testo - Arlian - Università degli Studi di Siena
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Università degli Studi di Siena Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Magistrale in Antropologia e Linguaggi dell’immagine (Ri)conoscersi Indigeni Strategie di costruzione dell’identità aborigena dei fumetti H.A.N. di Francesco Tassi Tesina per il Laboratorio di Teoria dell’Immagine Prof. Omar Calabrese a.a. 2012/2013 Introduzione Nell’era della globalizzazione, si sta affermando una crescente centralità antropologica della visione, attraverso le forme di rappresentazione per immagini, come modalità di rapporto con l’Altro. L’alterità si è trovata ingabbiata nella reificazione di diversità particolari, con le quali risulta impossibile attivare un dialogo, in una simmetria logica di confronto reciproco. Sussidio primario di questa stereotipizzazione dell’Altro di fronte a noi è stata l’immagine (Marani 2002: p.139). Esistono una varietà di caratteri per presentare lo straniero, colui che è egualmente soggetto all’esotismo e alla stigmatizzazione dello sguardo occidentale sull’Altro, che rappresenta un’ambiente culturale estraneo: il barbaro, lo zingaro, l’ebro, il Nero, l’Indiano. La figura dell’Indiano, che analizzeremo in questa ricerca, è ben radicata nell’immaginario americano e, attraverso l’eco dei mezzi di comunicazione di massa, anche in quello italiano. L’ immagine del Nativo come essere primitivo, violento e subdolo o passivo e sottomesso (fig.1), si sono diffuse in film, programmi televisivi, e in letteratura , nei libri come nei fumetti. Nella cultura popolare , la costruzione dell’ “indiano” dei film Western di Hollywood, ha educato (e diseducato) generazioni di giovani spettatori circa la natura della differenza culturale e le storie delle nazioni coloniali come Stati Uniti e Canada (Hearne:2008) . L'etichetta di " indiano " ha ridotto i membri di centinaia di estremamente diverse nazioni, tradizioni e lingue in una singola identità collettiva. Storicamente nell’immaginario coloniale, l’" indianità " è servita come una costruzione dell'Altro come selvaggio, primitivo, feroce - tutto ciò che è considerato contrario alla " civiltà bianca" (Doxtator, 2011: p 32). I fumetti, il media che prenderemo ad oggetto di questa analisi, sono stati a lungo criticati per essere un catalizzatore di stereotipi etnici che favoriscono l' ideologia della razza. Anche se questo non è più vero per il fumetto che per altri media, si può dire che gli stereotipi e le caricature hanno nel fumetto la funzione di segni che semplificano le informazioni in modo da renderle immediatamente fruibili da parte del lettore (Barbieri 1991; p.17). Lo stereotipo degli indiani , come è stato creato dai mass media è stato anche diffuso nel mondo dei fumetti. Lo studioso Nativo-americano Michael Sheyahshe (membro della nazione Caddo), ha scritto un esteso resoconto su come i Nativi-americani sono rappresentati nei fumetti , analizzando sia gli editori mainstream, come Marvel e DC , che le piccole produzioni indipendenti. Secondo la 2 ricerca di Sheyahshe, nel mondo del fumetto, mentre nuove forme di media sono emerse, l'esistenza di stereotipi rimane invariata: lo stereotipo indiano appare confermato nella maggior parte dei fumetti non-Aborigeni. Come negli altri media di mass, gli Aborigeni sono stati spesso rappresentati come persone che vivono al di fuori della “civiltà”. Nei fumetti giocano di solito ruoli negativi come cattivi e servi, sono messi da parte nell’ intreccio principale come osservatori neutrali o vittime, o vengono idealizzati come “buoni selvaggi”. In tempi recenti, l’appropriazione da parte delle popolazioni Indigene dei mezzi di comunicazione di massa, ha permesso alle persone Native di rappresentare se stessi e di esercitare controllo sulle modalità di riproduzione della propria immagine. Nel mondo del fumetto la comparsa di “fumetti Aborigeni” non è neutra. La principale caratteristica di questi fumetti non sta nell’essere prodotti da persone Native , ma nel loro utilizzo come supporti per recuperare e rivendicare continuità culturale della popolazione Indigena come distinta e non assimilabile a quella delle nazioni coloniali, oltre ad essere strumento per l’auto-rappresentazione, all’intersezione di educazione e intrattenimento. Molti sono già i titoli “certified Aboriginal”: per limiti di spazio qui prenderemo in considerazione solamente quelli prodotti dall’organizzazione HAN, considerando questi fumetti, dal punto di vista dell’analisi testuale che proporremo, come oggetti teorici che presentano una rappresentazione dell’identità Indigena, soggiacente alla dimensione estetica del testo. Quali elementi nel testo del fumetto promuovono la costruzione della “Aboriginalità”? Nella presente ricerca, mi concentrerò sulle strategie di costruzione dell’ identità Aborigena nei fumetti HAN, mettendo in relazione i testi visivi-verbali del fumetto e il contesto socioculturale dei giovani indigeni del Canada. In questa analisi, pur avvalendomi degli strumenti analitici derivati dalla semiotica del testo per descrivere il fumetto, adotterò un approccio antropologico influenzato da una interpretazione iconologica. L’ “iconologia culturale”, è secondo la definizione di Antonio Marazzi, “l’analisi delle espressioni visive nel loro aspetto formale e nel loro significato culturalmente specifico, della loro efficacia simbolica, del potere emotivo, della rappresentatività ideologica, degli stili e delle regole espressive, delle funzioni e dei relativi codici comunicativi espliciti o criptici, delle relazioni con il contesto sociale allargato o ristretto a cui si rivolgono e delle eventuali regole sociali applicate, contestate od infrante (Marazzi 2002: p. 151)”. Basandomi sull’analisi del corpus a fumetti nel suo insieme e sostenendo la mia analisi sulla base di esempi specifici, cercherò di individuare la teoria dell’ ”Aboriginalità” soggiacente ai fumetti “certified aboriginal”. Inizierò quindi a trattare i caratteri distintivi che identificano gli “Aboriginal 3 comics”, contrapposti agli “indian comics”. In secondo luogo, presenterò le strategie testuali e le pratiche pre-testuali utilizzate da HAN per certificare come “Aboriginal comics”(fig.1) i suoi prodotti e per stimolare il coinvolgimento del lettore nella storia a fumetti. Fra queste tattiche, mi sono concentrato in particolare sull’inversione della marginalizzazione; la moltiplicazione dei ruoli Indigeni; la riformulazione della autenticità culturale; la narrazione terapeutica. Nel loro insieme queste tattiche, orientate ad esercitare un rafforzamento identitario sul lettore indigeno (dato per presupposto), contribuiscono alla costruzione di un immaginario Indigeno alternativo dal potenziale interculturale. In conclusione, si pone la questione che nell’era della globalizzazione, i “fumetti Aborigeni” possano diventare oggetto di sguardi di lettori appartenenti a contesti culturali “non Indigeni”. 1. Ai margini della storia / la storia dei margini The Healthy Aboriginal Network1 (HAN), è un’organizzazione non profit fondata con l’obiettivo di promuovere l’alfabetizzazione e il benessere della popolazione Aborigena del Canada. La sua attività si è indirizzata specialmente alla diffusione di conoscenze e consapevolezza su temi come la salute mentale, la sessualità, l’uso di droghe, la gravidanza infantile ed altri, presso i giovani ed adolescenti Indigeni. Ciò che distingue quest’organizzazione di Vancouver da tante altre dedicate al supporto dato alla gioventù Nativa in Canada, è l’uso del fumetto come media privilegiato per la comunicazione con la gioventù Indigena urbana e residente nelle riserve, oggi in fase di grande crescita demografica ma secondo le statistiche significativamente più esposta a comportamenti a rischio come il suicidio, l’abuso di alcolici, di droghe e alle malattie sessualmente trasmissibili2. Secondo il fondatore di HAN, Sean Muir, da me intervistato, il linguaggio del fumetto è stato scelto per la sua capacità di veicolare informazioni più rapidamente ed efficacemente di altri 1 The Healthy aboriginal network has been founded in 2006 by Sean Muir and received the support of Vancouver Coastal Health. Since its birth thirteen comic books have been released and they are presently working on new releases. Before their release, the comics are evaluated by the National Association of Friendship Centers and are then printed in about 30.000 copies for each volume and distributed across Canada and US . Their comics can be found in schools, in aboriginal youth association, and in other educational spaces. 2 Fonti: TARP. Toronto Aboriginal Research Project Final report. Commissionata da Toronto Aboriginal Support Service Council. 4 media, combinando elementi di vari linguaggi, sia visivi che testuali. Il formato del fumetto presenta un duplice vantaggio: da una parte permette di integrare le informazioni di carattere tecnico (ad esempio dove trovare assistenza psicologica, come uscire da una gang di strada, come gestire relazioni sessuali sicure etc.) all’interno di una cornice narrativa; dall’altra di creare storie efficaci e coinvolgenti che affrontano le scelte e le problematiche che gli adolescenti vivono come esperienze diretta. Dietro alla genesi di un fumetto Han, e delle sua presentazione come “certified aboriginal”, vi è una tessitura di relazioni escluse ed insieme implicate dal testo del fumetto strictu senso. Ogni volume a fumetti è il risultato di una mediazione fra le aspirazioni dell’editor e fondatore del progetto HAN, Sean Muir, le esigenze dettate dagli organi istituzionali (Justice Canada; Health and Social services dei Nortwest Territories; British Columbia etc…) gli autori dei disegni, dei testi, delle copertine, del lettering e l’esperienza dei lettori. Il tentativo di incorporare nella storia l’esperienza dei futuri lettori è ciò che contraddistingue i fumetti HAN come “aborigeni”. L’attenzione a questo aspetto – la connessione con l’esperienza dei lettori - è il tratto distintivo di questi fumetti: HAN prima di produrre un fumetto organizza “focus groups” per testare la “presa” della storia rispetto al suo pubblico. Agli adolescenti viene presentato un DVD che raccoglie una versione preliminare della storia del fumetto in forma di “animatics” (immagini ancora a matita in successione, “animate” dai movimenti della telecamera e arricchite da elementi vocali e sonorizzazioni delle onomatopee del fumetto). I feedback raccolti nel processo di verifica della trama iniziale vengono poi integrati nel prodotto finale, garantendo così il livello di realismo delle storie. Sondando i gusti del pubblico, HAN si assicura così l’interesse dei futuri lettori. Il primo elemento da considerare come tattica di costruzione del carattere identitario Aborigeno - dunque - non è rintracciabile all’interno del testo visivo-verbale del fumetto, ma ai suoi margini. Nondimeno, le informazione che si ricavano da ciò che precede e segue le pagine del fumetto vero e proprio, sono essenziali nel ricostruire un aspetto del testo che resta invisibile al processo generativo del senso greimasiano applicabile anche alle lettura del fumetto come testo semiotico. Stiamo parlando del processo produttivo implicato nell’esistenza e nella diffusione del fumetto, nella sua dimensione di artefatto comunicativo che coinvolge una pluralità di attori e “punti di vista” sopra menzionati. La certificazione della “Aboriginalità” si basa anche infatti sulla garanzia che la trama delle relazioni intrattenute nella fase di produzione sia integralmente o principalmente Aborigena. 5 2. Abitare nel racconto Il secondo elemento da considerare, è il tentativo di inclusione del punto di vista del lettore Indigeno attraverso la pratica dei focus groups preventivi sopracitati. Il potere, garantito dalle organizzazioni che finanziano la realizzazione delle opere, manifesta preliminarmente alla modalità attualizzante del fare, il voler sapere il “punto di vista” dei futuri lettori. Il fare del fumetto, si avvicina così alla pratica etnografica, registrando il senso di esperienze altrui nel linguaggio della narrazione per immagini. Questa inclusione è fondamentale ai fini di favorire il riconoscimento del lettore nella storie e la sua identificazione con i personaggi rappresentati. La forza del fumetto infatti si fonda sul riconoscimento, sulla relazione che si instaura fra la selezione di segni grafici che rappresenta un aspetto del mondo e la memoria esperienziale che il lettore ha di quell’aspetto. Tanto maggiore è l’aderenza semantica dell’esperienza interiorizzata dal lettore con il complesso di segni posti in sequenze appartenenti ai diversi codici che compongono il linguaggio ibrido del fumetto (linguaggi dell’immagine come illustrazione, caricatura, pittura, grafica, fotografia, cinema; ma anche linguaggi della temporalità come poesia, musica e letteratura (Barbieri 1991: p.7)), tanto maggiore sarà la sua reattività cognitiva nel decodificare i percetti iscritti nel testo-fumetto. Pertanto, sta all’abilità degli artisti e degli sceneggiatori la capacità di architettare nel mondo di segni del fumetto una simulazione verosimile di quell’ambiente di vita dove si svolgono le esperienze degli adolescenti Indigeni, affinché i messaggi codificati fra le pagine abbiano un effetto performativo nel mondo reale. Il progetto di ricostruzione di un mondo familiare e realistico, da rendere “abitabile” dall’immaginazione dei lettori si articola similmente sia sul piano plastico/spaziale che su quello narrativo/ temporale. Nel primo caso, le scelte relative all’ambientazione sono di primaria importanza: la riserva; la scuola, (“Darkness Call”; “Kiss me deadly”), il parco giochi, la casa, (“Just a story”), il Community Centre, la strada, il carcere (“Dropping the flag”). Si tratta di luoghi realistici e quotidiani dove si svolge la vita dei ragazzi Indigeni. Nel caso delle strutture narrative, i temi devono risultare egualmente familiari ai lettori: abbandono, solitudine, litigi in famiglia (“Just a story”), depressione e tentativi di suicidio (“Darkeness Call”), l’aggressività dei cani randagi nelle riserve (“The gift”), lo spaccio e uso di droga, risse fra gang e violenza di strada (“Dropping the flag”), rapporti sessuali a rischio e litigi fra amici (“Kiss me deadly”) etc.. La composizione dei personaggi è un’altra questione fondamentale. Poiché i fumetti, secondo Sheyahshe, "offrono una visione del mondo di un ampio segmento della popolazione americana" 6 (Sheyahshe: 2008 p.191), soprattutto quelli rivolti ai giovani hanno un ruolo decisivo nel processo di inculturazione attraverso le immagine che avviene nell’infanzia e nell’adolescenza. In quanto rappresentazioni etniche e di genere, i fumetti hanno spesso impiegato immagini semplicistiche che rivelano la presenza di un soggiacente discorso razzista. Attraverso il filtro del fumetto, avviene la trasmissione di nozioni di razzismo, tradizione, "autenticità culturale", auto-rappresentazione, che formano il sostrato valoriale di molte storie a fumetti. La stessa ideologia razziale è alla base della costruzione dell’ "indianità". I fumetti mainstream hanno la tendenza a rappresentare personaggi Indigeni in un numero molto limitato di ruoli e fisionomie. E’ qui sufficiente citare il caso emblematico dei Supereroi. Secondo, Sheyahshe i Supereroi indigeni rientrano più facilmente in alcune categorie. Ad esempio, nel genere popolare del “fumetto con Supereroi”, i personaggi Nativi sono più spesso aiutanti asserviti all’eroe principale (solitamente bianco) che eroi nel loro diritto (Sheyahshe , 2008: p.189). Un altro tema ricorrente nei fumetti mainstream è quello di un non-Nativo trasformato completamente in Indigeno, definito come "Sindrome del Mohicano" , prendendo un prestito dal famoso romanzo romantico di James Fenimore Cooper, "L' ultimo dei Mohicani"(Sheyahshe , 2008: p.13). Il mito del "White -man- become - indian" nella cultura popolare ha avuto una diffusione mondiale, ben al di fuori dei confini del Nord America . Un esempio ne è il fumetto italiano" Magico Vento " (fig.3), in cui il protagonista , Ned Ellis , è un "indiano" bianco, un rinnegato che viene accettato nella tribù Sioux, dove viene infine riconosciuto come un guerriero "Nativo" e sciamano. Queste false dichiarazioni circa i popoli Indigeni, hanno esercitato un’influenza sia pedagogicamente che ideologicamente nell’autorappresentazione degli adolescenti. Nei fumetti “Aborigeni”, invece, i protagonisti non sono bianchi, né tantomeno Supereroi, ma adolescenti Nativi alle prese con problemi quotidiani, dall’integrarsi nella classe, ad affrontare situazioni famigliari difficili. I personaggi “bianchi” possono essere del tutto assenti, come in “The gift” o ricoprire ruoli marginali come “comparse”. Nel fumetto “Kiss me deadly” appare solamente una receptionist “bianca”, mentre in “Dropping the flag” sono “bianche” alcune figure istituzionali, come il Preside che consegna la laurea al protagonista, Gary (e probabilmente la polizia che lo arresta, dal volto mascherato). In “Just a story”, invece il loro ruolo è più importante, perché la storia si svolge in una scuola mista, al di fuori dell’ambiente della riserva che fa da sfondo a “Kiss me Deadly” e “the Gift”. La funzione dei personaggi “bianchi” è comunque sempre dipendente dalla presenza dell’eroe nativo, ora come aiutanti (la maestra di Wendy), nemici (l’allenatore di football) o amici (il miglior amico di Adam). 7 Se cambiano le identità dei protagonisti, ciò che permane nei fumetti Han è invece una modalità di rappresentazione dei protagonisti tipica del fumetto: la caricatura. Se infatti è vero che la caricatura deforma i dati fisionomici e le tassonomie del volto, allentandoli da una rappresentazione verosimile, questo lo fa per enfatizzarne l’espressività. La deformazione è funzionale al coinvolgimento del lettore, che entra nel mondo del fumetto identificandosi con i protagonisti della storia. Nel linguaggio del fumetto infatti, la semplificazione del disegno, che costituisce un’applicazione concreta ai problemi teorici della rappresentazione, dà significato solamente ai tratti importanti al fine del racconto o dell’identificazione col personaggio, che deve rimanere in una certa misura iconico, affinché ogni lettore possa indossare la sua “maschera” e coinvolgersi nella storia narrata (Barbieri, p.18). Un ultimo aspetto da considerare nella (ri)costruzione di un “ambiente familiare” nel fumetto è quello del testo verbale. Nei fumetti HAN , i personaggi non parlano l’inglese stentato di Tonto , ma lo slang dei colloqui informali fra adolescenti. La lingua in uso fra i giovani è riprodotta nel fumetto nella maniera più fedele possibile, anche grazie al ricorso ai focus Groups, fino al punto limite di dover produrre due edizioni dello stesso fumetto: una censurata (per tutti) e una con l’avvertenza in copertina dell’ uso del linguaggio esplicito, nella quale abbondano termini normalmente censurati nei mass media rivolti ai giovani. 3. Tradizione nella modernità e modernità della tradizione L’immaginario colonialista si serve dell’immagine dell’autenticità dell’altro per alimentare il proprio immaginario, negando il diritto dell’Altro alla Storia e al mutamento: la sua ibridazione. (Marazzi 2002; p.137). Il ruolo degli Indigeni nei fumetti mainstream non è stato solamente limitato in termini di ruoli di azione nelle storie, ma anche in termini di coordinate spazio-temporali della rappresentazione. Secondo Sheyahshe, troppi personaggi indigeni sono rimasti fossilizzati nel passato, come “reliquie” del Vecchio West , come i personaggi popolari Lupo Rosso (fig.4) , Scalphunter e Tonto (Sheyahshe , 2008: p.94). Come nel caso del genere Supereroe , la ricorrenza di certi schemi conducono Sheyahshe a comprendere che i nativi sono stati trattati in modo diverso rispetto agli altri supereroi non-Indigeni: il loro ruolo nelle storie era significativamente limitato sia in termini di spazio che in termini di complessità del personaggio, che doveva necessariamente essere caratterizzato da (falsi) elementi di "autenticità indiana" per essere distinto come personaggio “etnico”. 8 La feticizzazione dell’ "autenticità indiana” nei fumetti ci portano a una più approfondita analisi della ideologia razzista che sta dietro la costruzione dell'identità Indigena su una nozione distorta della tradizione Nativa nel contesto della politica coloniale del Nord-America. Come Barker avvisa, "Nativo" e "tradizione" sono costruzioni relazionali, che funzionano all’interno delle contestazioni del potere politico in atto tra i popoli Indigeni e il governo federale. Questo non significa che l'identità Aborigena sia un costrutto o un'invenzione. Tuttavia il mutamento sociale tra il periodo pre-coloniale e il tempo presente fanno sì che la tradizione stessa si sia trasformata, sebbene per le popolazioni Indigene sia oggi ancorata nel presente come nel passato. Mentre altri fumetti prodotti da autori Indigeni (“Seven Generations” è uno dei più noti in Canada) sono strutturati attorno ad alcuni miti e immagini tradizionali (piume, arco e frecce, tepee , riti di passaggio, miti e simboli tradizionali che sono ricorrenti nell’immaginario dell’ “indiano” autentico), nei fumetti Han queste non hanno mai un ruolo centrale. Quando indicatori della tradizione sono presenti, essi si riferiscono ad un’epoca passata, oppure vengono derisi o vengono riarticolati in un modo che esprime la loro relazione con il presente. Gli indicatori di "autenticità culturale" nei fumetti mainstream, sono qui presentati all’interno della cornice distanziatrice del flashback di un tempo lontano, precedente al contatto coloniale. L’ abbigliamento tradizionale appare solo quando sono presi in considerazione i ricordi degli antenati, mentre i personaggi del presente non presentano spesso indicatori esterni della loro “Aboriginalità”. Analizziamo, a titolo di esempio, “Kiss me deadly”, fumetto che copre una serie di tematiche a proposito della salute sessuale: dal rispetto e dalla comunicazione nella relazione, alla gravidanza, alle malattie sessualmente trasmettibili, alle persone dai “due spiriti” (bisessuali) e alla promozione della salute sessuale come possibile scelta di carriera e progetto di attivismo giovanile. Tutti i personaggio del fumetto, anziani compresi, vestono un abbigliamento contemporaneo e sebbene l’ambientazione sia quella della riserva, non vi è traccia di alcun segno di vita tradizionale. La sola “immagine” della tradizione è linguistica, e compare nel discorso dell’anziano nonno, mentre impartisce al figlio una lezione sull’amore e sull’arte di amare (p.37 “Sometimes when we’are young, we’re like many caribou running, some lead many follows”) (fig.5). Questa metafora, peraltro visualizzata in un riquadro autonomo nella pagina, diventa oggetto di derisione poche pagine più avanti (pag. 42), dove si vedono i due giovani commentare la lezione del nonno. Il nonno stesso, viene rappresentato “divertirsi” con la nonna in quel punto della riserva (“Panty Point”) dove i giovani sono soliti amoreggiare. Anche nelle parole dei giovani, riferimenti alla vita tradizionali sono ironici (“I will hunt the moose for you. I will help your dad build houses 9 all summerrrrrrrrrrrrr.” (p. 9)) e creano un’impressione di eccesso, più che stabilire un richiamo a un tipo di vita tradizionale. Eppure la tradizione non scompare, mantenendo alcuni simboli identitari forti senza essere legata però ad uno stile di vita “primitivo”. Sempre in Kiss me Deadly (p.46), compare un simbolo fondamentale per l’epistemologia degli indigeni del Canada, la “Ruota della Medicina” (Medicine wheel), ma viene qui utilizzata in maniera innovativa come riquadro circolare in cui collocare i volti dei due giovani che lamentano alla sessuologa della comunità il fatto che non si parli abbastanza di sessualità, in casa e a scuola (fig.6). Una storia come cura Nei fumetti HAN la tradizione è messa in stretto rapporto con la contemporaneità. L'identità Indigena non si esprime attraverso segnali visivi quanto piuttosto attraverso valori e modelli di pensiero che sono inerenti alla narrazione e coerenti ad altre nozioni del sistema di pensiero e della conoscenze indigene. Un esempio sono i dialoghi fra gli anziani e i giovani, come quello sopra accennato che avviene fra nonno e nipote in “The Gift”. Nell’ immagine che chiude il fumetto, si vede il giovane protagonista Kruze, rappresentato con un espressione seria, mentre si chiude la mano sinistra sul petto in segno di orgoglio. Alle sue spalle è raffigurato un capo indigeno, l’antenato della “nostra gente” (p.11), di cui il nonno gli ha raccontato la storia, colui che strinse un’alleanza con la specie dei cani asservita alla specie umana. Kruze, che assume nella storia la funzione narrativa dell’ “l’io narrante” (Calabrese,2006: p. 33) guarda direttamente il lettore, gli da del “tu”, stabilendo con lui una relazione spazio-temporale di intimità. Quanto afferma (p. 40 “I remember Grandpa’s story (…) The dogs are still here. Waiting. Waiting for us to honour our sacred promise. Ready to help us through another night”) rinsalda un legame “con la sua gente”, attraverso la custodia della storia trasmessagli oralmente da suo nonno (fig.7). Anche in “Darkeness Call”, che affronta il tema del suicidio giovanile, il giovane Kyle, che soffre di depressione ed è vittima di bullismo a scuola, viene “salvato” dal racconto di un Anziano. La narrazione del mito dell’eroe Wesakek che sconfigge il demone Wihtiko, risveglia la fantasia di Kyle che riscopre la sua passione e talento per il disegno, strumento del suo riscatto (fig.8). La trasmissione intergenerazionale di storie e valori che sigilla il legame fra gli anziani (Elders) e la gioventù (youth), ricorda l’archetipo narrativo del Maestro che trasmette le conoscenze all’allievo e 10 rappresenta sovente a livello narrativo l’incontro dell’eroe con l’aiutante che gli farà dono delle conoscenze decisive per ottenere la vittoria finale. La trasmissione non è tuttavia fine a se stessa ma in funzione della cura, che rappresenta l’obiettivo programmatico dell’organizzazione HAN. Pertanto, non è possibile considerare i fumetti Aborigeni solo come prodotti di intrattenimento. Al contrario, queste storie nascono per trasmettere conoscenze utili e messaggi di rinforzo identitario, offrendo trame in cui i giovani possano riconoscersi e che presentano un modello di identità indigena positivo. Il meccanismo di identificazione del lettore può scaturire a partire dalla condivisione di una storia famigliare segnata da fratture, incomprensioni, violenza domestica. Tale condivisione di esperienze fra i personaggi e i lettori, ha anche la funzione di riconnettere i lettori ad una comunità Indigena da cui possono aver perso il contatto. Questa relazione non è espressa in termini "biologico -razziale autenticità " ( Barker 2011: p.20), ma sulla base di un forte legame reso possibile dalla condivisione di una storia collettiva: quella delle First Nations di Turtle Island (Nord-America), una volta costretti a rinunciare alla loro identità e ad assimilarsi nella società di massa. Oggi la popolazione Indigena è sopravvissuta e continua a rigenerarsi, continuando a difendere la propria identità dalle imposizioni coloniali e reclamando il diritto all’autodeterminazione. La sua storia non è solo una storia di espropriazione coloniale, abusi, maltrattamenti e razzismo, ma è anche di resistenza indigena, orgoglio, e responsabilizzazione. I fumetti Han suggeriscono che sono questi ultimi aspetti che i giovani dovrebbero considerare come propri, anche se i problemi che vivono quotidianamente sono legati al processo storico coloniale di marginalizzazione e assimilazione della popolazione indigena, delle cui conseguenze fa spese anche la generazione presente. La guarigione delle lacerazioni del passato viene promossa a livello narrativo dalla presentazione di soluzioni alla portata di mano: scoprire la risposta giusta per evitare un litigio, sapere perdonare, diventare volontari al canile, fidarsi dell’aiuto di un insegnate o di uno psicologo, rispettare le storie trasmesse dagli Anziani etc. etc. In conclusione, l’identità indigena, vista dall’interno dei fumetti HAN, perde il suo ancoraggio ai tratti etnici distintivi dell’indigeno o agli oggetti della tradizione. L’ Indigenità è un rispecchiamento dell’esperienza contemporanea dei nativi, non nella costellazione di oggetti feticcio che compongono la figura tradizionale dell’indiano. La questione fondamentale della definizione dell’identità Indigena esula dallo spazio della presente analisi, basata sul testo visivoverbale del fumetto. Ciò che invece si è voluto rilevare sono le strategie testuali ed extra-testuali di costruzione del fumetto HAN come “fumetto Aborigeno”, le sue caratteristiche costitutive 11 d’insieme, e gli aspetti testuali che rivelano in trasparenza un “mondo d’esperienze” che precede ed informa la storie narrate. Questioni di sguardi. Inculturazione e intercultura a fumetti I pochi casi presentati, sono serviti a dimostrare che è possibile applicare una lettura iconologica dei fumetti HAN. Una lettura estesa ed organica dell’intero corpus, qui solo abbozzata, sarebbe auspicabile, sebbene allo sguardo dell’esperto si ponga come ulteriore problema teorico l’esperienza dello sguardo dei Nativi. Qual è la lettura che un ragazzo Indigeno può fare? In che modo differisce dalla mia? L’antropologia visiva e della visione ha sottolineato la preminenza della dimensione culturale nell’esperienza dello sguardo. “Ciò che plasma il mio modo di vedere, di esprimermi e comunicare con gli altri deriva dalla mia esperienza di vita con gli altri, vicini a me e anche lontani nel tempo e nello spazio (Marazzi, p.158)”. “L’immagine diventa un’esperienza vivente a livello sensorio solo attraverso la partecipazione dinamica di chi guarda”. Se, come è stato detto, la funzione comunicativa primaria dei fumetti HAN è quella di inserirsi nel processo di acculturazione e riproduzione culturale dei giovani indigeni, presentando informazioni utili nel quadro di relazioni modellizzanti, cosa succede quando muta il contesto culturale del lettore? Se è vero che lo sguardo costruisce l’oggetto della visione, nell’occhio di chi non appartiene alla comunità indigena, i fumetti HAN si trasformeranno in un oggetto differente, che non instaura un rapporto di identificazione con i personaggi e relazioni di riconoscimento rispetto all’ambiente di vita, alle situazioni narrative, al progetto terapeutico e anti-coloniale supportato dal fumetto. Mentre da un lato l’efficacia dei fumetti HAN è valutata in termini di rinforzo degli elementi etnici e culturali specifici; dall’altro, questi hanno il potere non soltanto di comunicare attraverso i confini culturali, ma anche di intervenire e modificare contesti locali per mezzo di scambi cognitivi innescati nei lettori. Se nell’interazione con uno sguardo non Indigeno, le immagini dei fumetti HAN perdono alcune delle connessioni comunicative esclusive di una lettura Indigena, è pur vero che ne acquisiscono altre. Il potenziale comunicativo interculturale dell’immagine permette al lettore non Indigeno di accedere a un ambiente di vita e in un universo di esperienze “Altro”, la rete di relazioni – invisibile - che ha costruito la tessitura testo. L’atto cognitivo attivo del guardare (Calabrese 2006: p.31) varierà in termini di orientamento nella pagina, nella scelta degli elementi visivi sui quali soffermarsi, nell’intensità e nella durata dello sguardo. 12 Tuttavia, siccome è il testo stesso che costruisce lo “sguardo sul fumetto” (Calabrese 2006: p.33) come sguardo indigeno, la lettura si trasforma in opportunità per vedere il mondo dal punto di vista del Nativo, analizzando i modi attraverso cui lui organizza il senso del suo mondo. Lo spaesamento dello sguardo che deve ricostruire i meccanismi di senso e di segni provenienti da una “semiosfera” in parte ignoti ripropone così, nel mondo del fumetto la pratica malinowskiana di “osservazione partecipante”. In conclusione, in uno scenario mondiale in cui la multiculturalità è sempre più una realtà, si può individuare, nel caso specifico del fumetto, una processo di definizione di specificità culturali dai confini costantemente reinventati e ridefiniti, in cui le nuove etnicità ed i nuovi localismi sono gli esempi più evidenti (Marani 2002: p.149). L’immaginario alternativo forgiato nei fumetti HAN assume così il potenziale per rompere, partendo dal linguaggio del fumetto, la visione globalizzata, stereotipica e monocroma dell’Indiano, offrendo un caleidoscopio di storie e immagini alternative. Così come gli uomini vengono plasmati dalle influenza culturali attraverso la visione, essi possono riplasmare le stesse attraverso la produzione di artefatti e mezzi di comunicazione visivi. Bibliografia Barbieri Daniele (1991), I linguaggi del fumetto, ed. Bompiani Barker, Joanne, “Native Acts: law, recognition and cultural authenticity”, Duke Univerity Press, Durham and London 2011. Calabrese, Omar (2006), “Come si legge un’opera d’arte” ed. Mondadori Università Hearne, Joanne “Indigenous Animation: educational programming, narrative interventions, and children’s cultures” in Wilson, Pamena (Editor); Stewart, Michelle (Editor). Global Indigenous Media : Cultures, Poetics, and Politics. Durham, NC, USA: Duke University Press, 2008. 13 Doxtator, Deborah, “The idea of Indiannes and Once Upon a Time: the role of Indianness in History” in Cannon, Martin and Sunseri, Lina “Racism, Colonialism and Indigenity in Canada: a reader” (2011), Oxford University Press. Marazzi, Antonio (2002), “Antropologia della visione” ed. Carocci Sheyahshe, Michael A. “Native Americans in Comic Books – a critical study” McFarland Publications, 2008. COMIX e riviste Flicker, S. et al. (2012) “Taking Action! Art & Aboriginal Youth leadership for HIV prevention” Cardinal, Clifford and Garcia, Nelson “Gift” , ed. Healthy Aboriginal Network (2013) Keewatin Sanderson, Steven “Darkness Calls”, Healthy Aboriginal Network (2006) Keewatin Sanderson, Steven “Dropping the Flag” ed. Healthy Aboriginal Network (2011) Keewatin Sanderson, Steven “Just a Story” ed. Healthy Aboriginal Network (2012) Van Camp, Richard and Auchter, Christopher “Kiss Me Deadly”, ed. Healthy Aboriginal Network (2011) Sitografia: Animatics on youtube: (…) www.thehealthyaboriginal.net http://www.youtube.com/watch?v=UnI5TpyasDM http://www.youtube.com/watch?v=UMhxUz-QGb0 14 Appendice delle Immagini Fig.1; L’immagine stereotipica dell’Indiano Fig.2; Copertina di “Droppin Flag” (explicit version) , Han comics (Sandersoon – Garcia) 15 Fig. 3; Lupo Rosso, Super eroe Nativo americano Fig.4; Magico Vento, fumetto italiano 16 Fig.5; Estratto da “Kiss me Deadly”(p.37‐42), Han comics (R.Van Camp – C. Auchter) Fig.6; Estratto da “Kiss me Deadly”(p.37‐42; p.46), Han comics (R.Van Camp – C. Auchter 17 Fig.7; Estratto da “The Gift”, Han Comics. (C. Cardinal – N.Garcia) 18 Fig.8; Estratto da “Darkness Call”, Han comics (Steve Keewatim Sanderson) 19