malfunzione del processo. E qui ci rende conto di
cosa voglia dire lavorare in fretta, con forti compressioni dei costi e relativo restringimento dei controlli qualità.
Perfino una digital company come una Software House di primaria importanza (e lasciateci criptare il nome,
in fondo anche il mio editore vive di pubblicità) fa una brutta figura sul nostro mercato, solo ed
esclusivamente perché ha privilegiato, provo ad indovinare, un sistema di traduzioni fornito online, a prezzi
molto competitivi e con bassi standard qualitativi. Il valore di quella marca viene danneggiato da questa
scelta. Così come il valore di qualsiasi altra marca viene danneggiato da un brutto logo comprato su un
portale di serieB, da una brutta campagna fornita da una piattaforma di crowdsourcing, da una brutta
operazione di comunicazione comprata da un'agenzia di nome che magari regala la creatività a patto che
possa gestire il media. Non conta il sistema di fornitura, conta solo il valore professionale del servizio
venduto. Quindi non è saggio attaccare chi abbassa la qualità del mercato. E' utile solo alzare la qualità del
nostro prodotto. E' il modo migliore dimostrare ai clienti che si può anche provare a spendere meno, ma che il
risparmio è solo virtuale se la qualità è scadente. Anzi, alla fine non si risparmia nulla. Si dovrà spendere di
più per recuperare l'immagine perduta, quel valore immateriale che oggi sembra niente, ma domani
influenzerà la tua immagine, le tue vendite, la tua quotazione in borsa. Credo che tutti, agenzie e clienti,
abbiamo solo da imparare dal "Bottone Ignorante" di questa grande potenza del Software. Perfino risparmiare
su una traduzione può fare danni ad una marca. Figuriamoci scegliere un fornitore strategico solo per una
presunta convenienza economica. Care agenzie, ricordatevelo la prossima volta che potrete evitare una gara
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 20/10/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Space Available Here. Lo strano caso del 'Risparmio Ignorante'
17/10/2014
ADV Express
Sito Web
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
senza remunerazione o un preventivo a calare sui competitor. Cari clienti, ricordatevelo la prossima volta che
qualche agenzia farà dumping selvaggio o proverà a regalarvi il progetto creativo. Prima che a "Risparmiare",
occorre tornare a "Salvare" le Marche. (pasquale diaferia Twitter @pipiccola)
17/10/2014
ADV Express
Sito Web
La concessionaria di pubblicità digitale che fa capo a Casa.it, di cui è Media & Strategy Manager Fabiano
Lazzarini, arricchisce ulteriormente la sua offerta ampliando il network di editori. Sìadv (www.siadv.it), la
concessionaria di pubblicità digitale che fa capo a Casa.it ( Rea Group Ltd-News Corp.), arricchisce
ulteriormente la sua offerta ampliando il network di editori con gli accordi conclusi in questi giorni con i portali
Arredamento.it e Nientepopcorn.it . Nato nel 1999 come web community dedicata ai temi dell'arredo e del
design, il portale Arredamento.it , che detiene la leadership sia per numero di visitatori (oltre 700.000 utenti
unici al mese), sia per fedeltà dei lettori (il 45% degli utenti che torna più volte nell'arco di un mese) , è
l'indiscusso punto di riferimento per le news , gli approfondimenti, sulle ultime tendenze riguardanti il design,
l'architettura d'interni. Per le sue caratteristiche distintive, Arredamento.it è pienamente coerente con il target
"casa" e va a rafforzare ulteriormente l'offerta di Sìadv mirata a raggiungere un target estremamente
trasversale e di grande interesse per gli investitori, che potranno avvalersi di piani di comunicazione molto
profilati. "Siamo lieti di accogliere nel network di editori della nostra concessionaria Sìadv un portale dalle
ottime performance e dalla consolidata riconoscibilità come Arredamento.it " - afferma Fabiano
Lazzarini, Media & Strategy Manager di Casa.it . "L'accordo segna l'avvio di una partnership sicuramente
fruttuosa, che dischiude grandi opportunità a chi decide di investire sul web per raggiungere il proprio target
di riferimento." "Diamo il benvenuto a Sìadv quale partner di Prelude Advertising nella raccolta pubblicitaria
per il nostro network di portali dedicati alla casa e all'arredamento" - dichiara Marco Meregalli, Direttore di
Arredamento.it . "L'avvio di tale collaborazione affiancherà la vendita diretta nella valorizzazione degli spazi
pubblicitari sui nostri siti, oggi punto di riferimento per le aziende del settore che decidano di pianificare nella
comunicazione online." Oltre all'accordo raggiunto con Arredamento.it , Sìadv ha acquisito nel proprio
portfolio clienti anche nientepopcorn.it , aprendo così anche le porte dell'entertainment alla concessionaria di
pubblicità digitale di Casa.it . Si tratta del primo social network italiano dedicato agli appassionati di cinema
e di serie TV, che potranno interagire tra di loro e creare un profilo sulla base delle proprie esperienze visive,
votando i film, postando e commentando recensioni, inserendo citazioni e partecipando alle attività dei gruppi
di discussione. MF
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
A Sìadv la raccolta di arredamento.it e nientepopcorn.it
17/10/2014
ADV Express
Sito Web
La digital agency del gruppo Marketing MultiMedia porta online l'eccellenza gastronomica del celebre locale
del centro storico milanese. Il progetto nasce dalla necessità di rendere disponibile anche online il servizio di
prenotazione e consegna a domicilio e dalla volontà di armonizzare la presenza online con lo store fisico. Il
sito rispecchia infatti i brand values come l'attenzione per le materie prime, per l'ecosostenibilità, per
l'eccellenza degli alimenti e per la creatività. OTTIMOMASSIMO, locale di fast gourmet del centro storico
milanese, sceglie PrimeWeb, la digital agency del gruppo Marketing MultiMedia, per il restyling del sito e per
il lancio della propria piattaforma di ecommerce. Il progetto nasce dalla necessità di rendere disponibile
anche online il servizio di prenotazione e consegna a domicilio e dalla volontà di armonizzare la presenza
online di OTTIMOMASSIMO con lo store fisico. Il sito rispecchia infatti i brand values come l'attenzione per le
materie prime, per l'ecosostenibilità, per l'eccellenza degli alimenti e per la creatività. PrimeWeb ha quindi
realizzato un sito completamente responsive in grado di comunicare questi valori sia nella grafica, attraverso
una scelta cromatica sui toni naturali e brillanti che ricordano l'arredamento dello store di via Spadari a
Milano, sia nella struttura user friendly. Il sito è diviso in sezioni ricche di informazioni, di immediata e agile
fruibilità per chi vuole procedere subito all'acquisto: in pochi click infatti, anche in mobilità, è possibile ordinare
e ricevere a domicilio il piatto di cucina gourmet preferito. "In vista di EXPO 2015 notiamo un naturale
fermento nel settore food che si prepara a cogliere l'opportunità di un'incredibile vetrina. OTTIMOMASSIMO,
che si posiziona come rappresentante dell'eccellenza del settore gastronomico, richiedeva un elevato know
how sia nell'ambito food che nell'ecommerce" dichiara Riccardo Usuelli, Direttore Generale di PrimeWeb
"Siamo convinti che la scelta di attivare anche un ecommerce sia lungimirante per i retailer poiché, definendo
una corretta strategia, la presenza online genera valore anche per il punto vendita e contribuisce a creare un
rapporto solido e multicanale con la clientela". MF
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PrimeWeb realizza l' e-commerce di Ottimomassimo
17/10/2014
Engage.it
Sito Web
Gli integratori Frau in Tv su Sky: la campagna firmata Dolci Advertising
Spot televisivo da 15" in onda su Sky, campagna Facebook e concorso online basato su un meccanismo di
gamification grazie alla piattaforma di digital loyalty sviluppata in collaborazione con Bewe
Lo storico marchio di integratori alimentari Frau, accanto alle altre linee che lo compongono (Athletic Body,
Apoteke, Dolce Dieta) arriva in Tv. La campagna arriva dopo l'acquisizione da parte di Paglieri Sell System
nel 2013 e dopo un profondo lavoro di riposizionamento strategico e di packaging design.In collaborazione
con l'agenzia Dolci Advertising guidata da Marco David Benadì, dopo aver rinnovato l'immagine del prodotto
per trasmettere un incontro simbolico tra natura, tecnologia, scientificità e innovazione, è stato ideato, con la
direzione creativa di Barbara Guenzati e Paola Napolitani, uno spot televisivo da 15", prodotto dalla
Kappakom, che per due settimane andrà in onda sui principali canali della piattaforma Sky.Il concept creativo
della campagna esplora i significati della parola 'benessere', alternando immagini ad alto impatto emozionale
ai prodotti della gamma Frau. Il pay off della campagna "Frau. Più forza al tuo benessere" sintetizza il
concept creativo e tutta l'expertise, la sicurezza dei risultati e l'affidabilità del marchio.Due le iniziative online.
Oltre all'investimento nella pagina Facebook dedicata al marchio, l'azienda ha ideato un contest basato su un
meccanismo di gamification grazie all'implementazione di una piattaforma di digital loyalty sviluppata in
collaborazione con Bewe, che permette di incrementare il livello di engagement potenziale delle community
create da una marca sui propri canali web/social, il livello di awareness e quello di fidelizzazione degli utenti
stimolando passaparola e traffico verso siti e/o e-commerce. Si tratta di Beauty 2 Win, che premia gli utenti
che portano a termine determinate e personalizzate "mission", ognuna delle quali li coinvolge nella creazione
di contenuti e pubblicazioni su blog e canali social, nella promozione di prodotti/servizi attraverso i like e le
condivisioni social e nella partecipazioni a ricerche e iniziative. Gli utenti potranno divertirsi e mettersi alla
prova con Beauty Quiz e Beauty poll accumulando punti necessari per ricevere i coupon sconto, sbloccare e
ottenere i badge di riconiscimento, ricevere i premi e partecipare all'estrazione finale.«Mai come oggi donne e
uomini cercano il benessere e l'armonia attraverso i prodotti naturali, come testimoniano i tassi di crescita a
due cifre del mercato degli integratori in Italia. Ma la natura da sola non basta: servono esperienza e
tecnologia, principi attivi performanti e titolati, chiarezza della promessa e delle funzioni d'uso per poter offrire
al consumatore anche la certezza dell'efficacia del prodotto. Questa è da sempre la missione di Frau, Athletic
Body, Apoteke e Dolce Dieta, ma è anche sempre stata la missione di Paglieri Sell System - afferma Stefano
Giubertoni, direttore commerciale e marketing di Paglieri - Grazie alla nostra grande esperienza, oggi FRAU
si presenta al mercato con una gamma completa per rispondere alle esigenze del consumatore nella sua vita
di tutti i giorni. Dallo sport, alla salute, alla cura del corpo, al relax: per "dare più forza al benessere", come
recita il nuovo payoff della marca».
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Tecnologia
17/10/2014
Engage.it
Sito Web
Per Ottimomassimo restyling del sito e nuova piattaforma e-commerce .
Firma PrimeWeb
La digital agency del gruppo Marketing MultiMedia guidata da Riccardo Usuelli, ha realizzato un website
completamente responsive. Inoltre è di immediata fruibilità per chi vuole procedere subito all'acquisto anche
in mobilità
Ottimomassimo, locale di fast gourmet di Milano, sceglie PrimeWeb, la digital agency del gruppo Marketing
MultiMedia, per il restyling del sito e per il lancio della propria piattaforma di e-commerce.Il progetto nasce
dalla necessità di rendere disponibile anche online il servizio di prenotazione e consegna a domicilio e dalla
volontà di armonizzare la presenza online di Ottimomassimo con lo store fisico. Il sito rispecchia infatti i brand
values come l'attenzione per le materie prime, per l'ecosostenibilità, per l'eccellenza degli alimenti e per la
creatività.«In vista di EXPO 2015 notiamo un naturale fermento nel settore food che si prepara a cogliere
l'opportunità di un'incredibile vetrina. Ottimomassimo, che si posiziona come rappresentante dell'eccellenza
del settore gastronomico, richiedeva un elevato know how sia nell'ambito food che nell'e-commerce» dichiara
Riccardo Usuelli, direttore generale di PrimeWeb «Siamo convinti che la scelta di attivare anche un ecommerce sia lungimirante per i retailer poiché, definendo una corretta strategia, la presenza online genera
valore anche per il punto vendita e contribuisce a creare un rapporto solido e multicanale con la
clientela».PrimeWeb ha quindi realizzato un sito completamente responsive in grado di comunicare questi
valori sia nella grafica, attraverso una scelta cromatica sui toni naturali e brillanti che ricordano l'arredamento
dello store di via Spadari a Milano, sia nella struttura user friendly. Il sito è diviso in sezioni ricche di
informazioni, di immediata fruibilità per chi vuole procedere subito all'acquisto: in pochi click infatti, anche in
mobilità, è possibile ordinare e ricevere a domicilio il piatto di cucina gourmet preferito.
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Media
17/10/2014
Engage.it
Sito Web
Sìadv acquisisce Arredamento.it e Nientepopcorn.it
La concessionaria di pubblicità digitale che fa capo a Casa.it amplia il suo network, rafforzandosi sul target
"casa" e facendo il suo debutto nel mondo "entertainment"
Sìadv (www.siadv.it), la concessionaria di pubblicità digitale che fa capo a Casa.it (Rea Group Ltd-News
Corp.), arricchisce ulteriormente la sua offerta ampliando il network di editori, grazie agli accordi conclusi in
questi giorni con i portali Arredamento.it e Nientepopcorn.it.Arredamento.it, nato nel 1999 come web
community dedicata ai temi dell'arredo e del design, oggi è leader di settore sia per numero di visitatori (oltre
700.000 utenti unici al mese), sia per fedeltà dei lettori (il 45% degli utenti che torna più volte nell'arco di un
mese), ed è un punto di riferimento per le news e gli approfondimenti sulle ultime tendenze di design e
architettura d'interni.Per le sue caratteristiche distintive, Arredamento.it è pienamente coerente con il target
"casa" e va a rafforzare ulteriormente l'offerta di Sìadv mirata a raggiungere un target estremamente
trasversale e di grande interesse per gli investitori, che potranno avvalersi di piani di comunicazione molto
profilati.«Siamo lieti di accogliere nel network di editori della nostra concessionaria Sìadv un portale dalle
ottime performance e dalla consolidata riconoscibilità come Arredamento.it - afferma Fabiano Lazzarini,
media & strategy manager di Casa.it -. L'accordo segna l'avvio di una partnership sicuramente fruttuosa, che
dischiude grandi opportunità a chi decide di investire sul web per raggiungere il proprio target di
riferimento»«Diamo il benvenuto a Sìadv quale partner di Prelude Advertising nella raccolta pubblicitaria per il
nostro network di portali dedicati alla casa e all'arredamento - dichiara Marco Meregalli, direttore di
Arredamento.it -. L'avvio di tale collaborazione affiancherà la vendita diretta nella valorizzazione degli spazi
pubblicitari sui nostri siti, oggi punto di riferimento per le aziende del settore che decidano di pianificare nella
comunicazione online».Oltre all'accordo raggiunto con Arredamento.it, Sìadv ha acquisito nel proprio portfolio
clienti anche nientepopcorn.it. Un'acquisizione che segna il debutto della concessionaria nel mondo
dell'entertainment. Nientepopcorn.it è il primo social network italiano dedicato agli appassionati di cinema e di
serie TV, che potranno interagire tra di loro e creare un profilo sulla base delle proprie esperienze visive,
votando i film, postando e commentando recensioni, inserendo citazioni e partecipando alle attività dei gruppi
di discussione.
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Media
17/10/2014
01:07
Primaonline.it
Sito Web
L'innovazione e la concorrenza secondo il presidente di Google, Schmidt
Il 13 ottobre il presidente di Google, Eric Schmidt, ha tenuto un discorso a Berlino in cui ha toccato alcune [...]
Il 13 ottobre il presidente di Google, Eric Schmidt, ha tenuto un discorso a Berlino in cui ha toccato alcune
questioni chiave, al centro del dibattito in Europa, come quelle dell'innovazione e della concorrenza.
L'occasione è stata fornita dalla visita alla sede di Native Instrument, importante produttore di hardware e
software per la musica digitale. Nel quartier generale della società, Schmidt ha parlato di fronte a una platea
di un centinaio di imprenditori, economisti e scienziati.Pubblichiamo qui di seguito la traduzione di ampi stralci
del discorso intitolato 'The New Gründergeist', cioè 'Il nuovo spirito imprenditoriale'. Il testo integrale in inglese
si può leggere sul blog di Google Europa (http://googlepolicyeurope.blogspot.it/2014/10/the-newgrundergeist.html).Il processo di inventare non è mai finito. Le invenzioni migliori non sono mai completate.
Perché se gli inventori non reinventano le loro idee in continuazione, qualcun altro lo farà, rendendo il loro
lavoro di tutta una vita irrilevante, o anche peggio, estinto! Così come le invenzioni sono dinamiche,
altrettanto lo sono i settori industriali che esse creano. Quando Karl Benz ha creato un'auto a motore con tre
ruote (all'inizio erano davvero tre!) ha creato un'intera industria. Lo stesso è successo con Tim Berners-Lee:
non ha solo costruito il primo sito web del mondo, ha aperto la via per il World Wide Web.Eric Schmidt (foto
Olycom)Alcuni anni fa, l'avvocato di uno dei nostri concorrenti ha disegnato l'immagine di una costa con una
piccola isola in mezzo al mare. Poi ha tracciato una linea, spiegando che si trattava dell'unico traghetto che
collegava l'isola alla terraferma. La sua tesi era che Google sarebbe proprio come quel traghetto, perché è
l'unico modo per navigare su Internet. Molti di voi potrebbero istintivamente pensare che avesse ragione. Ma,
sebbene noi siamo senza dubbio una parte importante di Internet e un attore chiave nella ricerca, ci sono
molte altre finestre sulla rete e il processo di scoperta delle informazioni assume diverse forme e misure.Se
volete delle notizie, probabilmente andrete direttamente sul vostro sito di notizie preferito. Bild, il quotidiano
più letto in Europa, riceve circa il 70% del proprio traffico direttamente, perché le persone fanno un bookmark
del sito o digitano www.bild.de direttamente nel loro browser. Poco più del 10% del loro traffico arriva dalla
ricerca e poco meno del 10% da social come Facebook e Twitter. Come ha scritto recentemente The
Economist, "i social network sono diventati un importante sistema di navigazione per le persone che cercano
contenuti sul web".Se state cercando di comprare qualcosa, per esempio una tenda da campeggio, potreste
andare su Google o Bing o Yahoo o Qwant, il nuovo motore di ricerca francese, ma più probabilmente
andrete direttamente su Zalando o Amazon, dove potete cercare modelli e prezzi, leggere le recensioni e
pagare i vostri acquisti, tutto nello stesso luogo. Un ricerca di Forrester Group ha rilevato che lo scorso anno
quasi un terzo delle persone che cercavano di acquistare qualcosa hanno cominciato da Amazon: più del
doppio di quelli che sono andati direttamente su Google.La verità è che le persone hanno diverse opportunità
di scelta e le esercitano in continuazione. Google opera in un contesto competitivo in continuo cambiamento.
Come ha detto Axel Springer, un nuovo investitore in questo settore, "c'è molta innovazione nel mercato della
ricerca." E le barriere all'ingresso sono trascurabili, perché la concorrenza è a portata di un solo click.Sento
spesso parlare di 'effetti di rete'; il termine ha assunto quasi le connotazioni di una parolaccia, anche se
descrive il processo che rende molti servizi utili. Un singolo telefono da solo è inutile, servono altre persone
con il telefono perché ci sia qualcuno da chiamare; e un social network non sarebbe molto un 'network' se
non ci trovassi i tuoi amici e parenti, non sarebbe granché social. Quindi, le reti vere possono essere utili.
Tuttavia, la ricerca non è una rete che si affida al fatto di collegare tra loro le persone, non si usa Google
perché gli amici lo usano. Detto diversamente: Google non è utile perché è popolare, al contrario è popolare
perché è utile. Ovviamente, più persone usano il motore di ricerca e più siamo utili agli inserzionisti; ma
proprio come gli utenti hanno diverse scelte quando si tratta di scoprire informazioni, altrettanto gli
inserzionisti hanno diverse opzioni per il marketing online.Puoi usare Google e i concorrenti, non si tratta di
relazioni mutualmente esclusive.Sentiamo argomenti simili a quello dell'effetto rete anche a proposito dei dati.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 20/10/2014
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17/10/2014
01:07
Primaonline.it
Sito Web
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
La nostra esperienza è che i dati non sono necessari per competere online. Quando Google ha cominciato,
Yahoo era di gran lunga il principale attore nella ricerca e abbiamo usato pochissimi dati per trovare un modo
migliore per rispondere alle ricerche. Guardate i social: noi avevamo il social network di gran lunga più
popolare in Brasile. Si chiamava Orkut e aveva milioni di utenti estremamente attivi. Nel giro di pochi anni è
stato sorpassato da Facebook, proprio come Facebook ha sorpassato MySpace. La ricetta conta più degli
ingredienti.La realtà è che Google opera in modo profondamente diverso da altre aziende che sono state
chiamate 'gatekeepers' e che sono state regolate in quanto tali. Non siamo un traghetto, né una ferrovia, e
non siamo nemmeno una rete di telecomunicazioni o una rete elettrica, dove c'è una sola linea che arriva
direttamente a casa vostra e non sono ammessi concorrenti. Nessuno è vincolato ad usare Google.Abbiamo
speso quasi vent'anni per conquistare la fiducia delle persone e per provare che ne siamo degni e dobbiamo
continuare a farlo ogni giorno, perché sappiamo che se smettiamo di essere utili le persone se ne andranno.
Inventare e reinventare costantemente stanno alla base del processo che rende Google utile e rilevante. Se
smettiamo di innovare, qualcun altro innoverà e con il tempo ci renderà obsoleti.La storia ha provato che le
dimensioni e i successi del passato non sono una garanzia per il futuro. Guardate Yahoo, Nokia, Microsoft,
Blackberry e altri, che sembravano non avere rivali solo pochi anni fa e che invece sono stati messi in crisi da
una nuova ondata di aziende tecnologiche, tra cui la stessa Google. Molti di voi sono scettici, lo capisco:
guardate Google, Apple, Facebook e Amazon e vi dite che non c'è modo perché un concorrente li batta. Io ne
sono meno sicuro.Per prima cosa, queste aziende sono tutti concorrenti fra loro. Nella tecnologia, infatti, la
concorrenza non viene sempre da qualcuno che fa la stessa cosa. Molti pensano che i nostri concorrenti
principali siano Bing o Yahoo, mentre in realtà il nostro concorrente principale nella ricerca è Amazon. La
gente non pensa ad Amazon come a un motore di ricerca, ma se state cercando qualcosa da comprare, lo
cercate più spesso su Amazon che altrove. Ovviamente loro sono molto più focalizzati sulla componente di
vendita di questa equazione, ma in sostanza rispondono alle domande e alle ricerche delle persone, proprio
come facciamo noi.La seconda cosa, ancora più importante, è che qualcuno, da qualche parte in un garage,
si sta preparando a prenderci di mira. Lo so, perché noi stessi fino a non tanto tempo fa eravamo in quel
garage. I cambiamenti vengono da dove meno te lo aspetti: il telegrafo ha messo in crisi il servizio postale, la
radio e la televisione hanno dato uno scossone all'industria dell'informazione, gli aerei hanno posto fine all'era
delle linee transatlantiche. La prossima Google non farà quello che fa Google, così come Google non fa
quello che faceva Aol. Le invenzioni sono sempre dinamiche e gli sconvolgimenti che ne risultano dovrebbero
farci prevedere che il futuro non sarà statico. Questo è il processo dell'innovazione.
17/10/2014
00:08
Primaonline.it
Sito Web
EGaming Review premia l' online gaming italiano, a PokerStars.it tre
riconoscimenti
PokerStars.it vince i premi per la migliore campagna commerciale, il miglior operatore di servizi alla clientela
e operatore di poker [...]
PokerStars.it vince i premi per la migliore campagna commerciale, il miglior operatore di servizi alla clientela
e operatore di poker dell'anno nell'edizione 2014 degli Egr Italy Awards. I riconoscimenti sono stati
consegnati lo scorso 14 ottobre all'Hotel Rome Cavalieri di Roma da eGaming Review, magazine inglese
specializzato nel settore della comunicazione B2B legata all'industria internazionale del gioco online e
organizzatore dell'evento.Premiati i migliori progetti di marketing, innovazione del prodotto e le campagne
promozionali in favore del gioco responsabile. Ad assicurare il premio come migliore campagna commerciale
per il team di PokerStars.it è stato l'impegno portato avanti in occasione del lancio del primo reality show
italiano sul poker sportivo, 'La Casa degli Assi'."Quello de La Casa degli Assi è stato un progetto
particolarmente impegnativo, durato quasi un anno, ma i risultati raggiunti hanno dato ragione alla nostra
intenzione di comunicare un poker svincolato da preconcetti e luoghi comuni, trasmettendo l'idea di uno sport
dietro al quale ci sono storie, relazioni ed emozioni", commenta Elena Galli, marketing manager di
PokerStars.it.Tra i premiati di quest'edizione anche Paddy Power (miglior operatore social media), PayPal
(miglior azienda di pagamenti), William Hill (stella nascente 2014 e miglior operatore di scommesse sportive),
Lottomatica (miglior operatore di casinò e operatore dell'anno), Cogetech (miglior operatore responsible
gaming) ed Eurobet (miglior operatore di telefonia mobile).
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17/10/2014
02:46
Pubblicitaitalia.it
Sito Web
Tutte le News
McDonald's, con la nuova campagna 'La Sagra', tra i primi brand a inaugurare la versione mobile del formato
Subito.it, piattaforma italiana per la compravendita dell'usato con oltre 8,3 milioni di utenti unici mensili (fonte
Audiweb Total Digital Audience Mobile marzo 2014) e 30 milioni di pagine viste quotidianamente, lancia il suo
native advertising sia per desktop sia per mobile: lo sponsored ad o annuncio sponsorizzato. Questo
innovativo formato si presenta graficamente come un normale annuncio di Subito.it, anche se chiaramente
sponsorizzato, e viene inserito sempre in terza posizione nella pagina di elenco annunci, in primo scroll.
Questa soluzione prevede che l'annuncio sponsorizzato compaia sempre nei risultati delle ricerche per
determinate keyword, in modo che il messaggio pubblicitario dell'azienda sia sempre coerente con quello sta
cercando l'utente su Subito.it. Una volta cliccato porta a una pagina annuncio, anch'essa brandizzata, che
punta alla landing page della campagna. "La decisione di lanciare questo nuovo formato pubblicitario commenta Claudio Campagnoli (nella foto), sales manager di Subito.it - nasce dalla volontà di ampliare
l'offerta della nostra concessionaria mettendo a disposizione degli advertiser un prodotto efficace e
innovativo. Il native di Subito.it, inoltre, è perfettamente contestualizzato, un vero e proprio annuncio tra gli
annunci, in linea con i formati nativi proposti dalle più famose digital company internazionali". Il native adv è
un formato più efficace rispetto alle tradizionali campagne display: i consumatori visualizzano gli annunci
native il 53% in più rispetto alla pubblicità classica, sono più propensi ad effettuare un acquisto (gli adv native
registrano il 18% in più di intenzioni di acquisto) e si identificano con il brand (il 9% in più di brand affinity
rispetto ad altre forme pubblicitarie tradizionali) (fonte studio Sharethrough e IPG Media Lab 2013). Tra i primi
brand a scegliere il formato native advertising per mobile di Subito.it, Mc Donald's con la nuova campagna 'La
Sagra', l'iniziativa che porta per l'autunno il gusto tipico delle sagre di paese nei ristoranti del colosso
americano. La campagna, che ha al centro il nuovo panino con la salamella, è stata pianificata da Omd e
sarà presente sul sito mobile di Subito.it (m.subito.it) dal 13 al 26 ottobre. Il formato è lo sponsored ad mobile,
pianificato nelle categorie Veicoli e Elettronica, e ha l'obiettivo di creare curiosità e spingere gli italiani a
provare il nuovo panino. Con oltre 100.000 nuovi annunci pubblicati ogni giorno, un tempo speso quotidiano
di 10:46 minuti e un'offerta sempre più ampia di soluzioni adv, Subito.it e il suo nuovo formato nativo
rappresentano quindi una scelta strategica per tutti quei brand che vogliono ampliare il più possibile la portata
della propria comunicazione. Follow Condividi
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO
170 articoli
18/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Malumori e ostilità, il Sinodo imprevisto
Massimo Franco
U n'imprudenza. Tale è stata considerata la pubblicazione della relazione seguita alla prima settimana di
Sinodo: quella che conteneva le aperture a divorziati risposati e omosessuali. Quando ha visto i testi su
Osservatore romano e Avvenire, il Papa ha espresso subito la sua preoccupazione per l'impatto che
avrebbero avuto. Timore fondato. L'impressione trasmessa a vescovi e cardinali è stata che non si trattasse
di un documento da studiare e discutere, ma di un'anticipazione dell'esito dell'assemblea. Il «Sinodo di carta»
ha finito così per allungare un'ipoteca sul «Sinodo reale», dandone un'immagine distorta. E sono scattate le
reazioni. L'idea che la riunione straordinaria voluta da Jorge Mario Bergoglio potesse concludersi con un
referendum tra «innovatori» e «conservatori», e con la vittoria dei primi, si è rivelata velleitaria e fuorviante.
Le resistenze affiorate in sette delle dieci commissioni (i cosiddetti «Circoli minori») contro le tesi aperturiste
propugnate dal cardinale tedesco Walter Kasper, sono state un segnale esplicito. Hanno confermato quanto
sia complessa e diversificata la realtà della Chiesa in materia di famiglia; e come i tentativi di piegarne gli
indirizzi debbano fare i conti con episcopati refrattari a salti e a dosi di novità troppo massicce. Si è rivelata
riduttiva e dunque inadeguata la stessa divisione tra «vecchio» e «nuovo». Il tentativo del cardinale Lorenzo
Baldisseri, scelto da Francesco come segretario del Sinodo, di evitare che le relazioni dei «Circoli» fossero
rese pubbliche, ha fatto emergere per paradosso ancora di più i malumori.
Malumori trasversali anche geograficamente. Di fronte ad un Pontefice silenzioso, come da prassi, è stato il
suo «ministro dell'Economia», l'australiano George Pell, un solido conservatore, il capofila di chi ha ottenuto
una scelta di «chiarezza». E dietro di lui si sono schierati apertamente il sudafricano Wilfrid Fox Napier,
arcivescovo di Durban; l'americano Raymond Burke, i patriarchi siriano Gregorio III Laham e di
Gerusalemme, Fouad Twal, il francese Andrè Vingt-Trois, arcivescovo di Parinìgi, l'italiano Rino Fisichella, il
britannico Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster. E il relatore del Sinodo, il cardinale Péter Erdö,
primate d'Ungheria. Alla fine, per sbloccare la situazione è dovuto intervenire il segretario di Stato vaticano,
Piero Parolin, attento a mediare e a spiegare che le sintesi delle relazioni dei «Circoli» andavano pubblicate.
Il suo intervento ha stemperato la tensione che si era accumulata. Solo in parte, però. A questo punto, il
problema non è archiviato. Anzi, sembra destinato a proiettarsi sui prossimi mesi, che precederanno il Sinodo
vero e proprio. E rischia di alimentare la fronda nei confronti di un Pontefice determinato ad incidere a fondo
nella mentalità e nel modo di agire della Chiesa. Il fatto che Kasper abbia presentato le sue proposte come se
provenissero direttamente da Francesco ha finito per sovraesporre Bergoglio.
E permette agli avversari di sostenere strumentalmente che la battuta d'arresto registratasi nel Sinodo
sarebbe anche una sconfitta papale: come se la sconfessione della «linea Kasper» potesse essere ritenuta
un atto di sfiducia verso Francesco, messo simbolicamente in minoranza. È una forzatura inverosimile, ma è
l'interpretazione che l'episcopato ostile alle riforme del Papa tenta di accreditare. In realtà, la decisione di
rendere il dibattito trasparente riflette la sua volontà e il suo approccio.
E la discussione animata, a tratti aspra, sembra la traduzione di quella volontà di scuotere la Chiesa cattolica
e sottrarla all'autoreferenzialità, tipica del Pontefice argentino. Il problema è che il dibattito ha preso una
piega imprevista e probabilmente non voluta. Il metodo col quale si sono susseguiti gli interventi si è rivelato
difficilmente governabile. E la strategia comunicativa si è dimostrata non esente da pecche. A tratti ha
prevalso una sensazione di confusione. I riflettori accesi ossessivamente sui divorziati o sulle unioni civili
hanno finito per schiacciare l'attenzione solo su quei temi; e riprodotto una visione molto eurocentrica
dell'universo familiare, mettendo in ombra altre questioni sentite acutamente in Africa, Asia o negli Stati Uniti.
L'irritazione per come si sono svolti i lavori non è stata solo di cardinali freddi verso Francesco come Burke.
Lo stesso arcivescovo di New York, Timothy Dolan, uno dei grandi elettori di Bergoglio in Conclave, non
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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RETROSCENA IL DIBATTITO TRA I VESCOVI CHE PREOCCUPA IL PAPA
18/10/2014
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avrebbe gradito le proposte di Kasper né il modo in cui sono state presentate. Il motivo è che da domani i
prelati presenti dovranno tornare nelle loro diocesi; e spiegare ai fedeli quanto è accaduto realmente, e
perché. Per un episcopato come quello statunitense, impegnato per anni ad affermare la difesa dei «valori
non negoziabili», l'impostazione che è parsa prevalere prima che spuntassero i critici, crea qualche
imbarazzo: un disagio che serpeggia anche tra alcuni italiani e polacchi. Il rischio è che si accentui la vulgata
di un Papa riformatore e di una Chiesa resistente; e dunque di un Pontificato che non riesce a «convertire» i
propri vescovi.
Il risultato sarebbe quello di far passare la tesi che in realtà nulla stia davvero cambiando; e di deludere sia
chi si aspettava novità nette, sia chi difende rocciosamente la dottrina. La previsione degli uomini più vicini al
Papa è che alla fine si registrerà un consenso quasi unanime nei confronti di Bergoglio; e che si capirà meglio
quanto dietro le discussioni ci sia la sua regia, con la scelta di lasciare parlare tutti liberamente e avere un
quadro il più possibile fedele delle correnti di pensiero e degli umori. Certo, non si può dire che si sia trattato
di un Sinodo banale o scontato. Si è rivelato davvero «straordinario» al di là di ogni previsione. Ma la
sensazione è che sia anche sfuggito un po' di mano, evidenziando i problemi di governo del Vaticano e la
difficoltà di Francesco a trovare sempre le persone giuste.
Il Sinodo è stato la prima «vetrina» collettiva del secondo anno di Papato: quella dove è stata esposta e
misurata la profondità delle riforme di Bergoglio. Il risultato potrebbe definirsi un altro dei «poliedri» cari al
Pontefice: figure geometriche diseguali, nelle quali le diversità si saldano in una unità superiore, e anzi
contribuiscono a crearla. Le diversità nel Sinodo sono chiare, l'unità sta ancora prendendo forma. Francesco
è un Papa che dimostra grande abilità nel cambiare i paradigmi del potere vaticano, gode di immensa
popolarità; e insieme mostra qualche limite sul piano del governo. Forse perché viene da un'America latina
dove «la Chiesa è in un certo senso imprecisa, costruisce se stessa nell'esperienza, non si vede solo custode
della tradizione», sottolinea un gesuita. Già adesso, sotto voce, affiorano critiche per il «modello Buenos
Aires» che ha portato a Roma: una miscela di religiosità popolare e insofferenza per i riti della corte pontificia.
Non solo. Il mandato ricevuto dal Conclave è quello di disarticolare le strutture vaticane che hanno contribuito
di più, nell'ottica degli episcopati mondiali, a rovinare l'immagine della Chiesa. Ma nel Sinodo è affiorata una
critica più sottile, sussurrata da tempo: quella di consentire ad un'ala del cattolicesimo un'interpretazione
troppo «liberale» della dottrina. È stato il timore di allargare falle dottrinali a provocare la sollevazione contro
le aperture a divorziati risposati e omosessuali. Sono temi che l'Occidente concentrato sui diritti individuali
sente molto; altri episcopati molto meno, presi come sono da sfide più drammatiche. Bergoglio sa di dover
conciliare questi valori con l'eredità europea ed italiana. Ma ha bisogno di tempo e teme di non averne
abbastanza per non lasciare le cose a metà.
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191 I padri
sinodali
che si sono confrontati
nelle ultime due settimane sul tema
della famiglia38 Gli uditori
tra i quali
molte coppie
di sposi,
che al Sinodo avevano diritto di parola ma non di voto
18/10/2014
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non è un delitto tagliare del 2%
Sergio Rizzo
F acciamo davvero fatica, e tanta, a comprendere il lamento delle Regioni dopo che il governo di Matteo
Renzi ha chiesto loro di tagliare 4 miliardi. Il sacrificio equivale a circa il 2 per cento di una spesa pubblica
regionale che da quando nel 2001 è stato approvato il nuovo Titolo V della Costituzione è andata
letteralmente in orbita. In un solo decennio la crescita reale, depurata cioè dell'inflazione, è stata di oltre il 45
per cento. Con una qualità dei servizi che certo non ha seguito lo stesso andamento.
I presidenti delle Regioni minacciano ripercussioni sulla Sanità. Argomento cui si ricorre spesso quando viene
paventato un giro di vite, nella speranza di conquistare il sostegno dei cittadini. I quali però avrebbero anche
diritto di conoscere le cifre.
Nel 2000, prima dell'entrata in vigore del famoso Titolo V che ha esteso in modo scriteriato le autonomie
regionali, la spesa sanitaria era di poco superiore a 70 miliardi. Nel 2015 ammonterà invece a 112 miliardi.
L'aumento monetario è del 60 per cento, che si traduce in un progresso reale del 22 per cento.
Si potrà giustamente sostenere che in quindici anni sono cambiate molte cose: la vita media si è allungata e
la popolazione è più anziana. Per giunta, la Sanità italiana è considerata fra le migliori d'Europa, al netto delle
grandi differenze territoriali al suo interno che si traducono in un abisso del diritto fondamentale alla salute tra
il Nord e il Sud: altro effetto inaccettabile del nostro regionalismo.
Resta il fatto che nel 2000 la spesa sanitaria pro capite era di 1.215 euro e oggi è di 1.941, con un aumento
monetario del 59,7 per cento e reale del 26,7. La differenza di qualità del servizio è tale da giustificarlo?
Con un documento di qualche settimana fa il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha spiegato
che in un anno è riuscito a ridurre di 181 milioni la bolletta sanitaria senza colpo ferire: solo razionalizzando
acquisti e spesa farmaceutica. Dal canto suo la Consip, la società statale che gestisce gli acquisti della
pubblica amministrazione, ha fatto risparmiare 100 milioni su 320 soltanto con la fornitura centralizzata delle
strisce per la misurazione della glicemia, comprate a un prezzo unitario di 19 centesimi mentre prima si
andava da un minimo di 45 centesimi a un massimo di un euro e 10. Tanto basta per far capire quanto
grasso ci sia ancora nei conti della Sanità.
Ma il grasso della Sanità è niente rispetto al resto. Il fatto è che la riforma del Titolo V ha scatenato un
terremoto molto più dirompente di quanto non fosse prevedibile a causa della maggiore autonomia concessa
alle Regioni. Queste hanno cominciato subito a comportarsi come piccoli Stati indipendenti i cui
amministratori, ribattezzati pomposamente «governatori» con la colpevole complicità della stampa, non
avevano però il dovere di rispondere agli elettori, visto che i soldi venivano pressoché tutti distribuiti
attraverso lo Stato centrale.
Una sindrome dagli effetti sconcertanti, come dimostra la costosissima proliferazione di sedi estere, da
Bruxelles al Sudamerica alla Cina: come se ogni Regione dovesse avere una sua politica internazionale. Si è
arrivati perfino a creare strutture come il Centro estero per l'internazionalizzazione piemontese che ha come
obiettivo quello di «rafforzare il made in Piemonte». Mentre la vicina Regione Lombardia lanciava il progetto
«made in Lombardy».
Le conseguenze sono state nefaste. Al Nord come al Sud. I rigagnoli di spesa si sono moltiplicati, diventando
fiumi in piena. Gli organici sono stati gonfiati a dismisura. Sul totale di 78.679 dipendenti regionali (Sanità
esclusa), la Confartigianato ha calcolato esuberi teorici del 31 per cento: 24.396 unità. Ipotizzando un
risparmio annuo possibile di 2 miliardi e 468 milioni. Il record spetta al Molise, con esuberi teorici del 75,4 per
cento, seguito della Valle D'Aosta (71,2).
Le cronache offrono casi formidabili. Nella Calabria dove ci sarebbero 1.184 dipendenti di troppo, l'ispettore
spedito dal Tesoro, come ha raccontato sul Corriere di Calabria Antonio Ricchio, ha scoperto cose turche.
Per esempio 1.969 promozioni in un solo anno (il 2005 delle elezioni regionali) da lui ritenute illegittime, al
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Spese e sprechi delle Regioni
18/10/2014
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pari degli aumenti di stipendio retroattivi assegnati a 85 impiegati dei gruppi politici.
Nel Lazio, invece, per tutti gli anni Duemila si è registrata un'impennata pazzesca del personale dei parchi:
nel 2009 erano 1.271. Di cui 99 dirigenti.
Per non parlare delle società controllate e partecipate. La Corte dei conti ha appurato che quelle della sola
Regione Siciliana occupano 7.300 persone, con una spesa di un miliardo e 89 milioni nel quadriennio 20092012 per le buste paga. Nello stesso periodo la Regione aveva versato nelle loro casse un miliardo e 91
milioni, cifra che secondo i giudici contabili comprende anche «il ricorso reiterato e improprio a interventi di
mero soccorso finanziario a società prive di valide prospettive di risanamento».
E la politica? I consigli regionali, privati di ogni controllo centrale, hanno rivendicato prerogative pari a quelle
del Parlamento nazionale, cominciando dall'autodichìa. Ovvero, l'insindacabilità assoluta su come spendono i
soldi. Scandali a parte, è potuto accadere così che il consiglio regionale del Lazio abbia sfornato in meno di
40 anni 40 leggi locali ognuna delle quali ha accresciuto i privilegi retributivi e pensionistici dei consiglieri.
Il risultato è che oggi un terzo del bilancio del consiglio laziale se ne va per pagare i vecchi vitalizi. Grazie alle
antiche regole mai cambiate c'è pure chi continua a prendere l'assegno a cinquant'anni e dopo una sola
seduta.
Le Regioni spendono per i vitalizi 173 milioni l'anno. Cifra che sale in continuazione ma che potrebbe essere
ridotta di almeno 50 milioni, dice il finora inascoltato rapporto sulla spending review , senza gettare sul
lastrico nessuno. Ma su questo, da chi si straccia le vesti per i tagli chiesti dal governo, neppure un sussurro.
Sergio Rizzo
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Il personale Fonte: Ufficio studi Confartigianato Corriere della Sera Dipendenti Dipendenti per 1.000 abitanti
(in %) 78.679 Il numero totale dei dipendenti regionali 31% i dipendenti di troppo secondo una analisi di
Confartigianato. Gli esuberi teorici sarebbero pari a 24.396 unità Valle d'Aosta Lombardia Prov.aut.Bolzano
Prov.aut.Trento Friuli V.Giulia Veneto Piemonte Liguria Emilia-Romagna Marche Toscana Lazio Abruzzo
Molise Puglia Basilicata Calabria Campania Sicilia Sardegna 0 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 0 2.000
4.000 6.000 8.000 10.000 12.000 14.000 29,6 8,5 0,3 9 2,6 0,6 0,7 0,7 0,7 0,9 0,7 1,5 1,1 2,8 0,8 1,7 1,3 1,3
3,8 2,5 3.801 3.321 4.332 4.777 3.167 2.941 3.195 1.123 3.074 1.454 2.698 1.511 Umbria 0,6 1.992 3.460
902 3.191 985 2.581 7.501 19.165
18/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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La clausola di salvaguardia che protegge il premier
Francesco Verderami
La «clausola di salvaguardia» entra nel lessico politico. Non è più solo una regola di finanza pubblica, è un
concetto che Renzi usa per spiegare il «paracadute» con cui protegge il suo governo al Senato.
È uno strumento che Renzi ha già usato questa settimana a Palazzo Madama, quando - grazie all'ex grillino
Orellana - è passata la mozione che ha autorizzato il governo a rinviare il pareggio di bilancio. Insomma,
all'antico gioco della transumanza il leader del Pd ha dato una definizione più moderna, ma il problema è
sempre lo stesso. E c'è un motivo se Renzi monitora i numeri del Senato con la stessa cura che riserva ai
conti pubblici: la «clausola di salvaguardia» è una rete di protezione stesa per ripararsi dai rischi di una
scomposizione del fronte destro della maggioranza, dov'è in corso il conflitto tra Ncd e Forza Italia. Perciò tutti
gli uomini del presidente tengono rapporti con i dissidenti di M5S e i senatori delle Autonomie, e c'è la
convinzione che il meccanismo - se fosse necessario - consentirebbe al governo di reggere.
Certo, se la «clausola di salvaguardia» scattasse, vorrebbe dire che è mutata la geografia politica della
maggioranza. Ed è evidente che la trincea passa sul territorio difeso da Ncd, a cui Verdini vorrebbe sottrarre
dei parlamentari a Palazzo Madama per allestire un gruppo di «lealisti», pronti ad appoggiare Renzi e al
contempo decisivi per stringere la tenaglia su Alfano. In tal caso, salterebbe il progetto del ministro
dell'Interno di formare i gruppi unici con l'Udc, e il consigliere di «Silvio» (e di «Matteo») avrebbe partita vinta.
Così anche la sfida delle elezioni in Calabria diventa campo di battaglia per le questioni nazionali. D'altronde
è proprio da quella regione che viene una nutrita pattuglia di senatori del Nuovo centrodestra. Tra tutti c'è il
coordinatore locale Gentile, che ieri ha nuovamente smentito di voler lasciare Ncd: «Non è dalle trattative sul
territorio che dipende un progetto politico. E io non esco dal partito».
È chiaro che in questo scontro Renzi gioca un ruolo. Anche la sua neutralità darebbe un senso alla sfida che
è in atto tra gli ex Pdl. Ma non c'è dubbio che il premier al momento sia deciso a portare avanti la legislatura,
sebbene le sue mosse vengano monitorate con preoccupazione dai compagni di partito: lo strappo con i
sindacati sul Jobs act prima, e ora lo scontro con le Regioni sui tagli ai trasferimenti, sono interpretati da una
parte del Pd come il segnale che Renzi mira al voto anticipato in primavera. E le ombre si stendono su
presunti accordi stretti con Berlusconi per andare alle urne con il Consultellum, dividersi il 70% dei consensi e
dar vita poi a un (altro) governo di larghe intese.
Ma davvero Renzi sarebbe intenzionato a dividere Palazzo Chigi con il Cavaliere, che si presenterebbe in
Parlamento dopo aver epurato la vecchia guardia di Forza Italia? «Fino all'elezione del nuovo presidente
della Repubblica, non ci sarà altro voto», ha spiegato Bersani, tagliando di netto queste discussioni con
alcuni esponenti della sua area. E quel riferimento alla staffetta del Quirinale non è stato casuale. L'ex leader
del Pd voleva avvisare che Napolitano, piuttosto di firmare il decreto di scioglimento del Parlamento,
firmerebbe prima le sue dimissioni. «Lasciate stare quindi...».
La partita di Renzi è un'altra e ha un timing diverso. Il premier ha bisogno di tempo per radicare il suo
consenso nel Paese. Chi gli sta accanto lo nota dal modo in cui compulsa i sondaggi, ma non quelli
«quantitativi», bensì quelli che analizzano i dati sotto il profilo «qualitativo». È sempre una questione di
numeri insomma, nei conti pubblici come in Parlamento. La «clausola di salvaguardia» è per Renzi la
garanzia per andare avanti, in un senso o nell'altro. Anche perché - ammesso che davvero volesse andare in
primavera al voto - non potrebbe reggere un tour elettorale scandito dal rialzo quotidiano dello spread. Il
premier è il primo a saperlo.
Francesco Verderami
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407 parlamentari sono gli eletti del Partito democratico. Sono 298 alla Camera e 109 al Senato
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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SETTEGIORNI
18/10/2014
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Il voto
Martedì
sera a Palazzo Madama il voto sulla variazione del Def
ha tenuto
il governo Renzi con
il fiato sospeso. Il documento - che prevede tra l'altro
lo spostamento al 2017 del pareggio di bilancio - ha avuto il via libera solo grazie al sì dell'ex cinquestelle
Luis Alberto Orellana. Il testo ha ottenuto 161 voti, il minimo necessario per l'approvazione; 93 i contrari,
nessuno dei senatori si è astenuto
18/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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La premier della Polonia: «Alta tensione, colpa di Mosca»
Saremo con Kiev nelle riforme economiche e nella lotta alla corruzione Avevamo migliorato i rapporti con la
Russia, oggi sono tornati difficili
Maria Serena Natale
Al suo debutto internazionale la nuova premier Ewa Kopacz porta una Polonia ormai sicura del proprio status
in Europa e decisa a rilanciare le relazioni con il mondo orientale, tanto vicino ai tempi dell'Unione Sovietica e
delle alleanze strategiche tra Paesi comunisti ma perso di vista nei 25 anni dedicati a consolidare il ruolo
riconquistato nel continente unito.
Primo ministro dallo scorso 22 settembre, Ewa Kopacz è subentrata al liberale Donald Tusk (che il primo
dicembre si insedierà come presidente del Consiglio Ue) annunciando un approccio meno assertivo e più
pragmatico nei rapporti con la Russia. Nella giornata conclusiva del vertice Asem di Milano, dopo il bilaterale
con il britannico David Cameron, ha avuto un faccia a faccia con l'ucraino Petro Poroshenko. «Saremo al
fianco di Kiev nel risanamento economico - dice al Corriere nella prima intervista a un giornale italiano - e
siamo pronti a dare il nostro contributo al percorso di riforme anti-corruzione. Il prossimo 26 ottobre il Paese
andrà alle urne (per il rinnovo del Parlamento, ndr ), sarà l'occasione per verificare la tenuta del processo
democratico. Un voto importante non solo per il popolo ucraino ma per l'intero continente».
Donald Tusk presidente del Consiglio, con Federica Mogherini Alto rappresentante per la politica estera e di
sicurezza. La nuova squadra Ue saprà superare le divergenze emerse tra Stati occidentali e giovani
democrazie del Centro-Est sulla linea da tenere con il Cremlino?
«Le divisioni rendono deboli, l'Europa farà di tutto per parlare con una voce sola. Non è sicuro che riesca,
sarà il prossimo grande test».
Come definirebbe le attuali relazioni tra Varsavia e Mosca?
«Dopo la caduta del regime, la Polonia ha cercato la strada della normalizzazione dei rapporti con la Russia.
In questi anni ci siamo impegnati a migliorare l'intesa ottenendo buoni risultati, ma oggi il confronto è tornato
problematico. Occorre essere molto chiari sulle responsabilità. Le relazioni si sono deteriorate per il
comportamento di Mosca. La precondizione di qualsiasi sviluppo positivo ora è il rispetto delle leggi e dei
trattati internazionali, nel XXI secolo non sono accettabili annessioni territoriali».
La politica non è mai un gioco a costo zero. Per una donna è più difficile?
«Faccio politica da tredici anni, ho ricoperto incarichi a livello sia regionale che nazionale e difficoltà ne ho
incontrate tante, ma non è una questione di genere».
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Foto: Benvenuto Matteo Renzi,
39 anni, accoglie la premier polacca Ewa Kopacz, 57; tra loro, il leader uscente della Commissione Ue José
Barroso, 58 (Ansa)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Intervista a Ewa Kopacz
18/10/2014
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Serracchiani: noi governatori dobbiamo ammettere che ci sono sprechi
È la prima manovra che sfida la crisi e abbatte il costo del lavoro L'equilibrio diverso si può trovare E si può
fare una sanità migliore a costi minori
Tommaso Labate
ROMA «Questo scontro frontale sa di ritorno al passato. Non serve ai cittadini né al Paese. Ciascuno di noi
governatori sa che amministrare una regione non è facile. Ma ciascuno deve ammettere che si possono
ancora ridurre gli sprechi, intervenire sulle società partecipate, riqualificare la spesa sanitaria...». Nello
scontro governo-Regioni sulla legge di Stabilità, Debora Serracchiani - governatore del Friuli Venezia Giulia e
vicesegretario del Pd - sta col governo.
La critica di molti governatori è stata feroce. Lei difende la manovra?
«È una manovra straordinaria, la prima che sfida davvero la crisi. E che punta su crescita e investimenti
agendo sull'abbassamento delle tasse e l'abbattimento del costo del lavoro».
Ce l'avrà un'idea sul perché i suoi colleghi - a cominciare da Chiamparino, che è renziano - protestano?
«Io ho molto rispetto per i punti di vista degli altri. Ma credo che, sebbene il momento storico comporti non
poche difficoltà, il nostro compito sia quello di accettare la sfida che il governo ci fa sul terreno degli sprechi. Il
perché delle proteste? Temo che tra i miei colleghi sia prevalso un senso di legittima preoccupazione e anche
il timore per le poche informazioni finora avute. Ma dobbiamo impegnarci per arrivare a un punto di equilibrio
diverso. È una missione collettiva dalla quale nessuno può chiamarsi fuori».
Significa che la manovra potrà cambiare?
«Il varo della legge di Stabilità è solo il primo passo. Ciascuno porti proposte concrete al governo e un punto
di equilibrio diverso sarà possibile».
Se il governo le chiedesse di tagliare ancora le spese del Friuli Venezia Giulia, lei ce la farebbe?
«Non ho mai usato il verbo tagliare. Preferisco parlare di riqualificazione della spesa. Con quali risultati? Le
cito il giudizio di Standard and Poor's, secondo cui la mia Regione, "nonostante la riduzione delle entrate",
manterrà i parametri di crescita anche grazie al "controllo della spesa"».
Vale anche per la sanità?
«Certo. Si può fare una sanità migliore a costi minori. Però devi mettere in conto che sfidi qualche potere
forte locale».
Molti militanti renziani hanno messo sotto accusa Chiamparino...
«Penso che non abbiamo bisogno di farci un nemico al giorno. Siamo tutti preoccupati ma credo che
troveremo un punto di equilibrio migliore per tutti. Tenendo conto che il punto di partenza di questa manovra
è il migliore possibile».
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTA Il vicesegretario dem
18/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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«Sui divorziati non dovevamo dare risposte definitive»
Gian Guido Vecchi
CITTÀ DEL VATICANO «Ho l'impressione che noi padri sinodali raggiungeremo una buona maggioranza con
un testo aperto, ma non decisivo. Del resto, se si arriverà a riconoscere il problema, avremo già fatto un
grande passo avanti. Non mi sono mai aspettato una risposta definitiva, non era il compito del Sinodo
straordinario. Abbiamo un anno di tempo fino al Sinodo ordinario, non si può fare tutto in fretta...». Il cardinale
Walter Kasper ha l'aria serena e non vuole tornare sulle polemiche che lo hanno visto come bersaglio alla
vigilia dei lavori. Francesco aveva chiesto al grande teologo tedesco di preparare la relazione introduttiva, a
febbraio. Le aperture, a cominciare dai divorziati e risposati. Le contestazioni. «Ma io ho solo ho posto delle
domande. Ora parlino altri».
Pareva fosse un tabù, eminenza. Sembra che ora non sia più così, no?
«Si può dire che la questione non è chiusa, la dobbiamo studiare assieme, bisogna riflettere. Io ho fatto delle
domande, a febbraio. Poi al Sinodo sono arrivati i pastori, ho avuto l'impressione che tanti conoscessero per
esperienza il problema. Si vede che non era un problema mio ma una questione reale che richiede una
risposta differenziata».
A cominciare dalla «pratica penitenziale»?
«Pochi hanno notato che io non parlavo direttamente di ammissione dei divorziati e risposati alla comunione,
ma di ammissione all'assoluzione, anzitutto».
In che senso?
«Nel senso che per la disciplina attuale queste persone possono confessarsi ma non ricevere l'assoluzione!
Chi abortisce sì, i divorziati e risposati no. Io parlo di pentimento. Una persona si pente e poi cerca di fare il
bene che le è possibile nella sua nuova situazione».
Il cardinale Coccopalmerio faceva l'esempio di una donna che sposa un divorziato con figli e li cresce, fa loro
da madre. Per la Chiesa si dovrebbero lasciare?
«Ecco, appunto: sarebbe una nuova colpa. La mia domanda è: si può rifiutare l'assoluzione? Queste cose
accadono. Capitano spesso, purtroppo. E per la Chiesa, tra l'altro, è un problema serio, ne va della prossima
generazione».
E perché?
«Io vengo da una regione della Germania tradizionalmente cattolica. Un parroco mi ha detto: ho fatto un
raduno di ragazzi, la metà dei loro genitori non ha un matrimonio canonicamente valido. Se i genitori non
vanno ai sacramenti, non andranno neanche i figli».
Lei parlava non di una «seconda nave» dopo il naufragio del matrimonio, ma di una «tavola di salvezza».
Che significa?
«È un'espressione dei Padri della Chiesa. Non ho mai messo in dubbio, in nessun modo, l'indissolubilità del
matrimonio. La via possibile, attraverso il sacramento della penitenza, non sarebbe una soluzione generale».
Alcuni temono che l'accoglienza di situazioni difficili implichi un riconoscimento.
«Ma questo si può spiegare, non è così. Bisogna evitare il peggio. Accogliere una persona come il padre
misericordioso del Vangelo non vuol dire che si riconosca il suo comportamento».
Vale anche per gli omosessuali?
«Certo, la Chiesa accoglie tutti. Ma io non punterei troppo su questo tema ora. Crea reazioni emotive e in
questo contesto non è centrale. Non si deve discriminare, non possiamo giudicare, bisogna avere rispetto.
Ma non bisogna neanche equiparare. Il nostro tema in questo Sinodo è la famiglia, il matrimonio, le
difficoltà».
Che succederà, ora?
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
INTERVISTA Il cardinale Kasper
18/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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«Tutto questo deve essere elaborato perché non ci siano fraintendimenti. Non sarebbe responsabile decidere
in due settimane. L'importante è una certa apertura ai problemi. Come pastori, dobbiamo riflettere. E
prendere sul serio il pianto di tante persone».
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Foto: Teologo Il cardinale Walter Kasper, 81 anni, è autore, tra gli altri,
del saggio
«Fede e storia»
18/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 43
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Sale il mercato (+6,1%) ma l'Italia resta indietro (+3,3%). Fiat-Chrysler, nuovo exploit di Jeep
Raffaella Polato
MILANO La ripresa, a questo punto, può essere messa in conto. Per l'auto europea non sono ancora numeri
da boom, e restano comunque lontanissimi i picchi (ma anche i livelli medi) degli anni pre-crisi. Settembre
però va in archivio con un incremento del 6,1%, che porta a poco meno di 1,270 milioni le vetture
immatricolate nelle 28 nazioni dell'Unione allargata e dell'Efta.
In linea con i dati continentali torna Fiat Chrysler Automobiles. Sconta sempre la debolezza dell'Italia, che con
un +3,3% continua a non tenere il passo degli altri grandi mercati (a partire da quelli maggiormente
penalizzati dalla recessione: la Spagna segna per esempio un aumento a doppia cifra, il 26,2%; la Francia
viene subito dopo con il +6,3%; Regno Unito e Germania superano il 5%). Fca recupera tuttavia,
evidentemente, con le vendite negli altri Paesi e chiude il proprio bilancio europeo in rialzo del 6%. Significa
69 mila vetture immatricolate, che portano a 588 mila il totale da gennaio e confermano la quota del 5,4%
registrata a settembre 2013.
Sono numeri che incorporano l'ennesimo exploit di Jeep. La corsa del brand , prima praticamente inesistente
in Europa, mette a segno un altro +61% (3.600 auto). E se, per contro, rispetto alla media rallenta un po' Fiat
(+4,2%), il marchio consolida comunque la leadership assoluta tra le «piccole» e le citycar : 500 e Panda
rimangono i modelli più venduti nel continente e, insieme, coprono una quota pari al 28,7% del segmento A.
Quasi un'auto su tre.
Per il mercato nel suo complesso, la performance di settembre porta ormai a 13 i mesi consecutivi di crescita.
Adesso, dopo il rallentamento che in agosto aveva risollevato timori, il trend può essere considerato stabile.
La cautela certo non è sparita, visto il quadro economico generale. Nonostante tutto, però, ci sono fattori di
relativo ottimismo. Secondo Carlos da Silva, responsabile europeo di Ihs Automotive (il maggior istituto
internazionale di analisi del settore), il principale è legato proprio alla ciclicità dell'industria automobilistica:
«Comunque vada l'economia, dopo il crollo della domanda degli ultimi anni molti mercati devono
necessariamente rinnovare il parco circolante. È la chiara ragione di performance impressionanti come quella
di Grecia o Portogallo», dove le immatricolazioni sono aumentate del 32,6% e 31,5%.
Costretti all'acquisto perché le vetture troppo vecchie semplicemente non vanno più, in altre parole. Fattore
che, in parallelo, spiega anche la cautela di fondo e la lentezza di una ripresa che è in realtà un rimbalzo
forzato: sufficiente a far prevedere a Ihs una crescita 2014 del 5,2%, poco sopra i 12,5 milioni di
immatricolazioni (esattamente 12,570, per il Centro Studi Promotor), ma cui mancano ancora tre milioni di
veicoli per tornare ai livelli pre-crisi.
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Le immatricolazioni nell'Ue I principali paesi d'Arco Francia Germania Italia Spagna Belgio Regno Unito
UE28 Fonte: Acea *differenza settembre 2014/settembre 2013 Set. 2014 Set. '14/set. '13 151.089 +6,3
260.062 +5,2 110.436 +3,3 57.010 +26,2 36.383 +4,3 425.861 +5,6 1.269.517
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Auto in Europa, la ripresa di settembre
18/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 45
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Lo stop dopo gli incontri di Patuano in Brasile con il governo e gli azionisti della società
Federico De Rosa
Milano L'interesse resta. Ma per arrivare a conquistare Oi la strada non è semplice e nemmeno rapida.
Approfittando dell'occasione di Futurecom, il maggior evento dell'America latina dedicato al mondo delle
telecomunicazioni, l'amministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano, ha fatto questa settimana un
lungo giro in Brasile per capire quanto spazio c'è per fare l'operazione. I riscontri sarebbero stati positivi, ma i
tempi non sono ancora maturi.
Per il gruppo telefonico la conquista di Oi sarebbe la migliore risposta dopo che si è visto sfilare Gvt da
Telefonica perdendo un'opportunità di crescita in Brasile. Da un matrimonio tra Oi, leader nella telefonia fissa,
ma quarto nel mobile, e Tim Brasil nascerebbe il primo player integrato di un mercato in cui i tassi di crescita
nella telefonia sono ancora piuttosto consistenti. La combinazione, tuttavia, almeno secondo il piano a cui sta
lavorando il Banco Bradesco, porterebbe Telecom ad avere una quota di maggioranza per la quale è
necessario il benestare della politica. I cui equilibri dipendono dal ballottaggio che tra dieci giorni deciderà il
nuovo presidente del Brasile. Serve tempo, insomma.
Nel tour brasiliano Patuano ha avuto colloqui con il ministro delle comunicazioni Paulo Bernardo, con
l'Antitrust e con alcuni dei grandi soci di Oi, tra cui Bndesp, il braccio operativo del Banco nacional do
desenvolvimento, e Btg Pactual. Gli incontri avrebbero convinto Patuano della bontà dell'operazione ma
anche confermato le difficoltà ad ottenere la maggioranza di Oi e che i tempi non sono maturi. La società
brasiliana ha in corso un complesso processo di fusione con Portugal Telecom che porterà alla diluzione
degli attuali azionisti, trasformando Oi in una public company , e all'alleggerimento del debito che è pari a 14
miliardi di euro. La fusione, più volte rinviata, è prevista per l'inizio del 2015. Dopo le elezioni, quando il
quadro politico sarà chiaro, lo scenario potrebbe tuttavia cambiare e non è escluso che la stessa Oi possa
bussare a Telecom per trovare uno sbocco. Una possibilità che Patuano non escluderebbe e per questo
avrebbe messo in stand-by il dossier.
Che tuttavia non è l'unico sul tavolo di Telecom. C'è l'affare Metroweb, ma soprattutto il dossier Mediaset su
cui secondo alcune voci sarebbero stati avviati i primi sondaggi informali con l'Antitrust e l'AgCom per capire
la compatibilità di un'integrazione.
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14,3 Miliardi di euro l'indebitamen-to di Oi
Trasferta
Con l'occasione di Futurecom, il maggior evento dell'America Latina dedicato al mondo delle tlc, Marco
Patuano, amministratore delegato di Telecom Italia, ha fatto questa settimana un lungo giro in Brasile per
capire quanto spazio ci sia per l'operazione con Oi, in un mercato in cui i tassi di crescita nella telefonia sono
ancora consistenti
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Telecom «congela» l'operazione Oi
18/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 47
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Google batte Goldman Sachs, più fondi a Washington
smarteconomy.corriere.it
( m.sid.) È nata la House of Algorithms? Qualcuno in Rete, ieri, si domandava se Google voglia ora eleggere
il nuovo presidente Usa. Detto così, magari, è troppo forte (fosse così facile). Ma certo la volontà di
influenzare le prossime elezioni di mid-term c'è tutta e ha un nuovo indicatore: la società guidata da Larry
Page ha infatti speso - tramite il suo organismo di azione politica, NetPAC - 1,43 miliardi di dollari nel 2014,
più di Goldman Sachs (1,4) «famosa per le sue connessioni politiche», come sintetizzava ieri il Ft . Google
era già nota per essere la società che investe di più in lobbying a livello di comunità europea. Ma nel quadro
del Vecchio continente è evidente che la spesa serve più che altro per fare lobbismo regolatorio. Mentre negli
Stati Uniti - dove, ricordiamolo, i finanziamenti alla politica non solo sono leciti ma sono anche il principale
strumento di alimentazione dei due schieramenti in campo, repubblicani e democratici - la partita serve a
influenzare le scelte di politica interna. Come la stretta dei democratici sulle politiche di elusione fiscale di
tutta l'industria tecnologica.
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La squadra Pimco si mette in vetrina
( giu.fer. ) Dopo l'addio di Bill Gross, Pimco sente il bisogno di mostrare le facce della squadra al comando.
Finora Gross era stato il volto della società che aveva fondato e della quale era diventato chief investment
officer (Cio), ruolo condiviso fino a gennaio, anche a livello di immagine pubblica, con l'ex Ceo Mohamed ElErian. Con la duplice partenza dei due top manager in meno di un anno, il gruppo si è accorto di avere un
problema. Così sulla stampa finanziaria la società numero uno mondiale degli investimenti in obbligazioni,
con circa 2 mila miliardi di dollari gestiti, ha comprato pagine di pubblicità per fare vedere i volti di chi oggi
guida l'azienda. «We are Pimco» dice il titolo che accompagna le foto dei 6 top manager al vertice e il loro
ruolo: Daniel Ivascyn (nella foto), global Cio; Andrew Balls, Cio e responsabile globale del reddito fisso; Mark
Kiesel, Cio e responsabile globale del Credito; Virginie Maisonneuve, Cio responsabile globale per l'Equities;
Scott Mather, Cio responsabile per le Strategie core negli Usa; e Mihir Worah, Cio responsabile per Real
Return e Asset Allocation.
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Dieci in gara per l'ex sede Unicredit di Piazza Cordusio
( f.d.r. ) Le offerte sono arrivate giovedì sera. Per ora sono manifestazioni di interesse, e quindi non
vincolanti, ma la valorizzazione dell'immobile di Piazza Cordusio che una volta ospitava la sede di Unicredit
sarebbero tutte sopra i 350 milioni di euro. Una cifra che rispetta le attese di Idea Fimit, proprietaria del
palazzo che rappresenta il pezzo più pregiato del fondo Omicron Plus Immobiliare. La proposte sono arrivate
da dieci big del mercato, tra cui il fondo Cerberus, Blackstone, Hines, Sorgente e Jp Morgan. Ora Idea Fimit
insieme all'advisor Cbre passerà alla fase di analisi delle offerte per poi finalizzare la gara e iniziare la
trattativa per la vendita.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Sussurri & Grida
19/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
«Cambio la giustizia con l'opposizione E San Vittore va chiuso»
Aldo Cazzullo
«L a riforma della giustizia va fatta con le opposizioni. Sui reati finanziari c'è intesa coi 5 Stelle, sulla
responsabilità dei magistrati con FI - dice il ministro Orlando al Corriere -. Rivedremo appello e ricorso in
Cassazione, aumenteremo la discrezionalità del pm sull'azione penale». E sulle carceri: «San Vittore va
chiuso».a pagina 9
Ministro Orlando, anche lei pensa che i magistrati facciano troppe ferie?
«Penso che il taglio delle ferie si sia caricato di un significato ulteriore. Non è certo la pietra angolare della
riforma; ma non è neppure un atto di lesa maestà, o un'aggressione».
È evidente che le ferie sono un simbolo. Il punto è che la giustizia è lenta e incerta.
«Non sono solo un simbolo. È uno dei tanti provvedimenti per migliorare le performance della giustizia. Pur
riconoscendo la specificità del lavoro dei magistrati, credo se ne possa e se ne debba discutere».
Questa settimana arrivano alla Camera il decreto e la legge delega sulla riforma del civile. Il governo punta
sulla composizione extragiudiziale. Che esiste già; e non funziona.
«Ampliamo percorsi che già ci sono. Ne apriamo di nuovi. E facciamo diventare gli avvocati promotori di
questi percorsi. L'avvocato non ha interesse solo a mantenere la causa; diventa un soggetto che previene e
ricompone il conflitto».
Così il cittadino deve pagare per avere giustizia.
«Non è vero. Lavoriamo a un sistema di incentivi: una parte delle spese per gli arbitri e per la negoziazione
sarà detraibile. E non è vero che la giustizia viene privatizzata: se le parti non si ritengono soddisfatte,
possono tornare alla giustizia ordinaria. La vera privatizzazione è un processo che dura 10 o più anni, in cui
soccombe la parte più debole, che non è nelle condizioni di aspettare».
In Italia ci sono troppi avvocati?
«Il blocco del turn-over ha spinto una generazione verso la libera professione. La crisi dello status
dell'avvocato diventa un problema democratico: l'avvocatura era un bacino in cui si selezionava la classe
dirigente del Paese. Miglioreremo la formazione dei giovani, che potranno fare il tirocinio accanto a un
giudice, e attueremo la riforma dell'ordinamento: avremo avvocati specializzati, come i medici».
È possibile rivedere l'obbligatorietà dell'azione penale?
«Il principio costituzionale deve restare. Però leggi già votate dal Parlamento hanno già ampliato la
flessibilità. La riforma introduce un ulteriore elemento di discrezionalità per il pm, la condotta riparatoria: chi fa
un danno si impegna a risarcirlo, ripristina la situazione precedente, e il reato si estingue prima del
processo».
Perché si parla sempre di svuotare le carceri? E' impossibile costruirne di nuove? Riconvertendo quelle nei
centri storici, da San Vittore a Milano a Regina Coeli a Roma?
«Costruire è necessario. Va anche detto che l'aumento dei detenuti non è dovuto a un aumento dei reati, ma
a una scelta politica. L'Italia ha deciso di aumentare il ricorso al carcere per droga e immigrazione. Meglio
puntare sulla pena in comunità, sui lavori di pubblica utilità. Con Regioni e Comuni rimoduleremo il piano
carceri, anche per cogliere l'occasione urbanistica legata a immobili di grande valore. Io sono per chiudere le
carceri ottocentesche con i raggi, come San Vittore, non per riaprirlo altrove ma per sostituirlo con un carcere
più piccolo fuori Milano».
È possibile limitare l'appello e il ricorso in Cassazione?
«Ci confronteremo con l'associazione magistrati e con gli avvocati. Non credo a ricette tranchant, tipo abolire
l'appello. Ma si può far sì che non tutto sia appellabile, e non tutto possa finire in Cassazione. Nella riforma è
prevista una sorta di "superpatteggiamento": una confessione con sconto di pena, una "condanna
concordata" non appellabile».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'intervista il ministro Orlando
19/10/2014
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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La responsabilità civile dei magistrati non sarà una punizione?
«Modificare la legge Vassalli del 1988 era una necessità, imposta anche dall'Unione Europea, che ci obbliga
a varare una nuova legge entro fine anno. Se il Parlamento non farà in tempo dovremo intervenire per
decreto; ma la considero un'extrema ratio. La responsabilità dei magistrati resta indiretta: paga lo Stato, che
può rivalersi sul magistrato, che però risponderà per l'errore, non in base alla grandezza della causa.
Altrimenti nessuno vorrà fare processi grandi e quindi rischiosi».
La magistratura ha un atteggiamento conservatore?
«Avevamo avviato un dialogo costruttivo. Ho visto un cambio di atteggiamento molto forte legato alla vicenda
delle ferie, forse perché le si è attribuita un'enfasi che è stata scambiata per un'aggressione».
Renzi ha sbagliato?
«Penso abbia voluto emblematizzare alcuni interventi, come in altri campi. C'è bisogno di parlare con
l'opinione pubblica, di semplificare il messaggio. Credo che l'Anm sappia che noi non abbiamo mai fatto di
questa misura un punto centrale. Mi auguro che si riprenda la discussione, ora che la legge di stabilità
risponde a molte richieste dei magistrati. Ci sono i soldi per mille assunzioni nelle cancellerie, per stabilizzare
i precari della giustizia, per riqualificare il personale».
L'Anm critica le nuove norme sull'autoriciclaggio: limitarlo alle attività economiche e speculative consente ad
esempio di comprarsi una villa con i fondi neri.
«Se il reato di autoriciclaggio fosse una cosa semplice sarebbe già stato introdotto non tanto dalla destra, che
non l'ha mai voluto, quanto dalla sinistra. Si tratta di una misura storica. Il cuore è impedire l'inquinamento
dell'economia da parte di capitali illeciti, che alterano la concorrenza. Possiamo stabilire che comprare una
villa con i fondi neri alteri il mercato immobiliare. Ma non possiamo semplicemente moltiplicare le sanzioni già
previste per il reato presupposto, quello per intenderci con cui si è fatto il nero».
Come cambieranno le intercettazioni?
«Il tema va affrontato. La delega lo prevede. Dobbiamo conciliare le esigenze delle indagini con quelle della
privacy e del diritto all'informazione. Serve un filtro per non far finire nei fascicoli ciò che non è penalmente
rilevante».
Il patto del Nazareno prevede un accordo sulla giustizia?
«No. E non ne ho avuto alcun tipo di segnale. Non ho mai ricevuto un diktat legato a patti segreti. Ma
l'esigenza del confronto è fisiologica. Nella maggioranza ci sono forze che avevano programmi sulla giustizia
molto diversi. E i numeri molto risicati al Senato ci impongono il confronto con le opposizioni. So che la
navigazione è difficile: bisogna cercare ogni giorno punti di contatto. Ma andare oltre la maggioranza non è
solo un'esigenza numerica; è un esigenza politica. Non è un obbligo previsto dalla Costituzione. Ma dopo lo
scontro di questi vent'anni costruire una grande infrastruttura come la giustizia è una questione di rilevanza
democratica».
Sta dicendo che il governo vuole fare la riforma della giustizia con le opposizioni?
«Sul civile c'è stato in commissione un atteggiamento costruttivo da parte di tutte le opposizioni. Mi auguro
prosegua in Aula. Il consenso cambia a seconda del tema. Ci sono priorità simili sui reati di criminalità
economica con i 5 Stelle e con settori di Forza Italia sulla responsabilità dei magistrati. Sul civile si possono
ridurre le distanze con tutti. Del resto non esiste "la" riforma della giustizia. Esistono molti provvedimenti».
Un eventuale appoggio di Berlusconi su alcuni punti farà pensare a patti inconfessabili. Grazia compresa.
«La storia di questi mesi dimostra che si tratta di allarmi infondati. Un genere letterario, più che un'azione del
legislatore o del governo».
Che voto dà a Renzi?
«Sicuramente positivo. Renzi sta cercando di rompere la temperie tecnocratica degli ultimi vent'anni,
sorprendendo tutti. Renzi ha smentito Renzi. Ai tempi di Monti lo ricordo tra i più convinti supporter della sua
agenda. Ora ha ridato respiro alla politica, incrinando la logica ragionieristica della gestione europea della
crisi. Non solo rigore, ma redistribuzione del reddito e incentivi. Ora va proposta una politica industriale».
19/10/2014
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Lei però viene da una parte del Pd che rischia di essere spazzata via. Il partito diventerà il comitato elettorale
di Renzi?
«Il rischio comitato elettorale c'è. Ma non inizia con Renzi. Non si tratta di coltivare la nostalgia del tempo
delle sezioni. Dobbiamo costruire il partito facendo i conti con le nuove tecnologie, dando uno sbocco alla
partecipazione attiva dei cittadini, in altre forme oltre a quelle delle primarie. Altrimenti sono in pericolo, oltre
al partito e alla qualità democratica, anche le riforme. Che non dipendono solo dalle norme, ma da quel che si
riesce a cambiare nel profondo del Paese».
D'Alema e Bersani faranno la scissione?
«Sono convinto di no. Non è nella loro cultura politica un posizionamento di mera testimonianza».
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7 anni
È il tempo medio di attesa nel nostro Paese per il primo grado di giudizio di una procedura d'insolvenza2 anni
È il tempo medio di attesa in Italia per una pronuncia di primo grado in una causa di divorzio, più di un anno
per il secondo grado
La carriera
Spezzino, 45 anni, Andrea Orlando, ex pci, eletto alla Camera con l'Ulivo nel 2006, rieletto con il Pd nel 2008
e nel 2013 È stato portavoce del Pd con Walter Veltroni e Dario Franceschini segretari e presidente del
Forum Giustizia con Pier Luigi Bersani Nel 2013 viene nominato ministro dell'Ambiente del governo
presieduto da Enrico Letta Lo scorso febbraio è nominato ministro della Giustizia dal presidente del Consiglio
Matteo Renzi Il decreto legge sulla giustizia civile del Guardasigilli Orlando, approvato dal Consiglio dei
ministri il 29 agosto e firmato dal Colle il 12 settembre, prevede, tra le altre cose, norme per la
semplificazione del divorzio e lo smaltimento dell'arretrato ricorrendo ad arbitrati o negoziazioni assistite da
avvocati invece del processo civile. Criticata dall'Anm la riduzione delle ferie dei magistrati (da 45 a 30 giorni)
19/10/2014
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«Io un vero capo Sono pronto per la politica»
Fabrizio Roncone a pagina 15
ROMA «Li sente?». Chi? «I pappagalli... So' pappagalli che cantano... A pappagalliii!... Ah ah ah!».
Claudio Lotito, dentro un gessato blu di ottimo taglio, dimagrito, l'umore eccellente, avanza tra gli alberi: tre
ettari di giardino intorno a Villa San Sebastiano, la siepe che costeggia via Appia Antica. Con l'indice puntato,
fa ruotare il braccio da destra a sinistra. «È tutto mio, fino a laggiù: bello, vero?». Un posto di bellezza
definitiva, presidente. «Ci abitava il fotografo di Mussolini buonanima, poi ci sono stati i D'Amico, gli armatori.
Io l'ho fatto diventare il mio quartier generale».
È già mezz'ora che parliamo.
Lotito tende a intervistarsi da solo: passando dal latino al romanesco, s'interroga e si risponde, polemizza e
s'indigna, ironizza e scoppia in risate fragorose. «Dicono che sono l'uomo più potente del calcio italiano? Ma
no... io sono al servizio delle istituzioni». Diventa serissimo di colpo solo quando gli chiedo se è vero che ha
intenzione di scendere in politica. «Le spiego bene nel mio ufficio. Venga, entriamo...».
Un corridoio di marmo, colonne di marmo, e poi arazzi medievali e lampadari luccicanti, candelabri d'oro e
aquile d'argento, tappeti persiani, statue, affreschi.
«Sta scomodo su quella sedia? È una sedia del Settecento. Un po' alta, forse: ma all'epoca erano
piccoletti...» ( Intanto è comparsa la moglie, Cristina Mezzaroma, dinastia di costruttori: «Posso assistere?» ).
La politica, presidente.
«Io sono pronto per mettere a disposizione la mia esperienza. Ho dimostrato di saper fare, io sono un uomo
del fare. Sono capace ad amministrare. L'Italia, più che di politicanti, ha bisogno di buoni amministratori e di
persone perbene. Perché chi fa politica dev'essere pronto ad indossare anche il saio, e io non avrei problemi.
Io sono libero, non devo niente a nessuno, non ho interessi personali, non compro arbitri. Le mie aziende
sono floride, ho 8 mila dipendenti, e quanto poi alla Lazio: la presi dieci anni fa con 550 milioni di debito e,
adesso, è un gingillo di società, con un utile di 7 milioni...».
Anche Diego Della Valle sembra intenzionato ad impegnarsi in politica.
«Un altro che ha dimostrato capacità: ora, però, deve trovare il consenso. Operazione, purtroppo, non
semplice. Però poi ciascuno ha la sua dimensione. Lui ha la sua, io sono più legato al territorio. Sa, io sono
cattolico cristiano praticante e ho sempre un atteggiamento di disponibilità... Io, se posso, sono uno che
aiuta».
Lei è sempre stato molto vicino a Silvio Berlusconi e quindi è lecito supporre che...
«No, alt! Io ho ottimi rapporti con il Cavaliere, ma poi vedo e sento tutti...».
Tipo?
«Tipo che l'altro giorno ho viaggiato in aereo seduto accanto a Calderoli... dietro avevo Bersani... E che fa,
Bersani?».
Che fa?
«Una battuta. Ma non posso dirgliela. Sono riservato, io».
Coraggio.
«Senta, guardi: me lo chiedono in tanti... Claudio puoi essere utile, Claudio dai, Claudio deciditi...».
Matteo Renzi le piace?
«Ha avuto il coraggio di sollevare alcune questioni: poi, però, dalle promesse devi saper passare ai fatti. E
devi conoscere le priorità del Paese. La riforma del Senato, per dire, non è una priorità, e nemmeno la riforma
elettorale. Certo, lo so, bisogna ammettere che si muove in un contesto non facile. Anche se poi...».
Si risponda: anche se poi?
«No, dico: io che ho fatto nel calcio italiano? Ho mantenuto le promesse, ho rotto gli schemi. Parlavo di un
calcio didascalico e moralizzatore: e tutti a ridermi dietro. Poi però so' andato da Andrea Agnelli e gli ho detto:
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INTERVISTA PARLA LOTITO
19/10/2014
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Agné, sai che c'è? C'è che da oggi in poi dobbiamo condividere, e per condividere dev'esserci pari dignità.
Nun me guardà così: da oggi in poi ci contiamo e non ci pesiamo. Il tuo voto vale come quello del presidente
della Sampdoria».
Vi siete contati e avete eletto alla guida della Federcalcio Carlo Tavecchio, uno che fa battute razziste, sulle
donne, sugli handicappati.
«Tavecchio ha detto cose giuste nella forma sbagliata. È un ragioniere, ha senso pratico e una certa età:
quindi magari è rimasto un po' indietro... Trent'anni fa, come faceva quella canzone? Nel Continente nero\
potiponzi\ ponzi\ po'...».
La gaffe sui mangiabanane è costata a Tavecchio una squalifica dell'Uefa di 6 mesi.
«A parte che non è una vera e propria squalifica... ma poi mi spiegate, voi che fate la guerra a Tavecchio,
come fa ad essere razzista uno che ha costruito due ospedali in Africa e adottato tre bambini?».
Dicono: Tavecchio è teleguidato da Lotito.
«Falso! Falsissimo! Tavecchio è un gran lavoratore...».
(Lotito prende il cellulare, compone un numero. «Carlé, bello, so' io... Senti: quante società coordinavi
quand'eri a capo dei dilettanti? Ah... ecco, sì: 15 mila... No, niente, tranquillo, sta tranquillo...»).
«Capito? Questo è uno capace di controllare 15 mila società! Un ex alpino, uno tosto. Con lui introdurremo la
moviola, Blatter ci ha già dato l'okay, e poi, oh, abbiamo portato Conte sulla panchina azzurra».
Conte fa giocare la Nazionale in modo imbarazzante.
«Però vince. Embé?».
In Nazionale lei è a bordo campo perché...
«Perché, come consigliere federale, sono autorizzato. Punto».
Sul web la sfottono: girano fotomontaggi con lei che compare ovunque.
«M'invidiano! Vengo dal nulla, sono di successo, dormo tre ore a notte, gli parlo in latino, so' colto. Anche a
scuola: studiavo, prendevo voti alti. È una colpa essere bravi? Quando vedo arrivare Andrea Agnelli in Lega
che si porta dietro portavoce, dirigenti, avvocati... Io vado da solo: com'è?».
( Gli squilla il telefonino. «Però tu fai come ti dice Claudio tuo, fidati... e poi lo sai, no? Errare humanum est...»
).
«Scusi, dicevamo? Ah, ecco, sì: io non ho mai vissuto di rendita, come certi... E poi ho un dono: sono un
leader. Ma non lo dico io, no: l'ha detto Preziosi, il presidente del Genoa, ad Agnelli. E pure Thohir, quello
dell'Inter, mi sa che ha capito che tipo sono... Lo sa che inizia a piacermi quel Thohir?».
Comunque la Roma costruirà lo stadio: la Lazio, per adesso, no .
«A parte che la Roma costruirà lo stadio a Tor di Valle, dove pascolavano i cavalli: io della Roma non parlo.
Perché, se no, dovrei parlare pure dei conti della Roma...».
( Si alza di colpo, chiama la segretaria: «In macchina, sul sedile, dovrebbe esserci una mela: me la fa portare
dalla scorta?» ).
«Sto a dieta. Si vede? Mangiare poco, bere molto... E comunque, guarda, non è facile fare il presidente della
Lazio in una città dove D'Alema è della Roma, il presidente del Coni Malagò è della Roma... Ma io reagisco,
me ne frego, vado avanti... Mhmm... Mo', però, tu come me la scrivi quest'intervista?» ( È passato al tu quasi
senza accorgersene).
Scrivo quello che m'ha detto, presidente.
«Allora scrivi pure il mio motto: combattente, mai reduce!».
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Chi è
Claudio Lotito, 57 anni, è un imprenditore nel settore dei servizi, in particolare nelle pulizie.
È sposato con Cristina Mezzaroma.
Ha un figlio Dal 2004 è presidente della Lazio.
19/10/2014
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Con la squadra ha vinto due Coppe Italia
e una Supercoppa italiana. Ha sostenuto la candidatura
di Carlo Tavecchio alla presidenza della Figc8 mila
I dipendenti delle società che fanno capo a Claudio Lotito
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
104
19/10/2014
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Gli incentivi per le assunzioni? Finiranno in pochi mesi
Enrico Marro a pagina 8
ROMA Il testo del disegno di legge di Stabilità approvato mercoledì dal Consiglio dei ministri arriverà in
Parlamento la prossima settimana, spiegano fonti governative. Per ora bisogna accontentarsi della bozza,
che non ha subito modifiche di rilievo, aggiungono. Aggiustamenti più importanti potrebbero invece arrivare
alla Camera, dove comincerà l'iter del ddl. Sono infatti numerose le sorprese tra le righe dei 47 articoli della
bozza e tanti i nodi da sciogliere. Alcuni noti da tempo, come l'allargamento della platea dei beneficiari del
bonus di 80 euro alle famiglie numerose (nel testo non c'è ma molti parlamentari lo vogliono). Altri sorti dalla
lettura della bozza. E non si tratta solo dei tagli a carico di Regioni ed enti locali.
Quante assunzioni?
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in conferenza stampa aveva annunciato la decontribuzione totale
per tre anni sui nuovi assunti. Una misura molto importante, finalizzata a favorire l'occupazione giovanile che,
come certifica l'Istat, dal 2008 ad oggi, è diminuita di oltre due milioni, da 7,2 a 5,1, nella fascia tra 25 e 34
anni. Lo sgravio contributivo c'è, ma l'articolo 12 fissa un tetto di 6.200 euro l'anno, che corrisponde a una
retribuzione lorda annua di circa 19 mila euro, 1.200 euro netti al mese. Un livello che copre la grandissima
parte delle retribuzioni d'ingresso. Ma il limite maggiore è costituito dallo stanziamento per lo sgravio. Lo
stesso articolo 12 parla di «un miliardo per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017». Sommando le risorse
che verranno dalla soppressione degli sconti sulla stabilizzazione degli apprendisti e sull'assunzione di
disoccupati da più di 24 mesi, si arriva a 1,9 miliardi l'anno, dice il governo. Con questa somma, però, le
aziende potrebbero assumere poco più di 300 mila persone (1,9 miliardi diviso 6.200 euro fa 306.451)
mentre, secondo i dati del ministero del Lavoro, in un anno vengono attivati circa un milione e mezzo di
contratti a tempo indeterminato (nel 2013 sono stati 1.584.516).
Anche considerando i paletti fissati dal ddl (la decontribuzione vale sulle assunzioni a tempo indeterminato
effettuate nel solo 2015, con l'esclusione del settore agricolo, dei contratti di apprendistato e del lavoro
domestico e di coloro che nei sei mesi precedenti hanno avuto già un contratto a tempo indeterminato) i fondi
stanziati potrebbero andare esauriti già nella prima metà del 2015. Se quindi davvero Renzi vuole rendere
strutturalmente il contratto a tempo indeterminato meno costoso, deve stanziare molti più soldi.
Sconto Irap a metà
Oggetto di discussione è anche l'alleggerimento dell'Irap. La deducibilità totale del costo del lavoro dalla base
imponibile riguarda esclusivamente la forza lavoro a tempo indeterminato. Ed è controbilanciata dalla
cancellazione del taglio del 10% dell'aliquota Irap decisa ad aprile. L'Irap torna quindi al 3,9% (dal 3,5%) sulla
componente lavoro a tempo determinato e sulle altre due voci della base imponibile (profitti e interessi
passivi). Significa che il taglio complessivo dell'Irap si riduce a 2,9 miliardi rispetto ai 5 annunciati da Renzi.
Stangata su Tfr e fondi
È forse il capitolo più criticato della manovra. Perfino Stefano Patriarca, (ex Cgil, ex Inps), esperto di
previdenza che ha proposto il Tfr in busta paga già una decina di anni fa, boccia la decisione del governo di
sottoporre a tassazione ordinaria il flusso di accantonamento del Tfr che il lavoratore, dal 2015 (e fino al
2018) potrà chiedere gli venga messo nello stipendio anziché andare al fondo pensione o restare in azienda
ai fini della liquidazione (che gode di una tassazione agevolata). «Si rischia di compromettere tutta
l'operazione - dice Patriarca -. Basti pensare che con una tassazione pari a quella del Tfr, con le somme
messe in busta paga il reddito netto di un lavoratore che guadagna 15 mila euro all'anno aumenterebbe del
7,8% mentre con la tassazione ordinaria solo del 5,2%». Ed è pioggia di critiche anche sull'aumento del
prelievo sui rendimenti dei fondi pensione dall'11,5 al 20% e del Tfr (dall'11,5 al 17%).
Partite Iva, chi ci perde
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Legge di Stabilità
19/10/2014
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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La manovra prevede una riforma del regime di minimi per favorire le partite Iva a basso reddito. Oggi sono
ammesse al regime di tassazione forfettaria le partite Iva con fatturato fino a 30 mila euro. Con la riforma i
fatturati ammissibili varieranno per tipo di attività, da un tetto di 15 mila euro per i professionisti fino ai 40 mila
euro per i commercianti. Questi ultimi quindi sarebbero avvantaggiati mentre i professionisti, osserva lo
stesso sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti, si vedrebbero dimezzata la soglia di fatturato e triplicata
l'aliquota di prelievo che, secondo la stessa bozza, passa per tutti dal 5 al 15% del reddito imponibile. Anche
qui, dunque sono possibili correzioni in Parlamento.
Statali esasperati
La proroga a tutto il 2015 del blocco dei contratti dei dipendenti pubblici non fa più notizia. Le retribuzioni
sono ferme dal 2010. L'articolo 21 dispone anche il rinvio dell'indennità di vacanza contrattuale (non un gran
danno, vista l'inflazione quasi a zero) e il blocco degli automatismi per il personale non contrattualizzato. Il
tetto alle retribuzioni è stato tolto per militari e forze di polizia ma subiscono tagli l'indennità ausiliaria i fondi
per il riordino delle carriere e le una tantum. E le spese per il funzionamento dei Cocer, gli organi di
rappresentanza, sono dimezzate.
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Un anno di mercato del lavoro Chi è entrato chi è uscito nel corso del 2013 465.695 -489.712 -1.087.599
1.560.641 1.685.498 60.473 -45.190 -146.808 204.365 139.422 386.142 367.707 -481.297 -1.529.201 52.257 -163.960 -157.635 -475.636 -195.540 -164.210 -1.525.946 -42.998 1.741.748 67.952 57.843 152.651
129.808 1.539.435 364.972 -558.584 -2.104.720 -44.894 -219.973 -180.509 54.073 167.438 140.686
149.259 166.746 -132.521 Tempo indeterminato Tempo determinato Apprendistato Contratti di
collaborazione Altro Corriere della Sera 1º TRIMESTRE Totale: 2.430.296 Totale: -1.901.830 Totale:
2.511.847 Totale: -2.404.330 Totale: 2.393.507 Totale: -2.384.350 Totale: 2.266.604 Totale: -3.108.680 2º
TRIMESTRE 3º TRIMESTRE 4º TRIMESTRE 0 Rapporti di lavoro attivati Rapporti di lavoro cessati
9.799.190 totale rapporti di lavoro cessati nei 12 mesi 9.602.254 totale rapporti di lavoro attivati nei 12 mesi19
mila euro lordi l'anno, il tetto oltre il quale non è più possibile lo sgravio1 miliardo , lo stanziamento per
favorire l'occupazione giovanile nel 2015-20172,9 miliardi , il taglio effettivo che subirà l'Irap, ben più basso
dei 5 promessi dal premier Renzi
La vicenda
Mercoledì scorso è stato approvato il testo del disegno di legge di Stabilità . Questa settimana è atteso invece
il passaggio in Parlamento dove sono attesi aggiustamenti più importanti. Sono numerose le sorprese tra i 47
articoli della bozza e tanti i nodi da sciogliere. Alcuni noti da tempo, come l'allargamento della platea dei
beneficiari del bonus di 80 euro. Altri emersi ora e legati agli sgravi alle aziende
19/10/2014
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Laura Guardini
DALLA NOSTRA INVIATA
Cernobbio (Como) Due miliardi per aiutare la nascita di nuove aziende agricole e sostenere le esistenti «in
un momento di mercato difficile, quando i problemi sono grandi anche sul fronte del credito». Il ministro
Maurizio Martina ha scelto il Forum internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione di Cernobbio
(organizzato da Coldiretti) per delineare gli otto punti degli interventi 2015-2017: contratti di filiera per le
piccole aziende e di distretto-filiera per le reti di aziende; sostegno a chi ha progetti di sviluppo industriale o
commerciale; fondo di garanzia con copertura fino al 70% del prestito avuto dalla banca; fondo di credito
Ismea per i mutui; aiuti alle startup, ai giovani e alle piccole e medie imprese che programmano investimenti.
«Nonostante la crisi e il crollo dei consumi, il nostro è l'unico settore che offra un futuro e un lavoro: nel
secondo quadrimestre del 2014 siamo cresciuti del 5,6%; negli ultimi anni abbiamo creato 10 mila posti di
lavoro» aveva del resto detto Roberto Moncalvo, 34 anni, presidente di Coldiretti, piemontese come Paolo
Bonomi che nel 1944 fondò l'associazione di imprenditori che, con il suo milione e mezzo di iscritti, è la più
forte del Paese e tra le più importanti in Europa.
Le contraffazioni («i prodotti-tarocco») e il conto che l'embargo russo iniziato il 7 agosto sta presentando sono
stati gli altri temi della giornata di ieri, mentre sullo sfondo restano i numeri della crisi illustrati nella prima
giornata: 11 milioni di italiani (+130% rispetto al 2008) non mangiano in modo adeguato, mentre (ricerca
Coldiretti/Censis) oltre 4 milioni chiedono aiuto per i pasti.
Le contraffazioni e il mercato illegale nel quale la malavita organizzata mette radici sono in aumento: dalle
mozzarelle ai terreni agricoli, dai ristoranti all'autotrasporto, il business illegale fattura circa 14 miliardi, e
cresce nel mercato indebolito dalla crisi (il 61% dei disoccupati accetterebbe lavoro anche in un'azienda che
ricicla denaro sporco) . E i «falsi» crescono anche sul mercato russo, negli spazi svuotati dall'embargo che su
base annua al settore costa 200 milioni.
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11 milioni di italiani non mangiano in maniera adeguata
Confronto
Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti. Nella foto in alto, il ministro Maurizio Martina
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Due miliardi alle aziende agricole strette tra «falsi» e embargo russo
19/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 28
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Borse e bond, come cercare di guadagnare con il rimbalzo
Marco Sabella
Si è chiusa una settimana di passione per i listini di tutto il mondo con perdite comprese fra il 4 e il 7% e
rimonta finale proprio nel giorno di venerdì 17. Intanto lo spread tra Bund e Btp decennali è tornato ad
allargarsi fino a 200 punti salvo riportarsi a quota 161 nell'ultima seduta. Torna il panico sui mercati oppure si
tratta di un semplice adattamento a una situazione economica globale meno rosea di quanto gli economisti
prevedessero? Tra gli analisti e gli investitori istituzionali prevale questa seconda lettura e molti giudicano la
correzione in atto come una buona occasione di acquisto. Questi i temi al centro dell'attenzione di
CorrierEconomia , l'inserto economico e finanziario in vendita domani in allegato con il Corriere della Sera .
L'analisi dimostra che negli anni della crisi, a partire dal 2008 e fino a settembre 2014, chi ha comprato sulle
debolezze ha realizzato un profitto annualizzato del 5,7% e addirittura del 9,2% se gli acquisti sono stati
graduali, con il metodo dei Pac, i piani di accumulo del capitale. Guardando al futuro, secondo alcuni
strategist, nel 2015 le borse di Italia e Francia potrebbero registrare addirittura performance a doppia cifra.
Ma la settimana che si apre domani sarà ricca di novità importanti anche per il reddito fisso, con l'avvio delle
sottoscrizioni per la settima emissione del Btp Italia, il titolo del Tesoro con scadenza a sei anni e rendimento
agganciato all'inflazione. Conviene acquistare il nuovo bond anche se i prezzi al consumo sono in calo? Gli
specialisti rispondono affermativamente, sebbene la cedola minima garantita sia la più bassa di sempre
(1,15%). Ma ci sono buone ragioni per scommettere sul ritorno a un andamento positivo dei prezzi.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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«CorrierEconomia»
20/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 3
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La Chiesa e la ferita dei divorziati «Fu Ratzinger a sollevare il problema»
Molti voti contrari al paragrafo sugli omosessuali sono giunti da cardinali «progressisti» Il segnale L'abbraccio
di ieri tra i due Papi è il simbolo del cammino che la Santa Sede ha davanti
Gian Guido Vecchi
CITTÀ DEL VATICANO L'immagine migliore del cammino in corso è l'abbraccio di ieri tra Francesco e
Benedetto XVI, sul sagrato di San Pietro, con buona pace di chi continua a contrapporli. Il giorno dopo, la
cosa più bizzarra del Sinodo continua ad apparire il paragrafo sugli omosessuali che ha ottenuto 118 voti
favorevoli e 62 contrari, cioè la maggioranza assoluta ma non quella dei due terzi richiesta di norma. Suona
bizzarro perché non ha nulla di rivoluzionario in sé, visto che è composto da citazioni del Catechismo e di un
documento dell'ex Sant'Uffizio firmato nel 2003 dal prefetto di allora.
«Ci sono 62 padri che nel voto segreto hanno bocciato il Catechismo e Ratzinger!», esclamava l'altra sera
un vescovo stupefatto. Il giorno dopo, però, c'è un altro sinodale, di certo riformista, che alza lo sguardo
stanco e avverte: «Attenzione, su quel paragrafo il parere negativo è intrecciato. Anche altri me lo hanno
detto. Ci sono i voti contrari dei cosiddetti conservatori ma anche di quelli che lo hanno ritenuto insufficiente,
così com'era. Per esempio il mio. Meglio non parlarne, allora, sono temi che richiedono una riflessione
maggiore...».
La discussione e le votazioni serrate del Sinodo sono una faccenda complessa che va letta in prospettiva.
Francesco ha voluto che il testo integrale e le votazioni punto per punto fossero pubblicate perché la Relatio
Synodi divenisse una base ulteriore di discussione in vista del Sinodo dell'ottobre dell'anno prossimo: se ne
continuerà a parlare.
Certo le resistenze ci sono, come del resto il rischio di fughe in avanti: non a caso Francesco è intervenuto
per mettere in guardia dalle «tentazioni» opposte dell'«irrigidimento ostile» e del «buonismo distruttivo». La
Chiesa deve andare avanti, senza paura ma con equilibrio. Un principio fondamentale di Bergoglio è che «il
tempo è superiore allo spazio»: ci sono processi che richiedono la giusta «maturazione». Di là dai singoli
temi, è in gioco l'idea di Chiesa «in uscita», pronta ad avvicinare e chinarsi sulle «ferite sanguinanti» di chi
soffre.
Così è importante vedere Ratzinger che si alza e va incontro a Bergoglio che lo accoglie a braccia aperte,
come è accaduto il 28 settembre alla messa per i nonni, come accadde il 27 aprile per le canonizzazioni di
Roncalli e Wojtyla. La contrapposizione è alimentata soprattutto dagli ambienti (cosiddetti) «raztingeriani»,
ostili ad ogni cambiamento.
Ma Ratzinger non offre sponde a chi vorrebbe usarlo contro Francesco e dimentica che la rivoluzione più
grande, dalla quale tutto è cominciato, è stata proprio la «rinuncia» che ha azzerato i giochi e i veleni curiali.
«Io sono grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un'amicizia di cuore a papa
Francesco. Oggi vedo come mio unico e ultimo compito sostenere il suo Pontificato nella preghiera», ha
scritto a gennaio al teologo Hans Küng.
Per dire: fu Benedetto XVI, nel 2012 a Milano, a spiegare che «il problema dei divorziati risposati è una delle
grandi sofferenze della Chiesa di oggi, e non abbiamo ricette semplici». In aula, negli interventi dell'anima più
conservatrice, non ci sono stati riferimenti espliciti al magistero del predecessore in contrapposizione ai temi
del Sinodo. Anche se alcuni padri ne hanno trovato traccia nelle richieste di maggiore «chiarezza», come a
contestare la discussione libera e il cammino sinodale.
«Ma chi vuole contrapporli non li conosce», dice l'arcivescovo teologo Bruno Forte, scelto da papa
Francesco come segretario speciale del Sinodo e assai stimato da Ratzinger, che lo consacrò vescovo nel
2004. «Io sono anzi convinto che ci sia una profonda continuità tra Benedetto XVI e Francesco, proprio nella
ricerca di approfondire le questioni più problematiche. Pensi, ad esempio, ai divorziati risposati e
all'importanza della fede nella celebrazione del matrimonio: quando nella Relatio Synodi si parla di rendere
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Il retroscena
20/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 3
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più accessibili le procedure delle cause di nullità matrimoniale, si dice che "andrebbe considerata la
possibilità di dare rilevanza al ruolo della fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del
matrimonio". E questo è un argomento che Ratzinger ha posto più volte» .
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Foto: Insieme Il saluto tra papa Francesco ( a destra ) e il papa emerito Benedetto XVI ieri durante la
cerimonia di beatificazione di papa Paolo VI e, allo stesso tempo, di chiusura delle due settimane di lavoro
del Sinodo straordinario sulla famiglia (foto di Gregorio Borgia/Ap)
20/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 5
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Unioni gay, sì da tre italiani su quattro Sul matrimonio il consenso è del
35%
Favorevoli alle nozze (24%) o ai diritti (32%) anche molti tra i cattolici più assidui I divorziati Per l'83% dei
fedeli che va a messa tutte le domeniche è giusta la comunione ai divorziati I partiti I meno convinti del
riconoscimento delle coppie gay sono gli elettori di Forza Italia
Nando Pagnoncelli
I l Sinodo straordinario sulla famiglia convocato da papa Francesco ha mostrato un volto della Chiesa a cui
non eravamo abituati. Una Chiesa pronta ad affrontare e discutere temi scomodi, come l'ammissione dei
divorziati al sacramento dell'eucarestia o l'omosessualità. A conclusione del Sinodo, aldilà di alcuni aspetti
che rimangono controversi, sembrano lontani i tempi della Chiesa «del no», dei valori «non negoziabili».
Queste aperture appaiono in forte sintonia con le opinioni prevalenti nel nostro Paese, una sintonia
testimoniata dall'impennata di fiducia nella Chiesa dopo l'elezione di Francesco (passata dal 54% del febbraio
2013 al 76% dei mesi scorsi) e dai risultati del sondaggio odierno. Vediamoli in dettaglio.
La definizione di famiglia nella quale ci si riconosce maggiormente (53%) è quella di una «qualunque coppia
legata da affetto che voglia vivere insieme»; un italiano su quattro (28%) considera la famiglia solo se è
composta da un uomo e una donna sposati e 18% se è composta da un uomo e una donna anche se non
sposati. Tra i fedeli assidui, cioè tra coloro che partecipano alla messa domenicale regolarmente, quasi uno
su due (46%) ritiene che la famiglia sia composta da uomo e donna sposati ma una importante minoranza
(uno su tre) si riconosce nella prima definizione. Su questo tema, com'era lecito attendersi, le opinioni variano
in relazione all'età: tra le persone di oltre 60 anni e i pensionati infatti prevale una concezione più tradizionale
della famiglia.
Riguardo alla possibilità di dare la comunione ai divorziati si registra un larghissimo consenso: nel complesso
84% si dichiara molto (55%) o abbastanza (29%) d'accordo. In questo caso il favore è nettamente prevalente
anche tra i fedeli assidui (83%).
Il Sinodo sulla famiglia nell'ultima settimana ha suscitato un confronto politico e mediatico più ampio sui diritti
delle coppie di fatto rispetto a cui l'Italia appare in una situazione diversa rispetto a molti altri Paesi. A tale
proposito prevale l'idea che su questa spinosa materia la legislazione italiana sia arretrata. La pensa così il
56% degli intervistati, mentre il 21% ritiene che la nostra legislazione abbia il giusto approccio al problema
non essendo né troppo avanzata né troppo arretrata e il 14% considera la nostra legislazione fin troppo
permissiva.
Tra i fedeli assidui, sebbene prevalga l'idea che la nostra legislazione sia arretrata (36%), le opinioni sono
decisamente più diversificate mentre tra i fedeli che partecipano saltuariamente alla messa i pareri sono
sostanzialmente in linea con la totalità della popolazione.
Da ultimo la questione più spinosa, rappresentata dai diritti delle coppie omosessuali. Tre intervistati su
quattro sono favorevoli al riconoscimento dei loro diritti: il 35% si dichiara favorevole al matrimonio e il 39%,
pur essendo contrario al matrimonio, è favorevole alle unioni civili. Viceversa, il 23% è contrario sia all'uno
che alle altre. L'apertura ai diritti delle coppie gay prevale indistintamente tra tutti i segmenti sociali, sia pure
con accentuazioni diverse. Infatti i giovani fino a 30 anni, gli studenti, gli impiegati e gli operai, i residenti nelle
regioni del centro nord e gli elettori del Movimento 5 Stelle si esprimono nettamente a favore del matrimonio.
Sul fronte opposto si osserva maggiore contrarietà tra le persone meno giovani, meno istruite, tra i
pensionati, i residenti nelle regioni meridionali tutti con valori compresi tra 33% e 37%. Gli atteggiamenti di
maggiore chiusura si registrano tra gli elettori di Forza Italia (42%), nonostante il dialogo avviato su questo
tema da parte di Silvio Berlusconi che nei giorni scorsi ha ospitato a cena ad Arcore Vladimir Luxuria, uno dei
simboli della lotta per i diritti degli omosessuali, e soprattutto dalla sua giovane compagna Francesca Pascale
che nei mesi scorsi si è iscritta all'Arcigay e ha fatto scalpore chiedendo scusa per tutti coloro che dal
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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20/10/2014
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centrodestra hanno insultato e maltrattato i gay.
Nel mondo cattolico gli atteggiamenti sono abbastanza variegati: tra i fedeli più assidui la maggioranza
assoluta (56%) è a favore del matrimonio (24%) o delle unioni civili (32%), tuttavia con valori meno elevati
rispetto ai fedeli saltuari (75% a favore dei diritti) e ai non praticanti e ai non credenti (85% a favore).
Il Paese sta cambiando, sia pure in modo graduale e non univoco. E trova conforto nel fatto che un'istituzione
come la Chiesa, tradizionalmente poco incline al cambiamento, stia affrontando di petto alcune questioni
delicate, fino a poco tempo fa considerate dei veri e propri tabù. Tutto ciò rappresenta una sfida per le nostre
istituzioni e il nostro legislatore che, quanto ad innovazione, oggi sembrano scavalcati dalla chiesa di papa
Francesco.
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Il sondaggio Corriere della Sera Sondaggio realizzato da Ipsos PA per «Corriere della Sera» presso un
campione casuale nazionale rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne secondo genere, età,
livello di scolarità, area geografica di residenza, dimensione del Comune di residenza. Sono state realizzate
997 interviste (su 9.217 contatti), mediante sistema CATI, il 14 e 15 ottobre 2014. Il documento informativo
completo riguardante il sondaggio sarà inviato ai sensi di legge, per la sua pubblicazione, al sito
www.sondaggipoliticoelettorali.it In generale lei direbbe che una famiglia... 1 La Chiesa sta discutendo se
dare la comunione anche ai divorziati. Lei quanto è d'accordo? 2 Lei direbbe che l'Italia per quel che riguarda
le coppie di fatto, omosessuali o meno... 3 In questi giorni si è molto parlato della possibilità di matrimonio per
le coppie omosessuali. Lei direbbe di essere... 4 È composta da marito e moglie È composta da un uomo e
da una donna, anche non sposati È qualunque coppia legata da affetto e che voglia vivere insieme Non sa
Molto Abbastanza Poco Per niente Non sa Ha una legislazione arretrata Ha un giusto approccio al problema,
non è né troppo avanzata né troppo arretrata Ha una legislazione troppo permissiva Non sa Favorevole al
matrimonio tra coppie omosessuali Contrario al matrimonio ma favorevole alle unioni civili Contrario sia al
matrimonio che alle unioni civili Non sa, non indica 1% 28% 53% 18% Totale popolazione 6% 55% 29% 6%
4% Totale popolazione 9% 56% 21% 14% Totale popolazione 3% 35% 39% 23% Totale popolazione Pd Ncd
- Centro Forza Italia M5S 38 36 24 2 33 43 23 1 16 41 42 1 52 35 13 0 Valori %
In Italia
Sulle unioni gay, in Italia, il Parlamento ha messo in calendario una sola proposta di legge, quella di Franco
Grillini (Ds) sui Pacs del 2002 (mai votata) I Dico varati dal governo Prodi nel 2007 si arenarono in
commissione Giustizia al Senato Il premier Matteo Renzi ha detto che l'Italia avrà una legge come quella
tedesca, da votare entro l'anno
All'estero
In Germania le unioni civili sono solo per le coppie gay: stessi diritti del matrimonio, eccetto che per
l'adozione (si può adottare solo il figlio del partner) Con il matrimonio egualitario, aperto a coppie etero e gay,
la Danimarca ha abolito le preesistenti unioni civili In Francia ci sono sia il matrimonio che le unioni civili per
coppie gay ed etero
20/10/2014
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Il ministro: possibili 800 mila contratti a tempo indeterminato. La manovra alla firma di Napolitano «I fondi
pensione? Non li stiamo svantaggiando, adeguiamo il trattamento fiscale ai valori europei» Evasione fiscale
«Questa volta pagheranno chi ha posizioni di rendita e chi ha evaso il Fisco»
Stefania Tamburello
ROMA La legge di Stabilità, assicura il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, sarà presentata alla firma
del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, stamattina. Poi potrà iniziare l'iter parlamentare partendo
dalla Camera. Nello stesso tempo a Bruxelles la Commissione continuerà a esaminare i documenti inviati
dall'Italia per dare il suo giudizio il 29 ottobre. Ma non ci sono timori di bocciature. «Siamo all'interno delle
regole e della flessibilità ammessa dal Patto di stabilità europeo» ha infatti sottolineato Padoan durante
un'intervista televisiva al programma «in ½ ora» di Rai3. «Il rapporto deficit-Pil continua a scendere, l'obiettivo
strutturale continua a migliorare. Siamo in condizioni eccezionali: è il terzo anno di recessione del Paese e il
programma di riforme avviato è veramente importante» ha spiegato il ministro. che poi ha anche affrontato la
questione degli sgravi contributivi per tre anni sulle assunzioni a tempo indeterminato. «Abbiamo mobilitato
1,9 miliardi, ma se non saranno sufficienti ci saranno risorse aggiuntive».
Su quante assunzioni potranno essere agevolate con 1,9 miliardi il ministro non si è sbilanciato.
«È molto difficile fare un calcolo preciso. Nessuno ha la misura di quanti possono essere i contratti a tempo
indeterminato. Immaginiamo 800 mila posti di lavoro in tre anni» ha affermato. Secondo valutazioni che
trapelano dai tecnici dello stesso ministero dell'Economia, con 1,9 miliardi si potrebbe finanziare al massimo
la decontribuzione di 500 mila assunzioni. Poi serviranno altri fondi. Sul numero fatto dal ministro ha
ironizzato il leader Fiom, Maurizio Landini, intervenuto ieri a «Che tempo che fa»: «Era stato più bravo
Berlusconi che aveva detto un milione». «Sono stanco di sentire spot» ha concluso Landini.
Padoan ha quindi assicurato che la manovra disegnata con la legge di Stabilità «è fortemente orientata alla
crescita» e non colpisce più di altri la classe media. «Questa volta pagheranno quelli che hanno una
posizione di rendita, che hanno lucrato sugli sprechi» e «quelli che non hanno mai pagato, gli evasori fiscali».
Quanto al Tfr in busta paga, il ministro assicura che non ci sarà il rischio di perdere il bonus di 80 euro mensili
perché il calcolo per averne diritto verrà fatto sul reddito al netto dell'eventuale scelta di prendersi il Tfr.
I rapporti col sindacato e con la Cgil infine. «Sono due decenni che l'Italia non cresce, che il Paese è
bloccato. La responsabilità è diffusa ed è forse anche del sindacato». Quanto in particolare al gelo che ormai
avvolge i contatti tra il capo del governo Matteo Renzi e il segretario della Cgil, Susanna Camusso, Padoan si
è detto «favorevole» a «qualunque dialogo con chiunque sia d'accordo con questa semplice regola: il paese
va sbloccato altrimenti rischiamo grosso».
Intanto però ieri la Uil ha chiesto lo sblocco dei contratti del pubblico impiego minacciando, in caso contrario,
di non rispettare più i limiti previsti per gli scioperi del settore.
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La legge di Stabilità 15 11 3,8 1 0,6 36 3,6 d'Arco Revisione della spesa Lotta all'evasione fiscale Risorse
reperite in deficit Slot machine Banda larga miliardi Rendite 9,5 5 Stabilizzazione bonus 80 euro Riserva
Abolizione componente lavoro Irap 5 Assunzioni defiscalizzate 0,1 per 3 anni 1,5 0,5 0,8 0,5 6,5 3,4 Tfr in
busta paga Ammortizzatori sociali Scuola Partite Iva Famiglie Patto stabilità per i Comuni Spesa a
legislazione vigente 18 miliardi L'ENTITÀ DELLA MANOVRA TAGLI ALLE TASSE Entrate Uscite
Foto: Sul canale economia del sito del Corriere della Sera spunti, analisi e aggiornamenti sulla legge di
Stabilità che questa settimana dovrebbe passare alle Camere dopo che il governo ha approvato, lo scorso
mercoledì, il testo del disegno di legge. Sotto attese importanti modifiche dal passaggio alla Camera. Tra i
nodi ancora da sciogliere le tensioni tra l'esecutivo e le Regioni che soffrono i tagli al budget
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Padoan: siamo in regola, l'Ue non ci boccerà
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Foto: «Sono almeno due decenni che il Paese è bloccato» ha detto il ministro dell'Economia, Pier Carlo
Padoan (foto), ospite ieri di «In ½ ora», il format di Rai3
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«Una tassa unica sulla casa entro i prossimi due mesi»
Gutgeld: salirà a 8.060 euro il tetto per gli sgravi sulle assunzioni «Regioni, Comuni e Province: metteremo
online tutte le spese» Partite Iva «Nessuna penalizzazione perché ci sarà una clausola di salvaguardia»
Enrico Marro
ROMA Il tetto per la decontribuzione sulle assunzioni a tempo indeterminato salirà dai 6.200 euro scritti nella
bozza del disegno di legge di Stabilità a 8.060 euro all'anno nel testo definitivo che arriverà nei prossimi giorni
alla Camera. E funzionerà come franchigia. Nel senso che le aziende che avrebbero diritto a uno sconto
maggiore non verseranno comunque all'Inps i primi 8.060 euro, ma solo la parte eccedente. Lo annuncia
Yoram Gutgeld, consigliere economico del presidente del Consiglio Matteo Renzi. La decontribuzione sarà
triennale e consentirà di agevolare «circa 850 mila assunzioni, cioè quasi il 50% in più delle 600 mila
assunzioni a tempo indeterminato prendendo come base i primi 6 mesi del 2014».
Novità in vista anche per le partite Iva. La manovra, spiega Gutgeld, conterrà una clausola di salvaguardia: se
le regole finora in vigore fossero più vantaggiose di quelle che scatteranno nel 2015, il contribuente potrà
restare nel vecchio sistema. In questo modo, aggiunge, «nessuno verrà penalizzato», compresi i
professionisti che in questi giorni si sono lamentati. Gutgeld difende la manovra espansiva del governo e
respinge le critiche sulle risorse limitate per gli incentivi, osservando che, «se non bastassero, non
dimentichiamoci che abbiamo messo da parte un tesoretto di tre miliardi e mezzo di euro».
Ma questo non dovrebbe servire a correggere la manovra se Bruxelles dovesse bocciarla?
«Questo è oggetto di discussione. Credo comunque che non sarà necessario utilizzare tutta questa
capienza».
Torniamo alla decontribuzione. Lei dice che gli incentivi basteranno per 850 mila assunzioni. Ma se la
franchigia sale a 8.060 euro e i soldi a disposizione nel 2015 sono 1,9 miliardi, come si arriva a questa stima?
«Noi calcoliamo che, in media, i contributi che non si dovranno pagare valgono 2.200 euro circa ad
assunzione. Le spiego come si arriva a questo risultato. Stimiamo che la retribuzione media lorda sulle
assunzioni a tempo indeterminato che potranno godere dell'agevolazione sia di 14.500 euro lordi all'anno.
Bisogna infatti considerare che molti sono a part time, quindi con uno stipendio più basso. Su questi 14.500
euro l'azienda non dovrà pagare circa il 31% di contributi, sommando il 24% dovuto all'Inps e i restanti oneri
sociali, Inail esclusa. Si tratta quindi di 4.500 euro di sconto su base annua.
Ma non tutte le assunzioni partono il primo gennaio, bensì avvengono nel corso dell'anno. Ci sono quindi
aziende che avranno lo sgravio per 12 mesi, altre per 8 altre per 2 e così via. Ipotizzando uno sconto medio
di 2.200 euro, possiamo concludere che con 1,9 miliardi possiamo incentivare 850 mila assunzioni».
Lo sgravio è triennale e quindi per il 2016 e il 2017 lo sgravio si avrà per 12 mesi e quindi dovranno essere
stanziati molti più soldi (3,8 miliardi su base annua, moltiplicando 4.500 euro per 850 mila).
«Infatti. Nel complesso della manovra vedrà che lo stanziamento previsto salirà a circa 3 miliardi nel 2016,
tenendo conto della minore detrazione Ires che vale circa 800 milioni».
In ogni caso siamo lontani dall'obiettivo di far diventare il contratto a tempo indeterminato il rapporto di lavoro
prevalente, se consideriamo che ogni anno vengono attivati circa 9 milioni e mezzo di contratti.
«Io intanto sarei molto soddisfatto se riuscissimo a incentivare 850 mila assunzioni e stabilizzazioni. Se la
richiesta fosse maggiore, vorrebbe dire che siamo finalmente davanti a quella ripresa che tutti ci auguriamo.
E comunque soddisferemo tutte le richieste. Su questo non ci sarà un tetto alla spesa».
Passiamo alle partite Iva. I professionisti dicono che ci rimetterebbero.
«Guardi, cominciamo col dire che ampliamo la platea delle partite Iva a basso reddito che possono godere
del regime forfettizzato, passando dagli attuali 300 mila a quasi 900 mila soggetti. Inoltre, non saranno
possibili penalizzazioni perché ci sarà una clausola di salvaguardia. Voglio aggiungere che c'è anche
sostanziale dimezzamento degli acconti Inps. In tutto stanziamo 800 milioni che saliranno a un miliardo negli
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L'intervista Il settimanale «Der Spiegel»
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anni successivi. E queste persone non avranno più bisogno del commercialista. Tuttavia, siamo aperti a
miglioramenti della norma nella discussione parlamentare».
Spending review. Sono previsti 6,1 miliardi di tagli per i ministeri e 6,2 per Regioni ed enti locali. Se non
verranno fatti scatteranno le clausole di salvaguardia, cioè l'aumento delle tasse. Su cosa scommetterebbe,
la prima o la seconda ipotesi?
«Noi crediamo che questi tagli per gli enti locali siano assolutamente raggiungibili. Per i Comuni c'è la quasi
totale cancellazione dei vincoli del patto di Stabilità. Quelli virtuosi potranno spendere per investimenti 3
miliardi in più. Per le Regioni il taglio reale è di 2 miliardi. Dicono 4 perché si aspettavano un aumento dei
trasferimenti di 2 miliardi. Basta una più oculata gestione per centrare obiettivi».
Molti chiedono di fissare un tetto alle imposte locali. Lei è d'accordo?
«I tetti sono già previsti. Nei prossimi mesi faremo un'operazione verità, mettendo online le spese di Regioni,
Comuni e Province, in modo che tutti i cittadini possano confrontare e vedere se più tasse corrispondono a
più servizi o coprono una gestione inefficiente».
Renzi aveva annunciato una tassa unica sulla casa, mettendo insieme Imu, Tasi e Tari. Perché nella legge di
Stabilità non c'è?
«Questa semplificazione delle tasse locali è sacrosanta. Siamo reduci da due anni di confusione totale. Il
nostro impegno per la tassa unica verrà realizzato nei prossimi due mesi. Vedrete che lo faremo».
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Fonte: ministero del Lavoro Le dinamiche dei contratti Tempo indeterminato Tempo determinato
Apprendistato Contratti di collaborazione Altro Corriere della Sera Totale: 2.371.540 Totale: 2.651.648 Totale:
-1.849.844 Totale: -2.430.187 NEL 2013 1º TRIMESTRE 2014 2º TRIMESTRE Totale : 9.602.254 Totale: 9.799.190 Rapporti di lavoro attivati Rapporti di lavoro cessati 418.396 403.036 81.954 153.313 -460.675
1.583.808 1.848.147 -1.102.338 56.195 -41.384 -42.510 -147.718 165.198 -178.607 189.922 -128.407
123.219 -461.441 -1.599.911 -117.040 0 -6.247.466 -185.339 -726.281 -2.005.229 -634.875 1.584.516
6.527.322 240.341 673.713 576.662
900 mila , la platea delle partite Iva a basso reddito che potranno godere del regime forfettizzato
Chi è
Nato a Tel Aviv (Israele) il 14 dicembre 1959, Yoram Gutgeld è il consigliere economico del premier Matteo
Renzi. È stato senior partner e direttore di McKinsey ed è stato eletto alla Camera con il Partito democratico
nelle elezioni del 2013
20/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 10
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«Di Pietro corre a Milano? Magari anch'io»
M. Reb.
Milano «Antonio Di Pietro che elemosina una candidatura a sindaco di Milano mi fa pena, con le sue
inchieste ha gettato fango sulla città». A Stefania Craxi, già parlamentare del centrodestra, l'ipotesi che l'ex
pm di Mani pulite (che incriminò il padre Bettino) corra a Milano nel 2016 smuove ricordi e propositi
battaglieri: «Le sue inchieste di allora non hanno risolto nulla e la riprova l'abbiamo ora: non mi pare che a
Milano la corruzione sia stata debellata».
Di Pietro dice di volersi candidare proprio per questo .
«Ma con quale faccia? I magistrati di Brescia, quando era pm, lo definirono privo dell'adeguata professionalità
e adesso, dopo essersi arricchito con la politica, pensa di proporsi ai milanesi? È un moralista dei miei stivali,
se lo farà potrebbe trovarsi una sorpresa...».
Pensa di candidarsi a Milano?
«È presto, ma può darsi che ci faccia una riflessione».
E se Di Pietro si candida?
«Posso candidarmi anche io».
Secondo lei il M5S lo sosterrà ?
«Penso di no. E poi, al secondo turno con chi si potrebbe alleare? Con il centrodestra no di certo. E mi
auguro nemmeno con la sinistra. Il garantista Giuliano Pisapia insieme a Di Pietro? Certo ne abbiamo viste
tante...».
E Salvini?
«Ancora non si capisce se correrà da solo o con il centrodestra. La manifestazione di sabato in piazza
Duomo però intercetta un sentimento reale».
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Foto: Chi è Stefania Craxi, 54 anni, ex deputata, ora in FI dopo una parentesi con i Riformisti
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'intervista / Stefania Craxi
20/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 10
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«FI cambi rotta: torniamo al bipolarismo»
Al. T.
ROMA Andrea Ronchi, lei ha promosso «Ricominciamo da noi», convegno che sarà riproposto giovedì a
Cassino e in altre città: come può ripartire il centrodestra?
«Dai nostri valori, da battaglie come quelle sulla famiglia naturale o sulla tutela delle piccole e medie imprese.
Non servono i congressi se non ci sono le idee».
La Lega riempie un vuoto lasciato
dal centrodestra?
«Salvini, con grande pragmatismo e intelligenza, è diventato il punto di riferimento del nostro elettorato
perché interpreta in modo semplice le nostre idee: dai temi dell'immigrazione alla famiglia naturale,
all'italianità».
Condivide il Patto del Nazareno?
«No, è stato un grandissimo errore, perché si è fatta passare l'idea di un soccorso azzurro a Renzi.
Dobbiamo abbandonare i tatticismi. Io sono per il bipolarismo».
Cosa pensa di Renzi?
«È spregiudicato: vuole sconfiggere Berlusconi non per via giudiziaria, ma per via politica. E lo sta facendo».
Berlusconi serve ancora al centrodestra?
«È stato un grande della politica estera. È il leader e non si discute. Ma deve capire che si deve cambiare
rotta e che dobbiamo riappropriarci delle nostre bandiere. Vorrei che Forza Italia facesse un manifesto così:
"Prima gli italiani"».
Condivide le battaglie di Fitto?
«Fitto ha ragione quando dice che serve un'opposizione dura e che non dobbiamo essere servi di Renzi».
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Foto: Chi è Andrea Ronchi, 59 anni, ex deputato di An e poi del Pdl, ex ministro per le Politiche Ue
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'intervista / Andrea Ronchi
20/10/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 39
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Le troppe amnesie sui cristiani perseguitati
Pierluigi Battista
Hanno condannato in Appello Asia Bibi, che perciò morirà in Pakistan, se la Corte Suprema confermerà il
verdetto. È stata condannata per «blasfemia». Una bugia: l'hanno condannata, ne ha scritto Monica Ricci
Sargentini, perché è cristiana e si ostina a non convertirsi, come le intimano i suoi carnefici. Quando verrà
assassinata dallo Stato sulla base di un capo di imputazione orripilante, non ci saranno mobilitazioni,
campagne d'opinione sui blog, hashtag, nastrini colorati, solidarietà internazionale. Infatti Asia Bibi è cristiana,
e perciò la sua sorte non terrà il mondo con il fiato sospeso. Il mondo è indifferente alle persecuzioni che i
cristiani stanno subendo per mano del fondamentalismo islamista. Ogni tanto ha un sussulto per le bambine
rapite, stuprate e costrette a convertirsi dalle milizie di Boko Haram in Nigeria, quelle che vogliono chiudere le
scuole con le bombe perché, dicono, «l'istruzione occidentale è un peccato».
Ma la scrittrice nigeriana e cristiana Chimamanda Ngozi Adichie, che vive negli Usa e di cui Einaudi ha
appena tradotto il romanzo Americanah , ogni giorno si informa con angoscia su una suora che viene
ammazzata in Nigeria, o una comunità cristiana massacrata. Ogni giorno: non ogni tanto, distrattamente.
Ogni tanto restiamo sgomenti per la sorte di Meriam in Sudan o per le carneficine di cristiani che l'Isis pratica
a Mosul, i bambini sterminati, le chiese devastate, le famiglie costrette a scappare. Ma poi ce lo
dimentichiamo, e non ricordiamo che il mondo non fu scosso da nessuna indignazione quando i fanatici in
Siria crocifissero «infedeli» in piazza. Facciamo finta di non accorgerci che nella moderatissima Arabia
Saudita il possesso di un rosario è passibile di pena di morte, o di un po' di frustate se la sentenza fosse
clemente.
Facciamo finta di non sapere che i cristiani in Pakistan sono torturati, umiliati, senza che questo possa
minimamente interrogare la nostra coscienza ecumenica, pacifista e civilizzata. Facciamo finta di non
ricordare che persino nell'Afghanistan buono, quello presidiato dai nostri soldati delle nostre missioni, è stato
condannato a morte Sayed Mussa, reo di essersi convertito al cristianesimo. Asia Bibi: e chi è mai? E chi si
ricorda dei cristiani trucidati nella chiesa di San Domenico? Cristiani trucidati: ce ne sono ogni giorno. Noi ce
ne accorgiamo solo ogni tanto.
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Particelle elementari
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Dall'Europa il primo passo, ora tocca a Putin
Adriana Cerretelli
Con recessione e deflazione sul collo, mercati sempre più nervosi, la crisi ucraina alle frontiere, lo spettro di
una nuova Guerra fredda nell'aria mentre si moltiplicano le aree di instabilità ai suoi confini, l'Europa non può
permettersi di rischiare, alle soglie dell'inverno, anche una guerra del gas con la Russia di Vladimir Putin.
Per questo non ha esitato ad anteporre la riapertura del dialogo diretto con il presidente russo alla
salvaguardia della coesione occidentale. A mettere fine al suo isolamento politico-diplomatico convocando a
Milano una specie di G-8 in formato europeo, senza Stati Uniti, Canada e Giappone.
La politica muscolare di Barak Obama con il Cremlino, sanzioni comprese, potrà anche piacere all'America
benedetta dallo shale gas. Però non ha mai convinto l'Europa, o perlomeno quella che più conta, che ha la
Russia troppo vicina alle porte di casa e un vincolo di dipendenza dalle sue forniture energetiche fatto
apposta per ridurla a più miti consigli, come del resto i volumi dell'interscambio commerciale.
Dunque meglio il plateale sgarbo agli Stati Uniti e alla solidarietà transatlantica piuttosto che il gelo
continuato con un Putin incattivito dalla messa in quarantena occidentale, mentre l'economia russa va male e
il rublo a picco.
Domanda: ne valeva davvero la pena?
Se Milano diventerà il principio di una rapida normalizzazione degli assetti continentali in cui sia preservata,
anzi ripristinata, l'integrità territoriale dell'Ucraina, si ponga fine a separatismi e guerra civile, sia scongiurata
la chiusura dei rubinetti del gas russo e rilanciata una sana cooperazione energetica depurata da ricorrenti
tentazioni ricattatorie, la risposta non potrà che essere positiva.
Per ora l'evidenza lascia più spazio ai dubbi che alle certezze. Gli incontri al Mi.Co e dintorni hanno avuto un
andamento decisamente sussultorio, un ping pong di dichiarazioni che promettevano tempesta e divisioni più
che una concreta volontà di riconciliazione nel reciproco interesse.
«Speriamo che i nostri partner si rendano conto della futilità dei tentativi di ricattare la Russia e delle
conseguenze che la discordia tra le due maggiori potenze nucleari potrebbe avere per la stabilità strategica.
Se il grande obiettivo è isolare il nostro paese, è assurdo e illusorio. La salute economica dell'Europa e del
mondo potrebbero però risultarne compromesse»: Putin si è fatto precedere dalla grancassa di queste
rumorose intimidazioni condite con l'esplicita minaccia di ridurre il flusso del gas all'Europa, come è già
successo nel 2006 e 2009, complici i contenziosi Mosca-Kiev.
Angela Merkel, che anche a Milano si è confermata la vera interfaccia europea nel dialogo con il presidente
russo, l'ha richiamato ai fatti: «Spetta alla Russia fornire il contributo decisivo alla de-esclalation della crisi
ucraina». Dopo di che una raffica di incontri in vari formati hanno preso atto delle divergenze più che delle
possibili convergenze.
«Nessuna apertura in vista, su nessun punto, il problema principale resta la violazione dell'integrità
territoriale dell'Ucraina» riassumeva il cancelliere tedesco. «Tra i due leader restano serie le diversità di
vedute su ragioni e cause della crisi», il laconico comunicato del Cremlino.
Nel pomeriggio l'improvvisa schiarita, per ammissione generale, limitata alla vertenza Mosca-Kiev sul gas,
dopo l'incontro a quattro, tra Merkel, il francese Hollande, Putin e l'ucraino Petro Poroshenko. Vera schiarita?
Lo diranno i prossimi giorni. Se confermata, sarebbe solo una tessera del mosaico, fondamentale però per
cominciare a decongestionare un negoziato ad altissima tensione per tutti, restituendo all'Europa la sicurezza
circa i flussi energetici.
L'instabilità in Ucraina, l'incertezza sull'applicazione degli accordi di Minsk e quindi sul futuro del paese per
ora restano invece intatte. Con tutto il carico di destabilizzazione politica ed economica che si portano dietro.
Senza progressi tangibili, impossibile anche per l'Europa immaginare la fine delle sanzioni, divorziando dagli
Stati Uniti anche su questo fronte.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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LA QUESTIONE UCRAINA
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Di sicuro il ritorno della pace sul continente dovrebbe essere un'impellenza condivisa in una congiuntura
economica negativa che accomuna tutti i contendenti in campo. L'Europa lo sa e ha fatto il primo passo.
Ancora non è chiaro quanto e a che condizioni la Russia di Putin sia disposta a fare il secondo.
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18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Orlandi: 15 miliardi dal contrasto all'evasione fiscale
Giovanni Minoli
Giovanni Minoli u pagina 10 Rossella Orlandi, laureata in Giurisprudenza all'Università di Firenze, inizia il suo
percorso professionale nell'amministrazione finanziaria nel 1981, nell'ufficio imposte dirette di Empoli. A metà
giugno è stata scelta dal Governo per succedere ad Attilio Befera come direttore dell'agenzia delle Entrate.
Dottoressa Orlandi, è vero che si arrabbia se le dicono che fa parte del cerchio magico di Renzi?
Non mi arrabbio. Dico che non è vero. Io non ho mai conosciuto Renzi prima della nomina, e credo che la
mia nomina dipenda soprattutto dalla mia storia.
Lei ha detto che per capire come doveva pagare l'Imu di casa sua ci ha messo un pomeriggio. Non è
un'istigazione a delinquere una complessità così?
Assolutamente sì. Perché io credo che il cittadino abbia diritto di avere una semplicità nei propri adempimenti
come ha il dovere di pagare le tasse e quindi contribuire al benessere della collettività.
Lei per la Legge di stabilità di Renzi deve trovare 4,8 miliardi più o meno. Pensa di farcela?
Bisogna essere ottimisti. Sicuramente noi stiamo provando in ogni modo a far emergere una parte di
sommerso, di nero, di un'economia che non si traccia.
Lei però vorrebbe fare un Fisco costruito non sui controlli ma sulla fiducia. Belle parole, ma come?
Cambiando innanzitutto la mentalità nostra e dei contribuenti. Bisogna partire dalla convinzione che il
contribuente per principio è una persona onesta. Nella Legge di stabilità c'è una norma che qualcuno ha
definito "Cambia verso": bisogna passare dall'idea secondo cui c'è un contribuente che dichiara e poi noi lo
inseguiamo, ad una in cui noi forniamo al contribuente una serie di elementi per dichiarare il giusto.
Bisogna quindi impedire l'evasione più che inseguirla successivamente.
Chiaramente occorre fare tutt'e due le cose, ma bisogna partire soprattutto dall'idea di rendere difficile
evadere o impossibile o comunque non utile.
Dall'unità d'Italia ad oggi ci sono stati 80 condoni. Non è che per "cambiare verso" intanto si fa un bel
condono per risolvere un po' di problemi?
Lo escludo. Non solo perché per me, per noi, per la mia struttura sarebbe assolutamente sbagliato e
deleterio. Ma perché la Commissione europea ci ha già detto nell'ultimo condono che siamo in infrazione se
facciamo una cosa del genere.
Con l'evasore funziona la strategia della paura?
Non ha mai funzionato fino a oggi, perché sono quarant'anni che noi cerchiamo di far paura agli evasori e
quelli continuano. È meglio costringerli, non con grida o minacce ma seguendoli punto punto e dimostrando
che quello non lo possono fare.
Qual è l'obiettivo 2015 per l'Agenzia delle entrate sull'evasione?
Sui 15 miliardi.
Voi riscuotete anche una delle tasse più evase dagli italiani che è il canone televisivo. Perché non riuscite a
farvi pagare?
Il canone televisivo è regolato da una legge del 1938 che è talmente astrusa e consente così pochi poteri
che di fatto è molto difficile da applicare.
Quindi voi non potete applicarla?
Il canone Rai sta sotto i 2mila euro. Per una legge dello Stato fino a questo importo con la riscossione
coattiva noi non possiamo fare niente.
In Svizzera si calcola che ci siano circa 70 miliardi in fuga dal fisco italiano. Dopo gli accordi che sono stati
fatti, di quei 70 miliardi quanti potrebbero essere veramente rimpatriati o recuperati?
È stata approvata stanotte (ieri notte, ndr) dalla Camera una legge che si chiama voluntary disclosure su cui
stiamo lavorando intensamente per recuperarne una gran parte.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTA LOTTA AL SOMMERSO
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Questa legge che strumenti vi dà in più?
Unita al fatto che ci sono gli accordi internazionali, consente al cittadino che deve riportare i soldi di
presentarsi a noi. Noi faremo un riscontro puntuale, gli faremo pagare le tasse e le sanzioni ma la norma
depenalizza, che è una delle preoccupazioni che hanno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Agenzia delle Entrate. Il direttore Rossella Orlandi
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 5
(diffusione:334076, tiratura:405061)
«In Europa 15% di Pil in meno in 10 anni, in Italia il Jobs Act va nella
giusta direzione»
«Rating italiano a rischio se le riforme non venissero confermate; occupazione e banche il problema dell'Ue»
Luca Davi
Un decennio di mancata crescita, di riforme ritardate, di squilibri irrisolti. È quello che sta vivendo l'Europa
dallo scoppio della crisi finanziaria mondiale, datata 2008. Un decennio che molti esperti hanno già definito
come "the lost decade", il decennio perduto. Ci ha pensato Moody's a stimare quanta ricchezza e benessere
davvero stiamo bruciando. In assenza di shock positivi, e per ora del tutto imprevedibili, secondo l'agenzia di
rating l'Europa entro il 2018 vedrà assottigliata la propria ricchezza potenziale del 15 per cento. A tanto
ammonta infatti il Pil che si sarebbe potuto creare qualora il trend di crescita tenuto fino al 2007 si fosse
mantenuto intatto.
Marie Diron, senior vice president del credit policy di Moody's, economista con un passato da director ad
Oxford Economics e in Bce, guarda con disillusione al quadro macroeconico in cui sta muovendo il Vecchio
Continente. Un quadro a tinte fosche. Ma anche con alcuni spunti positivi, come il processo di riforme avviato
in molti paesi europei.
Il governo italiano ha appena varato la Legge di Stabilità, mentre il percorso di riforma del mercato del lavoro
è avviato. Qual è il vostro giudizio sull'operato del premier?
La legge di riforma del mercato del lavoro deve ancora essere chiarita in tutti i dettagli, ma per quanto visto
fino ad oggi possiamo dire che la volontà di superare il dualismo tra il contratto a tempo determinato,
estremamente flessibile e quello a tempo indeterminato, completamente ingessato, è un passo che va nella
direzione giusta, la stessa presa anche dal governo spagnolo. Bisogna anche dire però che si tratta di riforme
graduali, molto più graduali di quelle viste altrove, come ad esempio in Irlanda. Il rischio quindi è che non
siano sufficientemente incisive per generare risultati rapidamente.
L'Italia tuttavia sembra fare fatica ad accettare anche questo tipo di riforme, che voi considerate timide.
Il problema è politico, e riguarda tutta Europa. Le riforme avviate in questi anni hanno provato a preservare la
crescita nel breve termine, senza peraltro riuscirci, piuttosto che costruire il contesto per una crescita più
duratura e sostenibile nel lungo termine.
Nei giorni scorsi avete confermato il rating sull'Italia a Baa2. In prospettiva, quali fattori potrebbero far mutare
il giudizio, in peggio o in meglio?
Tutto dipenderà da due fattori. Il primo sono le attese di crescita. Per il 2015 stimiamo per l'Italia una crescita
attesa dello 0,5%, un valore che può gradualmente crescere negli anni successivi. Se la crescita attesa si
rivelasse inferiore a quale valore, allora sarebbe un problema per le finanze italiane e per il rating.
Analogamente, se dovessimo assistere a qualche difficoltà nell'implementazione delle riforme annunciate,
come la legge di stabilità o la riforma del lavoro, o sull'intero processo di riforme annunciato, allora ci
sarebbero novità negative. Simmetricamente c'è un margine per un miglioramento in positivo, qualora le
riforme andassero in porto come annunciato.
Il vostro outlook sull'Europa rimane poco confortante.
L'economia europea è fatta di tante e diverse economie, e questo rende difficile affrontare i problemi. Una
priorità è di ridurre l'indebitamento, che a seconda dei paesi prevale o sul fronte pubblico o su quello privato,
come famiglie e imprese. La seconda criticità è costituita dalle banche. Il sistema economico europeo
dipende fortemente dalle aziende di credito, che a sua volta stanno attraversando una fase di pesante
ristrutturazione. E questo renderà più difficoltosa l'erogazione di prestiti. Un basso livello di lending significa
bassi investimenti e quindi bassa crescita.
Il problema vero sembra però la disoccupazione. La vostra stima è di 1,5 milioni di disoccupati tra gli under
25.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTAMarie Diron Moody's
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 5
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Questo è il terzo aspetto critico. Abbiamo visto come la disoccupazione sia aumentata significativamente in
diversi paesi, come Spagna, Italia, Irlanda. È un problema di lungo periodo, molte aziende hanno tagliato i
posti di lavoro e sono ancora in una fase di riduzione, e finchè non vedono la crescita non assumeranno. Ma
ci vorranno comunque anni. Nel contempo le persone che sono fuori dal mercato del lavoro perdono
competenze, si scoraggiano. E ciò ha implicazioni di lungo termine. È quadro difficile da affrontare, per
questo abbiamo bisogno una politica monetaria espansiva, che sia generosa nel concedere liquidità, anche
se questo non può risolvere tutti i problemi.
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Foto: Diron. Senior v. president credit policy Moody's
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 6
(diffusione:334076, tiratura:405061)
«Così il Tfr è a rischio incostituzionalità e mancano i vitalizi»
Renziano della prima ora, il Pd Richetti non rinuncia a muovere appunti alla manovra
Emilia Patta
ROMA
«Quando Matteo Renzi torna a fare Matteo Renzi non possiamo che essere soddisfatti. In questa manovra
c'è tutto quello che abbiamo costruito dalla prima Leopolda in poi, anche nei suoi passaggi dolorosi come la
fine del governo Letta. È una manovra esplicitamente per la crescita, come dice il presidente Napolitano. Qui
c'è il coraggio che gli italiani stavano attendendo da tempo». Matteo Richetti è renziano della primissima ora.
Ma ora non rinuncia a un certo spirito critico, di "pungolo" del renzismo, che porterà anche a Firenze la
prossima settimana, nella prima Leopolda di governo.
Nessuna criticità in questa manovra?
Su Irap, decontribuzione per le assunzioni, partite Iva e ovviamente stabilizzazione degli 80 euro in busta
paga nulla da dire. Il punto critico è a mio avviso il Tfr. Condivisibilissimo l'obiettivo di rilanciare i consumi,
rilancio che purtroppo fatichiamo a vedere, con la possibilità di una busta paga più pesante. Ma la sola
disponibilità per i privati, oltre ad essere ingiusta, rischia di porre anche un vizio di costituzionalità. Già in
passato, di fronte a norme che indicavano una disparità tra lavoratori pubblici e lavoratori privati, la Corte ha
fatto dei rilievi.
Ma estendere la possibilità di avere il Tfr in busta paga ai dipendenti pubblici porrebbe problemi di aumento
di spesa difficilmente sostenibili in questo momento.
Ammettere questo significherebbe ammettere candidamente che l'accantonamento del Tfr è fittizio... Ci sono
poi altri aspetti del Tfr che vanno tenuti sott'occhio nel passaggio in Parlamento.
Si riferisce alla scelta della tassazione ordinaria in busta paga invece che separata com'è per
l'accantonamento attuale?
Certo. In questo modo si stabilisce una disparità di fatto tra chi ha veramente bisogno di liquidità in più e tra
chi invece può permettersi l'accantonamento con tassazione agevolata. Si rischia paradossalmente di
penalizzare di più proprio chi non ce la fa. C'è poi da vigilare sulla modalità con cui si costruisce il
meccanismo: per le imprese sotto i 50 dipendenti non devono esserci oneri bancari.
Che cosa manca in questa manovra?
Fermo restando il giudizio complessivo, ossia che si tratta di una manovra innovativa e riformatrice, c'è
senz'altro qualche assenza illustre. Non si toccano né le pensioni d'oro, quelle che vivono grazie a una logica
retributiva esasperata, né i vitalizi. Certo, su questo punto è un po' come portare i tacchini al Natale. Ma
credo che i parlamentari ora debbano dare un segnale in questo senso, come abbiamo fatto in Emilia
Romagna.
E i tagli alle Regioni? Non c'è il rischio di una diminuzione dei servizi essenziali o di un aumento delle tasse
locali come lamentano i governatori?
Spero che tutta la questione non si riduca a un dibattito tra istituzioni del tipo "devi tagliare i ministeri" e "zitto
tu, che hai i Fiorito". Il problema è molto serio: o le Regioni fanno una vera spending review tagliando le
strutture improduttive senza toccare quelle produttive o non se ne esce. Non si può pensare di tagliare 4
miliardi solo agendo sugli sprechi. Un solo esempio: negli ultimi anni a causa delle difficoltà dei bilanci
regionali non sono state rifinanziate le leggi di sostegno alle imprese e all'artigianato, ma le relative strutture
con i relativi dipendenti sono ancora tutte in piedi. Occorre più coraggio.
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Foto: IMAGOECONOMICA
Foto: Deputato Pd. Matteo Richetti
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INTERVISTAMatteo Richetti (Pd)
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 9
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«Per salvare la sanità pubblica i ricchi devono pagare di più»
«Bene le scelte di Renzi ma attenzione alle partite di giro, altrimenti si affossa il Ssn»
Roberto Turno
«Non sarebbe uno scandalo far pagare di più chi ha redditi alti su tutte prestazioni sanitarie. Che so, 2mila
euro se la prestazione ne costa 20mila. Chiamiamolo pure un superticket per i ricchi: siamo in emergenza,
salveremo la sanità pubblica e chi ha più bisogno». Enrico Rossi, governatore della Toscana, promuove la
manovra di Matteo Renzi, dall'Irap, alla decontribuzione fino al Tfr. Ma mette in guardia il premier:
«Attenzione alle partite di giro: se meno tasse significano meno servizi e meno sanità, sarebbe una sconfitta:
Renzi non vuole certo passare per colui che fa morire il Ssn».
Presidente Rossi, sta forse scoppiando la pace col Governo? Sembra che la prossima settima incontrerete
Renzi con proposte che non toccano i 4 miliardi ma li articolano diversamente. La sanità è allora al sicuro?
Incontreremo il Governo con proposte concrete che possono riguardare anche altri comparti, non solo la
sanità e le regioni. E ci confronteremo con chiarezza.
Ma la manovra è tutta da buttare?
Io credo che la manovra sia positiva. Proprio oggi ho visitato alcune aziende e tutte apprezzano le misure
sull'Irap. Senza scordare la riduzione dei contributi nel primo triennio, il forfait per le partite Iva, le assunzioni
del precariato nella scuola, il miliardo e mezzo per la protezione sociale dei precari, i 500 milioni per le
famiglie, la possibilità di avare il Tfr in busta paga. La manovra è robusta e lancia un messaggio di fiducia al
Paese. Però...
Però?
Stiamo attenti ai tagli alla sanità, altrimenti quel che acquistiamo da una parte, lo perdiamo dall'altra.
Sarebbe solo una partita di giro. Tutti gli indicatori ci dicono che nei confronti internazionali la sanità spende
poco e ha buoni risultati. È un orgoglio nazionale, un punto di sicurezza e di reputazione per l'Italia. Lo dico
con la massima certezza.
Ma non può negare che la lotta agli sprechi va fatta a fondo in sanità, soprattutto in certe regioni.
Certo che va fatta. Gli sprechi vanno colpiti ovunque si annidano. Ma anche nei ministeri, sia chiaro.
Le siringhe super costose le hanno tutti, insomma.
Pare che in Toscana abbiamo i prezzi più bassi. Io ho fatto un conto a spanne, ci chiedono 400 milioni ma
nel mio bilancio corrente non posso certo trovarli, al massimo 10-15 milioni, non di più. I compiti a casa li
abbiano fatti da tempo e bene. Il bilancio è in pareggio ed è certificato, come quello della sanità.
Però il Governo li vuole.
Per farlo dovrei toccare la sanità. Certo, si può fare meglio. Ma non mi si chieda di eliminare gli extra Lea, di
danneggiare i vecchi, non comprare i pc per i malati di sla, non aiutare i portatori di handicap ad avere una
vita il più possibile indipendente. Questo mai.
E allora, cosa fare?
Si dovrebbe chiedere un contributo sulle prestazioni sanitarie ai redditi più alti.
Quanto alti?
Decidiamo quanto spingere sull'acceleratore e quanto tenere alta l'asticella, poi scegliamo la soglia dei
redditi. Bisogna evitare come la peste i tagli lineari in sanità, che dequalificano il servizio e penalizzano le
categorie più deboli che non possono andare dal privato. Mantenendo la struttura universalistica del Ssn e
chiedendo in ogni caso un contributo inferiore a quello che si pagherebbe dal privato.
Chi più ha, più paga la sanità: ma i redditi più alti, almeno di chi non evade, non pagano già di più?
È vero, ma è anche vero che siamo in una situazione d'emergenza. Ed è necessario che il Ssn, che serve a
tutti, resti un bene nazionale. Non è una tassa. Non sarebbe uno scandalo chiedere ai ricchi, che so, un
superticket di 2mila euro per una prestazione che ne costa 20mila. Come non esentare un pensionato
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTAEnrico RossiPresidente della Toscana
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 9
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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benestante.
Presidente, e se Renzi non vi ascolta e non riduce i tagli, che farete? Denuncerete il «Patto per la salute»?
Io voglio raggiungere un accordo col Governo, che è interessato a mantenere un Servizio sanitario
nazionale. Davvero non credo che Renzi voglia passare per colui che fa saltare il banco della sanità pubblica.
Ma lei ha mai creduto alla promessa del «Patto» di tenere i risparmi dentro il Ssn?
Sarebbe perfetto. Speriamo che si possa fare. Ma ho idea che più dei risparmi, rischiano di restarci solo i
deficit. Per tutte le regioni, questa volta, e con tutte le conseguenze del caso.
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Foto: IMAGOECONOMICA
Foto: Governatore. Enrico Rossi
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 17
(diffusione:334076, tiratura:405061)
«I commercialisti aspettano semplificazioni vere» «Per esempio, si
preveda lo scioglimento agevolato per le società non operative»
Maria Carla De Cesari
Nelle sale del Grand Hotel di Gardone Riviera i commercialisti stanno discutendo di internazionalizzazione
delle imprese e degli handicap posti dal sistema tributario. Gerardo Longobardi, presidente del Consiglio
nazionale dei dottori commercialisti, partecipa al seminario organizzato dall'Ordine di Brescia. «Le imprese
straniere che investono in Italia - dice - hanno la necessità di pianificare, di conoscere il livello di imposizione
e il quadro normativo. Invece, le regole sono modificate continuamente e salta qualsiasi programmazione».
L'Agenzia ha tentato di trovare strumenti per accompagnare le imprese. Il ruling, per esempio, non funziona?
La procedura di ruling supera spesso l'anno. Chi deve fare investimenti non aspetta, sceglie di andare da
un'altra parte. L'incognita per chi rischia di avviare l'attività è di essere smentito sulla correttezza dei
comportamenti e di essere sanzionato. Occorre almeno evitare sanzioni per quanto fatto in attesa di ricevere
la risposta al ruling.
Una parola di chiarezza arriverà dalla delega fiscale con la disciplina dell'abuso del diritto?
Aspettiamo. I principi delle delega sono più garantisti rispetto alla Cassazione: il contraddittorio preventivo
con il contribuente, per spiegare le ragioni extrafiscali alla base del suo comportamento, e la motivazione
rafforzata per l'accertamento. Occorrerebbe arrivare alla non sanzionabilità penale. Il punto è fissare il confine
tra rispetto delle norme, elusione ed evasione.
Decreto semplificazioni: il giudizio è sempre critico?
Lascia perplessi come la precompilata crei una situazione paradossale: l'intermediario è chiamato a pagare
imposte e interessi, con una sostituzione che viola la capacità contributiva stabilita dalla Costituzione. Chi
sollevarà la questione di costituzionalità, su questo punto, avrà buone probabilità di successo.
Il regime dei minimi per i professionisti è una semplificazione a doppio taglio?
Temo che dietro la semplificazione si nasconda una trappola per la combinazione tra limite di fatturato,
nuova sostitutiva e nuovo imponibile. Come semplificazione chiederei, invece, al presidente Renzi di fare in
modo che i commercialisti non debbano più calcolare la Tasi sulla base di delibere complicate o strampalate.
Mi sono vergognato a fare la parcella per un'ora e mezzo di lavoro al cliente che doveva pagare 50 euro di
Tasi. Il prossimo anno la tassa sulla casa, qualsiasi acronimo abbia, sia calcolata dai Comuni.
Che altro semplificare vista la legge di Stabilità?
Si abbia il coraggio di mettere la rivalutazione di quote e terreni nel Tuir, così si smette di riproporla ogni
anno. E se si vuole evitare il costo del commercialista si preveda lo scioglimento agevolato per le società non
operative.
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Foto: Al vertice. Gerardo Longobardi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTAGerardo LongobardiPresidente del Cndcec
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1,25,27
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Del Vecchio chiude il riassetto e sceglie un manager estero**
Simone Filippetti u pagine 25 e 27 Leonardo Del Vecchio chiude la partita Luxottica guardando all'estero. È
stato scelto, secondo quanto si apprende, il nuovo amministratore delegato, vacante da una settimana dopo il
burrascoso addio del neonominato Enrico Cavatorta. Il terzo in un mese. Ma ora il fondatore del numero uno
al mondo degli occhiali (7 miliardi di ricavi e oltre 70 milioni di montature l'anno) mette fine a sette giorni di
turbolenze. Sul nome del manager vige il più rigoroso silenzio, ma di sicuro, riferisce il tam tam di mercato,
non sarà un italiano. L'ufficializzazione dovrebbe avvenire a breve, anche perché questa vacatio regni non
giova all'azienda (dove stringono i tempi per preparare il budget del 2015, snodo fondamentale per il gruppo).
In dirittura di arrivo anche il riassetto di Delfin, la finanziaria a cui fa capo il 61,3% di Luxottica. Come riferito
ieri dal Sole24 Ore, la holding in tempi stretti delibererà un aumento di capitale riservata a Leonardo Del
Vecchio, oggi in possesso solo dell'1,7% in piena proprietà e usufrutto sull'intero capitale sociale. La
ricapitalizzazione dovrebbe essere tale da portare nelle mani del fondatore di Luxottica il 25% di Delfin, un
pacchetto che sarà poi girato in seconda battuta all'attuale compagna Nicoletta Zampillo. Leonardo Del
Vecchio chiude la partita del nuovo vertice Luxottica guardando al l'estero. È stato scelto, secondo quanto si
apprende, il nuovo amministratore delegato, vacante da una settimana dopo il burrascoso addio del
neonominato Enrico Cavatorta. Il terzo in un mese. Ma ora il fondatore del numero uno al mondo degli
occhiali (7 miliardi di ricavi e oltre 70 milioni di montature l'anno) mette fine a sette giorni di turbolenze.
Sul nome del manager vige il più rigoroso silenzio, ma di sicuro, riferisce il tam tam di mercato, non sarà un
italiano. L'ufficializzazione dovrebbe avvenire a breve, anche perché questa vacatio regni non giova
all'azienda (dove peraltro stringono i tempi per preparare il budget del 2015, snodo fondamentale per il
gruppo). C'è molta attesa per il ceo, la cui scelta è stata affidata ai consulenti di Egon Zhender, ma, dice chi è
al dentro della vicenda, non ci sarà da aspettarsi un Guerra-Bis: accantonata l'idea di tornare a un super-ceo.
I posti dirigenziali chiave nei settori strategici di Luxottica sono già a posto. Quella dell'ad, che affiancherà il
co-ceo Massimo Vian, sarà una casella che va a riempirsi in una struttura già definita. La macchina è ben
oliata, è il messaggio rassicurante che da Agordo ci tengono a far trapelare. Certo non ha fatto bene
all'immagine dell'azienda, forse l'unica vera multinazionale italiana, la crisi apertasi lo scorso week-end, con
le dimissioni di Cavatorta, peggiore del già recente terremoto dovuto al divorzio di Ferragosto di Andrea
Guerra.
Ora il quadro si ricompone. La nomina servirà a tranquillizzare i mercati e far dimenticare il brutto scivolone
che ha sconfinato nel gossip e nell'intimità familiare. In mezzo ci si sono messi pure mercati tempestosi, con
Piazza Affari crollata e il colosso che ha bruciato 2,4 miliardi di euro (ma ieri il titolo è rimbalzato a 37 euro).
Nonostante le polemiche, ci sarebbe una carica anche per Francesco Milleri, il consulente finito nel mirino
per un'invadenza nella gestione, che avrebbe causato l'addio di Cavatorta. Del Vecchio, però, lo ritiene una
persona fidata. Entrerà quindi nel board di Luxottica la prossima primavera, anche se, diversamente da
quanto si vociferava nei giorni scorsi, non nel ruolo di vice-presidente (ereditando quindi il testimone dello
storico braccio destro di Del Vecchio, Luigi Francavilla), ma come semplice consigliere. I rapporti familiari
d'altronde sono al centro del riassetto anche al piano superiore di Luxottica, nella cassaforte Delfin (che
custodisce il 61,3%). Da tempo Del Vecchio deve affrontare il capitolo della successione, reso più complesso
da una famiglia molto allargata (3 mogli e 6 figli avuti da diverse relazioni). La holding in tempi stretti
delibererà un aumento di capitale riservata a Del Vecchio, oggi in possesso solo dell'1,7% in piena proprietà
(il resto in parti uguali tra i figli) e usufrutto sull'intero capitale sociale. La ricapitalizzazione dovrebbe essere
tale da portare nelle mani del fondatore il 25% di Delfin, un pacchetto che sarebbe poi girato in seconda
battuta all'attuale compagna Nicoletta Zampillo. In questo modo verrebbe così rispettata la «legittima»,
nonostante le resistenze dei figli, con Claudio Del Vecchio in prima linea. Proprio per superare l'empasse dei
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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LUXOTTICA
18/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1,25,27
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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figli, e controbilanciare, Del Vecchio sarebbe disposto a rinunciare a percepire i dividendi (non poca cosa,
quest'anno a Delfin arriveranno 180 milioni da Luxottica). Il classico "uovo di colombo": così facendo verrebbe
eliminato quel fattore di incertezza che rischia di scatenare una guerra tra gli eredi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA GOVERNANCE La corporate governance è l'organizzazione interna
d'impresa, l'insieme di regole su cui sono gestite le relazioni fra i soggetti e gli organi interni e le forme di
tutela dei diversi interessi esterni coinvolti. L'obiettivo è di affidare la gestione alle persone più adatte,
tutelando gli interessi legittimi di azionisti, creditori sociali e dipendenti. Il gruppo Luxottica ha una governance
monocratica, basata sul consiglio d'amministrazione
19/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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Perché i tempi stanno cambiando (velocemente)
Ignazio Visco
Ignazio Visco u pagina 21 Pubblichiamo il testo di alcuni stralci della XXX Lettura del Mulino pronunciata ieri
a Bologna dal Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, in occasione delle celebrazioni per i 60 anni
della casa editrice nell'Aula Magna dell'Università.
«Perché i tempi stanno cambiando...», così cantava Bob Dylan 50 anni fa. E in questo mezzo secolo i tempi
sono veramente cambiati. (...) Il lavoro, anzitutto. Risponde a Candido il Turco di Voltaire: non si lavora solo
per allontanare il bisogno (ma anche la noia e il vizio). Se le nostre condizioni di vita sono così tanto
migliorate negli ultimi secoli lo si deve in buona parte a quella istituzione fondamentale che è il mercato, che
ha permesso di superare l'economia di sussistenza basata sul baratto. Fallimenti del mercato dovuti a
monopoli e rendite di posizione, a norme e costumi sociali sfavorevoli all'attività d'impresa, a regole e pratiche
di supervisione non sufficienti per scoraggiare l'assunzione di rischi eccessivi alla lunga producono squilibri,
ostacolano la crescita, riducono il lavoro, deprimono lo sviluppo. (...)
Ancor prima di chiederci cosa ci riservi il futuro oggi, in Europa e in Italia, bisogna partire dall'osservazione
che esiste un grave difetto di domanda, e quindi di occupazione e di redditi, oltre che di crescita. Uno stimolo
forte all'investimento, pubblico e privato, nazionale ed europeo è essenziale. Lo stesso innalzamento del
tasso di crescita della produttività richiede investimenti mirati, in nuove tecnologie ma anche in quelle
infrastrutture immateriali che potranno poi avere nel medio-lungo periodo rendimenti crescenti. Se non si
investe per l'elevatezza, in alcuni paesi, del costo del capitale, per i dubbi sulla domanda attesa, per
l'incertezza sullo stato e la continuità delle "riforme strutturali", è responsabilità della politica e delle politiche
economiche - e anche di chi ha posizioni di vertice nella società civile, nell'informazione, nella formazione operare con determinazione, lungimiranza e unità di intenti per rimuovere tali impedimenti.
In Italia, in particolare, a fronte di una società e di un'economia sostanzialmente ferme da ben prima della
crisi finanziaria, è assai ampio il potenziale di miglioramento che si può ottenere rimuovendo vincoli e rigidità,
accelerando l'adozione delle nuove tecnologie, colmando la distanza dalla frontiera produttiva in molti settori,
innalzando lo stato generale delle infrastrutture, anche quelle più tradizionali.
Nella ricerca di un "nuovo" modello di sviluppo, o almeno di un ritorno a una crescita economica sostenibile
ed equilibrata, si può partire dall'osservazione di Acemoglu e Robinson su quanto sia importante mantenere
una società pluralista e rinnovare, in una direzione più solidale (inclusive), le istituzioni politiche ed
economiche. Non è sufficiente, in particolare, enunciare obiettivi ragionevoli se non vi sono le condizioni per
raggiungerli. In alcuni casi è difficile che queste condizioni si presentino. L'obiettivo di riportare il valore
aggiunto dell'industria manifatturiera al 20 per cento del Pil (com'era un decennio e più fa, a fronte del 15-16
per cento di oggi), proposto con una certa enfasi nella strategia avanzata dalla Commissione europea per i
prossimi anni, si scontra con ovvii ostacoli storici e metodologici. Da un lato, è altamente probabile, anche per
l'affermarsi dell'automazione, che il valore aggiunto provenga sempre più da settori diversi dalla manifattura.
Questo non ne riduce l'importanza, come d'altra parte è stato per l'agricoltura, nell'economia di una nazione e
nei valori di una società, ma rende chiaro il rischio di sopravvalutarne le potenzialità in termini di creazione di
nuovi posti di lavoro. Dall'altro lato, le stesse definizioni settoriali tendono a divenire obsolete con il diffondersi
delle nuove tecnologie. Ricordiamo l'obiettivo delle tre "I" (impresa, inglese, informatica) annunciato dal
Governo venti anni fa? Purtroppo, è immediato vedere quanto indietro siamo rimasti su tutti e tre questi fronti.
Non per implausibilità o vaghezza dell'obiettivo, ma per l'insufficienza delle condizioni di fondo - ambientali,
culturali e politiche - necessarie per realizzarlo. Vi sono certamente vincoli finanziari; ma io non credo che le
carenze nell'investimento in conoscenza, nella salvaguardia dell'ambiente e nella manutenzione del territorio,
nella valorizzazione delle straordinarie ricchezze di arti e tradizioni del nostro paese dipendano solo da questi
vincoli. Vi è un grave difetto nella nostra capacità di comprenderne la fondamentale importanza come
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IL TESTO
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investimento per il futuro, anche prossimo.
Possiamo esercitarci nel formulare scenari futuri, ma non saremo in grado di prevedere come sarà la società
o l'economia da qui a venti o trent'anni. Quando ci si chiede come fare per avere più domanda, più reddito,
più occupazione, o quando si sottolinea l'esigenza di formulare "nuove" politiche industriali, l'obiettivo primario
non può che essere quello di rendere il nostro sistema economico e sociale più capace di affrontare e
rendere possibile il cambiamento.
Sicuramente le pressioni concorrenziali della globalizzazione e la sfida delle macchine richiedono grandi
cambiamenti nell'organizzazione del lavoro e necessari adeguamenti nell'istruzione, nella formazione e nello
stato delle infrastrutture. Il loro ritardo determinerebbe una terza ragione di possibile ristagno, sottolineata di
recente da Barry Eichengreen, in aggiunta o in alternativa alla carenza di domanda enfatizzata da Larry
Summers e al rallentamento della crescita della produttività pronosticato da Bob Gordon, che potrebbe
diventare la più importante.
Non bisogna tanto temere l'impatto diretto delle nuove tecnologie e dell'automazione sui posti di lavoro
quanto operare per trarre vantaggio dalla grande riduzione dei costi che da esse discende. L'espansione dei
settori innovativi costituisce ormai il principale motore della crescita dell'occupazione e della produttività.
In un saggio recente di grande successo Enrico Moretti mostra come a ogni lavoro hi-tech creato in una data
area metropolitana negli Stati Uniti si associno cinque nuovi posti di lavoro in settori tradizionali a basso
contenuto di istruzione e competenze. Si dovrà lavorare in modo diverso, in posti e luoghi diversi, lungo un
arco vitale nel quale la formazione sarà permanente e continua.
Bisognerà acquisire le competenze necessarie per il XXI secolo: l'esercizio del pensiero critico, l'attitudine
alla risoluzione dei problemi, la creatività e la disponibilità positiva nei confronti dell'innovazione, la capacità di
comunicare in modo efficace, l'apertura alla collaborazione e al lavoro di gruppo.
Questo, continuando ad accrescere l'investimento in conoscenza, nella scuola e nell'università, e mirando a
colmare con decisione il gravissimo difetto di "competenza alfabetica funzionale" rilevato per il nostro paese
da ultimo lo scorso anno nell'ambito del Programma internazionale per la valutazione delle competenze degli
adulti (PIAAC) condotto dall'OCSE. Un investimento in conoscenza che non può che essere attento agli
sviluppi scientifici e al progresso tecnologico, nella consapevolezza, però, del valore e dell'importanza anche
concreta della nostra tradizione umanistica - e superando una volta per tutte la polemica che vide coinvolti un
secolo fa grandi figure della nostra cultura quali Federigo Enriques e Benedetto Croce.
Più volte ho richiamato l'importanza di un disegno organico nella definizione delle riforme strutturali di cui tutti
pensiamo vi sia bisogno in Italia. Questo trova la sua più evidente esemplificazione nella difficoltà di
migliorare le condizioni per fare impresa e far crescere nuove imprese, anche nei servizi richiesti dai (nuovi)
bisogni di una società meno giovane. Vuol dire creare un ambiente più favorevole, con la rimozione degli
ostacoli burocratici e amministrativi, decisi miglioramenti nella giustizia, nella scuola, nelle infrastrutture, ma
anche un contesto nel quale si rispettino le regole, si contrasti l'illegalità e si combatta la criminalità.
Molto del nostro progresso dipende poi dall'essere in Europa. Sono, questi, momenti difficili nel percorso
verso una piena Unione europea, e non è questa l'occasione per riparlarne. Dato il tema oggi trattato, vorrei
solo ricordare che Nino Andreatta, in un saggio di quasi cinquant'anni fa, vedeva il divario tecnologico già
allora esistente tra Europa e Stati Uniti come un fondamentale "stimolo politico per l'Europa". L'esempio del
ruolo dell'amministrazione federale americana nel finanziamento della ricerca scientifica e nella creazione di
un mercato per i prodotti delle industrie "a confronto scientifico" serviva ad Andreatta per sottolineare quanto
fosse importante una seria valutazione delle «conseguenze negative dell'esistenza di una pluralità di politiche
di acquisto delle amministrazioni nazionali, politiche che sollecitano un inefficiente moltiplicarsi di sforzi di
ricerca nei singoli paesi e rallentano la crescita delle dimensioni dei mercati».
Ancora oggi molto si potrebbe guadagnare dalla messa in comune da parte degli Stati membri dell'Unione
europea di ampi comparti - dagli investimenti infrastrutturali alla ricerca, dalla sicurezza alla difesa - dei nostri
bilanci pubblici, nel processo che dall'Unione monetaria ed economica, passando per l'Unione bancaria e
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quella fiscale e del bilancio, tende - o dovrebbe tendere - all'Unione politica.
Per concludere, i tempi stanno ancora cambiando; i tempi cambiano sempre. Più che anticipare il
cambiamento, è importante esservi preparati, ricercare, creare le condizioni migliori per coglierne le
opportunità e ridurre i rischi, per agevolare un progresso ampiamente ed equamente distribuito.
Ignazio Visco è Governatore della Banca d'Italia
Foto: Candido. «Risponde il Turco di Voltaire: non si lavora solo per allontanare il bisogno (ma anche la
noia)»
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Le due trappole che l'Europa non vede
Paul Krugman
C hiunque studi l'economia monetaria internazionale conosce bene la Legge di Dornbusch: «La crisi ci mette
molto più tempo ad arrivare di quanto pensavate, e poi si svolge molto più in fretta di quanto avreste
pensato» (lo disse in un'intervista, nel 1997, il compianto economista tedesco Rudi Dornbusch).
E con l'ultima crisi dell'euro è successo esattamente questo.
Fino a poco tempo fa gli austeriani che dettano la politica macroeconomica della zona euro andavano in giro
tronfi a cantar vittoria per una modesta risalita della crescita. Poi l'inflazione è precipitata e l'economia
dell'Eurozona ha cominciato a incepparsi, e tutti sono andati a riguardarsi i fondamentali e si sono resi conto
che la situazione rimaneva molto seria. Anche nell'estate del 2012 la situazione sembrava grave, e Mario
Draghi, il presidente della Bce, riuscì a evitare che il vecchio continente precipitasse nel baratro. E forse
riuscirà a farlo di nuovo, ma adesso il compito appare molto più difficile.
Nel 2012 il problema erano gli interessi sui titoli di Stato dei Paesi della periferia dell'euro, che in realtà, come
adesso sappiamo, crescevano più per questioni di liquidità che per problemi di solvibilità. Una volta
sgombrato il campo dalla prospettiva di una carenza di liquidità, il panico rientrò. Ma quello che sta
succedendo adesso è ben diverso. È una crisi al rallentatore e coinvolge tutta la zona euro, che sta
scivolando verso una trappola deflattiva. Draghi può cercare di imprimere una spinta attraverso politiche di
allentamento quantitativo, ma non è affatto scontato che possano servire allo scopo. E la politica limita i suoi
margini di azione.
Un'altra cosa che mi colpisce è la quantità di confusione intellettuale che ancora c'è in giro. La Germania
continua a voler vedere tutta la crisi come l'effetto di una gestione irresponsabile dei conti pubblici, e questo
non solo esclude la possibilità di stimoli di bilancio efficaci, ma azzoppa l'allentamento quantitativo.
E un'altra cosa incredibile è il fatto che la logica della trappola della liquidità, dopo sei anni - sei anni! - di
tassi di interesse quasi a zero, continui a non essere compresa. Ho letto recentemente, e non è neanche
l'esempio peggiore, un editoriale su FT di Reza Moghadam, vicepresidente della Morgan Stanley, che scrive
che «i salari e il costo del lavoro in generale sono semplicemente troppo alti, anche per gli standard dei Paesi
ricchi e tanto più rispetto ai concorrenti dei mercati emergenti».
Santo cielo! Se è la concorrenza esterna che vi preoccupa allora bisognerebbe svalutare l'euro, non tagliare i
salari. E tagliare i salari in un'economia incastrata in una trappola della liquidità quasi sicuramente
aggraverebbe la recessione. Com'è possibile che ci sia ancora qualcuno che non lo capisce?
L'Europa ha sorpreso molte persone, me compreso, con la sua capacità di resistenza. E penso che la Bce di
Draghi sia diventata un importante elemento di forza. Ma faccio sempre più fatica (come altri) a capire come
andrà a finire tutta la faccenda (o meglio a capire come farà a finire in modo non catastrofico).
Se trovate implausibile una storia in cui Marine Le Pen porterà la Francia fuori dall'euro e dall'Unione
Europea, ditemi qual è il vostro scenario alternativo.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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LE SFIDE DELLA BCE
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Avviso al Parlamento
di Stefano Folli
u pagina 14 Tutto è nella norma: al capo dello Stato spettava scegliere due giudici della Corte costituzionale
per sostituire Cassese e Tesauro giunti al termine del mandato, e i due sono stati nominati. Come è ovvio,
non c'era ragione che Napolitano ritardasse le sue decisioni per attendere il Parlamento, ossia il porto delle
nebbie dove non si riescono a eleggere altri due componenti della Consulta. Uno stallo che comincia a
essere grottesco. In ogni caso, un conto è se la Corte si riunisce senza due membri, altro se gli assenti
diventano quattro. Quindi Napolitano aveva tutto il diritto e il dovere di fare in fretta e così è avvenuto.
S'intende però che, date le circostanze, l'iniziativa del presidente della Repubblica suona come un
trasparente avvertimento al Parlamento. È un modo per ricordare a deputati e senatori che gli organi
costituzionali devono essere messi in condizione di operare nella loro integrità. Questo oggi non accade per
la Consulta dal momento che le due Camere in seduta congiunta sono arrivate alla diciannovesima votazione
nulla senza riuscire a cavare un ragno dal buco. E allora ecco che con la rapida designazione dei due
professori di diritto, Zanon e De Petris, il Quirinale ha voluto impartire una piccola lezione di metodo e, si
potrebbe dire, di stile istituzionale.
Tutto abbastanza chiaro. Ma qualcuno potrebbe obiettare che Parlamento e presidenza della Repubblica si
muovono in sfere distinte e non proprio paragonabili. Il capo dello Stato esercita un potere monocratico
quando nomina i giudici della Corte: come dire che deve mettersi d'accordo solo con se stesso e poi è in
grado di procedere con la massima celerità. Il Parlamento invece deve trovare una maggioranza qualificata
(570 voti) a scrutinio segreto, il che non è sempre agevole. Nel caso in questione si direbbe che sia proibitivo,
visto che si stanno preparando le urne per la ventesima votazione.
Certo, anche in passato è capitato che qualche candidato facesse fatica a raggiungere il "quorum", segno
che gli accordi trasversali fra i partiti non sono stati sempre affidabili, sia nella prima sia nella seconda
Repubblica. Tuttavia c'è una differenza: un tempo tendeva a prevalere il "fair play" istituzionale e forse anche
la considerazione che non era opportuno scaricare sulla Consulta i problemi politici delle forze parlamentari.
Oggi con tutta evidenza non è più così. Il Parlamento esprime senza freni inibitori le sue frustrazioni e il suo
disagio. Sulla carta il fatto che si deve votare un candidato di centrosinistra (Violante) e uno di centrodestra (il
superstite di una girandola di nomi) dovrebbe favorire l'intesa, considerando che siamo nell'era del "patto del
Nazareno". Nel concreto le cose finora sono andate come sappiamo, nonostante gli appelli e le reprimende di
Napolitano.
È possibile che adesso le Camere "agiscano", stimolate dall'iniziativa del Quirinale. Ma è plausibile altresì
che la paralisi continui, poiché si coglie dall'inizio un certo disinteresse da parte dei vertici politici (ossia Renzi
e Berlusconi) che s'intreccia con il malessere dell'aula. Il quesito è quanto tempo può durare questa
"impasse" nella quale si consumano e si annullano le prerogative di un Parlamento che sembra voler offrire
validi argomenti a chi lo considera già oggi meritevole di scioglimento. A meno che l'"avviso" di Napolitano
stavolta non vada a buon fine.
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IL PUNTO
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La sfida di Fineco è aumentare la consulenza nel risparmio gestito
Vittorio Carlini
F are crescere la rete dei promotori. Poi, sviluppare l'attività di broker. Ancora, migliorare i servizi delle
piattaforme per attirare più clientela. Sono alcuni dei focus di FinecoBank. L'istituto, nel primo semestre 2014,
ha riportato ricavi e utile in crescita. Anche il margine d'interesse è salito. La banca, a ben vedere, per
concretizzare il «net interest» impiega la liquidità a disposizione in obbligazioni, incassandone gli interessi
attivi. Proprio rispetto a questa attività il risparmiatore ha un dubbio: molta parte degli impieghi, infatti, è
esposta su bond della controllante UniCredit. Il che può essere rischioso. FinecoBank rigetta il timore.
Dapprima indica che non c'è alcun obbligo formale a questa strategia. Inoltre UniCredit è l'unica Sifi italiana e
garantisce quindi l'opportuna stabilità. Inoltre l'investimento, tra le altre cose, non comporta assorbimento di
capitale nè l'applicazione delle norme sul concentration risk. Quindi, è l'indicazione, si tratta di un
investimento efficiente. Al di là del margine d'interesse, uno dei focus della società è, per l'appunto, l'aumento
della consulenza nel risparmio gestito. Qui ci sono i cosiddetti «guided product». Si tratta di un modello di
business in cui FinecoBank, attraverso una propria interna organizzazione, offre un supporto al promotore
nella definizione dell'asset allocation per il cliente. Un meccanismo che, comprendendo ulteriori servizi a
valore aggiunto, permette di avere maggiori commissioni nette.
u pagina 18 Vittorio Carlini
Fare crescere la rete dei promotori, anche con il supporto di consulenza dalla banca. Poi, spingere lo
sviluppo dell'attività di broker. Ancora, migliorare i servizi delle piattaforme per attirare maggiore clientela.
Sono alcuni dei focus di FinecoBank finalizzati a sostenere il business.
La società, che si definisce banca diretta multicanale (dispone di una rete di promotori a diretto contatto con
il cliente e utilizza diversi canali di distribuzione quali l'online banking, il mobile banking e i centri finanziari), è
sbarcata a Piazza Affari il 2 luglio scorso. Le sue azioni, cosa rara tra le recenti Ipo, viaggiano ad un prezzo
superiore a quello del collocamento.
Detto delle dinamiche in Borsa, è però utile guardare ai numeri dell'azienda stessa per tentare di
comprenderne l'andamento. In tal senso, i dati del giro di boa dell'anno costituiscono un interessante punto di
partenza. Ebbene, nel primo semestre del 2014 i ricavi sono cresciuti sui 12 mesi del 16,1%. In aumento
anche la redditività: l'utile netto è salito del 31,3%. Numeri in rialzo dovuti a quali cause? Sul fronte dei ricavi
deve guardarsi soprattutto alle commissioni nette e al margine d'interesse. Rispetto a quest'ultimo (115,9
milioni), FinecoBank ha una dinamica sua particolare. Il gruppo, infatti, non svolge (se non in minima parte) la
tradizionale attività di credito alle famiglie e alle imprese. Come si concretizza allora il «net interest»? È
presto detto. La banca, da sempre, investe molto nell'efficienza tecnologica delle sue piattaforme (dai servizi
di banking e trading online fino al risparmio gestito). Questa caratteristica permette, da una parte, di
aumentare la clientela (a fine settembre i nuovi clienti acquisiti nel 2014 erano 75.000). E, dall'altra, di fare sì
che FinecoBank sia considerata dall'utente «prima» banca (circa il 50% dei clienti fa accreditare lo stipendio
sul conto corrente). In un simile contesto, si comprende come la società riesca a creare le condizioni per
l'acquisizione della cosiddetta liquidità transazionale. Denari, cioè, parcheggiati in depositi a vista o a termine
per le transazioni e che FinecoBank utilizza per i suoi impieghi. Quest'ultimi tuttavia non sono, per l'appunto,
costituiti da prestiti a imprese o famiglie. Bensì, da investimenti in obbligazioni che fruttano interessi attivi. La
differenza tra questi e quelli passivi (praticamente nulli) sulla liquidità raccolta permette di costituire il margine
d'interesse e di farlo crescere (+20,9%). Tutto rose e fiori, quindi? Non completamente. Proprio rispetto
all'investimento della liquidità sorge un dubbio. Dei 13,7 miliardi di liquidità (al 30 giugno scorso) circa 9
miliardi sono impiegati in bond emessi da UniCredit. Vale a dire, la grande maggioranza dei prestiti è
effettuata verso un unico soggetto (la controllante). Il che induce a pensare che possa sussistere un rischio a
fronte dell'eccessiva concentrazione degli impieghi. FinecoBank rigetta l'obiezione. In primis, sottolinea che
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LETTERA AL RISPARMIATORE
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non c'è alcun vincolo formale a questa scelta: considerando l'investment policy interna, è la migliore strategia.
Detto ciò la banca, ricordando di essere una società attiva in Italia, indica che investire sull'estero darebbe
solo più problemi. UniCredit è l'unica Sistematically important financial institution italiana. Cioè, ha una
valenza sistemica tale da garantire l'opportuna stabilità. Al di là delle valutazioni generali, FinecoBank ricorda
gli aspetti più tecnici a sostegno della strategia. Dapprima, i bond di UniCredit sono a tasso variabile legati
all'euribor a 1 mese. Quest'ultimo è prossimo allo zero, quindi il rischio di ribasso del rendimento è
praticamente inesistente. Inoltre secondo Basilea 3, essendo l'investimento considerato operazione
infragruppo, questo non comporta assorbimento di capitale né è sottoposto alle norme sul concentration risk.
Infine, non c'è l'obbligo del mark to market. Quindi, è l'indicazione di FinecoBank, la strategia risulta efficiente.
Seppure, va detto, in questo modo l'esposizione creditizia della banca, e i suoi andamenti, sono giocoforza
correlati alle dinamiche della controllante.
Ma non è solo il margine d'interesse. Le commissioni nette rappresentano l'altra importante gamba dei
proventi operativi. Queste, nel primo semestre, sono salite del 18,6%. Una forte spinta è arrivata dall'attività
d'investing, cioè i prodotti di risparmio gestito. Qui FinecoBank sfrutta, da un lato, la piattaforma tecnologica
(oltre 5.000 fondi comuni e comparti Sicav di 64 case d'investimento); e, dall'altra, la leva della rete di
promotori finanziari. Già, i promotori finanziari. Questi, a giugno scorso, erano 2.500. L'obiettivo è di
incrementare il loro numero in media di circa 130 unità l'anno nel prossimo triennio.
Al di là dei singoli numeri, la crescita del network dei promotori si inserisce nella strategia finalizzata ad
aumentare la distribuzione dei cosidetti «guided product». Si tratta di un modello di business in cui
FinecoBank, attraverso una propria interna organizzazione, offre un supporto al promotore nella definizione
dell'asset allocation per il cliente. Un meccanismo che, comprendendo ulteriori servizi a valore aggiunto,
permette di avere maggiori commissioni nette. Il ritorno netto sui prodotti senza soluzione guidata, infatti, è di
circa 45 punti base. Quello con i «guided product», invece, è tra 70-75 basis point. Allo stato attuale
FinecoBank, che peraltro sottolinea come il suo livello di commissioni sia in linea con i competitor europei, ha
una quota di «prodotti guidati» intorno al 32% sul totale di circa 22 miliardi di risparmio gestito. La volontà è di
aumentare la percentuale.
Fin qui le commissioni legate agli asset in gestione. Quale però la dinamica di quelle del brokerage? In
questo business, nella prima metà dell'anno, gli ordini eseguiti come intermediario da FinecoBank sono saliti
del 9,2%. Un rialzo che si è riflesso nella crescita delle commissioni core a 39,6 milioni. Il trend, però, non ha
portato all'aumento dei ricavi complessivi da brokerage. Infatti da un lato, per la minore volatilità sui mercati,
c'è stata la contrazione del cosiddetto net trading (vale a dire l'incrocio delle proposte di negoziazione
all'interno della piattaforma del gruppo, l'internalizzatore); e, dall'altro, lo stesso margine d'interesse della
divisione, realizzato con il prestito di titoli alla clientela, è diminuito.
Se queste alcune indicazioni su strategie e numeri contabili quali, allora, le prospettive future? Sui ricavi del
brokerage, sottoposti all'alea dei mercati, FinecoBank non dà indicazioni. Rispetto, invece, al margine
d'interesse complessivo la società indica che a fine 2014, rispetto al 2013, dovrebbe registrarsi un incremento
in linea con quello realizzato nel primo semestre dell'anno. Riguardo, infine, alle commissioni dell'area
investing è ipotizzabile una crescita a doppia bassa cifra percentuale.
Fin qui elementi collegati ai ricavi della banca. Gli esperti, tuttavia, guardano ad un altro elemento: i costi
operativi. Ebbene gli oneri, nel primo semestre, sono aumentati. Il che potrebbe far ipotizzare un minore
pressing dell'istituto su questo fronte. A ben vedere, la realtà è diversa. Certo, i costi del personale sono saliti
del 2,7%. Ma si tratta di un incremento legato alla crescita del business. Quelli amministrativi invece, depurati
degli oneri legati all'Ipo, sono scesi dello 0,5%. La società, dal canto suo, da un lato sottolinea la stabilità dei
costi operativi; e, dall'altro, ricorda il piano di incentivi che inizia ad essere spesato nella seconda metà
dell'anno. Un impatto, nel 2014, compreso tra 7-10 milioni. E che successivamente, su un intero esercizio,
inciderà per il doppio. In generale comunque, secondo gli esperti, gli oneri operativi a fine 2014 dovrebbero
risultare in rialzo sui 12 mesi.
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Così come è prevista in crescita la raccolta netta. A fine settembre scorso, da inizio anno, ha raggiunto i 2,77
miliardi (+48% sui 12 mesi). In particolare la raccolta gestita è, sempre da inizio anno, stata di 2,15 miliardi.
Cioè, nei numeri si concretizza la volontà di aumentare l'incidenza dell'Asset under Management. Più in
generale, comunque, FinecoBank punta a superare i 3 miliardi di raccolta netta nel 2014. Un'attività
completamente svolta in Italia. Al che sorge il dubbio: il focus su di Paese in continua crisi è un rischio per lo
sviluppo del business. Fineco lo nega. I dati sulla crescita del risparmio domestico, uniti alle prospettive di
aumento della digitalizzazione, indicano che c'è spazio per crescere. Inoltre, i servizi di trading su mercati
stranieri permettono, nei fatti, un'articolazione internazionale.
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Foto: I numeri di Fineco I BILANCI SEMESTRALI A CONFRONTO dati in milioni I sem. 2013 I sem. 2014
RICAVI DIVISI PER PRINCIPALI ATTIVITÀ dati in milioni I sem. 2013 I sem. 2014 PRINCIPALI
COMPONENTI DEI RICAVI dati in milioni I sem. 2013 I sem. 2014 DIVISIONE DEGLI ASSET FINANZIARI
COMPLESSIVI Asset Under Management Asset under Custody Depositi diretti Fonte: Società
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I «dettagli» che zavorrano la manovra
Fabrizio Forquet
A quattro giorni dall'approvazione della legge di stabilità in Consiglio dei ministri, ancora nessun testo più o
meno ufficiale è disponibile. Non è forse una novità, è però certamente un malcostume che non aiuta la
credibilità del modo in cui in Italia si fanno le leggi. Viene da chiedersi, per dirne una, che cosa sia stato
mandato a Bruxelles e che testo stiano analizzando i tecnici della Commissione in vista del giudizio di fine
mese.
I eri sera da Palazzo Chigi si è fatto trapelare che per domani un testo sarà pronto per il Quirinale, non
rimane che attendere. Intanto dalle bozze che stanno circolando si possono cominciare ad analizzare alcuni
aspetti tecnici che dalle prime slide non erano emersi. Resta, allora, confermato il giudizio complessivamente
positivo di una manovra a carattere espansivo, che dà e non toglie, in una fase di risorse più scarse che mai.
Una manovra che taglia tasse e riduce (o almeno prova) spesa pubblica improduttiva. E tuttavia i nodi che
meritano un approfondimento, e magari un ripensamento in Parlamento, non mancano.
Il taglio dell'intera componente lavoro dalla base imponibile Irap (che vale intorno ai 6 miliardi) è uno dei
risultati più importanti di questa manovra. Impossibile sottovalutarne il peso, in termini effettivi di risparmio per
le aziende e in termini di fiducia nella creazione e nella difesa di posti di lavoro. La copertura della misura è
però garantita per una parte (2,1 miliardi) dal dietrofront rispetto alla riduzione del 10% dell'aliquota Irap
stabilita con il decreto Irpef del maggio scorso. L'aliquota ordinaria Irap, dunque, tornerà dal 1° gennaio
prossimo al 3,9% (dal 3,5%). Va anche considerato, poi, che - sempre in base alle bozze disponibili - il taglio
previsto dalla Legge di stabilità si limita al costo del lavoro dipendente a tempo indeterminato, escludendo i
lavori a termine e i collaboratori. Tutto questo significherà che talune aziende, quelle che non hanno o hanno
pochissimi dipendenti stabili, saranno - per effetto della manovra - penalizzate. Per tutte le aziende, poi, viene
meno la deduzione dell'Irap dall'imponibile Ires: questo è ovvio, ma riduce ulteriormente la portata comunque positiva - del taglio dell'Irap.
Anche la cancellazione dei contributi per i primi tre anni per chi assume a tempo indeterminato è una misura
che va nella giusta direzione di creare incentivi per le imprese a creare posti di lavoro stabili. Gli sgravi,
tuttavia, valgono solo per le assunzioni effettuate nel 2015 e per chi non ha lavorato a tempo pieno nei sei
mesi precedenti. Non si tratta, dunque, di una misura definitiva, mentre va a sostituire un beneficio
permanente che è quello previsto dalla legge 407 del 1990, in base alla quale i disoccupati da oltre due anni
potevano essere assunti a zero contributi (o con il 50%) per un triennio. Salta anche lo sconto contributivo
legato alla prosecuzione di un anno dei contratti di apprendistato dopo il triennio.
La cancellazione dei contributi prevede inoltre un tetto annuo di 6.200 euro. Questo significa che potranno
giovarsi dell'abbattimento totale solamente i contratti che sono intorno alla soglia retributiva limite, per tutte le
altre retribuzioni lo sgravio sarà parziale. Non basta. L'incrocio tra tetto e somme stanziate permette di
stimare in 161mila le possibili assunzioni annue, molto meno di quelle stimate dal Governo. Senza
considerare, infine, il tentativo di una parte del Pd di far inserire nel testo la clausola che, se il rapporto di
lavoro si interrompe prima dei tre anni, l'imprenditore sarebbe costretto a pagare tutti i contributi arretrati. Un
modo per rendere più incerto l'incentivo e ridurre la spinta che può venire dalla misura.
Contraddittoria con la linea affermata dal Governo nel Jobs act appare anche la scelta di tagliare 200 milioni
al Fondo che incentiva la contrattazione aziendale.
Sulla scarsa convenienza fiscale del Tfr in busta paga per chi ha redditi oltre i 15mila euro e sui rischi per la
liquidità delle imprese è già stato detto tutto. Va però anche segnalato il rischio di un ulteriore aggravio di
procedure burocratiche per le aziende, legato alla certificazione Inps e alla pratica con la banca.
Sui tagli di spesa vale la pena soffermarsi. In riferimento a Regioni e Comuni non si può che essere
d'accordo con Renzi: i governatori hanno tutta la possibilità di far fronte ai tagli attraverso una maggiore
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OBIETTIVO CRESCITA
19/10/2014
Il Sole 24 Ore
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efficienza della spesa ed eliminando gli sprechi. Vi sono Regioni (analisi di Gianni Trovati sul Sole di ieri) che,
per il proprio funzionamento, spendono 192 euro pro-capite contro altre che si limitano a 22; Regioni che
hanno una spesa corrente di 619 euro pro-capite a altre che si fermano a 275; Regioni che spendono per il
personale 174 euro e altre solo 12. Gli spazi per l'efficienza e i risparmi, dunque, ci sono, eccome.
Ma è sui ministeri che il Governo deve dimostrare di saper fare la propria parte. In una tabella preparatoria
della manovra sono indicati tagli molto specifici per oltre 3 miliardi, missione per missione, nella logica (quasi)
di una vera spending review. Nella bozza della legge a oggi disponibile, quei tagli - come hanno raccontato
sul Sole Marco Rogari e Marco Mobili - si riducono a poco più di 1,4. Cosa ne è di tutto il resto? Ci si piegherà
ancora una volta alla logica degli interventi lineari, limitandosi a indicare l'obiettivo del 3% di riduzione? O si
recupererà quella tabella voce per voce, magari con i dovuti aggiustamenti? Tra i due metodi c'è tutta la
distanza che passa tra un Governo che si prende le proprie responsabilità e uno che demanda ad altri le
scelte impopolari.
Sull'azzardo di mettere tra le coperture le stime della lotta all'evasione Il Sole-24 Ore si è soffermato tante
volte, ma va anche detto che il Governo questa volta ha prudentemente messo da parte una riserva di 3,4
miliardi che può tornare utile, in questo senso, anche nella trattativa con l'Europa.
Sul credito d'imposta alla ricerca si parte solo da 260 milioni, una cifra certamente insufficiente e si lega
l'incentivo esclusivamente agli incrementi di spesa, anziché al volume complessivo degli investimenti, come
chiedevano le imprese. Viene inglobato, tra l'altro, il bonus oggi esistente per l'assunzione dei ricercatori.
È francamente poco per riattivare gli investimenti privati. Lo sconto Irap, certamente, dovrebbe fare di più.
Ma quello che manca del tutto in questa manovra sono gli investimenti pubblici. Gli 1,7 miliardi che (come
racconta Giorgio Santilli a pagina 2) il Governo ha reso disponibili in questi giorni in attuazione dello "SbloccaItalia" sono utili, ma sono una goccia. Laddove il mare non può che essere, per un Paese con le nostre
difficoltà di finanza pubblica, un mare europeo. Renzi ha più volte invocato una maggiore concretezza per il
piano Juncker. Ma anche quando si parla di investimenti europei c'è una fondamentale responsabilità
nazionale, che è quella di fornire buoni progetti.
L'Italia in questi anni è mancata totalmente in questa sfida: pochi buoni progetti e pochissima capacità di
trovare il matching con i finaziamenti. In questi giorni finalmente c'è un tavolo governativo (coordinato da Del
Rio e Pagani per conto di Padoan) che sta lavorando con gli uomini della Bei proprio per individuare i progetti
possibili. C'è da augurarsi che produca risultati concreti. Perché non c'è dubbio che - come ha sottolineato il
Governatore Visco proprio ieri nel suo intervento a Bologna - il rilancio dell'occupazione e della crescita può
passare solo attraverso una ripresa degli investimenti.
In attesa, certo, del testo definitivo della manovra.
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19/10/2014
Il Sole 24 Ore
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La missione perduta delle banche globali
Guido Rossi
«Stress Test: Reflections on Financial Crises»: sembra il titolo di un compendio sulla grave situazione
economica attuale, derivata sia dalla minaccia di un nuovo default della Grecia, sia dall'aggravarsi della
deflazione economica, sia dalla caduta dei mercati, sia infine dall'arrivo la prossima domenica degli stress
test, cioè delle valutazioni delle banche sui loro attivi di bilancio da parte della Bce.
Si tratta, invece, del titolo del libro di Timothy Geithner, l'ex segretario del Tesoro americano, il quale cerca di
giustificare le ragioni che hanno provocato nel 2008 la crisi dell'economia americana e il susseguente pa-nico
finanziario, che ha invaso i mercati e il resto del mondo. Inutile dire che al centro delle poco credibili
esaltazioni delle misure approntate dal governo Obama, le riflessioni sulla crisi sono accurate. Superfluo è
altresì sottolineare che il motore dominante della crisi è stato rappresentato dal sistema bancario, tuttora al
centro - volente o nolente - della più grande depressione economica mondiale dagli anni '30.
Le banche, ad ogni stormir di panico, sembrano piombare in inquietanti ossimori, quale quello rappresentato
dalla più grande di loro, Goldman Sachs, la quale di fronte alle diffuse difficoltà di tutte le altre nel mondo, ha
aumentato nel terzo trimestre il suo utile del 48%, con 2, 24 miliardi di dollari. Accompagnata in questo da
Morgan Stanley, con un corrispondente rialzo dell'83%, pari a profitti di 1,71 miliardi di dollari.
La questione fondamentale del debito pubblico e gli interventi governativi ormai all'ordine del giorno in tutti i
Paesi sembrano invero continuare a trascurare il problema centrale della crisi, cioè i sistemi bancari e
finanziari. Le banche, gravate da svariate funzioni e attività (legittime o illegittime), sembrano aver perso la
loro effettiva identità, di istituzioni che garantiscono ai creditori il pronto accesso ai loro fondi, investiti in beni
che debbono essere a richiesta convertiti in cassa.
Discipline legislative e vigilanze incerte hanno alimentato dovunque un totale sbriciolamento di identità della
funzione essenziale dell'istituzione bancaria.
Guido Rossi
Sciolta e liberata da regolamentazioni rigorose, la banca diventa incapace di valutare gli enormi rischi che
una crisi economica globale, alimentata da raffinate tecnologie fuori controllo, impedisce di affrontare.
È così che si sono resi necessari i salvataggi da parte degli Stati: sia attraverso l'assicurazione dei
depositanti, che così non avrebbero perso il loro denaro, sia attraverso facilitate iniezioni di moneta da parte
delle Banche centrali, in caso di difficoltà, per evitarne il fallimento, ritenuto pericoloso per l'intero sistema.
Troppo facile ricordare a proposito gli slogan: too big to fail, troppo grande per fallire, che hanno creato
dovunque l'alibi per attività sconnesse con l'oggetto sociale, che purtroppo hanno anche facilitato il rischio
"morale" che il loro salvataggio pubblico ha causato, producendo ricompense ad attori di dubbia capacità e
incoraggiando future irresponsabilità.
La combinazione del recente capitalismo fra la globalizzazione e i processi tecnologici idealizzati a
rappresentare la indiscussa e idolatrata scientificità dei mercati, scandita a ritmi (dettati dall'HFT, High
Frequency Trading) che nessuna attività umana può adottare, ha trasformato profondamente un fragilissimo
sistema finanziario comandato dagli algoritmi. È così che le banche e le altre istituzioni analoghe, sulla
presunzione che il «desiderio morboso di liquidità», già denunciato da J.M. Keynes, si potesse trasformare in
ricchezza attraverso l'accumulazione a sempre più breve termine di debiti, tramite sofisticatissimi quanto
opachi strumenti derivati, hanno definitivamente perduta la loro missione. L'assoluta dematerializzazione
della moneta ha tolto poi qualsivoglia traccia od orma di razionalità nell'accumulazione.
Insomma, l'Umanesimo rinascimentale dei banchieri fiorentini s'è via via dissipato nel mare degli algoritmi.
D'altra parte, come lo stesso Geithner ha precisato, a scoppio in corso della crisi, nel 2008, più della metà
delle operazioni della finanza mondiale era svolta dalle banche ombra (Shadow banks), le quali invece di
affidarsi ai tradizionali depositi raccolgono la liquidità attraverso il ricorso alle più svariate forme di
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MAL DI FINANZA
19/10/2014
Il Sole 24 Ore
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indebitamento a breve termine, senza protezione né controlli.
Di conseguenza viene costantemente minacciato il capitale, vero cuscino di sicurezza contro le perdite
potenziali, strumento affidabile anche perché costituito dai conferimenti degli azionisti, che contrariamente ai
depositi e agli indebitamenti, non debbono essere restituiti. Più alto è il rapporto fra il capitale e gli attivi, più
sicuro è l'assorbimento delle possibili perdite sui prestiti e sugli investimenti.
Questa è la ragione fondamentale per cui l'esigenza di una capitalizzazione adeguata delle banche è
ovunque sottolineata, ancorché inadeguatamente affrontata dai legislatori e dalle vigilanze internazionali e
nazionali.
È opportuno inoltre notare che all'interno dei singoli Paesi, soprattutto quelli più colpiti dalle assurde politiche
di austerity, il rischio insito nei finanziamenti bancari a un'economia in deflazione non è mai sufficientemente
valutato dalle classi politiche. La soluzione del loro problema principale, il debito pubblico, non può passare
dalle banche, né la loro governance internazionale può soddisfare le politiche nazionali, indifferenti al loro
operare.
Non è un caso allora, pur senza alcun riferimento agli stress test in arrivo, che la tesi di coprire il rischio
relativo agli attivi bancari sia stato promosso soprattutto dalla Bank for International Settlements (BIS) e
soprattutto dall'organizzazione delle Banche Centrali di Basilea.
Purtroppo alla base dei requisiti di capitalizzazione non v'è, e non v'è mai stata, una corretta valutazione dei
rischi, che sono soprattutto, in un'economia globale in crisi, soggetti a variabili continue. Mi basterà ricordare
che i titoli di Stato di Grecia e Spagna, prima della crisi, secondo le regole di Basilea erano sicuri come la
liquidità in cassa, tanto da non richiedere alcuna copertura di capitale. Aggiungerei anche che Lehman
Brothers, immediatamente prima del fallimento era, secondo il "sistema Basilea", considerata correttamente
capitalizzata.
In difetto della assoluta validità dei rapporti fatti valere con tali strumenti, la sola riforma urgente, a evitare un
continuo aggravarsi della crisi dei sistemi bancari, consiste nel porre seri limiti alle varie forme di
indebitamento bancario garantendo un'appropriata valutazione dei rischi e degli investimenti. A ciò si deve
naturalmente accompagnare una riforma dei mercati finanziari che disciplini i fenomeni delle Shadow Banks e
dei titoli derivati, che hanno avuto, e continuano ad avere, grande peso nella crisi economica.
Risulta insomma essenziale alla ripresa che le banche continuino a fare correttamente il loro mestiere,
ricordando che l'economia esige che esse siano affidabili e solide e non sempre più ingrandite e opache
conglomerate che rincorrono, confondendo il debito con la ricchezza, ogni mezzo per ottenere risultati a
breve termine, nel perseguimento di limitati e parziali interessi che spesso poco hanno a che fare con il loro
istituzionale interesse sociale, che è l'unico che uno Stato di diritto dovrebbe tutelare.
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19/10/2014
Il Sole 24 Ore
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Visco: tutelare i lavoratori, non i posti
«Bisogna aumentare investimenti pubblici e privati in Europa e in Italia» I LIMITI DA SUPERARE «Il problema
più grosso che abbiamo in Italia è un ambiente sfavorevole a fare impresa. Grandi potenzialità rimuovendo i
vincoli»
Rossella Bocciarelli
BOLOGNA. Dal nostro inviato
«Il timore di uno euro-break up, una rottura dell'euro, si è perso. E chi oggi lo ripropone sta guardando dallo
specchietto retrovisore. Ora ci vuole, però, una visione per il futuro». Il governatore della Banca d'Italia
risponde in modo netto ai giornalisti, che pongono il tema delle spinte centrifughe rispetto all'Unione
monetaria provenienti dal mondo politico e gli ricordano gli scossoni dei mercati negli ultimi giorni. «I mercati
non si regolano da soli, ma necessitano di istituzioni che li governino, che mettano in atto regole condivise,
che siano in grado di evitare rischi ed eccessi» osserva Ignazio Visco nella conferenza stampa di
presentazione della sua Lettura, la trentesima del Mulino, svoltasi ieri all'aula magna Santa Lucia per
festeggiare il sessantesimo compleanno della casa editrice. «E penso anche che i mercati abbiano
un'eccessiva volatilità» sottolinea il banchiere centrale, con un avvertimento implicito agli speculatori. Ma
l'oggetto della sua "lectio" è l'economia reale: per questo il governatore batte a lungo sulla necessità di offrire
un sostegno europeo agli investimenti pubblici e sull'esigenza di «dare un segno che in Europa si possono
mettere in comune anche le spese per la ricerca di base e per l'innovazione, per le infrastrutture, per la
difesa», non limitarsi a condividere solo le banche o la moneta. Poiché "i tempi stanno cambiando" (la lezione
si ispira, con una punta di nostalgia generazionale, alla canzone di Bob Dylan) occorre essere preparati al
cambiamento, dice il governatore. Si tratta di «cercare le migliori opportunità e ridurre i rischi» che un'era di
innovazione rapidissima potrà comportare anche per il nostro Paese, il quale sinora ha subìto soprattutto i
contraccolpi della globalizzazione ma che nei prossimi anni potrebbe sperimentare con più forza le difficoltà
della disoccupazione tecnologica. Ma, sottolinea Visco, «ancora prima di chiederci che cosa ci riservi il futuro
oggi, in Europa e in Italia, bisogna partire dall'osservazione che esiste un grave difetto di domanda, e quindi
di occupazione e di redditi, oltre che di crescita. Come ho avuto modo di dire anche in altre occasioni aggiunge - uno stimolo forte all'investimento, pubblico e privato, nazionale ed europeo, è essenziale». Per il
nostro Paese, in particolare «è assai ampio il potenziale di miglioramento che si può ottenere rimuovendo
vincoli e rigidità». In Italia, osserva, «gli investimenti privati dipendono dal problema più grosso che abbiamo,
un ambiente sfavorevole a fare impresa». Ma occorre anche «innalzare lo stato generale delle infrastrutture,
anche quelle più tradizionali»; ci sono poi una serie di settori, a proposito di spesa pubblica per investimenti,
«nei quali l'investimento è dovuto, come la manutenzione del territorio». Quanto al lavoro, nell'era della
grande trasformazione tecnologica «ci vogliono sistemi di difesa non del posto lavoro ma del lavoratore,
sistemi di sicurezza sociale che vanno rivisti e ripensati», dice Visco, citando alcune stime secondo le quali
tra 10-20 anni il 50% dei posti di lavoro attuali in Usa ma anche in Europa e Italia sarà automatizzato. E se il
rischio è che scompaia un posto di lavoro su due, occorre farsi trovare preparati,raccomanda il governatore.
Infine, a proposito dei rischi di "stagnazione secolare" dovuti, secondo Larry Summers, al fatto che non è
possibile far scendere abbastanza i tassi reali d'interesse, c'è chiede che cosa debbano fare, allora, i
banchieri centrali. Visco risponde che la scelta necessaria, che è quella di tenere i tassi d'interesse molto
bassi per molto tempo, va messa in atto avendo cura di evitare e circoscrivere i rischi di generare bolle
speculative: «Rispetto a queste ultime - spiega - occorre intervenire con misure specifiche, si tratti di case o
di determinati comparti del settore finanziario, e adottare misure di tipo macroprudenziale: è quanto è stato
fatto, del resto, in Svezia, in Belgio o nel Regno Unito, dove esistono dei focolai».
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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La lunga crisi LA LETTURA DEL GOVERNATORE AL MULINO
19/10/2014
Il Sole 24 Ore
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Borse, la ripresa punta su Draghi
Segnali di fiducia fra i gestori dopo la correzione - Ubs: «Crisi è temporanea», rischi nella volatilità IN DUE
SETTIMANE Piazza Affari ha perso l'8% azzerando i guadagni da inizio anno, lo spread tra BTp e Bund ha
rivisto i 200 punti (per ripiegare a 160) DA QUI A FINE ANNO Molti i «market mover» che segneranno le
scelte degli operatori: primo appuntamento il 26 ottobre con i risultati degli stress test
Vito Lops
Prove di stabilizzazione per le Borse dopo le turbolenze delle ultime settimane: dadomanipartono gli acquisti
dei coveredbondda partedellaBce,efraglioperatorisiregistrauna certa fiducia sulla tenuta dei mercati.Molti
sono comunque i nodi che di qui a fine anno potranno condizionare le scelte degli operatori, a cominciare dai
risultati degli stress test sulle banche europee che verranno diffusi il 26 ottobre. La Consob avverte:i prezzi
dei listini azionari dell'area euro non sono sopravvalutati ma c'è un rischio di correzioni nella valutazione
delleobbligazionidelleaziendeeuropee. Lops e Daviupagina 7 «La speculazione è l'arte di prevedere la
psicologia del mercato», diceva John Maynard Keynes. A dir la verità, in molti non hanno previsto quello che
è successo nelle ultime due settimane sui mercati finanziari quando Piazza Affari ha lasciato sul terreno l'8%
azzerando i guadagni da inizio anno, lo spread tra BTp e Bund ha rivisto i 200 punti (per poi ripiegare a 160).
Lo stesso movimento è stato realizzato dai mercati in Europa - con l'indice Eurostoxx 600 in ribasso di oltre il
10% - e a Wall Street con l'indice S&P 500 sceso di oltre l'8% rispetto ai massimi storici toccati a settembre.
La volatilità è tornata alla ribalta, con l'indice Vix vicino a 30, un livello visto nel mezzo della crisi dell'euro.
Volatilità ancor più accentuata per Atene con i bond decennali che hanno risuperato la soglia d'allarme oltre il
7% sfiorando il 9%. A molti trader, dopo tre anni di continui rialzi (sia in Borsa che nel mercato obbligazionario
sovrano) sarà ritornato in mente il detto di quell'anonimo che cinicamente sintetizza l'andamento dei mercati:
«si sale con le scale ma si scende con l'ascensore».
Va però detto che non tutti sono preoccupati. Da domani, partono gli acquisti dei covered bond da parte della
Bce, e fra gli operatori si registra una certa fiducia sulla tenuta dei mercati. Secondo Ubs, «le vendite non
sono giustificate dai fondamentali. La recente debolezza nei dati europei è temporanea e la traiettoria di
crescita negli Stati Uniti resta intatta. I principali indicatori globali non sono calati in maniera significativa e
sono coerenti con le nostre previsioni di crescita. Le vendite al dettaglio negli Stati Uniti non hanno mai
prodotto prima un'oscillazione di 30 punti base nei rendimenti del Tesoro, come è accaduto mercoledì.
Questa è una valida indicazione che i fattori tecnici di mercato, ad esempio, l'hedging (le coperture, ndr),
sono il driver principale dei grandi movimenti».
È presto però per accantonare definitivamente la bufera. Secondo Pietro Verzetti, responsabile gestioni
patrimoniali di Banca Akros, ci sono vari fattori che «potrebbero esaltare o deprimere i mercati con
aggiustamenti violenti e improvvisi». Molti sono i nodi da sciogliere e tanti anche i market mover che da qui a
fino anno potranno condizionare le scelte dei gestori. A cominciare dai risultati degli stress test sulle banche
europee che verranno resi noti il 26 ottobre. È altamente probabile che fra i 124 istituti monitorati qualcuno
non supererà l'esame e dovrà ricorrere a nuovi capitali per mettere a posto il patrimonio. I rumor indicano che
tra i bocciati ci potrebbero essere istituti tanto del Nord Europa (per eccesso di derivati) quanto nella periferia
dell'Eurozona (per non performing loans). In ogni caso, l'esito di questa tappa rappresenta un elemento che
potrebbe mantenere alta la tensione sui listini. Va però detto che - come evidenzia il grafico a destra - gli
indicatori del rischio credito tanto nell'area euro quanto negli Usa sono tornati prevalentemente con il
"semaforo verde", come nella fase pre-crisi. L'altro grande market mover riguarda, secondo Claudio Barberis,
responsabile asset allocation di MoneyFarm.com, le aspettative sui tassi di interesse negli Usa. Cosa farà la
Fed a fine ottobre quando è atteso (in teoria) l'azzeramento degli stimoli monetari? Manterrà questa
previsione che, orientativamente dovrebbe portarla entro sei mesi a rialzare i tassi? In molti ipotizzano che la
Banca statunintese possa prendersela con più calma, come suggerito dal presidente della Fed di St.Louis,
James Bullard, che si è espresso in favore di un prolungamento del «quantitative easing», cioè degli stimoli
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Crisi e mercati LO SCENARIO DEI LISTINI
19/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1,7
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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monetari. Ma non tutti sono d'accordo. «Difficile che, nel breve, torni totale fiducia nella capacità delle banche
centrali di controllare ogni shock. Per la Fed, rimangiarsi il tapering (piano per azzeramento gli stimoli, ndr) è
un passo molto lungo. Implicherebbe per il Fomc (comitato operativo della Fed, ndr) una quasi ammissione
che i mercati sono dipendenti dal "qe", e che l'exit strategy è un'impresa impossibile», spiega Giuseppe
Sersale, strategist di Anthilia capital.
E poi c'è la Bce che al momento, ha deluso le aspettative dei mercati, con la Germania che continua a
criticare il piano di acquisti di titoli cartolarizzati (che partirà in ogni caso ad ottobre) e a opporsi a quello di
titoli di Stato. Di conseguenza, la riunione del direttivo Bce al primo giovedì di novembre e dicembre, da cui ci
si aspetta una staffetta reale della Bce con la Fed per fornire liquidità sui mercati, si candidano ad essere altri
due potenti market mover. Da non dimenticare poi le trimestrali negli Usa: entro metà novembre tutti i big
avranno reso noti i conti. Secondo Patrick Moonen, responsabile multi asset di Ing Investment management, i
conti potranno risentire del rafforzamento del dollaro. «Il dollaro Usa potrebbe gradualmente rallentare gli utili
Usa, in una fase in cui nell'Eurozona i risultati aziendali non stanno ancora beneficiando a sufficienza della
debolezza relativa dell'euro». Da monitorare poi l'andamento del prezzo del petrolio con il Brent che ha
addirittura perso quota 80 dollari. È questo un fattore preoccupante perché ha fatto saltare molte strategie di
copertura di fondi hedge e, allo stesso tempo, rischia di importare dinsinflazione negli Stati Uniti. A quel punto
la Fed potrebbe essere costretta a rimboccarsi le maniche e a lanciare un quantitative easing 4, posto che la
Bce non sorprenda tutti con stimoli più consistenti. E, alla fine della fiera, è quello che vogliono davvero i
mercati. Altra droga. La lezione delle ultime due settimane è una sola: non sono ancora in grado di
camminare da soli.
@vitolops
© RIPRODUZIONE RISERVATA Banche Banche Assicurazioni Assicurazioni Imprese non finanziarie
Imprese non finanziarie Usa Area euro 250 500 750 1.000 1.250 1.500 0 250 500 750 1.000 1.250 1.500
2007 2014 Area euro 0 250 500 750 1.000 1.250 1.500 2007 Italia 2014 Base gennaio 2007 = 100 INDICI
Fonte:Consob
I MARKET MOVER
26 OTTOBRE
Vengono resi noti i risultati degli stress test di 124 banche europee, fra cui 15 italiane
28-29 OTTOBRE
Si riunisce il Fomc (il comitato operativo della Federal Reserve). Porrà fine agli stimoli monetari (attualmente
di 15 miliardi al mese)?
4 NOVEMBRE
Negli Usa si vota per le elezioni di metà mandato. I mercati attendono di conoscere se la maggioranza
resterà ai democratici o passerà ai conservatori
5 NOVEMBRE
Si riunisce il consiglio direttivo della Bce. I mercati si aspettano nuovi stimoli per contrastare i rischi di
deflazione
9 NOVEMBRE
La Catalogna vota per l'indipendenza
20 NOVEMBRE
Viene comunicato il tasso di inflazione negli Usa di ottobre. Un calo potrebbe confermare le spinte
deflazionistiche derivanti dalla frenata del petrolio e, secondo alcuni, spingere la Fed verso un "quantitative
easing 4"
16-17 DICEMBRE
Ultima riunione dell'anno del Fomc. Si attendono importanti indicazioni sui tempi per un rialzo dei tassi negli
Usa
19/10/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 17
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«Nessun rancore sulle vostre scelte»
«La nostra affidabilità non è compromessa: si basa su affidabilità e stabilità politica»
Alessandro Galimberti
Ambasciatore Giancarlo Kessler, la vicenda del rientro dei capitali italiani e'è costellata da ripetute
incomprensioni e tensioni tra Svizzera e Italia, come dimostra anche il cammino sincopato dei bilaterali. E ora
che il Parlamento sembra davvero deciso a mettere un punto fermo, che succederà? Il rientro di qualche
decina di miliardi cambierà i rapporti tra i due Paesi?
Guardi, io non vedo rancori, certo non da parte svizzera. Il percorso di trasparenza della piazza finanziaria è
iniziato da tempo, il mio Paese già in passato aveva promosso gli accordi Rubik con i confinanti, e ora ha
preso la direzione che la comunità internazionale sta seguendo ancora oggi, ovvero lo scambio automatico
d'informazioni.
Quindi nessun rancore per la scelta unilaterale italiana di una legge sulla riemersione?
Non vedo rancori, certo no. Altro forse sarebbe se l'Italia avesse deciso un rimpatrio "coatto" dei suoi
contribuenti o avesse negato una parità di trattamento, ma non è così. La futura legge, a quello che vediamo
oggi, impone solo una regolarizzazione fiscale.
La differenza?
Sta nel fatto che l'investitore una volta regolarizzatosi con il fisco, come esigono le regole internazionali e
come vuole anche la Svizzera, potrà scegliere dove collocare i propri risparmi e investimenti. In questo
contesto la qualità dei servizi e dei prodotti finanziari svizzeri continua a offrire grandi garanzie.
Quindi non teme di perdere asset?
No perché entrano in gioco altri fattori, dai servizi all'abilità della banca, dall'innovazione la innovatività dei
prodotti e dalla stabilità economica e politica della Svizzera. La prova è già nel fatto che la perdita del segreto
bancario non ha determinato la perdita di appeal della piazza svizzera, anzi.
Però tra poco entrerà in vigore anche lo scambio automatico di informazioni fiscali.
Dal 2018 sarà effettivo, nel 2015 il nostro governo proporrà al parlamento la base legale per l adozione di
questa misura. E sarà il completamento degli sforzi per allinearsi agli standard internazionali, dopo lo stop
alle azioni al portatore per le società anonime e il completamento della politica degli accordi bilaterali.
Appunto, i bilaterali con l'Italia a che punto sono?
Direi a buon punto. Da mesi i tavoli tecnici stanno lavorando per arrivare a una soluzione condivisa. E ora il
testo della nuova legge italiana può senz'altro accelerare il negoziato.
All'Italia cosa chiedete?
Principalmente l'uscita dalla black list, un aggiornamento e dei miglioramenti concernenti l'accordo sui
frontalieri che oramai ha più di 40 anni e l'accesso reciproco al mercato finanziario cross border
In cambio?
Sul tavolo c'è, come noto, il pacchetto sul negoziato fiscale e la questione dei 60 mila frontalieri, un accordo
questo che dopo 40 anni deve essere comunque aggiornato.con delle misure incisive sull'assistenza in
materia di evasione fiscale.
Sulla questione frontalieri serpeggia da anni una certa tensione tra il Ticino e l'Italia.
L'evoluzione degli scambi commerciali dimostra che non c'è stata mai impasse nelle relazioni. Però è chiaro
che il governo federale deve tener conto delle istanze che provengono dal sud del paese.
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Foto: Conciliante. Giancarlo Kessler
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTA Giancarlo KesslerAmbasciatore svizzero in Italia
19/10/2014
Il Sole 24 Ore
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Unipol verso l'intesa sulla governance
Il presidente Cerchiai disponibile a un passo indietro per favorire una soluzione
Laura Galvagni Alberto Grassani
Quando la fusione tra Unipol Assicurazioni, Fondiaria Sai, Milano e Premafin ha ricevuto il via libera delle
autorità, tra le condizioni poste da Ivass per concedere l'ok alla nascita della nuova compagnia c'era la
richiesta di un futuro riassetto della governance. O meglio, l'Authority di controllo ha chiesto all'amministratore
delegato del Gruppo Unipol, Carlo Cimbri, di decidere dove mantenere un ruolo esecutivo, ossia se a valle in
UnipolSai o a monte in Unipol Gruppo Finanziario. Ivass ha dato a Cimbri 18 mesi di tempo, dal momento
dell'efficacia dell'integrazione, per compiere la scelta.
Il manager, dunque, ha ancora otto mesi per definire il proprio ruolo all'interno della galassia di Bologna,
tuttavia l'esercizio 2014 si avvia alla chiusura e qualche valutazione interna è stata già fatta per gestire al
meglio la transazione. Sul tavolo ci sarebbero ancora diverse ipotesi di lavoro da verificare. Tra le altre, una
in particolare potrebbe servire a facilitare il passaggio. Sembra infatti che il numero uno di UnipolSai, Fabio
Cerchiai, abbia dato una prima disponibilità a compiere un passo indietro per agevolare una soluzione
nell'eventuale riassetto manageriale della società operativa.
Cerchiai è di fatto presidente di UnipolSai da ottobre 2012 poiché chiamato da Unipol a presidiare, con un
ruolo di garanzia, due poltrone chiave, quella in Fondiaria Sai e quella in Milano Assicurazioni, in vista della
successiva integrazione a quattro. Aggregazione che, come è noto, è efficace da gennaio scorso e che ha
formalmente proiettato Cerchiai alla presidenza di UnipolSai. L'eventuale passo indietro del manager,
dunque, libererebbe una casella chiave. Consentendo a Cimbri di restare sia monte che a valle della catena
di controllo, con ruoli differenti. Il manager potrebbe infatti considerare di tenere una carica esecutiva nella
holding, ossia in Unipol Gruppo Finanziario, e di ricoprire un incarico non operativo nella compagnia
assicurativa diventandone il presidente.
In questo modo verrebbe ridisegnato l'organigramma della compagnia a valle ma verrebbe mantenuto, come
auspicato dai soci stessi, quel filo diretto con la controllata, condizione indispensabile per una migliore
pianificazione strategica. In ragione di ciò, per definire integralmente il nuovo assetto di vertice, andrebbe poi
individuato il nuovo ceo di UnipolSai.
Allo stato appare plausibile immaginare che, se così dovesse essere, possa venir premiata qualche risorsa
interna. Oggi è troppo presto per avere alcuna indicazione autorevole sui potenziali candidati. È verosimile
che verrà scelta una soluzione di continuità, con la promozione di uno dei manager più vicini a Cimbri in
particolare nella costruzione del maxi-aggregato assicurativo. Si vedrà. Al momento, lo stesso passaggio di
testimone tra Cerchiai e Cimbri, è poco più di un'ipotesi. Quello che è certo è che in vista della scadenza
imposta da Ivass, il Gruppo Unipol ha avviato una riflessione sul tema. Ed è probabile che la decisione verrà
presa in prossimità della scadenza o, al più, in vista delle assemblee di bilancio che potrebbero dunque
prevedere il necessario aggiustamento dell'assetto di governance.
© RIPRODUZIONE RISERVATA STRUTTURA SOCIETARIA L'ANDAMENTO DI UNIPOL I TARGET
CONSOLIDATI AL 2015 In milioni di euro Il titolo a Piazza Affari da inizio anno 982 1.061 262 301 814 852
Utile lordo (DANNI) Utile lordo (VITA) Utile netto (TOTALE) UNIPOLSAI UNIPOL GROUP 50,75% azioni
ordinarie 63% azioni ordinarie 2,9 2,7 2,5 2,3 2,1 1,9 01/01/2014 17/10/2014 FINSOE UNIPOL UNIPOLSAI
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Assicurazioni. Il capo azienda Carlo Cimbri deve scegliere se guidare la holding o la società operativa: ipotesi
allo studio
20/10/2014
Il Sole 24 Ore
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In Europa investimenti e crescita
Una nuova sforbiciata alla spesa pubblica, ma anche tasse più leggere e un gruzzolo per gli investimenti, così
da invertire il trend di crescita. Con la cinghia allentata sulle misure di austerity. È il filo rosso che lega i
budget 2015 di Francia, Spagna e Olanda all'esame di Bruxelles.
Bussi u pagina 8 PAGINA A CURA DI
Chiara Bussi
Nuovi tagli alla spesa, ma anche tasse più «light» e un gruzzolo per gli investimenti per rilanciare la crescita.
Con la cinghia allentata sulla misure di austerity. È il filo rosso che lega i budget 2015 dei big europei
all'esame di Bruxelles. Come per l'Italia la sforbiciata alla pesante macchina burocratica prosegue anche in
Francia, Spagna e Olanda. «Al tempo stesso - spiega Silvio Peruzzo, senior European economist di Nomura
- la novità è un ribilanciamento tra le entrate e le uscite, con i primi segnali di un taglio delle imposte, su
famiglie o imprese». Un jolly da calare per ridare slancio a una ripresa che appare sempre più lontana, in un
periodo di alta turbolenza dei mercati. Continua (per ora) a viaggiare controcorrente la Germania, costretta
però a ridimensionare le stime di crescita dal 2 all'1,3 per cento.
Mentre anche Berlino scopre di non essere immune alla crisi, la Spagna vede rosa e scommette su
un'espansione del 2 per cento. Se le stime saranno confermate andrà a Madrid la palma della crescita del
2015. L'Olanda è più prudente (+1,25%) e la Francia stima una ripresa dell'1% che l'Alto Consiglio di Finanza
pubblica ha già definito "troppo ottimistica". L'occhio della Commissione Ue sarà vigile soprattutto sulle
previsioni di deficit. La vera sfida è arrivata da Parigi: nella «Loi des finances» ha già messo in chiaro che non
scenderà sotto il 3% quest'anno come richiesto dalla Ue ma si accontererà del 4,3% (lo 0,1% appena in
meno rispetto al 2014). Rosso di bilancio oltre il livello di guardia (4,2%) anche per Madrid, che però ha
tempo fino al 2016 per mettersi in regola. Mentre l'Olanda dallo scorso giugno non è più "sorvegliata speciale"
con l'uscita dalla procedura di deficit eccessivo. Qui Berlino continua a recitare la parte della prima della
classe e nonostante il Pil più basso del previsto conferma l'impegno al deficit zero, per la prima volta dal
1969, fedele alle regole europee e al principio della "Schuldenbremse", inserito nella sua Costituzione nel
2009.
Sui tagli alla spesa la Francia, almeno sulla carta, annuncia una sforbiciata «senza precedenti» di 21 miliardi,
con i ministeri a dieta per 7 miliardi. E nella bozza da martedì scorso già all'esame del Parlamento si rompe
persino un tabù, con una riduzione della dotazione per il welfare di 3,2 miliardi grazie a una stretta sulle
assicurazioni malattia e alla razionalizzazione dei servizi. La Spagna va avanti con la spending review avviata
nel 2012: anche quest'anno proseguiranno il blocco delle assunzioni e il congelamento dei salari. Anzi,
Madrid e l'Aja grazie agli sforzi degli anni passati si consentono il lusso di aumentare leggermente la spesa
sociale. Il governo olandese, che già guarda al test delle elezioni provinciali di marzo, conferma però
l'impegno a rispettare il tetto della spesa fissato lo scorso anno e prevede ulteriori tagli per 6 miliardi, uno in
meno del previsto. Anche qui la Germania viaggia controvento e punta su un rialzo della spesa pubblica
dell'1% circa.
Berlino a parte, che ha avviato una riflessione su un fisco più equo, gli altri tre big utilizzano il gruzzolo già
ottenuto con i tagli alla spesa per osare un ritocco delle imposte. La più coraggiosa è Madrid, dove l'aliquota
sulle persone fisiche è stata ridotta, in media, del 12,5% e da gennaio introdurrà nuovi incentivi. Sempre nel
2015 l'imposta nominale sui redditi societari passerà dal 30 al 28 per cento. La Francia gioca la carta
dell'alleggerimento per i redditi più bassi che dovrebbe portare una boccata di ossigeno da 3,2 miliardi per
oltre 6 milioni di famiglie e dare una mano ai consumi. Parigi dà una sforbiciata anche alla tassazione sul
lavoro per salari minimi, autonomi e Pmi. L'Aja annuncia l'intenzione di allentare la morsa del fisco sulle
persone fisiche e sulle imprese grazie al gruzzolo ottenuto con i tagli alla spesa.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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LE MANOVRE DEGLI ALTRI
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Tutti e quattro, Germania inclusa, mettono in campo misure per la crescita. Berlino stacca l'assegno più
ricco: 38,4 miliardi per istruzione, ricerca e infrastrutture digitali. La Francia scommette sugli incentivi al
settore delle costruzioni, l'Olanda annuncia la creazione di un "Fondo per il futuro" per investimenti in
innovazione delle Pmi. La carta spagnola si chiama "Crece": 40 misure da oltre 2 miliardi per far ripartire gli
investimenti. Nel Paese dove i senza lavoro superano il 24% la lotta alla disoccupazione è una priorità
asoluta, con un aumento della dote e un programma di coordinamento tra agenzie locali e statali.
Riusciranno le misure a convincere Bruxelles? Un primo verdetto, solo in caso di bocciatura, è atteso entro il
29 ottobre. Mentre per tutti la pagella arriverà entro il 30 novembre. «Per la Spagna - spiega Peruzzo - mi
aspetto il giudizio migliore, la Francia quello peggiore, ma non mi aspetto delle insufficienze. In questo
momento di incertezza sui mercati la bocciatura di un Paese danneggerebbe la credibilità dell'Area euro».
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+1%
In controtendenza
Aumento previsto della spesa per arrivare a quota 299,5 miliardi.
La dote salirà soprattutto
per il ministero della Salute (+9,1%) e per quello dell'Istruzione e Ricerca (+8,6%) 38,4 miliardi
Priorità a ricerca e infrastrutture
Priorità a istruzione e ricerca, con una dote complessiva di 15,3 miliardi (1,3 in più rispetto al 2014), mentre
23,1 miliardi saranno destinati allo sviluppo delle infrastrutture digitali
+8,4 miliardi
Focus sulla famiglia
Più stanziamenti a favore delle politiche per la famiglia, con un focus sull'"Elterngeld" l'indennnità per il
congedo parentale. Dal 1° luglio al via "Elterngeld Plus" con un aumento dell'assegno del 10%
7
Maggiore efficienza
Sono i punti del piano d'azione del governo per rendere più efficiente
il sistema fiscale. Alta priorità alla lotta contro l'evasione dei pagamenti dell'Iva
21 miliardi
Sforbiciata a tutti i livelli
Riduzione prevista nel 2015 a tutti i livelli della Pa. Dai ministeri è atteso un risparmio di 7,7 miliardi, mentre i
trasferimenti agli enti locali verranno ridotti di 3,7 miliardi. Stretta sulle agenzie di Stato
100 mila euro
Focus sulle costruzioni
Limite massimo dell'esenzione temporanea sulle donazioni di terreni edificabili. Il donatore deve impegnarsi
a costruire entro 4 anni. Stessa misura per le donazioni di appartamenti nuovi 10 miliardi
Stretta su sanità e assicurazioni
Tagli alla spesa sociale previsti nell'arco di tre anni. Stretta sulle assicurazioni malattia, miglioramento
dell'efficienza ospedaliera, razionalizzazione dei servizi di ambulanza 8,7 miliardi
Focus su redditi bassi e Pmi
Importo complessivo derivante dalla riduzione di imposta per i redditi più bassi e dal taglio dei contributi
sociali per salari minimi, autonomi e Pmi
6 miliardi
Spesa blindata
In vigore anche quest'anno il tetto alla spesa fissato nel 2014. Continua il congelamento degli stipendi e la
riduzione dei dipendenti della Pa.
La spesa sanitaria scenderà di 700 milioni 200 milioni
20/10/2014
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Spinta all'innovazione
Creazione del "Fondo per il futuro" per investimenti in innovazione e ricerca delle Pmi.
Iva ridotta per il settore immobiliare dal 1° luglio 2015, benefici fiscali per chi affitta +1,7 miliardi
Al via la riforma
Le spese per la sicurezza sociale aumenteranno di 1,7 miliardi.
Dal 1° luglio entra in vigore la riforma del mercato del lavoro che prevede regole più semplici e minori costi
per i licenziamenti 1,16 miliardi
La dote per i tagli
Ammontare destinato alla riduzione delle imposte. Avviata una riflessione sulla riduzione del primo scaglione
dell'imposta sui redditi e della corporate tax13 miliardi
Nuova stretta sulla Pa
Obiettivo di risparmio per il 2015. Per i ministeri prevista una riduzione della spesa del 5,1% a
quota 62,5 miliardi. Proseguirà il blocco delle assunzioni così come il congelamento dei salari
2,19 miliardi
Il pacchetto
Dote prevista per il Piano "Crece", un pacchetto di 40 misure per rinvigorire la crescita e gli investimenti, con
un tandem tra pubblico e privato e un maggiore coordinamento tra Stato e enti locali 620 mila
L'obiettivo
Sono i posti di lavoro che il governo punta a creare nel 2015. Le spese per il welfare aumenteranno dello
0,6% a 13,074 miliardi. Per il 2015 si punta alla "Carta dei servizi nazionali dell'impiego" 12,5%
Taglio delle imposte
È il taglio medio per le persone fisiche a favore di 14,4 milioni di persone con un reddito inferiore a 24mila
euro annui. Per le imprese l'aliquota nominale sui redditi scenderà al 28%
Foto: STIME PER IL 2015 SPESA PUBBLICA MISURE PER LA CRESCITA LAVORO E WELFARE FISCO
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
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Pressing su Barroso "Non ci boccerà"
ALBERTO D'ARGENIO
MILANO SE RENZI crede che la prossima Commissione possa essere più morbida verso l'Italia si sbaglia di
grosso». Chissà se si rivelerà corretta la profezia che Barroso affida a qualche partecipante del vertice euroasiatico di Milano. A PAGINA 3 MILANO. «Se Renzi crede che la prossima Commissione possa essere più
morbida verso l'Italia si sbaglia di grosso». Chissà se si rivelerà corretta la profezia che il presidente uscente
dell'esecutivo comunitario, Josè Barroso, affida a qualche partecipante del vertice euro-asiatico di Milano. Di
certo al momento non è considerata azzeccata dal governo italiano, che dopo i dissapori con l'ex premier
portoghese sulla legge di stabilità si affida al suo s u c c e s s o r e , J e a n C l a u d e Juncker, per ottenere il
via libera alla manovra da 36 miliardi.
Certoè che all'interno della Commissione si registrano scontri sul giudizio da dare alla finanziaria di Renzi e
Padoan. Così come proseguono, intensi, i colloqui tra Roma e la capitale belga per arrivare a un via libera. E
lo stesso premier l'altro ieri sera alla cena offerta a Palazzo Reale dal presidente Napolitano ai 53 leader
dell'Asem qualche sensazione l'ha potuta ricavare da Angela Merkel, che sedeva al suo fianco. Il calcolo fatto
a inizio settimana da Renzie Padoan era di lasciare che Barroso, il 29 ottobre, bocciasse pure la manovra.
Per poi giocarsi l'asso nella manica.
Juncker a inizio settimana ha chiesto aiuto al premier-segretario per sbrogliare la matassa che si era creata
al Parlamento europeo, che il 22 deve votargli la fiducia. Data a rischio visto che in molti chiedevano un
profondo rimpasto della sua squadra capace di rimandare l'insediamento, previsto per il primo novembre, di
un mese. Renzi si è mosso, i suoi luogotenentia Strasburgo, tra cui Pittella e Gualtier, con l'aiuto del
presidente Martin Schulz sono riusciti ad evitare il peggio. E così salvo sorprese Juncker otterrà il via libera
nei tempi stabiliti. In cambio il lussemburghese ha fatto intuire che avrebbe concesso all'Italia tutta la
flessibilità sui conti possibile. Parlando di cifre, Roma, pur rimanendo sotto il tetto del 3%, sarebbe tenuta il
prossimo anno a una correzione del deficit strutturale dello 0,7% in modo da abbassare il debito come
previsto dal Fiscal Compact. O almeno dello 0,5%, pari a circa otto miliardi di euro. La manovra prevede solo
un taglio del saldo strutturale (al netto del ciclo economico e delle una tantum) dello 0,1% visto che Renzi ha
deciso di rinviare al 2017 il pareggio di bilancio e di far salire il deficit nominale fino al 2,9% per dare vita a un
intervento espansivo, in grado di rilanciare il Pil.
Barroso chiede di rispettare a pieno le regole. Juncker invece sarebbe disposto a ribaltare l'eventuale
bocciatura accontentandosi di un taglio dello 0,25%, cifra ufficiosamente identificata in estate dai servizi della
Commissione per i governi alle prese con recessione, deflazione e riforme. Ma visti i chiari di luna delle Borse
e dello spread, subire un bocciatura e poi affidarsi all'overrule di Juncker potrebbe esporre troppo l'Italia sui
mercati. Così da ieri è partito un ultimo negoziato con lo scopo di convincere Barroso a offrire subito l'accordo
sullo 0,25%. «Stiamo cercando di fargli capire che se l'ultimo atto da presidente venisse sconfessato dopo
pochi giorni, il suo sarebbe davvero un addio disastroso», confidava ieri un alto funzionario di Bruxelles.
L'Italia per evitare la bocciatura ha già previsto in Finanziaria un tesoretto da 3,4 miliardi e basterebbe un
emendamento per renderlo operativo. Per questo ieri sera Renzi al Tg1 affermava: «Escludo l'apertura di una
procedura di infrazione, noi comunque siamo a disposizione, pronti al dialogo anche se abbiamo fatto una
manovra che soddisfa i bisogni del Paese e rispetta tutte le regole».
Un assist al negoziato potrebbe venire dal commissario Ue Katainen. Se da premier era annoverato tra i
falchi, da quando è arrivato a Bruxelles sembra essere più morbido,o quantomeno in linea con Juncker.I primi
di novembre la Commissione pubblicherà le nuove previsioni economiche che prenderanno atto della nuova
fase di recessione italiana, non prevista la scorsa primavera quando erano stati fissati i target di bilancio. Se
passerà la linea della flessibilità, potranno giustificare un atteggiamento più morbido verso Roma. Ma i rischi
sono ancora tanti, Barroso non è facile da convincere, così come i falchi di Berlino. E poi la manovra deve
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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18/10/2014
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reggere l'esame dei funzionari Ue, che non dovranno avere dubbi sulle coperture identificate dal governo, dai
15 miliardi della spending ai 3,8 della lotta all'evasione.
PER SAPERNE DI PIÙ www.tesoro.it www.palazzochigi.it
Foto: Manuel Barroso, presidente Ue "LA PROCEDURA Escludo l'apertura di una procedura di infrazione.
Noi comunque siamo a disposizione e pronti al dialogo MATTEO RENZI Intervistato ieri sera dal Tg1
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La Repubblica - Ed. nazionale
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Ecco la mediazione dei governatori "Pronti a rinunciare a 2 miliardi della
sanità"
LUISA GRION
ROMA. Non vogliono quei tagli, ma cominciano a pensarci e a proporre strade alternative per evitare che i
quattro miliardi messi in conto dalla Legge di Stabilità ai loro bilanci pesino sui servizi, sulla tassazione locale
e quindi sul consenso degli elettori.
Il giorno dopo la rivolta contro la manovra del governo Renzi, le Regioni sono entrate nell'ottica della
trattativa, hanno messo in conto di dover fare la loro parte e hanno stilato un piano B per contenere gli effetti
di quello che continuano a ritenere un taglio insostenibile. Lo hanno messo nero su bianco su un foglio che
sta già su un tavolo a Palazzo Chigi: pochi punti, i contorni e dettagli tecnici restano da definire in un incontro
che sarà messo in calendario la prossima settimana. Il documento, sul quale fra regioni e governo ora si
aprirà la mediazione, mette sul piatto quattro ipotesi e una condizione. La prima, a dire il vero, è molto più che
una ipotesi visto che la posta è certa e coprirebbe da sola il 50 per cento di quei 4 miliardi voluti dal governo.
Dopo una lunga trattativa con il ministro della Salute Beatrice Lorenzin i governatori avevano infatti ottenuto
di innalzare, per il 2015, da 110 a 112 miliardi il Fondo sanitario nazionale. Bene: ora Chiamparino e i colleghi
sarebbero disposti a rinunciare a tale, faticoso, risultato. Rinuncia dolorosa (la spesa sanitaria assorbe il 7580 per cento dei loro bilanci), ma che da sola basterebbe a coprire metà del budget richiesto loro da Renzi.
Come arrivare però al tetto? La seconda strada che propongono di percorrere coinvolgerebbe il Fondo
aperto dalle Regioni presso il ministero dell'Economia: una riserva creata apposta per autoproteggersi dai
rischi legati ai contratti derivati firmati in passato. Un Fondo cospicuo che, rimodulato a dovere, potrebbe
garantire da solo gli altri 2 miliardi di risparmi. L'operazione, se accettata, richiederebbe però un meccanismo
finanziario molto complesso ancora allo studio dagli esperti di bilancio.
In alternativa a tale strada, se la misura non dovesse andare in porto o dovesse garantire una copertura
inferiore al previsto, la rimodulazione potrebbe interessare anche le spese iscritte nei bilanci regionali,
tenendo conto delle uscite effettive e della programmazione annuale. L'indebitamento, ipotizzano le Regioni,
potrebbe essere ripartito e conteggiato in modo diverso dall'attuale. Per esempio: se per la realizzazione di
un opera in tre anni si mettono in conto 90 milioni, l'iscrizione a bilancio riguarderà solo i 30 milioni
effettivamente spesi nell'anno in corso. Manovra che generebbe risparmi contabili con i quali accontentare la
richiesta di Palazzo Chigi. Anche qui possibilità e dettagli resterebbero però da definire.
In «cambio» di tali aperture, è scritto nel documento, le Regioni si impegnerebbero a onorare una
condizione: niente ticket sanitari, né aumento delle tasse locali. Niente impatto economico diretto sul
cittadino: le due misure, se realizzate, vanificherebbero infatti gli effetti del bonus da 80 euro appena
riconfermato e dei tagli al fisco annunciati dal premier.
Della partita se ne parlerà probabilmente nei primi giorni della settimana entrate, in un incontro fra lo stesso
Chiamparinoe il sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio. I contatti fra i due sono stati frequenti nelle
ultime ore, ma la data del vertice per ora non è in agenda. Non sono escluse per altro altre soluzioni. «Fatta
salda l'entità delle misure, non abbiamo imposto una soluzione unica - dice Yoram Gutgeld, consigliere
economico di Palazzo Chigi - altri risparmi potrebbero venire anche dai trasporti locali: nella Legge di Stabilità
ci saranno norme che aiuteranno le Regioni a contenere le spese».
La trattativa è aperta, conferma il governo, restando però fermi i saldi. «Questa è la manovra del Paesee il
Paese in tutte le sue dimensioni contribuisce ai tagli» ha precisato Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia.
«Siamo pronti a parlarne con le Regioni, ma nel disegno dei saldi. Il come si raggiungono poi è da discutere».
LA PROPOSTA 1LA SANITÀ Il piano delle Regioni prevede che una parte cospicua del taglio richiesto sia
coperta dalla rinuncia ai 2 miliardi in più appena ottenuti sul Fondo sanitario 2SPESE RIMODULATE I
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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18/10/2014
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risparmi, secondo le Regioni, si potrebbero ottenere anche con una rimodulazione delle spese iscritte in
bilancio o attraverso il Fondo di copertura per i derivati 3TASSE LOCALI E TICKET Se le proposte saranno
accettate le Regioni si impegneranno a non aumentare le tasse locali e a non applicare ticket sanitari. Questo
per non annullare i benefici del bonus
PER SAPERNE DI PIÙ www.governo.it www.regioni.it
Foto: DA FEBBRAIO Matteo Renzi è premier da otto mesi.
È anche segretario del Pd
Foto: AL VERTICE DI MILANO Giorgio Napolitano ha commentato la legge di stabilità lasciando Milano dove
ha partecipato al vertice Asem
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
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"O tagliamo i servizi oppure tutto il resto l'aritmetica non gufa Matteo ora
ci ascolti"
PAOLO GRISERI
TORINO. È un renziano della primissima ora, non certo uno di quelli che si sono accoccolati sul carro del
premier quando era ormai chiaro che si trattava di quello vincente. Per questo colpisce che Sergio
Chiamparino abbia attaccato con tanta durezza la manovra del premier: «Sugli sprechi delle Regioni Renzi
ha usato toni offensivi». Chiamparino, Renzi è diventato improvvisamente un nemico? «E quando mai? Non è
un nemico, è un interlocutore. Che ha fatto una proposta di manovra e che noi contestiamo su alcuni punti».
La manovra del governoè giusta o sbagliata? «Personalmente condivido l'impianto della manovra».
E allora perché protesta? «Perché propone per le Regioni cose impossibili. Non dico che siano giuste o
sbagliate.
Dico semplicemente che l'aritmetica gli dà torto. E l'aritmetica nonè di destrao di sinistra, non gufa o sta col
premier».
Bocciato in matematica? «Il calcoloè presto fatto. Il 90 per cento della spese delle Regioni è fatto di sanità e
trasporti pubblici. Se Renzi dice che le Regioni italiane devono risparmiare 4 miliardi senza toccare sanità e
trasporto pubblico, dice una cosa impossibile da realizzare perché sul resto le Regioni spendono meno di 4
miliardi. Se vogliamo fare un po' di demagogia, allora vale tutto. Ma se vogliamo parlare della realtà, la
matematica è imprescindibile. Tagliando 4 miliardi, le Regioni azzererebbero ogni altro loro intervento che
non sia nei due settori che non si vogliono toccare. E questo è semplicemente impossibile». Renzi dice che le
Regioni devono tagliare gli sprechi. Non avete sprechi? «Renzi ha ragione: ci sono sprechi nel funzionamento
delle Regioni. Come ce ne sono nel funzionamento dei ministeri. Ma la battaglia contro gli sprechi deve
essere comune.
Non può essere giocata gli uni contro gli altri. Questoè un modo offensivo di rappresentare la realtà come se
ci fosse un mondo di virtuosi e un altro di reprobi. Non è così. Facendo di tutta l'erba un fascio non si va da
nessuna parte».
I ministeri sprecano di più? «Io penso di sì. Ma non perché siano malvagi: semplicemente hanno avuto più
tempo per organizzarsi. I ministeri esistono da 150 anni, le Regioni dal 1970».
Però se le Regioni cominciassero ad eliminare i loro sprechi non sarebbe male. Non crede? «Certamente.
Ma non dobbiamo illudere nessuno. Ci sono ordini di grandezza incomparabili. Se io taglio i vitalizi o se
riduco le partecipate non risparmio i miliardi. Faccio opere meritorie ma riduco di decine di milioni la spesa
complessiva». Dunque voi dite no ai tagli? «Noi abbiamo una proposta alternativa che è quella di aumentare i
tagli ai ministeri e ridurli alle Regioni».
Ma vi diranno di no. E allora? «Allora, se ci dicono di no (e, si badi bene, noi crediamo che sbaglino)
abbiamo anche una seconda proposta».
Che cosa dice la proposta B? «L'abbiamo inviata in queste ore ai tecnici di Palazzo Chigi e abbiamo chiesto
un incontro a Renzi per illustrarla, senza tweet anticipatori».
Di quanto riduce i costi la vostra proposta B? «La nostra è una proposta a saldi invariati. Una strada per
risparmiare i 4 miliardi in modo diverso da quanto è previsto nella legge di stabilità. Senza aumentare ticket,
tariffe e tasse.». Rinuncerete ai 2 miliardi di aumento dei fondi della sanità già concordati con il ministro
Lorenzin? «Questa è una parte del progetto». Se fosse così rimarrebbero comunque altri due miliardi da
tagliare. Come farete? «C'è un documento tecnico inviato a Palazzo Chigi. Prevede di modulare
diversamente i fondi delle Regioni che sono a disposizione del ministero dell'Economia a copertura dei mutui
e dei derivati. Una cifra ingente dalla quale, secondo i nostri calcoli, si possono risparmiare i due miliardi che
mancano. Ma abbiamo bisogno di discuterne a Palazzo Chigi nei prossimi giorni».
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L'INTERVISTA/ SERGIO CHIAMPARINO
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 5
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Renzi le ha mandato sms in queste ore? «Certo. Ma restano una cosa tra noi. Di sicuro non glieli faccio
vedere».
Foto: GOVERNATORE Sergio Chiamparino presidente del Piemonte
Foto: "LA CONTROPROPOSTA
Foto: Il premier non è un nemico però sulle Regioni sbaglia Se non vuol toccare i ministeri discuta la nostra
proposta: è a saldi invariati
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 6
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Bene anche Wall Street. Bce, parte il nuovo piano di acquisti Padoan: "L'Italia non c'entra con le turbolenze
dei mercati"
VITTORIA PULEDDA
MILANO. Giornata euforica sui mercati. Dopo due giorni di tempesta, ieri c'è stato almeno un elemento per
inforcare gli occhiali rosa, in Europa: la partenza del piano di acquisto di covered bond (obbligazioni con la
garanzia) da parte della Bce, lunedì prossimo,a cui seguirà anche l'acquisizione di Abs. In realtà la data è
stata resa nota solo nel tardo pomeriggio ma già nella mattinata l'esponente dell'Eurotower Benoit Coeure,
parlando da Riga, era stato chiaro: «Inizieremo nei prossimi giorni ad acquistare gli asset previsti nel nostro
nuovo programma, volto ad ampliare il bilancio e a migliorare la trasmissione all'economia reale».
Più o meno in corrispondenza con quella dichiarazione le Borse, già ben intonate, hanno preso a correre; e a
fine seduta il bilancio dell'ottimismo vede Milano salire del 3,42%, Francoforte del 3,12%, Parigi del 2,92% e
Londra dell'1,85%. Giornata in grande spolvero anche per Atene (+7,21%) reduce tuttavia da tre sedute
negative, in cui aveva bruciato il 13%: complessivamente, per i mercati europei si tratta della migliore
giornata da tre anni a questa parte, anche se occorre pensare che ad esempio l'indice Stoxx 600 ha
guadagnato il 2,8%, ma aver perso il 7,7% negli ultimi otto giorni. Ieri è stata una giornata positiva anche per
Wall Street: complice anche il dato positivo sulla fiducia dei consumatori Usa, ai massimi dal 2007, il Dow
Jones ha chiuso in rialzo dell'1,63%.
Il piano di acquisto di Abse covered bond era già stato previsto per «il quarto trimestre 2014» da Mario
Draghi nella scorsa riunione di Napoli. Il programma andrà avanti due anni e, insieme alle aste "mirate" alla
crescita, le Tltro, dovrebbe immettere nel sistema fino a mille miliardi di euro, destinati a sostenere l'economia
reale e a riportare l'inflazione nei target previsti (2% annuo). Ieri intanto il Tesoro, approfittando anche del
miglioramento dello spread (a 163 punti base, 12 in meno del giorno prima) ha fissato la cedola minima sul
Btp Italia - indicizzato all'inflazione - all'1,15%: se avesse dovuto fissarla il giorno prima sarebbe stato
costretto a pagare un tasso più alto. Ma il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha voluto comunque
chiarire che il rialzo del differenziale di tassi tra Bund e Btp di questi giorni «non ha alcun legame con la legge
di stabilità» secondo alcuni responsabile di queste turbolenze in quanto si scosterebbe dalla linea del rigore
assoluto sui conti pubblici. Il ministro ha parlato alla trasmissione "Otto e mezzo". La reazione negativa dei
mercati - ha spiegato - è il risultato «dell'enorme liquidità e dell'eccesso di euforia che c'è stato». Padoan ha
ribadito che «c'è bisogno di un riprezzamento delle quotazioni» ma «non c'è assolutamente alcun legame con
l'Italia. Anzi». Piuttosto, è colpa della bolla e in parte dei timori per la Grecia.
Le Borse +1,61 New York DOW JONES +0,97 New York NASDAQ +2,92 Parigi +3,42 Milano FTSE MIB
+3,12 Francoforte +7,21 Atene +1,85 Londra +2,97 Madrid
Foto: BANCHIERE CENTRALE Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, ha scaldato i mercati
ieri annunciando la partenza da lunedì del programma di acquisto di titoli bancari
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Draghi riscalda le Borse Milano +3,4, Atene +7% lo spread torna a calare
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 6
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Montebourg: "Europa verso l'autodistruzione Hollande aiuti Renzi contro
la destra tedesca"
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ANAIS GINORI
PARIGI. - «L'eurozona è diventata il tassello debole della crescita mondiale. E' urgente abbandonare il
dogma dell'austerità». Arnaud Montebourg arriva di prima mattina in un café del Marais, jeans e
impermeabile nero. L'ex ministro dell'Economia gauchiste, sostituito dal banchiere Emmanuel Macron, è stato
epurato dal governo perché criticava la politica di rigore. Insieme a lui se ne sono andati due ministri. «La
sinistra sta esplodendo.
Il governo Valls ha deciso di vietare ogni tipo di dibattito sull'austerità». Peccato, aggiunge Montebourg,
perché così la Francia siè appiattita su un'ossessione «stupida e pericolosa» non tanto della Germania,
precisa, ma «della destra tedesca». «Abbiamo rinunciato a lanciare una nuova leadership europea di sinistra
insieme all'Italia».
Montebourg potrebbe essere il rivale di François Hollande nelle primarie per le presidenziali del 2017.
«Per adesso sto sviluppando alcuni progetti imprenditoriali» racconta, sorseggiando un caffè doppio.
Ha deciso di abbandonare la politica? «Anzi, ora che sono tornato un uomo libero voglio impegnarmi ancora
di più per evitare che l'Europa si autodistrugga» Il nuovo allarme dei mercati è serio? «Siamo diventati la
parte economicamente più fragile dell'Occidente. Nel 2008, quando è fallita Lehman Brothers, c'era lo stesso
tasso di disoccupazione negli Usa e in Europa. Eravamo entrambi al 10%. Oggi l'America è al 6%. Noi
sfioriamo il 12%. Negli ultimi sei anni, gli americani hanno creato dieci punti di Pil in più rispetto all'Europa. Le
politiche europee non ci hanno tirato fuori dalla crisi. E hanno aggravato la situazione» A Bruxelles è
cominciato l'esame delle leggi di stabilità.
Parigi rischia di essere bocciata? «La Commissione europea non deve applicare in modo miope regole
scritte anni fa, ormai superate. Non ha senso far riferimento a trattati legati ad un'altra epoca. Per avere una
politica economica non bisogna rispettare regole, ma fare scelte strategiche» Anche l'Italiaè nel mirino della
Commissione europea.
«Matteo Renzi ha avuto un approccio originale ed eterodosso. Mi dispiace che Hollande non abbia avuto più
coraggio. Un'alleanza franco-italiana, con due grandi sinistre, avrebbe potuto combattere i dogmi pericolosi
della Cdu tedesca» Forse era difficile opporsi ad Angela Merkel? «Il Presidente avrebbe dovuto alzare la
voce, battere i pugni. La crisi politica di agosto, e la mia dipartita, sono provocati da quest'inettitudine.
Hollande non vuole prendere atto che le politiche di austerità hanno fallito. E' pretende pure di vietare
qualsiasi riflessione su questa débâcle» Il partito socialista potrebbe esplodere? «Sta già succedendo. Il
governo ha una maggioranza parlamentare che poggia su uno spillo. E' isolato nell'opinione pubblica. Il
Presidente fa il contrario di quello per cui è stato eletto. E intanto il Front National è alle porte del potere»
Sulla politica economica, come si differenzia dai slogan anti-austerity di Marine Le Pen? «Il Front National
non ha argomenti. Le Pen vuole solo distruggere l'Europa. Noi vogliamo salvarla» Ma come si può ridurre
l'indebitamento degli Stati? «Certamente non bloccando l'attività economica e facendo crescere la
disoccupazione. Senza maggiori entrate è dimostrato che la riduzione dei debiti pubbliciè difficile e comunque
possibile solo nel lungo periodo. Intanto ci stiamo avvitando in una spirale deflazionista» Bisogna accelerare
sulle riforme strutturali? «Per vedere risultati sulla crescita attraverso le riforme servono molti anni e
soprattutto non avere le mani legate dai vincoli di bilancio.I tedeschi hanno lanciano grandi riforme proprio
perché nel 2003, con Gerhard Schroeder e Jacques Chirac, ci fu un accordo per superare i limiti di deficit» Il
governo di Parigi ha un rapporto deficit/Pil del 4,4%, ben sopra ai parametri europei. E la chiama austerità?
«Dal 2012 sono stati aumentati i prelievi fiscali per un valore pari a 3,5% del Pil. Ora si cambia, e si taglia
nella spesa pubblica per circa 2,5% del Pil. In entrambi i casi, si chiama austerità perché viene intaccato il
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L'INTERVISTA
18/10/2014
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potere d'acquisto. Nel caso francese abbiamo la dimostrazione che sono politiche inutili: il deficit resta alto.
Non sono il solo a dirlo. Lo sostengono anche il Fmi e premi Nobel come Joseph Stiglitze Paul Krugman".
Come proteggersi dal rischio di una crisi di fiducia sui mercati, com'è capitato all'Italia nel 2011? «E' un
rischio che non esiste più da quando Mario Draghi ha finalmente trasformato la Bce in una vera banca
centrale. I tassi d'interesse sono scesi ovunque» La Bce dovrebbe intervenire ancora di più? «Tra 2008 e il
2014 la base monetaria della Fed è aumentata del 467%, mentre quella della Bce del 25%. La penuria di
liquidità è un primo problema. Dobbiamo allinearci sulle altre banche centrali.
Ma c'è un altro punto su cui dobbiamo batterci» Quale? «La causa della crisi non viene dagli Stati ma dalle
banche e dal sistema finanziario. Di certo, non sono le classi medie che devono pagare responsabilità non
loro» C'è un deficit di politica in Europa? «L'obiettivo dell'Europa deve essere ridurre la disoccupazione, non i
deficit. Se riusciamo ad aumentare i posti di lavoro, il deficit migliorerà automaticamente. E' l'unica soluzione
per vincere la crisi e salvare l'Europa. Se continueremo invece sulla strada dell'austerità, continueremo ad
avere milioni di disoccupati e sempre più partiti che vorranno distruggere l'euro. E alla fine ci riusciranno»
Foto: IL CONFRONTO
Foto: Nel 2008 Usa e Ue avevano la stessa disoccupazione, ora la nostra è doppia rispetto a loro
Foto: L'OBIETTIVO
Foto: Dobbiamo creare posti di lavoro, solo così il deficit calerà i tagli di spesa sono inutili
Foto: EX MINISTRO Arnaud Montebourg, ex ministro dell'Economia francese
18/10/2014
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Landini: gli agenti hanno esagerato ma gli ordini venivano dall'alto
PAOLO GRISERI
TORINO. Ha appena concluso il comizio.
Sta in fondo al palco con una bottiglietta in mano e lo sguardo sul limitare della piazza, sul fumo dei
lacrimogeni e sulla gente che abbandona il comizio per non piangere. Maurizio Landini se la prende «con
quelli che non rappresentano nessuno e cercano di strumentalizzare le nostre manifestazioni per un po' di
visibilità». Ma anche «con l'eccesso di reazione delle forze dell'ordine. Frutto di inesperienza o una precisa
indicazione del governo?».
Landini, pensa davvero che ci possa essere una manovra del governo per screditare le vostre
manifestazioni? «Io ho grande rispetto per i lavoratori delle forze dell'ordine. Penso che se hanno lanciato
lacrimogeni contro chi pacificamente ascoltava un comizio sindacale, lo abbiano fatto eseguendo ordini che
arrivavano dall'alto».
Pensa al ministro dell'Interno o al premier? «Non lo so. Vedo che di fronte alla provocazione di alcune decine
di persone senza rappresentanza che cercano visibilità accodandosi ai nostri cortei, siè deciso di lanciare i
lacrimogeni verso le migliaia di lavoratori che ascoltavano il nostro comizio. Questo non è accettabile.
Siccome penso che le forze dell'ordine eseguano degli ordini, non me la prendo certo con chi era in piazza
ad operare ma con chi ha dato certe indicazioni».
Ma perché pensa al governo? «Perché sarebbe fin troppo facile tentare di trasformare ogni manifestazione
sindacale in una gazzarra con scontri e incidenti. Noi siamo sempre andati in piazza pacificamente e
continuiamo a condannare chi, come ieri, arriva con sassi, bastoni, biglie. Gente che non sa come ottenere
spazi mediatici e che strumentalizza le nostre manifestazioni».
Gli antagonisti torinesi ieri l'accusavano di stare con la polizia..
«Ecco, appunto. Io ho difeso e difenderò il diritto dei metalmeccanici di manifestare pacificamente senza
gente che voglia mettere il cappello con inaccettabili violenze sulle nostre iniziative». Ma il governo? «È
chiaro qual è la posta in gioco. Renzi ha deciso di sposare una parte, quella di Confindustria, contro l'altra,
quella dei lavoratori. Può farlo perché pensa di avere il consenso nel Paese. Lo fa saltando la discussione in
Parlamento a colpi di fiduciae saltando il confronto coni sindacati. Le manifestazioni di questi giorni sono fatte
da lavoratori che dicono il contrario. Più persone partecipano ai nostri scioperi, più la linea del governo vacilla
e con quella linea, la tesi che il sindacato non rappresenta nessuno».
Dunque si lanciano i lacrimogeni? «Dunque a qualcuno può anche venire in mente di far salire la tensione
per scoraggiare la partecipazione della gente. Non sarebbe una novità nella storia italiana. Per questo ho
voluto mettere le cose in chiaro all'inizio di quello che io penso sia un ciclo di proteste destinato a crescere
nelle prossime settimane. Per dire che non accettiamo le strumentalizzazioni di chi si accoda ai nostri cortei
con le borse piene di sassi. E nemmeno quelle di chi volesse gestire l'ordine pubblico in piazza sparando
lacrimogeni sui cortei sindacali per far salire la tensione e tenere la gente a casa. Se l'episodio di ieri a Torino
è stato il frutto dell'inesperienza di chi in quel momento gestiva la piazza è un conto. Se, al contrario, è
l'applicazione di una direttiva governativa è bene che il governo sappia che questo gioco è inaccettabile».
Non era lei il sindacalista che aveva un rapporto privilegiato con Renzi? «Con Renzi ho sempre discusso nel
merito perché penso che un sindacalista debba accettare il confronto e avanzare delle proposte. Fino a pochi
mesi fa questo è stato possibile. Poi, evidentemente, il premier ha scelto una strada diversa. Ha accettato le
ricette fallimentari di Confindustria e dell'Unione europea, che hanno già creato 25 milioni di disoccupati. E ha
teorizzato che i sindacati sono inutili. Stiamo dandoci da fare per smentirlo». PER SAPERNE DI PIÙ
http://torino.repubblica.it www.fiom-cgil.it
Foto: I TAFFERUGLI Una fase degli scontri tra gli antagonisti e le forze dell'ordine in piazza Castello, nel
centro di Torino
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'INTERVISTA
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Foto: LACRIMOGENI
Foto: Non si lanciano lacrimogeni su migliaia di lavoratori pacifici solo perché in fondo al corteo c'è un gruppo
di provocatori
Foto: TENSIONE
Foto: Non vorrei che l'input fosse arrivato dal governo: troppo facile trasformare ogni iniziativa del sindacato
in una gazzarra
Foto: LEADER SINDACALE Maurizio Landini, 53 anni, è segretario generale dei metalmeccanici Fiom-Cgil
dal 1 giugno 2010
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 10
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"Ma così ci guadagna solo il Cremlino"
EUGENIO OCCORSIO
« NON c'è nessuna ragione economica che supporta il progetto South Stream». Più chiaro di così Ed Morse,
uno dei primi esperti energetici mondiali, già sottosegretario al Dipartimento di Stato con Carter e oggi capo
delle commoditiesa Citigroup, non potrebbe essere.
Lei smonta quello che probabilmente resterà l'unico risultato concreto del vertice di Milano, il rilancio della
pipeline transmediterranea che bypassa l'Ucraina.
«Non capisco perché dare a Putin quest'ennesimo strumento di potere quando sono ancora indefiniti non
solo le sue intenzioni con l'Ucraina ma i suoi progetti espansionistici futuri. Né la domanda europea sta
crescendo così tanto da giustificare la nuova condotta, che avrebbe solo l'effetto di scoraggiare i Paesi
europei dal cercare nuove fonti di approvvigionamento. Per Russia e Gazprom è in gioco la conservazione
all'infinito della loro quota di mercato, gli interessi occidentali sono ben altri a partire dalla libertà di scelta.
Così come di ben altro si doveva parlare». Di cosa? «Doveva essere messa in campo più credibilità negli
accordi per quest'inverno. Ci sono ancora tanti problemi commerciali aperti, compresi i prezzi a lungo termine
e le commissioni di transito. Questioni che potrebbero riemergere all'improvviso nei prossimi mesi e,
soprattutto se l'inverno sarà rigido, diventare drammatici. Ma la Russia si preoccupa di mantenere i suoi
privilegi e di tener lontana la possibilità che gli europei scelgano altre vie di fornitura, attraverso altri oleodotti
che non li riguardino o forniture via nave da rigassificare. Tutte opzioni che l'Europa farà bene a
considerare». Per il prezzo va considerato l'andamento del petrolio? «Non necessariamente. Non c'è motivo
logico perché il prezzo del gas debba essere collegato al greggio: il primo serve per il riscaldamento e le
utenze, compete semmai col carbone e le rinnovabili. Se l'Europa avesse un mercato davvero competitivo,
quale l'eccessiva dipendenza dalla Russia ha reso impossibile, non ci sarebbe legame fra i due prezzi».
Foto: EX SOTTOSEGRETARIO Ed Morse, ex sottosegretario Usa con Carter, è uno dei maggiori esperti
energetici
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'INTERVISTA/ ED MORSE, ESPERTO USA: "L'UE DEVE TROVARE VIE ALTERNATIVE PER LA
FORNITURA DI ENERGIA"
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 13
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"Sono andato a Lourdes e lì ho deciso di lasciare io voglio vivere in pace
con me stesso"
PIERO COLAPRICO
MILANO. Un viaggio a Lourdes, prima delle dimissioni da magistrato. Un viaggio per cercare, attraverso la
fede e la preghiera, il se stesso più profondo e «aiutarsi» a scegliere di fare, come dice lui alle persone che
gli sono state più vicine, «la cosa giusta». Giusta: da quale punto di vista? Non dal punto di vista dei propri
vantaggi o svantaggi, questo pare evidente in chi conosce questo giudice tutto d'un pezzo che, quindici mesi
prima della pensione, decide di lasciare la toga e di andarsene in pensione. E lo fa appena dopo il deposito
delle motivazioni sul perché Silvio Berlusconi sia stato assolto dai reati di concussione e prostituzione
minorile. «La mia - confida Tranfa ai colleghi che conosce - è stata una decisione solitaria, maturata a lungo,
meditata, che solo io potevo prendere, e senza chiedere consigli a nessuno. So che c'è chi mi avrebbe detto:
"Stai attento alle conseguenze" e chi mi avrebbe chiesto: "Sei proprio sicuro?". Chi avrebbe approvato e chi
no. Ma nessuno è indispensabile e non ho bisogno di sentire gli altri quando devo sentirmi in pace con me
stesso».
Questo «essere in pace con se stesso», nel cuore di un giudice di 69 anni, entrato in carriera nel 1975, e di
un credente che stava nell'Azione cattolica, non può essere banalizzato o sottovalutato.
Ieri, appena la notizia data dal Corriere della Sera s'è diffusa nel palazzo di giustizia, tra i magistrati c'era chi
si chiedeva: «Ma se era contrario, perché non ha inchiodatoi due in camera di consiglio per giorni e giorni?
Era il presidente, poteva dire: "Convincetemi"». E chi storceva il viso: «Andarsene senza spiegare non è
istituzionale». Eppure, è quel «in pace con me stesso» che, senza spiegare nulla, si spiegano molte cose:
«Non volevo e non voglio fare polemiche, non cercavo e non cerco popolarità. Anzi, vorrei proprio
scomparire. Ho dato le dimissioni, punto. Ognuno pensi ciò che vuole. E comunque non intendo dire nulla, se
non che non ho agito d'impulso», ripete agli amici.
Le dimissioni sono un gesto secco e netto in contrasto - Tranfa non l'ha smentito - con le motivazioni della
sentenza. Il contrasto era nato durante le udienze e forse non era un caso che il procuratore generale Piero
De Petris, quando parlava a braccio e chiedeva la conferma nel processo d'appello dei sette anni di carcere
per Silvio Berlusconi, osservasse i giudici, uno per uno, esortandoli a «guardare tutti i tasselli» della vicenda.
Forse non era un caso che Tranfa, alla fine della requisitoria, apparisse provato e «tirato» in volto: per uno
come lui, era molto significativo il comportamento dei poliziotti, comportamento corretto che cambia dopo la
telefonata di Silvio Berlusconi. E da uomo di famiglia, trovava (e trova) sconcertante che una minorenne «Qui
si dimentica che abbiamo a che fare con una minorenne», ripeteva Tranfa - fosse andata a finire proprio là
dove un magistrato, Anna Maria Fiorillo, aveva ordinato che non andasse, e cioè nel bilocale ammezzato in
periferia di una prostituta brasiliana.
«Non ci vuole una zingara per capire com'è andata quella notte in questura», sono le parole Tranfa ai suoi
amici. Ma non l'hanno pensata come lui Concetta Lo Curto, giudice estensore della sentenza, e Alberto
Puccinelli, consigliere. Ora, per onore di verità, bisogna dire che il reato di concussione basato sulla
telefonata ha spesso avuto visioni discordanti tra magistrati, avvocati, giornalisti.E se in primo gradoè stata
vista in pieno la «costrizione» subita dai poliziotti, in secondo grado ci può stare che possa esistere un'altra
visione. Tranfa, però, appare granitico: «Ognuno può leggere le motivazioni e può trarre in ogni sede le sue
conclusioni, quanto a me - ripete ai colleghi ho deciso di essere in pace con me stesso». Ieri si è tentato di
parlare con gli altri due giudici, anche informalmente, ma erano non rintracciabili. Vengono descritti «basiti»,
«costernati». Che ci fossero stati i contrasti nella decisione di assolvere l'imputato Berlusconi lo sapevano
bene. Che il presidente non avesse digerito il modo in cui tutta la responsabilità venisse scaricata su Pietro
Ostuni e sul suo presunto «timore reverenziale» era loro noto. Così come che per il presidente il
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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IL RETROSCENA Il personaggio Il magistrato dimissionario non smentisce che il suo gesto sia stato
provocato dalla sentenza che ha assolto il Cavaliere
18/10/2014
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comportamento dei poliziotti, nell'interrogatorio da parte di Ilda Boccassini e Antonio Sangermano, rivelasse
poca collaborazione: quei «non ricordo», le menzogne, le spiegazioni poco logiche andavano pesati con
enorme attenzione. Ed per chiunque conosca l'esperienzae la bravura di alcuni ispettori delle volanti è
davvero difficile immaginare che non sapessero quello che stavano facendo con Ruby: ci sarebbero potuti
arrivare osservando ebbene, è proprio così - solo le facce e gli atteggiamenti delle protagoniste della nottata.
Tutto ciò bolliva dietro le quinte, in segreto, finché ieri è deflagrato con le inattese dimissioni.
Che Tranfa non ha comunicato a nessuno. Non alla presidente Livia Pomodoro. Non al procuratore capo
Bruti Liberati. L'unico che lo sapeva, a tarda sera, era il presidente della corte d'appello, Giovanni Canzio.
Tranfa volevae vuole davvero «stare in pace» facendo «la cosa giusta». Enrico Tranfa (al centro) ha
presieduto il collegio della Corte d'appello che il 18 luglio scorso ha assolto Silvio Berlusconi nel processo
Ruby. Tranfa, 70 anni, originario di Ceppaloni (Benevento) è entrato in magistratura nel '75. I giudici a latere
del processo Ruby sono Alberto Puccinelli, 54 anni, che ha svolto il ruolo di relatore, e Concetta Locurto, 51
anni, che ha redatto le motivazioni della sentenza depositate giovedì scorso LA SENTENZA
D'ASSOLUZIONE PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.giustizia.it
Foto: NESSUN IMPULSO
Foto: Ho dato le dimissioni, punto. Ognuno può pensare ciò che vuole E comunque non ho agito d'impulso
Foto: NESSUNA PRESSIONE
Foto: Una decisione solitaria, maturata a lungo, meditata, che solo io potevo prendere, e senza chiedere
consigli a nessuno
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 30
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Jimmy Choo debutta senza fare il botto ma a Singapore apprezzano le
scarpe glamour
Il titolo sale del 3% sul prezzo minimo la società valutata 546 milioni di sterline Il fondo sovrano Gic si
assicura il 4,6%
VITTORIA PULEDDA
MILANO. Non è andata male, con un rialzo del 3%. Certo però gli esordi che danno soddisfazione sono
un'altra cosa e il debutto di Jimmy Choo in Borsa, nella City, ha fatto storcere il naso, anche se un
andamento "freddino" era nelle cose. La società infatti è stata collocata al prezzo minimo della forchetta, a
140 pence, e arriva al listino dopo un paio di giorni di turbolenze violentissime sui mercati. Le scarpe-icona
rese famose da Sex and the City non si sono distaccate dal comportamento generale del settore: parlando di
lusso assoluto, ad esempio, Kering ieri è salita del 2,75% mentre Lvmh è cresciuta di un ancora più modesto
1,17% e Prada ad Hong Kong ha ceduto lo 0,61%. Perfettamente in linea, in Italia, Ferragamo (+2,69%)
mentre Tod's è salita dell'1,83% e Luxottica del 3,91%.
Ma per Jimmy Choo - che comunque è salita più dell'indice di Londra, +1,85% - il parallelo va fatto non tanto
con le altre società del lusso quanto con le matricole, o aspiranti tali: infatti negli ultimi tempi sono stati più gli
abbandoni che gli esordi. In Italia le ultime quattro società che hanno tentato la strada della Borsa - Sisal,
Rottapharm, Iol e Intercos - hanno battuto in ritirata in zona Cesarini, ma anche all'estero non è andata
benissimo, con un paio di ritiri a Parigi e a Francoforte. In questi giorni è in collocamento Fedrigoni, magari
stavolta è quella buona di veder allungare il listino; certo il momento, a parte la schiarita di ieri, non è dei più
favorevoli.
Però la miliardaria famiglia Reimann ha scelto comunque di mettere sul mercato il 25,9% di Jimmy Choo,
accontentandosi del valore minimo piuttosto che rinunciare: al prezzo di Ipo il gruppo è valutato 546 milioni di
sterline, praticamente la stessa cifra pagata tre anni fa, quando le scarpe preferite da Kate Moss e da
Michelle Obama sono state rilevate da un fondo di private equity. D'altronde i sandali ultra-glamour, con il
tacco assassino, piacciono ai fondi: in quotazione, il fondo sovrano di Singapore Gic ha preso una quota del
4,6%.
Foto: Un negozio di Jimmy Choo
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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IL PUNTO
18/10/2014
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LA7 IN CRISI UNA TELEVISIONE DA RIVEDERE
GIOVANNI VALENTINI
INFORMAZIONE resta dunque il pilastro attorno al quale costruire il futuro. (da "Telecenerentola" di Stefano
Buccafusca - Centro di documentazione giornalistica, 2012 - pag. 256) * * * Nella crisi generale dell'editoria,
dalla carta stampata alla televisione, il crollo di ascolti che ha colpito La 7 merita un "focus" specifico. Non
solo perché si tratta di una "televisione di qualità", come qui abbiamo già riconosciuto più volte in passato. Ma
ancor più per il fatto che nel sistema dominato dal duopolio Rai-Mediaset, nonostante la presenza della paytv di Sky che però ha un diverso modello di business basato sugli abbonamenti, questa emittente rappresenta
un antidoto o un'alternativa ai due poli più forti. E rimane, quindi, un presidio e una garanzia di pluralismo sul
terreno nevralgico dell'informazione.
Ma è proprio nel campo dove ha investito di più, dalla nomina di Enrico Mentana alla direzione del
telegiornale fino alla recente acquisizione di Giovanni Floris, che La 7 accusa il calo di "audience" più vistoso
e preoccupante. Si dirà che è una sorta di nemesi storica: l'overdose quotidiana di informazione e soprattutto
la proliferazione mediatica dei talk show possono anche essere all'origine di questo trend negativo. E tuttavia,
ciò non basta a spiegare una caduta così generalizzata.
Vediamo, innanzitutto, i dati più aggiornati che ci sono stati forniti dallo Studio Frasi. In prima serata (ore
20,30-22,30), dal 1° settembre al 15 ottobre 2013, La 7 aveva uno share del 3,98%. Ora, nel corrispondente
periodo del 2014, la quota percentuale è scesa al 3,30. In un anno, a settembre il Tg della sera è calato dal
6,69% (1.435.000 spettatori) al 5,13% (1.089.877); nella prima metà di ottobre, dal 6,97% (1.684.399
spettatori) al 4,96 (1.191.729). E il professor Francesco Siliato, uno dei maggiori esperti indipendenti della
materia, fa notare che nello stesso periodo del 2013 il telegiornale di Mentana aveva superato due volte i due
milioni di ascoltatori ed era sceso solo una volta sotto il milione, mentre quest'anno non è mai arrivato al
milione e mezzo ed è sceso dieci volte sotto il milione. Su un arco temporale più lungo, dal 2011 a oggi, la
media annuale del Tg risulta quasi dimezzata, passando dal 9,64% al 5,99.
Fra i vari talk show serali trasmessi da La 7 (quattro o cinque al giorno, per sette giorni alla settimana
compresa la domenica, una sessantina a settimana contando le repliche a tutte le ore) solo Servizio pubblico
di Michele Santoro resiste al di sopra del 5% di share, pur registrando un pesante -6,11% fra l'inizio della
stagione scorsa e quella attuale (da 2,462 milioni di audience a 1,170). Appena oltre il 4% si mantengono
Otto e mezzo e Piazza pulita , mentre Di martedì- il nuovo programma di Floris - si ferma su una media del
3,92% (874mila spettatori). Vanno un po' meglio, in rapporto alla fascia oraria, i talk più composti e distesi del
mattino: da Omnibus (3,92) a Coffee break (3,91), con la performance migliore che spetta a L'aria che tira
(5,31) di Myrta Merlino.
Sta di fatto, dunque, che il declino diffuso di questo genere televisivo - notoriamente il più economico e
anche il più redditizio in funzione della raccolta pubblicitaria - ha penalizzato in modo particolare La 7. Ma è
verosimile che sia stata soprattutto l'uniformità di queste trasmissioni, improntate prevalentemente a una
cultura d'ispirazione antagonista, a provocare una crisi di rigetto, un rifiuto collettivo da parte di un pubblico
intossicato dalla politica e dalle risse televisive. Un'informazione-contro invece di una controinformazione,
intesa legittimamente come contropotere: cioè come controllo e critica del potere.
È singolare che una tendenza del genere investa proprio la televisione di Urbano Cairo, un imprenditore che
proviene dal mondo dorato della pubblicità, fondato sull'ideologia del benessere e dei consumi. Contro
l'estrazione dell'editore, e forse contro i suoi stessi interessi, La 7 ha finito così per fare concorrenza a Rai
Tre, contendendo alla rete pubblica un'informazione alternativa e rinunciando a raccontare quell'Italia che
nonostante tutto continua a lavorare e a produrre, a guardare avanti, a coltivare quel tanto di fiducia nel futuro
che se non altro aiuta a sopravvivere. Una tv plumbea e ansiogena, insomma, che induce spesso alla
disaffezione.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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>IL SABATO DEL VILLAGGIO Lettere Commenti & Idee
18/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 36
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Eppure, come testimonia la storia di questa emittente che il collega Stefano Buccafusca ricostruisce nel libro
citato all'inizio, "Telecenerentola", ha svolto finora un ruolo utile e apprezzabile come "terzo polo" nel
panorama dell'etere. E può continuare senz'altro a svolgerlo, a condizione di integrare e variare
un'informazione monocorde che rischia di effondere sfiducia e pessimismo. Una tv da rivedere, dunque, e
anche da difendere, in ragione di un assetto articolato e pluralistico del nostro sistema televisivo.
([email protected])
19/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
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"Solo autografi, lo fermerò"
ALBERTO CUSTODERO
IL MIO compito è annullare le trascrizioni dei matrimoni contratti all'estero da coppie gay, poi gli altri ordini
dello Stato facciano come credono». Il ministro dell'Interno Alfano non demorde. A PAGINA 9 ROMA.
Ministro Alfano, il sindaco della Capitale ha annunciato che proseguirà con le trascrizioni delle coppie dello
stesso sesso che si sono sposate all'estero. Sospenderà Marino, lo denuncerà, lo diffiderà? «Io annullo tutte
le trascrizioni. Poi ciascun ordine dello Stato faccia quel che ritiene opportuno. In Italia non è prevista la
possibilità per una coppia gay di contrarre il matrimonio. E quindi non si possono registrare matrimoni
contratti all'estero».
Marino la pensa diversamente.
«La firma di Marino non ha alcun valore giuridico, equivale a un autografo. Dopodiché in Italia non è
ammesso né il turismo nuziale, né il federalismo matrimoniale. Non è possibile andarsi a sposare in luoghi
dove ci sono altre leggi e pretendere l'applicazione in Italia di quelle leggi estere. E neanche è previsto il
federalismo matrimoniale per cui ciascun sindaco di ognuno degli 8 mila comuni può fare quel che gli pare».
Lei, però, fa parte di un governo il cui premier ha annunciato a tempi brevi una legge sulle unioni civili. La
voterà? «Ho un grande rispetto per l'affettività di tutti, e sono pronto a intervenire sul codice civile per una
maggiore tutela patrimoniale delle coppie gay. Ma il matrimonio non si tocca, per noi è quello fatto da un
uomo e una donna. Sarò un po' vintage , ma per me un bambino deve avere un papà e una mamma».
È d'accordo sul modello tedesco proposto da Renzi per il riconoscimento delle unioni civili? «Sono contrario
al matrimonio tra persone dello stesso sesso. E pronto a discutere sulle unioni civili per una loro migliore
regolamentazione. Ma voglio vederci chiaro quando si parla di civil partnership alla tedesca, perché vengono
usate due parole inglesi per definire il modello della Germania». Che tempi si dà per discutere in cdm di
questo tema che sta diventando una priorità per il governo? «Quello dei tempi non è un nostro problema, ma
di chi pone questo tema prima di altre questioni. In questo momento siamo di fronte a una legge di stabilità e
a una riforma del mercato del lavoro con l'obiettivo di creare nuovo occupazione».
Leiè stato accusato da Salvini (che ha riempito la piazza di Milano con una manifestazione "contro i
clandestini"), di aver aumentato con Mare Nostrum il flusso dei migranti.
Cosa risponde alla Lega che, in una futura coalizione, potrebbe diventare vostro alleato? «La Lega ha fatto
una manifestazione per la chiusura di Mare Nostrum, maè arrivata tardi: ho già annunciato la chiusura di
Mare Nostrum che attende di essere deliberata in uno dei prossimi cdm. E dal primo novembre partirà Triton,
la nuova operazione dell'agenzia che vede la più ampia partecipazione dei Paesi mai ottenuta finora».
Borghezio la accusa addirittura di essere un «traditore», cosa gli risponde? «Che anche Maroni, quando era
ministro dell'Interno, ha accolto decine di migliaia di migranti durante la "Primavera araba" del 2011. E Maroni
non s'era comportato diversamente da me. Con l'unica grande differenza che io ho portato a casa un risultato
dall'Europa, coinvolgendo 18 Stati, più l'Italia, nella tutela della frontiera sud del mare. E loro non c'erano
riusciti».
Il segretario leghista, Salvini, minaccia di «fermare» lui l'immigrazione «se non la fermate voi». Come
replica? «Salvini ha fatto per un sacco di anni l'eurodeputato senza che gli italiani ne abbiano avuto traccia e
risultati. Viceversa noi abbiamo fatto un'operazione umanitaria di grande portata, e arrestato più di 500
scafisti».
Ma con la chiusura di Mare Nostrum, non c'è il rischio che aumentino i morti in mare? «Se e quando l'Europa
vorrà fare un'operazione simile a Mare Nostrum, potrà sempre farla, ma non l'Italia da sola, anche se non mi
pare proprio che ci sia questa possibilità».
Se aumenteranno i morti, li sentirà sulla sua coscienza? «Mare Nostrum, come dimostrano purtroppo i circa
tremila dispersi, non è riuscito a impedire i morti. Nessuno certo si sottrarrà al dovere di search and rescue,
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTA CON ALFANO
19/10/2014
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ricerca e salvataggio».
PER SAPERNE DI PIÙ www.governo.it www.nuovocentrodestra.it
Foto: VIMINALE Angelino Alfano, ministro dell'Iinterno e leader dell'Ncd.
Sopra, un barcone carico di migranti in arrivo in Italia
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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19/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
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Il biglietto della lealtà "Il Papa non sono io"
CLAUDIO TITO
NEI giorni più "caldi" del Sinodo, c'è stato un biglietto che ha cambiato il senso e probabilmente il risultato
della discussione. Un biglietto rimasto riservato ai più. Un messaggio breve, ma fondamentale. Spedito dalla
residenza di Ratzinger e recapitato a quella di Bergoglio. A PAGINA 3 NEI giorni più caldi di questo Sinodo,
c'è stato un biglietto che ha cambiato decisamente il senso e probabilmente il risultato della discussione.
Un biglietto rimasto riservato ai più. Un messaggio breve, ma fondamentale.
Spedito dal monastero Mater Ecclesiae e recapitato a Santa Marta. Due luoghi che nella Santa Sede degli
ultimi due anni hanno assunto un valore particolare: sono rispettivamente le residenze del Papa emerito
Joseph Ratzinger e quella del Pontefice in carica, Jorge Mario Bergoglio. E già, perché nello scontro che si è
consumato trai 191 padri sinodali, c'è stato anche un protagonista inatteso: Benedetto XVI. Ratzinger, certo,
non ha preso parte ai lavori delle commissioni e agli incontri convocati dal suo successore. Eppure non è
stato assente. Schierandosi a sostegno di Francesco. «Non solo nella preghiera - spiegano nei corridoi del
soglio pietrino - ma anche con la sua figura e statura di Papa emerito e di più grande teologo vivente». In
questi giorni infatti si è forse consumato uno degli scontri più aspri dal Concilio Vaticano II. I temi della
famiglia sono stati al centro di un confronto senza precedenti. Le aperture alle famiglie non tradizionali e ai
diritti degli omosessuali hanno determinato una serrata discussione. Che del resto aveva preso il via già da
tempo: prima con la relazione "aperturista" del cardinale tedesco Kasper (cui ha partecipato anche
l'arcivescovo di Chieti Forte) all'ultimo Concistoro che ha costituito la base di confronto al Sinodo. Quindi con
il documento "tradizionalista" firmato da cinque cardinali: Müller (capo dell'ex Sant'Uffizio), Burke (prefetto
della Segnatura apostolica), Caffarra (arcivescovo di Bologna), Brandmüller e De Paolis. E sostanzialmente
appoggiato dall'arcivescovo di Milano Scola.
Dunque il Sinodo è stato preceduto e quindi caratterizzato da confronto-scontro che è continuato anche in
questi giorni. E proprio a cavallo tra la fase preparatoria e quella concreta dell'appuntamento, il ruolo di
Benedetto XVI è cresciuto in maniera esponenziale. Anzi, la tensione in alcuni momenti ha toccati picchi
elevatissimi. Creando allarme e preoccupazione negli episcopati. Ma forse il momento più critico è rimasto
fino ad ora nascosto. È stato quando alcuni dei cardinali conservatori che avevano lettoe commentato con
sorpresa le tesi di Kasper hanno raggiunto il Papa emerito proprio nel monastero Mater Ecclesiae.
Interrompendo lo stile sempre riservato che Ratzinger si è imposto dal momento delle sue dimissioni. In
quell'incontro i suoi interlocutori hanno tentato un'operazione senza precedenti: provare a sensibilizzarlo sulle
tesi che sarebbero andate in discussione al Sinodo. Un'operazione potenzialmente in grado di spaccare
verticalmente la Chiesa. Organizzando di fatto una fronda interna contro il Pontefice.E non in termini di
"potere reale" o per le nomine. Ma sul terreno della dottrina. La risposta di Benedetto XVI, però, è stata netta:
«Il Papa non sono io, non rivolgetevi a me». Anzi, poco dopo - come spesso gli è capitato in questi due anni ha inviato al Pontefice riservatamente un biglietto. Il cui contenuto è ignoto ma la cui tempistica avvalora
l'idea di una collaborativa informazione.
Anche quando la polemica è diventata più accesa. Anche quando l'ala più conservatrice dell'episcopato non
ha fatto nulla per nascondere le sue perplessità e le sue critiche rispetto al documento reso noto dal cardinal
Kasper, il Papa emerito si è impegnato per evitare frattureo correnti. «Cum Petroe sub Petro»,è la sintesi che
Ratzinger fa della sua presenza in Vaticano. «E se parla - notano gli osservatori più attenti della Santa Sede è sempre a sostengo di Francesco». Un modo per dire che nessuno potrà mai usare Benedetto contro
Bergoglio.
Del resto i rapporti tra il Papa emerito e il connazionale Kasper non si sono interrotti in questi mesi. Come
non si è interrotto il dialogo tra Benedetto XVI e l'arcivescovo di Chieti Forte.
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IL RETROSCENA
19/10/2014
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Anche dopo quell'incontro segreto, però, la componente più conservatrice non ha comunque rinunciato a
evidenziare osservazioni e appunti - anche piuttosto acuminati - durante i lavori sinodali. Il rischio di una
spaccatura evidente e manifesta è stato una costante in questi giorni.E l'esito quasi inevitabileè stato quello
di una mediazione finale. E di un'opera di costante correzione delle tesi iniziali. Basti guardare la cosiddetta
"Relatio post disceptationem" del cardinale ungherese Erdo, relatore del Sinodo, e i due documenti finali
approvati.
Entrambi, infatti, nei contenuti fanno un passo indietro dal punto di vista dogmatico, ma non da quello
pastorale. Un modo per evitare spaccature e divisioni. Anche se l'appuntamento finale, quello delle decisioni
non è e non poteva essere questo. Ma il Sinodo del 2015. Forse, però, il risultato inseguito dal Pontefice
stavolta è stato soprattutto di non esporre la Chiesa ad una divisione. Soprattutto dopo gli sforzi di unità
compiuti in seguito agli scandali degli ultimi anni.
Foto: L'ABBRACCIO Sopra, uno degli incontri tra Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI
19/10/2014
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"Dobbiamo poter licenziare i professori che non lavorano"
CORRADO ZUNINO
PALERMO. «È necessario poter licenziare gli insegnanti che non lavorano».È la sfida lanciata dal ministro
dell'Istruzione Stefania Giannini, ospite a Palermo di "Repubblica delle Idee", dedicato proprio alla scuola. «È
giusto punire chi non sa fare il proprio mestiere. Servono incentivi per chi si impegna, ma questo sistema è
troppo sindacalizzato». ALLE PAGINE 22 E 23 CON UN ARTICOLO DI SARA SCARAFIA PALERMO . Il tour
palermitano del ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, ieri, dalle undici di mattina alle sette di sera, ha
registrato nell'ordine: un incontro con i dirigenti scolastici di Palermo al liceo Regina Margherita, una
contestazione di cinquanta studenti medi all'esterno della scuola sfociata in uno sfondamento delle forze
dell'ordine (due contusi e un fermo), una nuova contestazione fuori dal Teatro Al Massimo quando, alle
15,30, è iniziato il dibattito "Se mille giorni bastano.
La scuola nuova" (il ministro, abito fiorato, tacco alto, è entrata da un ingresso secondario), quindi un assedio
di domande extra-time da parte di docenti in ruolo, docenti precari e studenti e una rapida uscita del ministro
che ha nuovamente evitato la piazza (i contestatori, a loro volta, avevano detto no all'ingresso di una
delegazione in teatro: «O tutti dentro o tutti fuori»).
L'incontro alla Repubblica delle Idee si è aperto con la presentazione da parte di Ilvo Diamanti del sondaggio
Demos-Coop che ha illustrato come la scuola sia l'unica istituzione ad aver tenuto in un deserto di macerie
pubblichee come il 44 per cento (maggioranza relativa) sia convinta che grazie alla proposta del governo
l'intero sistema migliorerà: «Tutti ci attendiamo che la riforma venga attuata», ha detto Diamanti. La
scrittrice,e presidea Vicenza, Mariapia Veladiano nel suo intervento ha detto che, sì, «non sempre le
assunzioni di insegnanti hanno corrispostoa criteri di qualità: per funzionare la scuola deve prevedere la
possibilità di licenziare».
Ministro, partiamo da qui: gli istituti scolastici devono avere la possibilità di licenziare i docenti inadatti?
«Dobbiamo entrare in un nuovo modello di istruzione che, innanzitutto, dia certezza e stabilità agli insegnanti
precari, poi li avvii a una formazione permanente, quindi alla possibilità di essere valutati. La nuova scuola
dovrà offrire incentivi a chi merita e si impegnae alla fine, certo, dovrà occuparsi con rigore e severità di chi
non fa bene il suo mestiere.
Oggi la scuola è troppo sindacalizzata. È sana, ma ha bisogno di irrobustirsi». Come procede la
consultazione sul progetto di riforma del governo: docenti e studenti leggono davvero quelle 126 pagine? «A
ieri mezzo milione di persone, statisticamente tante, hanno passato almeno cinque minuti a sfogliare il
rapporto, e cinque minuti su internet sono un'eternità.
La metà, 250 mila, ha fatto anche un ripasso. Chi non ha letto il rapporto ha comunque compreso che
abbiamo toccato due o tre nodi cruciali: i 148mila docenti che restano fuori ogni anno rendendo instabili le
classi e loro vite e che noi assumeremo, l'introduzione del merito nella carriera degli insegnanti, l'alternanza
scuola-lavoro». Sette Land tedeschi hanno annunciato università gratis per tutti. L'Italia, che subisce le
politiche economiche dettate dalla Germania, rischia di chiudere le sue università o le costringe ad alzare le
tasse.
«Dobbiamo colmare le distanze con il tempo, con i progetti. Intanto nella legge di stabilità abbiamo blindato
150 milioni per il Fondo di finanziamento degli atenei. Ora dobbiamo occuparci del welfare per gli studenti. Il
numero dei laureati da noi è raddoppiato nel corso di una generazione, ma resta basso, il 18 per cento. Al
Sud si registra un calo degli iscritti, però molti atenei sfornano eccellenze richieste in tutto il mondo». Servono
mille giorni per cambiare verso all'università e alla scuola? «Nei primi centottanta abbiamo fatto cambiamenti
minimi normativi, questo è un bene, e atti concreti visibili. Per gli investimenti ora c'è un miliardo fresco, più
altri due per la prossima stagione. Negli ultimi venti anni non si erano mai visti finanziamenti così». Il vostro
progetto, come ha ricordato uno studente in platea, apre alla scuola azienda.
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INTERVISTA SCUOLA, IL MINISTRO GIANNINI A REPUBBLICA DELLE IDEE
19/10/2014
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«Vogliamo che i privati investano nei progetti educativi, non che li controllino. Dobbiamo saldare formazione,
professione e qualificazione delle competenze.
L'anno scorso 65mila posti di lavoro non sono stati occupati perché mancavano le competenze».
Spingete sulla scuola digitale, ma il processo è lontano.
«La digitalizzazione riguarda solo il 32 per cento degli istituti, è necessario investire qui i risparmi che stiamo
facendo e che faremo con la fine delle supplenze». © RIPRODUZIONE RISERVATA
OGGI 10.30 TEATRO AL MASSIMO "I maestri sono loro.
La parola agli studenti" laboratorio a cura di Salvo Intravaia e Elena Stancanelli 12.00 TEATRO LIRICO
MASSIMO "Sovrani di se stessi" Ezio Mauro e Daniel Pennac, con Fabio Gambaro CON I LETTORI Daniel
Pennac incontra i suoi lettori per le strade di Palermo Dello scrittore sono tornate in libreria nuove edizioni di
Storia di un corpoe del romanzo La prosivendola IL DIALOGO Massimo Ammaniti e Concita De Gregorio
hanno dialogato a proposito di genitori e figli nell'incontro "Madri e padri, un mestiere da inventare"
19/10/2014
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"Renzi rispetti i patti o rivolta sulle tasse"
ANDREA MONTANARI
A PAGINA 13 «ITAGLI del governo sono inaccettabili e insostenibili perché dovremmo chiudere ospedali per
garantire le prestazioni. Piuttosto che aumentare le tasse e i ticket partirebbe una forma di protesta fiscale».
Roberto Maroni, governatore della Lombardia boccia la legge di Stabilità, ma lancia una proposta al premier
Renzi: «Applichiamo i costi standard a tutti i settori. Così vedremo regione per regione chi spreca e chi no».
Presidente Maroni, ma veramente Matteo Renzi dice che sono le regioni che hanno qualcosa da farsi
perdonare.
«Tutti hanno da farsi perdonare qualcosa.
Anche chi sta al governo. I ministri, i parlamentari. Non mi sembra il caso di mettere la questione sul piano di
chi ce l'ha più duro.
Facciamo le persone serie, non le furbate. Se questa è la premessa mi interessa discuterne. Se invece il
governo vuole la guerra, basta dirlo. Ma non serve né a loro e nemmeno ai cittadini». Sta dicendo che siete
pronti a mettere sul piatto della trattativa i due miliardi in più che erano previsti dal nuovo patto per la Salute?
«No. Quel patto è frutto di un accordo che il governo ha firmato solo tre mesi fa, non dieci anni. Se fa fatica a
mantenere un accordo lungamente negoziato, mi viene il sospetto che qualcuno non sa tenere i conti o non
sa a quali conseguenze va incontro».
In Lombardia, cosa succederebbe? «Abbiamo calcolato che il taglio ammonterebbea 730 milioni di euro per
la sanità più altri 200 milioni. Questi tagli si aggiungerebbero agli altri già fatti. Per noi vorrebbe dire chiudere
almeno dieci ospedali oppure ridurre i contributi alle case di riposo per gli anziani. Significherebbe dover
alzare l'Irap, l'addizionale Irpef e i ticket sanitari. Proprio le stesse cose che Renzi dice di voler abbassare.
Per non parlare delle infrastrutture che si fermerebbero. Anche il trasporto pubblico? «Qui oltre ai tagli c'è
anche il problema della legge Delrio che trasferisce l'intera competenza alle province. Per cui o i soldi li
metterà lo Stato o la Regione finanzierà solo il trasporto su ferro. Con la legge Delrio infatti la Regione non
potrà più finanziare il trasporto pubblico. Questo creerà un sacco di problemi. Per non parlare del fatto che il
governo ha appena dato cento milioni di euro a Roma che non deve organizzare l'Expo 2015 mentre solo 50
a Milano che l'ospiterà».
Le regioni non potrebbero dare una sforbiciata alle società municipalizzate? «Le municipalizzate sono dei
comuni e non delle regioni. Le regioni hanno altre società. Vogliamo ridurle? Facciamolo: sono d'accordo.
Basta che non sia una scusa per dire che tutte le regioni sono dei centri di spreco. Le regioni non sono tutte
uguali. Questo per me è un punto di partenza per il confronto con il governo».
In che senso? «Se si vuole dire che tutte le regioni sono il centro del malaffare dico che questo è falso e
inaccettabile. Se invece si accetta di vedere nelle varie regioni qual è la spesa da ridurre prendendo come
esempio le buone pratiche bilancio per bilancio penso che possa essere un esercizio utile per risolvere tutti i
problemi. La Lombardia ha un costo del personale di 19 euro per abitante contro i 220 della Basilicata. Ma
Renzi deve avere coraggio». Si spieghi meglio.
«Faccio una propostaa Renzi. Applichiamo il criterio dei costi standard a tutti i capitoli di spesa. Andiamo a
vedere a partire dalla sanità, il numero di primari, l'organizzazione, il numero dei dipendenti, il gradimento dei
cittadini, regione per regione. Facciamo lo stesso per il Welfare, le infrastrutture, il commercio le Attività
produttive. Il costo pro capite per abitante. Se il governo facesse così risparmierebbe non solo due miliardi,
ma almeno il doppio».
Perché non lo fanno allora? «Perché ci vuole coraggio per fare quella che sarebbe una vera rivoluzione.
Passare da un atteggiamento supino e arrendevole non degno di un governo a una dimostrazione di grande
senso di responsabilità. Confermiamo il patto di luglio e rendiamo applicabile a tutti i settori. Partiamo da lì,
dando il tempio alle regioni per adeguarsi. Se invece si vuole fare solo propaganda, si vada avanti così, Renzi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTA PARLA MARONI
19/10/2014
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è bravissimo, ma non dura così. Anche noi avremo modo di piegare ai cittadini che gli ospedali saranno
chiusi per colpa del suo governo e non nostro. Per questo sono fiducioso. Perché chi ci governo come Renzie
Delrio viene da un esperienza da sindaco».
Se non le dessero retta, l'anno prossimo dovrebbe aumentare le tasse.
«Non sono disponibile a fare una cosa del genere. Se fosse necessario partirebbe una protesta fiscale e
parallelamente sarebbe rafforzata la necessità di fare in Lombardia un referendum per avere lo statuto
speciale».
Non si potrebbe, invece, partire con risparmiarei trenta milioni che la sua giunta ha stanziato per questo
referendum come le chiede l'opposizione di centrosinistra? «Se c'è un modo di tenere il referendum online e
di spendere meno io sono disponibile a discuterne. Tanto è consultivo. Mi piacerebbe che potessero votare
anche i sedicenni come in Scozia. Ma finora il Pd ha detto solo no a prescindere. Anche le elezioni costano.
Cosa facciamo allora aboliamo la democrazia?» © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: IN TRATTATIVA Roberto Maroni, Presidente della Lombardia, sta trattando la rimodulazione dei tagli
chiesti alle Regioni dal governo nella legge di Stabilità
19/10/2014
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Pag. 24
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La "guerra" cino-giapponese può far alzare il prezzo di Breda e Sts
Finmeccanica spera in un'asta tra Cnr Corporation e Hitachi per le due aziende in vendita
LUCA PAGNI
MILANO. Alla fine sarà un derby d'Oriente a decidere le sorti del settore trasporti di Finmeccanica. Due
colossi, uno cinese e l'altro giapponese, presenteranno entro la prima settimana di novembre le offerte
vincolanti per acquistare il pacchetto di maggioranza sia di AnsaldoBreda sia di Ansaldo Sts.
Al grande pubblico è sicuramente più noto il concorrente che arriva dal Giappone: il gruppo Hitachi è una
delle più grandi multinazionale al mondo, preceduta soltanto dall'americana General Electric e dai tedeschi di
Siemens e con Hitachi Rail (2.900 dipendenti e 1,1 miliardi di fatturato) è uno dei leader nel settore del
trasporto su rotaia. Dalla Cina è invece arrivata la candidatura congiunta di Cnr e Insigma.
Entrambe quotate alla Borsa di Shanghai, la prima con circa 90 mila dipendenti e un fatturato che si attesta
intorno a 10 miliardi di euro, è detenuta per la maggior parte dallo Stato ed è specializzata nella costruzione
di locomotive, mentre la seconda è presente nei sistemi di trasporto ferroviario.
Non sarà un compito facile, né per l'azionista di maggioranza, il ministero del Tesoro, né per il management
di Finmeccanica, in primis l'amministratore delegato Mauro Moretti. Quest'ultimo dovrà guardare sia all'offerta
economica - sperando che ci sia una corsa al rialzo per il prezzo finale - sia alle garanzie che sono state
richieste: salvaguardia dei posti di lavoro nonché rilancio dei marchi e degli investimenti in ricerca e sviluppo.
L'azionista di maggioranza dovrà, invece, vedersela con le pressioni geopolitiche. E' indubbio che il governo
italiano ha rapporti sempre più stretti con le aziende cinesi, già entrate nel capitale di AnsaldoEnergia, di
Terna e di Snam e con Bank of China al 2% delle maggiori blue chip di Piazza Affari. Un movimentismo che
comincia a essere guardato con sospetto dall'altra parte dell'Atlantico, dall'alleato americano. Hitachi spera
così che, oltre all'offerta economica, si guardi al riequilibrio degli investimenti asiatici in Italia. Mauro Moretti
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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IL PUNTO
19/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 24
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Visco: "Vanno salvati i lavoratori non i posti ora più investimenti"
Il governatore alla festa del Mulino: Paese fermo da prima della crisi Allarme Istat: dal 2008 persi 2 milioni di
occupati under 35
ELENA POLIDORI
« PERCHÉ i tempi stanno cambiando...». S'ispira a Bob Dylan, il governatore della Banca d'Italia, per
spiegare i mutamenti «né lineari né indolori» dell'ultimo mezzo secolo e suggerire cosa fare per il futuro che è
nostro ma anche europeo. E allora, va difeso il lavoratore, non il posto: «I sistemi sicurezza sociale vanno
rivisti e ripensati». Bisogna migliorare «le condizioni per fare impresa».
Servono investimenti, pubblici e privati, italiani ed europei. E, non ultimo, va considerato che «molto del
nostro progresso dipende dall'essere in Europa». Così, chi pensa alla fine dell'euro sulla base delle
turbolenze dei mercati in questi giorni, «guarda nello specchietto retrovisore». Quindi avverte: «I mercati non
si regolano da soli. Necessitano di istituzioni che li governino con norme condivise». Segue un dato: due
giorni fa i listini sono scesi del 5% salendo l'indomani del 4%. «Andiamo a casa con un -1% ma con un +2%
rispetto a gennaio».
Ignazio Visco parla a Bologna, alla cerimonia per i 60 anni del Mulino. Legge un testo intitolato proprio come
questo celebre pezzo di Dylan, mentre nelle strade della città gli antagonisti protestano. E arriva alla
conclusione che i mille mutamenti intervenuti hanno portato un «guadagno di benessere straordinario». Il
volano: un cambio tecnologico «impetuoso» che rischia di rendere obsoleto nei prossimi 10-20 anni un posto
su due.
Invita a non temere la sfida «della seconda era delle macchine». Visco ricorda il 1991, quando l'introduzione
di Internet, ha «cambiato per sempre» il modo di comunicare. Specialista in calcoli, spiega che l'odierno
smartphone ha una potenza 3 milioni di volte superiore a quella del primo mini computer del 1965 a un costo
225 volte inferiore. Ricorda un aneddoto personale: quando doveva elaborare un modello econometrico, ci
volevano centinaia di equazioni e ore di lavoro: oggi basta una manciata di secondi.
L'Italia è alle prese con una società e una economia «ferme da ben prima della crisi finanziaria» e che
penalizza i giovani (l'Istat ieri certificava 2,5 milioni di under 35 occupati in meno dal 2008). Con amarezza
menziona l'obiettivo delle tre "I" (impresa, inglese, informatica) annunciato dal governo venti anni fa:
«Purtroppo, è immediato vedere quanto indietro siamo rimasti. C'è un grave difetto di domanda, e quindi di
occupazione e di redditi, oltre che di crescita».
Foto: PROTESTE A Bologna
Foto: antagonisti in piazza per contestare Visco: durante gli scontri feriti tra i poliziotti
Foto: I TEMPI STANNO CAMBIANDO Nel suo discorso a Bologna il governatore di Bankitalia Visco si è
ispirato a Bob Dylan, citandone una delle canzoni più celebri: "The Times They are A-Changin'", del 1964
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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LA GIORNATA
19/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 25
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Furlan: "Il Tfr di Renzi ci renderà più poveri"
La neo leader Cisl: un errore metterlo in busta paga, no all'aumento di tasse sui fondi pensione "Il governo
tagli gli sprechi, iniziando dalle 10.000 partecipate pubbliche, di cui solo 2.000 fanno servizi
LUISA GRION
ROMA. Molte aperturee tre chiusure, tre provvedimenti presi dal governo Renzi che la Cisl vuol cambiare. Il
bonus da 80 euro che va esteso anche ai pensionati, la busta paga degli statali, che dopo sei anni di blocco,
va ricontrattatae soprattutto va rivista la manovra sul Tfr perché «così com'è rischia di mettere la pietra
tombale sulla previdenza integrativa consegnando il futuro alla povertà». Su tutto il resto Anna Maria Furlan,
da dieci giorni segretaria generale del sindacato, pensa che con il governo si possa ragionare, anzi
«dialogare».
Lei parla di dialogo: fino ad oggi Renzi non è sembrato molto interessato a sentire il parere di Cgil, Cisl e Uil.
«Ci ha messo sette mesi a convocarci, é vero. Ma alla fine lo ha fatto. E il 27 ottobre c'incontrerà di nuovo per
ascoltare le nostre critiche e i nostri progetti. La situazione è talmente grave che nessuno può farcela da solo,
nemmeno Renzi».
Vi convince la politica del suo governo, in particolare quella sul lavoro? «Ha fatto buone cose, come la
riconferma del bonus di 80 euro a sostegno dei redditi delle famiglie, la decontribuzione riconosciuta a chi
assume a tempo indeterminato con un contratto a tutele crescenti e il taglio della componente lavoro
sull'Irap». E l'articolo 18? «Il governo è partito riconoscendo solo il motivo discriminatorio, poi ha aggiunto il
disciplinare: vediamo come saranno scritti i decreti attuativi.
Penso che adesso sia più importante concentrarsi sul lavoro precario, se il contratto a tutele crescente ne
annullerà le forme o le ridurrà drasticamente avremo raggiunto un buon risultato, ma anche qui aspettiamo di
leggere i testi».
Ciò basterà a ribaltare i dati sull'occupazione? «No, perché nonè con le norme che si crea lavoro, ma con
l'innovazione e gli investimenti. Non ci vengano a dire che le risorse non ci sono. Si trovano,a cominciare dal
recupero dei 130 miliardi di evasione. E poi c'è ancora tanto da tagliare».
Cosa per esempio? «Abbiamo 10 mila società partecipate pubbliche di cui solo 2 mila fanno servizi, le altre
distribuiscono poltrone. Abbiamo 37 stazioni appaltanti contro le 100 della Francia, il che spiega anche i 70
miliardi di corruzione». Quali fra le misure adottate sono sbagliate? «Quelle che non allargano ai pensionati il
bonus di 80 euro, visto che la metà degli assegni sta sottoi mille euro, quella che blocca ancora il salario degli
statali. E poi va riscritta la misura sul Tfr: tassarlo con aliquota ordinaria è un errore enorme, doveva essere a
tassazione zero. Altrettanto sbagliato tassare i Fondi pensione non più con 11,5 ma con il 20 per cento: così
si mette una pietra tombale sulla previdenza integrativa e, vista l'entità degli assegni Inps, si lega il futuro dei
lavoratori alla povertà».
I sindacati raccolgono fischi e restano divisi visto che sabato la Cgil va in piazza da sola.A quando il rinnovo?
«Con Cgil su tante cose abbiamo visioni comuni, su altre scegliamo percorsi diversi. Loro hanno deciso di
manifestare in un'unica piazza, noi ieri siamo stati presenti in cento, per palare e soprattutto ascoltare i
lavoratori. Quanto al rinnovo lo considero una mia missione. Per cambiare il Paese dobbiamo cambiare
anche noi.
E io voglio farlo: ho una nipotina di un anno, credo nel futuro».
Foto: SEGRETARIO Anna Maria Furlan, neo segretaria generale della Cisl, ieri era a manifestare a Genova
per il Jobs Day della confederazione
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'INTERVISTA
20/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1.12
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Cairo: "Tra Santoro e Travaglio io scelgo Michele"
LEANDRO PALESTINI
Cairo: "Tra Santoro e Travaglio io scelgo Michele" A PAGINA 12 ROMA. Nel gioco della torre, l'editore di La7
Urbano Cairo dovendo scegliere tra i litiganti Michele Santoro e Marco Travaglio, non avrebbe dubbi:
butterebbe giù quest'ultimo. «Santoro ha fatto bene a riaffermare il principio che Servizio Pubblico offraa tutti
la possibilità di dire quello che pensanoe anche di replicare», scandisce forte e chiaro l'editore. Dopo la lite in
diretta di giovedì, Santoro e Travaglio vivono da "separati in casa". Si parlano a distanza.
Mantengono le rispettive posizioni con puntiglio. A La7 temono che giovedì prossimo Travaglio, severamente
rimproverato dal conduttore, possa dismettere i panni dell'editorialista del programma. Il pubblico era abituato
ai politici che lasciavano gli studi tv (Berlusconi, Brunetta, Santanché), ora la crisi dei talk politici produce
inedite crisi di nervi tra conduttori e collaboratori.
Cairo, per lo scontro SantoroTravaglio lei si è messo le mani ai capelli o ha pensato che stava salendo lo
share? «Le mani ai capelli no, i confronti possono essere anche duri. Ma neppure il cinismo di gioire per un
litigio. La rissa non porta ascolti. In tv lo share cresce nel momento in cui ci sono le idee». Ha sentito i due
litiganti? «Ho parlato solo con Santoro.
Travaglio non lo sento mai. Io ho fatto un accordo con Michele: lui è libero di fare il talk con chi vuole, ha
scelto Travaglio, che ha dato ottimi contributi».
Travaglio non ha gradito i richiami di Santoro. Nel gioco della torre chi dei due salverebbe? «Non butto
nessuno dalla torre. Travaglio è molto bravo nel fare le domande. Ma è giusto che anche a lui possano
fargliene. Nonè reato di lesa maestà ricevere domande da un ragazzo genovese (un angelo del fango) che
ha dimostrato personalità anche di fronte a Beppe Grillo.
Ero pienamente d'accordo con Santoro quando diceva che Burlando doveva poter dire la sua».
Dicono che la coppia stia scoppiando per Grillo...
«A me non risulta. Una così rodata coppia televisiva non credo scoppierà per un diverso modo di vedere la
politica grillina. Comunque io non intervengo sulla linea politica, Santoro sceglie in assoluta libertà ospiti e
collaboratori». Il 30% della società che produce Servizio Pubblico è del Fatto Quotidiano , di cui Travaglio è
condirettore. Un intreccio che può creare problemi a Santoro? «Non direi. Santoro ha piena autonomia e
libertà nel fare Servizio Pubblico : è lui l'anima della trasmissione, sua la linea editoriale. E smentisco le voci
su una anticipata chiusura del programma. L'arrivo di Giulia Innocenzi, il 13 di novembre con il suo Anno Uno
(in sei puntate) era programmato da tempo». I talk sono in crisi ma La7 ne ha uno a sera. Pentito? «No. In
questa stagione c'è un calo complessivo degli ascolti, ma per noi non va così male.
Floris con diMartedì cresce poco a poco, mentre Ballarò cala. I fatti della politica condizionano l'audience di
La7. Se ci sono le elezioni cresciamo. Nel 2011 il Tg era al 9.60% di share, l'anno scorso siamo scesi al 6.57%. La rete aveva il 3.8% di share nell'anno dello spread (2011) oggi siamo al 3.3 %. Per Rai e Mediaset le
perdite sono peggiori».
Sempre colpa della politica.
Ma i conti tornano? «La politica c'entra. Porro con Virus ha battuto Santoro perché ha ospitato una sorta di
"conferenza stampa" di Renzi.
Noi contiamo su un pubblico di "alti consumatori", abbiamo 70 aziende in esclusiva di pubblicità tv. E nella
prima serata i talk portano ancora il 60% degli investimenti pubblicitari».
PER SAPERNE DI PIÙ www.la7.it www.repubblica.it
Foto: "URBANO CAIRO EDITORE DI LA7 IL GIOCO DELLA TORRE Urbano Cairo è l'editore di La7 e nel
gioco della torre butta giù Travaglio (a destra quando lascia lo studio) e salva Michele Santoro
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'INTERVISTA
20/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 4
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"La Padania libera è inutile se chiudono le fabbriche Ora la Lega parla a
tutti siamo l'argine al razzismo"
MARCIA DEI 40 MILA Metà delle persone che hanno sfilato non avevano mai manifestato. È stata una nuova
marcia dei 40 mila RENZI SÌ, ALFANO NO Presto le nostre proposte economiche. Vorrei discuterne con
Renzi. Con Alfano invece no CITTADINI A 18 ANNI Cittadinanza ai figli degli stranieri? La chiedano a 18
anni. Io sono contro i clandestini, non contro gli immigrati
ANDREA MONTANARI
MILANO. «Chi mi dà del fascista è solo invidioso. Non mi interessa avere la Padania libera senza le
fabbriche». Matteo Salvini, segretario della Lega, parla della nuova strategia del Carroccio a destra. «Sul
lavoro, dialogo con tutti. In piazza a Milano c'era gente perbene: è stata una nuova marcia dei 40 mila».
Onorevole Salvini, dunque la nuova Lega verde-nera non è un'invenzione? «Mi pagano per ottenere risultati.
Su alcuni fronti la Lega e Casa Pound hanno posizioni comuni, ma sulla questione lavoro io sto cercando di
portare dal governatore Maroni in Lombardia la Fiom Cgil».
Non mi sembra si possano mettere sullo stesso piano con chi ha posizioni xenofobe.
«Dopo che i militanti pericolosi di Casa Pound hanno sfilato sabato a Milano per terra non c'era nemmeno
una cartaccia.
Mentre quei democratici dei centri sociali in corteo contro di noi hanno imbrattato muri e cercato lo scontro
con la polizia». Sta dicendo che dopo aver lottato per anni per il federalismo, la Lega lo manda in soffitta per
allearsi con forze nazionaliste? «C'è una situazione di emergenza. C'è la disoccupazione, il problema
dell'immigrazione.
Non mi interessa avere la Padania libera se poi le fabbriche sono chiuse. Primum vivere.
Per questo, pur di fare la battaglia contro gli assassini di Bruxelles sono disposto a discutere con chiunque».
È un bel salto dalla Lega degli ultimi anni.
«Su Radio Padania parla un filosofo come Diego Fusaro che non è certo di destra. Sulla Russia di Putin ho
dialogato con Giulietto Chiesa che nonè un leghista. Di cosa mi si accusa?».
Di cavalcare la rabbia solo per prendere voti anche al Sud .
«La Lega presenterà le sue proposte economiche a metà novembre. Una aliquota unica tra il 15 e il 20 per
cento. Una dichiarazione dei redditi di una sola pagina come già accade in quaranta paesi. Ne parlerei anche
con Renzi. Non con Angelino Alfano».
Non può negare che nel Veneto le sue posizioni mettono in difficoltà il suo partito.
«Per quanto mi riguarda, metterò anima e corpo perché il Veneto possa votare la sua autonomia. Ma c'è
molta voglia di autonomia anche al Sud. Non sono tutti falsi invalidi o falsi forestali. C'è una grande voglia di
cambiamento». Però le posizioni estreme di Borghezio, che in passato stavate per espellere, oggi contano di
più.
«Le nostre proposte non cavalcano la rabbia. Diciamo no ai clandestini, ma sabato sul palco a Milano hanno
parlato anche persone che venivano dalla Nigeria e dal Marocco».
Qual è la sua posizione sulla cittadinanza ai figli degli immigrati? «La Costituzione parla chiaro. Quando
hanno la maggior età hanno il diritto di chiederla.
Per me non c'è problema. Io sono contro i clandestini».
Cosa rispondea chi le dà del fascista? «Sono invidiosi. Hanno paura perché sabato piazza Duomo era piena
di persone perbene.
La metà non erano mai scesi in piazza. Come la marcia dei 40 mila di Torino. Non capiscono che l'unico
argine vero al razzismo siamo noi».
Lo diceva anche Beppe Grillo «Solo che sabato i grillini marciavano contro di noi e con i centri sociali a
favore dell'immigrazione». Non pensa volendosi candidare a sindaco di Milano che tutto questo possa
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'intervista Matteo Salvini Il segretario del Carroccio dopo la piazza anti-immigrati. "Chi mi dà del fascista è
solo invidioso. Con noi tanta gente perbene"
20/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 4
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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spaventare i moderati? «No, perché il mondo moderato non ne può più. Perché chiudono le aziende e i
giovani sono senza lavoro. La dimostrazione è che una parte della Curia cui ha attaccato sull'immigrazione,
ma un'altra no».
A che Lega pensa per il futuro? «A una Lega che si allarga a nuove forze del centrodestra quando Forza
Italia riusciràa rigenerarsi. In Emilia l'alleanza l'abbiamo fatta, ma se si votasse domani alle Politiche
andremmo da soli». PER SAPERNE DI PIÙ www.leganord.org www.gov.uk
Foto: COMIZIO AL DUOMO Matteo Salvini, 41 anni, è segretario della Lega da dicembre. A destra, vessili
leghisti in piazza Duomo, a Milano, sabato scorso
20/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 9
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Lavoro nei giorni festivi e professioni più libere così Macron rilancerà
l'economia francese
Il ministro però non riuscirà a toccare i tabù delle 35 ore settimanali e dei generosi sussidi di disoccupazione
ANAIS GINORI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI. Una serie di riforme per "liberare" la crescita. Nei negoziati in corso con Berlino, il governo francese
ha promesso di fare i "compiti a casa" nonostante disobbedisca sul diktat dell'austerità. L'uomo che deve
dimostrare che Parigi fa sul serio è Emmanuel Macron. Il giovane banchiere, ora ministro dell'Economia, ha
scelto un approccio brutale. Convinto che la Francia soffra di tre malattie (sfiducia, corporativismo,
burocrazie) vuole sottoporre il paese a una terapia-choc. Nell'ultimo consiglio dei ministri, mercoledì all'Eliseo,
ha incominciato a presentare le prime misure con l'obiettivo di "liberare l'attività economica", titolo che
riprende il famoso catalogo di proposte che aveva fatto anni fa Jacques Attali, maestro e amico di Macron.
Allora c'era Nicolas Sarkozy al governo, ma poco importa. Molte delle misure per rilanciare la crescita sono
sempre d'attualità, anche perché mai realizzate. Il ministro dell'Economia ha promesso di liberalizzare le
professioni più protette, come notai, avvocati, tassisti, farmacisti. Nelle ultime settimane, ci sono già stati
scioperi e diverse proteste ma il governo non ha per ora intenzione di cedere alle "corporazioni". Un altro
fronte aperto è quello per rendere più flessibile il mercato del lavoro, rendendo più facile il lavoro notturno o
nei giorni festivi. Per il momento invece non si tocca il "totem" delle 35 ore settimanali, legge voluta dalla
sinistra alla fine degli anni Novanta e che secondo molti esperti è causa della perdita di competitività del
paese. Nessun governo finora, neppure quelli di destra, sono riusciti a cambiare la legge sull'orario di lavoro
settimanale.
Poco prima della sua nomina a ministro, quando era ancora banchiere, Macron aveva dichiarato "superata"
la legge. Ma al suo arrivo nel governo ha dovuto fare retromarcia. Macron voleva rompere un altro tabù della
sinistra, cambiando il generoso sussidio di disoccupazione che rappresenta un buco di 4 miliardi nelle casse
dello Stato. Il ministro avrebbe voluto diminuire indennità e durata. Ma è stato bloccato da François Hollande,
timoroso di toccare uno dei capisaldi del Welfare francese. L'Eliseo ha firmato un comunicato per dire che le
discussioni si faranno «al momento giusto», ovvero tra due anni, quando è fissato il negoziato con i sindacati.
Molte misure annunciate dal governo sono ancora poco dettagliate. L'unica vera riforma applicata finora è
quella degli sgravi contributivi alle imprese che secondo l'Ocse potrebbe portare una crescita del 3,7% del Pil
entro il 2024. Su richiesta di Macron e del vicecancelliere Sigmar Gabrielè stata creata una task force di
economisti (Jean Pisani-Ferry e Henrik Enderlein) che dovranno stilare una lista congiunta di riforme e
investimenti possibili per Franciae Germania. Dietro le quinte, la spaccatura tra i riformisti Macron e il premier
Manuel Valls e il resto della sinistra, sta diventando sempre più profonda. Con in mezzo Hollande titubante
mediatore e, sullo sfondo, il pressing di Berlino e Bruxelles. Macron ha chiesto un "New Deal" per l'Europa,
ma aspettando di investire, il banchiere "liberal" deve tagliare. I francesi, diceva ieri un sondaggio di Le
Parisien, sono pronti a cambiare e appoggiano Macron. "Entro sei mesi dovremo aver cambiato tutto" ha
promesso lui. Gli effetti delle riforme, ha riconosciuto il ministro, non si vedranno subito. "Maè un impegno
che dobbiamo ai nostri figli e alle generazioni future". E pure agli alleati europei, sempre più insofferenti
all'eccezione francese.
I PUNTI LE LIBERALIZZAZIONI Il ministro Macron si è impegnato a liberalizzare le professioni più protette:
notai, avvocati, tassisti, farmacisti. Il progetto è molto contestato PIÙ FLESSIBILITÀ Emmanuel Macron
vorrebbe rendere più facile il lavoro notturno o nei giorni festivi, in modo da far recuperare competitività al
Paese LE 35 ORE Il ministro dell'Economia vorrebbe modificare la normativa sulle 35 ore settimanali, ma
l'ipotesi per adesso è impraticabile I SUSSIDI Altro progetto di Macron per ora congelato è la riduzione dei
generosi sussidi di disoccupazione PER SAPERNE DI PIÙ www.ecb.europa.eu www.economie.gouv.fr
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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IL PIANO
20/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 9
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Foto: AL VERTICE Angela Merkel, cancelliere della Germania e Francois Hollande, presidente della Francia
Foto: LE PROTESTE La liberalizzazione delle professioni ha già provocato diverse proteste in Francia
Foto: FOTO: REUTERS
20/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 12
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Il fondo
SEBASTIANO MESSINA
MARCO Travaglio ha scritto una delle sue articolesse quotidiane per sostenere che lui non ha mai insultato
nessuno. E implora di fargli un esempio, uno solo, dei suoi insulti. Senza rendersi conto di avercene appena
offerto uno, all'undicesima riga del medesimo sermoncino, accusando il governatore Burlando di avere "un
faccione deforme". Il fatto è che lui ormai non si rende più neanche conto del veleno che colora il suo
inchiostro, e dunque mescola senza scrupoli l'etica e l'estetica, il peccato politico con il difetto fisico. Non è il
primo, certo - Mussolini chiamava Gramsci "quel sardo gobbo" - ma Travaglio ha battuto tutti quando dedicò
all'ottantasettenne Napolitano un raffinato ritratto intitolato "Funeral party" dove parlava di "un cadavere
putrefatto e maleodorante" e dipingeva delicatamente "prostate inerti e scroti inanimati". Toccato il fondo, ha
continuato a scavare. E quando glielo dicono, cade dal pero, come il tizio della barzelletta che dice: "Razzista
mi? L'è lu che l'è negher".
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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>BONSAI
20/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 25
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QUELL'ULTIMO ASSALTO ALLA LAGUNA
MARIO PIRANI
LA LAGUNA è un argomento esplosivo. La settimana scorsa eravamo tornatia denunciare la follia di costruire
sotto false spoglie il canale Contorta, trasformando questo modestissimo corso d'acqua, con grande spesa e
impegnative opere, in un canale di grande impatto e dimensione, così da assicurare un'altra via di transito
delle grandi navi all'interno della Laguna. Mentre questo progetto non ha ancora neppure ricevuto la
Valutazione d'Impatto Ambientale (Via), un'altra soluzione alternativa, come avevamo scritto la settimana
passata, è stata presentata dall'ex ministro alle Infrastrutture ed ex vice sindaco di Venezia, De Piccoli,
supportata dal Gruppo Duferco Engineering, Soc. Intern. d'ingegneria che esclude il transito delle grandi navi
dal Bacino San Marco. L'alternativa prevede di realizzare il terminal crocieristico alla Bocca di Porto del Lido,
trasportando poi i passeggeri, sbarcati dalle grandi navi ormeggiate alla Stazione Marittima, con motonavi
catamarano - fino a 6 per 1200 passeggeri - a trazione elettrica per limitare l'impatto del moto ondoso, ma
consentendo ai turisti di vedere Venezia dall'acqua. La realizzazione prevede due anni per la costruzione, un
costo di 128 milioni di euro, oltre tremila posti di lavoro. Il nuovo terminal sarà capace di ospitare cinque navi
e sarà costituito da un pontile lungo 940 metri e largo 34, completamente rimuovibile, collocatoa 220 metri
dalla diga Nord del Cavallino. La struttura potrà movimentare ogni giorno fino a 24 mila crocieristi tra sbarco e
imbarco. Come sempre a Venezia la discussione tra i pro e i contro si è subito accesa. Cito l'ultima lettera
arrivatami da un vecchio lettore che già polemizzava con noi ai tempi dei primi passi del MoSe. Ora
polemizza sui due progetti portuali. Si capisce che non ne vorrebbe nessuno e che preferirebbe si lasciassero
le cose come sono. Anche noi siamo dello stesso parere, comunque vogliamo rendere più edotti i lettori su
ambedue i disegni dietro i quali si nascondono soprattutto grandi navi e grandi affari. Alle spalle di Venezia.
"Riepilogo un po'i fatti- scrive il lettore -: nel gennaio 2012, Schettino al Giglio fa la marachella che sappiamo.
Il problema del passaggio delle grandi navi nel bacino S. Marco balza in primo piano all'attenzione generale.
Il governo mette uno stop al passaggio, ma ci ripensa... fino a che non si trovino soluzioni alternative.
L'autorità portuale trova l'alternativa con lo scavo del Contorta. All'opposizione si sostituisce un comitato No
Grandi Navi che gioca sull'equivoco. Non è che non voglia più le grandi navi, solo che le vuole da un'altra
parte! Il No resta appannaggio solo di chi non le vorrebbe né di qua, né di là. Ma questi sono molto pochi. A
Venezia restano solo 59 mila abitanti e il loro peso è minimo. Il progetto De Piccoli duplica, in sostanza,
esattamente le funzioni che si svolgono attualmente alla Marittima. Arrivo delle navi. Sbarco dei passeggerie
dei bagagli sul nuovo terminal alle bocche di porto. Carico su motonavi-catamarano dei passeggeri Trasporto di questi ultimi attraverso il Bacino S. Marco fino alla Marittima (qui siamo al cabaret.
Metà dei passeggeri sono seduti rivolti verso il Palazzo Ducale.
L'altra metà - seduti di spalle - lo vedono su schermi televisivi) - Sbarco dei passeggeri alla Marittima. Altre
motonavi con i bagagli per altro percorso.I rifornimenti provengono dalla Marittima con altre imbarcazioni
verso il nuovo terminal fuori porto. Praticamente tutto doppio, soprattuttoi costi. L'impatto sulla laguna resta
sconsiderato con questa flotta smisurata di catamarani con conseguenze devastanti sui sommovimenti di
sedimenti lagunari. Altra questione sono le navi in sosta. Attualmente quando entrano ed escono lasciano
una massa di fumi giallognola che ristagna sulla laguna perennemente. In sosta alle bocche di porto
certamente i motori in funzione emetteranno fumi in abbondanza, specie a mezzogiorno quando lo scirocco
tira dal mare verso terra. Di fronte c'è l'Isola di S. Erasmo che è zona agricola. A lato vi sono tutte le spiagge
che si dipartono da Punta Sabbioni con una fiorente attività turistica. I progettisti del De Piccoli dicono che le
navi spegneranno i motori e passeranno ad un servizio di "cold ironing" con l'elettrificazione delle banchine a
cui si dovranno allacciare le grandi navi, sempre che abbiano il dispositivo adatto. Se non ce l'hanno sarà
impedito loro di attraccare? Comunque l'impatto di questa massa di turisti sul tessuto urbano moltiplicherà
l'invivibilità e il degrado che già stanno marciando di pari passo. Nulla resta per il mantenimento della città.
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LINEA DI CONFINE
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Pag. 25
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Ponti, strade, scuole, sono all'indecenza. Non c'è una lira per sostituire le bricole in laguna che stanno
sgretolandosi. Il signor Enrico Ricciardi, insieme a tanti altri conclude augurandosi che si levino forti le voci
critiche in sostegno di una città che sta sempre più morendo sotto il peso, non degli anni, ma degli interessi
voraci che la colpiscono". © RIPRODUZIONE RISERVATA PER SAPERNE DI PIÙ www.vatican.va
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20/10/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 29
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"Scopriamo dagli altri che il nostro Paese non è in decadenza"
(l.m.)
IL PROFESSOR Tullio De Mauro, linguista, ex ministro dell'Istruzione, non sarà a Firenze per i primi Stati
generali della lingua italiana: «Sono a Londra per intervenire all'istituto di cultura italiana perché questa che si
apre è anche la Settimana della Lingua italiana e ci sono iniziative e incontri in diverse parti del mondo.
L'italiano piace sempre molto... «.
Quella dei corsi di italiano è una domanda in crescita.
«La nostra lingua è da anni in espansione, siamo ai primi posti in classifica dopo l'inglese, lo spagnolo, il
francese, il tedesco... «.
Cosa si può fare per aumentare ulteriormente questi numeri? «Vale quello che accade per altri campi. Faccio
un esempio, c'è una buona politica estera se c'è una buona politica interna. Significa che per far crescere
l'italiano all'estero dobbiamo mantenere un buon livello di italiano nel Paese».
Sale la richiesta di corsi nell'Africa meditearranea e nei Paesi dell'Est.
La sorprende questa tendenza? «No, per niente. È segno che anche se noi ci lamentiamo e pensiamo di
essere diventati poveri, c'è sempre chi ci ritiene ricchi, guarda con interesse al nostro mercato e come primo
passo cerca di imparare la nostra lingua. L'Italia è un Paese che affascina gli stranieri per tante ragioni
culturali, turistiche. So che c'è una forte domanda anche dal Giappone. C'è poi un'altra grande potenzialità su
cui può contare l'italiano». Dante, il Rinascimento...
«Qualcosa di più recente. Penso ai discendenti dei nostri immigrati che dall'Argentina al Venezuela fino a
molte altre nazioni nel mondo sono interessati a conoscere il Paese di cui hanno sentito parlare in famiglia e
dove magari hanno ancora dei parenti. È una comunità di decine di milioni di persone, un formidabile bacino
di possibili studenti e divulgatori della nostra lingua».
Foto: Tullio De Mauro
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'INTERVISTA/ TULLIO DE MAURO
18/10/2014
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Nessuno mi ha avvisato che i tagli crescevano da 3 a 4 miliardi Da Matteo
neppure un sms né da Delrio
Michele Brambilla
CHIAMPARINO Nessuno mi ha avvisato che i tagli crescevano da 3 a 4 miliardi Da Matteo neppure un sms
né da Delrio A PAGINA 5 Si erano tanto amati. Sergio Chiamparino era renziano quando nel partito, ai
renziani, c'era chi dava del fascista. E Matteo Renzi di Chiamparino pensava tanto bene che lo voleva al
Quirinale. Ora invece volano parole grosse. Uno dice che l'altro offende; l'altro gli replica di piantarla con i
tweet. Colpa della manovra, dei tagli che il governatore del Piemonte tenta di far digerire qui a Biella - nel
palazzo della provincia - agli imprenditori, ai sindacati e agli amministratori locali. Insomma proprio lui deve
fare il poliziotto cattivo. Riusciamo a parlarci tra un incontro e l'altro, tra l'annuncio di un sacrificio e una
lamentela. Presidente, che cosa è successo tra lei e Renzi? Fine di una sintonia? «No, io continuo a essere
in sintonia con lui. Condivido le linee di fondo della sua manovra». Ma? «Ma alcune modalità non sono
sostenibili. Dalle regioni, ma anche da altri enti locali. Le province, ad esempio. Nessuno parla più delle
province perché si pensa che non esistano più. Ma la legge Delrio continua ad assegnare loro funzioni
fondamentali. Lo vede quel signore lì? È il presidente della provincia di Biella. Mi ha appena detto che a
gennaio finisce i soldi per riscaldare le scuole. Sa che cosa vuol dire? Che da gennaio i soldi li deve metter la
regione. O dobbiamo lasciare i bambini al freddo?». Non sia mai. Ma lei i soldi dove li trova? «Indebitandomi
ancora di più. Ascolti bene: per prima cosa, i quattro miliardi di tagli alle regioni di questa manovra si
sommano al miliardo già previsto dal governo Monti e agli ottocento milioni già previsti dal governo Letta:
quindi i miliardi sono sei, non quattro. Seconda cosa, a questi sei miliardi vanno sommati quelli tolti alle
province». Se l'aspettava una mannaia del genere? «Mah, guardi. Io ero in contatto con Delrio via sms. Ma
sapevo di tre miliardi, non di più. Evidentemente c'è stato un cambiamento di rotta negli ultimi giorni». Con il
premier niente sms? «Ce ne siamo scambiati un po' nelle scorse settimane sull'articolo 18. Una volta mi ha
anche chiamato chiedendomi consigli sul trasporto pubblico. Ma sui tagli alle regioni niente telefonate e
niente sms». Renzi dice: le regioni pensino a tagliare i loro sprechi. «Se parliamo di sprechi, potrei dire che
ce ne sono molti di più nei ministeri: eppure la manovra prevede quattro miliardi di tagli a tutte le regioni
d'Italia e solo sei ai ministeri. Ma non voglio alimentare polemiche. Lei ha sentito che cosa ho appena detto
qui a Biella: ho presentato un piano di riordino per ridurre le spese. Quindi non è che non facciamo la nostra
parte. Ma se non si trova una modalità per correggere la finanziaria, dovremo tagliare su sanità e trasporti: il
90 per cento della spesa delle regioni sta lì». E lei pensa che sia possibile trovare una modalità per
correggere? «Certamente sì. Ma dobbiamo incontrarci e parlarne. Non si può andare avanti a tweet. Guardi,
la questione non è tra Renzi e il sottoscritto, ma tra Renzi e tutti i presidenti di regione. E noi presidenti di
regione non siamo cialtroncelli che fanno polemiche per il gusto di farle. Oltretutto, nessuno di noi ha
interesse a fare strumentalizzazioni politiche». Nessuno? «Nessuno. Non c'è alcuna rottura politica tra le
regioni e il presidente del consiglio. Lui ha fatto una manovra che punta a rimettere in circolazione tutta una
serie di risorse, e noi siamo perfettamente d'accordo: è la strategia giusta. Però se non correggiamo la parte
che riguarda i tagli, ci sarà un'altra rottura: non fra il governo e le regioni, ma fra il governo e i cittadini».
Insomma, lei sta dicendo: Renzi deve capire che le nostre critiche possono aiutare anche lui. «Sì, io ritengo
sinceramente di difendere la manovra. Noi - le regioni, le province, i comuni siamo tutti sulla linea generale di
questa manovra». Però Renzi ha detto che le sue parole sono state offensive. «Non credo si riferisse a me.
Forse a qualche altro presidente di regione, che magari ha un po' esagerato». Dicono che il premier abbia un
carattere non facile, di quelli che non amano essere contraddetti. «Non è che abbia poi avuto grandi
frequentazioni con lui, e quindi non saprei dire molto sul suo carattere. Certo ha dei toni un po' forti: ma fanno
parte del personaggio, e lui fa anche bene a fare così. Per quanto mi riguarda, quando sento toni da battaglia
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INTERVISTA CHIAMPARINO
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non mi tiro indietro. Anzi, alla mia età è l'unica cosa che mi rianima». À la guerre comme à la guerre? «Senta,
ho fatto il sindacalista, so che c'è un momento dello scontro e un momento dell'accordo». Eh ma con i
sindacati Renzi non è che parli molto. Ha presente che cosa dice della concertazione? «No alla
concertazione, lo affermo anch'io. Però se noi delle regioni e il governo avessimo potuto lavorare insieme a
questa manovra, non saremmo arrivati a questo punto».
Le frasi chiave
L'alleato
Continuo a sentirmi in sintonia col premier e sostengo la manovra Ma non mi aspettavo un
trattamento così
Gli spendaccioni
Se parliamo di sprechi dico che nei ministeri ce ne sono di più Secondo me i risparmi non sono equi
Le polemiche
Quando sento odore di battaglia non fuggo Ho fatto il sindacalista, dopo lo scontro si arriva
all'accordo
I cinguettii
Sono sicuro che si può trovare un'intesa ma dobbiamo incontrarci, parlare Non basta twitter
Foto: L'intesa Sergio Chiamparino e Matteo Renzi fotografati a Torino nell'aprile scorso: il feeling sembrava
inossidabile ANSA
18/10/2014
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Farnesina, la favorita è la Sereni
Fabio Martini
La vicepresidente Pd della Camera potrebbe essere preferita al viceministro Pistelli A PAGINA 11 Nei saloni
della vecchia Fiera di Milano, per 36 ore di fila, Matteo Renzi ha stretto decine di piccole mani di governanti
asiatici, ha trattato delicate questioni energeticostrategiche con Vladimir Putin e con i premier europei,
incarnando una volta ancora quel doppio ruolo - capo di governo e della diplomazia - che oramai accomuna
tutti i principali leader mondiali. Ma entro 13 giorni il presidente del Consiglio dovrà colmare quel vuoto di
organigramma nel governo che si determinerà con l'ascesa del ministro degli Esteri Federica Mogherini al
prestigioso ruolo di Alto Commissario per la politica estera europea, incarico che diventerà operativo il primo
novembre col varo della nuova Commissione europea. Renzi, dentro di sé, ha già deciso come sostituire la
Mogherini. Per qualche settimana nella sua testa si sono giocate ideali «eliminatorie» tra i possibili candidati,
ma alla fine la scelta si è ristretta a due nomi. La «finale» si gioca tra il viceministro agli Esteri Lapo Pistelli,
50 anni, fiorentino, prima tessera da giovane quella della Dc, e la vicepresidente della Camera Marina Sereni,
54 anni, folignate, prima tessera da giovane quella del Pci. Una «finale» con una netta favorita, quasi certa
vincente: la Sereni. Un vantaggio guadagnato soprattutto per effetto di un dogma al quale Renzi non intende
rinunciare: il perfetto equilibrio tra uomini e donne dentro il suo governo. Un dogma che il premier, da sempre,
persegue non soltanto perché garantisce popolarità - un valore che per Renzi fa sempre la differenza ma
anche perché sinora ha avuto un effetto esemplare e moltiplicatore, che sta cambiando in tempi davvero
accelerati il costume delle nomine pubbliche. Ma, quello della perfetta parità è un dogma destinato a
penalizzare i candidati con più titoli e meriti? Nei mesi scorsi sono circolate candidature, spesso autoprodotte
e quasi sempre restate fuori della «macina» renziana. Candidature finite sui giornali - è il caso del ministro
della Difesa Roberta Pinotti e del presidente della Regione Friuli Venezia-Giulia Debora Serracchiani - o
invece soltanto sussurrate negli ambienti della Farnesina. È il caso dell'ambasciatrice Elisabetta Belloni,
direttore del Personale della Farnesina. Ma con un limite: agli Esteri i tecnici non hanno lasciato un grande
ricordo. Ultimo Giulio Terzi di Sant'Agata. Un candidato «naturale» alla successione della Mogherini è
sicuramente Lapo Pistelli. Per doti diplomatiche, competenza, curriculum. Responsabile Esteri della
Margherita e poi del Pd, collaboratore di diversi think-thank (Policy Network, Center for American Progress,
Brookings Institution, Fundación Ideas), da viceministro, prima con Letta e ora con Renzi, Pistelli ha
incrementato la rete di rapporti diplomatici che coltivava da più di dieci anni. Come Renzi stesso ha potuto
verificare alcune settimane fa nella delicata (e pericolosa) missione in Iraq, organizzata da Pistelli. Con la
nomina di Pistelli, Renzi chiuderebbe il cerchio di una vicenda, che pur non imponendo «risarcimenti»
presenta originali risvolti personali. Diversi anni fa l'attuale presidente del Consiglio fu assistente di Pistelli,
ma poi nel 2009 alle Primarie per la candidatura a sindaco di Firenze, i due si sfidarono e prevalse Renzi. Ma
la favorita è Marina Sereni. Cinquantaquattro anni, umbra di Foligno, iscritta giovanissima alla Fgci e poi al
Pci, la Sereni ha seguito nei Ds, nel Pds e poi nel Pd il cursus honorum dei dirigenti di partito: assessore
regionale, deputato, responsabile Esteri e ora vicepresidente della Camera. Mai una parola fuori posto, la
carriera della Sereni ha una costante, la vicinanza politica a Piero Fassino, col quale ha condiviso un
percorso diverso dagli altri principali dirigenti di estrazione comunista: l'appoggio a Dario Franceschini
«contro» Pier Luigi Bersani nelle Primarie del 2009 e quello a Matteo Renzi «contro» Gianni Cuperlo nelle
Primarie del 2013.
Le tappe
La nomina di una donna n Matteo Renzi alla formazione del governo sceglie una donna, Federica Mogherini,
agli Esteri
Prime voci di rimpasto n Dopo l'estate le prime ipotesi. Si parla anche di un possibile trasloco agli Esteri di
Alfano, poi tramontato
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RETROSCENA
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La nomina di Mogherini in Ue n I giochi si aprono di fatto con la nomina di Mogherini a commissario per la
politica estera comune
Foto: Marina Sereni, prima da destra, ha 54 anni ed è di Foligno. In passato è stata iscritta al Pci
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Vladimir si sfoga con Silvio "Perché l'Europa si presta al gioco degli Stati
Uniti?"
«FRATELLO MAGGIORE» Per lui Berlusconi è ancora il miglior alleato in Occidente
UGO MAGRI ROMA
Tra vecchi amici ci si confida senza remore, specie intorno a un desco e per giunta nel cuore della notte.
Dunque P utin, arrivato a casa di Berlusconi che erano le due passate, reduce da un faccia a faccia
abbastanza faticoso con la Merkel, non ha perso tempo a i n d o ra re c i ò c h e p e n s a dell'Occidente. Ha
dato un giudizio duro, del quale poco imp o r t a r i fe r i re l e p a r o l e t e stuali. Conta la s o s t a n z a d e l
mezzo sfogo: gli Usa tentano chiaramente di isolare la Russia e voi europei che fate? Invece di aprire gli
occhi, sottraendovi alle minacce e alle sanzioni contro di noi, vi prestate a questo gioco. «Però tu sai caro
Vladimir», ha interloquito Silvio, «quanto io personalmente mi sia sempre battuto per affermare il ruolo della
Russia come partner strategico fin da Pratica di Mare... ». Già, il famoso summit del 2002. Ma alla Casa
Bianca regnava ancora Bush, e poi a quel tempo Berlusconi non dov e v a a n c o r a chiedere il permesso ai
giudici per far tardi la s e r a , c o m e è successo stavolta. Seduti a tavola loro due e basta, eccezion fatta per
l'interprete e per l'assistente del padrone di casa, Valentino Valentini. Dal palazzetto di Via Rovani erano
appena andati via i cinque figli del Cavaliere, arrivati in ghingheri per un saluto. Niente Pascale, niente
Luxuria e nemmeno il cagnetto Dudù. Un centrotavola di fiori bianchi blu e rossi come la bandiera che
sventola sul Cremlino, in onore dell'ospite. Tartufo sparso ovunque, tranne che sulla torta di mele e sul
tiramisù. Il presidente russo aveva già preso parte alla cena ufficiale, ma per educazione non si è tirato
indietro. Grande vicinanza tra i due che, evidentemente, hanno qualcosa capace di accomunarli. Putin ha
sempre considerato l'altro, testimonia Valentini, «come un fratello maggiore, ne accetta volentieri i consigli».
Berlusconi ricambia l'affetto mettendo a disposizione i suoi contatti internazionali, più numerosi di quanto si
immagini. Nel Ppe fingono di snobbarlo, però i capi di nascosto continuano a chiamarlo. Giorni fa ha sentito
pure il turco Erdogan, «risalutami tanto Vladimir». Di Renzi non risulta che abbiano parlato, ma al premier
Berlusconi ha già fatto una testa così sulle sanzioni, insistendo perché l'Italia si distingua dal resto d'Europa,
trovi il modo di non applicarle. Insomma, un tempo si sarebbe detto che Berlusconi è l'ambasciatore sovietico
in Italia. Buona parte delle due ore se n' è a n d at a d i s c u t e n d o d i Ucraina, dramma al centro del
vertice milanese. P utin non vuole la guerra, l'ha ribadito con decisione. Però nemmeno intende coprirsi il
capo di cenere e ammettere «ho sbagliato». Anzi, non arretra di un passo. «Le mie posizioni sono legittime»,
ha insistito col Cav, «piuttosto si dimentica che gli ucraini, loro sì, hanno fatto un colpo di Stato». Sul gas, la
Russia non farà sconti: «Devono ancora pagarlo, e intanto rifiutano di saldare gli arretrati. Ma è mai
possibile?». Caustico verso l'Ue: «Li fate entrare in Europa senza dazi commerciali. Noi russi, invece,
continuiamo a pagarli. Cosicché loro acquistano le merci da voi e ce le rivendono guadagnandoci sopra due
volte. Come si può accettare che gli ucraini tengano il piede in due scarpe?». Si è congedato tra mille
abbracci che era quasi l'alba.
Foto: Riuniti Vladimir Putin a casa di Silvio Berlusconi con i figli Eleonora Marina Luigi Barbara e Pier Silvio
Foto: ANSA
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Retroscena/2
18/10/2014
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"Niente garanzie sul lavoro Così la manovra non dà crescita"
Camusso: le imprese prenderanno gli sgravi senza assumere
FRANCESCO MANACORDA
«Non credo davv e r o che una legge di stabilità che distribuisce risorse alle imprese, senza porre alcun
vincolo per cui queste risorse siano destinate a investimenti e innovazione, sia espansiva. Quel che è certo,
invece, è che si tratta di una manovra che non mette al centro il lavoro e la creazione di lavoro, ossia proprio
quello di cui l'Italia ha più bisogno». Il segretario della Cgil Susanna Camusso ha «sentito gli annunci del
governo, più che vedere i testi che ancora non ci sono. Ma se l'impostazione che abbiamo sentito sarà
confermata», allora la sua bocciatura suona senza appello. E la manifestazione del 25 ottobre, dice, «trae
ulteriori ragioni d'essere da quanto annunciato perché la nostra vuole essere proposta prima che protesta».
Anche il Presidente Napolitano, però, parla di «misure importanti per la crescita». «Il problema centrale è
uno: sgravi fiscali come quelli sull'Irap alle imprese, senza garanzie sull'occupazione, non servono. Vogliamo
favorire la ThyssenKrupp di Terni che sta licenziando o la Trw, azienda di 500 lavoratori di Livorno che ha
appena annunciato i licenziamenti? O le tante imprese che invece di creare nuova occupazione la
distruggono? Così non si riparte. I Paesi che manifestano una ripresa dell'occupazione lo hanno fatto alzando
i salari, come in Giappone, e non creando maggiore incertezza. Del resto anche misure come gli 80 euro,
seppure giuste, possono risultare deboli quando in famiglia c'è un disoccupato: finiscono ad alimentare un
risparmio dettato dalla preoccupazione per il futuro e non certo i consumi». Riconosce almeno a Renzi il fatto
che questa sia una manovra che riduce la pressione di Irpef e Irap? «E' indubbio che l'Italia abbia un carico
fiscale molto alto. Ma, lo ripeto, non esiste nessuna prova che abbassare questo carico sulle imprese porti a
miglioramenti sull'occupazione. E per quel che riguarda i lavoratori mi pare che non siamo certo a un
alleggerimento fiscale. Anzi». Perché questo giudizio? «Penso alla tassazione annunciata sulla previdenza
complementare, che da quel che si legge salirebbe dall'11,5 al 20%, colpendo così una forma di risparmio. E
anche al fatto che i soldi del Tfr messi in busta paga verrebbero tassati con le aliquote normali, più alte di
quella agevolata propria del Trattamento di fine rapporto. O vogliamo prendere il blocco degli stipendi nel
pubblico impiego? Non si agisce sulla pressione fiscale, ma non si aumenta nemmeno il reddito disponibile.
Sentiamo dal governo la demagogia del "meno tasse" e intanto continuiamo a essere il Paese che ha
l'imposta di successione più bassa e dove i proprietari di un appartamento sono in proporzione più colpiti di
chi ha enormi patrimoni immobiliari. Io ascolto ogni giorno cassintegrati o disoccupati che non sanno più
come pagare le imposte sulle loro case. Di fronte a questa situazione una patrimoniale avrebbe senso e
darebbe un forte segno di equità». Teme anche che le Regioni aumentino le tasse? «Con tagli per 4 miliardi o
aumentano le tasse o, a loro volta, ridurranno i servizi ai cittadini nella sanità e nei trasporti. E siccome il
prossimo è un anno elettorale per molte Regioni penso che non alzeranno le tasse ma sceglieranno di
tagliare questi servizi». L'opinione di molti, però, è che il governo ha preferito favorire le imprese, scommettendo sul fatto che gli sgravi destinati a loro rimettano in moto l'economia. E voi non ci volete stare. «Lo
schema, ormai lo conosciamo, è sempre quello di mettere tutti contro tutti. E il nostro obiettivo non è certo
andare contro chi con questa legge di stabilità ha ottenuto risultati. Ma, se nella stessa dichiarazione in cui il
presidente di Confindustria Squinzi dice che il governo ha realizzato i sogni degli imprenditori leggo che,
nonostante le misure, gli industriali non intendono investire e assumere "perché c'è la crisi", mi appare
evidente che queste misure non porteranno lavoro». Appunto, Confindustria soddisfatta e voi a bocca
asciutta... «Più che altro mi concentrerei su come Renzi ha cambiato strada: qualche mese fa diceva ai
giovani che non dovevano accettare di avere meno diritti e adesso disegna un modello sociale diseguale
quanto quello che voleva cambiare». Lei protesta, ma con il suo collega della Uil Luigi Angeletti ieri siete stati
fischiati anche voi dagli operai a Terni... «C'è stato un gruppetto che prima ha contestato lui e poi me. Ma
quello che colpisce e preoccupa non è certo il dissenso di poche persone, quanto la sensazione che i
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INTERVISTA CONTI PUBBLICI LO STOP DELLA CGIL
18/10/2014
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lavoratori e i cittadini di Terni si sentano sempre più soli e abbandonati a se stessi». Proprio su La Stampa il
nostro editorialista Luca Ricolfi ha lanciato la proposta di un «Italy job», sgravi mirati per le aziende che
creano nuova oc- cupazione. Cosa ne pensa? «Tutte le proposte che puntano a creare occupazione
aggiuntiva vanno nella direzione giusta. Certo, ciascuna va poi esaminata nel merito e anche quella di Ricolfi
andrebbe approfondita, ha degli spunti interessanti. Quel che è certo è che serve una regia, una mano
pubblica che intervenga per spingere gli investimenti e far sì che le aziende creino occupazione». Le daranno
ancora una volta della dirigista e statalista... «E' molto meno statalista un'idea di un governo dell'economia
che predispone una seria politica industriale e investe nei settori strategici, che non l'occupazione dello Stato
con le nomine politiche dei dirigenti nella pubblica amministrazione come ha fatto questo governo». Una
bocciatura Il segretario della Cgil Susanna Camusso è critica nei confronti della manovra del governo
La creazione di nuovi posti
«Non esiste nessuna prova che abbassare il carico sulle imprese porti a miglioramenti
sull'occupazione»
Il Fisco che non piace
«Tra tassazione del Tfr più alta e aliquota sui fondi pensione non vedo vantaggi per i lavoratori»
I fischi ricevuti a Terni
«Non mi colpisce il dissenso di pochi, ma la solitudine dei lavoratori: si sentono abbandonati»
Foto: ANSA
18/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
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Da Serra a Landi e Romeo Ecco i finanziatori della Leopolda 2014
Al lavoro tre persone, Carrai, Lotti e Boschi QUASI DUE MILIONI È il totale raccolto dalla cassaforte, la
Fondazione Open
JACOPO IACOBONI
C'è uno zoccolo duro, tra i finanziatori di Matteo Renzi, ma anche delle interessanti novità. Allora è molto utile
spulciare una lista di finanziatori della prossima Leopolda. Tecnicamente i finanziamenti sono indirizzati alla
cassaforte di Renzi, la Fondazione Open. Di fatto la gestione dell'organizzazione materiale della Leopolda è
integralmente nelle mani di tre persone, Maria Elena Boschi, Luca Lotti e Marco Carrai, personaggio su cui
varrà la pena tornare. Il finanziatore principale è Davide Serra, l'uomo di finanza per il quale Renzi si scontrò
molto con Bersani durante le primarie del 2012, forse perdendole (quando l'allora segretario attaccò
sull'amicizia di «quelli delle Cayman»). Serra, che alla Leopolda non dovrebbe esserci ma solo per impegni
che non può differire a Londra, ha donato alla causa 175 mila euro. Il secondo finanziamento è quello di
Guido Ghisolfi - proprietario dell'azienda chimica Mossi e Ghisolfi - e sua moglie, Ivana Tanzi (120 mila euro).
La Gf Group, una grande azienda alimentare ligure, ha contribuito con 50 mila euro. Ma danno importi non
piccoli (ventimila euro) anche piccole realtà come l'azienda immobiliare Blau Meer srl, o società come la
torinese Simon Fiduciaria (ventimila euro), nel cui consiglio figura anche il nome di Giorgio Gori. Un
finanziamento molto importante viene da Alfredo Romeo - imprenditori di Isvafim processato, ma poi assolto,
che ha donato 60 mila euro. Naturalmente non contano soltanto le cifre versate, ma le caratteristiche e il peso
di chi versa. Guido Roberto Vitale, un uomo di raccordo sempre importante negli ambienti finanziari milanesi,
ha donato una piccola cifra, 5 mila euro, un attestato di simpatia per il premier. Non meno significativa la
presenza tra i finanziatori di Fabrizio Landi (diecimila euro), vero nome forte del renzismo nella partita delle
recenti nomine (lui, in Finmeccanica). Landi, fiorentino-genovese, ha fatto tantissime cose nella vita,
compreso lavorare ai vertici di Esaote (di cui poi ha detenuto una piccola quota), e è considerato tra i pionieri
del business biomedico in Italia. Ha rapporti rilevanti anche nell'establishment istituzionale italiano più alto,
rapporti che possono aver giovato alla scalata di Renzi, che non pare più in rottura con quei mondi. Tra l'altro,
per dire, dell'idea degli 80 euro in busta paga si parlava già in seminari con Landi e Yoram Gutgeld (e il
banchiere Alessandro Profumo, che però non figura tra i finanziatori della Leopolda), prima che venisse
messa in pratica. Alla Leopolda hanno contribuito anche nomi come Carlo Micheli, figlio di Francesco,
finanziere (anche della Premafin di Ligresti). C'è la Telit, l'azienda di telefonini. Ci sono Paolo Fresco e la
signora Marie Edmée Jacquelin, che in due hanno offerto 45 mila euro, c'è Renato Giallombardo, uno degli
esperti italiani in fusioni, acquisizioni, operazioni di private equity. C'è Jacopo Mazzei (diecimila euro), che
oltre a aver avuto vari incarichi a Firenze è anche, last but not least, consuocero di Scaroni. C'è, curiosità, un
piccolissimo finanziamento (250 euro) anche di Antonio Campo dall'Orto, sicuramente il più geniale manager
di tv in giro. Naturalmente tutti questi sono nomi di finanziatori che, nei bilanci (pubblici) della Fondazione
Open, hanno dato l'assenso a veder pubblicato il loro nome. Ne esistono sicuramente altri, se la cifra
dichiarata ora è 1 milione 905 mila euro. Ah, alla Leopolda ha contribuito anche lei, la Maria Elena Boschi,
con 8800 euro suoi: più del sindaco di Firenze Nardella (6600), ma meno del tesoriere del Pd Francesco
Bonifazi, che ha trovato per l'evento dodicimila euro.
Foto: Maria Elena Boschi alla Leopolda dell'anno scorso
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Retroscena
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"Il Fondo monetario non vede l'Italia come sorvegliata speciale"
Montanino: la manovra è piaciuta a Washington
PAOLO MASTROLILLI NEW YORK
La manovra appena varata dal governo italiano va nella direzione giusta, ora bisogna concentrarsi soprattutto
sull'implementazione e la riforma della giustizia civile. Per evitare poi che le turbolenze degli ultimi giorni sui
mercati ci riportino alla crisi di tre anni fa, è necessario che l'Europa mandi segnali unitari e rassicuranti ai
mercati». Sono i giudizi del direttore esecutivo per l'Italia del Fondo Monetario Internazionale, Andrea
Montanino, che fa il bilancio del proprio mandato, alla vigilia del passaggio alla prestigiosa think tank Atlantic
Council dove da novembre dirigerà il programma economico. Quando arrivò al Fondo, nel 2012, si parlava
ancora di un salvataggio per l'Italia? «No, non ho mai percepito Roma come un osservato speciale. Le
difficoltà del 2011, le lettere della Bce, sono storia. C'era un allarme generalizzato, superato grazie agli sforzi
degli italiani. Rimane aperta una discussione su come avere una crescita più simile alle altre economie
avanzate. Nell'ultimo outloook dell'Fmi, l'Italia è l'unico grande Paese che nel 2014 sarà ancora in recessione.
E' chiaro che siamo indietro». Quali sono i provvedimenti più urgenti? «Ci sono elementi di contesto, come la
bassa inflazione e crescita, che sono problemi europei. Poi ci sono i vincoli che l'Italia ha creato per la sua
economia negli ultimi trent'anni. Servono tanti piccoli passi: la riforma della giustizia civile che frena gli
investimenti stranieri, la semplificazione, l'efficienza della pubblica amministrazione, lo snellimento del
processo decisionale che rallenta le riforme». Come è stata giudicata la legge di Stabilità per il 2015? «Tiene
in piedi i due elementi fondamentali. Il primo è l'ordine nella finanza pubblica. Bisogna ricordare che siamo
uno dei Paesi più virtuosi in Europa, abbiamo un avanzo primario quasi ininterrotto dal 1992. Poi è
moderatamente espansiva, e va nella direzione giusta: favorisce l'occupazione». Non preoccupa che è
finanziata in parte col deficit? «Avendo mantenuto il parametro del 3%, è stato inviato ai mercati il chiaro
messaggio che vogliamo tenere i conti in ordine. Abbiamo usato solo un po' di risorse accumulate negli anni
scorsi». Come è stato giudicato il dibattito sull'articolo 18? «Aspettiamo i decreti attuativi, ma il Jobs Act ha
ricevuto un riconoscimento importante». A questo punto forse il Fondo e gli Usa apprezzano più la manovra
espansiva dell'Italia che l'austerità tedesca? «Il giudizio lo danno i mercati, non i governi. Se ritengono che la
politica espansiva non mette a rischio le finanze pubbliche, rispondono positivamente; se ci sono dubbi, ne
prendono atto. Guardate cosa è successo alla Grecia: quando si è ventilata l'ipotesi che possa lasciare il
programma dell'Fmi, lo spread è salito a 800 punti e la borsa è crollata». Corriamo il rischio di tornare al
2011? «Direi di no, ma ci sono cinque elementi da tenere d'occhio. Il futuro della Grecia, cosa farà quando a
fine anno scadrà il programma europeo, e nel 2016 quello dell'Fmi. La geopolitica, con crisi come Ucraina ed
ebola. Le prospettive di crescita europea, con la frenata tedesca, oltre alle situazioni di Italia e Francia. La
bassa inflazione, e i bassi tassi». La Bce sta facendo abbastanza per il problema inflazione? «Come ha detto
il presidente Draghi, la banca vigila. Mi fido pienamente, e infatti ha preso iniziative importanti. Per vedere se
funzionano, però, dobbiamo applicarle». La sua sostituzione è avvenuta con una prassi inusuale. Al Fondo
hanno notato le ragioni di politica interna? «Il ministro Padoan aveva tutta l'autorità e il diritto di fare le proprie
scelte, vanno rispettate». Ma la "spending review", che era gestita dal suo successore Carlo Cottarelli, deve
continuare? «Certo. Non penso che il problema fosse se farla o no, ma il metodo. Renzi e Padoan hanno ben
chiaro che serve, però deve diventare una parte normale del processo della formazione del bilancio in Italia,
non un'attività estemporanea».
Ha detto
Crescita e rigore insieme La legge di Stabilità è espansiva però rispetta anche il vincolo del 3%
Il ruolo di Draghi Ha annunciato iniziative importanti ma adesso bisogna applicarle
La spending review Non deve essere estemporanea Deve ispirare sempre il bilancio
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Intervista
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Rischi per l'economia Vengono da Grecia e Ucraina, dalla deflazione e da Berlino che frena Il direttore
dell'Fmi per l'Italia
Foto: L'Fmi L'apertura dei lavori del meeting annuale del Fondo monetario a Washigton
Foto: Andrea Montanino
18/10/2014
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"Con la moneta elettronica vantaggi per tutti"
De Censi (Icbp): avanti con l'innovazione
MARCO SODANO TORINO
Il mondo sta cambiando rapidamente, anche i sistemi di pagamento devono farlo: perché l'innovazione
tecnologica migliora la società». Il presidente dell'Istituto centrale banche popolari italiane Giovanni De Censi
(presidente del Credito Valtellinese) ieri era a Torino per un convegno sugli Smart payment. Carte di credito,
bancomat e internet banking «sono strumenti particolarmente interessanti perché favoriscono tutti: le banche,
i consumatori, le pubbliche amministrazioni perché c'è più sicurezza e velocità, informazioni in circolazione».
Secondo il presidente dell'Icbpi «l'Agenzia per la digitalizzazione sta facendo un grosso lavoro per favorire
queste soluzioni». Presidente, il dubbio è che i pagamenti siano smart, intelligenti e veloci, soprattutto a
favore delle banche. «Non si capisce perché solo a favore delle banche. Avere trasferimenti di denaro rapidi,
sicuri e tracciabili fa bene al commerciante, al cliente, anche al fisco. Certo, anche alla banca. Ma credo che il
problema vero sia nell'abitudine a determinati comportamenti: negli Stati Uniti ormai gli acquisti passano
quasi tutti per via elettronica: guardi un oggetto, lo inquadri nel telefonino, lo fotografi e via. Arriva a casa
direttamente il pacco». Lei è presidente di una banca molto vicina al territorio. Come vi trovate con i servizi
digitali? «La clientela di sta spostando molto velocemente verso questi nuovi mezzi, tanto che dobbiamo
continuamente ripensare il nostro modo di essere banca. E credo che in futuro questo cambiamento
accelererà ancora». Anche i social network si stanno organizzando per far passare attraverso il loro canale i
pagamenti in denaro. Siete preoccupati? Difficile immaginare che una banca abbia la capacità di
penetrazione di Facebook, Apple o Twitter. «Siamo contenti perché questi servizi non si sostituiscono al
mestiere delle banche: semplicemente ci offrono un canale ancora più rapido e immedidato. Anzi, c'è un
vantaggio perché il denaro circola più rapidamente e si scoraggiano fenomeni come il nero e il sommerso,
che nascondono denaro facendo un danno anzitutto alla collettività. Twittwr ha siglato un'intesa con una
banca francese, non ha tagliato fuori il mondo del credito: d'altra parte noi garantiamo sicurezza». Quanto
tempo è servito agli italiani per abituarsi al bancomat, il primo vero salto digitale della banca? «Quando ho
cominciato a lavorare in banca non avevo neppure la calcolatrice, lavoravo a mano con carta e penna.
Quanto al bancomat, posso raccontarle che facemmo la prima sperimentazione di una carta con il microchip,
l'antenata di quelle di oggi, nel 1985 in occasione dei Mondiali di sci di Bormio. Quell'innovazione è entrata a
tutti gli effetti nel sistema bancario nel Duemila. Faccia i conti lei». Oggi il bancomat lo usano tutti. Dovremo
aspettare altrettanto per la banca digitale? «Senz'altro no. La velocità dell'innovazione oggi è molto più alta di
un tempo. Questo esempio è utile soprattutto per capire che spesso sono gli intoppi burocratici a rallentare il
processo dell'innovazione, non presunti steccati culturali che poi nella realtà non esistono».
Foto: Giovanni De Censi Presidente dell'Istituto delle banche popolari
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INTERVISTA
19/10/2014
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Pag. 1
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MARIO DEAGLIO
CONTINUA A PAGINA 25 Meno 4,4 per cento; meno 1,21 per cento; più 3,42 per cento. Queste cifre
mostrano la variazione del Ftse Mib, il principale indice della Borsa di Milano nelle ultime tre sedute della
settimana scorsa e ripetono, un poco amplificati, gli andamenti delle Borse di tutto il mondo. Variazioni di
queste dimensioni, per di più senza una direzione precisa, escono dai limiti della normalità, soprattutto se si
tien conto che, in questi giorni, nell'economia reale non è cambiato pressoché nulla, con l'Europa sull'orlo di
una recessione - che potrebbe anche non arrivare o essere molto lieve - e gli Stati Uniti impegnati in una
ripresa non del tutto convincente (nella prima metà dell'anno la crescita americana è risultata di poco
superiore all'1 per cento, meno dell'aumento della popolazione). Siamo quindi di fronte a una fibrillazione dei
mercati. Potrebbe derivarne un infarto? Perché? Perché proprio ora? Il pericolo di un infarto finanziario deriva
dal fatto che la trasparenza e la regolazione dei grandi mercati mondiali non hanno compiuto molti passi
avanti dal 2007-08 anche se non c'è oggi una specifica categoria di titoli ma a rischio, come erano allora i
famigerati americani mutui «subprime». Una parte importante della risposta va cercata nella politica
mondiale. Inforcando le lenti della politica occorre guardare al paese che vanta il maggior mercato finanziario
globale nonché (ancora per poco, ossia finché non sarà superato dalla Cina, probabilmente nel 2015) il
maggior sistema economico del pianeta. Naturalmente stiamo parlando degli Stati Uniti dove ogni due anni
viene rinnovata gran parte del Congresso. Tra una ventina di giorni, e precisamente il 4 novembre, si
terranno negli Stati Uniti le cosiddette «elezioni di metà mandato» ed esiste la possibilità che i democratici del
presidente Obama si trovino in minoranza sia al Senato (che attualmente controllano) sia alla Camera dei
Rappresentati, dove già oggi sono in netta minoranza. Se così fosse, Obama diventerebbe ciò che nel gergo
politico di quel paese si chiama un'«anatra zoppa», non più in grado di perseguire efficacemente alcuna vera
azione politica né interna né internazionale senza il «permesso» dei suoi oppositori repubblicani. La
prossimità delle elezioni sta inoltre frenando il possibile intervento militare americano in Siria-Iraq soprattutto
perché gli elettori americani sono stanchi di guerre. Ai curdi che difendono accanitamente la città di Kobane
arrivano soprattutto le armi mandate dagli alleati europei degli Stati Uniti e l'aiuto di un numero non elevato di
incursioni di aerei americani. Nei prossimi venti giorni, l'incertezza sui risultati elettorali americani potrebbe
incidere negativamente sui listini, così come potrebbe avere un impatto negativo una sconfitta dei democratici
di Obama proprio per la paralisi governativa che ne deriverebbe. Un possibile vuoto di politica economica
potrebbe riguardare anche l'Unione Europea, dove la nuova Commissione muoverà in novembre i suoi primi
passi, necessariamente incerti. Non va però trascurata la politica estera. Il vuoto politico si aggiunge così al
vuoto economico, la politica contribuisce, e non poco, a bloccare l'economia. E questo non solo - o non tanto
- in Italia dove il processo di approvazione della «manovra» non ha la rapidità auspicata dal presidente del
Consiglio, ma comunque procede molto più celermente che in passato; ma anche, e soprattutto, a livello
mondiale. Alle Borse non rimane altro che guardare alle relazioni trimestrali delle imprese e alle previsioni di
crescita dei diversi settori e quel che vi possono scorgere non è precisamente entusiasmante: a livello
mondiale, sono dati molto variegati mentre la Fed parla di crescita complessivamente «moderata» o
«modesta». E Janet Yellen, da pochi mesi a capo della Fed, sottolinea la crescente diseguaglianza della
ricchezza e dei redditi negli Stati Uniti come motivo di preoccupazione perché costituisce un blocco alla
ripresa. Ai pazienti a rischio d'infarto i medici prescrivono spesso una serie di pillole e suggeriscono di
cambiare stile di vita. Alle economie ricche (e ai ricchi mercati finanziari) a rischio d'infarto è necessario
proporre qualche pillola di nuova liquidità e un cambiamento di politica economica che introduca qualche
modificazione nella distribuzione dei redditi in modo da incoraggiare, quanto meno nel breve periodo, un
certo rilancio dei consumi interni. Spesso il malato non segue i buoni consigli e la Signora Merkel non ha,
nelle ultime settimane, dato prova di quel pragmatismo, di quel «buon senso» del quale l'Europa e l'intera
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IL PERICOLO DELL'INFARTO FINANZIARIO
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economia mondiale hanno disperatamente bisogno. C'è da sperare che l'aria di Milano, dove si è svolto un
inedito incontro Europa-Asia la convinca (e convinca i suoi ministri economici) che economia e ragioneria
sono due discipline diverse e che la politica economica non si fa contando i decimali di - eventuale sforamento del tre per cento del rapporto deficit/prodotto lordo. [email protected]
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Boldrini: il sindaco ha fatto bene La realtà nel mondo sta cambiando
Jacopo Iacoboni
A PAGINA 5 «Ha fatto bene, è stata b r a v a » . Poco prima di sedersi a parlare, Laura Boldrini, presidente
della Camera, elogia Francesca Pascale, che s'è spesa molto per una conversione di Silvio Berlusconi alla
battaglia per i diritti dei gay. Boldrini è a Torino per inaugurare il processo di revisione della Carta Sociale
Europea, il trattato del Consiglio d'Europa che tutela i diritti economici e sociali. È il suo mondo, la sua vita,
anche prima della politica. Diritti che oggi da una parte vanno rinnovati (per esempio pensando alla sfera
digitale), dall'altra paiono messi assai in discussione. È il caso della polemica sui diritti dei gay. Il sindaco
Marino ha apertounregistrocon16coppie che hanno celebrato un'unione omosessuale all'estero, e è bastato
questo per far ribellare Alfano, che lo attacca. Lei come valuta questa vicenda? «Marino ha preso atto di un
cambiamento profondo della società. I sindaci sono i più esposti, con la società, e lui non fa altro che
registrare che questo cambiamento c'è già nei fatti. Spesso la politica è in grande ritardo. Ci sono ancora veti,
ideologie, che non hanno più ragione di esistere. Sta accadendo con le unioni gay ciò che accadeva con la
fecondazione eterologa: che si deve andare all'estero per veder riconosciuto un diritto. Io spero che il
Parlamento reagisca su questo punto, e in tempo utile. Registro un certo ritardo». Al di là del ruolo
istituzionale, lei resta una donna di sinistra: non teme - pensando all'ultima apertura di Berlusconi alle adozioni
gay - che il centrodestra si dimostri più aperto del centrosinistra? «Berlusconi ha fatto bene a prendere atto
della necessità di dare un segnale chiaro su questa materia. Vediamo cosa faranno gli altri adesso». Mentre
parliamo le suona il telefono: Giorgio Napolitano la avvisa della nomina dei due giudici della Consulta. La
presidente si apparta, poi le chiediamo: e ora il Parlamento finalmente si sbloccherà? «Adesso tocca al
Parlamento fare il suo dovere. C'è chi mi rimprovera di non aver convocato la seduta a oltranza per eleggere i
due giudici costituzionali. Ma cosa avrei ottenuto, se non c'era un'intesa solida tra i gruppi? Solo
protagonismo; e avrei, questa volta davvero, bloccato inutilmente tutti gli altri lavori». In questi giorni l'Italia è
alla guida di questa iniziativa per la carta dei diritti in Internet, che ha avuto accoglienza non negativa anche
dai blogger sull'anonimato, sulla net neutrality. Ma non c'è il rischio di regolamentare troppo? «Noi non
vogliamo assolutamente normare. Vogliamo creare un framework di principi e diritti all'interno dei quali
muoversi. Internet deve restare un grande spazio di libertà, ma il rischio principale è che il più forte, il più
potente, sia lui a dettare la linea, e a ottenerne i vantaggi economici. Perciò abbiamo creato questa
commissione, dieci deputati, uno per gruppo, e 13 esperti guidati da Stefano Rodotà. Abbiamo prodotto i 14
punti che sono sul sito della Camera, e li proponiamo ai 27 paesi, ma sono punti aperti a un'ampia
consultazione pubblica». Contro le manifestazioni di violenza sul web cosa proponete? «Internet non può
essere lasciato ai più violenti. Questo incrinerebbe la partecipazione di soggetti più deboli: minoranze,
disabili, le stesse donne. Ma questa convinzione non deve ledere il diritto all'anonimato, o la privacy.
Abbiamo assistito alla vicenda Snowden, al caso dei dati personali usati dalla Nsa... Ecco, io vorrei che l'Italia
guidasse la sfida per stabilire i nuovi diritti della sfera digitale. Senza però divieti. Consapevoli che il mondo è
sempre più connesso. Anche nella realtà fisica». Ecco, pensiamo alle connessioni là fuori: ora che cessa
l'operazione Mare Nostrum non c'è il rischio che la situazione dei migranti peggiori? «Innanzitutto va fissato
che i migranti in gran parte sono rifugiati: da Eritrea, Siria, Iraq, Palestina.. I flussi degli anni 90 sono diventati
principalmente richiesta di protezione da guerra, violenza, persecuzione politica. Con Mare Nostrum ci sono
stati tremila morti, senza, sarebbe stata un'ecatombe. Il mio invito è che ora Frontex metta in campo
sufficienti risorse e abbia il mandato di esercitare anche il salvataggio in mare. Sapendo che, finché non si
risolveranno i conflitti, i civili continueranno ad arrivare, quindi è lì che va risolto alla radice il problema».
Arriva la foto di Salvini alla manifestazione anti-clandestini di Milano, vestito da tranviere. Che effetto le fa,
presidente Boldrini? «Si hanno facili consensi, così; la paura genera il consenso. Ma si altera il senso della
realtà. Se pensate che il Libano, un paese di 4 milioni di abitanti, accoglie un milione e 200 mila rifugiati, in
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Italia ne arrivano 130 mila, e solo pochi restano qui, vi rendete conto che non è vero affatto che c'è
un'invasione, anche perché oltre l'85% dei rifugiati resta nel sud povero del mondo. Naturalmente tutti i paesi
europei devono fare la loro parte, nel salvare vite umane nel Mediterraneo, che è frontiera comune europea».
E su diritti come il lavoro, o le troppe fiducie e decreti del governo Renzi, che indeboliscono i diritti del
Parlamento, non vede dei seri rischi? «Io ho scritto personalmente a Renzi chiedendo di riportare equilibrio
tra governo e Parlamento. Avverto questa necessità. Mi arrivano molte lamentele, dalle opposizioni ma anche
da presidenti di commissione, si lavora male a stare sempre sui tempi dei decreti. Anche per questo stiamo
riformando il regolamento, per riportare al centro le commissioni, fermo restando che l'aula deve anche
decidere».
Ha detto
Si hanno facili consensi così La paura genera il consenso
Non è vero che siamo assediati Son rifugiati in fuga da guerre e violenza
Ho scritto a Renzi, riequilibrare il rapporto tra governo e Camere
Non vogliamo normare; ma il web non può esser lasciato ai violenti I MIGRANTI I DIRITTI DIGITALI SU
SALVINI E LEGA A MILANO RUOLO DEL PARLAMENTO
Foto: ALBERTO GIACHINO/REPORTERS Boldrini a La Stampa La presidente della Camera ieri ha visitato la
redazione e il Museo de La Stampa
19/10/2014
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Il Parlamento ora resta senza alibi Renzi: adesso dobbiamo chiudere
Violante resta il candidato Pd, ma Forza Italia deve ancora decidere il suo «La scelta del Quirinale sia un
monito. Qui ci giochiamo la reputazione» Davanti all'inerzia dei parlamentari prospettò il voto
UGO MAGRI ROMA
Adesso il Parlamento è solo davanti allo specchio. Se vedrà riflessa una brutta immagine, non potrà
prendersela con nessuno. Le nomine presidenziali tolgono di mezzo l'ultimo alibi, legato all'attesa di ciò che
avrebbe deciso il Capo dello Stato: Napolitano ha fatto le sue scelte, ora le Camere non possono esimersi
dalle proprie. Lo riconoscono un po' tutti, da destra e da sinistra, sfoderando una forte dose di ipocrisia nelle
mille lodi fioccate ieri sul Colle. Per cui la domanda è: basterà l'esempio dall'alto a mettere in riga tutti coloro
che profittano del voto sulla Consulta per sfogare le frustrazioni? Qualcuno scommette che si scateneranno
peggio di prima. A voto segreto già hanno fatto fuori Catricalà, Bruno e Caramazza; Violante sopravvive ma
gravemente ferito. Nel gioco al massacro è stato trascinato pure Grasso, presidente del Senato, che certuni
votano per puro sfottò. Ma tutti gli scherzi sono belli se durano poco, dopodiché nessuno ride. Trascinare
oltre le votazioni non migliorerebbe l'immagine, già deprimente, del ceto parlamentare. Si preoccupa a
ragione Luigi Zanda, capogruppo dei senatori Pd: «Qui i parlamentari si giocano la reputazione, l'onore...».
Guai se i nostri eroi si tirassero addosso un'altra carrettata di sdegno. E Napolitano implacabile ha
concentrato su di loro i riflettori. Muovendosi con determinazione, ha fatto tornare in mente ai più anziani la
lettera tremenda che Francesco Cossiga inoltrò alle Camere in un caso analogo: se non eleggerete i giudici,
verrete meno ai vostri doveri e io vi manderò tutti a casa sciogliendo la legislatura... La minaccia del
Picconatore funzionò alla grande. L'altra verità che tutti sussurrano (e pochi ammettono a voce alta) tira in
ballo i vertici, coloro che dovrebbero decidere e se ne guardano bene. Tanto il premier quanto Berlusconi
finora hanno scelto l'ossequio al Parlamento, nella sostanza lavandosene le mani. Renzi tiene in pista
Violante, inviso a una parte dei suoi, per un complicato gioco di ricatti e controricatti con la minoranza interna,
cui non risulta del tutto estraneo il Jobs Act. A sua discolpa va riconosciuto che chi governa ha parecchio
altro cui pensare. Però il monito del Colle cambia la scala delle priorità: «Occorre chiudere con le nomine»,
ha annotato Matteo ieri sera sulla sua agenda. L'altro distratto è Silvio. Senza di lui, numeri alla mano,
sarebbe impossibile superare il quorum. Ma l'ex-premier non si appassiona. Da Forza Italia zero commenti
alle nomine presidenziali, come se Napolitano nemmeno avesse tuonato. Spiega Deborah Bergamini,
portavoce azzurro: «Il presidente Berlusconi ha totalmente delegato ai capigruppo Brunetta e Romani ogni
decisione a riguardo». L'ex Cavaliere è convinto che, tanto, piazzare nella Corte un giudice amico non serva
a nulla, per lui la Consulta resta una tana di «comunisti». S e Renzi lo chiamasse, magari allora forse ci
metterebbe la testa. Può darsi che vada a finire così. Intanto Forza Italia deve ancora indicare il suo quarto
candidato. Potrebbe essere il referendario Giovanni Guzzetta in ticket con Augusto Barbera, qualora Violante
facesse un passo indietro. Oppure Francesco Sisto, a braccetto con Massimo Luciani, se pure quei due
venissero impallinati...
Foto: Il Colle Giorgio Napolitano anticipando le nomine di sua competenza ha messo spalle al muro i partiti
Foto: ANSA
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19/10/2014
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"Uffici pubblici digitali: recuperiamo 30 miliardi"
"Con i servizi via Web stop alla corruzione"
GIUSEPPE BOTTERO TORINO
Risparmiare fino a 30 miliardi l'anno non è un'utopia: bisogna però ripensare completamente il funzionamento
della Pubblica Amministrazione, rendendolo più moderno, meno corruttibile, in una parola: digitale». Franco
Masera, senior advisor della società di consulenzaKpmg, leihapresentatoun piano molto dettagliato all'ex
commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli. Che cosaprevede? «Gli elementi chiave sono due, e il
primo è relativamente semplice: il protocollo di comunicazione tra lo Stato e il cittadino deve essere
completamente digitale. Pensi quanto tempo spreca uno sportello a ricopiare e trasferire sui sistemi
informativi un bonifico che è stato presentato su un modulo cartaceo... Un lavoro inutile».
Manontuttiicittadinisonoin grado di muoversi così agevolmente sulweb... «In Inghilterra il problema è stato
risolto: i dipendenti che avevano il compito di trascrivere i documenti adesso insegnano ai cittadini a informatizzarsi. Si siedono a fianco a loro e li aiutano a fare una transazione. Le banche già lo fanno». Il
secondoelemento? «Con i sistemi digitali verrebbero eliminate la discrezionalità e le rendite di posizione. La
maggior parte delle attività amministrative, infatti, rischia di incepparsi e di prendere delle derive etiche che,
spesso, sono complicate. La discrezionalità è, in sostanza, esercizio del potere. Ma le informazioni con le
quali un funzionario pubblico elabora una decisione sono quasi int e r a m e n t e chiare, disponibili a tutti e di
natura tabellare. Se il sistema informativo viene progettato per inviare risposte automatiche ai diversi flussi
procedurali i risultati sono straordinari: velocità, chiarezza, riduzione del fabbisogno di risorse umane».
Quanto può durare un processodelgenere? «I tempi sono lunghi, almeno cinque o sei anni, ma i risultati
inizierebbero ad arrivare da subito, in modo graduale. Serve però una massa critica in grado di smuovere
l'inerzia del sistema: abbiamo pensato a una squadra di 500 persone, magari in collaborazione con l'Abi, la
Confindustria, le società di consulenza, la P.A. Inoltre servirebbero un centinaio di neolaureati provenienti dal
territorio». Mai soldi? «L'intera operazione costa meno di mezzo chilometro dell'Alta Velocità. E poi ci sono i
fondi europei, e la presidenza italiana del semestre Ue è una grande occasione.Non è finita: per gestire il
tutto, servirebbe una cabina di regia». Nonne esistonogiàtroppe? «In questo caso dovrebbe riferire
direttamente al presidente del Consiglio, monitorando i lavori e segnalando quando non s i riesce ad andare
avanti. È necessari una squadra, se il commissario alla spesa è un lupo solitario non può fare molto».
Perché, nella Pubblica Amministrazione, la rivoluzione digitale facosì fatica? «E' un problema di Dna
culturale. Il funzionario pubblico ha troppa centralità: nell' 800 il modello funzionava, adesso no. Bisogna
puntare sulla trasparenza, sulle procedure automatiche».
anni Il tempo necessario per completare il piano digitale per la Pubblica Amministrazione
Foto: Consulente Franco Masera è Senior Advisor di Kpmg
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Intervista Franco Masera
19/10/2014
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"Basta spese folli per le sagre di paese"
"Ora una stretta anche sui Comuni"
TORINO Silvio Boccalatte è ricercatore dell'Istituto Bruno Leoni. Da anni si occupa di temi fiscali, con un
occhio particolare agli enti locali. Avvocato, davvero le Regioni sonolacapitaledi«Sprecopoli »? «Non solo le
Regioni. Tutti gli enti locali sono una delle colonne dello spreco. Basti pensare alle migliaia di società
partecipate: aziende che operano con il capitale pubblico, senza troppi controlli sui bilanci, e intervengono su
settori tagliati via dal mercato. Tra l'altro le amministrazioni hanno un difetto gravissimo: una capacità di
spesa considerevole ma, sostanzialmente, senza autonomia d'entrata, e questo incentiva l'irresponsabilità».
Ma questo succede perché qualcunolopermette... «Certo, questo è un problema di impalcatura del sistema
fiscale. Ma non è finita». Dica. «Penso alla problematica degli sprechi in sé e per sé. Fare un intervento sulla
pavimentazione delle strade rende sicuramente di meno di una delle migliaia di manifestazioni turistiche che
costano centinaia di migliaia di euro, per cui i soldi si trovano sempre». Eppure secondo il vicepresidente
dell'Anci Alessandro Cattaneo il sistema dei Comuni è vicinoal collasso.... «Certo, perché stanno usando i
fondi per fare altro. Ogni assessore con un budget di spesa punta ad interventi che, al momento delle
elezioni, gli permettano di guadagnare voti. È pericolosissimo. A tutto questo si somma la farraginosità
terribile del sistema degli appalti». I tagli chiesti dal governo sono sopportabili? «Assolutamente. Bisogna
però scoperchiare un altro pentolone, che ormai diamo per scontato. Esiste una quantità di enti locali, e parlo
dei piccoli Comuni del Nord, che, obiettivamente, ha già tirato la cinghia. Ci sono amministrazioni che sono
state capaci di fare risparmi seri, e si sono ritrovate costrette, per esempio, a contribuire al Fondo di
solidarietà comunale, spostando un sacco di soldi verso lo Stato. I sindaci negli ultimi anni sono stati obbligati
ad alzare la pressione fiscale e, dall'altra parte, ad avere problemi seri nel pagamento dei fornitori a causa del
Patto di Stabilità. Per quanto possano risparmiare ancora, conti alla mano, prima o poi si troveranno a
tagliare nel vivo». E quindi? «Il governo deve procedere nel regolare gli enormi centri di spesa, ma non tutti
gli enti locali sono uguali. Bisogna fare in modo che il sistema fiscale venga ribaltato: adesso è
sostanzialmente centrale, e gli enti locali hanno finanza derivata. Bisognerebbe arrivare a un sistema
tributario basato sugli enti locali, con più autonomia di spesa e di entrata. Solo una piccola quota deve
finanziare il centro. In questo modo aumenterebbe la responsabilità e si potrebbe creare un circuito di
concorrenza istituzionale» Cioè? «Competizione su pressione fiscale e servizi tra Comuni limitrofi, per attirare
imprenditori. Bisogna uscire da una grande problematica culturale: parlare di federalismo solidale è una
sciocchezza, o è competitivo o è un'altra cosa. E la nostra società ha il terrore della concorrenza».
miliardi I tagli che la manovra «accolla» alle Regioni: per Renzi si può trattare ma la cifra non cambierà
Foto: Liberale Silvio Boccalatte è ricercatore dell'Istituto Bruno Leoni
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Le interviste Silvio Boccalatte
19/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 10
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Sindacati nel panico: "9000 posti a rischio nei nostri patronati"
Gli uffici di assistenza fiscale avranno 150 milioni in meno
ROBERTO GIOVANNINI ROMA
La mazzata era nell'aria. Forse però nessuno si sarebbe atteso che il taglio dei finanziamenti ai patronati
sindacali contenuto nella Legge di Stabilità fosse così pesante. Il fondo per far funzionare queste strutture,
che gestiscono praticamente tutte le pratiche amministrative per la pensione di milioni di italiani, passerà
l'anno prossimo dai 430 milioni del 2013 a 280 milioni. E in più, sempre dall'anno prossimo, viene dimezzata
l'aliquota contributiva che grava sulle buste paga di tutti i lavoratori (dallo 0,266 allo 0,148%). Risultato? «Che
dovremo chiudere - dice furioso Nino Sorgi, ex sindacalista Cisl e ora numero uno dell'Inas-Cisl - che 9.000
persone perderanno il lavoro, e che a 15 milioni di pensionati che entrano nei nostri uffici ci dovrà pensare
lui». «Lui», ovviamente, è Matteo Renzi. Che secondo i più ha deciso questa misura per colpire ulteriormente
i sindacati, che ritiene ostili, oppure dei ferrivecchi da cancellare. Secondo la vulgata popolare, l'attività dei
patronati sindacali (come quella dei Caf, i centri di assistenza fiscale che compilano le dichiarazioni dei
redditi) rappresenta una forma di finanziamento occulto anche dell'attività «politica» delle confederazioni.
Cgil-Cisl-Uil negano recisamente, e dicono che semmai allo Stato fanno risparmiare 700 milioni l'anno,
fornendo servizi che lo Stato ha rinunciato ad erogare. Per le confederazioni, i patronati che l'anno scorso in
tutto hanno gestito 9,5 milioni di pratiche - sono un utile sistema per dialogare con pensionati e pensionandi,
e raccogliere una ricca messe di tessere. In tutto sono 30: 4 sindacali, gli altri delle associazioni datoriali. Di
sicuro per patronati e Caf si annunciano tempi durissimi: ai primi ci pensa la Legge di Stabilità, per i secondi
le entrate crolleranno, grazie ai milioni di modelli 730 precompilati che arriveranno via mail ai contribuenti.
Vedremo se la norma verrà confermata nell'esame parlamentare della legge. Di sicuro, se davvero i 30
patronati oggi esistenti dovranno chiudere i battenti, problemi ce ne saranno, eccome. Come detto, i patronati
svolgono (gratuitamente per i cittadini, tutta l'attività è remunerata dal Fondo) molte prestazioni di «front
office» che gli uffici Inps ormai forniscono quasi soltanto per via telematica. Attualmente, chi deve presentare
una domanda di pensione o semplicemente vuole chiedere un chiarimento o un informazione ma vuole
parlare con un essere umano in carne ed ossa, e non con un computer o un call center - va in un patronato.
Stesso discorso per le pratiche infortunistiche Inail. E anche i permessi di soggiorno per i migranti li
gestiscono i patronati: «prima» davanti agli uffici erano normali i bivacchi notturni e le risse.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Retroscena
19/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 11
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"Ora lo sviluppo col Jobs Act Sarà legge entro il 1° gennaio"
Il ministro per le Riforme: tagli indispensabili, nessuno si tiri indietro «Se i governatori hanno una proposta li
ascolteremo»
FRANCESCA SCHIANCHI ROMA
Il sabato prima della Leopolda, il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi è a Firenze. Come ogni anno, «a
dare una mano all'organizzazione, anche se stavolta non sarò sul palco io ma i deputati Fregolent,
Famiglietti, Fanucci e Bonaccorsi, in una scenografia su modello di un garage americano - là dove sono nate
tante start up - che vuole essere simbolo di un'Italia che riparte». Soddisfatta per il vertice Asem dei giorni
scorsi («dobbiamo essere orgogliosi di aver favorito il dialogo tra Russia e Ucraina»), conciliante nel valutare
le parole di Della Valle su Renzi («è un grande imprenditore, può stimolarci a fare meglio»), tra una riunione e
l'altra fa il punto sull'azione del governo. A partire dalla manovra. Ministro, è come dicono le Regioni, invitate
a cena con i soldi degli altri? «Assolutamente no. Abbiamo fatto per la prima volta una manovra che riduce 18
miliardi di tasse: in un momento difficile per il Paese e dopo anni di troppi sprechi, è necessario che tutti
taglino le spese». A cominciare dai ministeri, dice il presidente Chiamparino. «Infatti abbiamo cominciato dai
ministeri, già toccati per coprire il decreto sugli 80 euro e a cui oggi chiediamo altri 4 miliardi. Detto questo, è
ovvio che anche a Comuni e Regioni venga chiesto di tagliare sprechi e inefficienze, che ci sono. Non credo
possano dire il contrario: mi pare che non sia quella la percezione dei cittadini. Io stimo molto Chiamparino:
ora, se dice di avere una proposta da fare, il governo è pronto ad ascoltarlo perché si facciano insieme passi
avanti. Mentre i toni di alcuni presidenti di Regione mi sono parsi eccessivi». Ci sarà un incontro, e quando?
Perché non farlo prima? «Credo che un incontro sarà mercoledì o giovedì. Noi nella manovra abbiamo
indicato una cifra, senza tagli lineari ma dicendo: diteci voi dove tagliare e come ripartire le scelte tra voi,
modulando magari meno tagli alle Regioni virtuose. Benissimo ora collaborare per raggiungere l'obiettivo di 4
miliardi. Che comunque era noto». Chiamparino dice che era informato di 3 miliardi, non 4. «Chiamparino è
stato informato da Renzi e Delrio. Sapevamo che non era d'accordo, ma ho apprezzato il suo tono costruttivo
di ieri». Secondo la Camusso la manovra non mette al centro la creazione di lavoro. «Quando leggerà il testo
ufficiale, potrà verificare che ci sono molte misure che non si può negare vadano a favore del mercato del
lavoro, come la detassazione per i primi tre anni per chi assume a tempo indeterminato o lo sgravio Irap. O
ancora, mentre spesso i sindacati si preoccupano dei pensionati o dei dipendenti, noi abbiamo fatto misure
importanti anche per le partite Iva. Tutte iniziative che si raccordano con le altre norme a cui stiamo
lavorando, dallo Sblocca-Italia alla delega lavoro». Sulla delega lavoro metterete la fiducia anche alla
Camera? «E' prematuro parlarne, dipende da come evolverà il dibattito. Certo c'è urgenza di approvarla. La
riforma deve entrare in vigore il 1° gennaio, quando partiranno le misure per stimolare l'occupazione
contenute nella legge di stabilità». La delega ha spaccato il Pd. Sabato, voi sarete alla Leopolda, altri in
piazza con la Cgil. «Noi abbiamo invitato tutti a darci una mano, perché, pur non essendo la Leopolda
un'iniziativa di partito, ci piace che tutti siano coinvolti. Ho rispetto per chi va in piazza, anche se non capisco
la protesta di queste ore perché non ho mai visto tante misure così vicine a quelle sempre proposte dal Pd.
Noi alla protesta cerchiamo di opporre la proposta». È quello che dite sempre. Ma la legge elettorale che fine
ha fatto? «Non ce ne siamo dimenticati: mi auguro che questa sia la settimana in cui riusciamo a
calendarizzarla al Senato». Ce la fate ad approvarla entro l'anno, come lei si augurava tempo fa? «Al Senato
mi auguro di sì, sarebbe un bellissimo regalo di Natale. Poi vedremo come evolverà il dibattito, ma immagino
sia necessario un nuovo passaggio alla Camera». E la riforma del Senato? «L'abbiamo calendarizzata alla
Camera alla riapertura in settembre. L'ideale sarebbe chiudere la prima lettura alla Camera entro fine anno:
non sarà semplice, ma ci proviamo». Il problema sono i voti al Senato: l'altra sera vi ha salvato un ex M5S...
«In quell'occasione è stato sottovalutato un voto da parte dei senatori della maggioranza. Ma non è un
segnale di dissidio, non c'è un problema di tenuta della maggioranza». Sulle riforme avete l'aiuto di Fi: anche
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTA
19/10/2014
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sulle unioni civili gay? «Prima di tutto il dialogo deve essere con Ncd: vogliamo arrivare a una proposta
condivisa della maggioranza. Dopodiché, su questi argomenti più condivisione c'è, meglio è. Con Forza Italia,
ma magari anche con i Cinque stelle».
Le frasi chiave
Chiamparino era stato informato da Renzi e Del Rio sui 4 miliardi Sapevamo che non era d'accordo,
ho apprezzato il tono costruttivo
Quando Camusso leggerà il testo definitivo della riforma del lavoro verificherà che ci sono molte
misure a favore dell'occupazione
Sarà calendarizzata in settimana Averla approvata entro fine anno almeno al Senato sarebbe davvero
un bellissimo regalo di Natale LE REGIONI L'ATTACCO DELLA CGIL LA LEGGE ELETTORALE
Foto: A Firenze
Foto: Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi Ieri era a Firenze, spiega, come ogni anno: «per dare una
mano all'organizzazione, anche se stavolta non sarò sul palco io ma i deputati Fregolent, Famiglietti, Fanucci
e Bonaccorsi. Il palco sarà allestito come un garage, un omaggio a distanza alla cultura delle start-up
americane nate proprio nelle rimesse: l'esempio del rilancio in versione post-moderna
Foto: RICCARDO ANTIMIANI/ANSA
19/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 16
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Quando a Gerusalemme mi perdonò di avergli rovinato il riso allo
zafferano
BRUNO GAMBAROTTA
Non c'era bisogno di avviare in Vaticano una lunga pratica di beatificazione. Bastava chiederlo a me. Che
Paolo VI fosse un santo l'avevo capito alle 11 di sera del 5 gennaio 1965, sul monte del Getsemani, unico fra
i luoghi santi di Gerusalemme a non deludere il pellegrino che se l'è immaginati leggendo i Vangeli. Lì si trova
la sede della legazione apostolica e lì arrivò alle 21 il Santo Padre, dopo una giornata di grandi e faticose
emozioni, visitando i luoghi santi nella parte giordana di una città ancora divisa in due, con un servizio
d'ordine inadeguato a reggere la pressione di una folla straripante. Issato con la mia telecamera su una torre
di tubi Innocenti, all'ingresso della porta di Damasco avevo ripreso l'arrivo del papa che non riusciva a uscire
da un'auto sommersa dalla folla, con i più scalmanati sdraiati sul cofano, il piccolo cardinale Aganian buttato
a terra, urla, spintoni. Scrisse Dino Buzzati, inviato del Corriere: «Alla porta di Damasco, lungo la via
Dolorosa e al Santo Sepolcro si sono viste scene impressionanti. In quegli spazi così esigui la densità dei
corpi umani era tale che non esisteva la possibilità di distinguere. Il cardinale Testa si è avuto uno spintone
che per poco non lo ha mandato lungo disteso, e un soldato, tentando di arginare la folla impazzita, ha
sbattuto il calcio del mitra in faccia a don Macchi, segretario del Papa, rompendogli gli occhiali». L'ultimo
impegno di quel giorno era lo storico incontro con Atenagora I, patriarca di Costantinopoli, previsto alle 17 e
prorogato alle 21 a causa dei ritardi che si erano man mano accumulati. L'incontro pubblico si svolse in una
piccola sala affollata all'inverosimile di inviati e di fotografi. Poi fuori tutti: il colloquio sarebbe proseguito senza
testimoni. Terminate le riprese la squadra della Rai era in grande affanno poiché si doveva smontare gli
impianti e andare a rimontarli alla basilica della Natività di Betlemme, dove il Papa avrebbe celebrato la Santa
Messa alle 8 del 6 gennaio. Nella concitazione viene dimenticata nella sala dell'incontro una valigetta con lo
zoom smontato dalla telecamera. Tocca a me andarla a recuperare; entro, scosto una tenda e scopro che le
suore hanno allestito un tavolo da pranzo e stanno servendo al Papa il risotto alla milanese. Non
dimenticherò mai lo sguardo di paterna comprensione che Papa Montini mi dedicò attraverso le lenti senza
montatura quando, indicando con un gesto la valigetta, mormorai: «Santità, lo zoom». Mi chinai, lo presi e,
rinculando, uscii dalla sala. Ora, riusciamo a immaginare le reazioni di non-santo, diciamo pure di un
peccatore, uno come me, se qualcuno si azzarda a rovinargli il rito del pranzo? Da lui invece niente, neanche
un sospiro di sopportazione, o una sommessa domanda: Signore, cosa dovrà ancora succedermi prima che
questa giornata sia finita? Facciamo un passo indietro: il microfono montato su uno stelo usato per diffondere
i saluti ufficiali era rimasto aperto e tutti coloro dotati di una cuffia avevano potuto ascoltare cosa si dicevano i
due nel colloquio riservato, almeno fino a quando un ingegnere della Rai aveva ordinato a tutti di togliersi le
cuffie. Dopo che gli avevo rivelato che comprendevo la lingua francese usata dai due interlocutori, l'ingegnere
mi chiese di giurare che mai avrei rivelato le poche frasi che ero riuscito a captare. Torniamo a Dino Buzzati.
Scrive Lorenzo Viganò: «A fine anno lo scrittore seguirà Paolo VI anche nella sua visita in India, viaggiando
con lui in aereo e conoscendolo personalmente, conoscenza che avrà un'influenza importante nella sua vita
privata. In un colloquio riservato, il Pontefice lo spingerà infatti a sposarsi, a regolarizzare il rapporto con la
giovane Almerina Antoniazzi con cui aveva una relazione. Dino Buzzati non aspetterà di tornare e le chiederà
la mano per lettera, in maniera ufficiale, scrivendole la dichiarazione sulla carta personale di Paolo VI, con
tanto di marchio papale». Sono sicuro che, se fosse ancora vivo, Dino Buzzati sarebbe il primo a gioire per
l'onore degli altari concesso a Paolo VI che, a mio parere, aveva un tratto del carattere molto raro fra i
potenti: la capacità di vedersi dall'esterno e di sorriderne. Raccontano fonti degne di fede che talvolta, alla
domenica, quando monsignor Macchi gli ricordava che era l'ora di affacciarsi al balcone per recitare l'Angelus
e impartire la benedizione, papa Montini sussurrasse: «Su, andiamo a fare cucù».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Retroscena
19/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 16
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Foto: Bruno Gambarotta Ex uomo Rai, conduttore e autore di programmi televisivi e radiofonici
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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20/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 1
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"Che ipocrisia sulle Regioni"
Zaia: non siamo tutti Batman in Veneto solo 400 forestali
Antonio Pitoni
A PAGINA 9 "Che ipocrisia sulle Regioni" Una premessa è d'obbligo: «Non ho intenzione di fare il
sindacalista delle Regioni». Il governatore del Veneto, Luca Zaia, va dritto al punto: «Anzi, ritengo che il
Paese abbia bisogno di una cura dimagrante a cominciare da Roma, da quello Stato centrale, cioè, che,
proclami del governo a parte, non mi pare abbia subito alcun ridimensionamento». Pensate davvero di essere
credibili, contestando la legge di Stabilità, dopo tutti gli scandali che hanno investito Luca Zaia i Consigli di
mezza Italia? «Io parlo per il Veneto e sono certo di essere credibile. Qui non abbiamo avuto alcun caso
Fiorito. La Corte dei Conti, che sta ancora verificando tutte le spese, ha già chiarito che, da queste parti, er
Batman non è stato avvistato». Gli scandali, però, restano e Renzi dice che le Regioni hanno molto da farsi
perdonare. Non pensa che la maggioranza dei cittadini sia con lui? «Io mi limito a contestare l'ipocrisia di
considerare tutte le regioni uguali. Quanto alla Legge della stabilità, da presidente di una regione che conta
600mila imprese, penso che l'Irap non vada solo tagliata, ma eliminata del tutto. Il problema è come
paghiamo questa manovra». Per il governo anche eliminando gli sprechi delle Regioni... «Facile dire che le
Regioni sprecano. Anch'io potrei dire che i ministeri sprecano. Il punto è che chi è virtuoso non può essere
trattato come chi non lo è. E invece questa Legge di stabilità ignora questa distinzione». Possibile non ci sia
nient'altro da tagliare oltre ai servizi? «Qualcosa da tagliare ci sarà anche, ma mi chiedo quale sia il
parametro di riferimento. È normale che il Veneto, che ha 400 forestali contro i 22mila della Sicilia e che paga
una siringa 4 centesimi contro i 26 che si spendono altrove, debba subire gli stessi tagli delle Regioni meno
virtuose». E cosa suggerisce di fare? «Quello che ho già avuto modo di dire a Renzi: cogliere la grande
occasione di imporre e applicare, una buona volta, il sistema dei costi standard». Con l'attuale Legge di
stabilità, cosa teme per il Veneto? «Qui garantiamo la salute non solo dei veneti ma anche di molti cittadini
provenienti da altre parti d'Italia. Se, come si prevede, dovessimo subire un taglio di 300-400 milioni (la Sanità
vale 8,6 miliardi di euro ), mantenere l'attuale livello delle prestazioni sarebbe un'impresa». A cosa dovreste
rinunciare? «Via tutti i livelli di assistenza extra lea, gli interventi per il dissesto idrogeologico, la formazione e
i fondi per le scuole paritarie che in Veneto assicurano l'istruzione a 90mila bambini su 150mila, non certo
perché siamo degli snob ma perché mancano scuole pubbliche a sufficienza. La cosa che mi fa più rabbia,
però, è un'altra». E sarebbe? «Per il Veneto, che è una regione virtuosa, i tagli peseranno moltissimo. Per le
Regioni che sprecano tanto, invece, cambierà poco: continueranno a sprecare solo un po' meno».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTE
20/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 1
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"Ma è possibile il compromesso"
Morando: dal governo non c'è nessuna chiusura
Roberto Giovannini
A PAGINA 9 "Ma è possibile il compromesso" Viceministro all'Economia Enrico Morando, le Regioni hanno
protestato contro la Legge di Stabilità. Come risponde il governo? «Premesso che dopo le fiammate
polemiche iniziali mi pare si stia lavorando per trovare un'intesa, in assoluto appare difficile sostenere che su
una spesa delle Regioni che sanità compresa - ammonta a 160 miliardi di euro non se ne possono
risparmiare 4. Non voglio dire che sia facile, ma negare che si possa fare uno sforzo sarebbe davvero arduo.
Dopodiché certamente sappiamo che c'è un Patto per la salute con le Regioni che sta funzionando bene, e
che sarebbe un peccato rompere. Così come però sappiamo anche che gli stessi dati della Conferenza delle
Regioni confermano una enorme disparità della spesa procapite tra Regione e Regione». Insomma, un
compromesso si potrà trovare... «Penso che attraverso il confronto una soluzione la si possa trovare. È
interesse di tutti lavorare a una vera revisione della spesa locale. E se i governatori sollecitano noi, Stato
centrale, a fare di meglio e di più con nuove proposte, non ci sarà una chiusura da parte del governo. Margini
per ulteriori iniziative ci sono sempre». Ma intanto c'è un rischio Europa. Non c'è il pericolo che la legge di
Stabilità venga bocciata? «Io mi aspetto una valutazione complessivamente positiva. L'Italia con questa legge
di Stabilità rappresenta un punto di equilibrio e di compromesso forte tra "domandisti" e "offertisti"...»
Francesi e tedeschi... «La nostra politica economica e fiscale utilizza tutti i margini disponibili compatibilmente con gli accordi europei - per sostenere la domanda aggregata. Forziamo la mano in
direzione espansiva, ma rispettiamo gli accordi e non superiamo il vincolo del 3%. E contemporaneamente
avanziamo radicali riforme strutturali». Però non centriamo il pareggio di bilancio. «Ma nonostante la
recessione, compiamo un passo nella direzione del pareggio. Altri paesi hanno fatto scelte molto diverse. Io
sono piuttosto ottimista, mi sembrerebbe strano un irrigidimento da parte della Commissione». Ha fatto
discutere la scelta del Tfr in busta paga, che conviene solo ai redditi bassi, e l'aumento della tassazione del
risparmio previdenziale. «Sul Tfr, ogni cittadino potrà avere tutti gli elementi per scegliere liberamente. Ave re
un'opportunità in più non danneggerà nessuno. Sui fondi pensione si è esagerato, credo: stiamo parlando di
un modesto ritocco all'aliquota sui capital gain delle risorse destinate ai fondi pensione. Si può discutere
dell'opportunità di questa misura, ma ricordiamo che con il nuovo regime delle rendite finanziarie continua a
esserci un vantaggio importante per i fondi pensione».
Foto: Enrico Morando
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INTERVISTE
20/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 5
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Giachetti: "Ricetta timida che finisce per discriminare gli eterosessuali"
"Le coppie che non intendono sposarsi non avranno nessuna tutela"
FRANCESCA SCHIANCHI ROMA
gliata». Quando si parla di battaglie per i diritti civili, il vicepresidente della Camera del Pd Roberto Giachetti
sa di cosa si parla. «Ho iniziato a fare politica nel Partito radicale, da 30 anni mi batto per i diritti civili: la mia
prima battaglia è stata per dare la possibilità ai trans che cambiano sesso di scrivere sui documenti il nuovo
nome». Proprio per questo l'ipotesi di unioni civili alla tedesca non lo convince. Troppo timida: necessario,
dice, sarebbe includere anche le coppie eterosessuali nel provvedimen«Se l'idea del governo è questa,
penso sia un'idea sbato, «sarebbe assurdo che per eliminare una discriminazione se ne compisse un'altra».
E invece il premier Renzi ha parlato di unioni civili alla tedesca per persone dello stesso sesso... «Se l'idea
del governo è questa, penso sia un'idea sbagliata. Io non sono certo contro i diritti degli omosessuali, ma il
problema è il velo di ipocrisia che ammanta questa vicenda. Pe r m e, c u l t u ra l m e n t e, l a questione non
è la distinzione tra gay e non, ma tra matrimonio e unioni civili: io sono perché tutti possano contrarre
matrimonio, ma se anziché le nozze gay vogliamo fare le unioni civili, beh, allora le dobbiamo fare per tutti». Il
sottosegretario Scalfarotto obietta che per gli eterosessuali c'è già il matrimonio. «Ma io difendo anche la
scelta di chi non vuole sposarsi, e sono centinaia di migliaia di persone. Chi vuole sposarsi sotto la tutela del
codice civile lo può fare, ma l'Italia è un Paese libero, io non voglio che nessuno sia costretto a farlo per
avere diritti fisiologici, naturali, come consentire alla propria compagna di assisterlo in ospedale, o la
reversibilità della pensione». Se la legge resta così com'è stata annunciata, lei la vota? «Io spero che la legge
cambi: combatterò perché ci si occupi anche dei diritti degli eterosessuali che non vogliono sposarsi». Tempo
per discuterne ne avete: se ne parlerà solo dopo la legge elettorale, pensa che si riuscirà a ottenere presto
una legge sull'argomento? «Mi auguro per tutti coloro che attendono da tempo questi diritti che i tempi siano
molto più rapidi di quanto io non tema...». Nella polemica tra il ministro Alfano e il sindaco Marino lei a chi dà
ragione? «Una normativa è necessaria proprio per evitare un dibattito surreale su una cosa che non ha alcun
valore giuridico. La politica al posto di scannarsi farebbe bene a occupare lo spazio dovuto, anziché delegare
ai magistrati... E tra un po' arriva pure la Chiesa!». Renzi ha anche annunciato una legge sulla cittadinanza e
sul Terzo settore... «Sono tutte cose che stavano nel programma delle primarie, spero non siano l'occasione
all'interno del Pd per aprire qualche altra polemica. Per me vanno molto bene, mi auguro anche per Fassina
e compagni...».
Foto: Vice presidente Roberto Giachetti è vice presidente della Camera
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Intervista
20/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 7
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"Nessuna spaccatura I sacramenti ai risposati? Questione ancora aperta"
Luis Tagle, arcivescovo di Manila: il cammino prosegue
ANDREA TORNIELLI CITTÀ DEL VATICANO
«La questione della pastorale verso le persone divorziate risposate e l'approfondimento sulla possibilità di
ammetterli ai sacramenti» rimane «aperta», perché è citata nel testo finale sottoposto al voto del Sinodo che
è stato reso pubblico. Lo afferma in questo colloquio con La Stampa il cardinale Luis Antonio Tagle, 57 anni,
arcivescovo di Manila, uno dei presidenti delegati dell'assemblea sulla famiglia che si è chiusa sabato scorso.
Il porporato filippino, una delle figure più significative della Chiesa asiatica, ha anche negato che il mancato
raggiungimento del quorum dei due terzi su alcuni punti possa essere letto come una «sconfitta» di Papa
Francesco. Alcuni giornali, in particolare del mondo anglosassone, dopo il voto di sabato sul documento
finale del Sinodo hanno parlato di Chiesa spaccata e di Papa «sconfitto». È così? «Non è vero, secondo me
non è stata affatto una sconfitta. Non credo proprio che si possa definire così quanto accaduto con la
votazione sulla "relatio Synodi". In un processo sinodale gli elementi più importanti sono l'ascolto e la libertà
di esprimere le diverse opinioni sulle situazioni che si presentano. Il Sinodo non è una battaglia né il frutto di
una strategia. Forse per qualcuno magari potrà anche esserlo stato, ma questa non è la prospettiva del
Sinodo». Questioni come la possibile ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti, che hanno ottenuto la
maggioranza assoluta ma non il quorum dei due terzi, restano ancora aperte secondo lei? «Sì, certo che
restano aperte. Questo Sinodo straordinario era solo una tappa del cammino. La questione della pastorale
verso le persone divorziate risposate e l'approfondimento sulla possibilità di ammetterli ai sacramenti, in certi
casi, in certe situazioni e a determinate condizioni, è stata riportata chiaramente nel testo finale. È stato reso
pubblico il numero dei voti che quel paragrafo ha ottenuto, la maggioranza assoluta, e - come ha detto il Papa
- farà parte del testo che sarà inviato alle conferenze episcopali». Qual è stato lo scopo di queste due
settimane di lavoro? «Sono servite a far emergere lo stato delle cose e i problemi esistenti. Io, che ero un
presidente delegato dell'assemblea, già al secondo giorno di lavori mi sono trasformato in un alunno!
Abbiamo ascoltato le sfide pastorali che toccano altri Paesi e altri continenti, ad esempio l'Africa e umilmente
devo ammettere: non capisco tutto, devo ascoltare e imparare...». Il Papa nel suo discorso finale di sabato,
molto applaudito in aula, ha parlato di varie «tentazioni», da quella «dell'irrigidimento ostile» di chi si vuol
chiudere dentro la legge, a quella del «buonismo distruttivo». Che cosa ha prevalso? «Secondo me in aula ha
prevalso una comune sensibilità e attenzione per le ferite delle famiglie. Non c'era neanche un padre sinodale
che non cercasse di rispondere. Però c'è da considerare il mistero della fede, la parola del Signore, la
ricchezza tradizione... È una realtà complessa, come un diamante dalle molte sfaccettature: alcuni vedono
una faccia, altri un'altra. Ma c'è una verità profonda che ci unisce, tutti cerchiamo di seguire il nostro pastore
supremo, che è Gesù Cristo». Secondo lei qualcuno ha cercato di coinvolgere il Papa emerito Benedetto XVI
nella fronda contro Francesco? «Questo non l'ho proprio sentito. E se c'è stato, io non ne faccio parte...».
Quali sono le sfide per la famiglia che l'Asia ha portato al Sinodo? «Parlo delle mie Filippine. Già durante la
fase preparatoria ho parlato molte volte di una povertà e del fenomeno dell'emigrazione: due realtà che non
appartengono soltanto al contesto delle famiglie, sono entrate nel cuore della vita delle famiglie. Nel nostro
Paese non c'è la legge sul divorzio. Ma ci sono divorzi per amore. Padri e madri che per amore dei figli si
separano e un coniuge va dall'altra parte del mondo per lavorare. Sono separazioni causati dall'amore.
Dobbiamo come Chiesa, nelle Filippine e nei Paesi dove i migranti arrivano, accompagnare queste persone,
aiutarle a essere fedeli alla propria moglie o al proprio marito».
Le contrapposizioni Improprio parlare di «sconfitta» di Francesco: il Sinodo non è una battaglia
Il confronto Le due settimane di lavoro hanno fatto emergere lo stato delle cose e i problemi esistenti
La «lezione» Abbiamo ascoltato le sfide pastorali che toccano altri Paesi e altri continenti
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Intervista
20/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 7
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Benedetto XVI Non mi risulta che qualcuno abbia provato a coinvolgerlo in una «fronda» contro il Papa
Foto: ALESSANDRA TARANTINO/AP
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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20/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 11
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Guerini: "Il nuovo Pd parla a tutto il Paese non solo a un pezzo"
"Un partito degli elettori non solo degli iscritti"
CARLO BERTINI ROMA
Il Pd renziano è un partito che esce dal suo tradizionale recinto per consolidare quella vocazione
maggioritaria già testimoniata dal voto alle europee e considerata velleitaria da chi ci ha preceduto». Evita
toni polemici, Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, alla vigilia della Direzione chiamata a decidere il profilo
del nuovo partito, ma è evidente a chi si riferisca. A Bersani e compagni che non perdono un colpo per «fare
polemiche inutili e pretestuose. Se la strategia è quella di logorare Renzi, non mi sembra abbia gran
successo». Da dieci mesi governate voi la ditta. In cosa si differenzia da quella di Bersani? «Intanto nel
messaggio: si sono visti i limiti che il richiamo alla cosiddetta ditta scontava. Il nuovo Pd è un partito che parla
a tutta l'Italia e non solo a un pezzo, che sfugge alla tentazione di chiudersi in una ridotta per navigare in
mare aperto. E in cui le forme di partecipazione si devono rinnovare: dobbiamo riconquistare la fascia tra i 20
e i 35 anni e per farlo l'uso dei social network è essenziale. Non sul modello grillino, ma sul modello Obama
per intenderci. A sette anni dalla sua nascita dobbiamo proiettare il Pd nelle sfide del futuro. Sapendo che le
forme del passato hanno mostrato i loro limiti: deve essere chiamata alla partecipazione la platea degli iscritti
ma anche quella degli elettori che ci hanno dato fiducia alle europee, coinvolgendoli ad esempio con
referendum tematici». Il Pd assomiglierà alla Dc? «Sarà un partito che partendo dai nostri riferimenti ideali,
deve parlare a tutta l'Italia e non intestarsi la rappresentanza solo di un pezzo della società. Superando
qualche pigra lettura del passato, perché quello zoccolo duro non era più presente nella società: nel 2013 il
Pd è stato il terzo partito degli operai, superato dal movimento 5stelle e dal Pdl, mentre alle europee è tornato
a essere il primo partito degli operai. Essendo al contempo il partito dei commercianti, dei piccoli imprenditori,
delle partite Iva. Vogliamo essere un punto d'incontro delle diverse realtà e dei diversi blocchi sociali.
Insomma vogliamo essere il partito della nazione e della vocazione maggioritaria». Bersani ama dire che
Renzi governa grazie al suo 25%... «Una polemica inutile, quel 25% testimoniava il limite di quella proposta
politica. Il tema non è un confronto tra il 25 e il 40%, ma la diversità tra le due proposte. Bisogna ragionare
insieme per fare in modo che il 40% si consolidi e si traduca in azione concreta da parte del governo». Nel
week end riparte la Leopolda e ripartono le polemiche sui finanziamenti e sul partito personale... «La
Leopolda cerca di autofinanziarsi, come tutte le iniziative del genere. Ma al finanziamento del Pd stiamo
lavorando, avendo ereditato una situazione non semplice: da un lato razionalizzando le spese, dall'altro con
forme nuove come le cene che stiamo organizzando, il due per mille, o l'adesione al partito, legata
all'iniziativa politica sul territorio. In ogni caso la Leopolda è un momento di partecipazione politica e chi vuole
partecipare è ben accolto...». Ma sono stati invitati anche i capi della minoranza? «Non bisogna essere
invitati per partecipare ad una grande mobilitazione di energie». Il vostro problema ora è strutturare il partito.
Le sezioni, i circoli, le tessere. Cosa cambierà nel Pd? «Abbiamo circa 6 mila circoli, molti fanno vera attività
politica, altri no e vengono attivati solo al momento delle elezioni, specie quelle territoriali. Vogliamo
coinvolgerli tutti per discutere anche su grandi questioni nazionali. Sulle tessere, a noi interessa che siano
certificate con nomi e cognomi di persone realmente coinvolte nel partito. A fine anno supereremo i 350 mila
iscritti, ma il vero nodo è la modalità di adesione al Pd di milioni di elettori». Sposetti dice che molti circoli non
pagano l'affitto e sono ospiti delle fondazioni ex Ds? «C'è in molti territori una difficoltà reale, dopodiché se c'è
un patrimonio che le fondazioni possono mettere a disposizione per l'attività dei circoli è un fatto positivo, non
va fatto pesare, altrimenti non si capisce perché tali fondazioni debbano esistere».
Ha detto
POLEMICHE SULLA LEOPOLDA
Cerca di autofinanziarsi Per quanto riguarda il partito bisogna razionalizzare la spesa
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Intervista
20/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
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VECCHIA GUARDIA
Vedo spesso polemiche inutili e pretestuose ma non riuscirà a logorare il segretario
Foto: GIUSEPPE LAMI/ANSA
Foto: I festeggiamenti del nuovo gruppo dirigente del Pd per la vittoria alle Europee
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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20/10/2014
La Stampa - Ed. nazionale
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«Le azioni? Meglio utility e autostrade»
[S. RIC.]
Con il calo dei tassi di interesse degli obbligazionari, l'attenzione torna sulle azioni con il dividendo. Si tratta
della mossa adatta a questo momento? «Apparentemente sì. Visti anche i considerevoli cali delle borse
mondiali nella settimana appena trascorsa, sembrerebbero delle buone opportunità d'investimento poiché un
abbassamento dei corsi azionari automaticamente aumenta il "dividend yield", a patto però che il dividendo
sia sostenibile. Questo dipende dal business model e dal vantaggio competitivo della società che si prende in
considerazione. Da parte del risparmiatore vanno fatte quindi della valutazioni attente prima di scegliere». Su
quali settori a cedola è meglio puntare in questo momento? «Preferiamo i settori delle utility e quello delle
autostrade, perché ci sembrano meno esposte a una revisione al ribasso delle stime di utile e perché sono
quelle con i "dividend yield" tra i più alti». Meglio restare in Italia o è bene guardare anche alle azioni estere
con la cedola? «E una scelta dettata dalle tassazioni dei singoli Paesi. La tassazione del dividendo cambia
anche di molto nei principali Paesi, e per fare qualche esempio, in Francia è pari al 30 per cento, negli Stati
Uniti al 15 per cento, in Gran Bretagna è del 10 per cento, in Germania è al 26,37 per cento e in Svizzera è al
35 per cento. A questo bisogna aggiungere la tassazione per i residenti in Italia che è del 26 per cento.
Questo è penalizzante per tutti i titoli azionari esteri, offrendo quindi dei rendimenti cedolari sensibilmente
inferiori per l'investitore residente in Italia». Qualche nome di azienda interessante? «Ci sembrano
interessanti Atlantia ("dividend yield" atteso di circa il 5,1 per cento), Hera ("dividend yield" atteso di circa il
4,8 per cento, Sias ("dividend yield" atteso di circa il 4,6 per cento); tra le Mid & Small Cap ci sembra
interessante Ima ("dividend yield" atteso di circa il 4,7 per cento). Vi aspettate più volatilità su questo tipo di
titoli nei prossimi mesi? «Vista la volatilità riesplosa nelle ultime settimane, molto spesso anche questi titoli
"difensivi" hanno perso in poche sedute quello che sarà il dividendo futuro. Riteniamo che nei prossimi mesi
la volatilità rimarrà elevata, e che l'investimento azionario non è mai da considerarsi un sostituto
all'investimento in obbligazioni».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTA tutto SOLDI mercati e gestori 5domande a Piero Verzetti Banca Akros
18/10/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
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Fondi pensione tassati, allarme per i risparmiatori
Umberto Mancini
La stretta fiscale sui Fondi pensione - nella legge di Stabilità - rischia di dare un colpo mortale al risparmio
previdenziale. A pag. 5 R O M A La stretta fiscale sui Fondi pensione - messa nero su bianco nella legge di
Stabilità - rischia di dare un colpo mortale al risparmio previdenziale. Squilibrando ancora di più un sistema
già in una situazione a dir poco precaria. L'incremento dall'11,50 al 20 per cento della tassazione - spiega
Michele Tronconi, presidente di Assofondipensione - è un chiaro segnale di sfiducia verso la previdenza
complementare, fondamentale per integrare le pensioni pubbliche che, in prospettiva, saranno sempre più
magre». Del resto è noto che la spinta verso i Fondi pensione, proprio con l'incentivazione fiscale, aveva uno
scopo preciso: orientare risorse private per dare equilibrio ai trattamenti pensionistici futuri. «Non è un mistero
- aggiunge Simone Bini Smaghi, vice direttore generale di Arca sgr e tra i massimi esperti del settore - che
penalizzando i Fondi non si aiutano i giovani a costruirsi un paracadute pensionistico, visto che le stime per
gli assegni dei prossimi anni, diciamo per la generazione dopo i baby boomers, indicano una riduzione di
almeno il 40-50% rispetto a chi lascia oggi». Un tema centrale ma che non è ancora sotto i riflettori.
PORTA STRETTA E in effetti il problema è tutto qui. «Il nodo vero - sottolinea Tronconi - riguarda la tenuta
complessiva del sistema pubblico e la sua capacità di rispondere alle esigenze di chi esce dal mondo
produttivo. O si dice esplicitamente che non ci saranno problemi in prospettiva oppure si spiega che dopo 20
anni di dibattiti per spingere e invogliare i giovani ad essere previdenti, adesso invece li si punisce». Ma
penalizzare la pensione fai da te continua - è un errore gravissimo di visione perchè solo uno strumento di
questo tipo può salvaguardare il tenore di vita futuro. A giudizio di Tronconi e Bini Smaghi il governo, varando
la manovra, ha in fondo contraddetto una linea d'azione ben precisa, tradendo una promessa fatto ai tempi
dell'esecutivo Amato. Non solo. I Fondi previdenziali, penalizzati fiscalmente, si guarderanno bene da
indirizzare risorse per favorire la crescita, incanalando il risparmio previdenziale verso infrastrutture e
investimenti di medio lungo periodo. In effetti, prima del varo della legge di stabilità, il governo, anzi il ministro
dell'Economia Pier Carlo Padoan, aveva avuto tutta una serie d'incontri per sollecitare il sistema-previdenza a
investire in infrastrutture nel paese. Ora - - dice Tronconi con amarezza - quel piano diventa inattuabile, a
meno che in sede parlamentare la manovra venga corretta in corsa. I fondi, così come le Casse previdenziali,
erano pronti a fare la propria parte, a destinare cioè ingenti risorse in investimenti per colmare il gap
infrastrutturale del Paese».
IL RETROSCENA Fondi e Casse, infatti, avevano ricevuto garanzie su un fisco «clemente». Invece, come
noto, c'è stata la doccia gelata. «Abbiamo dato la nostra massima disponibilità a investire nel fondo, aveva
infatti ribadito proprio l'altro ieri Renzo Guffanti, presidente di Cassa dottori commercialisti, davanti alla
Commissione di vigilanza sugli enti, «sempre se saranno rispettati gli impegni assunti in merito all'autonomia,
alla fiscalità e alla governance». Impegni che, a questo punto, sono stati ampiamente disattesi.
LA PLATEA COINVOLTA Ma cosa rischia il comparto con il nuovo salasso fiscale? Difficile fare previsioni, di
certo però per gli oltre 10 milioni di lavoratori interessati alla previdenza integrativa, costruirsi un alternativa
alla pensione Inps sarà più difficile e oneroso. Così come è evidente che tutto il settore dei Fondi (in pancia
hanno circa 100 miliardi) non riuscirà a recuperare terreno rispetto agli analoghi strumenti finanziari che
operano all'estero e dove contribuiscono all'incremento dell'economia reale.
Foto: Una sede dell'Inps
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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La previdenza
18/10/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 2
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IL RETROSCENA MATTEO PREOCCUPATO DALLE SACCHE DI RESISTENZA IN VISTA DEL
CONSIGLIO EUROPEO DELLA PROSSIMA SETTIMANA
Ma.Con.
dal nostro inviato MILANO Aver rimesso intorno ad un tavolo Putin e Poroshenko, davanti a Barroso e Van
Rompuy, non risolve ma aiuta. Il semestre di presidenza della Ue come prevedibile - contribuisce non poco a
far acquistare a Matteo Renzi - in poco tempo - la credibilità internazionale necessaria. Alla conferenza sul
lavoro di quindici giorni fa e alla presidenza del summit euroasiatico che si è chiuso ieri pomeriggio a Milano,
Renzi unirà a fine settimana prossima il consiglio europeo. L'ultimo per la commissione Ue in scadenza.
Un'overdose di incontri e di summit nei quali Renzi ha avuto più volte modo non solo di ribadire la necessità
di puntare sulla crescita, ma anche di raccontare la «mia legge di stabilità». Ad un'azione martellante, e che
non ha risparmiato ieri persino i governatori di regione bacchettati quasi davanti al primo ministro cinese e
alla Cancelliera, ieri Renzi ha sommato la pubblica sponda che il Capo dello Stato ha dato alla legge
finanziaria. In questo modo Giorgio Napolitano ha messo la sordina alle indiscrezioni, raccolte nei giorni
scorsi a Bruxelles, secondo le quali la legge di stabilità sarebbe stata bocciata dalla Commissione europea. Il
«forte rilancio delle politiche della crescita», sollecitato dal presidente della Repubblica, va nella linea
professata dal Rottamatore sin dal suo arrivo a palazzo Chigi. Una sintonia con il Quirinale che rende più
forte il presidente del Consiglio anche nel confronto con i presidenti di regione. LINEA Ieri pomeriggio, al
termine del vertice euroasiatico, Renzi ha teso la mano ai governatori ribadendo la disponibilità ad un
incontro, a patto che siano rispettati i saldi. La cattiva stampa di cui godono le amministrazioni locali dopo i
casi Fiorito e la vicenda dei rimborsi, ha sinora supportato la linea del premier. Il timore che i tagli spingano le
regioni a diminuire i servizi o ad aumentare le tasse trasformando la manovra pro-crescita in manovrarecessiva, consiglia però cautela. La minacciata chiusura di ospedali o il taglio dei servizi pubblici di trasporto
rischia infatti di trasformare in boomerang per le stesse casse dello Stato la riduzione dei trasferimenti agli
enti locali. ACCISE «Basta tweet, meglio quindi incontrarsi», spiegava ieri Sergio Chiamparino, presidente del
Piemonte, presidente della Conferenza stato-regioni ed esponente del Pd in sintonia, seppur a fasi alterne
con Renzi. I due, tre anni fa avrebbero dovuto comporre un ticket e sfidare insieme Pier Luigi Bersani. Così
come i due si ritrovano d'accordo nel sostenere la politica industriale della Fiat di Sergio Marchionne. Resta
però il problema del taglio da 4 miliardi che le regioni non intendono mettere a bilancio se non alzando le
accise o riducendo i servizi. Il ministro dell'Economia insiste sulla necessità di ritrovare maggiore efficienza
nelle spese, ma poichè non tutte le regioni sono uguali e alcune delle più spendaccione sono autonome
(Sicilia in testa), il problema resta. Così come l'eventualità che proprio l'argomento del rapporto con lo Stato
diventi uno dei temi delle prossime elezioni regionali di fine anno e del prossimo.
Foto: Matteo Renzi e Park Geun-hye
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Ma la mina enti locali rischia di indebolire la manovra
19/10/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 3
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«Niente matrimoni né adozioni dico sì a più tutele patrimoniali»
«La nostra priorità resta sostenere sempre le famiglie composte da un uomo e una donna» «Se ci sarà una
nuova legge noi la faremo valere fino ad allora il mio dovere è attuare quella che c'è» LA FIRMA DEL PRIMO
CITTADINO DELLA CAPITALE IN QUESTO CASO HA IL VALORE DI UN AUTOGRAFO NON SIAMO
CHIUSI A DISCUTERE PROPOSTE SULLE UNIONI OMOSESSUALI LIMITATAMENTE AL PIANO
ECONOMICO
Cristiana Mangani
` Saranno probabilmente i matrimoni più brevi mai esistiti: trascritti e cancellati praticamente nello stesso
momento. Perché «il giorno dedicato al diritto all'amore», così come lo ha definito il sindaco di Roma Ignazio
Marino, rischia di impattare contro il vuoto legislativo, e soprattutto contro la circolare del 7 ottobre scorso
firmata dal ministro dell'Interno, con la quale veniva chiesto ai prefetti di far annullare dai sindaci le trascrizioni
di matrimoni tra coppie omosessuali celebrati all'estero e registrati in Italia. Ministro Alfano, ieri Marino, nelle
scorse settimane altri sindaci: è soltanto una provocazione? «La mia contestazione al sindaco della Capitale
è di natura giuridica e non politica perché, lo ribadisco, in Italia non è previsto che ci si possa sposare tra
persone dello stesso sesso. Non è possibile che ci si sposi tra persone dello stesso sesso all'estero e si
chieda di registrare in Italia il matrimonio. E neanche che si effettui turismo nuziale, o federalismo
matrimoniale, cioè che ciascuno, degli ottomila comuni, si organizzi come crede». Eppure sono sempre di più
i sindaci che scelgono di effettuare le trascrizioni . «Sì, ma tutto ciò è nullo, perché non è previsto dalla legge.
E proprio il codice civile che rende l'autorizzazione del sindaco priva di valore giuridico e, come ho detto
riferendomi a Marino, la sua firma - secondo il nostro punto di vista - equivale a un autografo. Nulla di più. Io
ho il massimo rispetto per queste coppie, ma non è previsto che si scelga in quale posto del mondo andare a
sposarsi in ossequio a una legge che non vale in Italia e poi si pretenda che quella legge venga fatta valere
da noi, dove non esiste». Secondo l'ultimo censimento, quello del 2011, sarebbero 8.000 in Italia le coppie di
fatto omosessuali, 500 delle quali con figli. La questione si fa pressante. «Se ci sarà una nuova legge, noi la
faremo valere ma, fin quando la legge non sarà cambiata, è mio obbligo e dovere attuare quella che c'è». Il
premier Renzi sembra stia per presentare un disegno di legge ispirato al modello tedesco dell'Eingetragene
Lebensgemeinschaft, le unioni civili in vigore dal 2001: quale sarà la posizione del Nuovo centro destra, di cui
lei è leader? «Voglio essere molto chiaro, noi abbiamo grande rispetto per l'affettività di tutti e non siamo
oscurantisti. Siamo anche pronti a intervenire per rafforzare le tutele patrimoniali tra i partner dello stesso
sesso. Ci sono però due no che per noi sono insuperabili, e cioè il no ai matrimoni e il no alle adozioni per le
coppie omosessuali. Sarò un po' vintage, ma per me i bambini devono avere un papà e una mamma. È
un'apertura che riteniamo importante, ma questi due baluardi sono insuperabili. La nostra priorità resta quella
di sostenere sempre di più le famiglie composte da un uomo e una donna, e ci batteremo per questo». In che
modo pensate di aiutare le famiglie, diciamo così, tradizionali? «Nella legge di stabilità abbiamo costituito un
fondo per sostenere la natalità e le famiglie numerose, un fondo di mezzo miliardo. Non siamo chiusi a
discutere su eventuali proposte di legge per le coppie gay, ma non saremo certo noi a farci avanti. La nostra
priorità è dare un sostegno a tutte quelle famiglie che in questi anni di crisi hanno retto il nostro Paese, a tutte
quelle famiglie che hanno sostenuto il costo di un anziano malato in casa, fregandosene dell'assegno di
accompagnamento, oppure hanno continuato a dare una mano di aiuto al proprio figlio nel momento in cui,
completati gli studi, era alla ricerca del lavoro. Il fondo costituito nella legge di stabilità servirà proprio a
questo». Per tornare al sindaco Marino e alla festa in Comune, cosa succederà ora? Le 16 coppie hanno già
annunciato che faranno ricorso al Tar e alla Corte Europea per i diritti dell'uomo. «Il prefetto inviterà a
cancellare le iscrizioni e se il sindaco non lo farà procederemo d'ufficio all'annullamento, secondo le
procedure previste dalla legge». La battaglia legale sarà probabilmente lunga. In attesa di una legge, questa
gente chiede di vedersi riconosciuti diritti e doveri normali. «Lo ripeto, noi non abbiamo una contrarietà a
intervenire per regolarizzare queste posizioni. L'intervento, però - si badi bene - è solo dal punto di vista
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'intervista Angelino Alfano
19/10/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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patrimoniale. Ma occhio alla p e non alla m di matrimoniale». Ci sarà un registro per la regolarizzazione dello
status? «Valuteremo al momento opportuno. Faccia la proposta chi ritiene che questa sia la priorità. Non
siamo chiusi a discuterne, però le nostre priorità sono altre». Come giudica l'iniziativa del primo cittadino della
Capitale? «Mi pare che risponda alla precisa volontà di fare una pubblica polemica su una cosa che non è
prevista dalla legge. Ha messo solo un autografo senza valore. E per di più nel giorno di conclusione del
sinodo della famiglia. Lui l'ha definita una giornata di festa. «Farebbe bene a pensare alle emergenze che ha
la nostra Capitale. A detta della Cgia (l'associazione artigiani piccole imprese) di Mestre, Roma vanta il poco
piacevole primato di essere campione d'Italia in negativo. Ha lo scudetto per la tassazione comunale più alta.
Non mi pare un bel primato». Il ministro dell'Interno e leader dell'Udc Angelino Alfano
La vicenda La circolare Il 7 ottobre il ministro dell'Interno Alfano dirama una circolare ai prefetti dando
disposizione di cancellare tutte le trascrizioni di unioni tra persone dello stesso sesso contratte all'estero. La
rivolta I sindaci fanno subito sapere, uno dopo l'altro, che non intendono attenersi a questa disposizione del
Viminale. L'8 ottobre il sindaco di Milano Pisapia registra 7 unioni civili. Anche Marino annuncia l'intenzione di
fare lo stesso. Il prefetto Il prefetto di Roma Pecoraro, intervistato dal Messaggero, fa sapere al sindaco della
Capitale che se intende procedere, si vedrà costretto ad annullare le registrazioni. Il governo Intanto il
governo Renzi annuncia l'intenzione di procedere con il modello tedesco di unioni civili con una legge che
verrà presentata in Cdm subito dopo la riforma elettorale e quella del Senato.
Foto: Proteste al Campidoglio
Foto: Foto di gruppo degli sposi
19/10/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
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Regioni, il governo va avanti «Sui tagli nessuna apertura»
Chiamparino ammorbidisce i toni: sostengo la manovra e cerco l'intesa Renzi: «La gente è con me, conosce
bene gli sprechi. Guai a colpire servizi e Sanità» «IL TESTO DELLA LEGGE DI STABILITÀ NON VARIA,
SOLO QUALCHE LIMATURA» DOMANI L'ESAME DEL QUIRINALE
Alberto Gentili
R O M A Matteo Renzi e Sergio Chiamparino la prossima settimana si vedranno. Ma il presidente delle
Regioni molto difficilmente uscirà da palazzo Chigi soddisfatto. «Sono pronto a confrontarmi», fa sapere il
premier, «si deve però partire dagli sprechi delle Regioni e nessuno si deve azzardare a scaricare i tagli sui
cittadini». «In ogni caso non ci sarà alcuna riduzione dei tagli, la trattativa può avvenire solo a saldi invariati»,
avvertono a palazzo Chigi e al ministero dell'Economia. Renzi conferma l'incontro perché ha registrato
«un'importante cambio di toni». Fino a ieri il presidente del Consiglio era descritto «deluso» e «amareggiato»
per la veemente reazione dell'"amico" Chiamparino e degli altri governatori del Pd. «E proprio quando varo la
legge di stabilità con la più imponente riduzione di tasse della storia repubblicana. Siamo o non siamo tutti
sulla stessa barca? Remiamo o non remiamo tutti nella stessa direzione?», si era chiesto Renzi. Che avrebbe
voluto che i "suoi" governatori avessero reagito come ieri ha reagito Debora Serracchiani, presidente del
Friuli e vicesegretario del Pd: «Il governo ci lancia una sfida e noi governatori non possiamo non accettarla.
Questa legge di stabilità finalmente spinge la crescita e gli investimenti abbassando le tasse e riducendo il
costo del lavoro. Tutti dobbiamo farcene carico responsabilmente». LA STERZATA DI SERGIO Ebbene
Chiamparino, che di Renzi è sempre stato un sostenitore, ieri ci è andato vicino. Ha detto: «Matteo sta
facendo le cose giuste per l'Italia, continuo a sostenerlo». Ha aggiunto: «Il mio giudizio sulla manovra è
positivo, quando scoppiano le polemiche tutti diciamo qualche parola di troppo». E ha concluso: «Non c'è
nulla di irreparabile, siamo animati dalla volontà ferrea di trovare un'intesa». Ciò non vuol dire che le Regioni
abbiamo alzato bandiera bianca, ma sono prontissime a trattare. Ad esempio rinunciando ai due miliardi in
più del Patto della salute. IL TIMORE DEL BOOMERANG ` Se i governatori potranno spuntare qualcosa, è
soltanto perché Renzi teme l'effetto boomerang. Ha paura che le Regioni, in forza della loro autonomia,
potrebbero reagire ai 4 miliardi di tagli aumentando le tasse locali e riducendo i servizi per i cittadini. Dai
trasporti alla Sanità. Una prospettiva che allarma e fa infuriare il premier: «Sarebbe una provocazione,
comincino a tagliare le sacche enormi di sprechi, colpiscano i dirigenti della Asl, i primari, i costi assurdi e
irragionevoli degli acquisti nel settore sanitario. Ma guai a prendersela con i cittadini». Uno scenario
«raccapricciante», anche perché potrebbe vanificare almeno in parte i promessi «effetti espansivi» della
legge di stabilità. Se si dovesse andare alla guerra, Renzi ha pronta l'arma di ritorsione. La pubblicazione online di tutte le spese e gli sprechi delle Regioni: «Così i cittadini saprebbero chi sono i colpevoli, chi fa il loro
male...». E i sondaggi usciti nelle ultime ore incoraggiano il premier: «La gente è con me, è dalla mia parte.
Tutti sanno quanti soldi pubblici buttano via le Regioni, tutti conoscono gli sprechi inenarrabili e i servizi
inefficienti». «E' assurdo pensare che non riescano a trovare 4 miliardi su un budget di 140 miliardi
procedendo a un efficientamento delle spese», aggiungono a palazzo Chigi, «e sarebbe raccapricciante se
venissero davvero chiusi degli ospedali». Detto questo, il premier è intenzionato a confermare i risparmi a
carico dei governatori «non per cattiveria». «Ma perché», come dice un suo collaboratore, «una legge di
stabilità così ambiziosa la devi blindare per forza, altrimenti c'è il rischio che salti tutto l'impianto se dai
seguito alle proteste». Proteste che secondo la lettura di Renzi «sono limitate finora praticamente solo alle
Regioni, nonostante l'importanza della manovra e l'ampiezza degli interventi». Dunque, il testo della manovra
- fanno sapere i suoi collaboratori - è quello presentato in conferenza stampa mercoledì. «In queste ore si
procede solo a qualche limatura in forza dell'approvazione salvo-intese». E domani passerà all'esame del
Quirinale.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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IL RETROSCENA
19/10/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 7
(diffusione:210842, tiratura:295190)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'entità della manovra 18 TAGLIO TASSE 9,5 Bonus 80 euro 5,0 Irap componente lavoro 1,9 Contratto
tempo ind. 0,8 Par tite Iva 0,5 Famiglie 0,3 Ricerca e Sviluppo 6,9 SPESE A LEGISLAZIONE VIGENTE 3,4
RISERVA 3,0 ELIMINAZIONE NUOVE TASSE 4,7 NUOVE SPESE 1,5 Ammor tizzatori 1,2 Cofinanziamento
1,0 Patto stabilità comuni 0,5 Scuola 0,5 Altro
Foto: Palazzo Chigi
19/10/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 9
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Due donne tra i giudici supremi, è la prima volta
IL 9 NOVEMBRE OLTRE AL PRESIDENTE TESAURO SCADE ANCHE CASSESE
Sara Menafra
R O M A Il presidente della Repubblica Napolitano aveva già fatto circolare l'intenzione di fare nomine alla
Consulta che rispondessero ad un criterio tecnico più che politico. E i nomi scelti, quelli di Nicolò Zanon (già
ampiamente favorito nelle indiscrezioni degli ultimi giorni) e Daria De Pretis sembrano rispondere
perfettamente all'identikit. DUE DONNE ALLA CONSULTA Daria De Pretis è rettore dell'università di Trento
ha cinquantotto anni e suo marito è il direttore generale dell'Olaf (l'ufficio anticorruzione dell'Ue) Giovanni
Kessler. Laureata in Giurisprudenza a Bologna nel 1981, è stata ricercatore, professore associato e quindi,
dal 2000, ordinario di diritto amministrativo presso l'università di Trento, dove è titolare degli insegnamenti di
«Diritto amministrativo», «Diritto processuale amministrativo», «Diritto urbanistico» e «Diritto e gender
(gender studies)». Per la prima volta nell'assemblea dei giudici supremi siederanno due donne, visto che
Daria De Pretis siederà accanto a Marta Cartabia, nominata il 2 settembre 2011. Nel scegliere il nome della
De Pretis, Napolitano ha rispettato un criterio di competenza molto stringente, visto che il 9 novembre oltre al
presidente Tesauro scadrà Sabino Cassese. Daria De Pretis sommerà a questa competenza, quella
dell'attenzione alle tematiche di genere, che ha sottolineato anche in una recente intervista: «Esiste un potere
delle donne, ma - ha detto - il problema è nella vita pubblica, dove le donne hanno faticato». La sua
pubblicazione più nota è la monografia «Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica», premiata come
uno dei dodici migliori libri giuridici dal Club dei giuristi dell'Istituto Luigi Sturzo. Tra le altre cose, la giudice De
Pretis è tra i fondatori dell'Italian Journal of Public Law, la prima rivista giuridica italiana interamente in
inglese. EX LAICO PDL Anche Nicolò Zanon, 53 anni, professore di Diritto costituzionale a Milano è una
scelta tecnica, anche se non sgradita alla destra. Se è vero che Zanon è stato eletto al Csm come
componente laico in quota Pdl ed è attualmente editorialista di Libero dopo aver scritto per Il Giornale oltre
che per il Sole 24 ore, è altrettanto vero che specie alla fine della consliatura si è fatto notare per posizioni
tutto sommato moderate e molto vicine a quelle del Quirinale. Ad esempio, nel caso della recente spaccatura
a Palazzo dei Marescialli sullo scontro interno alla procura di Milano, Zanon a sorpresa si è schierato a favore
del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, ricalcando le posizioni di Napolitano. E prima ancora è stato
membro della consulta dei 35 saggi scelti dal Colle per scrivere le riforme. Nella sua attività scientifica si è
occupato soprattutto delle questioni relative alla posizione costituzionale dei parlamentari e della loro
tradizionale libertà dai vincoli di mandato ma anche di problemi attinenti al diritto regionale e dei poteri della
magistratura nell'ordinamento. Dal 2008 è socio promotore, assieme a Giuliano Amato, Alessandro Campi,
Vincenzo Cerulli Irelli, Giulio Tremonti e Luciano Violante della Fondazione «Italiadecide» il cui presidente
onorario è Carlo Azeglio Ciampi.
Foto: Una seduta della Consulta
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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IL RETROSCENA
20/10/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 5
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Il modello dev'essere il Partito del Paese: centrale, interclassista, nazional popolare Oggi la Direzione. E il
segretario è deciso a certificare il nuovo dna maggioritario
Alberto Gentili
IL RETROSCENA R O M A Non si spingerà fino a chiamare Dc il Pd. E starà ben attento a non ricordare che
qualcosa del genere l'ha tentata e (in parte) realizzata il suo amico e fan Silvio Berlusconi, come il suo
predecessore Walter Veltroni. Ma oggi Matteo Renzi, senza clamore e senza enfasi, in una riunione della
Direzione convocata soltanto per far contenta la minoranza interna, ratificherà la nascita del "Partito del
Paese". Qualcosa che somiglia molto alla Democrazia cristiana, appunto. Tant'è, che il primo a parlare di
"Partito del Paese" (e non per elogiarlo) fu Beniamino Andreatta. A Bersani e Cuperlo, a Massimo D'Alema e
Fassina che hanno protestato quando s'è scoperto che gli iscritti al Pd erano crollati da 400mila a 100mila
(«ma per la verità sono 230mila»), Renzi risponderà dicendo più o meno quello che diceva Veltroni. Usando
però non il tempo futuro, ma quello presente: «Abbiamo realizzato un partito a vocazione maggioritaria, il
40,8% dei voti conquistato alle elezioni europee è lì a confermarlo». Un progetto e un'idea molto simile a
quella di Berlusconi che però, proprio ieri, è dovuto ancora ricorrere al futuro: «Il mio sogno è vincere da solo,
senza alleati». Il "Partito del Paese", per essere tale, secondo Renzi deve essere «interclassista» e
«centrale» nello schieramento politico. Deve essere nazional popolare. Capace - come ha fatto ieri nel salotto
tv di Barbara D'Urso lanciando gli 80 euro per le neo-mamme... - di «parlare a tutti, senza steccati ideologici»
e di adottare «politiche utili al Paese e non alla propria parte politica». Insomma, il Pd di Renzi è un partito
che «esce dal recinto tradizionale della sinistra», per diventare «una forza politica in cui gran parte del Paese
si riconosce». LA METAMORFOSI Renzi farà seguire queste considerazioni dal suo più classico...«già fatto».
La metamorfosi è già avvenuta. E' nei fatti: i provvedimenti varati dal governo a volte piacciono a destra, altre
(meno spesso) a sinistra; gli elettori sono targati Pd, ma anche Forza Italia come dimostrano i flussi elettorali
del voto di maggio. La legge di stabilità appena varata, ad esempio, fa impazzire di gioia la Confindustria e
infuriare la Cgil. Tutto ciò cambia identità e Dna del Pd, modifica valori e basi di riferimento. E per dirla con
Giorgio Tonini, cui Renzi ha affidato l'incarico di preparare la Direzione di oggi, «ciò ha conseguenze evidenti
anche su come si deve strutturare il partito. Non può più andar bene una classe dirigente chiusa e
autoreferenziale». In poche parole renziane: «Basta con la Ditta chiusa e i soliti noti». Alla sinistra interna che
denuncia un partito in crisi, il premier e segretario oggi ribatterà dicendo che «il modello Pd è vincente». Che
il suo Pd «è la storia di un successo». Perché «è l'unico partito in salute in Italia. Anzi, forse l'unico partito...».
E perché è «anche l'unico a vincere in Europa», come dimostra la crisi del Ps francese, della Spd tedesca,
del Labour inglese e come prova la vittoria elettorale di maggio, «che fa del Pd il partito di governo con più
voti». Guai invece a parlare di "Partito della nazione": «Quel nome non ci piace», dicono al Nazareno,
«ricorda il partito nazional fascista di Mussolini». Non mancano i problemi. Renzi dirà che bisogna trovare il
modo per non rendere episodico il contributo dei tre milioni di cittadini che costituiscono il "popolo delle
primarie". «Non possono sparire tra un voto e l'altro», sostiene Tonini. E farà sapere, il premier, che i soldi
sono pochi e occorre sensibilizzare «la gente sul contributo del 2 per mille». Come bisogna vigilare sulla
«qualità» degli iscritti («non basta la quantità!»), garantendo trasparenza nelle procedure di tesseramento.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Il premier cambia pelle al Pd: basta col recinto della sinistra
20/10/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 11
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Al termine della messa alcuni porporati non hanno atteso il pontefice. Il peso del «no» sulla comunione ai
divorziati MANCAVANO IL TEDESCO MULLER L'AMERICANO BURKE E BRANDMUELLER QUELLI PIÙ
DECISI CONTRO LE APERTURE
Fra. Gia.
IL RETROSCENA CITTÀ DEL VATICANO I malumori restano. Sotto traccia si agitano. Impercettibili come i
movimenti tellurici registrabili con il sismografo. Sfumature. Come il fatto che ieri, al termine della messa di
beatificazione, sul sagrato di San Pietro non tutti i cardinali presenti hanno aspettato per salutare Francesco.
Solitamente viene fatto. I porporati si mettono in fila, attendendo pazienti il proprio turno per dare una parola
di sostegno al pontefice, una stretta di mano, una frase di circostanza, una frase bisbigliata per una richiesta.
Ieri questo non è avvenuto, alcuni cardinali sono scivolati via prima, eppure si celebrava un momento
importante, la fine del sinodo sulla famiglia, un cammino in itinere al quale è richiesto l'apporto di tutti. Chi era
in piazza ha assistito alla scenetta, notando che da Papa Francesco mancavano il cardinale tedesco Muller,
prefetto della Congregazione della Fede, il cardinale americano Burke, capo della Segnatura apostolica,
l'austriaco Brandumueller. Vale a dire i cardinali che piu' di tutti si sono esposti in questi giorni contro le
aperture del Sinodo. Alla vigilia del Sinodo hanno firmato una specie di manifesto contenente le ragioni del
«no» alla comunione ai divorziati. DEFEZIONI La visione esposta ha inquadrato la Chiesa in una gabbia
dottrinale difficilmente modificabile a seconda delle spinte del tempo. «La fede non si cambia a colpi di
maggioranza». Il libro ha creato le basi per un ben più vasto movimento di opposizione tra i padri Sinodali. Gli
altri due firmatari Caffarra e De Paolis, invece, al termine della messa, hanno atteso per stringere la mano a
Bergoglio; Caffarra addirittura con un vigoroso abbraccio. Anche il cardinale Ruini che era presente al rito non
si è avvicinato al Papa al termine della messa. Il cardinale Bertone è stato tra gli ultimi ad abbracciare
Francesco. I movimenti tellurici in corso indicano che la spaccatura nella Chiesa c'è ed è forte, come è
emerso da questo piccolo - ma tutt'altro che insignificante - episodio. Inoltre Burke, in una intervista al
National Catholic Report, ha confermato di essere stato silurato dal Vaticano e presto dovrà lasciare la
Segnatura Apostolica. I CONSERVATORI Se i conservatori faticano a contenere il proprio disagio, anche i
progressisti fanno buon viso a cattivo gioco, come il cardinale Kasper, principale promotore del «si» alla
comunione ai divorziati, una delle questioni che non è passata. «Non sono deluso. Si è solo discusso e ora si
approfondirà la questione. Io non ho parlato al Sinodo, non ho voluto spingere la mia tesi. Si vedrà, sono
tranquillo. Si valuterà, si discuterà nelle Chiese locali, nelle Conferenze episcopali. È un problema che resta
aperto. La cosa finirà nei documenti del prossimo Sinodo. La discussione ora si trasferirà anche a livello dei
singoli Paesi, poi vedremo».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Sinodo, dopo gli strappi il caso dei cardinali che non salutano il Papa
18/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Il mulo di Berlino e l'orso dell'Est
Marcello Veneziani
Alla Fiera dell'Est per due soldi un topolino la Merkel comprò. Matteo è il ratto che apre la catena del mercato
cantata da Angelo Branduardi. Al vertice euro-asiatico di Milano, nuovo nome della fiera dell'Est, il ratto
fiorentino era vestito con l'abito della prima comunione e faceva lo spiritoso con la madrina, matrigna e
madrona (femminile di padrona) per ingraziarsela e rincasare più tardi in Europa. Il vertice - farcito di mongoli,
tartari e cosacchi - aveva un vago sapore geopolitico anti-americano. Se il Custode Massimo dell'Ordine
Mondiale è tagliato fuori da un summit mondiale, qualcosa evidentemente significa, qualcosa sta cambiando.
Non a caso Obama, a cui fischiavano le orecchie, ha inveito contro la Signora di Berlino che si ostina come
un mulo a frenare la crescita e a tenere alta la sbarra del rigore. Si sente odore di Ostpolitik nell'apertura
eurotedesca ai russi; quasi una fuga di gas dall'Atlantico verso gli Urali. Non è poi così peregrina l'ipotesi che
possa nascere un asse euroasiatico a conduzione russo-tedesca per bilanciare il dominio americano. Ci sono
molte cose della Russia di Putin che possono non piacere a noi euro-occidentali, ma se guardiamo agli
equilibri mondiali, alla strategia geopolitica, alla realpolitik e agli interessi economici, oltre agli errori compiuti
come occidentali nei bracieri internazionali (nel Medio Oriente e nel Maghreb), la via orientale prende corpo. Il
Mulo di Berlino guarda a Est, come del resto è la sua origine. E l'Orso bianco monta in groppa.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Cucù
18/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 4
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Napolitano difende il premier e i governatori rossi ci ripensano
Decisivo l'intervento del Quirinale sulla manovra: si sgretola il fronte dei presidenti delle Regioni. Chiamparino
apre: «Noi pronti a trattare» IL BOLLINO DEL COLLE «Misure importanti per la crescita con tagli alle tasse e
investimenti»
Massimiliano Scafi
Roma Ecco il bollino della Real Casa. «Ci sono misure importanti per la crescita - dice Giorgio Napolitano sia direttamente per le politiche di investimenti, sia indirettamente per la riduzione della pressione fiscale». E
così, in attesa del visto più importante, quello della Commissione europea, Matteo può ripararsi sotto lo scudo
del Colle e sfidare Bruxelles: «Se c'è bisogno di discutere lo faremo. Ma escludo l'apertura di procedure di
infrazione, noi rispettiamo i trattati». Ma Renzi è sereno anche perché il fronte dei governatori, che
minacciavano sfracelli, si è sgretolato. «Abbiamo delle proposte - spiega Sergio Chiamparino -. Se si
incontriamo, possiamo risolvere il problema». «Parlo con tutti - risponde il premier - ma le Regioni devono
fare la loro parte perché hanno di che farsi perdonare. Devono tagliare gli sprechi, non i servizi. I cittadini
hanno già pagato». Quindici miliardi di tagli in più, diciotto miliardi di tasse in meno: al capo dello Stato piace
come il premier ha impostato la legge di Stabilità e non fatica a blindare il governo in vista dell'esame della
Ue. «Mi pare che siamo in una situazione di passaggio in vista del Consiglio europeo di fine ottobre. Penso
però che le posizioni prese con notevole nettezza dal governo italiano, ma non solo dall'Italia, vadano nel
senso di un forte rilancio delle politiche per la crescita». Vedremo se la Merkel recepirà il messaggio. I
governatori invece hanno già capito che aria tira, e cioè brutta per loro: Renzi non è intenzionato a cedere e
le Regioni, dopo i casi Fiorito, Expo eccetera, non sono al momento le istituzioni più popolari: «Hanno di che
farsi perdonare».E sente la vittoria: «Sono sicuro, prevarrà il buonsenso». Il primo a fare parziale marcia
indietro è stato proprio Chiamparino, presidente della Conferenza StatoRegioni, che ha chiesto «una
moratoria dei tweet » e ha proposto un incontro. «Da Matteo andiamo con proposte concrete, che non
toccano i 4 miliardi ma che li articolano in modo da consentire di reggerli». Ma, si obietta, Chiamparino è un
renziano della prima ora. Che dire allora del bersaniano Enrico Rossi, presidente della Toscana? Ha fatto la
voce grossa, ha protestato un po' per i tagli, ha minacciato di alzare i ticket sanitari, ma poi si è arreso: «La
manovra nel suo complesso è buona, aggiungerei solo più investimenti e più giustizia sociale. Caro Matteo, ci
vuole più coraggio». In Toscana dicono che si stia riciclando, che «si è appiattito per farsi ricandidare».
Ottimista pure Deborah Serracchiani, vicesegretario del Pd e governatrice del Friuli Venezia Giulia: «Penso
che si riuscirà a trovare un punto di equilibrio in un incontro che, sono convinta, ci sarà tra il presidente del
Consiglio e le Regioni». E anche un altro governatore del Pd, Marcello Pittella, presidente della Basilicata,
approva la stangata. «Se condividiamo la scelta di dare priorità al lavoro e quindi all'abbassamento, alla
riduzione della pressione fiscale, dobbiamo farci carico di questi tagli». Come pescare i soldi? «Con una
rimodulazione dello sistema. Visto che non possiamo fare tutto, ristabiliamo le priorità». Così l'unico
presidente del centrosinistra rimasto realmente in trincea è Nicola Zingaretti. Il governatore del Lazio, che
l'altro giorno ha accusato Palazzo Chigi di «tagliare le tasse con i soldi degli altri», è furente con i suoi
colleghi che l'hanno abbandonato. Pure lui però ha dovuto sfumare i toni: «Sgombriamo il campo da un
equivoco. Io sostengo il governo Renzi e sento mia la battaglia di innovazione dell'Italia, ma sono il
rappresentante dei cittadini del Lazio e combatto per loro. Con i tagli infatti ci saranno ricadute devastanti».
La vicenda I governatori urlano allo scandalo e minacciano ritorsioni. Chiamparino guida la rivolta: «Tagli
inaccettabili» Napolitanodifendelamanovra poiRenzirispondedirettamente: «Vedrò le Regioni ma hanno
qualcosa da farsi perdonare» I governatori di centrosinistra, la maggioranza esclusi Maroni, Zaia e Caldoro,
fa marcia indietro e apre ai tagli di Renzi IlgovernonellaleggediStabilità prevede, a sorpres, 4 miliardi di tagli
nel 2015a carico delle Regioni La protesta La replica La manovra La pacificazione
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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il retroscena L'asse tra il capo dello Stato e Palazzo Chigi
18/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 15
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Dal cane ai ritardi, Angela e lo zar agli antipodi
Non solo il caso Kiev: i due hanno stili opposti. E quello sgarro col labrador...
Noam Benjamin
Berlino Hanno due nazionalità diverse ma ognuno conosce e parla la lingua dell'altro. Lui è nato nel 1952, lei
due anni dopo. Lui governa il proprio Paese più o meno ininterrottamente dal 1999, lei ha preso il potere nel
2005 e non lo ha più lasciato. Vladimir Vladimirovic Putin e Angela Dorothea Merkel hanno molto in comune,
condividendo addirittura i riconoscimenti internazionali: nel 2009 Forbes ha indicato la cancelliera tedesca
come la donna più potente del mondo; nel 2013 la stessa rivista ha attribuito il premio, al maschile, al
presidente russo. Carriere parallele fra due quasi vicini di casa. Eppure Angela e Vladimir non si sono mai
amati. L'ultimo screzio risale a giovedì sera, quando il capo del Cremlino si è presentato alla cena del vertice
Asem a Milano con grande ritardo. I tedeschi non amano aspettare gli altri e si fanno un vanto della propria
puntualità. Uomo forte d'Europa, Putin non guarda in faccia a nessuno. Neppure alla donna che lo stesso
Barack Obama ha nominato mediatrice dell'Occidente per la soluzione della crisi ucraina. L'antipatia fra la
cancelliera e lo zar, che pure si sentono molto spesso, ha però un carattere solo personale, diversamente
dalla storia d'amore fra i loro Paesi. Lo smantellamento della cortina di ferro e la riunificazione tedesca hanno
fatto di Berlino il centro dell'Europa. Da un paio di decenni le imprese tedesche fanno affari d'oro con quelle
russe, esportando prodotti e servizi ad alto valore aggiunto e importando fiumi di combustibile. Alcuni dati: nel
2013 l'interscambio commerciale ha toccato i 77 miliardi di euro; l'approvvigionamento energetico tedesco
dipende per quasi il 40% dalla Russia, i cui cittadini hanno invaso le strade più eleganti di Berlino Ovest,
acquistando interi palazzi e dando vita a catene di supermercati tutti in cirillico. L'interazione fra le due società
civili è forte, senza dimenticare che per 44 anni la Ddr è stata sotto il giogo sovietico. È in questa
dominazione che va ricercata l'allergia di Angela per Vladimir. Figlia di un pastore protestante, nell'ex
Germania Est dove è cresciuta Merkel ha sì imparato il russo ma ha anche sviluppato gli anticorpi per la falce
e il martello. Putin, dal canto suo, non ha imparato il tedesco al GoetheInstitut di San Pietroburgo ma
direttamente a Dresda (1985- 1990) dove era agente del Kgb con il grado di colonnello. Ovvio che i due
abbiano dato letture diverse, se non opposte, del crollo del Muro di Berlino: lei ha guadagnato la libertà, lui ha
perso mezzo impero. Nel 2005 Putin non ha neppure gradito l'avvicendamento fra l'amico socialdemocratico
Gerhard Schröder (tuttora sul libro paga di Gazprom come consulente per il gasdotto North Stream) e la
cancelliera anticomunista. La dimostrazione? Al primo incontro ufficiale sul Mar Nero nel 2006, Vladimir
Vladimirovic ha fatto accomodare l'ospite tedesca; quindi ha fatto entrare il suo fidato labrador Koni. Peccato
che Angela Merkel abbia il terrore dei cani e che il fatto sia arcinoto fra le cancellerie di tutto il mondo.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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il retroscena
18/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 38
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Nell'Italia pre-fascista i figli erano un peso e una risorsa
Mario Cervi
Gli ultimi dati sulla natalità dei cittadini italiani mostrano una diminuzione in poco tempo dal già esile 1,5
all'1,3 per cento. Una proposta per migliorare la situazione è quella di una tassa da versare, da parte di chi fa
neanche un figlio (compresi i gay), a chi ha almeno un figlio minore e intende seguirlo in prima persona ma
non ha reddito e vive in difficoltà economiche. Visto il gran numero di persone che non hanno neanche un
figlio, la tassa non dovrebbe preoccupare ma essere di un importo abbastanza esiguo. È un progetto sensato
e fattibile. Un primo passo che la politica dovrebbe fare. Silvio Pammelati Roma Caro Pammelati, la sua
proposta di tassare i senza figli per aiutare chi ne ha è senzadubbio discutibilema per niente insensata. Nonè
tuttavia unaproposta inedita. Tutta la legislazione demografica fascista era basata sul concettoche i fecondi
dovessero essere premiati e gli sterili puniti. Questo derivava soprattutto dall'ideadel numero come forza (così
Mussolini sulla rivista Gerarchia del 1928). Quando gli era stato chiesto della mancata promozione
d'ungenerale celibecheaveva ottime qualità,il Duce avevadato unaspiegazione sbrigativa e cinica: che
generale può mai essere uno che fa mancare alla guerra la materia prima, i soldati? Incalzata dall'ossessione
che ogni lascito del Ventennio dovesse essere cancellato, la Repubblica ha smontato in toto quella
legislazione fascista, buttando insieme al ciarpame anche le cosebuone. Qualcosa dipiù sipotrebbe fare,
ealtrove lofanno. Ma ildeclinare della natalità dipende da altre cause. La società è cambiata. La poverissima
Italietta prefascista di figli ne faceva molti. Erano un peso ma anche una ricchezza, lavoravano duramente e
guadagnavano fin dall'adolescenza. Il che è del tutto impensabile per la maggioranza degli attuali
bamboccioni.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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la stanza di Mario Cervi
18/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
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Gli anti Ogm e i delitti di lesa sanità
Paolo Granzotto
Caro Granzotto non le ho mai scritto e mi accingo a farlo sinteticamente. Mi pare di aver capito che lei è pro
Ogm. Ciò mi stupisce in quanto nei suoi scritti si dimostra un verace. Lei mangerebbe vongole veraci
geneticamente modificate? Alessandro Cammerieri Terni Perché no, caro Cammerieri? Non sollevando
problemi le vongole, prendiamo la cozza. Sono divoratore di molluschi bivalve e fra tutti è quella che
prediligo. Massimamente se assunta cruda. Quel mitilo ha però un difetto: trattiene ogni sorta di batteri e di
virus (ricorda il famigerato vibrione?) Assenti in acque pulite, ma vai a sapere e dunque cibarsene crude è
sempre un azzardo. Sicché, se un intervento genetico rendesse le cozze resistenti all'assalto dei batteri
potrei gustarmele più spesso e senza preventivamente accendere un cero perché non mi capiti quella
infettata. Il gran merito degli Ogm è questo, caro Cammerieri: migliorare, arricchire e rendere più produttiva la
catena alimentare. Produrre un cereale capace di crescere in terre siccitose o troppo umide; o che avendo la
difesa nel gene non abbisogna di disinfestanti chimici. Nel '70 Norman Borlaug ebbe il Premio Nobel per la
Pace per aver geneticamente selezionato un frumento con maggiore resa e resistenza alle avversità
atmosferiche che salvò mezzo Centroamerica dalla fame e dal rischio carestia. Nel riso Ogm «golden rice» è
stato inserito un gene che produce la vitamina A, la cui carenza porta alla cecità - xeroftalmia - centinaia di
migliaia di bambini africani. Che potrebbero esser salvati solo cibandosene, ma per l'opposizione delle lobby
anti Ogm (e dell'Ue) del «golden rice» è vietata la coltivazione proprio in Africa (in Cina, dove è distribuito, ha
praticamente debellato la xeroftalmia). Tutto ciò nonostante le autorità mediche, dall'Oms in giù, mai abbiano
riscontrato alcunché di pericoloso, di nocivo, negli alimenti transgenici. Mi dica: come si fa a non essere pro
Ogm?
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'angolo di Granzotto
19/10/2014
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Mater@ e il Milione che manca a sud
Marcello Veneziani
Non c'è dubbio, Siena e Perugia, Lecce e Ravenna, Bergamo e Verona sono più belle di Matera ed evocano
di più la cultura europea. Matera, però, è originaria, è la nostra Cappadocia, ha un paesaggio primordiale che
ci riporta al ventre antico d'Europa, qualcosa di arcaico che evoca la prima Casa, l'albore della civiltà. Tifavo
Matera come capitale europea, e nel mio Ritorno a sud l'ho ribattezzata Mater@, la Mater mediterranea che
nella sua conchiglia alleva il futuro. So che l'onorificenza servirà a poco, e i soldi previsti per lanciarla non
basteranno, ma la scelta simbolica è forte, anche se imita le strade del cinema. Ripropone il nostro sud non
partendo dalle sue metropoli né dalle aree infestate dalla criminalità organizzata, ma da un piccolo centro
esonerato dalla storia, che somiglia a un presepe morente e, insieme, gravido di un Bambino che tarda a
venire. La tragedia del sud, a voler dare una cifra come s'usa nell'era economica, si riassume nel Milione.
Quel milione di ragazzi che lasciano il sud e sono la sua energia migliore; quel milione d'immigrati arrivati nel
giro di poco tempo a rimpiazzare i primi; il milione di bambini in meno, mai nati, nello stesso arco di tempo; il
milione di over80 in più che invecchia il sud e trasforma il Mezzogiorno in Tramonto. La ripresa del sud
potrebbe partire da un Milione di nordici anziani che vengono a vivere e svernare a sud, generando con la
loro presenza investimenti, servizi e infrastrutture. Intanto il sud riparte dai Sassi, cioè dall'età della pietra.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Cucù
19/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 10
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Il Pd è in rosso ma Renzi incassa due milioni
Gli imprenditori fanno a gara per finanziare la nuova Leopolda
Roberto Scafuri
Roma Nonostante i tempi che corrono, guai a perdere la fiducia nel futuro e nelle persone. E dunque è del
tutto legittimo che uno possa dire: «Io ci credo». Preghiera laica da snocciolare come rosario: credo in Renzi,
credo nella Boschi, in Nardella e Luca Lotti. Credo nella rottamazione, nella gioventù e nello Spirito santo.
Celebrazione di questo nuovo rito si tiene nella vecchia stazione di Firenze, l'ormai benedetta «Leopolda».
Evento ormai alle porte, la cui parabola spirituale non accenna a spegnersi. Spirituale e non solo, a giudicare
dai finanziatori che concorrono festosi all'«obolo» per la Fondazione Open , «motor primo» della macchina o,
se si vuole, cassaforte di San Matteo . L'ammontare delle sottoscrizioni, pari a poco meno di due milioni di
euro, in tempi di magra come questi fa strabuzzare gli occhi e drizzar le orecchie non solo all'invidioso
Stefano Fassina. L'oppositore bocconiano di Renzi aspira provocatoriamente al piatto ricco: «Questi due
milioni diamoli al Pd, non alla Leopolda», dice. Beccandosi l'infastidita smentita di Open : «I due milioni sono
il totale delle donazioni dei sostenitori della Fondazione, non i costi della Leopolda 2014». Costi che si
aggireranno sui 300mila euro, fanno sapere. Dai bilanci Open si apprende invece come restino ancora
sostanziosi i debiti verso le banche (129mila e rotti), mentre come siano singolarmente lievitati i costi degli
abbonamenti a libri e pubblicazioni (da 4.725 a 123mila euro in un solo anno!). Sarà stata la Boschi, sarà
stato Luca Lotti, è giusto studiare ed è giusto precisare. Ma dato che, per dirla col sindaco di Firenze Dario
Nardella, la «Leopolda è appuntamento utile e positivo», non fatichiamo a credere che anche la Fondazione
sia «utile» a chi ci crede e la sostiene. Una lista di benemeriti di cui sono noti solo i «volontari», in base alla
legge sulla privacy. Sfuggono alla notorietà benefattori per quasi 600mila euro su due milioni. La lista di chi si
espone è capeggiata dall'ormai celebre patròn dell'Algebris con sede alle isole Cayman, Davide Serra.
Assieme alla moglie Anna Barassi, Serra «crede» nella misura di 175mila euro (75mila donati soltanto
quest'anno). Secondo posto della hit parade per Guido Ghisolfi e Ivana Tanzi, dai quali arrivano 125mila euro
(quest'anno «soltanto» 25mila). Ghisolfi è a capo della società chimica Mossi e Ghisolfi. Terzi sul podio il
toscano Vincenzo Manes, «re» del rame di Intek GroupKme e fondatore di Fondazione Dynamo (gli ha
fruttato un bel cavalierato del lavoro), nonché l'Isvafim spa di Alfredo Romeo e della moglie Maria Vittoria
Parisio Perrotti. Entrambi donano a testa circa 60mila euro: Manes duemila in più di Romeo, imprenditore
napoletano che ha avuto i suoi guai con la giustizia (anche per una filantropia a largo raggio che, nella prima
come nella seconda Repubblica, non ha mai fatto distinzioni tra destra, sinistra e centro). Infine, tanto per
risparmiare la lista della spesa, citeremo solo i 50mila sborsati dai coniugi Fresco (lui già ad Fiat) e i 50mila
della GF Group, azienda alimentare ligure. Inevitabile che dell'elenco facciano parte nomi noti e meno noti,
parlamentari renziani, finanzieri eccetera, con donazioni da diecimila a mille (fino ai goliardici 50 euro sborsati
a suo tempo da Franco Bechis, già vicedirettore di Libero - «speravo nella clemenza sulle querele ricevute»,
ebbe a discolparsi il povero). Domanda insidiosetta: ma se uno dona un bel gruzzolo all'Idea, che bell'idea
avrà mai della gratitudine?
39
233 LevolteincuiMariaElenaBoschièstataeletta alla Camera dei deputati nel 2013 Sonoigiornitrascorsidalla
nomina di Luca Lotti a sottosegretario all'Informazione e all'editoria Gli anni di Matteo Renzi quando è
diventato premier, il più giovane nella storia della Repubblica
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Il retroscena Fondazione Open
19/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 30
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È scattato il ricatto demagogico delle Regioni spendaccione
Mario Cervi
Una delle cose che mi ha più colpito nella querelle fra Renzi e le Regioni a proposito degli sprechi è la non
reazione, diciamo pure l'assordante silenzio, di talune Regioni tipo Sicilia e Puglia, maestre nel dilapidare
denaro pubblico. Probabilmente la loro coda di paglia le ha tenute in silenzio. In ogni caso va bene che il
debito pubblico è altissimo, ma quando si sa che ci sono anche altre istituzioni tipo Banca d'Italia, Parlamento
ed enti vari dove stipendi, spese, benefit scorrono come fiumi, da tagliare c'è ancora molto ma molto. Piero
Casati e-mail Caro Casati, è senza dubbio inquietante, come lei sottolinea, il silenzio delle Regioni primatiste
nella dilapidazione dopo il j'accuse! di Renzi. Non meno inquietante è secondo me la chiassosa reazione di
altre Regioni alla brusca intemerata del premier. Subito è stato accennato il consueto ricatto demagogico: «se
ci taglierete i fondi aumenteremo le nostre tasse», «se ci taglierete i fondi sacrificheremo servizi essenziali
come la sanità». Dev'essere chiaro che la cura dimagrante delle Regioni cui nel 2000 fu data una infausta
autonomia nelle spese - non può tradursi né in un aggravio fiscale, né nella mancanza di cure ai malati.
Stanno altrove i risparmi. Stanno ad esempio in una decisa potatura della pletora di dipendenti regionali che
sono quasi 79mila mentre dovrebbero essere, secondo una analisi della Confartigianato, il 31 per cento in
meno. Stanno ad esempio nella cancellazione di sontuose rappresentanze all'estero, vere e proprie
ambasciate, di serie B o C per sostanziale importanza ma di serie A per i costi. Poi, chi lo nega, ci sono
sprechi immani anche altrove. Gli enti pubblici ne hanno una riserva inesauribile. Ma nella polemica con
Chiamparino e compagnia secondo me Renzi ha mille e una ragioni.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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la stanza di Mario Cervi
19/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 30
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Evangelizzare non equivale a fare marketing
Paolo Granzotto
Caro Granzotto, da quanto leggo, nel Sinodo convocato da Francesco si sono formate due fazioni, una
favorevole al doppio matrimonio e all'apertura ai «diritti» omosessuali e l'altra tenacemente ferma alla Parola
dei Vangeli, che comprendono le lettere paoline e dunque la condanna dell'omosessualità. Sempre da quel
che leggo, Francesco sarebbe favorevole ai primi, al «dialogo», alla «apertura al mondo» di reminiscenza
conciliare. Sono un credente e in quanto tale molto perplesso dai lavori dei padri sinodali. Il virus della
rottamazione ha attecchito anche nei Sacri Palazzi e di questo passo assisteremo alla rottamazione dei Dieci
Comandamenti in nome del «dialogo»? Ferruccio Ferreri e-mail Sembra anche a me, caro Ferreri, che lo
spirito del Vaticano II incomba sul Sinodo o, almeno, sugli animi di parte dei padri sinodali e probabilmente su
quello di Bergoglio. Seguo l'assise attraverso Il Foglio , che vi si dedica con una attenzione che dire
appassionata è poco. E mi ha colpito una osservazione di Alfonso Berardinelli, che stimo molto. «Più che
l'autorità cattolica, questo Papa mira a ritrovare l'ispirazione cattolica. (...) Solo il "contatto" più diretto, vivo e
vivace con la realtà attuale può rifondare una fede religiosa animandola di nuova energia. Sfrondare la
dottrina e andare al cuore dei problemi oggi più diffusi perché si possa credere di nuovo». Che si possa o
addirittura che ci si senta in dovere di rifondare - fondare ex novo - la Chiesa è idea che mi sbalordisce. Mi
lascia scettico, invece, l'avviso che il rottamare, per usare le sue parole, caro Ferreri, la sacrale indissolubilità
del matrimonio e l'«aprirsi» alle rivendicazioni omosessuali fulmini chi non crede portandolo a credere in un
solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili, in un solo
Signore Gesù Cristo unigenito figlio di Dio nato dal Padre prima di tutti i secoli. L'evangelizzazione è una
cosa, il marketing un'altra.
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L'angolo di Granzotto
20/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 14
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Il dossier che incastra l'Oms: «Ecco tutti gli errori su Ebola»
L'organizzazione che doveva vigilare sul virus ammette (parzialmente) le sue colpe: «Tra noi troppi
incompetenti» MEA CULPA L'ospedale di Dallas del «paziente zero»: «Medici non all'altezza»
Nino Materi
Dell'Ebola hanno capito poco o nulla. Tutta colpa di «staff incompetente, burocrazia ignorante e mancanza di
informazioni affidabili». Sono questi alcuni dei motivi alla base della risposta «inadeguata»
dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) al virus dell'Ebola in Africa. Situazione gravissima,
considerato che l'Oms è (era?) considerata la massima autorità delle Nazioni Unite in tema di tutela della
salute pubblica. E invece i super esperti che avrebbero dovuto prevenire l'epidemia in prima battuta e
arginarla in seconda battuta, hanno fallito su entrambiifronti. Tantoche orapromettono: «A crisi finita faremo
mea culpa...». Come sarebbe «a crisifinita»?Il«mea culpa» vafattosubito, individuando iresponsabili degli
«errori». «Sviste e sottovalutazioni» rivelate in una bozza di un documento interno all'Oms ottenuto dall'
Associated Press . Undossierclamoroso,nelqualesi affermache «quasitutti quelli coinvolti nel rispondere
all'emergenza non hanno notato fattorie fattidi quella cheè poidivenuta un'esplosione del virus». L'Oms non
commenta il documento, limitandosi a dire che i «dettaglinon sarannodiscussi fino a quando il documento non
sarà completato e i fatti chiariti e provati». E poi: «Siamo per la trasparenza e la responsabilità e
pubblicheremo la revisione quando i fatti saranno controllati. Non ci siamo accorti che una tempesta perfetta
stava arrivando, pronta ad aprirsi in tutta la sua forza», si legge nel dossier che doveva rimanere riservato,
ma tra le cui pagine l'Oms sembra ammettere di avere fatto pasticci. L'Organizzazione mondiale della sanità
è stata molto criticata per la sua lenta risposta e per le sue (almeno iniziali) rassicurazioni,cheignorarono
iripetuti allerta lanciati da «Medici senza Frontiere», l'Ong che conduceva tra le prime la sua battaglia sul
terreno. L'Ebola ha ucciso almeno 4.546 persone tra Liberia, Sierra Leone e Guinea, secondo gli ultimi dati
forniti dall'Oms; tuttavia siccome almeno metà dei casi non vengono neanche registrati e il tasso di mortalità è
almeno al 70%, l'Oms ritiene che il bilancio vero si attesti probabilmente ad oltre 12mila. E non c'è alcuna
segnale che l'epidemia stia rallentando, epidemia confermata per la prima volta a maggio, ma che l'Oms
dichiarò emergenza sanitariapubblica internazionale solo l'8 agosto. Il direttore generale Margaret Chan si è
finora difesa, ma il documento interno dell'Oms scrivechegliespertiavrebberodovuto rendersi conto che i
metodi tradizionali di contenimento dellemalattie infettive non potevano funzionare in una regione dai confini
porosi e sistemi sanitari a pezzi. Nella bozza trapelata, ma non riconosciuta dall'Oms, si ammetterebbe anche
che, in quel momento, «la burocrazia costituì un problema». Motivo?«IresponsabilidegliufficiOmsinAfricasono
fruttodi nomine motivate politicamente» fatte dal direttore regionale per l'Africa, Luis Sambo, che non
rispondeal capo dell'agenzia a Ginevra, Margaret Chan». Conseguenze? «Nelle fasi inizialidelcontagio
imessaggiuscitidall'ufficiodi Sambo furonodiversi dalla linea emanata a Ginevra»; tanto che l'ufficio africano il
22 settembre scorso dichiarò «l'Ebolaquasi del tutto contenuta» in Senegal e Nigeria». Intanto,dall'altra
partedel nodo,l'ospedalediDallaschehaaccoltoil«pazientezero» conl'Ebola pubblica una lettera aperta sul
TheDallas Morning elo StarTelegram nella quale ammette che «nonostantelemiglioriintenzioni non siamo
riusciti a rispettare gli elevati standard che sono al centro della storia dell'ospedale, della sua missione e del
suo impegno». La missiva è firmata dall'amministratore delegato delTexas HealthResources,Barclay Berdan.
«Abbiamo fatto errori nell'affrontare una situazione difficile» ammette Berdan, precisando che da quando il
primocaso èstato diagnosticato sonostati effettuate modificheatutela del personale medico. Le indagini su
come le due infermiere, Nina Pham e Amber Vinson, siano state contagiate vanno avanti e arriveranno degli
«esperti esterni» per analizzare i dati ottenuti su cosa è accaduto. Ma a non promettere nulla di
buonoriecheggianoanchele parole di Obama: «Su Ebola anche l'America si è fatta cogliere impreparati». Le
autocritiche sono sempre ben accette. Se però non servono da alibi.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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il retroscena IL DOCUMENTO INTERNO «A crisi finita, faremo mea culpa»
20/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 14
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12.000 La cifra non ufficiale dei morti a causa dell'Ebola secondo l'Oms (la cifra ufficiale è di 4.546)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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20/10/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 30
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Molte Regioni sono regni del superfluo
Paolo Granzotto
Caro Granzotto, ci risiamo: appena si toccano le finanze regionali subito a dire che chi ci rimetterà sarà il
servizio sanitario, gli ospedali. Possibile che non si possa «tagliare» altro? Fabio Recalcati e-mail Affermare
che appena si tocca la dote delle Regioni ci va di mezzo la Sanità sa un po' di ricattuccio, vero caro
Recalcati? Primo perché l'esperienza del San Raffaele di Milano che ha tagliato le spese del 15 per cento
senza per questo rinunciare in nulla all'eccellenza dei suoi servizi dimostra che si può benissimo intervenire
sugli sprechi e sul superfluo. Dai quali la Sanità pubblica è, al di là di ogni ragionevole dubbio, appesantita.
Secondo: perché mai a far le spese dell'austerity non possono essere, mettiamo, le ambasciate regionali,
decine e decine divise fra Roma e Bruxelles? Ricche di personale e situate in edifici di prestigio, non s'è mai
capito cosa ci stiano a fare. Per dire, cosa ci sta a fare l'ambasciata della Regione Lazio a Roma, dove ha
sede anche la Regione? Chiudendo quelle strutture si risparmierebbero, a dir poco, un paio di centinaia di
milioni. Buttali via. E perché non dare, prima di metter mano ai minacciati tagli alla Sanità, una vigorosa
sforbiciata alle spese per la così detta cultura, concerti in piazza, festival di questo o di quello, saloni e
saloncini del libro, del folklore musicale e della gastronomia equa e solidale? Per mantenere in vita teatrini e
carri di Tespi e avanguardie artistiche della retroguardia? Ancora, perché non ridurre all'osso i costosi corsi
gratuiti di formazione che comprendono, cito a caso, fondamentali cicli di lezioni per forgiare esperti in
«animazione sociale», in «fashion marketing», in «massaggiatore del benessere», in «tatuaggi e piercing», in
«servizi di tanatoprassi»? Tutta roba da leccarsi i baffi in tempi di vacche grasse. Ma essendo le vacche
magre, queste cose diventano carabattole clientelari da spazzar via prima di toccare un solo posto letto in
ospedale.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'angolo di Granzotto
19/10/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 19
(diffusione:105812, tiratura:151233)
«Atto nullo, Marino cerca visibilità»
Alfano: questo è federalismo nuziale, faccio solo rispettare la legge «Sulle unioni civili decide il Parlamento,
ma per noi la famiglia resta quella in cui un bambino ha un papà e una mamma»
ANGELO PICARIELLO
ROMA Quello del sindaco Marino è un atto con nessun valore giuridico, in quanto non consentito dalla
legge». È sabato sera e il ministro Angelino Alfano, dal Viminale, segue da vicino l'evolversi del caso-Roma,
convinto che il prefetto Pecoraro abbia già gli strumenti per intervenire, cosa che ha fatto annullando la
trascrizione del matrimonio ad opera del sindaco di Roma. Ci aveva già provato Pisapia a Milano. Che cosa
pone in campo di nuovo, ora, l'iniziativa di Marino, che suscita tanto clamore? Non è la celebrazione di un
matrimonio, e nemmeno può valere come trascrizione, che comporterebbe gli stessi effetti. È un atto
giuridicamente non vero, un autografo, mentre a Roma le tasse sono vere, e la rendono la campionessa
d'Italia proprio per il livello di tassazione raggiunta. I sindaci hanno tanti modi, consentiti, per sollecitare
l'adozione di un provvedimento o di una nuova normativa, mentre qui mi pare che la novità stia nella palese
ostentazione di un atto che si sapeva esser vietato dalla legge e quindi nullo. C'è chi invoca istruzioni più
precise ai prefetti per evitare una sorta di "turismo nuziale" dopo i primi casi. I prefetti hanno già le istruzioni,
hanno la legge, in questi atti il sindaco agisce come ufficiale di governo: da qui la competenza del prefetto,
trattandosi di servizi statali. E nessuno può pensare di cambiare l'ordinamento con una sorta di federalismo
matrimoniale. Ma l'iniziativa di Marino la vede come una lite temeraria o nasconde un disegno? Sono dopo
tutto pochi sindaci sui circa 8mila complessivi, il fatto che fra loro ci siano alcuni fra i maggiori è indice
sicuramente di una voglia di visibilità nazionale, pur nella convinzione che si tratta di una strada impraticabile.
È partita anche qualche denuncia penale. Si tratta quindi di reato? Io sono per la separazione dei poteri, non
tocca a me stabilirlo. La accusano però di farne una battaglia di partito. Io ho la mia fede e le mie convinzioni,
ma da ministro faccio applicare le leggi che ci sono, se la legge avesse consentito di fare quel che Marino
vuol fare avrei agito di conseguenza. Ma non è così. Poi come deputato e come leader di un partito di
governo mi batto e mi batterò per far approvare le leggi migliori, in base alle convinzioni personali e del mio
partito. Si parla di un accordo nella maggioranza sulle unioni civili. Quel che è vietato ora sarà previsto nella
normativa in arrivo? Un testo condiviso ancora non c'è. Per ora si parla di partnership alla tedesca, ossia un
modello tedesco con una parola inglese. Vogliamo guardarci dentro. Noi diciamo no all'equiparazione al
matrimonio e no alle adozioni da parte di gay. Non si tratta di recepire astrattamente un modello straniero.
Noi siamo favorevoli a interventi per garantire diritti alle coppie non sposate e anche alle unioni dello stesso
sesso, ma restiamo convinti che la famiglia sia quella tra marito e moglie e che un bambino debba avere un
papà e una mamma. Quindi no anche alle trascrizioni, anche in futuro? Lo deciderà il Parlamento; la nostra
posizione è chiara. E la vera priorità per noi resta la famiglia, è per questo che abbiamo ottenuto l'inserimento
nella legge di stabilità di un finanziamento di mezzo miliardo come aiuti alle famiglie e incentivi alla natalità. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA MINISTRO. Angelino Alfano
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Intervista
19/10/2014
Il Manifesto - Ed. nazionale
Pag. 3
(diffusione:24728, tiratura:83923)
«Sono al passo con la realtà»
Eleonora Martini ROMA
ROMA
Forse non si aspettava nemmeno lui di regalare tanta felicità. Un bambino che al momento della trascrizione,
come fosse un secondo sì dei suoi genitori, esulta con il pugno alzato. E quell'altro, di due anni e mezzo, che
arrotola il certificato di nozze e ci guarda dentro come fosse un cannocchiale. Una festa che per Ignazio
Marino è la prova, comunque finisca, di aver fatto il proprio dovere di sindaco. Delle proteste non si cura, e a
dimettersi, come chiede il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, non ci pensa proprio.
Visto che questi atti saranno comunque annullati, cosa è stato il suo, un gesto simbolico o politico?
Non è un gesto simbolico, è il gesto di un sindaco che recepisce il pulsare della vita della sua città. La
presenza di tutti questi bambini qui in Campidoglio dimostra che non stiamo parlando di vite astratte ma di
vite in carne e ossa. Si può fare come con certe notizie che non vogliamo sentire, possiamo dire che di
queste vite non ne vogliamo sapere, ma quel bambino che esulta con il pugno alzato o quell'altro che prende
il certificato di trascrizione e lo usa come un cannocchiale è un gesto che dovrebbe essere di ispirazione
spirituale per quei tanti politici o pseudopolitici che vivono in un secolo passato. Quel bambino di due anni e
mezzo che guarda col cannocchiale verso il futuro, è il nostro futuro.
«Capisco l'atto politico ma io devo applicare la legge e annullare le trascrizioni», ha detto il prefetto Pecoraro.
Quando avverrà, lei cosa farà?
Innanzitutto attendiamo che il prefetto faccia il suo percorso e vedremo come intende farlo. Il suo ruolo è
importantissimo e naturalmente io lo rispetto. Non vorrei essere nei suoi panni ora, però, perché come
rappresentante del governo ha davanti a sé una situazione molto difficile, con un presidente del consiglio che
ha detto che a brevissimo ci sarà una legge per riconoscere i diritti di tutti e un ministro che dice di dover
annullare questi atti. Quello che chiedo io è di essere presente quando annulla. Non so nemmeno come farà:
metterà un timbro, barrerà con un segno rosso, o blu o nero? Voglio essere presente perché le persone
capiscano che c'è un sindaco che sta dalla parte dell'amore e delle famiglie e altri che preferirebbero
annullare queste famiglie e dichiarare che non esistono.
Dopo l'annullamento del prefetto, il sindaco di Udine ha detto che porterà gli atti davanti a un tribunale.
Condivide questo modo di fare?
Vediamo cosa farà il prefetto di Roma, che forse non a caso si è preso il fine settimana per decidere prima di
intervenire. Può darsi pure che deciderà di seguire l'indirizzo del capo del governo e quindi di riconoscere
l'esistenza di queste coppie. Io ho profondo rispetto di ciò che il prefetto deciderà.
La mediazione tra Renzi e Alfano si ferma però ad un intervento del governo solo sulle civil partnership alla
tedesca tra persone omosessuali. Affossando, di contro, il ddl già in discussione in commissione Giustizia del
Senato che invece contiene anche la regolamentazione delle coppie di fatto. Come esponente del Pd, lei è
d'accordo con questa scelta?
Sui diritti civili abbiamo un ritardo di circa quattro o cinque legislature. A quei bambini e a quei nonni che oggi
erano lì e che vogliono vedere riconosciuta la loro esistenza di famiglia interessa poco se l'iter sarà quello di
un ddl governativo o parlamentare. L'importante è che le loro vite vengano riconosciute. E io ringrazio Matteo
Renzi che, senza nemmeno il dovere di farlo, ha deciso di dare così una smossa al parlamento. Poi, siamo in
una repubblica parlamentare e spetterà al parlamento decidere il perimetro della legge.
Allora faccio la domanda più diretta: sul matrimonio gay i mal di pancia interni anche al Pd potrebbero essere
risolti e l'accordo col Ncd possibile. Ma per le coppie non sposate siamo ancora in alto mare. Le sta bene?
Guardi, è chiaro che ognuno è schiavo sempre del proprio percorso personale. Io ho una formazione
scientifica e le dico i numeri: in Italia le coppie di fatto eterosessuali sono un milione e mezzo. E' evidente che
il parlamento e il governo dovrà decidere se quel milione e mezzo ha diritto di cittadinanza oppure no.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTA Il sindaco: «Spero che il prefetto decida di seguire la linea di Renzi»
19/10/2014
Il Manifesto - Ed. nazionale
Pag. 3
(diffusione:24728, tiratura:83923)
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Foto: ROMA, MANIFESTANTI CONTRO LA TRASCRIZIONE DEI MATRIMONI GAY
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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18/10/2014
Libero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:125215, tiratura:224026)
«L'Europa ha ucciso il sogno liberista Ci resta il Nazareno»
GIANCARLO PERNA
Tutto spira quiete intorno a Giuliano Urbani, ex ministro liberale dei primi governi Berlusconi e cofondatore di
Forza Italia. Sono suo ospite nella bella casa della Roma barocca che alterna all'abitazione milanese. Roma
e Milano sono le città elettive del settantasettenne politologo perugino. Urbani ha lasciato l'università (...)
segue a pagina 10 segue dalla prima (...) da un decennio quando era ministro dei Beni Culturali del
Berlusconi II. Oggi si occupa di Banca Sistema, istituto di factoring fondato da un suo ex allievo, ed è
presidente onorario di Domina Vacanze, l'ammiraglia di Ernesto Preatoni, inventore di Sharm el Sheikh,
collaboratore di Libero e Creso del settore vacanziero. Da diversi anni, ha abbandonato la politica per non
guastarsi il sangue. «Ne uscii nel 2005» ricorda, «dieci mesi prima dalla scadenza della legislatura, quando
Follini, Casini e altri così fecero le bizze. Berlusconi si arrese e dette le dimissioni facendo un nuovo governo
solo per soddisfare le paturnie degli alleati». «È sempre stato troppo accomodante», confermo. «Gli dissi: "Se
cedi, chiunque si sentirà autorizzato a cucinarsi la frittata sulla tua testa". Lì per lì, mi dava ragione. Poi
arrivava un altro e cambiava idea. Silvio manca di idee forti. È un pragmatico e si adatta alle circostanze.
Questo zigzag ha però trasformato il suo progetto di rivoluzione liberale in un mucchio di foglie secche», dice
scuotendo vigorosamente la testa. Urbani è meno calmo di prima. Infilo il dito nella piaga e dico: «Fosti tu,
con l'altro liberale, Antonio Martino, l'autore del programma della discesa in campo del Berlusca nel 1994».
Urbani sorride al ricordo e dice: «Un programma utopicamente liberale per distinguerci dal Pci di Achille
Occhetto. Ne scrissi poi altri due. Nel '96, dall'opposizione, e nel 2001, quando rivincemmo. Man mano però li
annacquavo. Avvertivo che non era aria. Con le alleanze ibride di Berlusconi, ex dc, ex socialisti, leghisti, ex
missini, il tasso di liberalismo era vicino allo zero. Pensa a un uomo chiave come Giulio Tremonti, tuttora mio
ottimo amico. Ha sempre avuto una testa socialista, di liberale nulla». «Così il berlusconismo» interloquisco
«è finito nelle secche». «Quando Silvio cedette ai capriccetti già citati di Follini & co. presi la porta. Mi chiese
di fare ancora il ministro, tanto per arrivare alle elezioni del 2006, ma dissi basta. Non mi ricandidai
parlamentare e, solo per non rompere bruscamente con Fi, ho fatto il consigliere Rai. Poi, ho chiuso del
tutto», conclude. Il tono è ora decisamente battagliero. Sembri soddisfatto di non essere oggi in politica.
«Felice come una pasqua. Il clima è preoccupante e triste». Com'è messa l'Italia? «Pessimamente. Non
circola un'idea credibile sul rientro del debito pubblico. Una piaga che cresce ogni giorno e su cui paghiamo
interessi pazzeschi». Crisi economica, immigrazione, denatalità. Cos'è peggio? «Il debito resta il problema
principale, perché insolubile. Immigrazione e denatalità invece si compensano. Ci saranno nuovi italiani.
Anche se per la loro formazione facciamo poco o nulla. Non siamo bravi come in Germania». Insistere con
l'euro o uscirne? «Insistere. Per abbandonarlo dovremmo avere un governo forte. Te lo immagini che, con
Matteo Renzi, noi lasciamo l'euro? L'uscita non va fatta ma minacciata per avere più potere negoziale». Per?
«Imporre, come minimo, la creazione di una banca Ue che stampi moneta, solo modo per affrontare la crisi.
Che lo statuto europeo non la preveda è stato un errore mefistofelico». Credi nell'Europa? «Anni fa, assieme
ad altri, scrissi un libro dal titolo "L'Europa conviene?". Gianni Agnelli mi rimproverò l'interrogativo dicendo
che ci voleva un esclamativo di totale approvazione. Siamo stati invece anche troppo poco dubitativi».
Abbiamo politici all'altezza di queste incognite? «No. Manca il personale politico capace di negoziare in
Europa. È stato anche il grosso limite del governo Berlusconi. Quando Merkel e Sarkozy si sono permessi di
deriderlo era perché sapevano che siamo deboli». Abbiamo però euroburocrati ferrati. «Neanche. Manca la
classe politica e mancano le gerarchie intermedie. Il degrado del Paese ha avviluppato tutto e tutti.
Ricordiamoci cosa erano i professori universitari di un tempo e vediamo chi oggi insegna all'università. Fa
venire i brividi». Il centrodestra è all'angolo? «È alla quasi sparizione. Si è troppo immedesimato con
Berlusconi e ora scompare con il suo declino. Né Silvio ha lasciato eredi». Il Cav è la risorsa del centrodestra
o il tappo che lo frena? «Né l'uno, né l'altro. Oggi, il centrodestra ha una sola speranza: Renzi. Prima
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Intervista a Urbani
18/10/2014
Libero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:125215, tiratura:224026)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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avevamo i comunisti che mangiavano i bambini, ora - con Renzi - abbiamo il bambino che mangia i
comunisti». Matteo è il futuro? «È l'elettore di centrodestra che lo vede così. Il futuro non può essere
Berlusconi. Anche Alfano, con tutta l'amicizia, non è l'uomo su cui si ricostruisce il Paese: non incarna
nessuna speranza risolutiva». Vedi ancora il Cav? «Pochissimo e mai per occasioni politiche. Resta la mia
amicizia». Non lo consideri più il baluardo contro la sinistra. «Oggi, la politica basata sulla competizione è
nociva. Il nostro interesse vitale è quello nazionale. In Europa, ormai, non giocano i partiti ma le Nazioni e a
noi manca la Nazionale». Allora ti piacerà il patto del Nazareno tra Renzi e il Cav. «Utilissimo. Ottima base
per cambiare le istituzioni e fare anche altro. Sano pragmatismo di Berlusconi e Renzi cui auguro grande
successo». L'alleanza di fatto col Pd è la rinuncia definitiva a qualsiasi prospettiva liberale. «Il sogno liberista
è ormai un miraggio assoluto. Con l'euro e l'Europa bisogna dimenticarselo. Dominano i tedeschi che, tra le
pochissime idee originali che hanno avuto, prevale quella dell'economia sociale di mercato». Tu quoque. Eri
l'anima liberale del centrodestra e ti sei arreso! «Prendo atto che la Storia ha piegato altrove». Alternanza
destra-sinistra? «Superatissima». Da quando? «Negli ultimi due, tre anni con l'egemonia della Germania». È
un bene o un male? O sei troppo cinico per chiedertelo? «È, innanzitutto, ineluttabile. Nel tempo, sarà però
un male perché si mette la sordina alla democrazia liberale, per lasciare il posto a una democrazia mediaticoplebiscitaria». Insomma, così va il mondo? «Esatto. Basta guardarsi attorno. Gli Usa, con un mediocre come
Obama, non sono più l'alfiere della democrazia liberale. Il Mediterraneo è l'Isis. L'Africa è colonizzata dalla
Cina comunista. L'Asia, idem. La Russia che pare un anticorpo in questo scenario, ha però il piglio zarista di
Putin». È la disfatta liberalismo? «È la sua messa in quarantena. I valori liberali sono attualissimi, ma le sue
istituzioni decrepite. La tripartizione dei poteri di Montesquieu, fa ridere i polli. Oggi, la separazione andrebbe
fatta tra i tanti poteri sorti nel frattempo». Sei talmente avanti che ti sembreranno patetici i dibattiti di Fi sul
«recupero dello spirito del '94»? «Fi nel '94 aveva un nemico: il residuo di comunismo. Se l'avversario è
chiaro, è tutto semplice. Ora, l'avversario è la debolezza italiana nei confronti dell'Ue. Qui, anche Silvio è
impotente. La sola cosa da fare sarebbe contrastare Angela Merkel. Neanche il Cav ci ha provato. I risolini di
Cannes sono venuti perché gatto e volpe sapevano che Berlusconi avrebbe abbozzato». I meriti imperituri del
Cav? «Ha evitato l'egemonia comunista e messo le premesse del loro cambiamento. Ha trasformato i leghisti
da secessionisti in federalisti». I demeriti che scontiamo? «Non ha pensato alla successione, né alla nascita
di una classe di governo. Ha trascurato il futuro per egocentrismo». Per quale componente del centrodestra
voteresti? «Ai miei occhi, nessuno ha meriti sufficienti per giustificare una preferenza rispetto agli altri e
meritare il mio piccolo voto». Chi tra Renzi, Grillo e il Cav sarà ancora in sella tra due anni? «Mi auguro
Renzi, su cui nutro molte speranze. Spero però che,nei due anni,impari molto. Ha ancora limiti visibilissimi».
Mi hai spiazzato: non ti pensavo così drastico. «Urlo il mio pessimismo perché voglio una reazione».
Foto: Giuliano Urbani, classe '37, ha lasciato la politica nel 2005 [LaPr]
19/10/2014
Libero - Ed. nazionale
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«Lega Sud e asse con gli azzurri» Il Matteo padano legge il futuro
BARBARA ROMANO
«Lega Sud e asse con gli azzurri» Il Matteo padano legge il futuro a pagina 6 Salvini, nel '97 lei fu eletto tra i
comunisti nel Parlamento della Padania. Che ci fa oggi a braccetto con Marine Le Pen? «Rivendico tutto
quello che ho fatto in passato, ma alcuni valori della sinistra oggi in Italia li difende solo la Lega. Faccio notare
che in Francia la Le Pen prende una marea di voti in libera uscita dalla sinistra». Marine non le ha mai detto:
«Matteo, levati l'orecchino»? «No, lo sa che sono comunista dentro e che vado in curva allo stadio». Lei fu il
primo leghista a indossare la camicia verde in un palazzo istituzionale: il Comune di Milano. Orgoglio padano
o voleva fare il figo? «Lo feci perché ero orgoglioso di appartenere a un movimento che mi ha dato tanto. La
presidente del Consiglio comunale, Letizia Gilardelli del Pd, mi chiese subito di toglierla. Ovviamente la tenni,
anche perché sotto non avevo niente». Altre gesta barbariche? «Tirai un uovo a D'Alema presidente del
Consiglio fuori dalla Prefettura di Milano e non diedi la mano al presidente Ciampi quando venne in visita al
Consiglio comunale». E che giudizio dà oggi di Giorgio Napolitano? «È una persona che dovrebbe godersi i
frutti del suo lungo lavoro e ritirarsi». Com'è diventato leghista Matteo Salvini? «Fu una scelta di cuore. I miei
non si occupavano di politica: mia madre faceva l'interprete, mio padre era dirigente d'azienda. Al liceo
classico, a 17 anni, vidi un manifesto: "Sono lombardo, voto lombardo", con il simbolo di Alberto da Giussano.
Mi incuriosì perché al "Manzoni" erano tutti ciellini o comunisti. Cominciai così, per curiosità. Poi è diventata
una passione». Da piccolo cosa sognava di fare? «Il giornalista sportivo. Volevo commentare le partite del
Milan». Lei è nato con la maglia rossonera, ma si sceglie tutte donne interiste: la sua ex moglie e la sua
attuale compagna. «Sono andato allo stadio sia con l'una che con l'altra e ho litigato con entrambe. Adesso a
casa mia è vietato parlare di calcio». È vero che lei odiava Allegri? «Non lo sopportavo. Non è un allenatore
da Milan. Molle, molle come un fico». Avrà esultato quando è andato alla Juventus. «Ho brindato. La Juve
non vincerà lo scudetto per merito di Allegri». Ne ha parlato con Berlusconi ad Arcore? «Altroché. Gli avevo
chiesto io di cacciare Allegri quando era il nostro allenatore. Gli chiesi anche di mandare via Balotelli. Lui
all'inizio era contrario perché diceva che gli faceva vendere le magliette, ma alla fine mi ha dato retta. "Metti
più italiani in campo, fai crescere i nostri ragazzi", gli ripetevo, perché avevamo degli stranieri imbarazzanti:
Robinho, Constant... Oggi il Milan è una delle squadre più italiane in campo». Inzaghi le piace? «Pippo è
cresciuto a pane e Milan, certo che mi piace». Nella diatriba tra Barbara Berlusconi e Galliani, lei da che parte
sta? «Galliani ha fatto vincere tutto al Milan, lei è il nuovo. Quindi faccio il democristiano e sto con tutti e
due». Con Salvini la Lega è tornata di casa ad Arcore. Bossi ci andava di lunedì, lei di domenica. Lo fa per
vedere il Milan assieme al Cav? «Partite insieme a Berlusconi non ne ho ancora viste, ma lì si mangia molto
bene». Menù tipico? «Spaghetti al pomodoro e arrosto». Che idea si è fatto di Berlusconi chiacchierandoci a
tavola? «È un uomo davvero incredibile. Ma il suo partito non è altrettanto eccezionale». Si tornerà ai fasti di
Bossi & Berlusconi? «Non guardo al passato, ma se ci saranno i presupposti ricostruiremo quell'alleanza. Per
le regionali dell'Emilia Romagna l'abbiamo già fatto». E a livello nazionale? «Dipende dai progetti e da cosa
sarà Forza Italia alla fine del suo dibattito interno». Se ci fossero le primarie di centrodestra lei
parteciperebbe? «Non lo escludo, ma ce ne sono tanti nella Lega che potrebbero farlo». Cosa direte ai
"terroni" per convincerli a votare uno di voi? «Che non pensiamo solo al Nord. Infatti stiamo per far partire
una "sorella" della Lega in tutto il Centro-sud». Sta per nascere una Lega terrona? «Esattamente. La
presenteremo entro un mese. Saremo presenti in tutta Italia con un movimento che andrà da Roma alla
Sicilia, passando per Puglia e Calabria». Nome? «Stiamo definendo i dettagli su nome, simbolo e statuto. Di
sicuro ci sarà la parola Lega nel logo». Crede davvero di fare proseliti al Sud? «Ne abbiamo già una marea.
Nelle mie amicizie su Facebook la seconda città è Roma e la comunità più folta è quella pugliese». Ha
parlato con Raffaele Fitto del vostro sbarco nel Salento? «Finora no». Che idea si è fatto della battaglia che
sta conducendo dentro Fi? «Mi sembra coraggiosa, perché dire dei "no" non è mai comodo. Certo, poi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVISTA
19/10/2014
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bisogna vedere se sono dei "no" dettati da principi o da logiche di potere». Crede possibile un ticket SalviniFitto? «No». E un ticket con Giorgia Meloni, vista la vostra recente affinità politica? «Non m'interessano i
ticket. Il mio nemico numero 1 non è più Roma, ma Bruxelles. In questo con Giorgia siamo in perfetta
sintonia». Con Angelino Alfano, invece... «Col ministro di Mare Nostrum manco morto». Come sono suoi i
rapporti con Tosi? «Buoni. Flavio è uno dei sindaci più bravi che abbiamo. Alle primarie di centrodestra
potrebbe candidarsi lui, come Maroni, Giorgetti, Zaia...». Lei ha scelto di nominare Bossi presidente onorario
della Lega e questa è sembrata una sfida a Tosi, che aveva posto l'esclusione del Senatùr dalle cariche di
partito come condizione per ritirarsi dalla corsa alla segreteria. «Bossi è la storia della Lega e non si tocca».
Quando lo conobbe? «Nel'91,prima che Formentini diventasse sindaco diMilano». Che impressione le fece?
«Un'emozione terribile. Un carisma incredibile. Bossi era e rimane un genio assoluto della politica». Che
rapporto c'è oggi tra voi? «Ci sentiamo tutte le settimane.Per me è importante seguire i suoi consigli». E con
Maroni come va? «È il governatore della Lombardia, ci sentiamo quasi tutti i giorni». Raccontano che tra voi
non ci sia più il feeling di una volta. «Cazzate». Le piace come Maroni amministra la Regione? «Si può
sempre fare meglio. Ma venerdì è passata in giunta una legge a cui tenevo tantissimo e che colloca la
Lombardia avanti rispetto a tutta l'Italia: 400 euro al mese per i papà e le mamme separati o divorziati con figli
a carico». Lei è un papà separato: conflitto d'interessi? «Questa legge è per quelli che hanno un reddito di
10mila euro e io fortunatamente non rientro tra questi. Però conosco l'Associazione dei padri separati e so
bene che ci sono casi disperati. La norma sull'affido condiviso non è applicata e la giustizia italiana 9 volte su
10 avvantaggia le donne. Noi in Lombardia abbiamo fatto passi avanti, ma dovrebbe darsi una mossa il
Parlamento». Lei è credente? «Sì, ma sono un cattolico tiepido. Mi piacerebbe esserlo di più, ma vado a
messa tre volte l'anno. E l'ultima volta che mi sono confessato è stato11 anni fa, quando mi sono sposato».
Da cattolico divorziato vorrebbe che Bergoglio le permettesse di prendere l'ostia? «No, perché la Chiesa ha
dei principi e deve seguirli. Io ho sbagliato ed è giusto che ne paghi le conseguenze». Chi è il suo modello
nella Chiesa? «Monsignor Maggiolini, che aveva le idee ben chiare. Ma mi piace anche Papa Ratzinger».
Papa Francesco non le piace? «Ne apprezzo la spontaneità e la capacità di essere vicino al popolo. Spero
però che questo non vada a discapito della Chiesa cattolica. Fa bene Bergoglio a scaldare i cuori, ma spero
che non venda pezzi di coerenza». Niente aperture ai matrimoni gay, insomma. «Il matrimonio gay non è un
matrimonio. Punto». Non condivide nemmeno la legge sulle "civil partnership" annunciata da Renzi? «Il
codice civile riconosce già i loro diritti. Tra i quali sicuramente non può esserci l'adozione. Scimmiottare la
famiglia non interessa nemmeno ai gay, la cui priorità è pagare meno tasse. Io ne conosco tanti: non gliene
può fregare di meno di avere uno pseudomatrimonio». Berlusconi, invece, ha cambiato idea sui gay. Ha visto
il selfie con Luxuria? «Berlusconi può incontrare chi vuole, ma spero che per qualche voto in più non insegua
il politicamente corretto cavalcando battaglie sbagliate». Lei vive in una coppia di fatto. E la sua compagna è
diventata capo segreteria di Maria Cristina Cantù, assessore lombardo alla Famiglia nonché fedelissima di
Salvini. «La mia compagna è lì perché ha vinto un concorso pubblico e lavora da anni per questo assessore,
a prescindere da Matteo Salvini. Semmai essere la compagna del segretario della Lega per lei è un
problema». Il futuro leader di centrodestra potrebbe essere lei. Ci pensa mai quando si guarda allo specchio?
«Se sono arrivato a guidare la Lega e se il mio partito corre nei sondaggi, non lo escludo. Ma oggi il
centrodestra non esiste». Qual è il suo sogno allora? «Il mio sogno è fare il sindaco di Milano».
20/10/2014
Il Secolo XIX - Ed. nazionale
Pag. 2
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BONGIORNO: PREISTORICO E DEMAGOGICO SERVONO ASILI E LOTTA
ALLE DISCRIMINAZIONI
L'avvocato: «Gli aiuti alle future madri discendono da una visione della donna e della maternità
mussoliniana» ALLA RADICE «Ci sono mille cose da fare: in troppi casi la gravidanza è ancora una
penalizzazione»
PATRIZIA ALBANESE
«M I PARE che Renzi abbia una visione delle donne un po' preistorica». Pausa. «E anche mussoliniana, sì.
Per quanto riguarda le mamme». Giulia Bongiorno, avvocato penalista e madre del piccolo Ian di quasi 4
anni, è a dir poco perplessa alla notizia degli 80 euro mensili destinati alle neomamme per tre anni, a partire
dal gennaio 2015. Purché con reddito entro i 90 mila euro lordi. Perplessa - come forse molte altre donne, più
e meno famose - per almeno due motivi: «Quel numero 80 che evidentemente piace molto a Renzi...». Ma
soprattutto alla fondatrice di "Doppia Difesa", l'associazione che fornisce assistenza legale gratuita alle donne
in difficoltà, non va giù l'aiuto "alle mamme": «Perché di un figlio si occupano entrambi i genitori, che sono
madre e padre». O famiglia monogenitoriale. «Appunto. Per questo dico che ha una visione un po' preistorica
della donna. E mi ha colpito non poco in uno come Renzi. Per come appare». Ci sono anche i neonati di
coppie gay, partoriti all'estero. Argomento troppo scottante? «Non a caso, non ne ha affatto parlato.
Limitandosi a enunciare il bonus per chi partorisce nel 2015. Così come non ha parlato dei problemi
quotidiani delle donne. A partire dagli asili nido, che mancano. E di mille altri problemi quotidiani». Contraria
agli 80 euro? «Credo che la prima cosa vera per le donne sarebbe il ripristinare il ministero per le Pari
Opportunità. È stato uno sfregio alle donne eliminarlo. Sì che c'è la crisi e la spending review. Ma non è certo
meno importante del ministero dell'Economia. C'erano miliardi di cose da fare, per le donne. E per evitare che
la gravidanza in troppi casi sia ancora una penalizzazione». Possibile? «Certo. Pensi alle donne avvocato,
libere professioniste o con un'attività in proprio. Continuano a non essere tutelate. Per non dire delle donne in
difficoltà economica, che vanno aiutate. Quanto agli 80 euro...». Ecco, appunto. «Forse a Renzi piace il
numero. Sempre questo. Sempre lo stesso... È una cosa positiva, ma non vorrei fosse un alibi per non fare
altro. Anche perché finora per le donne non ha fatto nulla. Quasi un'ammissione, la sua, in questo senso. E
una scelta demagogica». Ma servono questi soldi? «Non posso dire che non servano. Tutte le mamme hanno
bisogno di aiuto. E non solo economico, insisto. Però la scelta m'insospettisce». Perché? «Una scelta
demagogica con quell'80 sempre a mezzo. Un numero da ricordare in campagna elettorale. La sta
preparando. Questo è il secondo 80. Ma direi che ce ne possiamo aspettare un terzo. A ridosso del voto».
Corretto il reddito di 90 mila euro lordi, per ricevere l'assegno governativo mensile? O andava abbassata la
soglia? «Difficile da commentare. Nel senso che non riesco a capire questo aiuto. E poi a chi dovrebbe
andare? Alla mamma? Ma un figlio è di tutti e due i genitori. È sempre la stessa storia». Ovvero? «Un figlio
porta il cognome del padre, ma poi lo cura la madre. Che significa 80 euro alle mamme?». A chi si dovevano
dare? «Alle famiglie. Anche a quelle monogenitoriali, certo. Ecco perché per come l'ha messa giù Renzi in
televisione mi sa tanto di spot». Un mero spot? «Certo. Ci sono cose molto più urgenti per le donne». Ad
esempio? «È più urgente riuscire a fare leggi sulla violenza. E avere in parlamento più donne, che queste
leggi poi facciano». E invece? «Invece continuano a essere poche. E a non esserci donne in posti di potere.
E non parlo soltanto di governo. Parlo anche della società. Perché il massimo che si può assegnare a una
donna è la presidenza, anche di un grande ente. Ma perché non amministratore delegato, che ha il potere
vero?». Tornando al bonus bebè che riappare a governi alternati... «Uno spot elettorale. Evidentemente,
Renzi si sente già in campagna elettorale. Una sparata bella e buona. Per far dimenticare alle donne quanto
ha fatto finora. Ovvero: il nulla. Ma questa sparata mi pare un autogol». Addirittura? «Per le donne, ripeto,
non ha fatto nulla. Se non togliere il ministero delle Pari Opportunità. Penso che le donne se lo ricordino...».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
248
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«UNA SPARATA PER FAR DIMENTICARE L'ABOLIZIONE DEL MINISTERO DELLE PARI
OPPORTUNITÀ» L'INTERVISTA
20/10/2014
Il Secolo XIX - Ed. nazionale
Pag. 2
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
249
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In attesa di... «Della campagna elettorale vera e propria. E visto che l'80 è un numero che gli piace e che
Renzi vuol far restare in testa alle persone, attendiamoci il terzo "80". A quel punto, sapremo che si andrà
direttamente a votare». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA
I nuovi nati in Italia
80%
20%
514.000
da donne straniere
2,65
2,20
1,34
1,27
da donne italiane
NUMERO MEDIO DI FIGLI PER DONNA
1,39 1,42 Fonte: Istat Italiane Media anno Immigrate 2013 2012 2008 2013 TOTALE 2013
Foto: L'avvocato Giulia Bongiorno
18/10/2014
Il Foglio
Pag. 2
(diffusione:25000)
Adriano Sofri
Del viaggio di Putin a Milano sono state interessanti piuttosto le digressioni. La visita a Berlusconi, certo:
quelli della notte. Ma soprattutto la sosta a Belgrado. Dove ha trovato il modo di partecipare alla sfilata
militare per commemorare la liberazione della Jugoslavia dal nazismo spiegando che il nazismo sta tornando,
sull'esempio, dice, dell'Ucraina, specialmente in Lettonia e negli altri paesi baltici. Un passato tragicamente
colpevole viene giocato per fare un boccone del presente. Una ragazza di Riga guarda il video di Belgrado ed
esclama: "Che bocca grande che hai!".
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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PICCOLA POSTA
18/10/2014
ItaliaOggi
Pag. 2
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Dopo Craxi e il Cav, riusciranno i conservatori ad affossare Renzi?
La legge di Stabilità è una scommessa anche sull'Europa
SERGIO SOAVE
Nessuno può garantire che l'impostazione espansiva della legge di Stabilità presentata dal governo avrà gli
effetti sperati o che sarà in grado di superare gli ostacoli che verranno dall'ala più rigorista delle istituzioni
europee. La scelta di gettare il cuore al di là dell'ostacolo, muovendosi come se fosse certo che nel breve
termine si possano realizzare miglioramenti sensibili nella produzione e nell'occupazione, naturalmente, ha il
carattere di una scommessa e le scommesse non piacciono a chi pensa di poter giudicare solo in base a
criteri strettamente aritmetici e contabili. Da quel punto di vista sono fondate le richieste europee e di una
parte delle opposizioni italiane di fare chiarezza sulle coperture delle maggiori spese, che non è sicuramente
cristallina. Tuttavia il fatto che si indichi una direzione di marcia per la crescita, anche se un po' in azionata di
volontarismo o addirittura di velleitarismo, corrisponde, in sostanza, alle esigenze nazionali e forse, più in
generale, a quelle di una sutura della faglia che sta dividendo in due il continente europeo e che se non sarà
fermata travolgerà inevitabilmente gli strumenti di integrazione, a cominciare dalla moneta unica.
Naturalmente, una volta affermata una volontà politica ferma, sulla quale cercare di realizzare le più ampie
convergenze possibili sia all'interno del Parlamento italiano sia nel consiglio europeo, sarà necessario fornire
tutte le precisazioni richieste, perché un'operazione di assestamento del bilancio non può essere assimilata al
genere letterario del comizio elettorale. Il punto critico, lo sanno tutti, è la questione dei tagli, sia quelli
dell'amministrazione statale sia quelli delle amministrazioni regionali, che appaiono assai recalcitranti
(seppure con qualche ragione quando chiedono che i tagli siano operati in base ai costi standard per punire
gli sprechi come dice Roberto Maroni dalla Lombardia). Paradossalmente gli ostacoli interni più consistenti
alla scelta espansiva del governo vengono dai tradizionali centri di potere e di in uenza della sinistra, dalla
Cgil alle amministrazioni locali, che in nome di antiche certezze mettono i bastoni tra le ruote a un già
complesso percorso di rinnovamento che necessita invece di superare vincoli ideologici burocratici e con itti
di competenze paralizzanti. Si tratterà di vedere se questo confronto produrrà una consapevolezza del peso
che le tradizioni legittimamente corporative del sistema di potere reale esercita sulle possibilità di
rinnovamento oppure se fi nirà anche questa volta, come già accadde con Bettino Craxi e con Silvio
Berlusconi in una vittoria della conservazione contro l'esecrato «decisionismo». © Riproduzione riservata
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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IL PUNTO
18/10/2014
ItaliaOggi
Pag. 6
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Fondazione Fiera Milano batte cassa in Fiera
ANDREA GIACOBINO
Alla Fondazione Fiera Milano presieduta da Benito Benedini servono subito tanti soldi, 13 mln di euro per
l'esattezza, e a darglieli dev'essere entro fine di quest'anno la controllata quotata Fiera Milano. La richiesta è
stata avanzata nei giorni scorsi con una lettera indirizzata dal direttore generale della Fondazione, Corrado
Peraboni, all'amministratore delegato di Fiera Milano Enrico Pazzali. «Caro Enrico - dice la lettera - alla luce
delle esigenze finanziarie della Fondazione, ti confermo la necessità che, entro il prossimo mese di dicembre,
ci vengano corrisposti ulteriori 13 mln di euro rispetto a quanto già da voi comunicato: 5 mln a fine novembre
e 5 mln in dicembre». Perché questa richiesta? «In tal modo - spiega ancora Peraboni - pur residuando un
saldo a nostro favore sul conto di corrispondenza di circa 20 mln, saremo in grado di far fronte alle scadenze
previste dal nostro piano di ammortamento». Peraboni chiede infine a Pazzali di «confermare tali scadenze».
Le somme in questione si riferiscono al canone d'affi tto, recentemente rimodulato, che Fiera Milano paga per
l'utilizzo delle aree di proprietà dell'ente presieduto da Benedini, locazione che costituisce peraltro, per la
Fondazione, l'unico introito signifi cativo, che vien regolato attraverso il citato conto di corrispondenza con la
quotata. La richiesta di ulteriori 13 mln si deve leggere alla luce delle rate arretrate del canone che Fiera
Milano non ha ancora pagato mentre a sua volta la Fondazione è esposta verso le banche per 220 mln, con
un piano di ammortamento, ove la parte consistente (161 mln) la fa il pool creditizio guidato da Intesa
Sanpaolo e i rimanenti 55,4 mln sono dovuti al ticket Intesa/Bpm. Il canone di affi tto delle aree stipulato tra
Fondazione e Fiera Milano vale circa 78,5 mln all'anno, ma è stato rivisto al ribasso di 120 mln per il periodo
2014-2023. Benedini in una recente riunione del comitato esecutivo della Fondazione ha espresso «la
necessità che Fiera Milano faccia fronte al ripristino di una situazione fi siologica del conto di
corrispondenza». E ha detto che, a tal proposito, ha raccolto le «rassicurazioni» di Michele Perini, presidente
della quotata. I Colaiacovo vendono 3 mln di titoli Unicredit I Colaiacovo, famiglia umbra operante nel
cemento come uno dei più importanti produttori nazionali di medie dimensioni, ringraziano l'andamento
borsistico del titolo Unicredit sul quale hanno investito, ma hanno messo ufficialmente in vendita la loro quota
nella banca di piazza Gae Aulenti. La capogruppo Financo, guidata da Francesca Colaiacovo, ha infatti
mandato interamentea riserva l'utile di 8,1 mln di euro segnato nel 2013, raddoppiato rispetto ai 4,1 mln di
profi tto del precedente esercizio. Tutto merito del «ripristino parziale» per 4,3 mln del valore di carico degli
oltre 3 mln di titoli Unicredit, acquistati a suo tempo per 172 mln e svalutati negli esercizi precedenti per quasi
142 mln. Ora il valore di carico complessivo è stato ritoccato a 16,3 mln,e ciò rappresenta un prezzo unitario
di 5,38 euro (oggi il titolo viaggia a 5,6 euro), ma la partecipazione in bilancio è stata riclassifi cata tra le
attività fi nanziarie non immobilizzate. «Il consiglio d'amministrazione - si legge infatti nella nota integrativa - in
considerazione delle quotazioni del titolo, ha ritenuto opportuno cogliere le opportunità di mercato, anche i
termini di eventuale smobilizzo dell'asset, che si presenteranno in futuro per fronteggiare altre esigenze
aziendali, ritenendo non più strategico tale asset». Con oltre 2 mila e 200 addetti, il gruppo dei Colaiacovo ha
visto il fatturato anno su anno contrarsi da 532,2 a 524,5 mln, l'ebitda da 61,6 a 46,3 mln, l'ebit da 14,7 a 5
mln e il risultato consolidato scivolare in negativo per 10,8 mln. Financo realizza 378,8 mln di ricavi nel
cemento e 130,7 mln nel calcestruzzo in Italia e all'estero attraverso soprattutto le subholding operative
Colacem e Colabeton, 2,5 mln nei trasporti e 12,5 mln nel business diversifi cato che ruota attorno al Park
Hotel Cappuccini di Gubbio e all'autodromo Misano World Circuit. Il gruppo ha leggermente diminuito i debiti
verso banche, passati anno su anno da 177,2 a 172,6 mln: i principali istituti esposti verso i Colaiacovo sono
appunto Unicredt (41,5 mln), Intesa Sanpaolo (35 mln) e Bnl Bnp Paribas (28,7 mln). Caprotti si astiene sul
bilancio di Gigante Continua la guerra di logoramento tra due protagonisti italiani della grande distribuzione
italiana. Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, poche settimane fa si è infatti astenuto sul bilancio de Grandi
Magazzini e Supermercati Il Gigante chiuso alla fi ne dello scorso febbraio, ma pochi giorni fa ha comunque
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CARTA CANTA
18/10/2014
ItaliaOggi
Pag. 6
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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incassato 1,5 mln di euro dalla cedola di complessivi 6 mln appena distribuita dal gruppo concorrente, guidato
con pugno di ferro dal rivale Giancarlo Panizza c he l'ha fondato nel 1972. Ne Il Gigante, infatti, Caprotti
tramite Esselunga è rimasto azionista al 25% dopo aver tentato qualche anno fa una scalata ostile che non è
riuscita. Così da socio pesante si limita a fare ostruzionismo, anche se il verbale dell'assemblea non riporta la
motivazione della astensione dall'approvazione del bilancio. Ciò detto il 2013 de Il Gigante si è chiuso nel
civilistico con un utile di 3,7 mln rispetto ai 9,6 mln del 2012, accantonato tutto a riserva mentre dalla stessa è
stata attinta la cedola deliberata. Segnali di diffi coltà invece, giungono dal bilancio consolidato chiuso in
perdita per 2,6 mln su un fatturato in contrazione anno su anno da 980 a 834 mln. L'ebitda si è ridotto da 18,2
a 16,7 mln e l'ebit da 11,5 a 10,3 mln mentre a livello patrimoniale la posizione fi nanziaria netta è negativa
per 10,6 mln. Il Gigante, che Panizza controlla attraverso la holding di famiglia Riva Azzurra, conta su 49 fra
super e iper mercati e superstore, la maggior parte dei quali basati in Lombardia, con oltre 6.000 addetti. Ma
proprio sul personale è in atto una politica di tagli dei costi.
18/10/2014
ItaliaOggi
Pag. 3
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Ok alla Costituzione della rete
La notizia che la commissione istituita pochi mesi fa dalla presidenza della camera presieduta da Stefano
Rodotà ha pubblicato una bozza in 14 punti (13 relativi ai diritti, uno relativo ai criteri «per il governo della
rete») di una sorta di Costituzione della rete, è senz'altro una buona notizia. È anche una eccellente notizia
che il testo sarà messo, a partire dal 27 ottobre, in pubblica consultazione sulla rete. Una prima visura del
testo attuale, in sé molto snello, non evidenzia peraltro particolari novità tecnico-giuridiche se non la
mancanza di una esplicita tutela della proprietà intellettuale sulla rete (che in realtà è il tema dei temi che si
dibatte a livello internazionale) e una difesa dell'anonimato sul web che non sembra tenere conto del
funzionamento attuale dei social network. Sono peraltro certo che questi temi saranno approfonditi attraverso
la pubblica consultazione e ribadisco che è comunque importante che una delle massime istituzioni del paese
si ponga, e per la prima volta, un obiettivo tanto serio e ambizioso anche a livello internazionale. A proposito
di nuove tendenze sui social, poche settimane fa Beyoncé (la celebre cantante-attrice americana considerata
da Vogue «la donna più bella del mondo») ha postato su Facebook e su YouTube un suo video che ritrae il
«dietro le scene» della sua performance dal vivo al Mtv Video Music Awards. Ebbene, nelle prime 24 ore gli
utenti di Facebook hanno guardato il video 2,4 milioni di volte mentre nello stesso periodo solo poche migliaia
di utenti l'hanno visto su YouTube. Questo esempio segnala in maniera chiarissima una tendenza sempre più
accentuata a utilizzare Facebook anche per le condivisioni di filmati e video. Secondo dati provenienti dalla
stessa azienda, sarebbero in media circa 100 milioni i nuovi video che vengono caricati mensilmente su
Facebook. Clamorosa la vicenda dell'Ice Bucket Challenge di questa estate dove, sempre secondo
Facebook, dal 1° giugno al 1° settembre più di 17 milioni di video di persone di ogni estrazione che si
sottoponevano alla doccia ghiacciata sono stati caricati sul social e visti per ben 10 miliardi di volte da più di
440 milioni di utenti di Facebook. Eppure per l'azienda di Mark Zuckerberg, la condivisione dei video è ancora
un esperimento agli inizi (c'è il problema che per molti la visione di un video su smartphone può portare costi
aggiuntivi non irrilevanti) ma che già dimostra la sua incredibile potenzialità. E che potrà compensare un'altra
tendenza che sta emergendo, quella del calo significativo (dal 72 al 45%) dell'uso di Facebook da parte degli
adolescenti (13-19 anni) che migrano verso Twitter e Instagram (quest'ultimo peraltro di proprietà di
Facebook...). *delegato italiano alla proprietà intellettuale CONTATTI: [email protected] © Riproduzione
riservata
Foto: Mauro Masi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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IL PUNTO DI MAURO MASI*
18/10/2014
Financial Times
Pag. 3
(diffusione:265676, tiratura:903298)
Russian leader drops in late on Berlusconi before talks with Poroshenko
JAMES POLITI - MILAN
The most hotly anticipated event at a summit in Milan this week was a carefully brokered meeting between
Vladimir Putin, the Russian president, and Petro Poroshenko, his Ukrainian counterpart, and the hope that it
might deliver some breakthrough in Ukraine's festering conflict. But the summit's most intriguing encounter
may have been the late-night visit Mr Putin paid to his old pal Silvio Berlusconi. After a gala dinner on
Thursday and talks with Angela Merkel of Germany, Mr Putin wandered over to the former Italian prime
minister's Milanese residence on via Rovati for a nightcap. Few details were released about the meeting except for the fact that it lasted between about 1.30am and 3am. Still, Italy's news media was buzzing about
the reunion. Inevitably, reports harked back to the "bunga bunga" days, when Mr Berlusconi hosted notorious
parties and the two pals unwound together in Russian dachas and Sardinian villas. "Berlusconi admires
Putin's macho, decisive and authoritarian governing style, which the Italian PM believes matches his own,"
Ronald Spogli, the former US ambassador to Italy wrote in a 2009 diplomatic cable released by WikiLeaks
That era came to an end with Mr Berlusconi's resignation in 2011 and his subsequent tax fraud conviction.
(He had also been convicted by an Italian court of paying for sex with a minor but was later cleared on appeal
because there was no evidence he knew the prostitute was underage.) Mr Putin memorably defended his
friend, observing: "Berlusconi is being tried because he lives with women. If he was homosexual, no one
would have lifted a finger against him." Still serving a one-year sentence of community service, Mr Berlusconi
volunteers at a retirement home. He normally lives at his villa outside Milan. But he managed to make special
arrangements with Italian officials to allow him to head into town to host Mr Putin closer to the summit,
according to media reports. The much-publicised rekindling of the friendship may have overshadowed Matteo
Renzi, the energetic new Italian prime minister. The 39-year-old former mayor of Florence brokered the
Poroshenko meeting and had been hoping to play the role of statesman at the summit of European and Asian
leaders. For Mr Poroshenko, the meeting must have been a taunting reminder of Russia's close ties with Italy,
which have been evident in the country's timidity in joining its EU partners to place tough economic sanctions
on Moscow for its actions in Ukraine. The Putin-Poroshenko morning meeting was joined by the leaders of
the EU's biggest member states - Mrs Merkel, François Hollande of France and David Cameron of Britain.
The session was described as tense but constructive. Mr Putin and Mr Poroshenko discussed several thorny
issues, from allowing drones to monitor the border between the two countries to the structure of local
elections in the pro-Russian separatist region of eastern Ukraine. They pledged to enforce a truce agreed last
month that has since been frequently breached. They later reconvened for another meeting in the early
evening. "Things have moved forward but they have not been sorted," said Mr Hollande. But a Kremlin
spokesman, Dmitry Peskov, accused some in the room of taking an "absolutely biased, non-flexible, nondiplomatic" approach to Ukraine, offering little hope an agreement was on the cards. Afterwards, the leaders
retired for lunch at the Westin hotel in Milan. The restaurant is named the Casanova. Vladimir Putin meets
Petro Poroshenko, left, while earlier Silvio Berlusconi bids farewell to the Russian leader- AFP/Epa
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Putin's nightcap with old pal dims focus on Ukraine
18/10/2014
Financial Times
Pag. 8
(diffusione:265676, tiratura:903298)
Notebook by Gillian Tett
In recent years, Joseph Perella, one of the giants of the private equity world, has become obsessed with
Italy's history. The periods that normally attract attention, such as the Renaissance or the Roman empire, are
not what interest Mr Perella. Instead, what has sparked his passion is a saga that is relatively unknown in
America; namely how ordinary Italians treated their Jewish minority during the second world war. This week
Mr Perella (whose parents hail from Italy) shares this obsession. Rome's film festival, which opened on
Thursday, showcases a documentary Mr Perella financed with a group of Italian-American business leaders.
The film relates how men such as Gino Bartali, a cycling legend, worked with hundreds of unknown Italians to
keep thousands of Jews alive during the Holocaust. It is a fascinating project. For one, it is a reminder of how
ethnic heritage creates networks among the US business elite. The consortium of Italian-Americans Mr
Perella pulled into this $1.5m project features people such as Kenneth Langone (head of the retailer The
Home Depot), Maria Bartiromo (the television journalist) and Joseph Tucci (head of the data storage
company EMC). More important is the subject of the documentary. Until last weekend I knew very little about
how Italians treated Jews during the Holocaust. As a child in London I heard Jewish friends talk about the
horrors inflicted on Jewish communities in Germany, Austria and Poland. I also heard tales of heroism, and
watched films such as Schindler's List. But I did not know that about 80 per cent of the Jewish population in
Italy survived the war. While that partly reflects the fact the Nazis never completely controlled Italy, Italian
attitude was also crucial. Although some co-operated in shameful ways with the Nazis to send Jews to
concentration camps - with tragic results - many others created networks to protect them. Despite the
Vatican's failure to speak out, Catholic priests and nuns played a central role in these rescue missions, in
sharp contrast to those in Poland. The documentary highlights how Bartali carried false documents across
Italy as he "trained" on his bike, cycling for miles between monasteries and churches. Many other Italian
protectors have never been celebrated, reflecting another historical quirk: although Italy is often portrayed as
a voluble nation, the rescuers were often quiet about their role. So much so that Oren Jacoby, the film-maker,
initially wanted to call the documentary Don't Talk About It, before changing it to My Italian Secret. Quite why
this pattern arose is a matter of dispute. One factor was that the Italian Jewish community was well integrated
and relatively small. Another may have been a cultural propensity for ignoring rules: many Italians simply
found creative ways to flout Nazi orders to hand Jews over. But, whatever the reason, the tale is worth
celebrating - and not just among people of Italian or Jewish descent. We tend to focus so heavily on human
brutality that it is easy to forget humans have a capacity for doing great good as well. Insofar as we celebrate
heroes, they tend to be towering figures who often assume near-superhuman status. In reality, when people
get sucked into evil, it rarely occurs as a result of a binary choice; instead, a long series of tiny, half-conscious
decisions creates a slide from good to bad. Similarly, when societies combat evil, this does not always occur
because of dramatic resistance - but as a result of quiet decisions taken by ordinary people to say "no". "What
this film shows is that if you are not indifferent then you can make a difference," Mr Perella observes. "But the
remarkable thing about this story was that most of the people involved did not want to talk about it." Which, of
course, is precisely why stories such as this need to be told as loudly as possible. Particularly in a world
where genocide keeps happening, over and over again - and where it is the tales of evil, not good, that
children overwhelmingly tend to hear. 7 [email protected]
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Respect for the quiet heroes of wartime Italy
18/10/2014
Financial Times
Pag. 11
(diffusione:265676, tiratura:903298)
3 The high-octane race between taxi app services such as Uber and Lyft for the hearts, minds and, most
importantly, fares of city dwellers in the US has claimed a scalp. Hailo, a UK-based group, is reversing out of
North America with nary a glance in its rear-view mirror as it burns rubber to make a swift exit. "Sorry, guvnor.
I may go south of the river, but I ain't going west of the Atlantic at this time of night." 3 Things do not look so
good for Luxottica following Enrico Cavatorta's dash for the exit after just 40 days at the Italian luxury group.
What caused the former chief executive's rose-tinted spectacles to shatter so quickly is not clear, but he
certainly left the company's image distinctly dishevelled. It falls to founder Leonardo Del Vecchio to come up
with a clear vision for the once immaculately turned-out empire. 3 Netflix executives feeling a chill down their
spines might think it is the air-conditioning on the blink, but they would be mistaken. In fact, it is because
Winter Is Coming as HBO, the company behind the epic fantasy series Game of Thrones, sets its sights on
storming its rival's castle and taking the Iron Throne of streaming. This clash for viewers could end up being
as bloody as one of the gore-soaked episodes of the show. 3 If Hollywood knows anything, it is how to woo
an audience and then fleece it. So as China leaps up the ranks for box-office takings, film executives are
doing all they can to cater to this voracious market. Universal Studios is planning to open a $3.3bn theme
park near Beijing. Perhaps the company is hoping to blag screen time in Michael Bay's next China-pandering
epic - Transformers: The Age of Product Placement.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Short cuts
18/10/2014
Financial Times
Pag. 13
(diffusione:265676, tiratura:903298)
Investors fear that global economic prospects have been mispriced after 'growth shock'
RALPH ATKINS AND CHRISTOPHER THOMPSON - LONDON MICHAEL MACKENZI
For veterans of global financial crises, early Wednesday in New York was a frightening flashback. In a matter
of minutes yields on US Treasuries, which move inversely with prices, dived precipitously. Such dramatic
moves are extremely rare; it was as if mounting tensions in global markets had suddenly found expression. "It
felt things could really crack. We haven't seen that for a long time," says Isaac Chang, global head of fixed
income at KCG. The "flash crash" in US Treasury yields was the tensest moment in the most turbulent week
in markets since the eurozone crisis. Global equity and bond prices swung sharply, oil prices fell and
"spreads" widened between government borrowing costs in the weakest eurozone countries and in Germany.
By the end of the week relative calm had returned - helped by hints from US Federal Reserve and Bank of
England officials that central bankers could delay any monetary policy tightening. Market sentiment, however,
has shifted decisively, with investors fearing markets have mispriced global economic prospects, and that the
financial system remains prone to malfunction. "We were definitely in dangerous territory - equities were high,
spreads were tight - but what happened [on Wednesday] was something exceptional," says Erik Nielsen,
chief economist at UniCredit. "I have never seen a move back and forth in such a short space of time." The
backdrop to the stress was a violent clash of views between global equity and bond investors. For much of
this year equities had rallied on hopes of a world economic recovery, with the Fed "normalising" US monetary
policy next year. But falling yields on "safe" US, UK and German government bonds told a different story - of
sluggish growth, low inflation and central bankers trapped at low interest rates for longer. This week it was the
bond gloomsters who were vindicated. Markets, in effect, were dealt a "growth shock" as investors reeled
from a toxic combination of economic forecast downgrades by the International Monetary Fund in Washington
last week, concern about China, falling inflation rates, a stalling German economy and worries in the US
about the impact of a stronger dollar. Exacerbating the turmoil were investors caught short by the sudden turn
in sentiment. A tipping point on Wednesday was when 10-year US Treasury yields fell below 2 per cent. The
breach caused many who had bet on rising yields finally to capitulate - sending yields even lower. Banks
blamed regulators for reducing market liquidity and intensifying the scramble. Instead, investors traded in
futures markets: CME Group said daily volume in derivatives trading hit 39.6m contracts - the highest in its
166-year history. A broader global concern has been risks facing continental Europe. Euro-zone shares have
been among this week's worst performers, while European equity funds saw a record weekly outflow,
according to EPFR data. Market expectations about long-term euro-zone inflation rates have collapsed,
highlighting a loss of faith in the ability of Mario Draghi, ECB president, to avert a slide into a deflationary
downswing. "Post-IMF meetings, people are particularly worried about Europe," says Mr Nielsen. "There is a
sneaking feeling that Draghi may have promised more than he can deliver - and particularly that the Germans
are not going to go along with any fiscal easing." Germany has also signalled opposition to full-blown
eurozone QE, or government bond buying. "In Europe a correction is good because it reminds people that all
is not hunky-dory," says Nikhil Srinivasan, chief investment officer at Generali, the Italian insurer. "It reminds
the EU that they've got to do more for the weaker states. We cannot assume everything is going to be OK because it's not going to be OK if we don't work in tandem." As risk aversion soared, Greece saw its 10-year
borrowing costs rise above 9 per cent - a level that would be considered unsustainable if the crisis-hit country
were funding itself. Stresses spread across the eurozone "periphery"; Italy and Spain also saw bond yields
spiking. "For the next month I see more catalysts for downside," warns Thibault Colle, credit strategist at
UBS. "Unless you're a firm believer in ECB sovereign QE sooner rather than later, I don't think there's a
reason to be aggressively involved in the periphery." Even after central bank verbal intervention this week hinting that fresh Fed QE was possible and that interest rate rises would be delayed - it is not obvious that
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Wild price swings a flashback to crisis
18/10/2014
Financial Times
Pag. 13
(diffusione:265676, tiratura:903298)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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sentiment will change soon in the US either. In the absence of significant confidence-boosting US economic
data, attention will focus on companies' third-quarter earnings. Meanwhile markets have this week scaled
down interest rate expectations for 2015. Yields on two-year US Treasuries - which most closely follow
expectations about official borrowing costs - have fallen from 55 basis points at the start of October to 35bp.
Michael Kastner, managing principal at Halyard Asset Management says: "There is a view that the Fed will
lose its nerve given all the market volatility." Central bankers had already forfeited markets' full confidence
before this week; now they are starting to be intimidated by them. 'Flash crash': when 10-year US Treasury
yields fell below 2% on Wednesday, many investors who had bet on rising yields capitulated - Spencer
Platt/Getty Images
20/10/2014
Financial Times
Pag. 2
(diffusione:265676, tiratura:903298)
European Central Bank's job has been made even more difficult by a drop in oil prices
DELPHINE STRAUSS - LONDON CLAIRE JONES - FRANKFURT
Pity the policy makers tasked with rescuing the eurozone from deflation. The unorthodox steps the European
Central Bank has taken since June - including a programme of private sector asset purchases - have caused
a steep fall in the euro. The single currency is down some 10 per cent against the dollar and 5 per cent on a
trade-weighted basis from its peaks earlier in the year. The weaker exchange rate will ease pressure on the
ECB in its fight to raise inflation back to the central bank's target of just below 2 per cent. Mario Draghi,
president, has said the currency's prior strength explains 0.4 percentage points of the fall in inflation since
2012. In that year, prices were growing by 2.7 per cent a year. But just as this depreciation is starting to fuel
inflation, the ECB must contend with a fall in oil prices that all but wipes out the impact of a sliding currency. A
weaker euro should swiftly raise the cost of imported energy. Instead, Brent crude has fallen about 10 per
cent in euro terms this month alone. This is the main reason why eurozone inflation fell again in September to
0.3 per cent, a five-year low - a figure confirmed by data on Thursday. "The drop in oil prices is a problem for
the ECB," says Marco Valli, an economist at UniCredit, adding, however, that the situation would have been
far worse without the single currency's fall. "The impact on inflation is already visible and significant - if you
still had the euro at 1.40 to the dollar, eurozone inflation would probably be zero." A cheaper euro will also
please business leaders who have long called for action to curb the value of the currency. But economists
warn it is hard to tell how far this bout of depreciation will boost the region's anaemic recovery. In theory, a
rise in corporate profits supports business investment, hiring and consumption. But analysts warn the
relationship between exchange rates and export volumes is not clear-cut. In the UK, despite sterling's plunge
at the onset of the global financial crisis, exports only regained their pre-crisis level in 2011. In Japan,
corporate profit margins have soared since the central bank launched its large-scale monetary stimulus in
2013, but export volumes have not risen much. There are also doubts over just how much difference the
euro's fall will make to exporters in different countries. "Rich people in the Middle East will continue to buy
Mercedes," Mr Valli argues. "Italian or Spanish companies may care more about price competitiveness . . . if
their products have a lower technological content and are more exposed to emerging markets competition".
He estimates that the 5 per cent fall in the trade-weighted exchange rate could add 0.4 to 0.5 percentage
points to eurozone growth, mostly in the first half of 2015. But others warn that states of the southern
periphery may be the least likely to benefit from a sliding euro: Jacques Cailloux, an analyst at Nomura, says
the French export sector is "structurally damaged" and hence unlikely to benefit much from a cheaper
currency. Countries where exports account for a bigger share of gross domestic product stand to gain most.
Nomura estimates that a 10 per cent fall in the euro's effective exchange rate would boost Germany's GDP by
0.43 percentage points. Italy could benefit almost as much as Germany, but France's GDP would rise by just
0.2 percentage points and Spain would see little change. Moreover, while a weaker euro can give eurozone
inflation and growth a one-off boost, the effects will dissipate unless they are reinforced by reforms. "A weaker
euro is going to help exporters. At the same time, the fall in the price of oil will help offset the rise in the cost
of imports," said Guntram Wolff, director of Bruegel, a think-tank. "But it's not sufficient - the eurozone needs
domestic sources of growth. That's the big issue." Analysts point out it would take a much bigger depreciation
than the one that has occurred so far to bring euro-zone inflation back to the ECB's target. Instead, last week,
the recent rally of the US dollar has stalled, as doubts grow over the future path of US inflation and interest
rates. On Wednesday, the euro had its biggest bounce against the greenback in more than a year. "It seems
the next front in the global currency war will be a European one," writes Peter Kinsella, strategist at
Commerzbank. See Editorial Comment See Wolfgang Münchau Money moves: analysts say it will take a
much bigger depreciation than the one that has occurred so far to bring eurozone inflation back to the ECB's
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Euro fall offers mild respite in deflation war
20/10/2014
Financial Times
Pag. 2
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target Hannelore Foerster/Getty Images
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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20/10/2014
Financial Times
Pag. 3
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Prime minister plays for time over 'Abenomics' reforms
Sharp economic contraction and poor opinion poll findings add to stakes for Japan's leader
GIDEON RACHMAN AND JAMES POLITI - MILAN
The exuberance has gone from "Abenomics". Instead, the effort to turn the Japanese economy around
increasingly looks like a long, hard, perilous slog. Speaking to the Financial Times in Milan on Friday - on the
fringes of the Asia-Europe summit - Shinzo Abe, the Japanese prime minister, argued that his reforms are a
work in progress. With opinion polls reporting more than 80 per cent of Japanese people feel they have not
benefited from the reform programme that bears the prime minister's name, Mr Abe pleaded for time. "I
believe there will come a day when the economy will start a virtuous circle that will be felt in every corner of
the nation," he said. On previous trips, the Japanese prime minister has been a confident salesman for his
reforms. He once urged traders at the New York Stock Exchange to "buy my Abenomics". But in Milan, Mr
Abe's manner was sober and even, at times, defensive. He showed flashes of irritation with commentators
who have cast doubt about the success of Abenomics, arguing that it had "done away with deflationary
expectations which had become a long-term fixture in Japan". Mr Abe was speaking against the background
of a sharp contraction in the Japanese economy that followed last April's rise in the consumption tax from 5
per cent to 8 per cent. With a debt-to-GDP ratio at around 240 per cent and rising, the need for fresh sources
of revenue is clear - and a rise in the consumption tax from 8 to 10 per cent is planned. Nonetheless, Mr Abe
acknowledges that if higher taxes pushed the economy back into recession, government revenues could
actually fall and the whole exercise would be "meaningless". Faced with these difficulties, the prime minister
was keen to emphasise the successes he believes Abenomics has already achieved - above all in the fight
against deflation. He points out that wages are now rising and that job vacancies are plentiful. Further
structural reforms are also promised. "Liberalisation of the power sector is proceeding," said Mr Abe, "and
whereas in the past, nobody even laid a finger on reforms of agricultural co-operatives, we've made a
decision to undertake reform there, and in the medical sector and in employment law." When it was pointed
out to him that US trade negotiators have criticised Japan for failing to proceed with structural reforms needed
to secure a Trans-Pacific Partnership free-trade deal, Mr Abe laughed briefly and opted for a diplomatic
response. "We are in the last phase of the negotiations and those are the most difficult." He added that, in a
phone conversation with Barack Obama last week, he and the US president agreed that they "would make
maximum effort to conclude this". The foreign leader that Mr Abe would most like to speak to, however, is
probably Xi Jinping, president of China. Tensions between Japan and China remain high as they continue to
jostle over disputed islands in the East China Sea. The Chinese government is also bitterly critical of the Abe
government's treatment of history and of visits paid to the Yasukuni war shrine in Tokyo by the prime minister
himself and by colleagues. Mr Abe has repeatedly requested to meet the Chinese president, and has so far
been rebuffed. In Milan, he reiterated his hope that a bilateral meeting with Mr Xi could take place at the Apec
summit in Beijing, next month, while saying that Japan could not agree to "preconditions" - an apparent
reference to China's demand that Mr Abe promise never to visit Yasukuni again. Picking his words carefully,
Mr Abe refused to comment in detail about the disputed islands that Japan calls the Senkakus and China
calls the Diaoyu, and said: "Unfortunately there are incursions into our territorial waters, but we are dealing
with this rationally." Mr Abe stressed the mutual economic interests of Japan and China, adding: "It would be
good if we could have a heads of government meeting at the Apec summit . . . In order to deal with
contingencies, the defence authorities should have a hotline . . . If the summit meeting goes ahead, I'd like to
call upon China to do this." The shadow of Russia's seizure of the Crimea hangs over China's dispute with
Japan. In the same Milan hotel that Mr Abe was speaking, President Vladimir Putin of Russia was meeting
President Petro Poroshenko of Ukraine. Mr Abe had meetings with both leaders in Milan and told the FT:
"Japan does not condone changing of the status quo through coercion and intimidation." Ko Sasaki Shoppers
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INTERVISTA
20/10/2014
Financial Times
Pag. 3
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in Tokyo: consumption tax is scheduled to rise to 10 per cent
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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18/10/2014
International New York Times
Pag. 1.6
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BY JIM YARDLEY AND DAVID M. HERSZENHORN
''Russia, as you know, is not a party. We can only help the conflicting parties to solve the problems.''He
arrived in Europe with a typical swagger. First, President Vladimir V. Putin of Russia stopped in Belgrade for a
military parade evocative of the Cold War. He lacerated President Obama in the Serbian press and reached a
summit meeting in Milan so far behind schedule that he was hours late for a private meeting with Europe's
most powerful leader, Chancellor Angela Merkel of Germany.Nor was Mr. Putin done for the evening. When
he left Mrs. Merkel at roughly 2 a.m. Friday, his entourage streaked through Milan to the home of his friend
and Italy's former prime minister, Silvio Berlusconi. The men talked and munched on truffles until about 4
a.m., whereupon Mr. Putin departed, leaving him barely four hours before he joined European leaders and
President Petro O. Poroshenko of Ukraine for a critical breakfast meeting.The presence of Mr. Putin on
European soil for the first time in four months and the rare occasion of a faceto-face meeting with Mr.
Poroshenko - coupled with the bite of Western economic sanctions and falling oil prices - had raised
expectations among many European leaders that the Russian leader might be poised to deliver a major
compromise in the Ukraine crisis.He certainly made an entrance that upstaged the array of global leaders
who had gathered in Milan for an AsiaEurope summit, and exuded a confidence unusual for a man who is
supposed to be aching under the weight of European and American sanctions, even telling an offcolor
Russian joke about the anatomical difference between a grandpa and a grandma at a news conference.After
the breakfast meeting, Ms. Merkel and the British prime minister, David Cameron, had to concede that Mr.
Putin was still digging in, apparently rebuffing their entreaties that he pressure pro-Russian rebels to put off
local elections they have scheduled for November in defiance of the Ukrainian government, which has set
nationwide local elections for Dec. 7.To Mr. Cameron, Mr. Putin had not yet budged, or budged enough, on
any of the contested issues. ''And if those things don't happen, then clearly the European Union, Britain
included, must keep in place the sanctions and the pressure so that we don't have this kind of conflict in our
continent,'' Mr. Cameron said on Friday, after attending the breakfast meeting with Mr. Putin.Mr. Poroshenko
and Mr. Putin met alone later in the day, and the Ukrainian leader's office issued a statement indicating there
had been progress toward resolving a bitter dispute over the price of Russian natural gas.That much was
confirmed by President François Hollande of France, who said the two sides were closer to settling the
natural gas dispute - a source of major concern in Europe, which relies on gas transited through Ukraine for
heat in the winter. Mr. Poroshenko, however, disputed that there had been any progress on the gas issue.
Speaking to reporters in Milan, he stressed the agreed-upon need to fully implement and monitor the ceasefire agreement signed in Minsk, Belarus, in September.At a press conference after the negotiations, Mr. Putin
insisted that Russia wanted to implement the truce and that it was prepared to compromise to a degree on
the natural gas issue, though he pointedly noted that it would no longer sell gas on credit to Ukraine. He
urged Europe to step up and help Ukraine pay billions in past gas charges.He also brushed off suggestions
that Russia's economy was flagging, saying the country was well prepared to weather lower oil prices and
blaming the economic sanctions imposed by the United States for harming the global economy.Mr. Putin also
again pressed Russia's longstanding position that Moscow is not a party to the violence in Ukraine - a
contention Western leaders have flatly rejected, citing evidence of Russian weapons and fighters crossing the
border. And he used the controversial phrase ''Novorossiya,'' or New Russia, to refer to the embattled region
in eastern Ukraine.The gathering in Milan was the first face-to-face meeting between Mr. Putin and Mr.
Poroshenko since the signing of a tentative truce agreement in Minsk on Sept. 5. The two leaders have met
personally only once since Mr. Poroshenko's election, at a World War I commemoration in Normandy,
France, in June. European officials described the Milan meeting as ''Normandy plus,'' underlining the raised
stakes.Western governments, including the Obama administration, hoped the gathering in Milan would
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Exuding confidence, Putin rebuffs European appeals
18/10/2014
International New York Times
Pag. 1.6
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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provide an important opportunity for leaders to press Mr. Putin to fulfill the obligations under the truce
agreement and to press the proRussian fighters in eastern Ukraine to do the same.''The conflict in Ukraine
has not yet found a political solution,'' said Herman Van Rompuy, president of the European Council,
speaking to reporters on Friday afternoon, noting that many requirements of the truce remain unfulfilled. ''The
key word is implementation, implementation, implementation.''Ms. Merkel, speaking to German reporters at
midday, was also pessimistic, saying that she could not see any breakthrough but that she wanted to keep
dialogue alive in the future.''We converged a little closer in several detail questions, but the central question is
whether the territorial integrity of the Ukraine really will be respected,'' she said, according to a transcript on a
German government website.Ms. Merkel did not comment publicly about Mr. Putin's late arrival for their
meeting, though presumably it rankled. He came to her hotel about 11 p.m. on Thursday and remained for
more than two hours. Photographs showed the two leaders seated across a table with aides. When he later
arrived at Mr. Berlusconi's apartment, it was apparent that his meeting with the German chancellor had not
gone particularly well.''He didn't say that progress was made,'' said Valentino Valentini, a longtime aide to Mr.
Berlusconi who was present for their meeting. ''The impression was that their positions were still far
apart.''That Mr. Putin would make time for Mr. Berlusconi - especially at 2 a.m. - might seem odd, though the
two men do have a colorful history, vacationing together and becoming close friends. ''Every time Putin
comes through, he comes and visits,'' Mr. Valentini noted.For Mr. Berlusconi, who remains a political force in
Italy, if a diminished one, the meeting with Mr. Putin is a political bonus, and Mr. Valentini described the
former prime minister as the true interlocutor with the Russian leader. He also denied that the two men spent
an evening partying, as has often been rumored of their past.''To be honest, it was very quiet,'' he said. ''It
was late. At 2 in the morning, I'm afraid it wasn't too much of a wild party.''
18/10/2014
International New York Times
Pag. 1.11
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Trial of an accountant for the Vatican could expose bigger problems
BY DAVIDE CASATI
On a clear, warm day, a motorcycle zoomed through a quiet, narrow passageway in the old section of
Salerno on Italy's southwestern coast. The rider slowed in front of an elegant house with a baroque stone
gate just long enough to shout ''Thief! Thief!'' before racing off.The object of derision, Msgr. Nunzio Scarano,
was behind the thick walls of his house and did not hear the rider. But the insult would not have surprised
him. He has heard quite a few. He's been called a ''consummate delinquent'' and a ''pleasure-loving prelate.''
Even Pope Francis cracked a joke about him, saying that ''for sure he did not enter prison because he acted
like Blessed Imelda,'' before calling events in which the monsignor was involved ''a scandal that hurts
me.''Before his arrest in June 2013, the monsignor was a top accountant at the Vatican office that, at that
time, managed the Holy See's real estate and investments. He is currently on trial, accused of money
laundering - most notably, of trying to smuggle $26 million from Switzerland to Italy in a private plane, with the
help of an Italian secret service agent.An Italian judge calculated Monsignor Scarano's wealth at more than
$8.2 million, though the Vatican paid the priest just $41,000 a year. The Italian authorities seized the 17-room,
$1.7 million house in Salerno, where he is now under house arrest, along with many bank accounts; two of
them, at the Vatican Bank, were seized by the Vatican authorities.The monsignor's arrest made frontpage
news in Italy. ''Scandal at the Vatican Bank,'' screamed La Repubblica, a Rome-based newspaper. Within a
few days, the Vatican Bank's second and third in command resigned in disgrace. More than a dozen bankers,
regulators, prosecutors, lawyers and Vatican insiders were interviewed for this article, and a majority of them
consider Monsignor Scarano a small fish in the pond of the Vatican financial system, the accusations against
him a mere symptom of much larger problems that Pope Francis is now trying to correct.A number of official
Italian inquiries into money laundering operations by organized crime or by corrupt politicians and
businessmen have led to the doors of the Vatican Bank. The bank itself is not huge: It has just $7.9 billion in
assets and 17,419 customers. Only the Holy See and religious entities, charities, members of the clergy and
employees are supposed to hold accounts there. What made it appealing to those who prefer to operate in
the shadows were its location - there are no border controls between the Vatican and Italy, allowing cash to
flow virtually unchecked - and an opaque money transfer system.That system has undergone a major
overhaul. Pressure came from Italy's central bank when it required Italian banks doing business with the
Vatican Bank to ask for transaction details, including the names of people moving money. And there was
internal pressure to reform, started in 2009. Expanding on efforts started by his predecessor, Pope Francis
announced a series of reforms to make the Vatican financial system more transparent and accountable.John
Ringguth, executive secretary of Moneyval, the anti-money-laundering body of the Council of Europe, said:
''The Holy See has made substantial progress since 2011. It has introduced in a very short time a significant
number of reforms in legislation and practice.''The charges in the Scarano case convey the unpleasant
suggestion that priestly vestments provided cover for disreputable transactions. The monsignor sees it
differently, and agreed to speak last December to tell his version of the story that had brought him so low.''I
spent my whole life doing good deeds,'' said the monsignor, who is 62, as he sat upright on a white couch in
his living room. ''Sometimes I took advantage of the rich to help the poor - I behaved somewhat like Robin
Hood.''Tall and slender, he was dressed in a light blue pullover sweater, simple trousers and black shoes, his
gray hair neatly combed. His vast apartment was furnished with white and gold baroque furniture and filled
with decorative china and hundreds of books.''Sometimes I told some lies, too,'' he continued. ''But what
mattered to me was to help someone.''Prosecutors say he was, indeed, trying to help someone. But while the
monsignor seemed to be suggesting that he has helped only the poor, prosecutors say he used his position to
try to help his rich friends - and earn the fruits of their generosity.His trial in Salerno began on Sept. 29 and is
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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'ROBIN HOOD' OR A THIEF IN THE VATICAN?
18/10/2014
International New York Times
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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expected to continue for several months. In early January, he was barred from talking to the news media, and
I have not been able to speak with him directly since December.'THE CALLING BY GOD'Born in Salerno, the
monsignor had an eventful youth. ''As a teenager, I was a leftist, a rabid anticlerical,'' he said with a smirk.
What brought him back to the mother church was something he called ''a miracle.''The monsignor tells the
story this way: At 17, he learned that he had a rare circulatory system disorder called Buerger's disease.
Doctors warned, he said, ''that I would have lived on just for six more months.'' The surgery he needed was
very expensive, and he did not want to bankrupt his family. He considered suicide.According to Monsignor
Scarano's recounting, he climbed to the balcony of his parents' house, ready to leap to his death. His parents
restrained him and persuaded him to go to Naples for surgery. ''While entering the operating theater, my Aunt
Titina put an image of the Virgin Mary under my pillow,'' the monsignor recalled. ''I felt the Virgin's mantle
covering me. I saw her upon me.''Six months later, the young Scarano was declared out of peril. He told me
that he dropped to his knees to confess after having shunned that sacrament for years. But the conversion
did not immediately lead him out of temptation. He liked nice things and traveling. He dressed well and had ''a
number of romantic relationships,'' he told me. ''Let's say that I lived it up.''Rita Occidente Lupo, a journalist
based in Salerno who has known him since he was a young man, confirmed that he liked to have a good
time. ''He was the most handsome guy in Salerno,'' she added.At 30, Nunzio Scarano was ready to settle
down. Skillful with money, he had become an executive in a commercial bank and was engaged to be
married. During a five-day spiritual retreat in a Benedictine abbey, however, he had what he refers to as ''the
calling by God.'' At the end of the retreat, he decided to give up all his worldly possessions to become a
priest.As he tells it, he moved to Rome to study theology. His family opposed his decision. Returning to
Salerno for Christmas in 1982, just a few months into the seminary program, his mother refused to let him in
the house. ''She told me there was no room for me,'' he said, using the same phrase as the innkeepers who
turned away Mary and Joseph.And he recalled suffering. He said he slept at the train station, eating a piece
of bread that a passenger had tossed away and sneaking onto the train back to Rome.Some friends stepped
in to help him - particularly, Monsignor Scarano said, ''members of the D'Amico family.'' Antonio D'A mico was
the co-founder of a shipping company and had known him since he was a child.After his ordination in 1987,
he was sent to tend to the parish of St. Cecilia in Eboli, a town southeast of Salerno. In the five years he
spent there, Monsignor Scarano improved the local church's relationship with parishioners and secured
donations to upgrade parish facilities, according to both him and the Rev. Daniele Peron, who served with him
and is still pastor of the parish.''People were constantly offering Scarano a lot of money,'' Father Peron said.
''Don Nunzio knew how to deal with people.''Father Peron remembered Monsignor Scarano's helping convert
a local bully, who was subsequently killed by the local Mafia. The monsignor said he became a target of the
mobsters and was shot at three times. He said his archbishop asked him to leave Eboli and to go to the
Vatican for his own safety. ''I tried to protest the decision,'' he told me, ''but then I yielded to serve the
church.''AMONG SOCIETY'S ELITEDuring his years as a chief accountant at the Vatican, Monsignor
Scarano cultivated his relationships with wealthy benefactors. He became a close friend of counts, marquises
and businesspeople, too. He said he christened newborns of the Roman elite, officiated at high-society
weddings, hobnobbed at important receptions and accepted these people's generous gifts for charity.''I
worked tirelessly,'' he said, ''and I did not take advantage of my position - not even to get a free cup of
coffee.''Many times, providence bore the name of the D'Amico family. Over nine years, according to court
records in Salerno, members of the D'Amico family transferred more than $6.9 million into Monsignor
Scarano's accounts at the Vatican Bank: his personal one and the one he called ''account for the elderly.'' All
the transfers were labeled donations.One acquaintance of the monsignor was Giovanni Carenzio, a financial
broker from Pompeii who was married to a Spanish noblewoman. Mr. Carenzio promised investors mindboggling returns - up to 20 percent in three months, according to La Provincia, a Spanish newspaper.
Spanish prosecutors said they thought this investment was a Ponzi scheme, and Mr. Carenzio is currently
under investigation. A number of wealthy people, including Paolo D'Amico, gave Mr. Carenzio a lot of money.
18/10/2014
International New York Times
Pag. 1.11
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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According to a court filing, Mr. D'Amico said he invested millions simply because the monsignor told them that
Mr. Carenzio was a ''trustworthy man.''In May 2012, Mr. Carenzio phoned the monsignor. The broker said
Spanish prosecutors were investigating him for possible fraud. He hinted that prosecutors might find out
about a suspicious transaction he said he had made in favor of Cesare and Paolo D'Amico, according to court
filings in Rome. ''There are proofs in the bank accounts,'' he told Monsignor Scarano in a wiretapped
conversation that is now part of court filings.Monsignor Scarano felt that he could not leave his friends - and
generous donors - in the cold, said his lawyer Silverio Sica. The monsignor asked Mr. Carenzio to avoid
mentioning the D'Amicos to Spanish prosecutors, according to a transcript of a phone call filed in Italian
courts. He also discussed repatriating to Italy - in cash and taxfree -$26 million that, according to the
monsignor, the D'Amicos had invested with Mr. Carenzio and that was kept in Switzerland. According to
prosecutors and wiretap transcripts, the monsignor's plan was to give the money back to his friends, tell them
he had steered them away from a potentially dangerous situation and accept their generosity for his
unsolicited help.According to prosecutors and court filings, Monsignor Scarano asked for help from another
friend, Giovanni Zito, who was a member of the Italian secret service. Mr. Zito agreed to take the risky
assignment of bringing back the D'Amicos' cash on a private plane. On July 16, 2012, Mr. Zito went to
Switzerland and waited. But Mr. Carenzio made excuses. The D'Amicos never saw their money again.Still,
when the D'Amicos learned that the monsignor had tried to help, they thanked him with a donation, according
to wiretapped conversations that are part of court filings. That was in mid-November 2012. By that time,
officers of the Guardia di Finanza - Italy's law enforcement agency for financial crime - had been tapping
Monsignor Scarano's conversations and checking all his transfers for months. They had been tipped off by an
anonymous source who had written, in part, ''How could this man, in just a few years, buy a whole floor of a
prestigious building in Salerno's city center, worth at least $4 million?''THE CHARITY DEFENSEAt 6:30 a.m.
on June 28, 2013, officials of the Guardia di Finanza arrested Monsignor Scarano in Palidoro, a town west of
Rome. After several weeks in jail in Rome, the monsignor was released and put under house arrest.
Prosecutors in Rome have charged him with corruption while, in Salerno, he has been charged with money
laundering.In the interview in December, the monsignor contended that the millions of dollars that had
accumulated in his accounts were all for charity. This is also a defense that his lawyer will present.''I was
saving it to build a house for terminally ill patients. Why would I have kept it in a bank account otherwise?'' he
asked, his voice rising in disdain. ''I would have spent it. Astronomically expensive trips to the Bahama
Islands, a boat in Amalfi - guess what: I did not do any of these things.''Prosecutors challenge that
explanation, and others who knew him say he has a penchant for embellishment. Father Peron said
Monsignor Scarano ''never got shot in Eboli - not even once.'' Nor did he need convincing to go to the
Vatican: ''He had always wanted to work there,'' Father Peron said, adding that the monsignor ''said he
wanted to use the money to build a recovery facility for the terminally ill. But if I had to do that, I would use the
money people give me for that purpose, not to buy a house in the center in Salerno, or to have real estate
companies. Don't you think?'''I AM THE ONE ON THE CROSS'In the 16 months after the monsignor's arrest,
Pope Francis has made significant changes in the Vatican financial system. He created a secretariat for the
economy and hired consulting firms to conduct reviews of the entire financial system. The Vatican Bank's
fortifications against money laundering have been strengthened by closing many accounts and clarifying
qualifications for account holders.The Vatican recently chose a new president for the Vatican Bank - the
French fund manager Jean-Baptiste de Franssu, along with a whole new board - including Mary Ann
Glendon, a Harvard law professor and a former United States ambassador to the Holy See, and Clemens
Boersig, former chairman of the supervisory board of Deutsche Bank.The monsignor sees himself as a
scapegoat. ''Right now, I am the one on the cross,'' he told me. Whenhe feels that he is drowning, he said, he
finds solace in the Gospel - and especially in two passages about money, wrongdoing and salvation. The first
is the calling of Matthew, a former tax collector, by Jesus. The second is the parable of the prodigal son. In it,
a boastful young man wastes half of his father's fortune, then repents and goes back to his family house,
18/10/2014
International New York Times
Pag. 1.11
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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where his father is ready to embrace him again.The monsignor faces up to 20 years in prison, according to
his lawyer. The monsignor played down the seriousness of the charges. The plan to repatriate $26 million
from Switzerland, he told meback in December, ''was just helping someone who needed a favor.''He then
stopped and leaned back on the sofa for a moment. He resumed speaking in a low tone: ''I am no saint, no. I
am a sinner, like everyone else. I trusted the wrong people. I have been stupid. I made a mistake. That's it.''
18/10/2014
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Pag. 10
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Our talent for rescue operations and military policing is not a recent development.MILAN Every nationality is
the victim of stereotyping. Some stereotypes are plausible (the Swiss are punctual), others are inoffensive
(the Germans are organized) and yet others flatter (the Irish are generous).But some stereotypes are
insulting. Like the one that says Italian soldiers are spineless. A cabinet minister from another European
country once told me, ''Italian tanks have one forward gear - and three reverse!'' Clearly, he was hoping I
would laugh.I didn't. Italy's military history can boast more heroes than good armies, I replied. The problem is
organization, not courage. Italy may have had wars on its doorstep for 30 centuries, but it doesn't like warfare.
Our history and character make us more inclined to build bridges than burn them. We prefer healing to
wounding.If you want proof, look at the Strait of Sicily, the gateway to Europe for thousands of migrants from
Libya, Syria and Eritrea who pay human traffickers a lot of money to be crammed into unseaworthy boats.
Some 118,000 migrants made it to the Italian coast in 2014. At least 4,000 more died at sea by drowning, or
from suffocation or dehydration. On Oct. 3, 2013, a 66-foot refugee boat from the Libyan port of Misurata
sank just outside the harbor of the island of Lampedusa; 366 people died. There were 155 survivors, 41 of
them children. Only one was saved with his family.Since then, the Italian Navy and Coast Guard have
rescued 139,000 men, women and children at sea. The area they patrol extends over almost 17,000 square
miles, about twice the size of New Jersey. They are there as part of Operation Mare Nostrum (''Our Sea'' in
Latin), conducted in coordination with Frontex, the European border management agency.On Nov. 1, Mare
Nostrum will be replaced by Operation Triton, for which only eight countries - Finland, Spain, Portugal,
France, the Netherlands, Latvia, Malta and Iceland - have signed up. The European Union has allocated just
$3.7 million to Triton. It won't be much use. Which means that Italy will necessarily bear the brunt of this
humanitarian crisis.And for all the ribbing we Italians get about our armed forces, I have no doubt that we're
up to the challenge. Catia Pellegrino, the commander of the Libra, an Italian Navy patrol vessel, has taken
part in many rescues. ''It's not so strange to train for war and end up saving lives,'' she said. ''We make no
distinction between Italians on Italian soil and foreigners in difficulty at sea. It's someone who needs to be
rescued.'' She added, ''We are at sea to serve our country and help those in need.''A few days ago, I met
some of those needy people at Milan's central train station. They had arrived from the south and were
heading north; Scandinavia was a favorite destination. Among them was Muhammad Ammam, a 23year-old
cabinetmaker from Idlib, Syria, who sailed from the port of Zuwarah, Libya. The Italian Navy fished him out of
the sea after three days. Another traveler, Adham Affas, 28, told me that he had spent 12 days adrift before
he was picked up. Neither tried to tell me jokes about the Italian armed forces.The Italian talent for rescue
operations and military policing is not a recent development. These are activities that require dedication,
insight, adaptability, presence of mind and empathy. Italians - not just Italian soldiers - dislike regulations,
which we regard as cold. We like personal relations, which to us are warm. National character is also a
question of temperature.I have seen this in Afghanistan, Lebanon and Kosovo. In 2000, NATO troops were
assigned to protect a Roma camp in Kosovo. The Roma had sided with the Serbs, and the Albanian Kosovar
majority were not about to forget it. Children swarmed, adults glowered and tensions with the locals rose. The
Northern European soldiers guarding the camp were unable to maintain discipline.Then the Italians arrived.
They issued no orders. Instead, they organized a soccer tournament and had the uniforms sent from Italy.
The Roma children loved it. They stopped trying to run away and stayed to play soccer. Their astonished
parents called on the Italian commander to ask, ''What can we do for you?'' They would collaborate with
soldiers who didn't order them about.Should soldiers be soccer coaches, event organizers or babysitters?
Why not, if it serves a purpose? Should they patrol the seas to save human lives? That's their duty. For wars
can be won with life jackets, as well as firepower.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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The Italian military to the rescue!
20/10/2014
International New York Times
Pag. 1,20
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There is, in theory, a strategy that might ease the eurozone's economic troubles, but the politics involved
could be too difficult to overcome, Hugo Dixon writes. The markets are right to worry about the eurozone, the
epicenter of fright last week. Its three big economies - Germany, France and Italy - are stuck, each in their
own way.There is, in theory, a grand bargain that might shift the malaise. This would involve deep structural
changes by Berlin, as well as Paris and Rome; quantitative easing by the European Central Bank to increase
inflation; and some loosening of fiscal straitjackets.But such a deal - hinted at by Mario Draghi, the E.C.B.
president, in his Jackson Hole speech in August - is unlikely to materialize soon, if at all.In the meantime, the
region is being battered by shocks from outside and within. The external shocks are the slowdown of
emerging economies, especially China; the dispute with Russia over Ukraine; the Ebola outbreak; and the
war against the Islamic State.As if this were not enough, the eurozone continues to inflict wounds on itself.
The latest was Greece's rush to get out of its bailout program. The bond markets reacted by pushing Greek
bond yields up last week to such a level that Athens's ability to stand on its own two feet is off the agenda for
the foreseeable future.Meanwhile, an election may be held in Greece early next year. That would probably be
won by the radical left Syriza party, which wants to write off half the government's debts - and that could
cause contagion in Italy, whose debts are 137 percent of G.D.P.So why would the eurozone not adopt Mr.
Draghi's grand bargain? Because the politics is hard.Italy, to be fair, is overhauling its labor market, civil
justice system and constitution. But Matteo Renzi, the prime minister, has just published a budget that is light
on spending cuts. He is also not doing enough to reduce the government's debt through privatization.France
published a budget last week that pushed back to 2017 a plan to cut its deficit below 3 percent of G.D.P. It is
not doing enough to liberalize its labor market or cut the size of its welfare state.If Rome and Paris were
asking for extra fiscal wiggle room to finance investment while cutting current spending, they would deserve
support. As it is, their actions could provoke a confrontation with the European Commission on the grounds
that they flout eurozone fiscal rules. What is more, the Italian and French actions are causing concern in
Berlin. German politicians do not like the idea of rules being broken.Berlin, meanwhile, is digging in its own
heels as others try to push it to increase investment spending and overhaul its economy. The government is
fixated on balancing its budget next year. This goes further than a so-called ''debt brake,'' which legally
requires close to a balanced budget.The German people are so convinced that debt is sin that even the
S.P.D., the center-left party in the grand coalition, is committed to the balanced budget. Sigmar Gabriel, its
leader, said last week there were ''no economic policy grounds'' to abandon the plan. But he announced
sharply reduced growth forecasts for both this year and next, to 1.2 percent and 1.3 percent
respectively.Germany certainly needs to increase investment, as its infrastructure is decaying. But it is
doubtful how much benefit this would be to other eurozone countries. It might, therefore, be more productive
for Germany's partners to focus on structural overhauls - in particular, the need to free up its services
markets. Almost every craft and profession is covered by a guild, which requires long years of training and
keeps competition out of the market. The result is that Germany has high-quality but expensive services.If
Berlin could be persuaded to open up its markets, this could eventually be an important source of business
for other European Union countries. It could also give German consumers a wider range of cheaper services
to spend their money on.The snag is that Berlin does not seem inclined to move on this either, because the
guilds are politically well entrenched. It is happier to lecture other countries about how to restructure their own
economies than to listen to suggestions about what to do at home.That said, it is still worth trying to break the
impasse. One sliver of hope was an initiative announced this month by Mr. Gabriel, the S.P.D. leader, and the
French economy minister. They are going to come up with some joint suggestions about how the two
economies could reform themselves.But who is going to be the deal maker? Mr. Draghi could play a useful
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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A prescription for the eurozone
20/10/2014
International New York Times
Pag. 1,20
(diffusione:222930, tiratura:500000)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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role. But his clout in Germany seems to have declined a bit. Both Wolfgang Schäuble, the finance minister,
and Jens Weidmann, the head of the Bundesbank, the central bank, have criticized the E.C.B. for some of its
unorthodox policies.Donald Tusk, the incoming European Council president, who coordinates the positions of
European leaders, does not seem suited to play the same deal maker role as the current president, Herman
Van Rompuy. Mr. Tusk does not speak English well and his country, Poland, does not use the euro.That
leaves the burden of cutting a difficult deal to Jean-Claude Juncker, who becomes president of the European
Commission next month. He had better get to work, and fast.
20/10/2014
International New York Times
Pag. 1,8
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What is a Catholic family?
More than just a softening of rhetoric, new proclamations are an indication that the idea of family is evolving in
Rome.More than just a softening of rhetoric, new proclamations are an indication that the idea of family is
evolving in Rome, Peter Manseau writes. ANNAPOLIS, MD. Gathered in Rome last week to discuss
marriage, divorce and the widening array of domestic arrangements with which they now must contend, a
group of Roman Catholic bishops released a statement that included a theological turn of phrase that proved
more telling than intended. ''We must not forget that the church that preaches about the family is a sign of
contradiction.''This was not meant as a self-aware nod to the incongruity of a cohort of celibate men
discussing the place of birth control, child-rearing and marital relations in the lives of millions of noncelibate
Catholics, nor as an acknowledgment that the church has held conflicting views on the family from the
beginning. A ''sign of contradiction'' here alludes to a prophecy given to Mary early in the Gospel of Luke that
the infant Jesus would be a ''sign that is spoken against'' by the people he had come to save.For Christians,
this sign is a call to stand apart from society, enduring scorn for the sake of religious truth. Referring to their
synod on the family this way, the bishops were not humbly admitting their inability to speak from experience,
but making a lofty claim to a higher authority.Still, the contradictions most evident in the aftermath of the
bishops' statement were those within their own ranks. A recap of discussions held during the first half of a
two-week meeting convened by Pope Francis, the report was greeted with outsize praise and alarm for its
willingness to engage in unexpected ways with issues including homosexuality and what the church used to
call ''living in sin.''Within hours of the Hungarian Cardinal Peter Erdo's affirmation in the prepared statement
that ''cultural and socio-economic factors'' may influence the choice to begin, delay or end a marriage, and
that same-sex unions could provide ''precious support in the life of the partners,'' other high-ranking
clergymen stepped forward to claim that the media's focus on such sentiments was ''manipulating'' the
synod's words.''The message has gone out that this is what the synod is saying, this is what the Catholic
Church is saying,'' Cardinal Wilfrid Fox Napier of South Africa, who participated in the meetings, complained.
''It's not what we're saying at all.''Such disagreement was perhaps to be expected. The statement read by
Cardinal Erdo was a relatio post disceptationem, a ''report after debate'' that attempted to wrangle a week's
worth of competing positions into a seamless account of continuing deliberations. Almost immediately,
commentary on the document walked back the very statements that earned it such unanticipated attention. In
another sign of the synod's internal contradictions, the Vatican released a new translation of the report three
days after the uproar that greeted its original release. A section titled ''Welcoming homosexual persons''
became the entirely less welcoming ''Providing for homosexual persons'' and ''partners'' in samesex unions
became ''these persons.'' This last was a particularly puzzling rendering given that the phrase originally
translated as ''life of the partners'' appears as ''la vita dei partners'' in the synod's official Italian text.Yet even if
the effects of the ''pastoral earthquake'' described by one longtime Vatican correspondent turn out to be as
lasting as the wall-shaking rumble of a passing diesel truck, something undeniably significant did happen at
the synod last week. More than just a momentary softening of rhetoric, it was an indication that the idea of
family is again evolving in Rome.While Catholic defenders of traditional marriage may act as if family life has
always been the highest good in the church's eyes, for much of its history marriage was plainly seen as a
lesser path to holiness. Just as the bishops' report noted that ''unions between people of the same sex cannot
be considered on the same footing as matrimony between man and woman,'' much the same was said for
centuries regarding the difference between marriage and the consecrated virginal state.Marriage was messy,
full of situations regarded as unpleasant by the saintly, and bound up in cultural conditions that shifted over
time. In the fourth century, Saint Jerome wrote that he valued marriage only because it produced potential
virgins. Throughout the Middle Ages, manuals for confessors noted the many ways in which relations
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OPINION
20/10/2014
International New York Times
Pag. 1,8
(diffusione:222930, tiratura:500000)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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between husbands and wives could be deemed immoral.At the 16th-century Council of Trent, when
matrimony formally became a sacrament of the church, bishops weighed in on the pressing marital issues of
their day by reflecting on the performance of nuptials in the cases of ''vagrants'' (best to be avoided),
kidnapped brides (only after a released abductee gave her consent ''in a safe and free place'' could the
church sanction such a union), and priests (if anyone says they can marry, the council canons warn, ''let him
be anathema'').In every instance, the question of who might constitute a family was a matter of how far those
involved fell short of an unattainable ideal.Which is perhaps not so far from the supposedly ''wounded'' and
''irregular'' families that are largely the focus of the synod's report: the divorced, the remarried, the
cohabitating; the two-faith marriages, the two-mother households, the two grooms who walked down the
aisle. By including those long regarded by the church as beyond the bounds of Catholic propriety within their
discussion of family as the ''school of humanity'' that is a ''source of joys and trials,'' the synod's bishops have
not opened a big tent welcoming all those mentioned to fully participate in the life of the Catholic Church, and
indeed they are unlikely to do so.Yet even quibbling over words of qualified welcome, they have reminded the
faithful that their church has developed over time through conflict and contradiction, and may again.What
family is not wounded? As Cardinal Erdo read the bishops' relatio in a Vatican conference hall last week,
anyone watching carefully could see on the desk before him a small sculpture of the holy family: Mary,
Joseph and Jesus. To Catholics it is a depiction of a woman who conceived a child before she was married, a
chaste stepfather who nearly divorced her as a result, and that original sign of contradiction, the human son
of God. A church that claims to descend from this most untraditional of domestic arrangements might ask
itself: Was any family ever more irregular than that?
18/10/2014
The Guardian
Pag. 25
Lizzy Davies Milan
Vladimir Putin and his Ukrainian counterpart were last night edging towards a deal to reopen gas supplies
before winter sets in. The Russian president held one-on-one talks with Petro Poroshenko on the sidelines of
a summit in Milan to resolve two thorny issues; the fragile ceasefire in eastern Ukraine and a possible energy
deal.They made little progress on the first, but after meeting Putin alongside the German chancellor, Angela
Merkel, and France's president, Francois Hollande, Poroshenko was quoted as saying the "basic parameters"
of a new gas contract with Russia had been settled on.Moscow turned off the gas to its neighbour in June
following a pricing dispute, and concerns are mounting about what a shortage could mean for Ukraine - and
potentially the European Union - this winter. Leaders cautioned that further discussion was necessary on how
to finance the potential deal, and EU officials said they expected talks to continue in Brussels next
week.David Cameron, his Italian counterpart Matteo Renzi and top EU officials had joined Merkel, Hollande,
Putin and Poroshenko for a meeting that Italian and British diplomatic sources described, with trademark
understatement, as "frank". Putin "would not commit" to denouncing separatist elections scheduled for 2
November in eastern Ukraine, a No 10 source said.After the meeting Cameron said that Putin had made it
clear he didn't "want a frozen conflict... [or] a divided Ukraine" but that he would need to act if he wanted EU
sanctions to be eased.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Hopes raised over deal on Ukraine gas
18/10/2014
The Guardian
Pag. 45
Graeme Wearden
Five years ago today, the new Greek government admitted it had a huge hole in its finances, sparking a crisis
that has brought us a stagnating Europe with 26 million out of work. Here is how the disaster unfolded.18
October 2009 The eurozone crisis didn't erupt out of a clear blue sky. Greece had admitted fudging its deficit
figures in 2004 to qualify for euro membership. But the new government still shocked the financial markets
when it announced the deficit was twice as bad as thought. The ensuing market panic set the tone for the
years ahead.February 2010 Riot police fired on protesters in Athens during a one-day strike against austerity
cuts as the government tried to rein in its finances. Christos Katsiotis, a representative of a communist-party
affiliated union, drew the battle lines: "It's a war against workers and we will answer with war, with constant
struggles until this policy is overturned." Struggle they did. Overturn the policy, they did not.27 April 2010 The
EU and International Monetary Fund (IMF) had cobbled together a €45bn (£36bn) Greek rescue plan, but that
was before credit assessors Standard & Poor's (S&P) slashed Greece's rating to junk. The next day,
politicians and eurocrats began to hammer out a larger rescue package.May 2010 With markets reeling,
Europe agreed a €110bn bailout for Greece and a €750bn rescue fund to hold the eurozone together.
Markets rallied for a day, then plunged as the size of Europe's toxic bank debts became clear.November
2010 Ireland followed Greece by signing up for years of austerity in return for €90bn of loans, largely to
nationalise its broken banks. Prime minster Brian Cowen declared: "We are a small, resilient, proud people."
He clung on through the winter before being hoofed out by the electorate.Meanwhile massive protests were
erupting on the streets of Lisbon where citizens knew what was in store from a government in a debt crisis.
But one lesson from the crisis is that protests on the street can't hold back the inevitable. The next domino
was about to fall.May 2011 Portugal became the third country to seek a rescue loan, agreeing a €78bn
package.4 August 2011 Old-style market panic predicted Italy and Spain would be dragged deeper into the
debt crisis and the US was on the verge of a doubledip recession. The Dow Jones dropped 512 points.
America lost its AAA credit rating.26 October 2011 Eurozone leaders met for another crucial summit. The
mood was electric, with Italian MPs trading blows in Rome and Angela Merkel calling it the biggest crisis in
decades - "If the euro fails, Europe fails." Overnight, France's Nicolas Sarkozy, Merkel, et al hammered out a
deal to boost the bailout fund to $1.4tn; for banks to take 50% losses on their Greek government bonds and
Athens to get a new €100bn bailout.November 2011 Greece's prime minister, George Papandreou, decided
to give Greeks the chance to vote on their new bailout. His passion for democracy went down badly with
fellow EU leaders, gathered in Cannes for the G20. The European Central Bank (ECB) - under new leader
Mario Draghi - slashed interest rates.3 November Papandreou abandoned his referendum. As crowds flocked
to Syntagma Square he faced down his critics in parliament, winning a midnight confidence vote. The next
day he quit.The spotlight turned to Italy, whose national debt had climbed towards €1.9tn, the figure of 7%
was on everyone's lips: the danger zone for Italian borrowing costs.8 November Berlusconi lost his majority
and the great survivor of Italian politics offered to quit.11 November Greece had accepted a technocratic
government, led by Lucas Papademos, a former ECB official.In Italy, the installation of former European
commissioner Mario Monti as PM did calm the eurozone, for a while, as did the news that the ECB was
buying up Spanish and Italian bonds.13 January 2012 (A Friday) Amid record unemployment and weak
growth S&P demoted nine countries and cast France's AAA rating into the abyss.20 February EU leaders
gathered to decide whether Athens had done enough to receive its second bailout. After 14 hours of
negotiations in Brussels the figure fixed on was €130bn. But private creditors were to take a "voluntary" cut of
more than 53% of the value of their Greek bonds.May 2012 The crisis showed itself to be as much about
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Road to ruin - how economic meltdown in Greece sent eurozone's
dominos tumbling
18/10/2014
The Guardian
Pag. 45
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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politics as finance. The French turfed out Sarkozy, and in Greece no mainstream party could get a majority,
casting further doubt on its long-term future in the eurozone.June 2012 As Greeks went to the polls again the
radical left Syriza leader Alexis Tsipras called for Greece to ditch austerity. In the event, the rightwing New
Democracy party came home first. And with Spain agreeing a rescue plan for its banks, a measure of calm
was returning.26 July 2012 Calm did not last long, Spanish and Italian borrowing costs were surging. Then,
decisively and unexpectedly, the ECB's Draghi declared that the central bank would do "everything within its
mandate" to save the eurozone. He pledged to buy unlimited quantities of bonds from any eurozone countries
locked out of the markets.The programme was swiftly criticised by the German Bundesbank and has never
been deployed. But the threat of a "bazooka" was enough; bond yields dropped, and kept falling for the next
two years.Autumn 2012 Spain remained tense, with riot police attacking protesters in Madrid. But in a show of
normality Merkel visited Greece; a six-hour flying visit, which saw 50,000 protesters defy an Athens lockdown.March 2013 The crisis shifted to Cyprus and its banks. Eurozone leaders agreed the country should be
bailed out with €10bn, but only if bank accounts were taxed to pay the rest of the bill. A deal was done with
Draghi and the IMF's Christine Lagarde. The country's second biggest bank would close. Heavy losses for
those with over €100,000 in the banks; capital controls for everyone. If you had a "Cyprus euro", you might
not be allowed to get your hands on it.Since Cyprus, eurocrats have spoken of the "existential threat" to the
euro having been repelled. But one problem was replaced by another: the threat of deflation as austerity
continued to drive down demand. Germany has proudly posted a budget surplus and slipped to the brink of
recession; politicians in Berlin declined to make a connection.This crisis is resting, not resolved.
18/10/2014
The Guardian
Pag. 53
We welcome letters but cannot answer individually. Email us at
As Madbid comes in for a hammering, we ask: is it a 'win win' or a 'lose lose'?I recently responded to an
article purporting to show that auctions held by a company Madbid.com were the new way to buy online. I'm
not sure where I picked up the link but the article was in the style of a reporter who had been tasked to look
into these penny auctions - and, of course, picked up two bargain buys.Once you join and start bidding, in my
case with a credit of £49.99, you realise that whatever credit you set up soon disappears and it would be easy
to throw good money after bad.Once I realised my stupid mistake I stopped and emailed the company's
customer care, but was told that the terms and conditions explained the way things worked and it was not
possible to refund unused credit.I have now emailed several times requesting a refund and the contact details
of the CEO in order to raise my complaint at the highest level. Each time I've received much the same
response but never the details of the CEO. Even if I fail to get my money back I want to warn others. MN,
Bedfordshire You can barely open the free newspaper Metro without seeing an ad for Madbid, which sells
new products - including iPhones, iPads and other technology products - apparently for a fraction of their true
value. Its site shows iPads that have gone for £38, and even a Fiat 500 for £193.However, unlike eBay,
where bids are free and you only pay the price at which your bid is successful, participants in Madbid auctions
must pay to place each bid, as well as the final price of an item should they be successful. Of course, there
can be only one successful bidder, so everyone else is left wondering what might have been - having paid to
bid on an item they didn't get.If you Google "Is Madbid legit", it throws up some very interesting postings from
people who signed up and are far from impressed.The company told us: "Our operations manager is trying to
contact the customer to see what went wrong. With regards to the review about our site, there are many
customers that do not understand how Madbid works fully. It is not the quickest system to understand but,
when you do, you realise there is no way to lose." He did not deny the no-refunds policy exists. From reading
online postings some users have used the distance selling rules to get refunds.A spokesman says customers
spending £50 bidding for an iPhone they don't win can use that £50 "earned discount" towards buying a
cheaper product, perhaps one worth £60, by paying an additional £10.Meanwhile, we would like to hear from
other readers about their experience of using the site - good or bad. Email the usual address please, and we'll
report back.Hire car damage refund is driving me round the bendWe used online broker Holiday Autos to hire
a car in Corsica, through Sixt, for a week's trip in July. Unfortunately, on the last day, we pranged the back
while parking. The excess of €1,200 was fully charged by Sixt on our credit card at drop-off in the airport. We
had taken out Holiday Autos' expensive insurance, provided by Allianz (it cost £70 for the week), and we were
reassured by Sixt and Holiday Autos that this would all be refunded.On return to the UK, Allianz said it would
not return the full amount until the damage cost was determined. This came through three weeks later and
was €726, which Allianz refunded minus a £50 excess.The difference has still not been returned, despite
multiple emails to all parties, and communication with the head of Sixt in the UK. We have it in writing that the
money is owed but have spent more than 15 hours and £100 in phone calls and cannot reclaim the money.
TH, Burgess Hill, West Sussex Every year around this time our email runs hot with complaints from readers
struggling to get money they are owed by foreign car hire firms. This is a classic example of what consumers
are experiencing. If you had read the many articles we have written on car hire you would have bought the
basic car hire from Holiday Autos - or another online broker - and car hire excess cover from
Insurance4Carhire.com.Insurance4Carhire will sell you an annual policy for Europe for £39 or £3 a day (much
less than the Alliance cover you bought) and it is better. It covers up to €4,000 and includes towing costs;
there is no excess to pay if you claim.Interestingly, there is no mention of the £50 excess on the Alliance
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The weekly column that fights for your rights Miles Brignall and Rebecca
Smithers
18/10/2014
The Guardian
Pag. 53
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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cover sold on the Holiday Autos site, although it is probably buried in the small print.With that warning out the
way, we got on to your case. We asked Holiday Autos to step in. Having not been overly helpful in the first
place, it did jump into action and arranged for Sixt to refund the money owed - £374.58. You will also receive
an additional £100 from Holiday Autos for the inconvenience caused."Holiday Autos takes cases such as
these very seriously and always feed back to suppliers and the customer services team, based on the
individual complaints and issues our customers face. Unfortunately, the service TH received did not meet our
high standards of customer service. We hold customer service in the highest regard and are now
investigating the details of your case internally as a matter of urgency," a spokesman said.What's the score
on Co-op lowering my credit limit?I have just been sent a letter by my bank, the Co-operative, to say it is
lowering the credit limit on my credit card from £5,900 to £4,150 on the basis that I don't use the full limit
regularly. It goes on to state that, having an unused credit limit on a card can "negatively affect your credit
score" and that will restore it if I wish. Is it correct to claim that having unused credit on a card can affect your
credit score? RO, St Ives, Cambridgeshire This sounded to us more of a case of a bank that is trying to lower
its potential credit liabilities, than one trying to help out its customers. The banks have to cover all their
customers' potential borrowing - at a cost - which is why lots of customers received letters like this after the
credit crisis hit.We asked the credit reference agency Experian whether there was much validity in the Coop's claims and were pointed to a blog by its head of consumer affairs, James Jones. In it he suggests that,
far from having a negative effect, it is much more likely that this actually helps your credit score. "Most lenders
carrying out a credit check will be encouraged to see another lender has trusted you with a high credit
limit."The Co-operative, which has been advertising itself "as back" in recent weeks after its well-publicised
problems, told us the letter was intended to highlight this issue to some customers who "consistently use a
low proportion of their available credit with us"."We have already updated the letter as we accept this may not
have been clear, and we apologise for any confusion caused," it says.BT Openreach has kept me on hold for
monthsI ordered a phone line be installed in my new central London house in April. I am still no nearer to
being connected. I am in a nightmare situation where BT Openreach (or its contractors) sends an engineer to
install it.The engineer says he cannot do it and it needs a site survey, which he then orders. I get a new
appointment, but they just send round another engineer who says there needs to be a site survey. I have lost
count how many times this has happened - at least seven.The house is about 30 yards from the exchange.
All that is required is to run a cable to my house.DL, London You are not the first person moving into a newbuild to come up against this problem. You are right that you can't talk to Openreach - it is the wholesaler that
is supposed to provide services to all the phone companies equally - a firm that suffers more than it's fair
share of these kind of negative stories.Your case was complicated by the fact that you originally placed your
order with The Phone Co-op, but then moved to BT. We took your case direct to the firm, and it has now
connected you - by running a wire from the exchange."Openreach would like to apologise. Our engineers
originally believed the installation could be done quickly, but then discovered a large amount of work was
needed to install new ducting and cables. This should have been explained to DL's ISP, with more detail
given about our progress," it says.
20/10/2014
The Guardian
Pag. 15
Conservative Catholics and rightwing politicians resist change, keeping Italy out of step with the rest of
Europe, writes John Hooper
A poll this month suggested a majority of Italians now favour gay marriageI taly would not be Italy if it were
not reflecting faithfully the divisions that have brought turmoil to the leadership of the Catholic church. While
on Saturday the Vatican was revealing that conservative bishops had blocked even a distinctly guarded
welcome to "men and women of homosexual tendencies", 16 gay couples whose marriages abroad had just
been formally registered by the mayor of Rome were being hustled out through a back exit of city hall to avoid
a clash with protesters.Pope Francis and Italy's centre-left prime minister, Matteo Renzi, are following
remarkably similar paths. Just as the Argentinian pontiff is striving to close the gap between his church's
doctrine and the realities of modern life, so Renzi is striving to update the laws of a country where attitudes
have changed rapidly.In 2012, an extensive government survey found sharp contrasts among Italians where
homosexuality was concerned. A quarter of the respondents regarded it as an illness. Half agreed that the
best thing for gay people was "not to tell others". Yet almost twothirds felt homosexuals in partnerships should
have the same rights as married couples. A poll this month suggested a majority of Italians now favoured the
introduction of gay marriage.Yet the Italian constitution continues to recognise the family as "a natural society
founded on matrimony", and the partners in civil unions - whether heterosexual or homosexual - have no legal
status. Leaving aside micro-states such as Monaco, Italy is the only country in western Europe still in this
position. Even fervently Catholic Malta has passed legislation to give legal status to civil unions."In Italy, we
still lack even the most fundamental entitlements," said Domenico Pasqua, one of the men whose marriages
were recognised on Saturday. "For example, you have no right to see your partner in hospital if the family
objects."Life-and-death decisions can be taken by relatives on behalf of a patient from whom they have been
estranged for decades while the patient's partner is kept in the dark. And if the patient dies, the partner will
not inherit the home they bought together. "A 50% share goes to the family, and the surviving partner, who is
legally a third party, must pay 30% inheritance tax on the rest," said Fabrizio Marrazzo, the president of
Arcigay, Italy's biggest LGBT lobby group.Pressure for change has been mounting since July when the mayor
of Naples gave official recognition to the marriage of an Italian man and his Spanish partner. Since then a
string of other first citizens have followed his example. "But what has happened in Rome is more important,
both because it is the capital and because of the presence of the Vatican," said Marrazzo.Renzi's reaction
was to declare that he would table a bill to legalise civil unions. But he added that it would have to take its
place behind a constitutional reform and a new electoral law.The issue of civil unions is still political dynamite.
The Vatican's opposition to a similar bill hastened the downfall of Romano Prodi's centre-left government in
2008. And Renzi arguably is in a weaker position, dependent for his survival on the New Centre Right (NCD),
led by Angelino Alfano, his interior minister. The protest outside Rome city hall was organised by the NCD.
Alfano's ministerial representative in Rome, the prefect, Giuseppe Pecoraro, told the daily Il Messaggero that
"the registration of those marriages must be cancelled. I shall be annulling everything on Monday."Across the
Tiber yesterday, Pope Francis was celebrating a mass to close the synod and beatify Paul VI, the pope who
presided over the later stages of the reforming second Vatican council. For Marrazzo, the outcome of the
synod was not a defeat. The number of bishops who voted in favour of the passage in the final report that
called for gay people to be "welcomed with respect and delicacy" may have fallen short of the two-thirds
necessary for official approval, but nevertheless represented a clear majority - 118 out of 180. "That puts [the
synod] ahead of the Italian parliament, where there has never even been a majority for a law against
homophobia," he said.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
280
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Analysis Bishops turn their backs on calls for gay equality
18/10/2014
The Independent
Pag. 23,28,29
CHARLOTTE MCDONALD-GIBSON
Da pagina 23 It has been a busy few days for Russian President Vladimir Putin, who spent the tail end of the
week in Europe both to bolster the Kremlin's influence in Belgrade and attempt rapprochement with the EU in
Milan. So busy, in fact, that he kept both the German Chancellor and the former Italian President waiting well
into the night before gracing them with his presence.Given that Italy's Silvio Berlusconi is under partial house
arrest for a tax fraud conviction, he probably was not too displeased at having to wait until 1am for his old
skiing buddy. But there may have been less sympathy from German Chancellor Angela Merkel, who had to
hang around until midnight for a meeting originally scheduled at 8pm on Thursday.If this was Mr Putin's
charm offensive aimed at convincing EU leaders to ease sanctions on Russia, it got off to a shaky start, and
appeared to continue in the same vein. The following day, after talks between the Russian leader and his
Ukrainian and EU counterparts, Ms Merkel emerged with bad news about the stand-off between Russianbacked rebels in Ukraine and the government in Kiev. "I cannot see a breakthrough here at all so far," she
told reporters.The Kremlin spokesman Dmitry Peskov gave a similar assessment: "The talks are indeed
difficult, full of misunderstandings [and] disagreements."There was some optimism as talks went into the
evening yesterday on the sidelines of an Asia-Europe meeting in Milan. Mr Putin and Ukraine's President
Petro Poroshenko reached a tentative deal on a dispute over gas supplies, but Western leaders were clear
that Moscow still had a lot to do to firm up a ceasefire in eastern Ukraine.Mr Putin's annexation of Crimea in
March and the alleged presence of Russian troops and tanks supporting separatists in eastern Ukraine have
sent Russia's relations with the West back to the frosty days of the Cold War. In an attempt to force Russia to
intervene and end the conflict, the EU and the US have imposed sanctions on Russian businesses,
individuals and
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Frosty reception for Putin's bid to thaw EU as no deal reached over
Ukraine
18/10/2014
The Times
Pag. 2
David Cameron yesterday challenged Vladimir Putin to denounce illegal elections planned by pro-Russian
separatists in eastern Ukraine.The prime minister confronted the Russian president during a meeting of
leaders in Milan, where Mr Putin faced renewed pressure to halt the violence in the region and stop the flow
of weapons across the border.It is the first time that Mr Cameron has met Mr Putin since pro-Russian rebels
shot down a passenger plane in July. Ten Britons were among the 298 killed.Mr Cameron was among those
to call on Mr Putin to condemn elections due to be held by separatists next month. Mr Putin declined to give
assurances that he would not recognise the ballot.Mr Cameron described talks between Mr Putin and Petro
Poroshenko, the president of Ukraine, as "positive".Aceasefire was agreed in Minsk last month, but more than
330 people have been killed since it was signed as pro-Russian rebels continue to hold areas of eastern
Ukraine."Vladimir Putin said very clearly that he doesn't want a frozen conflict, he doesn't want a divided
Ukraine," Mr Cameron said after the talks, held before a summit between European and Asian leaders.The
prime minister said Russia must remove its troops and heavy weapons from Ukraine, and recognise
legitimate Ukrainian elections. He said: "If those things don't happen then the EU. . . must keep in place the
sanctions and pressure so that we don't have this kind of conflict in our continent."Francois Hollande, the
French president, Angela Merkel, the German chancellor and Matteo Renzi, the Italian prime minister also
urged Mr Putin to do more.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Putin rebuffs Brussels challenge on Ukraine
18/10/2014
The Times
Pag. 41
True friends make sacrifices for each other, and President Putin of Russia and Silvio Berlusconi did just that
in Milan in the early hours of yesterday as they found time for a very late dinner.Mr Putin arrived at the
apartment of the former Italian prime minister at 1.40am for a plate of white truffle pasta, tiramisu and a twohour chat, hours after keeping Angela Merkel waiting at an EU-Asia summit, and turning up late for a dinner
with world leaders.The Russian president left Berlusconi at 3.30am, climbing into a limousine four hours
before he arrived looking fresh for a meeting with President Poroshenko of Ukraine, also attended by David
Cameron, to discuss ending the conflict in Ukraine.In order to meet his old friend, Berlusconi persuaded a
judge to allow him to break the rules of his house arrest, which compelled him to be at his mansion outside
Milan by 11pm, following his conviction last year for tax evasion. Apart from his enforced nights at home,
Berlusconi is also carrying out a year of community service at a home for Alzheimer's patients and has been
ejected from parliament.However, given the night off by the court, Berlusconi headed for Milan, taking his five
children with him to meet the Russian leader.After forging a friendship in 2001, Berlusconi and Mr Putin have
socialised together at Mr Putin's dacha and Berlusconi's villa in Sardinia - the venue for some of his most
notorious parties.In 2009, Ronald Spogli, the US ambassador to Italy, wrote in a leaked memo that Berlusconi
admired "Putin's macho, decisive and authoritarian governing style".In 2007 the two were photographed
together with Jean-Claude Van Damme, the martial arts actor, and both posed wearing enormous Russian fur
hats.Last year Mr Putin visited Berlusconi at his residence in Rome and was photographed throwing a ball for
Dudu, the poodle belonging to Francesca Pascale, Berlusconi's girlfriend.Speaking at a political rally last
month, Berlusconi defended Russia's intervention in Ukraine, claiming that Russia had been forced to "defend
Ukrainian citizens of Russian origin that it considers brothers".For his part, Mr Putin defended Berlusconi
when was he was tried for paying a minor for sex, claiming that he would not have been pilloried had he been
homosexual.Berlusconi has since been acquitted on appeal of paying for sex with a 17-year-old dancer,
Karima El Mahroug, who was born in Morocco, with judges ruling that he did not know that she was under 18.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Putin leaves Berlusconi villa at 3.30am
18/10/2014
The Times
Pag. 45,48
From page 45 Bitter divisions over the response to eurozone stagnation were laid bare yesterday when
Germany rejected calls for stimulus measures and European Central Bank plans to buy up bonds and
securities.Jens Weidmann, president of the Bundesbank, went on the offensive against fellow central bank
leaders who back ECB asset-buying as a way of injecting liquidity into the struggling single-currency
system.Mr Weidmann's regular outbursts, which reflect the attitude of Angela Merkel, are understood to have
earned him the nickname of Nein zu Allem (no to everything) from Mario Draghi, the president of the
ECB.Although he is the most outspoken of the 24 ECB board members, the public show of disunity comes at
a delicate time. The crisis of confidence in the eurozone is threatening to return, with persistent low inflation
contributing to renewed fears over peripheral economies, sending their sovereign bond rates soaring.This
week, amid turmoil across global equity markets, Greek tenyear bond yields headed towards 9 per cent and
borrowing costs on Portugal's debt also rose.The latest flashpoint, however, was a suggestion from Mr Draghi
that Germany increase levels of public investment to help to support the eurozone. Benoît Coeuré, a
permanent ECB board member and close ally of Mr Draghi, chimed in yesterday by saying that governments
could help to counteract lower prices with "fiscal policy, when it is available without questioning long-term debt
sustainability". It was a clear hint that Berlin should relax the purse strings.Addressing the same conference in
Riga, where Mr Coeuré spoke, Mr Weidmann said: "The boost to the peripheral countries from an increase in
German public investment is . . . likely to be negligible. With the economy operating at normal capacity
utilisation, Germany is not in need of stimulus, either, and this will remain the case with the revised forecasts
that still foresee growth in line with potential."Mrs Merkel rejected demands this week to ditch plans for a
balanced budget next year and attacked calls to allow countries such as Mr Coeuré's native France to be
allowed to break EU rules on reducing their deficits as a way of providing stimulus spending.Mr Draghi has
launched a plan to buy private sector assets, covered bonds and asset-backed securities, which he hopes will
stimulate the market and support the economy by offering companies an alternative source of credit.
Yesterday, Mr Weidmann called ABS purchases "problematic when they imply a transfer of risks from banks
to the balance sheet of the central bank . . . This could amount to a transfer of risks from banks to the
taxpayer."Meanwhile, secret minutes of the ECB's discussions have been leaked for the first time. The
minutes, which should remain sealed for 30 years, highlight tense talks over emergency assistance given to
Cyprus Popular Bank in 2012 and 2013, according toThe New York Times. From next year, however, the
ECB, which last night said that it was still deciding whether to launch an investigation into the leak, will publish
its minutes.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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German bank boss refuses to budge over stimulus calls
20/10/2014
La Tribune Quotidien
Pag. 44
ROMARIC GODIN
Beppe Grillo, le chef du Mouvement 5 Etoiles a promis la tenue d'un tel référendum. Il apparaît cependant
peu probable. Testo non disponibile
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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UN REFERENDUM SUR L'EURO EST-IL POSSIBLE EN ITALIE ?
18/10/2014
Le Figaro
Pag. 1
Jean-Marie Guénois [email protected] De notre envoyé spécia
La scène se déroule jeudi matin dans la grande salle du synode. Le cardinal Baldisseri, un des hommes de
confiance du pape François, qui l'a nommé à ce poste pour piloter tous les synodes, annonce que les «
synthèses linguistiques », fruit du travail des deux cents évêques réunis toute la semaine en dix groupes, ne
seront « pas publiques ». Émotion dans la salle puis grondement d'un « no » (non en italien) audible et
collectif. Une bronca épiscopale en somme, polie mais ferme. Le cardinal Hongrois Erdö, rapporteur général
du synode et archevêque de Budapest, prend alors la parole pour récuser cette décision et demander la
publication des synthèses. S'ensuit alors une montée de « si » (oui en italien) chez les évêques. Pour calmer
le jeu, le cardinal André Vingt-Trois, coprésident du synode sur la famille, reformule le problème, car la
question se pose effectivement. Interloqué, le cardinal Baldisseri, fixe le Pape pour savoir ce qu'il doit faire.
François reste de marbre. Baldisseri cède. Soulagement général dans l'assemblée synodale qui travaille à
huis clos. Ce cardinal italien expliquera avoir « oublié » que cette publication avait été prévue.L'assemblée
synodale est une structure consultative au service du pape. Elle fut créée à la fin du concile Vatican II (19621965) pour donner plus de poids aux évêques. Paul VI convoqua cinq synodes et Benoît XVI tout autant.
Jean-Paul II en lança treize sur de nombreux sujets. Pour François, c'est une première, mais il a l'ambition de
gouverner « de façon synodale » en tenant compte de l'avis des évêques. S'il a convoqué ce synode sur la
famille, c'est notamment pour que l'Église admette, dans certains cas, des divorcés remariés à la communion
eucharistique. Une possibilité que beaucoup de théologiens jugent toutefois impossible. Sauf à mettre en
péril, disent-ils,« tout l'édifice des sacrements » de l'Église. C'est dire l'enjeu de ce synode pour l'Église mais
aussi pour ce pontificat. Une seconde session est prévue l'année prochaine. La mise en oeuvre d'éventuelles
décisions du Pape ne devrait pas intervenir avant 2016. Quant à cette assemblée, elle se termine, dimanche,
à Rome, par la béatification du pape Paul VI.Sorte de crise de confianceÀ moins qu'un coup de théâtre ne se
produise samedi soir. Les évêques devront en effet voter, à la majorité des deux tiers, le « document final »
du synode. Une majorité qui n'est pas forcément acquise tant la première version de ce document, publiée
lundi 13 octobre, a semé le trouble et la polémique, au sein et à l'extérieur du synode. En cause ? Des
propositions inédites d'ouverture aux couples homosexuels et aux divorcés remariés. Beaucoup d'évêques
qui avaient tous pris la parole en assemblée générale au cours de la première semaine du synode, n'ont pas
retrouvé, dans ce texte intermédiaire, leur tendance prudente face aux réformes.D'où l'enjeu, pour ces
évêques, d'avoir obtenu, jeudi, lors de ce mini-bras de fer entre l'assemblée et le bureau du synode, la
publication de leurs synthèses par groupes linguistiques, car elles étaient souvent très critiques. Sans la
publication de ces dix synthèses, finalement intervenue jeudi après midi, personne n'aurait su, à ce point,
l'ampleur de la correction apportée par les évêques aux élans réformateurs du Pape et de son équipe. En un
mot, lundi, le document intermédiaireet officiel - du synode (noséditions du 14 octobre) ouvrait largement la
porte de l'Église aux divorcés remariés, aux personnes homosexuelles, à une morale sexuelle graduelle
selon les individus. Mais, jeudi, la réaction écrite des pères synodaux contenue dans ces fameuses
synthèses linguistiques (nos éditions du 17 octobre) fermait en partie cette porte. La laissant seulement
entrouverte pour que soient approfondies, dans des commissions théologiques d'ici à octobre 2015, les voies
possibles d'une admission de divorcés remariés à la communion, sans cacher de fortes divergences sur les
moyens d'y parvenir.Mettre ainsi à disposition de la presse ces dix documents (trois en italien, trois en
anglais, deux en espagnol, deux en français) a donc aussi été une fa-çon, pour les évêques, d'imposer leurs
corrections dans le document final de l'assemblée. Et de lutter contre ce que le cardinal américain Burke a
dénoncécomme une « manipulation » et une « trahison » du bureau du synode qui chercherait, selon lui, à
imposer une ligne réformatrice, contre l'avis majoritaire des évêques. Il est à prévoir que le comité
d'organisation ne prenne pas le risque de fâcher, une seconde fois, l'assemblée en ne tenant suffisamment
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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DANS LES COULISSES DU SYNODE SUR LA FAMILLE
18/10/2014
Le Figaro
Pag. 1
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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pas compte de ses remarques. Les logiciels de traitement de texte du Vatican ont donc dû chauffer vendredi
pour sortir un document consensuel. Mais le cardinal allemand Marx, très proche de François, et l'un des
neufs membres du haut conseil des cardinaux, soit l'un des vrais dirigeants de l'actuel pontificat, s'est
toutefois refusé, vendredi, à s'engager sur une « issue positive » de ce vote de samedi soir. Une
comparaison triviale mais très inadaptée, car elle ne tient pas compte, malgré ces divisions sans fard, de «
l'expérience de fraternité et de communionépiscopale » dont tous les évêques témoignent avec sincérité, ce
qui consisterait donc à dire que « le match » de ce synode se termine par une sorte d'égalité. Un but pour
chaque équipe. Et qu'il faudrait attendre « le match retour », dans un an, pour savoir si François imposera ou
freinera sa réforme. Question d'autant plus ouverte que les incidents de procédure de cette semaine - et ils
ont été très nombreux, accréditant la thèse d'une volonté de l'entourage papal de chercher à maîtriser le
résultat du synode contre les conservateurs - ont poussé à bout certains cardinaux jugés pourtant proches de
François. Ainsi, jeudi soir, le cardinal George Pell. Un poids lourd du pontificat, puisque le Pape non
seulement l'a intégré dans son conseil rapproché de cardinaux, mais l'a fait venir d'Australie à Rome pour lui
confier les clés des finances du Saint-Siège.Il a commencé par se féliciter de la publication de ces fameuses
conclusions des groupes de travail, parce que, disait-il, « nous voulons que les catholiques du monde entier
soient informés de ce qui est en train de se passer et de ce que nous discutons ». Évoquant ensuite le
rapport intermédiaire de lundi, qui a mis le feu aux poudres, il l'a qualifié de « tendancieux, faussé, ne
représentant pas avec précision les sentiments des pères synodaux dont les trois quarts avaient des
difficultés avec ce texte », notamment en raison de « l'absence majeure de la tradition de l'Église ».Assumant
sa critique publique, il a conclu : « L'Église ne peut pas aller dans cette direction. Ce serait une capitulation
devant les beautés et les forces de la tradition catholique. » Et cet homme très respecté,de conclure : « Notre
devoir est maintenant de nous arrêter, de prier, de reprendre notre respiration et de réaliser que nous n'allons
pas abandonner la doctrine catholique. Et de travailler à réduire les divisions, et de prévenir la radicalisation
de différentes factions oupoints de vue. » Le doute s'est toutefois installé dans beaucoup d'esprits à Rome et
pas seulement. Une sorte de crise de confiance rôde. Elle est alimentée par des faits indubitables, qui
laisseraient plutôt entrevoir que rien n'arrêtera, pas même les évêques, cette volonté de réforme et
d'ouverture du pape François. Il n'a jamais d'ailleurs caché, depuis son élection, son désir d'avancer vers un
meilleur accueil des divorcés remariés et de tendre la main à la communauté homosexuelle. Le premier fait
fut le soin apporté, avant le synode, d'écarter minutieusement dans la liste des participants, toute personne,
laïc ou clerc, héritière de près ou de loin, des années Jean-Paul II et Benoît XVI dont les pontificats furent
opposés à toute évolution en ces domaines. Ces prélats ou experts n'ont pas eu droit de séjour dans ce
synode.Risque de relativisme moralLe second fait porte sur la communication officielle lors de ces journées.
Certes tous les prélats étaient libres de s'exprimer à l'extérieur, mais aucun de ceux qui étaient en opposition
à la ligne fixée n'ont été invités lors des onze conférences de presse. Ainsi, vendredi, alors que Rome
résonnait des propos du cardinal Pell, c'est le cardinal allemand Marx qui était invité devant la presse. Il a
repoussé, une à une, toutes les objections soulevées par les évêques. Sur leshomosexuels : « Parce que
vous êtes homosexuel, vous ne pouvez pas vivre l'Évangile ? Pour moi, c'est impensable. » Sur les divorcés
remariés : « En tant qu'évêques, nous ne pouvons pas sélectionner nos fidèles. » Sans compter, a-t-il
rappelé, car il a été l'artisan d'une sorte de pétition, que « la majorité de la conférence épiscopale allemande
a approuvé les propositions du cardinal Kasper » qui prône l'admission des divorcés remariés à la
communion. Enfin, sur le risque de relativisme moral : « On ne peut pas dire "tout ou rien", on doit voir
comment les personnes vivent l'Évangile. » Troisième fait. Le rapport intermédiaire qui a provoqué le
scandale a été, en vérité, écrit « en bonnepartie avant l'assemblée du synode des évêques » - comme l'a
reconnu le cardinal Erdö, pourtant rapporteur général, mais qui ne se reconnaissait pas dans ce texte. Il a été
écrit sur la base du sondage mondial lancé par le Pape pour préparer l'assemblée et non, comme le veut la
règle, sur les propos des évêques au sein de leur synode.Quatrième fait. Une autre « nouveauté » s'est
imposée. Le document final ne serait pas écrit par la commission élue par les évêques, comme dans tous les
18/10/2014
Le Figaro
Pag. 1
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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synodes, mais par un groupe de huit prélats tous proches du pape François et nommés il y a seulement trois
jours. Dont le... général des Jésuites lui-même, le père Adolfo Nicolas. Évoquant ce document final, il a
assuré qu'il intégrait « naturellement des changements, mais surtout sur des points où plusieurs groupes se
rejoignent ». Mais il a prévenu : « Nous en tiendrons compte, donc, mais il n'est pas question dechangements
radicaux. » Cinquième et dernier fait : le secrétaire du synode, l'Italien Mgr Bruno Forte, a reconnu que ces
journées marquaient pour lui le retour de « l'esprit du concile Vatican II » dans l'Église. Il a souligné que les «
grandes évolutions » de ce concile, qui s'est réuni sur trois ans, en sessions séparées, « se sont vraiment
produites entre les sessions ». Laissant donc clairement entendre que l'équipe chargée de piloter ce synode
comptait sur le débat lancé dans l'Église et dans le monde d'ici à octobre 2015 pour faire évoluer les
mentalités en faveur de ce changement et conduire les évêques à valider cette évolution. Dont le Pape reste,
de toute façon, le seul décideur.
18/10/2014
Le Monde - Dossier
Pag. 1
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Cécile Ducourtieux et Blandine Milcent (à Berlin)
Le coup de froid sur les marchés financiers et l'inquiétude de plus en plus vive sur une dégradation de la
situation économique en zone euro vont-ils finalement accélérer la convergence de vues entre les pays
favorables à un " desserrement " de l'étau budgétaire européen (la France, l'Italie), et ceux qui continuent de
prôner la discipline la plus stricte en la matière (l'Allemagne notamment) ?A entendre les déclarations du
président français, François Hollande, et de la chancelière allemande, Angela Merkel, jeudi 16 octobre, rien
n'est moins sûr, tant les deux chefs d'Etat ont campé sur leurs positions. Le premier a souligné, depuis un
sommet Europe-Asie organisé à Milan (Italie), l'urgence d'une stratégie claire pour retrouver la croissance et
a pointé les " plans d'austérité qui s'ajoutent les uns aux autres " comme autant de facteurs de " doute sur les
marchés ". Le social-démocrate Matteo Renzi, président du conseil italien, a trouvé les mêmes accents,
devant la presse : " Que faire dans une période pareille ? Se retrousser les manches, travailler encore plus
dur et essayer d'investir pour l'avenir. "Mme Merkel a fait, pour sa part, preuve de sa fermeté habituelle,
devant les députés du Bundestag : " J'insiste sur ce point, tous les pays membres doivent respecter
totalement les règles du pacte de stabilité et de croissance. Ce n'est que dans ce cas que le pacte peut
remplir sa fonction de garant de la stabilité et avant tout inspirer la confiance dans la zone euro ", a-t-elle
notamment déclaré.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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La crise des marchés pousse Paris et Berlin à s'entendre
18/10/2014
Le Monde - Sport & form
Pag. 2
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Philippe Ridet
A la fin, ils devront payer... Alors que les stades de football sont en général à demi vides (22 000 spectateurs
par match en moyenne), sauf pour les grandes affiches du championnat et les rencontres de Ligue des
champions, les responsables du football italien sont appelés à faire un nouvel effort. Ils sont désormais dans
l'obligation d'acquitter une taxe comprise entre 1 % et 3 % du prix du billet d'entrée dans les tribunes.Pour les
moderniser ? Les rendre plus accueillantes ? Pour sauver les clubs qui ont des difficultés financières ? Pas
du tout ! C'est tout simplement pour payer les heures supplémentaires des 180 000 policiers qui, week-end
après week-end, assurent la sécurité des tifosis dans les rencontres de Serie A, B et Lega Pro... Les frais
engagés par l'Etat sont estimés à 25 millions d'euros par an alors que les recettes de billetterie avoisinent
200 millions d'euros.Pour relever un pays en crise (nouvelle récession, baisse de croissance estimée à 0,4 %
en 2014, recettes fiscales en chute libre), il faut des solutions d'urgence. Alors que le gouvernement venait à
peine de refuser une augmentation de salaire aux forces de la police nationale, le président du conseil Matteo
Renzi n'a pas craint de se faire de nouveaux ennemis en demandant aux clubs transalpins une " contribution
". " Les heures supplémentaires des forces de l'ordre lors des rencontres de football doivent être payées par
les sociétés sportives, et non pas par les citoyens ", a-t-il fait savoir mercredi 1er octobre par le biais de
Twitter après avoir abandonné, en raison de délais de faisabilité trop courts, l'idée d'une ponction sur les
droits télévisés.Cette proposition émanant d'un parlementaire du Parti démocrate (centre gauche) a suscité la
colère des présidents et des propriétaires de club. " D'un jour à l'autre, on nous annonce une nouvelle taxe.
Comment fait-on pour construire un budget ? ", s'étrangle l'un d'eux. " C'est comme de faire payer l'éclairage
public ou les transports en commun aux seuls commerçants au prétexte qu'ils en profitent ", s'indigne Claudio
Lolito, président de la Lazio de Rome. Le président de la fédération, Carlo Tavecchio, se dit " conscient des
difficultés de l'Etat ", mais trouve le procédé " un peu démagogique ", d'autant que les clubs payent déjà 1
milliard d'euros au fisc sous forme de taxes diverses.Il est vrai que Matteo Renzi a choisi le bon moment pour
faire passer son projet. Même si le football est une véritable religion d'Etat dans la Péninsule, les Italiens ont
encore en mémoire les violences qui se sont déroulées en marge du match comptant pour la finale de la
Coupe d'Italie entre Naples et la Fiorentina, au mois de mai, à Rome. Elles se sont conclues par la mort - par
balles - d'un supporteur napolitain. La télévision a diffusé pendant près d'une heure l'image de policiers
impuissants, insultés et mitraillés d'objets divers. Dans ces conditions, l'opinion publique a pris fait et cause
pour les forces de l'ordre et il s'en trouve peu pour plaindre les propriétaires des clubs où se retrouve la fine
fleur du capitalisme transalpin." Je n'ai jamais fait grève de ma vie, raconte l'un d'eux dans le quotidien La
Stampa, mais je suis prêt à d'autres formes de protestation. " Parmi celles envisagées : l'arrêt de
l'organisation des transferts des supporteurs lorsque ceux-ci vont encourager leur équipe à l'extérieur. Ces
seuls " voyages " mobilisent une bonne part des forces de l'ordre.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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22 v'là une taxe pour payer les flics italiens !
19/10/2014
Le Monde - Dossier
Pag. 1,5
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Audrey Tonnelier, avec Eric Albert, (Londres, correspondance)
Après une semaine de fortes turbulences, les grands indices boursiers européens et américains ont tous
terminé dans le vert, vendredi 17 octobre au soir. Mais les investisseurs se sont fait une belle peur, renouant
avec des comportements de panique qui ont rappelé les pires heures de la crise des dettes souveraines de
2010-2011. Les perspectives de croissance défaillante en Europe ont mis le feu aux poudres, alors que les
marchés étaient déjà nerveux à l'approche de la fin (dans dix jours) du vaste programme de rachats d'actifs
de la Réserve fédérale américaine (banque centrale), qui a jusqu'ici porté les Bourses mondiales.Les fonds
spéculatifs, qui avaient parié sur un regain de vigueur en Europe, en ont été pour leur frais : ils ont
massivement vendu leurs titres, amplifiant la chute. Echaudés, les investisseurs sont de plus en plus
nombreux à se tourner vers des placements plus sûrs, comme les fonds monétaires.Sur le marché des taux,
le " spread ", ce baromètre du risque perçu par les investisseurs (il correspond au différentiel de rendement
entre les obligations des pays européens et les Bunds allemands à dix ans) est reparti à la hausse. Les
investisseurs se sont détournés des dettes des pays périphériques, à commencer par celles de la Grèce, de
l'Italie, de l'Espagne et du Portugal. Une situation plutôt saine au demeurant : durant... ... l'été, les taux
espagnols ou italiens étaient tombés sous la barre des 2,5 %, plus bas encore que les taux auxquels la
France empruntait avant la crise Reviendra, reviendra pas ? Les marchés se sont fait une belle peur durant la
semaine écoulée, persuadés qu'une nouvelle crise financière guettait au coin de la rue. Affolés par des
perspectives de croissance défaillante en Europe, angoissés à l'idée d'être privés dès la fin du mois de leur
carburant favori : les rachats d'actifs de la Banque centrale américaine sur les marchés..., les investisseurs
ont cédé à la panique.Après un mercredi noir, le 15 octobre, et un nouvel accès de panique, jeudi 16 au
matin, le calme est néanmoins revenu sur les marchés, de nouveau orientés à la hausse vendredi. Mais les
dégâts sont là : entre le 13 et le 17 octobre, l'indice américain S&P 500 a perdu 1,02 %, tandis que le Nasdaq
reculait de 0,42 %.En Europe, où le rebond a été d'autant plus marqué que la chute avait été brutale, le CAC
40 a terminé la semaine sur une baisse de 0,99 %, tandis que le DAX se reprenait (+0,70%) Plus durement
touchées, les Bourses de Madrid et Milan ont affiché des reculs respectifs de 1,91 % et 2,60 %.De telles
turbulences traduisent un émoi général des investisseurs. Mais, parmi eux, certains ont vraisemblablement
mené la danse : il s'agit des fonds spéculatifs (hedge funds), ces professionnels du marché qui parient à la
hausse ou à la baisse sur les actions." En début d'année, les grands hedge funds anglo-saxons avaient
décidé d'investir sur l'Europe en se fondant sur les valorisations raisonnables des marchés et les
perspectives de croissance. A l'inverse, ils étaient sous-investis sur les Etats-Unis, censés entrer rapidement
dans un cycle de resserrement des taux - prévu pour 2015 après la fin des rachats d'actifs par la Banque
centrale européenne - . S'ils réagissent aussi violemment aujourd'hui, c'est qu'ils s'ajustent au fait que leur
théorie était totalement fausse ", explique Gregori Volokhine, président du gérant Meeschaert à New York.A
Londres, Paul Mills, le représentant du Fonds monétaire international (FMI) au Royaume-Uni, ne dit pas autre
chose. " Les matières premières et le pétrole ont chuté récemment, il y a de nouvelles inquiétudes sur la
croissance en Europe et en Chine. Différents fonds, notamment des hedge funds, avaient pris des positions
qui allaient dans le sens inverse. Ils ont dû vendre leurs positions, dans un marché qui manque de liquidité.
"Ce revirement est à la hauteur de l'euphorie qui dominait sur les marchés ces derniers mois, notamment
outre-Atlantique. Dopé par les montagnes de liquidités injectées par la Réserve fédérale américaine, le S&P
500 a bondi de 80 % depuis mars 2011. Du jamais-vu de mémoire de boursier...Quant aux marchés
européens (indice EuroStoxx), ils ont grimpé de plus de 40 % depuis l'été 2012 et la promesse de Mario
Draghi, le président de la Banque centrale européenne (BCE), de faire " tout ce qu'il fau - drait - " pour sauver
l'euro.Mais la Bourse avait beau voler de record en record, les prévisions des analystes se voulaient toujours
plus optimistes. La prévision médiane pour le S&P 500 à fin 2014 n'a d'ailleurs cessé de s'améliorer. En
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Marchés boursiers : de l'aveuglement à la chute
19/10/2014
Le Monde - Dossier
Pag. 1,5
(diffusione:30179, tiratura:91840)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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décembre 2013, les professionnels voyaient l'indice à 1 925 points un an plus tard ; en juin, à 2 000 points, et
le 25 septembre, à 2 033 points. Il a finalement terminé, vendredi 18 octobre à moins de 1 900 points...Si
certains fonds, comme celui du financier George Soros, avaient exprimé, dès le printemps, leurs doutes sur
la pérennité d'une hausse ininterrompue des marchés, nombre de grands investisseurs ont donc raté le
coche. En début de semaine, les stratégistes de Morgan Stanley admettaient déjà que la performance de leur
portefeuille d'actions était inférieure de 3,6 % à celle du S&P 500 en raison de mauvais choix
d'investissement.Quant à l'investisseur activiste Carl Icahn, il a perdu la bagatelle de 200 millions de dollars
(157 millions d'euros) mercredi soir sur Netflix. L'action du service de vidéo en ligne a plongé de 27 % dans
les échanges postmarché, après la publication de résultats trimestriels décevants.A l'inverse, les fonds
monétaires, qui font figure de réservoir de cash pour les banques et les entreprises, voient affluer depuis
quelques jours des monceaux de liquidités. Plus de 23 milliards de dollars ont afflué vers ces fonds en
Europe durant la semaine écoulée, selon le cabinet EPFR. Un record. D'autant qu'avec les taux planchers
servis par la BCE, ce type de placement rapporte aujourd'hui très peu.Qu'à cela ne tienne : après des mois
d'optimisme et plusieurs jours à se ronger les sangs, les investisseurs en ont soupé de la prise de risque :
leur priorité est de nouveau à la sécurité. Pour combien de temps ?
19/10/2014
Le Monde - Dossier
Pag. 5
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Marie Charrel
Cela faisait un moment que l'on n'avait pas entendu parler de lui. Cette semaine, le spread, ou " spread de
taux "pour les intimes, a fait son grand retour sur les marchés. Ce terme quelque peu barbare désigne l'écart
de taux entre deux obligations de même maturité. Dans la zone euro, le spread mesure en général la
différence entre le taux auquel un pays emprunte sur dix ans, et le taux allemand. Pourquoi allemand ? Car
depuis la création de l'union monétaire, le pays de Gœthe est celui qui emprunte aux taux les plus bas : c'est
la référence.Dit autrement, le spread est un baromètre du risque perçu par les investisseurs. Plus ceux-ci
estiment élevée la probabilité qu'un Etat ne rembourse pas sa dette publique, plus ils exigent des taux élevés
à l'Etat lorsqu'ils achètent ses obligations. Et donc, plus le spread avec l'Allemagne augmente. Pour évaluer
le risque de défaut, très théorique, les marchés se fient à une série d'indicateurs plus ou moins rationnels : le
niveau de déficit public, de rentrées fiscales, la stabilité politique...Cette semaine, les spreads se sont de
nouveau affolés. Angoissés par la conjoncture médiocre, les investisseurs se sont tournés vers les
placements jugés les plus sûrs, les obligations allemandes, et se sont un peu détournés des dettes des pays
périphériques, à commencer par celles de la Grèce, de l'Italie, de l'Espagne et du Portugal. Le spread
Allemagne-Grèce est ainsi passé de 464 points de base (4,64 %) le 5 septembre à 816 points de base le 16
octobre.Est-ce grave ? Va-t-on revivre les heures noires de la crise, durant lesquelles le spread AllemagneGrèce s'était envolé de plus de 1 000 de points de base ? Avant de céder à la panique, il faut d'abord
rappeler qu'il est normal et sain que les investisseurs réclament des taux différents aux pays. En exigeant
des taux plus hauts à un Etat laissant dériver ses comptes, ils l'incitent à agir pour redresser la situation.Mais
dans la zone euro, comme souvent, tout est plus compliqué... L'introduction de la monnaie unique a en effet
brouillé les cartes, en faisant converger les taux entre les pays membres. Les spreads se sont réduits.
Beaucoup. Trop, jugent certains, car en 2007 les taux ne reflétaient plus vraiment les différentes situations
économiques des pays. Pendant la crise, ils ont à l'inverse flambé au-delà du raisonnable : les marchés, en
pleine psychose, redoutaient de voir la zone euro exploser. Il aura fallu que Mario Draghi, le président de la
Banque centrale européenne, promette de faire " tout ce qui sera nécessaire " pour sauver la monnaie unique
pour que les spreads s'effondrent à nouveau. Beaucoup. Trop ?Là encore, certains observateurs en sont
convaincus. Car enfin, est-il raisonnable que les taux espagnols ou italiens soient tombés sous la barre des
2,5 % cet été, plus bas encore que les taux auxquels la France empruntait avant la crise ?Probablement pas.
Seulement voilà : parce que les pays membres partagent une même monnaie, mais suivent des politiques
budgétaires différentes, le baromètre des spreads européens ne fonctionne plus très bien. A l'image, en
somme, de la gouvernance économique de la zone...
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Le retour du spread (plus si) souverain
19/10/2014
Le Monde
Pag. 4
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Yves-Michel Riols
Les Européens ont déroulé le tapis rouge à Vladimir Poutine mais il n'a cédé sur rien. Alors que le président
russe était persona non grata aux rencontres des dirigeants de l'Union européenne (UE) depuis l'annexion de
la Crimée, en mars, il a été reçu par les principaux chefs d'Etat européens en marge d'un sommet -entre
l'Europe et l'Asie, les jeudi 16 et vendredi 17 octobre, à Milan.Mais au terme de nombreuses rencontres, dont
trois avec le président ukrainien, Petro Porochenko, M. Poutine n'a fait aucune concession majeure en vue
du règlement de la guerre en Ukraine, où les séparatistes de l'est du pays sont ouvertement soutenus par
Moscou. Comme il l'a souvent fait au cours des -derniers mois à la veille d'échéances diplomatiques sur
l'Ukraine, le président russe avait semblé jouer la carte de l'apaisement en annonçant le retrait des troupes
déployées le long de la frontière ukrainienne. Mais au moment où M. Poutine est arrivé à Milan, l'OTAN a
indiqué, jeudi, ne pas avoir constaté " de mouvements majeurs et significatifs " des forces russes.Le double
langage de Vladimir Poutine sur l'Ukraine est une constante. Il l'a encore démontré à Milan, où il a fait porter
l'essentiel des discussions sur les livraisons de gaz russe à l'Ukraine, un enjeu crucial mais extérieur au
conflit militaire. Une posture qui lui permet de se présenter comme un interlocuteur responsable face à un
partenaire ukrainien qui refuse de se plier aux nouveaux tarifs, arbitrairement augmentés par Moscou depuis
l'arrivée au pouvoir, à Kiev, d'un gouvernement pro-occidental.Même sur ce sujet, présenté comme la
principale avancée des négociations, il régnait une certaine confusion à l'issue des rencontres à Milan. Après
une réunion entre M. Poutine et plusieurs dirigeants européens, vendredi en début d'après-midi, François
Hollande a affirmé qu'un accord sur le gaz était " maintenant vraiment à portée de main ", alors que le
président russe avait menacé, la veille, de couper le robinet du gaz si un compromis n'était pas rapidement
trouvé.De son côté, Vladimir Poutine, qui a trouvé le temps de rendre une visite nocturne à Silvio Berlusconi,
l'ancien chef du gouvernement italien, condamné par la justice de son pays pour évasion fiscale, s'est borné
à indiquer qu'il s'était engagé à une reprise des -livraisons " au moins pour l'hiver ". Mais en début de soirée,
Petro Porochenko s'est montré plus réservé. " Nous ne sommes pas parvenus à un résultat pratique sur la
question gazière, mais nous espérons trouver une solution d'ici le 21 octobre ", a-t-il souligné, en référence à
la réunion prévue, mardi à Bruxelles, entre l'Ukraine, la Russie et la Commission européenne.Face à cette
cacophonie, la chancelière allemande, Angela Merkel, a reconnu que seul un sujet mineur n'avait pas
provoqué d'équivoque. " Il y a eu un rapprochement sur certains détails ", a-t-elle sobrement affirmé, en
évoquant un accord sur l'utilisation de drones pour contrôler les mouvements à la frontière russo-ukrainienne.
Mais sur l'enjeu principal - la mise en œuvre des accords conclus entre la Russie et l'Ukraine, le 5 septembre
à Minsk -, il n'y a eu aucun progrès notable. " Le conflit en Ukraine n'a pas encore trouvé de solution politique
", a relevé Herman Van Rompuy, le président du Conseil européen. Tout reste à faire, a-t-il souligné, sur le
respect du cessez-le-feu, le contrôle des frontières par les autorités ukrainiennes et sur l'organisation des
élections dans les régions séparatistes. Autrement dit, Vladimir Poutine n'a rien lâché.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Ukraine : M. Poutine reste inflexible face aux Européens
18/10/2014
Liberation
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Podemos, la nouvelle vague de l'indignation
Grand Angle - Par FRANÇOIS MUSSEAU
Ils sont assis en cercle à la manière d'un conseil de guerre. Une vingtaine de personnes tout au plus, à se
passer de main en main un mini-haut-parleur pour prendre la parole, à s'écouter, à s'interroger, à soumettre
au vote les suggestions de tel ou tel. Cela prendra le temps qu'il faudra, mais les membres de cette petite
assemblée épuiseront méthodiquement l'ordre du jour, étudieront de près chaque point, s'échineront à
dégager un consensus au terme de longs débats. Des étudiants, des adultes, des retraités, trois générations
réunies. Leur ton est déterminé, on sent qu'ils ont un objectif commun et qu'ils n'y renonceront pas. Tumulte
festif Nous sommes sur la place 2 de Mayo, dans le quartier madrilène de Malasaña, symbole de la
résistance contre les Français en 1808 et emblème de la célèbre movida des années 80. Chaque semaine,
qu'il vente ou qu'il pleuve, la réunion prend place ici, face à la grille protégeant les statues en marbre de deux
généraux rebelles aux soldats napoléoniens, Daoz et Verlarde. Ce doux jeudi soir d'automne, vers 20 heures,
règne ce tumulte festif propre à l'Espagne où fusent cris et rires. Alfredo, un professeur de 52 ans, mobilise
ses troupes : «Dans deux mois, aura lieu l'assemblée constituante. D'ici là, à nous d'apporter nos idées et
nos amendements aux documents proposés par le secrétariat général. Le travail de la base, c'est ce qui nous
rend différents et dangereux pour le système en place, c'est là notre force. Alors, pas de temps à perdre !»
Selon le jargon de l'organisation Podemos, ce type de groupe est dénommé un «cercle». Dans toute
l'Espagne, on en compte un petit millier. Certains sont «territoriaux», comme celui-ci, ils représentent une
bourgade, une ville moyenne ou tel quartier d'une agglomération ; d'autres sont «thématiques», l'écologie, la
précarité, le chômage, la dette, la science, le handicap, le sport... Ces cellules sont les héritières des
multiples assemblées nées spontanément dans le sillage du «15 mai 2011», cette occupation inédite de la
Puerta del Sol, à Madrid, par des centaines de jeunes en colère. Ce fut l'acte de naissance du mouvement
des Indignés, qui allait gagner tout le pays avant de s'étendre à l'ensemble du monde occidental, de Tel-Aviv
à Wall Street. Dans la version espagnole, ce cri de révolte dénonçait les coupes budgétaires, un marché de
l'emploi précarisé (25% de chômeurs), une classe politique «corrompue» et des milieux financiers toutpuissants auxquels celle-ci serait inféodée. 1,2 million de suffrages Trois ans plus tard, tout le monde pensait
que cette insurrection citoyenne - inspirant de la sympathie à 65% des Espagnols, selon les sondages s'était essoufflée, voire tarie. D'innombrables assemblées, une kyrielle de manifestations contre le pouvoir,
notamment des «assauts» avortés contre la chambre des députés à Madrid, et de bien chiches résultats :
une lente agonie des Indignés se profilait. Rideau ? Eh bien non : depuis le printemps, les partisans d'un
profond changement politique ont repris espoir, comme le reflète, très localement, cette réunion place 2 de
Mayo. Après le Syriza grec d'Alexis Tsipras ou le Mouvement 5 Etoiles italien du comique Beppe Grillo, nés
dans ce Sud sommé par Bruxelles de dompter son déficit et de payer ses dettes - quitte à faire de la casse
sociale -, Podemos ( «Nous pouvons») apparaît officiellement en janvier, grâce à 50 000 signatures
collectées en une seule journée. C'est au cours des européennes du 25 mai que cette gauche radicale se fait
connaître, avec une irruption fracassante sur l'échiquier politique espagnol : la formation naissante obtient 1,2
million de suffrages, cinq eurodéputés, et devient le quatrième parti national, juste derrière la Gauche unie.
Les médias conservateurs l'assuraient : ce cataclysme électoral n'était qu'un soufflé, cette explosion
contestatrice ne passerait pas l'été. Tout faux. Depuis, les jeunes leaders de Podemos reçoivent une
avalanche de demandes pour adhérer - quelque 100 000 enregistrées à ce jour. L'engouement est
spectaculaire. Fin août, l'institut Sigma Dos situe ce météore électoral à la troisième place en intentions de
votes (22%), à seulement 1 point du Parti socialiste, le PSOE, qui a gouverné l'Espagne pendant deux
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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grand angle. Le petit parti d'extrême gauche est un espoir pour les victimes de la crise et une menace pour le
pouvoir. Fort d'une irruption fracassante aux européennes, il bouleverse le panorama politique espagnol.
Saga d'une success-story et plongée dans les cercles militants qui préparent fébrilement leur assemblée
constituante.
18/10/2014
Liberation
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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décennies ! Début septembre, la radio Ser - la plus écoutée - affirme qu'en Andalousie, cruellement touchée
par la crise, Podemos recevrait en cas de scrutin deux fois plus de voix que le PSOE ou le Parti populaire au
pouvoir, les deux formations hégémoniques. Sur Facebook (554 532 membres, fin septembre) et Twitter (264
000 environ), les nouveau-nés seraient cinq fois plus présents que les autres formations. L'establishment
tremble. Cette menace a un visage. Pablo Iglesias, 35 ans, a un look christique, un faciès charismatique, un
bouc taillé soigneusement ; outre le jean de rigueur, il porte en guise de fantaisie une queue-de-cheval et des
chemises de toutes les couleurs. Ironie de l'histoire : son homonymie avec le fondateur du Parti socialiste,
mort en 1925, une barbe fleurie et une faconde à la Jean Jaurès. Fils et petits-fils de Républicains victimes
des franquistes, ce Pablo Iglesias-ci n'a pas une voix de stentor, loin de là, son physique est davantage
menu, et ses épaules plus étroites. Son verbe, en revanche, est une lame aiguisée. Ce professeur de
sciences politiques à l'université madrilène de la Complutense, qui a fait ses classes au sein des Jeunesses
communistes, brille par son éloquence et sa capacité de séduction. Omniprésent sur les réseaux sociaux, il
s'est rendu célèbre auprès de la gauche en colère grâce à deux émissions produites par Podemos et
diffusées sur des canaux de télévision alternatifs : Fort Apache, d'après le film faisant référence à la victoire
en 1876 de Sitting Bull face au général Custer à Little Big Horn ; et la Tuerka, littéralement «l'écrou», une
façon, disent-ils, de «serrer la vis au système». On y débat entre gens de même idéologie, comme en famille,
pour démonter les rouages du «système capitaliste qui nous broie». Depuis l'été, le jeune leader de Podemos
a gagné en popularité, au point d'apparaître en tête du classement des personnalités politiques préférées des
Espagnols. Cette ascension, Pablo Iglesias la doit surtout à ses prestations sur les plateaux télé des grandes
chaînes, où il affronte avec brio leaders politiques et faiseurs d'opinion mainstream. On lui parle avec
véhémence mais avec respect («Enfin, Pablo, comment peux-tu soutenir les régimes de Cuba et du
Venezuela ?» lui lance Esperanza Aguirre, égérie de la droite dure). Lui, sans jamais se démonter, dénonce
avec la même virulence les «violences» commises contre la société espagnole, «les attentats contre la santé
et l'enseignement publics», «les expulsions immobilières scélérates par les banques», «un marché du travail
ultra-libéral qui précarise et oblige la jeunesse à quitter le pays», «les médias aux mains des
multinationales», «la corruption généralisée des deux grands partis»... «Notre hipster bolivarien» Sous les
projecteurs, secouant le cocotier comme personne, Iglesias et ses compagnons apparaissent comme un
contre-pouvoir clivant. «Les premiers Indignés paraissaient bien gentils, confie l'universitaire Iñigo Irrijon, un
des leaders de Podemos. Mais, aujourd'hui, c'est différent, notre mouvement est pris au sérieux,
l'establishment sait qu'on peut les détrôner et nous craint. Nous sommes comme un magma de braises sous
un volcan.» Certains, bien sûr, ne se privent pas de les moquer : «Ces jeunes marxistes anachroniques
devraient se recycler un peu» , persifle le chanteur de gauche Joaquin Sabina ; «Ça y est, avec Iglesias,
nous avons notre sous-commandant Marcos, notre hipster bolivarien, pour prendre le relais ici des
révolutionnaires du tiers-monde», ricane Federico Losantos, un populaire journaliste de radio. Mais la
majorité les considère comme de redoutables adversaires. Avec le «phénomène Podemos», le bipartisme
PP/PSOE est en péril, la classe politique ringardisée, les défaillances de la social-démocratie criantes. Leur
électeur standard n'est pas un déclassé, mais un urbain trentenaire, diplômé, indécis de gauche ou votant
socialiste désenchanté par les politiques d'austérité. «Ils ont introduit un considérable facteur d'incertitude et
de dynamisme dans la politique espagnole», analyse l'observateur José Torreblanca. «Ils ont brisé
l'invisibilité des mouvements sociaux, renchérit le politologue Josep Ramoneda. Ils sont le visage des
victimes de la crise face à un régime opaque et grippé, ils sont un cri contre une démocratie blindée. En
s'organisant, Podemos a mis fin au mythe des majorités silencieuses qui arrange tant le pouvoir en place.»
Ce pouvoir, ces néophytes de la politique l'ont surnommé : «la caste». Sans appel. «L'iceberg catalyseur»
L'avènement de Podemos traduit à coup sûr la fin d'une époque. Qu'ils ont aussi estampillée à leur manière :
«le Régime de 78». Rembobinons. A la mort du dictateur Franco (en 1975), se met en place la «transition
démocratique» qui culminera avec la Constitution de 1978. Trente-six ans plus tard, ses principes sacrosaints servent aux deux partis hégémoniques de bouclier face à toute volonté de réformes. «Ce qu'exprime le
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succès de Podemos, c'est une crise de régime, la faillite d'un système de partis ankylosé, métaphorise le
politologue Enrique Gil-Calvo. Il a fait naufrage comme un Titanic, Podemos en est l'iceberg catalyseur.»
D'autant que le mouvement surfe sur une pauvreté croissante touchant une famille sur quatre - 2,5 millions
d'Espagnols seraient au bord de l'exclusion sociale, 24% de plus qu'en 2012. Ce que prônent ces néoIndignés fait hurler les partis de gouvernement. Pour reprendre la théorie de l'idéologue Juan Carlos
Monedero (lui aussi prof de sciences politiques à Madrid), de l'ardeur exaltée derrière des lunettes à la
Trotski, le «système» a vécu. Le système ? L'alliance, à l'en croire, du capitalisme financier et de la
démocratie libérale ; ce numéro de duettistes aurait détruit le tissu économique, généré pauvreté et
inégalités, et empiété sur les libertés citoyennes. «Cette collusion a rendu vide de sens la démocratie
représentative, affirme-t-il. On perd son temps à vouloir la réparer. Il faut la substituer par la démocratie
participative : les gens doivent s'exprimer et pouvoir influer sans intermédiaires sur la conduite des affaires du
pays.» Encore faut-il transformer l'essai. Passer des belles théories à la pratique, d'un mouvement rebelle à
un parti cohérent et organisé. Jusqu'au 15 novembre, les militants sont invités à apporter leur pierre à
l'édifice, faire des propositions, amender les documents existants. Sous le pilotage du conseil citoyen (81
membres), se tiendra en décembre - ou janvier - une assemblée constituante qui scellera les statuts, le
fonctionnement, les modes d'élection interne. Le médiatique Pablo Iglesias est le grand favori pour demeurer
à la tête de la formation via un «scrutin universel». Déjà, les actuels dirigeants ont posé des principes révisables d'ici à novembre : non-cumul des mandats, limitation de toute charge publique à trois ans,
plafonnement des émoluments à trois fois le salaire minimum (les cinq eurodéputés émargent à 1 930 euros
mensuels, au lieu des 8 000 euros de rigueur, la différence étant reversée au parti), totale transparence des
comptes, interdiction de voyager en business ou de recourir à des crédits bancaires (100% du financement
provient de mécènes, du crowdfunding ou de la vente de la marque Podemos). Le grand soir économique
Retour à notre groupe de la place Dos de Mayo à Madrid. Ce soir-là, précisément, le débat porte sur le profil
du parti en gestation. Depuis des semaines, certains cercles comme celui-ci se font l'écho d'une inquiétude :
que Podemos se convertisse en un parti comme un autre et qu'un «certain culte de la personnalité»
s'organise autour de la figure du fondateur-rassembleur, Pablo Iglesias. Diego Pacheco, un trentenaire
barbu, s'empare du mini-haut-parleur : «Nous sommes dans la phase constructive, dès maintenant, il faut
établir des mécanismes de contrôle internes pour nos dirigeants. Un jour, ils seront élus municipaux, députés
nationaux, on doit exiger qu'ils rendent alors des comptes à la base, aux cercles, chaque semaine, ou au
moins chaque mois.» Ana, une jeune étudiante opine du chef : «Oui, c'est très important. Au contact avec le
pouvoir, ils peuvent vite péter les plombs. Je vote pour des garanties.» Les autres membres du cercle lèvent
la main en signe d'approbation. Malgré quelques remous internes, Podemos baigne encore dans l'euphorie
des commencements. L'heure est aux professions de foi don-quichottesques, parfois ingénues ; à l'instar de
l'eurodéputée Teresa Rodriguez qui, dans l'hémicycle de Strasbourg, s'exclamait en juin : «Les
multinationales contaminent tout, la vie est au-dessus des bénéfices d'entreprises.» Pablo Iglesias promet le
grand soir économique, sans toutefois préciser s'il souhaite sortir de la zone euro : audit de la dette publique
devant être en partie restructurée ; fin de la dépendance des agences de notations ; un système financier en
phase avec l'économie réelle ; lutte sans quartiers contre l'évasion fiscale ; modèle productif basé sur les
nouvelles technologies et l'investigation, etc. Un sourire mi-ange, mi-démon Utopistes, sûrement. Populistes,
surtout, disent en chœur nombre d'observateurs. «Dans la plupart des pays européens, tranche l'analyste
Fernando Vallespin, la contestation populaire passe par l'extrême droite. En Espagne, c'est par l'extrême
gauche.» Dans la mouvance antisystème, d'autres mouvements ont émergé tels que Ganemos, le parti X, la
CUP... «Tous réécrivent l'histoire, réduisent le pouvoir à un affrontement entre un peuple sage et une élite
perverse et promettent une Arcadie heureuse au bout du tunnel», s'étrangle José Torreblanca. L'eurodéputé
socialiste Juan Fernando Aguilar voit même en Podemos «une force démagogique imprégnée d'intolérance
sectaire prétendant construire un monde nouveau sur les cendres du nôtre ; cela rappelle de mauvais
souvenirs». Lorsque, sur un plateau de télévision, Pablo Iglesias est confronté à ce genre d'accusation, il
18/10/2014
Liberation
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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s'arme de son sourire mi-ange, mi-démon : «Les gens du système ont la trouille car nous, on veut faire de la
gauche non plus une utopie, mais un instrument. Ces attaques, ce sont les derniers râles de la caste. Pour
elle, la belle vie, c'est bientôt fini.» La sienne est en tout cas active : l'eurodéputé rebelle à la queue-decheval se montre plein d'empathie pour Gaza, soutient Julian Assange, donne l'accolade à Ken Loach, se
rend en Equateur et en Bolivie, «deux pays qui ont su redistribuer les richesses». L'égérie de la droite dure,
Esperanza Aguirre (longtemps présidente de la région Madrid) combat certes férocement celui qu'elle qualifie
de «Che Guevara de Facebook» ou de «Taliban cathodique». N'empêche. Fin septembre, sur la chaîne
Sexta, elle avertissait les siens : «Podemos doit nous faire réfléchir en profondeur sur le malaise de notre
société. Oui, nos élites ont trop de pouvoir, oui, nos partis pêchent par manque de démocratie, oui, la
corruption n'est pas assez combattue. Alors, d'accord, ces indignés sont populistes mais, si on n'agit pas, il
n'y aura plus moyen de les arrêter !»
20/10/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 1
(diffusione:581000)
Federico Fubini
Forse è perché in Italia si è troppo voraci di saghe familiari. O magari perché davvero ci si è convinti che il
destino di un'impresa si decide solo su fattori controllati dal governo: dall'aliquota di una tassa, a un articolo
dello Statuto dei lavoratori di un piccolo Paese l'Italia - che pesa per il 3% del prodotto interno lordo mondiale.
Per fortuna non è così. I mercati globali oggi sono così vasti e assetati di innovazione che per certe aziende
italiane la variazione dell'Irap è un impercettibile zero virgola del bilancio. E la qualità del prodotto è così alta
che il problema di queste imprese non è liberarsi dei lavoratori, ma trovarne di bravi e formarli in azienda. In
nessun altro settore questo è vero come nella moda e nel lusso: Prada è prima fra i grandi gruppi del settore
a maggiore crescita cumulata del fatturato nell'ultimo quadriennio, una classifica dove ai piani alti figurano
anche Ferragamo, Tod's e Luxottica. Per l'anno scorso Ferragamo è decima (prima italiana) fra le 80 più
grandi per redditività degli investimenti, mentre ai piani alti della graduatoria sul risultato operativo si è
imposta Moncler. Armani resta un'icona globale. Questa non è l'Italia della cosiddetta crisi «peggiore della
storia». La saga in corso di Luxottica, vista così, sembra una parentesi che aspetta solo di chiudersi. Eppure
un'occhiata sotto alla superficie di prosperità di quasi tutto il mondo del lusso italiano dovrebbe mettere in
guardia i suoi campioni. Non è il momento di compiacersi di sé. Non c'è solo il fatto che anche le aziende
italiane di moda più grandi vendono (e valgono) una frazione dei più grandi gruppi francesi, in un settore in
cui la taglia, la generazione di cassa, la capacità di comprare o aggregare e la presa sui mercati globali sono
le chiavi del futuro. Né c'è solo l'ultimo passaggio del made in Italy sotto le medie del settore lusso: il rapporto
BocconiAltagamma della scorsa settimana mostra che, fra i primi 80 gruppi al mondo, l'anno scorso quelli
italiani hanno visto la crescita dei fatturati più bassa fra i concorrenti occidentali. E il problema non è tanto il
nome del prossimo manager di Luxottica, il futuro remoto di Armani o l'aggressività (sembra) velleitaria dei
capitali russi su Cavalli. Piuttosto, è che un declinante livello medio degli investimenti inizia a far percepire
scogli sotto la superficie. Il successo meritatissimo della Yoox, il gruppo di vendite dal web, ne è un sintomo
al contrario. Il digitale cresce e crescerà di più nella moda, eppure troppi grandi marchi italiani preferiscono
delegare a Yoox la gestione della loro identità online (e la miniera di dati che ne deriva), piuttosto che
accettare la sfida in prima persona. È come se rinunciassero a gestire il loro negozi dei prossimi decenni.
Non è il segno di una gran sete di futuro, come se l'illusione di poter vivere di rendita per qualcuno fosse
dietro l'angolo. Il lusso italiano vale più di così, e può tornare a dimostrarlo.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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IL RISCHIO PIGRIZIA PER LA MODA ITALIANA
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La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
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Si alleano i padroni dell'acqua per una torta da 5 miliardi
Luca Pagni
Per gli esperti del settore non ci sono dubbi: il rilancio dei servizi idrici, dall'acqua potabile alle fognature alla
depurazione, dovrà avvenire attraverso una nuova stagione di fusioni e aggregazioni tra società pubbliche del
settore, creando dei campioni nazionali. Esattamente come sta avvenendo tra il gruppo romano Acea e le
principali aziende alla Toscana. Alleanze destinate a moltiplicarsi nelle prossime stagioni. Per mettere in
comune competenze tecniche ed economie di scala, in modo da garantire i 5 miliardi l'anno di investimenti
necessari a rendere efficiente il sistema. segue a pagina 8 con un articolo di Maurizio Bologni Segue dalla
prima Se questo non avverrà, dal primo gennaio del 2016 scatteranno multe salatissime da parte della Ue.
Da una "una tantum" da pagare immediatamente, calcolata sulla base del Pil nazionale che dovrebbe
aggirarsi sui 10 milioni euro, a una ammenda giornaliera, calcolata sulla mora tra la messa in regola rispetto
alla data di esecutività della sentenza, che potrebbe andare da 11mila a 700mila euro al giorno. Ecco perché,
gli ultimi governi hanno accelerato i provvedimenti per superare l'eccessiva frammentazione nel settore
dell'acqua pubblica, così come il legislatore aveva già previsto 20 anni fa con la legge Galli. Rimasta, di fatto,
inapplicata nel 35% del territorio nazionale, con punte che vanno anche oltre l'80% nelle regioni meridionali.
La crescita dimensionale potrebbe ora avere una ulteriore accelerazione con l'approvazione della Legge di
Stabilità. Nel documento appena licenziato dal governo guidato da Matteo Renzi sono previsti incentivi e
agevolazioni finanziarie per i Comuni che decideranno di cedere le quote delle proprie aziende: per esempio
potranno utilizzare le somme incassate al di fuori del patto di stabilità per investimenti in conto capitale. Il
governo si muove in due direzioni. La prima è politica: favorire la riduzione del numero di società che
gestiscono pubblici servizi (l'obiettivo sarebbe di ridurle da 8mila a non più di mille) in modo da ridurre il p i ù
p o s s i b i l e sprechi e sovrapposizioni: solo in stipendi e gettoni di presenza per gli amministratori, il costo
all'anno è di oltre 450 milioni. La seconda necessità è finanziaria: soltanto riducendo il numero degli operatori
e creando campioni nazionali del settore sarà possibile far fonte a tutti gli investimenti necessari. Tutto questo
vale a maggior ragione per il settore idrico. Secondo il "Blue Book", il più aggiornato quadro del settore
pubblicato da Federutility, l'associazione che raccoglie le aziende di pubblici servizi, per allinearci alle medie
europee dovremmo investire circa 80 euro per abitante e raggiungere così la quota di 4,8 miliardi all'anno
complessivi. Invece, al momento siamo soltanto a 30 euro per abitante (per complessivi 1,6 miliardi), mentre
il fabbisogno minimo secondo i piani finanziari redatti dalle società di settore parlano di almeno 51 euro per
abitante e un totale di 3 miliardi di investimenti all'anno. Per fortuna, le società che potrebbero guidare la fase
di consolidamento non mancano. Almeno nel centro-nord, mentre il sud rischia di rimanere un buco nero, per
colmare il quale per ora nessuno sembra disposto a candidarsi. Nonostante la disponibilità della Cassa
Depositi & Prestiti a schierarsi a fianco di quelle società che vogliano aggregarsi, entrando nel capitale e
garantendo così i fondi necessari per i primi investimenti. Acea sarebbe la società che per vicinanza
geografica potrebbe essere la candidata naturale; ma l'operazione in corso con le aziende toscane, avviata
più di dieci anni fa, dimostra in realtà la sua vocazione di leader in tutta l'area dell'Italia centrale. Al Nord, i
prossimi "signori delle acque" saranno sicuramente le utility quotate in Borsa, le quali hanno già dimensioni
adatte e abitudine a confrontarsi con il mercato dei capitali. Ma non tutte ci arriveranno attraverso lo stesso
percorso. Il gruppo Hera, controllato da una cinquantina di comuni dell'Emilia Romagna e del Triveneto, viene
indicato dagli addetti ai lavori come quello che ha saputo meglio di tutti crescere proprio attraverso
aggregazioni successive (l'ultima con AcegasAps, l'ex municipalizzata di Padova e Treviso). La sua strategia
non riguarda, però, esclusivamente l'acqua: la società guidata da Tomaso Tommasi ha tutta l'intenzione di
proseguire nella crescita per linee esterne, visto che i suoi target riguardano soprattutto le multiutility, società
che erogano più di un servizio, risorse idriche comprese. Lo stesso vale per A2a, la società retta da un patto
di sindacato tra i comuni di Milano e Bologna, che sta calamitando le aziende di servizi della Lombardia. Il
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[ L'INCHIESTA ]
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ruolo di campione nazionale vuole giocarlo senz'altro il gruppo Iren, la società quotata in Borsa e controllata
dai comuni di Genova, Torino, Piacenza, Parma e Reggio. La società si era attrezzata per tempo: la
controllata Mediterranea delle Acque ha stretto una alleanza - due anni fa - con il fondo infrastrutturale F2i, il
quale aveva acquistato il 40% delle azioni conferendo fondi freschi per lo sviluppo dell'azienda. Attualmente
la società serve 870.000 abitanti nel Comune e nella Provincia di Genova. Ma i piani di sviluppo prevedono
l'espansione sia verso il Piemonte e l'Emilia, dove già è presente, sia verso il ponente ligure. Ma non è detto
che per esercitare il ruolo di polo aggregatore si debba per forza di cose essere quotati in Borsa. Lo dimostra
la strategia di Cap Holding, storica azienda per l'acqua potabile in provincia di Milano (fondata nel 1928) che
negli ultimi anni ha aggregato altre tre realtà del settore e che ora copre 180 comuni in una delle zone più
ricche d'Italia per oltre 2 milioni di abitanti. Cosa abbia significato tutto questo lo rivelano i dati sugli
investimenti programmati: 521 milioni per il piano industriale 2013-2019, con almeno 70 cantieri aperti in
media ogni giorno. Il manager che ha guidato l'aggregazione in Lombardia è Alessandro Ramazzotti, ora alla
guida di Abbanoa, il gestore cui la Regione ha affidato nel '97 la gestione dell'acqua prima divisa tra 130
società. «Il caso di Abbanoa come quello di Cap dimostra che anche le gestioni in house , con i comuni
azionisti produce servizi di qualità. Avere tanti soci è una garanzia di indipendenza per i manager che non
devono a tutti i costi girare dividendi a fine anno ma possono utilizzarli per nuovi investimenti». Nel settore
idrico, i principali gruppi che gestiscono il servizio in house hanno, per il momento, numeri maggiori delle
società quotate. Oltre a Cap in Lombardia e Abbanoa in Sardegna, c'è Smat in Piemonte, Acquedotto
Pugliese al sud e Vivere Acqua nel Veneto. Tutti insieme fanno almeno 15 milioni di abitanti e il 25% degli
investimenti complessivi. Chiunque guidi il processo di aggregazione, si potrebbe creare la più grande
manovra anticiclica dei prossimi anni. Ne è convinto Giovanni Valotti, docente alla Bocconi, presidente di A2a
e di Federutility: «Tra i servizi pubblici, la gestione del ciclo dell'acqua ha il più alto fabbisogno di investimenti,
pari almeno a 5 miliardi. E questo potrebbe generare 20-30mila nuovi posti di lavoro. Per raggiungere questo
obiettivo - prosegue le economie di scala sono determinanti anche per la bancabilità dei progetti. Una soglia
rilevante è necessaria sia per garantire riduzione di costi ed efficienza sia per attirare investitori di peso come
la Banca europea degli investimenti o i fondi internazionali». Al processo di aggregazione si unisce un altro
fattore. L'Autorità per il gas, elettricità e servizio idrico ha completato la prima parte della revisione tariffaria,
con il quale si chiede agli operatori maggiore efficienza, ma dall'altra viene garantito in tariffa un
riconoscimento degli investimenti. Un meccanismo che porterà a un aumento medio delle tariffe per il
consumatore tra il 6 e l'8%. «Ma è anche vero che, grazie a questo meccanismo - spiega ancora Valotti abbiamo i primi segnali da parte di investitori internazionali interessati non a rendite speculative ma a ritorni
certi e regolati. E grazie a capitali freschi si potrà anche mitigare l'aumento delle bollette. Oltre a un segnale
di fiducia nei confronti dell'Italia». S. DI MEO.FONTE UTILITATIS,
[ I PROTAGONISTI ] Qui sopra, i vertici di tre delle maggiori multiutility italiane: l'ad di A2a Luca Camerano
(1); l'ad di Hera Tomaso Tommasi di Vignano (2) e l'ad di Iren Giuseppe Bergesio (3). Nel piano di riassetto
delle reti idriche saranno protagonisti di aggregazioni soprattutto al centro-nord
Foto: Nei grafici, lo stato della rete idrica italiana e il basso livello di investimenti finito nel mirino dell'Ue L'ad
di Cdp Giovanni Gorno Tempini
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La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
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Ettore Livini
Mediolanum prova a volare con le sue ali senza far più conto sulla Fininvest. E il Biscione si rassegna,
obtorto collo, a fare a meno (quasi del tutto) della gallina dalle uova d'oro che per anni ha mascherato i guai
di Mediaset, del Milan e il momento difficile della Mondadori nei bilanci di casa Berlusconi. Galeotta, in questo
caso, fu la Banca d'Italia che, dando seguito alla richiesta di Ennio Doris di trasformare la sua creatura in
banca a 360°, ha regalato al gruppo un netto rafforzamento patrimoniale. segue a pagina 4 con un articolo di
Vittoria Puledda segue dalla prima Nello stesso tempo però ha fatto scattare l'obbligo per l'ex premier a fare
un passo indietro nell'azionariato. Le regole del testo unico bancario sono chiare: una persona con condanne
definitive superiori ai due anni (come quella per frode fiscale di Silvio) non può avere partecipazioni che gli
diano influenza su una banca. E gli uomini di Ignazio Visco hanno costretto così la Fininvest a cedere la
quota eccedente il 9,9% (oggi è al 30% circa) in Mediolanum. Mettendo oltretutto paletti rigidissimi al
percorso di dismissione per evitare soluzioni pasticciate che cambino tutto - in apparenza - senza cambiare
nulla in realtà. La Borsa ha già detto chiaro e tondo quali sono le conseguenze immediate per Mediolanum. Il
business - al di là delle fibrillazioni di questi giorni legate ai rischi geopolitici mondiali - marcia sicuro. La
raccolta di fondi è in netta ripresa da inizio anno e l'obiettivo di una raccolta di quattro miliardi è
abbondantemente a portata di mano. A pagare il conto più salato è invece il titolo, già in sofferenza da un po'
di tempo dopo aver raggiunto il massimo storico di 7 euro lo scorso marzo. L'idea che sul mercati possa
arrivare da un momento all'altro una partecipazione del 20% del gruppo è un mezzo incubo per Piazza Affari.
E non a caso dal giorno dell'annuncio di via Nazionale le azioni hanno innescato una brusca retromarcia. A
zavorrare le quotazioni è la domanda che in queste ore si stanno ponendo tutti gli osservatori del listino. Chi
comprerà il 20% che l'ex Cavaliere deve vendere? E in che tempi? Chi sperava in un blitz per chiudere la
questione in poche ore, magari parcheggiando il pacchetto nelle mani degli amici degli amici (o dei parenti) si
è già dovuto mettere il cuore in pace. Ennio Doris, con il suo solito entusiasmo contagioso, ha buttato il cuore
oltre l'ostacolo, candidandosi a rilevare una partecipazione del 10% purché non scattasse l'obbligo di Opa
sulla società. Augurandosi allo stesso tempo che i figli dell'ex presidente del Consiglio - incensurati potessero acquistare, magari attraverso una semplice donazione, il resto del capitale in eccesso. Questa
soluzione lampo, dal punto di vista dell'uomo con la banca "costruita attorno a sé" e dei desiderata di Arcore,
aveva un triplice vantaggio: non cambiava lo status quo, evitava mesi e mesi di incertezza in Borsa e legava
a filo diretto le casseforti dei rampolli della dinastia brianzola a quella che da anni è l'unica vera fabbrica di
utili e dividendi dell'impero di casa. Peccato che i soci di controllo di Mediolanum avessero fatto i conti senza
la Banca d'Italia. Note e raccomandazioni ufficiali non esistono. Gli uomini di Ignazio Visco, però, avrebbero
già fatto informalmente sapere al Biscione di non gradire soluzioni di questo tipo. E non a caso anche la
Fininvest si è adeguata ai diktat dell'istituto centrale. Nei prossimi giorni il cda dovrebbe dare via libera alla
costituzione di un blind trust cui girare la partecipazione in eccesso al 20% nella banca. E questa struttura
che dovrà garantire un'assoluta terzietà rispetto agli interessi dei Berlusconi, provvederà nell'arco di 30 mesi
a dismettere la quota. Con buona pace della fretta di Piazza Affari. Il trustee, vale a dire il gestore
temporaneo, avrà il compito di incassare i dividendi, partecipare alle assemblee e votare in modo autonomo.
E di liquidare le azioni nei modi e nei termini più convenienti. Senza guardare la carta d'identità degli
acquirenti e senza farsi tirare per la giacchetta da Arcore. La staffetta nell'azionariato non cambierà
nell'immediato la strategia di Mediolanum. La rotta, dal punto di vista del business, è tracciata. Ennio e il figlio
Massimo Doris governano una realtà solidissima. La fusione che ha trasformato l'azienda in banca ha
rafforzato di molto il profilo finanziario del gruppo. I ratios patrimoniali sono passati dal 14 al 18%, il doppio
del requisito minimo imposto dalla Bce alle aziende finite sotto la lente dell'asset quality review. E i grandi
margini di manovra verranno utilizzati per migliorare la remunerazione dei soci senza fare troppi colpi di testa.
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Fininvest, conti difficili senza gli utili Mediolanum
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Il management sul punto è stato chiaro: non si spenderanno soldi per costose campagne acquisti nel settore
bancario tradizionale. Anche se si esamineranno opportunità mirate di società di rete. E il gruppo continuerà
a mantenere un piedino nei salotti buoni visto che non ha nessuna intenzione di cedere la sua quota di poco
superiore al 3% in Mediobanca. Qualche contraccolpo in più è invece ipotizzabile in casa Fininvest.
Mediolanum è da tempo l'unico rubinetto da cui esce ancora qualche dividendo per il Biscione. Non solo: in
qualche occasione è stato anche il Bancomat di Arcore, come lo scorso dicembre quando per tappare la
voragine aperta dalla sconfitta sul Lodo Mondadori (la cassaforte di casa Berlusconi è stata costretta a
risarcire con 491,3 milioni la Cir, editore de La Repubblica) è stato collocato sul mercato il 5,6% della società
con un incasso di 265 milioni. Un'operazione condotta con gran tempismo visto che allora il titolo viaggiava
oltre quota 6 euro, un euro in più di oggi. Ora si apre un capitolo nuovo. Il 20% di Mediolanum da mettere sul
mercato vale fino a 800 milioni. Cosa ne farà Berlusconi? Le ipotesi sono diverse. La prima, quella sostenuta
da chi sogna la pax di Arcore a livello familiare, è che si colga al volo l'occasione per chiudere la partita della
divisione patrimoniale del gruppo tra i cinque figli. Il caso Luxottica (e la storia delle mille dinasty degli
imprenditori tricolori) insegnano che questo rischia di essere un fronte delicatissimo. E un superassegno sul
piatto potrebbe essere un buon mezzo per smussare gli angoli e trovare la quadra tra i due rami, a volte un
po' litigiosi, della famiglia. Si vedrà. L'alternativa è che Fininvest utilizzi la pioggia d'oro per puntellare i suoi
business tradizionali. Mediaset - chiusa una pesantissima stagione di tagli dei costi - si è caricata sulle spalle
l'onere, costo 1,1 miliardi, di comprare i diritti tv per la Champions 20152018 e quelli sul digitale della Serie A.
E in attesa di nuovi soci per la pay tv Premium qualche centinaio di milioni di euro in cassa alla holding sono
una stampella più che discreta. La partita delle tv tra l'altro, si incrocia sempre più spesso con quella di
Telecom, nel cui capitale è appena sbarcato Vincent Bollorè, vecchio amico del Biscione. Se sono rose
fioriranno. Una Fininvest senza problemi patrimoniali (anche se orfana di un bel pezzo di Mediolanum)
sarebbe un interlocutore molto più credibile anche a questo tavolo. MEDIOLANUM, I DIVIDENTI S. DI MEO
S. DI MEO, FLOTTENTE, FINANZIARIA D'INVESTIMENTO FININVEST, FIN. PROG. ITALIA DI E. DORIS,
T-INVEST, LINA TOMBOLATO, TOMBOLATO LINA , DORIS ENNIO, SNOE PEAK, MASSIMO DORIS,
DORIS ANNALISA S., MEDIOBANCA, MEDIOLANUM AZIONI PROPRIE
[ I PROTAGONISTI ] Qui sopra, il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco (1) e il finanziere francese
Vincent Bolloré (2),
Foto: IL CAVALIERE Qui a fianco Silvio Berlusconi , da sempre il principale supporter, nonché partner, del
fondatore della banca Mediolanum hanno contribuito sostanzialmente ai conti di Fininvest
Foto: Qui sopra, Ennio Doris il fondatore del gruppo Mediolanum uno dei maggiori nel settore della raccolta e
gestione del risparmio in Italia
20/10/2014
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Paolo Onofri
Ipaesi emergenti, che avevano consentito di evitare il baratro all'economia mondiale nel 2008-2009, sono
sotto stress finanziario e reale da circa un anno, a causa del deflusso di capitali in attesa della svolta nella
politica monetaria della Fed. Delle difficoltà di questi paesi soffrono certamente gli Stati Uniti che hanno
subito qualche vulnus alla solidità della loro ripresa, in atto senza interruzioni dalla fine del 2009, ma ben di
più l'Europa, per la quale si sovrappongono anche gli aspetti economici del conflitto in Ucraina. Questi
fenomeni stanno determinando la riduzione dei prezzi delle materie prime, soprattutto del petrolio, e quindi il
cerchio si chiude con la riduzione dei prezzi alla produzione e al consumo nel mondo industrializzato: la
deflazione. In queste fragili condizioni, qualsiasi disturbo possa intervenire anche alla periferia dei paesi
maturi, oppure in un grande paese emergente (il riferimento alla Cina non è casuale), può determinare
reazioni a catena di natura destabilizzante. E' quanto stiamo osservando in questi giorni. Fare previsioni in un
tale situazione, è una attività a rischio reputazione. Come ben sanno, mutatis mutandis , i meteorologi di
questi tempi. segue a pagina 10 segue dalla prima Sullo sfondo dell'evoluzione dei prossimi anni c'è sempre
più l'ipotesi della cosiddetta "stagnazione secolare". Combinazione di diversi fattori: insufficiente domanda
rispetto all'offerta di beni che le innovazioni della tecnologia consentono di produrre; eredità d'indebitamenti
dalla crisi ancora in corso; l'incipiente invecchiamento delle popolazioni dei paesi avanzati. La politica
economica sta affrontando da tempo il problema dei debiti privati e pubblici. E', invece, molto più complicato
prendere di petto gli altri due problemi sopra indicati. Comunque, sottostante la soluzione di tutti vi è il
contributo che può venire dalla ripresa della crescita. Ripresa che alcuni vorrebbero conseguire con il rigore
di bilancio coniugato con politiche dell'offerta, altri con un innesco dato da consistenti iniezioni di domanda,
possibilmente combinate con politiche dell'offerta i cui effetti non possono che manifestarsi nel medio
periodo. Così le previsioni di breve periodo diventano più complesse per il sovrapporsi di scelte di politica
economica futura e possibili eventi imprevedibili che possano destabilizzare i mercati finanziari. Venendo alla
previsione di cosa è probabile accada all'economia italiana, le valutazioni che Prometeia ha formulato nel
rapporto presentato alla fine della settimana scorsa muovono dalle tendenze di fondo a una crescita
comunque bassa, dalla osservazione che i più colpiti da questa svolta nell'economia internazionale, in ordine
di gravità, sono la nostra economia, quella europea e in misura decisamente minore gli Stati Uniti e dalla
considerazione di natura politica che i paesi europei non potranno rimanere immobili di fronte al possibile
suicidio politico della classe dirigente che rischia di immolarsi sull'altare del rigore comunque. E' sufficiente
presumere un qualche briciolo di razionalità per attendersi che saranno cercati tutti gli escamotage possibili
per dare il via libera all'Italia sulla Legge di Stabilità appena presentata e, in secondo luogo, per consentire
alla Francia nuovi margini temporali per rientrare sotto il 3% di disavanzo. L'Europa rischia altri anni, oltre al
2015, di mancata ripresa e l'Italia un altro anno di recessione, dopo la sorpresa del 2014, e una successiva
lunga stagnazione. Alla Francia dovranno essere concessi alcuni anni per rientrare senza aggravare la sua
situazione e all'Italia, ugualmente, dovrà essere consentito, anno per anno, di mantenersi fuori dal fiscal
compact almeno fino al 2017, pur rispettando il limite del 3% di disavanzo effettivo. Sotto queste condizioni, le
più realistiche che si possano immaginare senza stravolgimenti degli assetti istituzionali attuali dell'Europa,
l'euro area e in particolare la nostra economia possono tornare a crescere nell'intorno dell'1% nel 2016 e
2017, dopo una striminzita ripresa nel prossimo anno. La legge di stabilità appena presentata si muove
certamente nella direzione giusta cercando di compensare le fasce di popolazione più colpite dalla crisi e
creando le condizioni migliori possibili per l'assunzione di nuovo personale da parte delle aziende. Dal punto
di vista strettamente macroeconomico non va trascurato che i consumi sono l'unica voce di domanda interna
che da tre trimestri sta contribuendo positivamente, anche se in misura molto piccola, alla crescita del Pil, a
fronte di contributi negativi d'investimenti e variazione delle scorte. I provvedimenti della Legge di Stabilità
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Se l'economia diventa stagnazione secolare
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lasciano alle decisioni di spesa delle famiglie l'impulso esogeno che possa risollevare la domanda interna
dalla sua caduta complessiva sollecitando, così, la ripresa degli investimenti privati. Sappiamo, però, che le
decisioni di spesa delle famiglie sono molto influenzate dal grado d'incertezza e il quadro internazionale che
abbiamo davanti non è confortante. Per evitare il rischio che colpi di coda ulteriori della crisi internazionale
provochino un aumento della propensione al risparmio precauzionale è necessario predisporre già da subito
maggiori impulsi alla spesa per investimenti pubblici. E' per questo insieme di ragioni che le previsioni di
Prometeia, valutando che gli interventi per il 2015 possano spingere il Pil a crescere dello 0,5%, affidano la
previsione di aumenti di poco superiori all'1%, nei due anni successivi, alla spinta proveniente da una ripresa
degli investimenti pubblici. Ciò sarebbe ancora più urgente se dovesse confermarsi il nuovo indebolimento
del dollaro che in questi giorni sta manifestandosi.
20/10/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
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Rainer Masera
Sono sempre più evidenti le difficoltà dell'Eurozona. Tecnicamente, l'Italia è il solo grande paese in
recessione con prospettive di flessione del Pil per il 2014. Ma l'economia tedesca ha mostrato una
contrazione nel II trimestre, le esportazioni sono crollate del 5,8% in agosto, la fiducia degli investitori è al
minimo da due anni. Al forte della crescita nell'Euroarea si accompagna il rischio di deflazione: il tasso di
crescita dei prezzi al consumo è pari allo 0,3%, il più basso da cinque anni, ben al di sotto dell'obiettivo del
2% della Bce. Le politiche economiche che l'Eurozona ha perseguito negli ultimi anni non sono in grado di far
ripartire una crescita sostenibile alimentata da ripresa degli investimenti e sostegno dei consumi, come sta
avvenendo al di là dell'Atlantico. Ma gli Stati Uniti hanno tempestivamente e pragmaticamente adottato
politiche di bilancio moderatamente espansive con enfasi sugli investimenti, operato una rapida pulizia dei
bilanci delle banche (favorendone la ricapitalizzazione anche con cartolarizzazioni a sostegno pubblico),
definito una configurazione di regole sulle banche diversa dall'approccio unitario perseguito in Europa che
penalizza le piccole istituzioni creditizie e il nesso con le Pmi. segue a pagina 10 segue dalla prima L'eccesso
di rigore fiscale simultaneo in tutti i paesi dell'Eurozona è stato controproducente con riferimento all'obiettivo
fondamentale della riduzione del rapporto fra debito e prodotto. La politica monetaria ha salvato l'euro nel
2012 - con una crescita monetaria sostenuta e con l'impegno di Draghi di fare "tutto il necessario" per
spezzare il circolo vizioso tra rischio bancario e rischio sovrano - ma da allora non è riuscita a far ripartire il
circuito moneta credito a sostegno dell'economia reale (il totale di bilancio della Bce è sceso di oltre un
trilione di euro rispetto ai valori raggiunti nel 2012). Tutti sono d'accordo sul fatto che politiche strutturali volte
a ridare flessibilità e competitività alle economie dei paesi europei devono accompagnare un rilancio
sostenibile e un durevole riassorbimento della disoccupazione, ma è difficile sostenere che l'involuzione
dell'Eurozona possa essere esclusivamente riconducibile a carenti e inefficaci politiche strutturali! I tabù sulle
politiche di bilancio nazionali, sulla rigidità perversa del Fiscal Compact e sulla incapacità di avviare una
politica fiscale europea hanno tra l'altro impedito di affrontare in termini nuovi e concreti la questione degli
investimenti in infrastrutture pubblici e privati. Si tratterebbe di definire finanziamenti, modalità e controlli a
livello europeo. Le proposte del nuovo Presidente della Commissione Juncker vanno nella giusta direzione.
L'Italia sarebbe il primo paese a beneficiare di un rigoroso framework comune per spezzare il circolo fra
inefficienza, costo eccessivo, ritardi e corruzione che caratterizza i nostri investimenti pubblici. In queste
condizioni il dibattito sulle politiche economiche si concentra sugli interventi della Bce. E' passato il momento
magico in cui bastavano le parole di Draghi per convincere i mercati; oggi occorrono azioni concrete della
Bce, che può peraltro contare sulla fiducia che accompagna l'avvio nell'Unione Bancaria del Meccanismo
unico di sorveglianza, operativo dal 4 novembre. A più riprese il presidente della Bce ha sottolineato
l'opportunità di affiancare alla discesa dei tassi d'interesse un Quantitative Easing. Ha espresso la preferenza
per acquisti di ABS rappresentati da cartolarizzazioni di crediti bancari alle piccole e medie imprese, ovvero di
obbligazioni garantite. E' una strada promettente, che rappresenta un ponte fra le banche e i mercati (che
dovranno avere un ruolo molto più significativo) nel finanziamento dell'economia reale. Ma per riaprire un
mercato "morto" come quello degli ABS, occorrono regole meno penalizzanti, in particolare sull'assorbimento
di capitale e sui requisiti di liquidità. L'Italia sta muovendo in questa direzione che richiede una cornice
europea. E' opportuno porsi il traguardo di mercati semplici, trasparenti, di elevata qualità e liquidità. Draghi
aveva fatto riferimento all'esigenza di aprire gli interventi della Bce anche ai crediti bancari in Grecia e a Cipro
con rating sovrano basso. Ciò ha dato l'occasione per esprimere preoccupazioni seppur con notazioni diverse
da parte del presidente della Bundesbank e del governatore della Banque de France. In Grecia le tensioni
sono state acuite dai timori sul programma di rifinanziamento (per allentare le spire del programma di
salvataggio stipulato nel 2010) che hanno fatto scendere le borse in tutta Europa. Occorre rapidamente
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rendere percorribile la strada degli Abs ponendo l'accento sulla qualità e attivando idonee forme di garanzia
sulle tranche senior e mezzanine da parte della Bei e delle banche di sviluppo nazionali. La seconda modalità
di QE che prevede l'acquisizione diretta e massiccia di titoli di stato può apparire più immediata ma incontra
grandi difficoltà sia all'interno della Bce, sia nel dibattito con la Corte di Giustizia dell'Unione Europea e con la
Corte Costituzionale tedesca. La Bce a seguito delle nuove responsabilità di vigilanza sulle banche dispone
oggi, con gli opportuni paletti interni, della competenza e delle conoscenze per operare nell'acquisto e sul
mercato di titoli su crediti bancari cartolarizzati senza assolutamente mettere a repentaglio il proprio bilancio,
come vorrebbero le voci critiche espresse in Germania, in Austria e in Olanda.
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La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
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Eni, calo del petrolio crisi in Libia e inchieste le spine di Descalzi
Andrea Greco
Nessuno aveva detto a Claudio Descalzi, il 9 maggio, che l'amministratore delegato dell'Eni fosse un
mestiere semplice. Ma pochi si aspettavano un debutto così duro. Primo, il prezzo del petrolio, su cui
l'azienda fonda la sua unica attività profittevole, è crollato di un quinto, da oltre 100 a poco sopra 80 dollari a
barile, e getta ombre malevole sulla tenuta dei fondamentali e la sostenibilità del noto dividendo. Il tonfo del
greggio offusca ulteriormente, poi, l'opportunità di progetti più grandiosi, come Kashagan su cui tempi e costi
si allungano. segue alle pagine 2 e 3 con un'intervista di Eugenio Occorsio segue dalla prima Secondo, lo
scacchiere geopolitico è sempre più instabile, e pone interrogativi aperti su aree di produzione (Libia, Nigeria)
e progetti (South Stream) importanti per l'azienda. Terzo, le indagini delle procure di Londra e Milano sulle
presunte tangenti in Nigeria investono i vecchi e i nuovi vertici, oltre che l'azienda per la legge 231, e
spargono nervosismo tra le file manageriali, del governo primo azionista con il 30% e del mercato che è
secondo azionista con il 70%. Così l'azione, che tra maggio e luglio aveva guadagnato 3 euro a rivedere
quota 20, è tornata a galleggiare sopra i 16, con un bilancio semestrale in ribasso del 12,5%. Il calo del
greggio sui conti. Qualche anno di petrolio sui 100 dollari ha fatto comodo, e scaldato cuori e budget dei
dirigenti dell'ex divisione Estrazione & produzione, da sei anni in mano a Descalzi. Ma nell'ultimo trimestre
questo crisma pare squagliarsi per eccesso di offerta, rallentamenti strutturali della domanda e nuove
tecnologie applicate a consumi e scoperte (anche non convenzionali, come gli scisti). I primi effetti sono
finanziari su investimenti, cedole e profitti, perché ogni dollaro in meno del greggio fa sfumare 100 milioni di
cassa, e altrettanti di profitti, all'Eni. Le ultime stime di budget interno - non dissimili da quelle delle rivali ponevano in 108 dollari al barile il punto di equilibrio tra investimenti (Capex), dividendi erogati e
indebitamento finanziario di 15,4 miliardi; ed è un equilibrio che beneficia di 3 miliardi di dismissioni già
effettuate nell'esercizio. Senza fare nuove dismissioni, e inserendo nel modello un prezzo medio di 85 dollari
per il greggio nel quarto trimestre, Eni potrebbe dover abbassare il "livello di equilibrio" da 108 a 102 dollari,
che significano circa 600 milioni di cassa libera e di utile netto in meno nell'esercizio 2014. Ci saranno
conseguenze sul dividendo? Non è detto, perché un lieve aumento del debito potrebbe garantire gli 1,1 euro
di cedola pagati l'anno scorso (anche se Descalzi ha dichiarato che punta a ridurlo, il debito). Già da qualche
anno del resto Eni puntella il monte dividendi vendendo pezzi di business qua e là. Tuttavia, se il petrolio
resterà schiacciato su questi livelli, l'anno prossimo potrebbe esserci qualche problema in più a difendere
profitti e dividendi. E a quel punto verranno in aiuto le dismissioni già in cantiere, e che il management conta
di perfezionare nel 2015. La più avviata pare la vendita di un altro 15% circa del consorzio mozambicano
Area 4 nel gas, dove Eni è ancora alta di quota (50%). Un affare da 4 miliardi - per oltre metà plusvalenze su cui lavora da mesi l'advisor Bofa Merrill Lynch, che ha mostrato il dossier a investitori soprattutto cinesi.
L'altra cessione ventura dovrebbe essere Saipem, su cui lavora Credit Suisse e che avrebbe almeno due seri
candidati compratori. Saipem capitalizza 6,4 miliardi, Eni ne possiede il 43% a costi storici e da tre mesi non
la ritiene più strategica. Il calo improvviso del greggio complica anche un altro progetto, il fiore all'occhiello
diventato la prima doglianza aziendale. È il giacimento kazako di Kashagan, di cui gli italiani hanno condotto
per otto anni il consorzio e ne sono soci al 16,8%. L'opera ha costi e complessità tecniche tali da avere una
soglia di economicità molto superiore a tutte le produzioni di idrocarburi Eni vecchie e nuove; stime di
mercato narrano di 80 dollari, quasi il doppio della convenienza cui l'azienda colloca l'estrazione del barile
medio. Oltretutto, a Kashagan di produzione si parla solo sulla carta: previsto inizialmente nel 2005, il primo
barile sgorgò nel 2013, ma la produzione si interruppe per problemi di corrosione ai tubi del giacimento.
Secondo le ultime ricostruzioni, la sostituzione delle linee di condotte in loco posticiperà l'avvio al 2016 del
giacimento, con costi supplementari sopra i 4 miliardi per il consorzio. Ma il greggio, per quella data (sperata)
sarà sopra o sotto il prezzo di convenienza? L'unica consolazione, legata alla correzione di Brent e Wti,
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INTERVISTA
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riguarda il tentativo di fermare le perdite nei settori petrolchimica e delle raffinerie, resi noti a fine luglio con il
rinnovato piano strategico, volto a rifocalizzare Eni sull'attività di estrazione e produzione. La benzina e la
plastica che escono dagli impianti italiani sono merci energivore, che beneficiano di un minor costo del
greggio. Tuttavia lo scontro, in questo caso, è con l'opposizione di sindacati e lavoratori, che hanno già
scioperato contro l'ipotizzata chiusura di almeno tre delle cinque raffinerie italiane. Quella più emblematica è
a Gela, che presto nei piani dell'azienda dovrebbe smettere la produzione in perdita. Una geopolitica nuova:
meno Russia, più Asia e Africa. L'asse italo-russo, vanto più o meno sbandierato dei governi Berlusconi - e
della gestione novennale di Paolo Scaroni - è ammaccato. Nel 2014 la guerra in Crimea ha cambiato lo stato
dei rapporti tra Russia, Stati Uniti, Europa. Il vertice Asem di Milano della scorsa settimana è stato una cartina
di tornasole dei problemi (non delle soluzioni). Interessi e strategie dei tre blocchi, tutti grandi fornitori e/o
compratori di idrocarburi, sono distanti. La Russia, a questo punto delle sanzioni e del ciclo, inizia a soffrire
sul serio, sotto i 100 dollari al barile il bilancio statale di Mosca, retto sugli idrocarburi, è minato; e la discesa
del rublo non si ferma. Putin è in difficoltà, e brandisce come sempre le forniture di gas come merce di
scambio: trovando nel governo italiano un interlocutore sensibile, per debolezza e perché il paese deve alla
Russia il 42% delle sue importazioni di gas. In cambio della quiete metanifera, la Russia vorrebbe che l'Italia
l'aiutasse a sbloccare l'impasse sul gasdotto South Stream, sua idea fissa da qualche anno per aggirare
l'odiata Ucraina nel transito verso Ovest. Eni è partner del consorzio con un iniziale 50% ora sceso al 20 (con
Gazprom ci sono due colossi francesi e tedeschi). La voce dell'Ue è univoca e chiara a riguardo: «South
Stream è accettabile ma non è per ora una priorità europea», ha detto il commissario all'energia Ue,
Guenther Oettinger. «Non risolve il problema dell'urgenza, non porterà nuovo gas, porterà sempre il gas di
Gazprom, non è un miracolo». Quanto all'Eni, sta tentando una nuova strada, più laica, sul dossier. Con un
certo understatement , l'azienda dichiara che «South Stream è solo un investimento finanziario, di cui è socio
di minoranza, e agirà in coerenza con obiettivi di disciplina finanziaria». In sostanza, entro sei mesi bisogna
scucire i 3 miliardi di quota Eni dei costi della costruzione: se il rendimento stimato nel 10% sarà confermato,
l'azienda farà la sua parte. Tuttavia da parecchi mesi, e in modi crescenti con il nuovo vertice, Eni cerca di
allentare i vincoli con la Russia, e trovare nuove strade nella produzione e negli approvvigionamenti. Le
recenti escursioni di Renzi con Descalzi in Mozambico, Congo, Angola, sono un segnale di questa nuova
tendenza, e del fatto che trovi un supporto a Palazzo Chigi. Un altro sono gli incontri bilaterali, a margine
dell'Asem, tra l'ad e vertici dei produttori in Vietnam, Corea del Sud e Myanmar, paesi su cui la nuova Eni
punta molto. Le inchieste in Nigeria. Dopo i sussulti mediatici di inizio ottobre, in questa fase l'inchiesta
milanese sembra viaggiare a fari spenti. Gli inquirenti sarebbero al lavoro su una mole di documenti e sulla
ricostruzione dei flussi di denaro. Eni ha pagato al governo di Lagos 1,3 miliardi di dollari per il giacimento
sotto accusa, ma il venditore avrebbe girato almeno 200 milioni a Emeka Obi, un discusso intermediario.
Quel che si presume dagli ambienti giudiziari è che sarà un lavoro lungo e complesso, anche per la qualità
dei soggetti coinvolti (per il Cane a sei zampe i massimi vertici strategici e operativi passati e presenti). Le
indagini sugli appalti dell'Eni in Nigeria aperte a Milano e a Londra hanno prodotto a fine luglio una serie di
avvisi di garanzia, per corruzione internazionale. Dall'ex ad Paolo Scaroni all'attuale ad Claudio Descalzi, dal
suo braccio destro Roberto Casula (ex vicepresidente Eni per l'Africa e ora capo dell'unità Sviluppo e
operazioni) al lobbista Luigi Bisignani, dai mediatori Gianluca Di Nardo ed Emeka Obi all'ex ministro del
petrolio in Nigeria Dan Etete. Eni e i suoi dirigenti hanno ribadito «l'estraneità dell'azienda da qualsiasi
condotta illecita in relazione all'acquisizione del blocco Opl 245 in Nigeria». A margine dell'incontro Asem la
presidente dell'Eni, Emma Marcegaglia, ha detto: «Il cda Eni ha ribadito fiducia in Descalzi, e l'ipotesi di sue
dimissioni non esiste assolutamente. È chiaro che si collaborerà con la magistratura. Faremo indagini interne,
che sono già in corso». L'allusione è ai controlli che scattano automaticamente in azienda come riflesso di
segnalazioni esterne (ancor più se legate a indagini giudiziarie) riguardanti l'azienda e il suo personale. I
controlli interni sono coordinati dall'audit Eni e svolti da uno studio legale esterno. S. DI MEO, FONTE:
CONNACCORD GENUITY LIMITED ESTIMATES, FONTE: THOMSON DATASTREAM, FONTE: "OIL: THE
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NEXT REVOLUTION", MAUGERI-HARWARD, BRENT,
Foto: Claudio Descalzi
Foto: Le aree dove l' Eni estrae petrolio e gas. Come si vede in prospettiva dovrebbe salire la quota del
Kazakistan e tornare ad aumentare leggermente quella mediorentale/ asiatica L'ad dell'Eni, Claudio Descalzi
(1); il suo predecessore Paolo Scaroni (2); la presidente Emma Marcegaglia (3)
Foto: Nella foto, una raffineria dell' Agip : fondata nel 1926, la società di distribuzione di prodotti petroliferi fu il
primo nucleo dell' Eni che venne costituita come conglomerata industriale nel 1953 da Enrico Mattei
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Big Pharma blocca l'esodo e ritorna a investire nel Bel Paese
Angelo Lupoli
a pagina 21 Big Pharma blocca l'esodo e ritorna a investire nel Bel Paese Roma Pace fatta? La "ola" per il
governo fa pensare a un sì. E' bastata un'oretta a Palazzo Chigi per entusiasmare gli industriali farmaceutici
ricevuti l'8 ottobre dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. «Non siamo un bancomat sempre a
disposizione, ma un settore strategico. Finalmente il messaggio è passato», commenta Massimo
Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria. Una prima prova è arrivata dalla Legge di Stabilità varata
mercoledì scorso: nessun taglio alla spesa farmaceutica. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, il ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e il premier hanno fatto quadrato: la farmaceutica va tutelata come
strategica con regole certe e interventi normativi che favoriscano gli investimenti e la ricerca. Musica per le
orecchie degli industriali abituati a tante promesse e pochi fatti e a subire in 10 anni 44 manovre pesanti per
le loro tasche. Certo il pressing è stato forte. A Palazzo Chigi si è presentato il gotha dell'industria del settore,
non solo italiana. Oltre a Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria e amministratore delegato di Janssen,
c'erano i ceo dei principali gruppi mondiali come John Lechleiter e Eric Baclet di Ely Lilly, Belen Garijo e
Antonio Messina di Merck Serono, Andrew Witty e Daniele Finocchiaro di GlaxoSmithKline, Joseph Jimenez
e Georg Schroeckenfuchs di Novartis, Christoph Franz e Maurizio de Cicco di Roche, Olivier Brandicourt e
Giovanni Fenu di Bayer, Lamberto Andreotti e Roberto Tascione di Bristol-Myers Squibb, Alberto Chiesi di
Chiesi Farmaceutici, Lucia Aleotti numero uno di Menarini, la più grande azienda italiana del settore.
Insomma Big Pharma ha fatto sentire la sua voce, ma anche le parole di Renzi sono state altrettanto forti: se
voi investite e assumente, noi vi ascoltiamo e vi veniamo incontro sostenendo il vostro lavoro. Insomma un
patto che può essere d'esempio anche per altri settori chiave dell'industria italiana. «Noi stiamo facendo la
nostra parte», spiega Scaccabarozzi, «sono già partiti investimenti complessivi per 1,5 miliardi, che ci siamo
impegnati a portare a termine nel triennio. Avevamo promesso a luglio 1.500 nuovi posti e ne abbiamo già
creati 1600. E sono felice di aver sbagliato le previsioni. Entro fine 2015 penso che possiamo raddoppiare il
numero delle assunzioni. La farmaceutica è dunque pronta a fare la propria parte». «Per me è stato un
incontro entusiasmante. E' come se improvvisamente fossimo usciti dall'austerità, dalla logica delle manovre
ragionieristiche», racconta Lucia Aleotti, «la farmaceutica ha portato risultati in un momento di instabilità e se
incoraggiata può dare di più. Renzi sa uscire dagli schemi della politica. Non lo dico da fiorentina a sostegno
di un premier fiorentino, ma da imprenditrice che si confronta ogni giorno con l'economia globale. Del resto è
la prima volta in Europa che un capo di governo riceve i vertici di un settore che ritiene strategico».
All'incontro di Palazzo Chigi si è arrivati dopo un dialogo a distanza tra governo e industriali durato qualche
mese. Renzi a maggio aveva visitato lo stabilimento Merck Serono di Modugno, in Puglia, dove la società
tedesca si è impegnata a investire 50 milioni di euro. Altri investimenti sono in arrivo in Campania da parte di
Novartis. Lo ha assicurato lo stesso ceo, Joseph Jimenez al presidente del Consiglio spiegando di aver
intenzione di scegliere lo stabilimento di Torre Annunziata per la produzione di un farmaco per l'insufficienza
cardiaca. Il colosso americano ha destinato all'Italia negli ultimi anni un miliardo di euro ed è pronto a
incrementare la ricerca con altri 200 milioni. E sono pronti i piani di rafforzamento di Sanofi, Abbvie e
Johnson&Johnson. L'Italia della farmaceutica è vitale: le industrie del settore occupano oltre 62 mila persone
(altrettanto nell'indotto) con 6.000 addetti nella ricerca e 28 miliardi di produzione di cui il 70% destinati
all'estero. Proprio l'export è cresciuto fortemente: oltre il 40% negli ultimi 5 anni in confronto a una media
manifatturiera italiana del 7%. Gli industriali dicono di aver finora remato controcorrente, osteggiati dalla
burocrazia, dalle lentezze delle istituzioni e dai continui tagli alla spesa sanitaria. «Ora bisogna sciogliere i
nodi che legano il nostro operato», ha commentato all'indomani dell'incontro con il premier Maurizio de Cicco,
amministratore delegato della svizzera Roche in Italia. «Continueremo a investire», assicura Alberto Chiesi,
presidente della Chiesi Farmaceutici, «se le condizioni di stabilità verranno mantenute». Gli industriali
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economia italiana
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chiedono in particolare un rafforzamento dell'Aifa, l'Agenzia del farmaco, che si finanzia anche grazie ai
servizi resi alle imprese. «Vogliamo un'Agenzia che velocizzi le autorizzazioni e i controlli - spiega
Scaccabarozzi - sempre mantenendo il rigore dovuto ma dandoci la possibilità di essere competitivi». «Oggi
voltiamo pagina. Il governo ha dimostrato di aver capito che gli interessi dell'industria sono anche i suoi. La
nostra vitalità porta benefici al Paese e alle casse dello Stato», conclude il presidente di Farmindustria, «i
ritorni generati dall'industria è come se autofinanziassero la spesa. Dalla Legge di Stabilità è arrivato un
segnale positivo, ora speriamo che le Regioni non ci facciano qualche scherzetto, scaricando su di noi i tagli
che subiscono. Sarebbe una beffa». S. DI MEO, FONTE FARMINDUSTRIA, HI-TECH,
Foto: Nei grafici, la fotografia del settore farmaceutico italiano che, in Europa, è secondo solo alla Germania e
precede Francia e Uk [ I PROTAGONISTI ] Qui a lato, Massimo Scaccabarozzi (1) presidente di
Farmindustria Lucia Aleotti (2) di Menarini Alberto Chiesi (3) di Chiesi Farmaceutici Maurizio de Cicco (4) di
Roche Lo scorso 8 ottobre I rappresentanti della farmaceutica italiana hanno incontrato il premier Renzi e
hanno trovato un accordo sul futuro del settore
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Parla Sugar "Con il web l'Europa deve cambiare musica"
Stefano Carli
A pagina 28 Parla Sugar "Con il web l'Europa deve cambiare musica" «Il mercato della musica continua a
ridursi. Nel primo semestre di quest'anno sono ancora scese le vendite fisiche di musica, ma è sceso anche il
download, iTunes, per intenderci. L'unico segmento di mercato che sale è quello delle subscription, gli
abbonamenti tipo Spotify o Deezer. Le proporzioni sono preoccupanti: si può dire che gli abbonamenti stanno
cannibalizzando il download. Ma questo aumento di abbonamenti non compensa il calo dei ricavi dagli altri
canali e il mercato si sta impoverendo». Filippo Sugar, presidente e ad di Sugar Music Group e
vicepresidente della Siae è pessimista. «Manca una visione strategica europea su questo settore. L'Europa e
l'Italia devono rilanciare la loro industria creativa, creare le condizione per un nuovo rinascimento culturale».
Perché dice che è un problema europeo? «Perché c'è un dato di fatto evidente- seppure spesso ignorato e
trascurato». Quale? «Che l'industria della creatività, in cui non c'è ovviamente solo la musica, ma di cui la
musica è un segmento rilevante, vale in Europa 638 miliardi di euro, ossia il 7,5% del pil europeo. E dà lavoro
a quasi 10 milioni di persone. E' il terzo comparto economico dell'Unione dopo le costruzioni ed il food, e
molto prima dell'auto. Ecco perché mi pare evidente come sia una priorità per l'Europa trovare una forma di
tutela di questa industria». Per seguendo qual obiettivi? «Non possiamo rincorrere il modello Silicon Valley. In
Europa non abbiamo un grande motore di ricerca, non abbiamo più nemmeno produttori di smartphone. Ma
abbiamo una grande industria di produzione di contenuti e dobbiamo tutelarla. Mettendo a frutto le
opportunità che le grandi Internet company ci danno senza rinunciare all'adeguata remunerazione. Se le
risorse che la nostra industria produce vengono assorbite da società che non danno lavoro in Europa e non
pagano tasse in Europa, a perderci saranno tutti i cittadini europei e la nostra industria non avrà più risorse
da investire. Nel nostro settore, la musica, ciò vuol dire anche non avere più la forza di fare scouting di nuovi
talenti, di scoprirli e di farli crescere». Avete già delle proposte o siamo ancora alla sola presa di
consapevolezza? «La consapevolezza di essere un settore è già un passaggio fondamentale, un passo
importante sarà il recepimento della direttiva Ue che entrerà in vigore ad aprile 2016: un grande passo avanti
che fissa i nuovi criteri di trasparenza e di governance delle collecting society come la Siae in Italia, la Sacem
in Francia e le altre omologhe in Germania, Olanda, Spagna. La direttiva spinge le grandi società di diritto
d'autore verso aggregazioni ed alleanze internazionali per rendere più efficiente da un lato la raccolta dei
diritti, dall'altro facilitare gli utilizzatori». Cosa succederà? Si contrasterà la situazione attuale in cui c'è una
specie di monopolio su ogni mercato nazionale, come con la Siae in Italia? «Non è un monopolio vero e
proprio. O meglio, lo è di fatto ma solo perché è più efficace che ci sia una sola società a raccogliere i diritti
perché così sia chi li deve pagare, sia che li deve riscuotere, gli artisti, ha un solo interlocutore e ciò fa
risparmiare tempi e costi. E' così ovunque, anche in Francia, in Germania, in Olanda. La Siae è impegnata a
rinnovarsi e a vincere la sfida per rimanere la casa dei creativi italiani anche nel futuro. Chi sostiene la
parcellizzazione di società di collecting con scopo di lucro nei singoli paesi non fa certo l'interesse degli autori
italiani». E poi? «Poi c'è un obiettivo già raggiunto, l'aumento delle tariffe sulla cosiddetta "copia privata». Che
vi ha attirato addosso molte polemiche in estate, quando è stata varata. «Sì, ma resto convinto che sia
un'ottima soluzione: se acquisto un cd oppure un file musicale dal mio pc devo poterlo copiare sul mio
smartphone, sul mio tablet e poi ancora sul mio prossimo smartphone. Come consumatore voglio questa
libertà. Tuttavia è giusto che questo diritto di copia venga ricompensato. I produttori di hardware versano un
compenso forfettario in base a tariffe, e queste tariffe sono state adeguate a giugno. La copia privata è uno
strumento di riequilibrio tra i produttori di contenuti e l'industria della tecnologia. Aggiungo poi un problema:
vige un totale disequilibrio tra il valore che portano i contenuti e quanto piattaforme come Google e TouTube
riconoscono agli stessi. La "benzina" di queste piattaforme sono i contenuti». Ma non paga certo Google,
pagan o i produttori di terminali. E forse, alla fine, gli utenti stessi. «No, questo no. L'aumento è scattato a
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INTERVISTA multi media
20/10/2014
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luglio e i primi dati aggregati per capire la consistenza dei flussi per la Siae li avremo da gennaio ma già ora
vediamo che non ha inciso sui prezzi dell'hardware. Gli I-Phone francesi pagano un diritto di copia privata più
alto che in Italia ma in Francia gli IPhone costano meno che da noi». Basterà a ridare ossigeno al mercato
musicale, anche in Italia? «Certamente è un passo importante. Vede, spesso un'industria regredisce perché il
prodotto che crea non interessa più. Ma nel caso di quella musicale, la situazione è opposta. Non c'è mai
stato nella storia un appetito e un consumo di musica come quello odierno». Ma allora qual è il problema di
promuovere e lanciare nuovi talenti? «La mancanza di risorse dovute ad un mercato troppo piccolo non solo
riduce la nostra capacità di investire rispetto al passato, ma ha molte conseguenze anche su altri aspetti del
nostro lavoro. Per esempio, oggi c'è una grande differenza nella classifica dei dischi più venduti. La classifica
tradizionale del prodotto fisico è ancora fortemente caratterizzata da artisti italiani. Quella dei servizi digitali
ne vede invece una presenza molto minore. Credo che il processo di localizzazione di molti servizi di
distribuzione digitale in Italia sia ancora agli inizi. Questo comporta maggiori difficoltà per promuovere artisti
locali. Se sui media tradizionali troviamo sempre attenzione per il prodotto italiano, sui media digitali che
spesso hanno una presenza in Italia ancora embrionale si fa più fatica. Quindi la chiave è sempre quella di far
crescere il nostro mercato, in modo che aumentino le opportunità per i nostri talenti e si creino adeguati ritorni
affinché si possa aumentare gli investimenti dell'industria musicale». S. DI MEO
Foto: Qui sopra, Filippo Sugar presidente e ad di Sugar Music e vicepresidente della Siae Nella foto grande,
un concerto dei Negramaro La cantante Malika Ayane Anche Elisa fa parte della scuderia Sugar
20/10/2014
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"Sta cambiando il mercato troppo greggio nel mondo i prezzi resteranno
bassi"
PARLA IL "GURU" MAUGERI: "LE COMPAGNIE DEVONO RIFARSI I CONTI DOPO AVER ESAGERATO
CON GLI INVESTIMENTI IN ESPLORAZIONE E AVER PROVOCATO L'ECCESSO DI OFFERTA". LE
GUERRE IN MEDIO ORIENTE STAVOLTA NON SONO PER L'ENERGIA
Eugenio Occorsio
Ametà della settimana scorsa, mentre tutte le Borse globali franavano sotto i colpi delle rinate tensioni sulla
Grecia, dell'apparente impossibilità di trovare un accordo sulle vie d'uscita dalla crisi fra i tre big dell'euro Germania, Francia, Italia - e ancora degli inediti timori di recessione provenienti da Berlino e chi più ne ha più
ne metta, il petrolio Brent scendeva a 85 dollari, il minimo da quattro anni. La picchiata del greggio sembra
non aver fine: e come sorprendersi con una congiuntura mondiale così precaria? «Invece la realtà è molto più
complicata», obietta Leonardo Maugeri, uno dei più prestigiosi esperti di petrolio internazionali,
vicepresidente dell'Eni dal 2000 al 2010 e oggi partner dell' hedge fund Ironrank di New York che investe in
energia, nonché docente ad Harvard: già due anni fa in uno studio per l'università aveva previsto un crollo
delle proporzioni attuali nei valori. Persino la Cina e la Russia rallentano, la Germania è sull'orlo della crisi per
non parlare del resto d'Europa: i valori così bassi del greggio non sono semplicemente funzione del passo
lento dell'economia e della domanda mondiale? «Non è questo l'elemento prevalente. Per capire la
situazione dobbiamo andare indietro di dieci anni. Nel 2003-2004 le quotazioni cominciarono a salire, tanto
che più o meno tutte le compagnie, grandi o piccole, decisero di potenziare gli investimenti per aumentare la
disponibilità e quindi cogliere le opportunità di prezzi così alti che allora sembravano dover durare per sempre
(il picco fu a 150 dollari nel luglio 2008, ndr ). Nei dieci anni fra il 2003 e il 2013 si sono spesi nel mondo oltre
4mila miliardi di dollari nell'esplorazione e nello sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas. Bene, ora questi
investimenti, che per natura richiedono in media 78 anni anni per dispiegare i loro effetti, stanno dando i loro
frutti. Così aumenta a dismisura la capacità produttiva, più ancora che l'offerta: il problema, come notava già
lo sceicco Yamani, è che quando la capacità aumenta ma la domanda è stabile o in declino, si crea quello
che gli americani chiamano glut , insomma eccesso di petrolio potenzialmente in grado di arrivare sul
mercato. È quello che sta succedendo. Né è semplice per le compagnie rallentare di colpo o addirittura
interrompere gli investimenti, che vengono intrapresi di solito in cooperazione con i Paesi produttori i quali
non si lasciano sfuggire tanto facilmente le opportunità di guadagno pur ridotte. Ma poi ci sono ancora altri
fattori». Quali? «Sempre negli ultimi dieci anni è intervenuta in tutto l'occidente una serie di leggi molto
stringenti sui consumi energetici, e tecnologie importanti - pensate solo ai motori auto - sono state sviluppate.
Anche questo è un fattore importante per il calo della domanda di greggio. E considerate che alcuni Paesi
produttori non immettono sui mercati tutta la loro capacità per non accentuare l'eccesso di offerta. L'Arabia
Saudita, il maggior produttore, esporta 9,4 milioni di barili al giorno pur avendo una potenzialità di 12,5: da
sempre aspira al ruolo di "banca centrale" del greggio, graduando a seconda delle esigenze le quantità da
immettere sul mercato». Una scorta di sicurezza e un'arma politica, insomma. Ma l'elemento più asimmetrico
è un altro ancora: sono in corso furiosi combattimenti in uno dei Paesi cruciali dello scenario petrolifero, l'Iraq,
mentre la Libia (altro membro dell'Opec) è senza governo e in balìa delle scorribande armate, e come se non
bastasse il ganglio altrettanto fondamentale Russia-Ucraina è diventato una polveriera. In altri tempi,
situazioni simili hanno comportato un'impennata dei prezzi del greggio. Ora, il contrario. Perché? «L'Isis è
una banda di orrendi tagliagole, non c'è dubbio, però il danno che finora ha apportato ai mercati petroliferi è
limitato. La loro non è una guerra per il petrolio. Certo, qualche pozzo lo controllano e con essi, vendendo di
contrabbando 2-300mila barili al giorno, riescono a finanziare la loro avanzata. Il contrabbando di petrolio c'è
sempre stato, dagli embarghi contro Teheran o Baghdad fino alle tante attività illecite in giro per il mondo. Ma
da questo a influenzare i mercati ce ne corre. Per quanto riguarda la situazione attuale, la grande
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[ L'INTERVISTA ]
20/10/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 3
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maggioranza del petrolio iracheno viene estratto nel sud-est del Paese, al riparo dall'invasione del Califfato.
L'Iraq aveva prima dell'attacco dell'Isis superato i 3 milioni di barili al giorno di produzione, il massimo da
prima dell'intervento americano, e sottraendo la quota "rubata" dall'Isis gli equilibri complessivi cambiano
poco. In Libia la situazione è ancora più pesante perché la sottrazione di produzione arriva agli 800mila barili,
la metà del potenziale del Paese. E se volete aggiungiamo anche i cronici problemi della Nigeria, altro Paese
Opec, alle prese con i guerriglieri del delta del Niger, nonché del Sudan. Tutto petrolio in meno che arriva sui
mercati: eppure la superofferta è sempre tale». Per completare il quadro dei fattori che influenzano le
quotazioni del greggio, non si può non parlare dello shale , prima gas e ora petrolio, americano. «Ecco,
questa è la vera grande novità di questi anni. Gli Stati Uniti consumano oggi 18,3 milioni di barili di petrolio al
giorno e ne producono fra shale e tradizionale 11,5, compresi i biocarburanti. Una bella differenza rispetto a
soli cinque anni fa, quando gli Stati Uniti importavano il 60% del greggio. E' tutto cambiato: le quotazioni
interne della benzina, i costi industriali. E se parliamo di gas la situazione è ancora più interessante:
complessivamente, le industrie hanno costi energetici pari a un terzo». L'Arabia Saudita e gli altri Paesi
dell'Opec temono che l'America cominci ad esportare, superando l'auto-embargo che si è posto dai tempi
dello strapotere dell'Opec, abbattendo così ancora di più le quotazioni? «Beh, di sicuro sono molto attenti. Ma
non sarà così facile per gli Stati Uniti vincere le resistenze interne, politiche e di forti lobby, per affrancarsi dai
dogmi degli anni '70 e esportare grandi quantità di petrolio e gas». Il petrolio è un'arma politica ormai da
quarant'anni, dalla guerra del Kippur del 1973. Nel suo nome si fanno guerre o si stringono inedite alleanze
come quella recente fra Mosca e Pechino per il gas. E l'altro giorno al vertice eurasiatico di Milano è stato
notato il febbrile lavorìo diplomatico di Putin per evitare che l'"incidente" ucraino comprometta la diplomazia
del gas. Qual è la vera situazione della Russia? «Oggi di fatto Mosca è il maggior produttore di petrolio al
mondo con 10,4 milioni di barili perché a differenza dei Paesi arabi produce tutto quello che può senza tenere
alcuna capacità inutilizzata. Nel gas tutto questo è ancora amplificato. La Russia, malgrado tutto, malgrado il
caso ucraino, ha ancora bisogno dell'Europa come mercato di sbocco in un momento in cui le quotazioni del
gas stanno anch'esse scendendo. L'accordo con la Cina dispiegherà i suoi effetti fra molti anni. È importante
ricordare che per i leader prima sovietici e poi russi le quotazioni degli idrocarburi, prima fonte di ricchezza
del Paese, sono in diretta dipendenza con le loro fortune. Breznev godette di un grande consenso popolare
nella seconda metà degli anni '70 quando i prezzi salirono alle stelle. La crisi di Gorbaciov e dell'Urss iniziò
nel 1986, anno in cui il greggio era sceso fino a 9 dollari. Una nuova crisi piombò sul Paese verso la fine degli
anni '90, culminata nel default tecnico della Russia nel 1998, e costò l'instabilità e il declino a Eltsin. Negli
ultimi anni Putin a sua volta ha cavalcato gli alti prezzi del petrolio del del gas fino a due anni fa e ora, non a
caso, sta cercando in tutti i modi di evitare che una caduta prolungata dei prezzi si traduca in una crisi
personale di consenso all'interno della Russia, che aprirebbe nuovi scenari».
Foto: LEONARDO MAUGERI "guru" del petrolio di Harvard: "Le quotazioni sono così basse per tutte le nuove
scoperte di questi anni"
20/10/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 9
(diffusione:581000)
SUPERDIRETTORI PER L'ITALIA SI ALLARGA UN ALTRO SPREAD
Andrea Bonanni
Le dimissioni di Paola Testori Coggi, direttore generale della Commissione responsabile per la salute e la
protezione dei consumatori, sono arrivate come una bomba nella comunità degli euro-funzionari italiani. La
Testori si è dimessa in seguito ad una inchiesta amministrativa aperta a suo carico per mancato rispetto delle
regole di procedura relative ad una gara di appalto, anche se la stessa Commissione ha spiegato di «non
aver trovato alcuna prova di un comportamento irregolare o di corruzione, e nessun danno finanziario è stato
fatto». Ma il problema, per l'Italia, è che con la partenza della direttrice generale i posti italiani al vertice della
burocrazia comunitaria si riducono ulteriormente, al punto che la situazione rischia di farsi imbarazzante. Allo
stato attuale, ci sono solo tre direttori generali italiani: Marco Buti, che guida la direzione degli affari
economici e finanziari; Marco Benedetti, responsabile per i servizi di traduzione e interpretariato, che
dovrebbe andare in pensione l'anno prossimo, e Giovanni Kessler, che guida l'Olaf, l'ufficio anti-frode
europeo. C'è un quarto italiano con qualifica di direttore generale, ed è Stefano Manservisi, che però è
andato sulla poltrona di capo di gabinetto dell'Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Federica
Mogherini. Con tre direttori generali in funzione, di cui uno in uscita, siamo decisamente sottorappresentati
rispetto ai cinque francesi, ai cinque britannici, ai quattro tedeschi e ai quattro spagnoli. In primavera, dopo
l'insediamento dei nuovi commissari, è previsto un rimpasto importante delle poltrone di vertice, tra
sostituzioni e avvicendamenti. Potrebbe essere quella l'occasione su cui puntare per migliorare la nostra
situazione. Ma le prospettive non sono incoraggianti. La situazione degli italiani, infatti non è migliore sul
fronte dei vice-direttori generali, che sono il serbatoio da cui generalmente si attinge per le promozioni. Su
questo fronte possiamo contare solo su Fabrizio Barbaso all'Energia, ormai prossimo alla pensione, su Mauro
Petriccione, appena nominato al Commercio, e su Roberto Viola alle reti di comunicazione. Rispetto ai sei
vice-direttori tedeschi, non è un panorama confortante, e soprattutto non rappresenta un buon punto di
partenza per rinforzare le posizioni di vertice. L'Italia potrà forse tentare di giocare la carta di qualche
assunzione dall'esterno. Ma anche quella non è una prospettiva scontata. La situazione del personale italiano
è nettamente migliore a livello dei direttori: ne contiamo 26, contro 29 tedeschi, 29 francesi, 19 britannici e 19
spagnoli. Ma occorreranno anni perchè questa leva di dirigenti arrivi ad un livello che consenta loro di
aspirare alle posizioni di vertice.
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PALAZZO EUROPA
20/10/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 39
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Rivoluzione Mini, un'elettrica e una spider
DOPO L'ARRIVO DELLA VERSIONE A CINQUE PORTE "PARTE LA DISCUSSIONE STRATEGICA" SUL
FUTURO DELL'ICONA INGLESE. ECCO COSA PENSA PETER SCHWARBAUER DEL BOARD BMW
«CON LA NUOVA PIATTAFORMA IN TEORIA POSSIAMO COSTRUIRE MODELLI FINO A 4 METRI E
MEZZO DI LUNGHEZZA"
Francesco Paternò
Parigi La Mini sta cambiando. Problemi di crescita o crisi di mezz'età, dipende dai punti di vista. Ma all'interno
la discussione sul futuro del marchio e della sua declinazione è aperta, anzi franca come si usa dire in
diplomazia quando è accesa. Peter Schwarzbauer, membro del board del gruppo Bmw cui fanno capo i
marchi Mini, Rolls Royce, Motorrad e la divisione post vendite Bmw, indossa i panni del diplomatico
aggiungendo un altro aggettivo preso a prestito dal linguaggio della Realpolitik nel rispondere a cosa sta
succedendo dentro il marchio di Oxford. «È in corso una discussione strategica», ci dice in un incontro al
Salone di Parigi, che significa che non tutti i modelli Mini di oggi resteranno in produzione e che altri vedranno
invece la luce. Per la Mini, i primi 8 mesi del 2014 sembrano pagare pegno al cambio di generazione, la
terza, messa in vendita in primavera nella versione berlina tre porte e ora anche a cinque. In Europa, il
marchio ha venduto circa 7.000 vetture in meno rispetto al 2013 (fonte Jato Dynamics), con la versione
Countryman sempre in crescita a compensare la discesa della berlina. Negli Stati Uniti, primo mercato di
Mini, il calo è stato di circa 10.000 vetture, con identica dinamica tra versione tre porte e Countryman.
Insomma, dopo la Bmw i3 è deciso che la seconda vettura elettrica del gruppo sarà una Mini? E quale
versione? «Non abbiamo ancora deciso esattamente quale sarà e quando ma è chiaro che un futuro elettrico
è parte importante per il brand Mini, urbano per definizione». La Mini Superleggera, concept due posti a cielo
aperto e motore elettrico, campeggia a fianco sullo stand a indicare la strada intrapresa. Ma la futura gamma
avrà più o meno versioni? «Con la nuova piattaforma su cui è costruita la Mini abbiamo flessibilità e
possibilità di sviluppare idee mai avute prima. In teoria, possiamo costruire modelli di lunghezza variabile fra i
3 metri e mezzo e i 4 metri e mezzo, insomma possiamo fare quello che vogliamo con in più una tecnologia
avanzata che prima non era disponibile per le auto compatte. Ma la discussione strategica in corso è: quale è
la cosa giusta per Mini? Più modelli, oppure meno e concentrarsi su quelli che io chiamo di forte carattere
individuale?». La aiuto: ci dica il suo numero preferito, oggi sono 7. «Potrebbero essere dieci, ma dico che
forse il numero giusto è 5 o 6 o 7...difficile da dire adesso, questa però è la nostra discussione». La Fiat con
500 sta copiando l'estensione del brand Mini, preoccupato ? «Ci stanno copiando? Questo lo dice lei... in
Cina e nella sua cultura è un onore se ti copiano, per cui lo prenderei come un segnale positivo. Se si fa una
passeggiata fra gli stand, vedrà che molte auto compatte stanno andando nella direzione della Mini». Ci sono
pure rumors su Jaguar che vorrebbe entrare nelle moto, Mercedes con Mv Agusta, perfino voci su Fiat 500 e
Vespa. Gratificato o preoccupato per la sua divisione moto ? «No, Motorrad è un brand solido, quest'anno
venderemo 125.000 moto, un record. Non abbiamo concorrenti e non abbiamo paura della competizione». Ci
dice perché e quando darete via libera a un Suv Rolls Royce? «C'è un mercato mondiale di circa 80 milioni di
veicoli, la metà dei quali sono Suv o simili, alla gente piacciono sempre di più. E allora perché non averne
uno anche sotto il nome Rolls? Così abbiamo preso in seria considerazione di farlo». La data, però, non ce la
dice nemmeno a registratore spento.
7.000 IL CALO DI VENDITE MINI Nei primi otto mesi di quest'anno il marchio Mini ha venduto in Europa 7
mila auto in meno rispetto al 2013 7 MODELLI IN VENDITA Ecco i modelli attualmente in gamma Mini 3 e 5
porte, Coupé, Cabrio, Roadster, Clubman e Countryman
Foto: La Mini Superleggera una concept car spider a due posti presentata per la prima volta al concorso
d'Eleganza di Villa d'Este sul lago di Como
Foto: Peter Schwarzbauer del board Bmw proprietaria del marchio Mini
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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[ L'INTERVISTA ]
20/10/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 39
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Foto: La nuova Mini a cinque porte è più lunga di 16 centimetri rispetto al modello a tre porte (3 metri e 98).
Più spazio a bordo e 67 litri in più per il bagagliaio
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 1
L'economia frena? Guardare a Oriente ci può aiutare
DANIELE MANCA
«Lasciate la Cina dormire, perché, quando si sveglierà, scuoterà il mondo». Napoleone Bonaparte avrebbe
dovuto aspettare un bel po' di anni, ma alla fine così è stato. Il problema è cosa accade quando la Cina si
riaddormenta, anche solo per poco. Soprattutto se, come è accaduto negli ultimi anni, è stata la locomotiva
del mondo. Con il 20% della popolazione del globo ha contribuito alla crescita mondiale per il 34% nell'ultima
decade, contro il 10% degli anni Novanta, notava Ruchir Sharma di Morgan Stanley sul «Wall Street Journal»
dello scorso 16 ottobre. Nello stesso periodo gli Stati Uniti avevano contribuito per il 17% contro il 32% degli
anni Novanta. Per misurare la temperatura e la salute dell'economia mondiale, e decidere quindi i propri
investimenti, bisogna imparare a guardare sempre più a Oriente. Non è estranea allo scossone subito dalle
Borse la settimana scorsa una sorta di consapevolezza del rallentamento dell'economia cinese, evidenziata
dal crollo dei prezzi del petrolio. Dalla crescita a due cifre degli scorsi anni della Cina, si è passati a una
media del 7% e c'è chi dice che Pechino si attesterà sul 5% di sviluppo annuo. Un rallentamento che può
spiegare in parte l'incertezza dei mercati, ma anche un tasso di crescita che può aprire prospettive di tutto
rispetto per chi come noi vede contrarsi il proprio Prodotto interno lordo. Aver ospitato il vertice tra Europa e
Asia a Milano potrebbe offrirci qualche possibilità in più di sviluppo. L'Asia è il maggiore partner commerciale
dell'Europa avendo attratto il 26% degli investimenti provenienti dal Vecchio Continente. Superando cioè,
come spiegato da Josè Manuel Barroso e Herman Van Rompuy, i partner storici riuniti nel Nafta(l'accordo di
libero scambio del Nord America): Stati Uniti, Canada e Messico. Nel corso del vertice si sono potuti tenere
incontri tra circa 400 investitori asiatici e altrettanti imprenditori italiani. Che hanno già imparato a guardare a
Oriente.
@Daniele-Manca
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IL PUNTO
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 1
Tfr e previdenza: i conti in tasca alle nuove regole
ROBERTO E. BAGNOLI
ALLE pagine 26-27
Poche decine di euro in più in busta paga: che, peraltro, saranno tassate di più di quanto avviene oggi. In
cambio però di una pesante rinuncia domani, sia per chi ha lasciato il Tfr in azienda sia per chi l'ha conferito
ai fondi pensione. Così, per esempio, un trentacinquenne con una retribuzione mensile di millecinquecento
euro netti potrà avere 105 euro netti al mese per tre anni. Rinuncerà però a una liquidazione più alta e avrà
una pensione di scorta inferiore del 10% (da 187 a 168 euro netti al mese) se non ha rischiato affidandosi a
una linea garantita, e del 13% (da 275 a 238 euro al mese) se invece ha scelto una bilanciata.
Conteggi
Le elaborazioni realizzate per CorrierEconomia da Progetica, società di consulenza in pianificazione
finanziaria e previdenziale, mostrano che andrà valutato davvero con molta attenzione l'anticipo del Tfr in
busta paga: la misura è prevista in via volontaria dalla bozza della legge di Stabilità varata nei giorni scorsi
dal governo. E, comunque, bisognerà essere consapevoli delle penalizzazioni che comporta.
La normativa approvata dal Consiglio dei ministri prevede la possibilità di richiedere al proprio datore di lavoro
di anticipare in busta paga il Tfr che dev'essere ancora accantonato (quello passato rimane presso l'azienda
o il fondo pensione, se il lavoratore vi ha aderito) fra il primo marzo 2015 e il 30 giugno 2018.
È una decisione volontaria, riservata ai dipendenti privati (gli statali non hanno un accantonamento reale per il
Tfr), possibile anche per quelli che sono già iscritti ai fondi pensione. Le somme ricevute saranno soggette
all'aliquota progressiva Irpef. Dal punto di vista fiscale, l'operazione è neutra solo per i lavoratori con una
retribuzione sino a 15 mila euro l'anno, cui si applica un'aliquota marginale del 23%; la stessa, cioè, prevista
con la tassazione separata al Tfr che si ottiene al termine dell'attività. È in ogni caso penalizzante, e in misura
sensibile, per chi invece aderisce alla previdenza integrativa: il montante finale formato anche dal Tfr viene
tassato infatti con un'aliquota che, a seconda della permanenza nella previdenza complementare, può andare
dal 15% al 9%.
Il Tfr in busta paga, insomma, si prospetta come un'operazione ideata per sostenere i consumi immediati, che
conviene poco ai lavoratori e molto allo Stato, che pensa all'oggi ma penalizza fortemente il domani. La
bozza varata nei giorni scorsi dal governo, del resto, prevede altre misure decisamente penalizzanti per la
previdenza, come l'incremento dall'11% al 17% della tassazione annuale sulla rivalutazione dello stesso Tfr,
dall'11,5% al 20% di quella sui rendimenti dei fondi pensione e dal 20% al 26% per quelli delle Casse di
previdenza dei professionisti e, infine, le norme più restrittive previste per le polizze vita.
Simulazione
Le simulazioni di Progetica aiutano a compiere una scelta importante, anche perché chi chiederà l'anticipo
del Tfr in busta paga non potrà più tornare indietro: l'opzione sarà irreversibile. «La prima simulazione mostra
in generale quali sono le variabili in gioco e quali potranno essere gli effetti gli effetti teorici sul montante
finale - spiega Andrea Carbone, partner di Progetica -. In pratica si considera qual è il Tfr che si potrebbe
ricevere in busta paga fino al momento del pensionamento e lo si confronta con il capitale che si otterrebbe
alla fine del lavoro lasciando la liquidazione in azienda o con quello che si potrebbe avere da un fondo
pensione, aderendo a una linea garantita con rendimento minimo annuo del 2%, oppure a una bilanciataazionaria».
Con il Tfr in busta paga si perde sempre e comunque: in termini percentuali la penalizzazione aumenta con il
crescere dell'età e della retribuzione. «La seconda simulazione, invece, mostra gli effetti del Tfr in busta paga
secondo l'ipotesi in discussione, cioè per tre anni - sostiene Carbone -. E mostra quali sono le conseguenze
in termini di minore pensione integrativa che si otterrà. Non considera il Tfr che, invece, è una somma in
capitale. Così, per esempio, un quarantacinquenne con una retribuzione attuale di 2mila euro netti al mese,
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'analisi
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 1
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ne potrà ottenere 127 netti, sempre al mese, per i tre anni previsti dalla normativa in discussione. In cambio,
però, avrà un vitalizio integrativo del 13% più basso se aderisce a un comparto garantito, e del 16% se invece
ha optato per un bilanciato». La rinuncia, insomma, è pesante.
«Quest'operazione può avere un senso solo se si ha un assoluto bisogno di quei pochi euro in più che si
possono ottenere con il Tfr in busta paga - sottolinea Carbone - ma bisogna sapere che per i bisogni di oggi
si peggiora notevolmente il proprio futuro previdenziale». Le simulazioni di Progetica si basano su un modello
probabilistico basato sull'andamento dei mercati finanziari negli ultimi vent'anni con una probabilità di stima
pari al 50%: in pratica vi sono cinquanta probabilità su cento di realizzare un risultato superiore a quello
ipotizzato. In tutti gli esempi è stato ipotizzato l'inizio dell'attività a 25 anni, con continuità sino al momento del
pensionamento; tutti i valori sono al netto delle tasse ed espressi in termini reali, cioè a parità di potere
d'acquisto. Per quanto riguarda la previdenza complementare sono stati ipotizzati i costi medi dei fondi
pensione aperti, in funzione della durata del programma previdenziale.
www.iomiassicuro.it
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€ 37.128 VALORE MENSILE SOMMA FINO ALL'ETÀ DELLA PENSIONE € 32.708 € 42.315 € 68 € 68 €
105 € 127 € 127 € 167 € 39.624 € 29.718 € 26.052 25ENNE 30ENNE 35ENNE 45ENNE 50ENNE 55ENNE
Età media pensionamento 66/67 anni Età media pensionamento 67/69 anni CON IL TFR IN BUSTA PAGA
La rendita PER TRE ANNI... Il capitale PRO: 1) Disponibilità di liquidità immediata per consumi; CONTRO: 1)
Si riduce l'accantonamento futuro di cui si potrà disporre al pensionamento; rispetto al Tfr lasciato in azienda,
trattamento fiscale è neutro solo per i redditi sino a 15 mila euro applica comunque un'aliquota del 23%).
Rispetto a quello conferito ai fondi pensione è sempre penalizzante in busta paga: PRO: 1) Rivalutazione
certa; 2) possibilità di anticipazioni (anche se a condizioni meno favorevoli rispetto a quelle che si possono
ottenere dai fondi pensione); CONTRO: 1) Rendimenti medi minori di quelli che si possono ottenere con i
fondi pensione, tanto più in un periodo di bassa inflazione come l'attuale. In base ai dati della Covip
(Commissione di vigilanza sui fondi pensione), fra il 2006 e il 2013 solo in tre anni (2007, 2008 e 2011) i fondi
pensione hanno reso meno del Tfr T presso il datore di lavoro (o presso il Fondo Inps) T in 1.000 € 1.000 €
1.500 € 2.000 € 2.000 € 2.500 € REDDITO ATTUALE NETTO: (per 13 mensilità) € 68 € 68 € 105 € 127 € 127
€ 167 25ENNE 30ENNE 35ENNE 45ENNE 50ENNE 55ENNE Età media pensionamento 66/67 anni Età
media pensionamento 67/69 anni 1.000 € 1.000 € 1.500 € 2.000 € 2.000 € 2.500 € REDDITO ATTUALE
NETTO: (per 13 mensilità) VALORE MENSILE PER ANNI 3 CON IL TFR IN BUSTA PAGA PER SEMPRE...
€ 47.729 100% CAPITALE CON PREVIDENZA INTEGRATIVA LINEA GARANTITA 2% € 41.767 € 55.300
+29% +28% +31% € 49.992 TFR IN AZIENDA € 42.765 € 55.065 +35% +31% +30% € 80.835 100%
CAPITALE CON PREVIDENZA INTEGRATIVA LINEA BILANCIATA € 66.361 € 81.452 +118% +103% +92%
€ 59.150 € 43.101 € 37.081 +49% +45% +42% € 56.363 € 40.675 € 33.371 +42% +37% +28% € 79.938 €
54.190 € 43.341 +102% +82% +66% € 147 RENDITA NETTA MENSILE (con interruzione) € 134 € 168 € 167
RENDITA NETTA MENSILE (continuità) € 146 € 187 -12% DIFFERENZA -8% -10% ... SI RINUNCIA A... ...
SI RINUNCIA PER SEMPRE A UN'INTEGRAZIONE MENSILE DI... PREVIDENZA INTEGRATIVA LINEA
GARANTITA 2% € 244 RENDITA NETTA MENSILE (con interruzione) € 205 € 238 € 283 RENDITA NETTA
MENSILE (continuità) € 232 € 275 -14% DIFFERENZA -12% -13% € 204 € 136 € 105 € 234 € 163 € 141 13% -17% -25% € 265 € 164 € 118 € 316 € 205 € 164 -16% -20% -28% PREVIDENZA INTEGRATIVA LINEA
BILANCIATA PRO: 1) Si ottiene il contributo del datore di lavoro (nel caso dei fondi negoziali) che aumenta
notevolmente la convenienza e la redditività della scelta; 2) rendimenti medi più alti rispetto alla rivalutazione
del Tfr; 3) possibilità di ottenere anticipazioni a condizioni più favorevoli; 4) il trattamento fiscale sulla
prestazione finale è più favorevole rispetto a quello previsto per il Tfr (aliquota dal 15% al 9% contro il 23%);
CONTRO: 1) Le garanzie di rendimento operano solo in determinati casi; 2) l'investimento è esposto ai rischi
dei mercati finanziari; 3) un'elevata incidenza dei costi riduce le performance T ai fondi pensione T out ? S.
Franchino Fonte: elaborazione
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 6
All'euro serve una «bad bank»
Perché i continui diktat tedeschi alla Bce rischiano di aggravare la crisi
MARCELLO MINENNA
Sessanta miliardi è il contributo dell'Italia al fondo salva-Stati; 15 miliardi i tagli alla spesa nella legge di
Stabilità. Eppure si deve comunque discutere con l'Europa di altre correzioni ignorando la recessione
incalzante e la deflazione che in termini reali aumenta il nostro debito pubblico e fa sì che lo spread attuale a
140 punti ne valga in realtà 500 come nel 2011. I noti problemi restano e non rassicura l'ipotesi per il terzo
anno di fila (sbagliando) della ripresa per l'anno che verrà.
Il nostro sistema bancario dal 2008, tra svalutazioni degli attivi e aumenti di capitale, ha drenato risorse per
170 miliardi di euro; in Spagna invece hanno fatto la bad bank ed hanno gestito il problema con poco più di
80 miliardi che però, diversamente dai nostri 170 che vengono sostanzialmente dagli italiani, per metà
arrivano dalla Bce e per l'altra metà dal fondo salva-Stati. In Spagna hanno anche fatto le riforme, tra cui
quella del lavoro. Ma un dettaglio viene omesso e cioè che comunque il debito pubblico sta aumentando a
ritmi incalzanti con buona pace del fiscal compact.
Che il tempo sia poco, è chiaro e da tempo la Bce interviene a piccoli passi per ridare ossigeno all'eurozona
rimpinguando il suo bilancio asfittico. Ad ogni passo segue però una dichiarazione dell'establishment tedesco
tesa a limitarne la portata. A maggio viene annunciata l'ipotesi del programma di acquisto di Asset backed
securities, cioè titoli che impacchettano i crediti e quindi i rischi delle banche. La Bce sembrava prepararsi ad
una manovra simile a quella della Fed quando comprò i titoli della crisi subprime del 2008 per oltre 2.000
miliardi di dollari.
A giugno la BCE rende noto che per ora non rivenderà sul mercato i circa 160 miliardi di titoli di Stato (di cui
la gran parte italiani) comprati nel 2011-2012. Il bilancio della Bce si ingrossa di 160 miliardi e lo stesso fa la
base monetaria. Non molto; ma è un segnale che apre la strada all'acquisto di titoli di Stato nell'ambito del
«quantitative easing».
Poco dopo un altro piccolo passo lasciando aperte le porte sulla qualità dei crediti che potrebbero essere
impacchettati negli Abs. Per i Paesi europei in difficoltà fa una bella differenza poter impacchettare anche
crediti non di alta qualità. Arriva ancora una volta l'alt tedesco e la Bce questa volta prende delle
contromisure. Se non sono ammissibili acquisti di titoli di Stato e neppure Abs fatti con crediti di bassa
qualità, allora i crediti che si possono impacchettare devono essere erogati a prenditori europei; il messaggio
è alla Germania e decriptato equivale a vietarle di portare in Bce i rischi dei finanziamenti che hanno
supportato il suo export extra Ue.
Fine settembre: la Bce rende nota la propria disponibilità a comprare anche Abs di media qualità qualora
garantiti da entità nazionali. Se le entità nazionali fossero i governi è evidente che questi Abs diverrebbero un
clone dei titoli di Stato bypassando così l'alt della Germania. Le dichiarazioni tedesche arrivano puntuali sul
rischio di una Bce trasformata in bad bank; c'è infatti il governo greco e c'è quello tedesco e a parere della
Germania non possono essere ritenuti uguali davanti alla Bce. È nuovamente stallo e i mercati crollano delusi
da un «quantitative easing» che non parte mai; l'economia europea resta nel pantano.
Ma fare della Bce una bad bank pur di salvare l'euro sarebbe un vero problema?
Bernanke nel settembre 2012 dichiarò che la Fed era diventata una bad bank presentandola come la nuova
teoria monetaria e gli Stati Uniti d'America sono usciti dalla crisi.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'intervento
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 29
Mercati «Italia e Francia, la riscossa inizia da qui»
Bokobza (Société Générale): un calo passeggero. Con le riforme Milano e Parigi possono salire del 20%
marco sabella
La correzione che ha cancellato i guadagni di Borsa dell'intero anno e riportato gli indici al livello del
settembre 2013? Un momento di transizione verso un periodo molto interessante per i listini, soprattutto per
quanto riguarda l'Italia e la Francia».
Alain Bokobza, responsabile della ricerca azionaria del gruppo bancario francese Société Générale non
considera la debolezza attuale dei mercati azionari di tutto il mondo un pericolo per gli investitori.
«L'importante è sapersi orientare tra aree che hanno corso molto e che adesso entrano in fase di stabilità o
addirittura di regresso, come la Germania e gli Stati Uniti e altre che, invece, grazie alle riforme politiche ed
economiche in atto hanno di fronte a sé un periodo potenzialmente molto positivo, come appunto la Francia e
l'Italia» aggiunge.
Le perdite di queste ultime settimane avranno effetti duraturi sulla fiducia degli investitori?
«Il mercato azionario oscilla fra la delusione per i cattivi fondamentali dell'economia e la speranza di nuove
iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali. Il dibattito è entrato nel vivo nel momento i cui sono
peggiorati i dati della Germania, con il -4% della produzione industriale di agosto. Pensiamo che lo scossone
di questi giorni si limiterà ad aumentare la volatilità, un fenomeno cui gli investitori dovranno imparare a
riabituarsi».
Quindi non avete cambiato le valutazioni di fondo...
«La correzione in atto ci ricorda che i mercati sono "sportivi" e che si investe soprattutto per il lungo termine.
Continuiamo a dare una valutazione positiva sull'azionario perché dato che inflazione e crescita sono su livelli
molto bassi, rimane aperta la possibilità che le banche centrali possano decidere nuove misure per il rilancio
della liquidità che avrebbero effetti favorevoli sulle Borse».
I giudizi di Société Générale tuttavia cambiano radicalmente a seconda delle aree geografiche...
«Nel 2015 le performance azionarie migliori verranno da quei Paesi che sapranno realizzare un mix di misure
di rilancio economico strutturale e di riforme politiche. Tra questi mettiamo al primo posto l'Italia, dove il Ftse
Mib potrebbe generare una performance del 23%, la Francia - dal Cac 40 ci aspettiamo un rialzo del 22% - e
Madrid, dove l'Ibex ha spazio per ottenere un più contenuto +10%».
Non c'è un eccesso di ottimismo in queste previsioni?
«No, perché questi sono i Paesi rimasti più indietro in Europa nel realizzare le riforme strutturali necessarie
all'economia e che stanno attuando i primi passi nella giusta direzione. In Francia, paese che è più avanti
rispetto all'Italia nel processo delle riforme, le imposte verranno ridotte per la prima volta dal dopoguerra di 20
miliardi di euro, mentre la crescita dei salari si sta dimezzando dal 2 all'1%..».
E gli altri Paesi europei?
«Siamo molto cauti sulle prospettive della Germania in cui i salari stanno salendo molto più velocemente
della media europea e che risente del calo delle esportazioni dovuto al rallentamento delle economie
asiatiche e all'embargo verso la Russia. Il Dax di Francoforte potrebbe segnare un modesto +3%. Anche la
Gran Bretagna, nonostante un buon tasso di crescita del Pil potrebbe registrare performance nulle o
negative, visto il probabile aumento dei tassi di interesse».
E le altre aree globali?
«Siamo neutrali sugli Stati Uniti, per ragioni valutative, mentre ci aspettiamo buoni risultati da tutte le borse
asiatiche, a cominciare dall'indice Hang Seng cinese (+18%), al Kospi coreano (+16%), al Sensex indiano
(+11%) fino al Nikkei di Tokio (+7%)».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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L'intervista Lo strategist azionario vede rischi su Germania e Stati Uniti. Promossi i listini asiatici, guidati dalla
locomotiva cinese
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
Pag. 29
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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In termini di settori e di singoli titoli?
«Le banche e le assicurazioni sono tra i nostri comparti favoriti. Privilegiamo poi le utilities che offrono i
rendimenti per dividendi più elevati di tutto il mercato e che dopo i tagli recenti sono al riparo da ulteriori
sforbiciate. Siamo invece più selettivi su comparti come l'industria, dove sovrappesiamo i materiali per
costruzioni, o sulla salute dove crediamo soprattutto nei grandi gruppi farmaceutici».
Ci sono indicazioni di tioli oltre che di settori?
«Nella nostra selezione di società che potrebbero recuperare più rapidamente di altre i livelli di
autofinanziamento lordo precedenti la crisi abbiamo inserito gruppi come Enel e Gas de France tra le utilities,
Saipem nei servizi petroliferi, Nokia nell'hi tech, dopo la vendita della divisione cellulari e Peugeot nell'auto. In
generale anche tutte le imprese maggiormente orientate all'export dovrebbero ottenere risultati superiori alla
media dell'indice grazie all'euro più debole».
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Società Peugeot Solvay Atlantia Saint-Gobain Metro Saipem Vivendi Rio Tinto Repsol Enel Gdf Suez Nokia
Settore Auto Chimica Servizi Costruzioni Distribuzione Servizi petroliferi Media Materiali di base Energia
Utilities Utilities High Tech Borsa Parigi Bruxelles Milano Parigi Francoforte Milano Parigi Londra Madrid
MIlano Parigi Helsinki 0,0% 3,2% 4,7% 4,4% 4,3% 0,0% 1,6% 5,0% 5,7% 4,2% 5,5% 2,6% 12 136 21,9 37
32 19 23,4 39,2 23 4,8 20 7,2 Prezzo (14/10/2014) Dividend yield Prezzo obiettivo 9,2 110 17,7 32,5 24,2
15,1 18 31,6 17,3 3,8 18,1 6,4 RPirola
Foto: Société Générale Alain Bokobza
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
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Btp Italia La sfida del Tesoro all'inflazione azzerata
Dura sei anni e ha un minimo garantito dell'1,15%, il valore più basso da quando sono nate queste
obbligazioni Ora rende poco, meno del Btp classico di pari durata. Perché comprarlo? Perché se il costo della
vita risale al 2%... Anche questa edizione offre il 4 per mille a chi lo tiene fino a scadenza
marco sabella
La famiglia dei Btp Italia si arricchisce di un nuovo membro. Infatti, dopo le fortunate edizioni che l'hanno
preceduta, e grazie alle quali il Tesoro italiano ha raccolto in tutto oltre 87 miliardi di euro, entra oggi in
sottoscrizione la settima emissione di uno strumento pensato prevalentemente per i risparmiatori privati.
I Btp Italia, lanciati per la prima volta nel marzo del 2012 per tagli minimi a partire da mille euro, con l'aggiunta
di un premio del 4 per mille per i cassettisti che manterranno il titolo fino alla scadenza, offrono infatti una
cedola parametrata al tasso dell'inflazione italiana dell'indice Foi (indice dei prezzi al consumo per le famiglie
di operai e impiegati, al netto dei tabacchi) maggiorato di un rendimento «reale» garantito.
Tuttavia, l'ambiente di mercato in cui andrà a inserirsi il nuovo strumento è molto differente da quello che
aveva accolto i suoi fratelli, a partire dalla prima emissione del 2012, quando l'inflazione media annua
raggiunse un tasso leggermente superiore al 3%.
Scenario inedito
Per la prima volta nella storia della Repubblica, fatti salvi episodi di brevissima durata, la corsa dei prezzi ha
un andamento negativo, al punto che si parla ormai apertamente di deflazione, la diminuzione generalizzata e
prolungata nel tempo dei prezzi di beni e servizi. A settembre la dinamica dei prezzi su base annua ha
raggiunto in Italia la soglia del -0,4% ed è probabile che questo fenomeno non verrà riassorbito tanto presto,
vista la debolezza dell'economia generale. Perché allora sottoscrivere il nuovo Btp Italia, che avrà una durata
di sei anni e che in base ai dati comunicati venerdì scorso dal ministero dell'Economia offrirà una cedola
minima garantita «reale» dell'1,15%, la più bassa in tutta la storia di questa categoria di emissioni? «Per un
investitore privato puntare su uno strumento con le caratteristiche del Btp Italia, anche in assenza di
inflazione di breve periodo, continua a essere una scelta conveniente» afferma Guido Casella, gestore
specializzato nel reddito fisso di Azimut sgr. Il meccanismo della cedola reale garantita, infatti, non tiene
conto della deflazione e di conseguenza se i prezzi scendono questo non va a eroderla. Semplicemente
un'inflazione negativa registrata in uno o più semestri andrà a diminuire il montante di un'inflazione positiva
osservata nei periodi successivi e che verrà pagata via via che le cedole maturano.
Volatilità
La settima emissione del nuovo Btp Italia è un po' diversa dalle precedenti anche per altre ragioni. Proprio la
settimana scorsa, infatti, dopo l'improvviso e violento storno dei mercati azionari anche i mercati del reddito
fisso sono entrati in fibrillazione, con spread e rendimenti nuovamente in rialzo. Questa situazione di
incertezza che ha fatto ritornare lo spread tra i Bund e i Btp decennali a quota 165 punti (dopo che in
settimana sono state toccate punte di oltre 200) non ha tuttavia influito sulle decisioni del ministero
dell'Economia che ha tagliato il livello della cedola minima garantita dall'1,65% della precedente emissione a
sei anni all'1,15% attuale. Un rendimento che tuttavia non è ancora definitivo perché solo alla chiusura
dell'emissione (giovedì 23 ottobre) sarà comunicato il valore finale della cedola, che potrebbe anche essere
superiore alla soglia minima annunciata venerdì.
Ecco dunque che il nuovo Btp Italia, in base alle informazioni di cui siamo in possesso oggi, rende circa 30
centesimi in meno rispetto all'emissione di pari durata dei Btp «tradizionali», che pagano l'1,47.% «La
differenza di rendimento rappresenta il valore attribuito all'opzione sull'inflazione futura» sottolinea Raffaele
Zenti, partner di Advise Only, un social network indipendente dedicato al risparmio e agli investimenti
(www.adiviseonly.com).
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Titoli di Stato Da oggi il via alla sottoscrizione della settima emissione dei bond con rendimento agganciato
all'andamento dei prezzi al consumo
20/10/2014
Corriere Economia - N.34 - 20 ottobre 2014
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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Prospettive
E si tratta certamente di un valore non trascurabile. «Naturalmente è difficile fare previsioni sull'andamento
dei prezzi futuri, ma il fatto che il nuovo Btp Italia abbia una durata di sei anni è un fattore positivo» afferma
Zenti. Se infatti la politica monetaria della Bce, tesa a sconfiggere la deflazione, avrà successo, il tasso di
aumento del costo della vita potrebbe nei prossimi anni tornare ad avvicinarsi a quel 2% circa che è negli
obiettivi statutari dell'Istituto di Francoforte.
«È dunque possibile che sull'arco di vita del titolo si possa registrare un'inflazione media annua dell'1%, o
anche superiore, il che porterebbe il rendimento nominale il titolo a una soglia di oltre il 2% per cento annuo»
conclude Zenti. Lo strategist di Advise Only è convinto che, anche per ragioni di semplice diversificazione del
portafoglio, la quota dei Btp Italia in un paniere di titoli a reddito fisso possa raggiungere il 10-15% del totale,
fino ad una soglia del 30% per i risparmiatori più anziani. Magari desiderosi di lasciare un capitale reale
intatto ai propri eredi.
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Fonte: elaborazione dati Lupotto & Partners. n.s non significativo in quanto inferiore ai 12 mesi; prezzi
all'8/10/2014; RPirola * Titoli indicizzati all'inflazione italiana; ** Titoli indicizzati all'inflazione europea Btp Italia
I Emissione marzo 2012 Btp Italia II Emissione giugno 2012 Btp Italia III Emissione ottobre 2012 Scadenza
26/3/2016 15/04/2016 11/6/2016 1/8/2016 22/10/2016 15/9/2016 15/9/2016 22/4/2017 1/5/2017 12/11/2017
1/11/2017 15/9/2017 23/4/2020 1/3/2020 Codice Isin IT0004806888 IT0004712748 IT0004821432
IT0004019581 IT0004863608 IT0004761950 IT0004682107 IT0004917958 IT0004793474 IT0004969207
IT0004867070 IT0004085210 IT0005012783 IT0004536949 Btp Italia* Btp Btp Italia* Btp Btp Italia* Btp
Btp€i** Btp Italia* Btp Btp Italia* Btp Btp€i** Btp Italia* Btp Performance annualizzata 4,80% 4,93% 6,54%
7,56% 5,25% 6,32% 4,82% 5,62% 6,30% 7,19% 8,44% 5,96% n.s. n.s. 12,62% 12,97% 15,87% 18,46%
10,56% 12,77% 9,67% 8,32% 9,36% 6,48% 7,60% 5,38% 3,73% 5,02% Cedola lorda 2,45% (Foi) 3,75%
3,55% (Foi) 3,75% 2,55% (Foi) 4,75% 2,10% Reale 2,25% (Foi) 4,75% 2,5% (Foi) 3,50% 2,10% Reale 1,65%
(Foi) 4,25% Total Return Btp Italia IV Emissione aprile 2013 Btp Italia V Emissione novembre 2013 Btp Italia
VI Emissione aprile 2014 Il confronto
Foto: Debito pubblico
Maria Cannata
18/10/2014
Milano Finanza - N.205 - 18 ottobre 2014
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MALACARNE ( SNAM ) : UNA STRATEGIA EUROPEA PER IL GAS
NATURALE
Carlo Malacarne
MALACARNE ( SNAM ) : UNA STRATEGIA EUROPEA PER IL GAS NATURALE a pagina 33 La
Commissione Europea ha pubblicato martedì 14 i risultati degli stress test effettuati sul sistema europeo del
gas. Questi test, condotti nell'ambito della strategia per la sicurezza energetica europea, sono finalizzati a
fornire ai leader dell'Unione Europea un'indicazione sulla capacità delle loro infrastrutture di fronteggiare
un'eventuale interruzione delle forniture di gas. Non sorprendentemente, i risultati dimostrano che
un'interruzione prolungata degli approvvigionamenti avrebbe un impatto significativo sull'Ue. Gli Stati membri
dell'Europa orientale e quelli della Comunità Energetica ne sarebbero particolarmente interessati. Con il 27%
del gas europeo proveniente dalla Russia, più della metà del quale passa attraverso l'Ucraina, i test
rappresentano una risposta diretta alle tensioni tra Mosca e Kiev, e in particolare, al timore che il Cremlino
possa tagliare le forniture come ritorsione alle sanzioni. Poco dopo la prima crisi scoppiata in Crimea, l'Ue ha
deciso di mantenere scorte gas per almeno 30 giorni. Tuttavia, gli stress test hanno reso evidente la
necessità di un maggior coordinamento tra i Paesi, nonché di una migliore interconnessione tra i sistemi
nazionali e della rimozione delle restrizioni agli scambi energetici transfrontalieri. Oltre alla minaccia russa,
l'industria europea del gas naturale deve affrontare altre sfide, che vanno al di là della crisi economica. I
potenziali problemi di approvvigionamento, la crescente dipendenza dalle importazioni e la più forte
competizione mondiale per il gas naturale liquefatto (soprattutto a causa delle economie asiatiche in rapida
crescita) costringono l'Europa a mantenere stabile l'offerta di gas. Tutto questo evidenzia la necessità di un
mercato comune europeo del gas naturale per assicurare che l'Ue abbia le capacità di stoccaggio e di
consegna per assorbire qualsiasi interruzione degli approvvigionamenti. L'integrazione delle reti del gas in
tutta l'Ue è quindi un passo essenziale per garantire la sicurezza energetica dell'Europa. Occorre sviluppare
ulteriori sistemi di trasmissione, strutture di stoccaggio e terminali per il gas liquefatto (Lng) per far fronte alla
domanda, fornendo la massima capacità necessaria per assicurare una risposta sicura, affidabile e
sostenibile ai bisogni dei consumatori. In altri termini, l'infrastruttura dell'Europa deve essere più flessibile che
in passato. Dovrà inoltre facilitare un'efficace integrazione dei mercati nazionali, abbassando i prezzi in modo
da renderli più competitivi di altri combustibili più a buon mercato, ma anche più inquinanti. Le istituzioni e gli
organi di vigilanza dovrebbero lavorare insieme per progettare misure appropriate per mettere insieme le
nuove quote e quelle già esistenti delle scorte energetiche di sicurezza, assicurando il pieno impiego dello
stoccaggio esistente e l'ulteriore sviluppo di capacità aggiuntiva. Data la disponibilità delle capacità di flusso
invertito nei punti di interconnessione transazionale, questo sarebbe possibile sotto alcune condizioni: in
primo luogo, dovrebbe essere istituito un insieme di norme comuni sulle condizioni di transito del gas
trasportato dai Paesi in cui lo stoccaggio è fisicamente situato ai luoghi di consumo (come è successo nel
settore petrolifero negli anni 70, dopo lo shock petrolifero); in secondo luogo, dovrebbe essere creato un
organo internazionale per coordinare norme specifiche e condizioni per l'utilizzo dello stoccaggio strategico.
Occorre sviluppare nuovi corridoi energetici e nuovi progetti per collegare le risorse e i terminali Lng del Nord
Africa, del Medio Oriente e della regione del Mar Caspio ai mercati europei sempre più dipendenti da queste
risorse. Alla Snam, stiamo lavorando con i partner per aiutare ad assicurare il flusso bidirezionale di gas tra il
Regno Unito e l'Italia, così come con la Francia e la Penisola Iberica. Queste misure sono il primo passo
verso l'integrazione, ma c'è ancora molto da fare. I gestori di infrastrutture devono progettare strategie di
investimento sostenibile ed evolversi per diventare un vero sistema di gestori, fornendo servizi orientati al
mercato e concentrandosi sulla qualità della produzione per soddisfare i bisogni in evoluzione dei
trasportatori e degli utenti finali. Gli organi di vigilanza e le istituzioni devono sviluppare una cornice che porti
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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INTERVENTO
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stabilità, continuità e trasparenza, insieme a guadagni appropriati sui nuovi investimenti. Con uno sforzo
coordinato e una leadership di governo appropriata, la realizzazione di un unico mercato comune europeo
non è così lontana e ci aspettiamo che le infrastrutture giochino un ruolo chiave nel rendere il sistema
europeo di approvvigionamento del gas naturale più interconnesso, più flessibile e, soprattutto, più sicuro.
Foto: La Russia minaccia di chiudere i rubinetti del gas
18/10/2014
Milano Finanza - N.205 - 18 ottobre 2014
Pag. 8
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Il renminbi sarà gran protagonista
La realizzazione della piattaforma CCIGMall avrà un ruolo molto positivo nella creazione del rapporto
commerciale Italia-Cina
Andrea Cabrini Class Cnbc
È al timone di una dell e p r i m e banche del mondo, ottava nella classifica per attivo di bilancio, nona per
capitalizzazione di borsa, che supera i 100 miliardi di dollari. Tian Guoli è sbarcato a Milano il 14 ottobre con
la possente delegazione cinese al seguito del primo ministro Li Keqiang, in occasione dell'Asem e di vari
incontri con le istituzioni e gli imprenditori italiani. E con Class Cnbc e MFMilano Finanza ha fatto il punto sui
rapporti e sulle prospettive di business tra i due Paesi. Domanda. Presidente, l'economia italiana cerca strade
per crescere e le piccole e medie imprese guardano al mercato cinese come una grande opportunità.
Risposta. L'Italia è un Paese all'avanguardia nel mondo delle piccole e medie imprese. Il governo cinese in
questi anni ha molto incoraggiato lo sviluppo delle Pmi cinesi che vanno all'estero. Il mondo della piccola e
media imprenditoria dei due Paesi si caratterizza molto per la complementarietà dei loro punti di forza. Per la
realtà imprenditoriale cinese è importante un'esperienza internazionale, perché devono svilupparsi meglio a
livello tecnologico. Grazie ai trent'anni di crescita e di sviluppo del Paese, però, le nostre aziende dispongono
di fondi e di lavoratori, che sono i nostri punti di forza. A mio avviso è arrivato l'atteso momento di rafforzare la
collaborazione tra le piccole e medie imprese dei due Paesi. Vedo, inoltre, nel sistema pensionistico, di
educazione, della cultura e della sanità un grande spazio di collaborazione. Nonostante le imprese italiane
non abbiano grandi dimensioni, i prodotti italiani sono molto conosciuti nel nostro Paese. Questo è reso
possibile anche grazie alla passione del popolo cinese per la cultura italiana e per il gusto e l'estetica italiana.
È il frutto della stretta relazione commerciale tra i due Paesi. Ora ci sono tante imprese italiane che
desiderano investire in Cina e viceversa, ci sono tante aziende cinesi che vogliono venire in Italia. D. Quale
ruolo può giocare Bank of China per connettere le Pmi italiane con la domanda cinese? R. Bank of China è
una banca importante, con più di cent'anni di storia, in questo contesto vuole giocare un ruolo per creare un
ponte che consenta di aiutare le imprese italiane che vengono in Cina e agevoli il compito alle imprese cinesi
che vengono in Italia. Sono stato nominato presidente del consiglio imprenditoriale cinese in Italia, questo è
un grande riconoscimento e un grande onore per la stessa Bank of China. Ci impegnerà nel lavorare ancora
di più, nel fare del nostro meglio per collegare i due mondi tramite un'ottimizzazione dei nostri servizi, una
migliore trasmissione delle informazioni e la creazione di contatti diretti con enti istituzionali e commerciali.
Grazie a un grande sforzo abbiamo ottenuto dei successi con alcune delle imprese cinesi intenzionate a
cercare partner italiani. Però nel futuro continueremo, c'è ancora molto lavoro da fare. D. Che cosa spinge le
Pmi cinesi verso l'Italia e quelle italiane verso la Cina? R. L'Italia è un Paese affascinante,a me piace molto.
Bank of China è la prima banca presente in Italia e oggi la Bank of China ha una filiale non solo a Milano ma
anche a Roma. La Bank of China ha un buon rapporto con i vostri principali istituti finanziari, le associazioni e
le fondazioni. A mio avviso la cosa più importante è creare un meccanismo di dialogo, per facilitare la
comunicazione tra le imprese dei due Paesi. In collaborazione con gli enti istituzionali abbiamo dato vita a
una serie di attività, come i forum per discutere opportunità di business, organizzare sia la visita delle imprese
italiane da parte nostra, che quella delle aziende cinesi in Cina da parte degli italiani, in modo da promuovere
il rapporto e i contatti tra imprese italiane e cinesi. Le piccole imprese non hanno capacità sufficiente per
avviare un percorso internazionale o anche solo per ricercare opportunità interessanti di business. Da questo
punto di vista abbiamo in programma di avviare una piattaforma per facilitare lo scambio di informazioni su
internet con la riduzione dei costi di comunicazione. Invitiamo le piccole imprese a mettersi in contatto con la
Bank of China,o a mantenere i contatti con noi. La Bank of China è disposta a dare il suo migliore servizio
alle Pmi italiane come alle imprese cinesi. D. Lei ha citato la piattaforma di commercio elettronico business to
business (CCIGMall), che sta partendo in Italia e di cui anche Class Editori, la società che pubblica questo
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INTERVISTA
18/10/2014
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giornale, è partner. Quale ruolo potrà avere nell'avvicinare le Pmi al mercato cinese? R. Penso che ci sia
ancora molta strada da fare, comunque noi cerchiamo accelerare la concretizzazione di questo progetto.
Credo che la sua realizzazione avrà un ruolo molto positivo nella creazione del rapporto commerciale tra
Italia e Cina. Attualmente alcune modalità di lavoro come l'e-commerce sono ancora nella fase di prova e di
studio. D. La Bank of China può giocare un ruolo importante anche per l'internazionalizzazione del renminbi.
Quali saranno i prossimi passi in questa direzione? R. Ci sono sempre più richieste nell'utilizzo di renminbi,
dovute al fatto che la Cina è il primo Paese del commercio globale. E anche dopo la crisi asiatica e la crisi
finanziaria globale, si capisce che per mantenere una stabilità del sistema monetario non si può contare sulla
singola moneta. Il renminbi sarà un protagonista importante insieme al dollaro americano e all'euro. L'uso di
questa moneta può ridurre il rischio del cambio. Il flusso commerciale bilaterale non è di entità rilevante, ad
esempio rispetto alla Francia che è del 22%; in Italia è impiegata solo per il 2%. Però questo significa che nel
futuro esiste una potenzialità enorme. Il renminbi è una moneta stabile e rivalutata di continuo, gli imprenditori
preferirebbero utilizzare questa moneta nei pagamenti internazionali perché può evitare il rischio del cambio e
beneficiare eventualmente di un margine di rivalutazione della moneta. D. Avete incontrato e discusso anche
di questo con il governatore di Banca d'Italia? In che direzione si può concretamente andare? R. Siamo
convinti che il processo di avvicinamento, che stiamo vedendo tra i nostri due Paesi, favorirà lo sviluppo del
renminbi e dunque dell'attività imprenditoriale connessa. D. Quali sono i vantaggi maggiori di avere un conto
in renminbi per gli imprenditori che possono usufruirne? R. Siamo in grado di fornire il nostro servizio su
ampia scala e recentemente sono stati messi in cantiere tanti progetti importanti e il flusso d'investimenti ha
registrato una crescita molto rilevante. Per esempio China State Grid ha acquistato il 35% del capitale di Cdp
Reti e Shanghai Electric ha comprato il 40% delle azioni di Ansaldo Energia. E poi il flusso turistico è
cresciuto fino a raggiungere un numero di 1.5 milioni di persone. Ma tutto questo aumenta l' esigenza di
utilizzare il renminbi e in questo campo la nostra banca può offrire servizi di pagamenti tradizionali come
lettere di credito e altro ancora. Con Inghilterra e Francia la Cina ha già stipulato accordi di collaborazione in
Renminbi e poi Londra e Francoforte hanno tentato di diventare centri off shore del mercato del renminbi. Il
governo cinese spera di vedere sul mercato sempre più prodotti in renminbi in modo da rafforzare il rapporto
commerciale delle imprese tra Cina e gli altri paesi. La settimana scorsa il governo inglese ha emesso per la
prima volta le obbligazioni statali in renminbi. La Bank of China ha un maggiore coinvolgimento in questa
importante iniziativa in qualità di banca incaricata per la promozione della sottoscrizione. Lo sviluppo del
renminbi in questi anni è molto positivo e molto attivo. Ora è diventato la seconda moneta per importanza in
trade finance, la nona per importanza come moneta di transazione e la settima per importanza nei pagamenti
internazionali. Sono convinto che il suo sviluppo potrà portare benefici non soltanto al mondo imprenditoriale
italiano e cinese ma anche al mondo finanziario dei due Paesi. Questa sarà una grande opportunità.
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CINA E ITALIA, I NUMERI DI UNO SVILUPPO POTENZIALE
GRAFICA MF-MILANO FINANZA 3,5 3,4 miliardi di euro 8% 33 miliardi di euro 2,2% 25% 2,4 miliardi 50%
60% 500 miliardi di euro 10 miliardi di euro 17,5% 4 miliardi 650 mila 2 notti 66 mila 65 milioni di euro 102
miliardi di dollari 2008 Sono i miliardi di investimento diretto dei cinesi in Italia fino al 2013 Valore delle
acquisizioni cinesi in Italia nel solo 2014 È la quota italiana degli investimenti diretti cinesi in Europa nel 2013.
Il 25% è andato in Gran Bretagna, l'11% in Francia È il valore del commercio sino-italiano, costituito per 9,9
miliardi di beni provenienti dall'Italia e il resto dalla Cina La percentuale di transazioni globali effettate in
renmimbi, la moneta cinese La percentuale di transazioni globali in renmimbi tra sei anni secondo uno studio
di Deutsche bank, ovvero la stessa dell'euro È l'ammontare di investimenti diretti cinesi in Italia finora operati
nel campo dell'hi-tech. In questo, l'Italia è avanti a Germania e Francia L'Italia, pur esportando tanto in Cina,
esporta la metà di quanto non fa con la Svizzera, e la stessa cifra realizzata con il Belgio È la percentuale del
Pil realizzato in Cina da piccole e medie aziende. Ecco perché, secondo Tian Guoli, presidente di Bank of
China, le pmi italiane hanno forte potenziale di sviluppo in Cina Sono gli investimenti diretti all'estero che i
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Milano Finanza - N.205 - 18 ottobre 2014
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 20/10/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
cinesi hanno in programma nei prossimi cinque anni Il valore degli accordi commerciali siglati in Italia nella
scorsa settimana tra Cina e Italia Percentuale dell'investimento globale in ricerca e sviluppo sostenuto dalla
Cina. Tutta l'Europa pesa per il 21,7% Fatturato delle aziende cinesi in Lombardia nel 2013, realizzato con 6
mila dipendenti È il numero di turisti cinesi previsti arrivare con un visto diretto nei sei mesi dell'Expo nelle
previsioni di Piero Galli, direttore generale di Expo Milano È la media di pernottamento di un turista cinese a
Milano Sono le ditte cinesi operanti in Italia. È l'investimento cinese nei padiglioni dell'Expo di Milano È la
quota globale di shopping attribuibile a turisti cinesi. La metà è spesa in Europa, suddivisa tra Regnu Unito,
Germania, Francia, Italia e Svizzera L'anno di fima del protocollo che permetteva al porto di Taranto di
diventare punta di diamante del traffico container grazie all'investimento della cinese Hutchison Whampoa.
Occorreva dranare i canali del porto per permettere l'arrivo delle navi superportacontainer. Lavori ancora da
iniziare. Il traffico è stato dirottato al Pireo in Grecia
Foto: Tian Guoli
Foto: L'intervista video a Tian Guoli è visibile su milanofinanza.it e sarà trasmessa su Class Cnbc (canale 507
di Sky) sabato alle 13,30 e domenica alle 7,45 e alle 13,05
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Sfida sui video tra Facebook e YouTube
MAURO MASI
La notizia che la Commissione istituita pochi mesi fa dalla Presidenza della Camera presieduta da Stefano
Rodotà ha pubblicato una bozza in 14 punti (13 relativi ai diritti, uno relativo ai criteri «per il governo della
Rete») di una sorta di Costituzione della Rete, è senz'altro positiva.È anche una eccellente notizia che il testo
sarà messo,a partire dal 27 ottobre, in pubblica consultazione sulla Rete. Una prima visura del testo attuale,
in sé molto snello, non evidenzia peraltro particolari novità tecnico-giuridiche, se non la mancanza di una
esplicita tutela della proprietà intellettuale (che in realtà è il tema dei temi che si dibatte a livello
internazionale) e una difesa dell'anonimato sul web che non sembra tenere conto del funzionamento attuale
dei social network. Sono peraltro certo che questi temi saranno approfonditi attraverso la pubblica
consultazione e ribadisco che è comunque importante che una delle massime istituzioni del Paese si ponga,
e per la prima volta, un obiettivo tanto serio. A proposito di nuove tendenze sui social; poche settimane fa
Beyoncé (la celebre cantante-attrice americana) ha postato su Facebook e YouTube un suo video che ritrae il
backstage della sua performance dal vivo al Mtv Video Music Awards. Ebbene nelle prime 24 ore gli utenti di
Facebook hanno guardato il video 2,4 milioni di volte mentre nello stesso periodo solo poche migliaia di utenti
l'hanno visto su YouTube. Questo esempio segnala in maniera chiarissima una tendenza sempre più
accentuata a utilizzare Facebook anche per le condivisioni di filmati e video. Secondo dati provenienti dalla
stessa azienda, sarebbero in media circa 100 milioni i nuovi video che vengono caricati mensilmente su
Facebook. Clamorosa la vicenda dell' Ice Bucket Challenge di questa estate dove, sempre secondo
Facebook, dal 1° giugno al 1° settembre più di 17 milioni di video di persone di ogni estrazione che si
sottoponevano alla doccia ghiacciata sono stati caricati sul social e visti per ben 10 miliardi di volte da più di
440 milioni di utenti di Facebook. Eppure per l'azienda di Mark Zuckerberg, la condivisione dei video è ancora
un esperimento agli inizi (c'è il problema che per molti la visione di un video su smartphone può portare costi
aggiuntivi non irrilevanti) ma che già dimostra la sua incredibile potenzialità. E che potrà compensare un' altra
tendenza che sta emergendo, quella del calo significativo (dal 72 al 45%) dell'uso di Facebook da parte degli
adolescenti ( 13-19 anni) che migrano verso Twitter e Instagram (quest'ultimo sempre di Facebook).
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IL PUNTO
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La gestione sia separata
Andrea Montanari
Cesare Romiti, classe 1923, ha 12 anni in più di Leonardo Del Vecchio, e a differenza del patron di Luxottica
ha fatto sia il manager sia l'imprenditore, seppur di minor successo visto che la holding Gemina e il general
contractor Impregilo non ruotano più nella sfera della sua famiglia da un decennio. Ma dall'alto della sua
esperienza - è sul mercato del lavoro dal lontano 1947, quando entrò nel gruppo Bombrini Parodi Delfino e
tuttora è impegnato in prima linea con la Fondazione Italia-Cina prova a interpretare gli umori dell'industriale
milanese che da Agordo ha conquistato il mondo degli occhiali. Anche perché la situazione che si è venuta a
creare da settembre, ossia quando se n'è andato l'amministratore delegato, Andrea Guerra, dopo 10 anni di
gestione, a oggi (l'uscita del top manager Enrico Cavatorta, la rottura dei rapporti con l'avvocato d'affari
Sergio Erede e il ridimensionamento di molti dirigenti) lambisce il paradossale visto che l'azienda, da sempre
considera un gioiello e un esempio del made in Italy, ora è congelata per questioni di natura meramente
familiare ed ereditaria. Una situazione insostenibile che mette a repentaglio l'indipendenza futura e socchiude
le porte di Agordo a potenziali predatori, Lvmh in testa. Domanda. Presidente Romiti, come giudica il caso
Luxottica? Risposta. Fortunatamente sono problemi che leggo solo sui giornali, perché ai miei tempi non li ho
mai vissuti. E sinceramente non riesco neppure a capacitarmi del fatto che possano accadere. Ma ritengo,
analizzando in linea generale la questione, che l'ideale di gestione in queste multinazionali a controllo
familiare sia la separazione netta dei ruoli tra azionista e management. D. Tradotto, famiglia da un lato e ceo
dall'altra? R. La proprietà deve scegliere uno o più professionisti di fiducia, a seconda della governance, e
affidare loro le chiavi dell'azienda, ritagliandosi un ruolo di puro socio di controllo che periodicamente deve
verificare che le strategie e i numeri siano in linea con gli obiettivi assegnati. E basta. D. Del Vecchio ha
sbagliato a licenziare Guerra, visto che non trova il nuovo ad? R. Non entro nel merito delle scelte di un
industriale del suo calibro, tanto più che come ho già detto sto seguendo la vicenda dalla stampa. Posso
limitarmi a segnalare che la gestione di Guerra ha coinciso con un periodo di successi e risultati crescenti (il
fatturato è balzato da 3 a 7 miliardi, ndr ). Il problema da risolvere è così quello di trovare un nuovo manager
all'altezza. Ma per farlo ci vuole una proprietà unita, non dissociata come leggo. Questo almeno dicono i
numeri della storia r