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Università degli Studi di Siena
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea Magistrale in Antropologia e Linguaggi dell’immagine
(Ri)conoscersi Indigeni
Strategie di costruzione dell’identità aborigena dei fumetti H.A.N.
di
Francesco Tassi
Tesina per il Laboratorio di Teoria dell’Immagine
Prof. Omar Calabrese
a.a. 2012/2013
Introduzione
Nell’era della globalizzazione, si sta affermando una crescente centralità antropologica della
visione, attraverso le forme di rappresentazione per immagini, come modalità di rapporto con
l’Altro. L’alterità si è trovata ingabbiata nella reificazione di diversità particolari, con le quali risulta
impossibile attivare un dialogo, in una simmetria logica di confronto reciproco. Sussidio primario di
questa stereotipizzazione dell’Altro di fronte a noi è stata l’immagine (Marani 2002: p.139).
Esistono una varietà di caratteri per presentare lo straniero, colui che è egualmente soggetto
all’esotismo e alla stigmatizzazione dello sguardo occidentale sull’Altro, che rappresenta
un’ambiente culturale estraneo: il barbaro, lo zingaro, l’ebro, il Nero, l’Indiano.
La figura dell’Indiano, che analizzeremo in questa ricerca, è ben radicata nell’immaginario
americano e, attraverso l’eco dei mezzi di comunicazione di massa, anche in quello italiano. L’
immagine del Nativo come essere primitivo, violento e subdolo o passivo e sottomesso (fig.1), si
sono diffuse in film, programmi televisivi, e in letteratura , nei libri come nei fumetti. Nella cultura
popolare , la costruzione dell’ “indiano” dei film Western di Hollywood, ha educato (e diseducato)
generazioni di giovani spettatori circa la natura della differenza culturale e le storie delle nazioni
coloniali come Stati Uniti e Canada (Hearne:2008) . L'etichetta di " indiano " ha ridotto i membri di
centinaia di estremamente diverse nazioni, tradizioni e lingue in una singola identità collettiva.
Storicamente nell’immaginario coloniale, l’" indianità " è servita come una costruzione dell'Altro
come selvaggio, primitivo, feroce - tutto ciò che è considerato contrario alla " civiltà bianca"
(Doxtator, 2011: p 32).
I fumetti, il media che prenderemo ad oggetto di questa analisi, sono stati a lungo criticati per essere
un catalizzatore di stereotipi etnici che favoriscono l' ideologia della razza. Anche se questo non è
più vero per il fumetto che per altri media, si può dire che gli stereotipi e le caricature hanno nel
fumetto la funzione di segni che semplificano le informazioni in modo da renderle immediatamente
fruibili da parte del lettore (Barbieri 1991; p.17).
Lo stereotipo degli indiani , come è stato creato dai mass media è stato anche diffuso nel mondo dei
fumetti. Lo studioso Nativo-americano Michael Sheyahshe (membro della nazione Caddo), ha
scritto un esteso resoconto su come i Nativi-americani sono rappresentati nei fumetti , analizzando
sia gli editori mainstream, come Marvel e DC , che le piccole produzioni indipendenti. Secondo la
2
ricerca di Sheyahshe, nel mondo del fumetto, mentre nuove forme di media sono emerse, l'esistenza
di stereotipi rimane invariata: lo stereotipo indiano appare confermato nella maggior parte dei
fumetti non-Aborigeni. Come negli altri media di mass, gli Aborigeni sono stati spesso
rappresentati come persone che vivono al di fuori della “civiltà”. Nei fumetti giocano di solito ruoli
negativi come cattivi e servi, sono messi da parte nell’ intreccio principale come osservatori
neutrali o vittime, o vengono idealizzati come “buoni selvaggi”.
In tempi recenti, l’appropriazione da parte delle popolazioni Indigene dei mezzi di comunicazione
di massa, ha permesso alle persone Native di rappresentare se stessi e di esercitare controllo sulle
modalità di riproduzione della propria immagine. Nel mondo del fumetto la comparsa di “fumetti
Aborigeni” non è neutra. La principale caratteristica di questi fumetti non sta nell’essere prodotti da
persone Native , ma
nel loro utilizzo come supporti per recuperare e rivendicare continuità
culturale della popolazione Indigena come distinta e non assimilabile a quella delle nazioni
coloniali, oltre ad essere strumento per l’auto-rappresentazione, all’intersezione di educazione e
intrattenimento.
Molti sono già i titoli “certified Aboriginal”: per limiti di spazio qui prenderemo in considerazione
solamente quelli prodotti dall’organizzazione HAN, considerando questi fumetti, dal punto di vista
dell’analisi testuale che proporremo, come oggetti teorici che presentano una rappresentazione
dell’identità Indigena, soggiacente alla dimensione estetica del testo.
Quali elementi nel testo del fumetto promuovono la costruzione della “Aboriginalità”? Nella
presente ricerca, mi concentrerò sulle strategie di costruzione dell’ identità Aborigena nei fumetti
HAN, mettendo in relazione i testi visivi-verbali del fumetto e il contesto socioculturale dei giovani
indigeni del Canada. In questa analisi, pur avvalendomi degli strumenti analitici derivati dalla
semiotica del testo per descrivere il fumetto, adotterò un approccio antropologico influenzato da
una interpretazione iconologica. L’ “iconologia culturale”, è secondo la definizione di Antonio
Marazzi, “l’analisi delle espressioni visive nel loro aspetto formale e nel loro significato
culturalmente specifico, della loro efficacia simbolica, del potere emotivo, della rappresentatività
ideologica, degli stili e delle regole espressive, delle funzioni e dei relativi codici comunicativi
espliciti o criptici, delle relazioni con il contesto sociale allargato o ristretto a cui si rivolgono e
delle eventuali regole sociali applicate, contestate od infrante (Marazzi 2002: p. 151)”.
Basandomi sull’analisi del corpus a fumetti nel suo insieme e sostenendo la mia analisi sulla base di
esempi specifici, cercherò di individuare la teoria dell’ ”Aboriginalità” soggiacente ai fumetti
“certified aboriginal”. Inizierò quindi a trattare i caratteri distintivi che identificano gli “Aboriginal
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comics”, contrapposti agli “indian comics”. In secondo luogo, presenterò le strategie testuali e le
pratiche pre-testuali utilizzate da HAN per certificare come “Aboriginal comics”(fig.1) i suoi
prodotti e per stimolare il coinvolgimento del lettore nella storia a fumetti. Fra queste tattiche, mi
sono concentrato in particolare sull’inversione della marginalizzazione; la moltiplicazione dei ruoli
Indigeni; la riformulazione della autenticità culturale; la narrazione terapeutica.
Nel loro insieme queste tattiche, orientate ad esercitare un rafforzamento identitario sul lettore
indigeno (dato per presupposto), contribuiscono alla costruzione di un immaginario Indigeno
alternativo dal potenziale interculturale. In conclusione, si pone la questione che nell’era della
globalizzazione, i “fumetti Aborigeni” possano diventare oggetto di sguardi di lettori appartenenti a
contesti culturali “non Indigeni”.
1. Ai margini della storia / la storia dei margini
The Healthy Aboriginal Network1 (HAN), è un’organizzazione non profit fondata con l’obiettivo di
promuovere l’alfabetizzazione e il benessere della popolazione Aborigena del Canada. La sua
attività si è indirizzata specialmente alla diffusione di conoscenze e consapevolezza su temi come
la salute mentale, la sessualità, l’uso di droghe, la gravidanza infantile ed altri, presso i giovani ed
adolescenti Indigeni. Ciò che distingue quest’organizzazione di Vancouver da tante altre dedicate al
supporto dato alla gioventù Nativa in Canada, è l’uso del fumetto come media privilegiato per la
comunicazione con la gioventù Indigena urbana e residente nelle riserve, oggi in fase di grande
crescita demografica ma secondo le statistiche significativamente più esposta a comportamenti a
rischio come il suicidio, l’abuso di alcolici, di droghe e alle malattie sessualmente trasmissibili2.
Secondo il fondatore di HAN, Sean Muir, da me intervistato, il linguaggio del fumetto è
stato scelto per la sua capacità di veicolare informazioni più rapidamente ed efficacemente di altri
1
The Healthy aboriginal network has been founded in 2006 by Sean Muir and received the support of
Vancouver Coastal Health. Since its birth thirteen comic books have been released and they are presently
working on new releases. Before their release, the comics are evaluated by the National Association of
Friendship Centers and are then printed in about 30.000 copies for each volume and distributed across
Canada and US . Their comics can be found in schools, in aboriginal youth association, and in other
educational spaces.
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Fonti: TARP. Toronto Aboriginal Research Project Final report. Commissionata da Toronto
Aboriginal Support Service Council. 4
media, combinando elementi di vari linguaggi, sia visivi che testuali. Il formato del fumetto
presenta un duplice vantaggio: da una parte permette di integrare le informazioni di carattere
tecnico (ad esempio dove trovare assistenza psicologica, come uscire da una gang di strada, come
gestire relazioni sessuali sicure etc.) all’interno di una cornice narrativa; dall’altra di creare storie
efficaci e coinvolgenti che affrontano le scelte e le problematiche che gli adolescenti vivono come
esperienze diretta.
Dietro alla genesi di un fumetto Han, e delle sua presentazione come “certified aboriginal”,
vi è una tessitura di relazioni escluse ed insieme implicate dal testo del fumetto strictu senso. Ogni
volume a fumetti è il risultato di una mediazione fra le aspirazioni dell’editor e fondatore del
progetto HAN, Sean Muir, le esigenze dettate dagli organi istituzionali (Justice Canada; Health and
Social services dei Nortwest Territories; British Columbia etc…) gli autori dei disegni, dei testi,
delle copertine, del lettering e l’esperienza dei lettori. Il tentativo di incorporare nella storia
l’esperienza dei futuri lettori è ciò che contraddistingue i fumetti HAN come “aborigeni”.
L’attenzione a questo aspetto – la connessione con l’esperienza dei lettori - è il tratto distintivo di
questi fumetti: HAN prima di produrre un fumetto organizza “focus groups” per testare la “presa”
della storia rispetto al suo pubblico. Agli adolescenti viene presentato un DVD che raccoglie una
versione preliminare della storia del fumetto in forma di “animatics” (immagini ancora a matita in
successione, “animate” dai movimenti della telecamera e arricchite da elementi vocali e
sonorizzazioni delle onomatopee del fumetto). I feedback raccolti nel processo di verifica della
trama iniziale vengono poi integrati nel prodotto finale, garantendo così il livello di realismo delle
storie. Sondando i gusti del pubblico, HAN si assicura così l’interesse dei futuri lettori.
Il primo elemento da considerare come tattica di costruzione del carattere identitario
Aborigeno - dunque - non è rintracciabile all’interno del testo visivo-verbale del fumetto, ma ai suoi
margini. Nondimeno, le informazione che si ricavano da ciò che precede e segue le pagine del
fumetto vero e proprio, sono essenziali nel ricostruire un aspetto del testo che resta invisibile al
processo generativo del senso greimasiano applicabile anche alle lettura del fumetto come testo
semiotico. Stiamo parlando del processo produttivo implicato nell’esistenza e nella diffusione del
fumetto, nella sua dimensione di artefatto comunicativo che coinvolge una pluralità di attori e
“punti di vista” sopra menzionati. La certificazione della “Aboriginalità” si basa anche infatti sulla
garanzia che la trama delle relazioni intrattenute nella fase di produzione sia integralmente o
principalmente Aborigena.
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2. Abitare nel racconto
Il secondo elemento da considerare, è il tentativo di inclusione del punto di vista del lettore
Indigeno attraverso la pratica dei focus groups preventivi sopracitati. Il potere, garantito dalle
organizzazioni che finanziano la realizzazione delle opere, manifesta preliminarmente alla modalità
attualizzante del fare, il voler sapere il “punto di vista” dei futuri lettori. Il fare del fumetto, si
avvicina così alla pratica etnografica, registrando il senso di esperienze altrui nel linguaggio della
narrazione per immagini. Questa inclusione è fondamentale ai fini di favorire il riconoscimento del
lettore nella storie e la sua identificazione con i personaggi rappresentati.
La forza del fumetto infatti si fonda sul riconoscimento, sulla relazione che si instaura fra la
selezione di segni grafici che rappresenta un aspetto del mondo e la memoria esperienziale che il
lettore ha di quell’aspetto. Tanto maggiore è l’aderenza semantica dell’esperienza interiorizzata dal
lettore con il complesso di segni posti in sequenze appartenenti ai diversi codici che compongono il
linguaggio ibrido del fumetto (linguaggi dell’immagine come illustrazione, caricatura, pittura,
grafica, fotografia, cinema; ma anche linguaggi della temporalità come poesia, musica e letteratura
(Barbieri 1991: p.7)), tanto maggiore sarà la sua reattività cognitiva nel decodificare i percetti
iscritti nel testo-fumetto. Pertanto, sta all’abilità degli artisti e degli sceneggiatori la capacità di
architettare nel mondo di segni del fumetto una simulazione verosimile di quell’ambiente di vita
dove si svolgono le esperienze degli adolescenti Indigeni, affinché i messaggi codificati fra le
pagine abbiano un effetto performativo nel mondo reale.
Il progetto di ricostruzione di un mondo familiare e realistico, da rendere “abitabile”
dall’immaginazione dei lettori si articola similmente sia sul piano plastico/spaziale che su quello
narrativo/ temporale.
Nel primo caso, le scelte relative all’ambientazione sono di primaria importanza: la riserva; la
scuola, (“Darkness Call”; “Kiss me deadly”), il parco giochi, la casa, (“Just a story”), il Community
Centre, la strada, il carcere (“Dropping the flag”). Si tratta di luoghi realistici e quotidiani dove si
svolge la vita dei ragazzi Indigeni. Nel caso delle strutture narrative, i temi devono risultare
egualmente familiari ai lettori: abbandono, solitudine, litigi in famiglia (“Just a story”), depressione
e tentativi di suicidio (“Darkeness Call”), l’aggressività dei cani randagi nelle riserve (“The gift”),
lo spaccio e uso di droga, risse fra gang e violenza di strada (“Dropping the flag”), rapporti sessuali
a rischio e litigi fra amici (“Kiss me deadly”) etc..
La composizione dei personaggi è un’altra questione fondamentale. Poiché i fumetti, secondo
Sheyahshe, "offrono una visione del mondo di un ampio segmento della popolazione americana"
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(Sheyahshe: 2008 p.191), soprattutto quelli rivolti ai giovani hanno un ruolo decisivo nel processo
di inculturazione attraverso le immagine che avviene nell’infanzia e nell’adolescenza. In quanto
rappresentazioni etniche e di genere, i fumetti hanno spesso impiegato immagini semplicistiche che
rivelano la presenza di un soggiacente discorso razzista. Attraverso il filtro del fumetto, avviene la
trasmissione di nozioni di razzismo, tradizione, "autenticità culturale", auto-rappresentazione, che
formano il sostrato valoriale di molte storie a fumetti.
La stessa ideologia razziale è alla base della costruzione dell’ "indianità". I fumetti mainstream
hanno la tendenza a rappresentare personaggi Indigeni in un numero molto limitato di ruoli e
fisionomie. E’ qui sufficiente citare il caso emblematico dei Supereroi. Secondo, Sheyahshe i
Supereroi indigeni rientrano più facilmente in alcune categorie. Ad esempio, nel genere popolare
del “fumetto con Supereroi”, i personaggi Nativi sono più spesso aiutanti asserviti all’eroe
principale (solitamente bianco) che eroi nel loro diritto (Sheyahshe , 2008: p.189). Un altro tema
ricorrente nei fumetti mainstream è quello di un non-Nativo trasformato completamente in
Indigeno, definito come "Sindrome del Mohicano" , prendendo un prestito dal famoso romanzo
romantico di James Fenimore Cooper, "L' ultimo dei Mohicani"(Sheyahshe , 2008: p.13). Il mito
del "White -man- become - indian" nella cultura popolare ha avuto una diffusione mondiale, ben al
di fuori dei confini del Nord America . Un esempio ne è il fumetto italiano" Magico Vento " (fig.3),
in cui il protagonista , Ned Ellis , è un "indiano" bianco, un rinnegato che viene accettato nella tribù
Sioux, dove viene infine riconosciuto come un guerriero "Nativo" e
sciamano. Queste false
dichiarazioni circa i popoli Indigeni, hanno esercitato un’influenza sia pedagogicamente che
ideologicamente nell’autorappresentazione degli adolescenti.
Nei fumetti “Aborigeni”, invece, i protagonisti non sono bianchi, né tantomeno Supereroi, ma
adolescenti Nativi alle prese con problemi quotidiani, dall’integrarsi nella classe, ad affrontare
situazioni famigliari difficili. I personaggi “bianchi” possono essere del tutto assenti, come in “The
gift” o ricoprire ruoli marginali come “comparse”. Nel fumetto “Kiss me deadly” appare solamente
una receptionist “bianca”, mentre in “Dropping the flag” sono “bianche” alcune figure istituzionali,
come il Preside che consegna la laurea al protagonista, Gary (e probabilmente la polizia che lo
arresta, dal volto mascherato). In “Just a story”, invece il loro ruolo è più importante, perché la
storia si svolge in una scuola mista, al di fuori dell’ambiente della riserva che fa da sfondo a “Kiss
me Deadly” e “the Gift”. La funzione dei personaggi “bianchi” è comunque sempre dipendente
dalla presenza dell’eroe nativo, ora come aiutanti (la maestra di Wendy), nemici (l’allenatore di
football) o amici (il miglior amico di Adam).
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Se cambiano le identità dei protagonisti, ciò che permane nei fumetti Han è invece una modalità di
rappresentazione dei protagonisti tipica del fumetto: la caricatura. Se infatti è vero che la caricatura
deforma i dati fisionomici e le tassonomie del volto, allentandoli da una rappresentazione
verosimile, questo lo fa per enfatizzarne l’espressività. La deformazione è funzionale al
coinvolgimento del lettore, che entra nel mondo del fumetto identificandosi con i protagonisti della
storia. Nel linguaggio del fumetto infatti, la semplificazione del disegno, che costituisce
un’applicazione concreta ai problemi teorici della rappresentazione, dà significato solamente ai
tratti importanti al fine del racconto o dell’identificazione col personaggio, che deve rimanere in
una certa misura iconico, affinché ogni lettore possa indossare la sua “maschera” e coinvolgersi
nella storia narrata (Barbieri, p.18).
Un ultimo aspetto da considerare nella (ri)costruzione di un “ambiente familiare” nel fumetto è
quello del testo verbale. Nei fumetti HAN , i personaggi non parlano l’inglese stentato di Tonto ,
ma lo slang dei colloqui informali fra adolescenti. La lingua in uso fra i giovani è riprodotta nel
fumetto nella maniera più fedele possibile, anche grazie al ricorso ai focus Groups, fino al punto
limite di dover produrre due edizioni dello stesso fumetto: una censurata (per tutti) e una con
l’avvertenza in copertina dell’ uso del linguaggio esplicito, nella quale abbondano termini
normalmente censurati nei mass media rivolti ai giovani.
3. Tradizione nella modernità e modernità della tradizione
L’immaginario colonialista si serve dell’immagine dell’autenticità dell’altro per alimentare il
proprio immaginario, negando il diritto dell’Altro alla Storia e al mutamento: la sua ibridazione.
(Marazzi 2002; p.137).
Il ruolo degli Indigeni nei fumetti mainstream non è stato solamente limitato in termini di ruoli di
azione nelle storie, ma anche in termini di coordinate spazio-temporali della rappresentazione.
Secondo Sheyahshe, troppi personaggi indigeni sono rimasti fossilizzati nel passato, come
“reliquie” del Vecchio West , come i personaggi popolari Lupo Rosso (fig.4) , Scalphunter e Tonto
(Sheyahshe , 2008: p.94). Come nel caso del genere Supereroe , la ricorrenza di certi schemi
conducono Sheyahshe a comprendere che i nativi sono stati trattati in modo diverso rispetto agli
altri supereroi non-Indigeni: il loro ruolo nelle storie era significativamente limitato sia in termini di
spazio che in termini di complessità del personaggio, che doveva necessariamente essere
caratterizzato da (falsi) elementi di "autenticità indiana" per essere distinto come personaggio
“etnico”.
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La feticizzazione dell’ "autenticità indiana” nei fumetti ci portano a una più approfondita analisi
della ideologia razzista che sta dietro la costruzione dell'identità Indigena su una nozione distorta
della tradizione Nativa nel contesto della politica coloniale del Nord-America. Come Barker avvisa,
"Nativo" e "tradizione" sono costruzioni relazionali, che funzionano all’interno delle contestazioni
del potere politico in atto tra i popoli Indigeni e il governo federale. Questo non significa che
l'identità Aborigena sia un costrutto o un'invenzione. Tuttavia il mutamento sociale tra il periodo
pre-coloniale e il tempo presente fanno sì che la tradizione stessa si sia trasformata, sebbene per le
popolazioni Indigene sia oggi ancorata nel presente come nel passato.
Mentre altri fumetti prodotti da autori Indigeni (“Seven Generations” è uno dei più noti in
Canada) sono strutturati attorno ad alcuni miti e immagini tradizionali (piume, arco e frecce, tepee ,
riti di passaggio, miti e simboli tradizionali che sono ricorrenti nell’immaginario dell’ “indiano”
autentico), nei fumetti Han queste non hanno mai un ruolo centrale. Quando indicatori della
tradizione sono presenti, essi si riferiscono ad un’epoca passata, oppure vengono derisi o vengono
riarticolati in un modo che esprime la loro relazione con il presente.
Gli indicatori di "autenticità culturale" nei fumetti mainstream, sono qui presentati all’interno della
cornice distanziatrice del flashback di un tempo lontano, precedente al contatto coloniale. L’
abbigliamento tradizionale appare solo quando sono presi in considerazione i ricordi degli antenati,
mentre i personaggi del presente non presentano spesso indicatori esterni della loro “Aboriginalità”.
Analizziamo, a titolo di esempio, “Kiss me deadly”, fumetto che copre una serie di tematiche a
proposito della salute sessuale: dal rispetto e dalla comunicazione nella relazione, alla gravidanza,
alle malattie sessualmente trasmettibili, alle persone dai “due spiriti” (bisessuali) e alla promozione
della salute sessuale come possibile scelta di carriera e progetto di attivismo giovanile.
Tutti i personaggio del fumetto, anziani compresi, vestono un abbigliamento contemporaneo e
sebbene l’ambientazione sia quella della riserva, non vi è traccia di alcun segno di vita tradizionale.
La sola “immagine” della tradizione è linguistica, e compare nel discorso dell’anziano nonno,
mentre impartisce al figlio una lezione sull’amore e sull’arte di amare (p.37 “Sometimes when
we’are young, we’re like many caribou running, some lead many follows”) (fig.5).
Questa metafora, peraltro visualizzata in un riquadro autonomo nella pagina, diventa oggetto di
derisione poche pagine più avanti (pag. 42), dove si vedono i due giovani commentare la lezione del
nonno. Il nonno stesso, viene rappresentato “divertirsi” con la nonna in quel punto della riserva
(“Panty Point”) dove i giovani sono soliti amoreggiare. Anche nelle parole dei giovani, riferimenti
alla vita tradizionali sono ironici (“I will hunt the moose for you. I will help your dad build houses
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all summerrrrrrrrrrrrr.” (p. 9)) e creano un’impressione di eccesso, più che stabilire un richiamo a
un tipo di vita tradizionale.
Eppure la tradizione non scompare, mantenendo alcuni simboli identitari forti senza essere
legata però ad uno stile di vita “primitivo”. Sempre in Kiss me Deadly (p.46), compare un simbolo
fondamentale per l’epistemologia degli indigeni del Canada, la “Ruota della Medicina” (Medicine
wheel), ma viene qui utilizzata in maniera innovativa come riquadro circolare in cui collocare i volti
dei due giovani che lamentano alla sessuologa della comunità il fatto che non si parli abbastanza di
sessualità, in casa e a scuola (fig.6).
Una storia come cura
Nei fumetti HAN la tradizione è messa in stretto rapporto con la contemporaneità. L'identità
Indigena non si esprime attraverso segnali visivi quanto piuttosto attraverso valori e modelli di
pensiero che sono inerenti alla narrazione e coerenti ad altre nozioni del sistema di pensiero e della
conoscenze indigene. Un esempio sono i dialoghi fra gli anziani e i giovani, come quello sopra
accennato che avviene fra nonno e nipote in “The Gift”. Nell’ immagine che chiude il fumetto, si
vede il giovane protagonista Kruze, rappresentato con un espressione seria, mentre si chiude la
mano sinistra sul petto in segno di orgoglio. Alle sue spalle è raffigurato un capo indigeno,
l’antenato della “nostra gente” (p.11), di cui il nonno gli ha raccontato la storia, colui che strinse
un’alleanza con la specie dei cani asservita alla specie umana. Kruze, che assume nella storia la
funzione narrativa dell’ “l’io narrante” (Calabrese,2006: p. 33) guarda direttamente il lettore, gli da
del “tu”, stabilendo con lui una relazione spazio-temporale di intimità. Quanto afferma (p. 40 “I
remember Grandpa’s story (…) The dogs are still here. Waiting. Waiting for us to honour our
sacred promise. Ready to help us through another night”) rinsalda un legame “con la sua gente”,
attraverso la custodia della storia trasmessagli oralmente da suo nonno (fig.7).
Anche in “Darkeness Call”, che affronta il tema del suicidio giovanile, il giovane Kyle, che
soffre di depressione ed è vittima di bullismo a scuola, viene “salvato” dal racconto di un Anziano.
La narrazione del mito dell’eroe Wesakek che sconfigge il demone Wihtiko, risveglia la fantasia di
Kyle che riscopre la sua passione e talento per il disegno, strumento del suo riscatto (fig.8).
La trasmissione intergenerazionale di storie e valori che sigilla il legame fra gli anziani (Elders) e la
gioventù (youth), ricorda l’archetipo narrativo del Maestro che trasmette le conoscenze all’allievo e
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rappresenta sovente a livello narrativo l’incontro dell’eroe con l’aiutante che gli farà dono delle
conoscenze decisive per ottenere la vittoria finale.
La trasmissione non è tuttavia fine a se stessa ma in funzione della cura, che rappresenta
l’obiettivo programmatico dell’organizzazione HAN. Pertanto,
non è possibile considerare i
fumetti Aborigeni solo come prodotti di intrattenimento. Al contrario, queste storie nascono per
trasmettere conoscenze utili e messaggi di rinforzo identitario, offrendo trame in cui i giovani
possano riconoscersi e che presentano un modello di identità indigena positivo.
Il meccanismo di identificazione del lettore può scaturire a partire dalla condivisione di una storia
famigliare segnata da fratture, incomprensioni, violenza domestica. Tale condivisione di esperienze
fra i personaggi e i lettori, ha anche la funzione di riconnettere i lettori ad una comunità Indigena da
cui possono aver perso il contatto. Questa relazione non è espressa in termini "biologico -razziale autenticità " ( Barker 2011: p.20), ma sulla base di un forte legame reso possibile dalla condivisione
di una storia collettiva: quella delle First Nations di Turtle Island (Nord-America), una volta
costretti a rinunciare alla loro identità e ad assimilarsi nella società di massa. Oggi la popolazione
Indigena è sopravvissuta e continua a rigenerarsi, continuando a difendere la propria identità dalle
imposizioni coloniali e reclamando il diritto all’autodeterminazione. La sua storia non è solo una
storia di espropriazione coloniale, abusi, maltrattamenti e razzismo, ma è anche di resistenza
indigena, orgoglio, e responsabilizzazione. I fumetti Han suggeriscono che sono questi ultimi
aspetti che i giovani dovrebbero considerare come propri, anche se i problemi che vivono
quotidianamente sono legati al processo storico coloniale di marginalizzazione e assimilazione della
popolazione indigena, delle cui conseguenze fa spese anche la generazione presente.
La guarigione delle lacerazioni del passato viene promossa a livello narrativo dalla presentazione di
soluzioni alla portata di mano: scoprire la risposta giusta per evitare un litigio, sapere perdonare,
diventare volontari al canile, fidarsi dell’aiuto di un insegnate o di uno psicologo, rispettare le storie
trasmesse dagli Anziani etc. etc.
In conclusione, l’identità indigena, vista dall’interno dei fumetti HAN, perde il suo ancoraggio ai
tratti etnici distintivi dell’indigeno o agli oggetti della tradizione.
L’ Indigenità è un
rispecchiamento dell’esperienza contemporanea dei nativi, non nella costellazione di oggetti
feticcio che compongono la figura tradizionale dell’indiano. La questione fondamentale della
definizione dell’identità Indigena esula dallo spazio della presente analisi, basata sul testo visivoverbale del fumetto. Ciò che invece si è voluto rilevare sono le strategie testuali ed extra-testuali di
costruzione del fumetto HAN come “fumetto Aborigeno”, le sue caratteristiche costitutive
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d’insieme, e gli aspetti testuali che rivelano in trasparenza un “mondo d’esperienze” che precede ed
informa la storie narrate.
Questioni di sguardi. Inculturazione e intercultura a fumetti
I pochi casi presentati, sono serviti a dimostrare che è possibile applicare una lettura iconologica dei
fumetti HAN. Una lettura estesa ed organica dell’intero corpus, qui solo abbozzata, sarebbe
auspicabile, sebbene
allo sguardo dell’esperto si ponga come ulteriore problema teorico
l’esperienza dello sguardo dei Nativi. Qual è la lettura che un ragazzo Indigeno può fare? In che
modo differisce dalla mia?
L’antropologia visiva e della visione ha sottolineato la preminenza della dimensione culturale
nell’esperienza dello sguardo. “Ciò che plasma il mio modo di vedere, di esprimermi e comunicare
con gli altri deriva dalla mia esperienza di vita con gli altri, vicini a me e anche lontani nel tempo e
nello spazio (Marazzi, p.158)”. “L’immagine diventa un’esperienza vivente a livello sensorio solo
attraverso la partecipazione dinamica di chi guarda”. Se, come è stato detto, la funzione
comunicativa primaria dei fumetti HAN è quella di inserirsi nel processo di acculturazione e
riproduzione culturale dei giovani indigeni, presentando informazioni utili nel quadro di relazioni
modellizzanti, cosa succede quando muta il contesto culturale del lettore?
Se è vero che lo sguardo costruisce l’oggetto della visione, nell’occhio di chi non appartiene alla
comunità indigena, i fumetti HAN si trasformeranno in un oggetto differente, che non instaura un
rapporto di identificazione con i personaggi e relazioni di riconoscimento rispetto all’ambiente di
vita, alle situazioni narrative, al progetto terapeutico e anti-coloniale supportato dal fumetto.
Mentre da un lato l’efficacia dei fumetti HAN è valutata in termini di rinforzo degli elementi etnici
e culturali specifici; dall’altro, questi hanno il potere non soltanto di comunicare attraverso i confini
culturali, ma anche di intervenire e modificare contesti locali per mezzo di scambi cognitivi
innescati nei lettori. Se nell’interazione con uno sguardo non Indigeno, le immagini dei fumetti
HAN perdono alcune delle connessioni comunicative esclusive di una lettura Indigena, è pur vero
che ne acquisiscono altre.
Il potenziale comunicativo interculturale dell’immagine permette al lettore non Indigeno di
accedere a un ambiente di vita e in un universo di esperienze “Altro”, la rete di relazioni – invisibile
- che ha costruito la tessitura testo. L’atto cognitivo attivo del guardare (Calabrese 2006: p.31)
varierà in termini di orientamento nella pagina, nella scelta degli elementi visivi sui quali
soffermarsi, nell’intensità e nella durata dello sguardo.
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Tuttavia, siccome è il testo stesso che costruisce lo “sguardo sul fumetto” (Calabrese 2006: p.33)
come sguardo indigeno, la lettura si trasforma in opportunità per vedere il mondo dal punto di vista
del Nativo, analizzando i modi attraverso cui lui organizza il senso del suo mondo. Lo spaesamento
dello sguardo che deve ricostruire i meccanismi di senso e di segni provenienti da una “semiosfera”
in parte ignoti ripropone così, nel mondo del fumetto la pratica malinowskiana di “osservazione
partecipante”.
In conclusione, in uno scenario mondiale in cui la multiculturalità è sempre più una realtà, si può
individuare, nel caso specifico del fumetto, una processo di definizione di specificità culturali dai
confini costantemente reinventati e ridefiniti, in cui le nuove etnicità ed i nuovi localismi sono gli
esempi più evidenti (Marani 2002: p.149). L’immaginario alternativo forgiato nei fumetti HAN
assume così il potenziale per rompere, partendo dal linguaggio del fumetto, la visione globalizzata,
stereotipica e monocroma dell’Indiano, offrendo un caleidoscopio di storie e immagini alternative.
Così come gli uomini vengono plasmati dalle influenza culturali attraverso la visione, essi possono
riplasmare le stesse attraverso la produzione di artefatti e mezzi di comunicazione visivi.
Bibliografia
Barbieri Daniele (1991), I linguaggi del fumetto, ed. Bompiani
Barker, Joanne, “Native Acts: law, recognition and cultural authenticity”, Duke Univerity Press,
Durham and London 2011.
Calabrese, Omar (2006), “Come si legge un’opera d’arte” ed. Mondadori Università
Hearne, Joanne “Indigenous Animation: educational programming, narrative interventions, and
children’s cultures” in Wilson, Pamena (Editor); Stewart, Michelle (Editor). Global
Indigenous Media : Cultures, Poetics, and Politics. Durham, NC, USA: Duke University
Press, 2008.
13
Doxtator, Deborah, “The idea of Indiannes and Once Upon a Time: the role of Indianness in
History” in Cannon, Martin and Sunseri, Lina “Racism, Colonialism and Indigenity in
Canada: a reader” (2011), Oxford University Press.
Marazzi, Antonio (2002), “Antropologia della visione” ed. Carocci
Sheyahshe, Michael A. “Native Americans in Comic Books – a critical study” McFarland
Publications, 2008.
COMIX e riviste
Flicker, S. et al. (2012) “Taking Action! Art & Aboriginal Youth leadership for HIV prevention”
Cardinal, Clifford and Garcia, Nelson “Gift” , ed. Healthy Aboriginal Network (2013)
Keewatin Sanderson, Steven “Darkness Calls”, Healthy Aboriginal Network (2006)
Keewatin Sanderson, Steven “Dropping the Flag” ed. Healthy Aboriginal Network (2011)
Keewatin Sanderson, Steven “Just a Story” ed. Healthy Aboriginal Network (2012)
Van Camp, Richard and Auchter, Christopher “Kiss Me Deadly”, ed. Healthy Aboriginal Network
(2011)
Sitografia:
Animatics on youtube: (…)
www.thehealthyaboriginal.net
http://www.youtube.com/watch?v=UnI5TpyasDM
http://www.youtube.com/watch?v=UMhxUz-QGb0
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Appendice delle Immagini
Fig.1; L’immagine stereotipica dell’Indiano Fig.2; Copertina di “Droppin Flag” (explicit version) , Han comics (Sandersoon – Garcia) 15
Fig. 3; Lupo Rosso, Super eroe Nativo americano
Fig.4; Magico Vento, fumetto italiano
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Fig.5; Estratto da “Kiss me Deadly”(p.37‐42), Han comics (R.Van Camp – C. Auchter) Fig.6; Estratto da “Kiss me Deadly”(p.37‐42; p.46), Han comics (R.Van Camp – C. Auchter 17
Fig.7; Estratto da “The Gift”, Han Comics. (C. Cardinal – N.Garcia) 18
Fig.8; Estratto da “Darkness Call”, Han comics (Steve Keewatim Sanderson) 19