Intervista a Giorgio Lugaresi

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Intervista a Giorgio Lugaresi
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CESENA
N° 1 NOVEMBRE/DICEMBRE 2015
LUGARESI
Giorgio
L’AVVENTURA DEL CALCIO
CRISTIANO FLAMIGNI / Non solo per gioco
SALLY GALOTTI / Il sogno in corsia
FOTOGRAFI / Nella terra di ghiaccio
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ESSERE
L’avventura
DEL CALCIO
LA STORIA DI GIORGIO LUGARESI, PRESIDENTE DEL CESENA CALCIO,
È COSTELLATA DI VITTORIE E SCONFITTE: UN TORNEO GIOCATO
ALL’INSEGNA DELLA PASSIONE PER LA VITA.
di Francesca Miccoli / ph Valentina Donatini
U
Un grande condottiero e un
uomo ricco di umanità, custodita dietro a una barba sale e pepe
propensa a svelare un sorriso cordiale e mai finto: Giorgio Lugaresi, carismatico presidente
del Cesena Calcio, è l’antitesi
del dirigente sportivo tutto portafogli e niente cervello, come
spesso con troppa superficialità
è tratteggiato nell’immaginario
collettivo. Sessant’anni da poco
compiuti e un’intraprendenza ai
limiti dell’incoscienza, Lugaresi
è un uomo dall’ingegno multiforme. Un passato da costruttore,
tour operator e pubblicitario di
successo, oggi vive un’esistenza
“cannibalizzata” dal calcio, con
qualche raro scampolo di tempo
da dedicare alla scrittura e alla
fotografia. Quattro sono infatti
le grandi passioni: il calcio
e la caccia, ereditate dal mitico
papà Edmeo, la moto e il Tibet,
appagate con un lungo peregrinare attraverso l’Asia, tra Pechino e
Kathmandu. Nell’elegante sede
del Cavalluccio in corso Sozzi,
dietro alla scrivania il presidente
indossa pantaloni mimetici. Indumenti che sottendono un animo
da avventuriero e ne tradiscono il
passato temerario, trascorsi che si
rinnovano di tanto in tanto quando l’esigenza di scappare, da tutto
e da tutti ma mai da se stesso, si fa
dirompente.
La bella storia di Giorgio Lugaresi prende avvio nel dopoguerra in
una Cesena d’altri tempi. “Sono
nato nel 1955, ho vissuto la TV in
bianco e nero con un canale solo
– racconta il presidente –. Quando lo racconterò a mio nipote
Adamo, che ha ventitré mesi, di
certo non riuscirà nemmeno a
immaginare una realtà così lontana. Abitavo in centro, sotto casa
c’era un magazzino che commerciava frutta e verdura.” Sono gli
anni, verdissimi, in cui sboccia la
passione per il calcio. Le prime
partite, seguite per radio, sono
quelle del Milan, squadra di cui
papà Edmeo è tifosissimo.
Ma sono altri i colori destinati a
far sobbalzare il cuore del piccolo
Giorgio. “Lo zio del mio babbo
era Dino Manuzzi, per ben sedici
anni presidente della società. Incarico successivamente ricoperto
da mio padre per ventidue anni,
fino all’ictus che ne ha stravolto la
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vita. Sono nato negli spogliatoi,
cresciuto a pane, calcio e caccia.”
Gli esordi nell’organigramma societario risalgono al 1982. “L’anno precedente papà assunse la
presidenza, io iniziai a curare il
settore giovanile.” Nasce così la
cantera, un vero e proprio ramo
d’azienda. Ed è proprio ai calciatori fatti in casa che Lugaresi si affeziona maggiormente, lui che non è abituato a
rifugiarsi in inutili sentimentalismi. “Non ho mai avuto degli
idoli, mitizzati perché irraggiungibili. Io vivevo tra i giocatori.”
Figlio di uno tra i più importanti esportatori di frutta e verdura
in Italia, Giorgio avrebbe potuto
adagiarsi sugli allori dei successi famigliari. E invece, risoluto
e orgoglioso, sceglie di crearsi
un futuro attraverso una solida
formazione. “Terminato il liceo
scientifico, ho frequentato per tre
anni la facoltà di medicina. Poi la
mia ragazza rimase incinta e, desideroso di indipendenza, scelsi di
andare a lavorare in un’impresa
di costruzioni. Ho sempre avuto
facilità nel disegnare, mi iscrissi
ad architettura e in un anno presi
il diploma di geometra.”
LA CACCIA È UNO STILE DI VITA,
UN MODO DI ESSERE. QUALCOSA
DI ATAVICO CHE TI CATTURA
L’ANIMA. È BELLO VIVERE
LA SOLITUDINE NEL BOSCO,
L’ODORE DEL CUOIO E DELLA
POLVERE DA SPARO, PREPARARE
LA VALIGIA CON I BUCHI
RAMMENDATI E LA CARTUCCERA.
GIORGIO LUGARESI IN TENUTA
DA CACCIA, UNA DELLE SUE
GRANDI PASSIONI DI VITA.
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La carriera di chirurgo, professione idealizzata da bambino sopravvissuto a un serio intervento all’addome, non era nel suo
destino. Ma anche il costruttore
avrebbe abdicato presto. “Appassionato di pubblicità, mi avvicinai all’universo della comunicazione grazie ad alcuni
amici milanesi. Dopo due anni di
studi all’ombra della Madonnina,
divenni account executive e, assieme
a mia moglie e a un amico, diedi
vita a un’agenzia con un portafoglio clienti importanti.” Nomi altisonanti al punto da richiamare
l’attenzione di una grossa agenzia
americana che avanza un’offerta
irrinunciabile. Il presidente accetta e per un anno si dedica ai
viaggi e alla caccia.
Tra una battuta di caccia e l’altra, ecco il disvelarsi di una nuova ispirazione. “All’epoca in Italia c’era un solo tour operator che
organizzava escursioni per cacciatori. Proposi allora alla Viaggi
Manuzzi di fondare la Manuzzi Caccia. Iniziai a lavorare in
piedi, sprovvisto di scrivania e
con il solo ausilio di un telefono.
Non avevo timore a mettermi in
discussione. Ho iniziato pianificando un viaggio in Polonia per
ventuno persone, nel 2007 ho
ceduto l’attività dopo avere scortato, solo nell’ultimo anno, 1.200
cacciatori con quasi 3.000 cani
al seguito”. Ben 5.400 i giorni
trascorsi in giro per il globo dal
presidente, circa sei mesi all’anno
per trent’anni.
L’amicizia è un valore fondante nell’esistenza di Lugaresi, che proprio recentemente
ha soffiato sulle sessanta candeline assieme a una sessantina di
persone care con cui ha condiviso
tante emozioni.
Tra i numerosi successi, improvvisamente sulla vita del leader del Cavalluccio scende il
buio. Un dolore che distrugge i
sogni e annienta le speranze, minando il futuro. “Nel 2007 ho perso mia moglie Donatella. Abbiamo affrontato assieme venti mesi
di malattia. Dopo la sua morte,
ho deciso di uscire dai riflettori.
Ho lasciato tutto: il tour operator,
il Cesena, la Lega calcio in cui
rivestivo le cariche di presidente
di B e vice di A e B.” È l’esigenza
di solitudine a far scomparire dai
radar Giorgio, che trascorre lunghi mesi tra boschi e montagne,
tende e safari. Un’emarginazione
volontaria, alleggerita solo dalla
vicinanza di qualche vero amico.
E dal recupero di uno splendido
rapporto con il figlio, noto web
designer. “In principio abbiamo rispettato il reciproco dolore
stando vicini con la mente, ma
lontani fisicamente. Poi nel 2009
abbiamo trascorso ventuno giorni
assieme condividendo un viaggio
in moto in Nepal.” È il lento ritorno alla vita. “Quando sei sfiorato
dalla morte, diventi più saggio
ma anche più fragile.” Segue una
confessione di straripante umanità. “Durante la malattia di Donatella non ho mai chiesto a Dio di
salvarla. Non mi sembrava giusto.
Adesso mi sento più vicino alla
fede, sono convinto che la vita
non finisca qui.”
La ripresa delle attività parte
dall’acquisto delle quote di
un Cesena ormai sull’orlo
del baratro. “Ci è voluta una
grande incoscienza a rilevare la
proprietà di una squadra inde-
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bitata per molti milioni di euro.
Ma è prevalsa la determinazione:
assieme ai soci mi sono lanciato in una missione impossibile.”
Dal papà Edmeo Giorgio non
ha ereditato il carattere esplosivo
ma una “dote spiazzante. Nelle
difficoltà riusciva a estraniarsi,
non farsi coinvolgere dal turbinio
degli eventi, sapeva vedere i problemi da una prospettiva unica e
diversa”. Una qualità indispensabile per risollevare una realtà
aziendale in cui decreti ingiuntivi e minacce di fallimento sono
all’ordine del giorno.
Il numero uno del Cesena vive
la partita con un’emotività
forte ma silenziosa. Arriva
poco prima dei match e scappa
subito dopo per evitare i commenti espressi ad animi poco sereni. Ha grande rispetto dei ruoli
e dei propri collaboratori. Con
i giocatori è un buon pater familias, non esistono figli e figliastri
ma un preciso rispetto dei ruoli
è doveroso. Il presidente non ha
mai indossato gli scarpini – “In
realtà una volta ho vinto il titolo
di capocannoniere nel torneo dei
bar. Ero attaccante con il numero
2.” – ma è appassionato di sport,
praticati come il tiro al piattello –
“Ho partecipato a un mondiale e
credevo di vincere ma, sconfitto,
mi sono ritirato” –, oppure seguiti
da spettatore – “Amavo il ciclismo fino a quando correva Pantani, mi piace la moto GP”.
La stagione calcistica è iniziata sotto i migliori auspici.
“È un anno di grandi cambiamenti, che hanno coinvolto allenatore, staff tecnico e molti giocatori. Per ora abbiamo centrato gli
obiettivi con un gruppo giovane
ma di qualità e grande personalità. Possiamo solo crescere.”
La promozione è più di una speranza. Un traguardo da celebrare
in famiglia, al fianco della moglie
Francesca, amorevole artefice e
testimone di una serenità ritrovata.
SIAMO UN GRUPPO
STRAORDINARIO, CEMENTATO
DA UN GRANDE SPIRITO DI
CORPO, SEMPRE IN CONTATTO
TRA NOI. NON CHIEDO MAI LA
FORMAZIONE ALL’ALLENATORE,
UNA MIA GESTUALITÀ ANCHE
INVOLONTARIA POTREBBE
CONDIZIONARNE LE SCELTE.