Intervista a Giorgio Lugaresi
Transcript
Intervista a Giorgio Lugaresi
Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 19/09/2002 n. 29 - EURO 3,00 CESENA N° 1 NOVEMBRE/DICEMBRE 2015 LUGARESI Giorgio L’AVVENTURA DEL CALCIO CRISTIANO FLAMIGNI / Non solo per gioco SALLY GALOTTI / Il sogno in corsia FOTOGRAFI / Nella terra di ghiaccio IN MAGAZINE 3 20 IN MAGAZINE ESSERE L’avventura DEL CALCIO LA STORIA DI GIORGIO LUGARESI, PRESIDENTE DEL CESENA CALCIO, È COSTELLATA DI VITTORIE E SCONFITTE: UN TORNEO GIOCATO ALL’INSEGNA DELLA PASSIONE PER LA VITA. di Francesca Miccoli / ph Valentina Donatini U Un grande condottiero e un uomo ricco di umanità, custodita dietro a una barba sale e pepe propensa a svelare un sorriso cordiale e mai finto: Giorgio Lugaresi, carismatico presidente del Cesena Calcio, è l’antitesi del dirigente sportivo tutto portafogli e niente cervello, come spesso con troppa superficialità è tratteggiato nell’immaginario collettivo. Sessant’anni da poco compiuti e un’intraprendenza ai limiti dell’incoscienza, Lugaresi è un uomo dall’ingegno multiforme. Un passato da costruttore, tour operator e pubblicitario di successo, oggi vive un’esistenza “cannibalizzata” dal calcio, con qualche raro scampolo di tempo da dedicare alla scrittura e alla fotografia. Quattro sono infatti le grandi passioni: il calcio e la caccia, ereditate dal mitico papà Edmeo, la moto e il Tibet, appagate con un lungo peregrinare attraverso l’Asia, tra Pechino e Kathmandu. Nell’elegante sede del Cavalluccio in corso Sozzi, dietro alla scrivania il presidente indossa pantaloni mimetici. Indumenti che sottendono un animo da avventuriero e ne tradiscono il passato temerario, trascorsi che si rinnovano di tanto in tanto quando l’esigenza di scappare, da tutto e da tutti ma mai da se stesso, si fa dirompente. La bella storia di Giorgio Lugaresi prende avvio nel dopoguerra in una Cesena d’altri tempi. “Sono nato nel 1955, ho vissuto la TV in bianco e nero con un canale solo – racconta il presidente –. Quando lo racconterò a mio nipote Adamo, che ha ventitré mesi, di certo non riuscirà nemmeno a immaginare una realtà così lontana. Abitavo in centro, sotto casa c’era un magazzino che commerciava frutta e verdura.” Sono gli anni, verdissimi, in cui sboccia la passione per il calcio. Le prime partite, seguite per radio, sono quelle del Milan, squadra di cui papà Edmeo è tifosissimo. Ma sono altri i colori destinati a far sobbalzare il cuore del piccolo Giorgio. “Lo zio del mio babbo era Dino Manuzzi, per ben sedici anni presidente della società. Incarico successivamente ricoperto da mio padre per ventidue anni, fino all’ictus che ne ha stravolto la IN MAGAZINE 21 vita. Sono nato negli spogliatoi, cresciuto a pane, calcio e caccia.” Gli esordi nell’organigramma societario risalgono al 1982. “L’anno precedente papà assunse la presidenza, io iniziai a curare il settore giovanile.” Nasce così la cantera, un vero e proprio ramo d’azienda. Ed è proprio ai calciatori fatti in casa che Lugaresi si affeziona maggiormente, lui che non è abituato a rifugiarsi in inutili sentimentalismi. “Non ho mai avuto degli idoli, mitizzati perché irraggiungibili. Io vivevo tra i giocatori.” Figlio di uno tra i più importanti esportatori di frutta e verdura in Italia, Giorgio avrebbe potuto adagiarsi sugli allori dei successi famigliari. E invece, risoluto e orgoglioso, sceglie di crearsi un futuro attraverso una solida formazione. “Terminato il liceo scientifico, ho frequentato per tre anni la facoltà di medicina. Poi la mia ragazza rimase incinta e, desideroso di indipendenza, scelsi di andare a lavorare in un’impresa di costruzioni. Ho sempre avuto facilità nel disegnare, mi iscrissi ad architettura e in un anno presi il diploma di geometra.” LA CACCIA È UNO STILE DI VITA, UN MODO DI ESSERE. QUALCOSA DI ATAVICO CHE TI CATTURA L’ANIMA. È BELLO VIVERE LA SOLITUDINE NEL BOSCO, L’ODORE DEL CUOIO E DELLA POLVERE DA SPARO, PREPARARE LA VALIGIA CON I BUCHI RAMMENDATI E LA CARTUCCERA. GIORGIO LUGARESI IN TENUTA DA CACCIA, UNA DELLE SUE GRANDI PASSIONI DI VITA. 22 IN MAGAZINE La carriera di chirurgo, professione idealizzata da bambino sopravvissuto a un serio intervento all’addome, non era nel suo destino. Ma anche il costruttore avrebbe abdicato presto. “Appassionato di pubblicità, mi avvicinai all’universo della comunicazione grazie ad alcuni amici milanesi. Dopo due anni di studi all’ombra della Madonnina, divenni account executive e, assieme a mia moglie e a un amico, diedi vita a un’agenzia con un portafoglio clienti importanti.” Nomi altisonanti al punto da richiamare l’attenzione di una grossa agenzia americana che avanza un’offerta irrinunciabile. Il presidente accetta e per un anno si dedica ai viaggi e alla caccia. Tra una battuta di caccia e l’altra, ecco il disvelarsi di una nuova ispirazione. “All’epoca in Italia c’era un solo tour operator che organizzava escursioni per cacciatori. Proposi allora alla Viaggi Manuzzi di fondare la Manuzzi Caccia. Iniziai a lavorare in piedi, sprovvisto di scrivania e con il solo ausilio di un telefono. Non avevo timore a mettermi in discussione. Ho iniziato pianificando un viaggio in Polonia per ventuno persone, nel 2007 ho ceduto l’attività dopo avere scortato, solo nell’ultimo anno, 1.200 cacciatori con quasi 3.000 cani al seguito”. Ben 5.400 i giorni trascorsi in giro per il globo dal presidente, circa sei mesi all’anno per trent’anni. L’amicizia è un valore fondante nell’esistenza di Lugaresi, che proprio recentemente ha soffiato sulle sessanta candeline assieme a una sessantina di persone care con cui ha condiviso tante emozioni. Tra i numerosi successi, improvvisamente sulla vita del leader del Cavalluccio scende il buio. Un dolore che distrugge i sogni e annienta le speranze, minando il futuro. “Nel 2007 ho perso mia moglie Donatella. Abbiamo affrontato assieme venti mesi di malattia. Dopo la sua morte, ho deciso di uscire dai riflettori. Ho lasciato tutto: il tour operator, il Cesena, la Lega calcio in cui rivestivo le cariche di presidente di B e vice di A e B.” È l’esigenza di solitudine a far scomparire dai radar Giorgio, che trascorre lunghi mesi tra boschi e montagne, tende e safari. Un’emarginazione volontaria, alleggerita solo dalla vicinanza di qualche vero amico. E dal recupero di uno splendido rapporto con il figlio, noto web designer. “In principio abbiamo rispettato il reciproco dolore stando vicini con la mente, ma lontani fisicamente. Poi nel 2009 abbiamo trascorso ventuno giorni assieme condividendo un viaggio in moto in Nepal.” È il lento ritorno alla vita. “Quando sei sfiorato dalla morte, diventi più saggio ma anche più fragile.” Segue una confessione di straripante umanità. “Durante la malattia di Donatella non ho mai chiesto a Dio di salvarla. Non mi sembrava giusto. Adesso mi sento più vicino alla fede, sono convinto che la vita non finisca qui.” La ripresa delle attività parte dall’acquisto delle quote di un Cesena ormai sull’orlo del baratro. “Ci è voluta una grande incoscienza a rilevare la proprietà di una squadra inde- 24 IN MAGAZINE bitata per molti milioni di euro. Ma è prevalsa la determinazione: assieme ai soci mi sono lanciato in una missione impossibile.” Dal papà Edmeo Giorgio non ha ereditato il carattere esplosivo ma una “dote spiazzante. Nelle difficoltà riusciva a estraniarsi, non farsi coinvolgere dal turbinio degli eventi, sapeva vedere i problemi da una prospettiva unica e diversa”. Una qualità indispensabile per risollevare una realtà aziendale in cui decreti ingiuntivi e minacce di fallimento sono all’ordine del giorno. Il numero uno del Cesena vive la partita con un’emotività forte ma silenziosa. Arriva poco prima dei match e scappa subito dopo per evitare i commenti espressi ad animi poco sereni. Ha grande rispetto dei ruoli e dei propri collaboratori. Con i giocatori è un buon pater familias, non esistono figli e figliastri ma un preciso rispetto dei ruoli è doveroso. Il presidente non ha mai indossato gli scarpini – “In realtà una volta ho vinto il titolo di capocannoniere nel torneo dei bar. Ero attaccante con il numero 2.” – ma è appassionato di sport, praticati come il tiro al piattello – “Ho partecipato a un mondiale e credevo di vincere ma, sconfitto, mi sono ritirato” –, oppure seguiti da spettatore – “Amavo il ciclismo fino a quando correva Pantani, mi piace la moto GP”. La stagione calcistica è iniziata sotto i migliori auspici. “È un anno di grandi cambiamenti, che hanno coinvolto allenatore, staff tecnico e molti giocatori. Per ora abbiamo centrato gli obiettivi con un gruppo giovane ma di qualità e grande personalità. Possiamo solo crescere.” La promozione è più di una speranza. Un traguardo da celebrare in famiglia, al fianco della moglie Francesca, amorevole artefice e testimone di una serenità ritrovata. SIAMO UN GRUPPO STRAORDINARIO, CEMENTATO DA UN GRANDE SPIRITO DI CORPO, SEMPRE IN CONTATTO TRA NOI. NON CHIEDO MAI LA FORMAZIONE ALL’ALLENATORE, UNA MIA GESTUALITÀ ANCHE INVOLONTARIA POTREBBE CONDIZIONARNE LE SCELTE.