6-8 Marzo 2006 - Salute per tutti

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6-8 Marzo 2006 - Salute per tutti
Vol. 78; n. 1 Supplement 1, March 2006
Founded
in 1924
by:
G. Nicolich
U. Gardini
G.B. Lasio
Indexed in
Medline/Index Medicus
EMBASE/Excerpta Medica
Medbase/Current Opinion
SIIC Data Base
Urological and Andrological Sciences
Official Journal
of the SIEUN
6° Congresso Nazionale
Società Italiana di Endourologia
S.I.E.U.N.
Società
Italiana di
Ecografia
Urologica
Nefrologica e
andrologica
Presidente Onorario: Prof. Patrizio Rigatti
Presidente del Congresso: Prof. Giorgio Guazzoni
Ministero della Salute
Regione Lombardia
Società Italiana di Urologia
Università Vita - Salute San Raffaele
Ordine provinciale dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Milano
Official Journal
of the SIUrO
SIUrO
Periodico trimestrale - Spedizione in abbonamento postale - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Milano
6 - 8 Marzo 2006 - Milano
Società Italiana di
Urologia Oncologica
Urological and Andrological Sciences
Founded in 1924 by: G. Nicolich, U. Gardini, G.B. Lasio
Official Journal of theEditorial
SIEUN -board
Official Journal of the SIUrO
Indexed in
Medline/Index Medicus - EMBASE/Excerpta Medica - Medbase/Current Opinion - SIIC Data Base
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
6° CONGRESSO NAZIONALE
SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA
Milano, 6 - 8 Marzo 2006
SEDE CHIRURGIA IN DIRETTA
Sale dell'Ospedale San Raffaele Turro di Milano
SEDE DEL CONGRESSO
Centro Congressi San Raffaele di Milano
CONSIGLIO DIRETTIVO IEA
Presidente
Roberto Mario Scarpa
Vicepresidente
Massimino D'Armiento
Segretario
Emanuele Montanari
Tesoriere
Antonello De Lisa
Consiglieri:
Paolo Beltrami, Pietro Cortellini, Massimo Dal Bianco, Antonello De Lisa, Emanuele Montanari, Domenico Prezioso
COMITATO SCIENTIFICO IEA
Enrico Pisani, Arcangelo Pagliarulo, Guglielmo Breda, Sergio Caggiano, Paolo Caione, Giovanni Caramia,
Luca Cormio, Antonello De Lisa, Salvatore Micali, Francesco Porpiglia, Alfredo Trippitelli, Andrea Tubaro,
Gianpaolo Zanetti, Filiberto Zanotti
COMITATO ORGANIZZATORE
Presidente Onorario
Patrizio Rigatti
Presidente
Giorgio Guazzoni
Segretari
Luciano Nava, Andrea Cestari, Rachele Santeramo
Collaboratori
Piera Bellinzoni, Luigi Broglia, Antonia Centemero, Andrea Losa, Tommaso Maga, Lorenzo Rigatti, Matteo Riva,
Matteo Zanoni, Nicolò Buffi, Vincenzo Dell'Acqua, Richard Naspro, Emanuele Scapaticci,
Nicoletta Bordonaro e Personale Infermieristico, Gabriele Cornaggia
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
I
Informazioni Generali
Segreteria Scientifica
Dott. Andrea Cestari
Unità Operativa di Urologia- Ospedale San Raffaele Turro
Via Stamira d'Ancona, 20 - 20127 Milano
Tel. 02.2643-3357
e-mail: [email protected]
Abstracts e Videotapes
Emanuele Montanari
Divisione di Urologia, Azienda Ospedaliera S. Paolo
Via Di Rudinì, 8 - 20142 Milano
e-mail: [email protected]
Segreteria Organizzativa
Emilia Viaggi Congressi & Meeting
Via del Pratello 2/b - 40122 Bologna
Tel. 051.235993 Fax 051.2914455
e-mail: [email protected]
www.emiliaviaggi.it
Segreteria IEA
Via del Pratello 2/c - 40122 Bologna
Tel. 051.2960103 Fax 051.2919210
e-mail: [email protected]
Sede del Congresso
Centro Congressi San Raffaele
Via Olgettina, 58 - 20132 Milano
Sede della Chirurgia in Diretta
Trasmissioni dalle Sale Operatorie del San Raffaele Turro
Via Stamira d'Ancona, 20 - 20172 Milano
Iscrizioni dopo l'8 Gennaio 2006
Soci IEA
Non Soci IEA
Specializzandi
Infermieri
Cena sociale
Euro
Euro
Euro
Euro
Euro
300,00 (+ iva 20%)
375,00 (+ iva 20%)
150,00 (+ iva 20%)
65,00 (+ iva 20%)
75,00 (+ iva 20%) (fino ad esaurimento posti)
La quota di iscrizione al Congresso include Cerimonia Inaugurale, par tecipazione ai
lavori scientifici, kit congressuale, lunch, coffee break, attestato di partecipazione.
Programma Sociale
La Cerimonia Inaugurale si terrà lunedì 6 marzo 2006 alle ore 14.30 presso la Sede Congressuale.
La Cena Sociale si terrà martedì 7 marzo 2006 alle ore 20.30
presso la Fondazione Metropolitan, corso Italia, 21 - Milano.
II
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
6° CONGRESSO NAZIONALE
SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA
Milano, 6 - 8 Marzo 2006
Lunedì, 6 Marzo 2006
AULA CARAVELLA SANTA MARIA
08:00 - 08.15
Apertura dei lavori e saluto ai partecipanti
Presidente Onorario: P. Rigatti
Presidente Congresso: G. Guazzoni
Presidente IEA: R.M. Scarpa
08:15 - 08.35
Lettura Sanofi-Aventis: “Ipertrofia prostatica un problema multisfaccettato”
Presentatore: E. Usai
Oratore: R.M. Scarpa
08.35 - 10.15
Chirurgia in diretta: Nuove tecniche di adenomectomia prostatica per adenomi > 80 g
Moderatori in Aula: E. Usai, D. Melloni, A. Tubaro, E. Austoni, L. Miano
Moderatore in sala operatoria: V. Di Santo
HoLEP
F. Montorsi
Millin laparoscopica
F. Porpiglia
TUNA
A. Tamai
10.15 - 10.30
Lettura Merck-Sharp & Dohme: BPH related Luts new evidences
Presentatore: G. Bianchi
Oratore: D. Prezioso
10.30 - 11.00
Resezioni bipolari per IPB: nuovo gold standard?
Moderatore: R.M. Scarpa
Oratori: Ing. F. Tintrup, M. D’Armiento, A. De Lisa
11.00 - 11.30
Opinioni a confronto per adenomi < 50 gr (vaporizzazione vs TURP)
Moderatore: A. Tubaro, D. Prezioso
Green Light
Oratore: D. Melloni
HoLAP
Oratore: I. Vavassori
TURP
Oratore: G. Breda
AULA SAN PAOLO
11.30 - 12.30
Corso Fotodinamica nelle neoplasie vescicali (PPD)
Moderatore: C. De Dominicis
Principi fisici, biologici e strumentazione in PDD
R. Naspro
Indicazioni e modalità di trattamento in PDD
R. Colombo
Revisione critica e clinica della letteratura sulla fotodiagnosi del tumore superficiale della vescica
F. Witjes
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
III
12.30 - 13.30
Dibattito Strutturato Malattia del giunto: fine dell’endopielotomia?
Moderatori: E. Pisani, L. Miano
Oratori: G. Bianchi, A. Pagliarulo
13.30 - 14.30
Work-shop
Clips in laparoscopia
A. Cestari, R. Naspro
Risultati sperimentali sui diversi modelli di clips disponibili
Valutazione comparativa clip-suturatrici
Filmati: opzioni d’impiego delle diverse clips prove pratiche al simulatore
AULA PASTEUR
11.30 - 12.00
Dibattito Stress incontinence: TOT vs TVT
Moderatore: W. Artibani
Oratori: F. Catanzaro, R. Damiano
12.30 - 13.30
Lezione Il ruolo dell’endourologia nella chirurgia dell’uretra posteriore
Presentatore: E. Austoni
Oratore: G. Barbagli
12.30 - 13.30
Mini Simposio Brachiterapia e crioterapia prostatiche: stato dell’arte e prospettive future.
Moderatore: G. Morgia
Brachiterapia
L. Nava, M. Maffezzini
Crioterapia
A. Galosi, A. Losa
AULA NINA
11.30 - 13.30
Hands on: Suture in Laparoscopia
A. Cestari, S. Micali, R. Autorino
AULA CARAVELLA SANTA MARIA
14.30 - 15.00
Inaugurazione del Congresso
Magnifico Rettore Università Vita-Salute: Don Luigi M. Verzè
Preside: A. Scala
Direttore Generale: R. Botti
Presidente SIU: A.V. Bono
Presidente Onorario del Congresso: P. Rigatti
Presidente del Congresso: G. Guazzoni
Presidente IEA: R.M. Scarpa
15.00 - 15.30
Lettura Incontinenza maschile post chirurgia prostatica
Presentatore: S. Rocca Rossetti
Oratore: B. Frea
15.30 - 18.00
Chirurgia in diretta Trattamenti mininvasivi per il trattamento dell’incontinenza maschile
post chirurgia prostatica
Moderatori in Aula: W. Artibani, B. Frea,V. Mirone,G. Vespasiani
Moderatore Sala Operatoria: G. Carrieri
Iniettabili:
a)
b)
Macroplastique
H. Strasser
Zuidex
F. Catanzaro
In Vance AMS
I. Morra
Pro Act
E. Kocjancic
AMS 800
R. Olianas
IV
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
18.00 - 18.30
Lettura Transurethral ultrasound guided stem cell theraphy for urinary incontinence
Presentatore: V. Mirone
Oratore: H. Strasser
18.30 - 19.00
Seduta amministrativa
AULA NINA
16.30 - 18.30
Hands on - Ureterorenoscopia Rigida e flessibile
P. Bellinzoni, A. Saita
AULA COSTANTINO - COMUNICAZIONI
11.30 - 12.30
Laparoscopia rene
Moderatori: C. Milani, C. Terrone
Crioablazione laparoscopica di neoplasie renali: esperienza dopo 70 procedure
A. Cestari, G. Guazzoni, R. Naspro, T. Maga, V. Dell’Acqua, L. Nava, P. Rigatti
L’utilizzo della colla di fibrina autologa per l’emostasi nella nefrectomia parziale videolaparoscopica
L. Schips, S. Gidaro, O.Dalpiaz, K.Lipsky, P.Petritsch, R. Zigeuner
L’uso delle colle nella chiurugia laparoscopica“nephron sparing”: “survey” europea
A. Celia, G. Guazzoni, V. Pansadoro, V. Disanto, F. Porpiglia, P. Fornara, C.C. Abbou,
G. Janetschek, N.A. Soomro, C. Milani, A. Breda, P.G. Schulam, J. de la Rosette, MP Laguna,
G. Breda
Nefrectomia parziale laparoscopica: esperienza multicentrica italiana
A.Celia, G. Guazzoni, V. Pansadoro, V. Disanto, F. Porpiglia, C. Dilani, G. Breda
Il prelievo laparoscopico di rene da donatore vivente per trapianto eseguito con tecnica gas-less
L. Repetto, G.Pasquale, G.na Cucchiarale, U. Ferrando
La nefrectomia laparoscopica eseguita con tecnica gas-less
L. Repetto, G.Pasquale, G.na Cucchiarale, U. Ferrando
Risultati del trattamento chirurgico laparoscopico del tumore renale in 68 pazienti
A. Piccinelli, G. Giusti, M. Seveso, G.Taverna, A. Benetti, L. Pasini, P. Graziotti
Morcellazione vs estrazione del pezzo integro dopo nefrectomia laparoscopica: valutazione
dell’impatto sul decorso postoperatorio e stadiazione patologica
A. Piccinelli, G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, P. Graziotti
12.30 - 13.30
Laparoscopia rene e prostata
Moderatori: C. Ferri, A. Inferrera
Prostatectomia radicale laparoscopica e continenza
V. Disanto, M.Romano, F Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò,
P. Rizzo, D. Azione
Prostatectomia radicale in vls in pazienti con pregressa TURP o adenomectomia prostatica
V. Disanto, M Romano, F.Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò,
P. Rizzo, D. Azione
Il legamento laterale della prostata: una nuova struttura punto di repere nella prostatectomia
radicale laparoscopica
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò,
P. Rizzo, D. Azzone
Prostatectomia radicale robotica: esperienza preliminare su 32 casi
W. Artibani , S. Cavalleri .,M. Iafrate.,F. Dal Moro, M. Aragona., A. Cisternino, V. Ficarra
L’utilità dell’esame estemporaneo al congelatore durante la prostatectomia radicale
laparoscopica con tecnica nerve-sparing
R Naspro, G. Guazzoni, M. Freschi, A. Cestari, R. Colombo, A. Salonia, N. Buffi, P. Rigatti
Preservazione dei legamenti pubo-prostatici e recupero della continenza precoce nei pazienti
sottoposti a prostatectomia radicale extraperitoneoscopica.
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, C.Cracco, I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, S. Grande, F. Musso,
R.M. Scarpa.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
V
Esiste un fattore di rischio per le complicanze nell’enucleoresezione laparoscopica?
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, I. Morra, M. Cossu, F. Ragni, M. Poggio, R. Tarabuzzi,
C. Terrone, R. M. Scarpa
Impiego di Tissucol e collagene per il controllo dell’emostasi in corso di enucleoresezione
laparoscopica.
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, C.M Scoffone,
C. Cracco, C. Terrone, R. M. Scarpa.
13.30 - 14.30
Laparoscopia miscellanea
Moderatori: R. Bertini, F. Micali
Laparoscopia nel testicolo non palpabile: la nostra esperienza.
PL. Ceccarelli, V. Durante, MA. Bianchini,P.Repetto, D.Biondini, A. Cacciari
Surrenalectomia laparoscopica transperitoneale: l'espressione massima della laparoscopia urologica
A. Cestari,G.Guazzoni, A. Centemero, M.Riva, A.Losa, R. Naspro, T. Maga e P. Rigatti
Efficacia clinica ed economica di un originale palloncino per la dilatazione dello spazio
retroperitoneale, rispetto al dispositivo commerciale per la retroperitoneoscopia.
A. Cestari, G.Guazzoni, R.Naspro, F. Montorsi, M.Riva, M. Zanoni, L. Rigatti, .N. Buffi, P. Rigatti
Asportazione laparoscopica di un linfangioma cistico retroperitoneale: un caso insidioso
A. Celia, A. Ruffato , G. Breda
Master di laparoscopia:un nuovo strumento di apprendimento controllato in urologia .
V. Disanto, M.Romano, S.Cotrufo, G.A.Scalese, F. Ventura, P.L.Rizzo, F.Portoghese, V.Pansadoro
Valutazioni tecniche ed oncologiche dopo 57 cistectomie radicali laparoscopiche
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò,
P. Rizzo, D. Azione
Cistectomia radicale laparoscopica vs chirurgia aperta: quali vantaggi?
F. Porpiglia, M. Billia, J.Renard, M. Cossu,D. Vaccino, M. Poggio, C. Cracco, C. M. Scoffone,
C. Terrone, R. Tarabuzzi, R. M. Scarpa
Enucleoresezione laparoscopica per neoplasia renale: esperienza su 35 casi
L.De Zorzi, N. Zanovello, M. Repele, M. Dal Bianco, I.M. Tavolini, C. Dilani
AULA NINA
13.30 - 14.30
Endourologia miscellanea 1
Moderatori: R. Autorino, A. Saita
La deferentoscopia: una nuova tecnica diagnostica?
L.Carmignani , F. Gadda , G. Bozzini , GM.Colpi , E. Montanari, F. Rocco
Cistoscopia rigida e flessibile: presente e futuro
L. Carmignani ,G. Bozzini ,P. Acquati , F. Mazzoleni , F. Rocco
Valutazione urodinamica su pazienti con deficit sfinteriale non neurogeno sottoposti
a trattamento con sling bulbo-uretrale INVANCE
I.Morra, F. Ragni, C. Terrone, D. Vaccino, M. Billia, R.M. Scarpa
Endoureteropielotomia retrograda con laser ad olmio: risultati a medio termine.
M. Simone, G. Pomara, C. Casarosa, P. Casale, C. Milesi, T. Verdacchi, M. De Angelis,
F. Francesca
Management endourologico delle neoplasie dell’alta via escretrice. nostra esperienza.
A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Burrello, G. Salemi, D. Aleo, M. Falsaperla, A. Lazzara, M. Motta
Trattamento endourologico nel rene trapiantato: nostra esperienza.
A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Pedalino, L. Ficicchia, F. Nicolosi, M. Burrello, S. V. Condorelli,
M. Motta
L’uso dell’anestesia locale con N-DO injector Physion nel trattamento endoscopico dei tumori
superficiali e mapping della vescica: risultati preliminari ed analisi costo-beneficio
M. Brausi, M.Gavioli, M. Viola, G. Simonini, G. Verrini, G. De Luca, G. Pernacchia
Sling bulbo-uretrale con utilizzo del dispositivo INVANCE nel trattamento del deficit sfinteriale
dopo prostatectomia radicale
I. Morra, F. Ragni, C. Scoffone, D. Vaccino, M. Billia, RM. Scarpa
VI
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Trattamento della vescica iperattiva da sclerosi multipla mediante iniezione intradetrusoriale
con tossina botulinica (botox a): due tecniche a confronto
I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, M. Cossu, M. Billia, R. M. Scarpa
Recupero della continenza urinaria dopo trattamento con ultrasuoni focalizzati per carcinoma
della prostata
V. Ficarra, S. Zecchini Antoniolli, G. Novara, A. Galfano, S. Cavalleri, W. Artibani
Efficacia litolitica del phillantus niruri nel trattamento della calcolosi ossalica residua del calice
inferiore post-eswl: studio randomizzato
C. Saltutti, R. Gunelli, T. Zenico, M. Fiori, H. Hanitzsch, C. Vivacqua, P. Lilli, E. Bercovich
Litotrissia extracorporea (SWL). risultati a lungo termine .
M. Gelosa,G. Zanetti, C. Castelnuovo., S. Paparella, S.Confalonieri, R. Lizzano,. F. Rocco
La calcolosi renale nel paziente anziano
M. Gelosa, L. Carmignani, S. Paparella ,G. Zanetti, R. Lizzano, F. Rocco
Diverticoli pielocaliciali: evoluzione del trattamento endoscopico
A. Vismara, R. Hurle, A. Manzetti, M. Catastini, S. Valenti, O. Fenice, I. Valvassori
AULA CARAVELLA SANTA MARIA – SESSIONE VIDEO
11.30 - 12.30
Tecniche di pieloplastica laparoscopica
Moderatori: G. Martina, S. De Stefani
Pieloplastica retroperitoneoscopica
G.Martina, Pl Giumelli, G Caruso, m Remotti, F Cantoni, S Scuzzarella
Pieloplastica laparoscopica transperitoneale – nostra esperienza
P. Fedelini, R. Campese, C. Meccariello, M. Rubino, M. Fedelini, A. Masala
Pieloplastica secondo Andreson – Hynes:accesso transperitoneale
G. Breda, A. Celia
La pieloplastica retroperitoneoscopica secondo Handerson – Hynes.
G.Breda, A. Celia
La pieloplastica retroperitoneoscopica con tecnica a lembo.
Gino Scalese, Michele Romano, Filippo Portoghese, Vincenzo Disanto
Ureteropieloplastica laparoscopica retroperitoneale: note di tecnica dopo 80 interventi
M.Amenta, L.Aresu, F.Maritati, M.Occhipinti, S.Grosso, G.Grosso
12.30 - 13.30
Endourologia - calcolosi 1
Moderatori: C. Terrone, V. Altieri
Infundibulotomia ed estrazione di calcoli in diverticolo caliciale per via percutanea
G. Pecoraro, L. Motta, G. Olivo, M. Frigo
Trattamento di calcolosi a stampo mediante PCNL e contestuale nefroscopia e ureteroscopia
flessibile in posizione supina (Valdivia-Uria modificata Galdakao)
C. Scoffone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, D. Vaccino, R.M. Scarpa
Trattamento endoscopico di calcoli renoureterali con ureterenoscopio STORZ “GAUTIER” con
Holmium Laser Calculase
C. Scoffone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, R.M. Scarpa
Il trattamento endoscopico della calcolosi a stampo renale: caso limite
M. Luciano, P. Parma, B. Dall'Oglio, V. Galletta, e. De Luise
Nefrolitotomia per cutanea in posizione supina
M. De Sio, R. Autorino D. Giordano S. Palombini, , U. Pane L. Cosentino,. F. Di Giacomo,
S. Mordente, G. Quarto, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano, C. Quattrone, M. D’Armiento
N-TRAP®:un nuovo accessorio per impedire la retromigrazione dei frammenti di calcolo durante
l’ureterolitotripsia
L. Defidio, M. De Dominicis, V. Santini
Decubito supino secondo Valdivia associato a posizione litotomica modificata in corso
di procedure endourologiche complesse: vantaggi urologici ed anestesiologici
C. Scoffone, C. Cracco, C. Terrone, F. Porpiglia, M. Poggio, G. Ibarluzea, A. Astobieta, I. Camargo,
M. Gamarra, A. Tempia’, R.M. Scarpa
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
VII
13.30 - 14.30
Endourologia – calcolosi 2
Moderatori: V. Di Girolamo, V. Ficarra
Nefrolitotripsia per cutanea (PCNL) in posizione supina. Esperienza di Parma
A. Frattini, P. Salsi, S. Ferretti, P. Cortellini.
Nefrolitotrissia per cutanea con plurimi accessi eco-guidati per calcolosi a stampo complessa
G. Bianchi, C. Di Pietro, S. Micali, F. Annino, B. Baisi
Manovre ancillari nel trattamento per cutaneo, con accesso unico, nelle calcolosi renali
complesse del calice inferiore
A. De Lisa, G. Puggioni , F. Monni, M. Fanari, M. Deplano,. P. Usai
La ureterorenoscopia con endoscopio flessibile in gravidanza.
P. Usai , A. Lai, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni, A. De Lisa.
Litotrissia laser transureteroscopica di calcolo in diverticolo caliciale superiore
V. Zizzi, A. Callea, B. Berardi, D. Sblendorio, A. Tempesta, F. Gala, R. Piccinni, A. Cafarelli,
A. Traficante
Nefrolitotrissia per cutanea in posizione supina.
A. Callea, B. Berardi, D. Sblendorio, V. Zizzi, L. Cormio, A. Tempesta, F. Gala, R. Piccinni,
A. Cafarelli, A. Traficante
AULA PASTEUR – SESSIONE VIDEO
13.30 - 14.30
Laparoscopia miscellanea
Moderatori: L. Da Pozzo, M. De Angelis
Ureterolitotomia laparoscopica
G. Martina, P. Giumelli, S Scuzzarella, M Remotti, G Caruso, F Cantoni
Pielolitotomia videolaparoscopica in rene ectopico pelvico sinistro.
R.Campese, .P. Fedelini, C. Meccariello, M. Rubino, A. Oliva, A. Masala
Emi-nefroureterectomia laparoscopica in un caso di duplicazione ureterale completa.
P. Casale, G. Pomara, M. Simone, R. Marzano, C. Casarosa, N. Armillotta, F. Francesca
Pielo – pielostomia laparoscopica retroperitoneale. Case report
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S.Grosso, G.Grosso
Ureterolitotomia retroperitoneoscopica: case report
S. Micali, A. Celia, S. De Stefani, F. Annino, M. Grande, M.C. Sighinolfi, G. Bianchi
Idronefrosi del distretto superiore in duplicazione ureterale complessa associata a ureterocele
ostruttivo: risoluzione con tecnica laparoscopica ed endoscopica vescical
A. De Lisa, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni , P. Usai
Trattamento retroperitoneoscopico di cisti parapielica con idrocalice sintomatico
A.Saita, M. Falsaperla, F. Nicolosi, G. Caldarella, L. Ficicchia, M. Burrello, B. Giammusso,
F. Marchese, F. Porpiglia
Resezione polare inferiore regolata sul calice con tecnica retroperitoneoscopica
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, F. Ragni, C. Cracco, C. Terrone, I. Morra, C. Scoffone,
M. Poggio, R. M. Scarpa
Cena per gli oratori
Martedì, 7 Marzo 2006
AULA CARAVELLA SANTA MARIA
08.00 - 08.20
Highlights del giorno precedente
A. Cestari, B. Rocco
08.20 - 08.45
Lettura: La calcolosi reno-ureterale nel 2006 – stato dell’arte
Moderatore: T. Lotti
Oratore: F. Rocco
VIII
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
8.45 - 10.30
Chirurgia in diretta
Moderatori in Aula: F. Zattoni, G. Muzzonigro, D. Cuzzocrea, G. Valdivia Uria
Moderatori Sala operatoria: A. De Lisa
Calcolosi calice renale inferiore
Ureterorenoscopia flessibile
R.M. Scarpa, C. Scoffone
MINI PERC.
E. Montanari
10.30 - 11.00
Opinioni a confronto PNL prona vs supina
Moderatori: G. Valdivia Uria, F. Zattoni, R.M. Scarpa
Oratori: A. Frattini, A. De Lisa
11.00 - 11.30
Dibattito URS del tratto prossimale: rigida o flessibile?
Moderatori: P. Cortellini, G.P. Zanetti
Oratori: F. Francesca, L. Defidio
AULA PINTA
11.30 - 12.30
Corso: Trattamento laparoscopico del prolasso pelvico e dell’incontinenza
Moderatori: V. Di Santo, A. Pagliarulo
Oratore: R. Gaston
12.30 - 14.00
Corso: V.L.R.P.: step by step
Moderatori: V. Pansadoro, I.S. Gill
14.00 - 14.30
Corso: Prostatectomia Radicale Robotica
Presentatore: E. Montanari
Oratore: T. Piechaud
AULA PASTEUR
11.30 - 12.30
Dibattito strutturato Neoplasie incidentali del rene: terapie consolidate o nuove metodiche?
Moderatori: M. Carini, G. Martorana
Oratore: R. Gaston
Crio
A. Cestari
RITA
A. Rampoldi
Lap
F. Porpiglia
Open
M. De Sio
12.30 - 13.00
Lettura Tecniche di insegnamento in chirurgia - laparoscopia - endurourologia in Italia
Moderatori: G. Bianchi , M. Motta, G.L. Melotti
13.00 - 14.30
Seduta S.I.U.P. L’endourologia in età pediatrica
Moderatori: P. Caione, C. Laurenti
Lettura Ruolo attuale della laparoscopia in urologia pediatrica
M. Lima
Comunicazioni brevi e video
Nefrectomia retro e videolaparoscopica: l’esperienza della SIVI
G. Riccipetitoni, M. Lima, L. Mastroianni, C. Esposito, A. Settimi, A. Garzi, A. Paparella,
A. Marte, G. Monguzzi, M. Cimador
Esperienza di retroperitoneoscopia in età pediatrica
A. Garzi, V. Abate, F. Molinaro, G. Amato, N. Nardi, M. Messina
Approccio laparoscopico del testicolo ritenuto intraddominale non palpabile.
L’esperienza di 2 centri di chirurgia pediatrica
M. Cimador, M. R. Di Pace, M. Sergio, P. Catalano, E. De Grazia.
La video-laparoscopia nel testicolo non palpabile: la nostra esperienza
P.L. Ceccarelli, V. Durante, M.A. Bianchini, P. Repetto, D. Biondini, A. Cacciari
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
IX
Trattamento attuale laparoscopico del varicocele pediatrico
G. Mattioli, S. Avanzini, M. Castagnetti, A. PiniPrato, V. Jasonni
Il siringocele in età pediatrica: 17 casi osservati in 25 casi
F. Battaglino, P. Campobasso, L. Musi
Calcolosi a stampo in doppio distretto renale incompleto in bambino di 2 anni:
trattamento retrogrado con laser ad olmio
L. Defidio, M. De Dominicis, E. Matarazzo, P. Caione
Surrenalectomia laparoscopica in età pediatrica
A. Bocciardi, A. Lesma, A. Cestari, P. Bellinzoni, G. Guazzoni, P. Rigatti
Il trattamento endoscopico del refluso vescico-ureterale in età pediatrica
C. Bianco, A. Angelone, A. Aliotta, A. Fonzone Caccese, S. Mariconda, C. Imbimbo, N.Longo, V. Mirone
Ureteroscopia in età pediatrica: revisione della letteratura
C. Scoffone, F. Porpiglia, I. Morrà, C. Craccò, M. Poggio, M. Billià, R.M. Scarpa
AULA NINA
11.30 - 13.30
Hands on Cistoscopia flessibile
R. Colombo, L. Carmignani
AULA CARAVELLA SANTA MARIA
14.30 - 15.00
Lettura: “La chirurgia laparoscopica della neoplasia renale nel 2006 - stato dell’arte”
Moderatore: P. Rigatti
Oratore: G. Breda
15.00 - 17.30
Chirurgia in diretta: “Nefrectomie per neoplasia renale”
Moderatori in Aula: E. Belgrano, G. Morgia, F. Francesca, G. Breda, R.L. Tenaglia
Moderatore S.O.: V. Di Santo
Nefrectomia transperitoneale
G. Bianchi
Nefrectomia retroperitoneale
T. Sulser
Nefrectomia hand - assisted
l. Gomella
17.30 - 18.00
Lettura Presidente Onorario del Congresso La laparoscopia urologica: quali i limiti?
Presentatore: R.M. Scarpa
Oratore: P. Rigatti
18.00 - 18.30
The role of watchful waiting in small incidentally discovered renal masses
Presentatore: G. Bianchi
Oratore: M. Marberger
18.30 - 19.00
Lettura Laparoscopic radical cystectomy: where are we now?
Presentatore: G. Guazzoni
Oratore: I.S. Gill
AULA COSTANTINO - COMUNICAZIONI
11.30 - 12.30
Endourologia calcolosi 1
Moderatori: A. Tasca, T. Beltrami
Terapia non chirurgica della litiasi vescicale
P. Guiggi, M. Del Zingaro, V. Bini, C. Micheli
L’ureteroscopia rigida nel trattamento della calcolosi ureterale
G. Deiana, O. Pianezza, L.P. Canclini, L. Ferodi, A. Lembo.
Stenting ureterale dopo uretero-litotrissia : considerazioni e studio retrospettivo su 181 pazienti
C. Saltutti, H. Hanitzsch, T. Zenico, M. Fiori, R. Gunelli, P. Lilli, C. Vivacqua, E. Bercovich
Ureteroscopia flessibile: considerazioni sulla longevità dello strumento dopo 145 procedure
C. Scoffone, F. Porpiglia, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, M. Billia, S. Grande, F. Musso,
R.M. Scarpa
X
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Ureteroscopia in gravidanza: revisione della letteratura
C. Scoffone, F. Porpiglia, I. Morra, C. Cracco, M. Poggio, M. Billia, R.M Scarpa
Dispositivi anti-retromigrazione dei calcoli in corso di URS: utilità reale?
F. Cauda, L. Squintone, O Sedigh, C.Fiori, D. Fontana, U. Ferrando
Calcolosi nel rene a ferro di cavallo: qual è la migliore opzione terapeutica
A.Saita, A. Bonaccorsi, M. Falsaperla, G. Salemi, G. Caldarella, S.V. Condorelli, M. Motta
Ureterorenoscopia rigida del tratto prossimale dell'uretere: tempo operatorio,
percentuale di “stone free”, complicanze
M. Maffezzini, F. Campodonico
Risultati di uno studio randomizzato sul trattamento della calcolosi dell'uretere pelvico:
conservativo vs endoscopico
F. Nigro, P. Ferrarese, E. Scremin, G. Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, A. Tasca
L’endoscopia flessibile nella nefrolitotrissia percutanea (PCNL) garantisce alti tassi di stone-free.
P. Usai, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano A. De Lisa
Accesso percutaneo alle cavità renali in posizione supina anterolaterale. come e perché.
L. Cormio, F.P. Turri, P. Annesse, T. Corvasce, M. De Siati, A. Perrone, F. Lorusso, S. Pentimone,
G. Carrieri
12.30 - 13.30
Endourologia calcolosi 2
Moderatori: B. Campo, C. Cozzuopoli
Mini perc in posizione di Valdivia: nostra esperienza dopo 38 procedure
F. Cauda, A. Frattini, S. Ferretti, P. Salsi, L. Squintone, U. Maestroni, C. Fiori, U. Ferrando,
D. Fontana, P. Cortellini
Approccio endourologico in paziente con calcolosi ureterale dx e pielica sn in rene ectopico pelvico
A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, G. Icona, A. Polara, M. Pedalino, B. Giammusso, M. Motta
Nefrolitotomia percutanea sincrona nel trattamento della calcolosi renale bilaterale
F. Zattoni , B. Grossetti B, M.A. Cerruto
Ottimizzazione organizzativa ed economica dell’utilizzo spazio temporale dei macchinari
di litotrissia extracorporea in un moderno centro di litotrissia.
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò,
P. Rizzo, D. Azione
Idronefrosi secondaria a stenosi del giunto pieloureterale destro conseguente a litotrissia
extracorporea per calcolosi renale
S. Pagano, P.Rovellini, P.Ruggeri, A. Bottanelli, M. Motta
ESWL con litotritore mobile Storz Modulith SLX-F2: esperienza iniziale
M. De Sio, S. Mordente, G. Quarto, R. Autorino, D. Giordano, S. Palombini, U. Pane,
L. Cosentino, F. Di Giacomo, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano, A. Landolfi, M. D’Armiento
Miniperc? no, grazie
G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Piccinelli, A. Benetti, L. Pasini, A. Teppa, P. Graziotti
La litotrissia percutanea “tubeless” riduce ulteriormente l’invasivita’ della pcnl standard senza
aumentarne significativamente i rischi
G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Piccinelli, A. Benetti, L. Pasini, A. Teppa, P. Graziotti
Calcolosi renale complessa bilaterale: approccio percutaneo in tempo unico
P. Usai, F. Monni, M.Fanari, M.Deplano, G. Puggioni, A. De Lisa
13.30- 14.30
Trattamento endourologico dell’IPB
Moderatori: L. Broglia, M. De Sio
Efficacia del bisturi a sistema plasmacinetico (gyrus) versus quello monopolare tradizionale;
studio comparativo randomizzato e tre anni di follw-up
R. Giulianelli, S. Brunori, B.C. Gentile, V. Vincenti, F. Pisanti, T. Shestani
Due tecniche di resezione transuretrale della prostata (TURP) a confronto: Bipolare versus
Monopolare
C. Scoffone, F. Porpiglia, C. Terrone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, D. Vaccino, R.M. Scarpa
Laser F.R.E.D.D.Y vs laser Olmio: 2 fonti di energia per litotrissia endoscopica a confronto
P.P. Fasolo, E. Conti, S. Lacquaniti, R. Mandras, L. Puccetti, G. Fasolis
Risultati preliminari dall’EAU Real Life Data Registry sulla Terapia TUNA
A. Tubaro ,K. Höfner, H. Villavicencio, JJ. de la Rosette, CR. Chapple
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
XI
TURP bipolare con sistema GYRUS: risultati su 88 pazienti con follow-up di 1 anno
M. De Sio, R. Autorino, D. Giordano, U. Pane, L. Cosentino, F. Di Giacomo, S. Mordente,
G. Quarto, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano, D. Sorrentino, M. D’Armiento
Vaporizzazione della prostata con laser ktp: debulking vero o semplice conizzazione?
A.Tubaro, C. De Nunzio, A. Trucchi, S. Petta, L. Miano
Il bisturi elettronico a risonanza quantica molecolare Vesalius U 20 ‘ nell’adenomectomia
prostatica transuretrale: esperienza clinica preliminare
A. Meneghini, M.G. Alipour, V. Pegoraro
Il generatore bipolare ACMI Vista CTR: esperienza clinica su 74 casi di adenomectomia
prostatica transuretrale.
A. Meneghini, M. Pizzarella, V. Pegoraro
Enucleazione con Holmium laser (HoLEP) versus adenomectomia prostatica trans-vescicale
per prostate > 70 gr: follow-up a due anni
R. Naspro, N. Suardi, A. Salonia, B. Mazzoccoli, V. Di Girolamo, R. Colombo, G. Guazzoni,
P. Rigatti, F. Montorsi
PVP con laser KTP/TURP: 2 esperienze cliniche a confronto
N. Longo, C. Imbimbo, F. Fusco, D. Arcaniolo, P. Verze, C. Barba, F. Fiore, V. Mirone
Trattamento endoscopico con laser ad Olmio di stenosi dell’anastomosi uretro vescicale esito
di prostatectomia radicale: descrizione di un caso clinico
S. Valenti, I. Vavassori, R. Hurle, A. Manzetti, O. Fenice, M. Catastini, A. Vismara
AULA NINA
13.30 - 14.30
XII
Endourologia miscellanea 2
Moderatori: R. Colombo, R. Miano, M. Longo
Il trattamento dell’incontinenza maschile iatrogena mediante impianto di “bulking agents”:
risultati preliminari
M. Gabelli, M.Giglio, F. Pantalone, G. Queirolo, C. Caviglia, M.Medica
Un raro caso di ematuria lateralizzata: fistola venoso-caliceale o tumore a cellule transizionali
delle alte vie controlaterale?
L. Defidio, M. De Dominicis, V. Santini
Ricanalizzazione combinata per via endoscopica retrograda ed approccio percutaneo con guida
ecografica per lesione ureterale, con voluminoso urinoma, secondaria ad intervento di
isterectomia + annessiectomia totale per pelviperitonite
M. Mari, A. Ambu, F. Mangione, S. Guercio, M. Bellina
Affidabilità della cistoscopia con 5 ala nel follow-up del cis puro in trattamento con BCG
R. Colombo, R. Naspro, P. Bellinzoni, G.Guazzoni, F.Fabbri, P. Rigatti
Diagnosi istologica definitiva sulla biopsia prostatica in 3 ore: esperienza del primo anno
L. Nava, M. Freschi , C.Dogliosi, A. Losa, E. Scapaticci, T.Maga, P. Rigatti, G. Guazzoni
Brachiterapia nel carcinoma prostatico intracapsulare. equivalenza della dosimetria in pazienti
con controindicazioni relative ed in pazienti con caratteristiche standard
M. Maffezzini, E. Vaccara, T. Calcagno, L. Gavazzi,P. Ricci, A. Grimaldi, F. Grillo, M. Gambaro, G. Taccini
Trattamento combinato endourologico-open di malattia uroteliale
A. Frattini, S. Ferretti, F. Dinale, P. Cortellini
Il trattamento endourologico della cisti pielogena: criteri per la scelta del tipo di approccio
F. Nigro, P. Ferrarese, G. Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, E. Scremin, A. Tasca.
Il trattamento dell’incontinenza maschile iatrogena mediante impianto di “bulking agents”:
risultati preliminari
M.Gabelli, M. Giglio, F. Pantalone, G. Queirolo, C. Caviglia, M. Medica.
Valutazione prospettica dell’assunzione cronica di phyllanthus niruri e studio metabolico urinario
M.C. Sighinolfi.,A. Celia, S. Micali, M. Corinti, F. Annino, M. Grande, N. Ferrari, S. De Stefani, G. Bianchi
Correlazione fra stent ureterali e sessualità: analisi prospettica e multivariata
M.C. Sighinolfi, S. De Stefani, A. Mofferdin, A. Celia, M. Giacometti, M. Rivalta, Ferrari N.,
S. Micali, G. Bianchi
Calcolosi ureterale ostruente con associato peggioramento della funzionalità renale:
può la litotrissia extracorporea rappresentare un trattamento d’urgenza?
M.C. Sighinolfi., A Celia, S. Micali, M.Grande, A. Beato, S. De Stefani, A. Mofferdin, F. Nancy, G. Bianchi.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Tamponamento vescicale: risoluzione rapida per via sovrapubica
A. De Lisa, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, P. Usai
L’endopielotomia percutanea nella malattia del GPU: una tecnica sempre attuale anche
nell’era della laparoscopia
A. De Lisa, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni, P. Usai
HIFU nel trattamento del carcinoma prostatico ad alto rischio di progressione
A. Callea, V. Zizzi, A. Cafarelli, R. Piccinni, D. Sblendorio, B. Berardi, F. Gala, A. Tempesta, A. Traficante
Trattamento ureteroscopico dei tumori della pelvi renale e dell’uretere
R. Piccinni, A. Callea, D. Sblendorio, B. Berardi, V. Zizzi, A. Tempesta, F. Gala, A. Cafarelli,
A. Traficante
AULA CARAVELLA SANTA MARIA - VIDEO
11.30 - 12.30
Laparoscopia: rene e prostata
Moderatori: C. Imbimbo, P. Bove, F. Gaboardi
Nefrectomia laparoscopica in pazienti con anomalia numerica dei vasi renali
G.Martina, P. Giumelli, G Caruso, M. Remotti, F. Cantoni
Eminefroureterectomia videolaparoscopica superiore sinistra per idropioureteronefrosi
del distretto cefalico in duplicità pieloureterale bilaterale con rene sovrannumerario
A. Molon, G. Caleffi, M. Pastorello
Vesciculectomia ed exeresi di ghiandola prostatica residua per via laparoscopica dopo
prostatectomia radicale laparoscopica incompleta
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G.Grosso
Prostatectomia radicale laparoscopica pre-peritoneale. Codifica della tecnica dopo 750 interventi.
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso
Chirurgia nephron sparing laparoscopica. Tecniche di emostasi.
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso
La nefrectomia retroperitoneoscopia anatomica
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò,
P. Rizzo, D. Azione
Preparazione dello spazio extra-peritoneale in corso di LERP: note di tecnica
M. Falsaperla, A. Saita, F. Nicolosi, G.Iacona, D. Aleo, A. Polara, A. Bonaccorsi, M. Motta
12.30 - 13.30
Laparoscopia: rene e surrene
Moderatori: A. Traficante, C. Aragona, R. Tarabuzzi
L’utilizzo della colla di fibrina autologa per l’emostasi nella nefrectomia parziale videolaparoscopica
L. Schips, S. Gidaro, O. Dalpiaz, K. Lipsky, P. Petritsch, R. Zigeuner
Enucleoresezione laparoscopica e controllo dell’emostasi con sutura associata a tissucol e
lamina di collagene
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, M. Poggio, C. Cracco, C. Terrone,
C. Scoffone, R.M. Scarpa
Eminefrectomia laparoscopica destra in doppio distretto con dilatazione non refluente
del distretto superiore.
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, M. Bianchi, R. Lace,
B. Tadini, R.M. Scarpa
Enucleoresezione retroperitoneoscopica di neoplasia renale snistra: ischemia a’ la demande,
dissezione con ultracision ed emostasi con punto e colla cianoacrilica (Glubran)
C. Milani, L. De Zorzi, I.M. Tavolini, N. Zanovello, M. Dal Bianco
Surrenalectomia laparoscopica retroperitoneale. Tecnica
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso
Surrenalectomia laparoscopica per voluminoso ancient schwannoma retroperitoneale: case report
S. Micali, F. Annino, A. Cestari, G. Peluso, A. Celia, S. De Stefani, G. Guazzoni, G. Bianchi
Nefrectomia radicale sinistra laparoscopica per carcinoma renale con trombo neoplastico
nella vena renale.
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, C. Cracco, C. Terrone, F. Ragni, M. Poggio,
R.M. Scarpa
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
XIII
13.30 - 14.30
Endourologia miscellanea
Moderatori: C. Scoffone, R. Damiano, G. Zanetti
PVP Standard versus PVP-VIT nel trattamento di adenomi prostatici voluminosi
S. Biscioni, M.Gavazzi, F. Rubino
Utilizzo dell’indirizzatore laser AUTOFLEX (Lisa laser) in una stenosi del giunto pielo-ureterale
recidiva dopo pieloplastica chirurgica
C. Scoffone, I. Morra, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, R.M. Scarpa
PERIGEETM : correzione dei difetti della parete vaginale anteriore con approccio transotturatorio
M. Simonazzi, S. Meli, P. Cortellini
L' "accesso" ideale al calice nelle procedure percutanee: proposta metodologica
A. Frattini, S. Ferretti, P. Salsi, F. Dinale, P. Cortellini
Gli approcci endourologici alla cisti pielogena
F. Nigro, P. Ferrarese, G. Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, E. Scremin, A. Tasca
Incisione retrograda laser su catetere a palloncino di stenosi dell’anastomosi uretero-ileale
nelle derivazioniurinarie
N. Proscia, G. de Rienzo, I. Martines, V. Pagliarulo, I. Intermite, A. Pagliarulo
Trattamento endourologico di sospetto tumore recidivo dell’uretere
D. Sblendorio, R. Piccinni, A. Callea, B. Berardi, V. Zizzi, A. Tempesta, F. Gala, A. Cafarelli,
A. Traficante
AULA SAN PAOLO
08.00 - 18.00
Seminario infermieri
Endourologia e laparoscopia: tecniche a confronto e nuovi scenari
08.00 - 08.30
Registrazione dei partecipanti.
08.30 - 09.00
Saluto delle Autorità, apertura e presentazione del Congresso
Presidente I.E.A.: R.M. Scarpa
Presidente del Congresso: G. Guazzoni
Servizio Infermieristico H.S. Raffaele: A Rossetti, R. Manteca
Coordinatrice Comparto Urologia S. Raffaele Turro e referente del progetto formativo: N. Bordonaro
Collaboratrice del progetto formativo: P. Striglia
Coordinatrice Blocchi Operatori H.S. Raffaele: E. Bassani
Prima sessione: Chirurgia endoscopica
Moderatori: W. Lunardò, E. Bassani, C. Sanseverino
09.00 - 09.30
Il paziente e l’intervento endoscopico: Implicazioni infermieristiche nella fase pre e post operatoria
Moderatori: S. Squarzon
09.30 - 10.00
L’utilizzo del laser nella resezione endoscopica di adenoma prostatico: “HoLEP”
Moderatori: A. Bonini
10.00 - 10.30
La calcolosi ureterale: “URS”.
Moderatori: A. Pinto, H. Galliera
10.30 - 11.00
La calcolosi renale: “PNL”
Moderatori: C. Bernazzali, C. Simoncelli
11.00 - 11.15
Coffee break
11.15 - 11.45
Nuove tecniche per il trattamento del carcinoma prostatico: “HIFU”
Moderatori: D. Pellizzari, C. Ferrato Beretta
11.45 - 12.15
Nuove tecniche per il trattamento del carcinoma prostatico: “CRIOTERAPIA”
Moderatori: M. Arnau Canton
12.15 - 13.00
Dibattito
13.00 - 14.00
Lunch
Seconda sessione: la chirurgia laparoscopica
Moderatori: N. Bordonaro, S. Squarzon, M. Arnau Canton
XIV
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
14.00 - 14.30
Assistenza infermieristica al paziente sottoposto a Laparoscopia.
Moderatori: G. Chaulan, S. Merli, F. Rizzi
14.30 - 15.00
L’adenomectomia prostatica secondo Millin
Moderatori: C. Demelas
15.00 - 15.30
La gestione dello strumentario endoscopico e laparoscopico
Moderatori: S. Tomasini, H. Manerbio
15.30 - 15.45
15.45 - 16.15
Coffee break
La prevenzione delle complicanze intraoperatorie
Moderatori: P. Striglia
16.15 - 16.45
Il rischio clinico in sala operatoria: “Risultati di uno studio”
Moderatori: W. Lunardò
16.45 - 17.15
Panorama futuro dell’urologia
Moderatori: C.Sanseverino
17.15 - 18.00
Dibattito, compilazione dei questionari e chiusura lavori
20.30
Cena sociale
Mercoledì, 8 Marzo 2006
AULA CARAVELLA SANTA MARIA
08.00 - 08.20
Hilights
L. Nava, A. Salonia
08.20 - 08.50
Dibattito: Tecniche di emostasi sul parenchima renale
Moderatori: G. Bianchi, F. Porpiglia
Oratori: L. Schips, V. Di Santo, G. Morgia
08.50 - 12.00
Chirurgia in diretta Chirurgia “nephron sparing”
Moderatori in Aula: F.P. Selvaggi, M. Maffezzini, F. Gaboardi, M. Porena, M. Carini
Moderatore Sala Operatoria: V. Pansadoro
Tumorectomia Laparoscopica Retroperitoneale
I.S. Gill
Tumorectomia Laparoscopica Transperitoneale
R. Gaston
Tumorectomia Hand Assisted
L. Gomella
12.00 - 12.40
Opinioni a confronto Chirurgia Nephron Sparing. Dibattito tra gli esperti
Moderatori: G. Carmignani, P. Rigatti, G. Mobilio
Oratori: G. Martorana, M. Dal Bianco, F. Porpiglia, C. Milani
12.40 - 13.00
Lettura Lesson learned after more than 550 laparoscopic partial nephrectomy: the CCF experience
Moderatore: M. D’Armiento
Oratore: I.S. Gill
13.30
Chiusura dei lavori
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
XV
6° CONGRESSO NAZIONALE
SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA
Milano, 6 - 8 Marzo 2006
L’Associazione Italiana di Endourologia esprime la sua gratitudine alle Aziende che con la loro partecipazione hanno
contribuito alla realizzazione del 6° Congresso Nazionale IEA
A.C.R. ANGELINI FRANCESCO
LUMENIS ITALY
AB MEDICA
MEDIMAR
ASTELLAS PHARMA
MEDTRONIC ITALIA
ASTRAZENECA
MERCK SHARP & DOHME
BAXTER
MOVI
BAYER HEALTHCARE
NATURAL BRADEL
B. BRAUN MILANO
N.G.C. MEDICAL
BIOHEALTH ITALIA
OLYMPUS ITALIA
BIOSKIN ITALIA
ONCURA ITALY
BOSTON SCIENTIFIC
PHYSION
CELBIO
PORGES
COOK ITALIA
Q-MED ICT
DIMED
ROCCHETTA
DORNIER MEDTECH ITALIA
SCHERING
EDAP TECHNOMED ITALIA
SCS INTERNATIONAL
EMS ITALIA
SI.EM
ESAOTE
SIGMA-TAU Industrie Farmaceutiche Riunite
GLAXO SMITHKLINE
SPA Società Prodotti Antibiotici
GRUPPO SANOFI - AVENTIS
TEGEA
INNOVAMEDICA
TELEFLEX MEDICAL
KARL STORZ ENDOSCOPIA ITALIA
TYCO HEALTHCARE
LITHOMOBILE
XVI
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
ABSTRACTS
6° CONGRESSO NAZIONALE
SOCIETÀ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA
Milano, 6-8 Marzo 2006
NEFRECTOMIA RETRO E VIDEOLAPAROSCOPICA: L’ESPERIENZA DELLA SIVI
G. Riccipetitoni, M. Lima, L. Mastroianni, C.
Esposito, A. Settimi, A. Garzi, A. Paparella, A.
Marte, G. Monguzzi, M. Cimador
Scopo: La nefrectomia e l’eminefrectomia, tradizionalmente eseguite nel bambino per via
antero-laterale con una conseguente debolezza
della parete muscolare, trovano oggi un’eccellente soluzione nella chirurgia mininvasiva e,
in modo particolare, nell’approccio retroperitoneoscopico.Riportiamo l’esperienza di un
gruppo di chirurghi della SIVI relativa a 74
procedure retro e videolaparoscopiche.
Materiali e Metodi: sono stati trattati con tecnica mininvasiva 74 pazienti: in 70 di essi è
stata eseguita una nefrectomia, in 4 un’eminefrectomia. L’approccio laparoscopico, con
l’impiego da 3 a 5 trocars, è stato eseguito in
7 pazienti: 6 con un rene normotopico, 1 con
rene ectopico pelvico. Nei restanti 67 pazienti è stato preferito l’approccio retroperitoneoscopico (63 nefrectomie e 4 eminefrectomie)
posizionando il paziente in decubito laterale
ed utilizzando tre trocars operativi; si trattava di: 40 casi di rene multicistico, 5 casi di
sindrome del giunto pieloureterale, 9 casi di
displasia renale (2 ipoplasia, 3 ureterocele, 3
ureteri ectopici, 1 ureterocele in rene ectopico), 12 casi di rene grinzo, 1 caso di calcolosi renale. L’età variava tra 12 mesi e 18 anni
(l’età inferiore ha interessato soprattutto
pazienti con rene multicistico). La durata
media delle procedure è stata di 130’ (range
compreso tra 70’ e 180’). In 6 casi di retroperitoneoscopia è stato accidentalmente
determinato un pneumoperitoneo, risolto in
2 casi con desufflazione con ago; in 4 casi
con conversione. Un altro paziente (caso di
calcolosi renale) ha richiesto la conversione
per difficoltà tecniche. In totale si sono rese
necessarie 5/67 conversioni (7.4%) nella
serie retroperitoneoscopica. Non si è manifestato nessun caso di sanguinamento intra o
postoperatorio e la degenza media è stata di
circa tre giorni.
Conclusioni: La nefrectomia con tecnica
mininvasiva rappresenta una soluzione sicura
ed efficace. L’approccio retroperitoneoscopico
rispetto a quello laparoscopico offre il vantaggio di evitare la manipolazione e la dissezione colica e, in alcuni casi, il rischio di
inquinamento del cavo peritoneale permettendo, inoltre, un approccio diretto al rene ed
una buona esposizione dell’ilo renale. La tecnica miinvasiva offre, inoltre, il vantaggio di
praticare un’exeresi completa dell’uretere nei
casi di uretere ectopico prevenendo la sindrome del moncone ureterale residuo. Nella
nostra serie non ci sono state complicanze
maggiori, né sanguinamenti, la procedura è
stata completata con successo in 68/74
pazienti (91.8%) con evidenti vantaggi che
hanno portato ad una rapida dimissione, ad
una rapida ripresa dell’attività fisica ed ad un
buon risultato estetico con integrità della
parete muscolare.
ESPERIENZA DI RETROPERITONEOSCOPIA
IN ETÀ PEDIATRICA
A. Garzi, V. Abate, F. Molinaro, G. Amato, N.
Nardi, M. Messina
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
1
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Tabella 1.
Patologia
N. casi
Porte
Conversioni
Età (range)
Varicocele
47
1
1
8-14 anni
20-55
1.5
3-24
3
2
/
16-24 mesi
100-120
4-6
12
Stenosi
1
1
del giunto pielo-ureterale (sGPU)
/
18 mesi
150
5
3
Cisti polare
1
superiore sinistra
/
11 anni
40
4
24
Nefrectomia
3
Gli Autori riportano la loro iniziale esperienza
in chirurgia mininvasiva retroperitoneale in
ambito pediatrico. Materiali e Metodi:
Durante il periodo 1° gennaio 2003 - 31
dicembre 2005 presso la Chirurgia Pediatrica
di Siena sono state effettuate 52 procedure
retroperitoneoscopiche in pazienti di età compresa fra 16 mesi e 14 anni (Tabella 1). Tutti
i pazienti sono stati posizionati in decubito
laterale con una lieve spezzatura per ampliare
la “camera di lavoro”. In tutti i pazienti è stato
impiegato un trocar tipo Hasson con palloncino e ottica a 0° di 10 mm di diametro. La posizione del primo trocar è variata a seconda
della patologia e soltanto nel caso della cisti
sono state utilizzate due porte accessorie operative. Nel caso di varicocele è stato utilizzato,
come unico sistema di coagulazione la corrente bipolare, mentre nel caso di nefrectomia e
cisti polare la coagulazione ad ultrasuoni. Per
la sGPU è stata utilizzata la metodica di Lima
et al. con unico accesso (One Trocar-Assisted
Pieloplasty OTAP). Il follow-up è stato effettuato a 6, 12 e 24 mesi dopo l’intervento.
Risultati: Tutte le procedure, in anestesia generale, sono state condotte a termine tranne che
in un unico caso di varicocelectomia in cui
l’intervento è proseguito con approccio transperitoneale per problemi tecnici. In nessun
caso si sono avute complicanze intra e postoperatorie maggiori e/o minori. Il dolore postoperatorio è stato trattato in relazione alla procedura: un’unica somministrazione di paracetamolo + codeina (Lonarid) per i pazienti operati per varicocele; mentre i tre bambini sottoposti a nefrectomia e quello a sGPU sono stati
trattati con infusione continua per 48 ore di
tramadolo+ketorolac.
Conclusioni: I risultati ottenuti nella esperienza preliminare della nostra Scuola mostrano
la fattibilità e la sicurezza dell’approccio retroperitonoscopico. Tutte le procedure sono
2
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Timing (minuti) Degenza (giorni)
Follow-up (mesi)
state condotte a termine, tranne una per problemi tecnici. Il tempo di esecuzione ha
mostrato un trend in diminuzione direttamente proporzionale alla “learning-curve”, il
tasso di complicanze e recidive è sovrapponibile alle altre procedure mininvasive.
L’approccio retroperitopneoscopico, pertanto,
può essere considerato una procedura riproducibile e, con adeguata preparazione, sicura
ed affidabile. In particolare è indicata nel
paziente pediatrico, in quanto permette un
approccio più anatomico alle strutture vascolari e parenchimali con un minore trauma
chirurgico, consentendo quindi un più rapido
recupero post-operatorio, associato ad un
ottimale risultato estetico.
APPROCCIO LAPAROSCOPICO DEL TESTICOLO RITENUTO INTRADDOMINALE NON
PALPABILE. L’ESPERIENZA DI 2 CENTRI DI
CHIRURGIA PEDIATRICA
M. Cimador1, M.R. Di Pace1, M. Sergio1, P.
Catalano1, E. De Grazia1, C. Esposito2
1
Cattedra di Chirurgia Pediatrica e U.O. semplice di
Chirurgia Laparoscopica Pediatrica, Università di
Palermo; 2Cattedra di Chirurgia Pediatrica, Università
“Magna Graecia” di Catanzaro
Con un’incidenza pari al 3% nei nati a termine, e del 30% nei pretermine, il criptorchidismo rappresenta la più frequente anomalia
dell’apparato urogenitale. Il 15% dei testicoli
non discesi sono testicoli non palpabili (TNP).
L’indagine di scelta che consente, con un’accuratezza pari al 95%, di diagnosticare e secondariamente di decidere sul “destino” del TNP
è la laparoscopia. Questa metodica consente
di delineare con certezza presenza o meno del
testicolo, sede, lunghezza del fascio vascolare
testicolare e del dotto deferente, anomalie
associate. Uno degli aspetti interessanti della
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
laparoscopia si osserva nella diagnosi di TNP
ad orificio inguinale chiuso, laddove l’esplorazione chirurgica open per via inguinale non
avrebbe in alcun modo potuto essere di ausilio né diagnostico né terapeutico. Resta tuttora dibattuta la problematica del TNP cosiddetto “alto” (> 2 cm dall’orificio inguinale) giacché in questi casi l’esecuzione di un’orchidopessi in 1 o 2 tempi secondo la tecnica di
Fowler-Stephens comporta un tasso di atrofie
testicolari fino al 30% in alcune casistiche. In
questo studio abbiamo retrospettivamente
valutato l’esperienza di 2 centri di Chirurgia
Pediatrica nel trattamento laparoscopico del
TNP, delineando le peculiarità diagnostiche e
le scelte chirurgiche adottate.
Casistica: Nel triennio 2001-2005 sono stati
sottoposti a laparoscopia diagnostica e terapeutica 125 testicoli in 119 pazienti con diagnosi clinica di TNP. Dei 119 TNP, 18 (15.1%)
apparivano localizzati in sede intra-addominale bassa (< 2 cm dall’anello inguinale interno),
24 (20.1) in sede intra-addominale alta (> 2
cm dall’anello inguinale interno), in 25 (21%)
casi si sono evidenziati vasi e deferente che
terminavano a fondo cieco, a monte dell’anello inguinale interno (“blind-ending”endoaddominale). Nei rimanenti 10 (8.4%) casi era
possibile osservare vasi spermatici e deferente,
estremamente sottili, che penetravano nell’aTabella 1.
Laparoscopie
Palermo.
2001-2005.
Casistica
Centro
di
34 TNP
8 (23.5%)
addominale basso
9 (26.4%)
addominale alto
6 (17.6%)
blind ending
10 (29.4%)
vanishing intracanalicolare
1 (3%)
Intracanalicolare
Laparoscopie
Catanzaro.
2001-2005.
Casistica
Centro
91 TNP
10 (10.9%)
addominale basso
15 (16.4%)
addominale alto
19 (20.8%)
blind ending + vanishing
47 (51.6%)
intracanalicolare
di
nello inguinale interno chiuso (vanishing testis
intracanalicolare), in 48 (40.3%) il testicolo
era posizionato all’interno del canale inguinale, appena superato l’anello inguinale interno.
Risultati: I 34 bambini del Centro di Palermo
con TNP sottoposti a laparoscopia avevano
un’età media di 26 mesi. (range 18-36), mentre nel Centro di Catanzaro l’età media è stata
di 3.6 anni (range 19 m-12 a). In 71 (56.8%)
il TNP era localizzato a sinistra, in 40 (32%) a
destra, in 14 (11.2%) bilaterale. In 1 caso si
trattava di un’anorchia per vanishing testis
bilaterale. Sono state eseguite 42 orchidopessi
scrotali video-assistite, di cui 22 con neocananale inguinale, 15 attraverso il canale inguinale anatomico, 5 Fowler-Stephens in 2 tempi.
Con un follow-up minimo di 1 anno abbiamo
riscontrato 4 atrofie postoperatorie pari al
9.5%: tutti i casi di atrofia erano stati in precedenza trattati con Fowler-Stephens in 2 tempi.
LAPAROSCOPIA NEL TESTICOLO NON PALPABILE: LA NOSTRA ESPERIENZA
P.L. Ceccarelli, V. Durante, M.A. Bianchini, P.
Repetto, D. Biondini, A. Cacciari
Cattedra ed Unità Complessa di Chirurgia Pediatrica,
Azienda Ospedaliero-Universitaria, Policlinico di
Modena
Gli autori riportano la loro esperienza in merito all’utilizzo della video-laparoscopia (VL) di
fronte a pazienti con testicoli non palpabili
(TNP) né rilevabili ecograficamente.
Metodi: Tale approccio chirurgico è stato adottato su 55 pazienti con criptorchidia monolaterale (39 casi) o bilaterale (16 casi) con testicoli non palpabili né ecograficamente rilevabili.
Risultati: Il numero totale di gonadi posizionate in sede scrotale è stato di 34, in 12 casi
mediante orchidopessi tradizionale VL assistita (OTVLA) ed in 22 casi con tecnica di
Fowler-Stephens VL assistita (FSVLA). Un follow-up compreso tra 22 e 70 mesi ha mostrato in 33 casi (97.07%) un buon outcome clinico ed ecografico, con valori del 100% (12
gonadi su 12 operate) nel caso di OTVLA e del
95.45% (21 gonadi su 22) in caso di FSVLA;
nell’ultimo gruppo in 1 caso (testicolo con
fusione splenogonadica) la gonade appare
marcatamente ipotrofica pur conservando una
struttura parenchimale ecograficamente accettabile.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
3
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
TRATTAMENTO ATTUALE LAPAROSCOPICO
DEL VARICOCELE PEDIATRICO
G. Mattioli, S. Avanzini, M. Castagnetti, A. Pini
Prato, V. Jasonni
Chirurgia Pediatrica, Istituto G. Gaslini, Università di
Genova
Il varicocele è una patologia di frequente
riscontro, anche se tuttora il suo trattamento è
discusso. Presentiamo la nostra metodologia
focalizzando sulle specifiche decisioni cliniche
e sui dettagli di tecnica.
Alternative terapeutiche:
Chirurgico
• via scrotale, inguinale, addominale, lombare;
•via extraperitoneale o transperitoneale;
•via video-assistita retroperitoneoscopica o
laparoscopico.
Endovascolare (diagnostico e terapeutico)
Nessuna terapia.
Rischi (in ordine di frequenza)
idrocele/edema del testicolo;
recidiva e necessità di reintervento;
lesioni ureterali;
sanguinamento/Infezione;
perforazione intestinale;
atrofia testicolare;
lesioni deferenziali;
impossibilità ad avere una previsione sulla
funzione riproduttiva ed ormonale.
WorkUp preoperatorio
valutazione clinica;
ecografia (flussimetria e orchidometria);
flebografia (solo in caso di sospetto ecografico
di reflusso referenziale);
nessuna valutazione della funzione ormonale/spermatica;
pulizia intestinale accurata.
Tecnica chirurgica
Anestesia generale con intubazione tracheale
Paziente: supino, trendelemburg 30°, fianco
omolaterale sollevato
Cannule: ombelicale 5 mm (Ottica), pelvico
sinistro 3 mm (pinza da presa), pelvico destro
5 mm (dissettore/crochet/emostasi)
Tecnica
Apertura del peritoneo;
dissezione in blocco del peduncolo spermatico interno;
legatura e sezione in blocco;
legatura superselettiva del peduncolo defe-
4
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
renziale se ectasico con attento risparmio
perideferenziale.
Follow-up
Valutazione clinica;
ecografia;
flebografia in caso di sospetto di recidiva;
trattamento aggressivo dell’idrocele solo se
persistente dopo 6/12 mesi.
IL SIRINGOCELE IN ETÀ PEDIATRICA: 17
CASI OSSERVATI IN 25 ANNI
F. Battaglino, P. Campobasso, L. Musi
Introduzione: In età pediatrica la patologia delle
ghiandole di Cowper è di rarissimo riscontro.
Le forme più frequenti sono le dilatazioni
cistiche congenite della porzione distale dei
dotti escretori. Il termine siringocele (S.) fu
coniato da Maizels nel 1983 per identificare le
varie forme di dilatazione delle ghiandole uretrali di Cowper. Egli classificò 4 varianti di S.
in base agli aspetti endoscopici e radiologici:
S. semplice, imperforato e rotto. Le forme di S.
semplice e rotto sono generalmente asintomatiche e di riscontro occasionale o paucisintomatiche (batteriuria, dribbling post-minzionale), mentre le forme di S. imperforato o perforato possono dare gradi diversi di ostruzione
con sintomi di IVU, disuria/stranguria, ematuria/uretrorragia. La diagnosi è basata sull’uretrocistografia minzionale e talvolta sull’uretrografia retrograda, poi confermata dall’uretroscopia. Nelle forme di siringocele imperforato,
l’endoscopia evidenzia la protrusione del dotto
dilatato a livello mediano e posteriore dell’uretra bulbare. Utile in questi casi la RMN.
Materiali e Metodi: Riportiamo 17 casi osservati in 25 anni (1980-2005). Un paziente che
aveva diagnosi prenatale di sospetta valvola
dell’uretra posteriore, si presentò con segni di
severa ostruzione uretrale (minzione goccia a
goccia, globo vescicole), uretroidronefrosi
bilaterale e insufficienza renale (creatininemia
di 2,8 mg/dl). Fu trattato a 15 gg di vita con
vescicocutanestomia decompressiva secondo
Blocksom e, successivamente, a distanza di un
anno e mezzo, con asportazione per via perineale del siringocele imperforato. Altri 4
pazienti (4-14 aa) con siringocele imperforato,
che lamentavano segni e sintomi ostruttivi
(getto ipovalido, disuria) associati a IVU ricorrenti e/o uretrorragia furono trattati con suc-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
cesso mediante incisione endoscopica del tetto
del siringocele. Gli altri 12 casi furono reperti
occasionali in corso di cistografie minzionali
eseguite per il sospetto di altra patologia malformativa (reflusso, idronefrosi); non lamentavano sintomi e segni ostruttivi e pertanto non
ebbero nessun trattamento.
Conclusioni: Il siringocele, seppure raramente,
rappresenta una potenziale causa di ostruzione
uretrale in età pediatrica. Nella nostra esperienza solo i siringoceli ostruttivi hanno richiesto un trattamento chirurgico.
Bibliografia
1. Maizels M, Stephens FD, King LR, et al. Cowper s syringocele: a
classification of dilatations of Cowpers s grand duct based upon
clinical characteristic of 8 boys. J Urol 1983; 129:111-114
2. Campobasso P, Schieven E, Sica F. Il Siringocele delle ghiandole
di Cowper in età pediatrica. A proposito di 10 osservazioni. Min
Pediatr 1995; 47:297-302
3. Kickuth R, Laufer U, Pannek J, Kirchner TH, Herbe E, Kirchner
J. Cowper s syringocele: diagnosis based on MRI findings. Pediatr
Radiol 2002; 32:56-58
TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DI CALCOLOSI COMPLESSA IN DOPPIO DISTRETTO RENALE IN BAMBINO DI 2 ANNI
L. Defidio1, M. De Dominicis*, E. Matarazzo2, P.
Caione2
1
U.O. Urologia, Ospedale “Cristo Re”; 2U.O. Urologia
Pediatrica, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”
IRCCS, Roma
Scopo: Viene presentato in un video il caso di
una bambina di 20 mesi affetta da calcolosi a
stampo endopielica in uropatia malformativa e
trattata per via endourologica. Il video presenta particolarità di tecniche e dimostrazione di
soluzione di casi complessi con trattamenti
mini-invasivi anche nei pazienti di età pediatriche più bassa.
Paziente e Metodo: Una bambina di 20 mesi di
età (peso corporeo 13 kg) presentava calcolosi
urinaria a stampo pielo-ureterale destra in uropatia malformativa caratterizzata da duplicità
pielo-ureterale parziale. La bambina aveva sofferto di episodi diarroici febbrili all’età di 7
mesi. La calcolosi, parzialmente radiopaca si
era presentata con storia di infezione urinaria,
dolori addominali e microematuria. L’urografia
e l’ecografia mostravano una duplicità con
distretto inferiore ben funzionante e parzialmente dilatato, drenato in un uretere unico
con il distretto superiore. La cistografia era
negativa. È stato selezionato per il trattamento
un approccio endourologico mini-invasivo con
ureterolitotrissia retrograda attraverso l’uso
combinato di strumenti rigidi e flessibili ed
energia di frammentazione balistica e laser.
L’età del paziente ha reso necessario l’uso di
strumentazione particolarmente sottile (ureteroscopio 6-8 F).
Risultati: La tecnica endourologica ha permesso la totale bonifica della via escretrice alta
dalla formazione calcolotica. Il calcolo è risultato essere di carbonato e fosfato di calcio. Il
decorso post-operatorio è stato esente da complicanze, con rimozione del tutore ureterale in
seconda giornata post-operatoria. Al controllo
a distanza di 6 mesi, la paziente è esente da
recidiva.
Conclusioni: Moderne tecniche endourologiche, con l’uso di strumentazioni di calibro sottile, permettono oggi l’approccio mini-invasivo
per la soluzione di casi di litiasi urinaria anche
complessi in bambini di basso peso corporeo.
Si rende necessaria tuttavia un’opportuna
expertise per la realizzazione di manovre
endourologiche, senza compromettere l’integrità della via escretrice. Per tali patologie e per
tali trattamenti, è altamente suggerita la concentrazione di strumentario e di esperienza clinica in Centri di 3° livello, dedicati.
SURRENALECTOMIA LAPAROSCOPICA IN
ETÀ PEDIATRICA
A. Bocciardi, A. Lesma, A. Cestari, P. Bellinzoni,
G. Guazzoni, P. Rigatti
Università Vita e Salute, IRCCS San Raffaele, Milano
Scopo: Nonostante la surrenalectomia laparoscopica abbia dimostrato numerosi vantaggi
rispetto alla surrenalectomia a cielo aperto nei
pazienti adulti, l’esperienza nella popolazione
pediatrica è ancora limitata. Riportiamo la
nostra esperienza allo scopo di valutare la validità della surrenalectomia laparoscopica in età
pediatrica.
Materiali e Metodi: Dal 1998 al 2004 sono stati
sottoposti a surrenalectomia 8 bambini di età
compresa tra 7 e 9 anni. Le patologie sottostanti comprendevano: adenoma surrenalico
secernente androgeni (5 casi), S. di Cushing
periferico (2 casi) e iperplasia surrenalica bilaterale da S. di Cushing centrale persistente
dopo intervento neurochirurgico di adenomectomia ipofisaria trans-sfenoidale (1 caso).
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
5
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Tabella 1.
Cielo aperto
Laparoscopica
Invasività
lombotomia
Accesso retroo trans-peritoneale
Anestesia
generale
generale
Tempo op.
45 min
100 min
nessuna
nessuna
peridurale
paracetamolo
24h
24h
Molto buona
ottima
Complicanze
Analgesia
post-op.
Ripresa post-op.
Estetica
La surrenalectomia è stata condotta per via
laparotomica in 3 casi e per via laparoscopica
in 5 casi (di cui 1 bilaterale).
Risultati: (Tabella 1) In nessun caso è stato
necessario convertire l’accesso laparoscopico
in laparotomico.
Conclusioni: Nella nostra esperienza la surrenalectomia per via laparoscopica costituisce
anche in età pediatrica una soluzione fattibile,
sicura ed efficace, caratterizzata da minima
invasività, bassa morbidità e risultato estetico
ottimale.
IL TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DEL
REFLUSO VESCICO-URETERALE IN ETÀ
PEDIATRICA
C. Bianco1, A. Angelone1, A. Aliotta1, A.
Fonzone Caccese1, S. Mariconda1, C. Imbimbo2,
N. Longo2, V. Mirone2
1
U.O. di Urologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera
“Santobono-Pausilipon”, Napoli; 2Clinica Urologica,
Università Federico II di Napoli
Introduzione: Il reflusso vescico-ureterale ha
un’incidenza in età pediatrica tra il 2 e il 4%,
a seconda delle varie casistiche, e spesso si
associa ad infezioni delle vie urinarie, con conseguente insorgenza di pielonefrite e danni
renali. La nefropatia da reflusso può essere
responsabile di danni alla funzione renale e di
ipertensione, fino a portare il paziente addirittura al trapianto nei casi più gravi. Più a lungo
un paziente è esposto al reflusso vescico-ureterale, maggiore è il rischio di danno renale.
Dato che la risoluzione spontanea, frequente
nei reflussi di I e II grado (80% a 5 anni), è
molto rara nei reflussi di III e IV grado ed
6
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
addirittura assente in quelli di V grado, è
auspicabile una diagnosi precoce ed un trattamento altrettanto precoce. Negli ultimi anni il
trattamento endoscopico, ha rivoluzionato la
cura di tale patologia.
Materiali e Metodi: Tra Gennaio 2004 e
Dicembre 2005 sono stati trattati 71 pazienti
con un’età compresa tra 1 e 16 anni (media
5,15 anni), affetti da reflusso vescico-ureterale
bilaterale in 27 pazienti, con l’iniezione sottomeatale di una sostanza biocompatibile (atossica e che non deve migrare) in corso di cistoscopia, in modo tale da supportare lo strato
sottomucoso dell’uretere In 15 pazienti è stato
necessario un secondo trattamento e in 4 casi
di megauretere refluente bilaterale si è dovuto
ricorrere all’intervento a cielo aperto.
Risultati: La percentuale di guarigione, valutata con assenza di infezione per almeno un
anno e con una cistoscintigrafia negativa a sei
e dodici mesi dal trattamento, è stata sovrapponibile all’intervento chirurgico (95-99%), se
si include anche il ricorso a un secondo trattamento nello stesso paziente, che in alcuni casi
si è reso necessario.
Conclusioni: La nostra esperienza ci spinge a
continuare su questa strada, ritenendo il trattamento endoscopico, prevenendo il reflusso
con metodica semplice, ripetibile e soprattutto
che richiede un ricovero di un solo giorno e
costituisce una valida alternativa al trattamento conservativo con profilassi antibiotica e alla
chirurgia a cielo aperto.
URETEROSCOPIA PEDIATRICA: REVISIONE
DELLA LETTERATURA
C. Scoffone, F. Porpiglia, I. Morra, C. Cracco, M.
Poggio, M. Billia, R.M. Scarpa
Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San
Luigi, Orbassano (TO)
Introduzione e Obiettivi: La calcolosi nei bambini
presenta un’incidenza relativamente bassa,
oscillando da 1:2000 ad 1:25000. Si presenta
sopratutto nei prematuri e nei bambini maschi
sottopeso di età tra 8 e 10 anni. Lo scopo di
questa review è analizzare la letteratura per
valutare qual è l’iter diagnostico-terapeutico più
appropriato in caso di calcolosi nei bambini.
Materiali e Metodi: Eseguendo un’accurata
ricerca bibliografica sono stati identificati i
diversi metodi di diagnosi e terapia applicati
in caso di colica renale pediatrica.
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Risultati: La colica reno-ureterale si presenta
soltanto nel 15% dei casi e la sintomatologia
pediatrica spesso è attenuata rispetto all’adulto. L’ecografia reno-vescicale è l’indagine di
prima scelta perché non espone a radiazioni
ionizzanti e nella maggior parte dei casi consente di identificare calcolo ed idronefrosi. Le
indagini radiologiche tradizionali (Rx renovesciale diretta, urografia e TC) sono di secondo livello ed il loro utilizzo è limitato qualora
l’ecografia non permetta la diagnosi. La terapia
medica consente di eliminare il dolore e spesso favorisce l’espulsione del calcolo; qualora
fallisca, la terapia più utilizzata rimane
l’ESWL. L’ureteroscopia nei bambini è oggi più
diffusa grazie alla disponibilità di strumenti di
calibro ridotto (4.5, 6.8, 7 Fr) che rendono la
procedura agevole e la trissia del calcolo. Tra le
sorgenti energetiche utilizzate, quella più diffusa attualmente è il laser ad olmio seguita dal
lithoclast. La PCNL e la chirurgia sono indicate soltanto in rari casi selezionati.
Conclusioni: In mani esperte e in centri attrezzati l’ureteroscopia con litotrissia laser infantile rappresenta una metodica sicura ed efficace,
rispettosa dell’anatomia ureterale e vescicale.
PIELOPLASTICA RETROPERITONEOSCOPICA
G. Martina, P.I. Giumelli, G. Caruso, M.
Remotti, F. Cantoni, S. Scuzzarella
SC Urologia, Ospedale Morelli, Sondalo (SO)
Nel video viene descritta la tecnica utilizzata
per l’intervento di pieloplastica laparoscopica.
L’accesso è retroperitoneoscopico classico con
posizionamento di quattro trocars. Prima dell’intervento posizioniamo un monoJ che
lasciamo all’esterno e che utilizzeremo al termine della procedura per eseguire una prova
di tenuta. Prepariamo la cavità retroperitoneale e per aumentarne lo spazio sospendiamo il
grasso perirenale con dei fili che passiamo
all’esterno attraverso un ago. Nel video in questione trattasi di un’anomalia intrinseca del
giunto. Sospendiamo con due fili passati all’esterno la parte declive e la porzione più alta
del giunto stesso. Non disinseriamo subito la
pelvi dall’uretere ma spatoliamo prima l’uretere e successivamente diamo il primo punto tra
porzione declive dell’uretere e della pelvi ciò al
fine di non aumentare troppo la diastasi tra
uretere e pelvi con il rischio di lacerare l’uretere durante l’annodamento. Asportiamo quindi
la porzione giuntale e la pelvi in eccesso.
Confezioniamo prima il piatto posteriore dell’anastomosi, utilizzando monofilamento
0000, con una sutura a punti staccati.
Successivamente chiudiamo anche il piatto
anteriore, sempre utilizzando punti staccati. Al
termine della procedura eseguiamo prova di
tenuta con riempimento retrogrado attraverso
il monoJ. Il catetere monoJ viene spinto in
vescica in 2a giornata postoperatoria e viene
rimosso dopo 15 giorni.
PIELOPLASTICA LAPAROSCOPICA TRANSPERITONEALE - NOSTRA ESPERIENZA (VIDEO)
P. Fedelini, R. Campese, C. Meccariello, M.
Rubino, M. Fedelini, A. Masala
UOSC Urologia Cardarelli Napoli
Introduzione: La pieloplastica a cielo aperto è
ancora considerata la procedura d’elezione per
il trattamento della stenosi del giunto pieloureterale,considerato che il successo della tecnica arriva fino a percentuali del 99%. La morbilità dell’incisione lombare ha portato all’esplorazione di nuove tecniche: l’endopielotomia anterograda o retrograda hanno reso la
metodica meno invasiva e in alcuni casi quasi
ambulatoriale. Ma le percentuali di successo di
queste tecniche non vanno oltre il 70-80 % e si
associano ad un rischio emorragico superiore a
quello della chirurgia aperta. La pieloplastica
laparoscopica introdotta nel 1993 combina la
ridotta morbilità della laparoscopia con la possibilità ricostruttiva chirurgica e mostra percentuali di successo allo stato attuale simili a
quelle della chirurgia aperta.
Materiali e metodi: Gli AA presentano attraverso il video la casistica riferita ad un periodo di
18 mesi (dal Maggio 2004 al Novembre 2005).
In tale periodo sono stati sottoposti ad intervento di pieloplastica laparoscopica transperitoneale 21 pazienti. Contemporaneamente
sono state effettuate 5 pieloplastiche a cielo
aperto e 3 endopielotomie anterograde. L’età
variava da 9 anni a 62 anni. In 18 casi è stata
praticata la tecnica di Anderson-Hynes,in 2
casi la tecnica di Fenger e in un caso la ureteropielolisi (associata alla resezione di una voluminosa cisti parapielica ostruente la giunzione
pielo-ureterale).Il tempo operatorio è stato di 6
h per i primi 2 casi a 2 h 30’ per gli ultimi 6
casi con un minimo di 2 h ed una media di 3h
30’ . La degenza media è stata di 5 giorni con
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
un massimo di 7 ed un minimo di 3 giorni per
gli ultimi 5 casi. Le complicanze osservate
sono state : 1) un ileo paralitico per 48 ore in
una paziente affetta da calcolosi secondaria
(irritazione peritoneale da urine infette? Tutti i
pazienti sono stati sottoposti a cateterismo con
stent doppio J tenuto in sede per 3 settimane :
in 20 casi è stato pre-posizionato un catetere
ureterale 5 Ch pre-operatoriamente ed è stata
quindi effettuata una pielografia preoperatoria. Ultimato il piatto posteriore il catetere ureterale è stato spinto su filo-guida in pelvi renale. A fine intervento il catetere ureterale è stato
sostituito con uno stent doppio J. Nell’ultimo
caso è stato invece posizionato direttamente
per via laparoscopica lo stent doppio J. La tecnica laparoscopica è stata sempre effettuata
sempre con miniaccesso open e posizionamento del trokar di Hasson in ombelico o in
pararettale. In 12 casi sono state sufficienti
due trokar sull’ascellare media,da 5 in alto e
da 10 in basso ; in 9 casi si è reso necessario
l’uso di un 4° trokar per divaricare il fegato a
destra (4 casi) e medializzare il colon a sinistra
(5 casi).
Risultati: Considerato il breve follow-up (da 3
mesi a 20 mesi) i risultati sono ottimali. Dei 21
casi trattati solo 1 caso ha avuto una recidiva
del problema (si trattava di una ostruzione da
vaso anomalo che ha sviluppato una stenosi
serrata della neo-giunzione pielo-ureterale,
risolta in seconda istanza con pieloplastica a
cielo aperto). Tutti gli altri, seguiti con ecografia ogni 3 mesi, urografia e scintigrafia a 6
mesi, mostrano miglioramento funzionale e
morfologico veramente entusiasmante.
PIELOPLASTICA SECONDO ANDERSONHYNES: ACCESSO TRANSPERITONEALE
G. Breda, A. Celia
Struttura complessa di Urologia dell’Ospedale San
Bassiano, Bassano del Grappa (VI)
Introduzione: Tra le varie opzioni terapeutiche
per la patologia del giunto pielo-ureterale, l’intervento laparoscopico occupa un ruolo di
estremo interesse, proponendosi come tecnica
mininvasiva con risultati funzionali in linea
con la tecnica open (gold standard).
Presentiamo in questo video l’intervento di
pieloplastica
laparoscopica
secondo
Anderson-Hynes per la patologia del giunto
pielo-ureterale da vaso anomalo.
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Materiale e Metodi: Il video presenta i momenti salienti dell’intervento. Vengono utilizzate
una porta da 10 mm per l’ottica, 3 porte da 5
mm operative. L’intervento inizia con l’incisione del peritoneo parietale e la medializzazione
del colon con esposizione della loggia renale.
Si procede con l’isolamento completo della
pelvi e del tratto lombare dell’uretere. A questo punto evidenziata l’anomalia, si esegue la
sezione dell’uretere e della pelvi. Quindi l’uretere viene inciso longitudinalmente nel suo
tratto prossimale in posizione laterale. La fase
ricostruttiva, eseguita con filo riassorbibile
4/0, prevede l’interposizione di 3 punti di
imbastitura tra l’uretere e la pelvi.
Successivamente si esegue la ricostruzione del
giunto pieloureterale in punti staccati o in
continua. A protezione si posiziona uno stent
ureterale doppio J, posizionato prima di completare la sutura anastomotica. L’intervento si
conclude con il controllo accurato dell’emostasi ed il posizionamento di un drenaggio
tubulare fuoriuscente da una porta.
Conclusioni: L’accesso transperitoneale presenta
vantaggi tecnici nei casi di patologia del giunto da vaso anomalo, poiché permette un
miglior controllo delle strutture vascolari,
inoltre garantisce una buona visione per la
mobilizzazione e resezione di pelvi molto
ampie. L’accesso extraperitoneale rimane sempre una valida opzione terapeutica ma da
adottare nelle restanti indicazioni della giuntopatia.
LA PIELOPLASTICA RETROPERITONEOSCOPICA SECONDO ANDERSON-HYNES
G. Breda, A. Celia
Struttura complessa di Urologia dell’Ospedale San
Bassiano, Bassano del Grappa (VI)
Introduzione: La malattia del giunto pielo-ureterale è una patologia benigna che si presenta
nelle fasce di età più giovani. Tra le varie
opzioni terapeutiche, il trattamento laparoscopico ha suscitato un estremo interesse, proponendosi come tecnica mininvasiva con risultati funzionali in linea con la tecnica open (gold
standard).
Materiale e Metodi: Il video propone i momenti salienti dell’ureteropieloplastica laparoscopica retroperitoneale secondo Anderson-Hynes,
soffermandosi sulle varianti di tecnica adottate. La posizione del paziente è quella classica
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
degli interventi a cielo aperto. Lo spazio retroperitoneale viene preparato mediante un iniziale scollamento digitale dei tessuti retroperitoneali e successivamente con palloncino; si
accede quindi alla loggia renale mediante il
posizionamento di quattro porte di cui 2 da
10 mm e2 da 5 mm. L’intervento quindi procede con l’isolamento completo della pelvi e
del tratto lombare dell’uretere. A questo punto
evidenziata l’anomalia, si procede alla sezione
dell’uretere e della pelvi. Quindi l’uretere
viene inciso longitudinalmente nel suo tratto
prossimale in posizione laterale. La fase ricostruttiva, eseguita con filo riassorbibile 4/0,
prevede l’interposizione di 3 punti di imbastitura tra l’uretere e la pelvi; successivamente si
esegue la ricostruzione del giunto pieloureterale in punti staccati o in continua. A protezione si posiziona uno stent ureterale doppio
J, posizionato prima di completare la sutura
anastomotica. L’intervento si conclude con il
controllo accurato dell’emostasi ed il posizionamento di un drenaggio tubulare fuoriuscente da una porta.
Conclusioni: Il risultato tecnico ottenuto al termine dell’intervento è sovrapponibile a quello
che si otterrebbe a cielo aperto. Questa procedura presenta tutti i vantaggi legati alla mininvasività: ridotte perdite ematiche, ridotto
tempo di ospedalizzazione e precoce ripresa
delle normali attività. L’accesso extraperitoneale è comunque sconsigliato nei casi di giuntopatia da vaso anomalo o in presenza di pelvi
ampia, indicazioni candidate all’approccio
transperitoneale.
LA PIELOPLASTICA RETROPERITONEOSCOPICA CON TECNICA A LEMBO
G. Scalese, M. Romano, F. Portoghese, V.
Disanto
Introduzione: Questa tecnica è stata messa a
punto per le difficoltà tecniche che si incontravano in caso di stenosi del giunto pieloureterico con pelvi particolarmente ridondanti.
La tecnica illustrata è condotta per via laparoscopica retroperitoneale.
Materiali e Metodi: Il paziente è posizionato in
decubito laterale; si accede al retroperitoneo
con la classica tecnica da noi più volte descritta. L’intervento inizia con l’isolamento graduale del polo inferiore del rene e successivamente dell’uretere e della pelvi renale. Lo step suc-
cessivo è quello di incidere la pelvi e di formare un lembo ottenuto con la faccia posteriore
della pelvi che viene tubulizzato ed anastomizzato con la faccia posteriore dell’uretere
mediante un punto ad “U”: tale metodo prevede un primo punto sull’uretere fatto passare
consecutivamente prima da dentro a fuori e
poi sulla pelvi da fuori a dentro, di nuovo sulla
pelvi da dentro a fuori ed infine sull’uretere da
fuori a dentro, in modo tale che nel momento
in cui si va ad annodare i due monconi si avvicinino progressivamente e si estroflettono
senza alcuna tensione. In questo modo è stato
costruito il piatto posteriore della anastomosi e
si può procedere all’applicazione in senso
inverso di un stent doppio “J” su filo guida tipo
“Terumo” che verrà tenuto in sede per circa 3
settimane. Per questa anastomosi si è utilizzato un filo monofilamento di PDS 3/0 con ago
atraumatico a semicerchio. Questa tecnica è
stata condotta a termine in due pazienti con
risultati soddisfacenti: durata dell’intervento
paragonabile alla classica tecnica di AndersonHynes, alimentazione e deambulazione in 1a
giornata, rimozione del drenaggio in seconda
giornata, dimissione in 4a giornata senza
sequele post-operatorie di rilievo.
Conclusioni: Questa soluzione tecnica riteniamo che sia una delle soluzioni da tenere in
considerazione in caso di stenosi del giunto
pieloureterico associate a pelvi molto ridondanti anche se i risultati sono ancora preliminari considerato l’esiguo numero dei casi eseguiti.
URETEROPIELOPLASTICA LAPAROSCOPICA
RETROPERITONEALE. NOTE DI TECNICA
DOPO 80 INTERVENTI
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti,
S. Grosso, G. Grosso
U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22,
Peschiera del Garda (VR)
Introduzione: L’ureteropieloplastica retroperitoneale è tornata in auge quale trattamento di
scelta della malattia del giunto pielo-ureterale
dopo la recente revisione critica dell’endopielotomia anterograda. L’approccio laparoscopico
retroperitoneale si candida a divenire il gold
standard terapeutico poiché coniuga i brillanti
risultati del tradizionale approccio chirurgico
alla mini-invasività della procedura laparoscopica. Tuttavia la metodica presenta una lunga
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
curva di apprendimento legata alla difficoltà di
esecuzione delle suture intracorporee. In questo video presentiamo i passaggi salienti della
tecnica da noi utilizzata.
Materiali e Metodi: Dal 1998 ad oggi abbiamo
sottoposto a ureteropieloplastica laparoscopica retroperitoneale secondo Anderson-Hynes
80 pazienti (52 donne, 28 uomini). L’età dei
pazienti trattati è compresa tra i 7 i 38 anni.
Il video illustra i passaggi chiave dell’intervento:
• posizionamento di 3-4 trocars;
• isolamento dell’uretere prossimale e della
pelvi renale;
• pielotomia e resezione del bacinetto esuberante;
• spatulamento dell’uretere;
• posizionamento di stent ureterale tipo doppio J;
plastica pieloureterale.
Risultati: In nessun caso si è resa necessaria la
conversione chirurgica a cielo aperto. Il 37%
dei pazienti presentava una ostruzione del
giunto pieloureterale da compressione ab
estrinseco da vaso sovrannumerario. Non si
segnalano complicanze maggiori peri e postoperatorie. Le perdite ematiche sono state trascurabili. Il tempo medio dell’intervento è stato
di 70 minuti. La dimissione è avvenuta mediamente in 4a giornata p.o. Lo stent ureterale è
stato rimosso mediamente dopo 21 gg. Il follow-up medio è stato di 24 mesi. Riportiamo
solo un caso di idronefrosi recidiva.
Conclusioni: Nella ureteropieloplastica laparoscopica consigliamo la via retroperitoneale, ha
il vantaggio di essere sempre eseguibile e di
diminuire il rischio di ileo post-operatorio e di
lesioni degli organi addominali, pur teorici in
caso di approccio transperitoneale.
INFUNDIBULOTOMIA ED ESTRAZIONE DI
CALCOLI IN DIVERTICOLO CALICIALE PER
VIA PERCUTANEA
G. Pecoraro, L. Motta, G. Olivo, M. Frigo
U.O. di Urologia, Ospedale di Isola della Scala (VR),
ASL 22 Bussolengo (VR), Regione Veneto
Introduzione: Il trattamento dei diverticoli caliciali sintomatici è progressivamente mutato
nel tempo: dalla terapia chirurgica a cielo
aperto del passato si è giunti, ai giorni nostri,
al trattamento endoscopico. Attualmente vengono utilizzati trattamenti mini-invasivi, come
l’ESWL, l’ureteroscopia, la laparoscopia, la
10
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
nefrolitotomia percutanea. La tecnica percutanea raggiunge, comunque, le più elevate percentuali di successo in termini di stone-free e
di scomparsa o regressione della cavità diverticolare. Le tecniche percutanee includono la
dilatazione dell’infundibolo o la creazione di
un neoinfundibolo o, più recentemente, la
sola diatermocoagulazione in presenza di
diverticoli di diametro superiore ai 4 cm senza
la necessità di mettere in comunicazione la
cavità diverticolare con la via escretrice.
Materiale e Metodi: Il caso presentato si riferisce a una donna di 22 anni, che giungeva
d’urgenza alla nostra osservazione per la comparsa di dolore di tipo colico al fianco sinistro
e febbre (38,6° C). La paziente lamentava, da
qualche tempo, episodi frequenti di infezioni
urinarie, a volte con presenza di ematuria.
L’urografia evidenziava un diverticolo caliceale
di circa 15 x 20 mm del gruppo caliciale
medio del rene sinistro, al cui interno erano
contenuti numerosi piccoli calcoli secondari;
non si rilevava il tramite di comunicazione con
la via escretrice. La paziente veniva sottoposta
a intervento di infundibulotomia e litolapassi
per via percutanea. Esecuzione di pielografia
ascendente sinistra e posizionamento di un
cateterino ureterale n. 5 Ch nella pelvi renale.
Decubito prono. Puntura del diverticolo caliciale con ago 18 gauge mandrinato.
Dilatazione del tramite sino a 28 Fr e posizionamento della camicia di Amplatz. Estrazione
dei calcolini. Per identificare il colletto del
diverticolo, si iniettava a pressione dell’indaco
carminio attraverso il cateterino ureterale posizionato in pelvi. Individuato il tramite, veniva
inserito un filo guida che raggiungeva la pelvi
renale. Incisione con catetere metallico del
lembo di mucosa che ostruiva il tramite tra
diverticolo e calice. Si realizzava così un ampio
infundibulo attraverso cui passava facilmente
anche il nefroscopio. Posizionamento di
Malecot n. 16 Ch mantenuta in sede per 8
giorni.
Risultati: L’intervento durava 65’. Rimozione
del cateterino ureterale in 1a giornata e della
nefrostomia in 7a giornata previo controllo
RX-grafico, che evidenziava l’assenza di calcoli e la pervietà della via escretrice. A 8 mesi
dall’intervento, l’urografia confermava l’assenza dei calcoli e la pervietà dell’infundibolo con
normale deflusso del mezzo di contrasto dal
diverticolo.
Conclusioni: Il trattamento chiurgico percutaneo
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
del diverticolo caliceale è al momento il gold
standard per questa patologia. Fondamentale è
la realizzazione di un’ampia comunicazione
con la via escretrice. Il follow-up deve essere
condotto nel breve e medio periodo al fine di
escludere l’eventuale recidiva.
TRATTAMENTO DI CALCOLOSI A STAMPO
MEDIANTE PCNL E CONTESTUALE NEFROSCOPIA E URETEROSCOPIA FLESSIBILE IN
POSIZIONE SUPINA (VALDIVIA-URIA MODIFICATA GALDAKAO)
C. Scoffone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, D.
Vaccino, R.M. Scarpa
Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San
Luigi, Orbassano (TO)
In questo video presentiamo un caso di calcolosi multipla renale dx trattata con PCNL in
posizione supina. Nel Giugno 2005 il paziente veniva ricoverato d’urgenza per insufficienza renale acuta da calcolosi ureterale bilaterale
e sottoposto ad ureterolitotrissia d’urgenza
bilaterale. Nel Novembre 2005 il paziente
giungeva nuovamente alla nostra attenzione
per comparsa di coliche renali destre ricorrenti; eseguiva quindi un’ecografia dell’addome
con riscontro di due calcoli, di circa 1 cm di
diametro ciascuno, a livello della pelvi renale
e del calice inferiore del rene destro. La TAC
addome eseguita successivamente confermava
il quadro ecografico. A distanza di un mese si
sottoponeva il paziente ad ureteroscopia. Il
controllo fluoroscopico preliminare evidenziava la presenza di un calcolo a stampo che
occupava interamente il calice inferiore e si
estendeva sino alla pelvi renale con altri calcoli nei calici superiori. Si iniziava quindi la
lasertrissia che veniva interrotta dopo circa
un’ora per la scarsa visibilità causata dalla polvere litiasica prodotta dal laser. Si decideva
quindi di trattare il paziente mediante approccio percutaneo; si poneva il paziente in posizione supina Valdivia-Uria modificata
Galdakao e mediante guida combinata ecografica e fluoroscopica si otteneva un tramite a
livello del calice inferiore, posizionando camicia di Amplatz 30 Ch. Si introduceva quindi
nefroscopio rigido, iniziando la litotrissia del
calcolo mediante Lithoclast e asportando i
numerosi frammenti con pinza. Il controllo
fluoroscopico evidenziava alcuni frammenti
residui nei calici medio e superiore. Si intro-
duceva quindi cistoscopio flessibile nel tramite
nefrostomico, permettendo di asportare con
cestello alcuni frammenti dai calici superiori.
Contestualmente per via retrograda si introduceva ureteroscopio flessibile che permetteva di
estrarre i frammenti presenti nel calice medio
(un frammento più grosso veniva fatto fuoriuscire direttamente dal tramite nefrostomico
con l’ureteroscopio flessibile). Al termine della
procedura, il controllo fluoroscopico e endoscopico confermava l’assenza di frammenti
residui e la completa bonifica delle cavità renali. Il trattamento percutaneo in posizione supina consente, mediante la possibilità di eseguire un approccio combinato con strumenti flessibili, di eseguire un trattamento radicale e
definitivo anche in calcolosi renali complesse.
TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DI CALCOLI
RENOURETERALI CON URETERENOSCOPIO
STORZ “GAUTIER” CON HOLMIUM LASER
CALCULASE
C. Scoffone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio,
R.M. Scarpa
Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San
Luigi di Orbassano (TO)
In questo video presentiamo il trattamento di
litiasi reno-ureterale mediante il nuovo ureterorenoscopio Storz “Gautier” con fibra Holmium
Laser Calculase. Si tratta di un ureterorenoscopio rigido costituito da un sistema di ottiche a
bastoncino (“rod-lens”). Lo strumento è lungo
43 cm con un calibro distale di 7 Ch e prossimale di 12 Ch. È provvisto di un unico canale
operativo di 5 Ch ed un’ottica 6°. Il sistema
oculare rettilineo permette di posizionare la
telecamera in posizione coassiale, rendendo
quindi più maneggevole e leggero lo strumento
stesso. Il ponte operativo a doppia via è situato
inferiormente all’oculare ed è costituito da
guarnizioni a tenuta stagna e non rubinetti; il
suo aggancio al corpo principale dello strumento può inoltre avvenire in maniera rapida e
sicura senza la necessità di avvitarlo. Il sistema
di ottiche a bastoncino (“rod-lens”), è del tutto
simile a quello già adottato sull’ormai storico
ureteroscopio rigido di Perez-Castro, ma tecnicamente migliorato in quanto evita il tipico
effetto a “mezzaluna”. Rispetto al sistema a fibre
ottiche, adottato ormai in quasi tutti gli ureteroscopi semirigidi, garantisce inoltre una
migliore qualità d’immagine, consentendo una
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
maggiore definizione dei dettagli ed evitando
lo sgradevole effetto “flashing” da sovraesposizione, tipico degli strumenti a fibra ottica. Il
laser Calculase è un Holmium Laser che ha la
peculiarità di non necessitare di alimentazione
dedicata (è sufficiente alimentazione a 230 V) e
risulta meno ingombrante in quanto può essere collocato su una colonna di endoscopia. Può
essere regolato a livelli diversi di frequenza (46-8 Hz) e di energia (0,8-1,2-1,7 J). Il raffreddamento avviene con acqua deionizzata e aria.
Le fibre utilizzate sono di diversi calibri: 230,
365 e 600µ. Presentiamo il trattamento di un
calcolo
lica, stent double j. Successiva ureterorenoscopia con ureteroscopio flessibile e litotrissia con
laser ad holmio dei calcoli caliciali superiori,
medi ed inferiori. Residuano frammenti caliciali inferiori per un volume di circa 1 cm. Alla
rimozione degli stent non stasi renale, funzione renale stabilizzata.
Conclusioni: L’accesso ureteroscopico in casi
particolari è giustificato anche nella calcolosi
più complessa del rene. L’uso combinato di
strumentazione rigida, flessibile, laser ed onde
d’urto consente, nei casi limite come quello
presentato, di ridurre al minimo l’invasività
con risultato finale apprezzabile.
IL TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DELLA
CALCOLOSI A STAMPO RENALE: CASO
LIMITE
M. Luciano, P. Parma, B. Dall’Oglio, V. Galletta,
E. De Luise
NEFROLITOTOMIA PERCUTANEA IN POSIZIONE SUPINA
M. De Sio, R. Autorino, D. Giordano, S.
Palombini, U. Pane, L. Cosentino, F. Di
Giacomo, S. Mordente, G. Quarto, R. De
Domenico, F. Neri, F. Giugliano, C. Quattrone,
M. D’Armiento
Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi,
Napoli
Introduzione: Sino agli anni ‘70 la terapia di
scelta per la calcolosi renale a stampo ramificata era la nefrolitotomia anatrofica (Smith e
Boyce 1968). Dagli anni ‘80 le tecniche percutanee anche con accessi multipli rappresentano la prima scelta. Nei rari casi nei quali la
puntura percutanea del rene è a rischio (obesità, coagulopatie...) l’accesso ureterale retrogrado con strumenti flessibili può rappresentare una accettabile alternativa. Presentiamo
un caso limite.
Caso Clinico (calcolosi a stampo racemosa bilaterale in obesa): Paziente donna di 46 anni,
insufficienza renale cronica e anemia ingravescenti, calcolosi a stampo completa bilaterale
Rx opaca. Per motivi religiosi rifiuta emotrasfusioni. Peso corporeo 140 kg. Una TC addome con misurazione della distanza rene-parete
in decubito laterale e supino indica una
distanza di 18 cm. Emoglobinemia preoperatoria 7.6 mg/ml, creatininemia 5.7 mg/ml.
Viene sottoposta ad ureterorenoscopia rigida
destra con litotrissia della calcolosi del bacinetto e del sistema caliciale superiore (lithoclast ed ultrasuoni). Applicazione di stent
double J e litotrissia extracorporea (ESWL).
Ureterolitolapassi con strumento rigido per
rimozione dei frammenti migrati in bacinetto
ed uretere. Bonifica pressoché completa (residua un frammento di 5 mm nel calice inferiore). A sinistra ureterorenoscopia e litotrissia
con strumentazione rigida della calcolosi pie-
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Introduzione: Il paziente sottoposto a nefrolitotrissia percutanea (PCNL) per litiasi renale è
generalmente posto in posizione prona. Allo
scopo di ovviare ad alcuni dei limiti di questa
posizione classica è stata proposta più di recente la posizione supina (Valdivia Uria GJ et al, J
Urol 1998). Tale approccio è stato impiegato
anche nel nostro Centro e scopo del video è
quello di descrivere la tecnica da noi utilizzata.
Video: Il paziente è posto in posizione supina,
con un supporto posto a sollevare di circa 20°
il fianco omolaterale al calcolo da trattare. Si
procede alla puntura del calice con ausilio di
apparecchio ecografico e fluoroscopia dopo
aver opacizzato la via escretrice con catetere
ureterale precedentemente posizionato. Il sito
di puntura è in corrispondenza della linea
ascellare posteriore. Dopo aver introdotto una
guida superstiff 0.035-inch si procede alla
dilatazione del tramite percutaneo con dilatatori di plastica telescopici fino a 30 Ch in
modo da lasciare una cannula di Amplatz.
Introdotto il nefroscopio (Storz 26 Ch) si
frammenta il calcolo con litotritore intracorporeo ad ultrasuoni e vengono rimossi i frammenti con ausilio di pinze dedicate. Un catetere 22 Ch è posizionato al termine della procedura, così come uno stent 6 Ch.
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Conclusioni: In questa nostra esperienza iniziale l’esecuzione di PCNL in posizione supina si
è dimostrata semplice, sicura ed efficace.
Ovviamente richiede una esperienza già maturata con la procedura in posizione classica,
della quale rappresenta una valida alternativa
in casi selezionati.
N-TRAP®: UN NUOVO ACCESSORIO PER
IMPEDIRE LA RETROMIGRAZIONE DEI
FRAMMENTI DI CALCOLO DURANTE L’URETEROLITOTRISSIA
L. Defidio, M. De Dominicis, V. Santini
Divisione di Urologia, Ospedale Cristo Re, Roma
Introduzione: Durante le procedure di ureterolitotrissia una delle complicanze più frequenti
è la migrazione del calcolo o dei frammenti
verso il rene. Questa complicanza avviene
maggiormente quando il calcolo è nell’uretere
prossimale e l’uretere a monte è dilatato. Per
prevenire la retromigrazione accidentale dei
calcoli disponiamo oggi del basket, dello
stone-cone e del catetere ureterale con palloncino. Noi vi mostriamo un caso di laser-ureterolitotrissia utilizzando un nuovo accessorio
di bloccaggio del calcolo: N-Trap® (Cook).
Materiali e Metodi: Uomo di 65 anni con un
calcolo di circa 1,5 cm a livello dell’uretere
distale destro. Dopo aver superato il calcolo
con l’ureteroscopio abbiamo inserito l’N-Trap,
chiuso, attraverso il canale operativo dello
strumento e lo abbiamo aperto subito al di
sopra del calcolo. L’N-Trap è simile ad un filo
guida, ma una volta posizionato sopra al calcolo, viene aperto diventando come una scodella con tante piccole maglie che permette
solo il passaggio di frammenti minori di 1
mm. Eseguita la ureterolitotrissia abbiamo
posizionato uno stent doppio J.
Risultati: Il calcolo è stato frammentato in
pezzi da 1 a 3 mm. Alla fine della litotrissia
abbiamo utilizzato l’N-Trap aperto per estrarre i frammenti. La procedura è durata 20
minuti e non abbiamo avuto complicanze.
Conclusioni: L’N-Trap è semplice da usare, è
sicuro ed efficace nel prevenire la migrazione
dei frammenti di calcolo. La singolare conformazione delle maglie impedisce la migrazione
di frammenti maggiori di 1 mm, mentre lo
stone-cone permette il passaggio di frammenti fino a 3 mm. Per queste ragioni noi consideriamo, oggi, l’N-Trap il migliore accessorio
in commercio, per prevenire la retromigrazione dei calcoli durante l’ureterolitotrissia.
DECUBITO SUPINO SECONDO VALDIVIA
ASSOCIATO A POSIZIONE LITOTOMICA
MODIFICATA IN CORSO DI PROCEDURE
ENDOUROLOGICHE COMPLESSE: VANTAGGI
UROLOGICI ED ANESTESIOLOGICI
C. Scoffone1, C. Cracco1, C. Terrone2, F. Porpiglia1,
M. Poggio1, G. Ibarluzea3, A. Astobieta3, I.
Camargo3, M. Gamarra3, A. Tempia4, R.M. Scarpa1
1
Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San
Luigi, Orbassano (TO); 2Clinica Urologica, Università
del Piemonte Orientale, Ospedale Maggiore della
Carità, Novara; 3Dipartimento di Urologia, Ospedale
di Galdakao, Bizkaia (Paesi Baschi, Spagna);
4
Dipartimento di Anestesiologia, Università di Torino,
Ospedale San Luigi, Orbassano (TO)
Introduzione: Attualmente la PCNL continua ad
essere un intervento di prima scelta per soggetti portatori di voluminosi calcoli renali; tuttavia, i progressi nel campo dell’endourologia
hanno reso possibile l’associazione (simultanea
o in successione) di un accesso retrogrado, al
fine di migliorare il risultato della singola procedura e di limitare il numero dei ritrattamenti. Per questo motivo sono state impiegate
posizioni alternative a quella prona pura (litotomica rovesciata, laterale, supina). Una delle
posizioni più vantaggiose dal punto di vista
urologico ed anestesiologico è senz’altro quella
supina secondo Valdivia ulteriormente migliorata per un agevole accesso retrogrado dalla
combinazione con la posizione litotomica
modificata secondo Galdakao.
Descrizione della Posizione: La posizione di
Valdivia modificata secondo Galdakao prevede
il paziente in posizione supina con una sacca
di fisiologica sotto il fianco da operare, riempita di aria e clampata con pinza al fine di regolarne in modo ottimale il riempimento. Nel
contempo, l’arto inferiore omolaterale al lato
da operare è esteso, quello controlaterale ben
addotto. Viene sempre posta notevole attenzione per prevenire danni da pressione (con telini ed imbottiture). In una sala operatoria convenzionale questo decubito permette all’anestesista, posto alla testa del paziente, di lavorare in condizioni ottimali; c’è spazio per due
urologi che possono operare contemporaneamente, uno per via percutanea, l’altro per via
retrograda; la strumentista può aiutare entramArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
13
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
bi servendosi di due allievi con strumentazioni separate; vi è inoltre spazio per la brillanza
e per l’ecografia intraoperatoria.
Vantaggi della Posizione: La posizione di Valdivia
modificata secondo Galdakao è senz’altro un
assetto particolarmente versatile da utilizzare
in corso di interventi per urolitiasi di una certa
dimensione, e indispensabile nel trattamento
combinato di stenosi ureterali e dell’anastomosi ureterointestinali. Non aumenta il rischio di
lesioni del colon rispetto alla posizione prona;
inoltre apporta una serie di vantaggi urologici
ed anestesiologici rispetto al decubito prono
tradizionale. In particolare, vengono evitate
complicanze cardiorespiratorie, neurologiche,
visive ed effetti farmacocinetici, descritti per
interventi in anestesia generale di una certa
durata in posizione prona.
NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL)
IN POSIZIONE SUPINA. ESPERIENZA DI
PARMA
A. Frattini, P. Salsi, S. Ferretti, P. Cortellini
Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma
Introduzione: La nefrolitotrissia percutanea in
posizione prona è procedura consolidata.
Proponiamo un approccio supino (tecnica di
Valdivia modificata) dopo averne valutato la
fattibilità, l’efficacia e la sicurezza.
Materiali e Metodi: Dal Marzo 2004 al
Dicembre 2005 abbiamo effettuato 80 procedure percutanee supine in 75 pazienti; range
età 7-78 anni, per calcoli renali di dimensioni
medie 25,2+11 mm (6-60 mm). In 20/80 casi
il tramite è stato realizzato con dilatatori progressivi, in 2/80 con tecnica one-shot, in
20/80 con tecnica minipercutanea (MIPP), in
38/80 mediante dilatazione pneumatica; in 7
casi la puntura Rx-guidata è stata guidata dal
contestuale inserimento di ureterorenoscopio
flessibile nel calice interessato. In 4 casi è stata
eseguita una endopielotomia contestuale.
Abbiamo valutato il tempo di intervento, la
degenza media e il tasso di complicanze.
Risultati: Nessun paziente convertito alla posizione prona. In 3 pazienti è stato necessario
un second-look ed in 1 paziente un terzo.
Tutti gli altri pazienti tranne uno sono risultati stone-free dopo una singola procedura. Le
complicanze principali sono state quelle
emorragiche, trattate conservativamente ed
occorse in 6 casi (7,5%), 2/6 pz trasfusi. In 2
14
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
casi (2,5%) è stato necessario posizionare temporaneamente uno stent ureterale per fistola
urinosa. Il tempo operatorio medio è risultato
ridotto di circa 25’ rispetto alle analoghe procedure in posizione prona; l’esposizione a
radiazioni ionizzanti e il tempo di degenza
medio sono risultati sovrapponibili.
Conclusioni: La PCNL in posizione supina presenta diversi vantaggi: decubito ottimale assunto autonomamente dal paziente sveglio evitando
traumi da decubiti forzati (pazienti obesi!) e
risparmiando tempo e risorse umane; assente la
compressione toracica; procedure anestesiologiche non ostacolate; rischio di perforazione colica ridotto; dominio contemporaneo anterogrado
e retrogrado della via escretrice; irrigazione
attraverso il mono J ureterale che permette la
fuoriuscita per gravità dei frammenti litiasici;
posizione declive della camicia di Amplatz che
contribuisce ulteriormente al mantenimento di
pressioni intrarenali basse. Nonostante sia una
“via nuova” per molti urologi che necessita di
una curva di apprendimento, si è dimostrata
sicura e riproducibile.
NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA CON
PLURIMI ACCESSI ECO-GUIDATI PER CALCOLOSI A STAMPO COMPLESSA
G. Bianchi, C. Di Pietro, S. Micali, F. Annino, B.
Baisi
Clinica di Urologia, Policlinico di Modena, Università
di Modena e Reggio Emilia
Introduzione: La tecnica della nefrolitotrissia
percutanea (PCNL) ha subito negli ultimi anni
un notevole miglioramento grazie al progresso
degli strumenti flessibili e delle fonti di energia per frammentare i calcoli. Tuttavia, nella
maggior parte dei Centri, l’accesso al calice
viene ancora eseguito sotto controllo fluoroscopico con esposizione ai raggi-X da parte del
paziente e dell’operatore.
Materiali e Metodi: Da circa 6 mesi presso il
nostro Centro eseguiamo tutte le procedure di
PCNL con accesso al calice sotto guida ecografia ed utilizzando la fluoroscopia esclusivamente come controllo. Descriviamo il caso di
un maschio di 34 anni con storia di litiasi urinaria bilaterale da alcuni anni, giunto alla
nostra attenzione per IRA, urosepsi, calcolosi
ureterale destra ostruente e calcolosi a stampo
complessa della pelvi renale e di tutti i gruppi
caliceali di sinistra. Si procedeva in fase acuta
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
a posizionamento di nefrostomia bilaterale.
Alla risoluzione del quadro settico dopo 1
mese, si procedeva ad ureteroscopia con litotrissia destra. Dopo 3 mesi si procedeva a
PCNL sinistra che presentiamo nel video.
1° tempo: paziente in posiziona litotomica;
posizionamento di cateterino ureterale 5 Ch
per l’opacizzazione della via escretrice sinistra.
2° tempo: paziente in posizione prona; puntura ecoguidata di un calice inferiore con ago 18
G e creazione del tramite nefrostomico.
Litotrissia dei calcoli maggiori con Swiss
Lithoclast Master tramite nefroscopio rigido e
dei calcoli minori in calici di difficile accesso
con Laser Holmium:YAG tramite nefroscopio
Circon ACMI con doppia deflessione.
3° tempo: creazione di secondo accesso ecoguidato da un calice medio e ripetizione della procedura.
Si ottiene bonifica dei calici inferiori, calici
medi, pelvi renale e parte dei calici superiori.
Per l’alto rischio della manovra dovuto alla presenza di urine purulente in calice superiore, si
decide di soprassedere alla terza puntura sovracostale, ove permane duplice calcolosi di 2 cm.
Risultati: La procedura è stata portata a termine
in 180 minuti senza nessuna complicanza. È
stata ottenuta la bonifica del 90% della calcolosi. Il paziente è stato dimesso in 5° giornata post
operatoria. La procedura è stata completata
dopo 20 giorni, con bonifica dei calici superiori
mediante PCNL con accesso intercostale.
Conclusioni: La procedura di PCNL con litotrissia ad energia balistica ed ultrasuoni combinata, rappresenta al momento il “gold standard” per le calcolosi a stampo complesse e
l’ausilio di nefroscopi flessibili e del laser può
risultare utile nella loro gestione. L’accesso
ecoguidato ai calici rende rapida, precisa e con
minima esposizione ai raggi-X, la creazione
del tramite nefrostomico, rendendo ancora
meno invasiva la procedura di PCNL.
MANOVRE ANCILLARI NEL TRATTAMENTO
PERCUTANEO, CON ACCESSO UNICO,
NELLE CALCOLOSI RENALI COMPLESSE
DEL CALICE INFERIORE
A. De Lisa, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M.
Deplano, P. Usai
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Introduzione e Scopo dello Studio: Definiamo
calcolosi complessa del calice inferiore una
litiasi che interessa più calici del gruppo inferiore e soprattutto con più assi infundibulari
con la medesima direzione postero-mediale. La
presenza di calcoli in due o più cavità caliciali
aventi il medesimo asse infundibolare comporta difficoltà nel trattamento percutaneo in
quanto difficilmente trattabili con nefoscopio
rigido o flessibile. Per poter completare l’asportazione di tutte le formazioni litiasiche
sarebbe necessario effettuare più di un accesso
incrementando i rischi relativi alla procedura
ed allungando i tempi operatori. Abbiamo
voluto valutare efficacia e sicurezza di una
nuova tecnica che combinando manovre ancillari con un unico accesso potesse incrementare il tasso di stone free.
Materiali e metodi: Nel periodo Gennaio 2004 Gennaio 2006 abbiamo valutato retrospettivamente 13 unità renali in cui era presente una
calcolosi a stampo complessa del gruppo caliciale inferiore associata o meno a litiasi di altro
distretto omolaterale.
Tecnica: Tutte le unità renali sono state sottoposte a litotrissia percutanea con accesso unico
al calice inferiore. Dopo frammentazione ed
asportazione di tutti i calcoli con strumento
rigido si procedeva ad un’esplorazione di tutti
i calici con lo strumento flessibile completando la litotrissia ed asportando i frammenti. Le
uniche cavità caliciali che non si riusciva ad
esplorare con lo strumento rigido e flessibile
erano quelle che avevano un infundibulo più
lungo di un cm, lo stesso asse infundibolare
della cannula d’accesso ed erano strettamente
contigue alla cannula stessa. L’unica possibilità
di trattamento stava nel creare un altro accesso
percutaneo, posizionando una seconda cannula, oppure lasciare in sede la litiasi e trattarla
successivamente con altra tecnica. Nell’intento
di ridurre l’invasività della procedura evitando
un secondo accesso e comunque per rendere il
paziente libero da calcoli al termine della procedura abbiamo utilizzato un sistema che ci
aiutasse a risolvere il problema. Mediante Rx
scopia o ecografia veniva individuato il o i calcoli residui e quindi si pungeva la cavità sede
del calcolo. Si passava una sonda guida idrofila che dalla cavità sede del calcolo giungeva
sino in pelvi. Mediante nefroscopio si recuperava la guida che veniva quindi trascinata al
fuori della cannula e fissata. Una trazione su di
essa permetteva di modificare l’asse infundibolare sede del calcolo orientandolo verso la cannula così che il calcolo potesse essere aggrediArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
to con il nefroscopio. In caso fosse impossibile raggiungere il calcolo veniva effettuata una
tomia dell’infundibolo. La procedura veniva
conclusa con posizionamento di catetere
nefrostomico lasciato a dimora ed estratto in
3a giornata post-operatoria..
Risultati: Tale tecnica è stata utilizzata in tutti e
13 casi. In 7 casi è stato rettilineizzato l’infundibolo mentre nei restanti 6 casi si è proceduto
ad una tomia a caldo dell’infundibulo, sulla
direzione della guida, che ha permesso di raggiungere la litiasi, frammentarla ed asportarla. Il
successo della tecnica è stato del 100% . Non ci
sono state complicanze precoci e tardive. Ai
controlli urografici la morfologia caliciale è tornata regolare. I pazienti furono liberi da calcoli
dopo unica procedura ed unico accesso.
Conclusioni: La nostra tecnica di trattamento
costituisce una metodica di trattamento delle
litiasi caliciali, altrimenti inaccessibili, che
offre ottimi risultati con minimi rischi per il
parenchima renale e la via escretrice.
LA URETERORENOSCOPIA CON ENDOSCOPIO FLESSIBILE IN GRAVIDANZA
P. Usai, A. Lai, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano,
G. Puggioni, A. De Lisa
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Introduzione e Scopo dello Studio: Scopo del
nostro studio è quello di valutare l’efficacia e la
sicurezza della ureterorenoscopia flessibile
(UF) nella diagnosi e terapia della patologie
dell’alta via escretrice della gravida.
Materiale e Metodi: Abbiamo sottoposto a (UF)
12 pazienti (età 23-34 anni; XI-XXIX settimana di gravidanza) con sintomi da colica renoureterale (due pazienti con febbre; una paziente macroematuria lateralizzata di grado severo). L’équipe operatoria era composta: dall’urologo operatore, da un urologo esperto in ecografia che coadiuvava il primo operatore nelle
manovre endocavitarie eseguite sotto controllo ecografico (monitoraggio costante dello
strumento introdotto nella pelvi renale e nei
calici), da un ginecologo che utilizzava l’ecografo per controllare le condizioni del feto, da
un anestesista. Sono stati utilizzati ureteroscopi rigidi 8/9.8 Ch, ureterorenoscopi flessibili
7Ch. Tutte le pazienti hanno ricevuto una terapia antibiotica profilattica con ampicillina. Le
procedure sono state eseguite in anestesia
generale.
16
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Risultati: Due pazienti furono sottoposte a ureteroscopia rigida (UR) per calcolosi ureterale
con migrazione del calcolo durante la procedura. La procedura fu completata con UF,
asportazione del frammento da un calice del
gruppo superiore e frammentazione con litotritore balistico. Sette pazienti presentavano
una calcolosi caliciale e ureterale. Le pazienti
sono state sottoposte a ureterolitotrissia con
strumento rigido in caso di calcolosi intramurale (3 pz) e UF, litotrissia balistica e/o rimozione con cestello “ O.tip” dei calcoli renali e
ureterali. Una paziente riferiva coliche renoureterali recidivanti, febbre e ematuria. La UF
mostrò la presenza di calcoli caliciali che vennero frammentati con Laser Ho:YAG. Una
paziente presentava ematuria lateralizzata di
grado severo. La UF mostrò un angioma della
papilla di un gruppo caliciale superiore che
venne fotocoagulato con Laser Ho:YAG. Una
paziente presentava coliche reno-ureterali
recidivanti e ematuria. Sottoposta a UR non
venne rilevata ostruzione ureterale ma la presenza di piuria e minuscoli frammenti litiasici.
La UF esplorò con guida ecografica tutta la via
escretrice intrarenale identificando materiale
corpuscolato, frammisto a coaguli e minuti
frammenti litiasici. Il tempo operatorio medio
è stato di 31 minuti (23-37). Le procedure si
sono concluse con il posizionamento di uno
stent a doppio J (rimosso dopo 10 giorni).
Conclusioni: La nostra esperienza dimostra che
la UF della via escretrice possiede elevate doti
di efficacia e sicurezza e offre la possibilità di
una terapia efficace anche in corso di gravidanza. La possibilità di completare la procedura in tempo unico permette di posizionare
lo stent ureterale solo per il tempo necessario
alla restituito ad integrum della via escretrice.
LITOTRISSIA LASER TRANSURETEROSCOPICA DI CALCOLO IN DIVERTICOLO CALICIALE SUPERIORE
V. Zizzi, A. Callea, B. Berardi, D. Sblendorio, A.
Tempesta, F. Gala, R. Piccinni, A. Cafarelli, A.
Traficante
U. O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale Di Venere,
AUSL BA/4, Bari
Introduzione: Le procedure endourologiche
sono con l’ESWL il cardine del trattamento
della calcolosi renoureterale. L’accesso ureterorenoscopico consente agevolmente la litotris-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
sia laser o balistica di calcoli ureterali e, spesso, renali e caliciali.
Materiali e Metodi: Negli ultimi sette anni
abbiamo effettuato 175 ureteroscopie in 157
pazienti affetti da calcolosi renale o ureterale,
in 113 casi si è effettuata una litotrissia laser
e/o balistico-ultrasonica, in 35 casi si è effettuata un’estrazione del calcolo con cestello, in
17 casi alla ureteroscopia non si è affiancata la
litotrissia ma solo uno stenting ureterale e
negli ultimi 10 casi la procedura è stata solo
diagnostica.
Risultati: La durata media delle ureterorenoscopie operative è stata di 115 minuti (range 22300’ in un paziente con rene a ferro di cavallo)
e, ad un follow-up medio di 60,5 mesi, abbiamo osservato uno stone free rate globale del
97,5%, con una incidenza trascurabile di complicanze clinicamente significative (1 caso di
avulsione dell’uretere intramurale e 3 casi di
iperpiressia, che ha richiesto trattamento antibiotico prolungato). Nel video riportiamo una
litotrissia laser transureteroscopica di un calcolo di un diverticolo caliciale superiore, che ha
reso il paziente stone free, senza alcun tipo di
complicanza perioperatoria.
Conclusioni: L’endourologia, negli ultimi 20
anni, ha rivoluzionato con l’ESWL il trattamento della calcolosi reno-ureterale. L’uso di
ureteroscopi semirigidi sottili (6-7,5 Ch) e di
ureteroscopi flessibili (7-7,5 Ch) ha reso inutile in più del 50-75% dei casi la dilatazione
preventiva dell’uretere e, grazie al perfezionamento delle fonti di energia, ha ottenuto success rate del 74% nella calcolosi dell’uretere
prossimale e del 90-100% nella calcolosi dell’uretere distale, con una bassa incidenza di
complicanze (5-9% di cui solo 1% clinicamente significative) (HG Tiselius, 2004).
NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA IN POSIZIONE SUPINA
A. Callea, B. Berardi, D. Sblendorio, V. Zizzi, L.
Cormio, A. Tempesta, F. Gala, R. Piccinni, A.
Cafarelli, A. Traficante
U. O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale Di Venere,
AUSL BA/4, Bari
Introduzione e Obiettivi: La nefrolitotrissia percutanea (PCNL) si esegue solitamente con il
paziente in posizione prona. Recenti segnalazioni evidenziano come l’accesso in un calice
posteriore con il paziente in posizione supina
ed il fianco sollevato di circa 20-30° sia semplice e vantaggioso rispetto al classico approccio in posizione prona.
Metodi: Negli ultimi 10 mesi abbiamo eseguito
6 PCNL per calcolosi renali a stampo complesse utilizzando energia balistica, ultrasonica e
laser in posizione supina modificata; nel video
si evidenzia la semplicità e la comodità di questo approccio.
Risultati: La durata media dei 6 interventi è
stata di 130 minuti e 5 dei 6 pazienti trattati
sono attualmente liberi da calcoli, mentre uno
presenta un residuo di calcolo del diametro di
circa 7 mm in un diverticolo caliciale inferiore;
non abbiamo registrato alcun evento avverso
intra e perioperatorio. La procedura non ha
presentato sostanziali differenze rispetto ai
trattamenti eseguiti in posizione prona, né una
diversa morbilità.
Conclusioni: In letteratura è riportato che l’approccio percutaneo al rene in posizione supina
consente gli stessi risultati dell’approccio convenzionale in posizione prona, senza sostanziali differenze di morbilità. La posizione supina presenta vantaggi anestesiologici dovuti alla
migliore ventilazione e vantaggi legati alla possibilità di effettuare contestualmente procedure cistoscopiche e ureteroscopiche con strumenti flessibili, senza dover modificare la posizione del paziente. Un altro sostanziale vantaggio si evidenzia nei pazienti sovrappeso, in cui
questo approccio risulta più semplice. Quando
il paziente è in posizione supina con il fianco
sollevato di circa 30° i calici posteriori sono
inclinati di soli 20° rispetto al piano del letto
operatorio e ciò rende agevole la puntura radio
guidata degli stessi e facilita la clearance dei
detriti litiasici attraverso il nefoscopio. Grazie
all’utilizzo di un cistoscopio flessibile, introdotto attraverso una camicia di Amplatz, è
possibile impiegare fibre laser, cestelli e grasp
che consentono quasi sempre la completa
rimozione di calcolosi complesse.
URETEROLITOTOMIA LAPAROSCOPICA
G. Martina, P.I. Giumelli, S. Scuzzarella, M.
Remotti, G. Caruso, F. Cantoni
SC Urologia, Ospedale Morelli, Sondalo (SO)
La necessità di ricorrere all’intervento di ureterolitotomia si è andata sempre più riducendo
negli ultimi anni. La litotrissia extracorporea e
l’ureterorenoscopia hanno relegato in una nicArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
17
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
chia a bassissima indicazione l’ureterolitotomia. Esistono comunque dei casi in cui vi è
ancora la necessità di ricorrervi ed avere a disposizione la tecnica laparoscopica per poter
risolvere tale problema aumenta le armi a disposizione dell’urologo. Nel caso in questione
trattavasi di un uomo di 40 anni con calcolo di
circa 1,5 cm impattato da alcuni mesi a livello
dell’uretere lombare sn (L5) e determinante
importante ureteroidronefrosi a monte. Stante
le dimensioni e l’impattamento determinato
dal calcolo si decideva di eseguire ureterolitotomia laparoscopica. Si posizionava catetere
ureterale monoJ, subito al di sotto del calcolo,
lasciandolo mandrinato sì da poterlo far risalire nell’uretere durante la procedura laparoscopica. Si praticava accesso retroperitoneoscopico classico con 4 porte, si isolava l’uretere e si
identificava il calcolo indovato nell’uretere
lombare basso, con una fettuccia chiusa con
una clip, si contornava l’uretere a monte del
calcolo per evitarne un push-up. Con una
lama di bisturi montata su di un portaaghi si
praticava l’ureterotomia, il labbro posteriore
della stessa veniva sospeso con un filo, con le
forbici si ampliava l’ureterotomia e si estraeva
quindi il calcolo. Il catetere monoJ veniva fatto
risalire sino al rene e si procedeva a sutura
della breccia con tre punti staccati in monofilamento 0000. La procedura risultava efficace,
veloce e di semplice esecuzione.
PIELOLITOTOMIA VIDEOLAPAROSCOPICA
IN RENE ECTOPICO PELVICO SINISTRO
R. Campese, P. Fedelini, C. Meccariello, M.
Rubino, A. Oliva, A. Masala
Introduzione: La terapia mininvasiva della calcolosi nei reni malformati è spesso problematica. Nel rene ectopico pelvico presacrale è
particolarmente deludente la ESWL, mentre la
PNL espone ad elevato rischio di perforazione
di organi addominali e di stravaso intraperitoneale intra e postoperatorio.
Caso Clinico: Il caso presentato nel video si
riferisce ad una giovane donna affetta da una
calcolosi pielica unica di 1,5 cm in un rene
sinistro ectopico presacrale, già sottoposta a
due infruttuosi tentativi di ESWL. Abbiamo
eseguito con successo una pielolitotomia
videolaparoscopica
transperitoneale.
L’intervento è stato completato in 190 minuti
con l’utilizzo di porte (2 da 10 mm e 2 da 5
18
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
mm). La pielorrafia è stata eseguita con sutura
intraddominale su sondino ureterale preliminarmente posizionato e sostituito al termine
della procedura da uno stent. L’intensa fibrosi
del tessuto peripielico ha reso particolarmente
difficile la sutura. È stato posto un drenaggio
intraperitoneale, rimosso in terza giornata. Il
decorso postoperatorio è stato scevro di complicanze. La paziente è stata dimessa in quarta
giornata. Il catetere vescicale è stato rimosso in
ottava giornata. Lo stent dopo 21 giorni.
Discussione: La calcolosi nei reni malformati è
ancora prevalentemente risolta con la chirurgia a cielo aperto. Nella calcolosi in rene ectopico pelvico sono descritti pochi casi di nefrolitotrissia videolaparoassistita e di pielolitotomia videolaparoscopica. La nefrolitotrissia
laparoassistita rappresenta a nostro giudizio
una metodica ingiustificata per due motivi: la
possibilità di complicanze postoperatorie alla
rimozione della nefrostomia e l’opportunità di
procedere direttamente con tecnica laparoscopica all’intervento. L’approccio laparoscopico
intraperitoneale nella calcolosi del bacinetto in
rene ectopico presacrale è una valida opzione
mininvasiva. La posizione anteriore e laterale
favorisce il reperimento del bacinetto renale. Il
colon sigma risulta naturalmente medializzato
dal rene ectopico e non vi è necessità di mobilizzazione dello stesso. La reazione fibrosa
peripielica – spesso presente – rende particolarmente difficoltosa la sintesi della pielotomia
e la estrazione del calcolo richiede una particolare sensibilità tattile-mediata. L’uso di un
drenaggio intraperitoneale e di uno stent ureterale sono obbligatori. Lo stent pieloureterale
va conservato in sito per almeno 2 settimane.
EMI-NEFROURETERECTOMIA LAPAROSCOPICA IN UN CASO DI DUPLICAZIONE URETERALE COMPLETA
P. Casale1, G. Pomara1, M. Simone1, R. Marzano,
C. Casarosa1, N. Armillotta2, F. Francesca1
1
Dipartimento di Chirurgia, U.O. Urologia SSN;
2
Dipartimento Oncologia, Trapianti e Nuove
Tecnologie, Radiodiagnostica Universitaria, Azienda
Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa
Introduzione: La duplicazione completa dell’uretere è una rara anomalia congenita, spesso
associata ad ureterocele, uretere ectopico e
reflusso vescica-ureterale (RVU). Risulta maggiormente frequente nel sesso femminile ed è
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
bilaterale nel 20% dei casi. Il trattamento standard, valutata la funzionalità del rene, è la eminefroureterectomia; in caso di concomitante
orifizio ureterale ectopico e/o RVU, 1’ureterectomia completa è obbligatoria. Classicamente
l’approccio a cielo aperto prevede un’estesa
laparotomia mediana anteriore, ovvero un doppio approccio (lombotomico + ombelico-pubico). Presentiamo un caso di duplicazione ureterale completa trattato mediante emi-nefroureterectomia laparoscopica.
Materiali e Metodi: Nel Settembre 2005 una
donna di 34 anni giunge alla nostra osservazione per infezioni urinarie ricorrenti associate a
disuria e febbre serotina. L’urografia mostra una
duplicazione del sistema urinario bilateralmente. A sinistra la duplicazione è completa e
mediante uretrocistografia retrograda si evidenzia la presenza di orifizio ureterale ectopico, in
uretra presfinterica, associato a RVU di primo
grado a carico del sistema escretore sinistro
superiore. La TC conferma il quadro urografico.
La paziente viene trattata mediante emi-nefroureterectomia laparoscopica.
Risultati: La procedura è stata portata a termine laparoscopicamente attraverso un approccio transperitoneale. Attraverso quattro porte,
il colon discendente è stato medializzato, il
rene e l’ilo vascolare renale principale sono
stati esposti: successivamente è stato isolato
l’ilo vascolare proprio del polo superiore del
rene consistente in una piccola arteria e vena,
diramazioni dirette dell’arteria e della vena
renale principali. Mediante l’impiego di clip
Hem-o-lok i piccoli vasi, propri del polo superiore, sono stati chiusi e sezionati. Si è proceduto così alla resezione polare superiore
mediante Ligasure Atlas da 10 mm. In questa
fase l’uretere normale, previamente incannulato per via transuretrale, con cateterino ureterale 7 Ch open-end, è stato iniettato con bleu
di metilene senza evidenziare tuttavia apertura della via escretrice dell’emisistema inferiore
sinistro. L’uretere ectopico viene isolato completamente e sezionato, anch’esso mediante
Ligasure Atlas da 10 mm, a ridosso del suo
sbocco in uretra. La durata dell’intervento è
stata di 180 min (posizionamento stent ureterale incluso). Il decorso post-operatorio è stato
regolare ed ha permesso la dimissione della
paziente a 48 ore dall’intervento. Il follow-up
a sei mesi è negativo per infezioni urinarie sintomatiche con urinocolture negative e scomparsa della febbre serotina.
Conclusioni: Riteniamo che l’emi-nefroureterectomia laparoscopica eseguita per duplicazione
ureterale completa sia un’opzione terapeutica
risolutiva, in grado di garantire un buon risultato anche in termini estetici, comportando
minimi sanguinamenti intraoperatori ed un
rapido decorso postoperatorio.
PIELO-PIELOSTOMIA LAPAROSCOPICA RETROPERITONEALE. CASE REPORT
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti,
S. Grosso, G. Grosso
U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22,
Peschiera del Garda (VR)
Introduzione: La duplicità pielo-ureterale, nelle
sue due varianti completa e incompleta, è una
infrequente anomalia congenita dell’apparato
urinario, che raramente si rende clinicamente
evidente. La diagnosi è spesso incidentale.
Suddetta anomalia anatomica può manifestarsi
qualora coesista o si determini un’ostruzione, a
qualunque livello, di almeno uno degli emidistretti escretori urinari. Le condizioni anatomo-funzionali che più spesso possono essere
associate alla duplicità pielo-ureterale sono la
stenosi del giunto pielo-ureterale e la stenosi
dell’uretere terminale di uno dei due sistemi
escretori.
Materiali e Metodi: Il video si riferisce ad una
paziente, A.F. di 29 anni, giunta alla nostra
osservazione per colica renale destra secondaria
a idronefrosi di emidistretto inferiore in soggetto con duplicità pielo-ureterale completa. La
paziente sei mesi prima era stata sottoposta,
presso altro nosocomio, a ureterocistoneostomia dell’uretere drenante l’emidistretto inferiore. Abbiamo eseguito Uro-Tc che ha evidenziato
una stenosi serrata (recidiva?) dell’uretere precedentemente re-impiantato. La cistografia ha
escluso il reflusso vescico-ureterale di entrambi
gli ureteri di destra e dell’uretere sinistro.
Abbiamo sottoposto la paziente ad intervento di
ureterectomia parziale (uretere inferiore lombare) e pielo-pielostomia scegliendo l’approccio
laparoscopico retroperitoneale.
Risultati: Tempo operativo 120 minuti. Nessuna
complicanza intraoperatoria. Rimozione drenaggio e dimissione della paziente in 3a giornata
postoperatoria. L’imaging a tre e a sei mesi hanno
dimostrato la completa remissione dell’idronefrosi.
Conclusioni: L’esperienza maturata in chirurgia
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
19
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
urologica laparoscopica ci ha consentito di
includere la pielo-pielostomia fra gli interventi eseguibili per via laparoscopica.
URETEROLITOTOMIA RETROPERITONEOSCOPICA: CASE REPORT
S. Micali1, A. Celia2, S. De Stefani1, F. Annino1,
M. Grande1, M.C. Sighinolfi1, G. Bianchi1
1
Clinica di Urologia, Policlinico di Modena, Università
di Modena e Reggio Emilia, Modena; 2Urologia,
Ospedale di Bassano del Grappa (VI)
Introduzione ed Obiettivi: Con lo sviluppo delle
tecniche mini-invasive, la chirurgia a cielo
aperto per la litiasi ureterale è ormai superata.
D’altro canto queste procedure trovano dei
limiti per i voluminosi calcoli impattati nel
tratto medio e prossimale dell’uretere. In questo video descriviamo la nostra tecnica di esecuzione dell’Ureterolitotomia Laparoscopica
Retroperitoneale (RPUL) che potrebbe rappresentare una valida alternativa alla chirurgia
aperta.
Metodi: Portiamo il caso di una donna di 48
anni affetta da litiasi dell’uretere lombare
destro, radiopaca, (2,5 cm di diametro) condizionante ureteroidronefrosi ed associata a litiasi caliciale multipla del rene sinistro. La
paziente era affetta inoltre da insufficienza
renale cronica (Creatinina 2,43 mg/dl) ed una
nefrostomia destra era stata posizionata 1
mese prima dell’intervento. È stata eseguita
una ureterolitotomia laparoscopica per via
retroperitoneale con la paziente in decubito
laterale sinistro. Sono state utilizzate tre porte
di cui 2 da 10 mm ed una da 5 mm. Una volta
identificato l’uretere in corrispondenza del
muscolo Psoas si è inciso longitudinalmente e
dopo l’asportazione del calcolo, si è proceduto
a sutura extramucosa in continua dell’uretere
con filo riassorbibile intrecciato 3/0. Non è
stato necessario posizionare stent ureterale.
Risultati: Il tempo chirurgico è stato di circa 150
minuti, la degenza di 3 giorni e non si sono
osservati eventi avversi perioperatori. Un controllo radiologico transnefrostomico, eseguito in
7a giornata postoperatoria, ha mostrato una via
escretrice normale, senza calcoli. Contestualmente veniva rimossa la nefrostomia.
Conclusioni: Nel trattamento dei calcoli impattati di medie e grandi dimensioni, a carico dell’uretere medio-prossimale, la RPUL è una procedura mini-invasiva efficace e sicura che può
20
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
effettivamente sostituire la chirurgia tradizionale. L’approccio retroperitoneale può avere dei
vantaggi: è meno invasivo è più indicato data la
natura retroperitoneale dell’uretere.
IDRONEFROSI DEL DISTRETTO SUPERIORE
IN DUPLICAZIONE URETERALE COMPLETA
ASSOCIATA A URETEROCELE OSTRUTTIVO:
RISOLUZIONE CON TECNICA LAPAROSCOPICA ED ENDOSCOPICA VESCICALE
A. De Lisa, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G.
Puggioni, P. Usai
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Descriviamo il caso di una giovane paziente di
18 anni giunta alla nostra osservazione in quanto affetta da febbre di tipo urosettico e numerosi episodi di infezione delle vie urinarie trattate
con terapia e medica e recidivate. L’esame ecografico ed urografico misero in evidenza la presenza di un doppio distretto completo a destra
con idronefrosi grave del distretto superiore e la
presenza di un grosso ureterocele corrispondente. Il distretto inferiore si presentava nella
norma. L’intervento iniziò con una cistoscopia
che mise in evidenza lo sbocco dell’ureterocele
in prossimità del meato uretrale interno. Si incise l’ureterocele a tutto cerchio partendo dallo
sbocco, decapitandolo in toto. Asportata la
cupola dell’ureterocele si procedette a incisione
a tutto cerchio dell’uretere sganciandolo dal suo
tratto intramurale. Si mise la paziente in lombotomica e quindi dopo posizionamento di 4
Trocar si procedette a preparazione del rene isolando gli elementi vascolari, i due ureteri e quindi alla resezione del distretto superiore idronefrotico. L’uretere fu seguito sino allo scavo pelvico e poiché adeguatamente preparato fu semplice sganciarlo dalla sua sede naturale. Il pezzo
anatomico fu estratto dal Trocar da 12 mm senza
necessità di un allergamento del tramite cutaneo. Venne ricostruita la doccia parieto-colica
dopo posizionamento di un drenaggio in sede
postero-renale verso lo scavo pelvico. Venne
lasciato un catetere vescicale a dimora per 7
giorni.
Risultati: La paziente non ebbe complicanze, fu
dimessa in 4a giornata post-operatoria dopo
estrazione del drenaggio e mandata a casa con il
catetere a dimora che fu rimosso in 7a giornata
post-operatoria dopo aver eseguito un esame
cistografico di controllo. A distanza di 8 mesi la
paziente è sana ed ha ottenuto una risoluzione
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
completa del suo problema con tecnica mininvasiva
TRATTAMENTO RETROPERITONEOSCOPICO
DI CISTI PARAPIELICA CON IDROCALICE
SINTOMATICO
A. Saita1, M. Falsaperla1, F. Nicolosi1, G.
Caldarella1, L. Ficicchia1, M. Burrello1, B.
Giammusso1, F. Marchese1, F. Porpiglia2
1
Clinica Urologica, Università di Catania; 2Clinica
Urologica, Università di Torino
L’approccio laparoscopico rappresenta a nostro
avviso la metodica più indicata nel trattamento
delle cisti parapieliche sintomatiche. Riportiamo
il caso di una donna di 56 anni, giunta alla
nostra osservazione con astenia e febbricola
ricorrente da circa 1 mese, accompagnata da
algie lombari a sinistra e leucocitaria. In relazione al quadro clinico e all’evidenza ecografica di
una grossolana cisti parapielica è stato approfondito l’iter diagnostico con urografia, TC e
scintigrafia renale, che confermavano la presenza della cisti determinante voluminoso idrocalice superiore secondario alla compressione.
Anche la scintigrafia evidenziava la ridotta captazione in corrispondenza del polo superiore
con ritardo di escrezione. Abbiamo pertanto
deciso di trattare la patologia cistica con approccio retro-peritoneoscopico. Dopo la preparazione del seno renale si è evidenziata immediatamente la formazione cistica con un caratteristico
stiramento del giunto pielo-ureterale e dei calici
superiori. Preparata la cisti è stata incisa la parete permettendo l’evacuazione del liquido cistico
e dimostrando l’immediata scomparsa della tensione pielo-caliciale. È stata effettuata la resezione della parete cistica con coagulazione dei margini di resezione. Il quadro TC post-operatorio
ha dimostrato il recupero anatomico e funzionale della porzione del rene sinistro con conseguente scomparsa della sintomatologia.
RESEZIONE POLARE INFERIORE REGOLATA
SUL CALICE CON TECNICA RETROPERITONEOSCOPICA
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, F.
Ragni, C. Cracco, C. Terrone, I. Morra, C.
Scoffone, M. Poggio, R. M. Scarpa
Università degli studi di Torino, Facoltà di Medicina e
Chirurgia. A.S.O. San Luigi Orbassano (TO),
Divisione Universitaria di Urologia
Introduzione: La diffusione delle tecniche percutanee ha ridotto l’indicazione alla resezione polare inferiore regolata sul calice in caso calcolosi
caliceale. Riportiamo un caso di in cui questa
tecnica è stata realizzata in retroperitoneoscopia.
Materiali e Metodi: Si tratta di un paziente di 33
anni paraplegico con calcolosi caliceale inferiore del rene sinistro pluritrattata, plurirecidiva e
con infezioni ricorrenti delle vie urinarie da
Proteus Mirabilis, resistente a tutti i comuni
antibiotici. L’urografia dimostrava la presenza
di un calcolo a stampo del calice inferiore con
rene di dimensioni ridotte rispetto al controlaterale e la scintigrafia dinamica sequenziale
attribuiva al rene sinistro soltanto il 30% della
funzione renale complessiva.
Tecnica: Dopo aver posizionato il paziente in
decubito laterale sono stati inseriti quattro trocars con disposizione a rombo. Liberata la faccia
posteriore del rene sono stati isolati l’uretere e
l’arteria renale. Il rene è stato dissociato dalla
capsula di Gerota ed è stato quindi esposto il
polo renale inferiore; a tale livello era presente
un’evidente cicatrice che segnava il limite tra il
parenchima normale limitrofo e quello patologico. Dopo aver clampato l’arteria renale con
Buldog, è stata eseguita la resezione polare inferiore in ischemia calda e la contestuale calicectomia inferiore completa con asportazione dei calcoli. Alcune arterie sono state elettrocoagulate
selettivamente con pinza bipolare. È stato quindi posizionato uno stent a doppio J ed è stata
eseguita la sutura del bacinetto con Vicryl 3-0,
quindi la sutura della midollare con legatura
selettiva di alcuni vasi. Infine è stata effettuata la
sutura della corticale su tabo-tamp. L’intervento
ha avuto una durata di 150 minuti, le perdite
ematiche sono state di 100 ml. Il tempo di ischemia calda è risultato di 48 min. Nel post-operatorio non sono state registrate complicanze, il
paziente è stato dimesso in 4° GPO ed il catetere rimosso in 15°. Il controllo radiologico e scintigrafico a 2 mesi dall’intervento ha evidenziato
un buon risultato dal punto di vista morfologico
e funzionale: il rene operato presentava funzione
pari al 25% della funzione renale complessiva.
NEFRECTOMIA
LAPAROSCOPICA
IN
PAZIENTE CON ANOMALIA NUMERICA DEI
VASI RENALI
G. Martina, P.I. Giumelli, G. Caruso, M.
Remotti, F. Cantoni
SC Urologia, Ospedale Morelli, Sondalo (SO)
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
21
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Nel video viene presentata una nefrectomia
retroperitoneoscopica dx eseguita per tumore
renale in pz con anomalia numerica dei vasi
renali (5 arterie e 2 vene renali a dx con insorgenza autonoma dall’aorta e dalla cava). Il
riscontro del tumore renale avveniva dopo
asportazione di secondarismo cerebrale manifestatosi con episodio di ictus. L’ecografia evidenziava neoformazione renale dx del diametro di
7 cm interessante il polo superiore. Si eseguiva
angiotac che confermava la neoplasia renale ed
evidenziava una rara anomalia numerica dei
vasi renali con 5 arterie e 2 vene tributarie del
rene di dx; normale assetto vascolare a sn. Si
decideva per nefrectomia retroperitoneoscopica
dx. Accesso retroperitoneoscopico classico con
4 trocar, di cui tre agli apici e al centro di un’ideale linea lombotomica passante per il triangolo di Petit e il quarto immediatamente al di
sotto della X costa sulla linea ascellare anteriore. Con tale accesso si aggrediva immediatamente il peduconcolo vascolare identificando
prima le arterie poi le vene. Repertare, isolare,
clippare e sezionare separatamente tutte le arterie risultava agevole sulla guida dell’angioTC.
Altrettanto semplice risultava la legatura e
sezione delle due vene. In conclusione ci preme
sottolineare come l’esecuzione di una angioTC,
esame non invasivo e facilmente eseguibile, sia
raccomandabile prima di un intervento di
nefrectomia laparoscopica. La ricostruzione
delle immagini permette di avere una chiara
visione dell’orientamento spaziale dei vasi renali e permette un’accurata pianificazione dell’intervento. Nel caso in questione, la scelta dell’accesso retroperitoneoscopico permetteva
un’aggressione diretta sulle arterie non mediata
dalle vene, con maggior facilità e sicurezza nello
svolgimento della nefrectomia.
EMINEFROURETERECTOMIA VIDEOLAPAROSCOPICA SUPERIORE SINISTRA PER
IDROPIOURETERONEFROSI DEL DISTRETTO CEFALICO IN DUPLICITÀ PIELOURETERALE BILATERALE CON RENE SOVRANNUMERARIO
A. Molon, G. Caleffi, M. Pastorello
Divisione di Urologia, Ospedale Sacro Cuore - Don
Calabria, Negrar (VR)
Introduzione: La duplicità pieloureterale completa viene comunemente annoverata tra le
anomalie congenite dell’uretere, malgrado in
22
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
rari casi risulti associata a rene soprannumerario e quindi codificabile tra le anomalie di
numero e volume renale (ed è questo il caso
della nostra osservazione). L’incidenza media
presunta della duplicazione pieloureterale,
quale risulta dagli studi di Campbell e di
Nation, appare intorno allo 0,8%, con una predilezione per il sesso femminile (dal 62
all’80%). La monolateralità dell’anomalia è sei
volte più frequente della bilateralità. Sin dal
1976 ne è stata riconosciuta da Cohen e Berant
una determinazione genetica attraverso trasmissione autosomica dominante a penetranza
incompleta. Tra i reperti più sovente associati al
doppio distretto sono da ricordare: il reflusso
vescico-ureterale, episodi pielitici, idronefrosi
del distretto inferiore, nonchÈ ipoplasia e displasia renale, ectopie di inserzione ureterale ed
un’ampia varietà di lesioni ureterali. La duplicità pieloureterale può decorrere asintomatica
e costituire reperto di occasionale riscontro ma
certamente appare associata in misura cinque
volte più frequente che nei soggetti normoconformati ad infezioni urinarie anche complicate.
Si documenta in video il nostro approccio laparoscopico per il trattamento di una forma sintomatica di questa anomalia.
Materiali e Metodi: Una paziente di 32 anni
viene inviata alla nostra osservazione dopo reiterati episodi urosettici con dolore lombare
sin. L’ecografia addominale documenta un
quadro di idroureteronefrosi superiore sin, in
assenza di immagini litiasiche. Lo studio
UroTC rivela una cospicua ectasia dell’emirene
superiore sin, estesa a tutto l’uretere, con
esclusione funzionale e marcata ipotrofia
parenchimale dell’emirene stesso, in presenza
di un doppio distretto pieloureterale bilaterale. Un’esplorazione endoscopica vescicale evidenzia un duplice meato ureterale d’ambo i
lati con puntiforme ostio infero-mediale sin.
Per la correzione elettiva della patologia la
paziente acconsente a procedimento laparoscopico transperitoneale. Quattro porte di
accesso vengono posizionate previa collocazione dorsolitotomica della paziente, adagiata
sul fianco destro: perfezionato il pneumoperitoneo si incide la doccia parieto-colica sin, con
estensione craniale atta a favorire un’adeguata
medializzazione intestinale. Esposizione degli
ureteri nel loro decorso lombare: evidente l’ectasia dell’uretere drenante il distretto superiore: viene isolato e seguito in alto ove si apre in
pelvi estremamente dilatata, con sacca idro-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
pionefrotica. Dissociazione con Ultracision del
distretto renale superiore dall’inferiore, dopo
clippaggio selettivo e sezione del peduncolo
vascolare. Ottenuta una completa liberazione
della sacca idronefrotica, si completa l’isolamento dell’uretere lombare scendendo sin
oltre l’incrocio con i vasi iliaci. Emostasi e drenaggio della loggia lombare. Rimozione dei
trocars. Successiva breve incisione trasversa di
Pfannenstiel per accedere al Retzius onde individuare a sin l’uretere ectasico, già liberato
cranialmente: viene recuperata agevolmente
tutta la via escretrice superiore e completato
l’isolamento ureterale sino al suo inosculo in
vescica: ivi l’uretere appare macroscopicamente atresico. Asportazione en bloc del distretto
pieloureterale superiore sin. Sutura della piccola breccia vescicale, emostasi, posizionamento di drenaggio laminare nel Retzius e sintesi della parete.
Risultati: L’intervento di eminefroureterectomia
laparoscopica sin così condotto ha richiesto
complessivamente 190 min; le perdite ematiche non hanno superato i 100 ml; non si sono
registrate complicanze intra o postoperatorie.
La paziente ha ripreso in prima giornata le
normali funzioni fisiologiche, con precoce
mobilizzazione. Non sono emersi problemi
nel corso della successiva breve convalescenza. L’imaging (UroTC) a sei mesi rivela un quadro morfofunzionale regolare a carico del singolo residuo distretto pieloureterale sin.
Permane a destra una duplicità pieloureterale
completa.
Conclusioni: La nefroureterectomia videolaparoscopica per patologia benigna è oggi metodica consolidata con livello di evidenza 2b e
grado di raccomandazione B nelle EAUGuidelines. L’esperienza sin qui da noi acquisita sia nella patologia benigna che neoplastica
ci porta a prediligere una procedura laparoscopica elettiva per i tempi di nefrectomia ed
isolamento ureterale lombo-iliaco, associando
poi un approccio minilaparotomico (ottenuto
con incisione di Gibson o trasversa di
Pfannenstiel) per l’isolamento dell’uretere pelvico, l’escissione della pastiglia vescicale (nel
caso di neoplasia) e l’asportazione del blocco
reno-ureterale mantenuto integro nella sua
continuità. Si associano così i vantaggi propri
della laparoscopia (ridotta invasività, minimo
danno parietale, breve degenza e rapida convalescenza) con una maggiore accuratezza
nelle dissezione uretero-vescicale, mantenen-
do tempi operatori contenuti e non inficiando
in modo significativo il risultato “estetico” dell’intervento. Il caso clinico qui riportato, relativo a giovane donna con idropionefrosi a carico
del distretto superiore in duplicazione renoureterale bilaterale, ne è a comprova.
VESCICULECTOMIA ED EXERESI DI GHIANDOLA PROSTATICA RESIDUA PER VIA LAPAROSCOPICA DOPO PROSTATECTOMIA
RADICALE LAPAROSCOPICA INCOMPLETA
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti,
S. Grosso, G. Grosso
U.O di Urologia Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22,
Peschiera del Garda (VR)
Introduzione: La ripresa biochimica di malattia
dopo prostatectomia radicale è un problema
emergente. L’introduzione di nuove metodiche
di imaging (PET, RMN endorettale) sono di
notevole ausilio nel discernere tra recidiva
locale e malattia sistemica. Il fondamento diagnostico di recidiva biochimica è però rappresentato dalla biopsia dell’area peri-anastomotica. Fondamentali anche i vari, noti parametri
di lettura del PSA (nadir PSA, PSA velocità
ecc.). Terapie quali HIFU e RITA si propongono quali alternative mini-invasive alla EBRT in
caso di documentata recidiva locale.
Materiali e Metodi: Il video si riferisce ad un
paziente di 61 anni sottoposto 5 mesi prima a
prostatectomia radicale laparoscopica preperitoneale presso un altro istituto per adenocarcinoma prostatico cT2a cN0 cMx Gleason 3+3.
PSA pre-operatorio 7 ng/ml. L’esame istologico
definitivo aveva confermato la presenza di adenocarcinoma prostatico Gleason 3+3. Margini
chirurgici positivi su tutto il versante ghiandolare destro. Assenza delle vescicole seminali
dal campione anatomico inviato. Il PSA a 1
mese dall’intervento era di 1,22 ng/ml e 1,89 a
4 mesi. Il paziente ha eseguito RMN con bobina endorettale che ha evidenziato la presenza
nella normale sede anatomica di entrambe le
vescicole seminali che apparivano ectasiche;
ha rilevato altresì: “porzione antero-laterale
destra residua a pregresso intervento di prostatectomia con intento radicale”. Sono state eseguite biopsie mirate sulle zone descritte alla
RMN esitate in adenocarcinoma prostatico
Gleason 3+3 (unico focolaio, core 20% su 4
prelievi eseguiti sulla capsula prostatica residua; vescicole seminali indenni). Sentito il
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
parere del radioterapista, abbiamo sottoposto
il paziente a vesciculectomia e completamento
della prostatectomia per via laparoscopica
trans-peritoneale.
Risultati: Tempo operativo:133 minuti. Perdite
ematiche trascurabili. Non si è reso necessario la
revisione dell’anastomosi vescico-uretrale precedentemente confezionata. Conclusa l’asportazione della ghiandola prostatica residua macroscopicamente evidente è stata eseguita biopsia
del letto di resezione (piano detrusoriale) inviata per esame istologico intra-operatorio (negativo). Il paziente è stato dimesso in 3a giornata
p.o. L’esame istologico definitivo ha evidenziato
la presenza di tessuto adenocarcinomatoso prostatico sulla ghiandola residua, Gleason 3+3.
MC negativi. PSA a 1 mese 0,1. Abbiamo deciso
di procrastinare il trattamento radiante.
Conclusioni: Si tratta del secondo caso di “recidiva locale” di tumore della prostata da noi
trattato con exeresi laparoscopica. La magnificazione visiva e la mini-invasività della tecnica
laparoscopica ne suggeriscono un ruolo alternativo a quello di HIFU e RITA. La radioterapia esterna rimane ad oggi il “gold standard”
nel trattamento delle recidive locali di tumore
prostatico.
PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA PRE-PERITONEALE. CODIFICA DELLA
TECNICA DOPO 750 INTERVENTI
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti,
S. Grosso, G. Grosso
U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL
22, Peschiera del Garda (VR)
Introduzione: La prostatectomia radicale rappresenta ad oggi “il gold standard” fra le terapie con
intento radicale del carcinoma prostatico.
L’incremento del numero delle diagnosi precoci
di tumori della prostata a cui si è assistito negli
ultimi anni, ha comportato l’abbassamento dell’età media dei pazienti da trattare e l’aumento
del numero di procedure chirurgiche effettuate
per singola istituzione. Il progredire delle conoscenze anatomo-chirurgiche e il costante sviluppo di nuovi materiali e tecnologie cercano di
rispondere alla domanda di una chirurgia oncologica prostatica che assicuri il mantenimento
della qualità di vita, attraverso il risparmio della
funzione erettiva e il ripristino della completa
continenza urinaria. In quest’ottica l’approccio
laparoscopico sembra offrire ulteriori vantaggi
24
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
accanto a quelli ampiamente dimostrati (analgesia p.o., degenza, convalescenza, ripresa attività
socio-lavorative). Abbiamo adottato e sviluppato la tecnica della prostatectomia radicale preperitoneale. Dal gennaio 2001 ad oggi abbiamo
effettuato 750 interventi. L’esperienza maturata
ci ha consentito di codificare e riprodurre l’intervento.
Materiali e Metodi: Eseguiamo la prostatectomia per via anterograda. Il video illustra i
punti chiave:
• creazione digitale dello spazio di lavoro e
posizionamento dei trocars;
• linfoadenectomia iliaco-otturatoria (ove
indicata);
• esposizione ed incisione della commissura
vescico-prostatica;
• accesso al piano posteriore vescicolo-deferenziale e sezione “di risparmio” del collo
vescicale;
• isolamento del blocco vescicolo-deferenziale;
• esposizione ed incisione della fascia di
Denonvilliers;
• prostatectomia discendente “nerve sparing”
con tecnica intrafasciale vs prostatectomia
extrafasciale;
• sezione del plesso venoso dorsale ed esposizione dell’apice prostatico;
• sezione dell’uretra e dei muscoli retto-uretrali;
• anastomosi vescico-uretrale con unica sutura continua.
Conclusioni: La codifica della tecnica ci ha consentito di registrare l’abbattimento dei tempi
operativi (da 180 minuti nel 2001 a 90 nel
2005) e della percentuale di pazienti trasfusi
(dal 63% nel 2001 al 2% nel 2005).
Significativamente ridotte anche le complicanze p.o. In particolare segnaliamo l’assenza di
lesioni del retto a partire dal 2003 (2% nel
2001).
CHIRURGIA NEPHRON SPARING LAPAROSCOPICA. TECNICHE DI EMOSTASI.
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti,
S. Grosso, G. Grosso
U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22,
Peschiera del Garda (VR)
Introduzione: La diagnosi “incidentale” delle
neoplasie renali ha trasformato la strategia
terapeutica della chirurgia renale parzialmente
demolitiva da opzione “di necessità” ad indica-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
zione elettiva in caso di neoformazioni renali
di limitate dimensioni, non coinvolgenti la via
escretrice ed esofitiche. In quest’ottica l’approccio laparoscopico sembra offrire una riduzione della morbilità perioperatoria rispetto
alla chirurgia a cielo aperto. I risultati oncologici sovrapponibili, come si evince dalla revisione della più recente letteratura e la miniinvasità della metodica, candidano la tecnica
laparoscopica quale valida alternativa alla chirurgia renale “di risparmio” tradizionale. Di
contro l’enucleoresezione renale o in senso più
generale la nefrectomia parziale per via laparoscopica rappresentano, a nostro parere, l’intervento di chirurgia urologica laparoscopica
più impegnativo. Il punto cruciale che pone
tale chirurgia all’apice della curva di apprendimento è il controllo dell’emostasi. Nonostante
l’ausilio di numerosi e validi presidi l’emorragia intra-operatoria rappresenta la causa più
frequente della conversione a cielo aperto in
corso di chirurgia nephron sparing laparoscopica.
Materiali e Metodi: Dal 1997 al dicembre 2005
abbiamo eseguito 80 fra enucleoresezioni,
resezioni polari o nefrectomie parziali. Posta
l’indicazione utilizziamo esclusivamente la via
laparoscopica. Prediligiamo la via retroperitoneoscopica a eccezione delle neoplasie del versante anteriore dell’organo, più facilmente
aggredibili per via trans-peritoneale. Il video si
sofferma sulle principali tecniche di emostasi
da noi adottate a seconda dell’entità del sanguinamento:
isolamento preventivo dell’arteria renale ed
esteriorizzazione della fettuccia vascolare.
Utilizzo on demand dell’ischemia calda;
utilizzo esclusivo del bisturi armonico per la
sezione del parenchima renale;
utilizzo di punti di sutura “da materassaio” sul
letto di resezione;
utilizzo di colle biologiche o acriliche.
Risultati: L’adozione di adeguate tecniche di
emostasi ci ha consentito di completare 79
interventi su 80 per via laparoscopica. È stata
necessaria la conversione “open” in un solo
caso, peraltro registrato fra i primi 20 eseguiti.
Abbiamo trasfuso 10 pazienti su 80. In nessun
caso è stato necessario re-intervenire.
Conclusioni: Il rispetto dei canoni della chirurgia oncologica renale e la riduzione della morbilità peri-operatoria confermano il ruolo della
chirurgia nephron sparing laparoscopica. Il
superamento della lunga curva d’apprendi-
mento è realizzabile, a nostro parere, anche
grazie all’utilizzo di provati presidi emostatici.
LA NEFRECTOMIA RETROPERITONEOSCOPIA ANATOMICA
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G.
Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S.
Martalò, P. Rizzo, D. Azzone
Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia
Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico
Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle
Fonti (BA)
Scopo del video è quello di illustrare gli step
procedurali della nefrectomia retroperitoneale
laparoscopica con l’intento di standardizzare
tale tecnica dopo averne eseguito circa 400 a
partire dal 1997. Essa è eseguita allo stesso
modo sia per patologie maligne che per patologie benigne. L’accesso al rene avviene classicamente ponendo il paziente in posizione laterale ed applicando quattro trocar disposti a
rombo previa distensione del retroperitoneo
con palloncino. Il disegno anatomico illustra
chiaramente il decorso della fascia di Gerota
(disegnata in blu) la quale avvolge completamente il rene ed il surrene, questo ci sarà utile
per meglio spiegare le fasi dell’intervento.
Prima fase: asportazione del grasso che sta al di
fuori della lamina di Gerota diretta a rendere
più ampio lo spazio retroperitoneale e migliorarne la visibilità.
Seconda fase: isolamento della lamina di Gerota
lungo la sua faccia posteriore senza che essa
venga incisa.
Terza fase: isolamento della lamina di Gerota
lungo la sua faccia anteriore (fascia di Toldt) e
scollamento della stessa dalla riflessione peritoneale.
Quarta fase: se il surrene omolaterale deve
essere risparmiato si procede all’incisione della
fascia in corrispondenza del polo superiore e si
procede alla dissecazione del polo superiore
che viene separato dal surrene, altrimenti se
ciò non è necessario come nel caso di tumori
del polo superiore si può passare direttamente
alla fase successiva.
Quinta fase: essa prevede l’accesso diretto al
peduncolo vascolare incidendo la fascia di
Gerota lungo la faccia posteriore del rene,
quindi i vasi vengono separatamente isolati,
clippati e sezionati. Il pezzo operatorio è sempre posto in endobag e successivamente esso
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
può essere estratto mediante morcellazione se
si tratta di patologia benigna o estratto
mediante una piccola incisione che prevede il
congiungimento di due porte se si tratta di
patologia maligna.
Conclusioni: Il perfetto riconoscimento dei
piani anatomici, possibile solo grazie all’ingrandimento della telecamera, e la loro conoscenza permettono di ottenere dei piani di clivaggio esangui; tali step procedurali rendono
dunque questa tecnica affidabile, riproducibile e di facile esecuzione.
PREPARAZIONE DELLO SPAZIO EXTRAPERITONEALE IN CORSO DI LERP: NOTE DI
TECNICA
M. Falsaperla, A. Saita, F. Nicolosi, G. Iacona,
D. Aleo, A. Polara, A. Bonaccorsi, M. Motta
Clinica Urologica, Università di Catania
La preparazione dello spazio pre-peritoneale
in corso di prostatectomia radicale laparoscopica, rappresenta un momento fondamentale
per un’agevole esecuzione dell’intervento. In
questo video proponiamo l’utilizzo di un sistema alternativo ed economico per la preparazione
dello
spazio
extra-peritoneale.
Utilizziamo un guanto sterile che viene rivoltato, successivamente si procede alla chiusura
con laccio delle due estremità che vengono poi
recise. Si effettua un opercolo lungo uno dei
due margini medialmente e si rivolta nuovamente il guanto in modo tale da introflettere le
legature precedentemente effettuate. Infine si
posiziona nell’orifizio creato un catetere Foley
14 Ch gonfiato con 5 cc che viene fissato a
tenuta al guanto con ulteriore legatura. Si verifica infine la tenuta del sistema pneumatico. Si
osserva la plasticità del sistema che dimostra
un’ideale distribuzione della superficie pneumatica anche sotto sollecitazioni compressive.
Particolare attenzione viene prestata alla creazione con metodica open dell’accesso sottoombelicale. Si procede quindi alla dissezione
digitale dello spazio. Si posiziona il sistema
pneumatico che viene gonfiato con circa 1
litro di aria. Si dimostra l’omogenea distribuzione nella cavità pelvica che permette di ottenere uno spazio operativo ottimale. Abbiamo
adottato come metodica standard il posizionamento delle porte operative come illustrato
nell’immagine. Il primo trocar 10-12, viene
posizionato sotto guida digitale in sede para-
26
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
rettale destra sulla linea condotta tra spina
iliaca e ombelico. Si procede successivamente
al posizionamento sotto visione di un trocar
da 5 mm in sede mediana lungo la linea delle
spine iliache. Questo trocar è di notevole ausilio per l’esplorazione preventiva della parete
addominale evidenziando particolarmente il
decorso dei vasi epigastrici bilateralmente,
consentendo il posizionamento in sicurezza
dei due trocar successivi da 5 mm disposti a 3
cm circa dalle spine iliache antero-superiori.
Dopo aver utilizzato nella nostra curva di
apprendimento varie alternative tecniche
descritte da altrettanti autori siamo arrivati alla
conclusione che l’approccio illustrato è a
nostro avviso il più sicuro e meno costoso,
specialmente nella fase di training iniziale.
L’UTILIZZO DELLA COLLA DI FIBRINA
AUTOLOGA PER L’EMOSTASI NELLA NEFRECTOMIA PARZIALE VIDEOLAPAROSCOPICA
L. Schips, S. Gidaro, O. Dalpiaz, K. Lipsky, P.
Petritsch, R. Zigeuner
Clinica Urologica, Università di Graz (Austria)
Introduzione ed Obiettivi: Presentiamo una
metodica che utilizza una colla di fibrina autologa per l’emostasi durante la nefrectomia parziale laparoscopica.
Metodi: Un uomo di 61 anni con incidentaloma renale di 3 cm al polo inferiore destro
viene sottoposto a nefrectomia parziale videolaparoscopica transperitoneale. All’induzione
dell’anestesia vengono prelevati 80 ml di sangue per la preparazione della colla autologa
con il sistema Vivostat® ottenendo circa 5 ml
di colla autologa. Il paziente viene posizionato
sul fianco sinistro. L’intervento viene eseguito
con 3 trocars da 10mm e 1 trocar da 5 mm.
Con un dissettore ad ultrasuoni viene inciso il
peritoneo mobilizzando la flessura destra del
colon. Si procede alla mobilizzazione del rene
fino all’ilo renale preparando il peduncolo.
L’arteria renale viene clampata usando una
“bulldog”. La precisa dissezione della massa
viene eseguita con le forbici su parenchima
macroscopicamente sano. L’emostasi viene
dapprima eseguita con coagulatore bipolare.
Successivamente una sutura ad U con monofilamento atraumatico assorbibile 2/0 viene fissata su entrambe i lati con clip riassorbibili. La
bulldog viene rimossa dopo 23 minuti di
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ischemia calda. La zona viene ricoperta con
colla di fibrina utilizzando il sistema
Vivostat® nebulizzata omogeneamente con
un applicatore laparoscopico. La massa viene
quindi estratta con Endobag.
Risultati: Non si sono verificate complicanze
intra e postoperatorie. L’emostasi è stata raggiunta in 2 minuti dall’applicazione della
colla. Il paziente è stato dimesso senza complicanze in quarta giornata postoperatoria.
L’esame istologico ha documentato un carcinoma renale a cellule chiare G2 di stadio pT1a. I
margini di resezione sono risultati negativi.
Conclusioni: Il sistema Vivostat® permette di
ottenere un’emostasi efficace durante la
nefrectomia parziale laparoscopica.
ENUCLEORESEZIONE LAPAROSCOPICA E
CONTROLLO DELL’EMOSTASI CON SUTURA
ASSOCIATA A TISSUCOL E LAMINA DI COLLAGENE
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I.
Morra, M. Poggio, C. Cracco, C. Terrone, C.
Scoffone, R.M. Scarpa
Introduzione: È noto che uno dei punti critici
dell’enucleoresezione laparoscopica è rappresentato
dal
controllo
dell’emostasi.
Presentiamo in questo video la nostra tecnica
in cui la sutura viene eseguita in associazione
al tissucol e lamina di collagene.
Materiali: Nel video, un paziente di anni 45
affetto da neoformazione mesorenale del diametro di 4 cm circa viene sottoposto ad enucleoresezione
retroperitoneoscopica.
L’emostasi, effettuata con punti eseguiti a livello della midollare, viene migliorata mediante
l’utilizzo di Tissucol (fibrinogeno + trombina
500 U.I.) diluito a 5 U.I. e una falda di collagene equino, opportunamente ritagliata.
Metodi e Tecnica: Effettuata l’enucleroresezione
in ischemia calda, la midollare viene suturata
con 3 punti di vicryl 3/O. Una lamina di collagene, opportunamente ritagliata in base alle
dimensioni dell’area di resezione, viene introdotta nel campo operatorio attraverso un trocar. Il Tissucol diluito a 5 U.I. viene iniettato
sul letto di resezione e sulla superficie della
lamina di collagene, avvalendosi di una cannula laparoscopica. La falda di collagene viene
quindi applicata sulla zona di resezione e
compressa per circa due minuti al fine di consentirne l’adesione. Altre 2 strisce di collagene
vengono introdotte attraverso lo stesso trocar
ed incollate sul bordo del letto di resezione.
Mediante tre punti in vicryl i bordi di resezione vengono avvicinati rendendo così l’emostasi più accurata. L’intervento è durato circa 130
minuti e le perdite ematiche sono state di 250
ml circa. Il tempo di ischemia è stato 30 minuti, mentre il tempo necessario all’applicazione
del tissucol e de Conclusioni: Il collagene
incollato mediante il Tissucol diluito sigilla l’area di resezione, inoltre per le sue caratteristiche si lascia facilmente attraversare dall’ago e
consente di prevenire le lacerazioni del parenchima renale durante l’annodamento dei
punti.
EMINEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA DESTRA IN DOPPIO DISTRETTO CON DILATAZIONE NON REFLUENTE DEL DISTRETTO
SUPERIORE
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I.
Morra, F. Ragni, D. Vaccino, M. Bianchi, R. Lace,
B. Tadini, R.M. Scarpa
Introduzione: L’eminefrectomia rappresenta una
della indicazioni alla tecnica laparoscopica. In
questo video ne descriviamo la tecnica con
accesso transperitoneale.
Materiali e Metodi: Si tratta di una paziente di
14 anni inviata alla nostra osservazione dall’ospedale infantile di Torino. La paziente riferiva
da alcuni mesi sintomatologia dolorosa al fianco destro in assenza di infezioni delle vie urinarie. L’Uro-RMN ha dimostrato la presenza di
un doppio distretto completo con dilatazione
del distretto superiore. La cistografia retrograda, eseguita successivamente, non ha evidenziato reflussi attivi o passivi; alla scintigrafia
renale sequenziale il polo inferiore presentava
funzione conservata, mentre il polo renale
superiore presentava funzione significativamente ridotta.
Metodi e Tecnica: La paziente è stata posizionata sul fianco sinistro a 45°. Sono stati inseriti 4
trocar ed è stato utilizzato l’accesso transperitoneale. Si è proceduto alla incisione del peritoneo viscerale posteriore con successiva
medializzazione del duodeno e di parte del
colon ascendente. È stato quindi identificato il
rene destro e sono stati isolati i due ureteri e
tre peduncoli renali. Il distretto superiore è
stato accuratamente isolato, inoltre sono stati
isolati separatamente gli ureteri del distretto
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
inferiore e superiore. Quest’ultimo è stato
sezionato, liberato dalle connessioni con i
peduncoli vascolari ed attratto cranialmente.
Applicate alcune clip di Hem-o-lock a livello
del peduncolo vascolare del distretto superiore si è eseguita l’eminefrectomia superiore.
Durante questa fase dell’intervento il sanguinamento della corticale è stato controllato soltanto in parte con coagulazione, mentre il controllo principale dell’emostasi è stato ottenuto
con punti trans-fi
ENUCLEORESEZIONE RETROPERITONEOSCOPICA DI NEOPLASIA RENALE SINISTRA: ISCHEMIA À LA DEMANDE, DISSEZIONE CON ULTRACISION ED EMOSTASI
CON PUNTO E COLLA CIANOACRILICA
(GLUBRAN)
C. Milani2, L. De Zorzi1, I.M. Tavolini2, N.
Zanovello1, M. Dal Bianco1
1
U.O. di Urologia, Ospedale S.Antonio, Padova; 2U.O.
di Urologia, Ospedale SS. Giovanni e Paolo,Venezia
Introduzione: Un’alternativa alla exeresi chirurgica a cielo aperto di neoplasie renali di piccole dimensioni è rappresentata dal trattamento
laparoscopico. In questo video è riportato un
caso di trattamento mediante enucleoresezione laparoscopica retroperitoneale di una neoplasia renale sinistra di 2 cm.
Metodi: Con 4 accessi sulla linea lombotomica
(il primo open, seguito da scollamento digitale e con guanto gonfiato con 800 ml di soluzione fisiologica), identificato il piano dello
psoas, si è proceduto all’isolamento dell’arteria
renale, sospesa su Tourniquet, e del rene.
Incisa con uncino monopolare la capsula renale attorno alla neoplasia, l’enucleoresezione è
stata eseguita con bisturi armonico
(Ultracision), inizialmente senza ischemia,
attivando quindi il Tourniquet per un sanguinamento discreto durante l’approfondimento
della dissezione. Apposto un punto di emostasi al centro dell’area resecata è stata quindi
applicata una colla cianoacrilica (Glubran). Il
controllo dell’emostasi dopo declampaggio
arterioso è risultato ottimale, e l’intervento è
stato concluso con la riposizione di un drenaggio laminare e con la rimozione del pezzo
con Endocatch. L’analisi macroscopica della
sezione del reperto chirurgico confermava la
presenza di un abbondante margine di parenchima sano adeso alla
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Risultati: L’intervento è stato condotto a termine in 180 minuti con un tempo di ischemia di
20 minuti. Le perdite ematiche sono state di
300 ml e il paziente è stato trasfuso con le 2
unità di emazie autologhe preventivamente
depositate. Il decorso postoperatorio è stato
regolare, il drenaggio è stato rimosso in 3a
giornata in assenza di tributo e il paziente è
stato dimesso in 4a giornata. La diagnosi istologica ha dimostrato un carcinoma renale
parenchimale grado 1 di Fuhrman con margini di exeresi liberi da neoplasia. Una prima
ecografia addominale di controllo a 2 mesi
dall’intervento è risultata regolare.
Conclusioni: La chirurgia laparoscopica conservativa delle piccole masse renali viene annoverata tra gli interventi laparoscopici più impegnativi, e dovrebbe essere affrontata dopo un
sufficiente training, avendo a disposizione
varie soluzioni tecniche per far fronte a diverse difficoltà ed eseguire l’intervento in maniera oncologicamente corretta.
SURRENALECTOMIA
LAPAROSCOPICA
RETROPERITONEALE. TECNICA
M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti,
S. Grosso, G. Grosso
U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22,
Peschiera del Garda (VR)
Introduzione: La laparoscopia ha rivoluzionato
la terapia chirurgica delle patologie surrenaliche. La metodica laparoscopica ha consentito
la riduzione della morbilità perioperatoria
caratteristica dei tradizionali approcci chirurgici. La magnificazione dell’immagine in laparoscopia rende inoltre possibile l’identificazione dei singoli rami venosi surrenalici con ovvi
vantaggi in caso di neoformazioni secernenti
(feocromocitoma). La surrenalectomia destra
presenta maggiori difficoltà in relazione alla
suo stretto rapporto anatomico con la vena
cava.
Materiali e Metodi: Dal 1999 ad oggi abbiamo
eseguito complessivamente 51 surrenalectomie laparoscopiche (27 a destra); 49 sono
state condotte per via retroperitoneoscopica, 2
pazienti con massa surrenalica sinistra di 9 e
11 cm sono stati sottoposti ad intervento laparoscopico con accesso transperitoneale. Nel
video presentiamo i passaggi salienti dell’intervento eseguito con accesso retroperitoneale:
1) posizionamento di 4 trocars operativi;
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
2) isolamento e lussazione del polo renale
superiore;
3) sezione della commissura reno-surrenalica
con bisturi armonico;
4) controllo dei rami venosi maggiori con
clips;
5) rimozione dell’organo in endobag.
Risultati: Il tempo medio dell’intervento è di
50 minuti. Le perdite ematiche sono comprese tra 50 e 200 cc. Tra le complicanze segnaliamo 3 casi di ematoma della loggia surrenalica occorsi nell’immediato postoperatorio
tutti trattati con terapia conservativa. La
dimissione è avvenuta per tutti i pazienti fra la
3a 3 la 5a giornata p.o.
Conclusioni: Consideriamo la surrenalectomia
laparoscopica retroperitoneale un intervento
di media difficoltà. Palesi i vantaggi in termini
di riduzione della morbilità e della degenza
ospedaliera.
deva necessaria una porta aggiuntiva.
Risultati: Il tempo chirurgico è stato di circa 4
ore, le perdite ematiche minime e la degenza di
tre giorni. Non ci sono state complicanze perioperatorie. L’esame istologico definitivo ha evidenziato un Ancient Schwannoma di 10 x 9 x
7 cm di dimensioni, notevolmente superiori a
quelle stimate preoperatoriamente.
Conclusioni: In mani esperte, anche masse surrenaliche di grandi dimensioni possono essere
trattate con successo. Sfortunatamente non
sempre le immagini radiologiche forniscono
una corretta informazione sui diametri, che
spesso vengono sottostimati. Molti chirurghi
considerano la surrenalectomia laparoscopica
un’indicazione semplice; ciononostante questa
è spesso molto insidiosa e solo una buona
esperienza ed una buona preparazione dello
strumentario fanno la differenza in termini di
risultati.
SURRENALECTOMIA LAPAROSCOPICA PER
VOLUMINOSO ANCIENT SCHWANNOMA
RETROPERITONEALE: CASE REPORT
S. Micali1, F. Annino1, A. Cestari2, G. Peluso1, A.
Celia3, S. De Stefani1, G. Guazzoni2, G. Bianchi1
1
Clinica di Urologia, Università di Modena e Reggio
Emilia, Modena; 2Clinica di Urologia, Ospedale San
Raffaele Turro, Università Vita Salute, Milano;
3
Urologia, Ospedale di Bassano del Grappa
NEFRECTOMIA RADICALE SINISTRA LAPAROSCOPICA PER CARCINOMA RENALE
CON TROMBO NEOPLASTICO NELLA VENA
RENALE
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I.
Morra, C. Cracco, C. Terrone, F. Ragni, M.
Poggio, R.M. Scarpa
Università degli studi di Torino, Facoltà di Medicina e
Chirurgia. A.S.O. San Luigi Orbassano (TO), Divisione
Universitaria di Urologia
Introduzione ed obiettivi: Gli Schwannomi sono
tumori insorgenti nel retroperitoneo che si localizzano frequentemente in prossimità della
ghiandola surrenalica. In questo video presentiamo la nostra tecnica per l’asportazione di una
voluminosa massa tumorale del surrene.
Materiali e Metodi: Ad un uomo di 66 anni
veniva riscontrato un incidentaloma surrenalico destro mediante studio TC dell’addome. La
massa presentava diametro maggiore a 6 cm e
dato l’elevato rischio di malignità correlato
con queste dimensioni, il paziente veniva indirizzato all’intervento chirurgico. Uno studio
metabolico dimostrava trattarsi di una massa
non secernente. Si eseguiva surrenalectomia
laparoscopica transperitoneale con decorso
peri-operatorio regolare. L’accesso transperitoneale veniva eseguito con un totale di 5 porte,
una per l’ottica e 4 operative posizionate sotto
visione diretta. Inciso il peritoneo posteriore
sottoepatico a delimitare la massa, a causa
delle notevoli dimensioni della stessa, si ren-
Introduzione: La nefrectomia radicale laparosopica è oggi il trattamento standard per il carcinoma a cellule renale in stadio clinico T1-2
N0. Per gli esperti in laparoscopia che aderiscono ai principi oncologici della chirurgia
aperta; la nefrectomia radicale laparoscopica
può essere presa, anche, in considerazione per
il trattamento di tumori voluminosi o localmente avanzati. Riportiamo la tecnica di
nefrectomia radicale laparoscopica sinistra per
carcinoma renale localmente avanzato con
trombo neoplastico nella vena renale.
Materiali: Dopo aver introdotto 5 Trocar, si
visualizzano il IV segmento del duodeno, la
prima ansa digiunale e la vena mesenterica
inferiore. Il legamento duodeno-peritoneale
viene inciso, rendendo visibile il legamento del
Treitz che verrà successivamente sezionato. La
vena mesenterica inferiore viene dislocata
verso l’alto e il peritoneo pre-aortico viene
inciso. Si esegue accurata dissezione del tessuArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
29
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
to linfatico periaortico con la punta smussa
dell’aspiratore esponendo così la parete anteriore e laterale dell’aorta. Con la punta della
pinza di Johan viene sollevata la vena renale e
l’arteria renale viene dissecata attentamente
alla sua emergenza e legata con Hem-o-lock®.
Si prosegue con l’incisione del peritoneo lungo
la linea di Toldt, il legamento freno-colico e il
legamento spleno-parietale. Vengono medializzate milza, coda del pancreas, flessura lienale e colon discendente. La fascia di Gerota
viene esposta evidenziando così il peduncolo
renale. La vena renale viene isolata e dissecata
medialmente. La vene gonadica e surrenalica
vengono legate con clip e sezionate. L’arteria
renale e la vena renale, dopo essere state legate con Hem-o-lock® vengono quindi sezionate. La procedura continua con la dissezione
della fascia di Gerota comprendendo il tessuto
linfonodale pre e latero aortico. L’uretere viene
sezionato e la faccia posteriore della fascia di
Gerota dissecata. I legamenti surreno-diaframmatici vengono sezionati con Endo-GIA. La
loggia renale e i linfonodi vengono asportati
en block dal pilastro diaframmatico fino all’arteria mesenterica inferiore.
Risultati: L’ istologico ha evidenziato un carcinoma a cellule chiare di diametro 13 cm, di
850 g e stadio pT3bN2M0G4 con trombosi
della vena renale.
Conclusioni: Riteniamo che questa tecnica
duplichi fedelmente i principi della chirurgia
oncologica renale che per anni hanno guidati
la chirurgia aperta.
PVP STANDARD VERSUS PVP-VIT NEL
TRATTAMENTO DI ADENOMI PROSTATICI
VOLUMINOSI
S. Biscioni, M. Gavazzi, F. Rubino
U.O. Urologia, Prato
Introduzione: Il laser KTP ad alta potenza (80
W) è utilizzato nel trattamento dell’IPB da
pochi anni. La tecnica, nota come PVP
(Photoselective Vaporization of the Prostate),
permette la vaporizzazione di adenomi inferiori a 50 g con buoni risultati. La possibilità
di estendere il trattamento ad adenomi voluminosi consente di estendere le indicazioni
all’intervento ad una casistica più ampia. A tal
proposito può essere usata la tecnica ablativa
PVP-VIT (Vaporization Incision Technique)
proposta da Alexis Te (Alexis Te et al., 2005).
30
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Materiali e Metodi: La nostra casistica relativa a
pazienti trattati con PVP-standard globalmente è di 156. Sono inoltre stati effettuati un
numero limitato (8 pazienti) di casi di PVPVIT. L’età media dei pazienti è di 74 anni
(range 49-92). In tutti i casi abbiamo eseguito
PSA, ER ed eventuale agobiopsia prostatica. Il
volume prostatico è stato misurato con la formula dell’ellissoide. Sono stati valutati preoperatoriamente anche il questionario I-PSS,
qualità di vita (QoL), uroflussometria con
valutazione ecografica del residuo post-minzionale. Gli esami sono stati ripetuti a 2, 3, 6
mesi dalla data dell’intervento in un campione
di 30 pazienti. Nella valutazione sono stati
presi in considerazione la durata dell’intervento e la quantità di energia utilizzata. La tecnica
PVP-standard è stata eseguita secondo la
modalità descritta inizialmente dal Prof.
Malek. La PVP-VIT secondo Alexis Te prevede
invece i seguenti tempi operativi:
a) incisione mediana attraverso il lobo medio
prostatico in modo da creare un solco che
raggiunge, in profondità, la capsula chirurgica che rappresenta la linea di riferimento
per l’esecuzione dei tempi successivi;
b) creazione di due solchi ai lati del lobo
medio che raggiungono la prossimità degli
osti ureterali; il tessuto così demarcato
viene vaporizzato;
c) la stessa procedura viene eseguita controlateralmente;
d) allo stesso modo si procede per i lobi laterali incidendo a ore 11 (lobo destro) e ad
ore 1 (lobo sinistro) e si vaporizza il tessuto fino al veru montanum rispettando lo
sfintere striato e i dotti eiaculatori.
L’intervento viene completato dal trattamento del tetto uretrale. Si posiziona un
catetere Dufour 22Ch a tre vie che viene
rimosso il mattino seguente.
Risultati: I pazienti trattati con PVP-standard e
con PVP-VIT sono stati dimessi entro le 24 ore
senza catetere e con urine chiare o rosate. La
tecnica PVP-VIT dimostra una riduzione dei
tempi operativi rispetto alla tecnica standard
per il trattamento di adenomi voluminosi. Il
limite della metodica è costituito solo dalla
visibilità endoscopica del tessuto prostatico da
trattare e da una maggior esperienza dell’operatore.
Conclusioni: La PVP standard è una metodica
che si sta proponendo come il nuovo “gold
standard” dei trattamenti mininvasivi della
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
IPB. La PVP-VIT è una tecnica che può essere
attuata con sicurezza da chi ha già una esperienza di chirurgia laser. Risulta più rapida
rispetto alla PVP-standard mantenendone l’efficacia ed i risultati favorevoli. Per una valutazione conclusiva è però necessaria una più
vasta casistica ed un lungo follow-up.
PERIGEE: CORREZIONE DEI DIFETTI DELLA
PARETE VAGINALE ANTERIORE CON
APPROCCIO TRANSOTTURATORIO
M. Simonazzi, S. Meli, P. Cortellini
U.O. di Urologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria
di Parma
Introduzione: In questo video mostriamo il dispositivo Perigee, studiato per correggere con
intervento miniinvasivo il cistocele, centrale,
laterale o misto.
Materiali e Metodi: Il dispositivo è composto da
4 introduttori elicoidali con angolature differenziate a cui vengono agganciate le braccia
delle mesh. La mesh in polipropilene monofilamento macroporo è adattabile all’anatomia
di ogni paziente e si compone di una parte
centrale che funge da supporto del prolasso e
da 4 braccia laterali di ancoraggio rivestite da
una guaina di plastica. Dopo applicazione di
catetere vescicale si effettua l’incisione vaginale e si procede allo scollamento della vescica
dalla vagina in direzione laterale verso il ramo
ischio pubico. I punti di ingresso dell’ago
sono: superiormente lungo una linea immaginaria a livello del clitoride in corrispondenza
della piega inguino crurale; inferiormente gli
accessi sono 3 cm al di sotto e 2 cm lateralmente a quelli superiori. È richiesta solo una
piccola dissezione nel punti di ingresso dell’ago. Occorre inserire per primo l’ago superiore
con un angolo di inclinazione di 45° rispetto
alla linea mediana della paziente. Gli aghi inferiori vanno inseriti in modo che la punta si
diriga verso la spina ischiatica, infatti il punto
di uscita è situato lungo la linea bianca a 2 cm
dalla spina ischiatica. A questo punto le 4
braccia della mesh possono essere tirate al fine
di posizionare la parte centrale della banderilla al di sotto del cistocele, senza esercitare una
eccessiva tensione. Si possono così rimuovere
gli introduttori di plastica della braccia, la cui
parte eccedente viene tagliata. Si procede,
quindi, alla sutura della incisione vaginale.
Conclusioni: L’approccio transutturatorio ridu-
ce il rischio di lesioni vascolari e vescicali. La
mesh è adattabile. Gli aghi elicoidali permettono di applicare le braccia della bandella senza
dover procedere ad una dissezione profonda,
minimizzano il passaggio “alla cieca” ed infine
il danno arrecato al muscolo coccigeo è praticamente irrilevante. Infine i tempi di intervento sono di breve durata e la dimissione della
paziente avviene il giorno successivo.
L’“ACCESSO” IDEALE AL CALICE NELLE
PROCEDURE PERCUTANEE: PROPOSTA
METODOLOGICA
A. Frattini, S. Ferretti, P. Salsi, F. Dinale, P.
Cortellini
Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma
Introduzione: Uno dei principali rischi di complicanze emorragiche, legato all’effettuazione
di procedure percutanee è l’incongruo accesso
al calice. La classica puntura sotto controllo
fluoroscopico biplanare permette un accesso
sufficientemente preciso ma non dà la certezza
assoluta di aver “centrato” esattamente la
papilla; la puntura eco-guidata identifica
meglio la papilla, tuttavia non sempre consente di mantenersi lungo una ipotetica linea avascolare.
Materiali e Metodi: Presso la nostra Unità
Operativa, sfruttando la posizione supina, abbiamo provato una metodica di puntura Rx- e
video-guidata, mediante l’utilizzo di ureterorenoscopio flessibile inserito per via retrograda in
sostituzione al solito catetere ureterale/mono J.
Nel video viene illustrata la procedura.
Conclusione: Con tale tecnica, abbiamo notato
che spesso, a fronte di un’immagine radiologica che depone per un accesso congruo, l’immagine endoscopica rivela che l’ago è penetrato in posizione non perfettamente assiale
rispetto al calice, più raramente, a fronte di un
accesso apparentemente sbagliato l’ago risulta
in una posizione corretta. L’attuale casistica (7
pazienti) è troppo esigua per trarre conclusioni definitive; ma poiché tuttavia la durata delle
procedure non risulta significativamente allungata e comunque la possibilità di gestire la via
escretrice per via anterograda e retrograda contemporaneamente conferisce indubbi vantaggi,
riteniamo che tale metodica possa avere uno
spazio; il limite è legato all’effettuazione di
PCNL in posizione supina, tecnica non ancora
particolarmente diffusa.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
31
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
GLI APPROCCI ENDOUROLOGICI ALLA
CISTI PIELOGENA
F. Nigro, P. Ferrarese, G. Abatangelo, G.
Benedetto, M. Titta, E. Scremin, A. Tasca
U.O. di Urologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza
Introduzione e Obiettivi: L’approccio mini-invasivo al trattamento della cisti pielogena può
essere condotto per via percutanea, ureterorenoscopica o laparoscopica.
Metodi: Il video descrive i diversi trattamenti percutaneo (con approccio diretto alla camera
diverticolare o indiretto attraverso il calice
inferiore utilizzando uno strumento flessibile),
ureterorenoscopico e laparoscopico - di cisti
pielogene, talora contenenti calcoli, ed illustra
i criteri per la scelta dello specifico approccio.
Le indicazioni elettive espresse dai casi presentati appaiono, per il trattamento percutaneo a) diretto: camera diverticolare di media
entità del versante posteriore del sistema collettore del rene contenente calcoli; b) indiretto: camera diverticolare piccola, non raggiungibile per via transuretrale e/o contenente una
rilevante massa calcare; per il trattamento ureterorenoscopico flessibile transuretrale: piccolo diverticolo di un sistema collettore compiacente e raggiungibile con l’ureterorenoscopio
flessibile; per il trattamento laparoscopico:
camere diverticolari ampie, rivestite di parenchima sottile.
Risultati: Le procedure sono state prive di complicanze ed efficaci nei casi riportati. Una relativa riduzione volumetrica ed un valido drenaggio
è stato evidente all’urografia di controllo a 3
mesi in quelli trattati con PCN o mediante ureterorenoscopia. Lo studio radiologico a 2 mesi
ha confermato l’assenza di cisti pielogena nel
caso trattato laparoscopicamente.
Conclusioni: L’approccio mini-invasivo alla cisti
pielogena si è dimostrato sicuro ed efficace
(percentuale di successo: 81%), restando
influenzato da correttezza dell’indicazione ed
esperienza dell’operatore.
INCISIONE RETROGRADA LASER SU CATETERE A PALLONCINO DI STENOSI DELL’ANASTOMOSI URETERO-ILEALE NELLE DERIVAZIONI URINARIE
N. Proscia, G. de Rienzo, I. Martines, V.
Pagliarulo, I. Intermite, A. Pagliarulo
Università degli Studi di Bari – D.E.T.O. – Sezione di
Urologia, Bari
32
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Obiettivo: Gold standard del trattamento delle
stenosi uretero-ileali è il reimpianto ureterale,
procedura difficoltosa e a rischio di devascolarizzazione del moncone da reimpiantare con
successiva ristenosi. Le procedure endoscopiche hanno recentemente rimpiazzato largamente gli interventi a cielo aperto in tutte le
patologie ureterali. Non esistono molti report
in letteratura sul loro impiego nella condizione da noi considerata. Scopo del nostro lavoro
è stato valutare la fattibilità in day surgery dell’incisione per via retrograda con Holmium
laser dell’anastomosi uretero-ileale, agevolata
dall’impiego di un palloncino gonfiato a
monte della stenosi.
Materiale e Metodi: Previo posizionamento di
una guida metallica 0,035 per via retrograda, è
stato introdotto un catetere vascolare a palloncino tipo Fogarty 6 Fr a monte della stenosi. È
stato gonfiato il palloncino a 12 Fr, applicandovi una delicata trazione in senso anterogrado, per invaginare l’anastomosi stenotica
all’interno del condotto ileale. È stata quindi
incisa la stenosi a ore 7 fino ad ottenere la
completa retrazione del palloncino gonfio nel
condotto ileale. Abbiamo lasciato in sede un
cateterino ureterale 7 Fr, rimosso dopo 6 settimane. Abbiamo valutato l’assenza di idronefrosi a 3 e 6 mesi mediante ecografia.
Risultati: A tre e sei mesi non è stata riscontrata idroureteronefrosi. Discussione: La procedura endoscopica descritta è stata eseguita con
successo in Day Surgery. Lo step più lungo è
stato la repertazione del meato stenotico.
Abbiamo preferito l’Holmium laser come fonte
di energia per l’incisione nell’ipotesi che l’effetto di vaporizzazione tissutale e il minimo
danno termico che questo laser comporta
minimizzino il rischio di stenosi secondaria. I
risultati ottenuti premierebbero questa scelta.
Queste proprietà mancano ad un elettrocauterio. L’incisione a lama fredda mima la uretrotomia, ma il sanguinamento peggiora la visibilità durante la procedura e richiede elettrocoagulazione con rischio di stenosi secondaria.
Abbiamo eseguito questa procedura esclusivamente per via retrograda. Un limite a questo
accesso potrebbe essere la difficoltà del reperimento del meato, non l’entità della stenosi.
Tuttavia, una standardizzazione della tecnica
di anastomosi relativa anche alla topografia
della stessa ha permesso all’operatore un rapido orientamento all’interno del condotto ileale. L’impiego di un catetere a palloncino ha
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
consentito di verificare che al termine della
procedura la stenosi fosse dilatata al calibro
desiderato, e di eseguire l’incisione con la
sicurezza di non ledere anse intestinali vicine.
Per lo stesso motivo l’incisione a ore 7 ci sembra la sede più sicura nell’evitare strutture
vascolari. Sebbene in letteratura sia frequentemente riportato che il miglior successo con le
procedure endoscopiche viene ottenuto su
stenosi ≤ 2 cm.
Conclusioni: L’incisione laser per via retrograda
della stenosi ureteroileale è fattibile, sicura,
efficace a breve termine, ed eseguibile in day
surgery.
TRATTAMENTO
ENDOUROLOGICO
DI
SOSPETTO TUMORE RECIDIVO DELL’URETERE
D. Sblendorio, R. Piccinni, A. Callea, B. Berardi,
V. Zizzi, A. Tempesta, F. Gala, A. Cafarelli, A.
Traficante
U.O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale Di Venere,
AUSL BA/4, Bari
Introduzione e Obiettivi: La nefroureterectomia
è il trattamento d’elezione delle neoplasie uroteliali (TCC) della pelvi renale e dell’uretere,
ma in casi selezionati (pazienti monorene,
neoplasie bilaterali, di basso grado e stadio) è
possibile un trattamento endourologico conservativo.
Metodi: In 7 anni abbiamo eseguito 99 ureterorenoscopie diagnostiche e operative in 44
pazienti (52 unità renoureterali) per sospetto
TCC della pelvi o dell’uretere; in 27 di essi è
stata effettuata una ureteroscopia con prelievo
bioptico e fotocoagulazione laser della neoplasia; in 17 pazienti è stata effettuata solo una
ureteroscopia diagnostica.
Risultati: Quindici pazienti (20 unità renoureterali) sono stati sottoposti a biopsia a freddo
e a fotocoagulazione laser transureteroscopica,
6 di questi hanno manifestato recidive di
basso grado ed hanno richiesto mediamente
1,7 procedure/unità renoureterale, ma ad un
follow-up medio di 31,7 mesi sono liberi da
recidiva; 3 pazienti hanno manifestato recidive di alto grado e sono stati avviati a nefroureterectomia. Il tasso complessivo di recidiva è
stato, in questi casi, del 75%; in 8 pazienti sottoposti a ureteroscopia per sospetto TCC la
biopsia transureteroscopica è risultata negativa. Nel video è mostrata una di queste proce-
dure che ha consentito di risparmiare una
unità renoureterale. Sempre in questi 7 anni
abbiamo eseguito per TCC della pelvi o dell’uretere 33 nefroureterectomie, in 19 delle quali
abbiamo effettuato preventivamente la disinserzione endoscopica del meato ureterale.
Conclusioni: Secondo una recente revisione
della letteratura (Bagley DH, 2005) il trattamento conservativo transureteroscopico dei
TCC comporta un tasso di recidive del 3165% con disease free rate del 35-86% e tassi di
progressione e di metastatizzazione bassi, correlati al grading del tumore. L’ablazione ureteroscopica di un TCC di basso stadio e grado
(G1-2) sembra un trattamento valido anche in
pazienti con reni controlaterali normali (Tolley
DA, 2004). Una eventuale terapia adiuvante
topica con mitomicina e BCG sembra essere
ben tollerata ed efficace (Gupta M, 2004).
CRIOABLAZIONE LAPAROSCOPICA DI NEOPLASIE RENALI (CLNR): ESPERIENZA
DOPO 70 PROCEDURE
A. Cestari, G. Guazzoni, R. Naspro, T. Maga, V.
Dell'Acqua, L. Nava, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale
San Raffaele, Turro, Milano
Introduzione: In casi selezionati, la crioablazione laparoscopica di piccole neoformazioni
renali si prefigge l'obiettivo di ottenere gli stessi risultati oncologici della chirurgia "nephron
sparing", offrendo i vantaggi tipici della chirurgia minimamente invasiva e non richiedendo il clampaggio del peduncolo renale.
Materiali e Metodi: Presso il nostro Istituto, dal
Settembre 2000 al Settembre 2005, 70 pazienti (età media 63.2 anni, 54 maschi - 16 femmine) sono stati sottoposti a CLNR per lesioni
renali documentate mediante TAC o RMN. Il
diametro medio delle lesioni era 23.7 mm
(range 10-60 mm). In accordo con la posizione delle lesioni, in 42 casi l'intervento è stato
condotto con approccio transperitoneale e nei
rimanenti 28 casi con approccio retroperitoneoscopico.
Risultati: Tutti gli interventi sono stati eseguiti
per via laparoscopica, eccetto un caso di conversione a cielo aperto. Il tempo chirurgico medio è
stato di 181,36 min. con perdite ematiche
intraoperatorie medie di 164.2 cc (range 20-900
cc). Il diametro medio dell' "ice ball" valutato
intraoperatoriamente per via ecografica era di
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
33
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
49.4 mm. La valutazione istopatologica delle
biopsie delle lesioni eseguite durante l'intervento ha documentato la presenza di carcinoma a
cellule renali in 48 casi, 12 casi di oncocitoma,
5 casi di angiomiolipoma e 5 casi "indefiniti". La
degenza postoperatoria è stata mediamente di
4.54 giorni (range 2-10) mentre le complicanze
comprendono 6 casi di iperpiressia transitoria, 2
casi di ematoma perirenale, 1 caso di edema
polmonare, 6 cases of anemizzazione e 1 caso
ematuria macroscopica, tutti trattati in modo
conservativo. Le complicanze tardive comprendono un caso di ostruzione del giunto pielo-ureterale che ha richiesto una pieloplastica 8 mesi
dopo l'intervento e un caso di esplorativa renale
un anno dopo l'intervento per sospetta recidiva
locale di neoplasia renale. La valutazione con
RMN in prima giornata postoperatoria ha documentato una lesione crioindotta di 48.72 mm
di diametro medio. Una progressiva riduzione
nel tempo delle dimensioni della lesione è stata
osservata in tutti i pazienti e dopo 24 mesi è evidenziabile unicamente una cicatrice renale che
si mantiene stabile nel tempo. Le biopsie percutanee TAC o Eco guidate delle lesioni a 6 mesi di
follow-up hanno documentato l'assenza di tessuto neoplastico vitale ma solo fibrosi. In 21
pazienti le biopsie non sono state eseguite, in 17
casi per l'istologia favoveravole e in 4 casi per
rischio di lesioni di organi intraaddominali
durante la procedura.
Conclusioni: La CLNR in caso di neoplasie
renali di piccole dimensioni si conferma un
intervento riproducibile, efficace e minimamente invasivo. Il follow-up della nostra serie
è incoraggiante anche se è necessario un più
prolungato follow-up e ulteriori studi per confermare appieno il ruolo di questa tecnica chirurgica come opzione terapeutica di scelta per
il trattamento delle piccole neoplasie renali.
L’UTILIZZO DELLA COLLA DI FIBRINA
AUTOLOGA PER L’EMOSTASI NELLA
NEFRECTOMIA PARZIALE VIDEOLAPAROSCOPICA
L. Schips, S. Gidaro, O. Dalpiaz, K. Lipsky, P.
Petritsch, R. Zigeuner
Clinica Urologica, Università di Graz (Austria)
Introduzione ed Obiettivi: Presentiamo una
metodica che utilizza una colla di fibrina autologa per l’emostasi durante la nefrectomia parziale laparoscopica.
34
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Metodi: Un uomo di 61 anni con incidentaloma renale di 3 cm al polo inferiore destro
viene sottoposto a nefrectomia parziale videolaparoscopica transperitoneale. All’induzione
dell’anestesia vengono prelevati 80 ml di sangue per la preparazione della colla autologa
con il sistema Vivostat® ottenendo circa 5 ml
di colla autologa. Il paziente viene posizionato
sul fianco sinistro. L’intervento viene eseguito
con 3 trocars da 10mm e 1 trocar da 5 mm.
Con un dissettore ad ultrasuoni viene inciso il
peritoneo mobilizzando la flessura destra del
colon. Si procede alla mobilizzazione del rene
fino all’ilo renale preparando il peduncolo.
L’arteria renale viene clampata usando una
“bulldog”. La precisa dissezione della massa
viene eseguita con le forbici su parenchima
macroscopicamente sano. L’emostasi viene
dapprima eseguita con coagulatore bipolare.
Successivamente una sutura ad U con monofilamento atraumatico assorbibile 2/0 viene fissata su entrambe i lati con clip riassorbibili. La
bulldog viene rimossa dopo 23 minuti di
ischemia calda. La zona viene ricoperta con
colla di fibrina utilizzando il sistema
Vivostat® nebulizzata omogeneamente con un
applicatore laparoscopico. La massa viene
quindi estratta con Endobag.
Risultati: Non si sono verificate complicanze
intra e postoperatorie. L’emostasi è stata raggiunta in 2 minuti dall’applicazione della
colla. Il paziente è stato dimesso senza complicanze in quarta giornata postoperatoria.
L’esame istologico ha documentato un carcinoma renale a cellule chiare G2 di stadio pT1a. I
margini di resezione sono risultati negativi.
Conclusioni: Il sistema Vivostat® permette di
ottenere un’emostasi efficace durante la
nefrectomia parziale laparoscopica.
L’USO DELLE COLLE NELLA CHIURURGIA
LAPAROSCOPICA“NEPHRON SPARING”:
“SURVEY” EUROPEA
A. Celia1, G. Guazzoni2, V. Pansadoro3, V.
Disanto4, F. Porpiglia5, P. Fornara6, C.C. Abbou7,
G. Janetschek8, N.A. Soomro9, C. Milani10, A.
Breda11, P.G. Schulam11, J. de la Rosette12, M.P.
Laguna12, G. Breda1
1
Department of Urology, Bassano del Grappa;
2
Department of Urology, San Raffaele Hospital,Milan;
3
Department of Urology, Vincenzo Pansadoro
Foundation, Rome; 4Department of Urology, Acquaviva
delle Fonti, Bari; 5Department of Urology, San Luig
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Hospital, Turin; 6Department of Urology, MartinLuther-University Halle-Wittenberg; 7Department of
Urology, Henri Mondor Hospital, Creteil; 8Department
of Urology, Elisabethinen Hospital, Linz; 9Department
of Urology, The Freeman Hospital, High Heaton,
Newcastle; 10Department of Urology, Hospital San
Antonio, Padova; 11Department of Urology David
Geffen School of Medicine at UCLA; 12Department of
Urology, AMC University Hospital, Amsterdam
Introduzione: La chirurgia laparoscopica
“nephron sparing” (LNSS) sta trasformandosi
in un’opzione attraente per il trattamento dei
tumori renali di piccolo volume, ma essa si
presenta tecnicamente come una sfida. Molti
centri propongono l’uso delle colle per ridurre le complicanze principali come l’emorragia
e la perdita urinosa, pochi sono gli studi disponibili sul loro uso sistematico.
Materiale e Metodi: Un questionario è stato
inviato via e-mail a 20 Centri urologici europei di eccellenza in chirurgia laparoscopica. Il
questionario indagava sull’uso delle colle
emostatiche e/o sigillanti con eventuale sutura
standard durante LNSS; inoltre sono state
indagate le indicazioni e le complicanze relative alla procedura.
Risultati: 451 procedure di LNSS sono state
eseguite nei 9 centri mediante accesso extraperitoneale o transperitoneale. Il diametro
medio del tumore era di 3,2 centimetri. Le
colle e/o sigillanti sono state utilizzate nel 94%
dei casi (424/451) ed i tipi erano: Floseal,
Tissucol, Glubran e BioGlue. Un centro ha
usato solo la sutura standard, un secondo centro solo le colle e 7 centri hanno usato una
combinazione dei due. In 13/451 casi (2.8%)
è stata necessaria una conversione open della
procedura. Le complicanze postoperatorie
erano rappresentate da sanguinamento in
11/451 casi (2.4%) e fughe urinose in 9/451
casi (1.9%). Nessun caso di tumor seeding è
stato riportato.
Conclusioni: Questa survey dimostra che l’uso
delle colle in LNSS è molto diffusa nei centri
europei. L’uso combinato delle colle con la
sutura standard potrebbe ridurre i casi di
complicanze, di emorragia e di fuga urinosa,
tipiche di questa chirurgia. Inoltre nei 424
casi in cui sono state usate le colle biologiche
non si sono manifestate complicanze di tipo
oncologico, a dimostrazione che il loro uso
può essere considerato sicuro sotto questo
profilo.
NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA:
ESPERIENZA MULTICENTRICA ITALIANA
A. Celia1, G. Guazzoni2, V. Pansadoro3, V.
Disanto4, F. Porpiglia5, C. Milani6, G. Breda1
1
Department of Urology, Bassano del Grappa;
2
Department of Urology, San Raffaele Hospital, Milan;
3
Department of Urology, Vincenzo Pansadoro
Foundation, Rome; 4Department of Urology, Acquaviva
delle Fonti, Bari; 5Department of Urology, San Luig
Hospital, Turin; 6Department of Urology, Hospital San
Antonio, Padova
Introduzione: La
Nefrectomia
Parziale
Laparoscopica (LPN) è una promettente opzione chirurgica per il trattamento delle neoplasie
renali di piccolo volume, tuttavia presenta particolari difficoltà tecniche. L’emorragia e la perdita urinosa rappresentano le complicanze
principali di questa procedura. Presentiamo
un’esperienza italiana multicentrica della LPN.
Materiali e Metodi: Un questionario è stato
inviato via e-mail in 6 Centri Urologici Italiani
di eccellenza nella Chirurgia Laparoscopica. Il
questionario indagava le indicazioni, la tecnica
chirurgica, l’uso delle colle, le complicanze ed
il follow-up nella NPL. L’e-mail era composta
da una lettera introduttiva e da 6 pagine del
questionario.
Risultati: Nei 6 centri sono stati eseguiti 163
interventi di LPN. Il diametro medio delle neoplasie era di 2,8 cm: 136 (84%) lesioni esofitiche e 27 (16%) lesioni centrali. È stata utilizzata in tutti i casi una protezione della funzione renale utilizzando Mannitolo, Lasix, e in un
centro Fenoldopam. Due centri hanno utilizzato l’ecografica intraoperatoria per la localizzazione delle lesioni. Il clampaggio dell’ilo renale è stato eseguito in 146 casi (89,5%): in 97
casi (66,5%) clampando solo l’arteria e in 49
casi (33,5%) clampando unitamente l’arteria e
la vena renale. Il tempo ischemico medio era <
di 30 minuti in 4 centri e tra 30 e 60 minuti
nei 2 centri rimanenti. La resezione della neoplasia è stata eseguita con le forbici nella maggior parte dei centri e due di essi hanno utilizzato saltuariamente il bisturi ad ultrasuoni.
Due centri hanno utilizzato routinariamente la
cateterizzazione ureterale preoperatoria per
verificare l’eventuale fuga urinosa durante la
procedura chirurgica. In tutti i centri sono
state utilizzate le colle emostatiche e/o sigillanti per l’emostasi del parenchima (Glubran,
Tissucol, Floseal) in combinazione con la sutura standard del parenchima. In 11/163 casi
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
(6,7%) è stata necessaria una conversione
della procedura in open. Le complicanze
postoperatorie sono stati il sanguinamento in
3/163 casi (1,8%) e la fuga urinosa in 2/163
casi (1,2%). La sopravvivenza libera da malattia a 3 anni era del 100% in 162 casi. Non è
stato riportato nessun caso di tumor seeding.
Conclusioni: I risultati emersi da questa survey
sono molto buoni e in linea con l’esperienza
della chirurgia a cielo aperto. La casistica e il
follow-up sono tuttavia ancora esigui, la procedura è tuttora limitata a pochi Centri “esperti”.
IL PRELIEVO LAPAROSCOPICO DI RENE DA
DONATORE VIVENTE PER TRAPIANTO ESEGUITO CON TECNICA GAS-LESS
L. Repetto, G. Pasquale, G.na Cucchiarale, U.
Ferrando
S.C.O. di Urologia, Az.O “San Giovanni Battista” di
Torino (Molinette)
Dati provenienti dal registro dell’United
Network for Organ Sharing (USA) indicano
che sia la durata del rene trapiantato, sia la
sopravvivenza dei pazienti trapiantati con
organo proveniente da donatore vivente risultano maggiori rispetto a quelle dei pazienti che
hanno ricevuto il rene da donatore cadavere. Il
prelievo laparoscopico di rene aggiunge significativi vantaggi alla donazione di rene da
vivente. La pressione positiva intraddominale
(pari a 12 mmHg) si applica e si mantiene
durante il prelievo laparoscopico. L’aumento
delle resistenze polmonari, il diminuito ritorno venoso, l’assorbimento della Co2 l’oliguria
sono gli effetti collaterali più noti che si osservano nel mantenimento delle pressione positiva. Da circa un anno e mezzo attuiamo il prelievo laparoscopico di rene da donatore vivente eseguito con tecnica gas-less.
Materiali e Metodi: Preleviamo di preferenza il
rene sinistro per motivi d’ordine anatomico in
previsione del trapianto vero e proprio. La
vena renale è più lunga che a destra e il fegato
non nasconde parte del campo operatorio.
Abbiamo comunque esperienza anche nel prelievo di rene destro. Posizioniamo il primo trocar in addome (ottica) con tecnica open-laparoscopy e dopo alcune manovre di sicurezza
posizioniamo l’elevatore di parete in sede sottocostale sulla linea ascellare anteriore.
L’incisione necessaria per introdurre l’elevatore
di parete è pari a 10-15 mm. La via d’aggres-
36
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
sione al rene è rigorosamente trans-peritoneale. Dopo aver scollato la doccia parieto-colica
evidenziamo il retro peritoneo con la fascia di
Gerota. Esponiamo la vena renale e l’arteria,
ambedue sino alla loro congiunzione con la
cava e l’aorta. Proseguiamo l’isolamento dell’uretere sino all’incrocio con i vasi iliaci ed oltre.
“clampiamo” l’uretere solo distalmente e lo
sezioniamo. Posizioniamo in questa sede un
trocar da 15 mm ed attraverso lo stesso introduciamo un sacchetto laparoscopico, che
apriamo in addome. A questo punto “clampiamo” e sezioniamo, nell’ordine, l’arteria e la
vena renale. Così completamente liberato l’organo viene introdotto nel sacchetto ed estratto
dall’addome. Collochiamo il rene in ghiaccio e
lo consegniamo immediatamente ad una
seconda équipe incaricata della preparazione
del rene prelevato e del successivo trapianto
(che avviene contestualmente nella sala operatoria attigua).
Risultati: Dal dicembre 2004 eseguiamo il prelievo di rene da vivente unicamente con tecnica laparoscopica. Sino ad oggi (gennaio 2005)
abbiamo eseguito quarantanove prelievi; di
questi gli ultimi otto unicamente con tecnica
gas-less.
LA NEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA ESEGUITA CON TECNICA GAS-LESS
L. Repetto, G. Pasquale, G.na Cucchiarale, U.
Ferrando
S.C.O. di Urologia, Az.O “San Giovanni Battista” di
Torino (Molinette)
La nefrectomia laparoscopica, nelle indicazioni dovute, apporta significativi vantaggi. La
pressione positiva intraddominale (pari a 12
mmHg) si applica e si mantiene durante il prelievo laparoscopico. L’aumento delle resistenze
polmonari, il diminuito ritorno venoso, l’assorbimento della Co2 l’oliguria sono gli effetti
collaterali più noti che si osservano nel mantenimento delle pressione positiva. Attuiamo la
tecnica gas-less nei pazienti dove gli effetti collaterali sopra descritti potrebbero essere causa
di complicanze serie.
Materiali e metodi: Posizioniamo il primo trocar in addome (ottica) con tecnica open-laparoscopy e dopo alcune manovre di sicurezza
posizioniamo l’elevatore di parete in sede sottocostale sulla linea ascellare anteriore.
L’incisione necessaria per introdurre l’elevatore
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
di parete è pari a 10-15 mm. La via d’aggressione al rene con tecnica gas-less è rigorosamente trans-peritoneale. Lo spazio esiguo del
retro peritoneo impedisce l’applicazione degli
elevatori parete attualmente in commercio.
Con l’accesso misto (retroperitoneale e transperitoneale) la tecnica è attuabile ma presenta
delle riserve che presenteremo in questo lavoro. Dopo aver scollato la doccia parieto-colica
evidenziamo il retro peritoneo con la fascia di
Gerota. Esponiamo la vena renale e l’arteria,
ambedue sino alla loro congiunzione con la
cava e l’aorta. Proseguiamo l’isolamento dell’uretere sino a dove c’è l’indicazione. Così completamente liberato l’organo viene introdotto
nel sacchetto ed estratto dall’addome.
Risultati: Da alcuni anni in casi selezionati
applichiamo la tecnica gas-less. I vantaggi per
il paziente sono assolutamente evidenti ed a
nostro avviso anche per gli operatori. Durante
l’anestesia, durante l’intervento ed anche
durante il decorso post operatorio. Bisogna,
per contro, sottolineare che la procedura Gasless secondo noi è tecnicamente più difficile.
RISULTATI DEL TRATTAMENTO CHIRURGICO LAPAROSCOPICO DEL TUMORE RENALE IN 68 PAZIENTI
A. Piccinelli, G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna,
A. Benetti, L. Pasini, P. Graziotti
U.O. di Urologia, Istituto Clinico Humanitas, IRCCS,
Rozzano (MI)
Introduzione: La videolaparoscopia trova applicazione nel trattamento del tumore renale
offrendo vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale. Gli autori riportano l’esperienza relativa a 68 pazienti sottoposti a nefrectomia
radicale laparoscopica per neoplasia.
Materiali e Metodi: Dal Maggio 2002 al
Dicembre 2005, 68 pazienti sono stati sottoposti a trattamento chirurgico laparoscopico
per neoplasia renale. In 62 casi la stadiazione
clinica era T1/2N0M0 mentre 6 pazienti si
presentavano metastatici alla diagnosi. Le procedure sono state eseguite per via transperitoneale e la loro durata media è stata di 156
minuti. Il pezzo operatorio è stato rimosso per
morcellazione meccanica attraverso una delle
porte in 49 casi, in 19 pazienti è stato rimosso
integro attraverso una piccola incisione sovrapubica.
Risultati: La perdita ematica media è stata di 230
ml, la variazione media di ematocrito è stata di
4.3 punti percentuali, 5 pazienti hanno richiesto emotrasfusioni. Il dosaggio medio di
Ketoralac nel postoperatorio è stato 81.3 mg. La
degenza postoperatoria media è stata di 3.3
giorni. È stata possibile una corretta stadiazione
istopatologica in tutti i casi sottoposti a morcellazione meccanica. Complicanze maggiori: 2
conversioni intraoperatorie per lesioni vascolari
ilari, 1 reintervento a cielo aperto per emoperitoneo da sanguinamento di porta d’accesso, 1
reintervento per occlusione intestinale. Non
sono state documentate riprese di malattia locale o a distanza al follow-up attuale.
Conclusioni: Il trattamento chirurgico laparoscopico del tumore renale consente adeguati risultati oncologici, complicanze contenute, breve
degenza postoporatoria in assenza degli inestetismi legati agli accessi chirurgici tradizionali.
MORCELLAZIONE VS ESTRAZIONE DEL
PEZZO INTEGRO DOPO NEFRECTOMIA
LAPAROSCOPICA: VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SUL DECORSO POSTOPERATORIO E
STADIAZIONE PATOLOGICA
A. Piccinelli, G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna,
P. Graziotti
U.O. di Urologia, Istituto Clinico Humanitas, IRCCS,
Rozzano (MI)
Introduzione: Abbiamo valutato l’impatto della
modalità di estrazione del pezzo operatorio, integro vs morcellazione, sul decorso postoperatorio
e sulla stadiazione patologica in 68 pazienti sottoposti a nefrectomia laparoscopica per cancro.
Materiali e Metodi: Dal Maggio 2002 al
Dicembre 2005, 68 pazienti sono stati sottoposti a nefrectomia laparoscopica per neoplasia renale. In 19 pazienti (gruppo A) il pezzo è
stato rimosso integro attraverso una piccola
incisione sovrapubica, in 49 pazienti (gruppo
B) il pezzo è stato morcellato meccanicamente
con pinza ad anelli in grossi frammenti attraverso una delle porte di accesso preventivamente ampliata di 1 centimetro. Il grasso perirenale ed i frammenti di parenchima sono stati
inviati separatamente per esame istologico.
Sono stati raccolti retrospettivamente dati relativi a: durata complessiva della procedura, lunghezza dell’incisioni per l’estrazione del pezzo,
uso di farmaci antidolorifici, degenza postoperatoria, stadiazione clinica e patologica nei 2
gruppi di pazienti.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
37
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Risultati: La durata complessiva della procedura è stata 193.1 min nel gruppo A e 162.4 min
nel gruppo B. La lunghezza media dell’incisione per l’estrazione del pezzo è stata 6.5 cm nel
gruppo A e 2 cm nel gruppo B. E’ risultata
superiore la quantità di antidolorifici somministrata ai pazienti del gruppo A (dosaggio
medio morfina 25 mg vs 20 mg, dosaggio
medio ketoralac 70 mg vs 51 mg). La degenza
media postoperatoria è stata superiore nel
gruppo A (4.5 giorni vs 3.1 giorni). L’esame
istopatologico non ha consentito di definire le
dimensioni della neoplasia nei pazienti del
gruppo B, tuttavia è stato sempre possibile in
questi pazienti una corretta definizione della
diagnosi istologica, del grading e la valutazione microscopica del grasso perirenale. Dal
confronto fra stadiazione clinica e patologica
nei 2 gruppi è emerso un upgrading in 2 casi
nel gruppo A ed in 1 caso nel gruppo B (da
T1/2 a pT3a). Non sono state documentate
riprese di malattia locale o a distanza al followup attuale nei due gruppi.
Conclusioni: La morcellazione dopo nefrectomia laparoscopica si è dimostrata nella nostra
esperienza una metodica sicura che offre indiscutibili vantaggi estetici. Tempi operatori e
degenza postoperatoria sono risultati minori
nei pazienti sottoposti a morcellazione rispetto a quelli in cui il pezzo è stato estratto integro senza pregiudicare la diagnosi istologica,
la definizione del grading e la valutazione
microscopica del grasso perirenale.
PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA E CONTINENZA
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G.
Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S.
Martalò, P. Rizzo, D. Azzone
Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia
Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico
Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle
Fonti (BA)
Introduzione: Dopo prostatectomia radicale la
continenza si verifica alla rimozione del catetere nel 40% dei pazienti. Salvo recupero nell’arco di alcuni mesi in circa il 90%. Il recupero precoce della continenza è correlato alla
modalità di dissezione dell’apice prostatico,
alla emostasi del Santorini e alla modalità di
esecuzione della anastomosi. Alcune modifiche di tecnica da noi attuate in corso di pro-
38
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
statectomia radiale laparoscopica ci hanno
consentito di ottenere una continenza completa alla rimozione del catetere:
• emostasi del Santorini senza sezione dei
pubo-prostatici;
• dissezione accurata dell’apice prostatico
prima della sezione dell’uretra;
• anastomosi uretro-vescicale con attento
risparmio del piano perineale.
Materiale e Metodi: Da aprile 2000 al dicembre
2005 abbiamo eseguito 420 prostatectomie
radicali laparoscopiche. La continenza completa alla rimozione del catetere è stata del
40%. Dal settembre 2004 al 31 dicembre 2005
abbiamo eseguito 126 prostatectomie radicali
laparoscopiche transperitoneali con le modifiche di tecnica su riportate. La continenza
immediata alla rimozione del catetere è stata
del 67%, a 1 mese 83%, a 3 mesi 86%, a 6
mesi 92% mentre ad 1 anno 98%. Due pazienti incontinenti ad 1 anno avevano subito un
precedente intervento chirurgico di turp.
Conclusioni: I risultati sono molto buoni e di
gran lunga migliori di quelli riportati in letteratura. La valutazione dei dati e della tecnica
merita pertanto un’attenta considerazione
confortata da una maggiore consistenza numerica dalla casistica.
PROSTATECTOMIA RADICALE IN VLS IN
PAZIENTI CON PREGERESSA TURP O ADENOMECTOMIA PROSTATICA
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G.
Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S.
Martalò, P. Rizzo, D. Azzone
Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia
Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico
Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle
Fonti (BA)
Obiettivi: Il presente lavoro vuole riportare le
difficoltà e i risultati ottenuti nella nostra esperienza nei pazienti sottoposti a prostatectomia
radicale in VLS transperitoneale, che in precedenza erano stati sottoposti a interevento chirurgico di TURP o adenomectomia prostatica
mininvasiva.
Materiali e Metodi: Lo studio include dal
Gennaio 2004 al Dicembre 2005 numero 20
pazienti sottoposti a prostatectomia radicale in
VLS transperitoneale, di cui 17 precedentemente a TURP e 3 ad adenomectomia prostatica mininvasiva. A tutti i pazienti sono stati
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
posizionati preoperatoriamente i cateterini
ureterali.
Risultati: Età media dei pazienti 65 aa. 12 pazienti sono risultati PT2aN0Mx, 2PT2cN0Mx e 1
paziente PT3bN0Mx, con valori di psa fra 8 e
4,2 ng/ml, 1 paziente presentava margini di resezione positivi. Nessuno degli interventi è stato
convertito in Open Surgery. I tempi operatori
sono risultati da 180 a 300”considerando che in
tutti i pazienti è stata eseguita la linfadenectomia
e la riduzione del collo vescicale con tecnica a
racchetta. Le complicanze perioperatorie includono: 5 pazienti alla Rx cistografia presentavano
una fistola urinosa dell’anastomosi vescica-uretrale ed è stato necessario eseguire un’infiltrazione di Tissucol, 1 paziente presentava linforrea
per alcuni giorni, 2 pazienti sottoposti a trasfusione, 1 paziente deficit motorio arto superiore
dx. La continenza alla rimozione del catetere è
stata di 13 pazienti continenti, 4 presentavano
stress incontinence e 2 pazienti incontinenza
totale, 1 paziente ritenzione urinaria.
Conclusione: Nella nostra esperienza, la prostatectomia radicale in VLS in pazienti sottoposti
precedentemente a intervento chirurgico di
TURP o adenomectomia prostatica mininvasiva pur con qualche difficoltà tecnica risulta
essere comparabile con pazienti che non
hanno subito un precedente interevento chirurgico sulla prostata.
IL LEGAMENTO LATERALE DELLA PROSTATA: UNA NUOVA STRUTTURA PUNTO DI
REPERE NELLA PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G.
Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S.
Martalò, P. Rizzo, D. Azzone
Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia
Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico
Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle
Fonti (BA)
La laparoscopia permette una maggiore accuratezza chirurgica grazie all’ingrandimento
visivo. Tale vantaggio consente di apprezzare
strutture anatomiche che nella chirurgia open
sono sottovalutate sia dal punto di vista visivo
che nella pratica chirurgica. Abbiamo notato
con l’esperienza maturata finora in particolare
nella Prostatectomia Radicale Laparoscopica
(P.R.L.) (420 interventi eseguiti dal 2000 ad
oggi per via intra ed extraperitoneale) che la
loggia prostatica contiene elementi anatomici
di particolare rilievo: essa appare topograficamente delimitata indietro e sui lati dalla capsula della prostata, in avanti dal pube, in basso
dal trigono urogenitale e in altro dai legamenti
pubo-prostatici. Mentre queste ultime strutture
sono facilmente rilevabili in chirurgia open, il
margine laterale della capsula prostatica si presta ad una dissezione più accurata nella P.R.L.
Abbiamo così apprezzato la presenza fra la faccia laterale della prostata e il margine mediale
del muscolo elevatore dell’ano di un vero e proprio legamento che si forma dalla confluenza di
fibre muscolo-tendinee della aponeurosi laterale della prostata, sospendendo quest’ultima a
destra e sinistra nella loggia omonima. Questi
legamento, da noi denominato legamento laterale della prostata, non trova nei comuni testi
anatomici (cfr. Testut Jacob, vol. 3° pag. 115;
Chiarugi Bucciante vol. 3 tomo 2 pag. 954) una
descrizione autonoma mentre rappresenta nella
P.R.L. un vero punto di repere nella dissezione,
permettendo l’accesso diretto alla fascia endopelvica in un piano avascolare particolarmente
utile nella P.R.L. nerve sparing. Nel video presentiamo alcuni momenti della dissezione e
l’importanza topografica della nuova struttura
identificata.
PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA:
ESPERIENZA PRELIMINARE SU 32 CASI
W. Artibani1, S. Cavalleri1, M. Iafrate1, F. Dal
Moro1, M. Aragona1, A. Cisternino1, V. Ficarra2
1
Istituto di Urologia, Università di Padova; 2Clinica
Urologica, Università di Verona
Obiettivo: Valutare i risultati relativi alle prostatectomie radicali robot-assistite eseguite nel
primo anno di utilizzo del sistema da Vinci.
Materiali e Metodi: Nel 2005 abbiamo eseguito
32 prostatectomie radicali robot-assistite. Tutti
gli interventi sono stati eseguiti dallo stesso
chirurgo. Il paziente è in posizione supina e in
Trendelenbourg spinto (45°). Si posizionano 3
trocars per il robot; due laparoscopici da 5 e 12
mm a destra e uno da 5 mm a sinistra.
L’intervento è condotto per via transperitoneale: incisione del peritoneo anteriore; incisione
del collo vescicale; isolamento delle vescicole
seminali e sezione dei deferenti; incisione della
Denonvillers e isolamento della prostata dal
retto; incisione e isolamento della fascia endopelvica dalla superficie postero-laterale della
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
39
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
prostata; sezione dei peduncoli prostatici; incisione dell’apice prostatico ed anastomosi uretro-vescicale secondo Van Velthoven.
Risultati: I pazienti presentavano un’età media
di 62 anni (range 51-74). PSA iniziale mediano di 6,7 ng/ml (range 4,7-10). Il GS bioptico
era £ 7 nel 91% dei casi. Il tempo operatorio
medio è risultato pari a 245 minuti (range
150-465): significativamente più basso negli
ultimi 12 casi (p=0.01). Le perdite ematiche
medie sono risultate pari a 475 cc (range 3001050). Solo 4 pazienti (12,5%) hanno ricevuto trasfusioni di sangue da donatore. Una conversione chirurgica è stata necessaria in 2 casi
(6,3%). Sono state osservate una neuropatia
da compressione all’arto inferiore; una deiscenza e una stenosi dell’anastomosi. La
degenza media è risultata pari a 8,5 giorni
(range 6-32). Il catetere vescicale è stato
rimosso in media dopo 9 giorni (range 5-45).
Nell’80% dei casi è stato rimosso come previsto entro 7 giorni. Lo stadio patologico è risultato pT2 in 26 casi (81,3%); pT3a in 4
(12,5%) e pT3b in 2 (6,3%). Margini positivi
sono stati osservati in 6 casi (18,8%): 1 (3,8%)
pT2; 4 (100%) pT3a e 1 (50%) pT3b
(p<0.001). A 3 mesi dall’intervento un PSA >
0,2 ng/ml è stato riscontrato in 2/21 pazienti
(9,5%).
Conclusioni: I risultati di questa esperienza
sono favorevoli sia in termini di complicanze
peri-operatorie che di percentuale di margini
chirurgici positivi osservate. I tempi operatori
risentono in maniera significativa della curva
di apprendimento e sono in progressiva e
costante diminuzione.
L’UTILITÀ DELL’ESAME ESTEMPORANEO
AL CONGELATORE DURANTE LA PROSTATECTOMIA RADICALE LAPROSCOPICA CON
TECNICA NERVE-SPARING
R. Naspro, G. Guazzoni, M. Freschi, A. Cestari,
R. Colombo, A. Salonia, N. Buffi, P. Rigatti
Department of Urology, Università Vita-Salute
Ospedale San Raffaele, Milano
Obiettivi: Studio prospettico per valutare la fattibilità e l’utilità delle sezioni al congelatore in
estemporanea (IFS) durante prostatectomia
radicale laparosocpica transperitoneale nerve
sparing (NS) per tumore prostatico clinicamente localizzato.
Materiali e Metodi: Da settembre 2004 ad
40
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Agosto 2005, 85 pazienti sono stati consecutivamente sottoposti a prostatectomia radicale
laparoscopica NS monolaterale o bilaterale
presso il Nostro Dipartimento. Una volta
asportata, la prostata è stata colorata bilateralmente a partire dalla base fino all’apice
seguendo il decorso dei fasci vascolo-nervosi.
Il pezzo operatorio è stato quindi inviato all’anatomo-patologo, il quale ha sezionato le aree
chinate in 0,5-0,6 cm di spessore, creando
sezioni in serie larghe 0.2-0.3 cm, ottenendo
sezioni congelate di 5 micron, colorate con
ematossilina e cosina e quindi analizzata al
microscopio. Al momento del riscontro di un
margine positivo all’esame estemporaneo, il
fascio neurovascolare corrispondente veniva
quindi asportato intraoperatoriamente dopo il
termine dell’anastomosi uretro-vescicale.
Risultati: L’età media dei pazienti era 62,3±7.4
(media±SD) and i valori di PSA totale pre-operatorio (media±SD) erano 6.1±2.5 ng/dl. Il
valore medio del volume prostatico era
(media±SD) 82.5±24.5 g. La tecnica nerve
sparing sia bi che mono-laterale è stata eseguita in 72 (84.7%) e in 13 (17.3%) casi, rispettivamente. Il tempo operatorio totale è stato di
(media±SD) 235±49.9 min e il tempo aggiuntivo per la rimozione del tessuto addizionale
con margini positivi è stato (media±SD) 12±5
min.Il valore di Gleason post-operatorio era
≤7 e >7 in 70 (82.3%) e 15 (17.6%) casi,
rispettivamente. Lo stadio patologico era: 69
(81.1%) casi di pT2 e 16 (18.8%) casi di pT3.
La valutazione IFS eseguita a livello dei fasci
vascolo-nervosi per predire la presenza di
tumore nelle sezioni permanenti ha mostrato
una accuratezza, sensibilità, specificità e valore predittivo positivo e negativo rispettivamente di 94%, 81%, 97%, 78%, e 93%. In 23
pazienti con tumore all’IFS è stata eseguita una
resezione allargata dei bundle neurovascolari,
nell’area di infiltrazione della capsula; in 5 di
questi pazienti (21.7%) è stata riscontrata la
presenza di tumore nelle aree rimosse successivamente. In 4 casi la valutazione estemporanea è risultata negativa, ma all’esame definitivo, è stato trovato un margine positivo: in particolare vi era un caso di inversione
destra/sinistra, un caso di coinvolgimento
focale presente solo nella sezione definitiva, e
due casi di scorretta interpretazione dovuta a
margini chirurgici irregolari. L’utilizzo dell’IFS
ha diminuito il Numero totale di margini positivi del 10% a livello dei fasci pascolo nervosi.
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Conclusioni: L’utilizzo della valutazione IFS a
livello dei fasci vascolo-nervosi durante
Prostatectomia radicale laproscopica con tecnica nerve sparing, è fattibile, riproducibile e
mostra un relativamente elevato valore predittivo negativo. Per questo motivo l’IFS può aiutare ad aumentare le possibilità di eseguire
una corretta procedura nerve sparing con
sicurezza oncologica e può essere raccomandata come strumento per ridurre il percentuale di margini chirurgici positivi in particolare
durante la curva di apprendimento.
PRESERVAZIONE DEI LEGAMENTI PUBOPROSTATICI E RECUPERO DELLA CONTINENZA PRECOCE NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE EXTRAPERITONEOSCOPICA
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, C. Cracco, I.
Morra, F. Ragni, D. Vaccino, S. Grande, F.
Musso, R.M. Scarpa
Introduzione: L’incontinenza dopo prostatectomia radicale è uno dei problemi che maggiormente influenza la qualità di vita del paziente.
Molti sforzi sono stati fatti per migliorare la
continenza dopo prostatectomia. In questo
lavoro riportiamo i risultati sulla continenza
precoce dopo prostatectomia radicale preperitoneoscopica con preservazione dei legamenti
pubo-prostatici.
Materiali e Metodi: Da Marzo 2004 a Dicembre
2005 sono stati sottoposti a prostatectomia
radicale preperitoneoscopica 116 pazienti; i
primi 77 pazienti sono stati trattati risparmiando il collo vescicale mentre nei successivi
39 sono stati risparmiati il collo vescicale e i
legamenti pubo-uretrali. La rimozione del
catetere vescicale è avvenuta usualmente in 6a
giornata post-operatoria. Tutti i pazienti sono
stati sottoposti a ciclo di riabilitazione perineale nei primi 3 mesi post-operatori con assistenza di personale specializzato. Abbiamo
considerato continenti i pazienti che non riferivano perdite di urina e non utilizzavano
alcun presidio per l’incontinenza. Tutti i
pazienti hanno eseguito un pad test secondo
ICS nei primi 3 mesi. Abbiamo considerato
incontinenza lieve, moderata e grave quella
con pad test compreso rispettivamente tra 015 g, 16 e 50 g e superiore a 50 g. Sono state
effettuate valutazioni statistiche con test T di
Student e il Chi-square test. Risultati: Non vi
erano differenze significative tra i due gruppi
per quanto riguarda l’età media dei pazienti
(64,45±6,17 vs 64,77±5,66 anni), il volume
prostatico medio (46,63±20,61 ml vs
45,6±29,7 ml) ed il Gleason Score medio
(6,44±0,77 vs 6,67±0,8). Subito dopo la rimozione del catetere sono risultati continenti 23
pazienti (29,9%) del primo gruppo e 21del
secondo (53,8%) (p<0,01). A un mese dalla
rimozione del catetere la percentuale di continenza nel primo e secondo gruppo era rispettivamente del 36,4% e del 54% (p<0,05), a
due mesi erano continenti il 45,5% dei pazienti del primo gruppo e il 67% del secondo
gruppo (p<0,01). A tre mesi il 65% dei pazienti del primo gruppo e il 69% del secondo
erano continenti (p = ns). La mediana del pad
test al primo mese era di 40 g per il primo
gruppo e di 3 g per il secondo, a due mesi la
mediana era rispettivamente di 10 g e 0, al
terzo di 2 g e 0. Al primo mese il 22% dei
pazienti nel primo gruppo e il 17% nel secondo gruppo presenta.
Conclusioni: I risultati del nostro studio dimostrano come il risparmio del collo vescicale e
dei legamenti pubo-prostatici determinino un
significativo miglioramento della continenza
precoce con contestuale riduzione delle percentuali di pazienti affetti da incontinenza
grave nei primi mesi dopo l’intervento. Il follow-up è ancora in corso per verificare eventuali differenze a un anno dall’intervento.
ESISTE UN FATTORE DI RISCHIO PER LE
COMPLICANZE NELL’ENUCLEORESEZIONE
LAPAROSCOPICA?
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, I. Morra, M.
Cossu, F. Ragni, M. Poggio, R. Tarabuzzi, C.
Terrone, R.M. Scarpa
Introduzione e obiettivi: Scopo di questo studio
è quello di individuare un fattore di rischio per
le complicanze dell’enucleoresezione laparoscopica mediante uno studio retrospettico.
Materiale e Metodi: Dal Dicembre 2000 al
Dicembre 2005, 74 pazienti con lesioni renali
sono stati sottoposti ad enucleoresezione laparoscopica. Sono stati valutati i seguenti parametri: parametri clinici del paziente: sesso, età,
Body Mass Index (BMI); parametri clinici della
lesione: lato, sede della lesione (polare e mesorenale), tipo di sviluppo della lesione (corticale
e cortico-midollare); parametri anatomo-patoArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
41
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
logici: istologia (benignità, malignità), diametro
e peso. Inoltre è stato valutato il tipo di sutura
eseguita, con o senza collante. Tutti questi parametri sono stati correlati con le complicanze
intra e post-operatorie registrate. L’analisi statistica è stata eseguita con Chi-Square e Mann-UWhitney test (p<0.05). Risultati: Il gruppo di
pazienti era costituito da 47 maschi e 27 femmine di età media pari a 59,5±13,1 anni e BMI
23,5±4,3 kg/m2. A destra erano presenti 40
lesioni, a sinistra 34. Le lesioni erano localizzate al polo superiore in 36 casi, mesorenale in 17
casi e al polo inferiore in 21. Sessanta lesioni
erano cortico-midollari e 15 corticali. Il diametro TC medio era 3,13±1,07 cm. Le lesioni
benigne erano 24, le maligne 50. Il diametro
anatomo-patologico era 3,13±1,09 cm. Il peso
medio del pezzo operatorio era 30,75±16,62 g.
In 20 casi è stata effettuata sutura con collante
(Tissucol + collagene), nei restanti casi la sutura è stata tradizionale. Nessuna complicanza
intraoperatoria e nessuna conversione in chirurgia open è stata registrata. Le complicanze
maggiori postoperatorie sono state complessivamente 12: 6 emorragie (3 embolizzazioni, 3
reinterventi), 3 fistole urinose (trattate con
doppio J) e 3 ematomi che non hanno richiesto
intervento. Le valutazioni st
Conclusioni: Dall’analisi dei parametri considerati l’unico fattore di rischio per l’enucleoresezione laparoscopica è lo sviluppo corticomidollare della lesione renale.
IMPIEGO DI TISSUCOL E COLLAGENE PER
IL CONTROLLO DELL’EMOSTASI IN CORSO
DI ENUCLEORESEZIONE LAPAROSCOPICA
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I.
Morra, F. Ragni, D. Vaccino, C.M. Scoffone, C.
Cracco, C. Terrone, R.M. Scarpa
Introduzione: Il controllo dell’emostasi in corso
di enucleoresezione laparoscopica è fondamentale per prevenire eventuali complicanze
nel postoperatorio. Attualmente sono disponibili diversi dispositivi e collanti tra cui il
Tissucol e le lamine di collagene che, quando
applicati sul letto di resezione, promuovono la
coagulazione e la cicatrizzazione della ferita.
Scopo di questo studio prospettico è valutare i
vantaggi e gli svantaggi dell’utilizzo di Tissucol
e della lamina di collagene per la prevenzione
del sanguinamento in corso di enucleoresezione laparoscopica.
42
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Materiali e Metodi: Dal Gennaio 2001 al
Dicembre 2005, 74 pazienti sono stati sottoposti ad enucleoresezione laparoscopica per
massa renale. In 54 pazienti (Gruppo 1),
dopo l’asportazione della massa, è stata eseguita una sutura tradizionale, mentre nei
restanti 20 (Gruppo2) è stato utilizzato oltre
alla sutura il Tissucol + falda di collagene
(Tissufleece). Il Tissucol è un collante biologico costituito da fibrinogeno, fattore XIII e
soluzione di calcio-cloruro + trombina 500
UI. Iniettati, tali componenti attivano la formazione del coagulo sul letto di resezione. La
lamina di collagene è un collagene nativo
equino che, a contatto col sangue, promuove
l’aggregazione dei trombociti. Nella nostra
esperienza, dopo aver tagliato il collagene
nella misura desiderata, esso viene immerso
in soluzione fisiologica per alcuni minuti. La
lamina viene quindi compressa tra garze
umide ed introdotta successivamente attraverso un trocar. Viene quindi iniettato il
Tissucol diluito a 5 UI di trombina. Risultati:
Il tempo medio di ischemia è risultato
26,7±4,3 e 29,3±1,8 minuti nel Gruppo 1 e 2
rispettivamente. La dimensione TC era in
media 3,07±1,54 cm nel Gruppo 1, mentre
3,4±0,8 cm nel Gruppo 2. Nel Gruppo 1
sono state registrate 9 complicanze: 6 emorragie acute (4 sottoposte ad embolizzazione,
2 a reintervento) e 3 ematomi; nel Gruppo 2
si sono verificate 2 emorragie acute, sottoposte ad embolizzazione. L’analisi statistica non
ha rilevato nessuna differenza statisticamente
significativa tra i parametri considerati nei
due gruppi.
Conclusioni: L’utilizzo del Tissucol + falda di
collagene in corso di enucleoresezione laparoscopica non riduce in modo significativo l’insorgenza di sanguinamenti acuti, ma può prevenire i sanguinamenti cronici. Inoltre consente una sutura più efficace perché l’elevata resistenza della falda di collagene permette un
passaggio più agevole dell’ago, ed evita di lacerare i tessuti.
SURRENALECTOMIA
LAPAROSCOPICA
TRANSPERITONEALE: L’ESPRESSIONE MASSIMA DELLA LAPAROSCOPIA UROLOGICA
A. Cestari, G. Guazzoni, A. Centemero, M. Riva,
A. Losa, R. Naspro, T. Maga, P. Rigatti
Dipartmento di Urologia, Università Vita-Salute,
Ospedale San Raffaele - Turro, Milano
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Introduzione: La surrenalectomia laparoscopica
è considerata il trattamento di scelta per l’ablazione della maggioranza delle lesioni surrenaliche benigne. Diversi approcci e diverse
tecniche chirurgiche sono state riportate con
risultati incoraggianti. Presentiamo la nostra
esperienza nella surrenalectomia laparoscopica, derivata in 13 anni di esperienza.
Materiali e Metodi: Nel periodo Ottobre 1992 settembre 2005, presso il nostro Istituto sono
state eseguite 244 procedure laparoscopiche
sulla loggia surrenalica. In dettaglio, sono state
eseguite 210 surrenalectomie unilaterali (96
destra, 114 sinistra - 66 Sindrome di Conn, 48
Sindrome di Cushing, 41 feocromocitoma, 41
lesioni non funzionanti e 14 patologie maligne), 23 surrenalectomie bilaterali e 11 casi di
chirurgia conservativa (enucleazioni di cisti
surrenaliche sintomatiche). Il paziente viene
posizionato sul fianco a 60°, con il letto flesso
per incrementare lo spazio tra l’arcata costale e
la cresta iliaca e quindi l’area di posizionamento dei trocar; il primo tempo dell’intervento prevede sempre l’isolamento e la legatura precoce della vena surrenalica, il cui stump
a sinistra è impiegato come filo guida per la
corretta dissezione della ghiandola all’interno
del grasso perirenale.
Risultati: L’intervento è stato eseguito con successo per via laparoscopica, eccetto 5 casi che
hanno richiesto una conversione chirurgica a
cielo aperto, tra cui un caso per lesione duodenale durante l’induzione del pneumoperitoneo con tecnica “open” e due per patologia
maligna. Il tempo chirurgico medio è stato di
145 minuti nel gruppo unilaterale, 215 minuti nel gruppo bilaterale e di 79 minuti in corso
di chirurgia conservativa. Le complicanze
sono state rappresentate da 3 casi di emoperitoneo che hanno richiesto una esplorazione
chirurgica postoperatoria, 3 casi di anemizzazione importante trattati con emotrasfusioni e
due casi di infezione di ferita. Tutti i pazienti
sono stati in grado di mobilizzarsi in prima
giornata postoperatoria e sono stati dimessi
rispettivamente dopo 2.7, 5 e 1.5 giorni dall’intervento nei gruppi unilaterale, bilaterale e
conservativo.
Conclusioni: La surrenalectomia laparoscopica
transperitoneale è una tecnica chirurgica sicura, efficace, minimamente invasiva per la ablazione di masse surrenaliche sia di natura benigna che maligna se organo confinate. La chirurgia conservativa è fattibile. L’approccio
laparoscopico ha una limitata morbidità, una
bassa richiesta di terapia analgesica, una breve
degenza postoperatoria e deve essere considerato il gold standard per il trattamento delle
patologie surrenaliche di interesse chirurgico.
EFFICACIA CLINICA ED ECONOMICA DI UN
ORIGINALE PALLONCINO PER LA DILATAZIONE DELLO SPAZIO RETROPERITONEALE, RISPETTO AL DISPOSITIVO COMMERCIALE PER LA RETROPERITONEOSCOPIA
A. Cestari, G. Guazzoni, R. Naspro, F. Montorsi,
M. Riva, M. Zanoni, L. Rigatti, N. Buffi, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita e Salute,
Ospedale San Raffaele - Turro, Milano
Introduzione: La creazione di un adeguato spazio retroperitoneale è di importanza fondamentale per poter eseguire correttamente
interventi laparoscopici con approccio retroperitoneale. La dilatazione preventiva dello spazio retroperitoneale con palloncino dilatatore è
la tecnica di maggior impiego e diffusione.
L’obiettivo dello studio è di riportare l’originale tecnica di dilatazione dello spazio retroperitoneale con un originale palloncino dilatatore
di nostra ideazione, valutandone l’efficacia clinica e economica rispetto al dispositivo commerciale disponibile sul mercato.
Materiali e Metodi: Venti pazienti candidati a
chirurgia retroperitoneoscopica sono stati divisi in due gruppi, nel gruppo 1 la dilatazione
dello spazio retroperitoneale è stata eseguita
con il dispositivo commerciale mentre nel
gruppo 2 con il palloncino realizzato legando
due dita di guanto n° 8 su un trocar da 11 mm
poliuso e gonfiato con 600 cc di fisiologica
impiegando due siringhe da 50 cc simultaneamente. In tutti i casi sono stati eseguiti due
cicli di gonfiaggio, uno in direzione dell’ombelico ed uno in direzione craniale, per ottenere
un’adeguata camera di lavoro. La valutazione
economica è stata eseguita considerando il
costo del dispositivo commerciale e del tempo
necessario alla creazione dello spazio retroperitoneale nel gruppo 1, e i tempi necessari per
la creazione del palloncino dilatatore e per l’induzione della dilatazione, oltre al costo dei
materiali per la realizzazione del palloncino
nel gruppo 2.
Risultati: Nel gruppo 1 il tempo necessario per
eseguire la dilatazione è stato in media di 3.15
min, mentre nel gruppo 2 il tempo per realizArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
43
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
zare il palloncino è stato di 1.16 min e per
creare lo spazio di 4.41 min per un totale di
5.57 min. Nella tabella 1 sono riportati in dettaglio i costi dei due gruppi. Il costo complessivo è stato di 141,95 nel gruppo 1 e di
60,27 nel gruppo 2, con un risparmio di
oltre 80 impiegando la tecnica originale da
noi proposta.
Conclusioni: L’originale palloncino dilatatore
impiegato presso il nostro Istituto si è rivelato
essere di veloce e facile esecuzione e offre una
valida opzione per la corretta dissezione dello
spazio retroperitoneale prima dell’insufflazione di CO2 nella retroperitoneoscopia. Dal
punto di vista economico, si è rivelato significativamente vantaggioso rispetto al dispositivo
commerciale, consentendo una dissezione
ottimale dello spazio retroperitoneale, un’ottimale direzionalità della dissezione e la possibilità di controllare sotto visione laparoscopica
la dissezione creata.
ASPORTAZIONE LAPAROSCOPICA DI UN
LINFANGIOMA CISTICO RETROPERITONEALE: UN CASO INSIDIOSO
A. Celia, A. Ruffato, G. Breda
Struttura complessa di Urologia dell’Ospedale San
Bassiano, Bassano del Grappa (VI)
Introduzione: Il Linfangioma Cistico è una rara
malformazione benigna del sistema linfatico
localizzabile in vari distretti corporei: milza,
mediastino, retroperitoneo, mesentere ed
ovaia. La localizzazione retroperitoneale è tipica dell’infanzia e piuttosto rara nell’età adulta.
Lo studio addominale ecografico è la procedura diagnostica di prima istanza, ma la valutazione TAC può evidenziare in dettaglio le
dimensioni, la forma e i rapporti del
Linfangioma Cistico con le altre strutture anatomiche. Presentiamo un caso insidioso di LC
retroperitoneale.
Video: Una ragazza di 25 anni giunge alla
nostra osservazione per la presenza di dolore
lombare destro irradiato ai quadranti addominali omolaterali con riscontro ecografico di
una massa cistica apparentemente a carico del
rene di destra, 8 cm di diametro massimo. Una
successiva TAC conferma la presenza di una
neoformazione cistica ma di dubbia pertinenza renale. La neoformazione cistica presenta
rapporti intimi con la vena cava, l’uretere e la
vena gonadica. Si propone la rimozione della
44
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
formazione cistica per via laparoscopica transperitoneale, utilizzando 3 porte: una da 10
mm per l’ottica e 2 da 5 mm per l’operatore. Il
video presenta i momenti salienti dell’intervento. Vengono eseguiti: incisione del peritoneo parietale; isolamento della cisti dal polo
inferiore del rene destro, dal duodeno, dalla
vena gonadica, dalla vena cava, dall’uretere e
dallo psoas; asportazione della cisti. L’esame
istologico definitivo pone la diagnosi di LC. Il
decorso postoperatorio è stato regolare e la
paziente è stata dimessa in 2 giornata.
Conclusioni: Il linfangioma cistico pararenale è
una evenienza rara. La sua confusione con una
cisti del polo inferiore renale avrebbe potuto
comportare un primo approccio percutaneo
con eventuale sclerotizzazione che, visti gli
intimi rapporti con cava ed uretere, avrebbe
potuto comportare complicanze spiacevoli.
Anche una semplice decapitazione laparoscopica, come si usa nelle cisti renali, sarebbe
stata un trattamento inappropriato. Nel dubbio di una cisti di pertinenza renale o meno,
conviene sempre effettuare un’accurata dissezione anatomica che consente il perfezionamento della diagnosi e, come in questo caso, la
radicalità dell’escissione chirurgica.
MASTER DI LAPAROSCOPIA: UN NUOVO
STRUMENTO DI APPRENDIMENTO CONTROLLATO IN UROLOGIA
V. Disanto, M. Romano, S. Cotrufo, G.A.
Scalese, F. Ventura, P.L. Rizzo, F. Portoghese, V.
Pansadoro
Struttura Complessa di Urologia, Ente Ecclesiastico
Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle
Fonti (BA)
Nell’anno 2005 è cominciato presso
l’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti il
primo Master di Chirurgia Laparsocopica. Il
Master si compone di 4 appuntamenti di 2
giorni ciascuno distanziati di circa 3-4 mesi
uno dall’altro per 10 équipe formate dal
Dirigente della struttura e da un suo motivato
collaboratore, al fine di formare ed affiatare un
Team organico. Nel primo appuntamento (1920 sett. 05) sono stati reiteratamente visionati
gli interventi laparoscopici più semplici (cisti
renali e varicocele) ed è stata fornita un’indicazione teorica sulle basi delle tecniche laparoscopiche. Gli stagisti hanno il compito di
seguire step by step gli interventi che poi
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
andranno ad eseguire nelle proprie strutture
di provenienza. Nel successivo appuntamento
(5-6 Dic. 05) i corsisti si sono dedicati alla tecnica della nefrectomia trans e retroperitoneale
e nel contempo hanno riportato i video relativi agli interventi eseguiti nei propri Centri nel
periodo intercorso. La terza seduta è prevista
nei giorni 13-14 marzo 2006. Verranno eseguiti 6 interventi di pieloplastica trans e retroperitoneale e nuovamente visionati i video
degli interventi eseguiti. L’ultima seduta è prevista per i giorni 3-4 luglio 2006, in cui verranno effettuati interventi di prostatectomia
laparoscopica retro e transperitoneale. Il limitato numero degli stagisti e la possibilità di
assistere alla diretta intraoperatoria permette
un elevato standard di apprendimento e rappresenta una metodica innovativa, obbligando
gli stagisti all’esecuzione in prima persona
degli interventi nei propri Centri.
VALUTAZIONI TECNICHE ED ONCOLOGICHE
DOPO 57 CISTECTOMIE RADICALI LAPAROSCOPICHE
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G.
Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S.
Martalò, P. Rizzo, D. Azzone
Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia
Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico
Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle
Fonti (BA)
Introduzione: L’esperienza maturata dopo più
di 1000 interventi laparoscopici eseguiti nel
nostro Centro ci ha spinti ad intraprendere l’esecuzione di interventi di chirurgia maggiore.
Fra questi la cistectomia radicale e la ricostruzione della via urinaria sono fra i più complessi e richiedono soluzioni tecniche di particolare originalità.
Materiali e Metodi: 57 pazienti (49 maschi e 8
femmine) di cui 53 affetti da carcinoma uroteliale infiltrante della vescica (T2-T3/G3) e 4 da
vescica grinza sono stati sottoposti presso il
nostro Centro a cistectomia radicale laparoscopica. L’età era compresa fra i 52 e 84 anni.
9 pazienti hanno avuto una ureterocutaneostomia monolaterale e nefrectomia laparoscopica controlaterale, 32 pazienti una Bricker e
16 pazienti una neovescica ileale. Ad una
paziente di sesso femminile è stata confezionata UICS completamente per via intracorporea con estrazione del pezzo composto da
vescica e utero attraverso una breccia vaginale;
negli altri casi la derivazione è stata confezionata extracorporeo utilizzando la minincisione
sott’ombelicale.
Note di tecnica: Pneumoperitoneo con ago di
Verres e posizionamento di 5 porte a semiarco.
Incisione lungo gli assi iliaci e linfoadenectomia
bilaterale fino alla biforcazione iliaca. Lungo le
arterie ipogastriche clippaggio e sezione dei
vasi vescico-prostatici. Accesso allo spazio prevescicale, incisione delle fasce endopelviche
sezione del Santorini e dell’uretra. Il pezzo è
asportato in blocco con tutti i linfonodi ad esso
adesi attraverso un’incisione sott’ombelicale di
circa 7 cm previo posizionamento dello stesso
in endobag. Nel caso di derivazione secondo
Bricker viene estratta l’ultima ansa del tenue e
resecata 15 cm (40 cm in caso di neovescica)
utilizzando suturatrici automatiche GIA. Si pratica anastomosi ureterointestinale su stent e la
parte terminale dell’ansa viene abboccata alla
cute sfruttando la porta già praticata a destra.
In caso di neovescica abbiamo confezionato
una neovescica ileale con tre tratti di 10 cm
appaiati. Riposizionata nella cavità addominale
si procede all’anastomosi ureterale e vescicouretrale. In media la durata degli interventi è
stata di circa 7.30 ore.
Risultati: La degenza media è stata di 14 giorni.
Nel 60% dei casi è stata necessaria una o più
trasfusioni. Le complicanze sono state: 2 stenosi ureterali (1 reimpianto in neovescica, 1
incisione in Bricker), 2 fistole ureterali (reimpiantati), 3 metastasi intestinali che hanno
richiesto 1 colostomia, 1 ileostomia, ed 1 resezione ileocolica, 1 asportazione di neovescica
ed UCS bilaterale, 1 asportazione di recidiva
uretrale asportata per via transperineale, 1
impianto di protesi per incontinenza, 1 conversione in O.S. per aderenze, 1 decesso p.o.
Conclusioni: La cistectomia radicale laparoscopica rappresenta una possibilità chirurgica di particolare complessità, gravata al momento dalla
difficile curva di apprendimento e dagli inevitabili allungamenti dei tempi chirurgici. È tuttavia
una possibilità tecnica che al momento non sappiamo se possa trovare un valido spazio.
CISTECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA
VS CHIRURGIA APERTA: QUALI VANTAGGI?
F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, D.
Vaccino, M. Poggio, C. Cracco, C.M. Scoffone,
C. Terrone, R. Tarabuzzi, R.M. Scarpa
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Introduzione: Scopo di questo studio prospettico non randomizzato è valutare la sicurezza
della cistectomia radicale laparoassistita
mediante un confronto con la chirurgia tradizionale.
Metodi: Da Novembre 2002 a novembre 2005,
ai pazienti affetti da carcinoma infiltrante localizzato alla vescica e ASA < 4 con indicazione
ad essere sottoposti a cistecomia radicale veniva offerta l’opzione di essere sottoposti ad
intervento con tecnica laparoassistita (Gruppo
A) o tradizionale (Gruppo B). In ciascun gruppo sono stati valutati in modo prospettico:
tempo operatorio, perdite ematiche, complicanze intra e post-oprataorie, tasso di trasfusione, canalizzazione, tempo di degenza.
Risultati: In termine di parametri preoperatori
(età, stadio, BMI ed ASA) i 2 gruppi erano paragonabili . Sono state eseguite nel Gruppo A 9
neovesciche, 10 bricker e una sovra-ampollare,
nel Gruppo B, 5 neovesciche e 17 bricker. Il
tempo operatorio medio è stato di 287 min
(260-305) nel Gruppo A e 260 min (210-290)
nel Gruppo B. Le perdite ematiche stimate sono
state di 510 (400-620) ml nel Gruppo A e 770
(450 in -870) ml nel Gruppo B. In termine di
risultati postoperatori il tempo medio di degenza era di 18.8 (15-22) giorni nel Gruppo A e di
19.8 (17-30) giorni nel Gruppo B. Il tasso di trasfusione è stato di 38% nel Gruppo A e del 53%
nel Gruppo B, il catetere veniva rimosso in
pazienti con neovescica mediamente dopo 19.2
(18-21)giorni in Gruppo A e 20.2 (18-25) giorni in Gruppo B. Nessuna differenza è stata registrata tra i parametri sopra considerati. La ripresa dell’alimentazione è avvenuta mediamente
dopo 3.3 (4-5) giorni nel Gruppo A e 5.7 (5-7)
nel Gruppo B e le complicanze con reintervento
(0 nel gruppo A e 4 nel gruppo B) sono risultati gli unici parametri valutabili.
Conclusioni: La cistectomia radicale laparoassistita si è dimostrata nella nostra esperienza
una tecnica sicura con il vantaggio di una più
precoce ripresa dell’alimentazione rispetto alla
chirurgia tradizionale.
ENUCLEORESEZIONE LAPAROSCOPICA
PER NEOPLASIA RENALE: ESPERIENZA SU
35 CASI
L. De Zorzi1, N. Zanovello1, M.Repele1, M. Dal
Bianco1, I.M. Tavolini2, C. Milani2
1
U.O. di Urologia, Ospedale S.Antonio, Padova; 2U.O.
di Urologia, Ospedale SS. Giovanni e Paolo,Venezia
46
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Introduzione: Il ruolo del trattamento conservativo delle piccole neoplasie renali è ampiamente consolidato e il gold standard è rappresentato dalla chirurgia a cielo aperto. Una proposta alternativa è rappresentata dalla chirurgia laparoscopica. Riportiamo la nostra esperienza sulla enucleoresezione laparoscopica
(ERL) per neoplasia renale.
Materiali e Metodi: Nel periodo Aprile 2002Dicembre 2005, 35 pazienti con neoplasia
renale (20 maschi, 15 femmine) incidentale,
sono stati sottoposti a ERL. In 32 casi si trattava di neoformazioni espansive solide, in 3 di
cisti “complesse”. L’età media era di 60,8 anni
(range 44-84) e le dimensioni delle neoformazioni di cm 2,8 (range 1-4,5). La tecnica
impiegata ha previsto l’accesso retroperitoneale in 29 casi e quello transperitoneale in 6 casi;
l’utilizzo di 3 o 4 trocar, l’isolamento extrafasciale e la sospensione su tourniquet dell’arteria renale, l’escissione della neoformazione
con bisturi armonico (Ultracision), l’eventuale
sutura della via escretrice, la sutura dei bordi
parenchimali e/o l’applicazione di colla cianoacrilica (Glubran). In 5 casi è stato riposto
preoperatoriamente uno stent ureterale (mono
J) per la contiguità della neoformazione con la
via escretrice. Risultati: In 4 casi, dopo l’isolamento dell’arteria renale e del rene, il dominio
non ottimale della neoplasia (1 sul versante
anteriore, 2 polari superiori) o il riscontro a
sorpresa di una seconda neoplasia (1 paziente), ha richiesto la conversione chirurgica
prima di ogni manovra di exeresi. In 31
pazienti l’intervento è stato portato a termine.
In questi casi il tempo operatorio medio è
stato di 192 minuti (range 105-300).
L’ischemia renale è stata utilizzata in 16 casi
con un tempo medio di 23 min (range 10 45). In 3 casi si è verificato nel post operatorio
un leakage trattato con successo con riposizione temporanea (complessa e reiterata in un
caso) di stent ureterale (double J). Le perdite
ematiche medie sono state di 400 ml (range
50-950). Non si sono verificate complicanze
maggiori. La durata media della degenza è
stata di 6 giorni (range 2-22). L’esame istologico ha evidenziato carcinoma renale parenchimale in 27 casi (cistico in 2), oncocitoma in 2,
leiomioma in 1 e angio
Conclusioni: La ERL è una alternativa alla chirurgia conservativa a cielo aperto. Tempi operatori, perdite ematiche, complicanze e durata
della degenza sono risultati accettabili. La via
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
extraperitoneale è risultata indicata preferibilmente per neoplasie a sede postero-laterale e
medio-inferiore; quella transperitoneale per
tumori della superficie anteriore o
antero/superiore. L’exeresi è risultata completa, ma il breve follow-up non permette considerazioni oncologiche.
LA DEFERENTOSCOPIA: UNA NUOVA TECNICA DIAGNOSTICA?
L. Carmignani1, F. Gadda1, G. Bozzini1, GM
Colpi2, E. Montanari3, F. Rocco1
1
Clinica Urologica I, IRCCS Ospedale Maggiore
Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano;
2
Clinica Urologica III, AO San Paolo, Milano; 3UO
Andrologia, AO San Paolo, Milano
Introduzione e Obiettivi: L’incidenza dell’azoospermia ostruttiva in letteratura varia dal 7 al
39% del totale delle cause di azoospermia. La
deferentografia, il Seminal Tract Wash-out
(STW), l’ecografia transrettale delle vescicole
seminali e l’ecografia degli epididimi sono
alcune delle metodiche attualmente utilizzate
per lo studio di questa patologia. Obiettivo
dello studio è stato quello di verificare se con
gli strumenti attualmente a disposizione fosse
possibile eseguire uno studio endoscopico dei
vasi deferenti.
Materiali e Metodi: Sull’esperienza di un precedente lavoro eseguito su deferenti autoptici si
è proceduto allo studio endoscopico della via
seminale in corso di vasectomia profilattica
pre-adenomectomia prostatica, previo consenso informato dei pazienti. Per l’esame è stata
utilizzata una sonda flessibile con diametro di
0,56 mm (1,7 Ch), profondità di campo di 5
mm e una fonte di luce con 3000 fibre ottiche.
Sono stati isolati i canali deferenti come in
corso di deferentografia e successivamente si è
proceduto a incannulare i vasi con ago 20 G.
L’ago è stato raccordato con un luer lock a
doppia uscita per permettere una dilatazione
idraulica tramite soluzione fisiologica della
via seminale tale da consentire una corretta
visione del lume. L’endoscopio è stato inserito
all’interno dell’agocanula .
Risultati: È stato possibile condurre lo studio
endoscopico del segmento inguino-scrotale
del dotto deferente. La curvatura anatomica a
livello dello sbocco dall’anello inguinale interno è risultata insormontabile dallo strumento.
Conclusioni: Per nostra conoscenza questa è la
prima descrizione endoscopica dei deferenti.
Questa tecnica, pur con i limiti legati all’impossibilità di studiare tutta la via seminale,
consente una visualizzazione di gran parte del
deferente e potrebbe essere utilizzata per identificare stenosi iatrogene occorse durante
ernioplastica inguinale ed eventualmente procedere a loro dilatazione.
CISTOSCOPIA RIGIDA E FLESSIBILE: PRESENTE E FUTURO
L. Carmignani, G. Bozzini, P. Acquati, F.
Mazzoleni, F. Rocco
Clinica Urologica I, IRCCS Ospedale Maggiore
Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano
Introduzione e Obiettivi: L’utilizzo della cistoscopia
flessibile, per la migliore visione e per il minore
discomfort causato al paziente risulta essere una
della scelte a disposizione dell’Urologo per l’opzione diagnostica vescicale. In questo studio
osservazionale si è voluto valutare l’utilizzo di
tale metodica confrontandone l’uso ad opera
dell’Urologo Senior rispetto a quello fatto dallo
Specializzando in Urologia.
Materiali e Metodi: Dal Gennaio 2005 al
Dicembre 2005 sono state eseguite 859 cistoscopie ambulatoriali per la diagnosi ed il follow-up della patologia vescicale neoplastica.
Delle 859 cistoscopie eseguite 523 (60.88%)
erano rigide e le restanti 336 (39.12%) flessibili. Le cistoscopie sono state eseguite da una
équipe di 8 Urologi di cui 4 Specializzandi e 4
Senior (Urologi specialisti dell’U.O.). Ogni singolo Specializzando ha poi compilato un questionario riguardante le preferenze e la familiarità con le due diverse metodiche.
Risultati: Su un totale di 336 cistoscopie flessibili, 254 (75.59%) sono state eseguite da
Specializzandi ed il restante 24.41% da operatori Senior. 282 cistoscopie rigide (53.91%)
sul totale di 523 sono state eseguite dagli
Specializzandi; il restante 46.03% è stato eseguito da operatori Senior. Il questionario somministrato a ciascun Specializzando ha dimostrato come la cistoscopia flessibile sia la metodica preferita dagli Specializzandi per la
migliore visione di tutta la vescica e per una
più semplice esecuzione. Per i Senior rimane la
cistoscopia rigida la metodica di prima scelta.
Conclusioni: L’utilizzo della cistoscopia flessibile si sta affermando sempre più come metodica diagnostica e di follow-up nella patologia
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
47
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
organica e funzionale del basso tratto urinario.
La migliore visualizzazione della parete anteriore e del collo vescicale unita alla facilità di
esecuzione ad una learning curve estremamente ridotta ed al minore discomfort nei
confronti del paziente sono caratteristiche che
la rendono preferibile alla cistoscopia con
strumentario rigido soprattutto da parte
dell’Urologo in via di formazione.
VALUTAZIONE URODINAMICA SU PAZIENTI
CON DEFICIT SFINTERIALE NON NEUROGENO SOTTOPOSTI A TRATTAMENTO CON
SLING BULBO-URETRALE INVANCE
I. Morra, F. Ragni, C. Terrone, D. Vaccino, M.
Billia, R.M. Scarpa
Introduzione e obiettivi: Lo sling bulbo-uretrale
ha conosciuto un’ampia diffusione negli ultimi
anni per il trattamento dell’incontinenza
maschile. Non è però chiaro il meccanismo di
azione e l\'impatto sulla funzione vescicale.
Abbiamo pertanto valutato urodinamicamente
tutti i pazienti da noi trattati con sling bulbouretrale con dispositivo Invance.
Materiali e Metodi: Abbiamo trattato 20 pazienti di età compresa tra 55 e 76 anni affetti da
deficit sfinteriale iatrogeno non neurogeno tra
settembre 2004 e dicembre 2005. Tutti i
pazienti sono stati sottoposti ad indagine urodinamica ed esecuzione di pad test sec. ICS
preoperatoriamente e a 4 mesi dopo l’intervento. Abbiamo considerato incontinenza
lieve, moderata e grave quella con I.C.S. pad
test compreso rispettivamente tra 0-15gr, 15 e
50gr, e superiore a 50gr. Gli interventi sono
stati effettuati per via perineale posizionando
una rete in prolene, fissata alle branche ischiopubiche discendenti, sotto tensione e lasciando il tessuto adiposo che ricopre il muscolo
bulbospongioso in sede a protezione dell’uretra. Abbiamo considerato guariti i pazienti
asciutti e che non utilizzano presidi per
l\'incontinenza. I risultati sono stati sottoposti
ad analisi statistica. Risultati Il follow-up
medio è di 10 mesi (range 1 – 16 mesi). 16
pazienti presentavano incontinenza dopo prostatectomia radicale retropubica o laparoscopica,1 paziente dopo prostatectomia radicale
transperineale,2 incontinenza dopo prostatectomia radicale e RDT adiuvante e 1 paziente
dopo adenomectomia transvescicale. 11
pazienti avevano incontinenza moderata e 9
48
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
grave. Attualmente 13 pazienti (65%) risultano guariti, 5 pazienti (25%) presentano incontinenza lieve, 1 paziente presenta incontinenza moderata (5%) e uno grave. Il VLPP preoperatorio era compreso tra 40 e 85 cmH2O
con una mediana di 58. Al controllo urodinamico a 4 mesi in 2 pazienti era ancora documentabile un VLPP > 100 cmH2O. In 4 casi
era presente instabilità detrusoriale pre operatoriamente, mentre al controllo post operatorio due pazienti presentavano lieve instabilità
solo al massimo riempimento. Il flusso massimo pre intervento variava da 11 a 24 ml/sec
con una mediana di 16,3 mentre al controllo
postoperatorio variava da 9 a 23 ml/sec con
una mediana di 14,5. La massima pressione
detrusoriale mediana pre intervento era di
29cmH2O (range: 23-49) e post-intervento di
35cmH2O (range 18-46) (p: 0.7). La pressione di apertura mediana pre intervento era di
15,9 cmH2O e post intervento di 18,9. La
pressione al flusso massimo mediana passava
da 23 cmH2O a 23,4 cmH2O. Il fattore di
resistenza uretrale (URA) passava da 11,7 pre
intervento a 12,6 nel post-operatorio. La massima capacità cistometrica mediana preoperatoriamente era di 282ml (r Conclusione I dati
urodinamici dimostrano che il meccanismo di
azione dello sling bulbo-uretrale è primariamente e maggiormente determinato dall’aumento del VLPP evidenziabile in soli 2 pazienti dopo intervento. Il flusso massimo è risultato significativamente ridotto nel post-operatorio, mentre non vi è stata alcuna variazione
delle pressioni detrusoriali e del fattore di resistenza uretrale (URA). Si può quindi ipotizzare che l’aumento della resistenza uretrale si
verifichi in modo dinamico contestualmente
all’aumento della pressione addominale senza
determinare ostruzione nella fase di svuotamento né alterazioni nel riempimento vescicale. Tale meccanismo è assimilabile all’azione
dello sling pubo-vaginale utilizzato nel trattamento della stress incontinence femminile.
ENDOURETEROPIELOTOMIA RETROGRADA
CON LASER AD OLMIO: RISULTATI A MEDIO
TERMINE
M. Simone1, G. Pomara1, C. Casarosa1, P.
Casale1, C. Milesi1, T. Verdacchi2, M. De
Angelis2, F. Francesca1
1
U.O. Urologia SSN, Ospedale S. Chiara, Pisa; 2U.O.
Urologia, Ospedale S. Donato, Arezzo
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Obiettivi: Il trattamento della giuntopatia in via
ureteroscopica può essere realizzato mediante
diverse tecniche: Acucise‚ incisione con elettrocauterio o a freddo, incisione mediante laser.
Scopo di questo studio è stata la valutazione
prospettica della sicurezza del trattamento retrogrado transuretrale nonché dei risultati dopo
follow-up di almeno due anni.
Metodi: Tra settembre 2000 e luglio 2003, presso
due Centri urologici, sono state eseguite 25
endopielotomie retrograde in 24 pazienti per
giuntopatia primitiva (bilaterale in un caso). La
tecnica prevedeva l’utilizzo di un ureteroscopio
semirigido 7-8.5 Fr e di un laser ad Olmio
(Coherent Versapulse® PowerSuite), atti a realizzare un’endopielotomia posterolaterale sotto
visione diretta. Al termine della procedura era
previsto il posizionamento di stent doppio J, da
mantenersi in situ 4 settimane. Prima dell’intervento e, successivamente, a 6, 12 mesi venivano
eseguite sia urografia e.v, che scintigrafia renale
diuretica, per conferma diagnostica e valutazione
postoperatoria. Abbiamo definito: “successo
completo”, la scomparsa completa della sintomatologia e il miglioramento obiettivo alle indagini di follow-up; “successo parziale” la sola
scomparsa dei sintomi, in presenza di patterns di
imaging invariati; “insuccesso”, il persistere della
sintomatologia in presenza di imaging invariato.
Risultati: In tutti i casi l’incisione del giunto è
risultata agevole, senza complicanze post-operatorie. Dopo follow-up mediano di 41 mesi
(range 30-63), abbiamo registrato successo
completo in 13 casi (52 %), parziale in 5 (20 %)
e fallimento della procedura in 7 casi (28 %). La
maggioranza dei fallimenti (6 su 7) si è verificata entro i primi due anni dall’intervento.
Conclusioni: L’endopielotomia laser retrograda
appare metodica sicura ed efficace; comporta
ridotte ospedalizzazione e morbilità. I risultati
positivi tendono a ridursi con il tempo e i fallimenti si registrano in misura non trascurabile.
Tuttavia, le recidive tendono a manifestarsi entro
i primi due anni dall’intervento. Questo può
orientare l’impostazione del monitoraggio nel
tempo, che trova nella scintigrafia renale diuretica il mezzo più adatto.
MANAGEMENT ENDOUROLOGICO DELLE
NEOPLASIE DELL’ALTA VIA ESCRETRICE.
NOSTRA ESPERIENZA
A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Burrello, G. Salemi,
D. Aleo, M. Falsaperla, A. Lazzara, M. Motta
Obiettivo: Le neoplasie dell’alta via escretrice
rappresentano una realtà sempre più frequente. Nonostante si tratti di una patologia
dalla bassa percentuale di presentazione rappresenta un problema emergente sia per la
diagnostica che per il trattamento. L’obiettivo
dello studio è stato quello di valutare retrospettivamente i pazienti con neoplasia dell’alta via escretrice trattati endourologicamente presso la nostra Divisione.
Materiali e Metodi: Dall’Agosto del 1999
all’Aprile del 2005 sono stati trattati 21
pazienti affetti da neoplasia dell’alta via
escretrice.
Dei 21 assistiti, 4 erano donne di età media
59±15 e 17 uomini di età media 63.88±12.
Tutti i pazienti sono stati valutati con: ecografia, Rx Urografia, TC spirale, esami ematochimici e delle urine di routine, citologia.
Inoltre in ogni caso è stata eseguita ureterorenoscopia. Il follow-up è stato effettuato a
tre mesi con cistoscopia e nei casi in cui è
stato eseguito trattamento conservativo ureteroscopia ogni tre mesi nel primo anno.
Ogni 6 mesi invece è stata eseguita TC addome e pelvi ed Rx torace in 2 proiezioni.
Risultati: In 2/21 neoplasie erano a carico
dell’uretere pelvico; 5/21 dell’uretere iliaco;
3/21 dell’uretere prossimale; 9/21 della pelvi
renale; 2/21 calici.
In 13 casi per il grading elevato è stata eseguita nefroureterectomia; in 2/21 casi è
stata eseguita ureterectomia con anastomosi
termino-terminale. In 5/21 l’approccio
endourologico è stato definitivo. In 1/21
casi l’assistito ha rifiutato il trattamento
demolitivo. Nel follow-up nel 28% dei casi
si è avuta recidiva vescicale. In nessuno dei
casi si è avuta neoplasia della via escretrice
controlaterale. Due pazienti sono deceduti
dopo 9 mesi e 7 mesi rispettivamente per
l’insorgenza di metastasi polmonari ed epatiche.
Conclusioni: In relazione alla nostra esperienza possiamo concludere che:
i tumori di basso o intermedio grado e stadio
possono essere trattati con approccio endourologico o chirurgia conservativa;
i tumori di elevato grado e stadio hanno una
prognosi peggiore per cui la chirurgia radicale, nefroureterectomia, è l’unica opzione
terapeutica;
La frequenza delle recidive è piuttosto variabile: 7–60%.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
49
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO NEL
RENE TRAPIANTATO: NOSTRA ESPERIENZA
A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Pedalino, L.
Ficicchia, F. Nicolosi, M. Burrello, S.V.
Condorelli, M. Motta
Obiettivi: le complicanze urologiche nei reni
trapiantati hanno una incidenza media del 3%
(0.9-30%). Esse sono rappresentate dalle
ostruzioni ureterali che vengono suddivise in
intrinseche ed estrinseche. Tra le ostruzioni
intrinseche ricordiamo: stenosi conseguente a
fibrosi e necrosi, calcolosi, eccedenza ureterale, infezioni (fungus ball), tumori. Tra le ostruzioni estrinseche invece ricordiamo il linfocele, l’urinoma, l’ematoma e l’ascesso.
Descriviamo la nostra esperienza nel trattamento endourologico delle complicanze urologiche nei reni trapiantati.
Materiali e Metodi: Dal gennaio 2002 a
Settembre 2005 abbiamo trattato 8 pazienti, 5
donne e 3 uomini, sottoposti a trapianto renale con l’insorgenza di complicanze urologiche.
L’età media dei pazienti è stata di 38.7±0.5
(range 16-61). In un caso si trattava di stenosi
sostenuta da litiasi dell’uretere distale, in un
caso da stenosi della giunzione pielo-ureterale
e nei restanti casi stenosi dell’anastomosi uretero-vescicale. In tutti i casi si è effettuato trattamento endourologico di prima istanza. Nei
due casi di stenosi della giunzione pielo- ureterale e di litiasi dell’uretere distale è stato
posizionato stent ureterale JJ per via retrograda e anterograda rispettivamente. La litiasi
essendo di natura uratica è stata trattata con
chemiolisi orale. Nei rimanenti tre cinque casi
è stata effettuata ricanalizzazione per via anterograda e retrograda con dilatazione della stenosi mediante incisione con lama a freddo e
dilatazione con palloncino.
Risultati: Il trattamento ha avuto successo nel
57.14% dei casi. In 3 casi è stato necessario
effettuare un reimpianto ureterale alla vescica.
Nel caso della stenosi della giunzione pieloureterale è stato necessario un secondo tempo
di pieloplastica. In due dei casi trattati sottoposti a reimpianto ureterale il trattamento è
stato eseguito d’urgenza per emorragia imponente al momento della puntura renale per il
posizionamento della nefrotomia. A tal proposito sottolineiamo l’importanza di eseguire una
accurata puntura del gruppo caliciale mediosuperiore considerando che più sono i tentativi di puntura del rene, maggiore è la possibili-
50
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
tà di un’emorragia dal sito della puntura con
una facilità notevolmente superiore rispetto ad
un rene non trapiantato.
Conclusioni: Dalla nostra esperienza si evince la
necessità di un inquadramento polispecialistico nella selezione del paziente da trapiantare.
L’approfondimento diagnostico nei pazienti a
rischio in relazione ai dati anamnestici. Infine
è essenziale il ruolo dell’urologo sia nell’inquadramento diagnostico che nel trattamento
“endoscopico” delle complicanze.
L’USO DELL’ANESTESIA LOCALE CON N-DO
INJECTOR (PHYSION) NEL TRATTAMENTO
ENDOSCOPICO DEI TUMORI SUPERFICIALI
E MAPPING DELLA VESCICA: RISULTATI
PRELIMINARI ED ANALISI COSTO-BENEFICIO
M. Brausi, M. Gavioli, M. Viola, G. Simonini, G.
Verrini, G. De Luca, G. Peracchia
Dipartimento di Urologia, AUSL di Modena
Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è stato
quello di valutare la fattibilità e la sicurezza
della resezione endoscopica di tumori Ta-T1
della vescica (< 2 cm) e l’esecuzione di biopsie
multiple della vescica (da 5 a 7 prelievi) in
anestesia locale utilizzando un nuovo endoiniettore (sistema N-DO, Physion). Inoltre si è
voluto valutare la capacità della tecnica di
poter fornire una corretta stadiazione del
tumore, controllare il grado di tollerabilità del
paziente attraverso una scala visivo-analogica
(VAS) ed infine eseguire un’analisi costo-beneficio rispetto alla tecnica standard.
Materiali e Metodi: Dall’Ottobre 2004 al luglio
2005 sono stati arruolati in questo studio pilota 30 pazienti con tumori papillari Ta-T1 e 10
pazienti con ematuria e citologie urinarie positive o dubbie. I pazienti sono stati tutti trattati nella nostra struttura di day-hospital. I
pazienti arruolati sono stati 25 uomini e 15
donne con un’età media di 74,5 anni.
Tecnica: Prima di dare inizio alla procedura si
introduce in uretra un gel di lidocaina al 2%
per circa 10-15 min. Poco prima di cominciare l’uretrocistoscopia, l’iniettore N-DO
Physion viene introdotto nel canale di lavoro
del cistoscopio e ad esso viene collegata una
siringa da 20 ml riempita di lidocaina al 2% o
di naropina. Successivamente si valuta l’uretra
e si inietta il collo vescicale alle ore 3-6-9 con
circa 2-3 ml di lidocaina. Si ispeziona la vesci-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ca e si inietta l’area perilesionale, in due o tre
punti al di sotto della mucosa vescicale con un
ml di lidocaina, cercando possibilmente di
raggiungere gli strati più profondi della vescica (1-1,5 cm). In caso di mappatura vescicale
è possibile eseguire una sola iniezione di anestetico per sito di prelievo. Dopo tre o quattro
minuti si introduce il resettore e si eseguono la
resezione endoscopica del tumore o la serie di
biopsie profonde. La procedura termina con la
diatermocoagulazione delle zone sede di prelievo. Il questionario VAS viene immediatamente somministrato al paziente per valutarne
la tollerabilità. La scala VAS va da zero (assenza di dolore) a 10 (peggior dolore possibile).
Abbiamo diviso i nostri pazienti in tre gruppi:
Gruppo 1: 0-4 = assenza di dolore-dolore di
media intensità; gruppo 2: 5-7 = dolore
medio-moderatamente rilevante, gruppo 3: 810= dolore importante. La tecnica nelle donne
è stata più semplice non dovendo ricorrere
all’anestesia del collo vescicale. La resezione
endoscopica è stata eseguita in 30/40 pazienti
mentre 10/40 hanno ricevuto biopsie multiple
della vescica.
Risultati: Nelle resezioni endoscopiche lo stadio ed il grado dei tumori resecati sono stati:
Ta G1= 19 pazienti, T1 G2 = 10 pazienti, iperplasia papillare in un caso. In 27/30 (90%)
pazienti il muscolo era presente nel pezzo
istologico. Dei 10 pazienti che hanno eseguito
le biopsie multiple, 5 hanno avuto riscontro di
CIS, in cinque era presente flogosi. Dolore:
24/40 pazienti (60%) hanno avuto assenza o
dolore medio (gruppo 1). 12 pazienti (30%)
hanno avuto dolore moderato (gruppo 2) ed
hanno necessitato di una lieve sedazione
(Midazolam) o analgesia (Fentanil). Quattro
pazienti (10%) hanno avuto dolore importante ed hanno necessitato di anestesia generale o
spinale. L’ospedalizzazione media è stata di
circa sei ore. Effetti collaterali: 5/40 pazienti
(12,5%) hanno necessitato di cateterizzazione
per due o tre giorni per ematuria. Di questi
uno ha necessitato di ricovero ospedaliero.
Costi: il costo di un trattamento (resezione
endoscopica o mappatura) in anestesia locale
con Physion N-DO Injector ed in regime di
day-hospital è stato di 1185,20 euro contro i
2282,27 euro di un trattamento standard. Il
guadagno netto riscontrato è stato di 1097,07
euro per trattamento.
Conclusioni: Il trattamento endoscopico con
iniettore N-DO Physion in anestesia locale con
lidocaina al 2% o con naropina è una tecnica
semplice e sicura consentendo la resezione di
tumori superficiali e l’esecuzione di biopsie
multiple nel 60% dei casi. In associazione con
una blanda sedazione circa il 90% dei pazienti
tollera il trattamento. La stadiazione tumorale
si è rivelata corretta nel 90%dei casi.
L’ospedalizzazione media è stata di 6 ore.
L’incidenza di complicanze è stata di media
entità. Significativo il rapporto costo-beneficio.
SLING BULBO-URETRALE CON UTILIZZO
DEL DISPOSITIVO INVANCE NEL TRATTAMENTO DEL DEFICIT SFINTERIALE DOPO
PROSTATECTOMIA RADICALE
I. Morra, F. Ragni, C. Scoffone, D. Vaccino, M.
Billia, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Università di
Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano (TO)
Introduzione e Obiettivi: L’incontinenza dopo
prostatectomia radicale rappresenta un problema invalidante per i pazienti. Attualmente lo
sfintere artificiale rappresenta la migliore soluzione per l’incontinenza, pur avendo una percentuale significativa di complicanze a lungo
termine. Lo sling bulbo-uretrale con il dispositivo InVance rappresenta un’alternativa al trattamento dell’incontinenza post-prostatectomia. Riportiamo la nostra esperienza sull’utilizzo di questa tecnica.
Materiali e Metodi: Tra settembre 2004 e dicembre 2005 abbiamo trattato con sling InVance
19 pazienti (età: 55 e 76 anni), affetti da deficit sfinteriale post-prostatectomia radicale.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti preoperatoriamente ad indagine urodinamica ed esecuzione di pad test sec. ICS. Abbiamo considerato incontinenza lieve, moderata e grave quella
con I.C.S. pad test compreso rispettivamente
tra 0-15 g, 15 e 50 g, e superiore a 50 g. Tutti
gli interventi sono stati effettuati in anestesia
spinale, con il paziente in posizione litotomica
spinta mediante un piccolo accesso sul perineo
anteriore, lasciando il tessuto adiposo, che
ricopre il muscolo bulbospongioso, a protezione dell’uretra. Isolate le branche ischio-pubiche discendenti per circa 3 cm, si incide il
periostio e si posizionano 3 viti in titanio da
ciascuna lato. La rete Intemesh (AMS), viene
solidarizzata alle viti di entrambi i lati con adeguata tensione. Al termine si posiziona il catetere vescicale e si sutura la breccia. I pazienti
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
sono stati rivalutati a 4 mesi e a 1 anno con
indagine urodinamica e pad test sec. ICS.
Risultati: Il follow-up medio è 10 mesi (range 116 mesi). 16 pazienti presentavano incontinenza dopo prostatectomia radicale retropubica o
laparoscopica, 1 paziente dopo prostatectomia
radicale transperineale, 2 dopo prostatectomia
radicale e RDT. 10 pazienti avevano incontinenza moderata e 9 grave. Il VLPP preoperatorio era compreso tra 40 e 85 cm H2O. In 4 casi
era presente instabilità detrusoriale. Il tempo
medio impiegato per questi interventi è stato di
50’. La degenza ospedaliera media post-intervento è stata di 1,6 giorni. In 3 casi è stato
necessario l’autocateterismo per 5 giorni.
Attualmente 12 pazienti (63,1%) risultano
asciutti e non utilizzano alcun presidio per l’incontinenza, 5 pazienti (26,3%) presentano
incontinenza lieve, 1 paziente presenta incontinenza moderata e 1 incontinenza grave. Al controllo urodinamico a 4 mesi in 2 pazienti era
ancora documentabile il VLPP >100 cm H2O,
mentre due pazienti presentavano una lieve
instabilità al massimo riempimento. Il pad test
mediano passava da 100 a 9 al controllo del
quarto mese, mentre a un anno su 8 pazienti
valutabili era di 11. Non si sono verificate osteiti o infezioni dello sling. Algie perineali transitorie si sono verificate in 5 pazienti (26,3%).
Attualmente nessun paziente presenta segni di
estrusione della benderella.
Conclusione: Lo sling bulbo-uretrale InVance si
è dimostrato efficace nel trattamento del deficit sfinteriale maschile iatrogeno con un tasso
di successo del 63,1% e una percentuale significativa di miglioramento (26,3%). L’efficacia e
la sicurezza della procedura unite alla miniinvasività rappresentano gli aspetti più interessanti di questa nuova tecnica, rendendola una
valida soluzione per il trattamento dell’incontinenza dopo prostatectomia radicale. La miniinvasività della procedura rende l’intervento
eseguibile in regime di day surgery.
TRATTAMENTO DELLA VESCICA IPERATTIVA DA SCLEROSI MULTIPLA MEDIANTE
INIEZIONE INTRADETRUSORIALE CON TOSSINA BOTULINICA (BOTOX A): DUE TECNICHE A CONFRONTO
I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, M. Cossu, M.
Billia, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Università di
Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano (TO)
52
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
Introduzione: I pazienti affetti da sclerosi multipla presentano importanti disturbi minzionali.
L’iniezione intradetrusoriale di tossina botulinica rappresenta un trattamento sicuro dell’iperattività detrusoriale. Per ottenere una
migliore tollerabilità al trattamento, a parità di
efficacia, abbiamo ridotto il numero di iniezioni aumentando la concentrazione per ogni singola iniezione.
Materiali e Metodi: Da giugno 2005 a dicembre
2005, 15 pazienti (19-56 aa), 11 donne e 4
uomini, sono stati randomizzati in 2 gruppi: 8
nel gruppo A e 7 nel gruppo B. Tutti i pazienti
presentavano all’urodinamica iperattività
detrusoriale da sclerosi multipla, non rispondente agli anticolinergici. Nei pazienti del
gruppo A sono state effettuate 30 iniezioni
intradetrusoriali da 10U di Botox A (300U in
30 ml) mentre nei pazienti del gruppo B sono
state effettuate 10 iniezioni da 30U (300U in
10 ml). Le infiltrazioni sono state eseguite con
ago curvo ad avanzamento graduabile (N-DO
Phision). In entrambi i gruppi la procedura è
stata eseguita previa anestesia locale. Tutti i
pazienti sono stati sottoposti a indagine urodinamica a un mese dal trattamento; pretrattamento e a 1, 3 e 6 mesi, sono stati valutati la
percentuale di pazienti incontinenti, il numero
di episodi di incontinenza giornalieri, e la qualità di vita con SF12. La tolleranza alla procedura è stata valutata con la VAS. Risultati: La
durata media della procedura è stata per il
gruppo A e B rispettivamente di 12 e 5, e la
VAS media di 60 e 30. Nel gruppo A si è resa
necessaria in 2 pazienti una sedo-analgesia. In
3 pazienti del gruppo A è stato necessario mantenere il catetere per 24 ore per ematuria. La
massima capacità cistometrica (MCC) media
pre-trattamento era di 215 ml per il gruppo A
e 198 ml per il gruppo B, aumentando all’urodinamica di controllo a 367 ml per il gruppo A
e 390 ml per il gruppo B. L’iperattività detrusoriale compariva a 130 ml nei pazienti del gruppo A e a 115 ml nei pazienti del gruppo B. A
un mese dal trattamento 2 pazienti del gruppo
A e 1 paziente del gruppo B presentavano un’iperattività terminale di bassa ampiezza. Il
numero medio di episodi di incontinenza pretrattamento nel gruppo A era di 5,4 e di 4,7 nel
gruppo B. Al primo mese due pazienti del
gruppo A e 1 paziente del gruppo B lamentavano ancora 1 episodio di incontinenza al dì. A
tre mesi 3 pazienti del gruppo A e 2 del gruppo B lamentavano incontinenza.
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Conclusione: La tossina botulinica ha dimostrato efficacia nel ridurre significativamente l’incontinenza urinaria e migliorare i parametri
urodinamici e la qualità di vita. Poiché questi
pazienti, a differenza dei mielolesi, presentano
inalterata la sensibilità dolorifica, la semplificazione della procedura rappresenta un aspetto importante del trattamento. Nella nostra
esperienza, a parità di efficacia nel tempo, la
riduzione del numero di iniezioni è risultata
più tollerabile, con minor percentuale di complicanze risultando eseguibile ambulatorialmente.
RECUPERO DELLA CONTINENZA URINARIA
DOPO TRATTAMENTO CON ULTRASUONI
FOCALIZZATI PER CARCINOMA DELLA
PROSTATA
V. Ficarra1, S. Zecchini Antoniolli1, G. Novara2,
A. Galfano2, S. Cavalleri2, W. Artibani2
1
Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia,
Università di Verona; 2Istituto di Urologia, Università
di Padova
Obiettivo: Valutare la percentuale di recupero
della continenza urinaria in una coorte di
pazienti sottoposti a trattamento con ultrasuoni focalizzati ad elevata energia per carcinoma
della prostata clinicamente localizzato (cT1-2)
o localmente avanzato (cT3).
Materiali e Metodi: Dal mese di aprile del 2003
al novembre del 2004 sono stati arruolati
complessivamente 41 pazienti: 11 con neoplasia prostatica a basso/intermedio rischio di
progressione e 30 ad elevato rischio di progressione. Tutti i pazienti sono stati sottoposti
a trattamento HIFU con l’apparecchiatura
Ablatherm della EDAP (Lione, France), previa
esecuzione di una TURP nella stessa seduta
operatoria. Per preservare la continenza urinaria, il trattamento è stato iniziato ad una
distanza di sicurezza di 4-6 mm dall’apice
prostatico (area di sicurezza). Lo stato di continenza è stato valutato pre-operatoriamente e
dopo 3, 6, 9 e 12 mesi con l’utilizzo di un questionario istituzionale auto-compilato dai
pazienti. Sono stati definiti continenti i
pazienti che non utilizzavano pannolini o che
ne utilizzavano uno che risultava asciutto
dopo 24 ore.
Risultati: I pazienti arruolati presentavano età
mediana di 73 anni (range 72-77). Il valore
mediano del PSA pre-trattamento era pari a
9,6 ng/ml (range 6-28). La ripresa spontanea
della minzione è avvenuta ad un intervallo
mediano dal trattamento di 12 giorni (range 718). Tutti i pazienti erano continenti prima del
trattamento. La continenza urinaria è stata
recuperata da 21 pazienti (51%) dopo 3 mesi,
da 35 (85.3%) dopo 6 mesi, da 38 (92.6%)
dopo 9 mesi e da 39 (95%) dopo 12 mesi. I tre
pazienti incontinenti presentavano rispettivamente 78, 67 e 79 anni e utilizzavano 2 pannolini/die. La maggior parte dei pazienti con
incontinenza urinaria a 3 mesi dal trattamento
riferiva un quadro a presumibile origine mista
da urgenza e sforzo. Dal sesto mese in poi i
pazienti incontinenti presentavano un’incontinenza esclusivamente correlata a intense variazioni della pressione addominale.
Conclusioni: HIFU è una moderna metodica
caratterizzata da un’elevata percentuale di recupero della continenza urinaria. L’incontinenza
osservata nei primi mesi dopo il trattamento ha
una componente mista di urgenza e sforzo.
Dopo il sesto di follow-up i pazienti presentano
un’involontaria perdita d’urina da sforzo.
EFFICACIA LITOLITICA DEL PHILLANTUS
NIRURI NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI OSSALICA RESIDUA DEL CALICE INFERIORE POST-ESWL: STUDIO RANDOMIZZATO
C. Saltutti, R. Gunelli, T. Zenico, M. Fiori, H.
Hanitzsch, C. Vivacqua, P. Lilli, E. Bercovich
Unità Operativa di Urologia, Ospedale “MorgagniPierantoni”, Forlì
Introduzione: In un periodo che va da Ottobre
2004 ad Ottobre 2005, abbiamo effettuato uno
studio randomizzato su 100 pazienti. A 50
sono stati somministrati giornalmente 150 mg
di Phillantus Niruri e ad altri 50 un placebo.
Tutti i pazienti risultavano affetti da calcolosi
ossalica del rene in sede caliciale inferiore e
precedentemente sono stati trattati con litotrissia extracorporea ad onde d’urto.
Materiali e Metodi: I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi: un gruppo A di 50 con residui
litiasici di dimensioni entro 5 mm di diametro.
A 25 di questi sono stati somministrati 150 mg
di Phillantus Niruri/die (A1), mentre ad altri
25 placebo (A2) costantemente per 12 mesi.
Un ulteriore gruppo di 50 pazienti avevano
altresì frammenti di dimensioni maggiori a 5
mm di diametro (B): 25 dei quali hanno intrapreso la terapia col Phillantus alle stesse dosi
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
(B1) e altri 25 placebo (B2) sempre per 12
mesi. Il trattamento ESWL è stato eseguito
precedentemente a tutti i pazienti nei quali già
era stata constatata la presenza di una calcolosi ossalica grazie ad un esame chimico di frammenti espulsi spontaneamente o per la presenza di calcolosi ossalica recidivante. Il litotritore utilizzato è stato il Sonolith 4000, il numero di onde d’urto è stato compreso fra 2500 e
4000 ad una potenza compresa fra 11.5 e 13.5
Kv. La calcolosi ossalica, localizzata nel calice
inferiore, era di dimensioni comprese fra 5 e
14 mm di diametro.
Risultati: Nel gruppo A1 i pazienti stone-free
erano 4 mentre in 7 è stato appurato una diminuzione costante delle dimensioni dei residui.
Nel B1 invece 2 erano i pazienti stone-free
mentre 13 quelli con dimensioni ridotte dei
residui. In totale 10% di pazienti stone-free (6)
+ 40 % di pazienti con < delle dimensioni dei
residui litiasici. Nei gruppi con placebo i pz.
stone-free erano rispettivamente 1 nel A2 e 1
nel B2 pari al 4 % dei casi. Sempre in questo
gruppo i pz con < delle dimensioni dei residui
erano invece 0 nel A2 e 2 nel B2 pari all’8%
dei casi.
Discussione e Conclusioni: Per la calcolosi ossalica caliciale inferiore la percentuale di pazienti stone-free post-ESWL oscilla fra il 18 ed il
22% dei casi. I dati che risultano da questo
nostro studio indicano come a questa percentuale di stone-free si può aggiungere un 10%
di ulteriori pazienti stone-free (4=gruppo A1,
2=gruppo B1) solo col trattamento con
Phillantus Niruri e addirittura un 50% dei casi
nei quali tale trattamento ha ottenuto una considerevole diminuzione delle dimensioni dei
frammenti litiasici residui (7=gruppo A1,
13=gruppo B1).
LITOTRISSIA
EXTRACORPOREA(SWL).
RISULTATI A LUNGO TERMINE
M. Gelosa, G. Zanetti, C. Castelnuovo, S.
Paparella, S. Confalonieri, R. Lizzano, F. Rocco
Dipartimento di Urologia, Fondazione IRCCS,
Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina
Elena, Milano
Introduzione e Obiettivi: La litotrissia extracorporea (SWL) si è dimostrata un trattamento
efficace e sicuro nella calcolosi reno-ureterale.
Studi hanno comunque evidenziato possibili
danni parenchimali, rischi di ricrescite dei
54
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
frammenti residui, recidive o casi di ipertensione. Pertanto un follow-up a lungo termine
è necessario per valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento SWL.
Metodi: 210 pazienti sottoposti a SWL per calcolosi renale-ureterale - 3% calcolosi caliciale
superiore, 12% calcolosi caliciale media, 26%
caliciale inferiore, 12% calcolosi multipla, 12%
calcolosi pielica, 22% ureterale (15% uretere
prossimale, 5% uretere medio, 12% uretere distale) - sono stati esaminati a 3 mesi e a un follow-up medio di 7,5 anni (6-10 anni). Nessun
paziente ha eseguito terapie specifiche metaboliche ma solo un incremento nell’apporto idrico.
Al follow-up, a tutti i pazienti veniva fornito un
questionario sulle proprie abitudini alimentari,
chiesto eventuali episodi sintomatici o espulsione di uroliti ed eseguito ecografia reno-vescicale
ed un Rx addome.
Risultati: A tre mesi dal trattamento 156
pazienti (74,3%) erano liberi da calcoli, 36
(17,1%) mostravano calcoli di dimensioni < 4
mm o polvere, 13 (6,2%) pazienti avevano
frammenti >4 mm e 5 pazienti (2,4%) mostrava calcolosi invariata. Al follow-up a lungo termine dei pazienti liberi da calcoli 107 pazienti (68,6%) risultavano liberi da calcoli, ma 49
pazienti (31,4%) avevano mostrato una recidiva. Dei 47% con frammenti < 4 mm e 70% dei
pazienti con frammenti maggiori di 4 mm
hanno mostrato una ricrescita. Il 26,3% dei
pazienti stone free a tre mesi e il 46,3% dei
pazienti con frammenti hanno avuto episodi
sintomatici o bisogno di ritrattamenti per
ricrescita o recidive.
Conclusioni: La litotrissia extracorporea risulta
il trattamento di prima scelta per la calcolosi
reno-ureterale. Infatti SWL sembra non
influenzare significativamente le recidive nel
follow-up a lungo termine ma la presenza di
frammenti residui aumenta i casi sintomatici e
i ritrattamenti.
LA CALCOLOSI RENALE NEL PAZIENTE
ANZIANO
M. Gelosa, L. Carmignani, S. Paparella, G.
Zanetti, R. Lizzano, F. Rocco
Dipartimento di Urologia, Fondazione IRCCS,
“Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina
Elena”, Milano
Introduzione: L’utilizzo sempre più diffuso dell’ecografia addominale e di altre forme di ima-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ging diagnostico, l’aumento della vita media e
le terapie per il metabolismo calcico hanno
portato alla diagnosi di un numero sempre
maggiore di calcolosi nell’anziano. Obiettivo
dello studio è stato la valutazione dell’efficacia
e delle complicanze del trattamento di litotrissia extracorporea in una popolazione di età
superiore ai 70 anni.
Materiali e Metodi: Si è proceduto ad uno studio retrospettivo su pazienti di età superiore ai
70 anni (età alla data del trattamento) sottoposti a SWL presso la nostra Divisione dal
Gennaio 1996 all’Aprile 2005 con Litotritore
elettromagnetico Storz Modulith SLX. Sono
stati valutati 115 pazienti (73 maschi, 42 femmine) su un totale di 1595 (7,2%), con età
media di 73,6 anni (range 70-82). Sono stati
definiti liberi da calcoli (“stone free”) quei
pazienti in cui non vi era più alcun riscontro
ecografico e radiologico di frammenti litiasici.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un Rx
Addome smdc e ad un’ecografia dell’apparato
urinario a 3 giorni dal trattamento, quindi a 13 mesi, a 6 mesi e a 12 mesi. Le complicanze
valutate sono state la comparsa di aritmie ed
extrasistoli, sintomatologia vagale (Kataoka,
1994), impilamento dei frammenti trattati,
ipertensione arteriosa, formazione di ematomi
perirenali.
Risultati: Il numero medio di shock wave (SW)
è stato di 2850 per paziente (range 18004500) con potenza media di 18 KV (range 1620). Nel follow-up a breve termine a conclusione del singolo trattamento o del ciclo di
trattamenti (1-3 mesi dal trattamento) si è
osservato: 71,3% (82/115) stone free, 20%
(23/115) con frammenti espulsibili (< 4 mm),
3,5% (4/115) con frammenti > 4 mm, 4,3%
(5/115) invariati. Per quanto riguarda le complicanze, si è verificata aritmia/extrasistolia nel
7,8% dei casi (9/115), nausea e/o vomito nel
3,5% (4/115), puntate ipertensive nel 3,5%
(4/115), impilamento nel 2,6% (3/115), un
unico caso di ematoma renale subcapsulare,
che non ha richiesto alcuna manovra chirurgica, ma solo un controllo ecografico nel tempo.
Nei pazienti affetti da calcolosi caliciale abbiamo osservato un 52,1% (25/48) di sintomatici e un 47,9% (23/48) di asintomatici pre-trattamento. Di questi ultimi si è osservato al follow-up a medio-lungo termine: 56,5% di
stone free (13/23), una ricrescita ed una recidiva entrambe del 17,4% (4/23); si è osservato inoltre un caso di sintomatologia insorta
dopo SWL in paziente precedentemente asintomatico.
Conclusioni: La litotrissia risulta essere la metodica efficace di primo approccio per il trattamento della calcolosi urinaria nell’anziano,
ottenendo risultati soddisfacenti e non comportando un aumento significativo di complicanze. In pazienti con calcolosi renale asintomatica e non condizionante sofferenza renale,
il trattamento di litotrissia extracorporea può
essere una manovra determinante più svantaggi che benefici per il paziente anziano.
DIVERTICOLI PIELOCALICIALI: EVOLUZIONE
DEL TRATTAMENTO ENDOSCOPICO
A. Vismara, R. Hurle, A. Manzetti, M. Catastini,
S. Valenti, O. Fenice, I. Vavassori
U.O. Urologia, Humanitas Gavazzeni, Bergamo
Introduzione: Il diverticolo pielocaliciale (PCD)
consiste in una cavità non secretoria all’interno
del parenchima renale, rivestita da parete sottile, comunicante con il sistema escretore attraverso canali ristretti. I diverticoli caliciali non
complicati ed asintomatici possono essere trattati in maniera conservativa con controlli regolari. Tuttavia, a fronte della presenza di urine
all’interno della cavità cistica, possono essere
frequentemente associati a sviluppo di calcoli
ed infezione, sviluppando anche quadri di
notevole dignità clinica. Le indicazioni per il
trattamento includono lombalgia, infezione
cronica della vie urinarie, ematuria, aumento
delle dimensioni del calcolo (litiasi di calibro
tale da comportare compressione e progressiva
sofferenza del contiguo parenchima renale).
Tutti i diverticoli pielocaliciali chirurgici devono essere indagati esaustivamente per ottenere
una completa definizione dei rapporti anatomici: in tal senso i maggiori vantaggi diagnostici sono stati forniti dalla TAC spirale. Il trattamento chirurgico del PCD sintomatico rappresenta una vera e propria sfida per l’urologo
sebbene la tecnica chirurgica si sia evoluta
sempre più, sfruttando le più recenti innovazioni tecnologiche.
Materiale e Metodi: Da agosto 1996 a febbraio
2004, 15 pazienti consecutivi affetti da PCD
sintomatico sono stati trattati dallo stesso urologo (I.V.) con tecnica endoscopica, sia con
approccio percutaneo diretto (13 pazienti) sia
indiretto (2 pazienti). Una decisione circa il
destino del diverticolo può essere formulata
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
55
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
allorché il paziente risulti libero da calcoli.
Possono essere considerate due vie: 1) preservazione del diverticolo con ricanalizzazione
dell’infundibolo, ottenuta attraverso dilatazione con palloncino (11 pazienti) o incisione
endoscopica (4 pazienti); 2) obliterazione
della mucosa.
Risultati: Tutti i pazienti sono stati controllati a
3 mesi con ecografia dell’apparato urinario ed
a 6 mesi con Rx urografia. Il follow-up rivela
risoluzione dei sintomi nel 90% dei pazienti e
bonifica litiasica nel 100% dei casi; nei pazienti sottoposti a dilatazione dell’infundibolo
abbiamo osservato all’urografia relativa calicectasia ma regolare scarico del contrasto.
Discussione: Nella nostra esperienza la chiave
del successo nel trattamento del PCD può
essere attribuita alla cruentazione della parete
del diverticolo, occlusa da un processo di granulazione, incoraggiandoci a favorire l’utilizzo
della diatermocoagulazione. Abbiamo registrato, peraltro, la persistenza del diverticolo dopo
posizionamento di nefrostomia senza cauterio
dell’epitelio. Una folgorazione estensiva non è
necessaria e dovrebbe essere evitata in quanto
può causare sanguinamento. Recentemente
abbiamo eseguito l’obliterazione dei calici
diverticolari con il laser ad Olmio: tale ausilio
tecnologico rappresenta il modo più semplice
e sicuro nel trattamento del PCD sintomatico.
TERAPIA NON CHIRURGICA DELLA LITIASI
VESCICALE
P. Guiggi1, M. Del Zingaro1, V. Bini2, C. Micheli1
1
Clinica Urologica e Andrologica, Perugina;
2
Dipartimento di Medicina Interna, Sezione di
Pediatria
Obiettivi: Valutare l’efficacia dell’ESWL nella
litiasi vescicale in pazienti non candidabili ad
intervento chirurgico.
Materiali e Metodi: Venti pazienti di età media
21.3 anni (range 21-86) con calcolosi vescicale di 8-50 mm di diametro di 67.1 (mediana
23 mm) sono stati sottoposti ad ESWL. La
litiasi era sostenuta da: cateterismo prolungato
per coma (1 paziente); vescica neurologica (3
pazienti); litiasi secondaria (1 paziente); patologia prostatica benigna (14 pazienti) o maligna (1 paziente). Contrariamente ad alcuni
autori, che hanno utilizzato per il trattamento
un catetere a 3 vie con lavaggio vescicale continuo, noi abbiamo posizionato un catetetere a
56
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
2 vie 20 Ch che rimaneva in sede per tutta la
durata del trattamento al solo scopo di evitare
l’incuneamento dei frammenti litiasici) si erogavano per ogni sessione nell’uretra. Con il
Piezolith 3000 (R.Wolf 120 SW/min, con
potenza di 1.76 mJ/mm2 per complessive
4000-8000 SW. Il numero dei ritrattamenti
variava da 1 a 5. Nessun paziente ha necessitato di terapia antalgica e in nessuno caso si
sono eseguite procedure ausiliarie post ESWL
(esempio: lavaggio vescicale con camicia da 22
Fr, uretroscopia). Tutti i pazienti praticavano
terapia domiciliare con farmaci alfa litici e
citrati. L’analisi statistica è stata effettuata con il
test di Mann-Whitney.
Risultati: L’ESWL è stata efficace nel 95% dei
pazienti (1 paziente è uscito dallo studio per
scarsa compliance). Sono risultati stone-free a
7 giorni 6/19 pazienti (31%); a 15 giorni 4/19
(21%), a 30 giorni 3/19 (16%) ed a 45 giorni
6/19 (31%). I risultati migliori si sono ottenuti per calcoli di dimensioni < 24 mm in termini di numero di SW erogate (p = 0.05) e di
tempo di eliminazione (p = 0.06). I tempi
medi di trattamento per ottenere la frammentazione sono stati di 117.6 87.6 minuti. Non si
è verificata nessuna complicanza maggiore.
Conclusioni: Il gold standard terapeutico della
litiasi vescicale è la litotrissia endoscopica associata o meno all’intervento disostruttivo
(TURP). Tuttavia il trend della chirurgia in
generale, e più specificatamente della chirurgia
urologica è quello di una terapia sempre più
mininvasiva. In questa ottica l’ESWL può essere una valida modalità terapeutica specialmente
quando l’intervento chirurgico è proscritto per:
compromesse condizioni generali; recidività
della litiasi (per esempio: vescica neurologica);
interventi chirurgici ricostruttivi (uretroplastica, impianti protesici per incontinenza urinaria
o per impotenza); età pediatrica.
L’URETEROSCOPIA RIGIDA NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI URETERALE
G. Deiana, O. Pianezza, L.P. Canclini, L. Ferodi,
A. Lembo
U.O. Urologia, Ospedali Riuniti, Bergamo
Introduzione: La disponibilità di strumenti di
calibro ridotto con adeguato canale operativo
e sistema ottico ad alta risoluzione, unitamente agli accessori per la frammentazione ed
estrazione del calcolo, hanno incrementato
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
l’efficacia dell’urologo nel trattamento endoscopico della calcolosi ureterale. In questo studio riportiamo la nostra esperienza su una
serie consecutiva di interventi di ureterolitotrissia endoscopica.
Materiali e Metodi: Dal 01/01/2003 al
30/06/2005 presso la nostra U.O. di Urologia
sono state eseguite 363 ureteroscopie per calcolosi. Per la procedura è stato utilizzato un
ureteroscopio rigido Wolf 6-7,5 Fr (198 casi)
oppure 7-8,5 Fr (165 casi) e litotritore pneumatico Swiss Lithoclast. I pazienti erano 243
uomini e 120 donne d’età compresa tra 10 e
88 anni (media 52; mediana 52). Le dimensioni del calcolo erano comprese tra 4 mm e
25 mm (media 10,4; mediana 10). Il calcolo
era situato nell’uretere destro in 155 casi, nell’uretere sinistro in 208 casi, a livello lombare
in 154 casi, iliaco-pelvico in 136 casi ed intramurale in 73 casi.
Risultati: In 7 casi l’ureteroscopia è stata infruttuosa per la ristrettezza dell’uretere tale da non
consentire la progressione dello strumento (4
calcoli dell’uretere lombare, 3 calcoli dell’uretere iliaco-pelvico; 5 casi con strumento 6-7,5 fr
e 2 casi con strumento 7-8,5 fr) e pertanto è
stato posizionato uno stent ureterale. In 120
casi l’introduzione dell’ureteroscopio è stata
agevolmente eseguita in maniera diretta (80
casi con strumento 6-7,5 fr e 40 casi con strumento 7-8,5 fr) mentre nei rimanenti casi l’uretere è stato incannulato con l’ausilio di un filo
guida. In 323 casi è stata ottenuta la frantumazione del calcolo. In 279 casi sono stati rimossi
tutti i frammenti litiasici (80 calcoli dell’uretere
lombare, 126 calcoli dell’uretere iliaco-pelvico e
73 calcoli dell’uretere intramurale). In 45 casi
parte dei frammenti litiasici sono migrati nel
rene (6 calcoli del giunto pielo-ureterale, 33
calcoli dell’uretere lombare, 6 calcoli dell’uretere iliaco). In 32 casi la procedura è es
Conclusioni: Nella nostra esperienza la ureterolitotrissia endoscopica con strumento rigido di piccolo calibro ha dimostrato essere una
metodica sicura ed efficace nell’ottenere la
disostruzione dell’uretere, consentendo la
bonifica della calcolosi in una elevata percentuale di casi. A nostro giudizio l’utilizzo di
strumenti di piccolo calibro di ultima generazione e la disponibilità di accessori efficaci
per la frantumazione ed estrazione dei frammenti litiasici unitamente all’esperienza dell’operatore sono fattori necessari per il successo della procedura.
STENTING URETERALE DOPO URETEROLITOTRISSIA: CONSIDERAZIONI E STUDIO
RETROSPETTIVO SU 181 PAZIENTI
C. Saltutti, H. Hanitzsch, T. Zenico, M. Fiori, R.
Gunelli, P. Lilli, C. Vivacqua, E. Bercovich
Unità Operativa di Urologia, Ospedale “MorgagniPierantoni”, Forlì
Introduzione: In un periodo compreso fra
Gennaio ’04 e Gennaio ’06 abbiamo effettuato
uno studio retrospettivo riguardante il trattamento endoscopico con ureteroscopia rigida
(URS) della calcolosi ureterale attraverso l’uso
di energia laser con laser ad olmio. Tale studio
è stato basato sul confronto di due gruppi di
pazienti: un gruppo A (109 pz) al quale è stato
posizionato uno stent ureterale ed un gruppo
B (72 pz) senza stent.
Materiali e Metodi: Tutti i pazienti di età compresa fra 17 e 76 anni erano affetti da calcolosi ureterale di dimensioni comprese fra 4 e 13
mm di diametro. L’URS è stata eseguita con
strumenti rigidi Storz 7.8 Fr., sotto diretto
controllo Rx, con fibra laser di 550 micron ad
una potenza compresa fra 8 e 12 watt. In 92 pz
del gruppo A il posizionamento dello stent
(tipo JJ) è avvenuto dopo: 1) dilatazione del
meato ureterale, 2) manovre di estrazione dei
frammenti litiasici, 3) uso di basket e/o litocatch, 4) presenza di lesioni endoureterali, 5)
litotrissia di calcoli incarcerati nella mucosa
ureterale e successivamente rimosso dopo 2030 gg dal trattamento. in ulteriori 17 pazienti
del gruppo A lo stent (tipo “open end”) è stato
posizionato dopo semplice URS + lasertrissia e
rimosso dopo 2-3 gg dal trattamento. Nessun
stent è stato posizionato ai 72 pz del gruppo B.
Risultati: Del gruppo A, 17 pazienti che hanno
mantenuto in sede un “open end” hanno
lamentato ematuria e stranguria, 92 pazienti
con JJ hanno lamentato: ematuria (78), dolenzia al fianco (4), stranguria (33), asintomatici
(7). Nei 72 pazienti del gruppo B, senza stent,
abbiamo constatato: presenza di modesta colica renale e/o espulsione di frammenti litiasici
(22), solo espulsione di frammenti (46), ematuria (6). Non si sono riscontrate differenze
statisticamente significative nei confronti di
alcuni parametri quali età del paziente, dimensioni e radiosensibilità dei calcoli, (p>0,05).
Solo l’ematuria è risultata sintomo persistente
per il gruppo A con “open end” o JJ a dimora
rispettivamente x 2-3 gg o 20-30 gg (p=0,02).
Conclusioni: Se l’URS viene associata ad una
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
57
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
litotrissia laser micro-capillare, dosata con
energie adeguate e senza alcuna complicazione, tale procedura è da considerare sicura
senza la necessità di ricorrere ad alcuna manovra aggiuntiva quale quella di posizionare uno
stent ureterale di qualsiasi tipo.
URETEROSCOPIA FLESSIBILE: CONSIDERAZIONI SULLA LONGEVITÀ DELLO STRUMENTO DOPO 145 PROCEDURE
C. Scoffone, F. Porpiglia, C. Cracco, M. Cossu,
M. Poggio, M. Billia, S. Grande, F. Musso, R.M.
Scarpa
Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San
Luigi, Orbassano (TO)
Introduzione ed Obiettivi: Scopo di questo studio è stato quello di valutare retrospettivamente le procedure di ureteroscopia flessibili
valutando la longevità degli strumenti.
Metodi: Sono state rivalutate tutte le procedure
flessibile a partire dal Gennaio 2001 sino a
Giugno 2005. Sino al 2002 sono stati utilizzati
un ureteroscopio Wolf e uno Storz, successivamente sostituiti da due DUR-8 Elite (ACMI). Per
la litotrissia dei calcoli o laserizzazione di neoformazioni è stato utilizzato l’Holmium:YAG
Laser (Sfinx) e Tulium laser (Revolix, Lisa laser).
La sterilizzazione dello strumento flessibile è
stata sempre eseguita esclusivamente con metodica Steris.
Risultati: 145 pazienti sono stato sottoposti ad
ureteroscopia flessibile di cui 101 pazienti
(69%) sono stati trattati per calcolosi, 20
(14%) per la diagnosi di tumori uroteliali, 5
(4%) per stenosi ureterali, 19 (13%) per procedure di ricanalizzazione combinata anteroretrograda. I calcoli sono stati trattati con: 15
pazienti estrazione del calcolo con cestello; 24
pazienti laserlitotrissia in situ; 62 pazienti
ricollocazione del calcolo e litotrissia. In 30
procedure è stata utilizzata la camicia ureterale. Le prime 35 procedure sono state eseguite
con gli ureteroscopi flessibili Storz e Wolf.
Con il primo strumento DUR-8 ACMI sono
state eseguite 30 ureteroscopie e quindi è stato
sostituito da una analogo modello in seguito a
danneggiamento durante la sterilizzazione. Le
successive 80 procedure sono state quindi eseguite con un identico modello di DUR8 ACMI
Elite, attualmente in uso.
Conclusioni: In base alla nostra esperienza possiamo affermare che la longevità dell’uretero-
58
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
scopio flessibile è di gran lunga maggiore qualora venga esclusivamente utilizzato da operatori esperti, che eseguano manovre corrette ed
utilizzando un strumentazione adeguata che
garantisca l’integrità dello strumento (camice
ureterali, fili guida e cestelli adeguati).
L’attenzione nell’uso della fibra laser è assolutamente fondamentale per evitare danni alla
guaina del canale operativo e alle fibre ottiche.
La tecnica di ricollocazione dei calcoli con l’utilizzo associato di strumenti semirigidi limitando l’uso del flessibile all’essenziale ne prolunga la vita. L’addestramento del personale di
sala operatoria e della sterilizzazione è determinante per l’integrità degli strumenti.
URETEROSCOPIA IN GRAVIDANZA: REVISIONE DELLA LETTERATURA
C. Scoffone, F. Porpiglia, I. Morra, C. Cracco, M.
Poggio, M. Billia, R.M. Scarpa
Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San
Luigi, Orbassano (TO)
Introduzione e Obiettivi: La calcolosi in gravidanza è una patologia di riscontro non frequente con incidenza variabile da 1:200 a
1:2500 e maggior frequenza nelle pluripare.
Sino ad oggi sono state proposte diverse
opzioni terapeutiche e diagnostiche per la calcolosi nelle gravide. Scopo di questa review è
analizzare la letteratura per valutare qual è l’iter diagnostico-terapeutico più appropriato in
caso di calcolosi in gravidanza.Materiali e
Metodi: Eseguendo un’accurata ricerca bibliografica sono stati valutati i diversi metodi di
diagnosi con particolare attenzione alle indagini radiologiche al fine di valutare i potenziali
rischi teratogenetici e l’accuratezza delle diverse metodiche; inoltre sono state valutate le
diverse terapie proposte per la gestione della
colica renale.
Risultati: Le radiazioni ionizzanti utilizzate
nelle indagini radiologiche tradizionali possono provocare importanti danni cellulari al feto,
causare malformazioni e favorire lo sviluppo
tumorale, essendo pertanto da proscrivere.
L’indagine di prima scelta è l’ecografia renovescicale associata al Doppler perché consente
di distinguere l’idronefrosi dalla fisiologica
dilatazione delle vie urinarie, presente in gravidanza. Il 70-80% dei calcoli viene espulso
spontaneamente e la terapia di prima scelta è
quella conservativa prediligendo l’uso di FANS
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
e paracetamolo per l’analgesia. In caso di colica complicata, l’ureteroscopia rappresenta la
migliore opzione terapeutica.
Conclusioni: Il piccolo calibro degli strumenti
attualmente disponibili consente di applicare
con sicurezza ed efficacia l’ureteroscopia
anche in gravidanza, rendendo così questa il
gold standard in caso di fallimento della terapia medica.
DISPOSITIVI ANTI-RETROMIGRAZIONE DEI
CALCOLI IN CORSO DI URS: UTILITÀ REALE?
F. Cauda, L. Squintone, O. Sedigh, C. Fiori, D.
Fontana, U. Ferrando
Dipartimento di NefroUrologia, A.O. San Giovanni
Battista “Molinette”, Torino
Introduzione ed Obiettivi: Una delle ragioni del
fallimento della procedura ureteroscopica
(URS) è rappresentata dalla retromigrazione
del calcolo: questo evento costringe l’operatore a interrompere la procedura ed indirizzare
il paziente verso la litotrissia extracorporea
oppure a scegliere la URS flessibile, in entrambe i casi con aumento dei tempi ed aggravio
dei costi. Per ridurre l’incidenza di questo
inconveniente sono stati messi a punto alcuni
sistemi che permettono “l’intrappolamento”,
durante la procedura, del calcolo e dei frammenti generati dalla litotrissia. Scopo del presente lavoro è presentare la nostra esperienza
con l’uso di questi sistemi.
Metodi: Abbiamo rivisto retrospettivamente i
dati relativi alle URS eseguite presso la nostra
Divisione dal 2003 al 2005 (gruppo A) ovvero
nel periodo in cui abbiamo impiegato i sistemi
Stone Cone® o N-trap® (Cook Medical
Systems) e li abbiamo confrontati con i dati
relativi alle procedure eseguite dal 1990 al
2002 (gruppo B), periodo in cui non avevamo
a disposizione questi sistemi. Abbiamo valutato: sede e diametro del calcolo, percentuale di
retromigrazione del calcolo, percentuale di
stone-free dopo l’URS, percentuale di complicanze intraoperatorie. L’analisi statistica è stata
condotta mediante t-test di Student e test del
Chi quadro.
Risultati: I pazienti del gruppo A (n=398) presentavano un calcolo dell’uretere prossimale
nel 39% dei casi e dell’uretere distale nel 61%
casi; nel gruppo B (n=2350) tali percentuali
non differivano significativamente (p>0.05).
Nel gruppo A abbiamo usato lo Stone cone®
nel 70% e l’N- Trap® nel 30% dei casi. Nel
medesimo gruppo abbiamo osservato una percentuale di retromigrazione del 2% mentre nel
gruppo B tale percentuale era pari al 24%
(p<0.05). La percentuale di stone free dopo la
procedura ureteroscopica (rigida + ev flessibile
contestuale) nel gruppo A e nel gruppo B era
rispettivamente 96 e 85% (p<0.05). La percentuale di complicanze non differiva significativamente fra i due gruppi.
Conclusioni: Nella nostra esperienza l’uso sistematico di Stone Cone® e N-Trap® riduce
significativamente la percentuale di retromigrazione e aumenta la percentuale di stone-free
dopo URS.
CALCOLOSI NEL RENE A FERRO DI CAVALLO: QUAL È LA MIGLIORE OPZIONE TERAPEUTICA
A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Falsaperla, G.
Salemi, G. Caldarella, S. V. Condorelli, M. Motta
Obiettivi: Il trattamento della calcolosi renale
nel rene a ferro di cavallo pone notevoli problematiche nell’approccio endourologico
retrogrado specialmente nel caso di calcolosi
caliciale inferiore. Dai dati in letteratura si predilige l’indicazione al trattamento PCN.
Descriviamo due casi di calcolosi in rene a
ferro di cavallo dove è stato tentato l’approccio
retrogrado.
Materiali e Metodi: Due uomini di 29 e 63 anni
giungono alla nostra osservazione per l’insorgenza di algie lombari a sinistra. Vengono eseguiti esami ematochimici e delle urine di routine, ecografia dell’apparato urinario, Rx urografia che mettono in evidenza litiasi sinistra in
entrambi soggetti con rene a ferro di cavallo.
Lo strumentario a nostra disposizione è costituito da: ureteroscopi semirigidi e flessibili 7.5
e 10 Fr, Swiss Lirhoclast, Holmium-Yag laser.
Risultati: Nel primo caso è stato possibile l’approccio retrogrado con l’individuazione delle
due concrezioni ed il trattamento in situ con
laser e rimozione dei frammenti in due sessioni + 2 ritrattamenti ESWL con clearance completa dei frammenti. Nel secondo caso non è
stata possibile nemmeno l’individuazione del
calcolo per via retrograda.
Conclusioni: Considerata l’anteriorizzazione
pielica e la tendenza all’aspetto stenotico nel
rene a ferro di cavallo l’approccio alla patologia
caliciale risulta sempre più difficoltoso rispetto
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
59
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
al rene normale anche per il consensuale
allungamento dell’infundibulo caliciale inferiore che è spesso la sede della patologia litiasica. Tuttavia in casi selezionati è possibile,
come dimostrato nella nostra esperienza seppur limitata, procedere all’approccio retrgrogrado considerando in ogni caso i limiti di
trattamento in termini di dimensioni così
come per il rene normale. Sicuramente il quadro urografico o uro-TC è predittivo di un difficoltoso approccio al distretto caliciale inferiore; tuttavia specialmente se la litiasi è di piccole dimensioni l’approccio endourologico
retrogrado è preferibile al trattamento ESWL
in quanto consente la sicura rimozione dei
frammenti che avviene difficilmente in maniera spontanea. Il trattamento PCN resta in ogni
caso il gold standard nella risoluzione di questa patologia.
URETERORENOSCOPIA RIGIDA DEL TRATTO PROSSIMALE DELL’URETERE: TEMPO
OPERATORI, PERCENTUALE DI “STONE
FREE”, COMPLICANZE
M. Maffezzini, F. Campodonico
Obiettivo: Valutare efficacia nell’ottenimento
della constrizione stone free, delle complicanze e della durata della degenza nei pazienti
sottoposti ad URS e litilapassi dell’uretere
prossimale.
Materiali e Metodi: Abbiamo esaminano i dati
dei pazienti sottoposti ad URS dell’uretere
prossimale nel periodo Gennaio 2003 –
Dicembre 2005. Abbiamo valutato sede e
dimensioni della calcolosi, durata della procedura, percentuale di stone free, tipo di stent e
durata del ricovero.
Risultati: Su 211 URS, 91 si sono svolte nel
tratto di uretere lombare-iliaco. In 58 pazienti
è stato posizionato un catetere a doppio J a
fine procedura e le dimensioni medie del calcolo erano 9 mm, range 5-20. La percentuale
di stone free in questo gruppo è del 62,8%
dopo la prima URS. Un secondo gruppo di 30
pazienti con calcoli di dimensioni medie di 7
mm, range 5-15 mm nei quali è stato posizionato un catetere open tip per 12 ore e nei quali
si è ottenuta una stone free del 75% dopo la
prima URS. Non abbiamo registrato complicanze. Tutti i pazienti tranne uno sono stati
dimessi la mattina successiva alla procedura.
Conclusioni: L’URS rigida rappresenta una
60
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
opzione efficace, sicura ed economica nella
litiasi dell’uretere prossimale.
RISULTATI DI UNO STUDIO RANDOMIZZATO
SUL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI
DELL’URETERE PELVICO: CONSERVATIVO
VS ENDOSCOPICO
F. Nigro, P. Ferrarese, E. Scremin, G.
Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, A. Tasca
U.O. di Urologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza
Introduzione e Obiettivi: La maggior parte dei
calcoli ureterali viene espulsa spontaneamente; il tempo tra l’esordio clinico e l’espulsione
può raggiungere i quaranta giorni. Nel corso
di tale periodo possono manifestarsi dolore,
urosepsi e danno renale. Scopo dello studio è
valutare il rapporto costo-efficacia del trattamento endoscopico rispetto a quello medicoosservazionale del paziente affetto da calcolosi
sintomatica dell’uretere distale.
Metodi: Sono stati inclusi pazienti di età superiore ai 18 anni con calcolosi monolaterale sintomatica del tratto pelvico, di diametro massimo, valutato radio-ecograficamente, inferiore
a 1 cm. Sono stati esclusi pazienti con infezione urinaria, retrostasi (> 2 cm), malformazione urinaria, gravidanza, diabete, affezioni
mediche, espulsione di calcoli urinari o episodi di ipotensione, interventi chirurgici in piccolo bacino. Trattamento medico-osservazionale (20 pazienti, gruppo A): risoluzione della
sintomatologia acuta con diclofenac; integrazione con metilprednisolone 8 mg/die (max
10 gg) e tamsulosina 0.4 mg/die (max 28 gg).
Trattamento endoscopico (20 pazienti, gruppo
B): accesso transuretrale con strumento semirigido.
Risultati: Le dimensioni dei calcoli sono risultate statisticamente sovrapponibili nei 2 gruppi (5.4/6.3 mm, A/B). Gruppo A: durata media
terapia 7.2 gg, espulsione spontanea 15
pazienti (75%), cross over al braccio B 5
pazienti (25%), degenza media 4.3 gg.
Gruppo B: degenza media 3.2 gg. Un’unica
complicanza è stata osservata nel gruppo B
sotto forma di lesione della parete ureterale,
risolta con stent a dimora per 30 gg. Il costo
medio (terapia medica o interventiva, monitoraggio clinico-radiologico, degenza) è risultato
pari a circa 1450 euro per paziente, in
entrambi i bracci di trattamento.
Conclusioni: I risultati ottenuti sembrano evi-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
denziare una sostanziale equivalenza di costo
dei due bracci; la terapia medico-osservazionale andrebbe tuttavia computata quale costo
aggiuntivo nel 25% dei pazienti sottoposti a
cross over. L’approccio interventivo presenta il
vantaggio di risolvere la patologia in breve
tempo e orienta verso la valutazione di due
elementi potenzialmente influenti sulla scelta
terapeutica: il danno economico derivante
dalla perdita di ore lavorative e l’impatto delle
due opzioni sulla qualità di vita.
al termine della procedura è stato del 97.4%. I
pazienti del gruppo B in cui l’indagine fibroscopica ha rilevato frammenti litiasici non rinvenuti alla fluoroscopia sono stati il 21%.
Conclusioni: La nostra esperienza ha confermato la validità dell’utilizzo routinario dell’endoscopio flessibile per la valutazione della via
escretrice al termine della procedura. La tecnica ci ha permesso di ottenere risultati soddisfacenti in termini di stone-free e di riduzione
di tecniche ausiliarie (ESWL, reintervento).
L’ENDOSCOPIA FLESSIBILE NELLA NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL) GARANTISCE ALTI TASSI DI STONE-FREE
P. Usai, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M.
Depilano, A. De Lisa
Clinica Urologica, Cagliari
ACCESSO PERCUTANEO ALLE CAVITÀ
RENALI IN POSIZIONE SUPINA ANTEROLATERALE. COME E PERCHÉ
L. Cormio, F.P. Turri, P. Annesse, T. Corvasce, M.
De Siati, A. Perrone, F. Lorusso, S. Pentimone,
G. Carrieri
Clinica Urologia e Centro Trapianti di Rene, Università
degli Studi di Foggia
Introduzione e scopo dello studio: Obiettivo dello
studio è quello di valutare se l’ausilio di endoscopi flessibili (per trattare calcoli non raggiungibili con lo strumento rigido o per effettuare la clearance di frammenti migrati dopo
la litotrissia con endoscopio rigido) durante la
PCNL influisca in maniera significativa sul
tasso di stone-free.
Materiali e Metodi: Nel periodo Luglio 1998 Dicembre 2005 abbiamo sottoposto a PCNL
per calcolosi renale (diametro > 2.5 cm) 298
pazienti. Volendo confrontare l’efficacia della
tecnica combinata (endoscopia rigida e flessibile) con quella tradizionale (endoscopia rigida) abbiamo diviso i pazienti in due gruppi di
serie consecutive. Nel gruppo A abbiamo
incluso 116 pazienti (118 unità renali-UR) sottoposti a PCNL (nel periodo Luglio 1998Agosto 2002) ed in cui solo 40 procedure (non
consecutive) sono state effettuate con tecnica
combinata. In questo gruppo le procedure
hanno utilizzato un unico accesso (111 UR),
due accessi (5 UR). Il gruppo B ha compreso
182 pazienti (187 UR) sottoposti a PCNL (nel
periodo Settembre 2002 - Dicembre 2005) ed
in cui è stata utilizzata sempre la tecnica combinata. In questo gruppo abbiamo utilizzato un
solo accesso in 187 UR.
Risultati: Nel gruppo A il tasso di stone free al
termine della procedura al controllo fluoroscopico è stato del 76%. Il tasso di stone free ad un
mese è stato del 12% (cumulativo 88%). I
pazienti con calcolosi residua sono stati trattati
con ESWL. Nel gruppo B il tasso di stone free
Introduzione e Obiettivi: Scopo dello studio è
stato valutare fattibilità, efficacia e sicurezza
dell’accesso percutaneo alle cavità renali in
posizione supina anterolaterale.
Materiali e Metodi: In caso di accesso al rene
sinistro, il paziente viene posizionato supino
con il lato sinistro leggermente debordante dal
letto. Un cuneo di tessuto viene posizionato
sotto la metà sinistra del bacino e della spalla,
al fine di ottenere una angolazione tra letto e
paziente di circa 30° e di allineare verticalmente il lato sinistro del paziente con il margine del
letto. In tal modo il rene, normalmente orientato di circa 30° posterolateralmente, viene a
trovarsi parallelo al letto. Le gambe vengono
leggermente flesse e divaricate tenendo i piedi
uniti; in tal modo, l’arto sinistro viene ad essere perfettamente perpendicolare al letto operatorio ed il destro, invece, adagiato sullo stesso.
In caso di PCNL, si esegue la cistoscopia flessibile e, dopo la pielografia ascendente si esegue
la puntura delle cavità renali sotto guida radioscopica; in caso di nefrostomia, la puntura dei
calici viene eseguita sotto guida ecografia. La
puntura viene eseguita lungo la linea ascellare
posteriore.
Risultati: Negli ultimi 12 mesi abbiamo eseguito l’accesso alle cavità renali in posizione supina anterolaterale in 14 pazienti, per PCNL in 7
e nefrostomia in 7. La PCNL è stata condotta in
anestesia generale in 6 pazienti ed in peridurale in 1 paziente ASA IV. Le nefrostomie sono
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
state eseguite in anestesia locale. L’accesso è
risultato sempre molto semplice e scevro da
complicanze. La compliance dei pazienti in
anestesia locale o peridurale è stata eccellente.
Conclusioni: L’accesso alle cavità renali nella
posizione descritta è semplice, efficace e scevro da complicanze. I pazienti sottoposti a
nefrostomia in anestesia locale, specie se
soprappeso, tollerano molto meglio questa
posizione rispetto a quella prona. In caso di
PCNL, ovvi sono i vantaggi anestesiologici
della posizione supina rispetto alla prona. La
posizione supina consente, inoltre, un miglior
drenaggio dei frammenti litiasici attraverso
l’Amplatz e la possibilità, in caso di calcolosi
ureterali impattate, stenosi ureterali o ureteroneovescicali, stenosi di ureterocutaneostomie,
di lavorare contestualmente per via retrograda
ed anterograda con strumenti flessibili.
MINI PERC IN POSIZIONE DI VALDIVIA:
NOSTRA ESPERIENZA DOPO 38 PROCEDURE
F. Cauda1, A. Frattini2, S. Ferretti2, P .Salsi2, L.
Squintone1, U. Maestroni2, C. Fiori1, U.
Ferrando1, D. Fontana1, P. Cortellini2
1
Dipartimento di Nefrourologia, A.O. San Giovanni
Battista “Molinette”, Torino; 2Unità Operativa di
Urologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Introduzione ed obiettivi: Lo scopo del presente
lavoro è riportare la nostra esperienza con la
mini nefrolitotomia percutanea (mini-perc)
contestuale a ureteroscopia flessibile con il
paziente in posizione di Valdivia modificata.
Metodi: Abbiamo rivisto retrospettivamente i
dati relativi alle 38 mini-perc eseguite con il
paziente in posizione di Valdivia modificata
presso le nostre Divisioni per calcolosi renale a
partire dal maggio 2004. L’età media dei
pazienti era 45 anni, il rapporto M/F risultava
3/1 ed il diametro medio dei calcoli era 18
mm. In 25 casi il lito era localizzato a livello
della pelvi in 13 a livello dei calici. Abbiamo
impiegato la posizione supina di Valdivia
modificata, per l’accesso al rene è stato usato il
“MIPP set”, la procedura è stata eseguita attraverso una camicia nefrostomica da 14 Fr e per
la litotrissia è stata utilizzata sia una sonda
laser sia la sonda balistica/ultrasonica.
Contestualmente all’accesso nefrostomico è
stata eseguita un’ureteroscopia flessibile con lo
scopo di controllare la puntura del calice interessato e di rimuovere i frammenti litiasici. Al
62
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
termine della procedura sono stati posizionati
un drenaggio nefrostomico 12 Fr ed uno stent
ureterale a doppio J 4.8 Fr. Per l’analisi statistica sono stati considerati i seguenti dati: percentuale di stone-free, complicanze intra e
postoperatorie, variazione media di emoglobina pre e postoperatoria, tempi operatori,
degenza postoperatoria.
Risultati: Al termine della procedura 37
pazienti risultavano stone-free. Non abbiamo
registrato complicanze intraoperatorie mentre
sono stati registrati tre episodi di sanguinamento dal tramite nefrostomico risolti con il
posizionamento di mono J. La variazione
media di emoglobina è stata pari a 2.4 g/dl. Il
tempo operatorio è stato pari a 90 minuti
mentre la degenza media è risultata di 4,5
giorni.
Conclusioni: Nella nostra esperienza questa tecnica è sicura, efficace e consente di raggiungere elevate stone-free rate. La possibilità di eseguire la procedura in posizione supina riduce
i rischi anestesiologici ed i tempi operatori,
consentendo inoltre l’impiego della ureteroscopia mediante la quale, nella nostra esperienza, è possibile rimuovere frammenti difficilmente raggiungibili attraverso l’approccio
nefrostomico.
APPROCCIO ENDOUROLOGICO IN PAZIENTE CON CALCOLOSI URETERALE DX E PIELICA SN IN RENE ECTOPICO PELVICO
A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, G. Icona, A.
Polara, M. Pedalino, B. Giammusso, M. Motta
Obiettivi: Il trattamento della calcolosi renale
prevede l’applicazione di algoritmi che vengono, però, rivisti di fronte ad anomalie anatomiche di posizione del rene e di morfologia
della via escretrice. Descriviamo il caso di calcolosi della pelvi renale sn in rene ectopico in
sede pelvica e relativo trattamento.
Materiali e Metodi: Donna di 39 anni giunge
alla nostra osservazione per l’insorgenza di
algie lombari bilaterali ed ematuria. Vengono
eseguiti esami ematochimici e delle urine di
routine, ecografia dell’apparato urinario, Rx
Urografia e Tc addome e pelvi che mettono in
evidenza litiasi del tratto iliaco dell’uretere dx
ostruente e litiasi della pelvi renale sn del diametro massimo di 22 mm in rene ectopico in
sede pelvica. Lo strumentario a nostra disposizione è costituito da: ureteroscopi semirigidi
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
7.5 e 10 Fr, Swiss Lirhoclast, Holmium-Yag
laser. Il caso è stato risolto con ureterolitotrissia dx e ureterorenolitotrissia sn.
Risultati: Il trattamento della calcolosi renale >
2 cm prevede trattamento per cutaneo della
litiasi suddetta. Purtroppo l’accesso ai calici
renali in rene ectopico pelvico risulta essere
alquanto complesso o controindicato. Un trattamento alternativo in tali casi è rappresentato
dalla pielolitotomia open o laparoscopica. In
questo caso l’approccio endoscopico è stato
eseguito con ureterorenoscopia semirigida e
litotrissia laser dei frammenti risolta in unica
seduta. Dopo 30 giorni la paziente era libera
da calcolosi a destra e presentava impilamento litisico nel tratto iuxtavescicale a sinistra. Il
second look endoscopico ha permesso la
rimozione completa dei frammenti residuali
ureterali.
Conclusioni: Lo studio dell’anatomia intrarenale e di posizione del rene è essenziale insieme
alla dimensione e alla natura del calcolo come
fattori predittivi della risuscita del trattamento
endoscopico nel caso citato anche se la posizione pelvica del rene costituiva un iniziale
dubbio al trattamento endoscopico l’anterorotazione pielica e la mancanza di tortuosità ureterali hanno permesso un approccio diretto e
in asse alla pelvi con dominio completo di
tutta la cavità cosa che spesso è difficoltosa nel
rene in posizione fisiologica. In ogni caso è
sempre consigliabile prima di procedere a
metodiche invasive effettuare una ricognizione
endoscopica che in alcuni casi consente il trattamento definitivo.
NEFROLITOTOMIA PERCUTANEA SINCRONA NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI
RENALE BILATERALE
F. Zattoni, B. Grossetti, M.A. Cerruto
Introduzione: La nefrolitotomia percutanea
(PCNL) è diventata la terapia di elezione per
calcoli renali voluminosi, complessi o resistenti al trattamento con litotrissia extracorporea
(ESWL). Se il management dei calcoli renali
bilaterali rappresenta tuttora una sfida terapeutica, la PCNL bilaterale sincrona si è, a sua
volta, dimostrata procedura ben tollerata,
sicura, con un favorevole rapporto costobeneficio e di relativamente rapida esecuzione.
Obiettivo del presente lavoro è di riportare la
nostra esperienza nel trattamento percutaneo
sequenziale, nella medesima seduta, per calcolosi renale bilaterale.
Materiali e Metodi: Sono state valutate retrospettivamente le cartelle cliniche di 3 pazienti
(BS, BE, OCB), sottoposti consecutivamente a
PCLN bilaterale sincrona, eseguite dal medesimo operatore (ZF), per il trattamento di calcoli renali non responsivi a ESWL o recidivi
dopo precedente chirurgia. Di ogni paziente
sono state analizzate la storia clinica, le eventuali complicanze peri e postoperatorie insorte
con le relative risoluzioni terapeutiche impiegate e l’esito della procedura in termini di persistenza/recidiva di calcolosi.
Risultati: BS, maschio di anni 48, presentava
una storia di calcolosi renale bilaterale persistente dopo ripetute sedute di ESWL bilaterale
e pregressa pielolitotomia, eseguite in altra
sede. Al momento del ricovero presentava un
calcolo del diametro massimo di 2 cm a livello
del gruppo caliceale inferiore del rene di sinistra e una formazione litiasica del diametro
massimo di 3 cm a livello del gruppo caliceale
medio del rene destro. Durante la PCNL bilaterale è stata eseguita una litotrissia ultrasonica
e balistica a destra ed ultrasonica a sinistra con
aspirazione/rimozione dei frammenti litiasici
ottenuti, il cui esame chimico è risultato positivo per ossalato di calcio. Al termine della
procedura è stato posizionato un malecot 16
Ch. A 24 mesi dal trattamento il paziente è
“stone-free”. BE, maschio di anni 75, presentava una calcolosi pielica bilaterale di 1 cm non
responsiva a plurime sedute di ESWL eseguite
in altra sede. È stato sottoposto a trattamento
percutaneo bilaterale sincrono con asportazione dei calcoli. Al termine della procedura è
stato posizionato un pig-tail 8 Ch bilateralmente. A 6 mesi, il paziente è “stone-free”.
OCB, donna trentunenne di colore, presentava
al momento una calcolosi pielica bilaterale (>2
cm di diametro) e caliceale inferiore sinistra
con idronefrosi bilaterale (destra>sinistra).
Durante la PCNL bilaterale è stata eseguita una
litotrissia ultrasonica dei calcoli con successiva
asportazione dei frammenti litiasici che sono
risultati di ossalato e fosfocarbonato di calcio.
Al follow-up di 14 mesi la paziente è “stonefree”. In nessun caso si sono verificate complicanze peri- e postoperatorie.
Conclusioni: La PCNL bilaterale sincrona è una
procedura relativamente sicura; può essere
eseguita in pazienti selezionati senza incrementare la morbilità della manovra chirurgica.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Il trattamento del rene controlaterale può
ovviamente essere preso in considerazione
solo se la PCNL nel primo lato è stata eseguita
senza problema alcuno, agevole e di rapida
esecuzione.
OTTIMIZZAZIONE ORGANIZZATIVA ED
ECONOMICA DELL’UTILIZZO SPAZIO-TEMPORALE DEI MACCHINARI DI LITOTRISSIA
EXTRACORPOREA IN UN MODERNO CENTRO DI LITOTRISSIA
V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G.
Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S.
Martalò, P. Rizzo, D. Azzone
Struttura Complessa di Urologia e Unità Operativa
Semplice Calcolosi Urinaria, Ente Ecclesiastico
Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle
Fonti (BA)
Fin dalla loro comparsa sul mercato (1985) i
litotritori hanno rappresentato il loro limite
diffusivo nell’elevato costo iniziale. Sia gli
apparecchi piezoelettrici che quelli elettroidraulici e elettromagnetici richiedono lungo
training applicativo per il personale medico ed
infermieristico e un’assistenza tecnica efficace
e tempestiva. L’utenza trova maggior confort
nel trattamento ambulatoriale medicalmente
assistito in regime di Day Hospital che attualmente riduce alle aziende ospedaliere gli utili
rispetto al trattamento in regime di ricovero.
L’ideale, tenuto conto della quantità dell’utenza disponibile nel proprio bacino, è quindi
ottimizzare questi parametri per ottenere:
pronta disponibilità dell’apparecchiatura, personale professionalmente adeguato, costi
accettabili, scarso intasamento del reparto di
degenza, possibilità di mobilizzazione delle
risorse umane e degli ambienti. Presso il
nostro Centro di Litotrissia, in attività dal
1987, sono affluiti nel solo 2005, 251 nuovi
pazienti, trattati in regime di Day Hospital
(146) o di ricovero (105) per un totale di 445
trattamenti complessivi. Le visite di controllo
nella stessa sede dei pazienti trattati sono state
325, assicurando il follow-up. Abbiamo in uso
un apparecchio di 3a generazione che staziona
in contratto di fitto prolungato con una media
di 6-8 giornate lavorative al mese sempre assistite da un tecnico della Casa produttrice, da 1
unità medica e 2 unità infermieristiche.
Vengono garantiti l’assistenza tecnica e l’aggiornamento tecnologico. Con tale media di
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
lavoro la lista di attesa è assente: ottima la
compliance per i pazienti, ridotti i costi, essendo assicurato un utilizzo annuo continuativo.
Esiste un buon ritorno economico (DRG’s
323) specie se alcuni pazienti per motivi clinici o per provenienza geografica vengano trattati da ricoverati (nel nostro reparto il 23% dei
pazienti è di fuori Regione). In tal modo il personale medico e non medico è utilizzabile in
altre mansioni nei giorni lavorativi rimanenti.
Gli spazi di concerto possono essere disponibili per un utilizzo multiuso. Nella comunicazione vengono evidenziati i dettagli tecnici,
economici e organizzativi dell’ultimo anno di
attività.
IDRONEFROSI SECONDARIA A STENOSI
DEL GIUNTO PIELOURETERALE DESTRO
CONSEGUENTE A LITOTRISSIA EXTRACORPOREA PER CALCOLOSI RENALE
S. Pagano, P. Rovellini, P. Ruggeri, A. Bottanelli,
M. Motta
U.O di Urologia, Ospedale di Rho (MI)
La litotrissia extracorporea ad onde d’urto
(ESWL) rappresenta il gold standard della
terapia della calcolosi renale. Scarsi sono di
converso in letteratura i lavori che riportano le
complicazioni derivate dal trattamento, causate dall’azione del calcolo stesso e da quelle dei
suoi frammenti o dall’azione diretta delle
onde. Dette complicazioni incidono con bassa
percentuale e sono abitualmente transitorie e
tali da costituire di per sé scarsa rilevanza clinica. Accanto a queste esistono rare complicazioni maggiori che possono mettere in pericolo la sopravvivenza del rene. Presentiamo un
raro caso in cui dopo un trattamento di ESWL
di una calcolosi unica renale destra, con ottimo esito di frantumazione, abbiamo osservato
a due mesi di distanza l’instaurarsi di un classico quadro di grave idronefrosi da sindrome
del giunto pieloureterale con presenza di
frammenti calcolotici nel tratto prossimale dell’uretere. La paziente è stata trattata con terapia endourologica con ureteroscopia, litotrissia endoscopica ad energia balistica, dilatazione con palloncino della stenosi giuntale e posizionamento di stent ureterale JJ. A due mesi di
distanza, dopo la rimozione dello stent ureterale, uno studio contrastografico ascendente
mostra una buona pervietà del giunto pieloureterale con pressoché totale risoluzione della
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
calcolosi ureterale residua al primo trattamento ESWL.
sitare di uno spazio dedicato esclusivamente ai
trattamenti ESWL.
ESWL CON LITOTRITORE MOBILE STORZ
MODULITH SLX-F2: ESPERIENZA INIZIALE
M. De Sio, S. Mordente, G. Quarto, R. Autorino,
D. Giordano, S. Palombini, U. Pane, L.
Cosentino, F. Di Giacomo, R. De Domenico, F.
Neri, F. Giugliano, A. Landolfi, M. D’Armiento
Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi,
Napoli
MINIPERC? NO, GRAZIE
G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Piccinelli,
A. Benetti, L. Pasini, A. Teppa, P. Graziotti
U.O. di Urologia, Istituto Clinico Humanitas, IRCCS,
Rozzano (MI)
Obiettivo: Valutare il trattamento di pazienti
con urolitiasi nelle varie sedi del tratto urinario usando un litotritore trasportabile.
Pazienti e Metodi: Da settembre 2004 a dicembre 2005 sono stati trattati 186 pazienti (126
M, 60 F, età media 50,4 anni) giunti presso i
nostri ambulatori con diagnosi di calcolosi
urinaria. Il diametro medio dei calcoli era di
13,57 mm, nel 59,6% dei casi erano a sede
renale, mentre i restanti erano a sede ureterale. Tutti pazienti sono stati trattati in regime di
DH con litotritore mobile Storz Modulith
SLX-F2. In 24 casi è stato posizionato prima
del trattamento uno stent ureterale a doppio J.
Risultati: Sono stati effettuati 282 trattamenti
(media di 1,51 trattamenti a persona), con
una media di 3582 colpi, ad un’energia di 11
mJ. Il tempo medio di trattamento è stato di
51 min. La percentuale di stone free dopo il
primo trattamento è stata del 50%, mentre in
totale è stata del 70%. La percentuale di complicanze è stata < 1%.
Conclusioni: Il Litotritore mobile Storz
Modulith SLX-F2 rappresenta una valida e
sicura opzione per il trattamento della litiasi
dei diversi tratti dell’apparato urinario senza
un’apparente perdita di efficacia rispetto ai
litotritori fissi e con il vantaggio di non neces-
Introduzione: Scopo di questo studio è rivalutare retrospettivamente la nostra casistica di
“Miniperc” confrontandola con quella della
PCNL standard e “Tubeless” nel trattamento di
calcoli renale del diametro inferiore ai 2,5 cm.
Materiale e Metodi: A partire da settembre 1999
abbiamo eseguito 127 PCNL per calcoli renali
di diametro inferiore ai 2,5 cm. Di queste, 40
sono Miniperc (camicia di Amplatz di 14F), 60
sono PCNL standard (camicia di Amplatz di
32F) e 27 sono PCNL Tubeless (posizionamento solo di JJ stent senza nefrotomia qualora al termine della procedura eseguita attraverso un singolo accesso, si ottenga una completa
bonifica in assenza di lesioni della via escretrice e sanguinamento maggiori). Lo “stone burden” medio è rispettivamente di 2,7, 3,1 e 3,2
cm2.
Risultati: (Tabella 1)
Conclusioni: In accordo con altri lavori in letteratura, il dolore dopo tale procedura sembra
essere correlato alla presenza ed al diametro
della nefrotomia piuttosto che al diametro dell’accesso attraverso il quale viene eseguita la
PCNL. Inoltre, gli ipotetici vantaggi derivanti
dall’utilizzo di una camicia di piccole dimensioni sono resi vani da una visione difficoltosa
del campo operatorio con conseguenti tempi
operatori prolungati e percentuali di bonifica
inferiori. Per contro, la PCNL tubeless offre
risultati paragonabili a quelli della Miniperc in
Tabella 1.
Tempo
Operatorio
(min)
∆Hb (g/dL)/
n° di pz
trasfusi
Morfina/
Ketorolac
(mg)
155,5
1,5/ (0/40)
0,4/73,8
5,5
3,1
12,3
77%
PCNL Standard 122,1
2/(1/60)
5,9/91
7,4
5,1
17,4
95%
PCNL Tubeless 95*
1,7/ (0/27)#
0,5/41,2*
3,4*
2,2*
10,9#
100%
Miniperc
Visual
Ospedalizzazione Tempo
%
analogue
(gg)
di recupero di bonifica
scale score
(gg)
*Differenza statisticamente significativa tra PCNL tubeless e Miniperc; #Differenza statisticamente non significativa tra PCNL
tubeless e Miniperc
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
termini di perdite ematiche e percentuale di
trasfusione ma è risultata statisticamente superiore in termini di ridotti tempi operatorio,
dolore postoperatorio e tempi di ospedalizzazione.
LA LITOTRISSIA PERCUTANEA “TUBELESS”
RIDUCE ULTERIORMENTE L’INVASIVITÀ
DELLA PCNL STANDARD SENZA AUMENTARNE SIGNIFICATIVAMENTE I RISCHI
G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Piccinelli,
A. Benetti, L. Pasini, A. Teppa, P. Graziotti
U.O. di Urologia, Istituto Clinico Humanitas, IRCCS,
Rozzano (MI)
Introduzione: Scopo del lavoro è valutare i vantaggi della litotrissia percutanea (PCNL) tubeless nei confronti della PCNL standard in termini di invasività e percentuale di complicanze.
Materiale e Metodi: Presso il nostro Stone
Center, a partire da giugno 2002 abbiamo eseguito 112 consecutive PCNL e precisamente
81 PCNL standard e 33 PCNL tubeless (camicia di Amplatz di 32F con posizionamento
solo di JJ stent senza nefrostomia). Si è optato
per quest’ultima metodica rigorosamente solo
in caso di accesso singolo con completa bonifica ed in assenza di perforazione della via
escretrice e sanguinamento maggiori.
Pertanto, essendo uno dei criteri di inclusione,
la percentuale di bonifica non sarà argomento
di valutazione di questo lavoro. Lo “stone burden” medio è 8,6 cm2 nel gruppo standard
mentre è pari 3,8 cm2 nel gruppo tubeless. In
quest’ultimo gruppo non sono mai state utilizzate colle biologiche per perfezionare l’emostasi dell’accesso percutaneo.
Risultati: Il ∆Ht è risultato pari a 5,4% per la
PCNL tubeless e 6% nel gruppo standard
(p=0.498). Nel primo gruppo abbiamo avuto
solo un caso di sanguinamento maggiore (∆Ht
18%), ma senza necessità di emostrafusioni.
Nel secondo gruppo 4 sono stati invece i
pazienti che hanno richiesto trasfusioni
(4,9%) il che è sostanzialmente sovrapponibile al dato precedente, vista l’importante differenza nello stone burden medio. La PCNL
Tubeless si è per contro dimostrata statisticamente superiore in termini di ridotta somministrazione di analgesici (47,4 vs 83,8 mg;
p=0,007), ridotto dolore postoperatorio valutato con visual analogue scale score (4,6 vs
66
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6,1; p<0,001) e ridotti tempi di degenza (2,1
vs 5,2; p< 0,001).
Conclusione: Il tradizionalmente tanto temuto
mancato posizionamento della nefrostomia al
termine di una PCNL riduce in maniera statisticamente significativa il dolore postoperatorio e i tempi degenza senza esporre il paziente
a rischi significativi.
CALCOLOSI RENALE COMPLESSA BILATERALE: APPROCCIO PERCUTANEO IN
TEMPO UNICO
P. Usai, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G.
Puggioni, A. De Lisa
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Introduzione e Scopo dello Studio: La necessità di
un trattamento complesso come la PCNL in
contemporanea sulle due unità renali costituisce un procedimento rischioso per le possibili
complicanze a carico di entrambi i reni.
Tuttavia in considerazione del fatto che alcuni
pazienti richiedono specifico trattamento bilaterale per motivi psicologici propri o esiste un
rischio anestesiologico che sconsiglia l’esecuzione di anestesia ripetuta e consci della propria esperienza nella tecnica, abbiamo proceduto al trattamento. Devono essere presenti
specifici presupposti per porre tale indicazione: sofferenza renale bilaterale; necessità del
paziente di risolvere la patologia in tempi rapidi; completamento della prima procedura
senza nessuna complicanza precoce.
Materiali e Metodi: Dal gennaio 2000 al dicembre 2005 abbiamo sottoposto a tale duplice
trattamento 14 pazienti per un totale di 28
unità renali. L’età variava dai 30 ai 55 anni. 11
erano di sesso maschile e 3 di sesso femminile. Si trattava di 15 calcoli a stampo pielici, 3
grossi calcoli sottogiuntali di diametro compreso tra i 2 e i 3 cm, calcolosi complesse
pielo-caliciali. Con il paziente in posizione
prona si procedeva a preparazione del campo
operatorio avendo cura di mantenere libere le
due regioni lombari e la regione genitale esterna. La procedura fu condotta secondo tecnica
usuale con dilatazione “one shot” e cannula di
Amplazt 24 Ch. La litotrissia fu eseguita con
litotritore balistico ed i frammenti estratti con
cestello, pinza o con ultrasuoni. La procedura
veniva completata con nefroscopio flessibile.
La cauterizzazione di piccoli vasi sanguinanti
del tramite concludeva la procedura. Solo
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
dopo la conclusione del primo trattamento
che non mostrava complicanze precoci si passava alla esecuzione della procedura nell’altro
lato. Un catetere nefrostomico veniva posizionato al termine di ciascuna procedura.
Risultati: In tutti i casi la procedura fu portata a
termine su entrambe le unità renali, la percentuale di pazienti liberi da calcoli al termine della
procedura fu di 13 su 14 pazienti, non ci furono complicanze precoci o tardive e il sanguinamento intraoperatorio e perioperatorio non
richiese trattamento trasfusionale. La degenza è
stata di media 3 giorni. Altri Autori (Holman E.
et al.) hanno eseguito la medesima procedura
contemporanea su 198 pazienti riportando un
valido vantaggio dal punto di vista economico
rispetto al trattamento in sessioni separate con
un tasso di complicanze sovrapponibile ai casi
di trattamento unilaterale.
Conclusioni: Sebbene con una casistica limitata
il nostro studio permette di concludere che la
tecnica può essere utilizzata con sicurezza ed
efficacia in casi selezionati. Una solida esperienza in trattamenti unilaterali deve essere
insieme ai presupposti sopracitati sono le basi
che permettono di poter intraprendere tale
approccio.
EFFICACIA DEL BISTURI A SISTEMA PLASMACINETICO (GYRUS) VERSUS QUELLO
MONOPOLARE TRADIZIONALE; STUDIO
COMPARATIVO RANDOMIZZATO E TRE
ANNI DI FOLLOW-UP
R. Giulianelli, S. Brunori, B.C. Gentile, V.
Vincenti, F. Pisanti, T. Shestani
Unità Operativa di Urologia, Clinica “Villa Tiberia”,
Roma
Introduzione: La Resezione Endoscopica della
Prostata (TURP), rappresenta il gold standard
del trattamento dei LUTS da Ostruzione
Cervico Uretrale (BOO) da Ipertrofia
Prostatica Benigna (BPE). Lo scopo di questo
studio è stato quello di confrontare l’efficacia
del sistema plasma-cinetico Gyrus versus il
sistema monopolare tradizionale.
Materiali e Metodi: Da Gennaio ad Ottobre
2002, 300 pazienti affetti da LUTS di mediasevera gravità, secondaria a BOO da BPE, furono randomizzati in due gruppi (1:1), per essere
sottoposti a TURP con metodo tradizionale versus TURP utilizzando il sistema Gyrus. Tutti i
pazienti sono stati pre-operativamente valutati
con IPSS,IEFF-5, Qol, TRUS, Uroflussimetria
con valutazione del RPM, PSA, valore dell’Hb e
Urinocoltura, che furono ripetuti ad 1 mese ed
a seguire ogni 3 mesi per due anni nel postoperatorio. L’età media dei pazienti era 65,5 (range
48-85 aa). Sono stati anche valutati: tempo di
ospedalizzazione, Hb post operatoria ed eventuali emotrasfusioni effettuate.
Risultati: Abbiamo osservato in entrambi i
gruppi un incremento statisticamente significativo del Qmax e del Qave (p<0,001), una
riduzione dell’RPM (p<0,001), dell’IPPS
(p<0,001), con riduzione del PSA (p<0,001).
Ad un mese, i risultati dei pz. trattati con
TURP con metodo tradizionale erano significativamente migliori rispetto al gruppo Gyrus
(p<0,001), per poi essere sovrapponibili dal 3
mese in poi riguardo sia all’IPSS, che al Qmax,
Qave e al RPM. Nel gruppo trattato con Gyrus
abbiamo osservato un periodo di cateterizzazione più breve ed una ospedalizzazione inferiore senza la necessità di emotrasfusioni.
Abbiamo avuto la necessità di sottoporre ad un
“Second look” 5 Pz Gyrus (3,3%) versus 14 Pz
traduzionali (9,3%). Nessun paziente ha presentato incontinenza nel post-operatorio e tutti
riferivano eiaculazione retrograda.
Conclusioni: La Resezione Endoscopica della
Prostata eseguita con sistema plasmacinetico
(Gyrus), è una metodica sovrapponibile a
quella tradizionale garantisce tuttavia sia una
minore degenza post-operatoria, un periodo di
cateterizzazione più breve ed anche una minore percentuale di ritrattamenti, il che rende
questa metodica, una sicura alternativa al
sistema monopolare.
DUE TECNICHE DI RESEZIONE TRANSURETRALE DELLA PROSTATA (TURP) A CONFRONTO: BIPOLARE VERSUS MONOPOLARE
C. Scoffone1, F. Porpiglia1, C. Terrone2, C. Cracco1,
M. Cossu1, M. Poggio1, D. Vaccino1, R.M. Scarpa1
1
Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San
Luigi, Orbassano (To); 2Clinica Urologica, Università
del Piemonte Orientale, Ospedale Maggiore della
Carità, Novara
Introduzione e Obiettivi: La resezione prostatica
transuretrale (TURP) rimane attualmente il
gold standard per il trattamento dell’adenoma
prostatico con importanti disturbi minzionali
del basso apparato urinario. Negli ultimi anni
l’introduzione di strumenti a corrente bipolare
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
67
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ha permesso di eseguire la TURP a temperature più basse e utilizzando soluzione fisiologica.
Scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’effettiva efficacia e sicurezza di questa
nuova tecnica e di confrontarla con la tecnica
tradizionale con il resettore monopolare.
Metodi: In questo studio prospettico sono stati
randomizzati (Marzo-Agosto 2005) consecutivamente 50 pazienti rispettivamente in due
gruppi di trattamento: TURP bipolare (gruppo
1) e TURP monopolare (gruppo 2). Le TURP
bipolari sono state eseguite con generatore
VISTA CTR (ACMI) e operativa con ansa doppia, quelle monopolari con generatore ERBE
ICC 300. La valutazione preoperatoria comprendeva: questionari IPSS/QoL, uroflussimetria, ecografia transrettale, emoglobina, sodiemia, ammoniemia, PSA, esame urine, urocoltura; entrambi i gruppi sono risultati omogenei.
Sono stati valutati il tempo di resezione e il peso
di tessuto asportato. Nel postoperatorio sono
stati valutati: l’emoglobina, la sodiemia e l’ammoniemia (a 12 e 24 ore dal termine della procedura) e il tempo di cateterizzazione. È stata
eseguita una uroflussimetria di controllo a 3
mesi dall’intervento e una valutazione della sintomatologia minzionale mediante la somministrazione dei questionari IPSS/QoL a 3, 7, 14, 30
giorni dopo la rimozione del catetere vescicale.
Risultati: Non sono state riscontrate differenze
statisticamente significative tra i due gruppi
nella durata della procedura (Gruppo 1: 53,4
vs Gruppo 2: 51,6 min), il peso del tessuto
resecato (31,3 vs 25,2 g) ed i valori postoperatori di emoglobina (12,4 vs 12,8 g/dl),
sodiemia (139,9 vs 139,5 mmol/l) ed ammoniemia (42,4 vs 40,3 mmol/l). I valori flussimetrici di Qmax sono stati sovrapponibili in
entrambi i gruppi ( 22,2 vs 20,9 ml/sec). Il
tempo di cateterizzazione medio nel gruppo di
resezione monopolare è stato di 3,4 giorni
mentre nel gruppo bipolare è stato di 2,6 giorni (p=0,06). Vi è stato un miglioramento della
sintomatologia minzionale in entrambi i gruppi (IPSS 3° 15,8 vs 17,1; 7° 15,1 vs 14,6; 14°
10,9 vs 13,2; 30° 7,6 vs 10,2; QoL 3° 3,4 vs
3,8; 7° 3,0 vs 3,3; 14° 2,6 vs 3,1; 30° 2,0 vs
2,3), evidenziando un miglioramento più
rapido nel gruppo bipolare.
Conclusioni: L’efficacia della TURP bipolare è
sicuramente sovrapponibile a quella tradizionale monopolare. La rimozione più precoce del
catetere vescicale e il miglioramento più rapido
della sintomatologia nel decorso post-operatorio
68
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
possono essere correlate alla temperature più
basse che si sviluppano durante la procedura
con resettore bipolare. Nel nostro studio non
sono state riscontrate complicanze relative al
riassorbimento di soluzioni ipertoniche con
conseguenti TUR sindrome; tuttavia, le complicanze descritte in letteratura confermano che
l’utilizzo di soluzione fisiologica è certamente un
presidio utile per rendere più sicura la TURP.
LASER F.R.E.D.D.Y VS LASER OLMIO: 2
FONTI DI ENERGIA PER LITOTRISSIA ENDOSCOPICA A CONFRONTO
P.P. Fasolo, E. Conti, S. Lacquaniti, R. Mandras,
L. Puccetti, G. Fasolis
SOC Urologia, Ospedale San Lazzaro ASL 18, Alba
(CN)
Introduzione ed Obiettivi: Il trattamento endoscopico della calcolosi ureterale rappresenta
una metodica di rapida esecuzione e con percentuale di successo particolarmente elevata. Il
laser sicuramente rappresenta la fonte di energia più valida per la litotrissia endoscopica.
Scopo del nostro lavoro è stato quello di rivedere la nostra casistica analizzando una serie
di pazienti affetti da litiasi dell’uretere pelvico
confrontandone il trattamento con due fonti di
energia laser diversa: il F.R.E.D.D.Y laser (doppio pulsato, con effetto fotoacustico e che non
esprime elevate temperature in punta di fibra)
ed il laser ad olmio (effetto fototermico, che
esprime temperature tra 700 e 1200 gradi
all’estremo distale della fibra).
Metodi: Abbiamo analizzato 40 procedure endoscopiche per calcolosi uretere pelvico. 19
pazienti (gruppo A) sono stati sottoposti ad ureteroscopia con litotrissia F.R.E.D.D.Y laser, 21
pazienti ad ureteroscopia laser olmio (gruppo
B). La procedura chirurgica è stata condotta con
la stessa tecnica variando solo la fonte di energia. Risultati: La dimensione media del calcolo
era di 9,6 mm per il gruppo A e 9,3 mm per il
gruppo B e non esiste differenza statisticamente
significativa fra i 2 gruppi al t test. Il tempo operatorio medio è stato di 33 minuti per il gruppo
A e 22 minuti per il gruppo B con differenza
significativa al t test (p<0,0005). La presenza di
frammenti residui e stata 58% gruppo A e 42%
gruppo B e la differenza non è risultata significativa. In 11 pazienti si é verificato push-up
involontario di frammenti di dimensioni superiori a 4 mm che ha richiesto il posizionamento
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
di stent ureterale a termine della procedura:
73% nel gruppo A e 27% nel gruppo B con una
differenza significativa al chi quadro (p<0,05) e
comunque non correlabile alla presenza di
idronefrosi pre-operatoria. Il follow-up è breve
(massimo: 6 mesi) per la recente acquisizione
dello strumentario ed il lavoro si limita al paragone di efficacia della frammentazione.
Conclusioni: Il laser ad olmio ha mostrato una
maggiore rapidità di esecuzione ed una minore
tendenza al push-up di frammenti significativi
tali da richiedere il posizionamento di stent
ureterale. Il laser F.R.E.D.D.Y mostra invece una
maggiore facilità d’uso e maneggevolezza di
impiego poiché l’effetto fotoacustico non crea
lesioni della parete ureterale. Il follow-up breve
non permette ancora considerazioni sulla comparsa di lesioni ureterali secondarie tardive.
RISULTATI PRELIMINARI DALL’EAU REAL
LIFE DATA REGISTRY SULLA TERAPIA
TUNA
A. Tubaro1, K. Höfner2, H. Villavicencio3, J.J. de
la Rosette4, C.R. Chapple5
1
Sant’Andrea Hospital, Rome, Italy; 2Evangelisches
Krankenhaus, Oberhausen, Germany; 3Fundació
Puigvert, Barcelona, Spain; 4Academisch Medisch
Centrum, Amsterdam, The Netherlands; 5Royal
Hallamshire Hospital, Sheffield, UK
te agli investigatori di inserire i dati dei propri pz
in una banca dati. È previsto l’arruolamento di
300 pz ed un follow-up (FU) di 5 anni.
Risultati: Da Settembre 2005, 230 pz (età media
67 anni) sono stati arruolati da 20 centri situati
in 9 paesi europei. Sono stati valutati 229
pazienti e sono disponibili dati di follow-up a 6
mesi in 130 pazienti. All’arruolamento la
dimensione media della prostata era di 43 gg e
il 16% dei pz aveva ritenzione urinaria cronica
(RUC). Nel 16% dei casi si sono avute complicanze intraoperatorie. Nel 92% dei pz è stato
posizionato un catetere a permanenza per qualche giorno ma solo nel 4% dei casi a causa di
RUC. Nei 130 pz con 6 mesi di FU l’IPSS, IPSSQoL e il flusso massimo (Qmax) hanno avuto
un miglioramento significativo confrontando il
baseline con 6 mesi di FU (Tabella). Si sono
verificate complicanze post-operatorie in 36 pz
(31%); di questi 17 (13%), ha sviluppato RUC.
Sedici pz (12%) sono stati classificati come fallimenti: di questi 6 sono stati sottoposti a terapia farmacologia per LUTS/BPH e 7 a TURP
(Tabella 1).
Conclusioni: Questi risultati preliminari confermano la possibilità di utilizzare un registro
europeo su WEB per raccogliere dati clinici a
medio e lungo termine su una determinata
patologia/trattamento aprendo nuove prospettive di ricerca clinica.
Introduzione e Obiettivi: Il Real Life Data
Registry sulla Terapia TUNA è un registro
europeo, coordinato dall’ufficio per la ricerca
clinica della Società europea di Urologia che
ha lo scopo di fornire risultati clinici a lungo
termine e dati economici su questo tipo di
trattamento. in pazienti (pz) con iperplasia
prostatica benigna sintomatica.
Metodi: Uno strumento centralizzato di raccolta
e analisi dei dati via web (enCapture™) permet-
TURP BIPOLARE CON SISTEMA GYRUS:
RISULTATI SU 88 PAZIENTI CON FOLLOWUP DI 1 ANNO
M. De Sio, R. Autorino, D. Giordano, U. Pane, L.
Cosentino, F. Di Giacomo, S. Mordente, G.
Quarto, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano,
D. Sorrentino, M. D’Armiento
Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi,
Napoli
Tabella 1.
Parametri (n)
Media ± DS al Baseline
Media ± DS a 6 mesi dopo Terapia TUNA®
(% di miglioramento)
P-value
I-PSS Totale (n=120)
20.1 ± 5.6
7.4 ± 6 (64%)
< 0.0001
IPSS-QoL (n=123)
4.3 ± 1.1
1.7 ± 1.4 (60%)
< 0.0001
9.0 ± 8
15.5 ± 8.3 (76%)
< 0.0001
16.5 ± 6.6
17.8 ± 6 (5%)
0.129
Qmax (mL/s) (n=116)
IEFF-5 (n=79)
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
69
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Scopo: Determinare l’efficacia della resezione
transuretrale della prostata (TURP) eseguita
con dispositivo bipolare.
Pazienti e Metodi: 88 pazienti sono stati randomizzati in maniera prospettica in due gruppi:
gruppo PK (n=44) sono stati sottoposti a
TURP bipolare con il sistema Gyrus ad energia
Plasmacinetica, gruppo M (n=44) sono stati
sottoposti a TURP monopolare standard. I
principali end-point dello studio sono stati il
tempo di cateterizzazione post operatoria e la
durata della degenza. End-point secondari
sono stati: tempi operatori, perdite ematiche,
durata del lavaggio continuo, complicanze
immediate e a lungo termine. I pazienti sono
stati valutati con IPSS, uroflussimetria, ecografia per la valutazione del residuo postminzionale prima dell’intervento ed a 3, 6 e 12 mesi
dopo l’intervento.
Risultati: La degenza e il periodo di cateterizzazione sono risultati più brevi nel gruppo PK
in maniera significativa così come la durata del
lavaggio continuo. Non è stata rilevata alcuna
differenza significativa per quanto riguarda le
perdite ematiche, e i risultati dell’IPSS, dell’uroflussimetria e del valore del residuo post
minzionale. I controlli periodici fino a 12 mesi
hanno dimostrato risultati sovrapponibili tra i
due gruppi.
Conclusioni: La TURP bipolare consente
tempi di cateterizzazione postoperatoria e di
degenza ridotti in confronto alla tecnica
standard monopolare. A parità di risultati
sintomatologici e flussimetrici unisce il vantaggio di utilizzare soluzione fisiologica
come fluido di infusione, riducendo le
potenziali complicanze della tecnica monopolare.
VAPORIZZAZIONE DELLA PROSTATA CON
LASER KTP: DEBULKING VERO O SEMPLICE CONIZZAZIONE?
A. Tubaro, C. De Nunzio, A. Trucchi, S. Petta, L.
Miano
Cattedra di Urologia, 2a Facoltà di Medicina,
Università degli Studi “La Sapienza”, U.O.C. di
Urologia, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Roma
Introduzione ed Obiettivi: La vaporizzazione
della prostata con il laser KTP si sta rapidamente diffondendo come uno dei possibili
nuovi standard di terapia. Obiettivo di questo studio era quello di verificare la possibili-
70
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
tà di ottenere una cavità prostatica simile a
quella di una resezione endoscopica tradizionale.
Materiali e Metodi: Da settembre a novembre
2005, 35 pazienti sono stati sottoposti a vaporizzazione della prostata con laser KTP per sintomi delle basse vie urinarie e/o ostruzione
cervico-uretrale associata ad iperplasia prostatica. Al termine della procedura chirurgica, è
stata eseguita una ecografia prostatica transrettale. Le immagini ecografiche ottenute dai
pazienti sottoposti a trattamento laser sono
state sottoposte, insieme a quelle di un gruppo confrontabile di pazienti operati di resezione transuretrale della prostata (TURP) nel
nostro istituto, all’esame di un osservatore
chiedendo di indicare, ove possibile, se si trattasse di una paziente sottoposta a trattamento
laser o TURP.
Risultati: Trentatré pazienti sono valutabili.
Tutti i trattamenti sono stati eseguiti utilizzando una sola fibra laser ed un endoscopio
dedicato (Karl Storz, Verona). Il tempo operatorio è stato di 52±13 minuti. Trenta
pazienti su 33 sono stati dimessi il mattino
seguente l’intervento mentre due pazienti
sono stati dimessi 48 ore dopo l’intervento.
Trentatré pazienti trattati con laser KTP sono
valutabili (età media 66.7±9.9 anni, PSA
totale 2.9±2.3 ng/ml), volume prostatico
52±13 ml, IPSS 20.4±7.3, Qmax 11.5±6.1
ml/s, RPM 78±88 ml. Ad un mese di followup, l’IPSS si era ridotto 5.2±2.3, il Qmax era
salito a 22.2±8.1 ml/s con un RPM di
11.5±16.9 ml. La valutazione ecografica
della loggia prostatica è risultata essere indistinguibile da quella di una TURP nei
pazienti con volume prostatico fino a 50 ml,
nelle prostate di volume maggiore la vaporizzazione del tessuto iperplastico risultava
essere incompleta rispetto ad una TURP.
Nonostante l’esiguo numero dei pazienti non
esiste, nell’immediato una correlazione tra
dimensione della cavità prostatica e risposta
clinica.
Conclusioni: L’esame ecografico della loggia
prostatica nei pazienti sottoposti a vaporizzazione della prostata con laser KTP dimostra
vaporizzazione pressoché completa del tessuto
iperplastico nelle prostate di volume fino a 50
ml. Nelle ghiandole di volume maggiore la
vaporizzazione è, nella nostra esperienza,
incompleta. Il significato clinico di questa
osservazione è al momento sconosciuto.
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
IL BISTURI ELETTRONICO A RISONANZA
QUANTICA MOLECOLARE VESALIUS U 20‘
NELL’ADENOMECTOMIA
PROSTATICA
TRANSURETRALE: ESPERIENZA CLINICA
PRELIMINARE
A. Meneghini, M. Gholam Alipour, V. Pegoraro
SOC Urologia. Ospedale S. Maria della Misericordia,
Rovigo
globinico pre e postoperatorio 1.7 g/dl (range
(1.3-2.6) Nessun paziente è stato sottoposto
ad emotrasfusione nel postoperatorio e in nessun caso è stata necessaria un’endoscopia
urgente per ematuria. È stato possibile rimuovere il catetere in prima giornata postoperatoria in 27/29 pazienti (93%) e tutti i pazienti
sono stati dimessi entro le 24 ore successive.
Non si è osservato alcun episodio di ritenzione
urinaria da coaguli né ad urine limpide entro
30 giorni dall’intervento. Attualmente tutti i
pazienti in follow-up hanno uroflussometria
nella norma, ecografia che non documenta
ristagno post minzionale ed urine sterili.
Conclusioni: L’adenomectomia prostatica transuretrale con bisturi a Risonanza quantica
molecolare Vesalius U2 è una metodologia clinica sicura e affidabile. Non esiste alcuna difficoltà nell’apprendimento ma una più estesa
applicazione clinica con maggiore follow-up
sono necessari prima di poter formulare un
giudizio definitivo. I risultati preliminari sono
tuttavia incoraggianti.
Introduzione: La fisica quantistica indica che i
trasferimenti di energia avvengono in modo
discontinuo per pacchetti (quanti). Per ogni
legame molecolare esiste un valore quantico di
energia capace di romperlo senza fare aumentare l’energia cinetica del sistema e di conseguenza senza determinare aumenti di temperatura. Il bisturi elettronico a risonanza molecolare Vesalius U20 (Telea Electronic
Engineering S.r.l. Quinto Vicentino) implementa la teoria della risonanza quantica molecolare. Esso genera una corrente alternata di
frequenza fondamentale pari a 4 MHz con
armoniche successive a 8, 12 e 16 MHz e
ampiezza decrescente secondo uno schema
detto Cell Safety Spectrum. Il bisturi a RQM
può essere utilizzato in modalità taglio puro,
coagulo e taglio misto.
Materiali e Metodi: Da Luglio 2003 a Luglio
2005, 29 pazienti sono stati sottoposti ad adenomectomia prostatica transuretrale con
bisturi elettronico Vesalius U20. L’età media
era 69 anni (range 46-89). Il volume prostatico medio, calcolato mediante ecografia transrettale era 40 cc (range 25-80). Tutti i pazienti avevano un’uroflussometria patologica, con
ristagno post minzionale minimo di 50 cc.
Sono stati valutati il tempo operatorio e lo
scarto emoglobinico pre e postoperatorio, la
durata del cateterismo postoperatorio e l’incidenza di complicanze a breve e medio termine. I pazienti sono stati controllati a 3 e 6 mesi
con uroflussometria, urinocoltura ed ecografia
sovrapubica. Il follow-up medio è pari a 14
mesi (range 6-24).
Risultati: La durata media dell’intervento è
risultata di 45’ (range 30- 70) lo scarto emo-
IL GENERATORE BIPOLARE ACMI VISTA
CTR: ESPERIENZA CLINICA SU 74 CASI DI
ADENOMECTOMIA PROSTATICA TRANSURETRALE
A. Meneghini, M. Pizzarella, V. Pegoraro
SOC Urologia, Ospedale S. Maria della Misericordia,
Rovigo
Introduzione: La nostra esperienza clinica di
TURP bipolare plasmacinetica ci ha portato ad
apprezzarne i vantaggi in termini di sicurezza
ed impatto positivo sul periodo postoperatorio. Riportiamo i dati relativi a 74 casi eseguiti
in due anni.
Materiali e Metodi: Da settembre 2003 a
Settembre 2005, 74 pazienti sono stati sottoposti a TURP bipolare con ACMI Vista CTR.
L’età mediana era 67 anni (range 49-92). Il
volume prostatico mediano, calcolato mediante ecografia transrettale, è risultato 47 cc
(range 22-105). Tutti i pazienti avevano un’u-
Tabella 1.
Tempo operatorio (min)
Scarto emoglobinico (g/dl)
Gruppo A (28 casi)
37 (range 22-41)
1.5 (range 0.9-2.2)
Gruppo B (46 casi)
50 (range 35-85)
2.1 (range 1.1–3.2)
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
71
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
roflussometria patologica, con ristagno post
minzionale minimo di 50 cc. Sono stati valutati i livelli degli elettroliti plasmatici intra e
postoperatori, la durata del cateterismo postoperatorio e l’incidenza di complicanze a breve
e medio termine. Il tempo operatorio e lo scarto emoglobinico pre e postoperatorio sono
stati calcolati, suddividendo i pazienti in gruppo A, volume prostatico < 40 cc, e gruppo B
volume prostatico > 40 cc. I pazienti sono stati
controllati a 3 e 6 mesi con uroflussometria,
urinocoltura ed ecografia sovrapubica. Il follow-up mediano è pari a 15 mesi (range 3-24).
Risultati: Non sono state osservate alterazioni
elettrolitiche intra e postoperatorie. Nessun
paziente è stato sottoposto ad emotrasfusione
nel postoperatorio, né è mai stato necessario
procedere endoscopicamente per ematuria
massiva (Tabella 1).
In 67/74 pazienti (87%) è stato possibile
rimuovere il catetere in prima giornata postoperatoria e tutti i pazienti sono stati dimessi
entro le 24 ore successive. Nessun paziente è
stato rivalutato per ritenzione urinaria da
coaguli né ad urine limpide entro 30 giorni
dall’intervento. Due pazienti hanno sviluppato
una stenosi del meato uretrale esterno trattata
conservativamente. Un caso di sclerosi serrata
del collo vescicale si è verificato 75 giorni
dopo il trattamento in un paziente oligurico
insufficiente renale.
Conclusioni: Le importanti ripercussioni positive nel decorso postoperatorio e sui risultati a
distanza indicano che la TURP bipolare è un
sistema sicuro ed efficace di trattamento chirurgico dell’ipertrofia prostatica benigna. Un
maggiore follow-up ci consentirà di verificare
l’eventuale incidenza di complicanze a lungo
termine.
ENUCLEAZIONE CON HOLMIUM LASER
(HOLEP) VERSUS ADENOMECTOMIA PROSTATICA TRANS-VESCICALE PER PROSTATE > 70 G: FOLLOW-UP A DUE ANNI
R. Naspro, N. Suardi, A. Salonia, B. Mazzoccoli,
V. Di Girolamo, R. Colombo, G. Guazzoni, P.
Rigatti, F. Montorsi
Dipartimento di Urologia, Università Vita-Salute
Ospedale San Raffaele, Milano
Introduzione: Uno studio prospettico randomizzato che confronta l’outcome a due anni a
2-year follow-up (FU) tra l’enucleazione con
72
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
laser ad olmio (HoLEP) e l’adenomectomia
prostatica transvescicale (ATV) per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna di prostate con peso ≥ 70 g.
Materiali e Metodi: Da marzo 2003 a dicembre
2004, sono stati consecutivamente randomizzati 80 pazienti con ipertrofia prostatica benigna sintomatica per essere trattati chirurgicamente con HoLEP (gruppo 1, n=41) o ATV
standard (gruppo 2, n=39). I pazienti di
entrambi i gruppi sono stati valutati pre-operatoriamente tramite i questionari sulla scala
dei
sintomi
urinari
soggettivi
con
l’International Prostate Symptom Score (I-PSS)
e sulla qualità di vita (QoL), con un esame
obiettivo, l’esplorazione rettale, il PSA totale, e
l’ecografia dell’apparato urinario e prostatica
transrettale (TRUS). I parametri peri- e postoperatori sono stati registrati accuratamente. I
pazienti sono stati poi valutati a 3, 12 e 24
mesi di FU con i medesimi questionari, uroflussometria con residuo post-minzionale ed
esame urodinamico completo.
Risultati: Si espongono i valori preoperatori del
gruppo 1 vs gruppo 2 come media±SE: volume prostatico all’ecografia transrettale:
108.15±30.5 g e 116.7±24.02 g (p=0.33);
volume dell’adenoma: 75.8±34.5 g e 82.5±4.5
g (p=0.41) rispettivamente. I valori pre-operatori di PSA totale erano: 5.8±3.01 ng/dl vs
6.9±2.89 ng/dl (p=0.29); il peso medio dei
campioni era: 28.3±3.3 g vs 32.6±2.04 gr (p =
0.005). Il tempo chirurgico risultava complessivamente maggiore nel gruppo 1 (62.9±18.3
vs 53.5±11.5 min; p=0.06), mentre la rimozione del catetere vescicale (1.5±1.07 vs
4.1±0.5 giorni) e la durata della degenza
(2.7±1.07 vs 5.4±1.05 giorni; p<0.001) erano
significativamente più brevi nel gruppo 1
rispetto al gruppo 2. I valori di emoglobina nel
1° giorno post-operatorio erano: 12.3±1.8 vs
11.1±1.64 g/dl (p=0.04). 12 pazienti del gruppo 2 hanno necessitato trasfusioni di emazia
concentrate, rispetto a 4 pazienti del gruppo 1
(p<0.07). A 12 e 24 mesi di FU erano disponibili 78 e 40 pazienti rispettivamente. Non
sono state rilevate differenze statisticamente
significative tra i due gruppi per quanto
riguarda l’uroflussimetria, gli score IPSS e QoL
a 12 e 24 mesi di FU. Inoltre, in entrambi i
gruppi, i risultati urodinamici hanno mostrato
un miglioramento ed un mantenimento in termini di risoluzione dell’ostruzione a 24 mesi
di FU. Tutti i casi di stress incontinence mode-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
rata in entrambi i gruppi si sono risolti a 12
mesi di FU. Un paziente in entrambi i gruppi
ha richiesto un re-intervento endoscopico per
ostruzione uretrale/sclerosi del collo vescicale
a 24 mesi di FU. Cinque pazienti (2 nel gruppo 1 e 3 nel gruppo 2) sono stati persi al FU a
24 mesi.
Conclusioni: La HoLEP per il trattamento dell’ipertrofia prostatica di prostate >70 g è una tecnica eseguibile e che garantisce risultati simili
all’adenomectomia prostatica transvescicale a
24 mesi di follow-up. Inoltre, la riduzione del
tempo di cateterizzazione, del tempo di
degenza in ospedale e delle perdite ematiche
rendono la tecnica della HoLEP un un’opzione endourologica attraente per il trattamento
delle grandi prostate.
media di 2,71 giorni contro i 1,61 giorni dei
pazienti sottoposti a PVP (p < 0,0000001). I
giorni di degenza per il gruppo TURP sono
stati in media 3,4 mentre nel gruppo PVP sono
stati 2,1 (p < 0,0000001).
Conclusioni: Ad 1 anno di distanza le due tecniche si equivalgono per quanto riguarda la
risoluzione dei sintomi. Per quanto riguarda il
flusso urinario massimo (indice dell’efficacia
chirurgica) vi è sempre una significativa superiorità del laser a tutte le visite di follow-up.
Inoltre, la PVP offre il vantaggio di essere una
procedura meno cruenta che minimizza le perdite ematiche, i tempi di degenza e cateterizzazione. Nonostante questi risultati incoraggianti, sono necessari ulteriori confronti con dati
più estesi e un follow-up a più lungo termine.
PVP CON LASER KTP/TURP: 2 ESPERIENZE CLINICHE A CONFRONTO
N. Longo, C. Imbimbo, F. Fusco, D. Arcaniolo,
P. Verze, C. Barba, F. Fiore, V. Mirone
Cattedra di Urologia, Università Federico II, Napoli
TRATTAMENTO ENDOSCOPICO CON LASER
AD OLMIO DI STENOSI DELL’ANASTOMOSI
URETRO-VESCICALE ESITO DI PROSTATECTOMIA RADICALE: DESCRIZIONE DI UN
CASO CLINICO
S. Valenti, I. Vavassori, R. Hurle, A. Manzetti, O.
Fenice, M. Catastini, A. Vismara
Reparto di Urologia, Cliniche Gavazzeni, Bergamo
Obiettivi: In questo studio abbiamo paragonato efficacia e sicurezza della PVP con la TURP
nel trattamento dell’IPB.
Materiali e Metodi: Sessantatre pazienti sono
stati randomizzati ad intervento di PVP con
laser KTP (31 pazienti) e TURP (32 pazienti).
Sono stati presi in considerazione come dati
per l’analisi comparativa tra le due tecniche il
flusso urinario massimo e il punteggio IPSS
misurati prima dell’operazione e dopo 1, 6 e
12 mesi dall’intervento, i giorni di degenza e i
giorni di cateterizzazione. Il confronto tra i
due gruppi è stato effettuato con test t di
Student, considerando una p < 0,05 come statisticamente significativa.
Risultati: Nelle caratteristiche generali i due
gruppi sono risultati omogenei. I risultati sono
illustrati in Tabella 1. Inoltre i pazienti sottoposti a TURP sono stati cateterizzati per una
Introduzione: La stenosi dell’anastomosi uretrovescicale in esiti di prostatectomia radicale
presenta la tendenza a recidivare diverse volte
nonostante vengano messi in atto trattamenti
quali dilatazione uretrale, uretrotomia endoscopica e/o resezione transuretrale del tessuto
cicatriziale.
Materiale: Riportiamo il caso di una severa stenosi dell’anastomosi, risolta positivamente
senza complicanze intra o post operatorie,
dopo pregressi ripetuti insuccessi di trattamento. Valicata la stenosi abbiamo rinvenuto una
clip migrata nel lume uretrale dall’anastomosi
uretro-vescicale.
Metodi: Abbiamo utilizzato il laser ad Olmio
con fibra 550 micrometri, settato all’energia di
Tabella 1.
IPPS
Q MAX
Preop*
1 mese*
6 mesi
12 mesi
Preop
1 mese
6 mesi
12 mesi*
TURP
18,3
9,2
7,4
6,6
8,3
14,8
15,6
16,9
PVP
20,8
12,35
8,74
6,5
9,85
17,48
17,6
21,6
*p < 0,05
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
73
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
1 J con frequenza di 8 Hz, creando un’incisione profonda del tessuto cicatriziale alle ore 6 e
quindi abbiamo rimosso la clip con pinza da
presa. In seguito abbiamo proceduto a regolarizzazione del tessuto cicatriziale contiguo (tra
ore 3 ed ore 9).
Risultati: La procedura ha avuto tecnicamente
successo in assenza di ogni complicanza operatoria. L’ospedalizzazione è stata di 24 ore e,
rimosso il catetere dopo 18 ore, abbiamo registrato un’agevole ripresa della minzione spontanea senza sequele irritative di sorta. Il follow-up ha permesso di documentare regolare
pervietà dell’uretra all’uretrocistografia retrograda con uroflussometria nei limiti di norma
Discussione: Nella nostra esperienza il laser ad
Olmio si è dimostrato un’opzione terapeutica
sicura ed efficace per stenosi dell’anastomosi
uretro vescicale dopo prostatectomia radicale.
IL TRATTAMENTO DELL’INCONTINENZA
MASCHILE IATROGENA MEDIANTE IMPIANTO DI “BULKING AGENTS”: RISULTATI PRELIMINARI
M. Gabelli, M. Giglio, F. Pantalone, G. Queirolo,
C. Caviglia, M. Medica
S.C. Urologia, Ospedale di Sestri Levante (GE)
Introduzione e Obiettivi: Il trattamento dell’incontinenza urinaria (IU) dopo prostatectomia
radicale (PR) si è avvalso di svariate procedure
terapeutiche più o meno invasive: dai trattamenti fisiochinesici all’elletrostimolazione
perineale, dagli impianti di benderelle (o
sling) alla chirurgia protesica. I risultati sono
stati spesso deludenti e le complicanze non
trascurabili. Lo scopo di questo studio prospettico è stato quello di verificare la sicurezza
e l’efficacia dell’impianto endo-uretrale di un
nuovo materiale costituito da un copolimero
di destranomero e acido ialuronico (DxHA)
nel trattamento dell’ IU post-PR.
Metodi: Negli ultimi 18 mesi abbiamo trattato
20 pazienti con incontinenza urinaria secondaria a prostatectomia radicale. Nello studio
sono stati inclusi uomini di buona salute, con
IU stabilizzata, detrusore stabile e PSA azzerato. I trattamenti sono stati eseguiti in anestesia
locale e sotto profilassi antibiotica. Tutti i
pazienti sono stati rivalutati a distanza di 7
giorni e dopo 1, 3 e 6 mesi dall’impianto. Le
principali variabili considerate nella valutazione della sicurezza della procedura sono state:
74
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
il dolore durante l’iniezione, il residuo postminzionale e l’eventuale comparsa di infezioni
urinarie. La valutazione dell’efficacia si è basata su 2 tipi di pad-test: uno a breve termine (1
h) durante lo svolgimento di alcuni esercizi
fisici e uno a lungo termine della durata di 24
h. I pazienti sono stati considerati “curati” se le
perdite di urina erano < 16 grammi nel padtest; a lungo termine o < 1 grammo nel padtest a breve termine; i pazienti con una riduzione dell’incontinenza superiore al 50% sono
stati considerati “migliorati”.
Risultati: In 14 pazienti (70%) è stato necessario ripetere l’impianto a distanza di 2 mesi. Tre
pazienti (15%) sono stati ulteriormente ritrattati dopo 2 mesi. L’impianto è stato ben tollerato da tutti i pazienti, solo in un caso (5%) la
procedura è risultata dolorosa. In un paziente
(10%) in ritenzione urinaria è stato temporaneamente posizionato un catetere vescicale. In
nessun caso si sono verificate infezioni urinarie. Un totale di 14 pazienti (70%) ha tratto
beneficio dal trattamento: in particolare 6
pazienti (30%) sono risultati curati e 8 (40%)
migliorati dopo 6 mesi di follow-up. In 6 casi
(30%) non è stato osservato alcun miglioramento.
Conclusioni: L’iniezione endo-uretrale di DxHA
è risultata una procedura estremamente sicura
e dotata di una buona efficacia nel trattamento dell’incontinenza urinaria maschile postPR. In questi pazienti la metodica potrebbe
essere proposta come trattamento di prima
linea, riservando le procedure più invasive ai
casi in cui l’impianto è risultato inefficace.
UN RARO CASO DI EMATURIA LATERALIZZATA: FISTOLA VENOSO-CALICEALE O
TUMORE A CELLULE TRANSIZIONALI
DELLE ALTE VIE CONTROLATERALE?
L. Defidio, M. De Dominicis, V. Santini
Divisione di Urologia, Ospedale Cristo Re, Roma
Introduzione: L’ematuria lateralizzata (EL) è una
condizione clinica caratterizzata da ematuria
macroscopica intermittente che proviene da
uno dei due meati ureterali, con normalità
degli esami strumentali di routine (ecografia,
urografia, cistoscopia con citologia, TAC, arteriografia) e che crea notevole stato d’ansia nel
paziente e nel medico. Presentiamo un raro
caso di EL non sostenuta da una fistola venoso-caliceale.
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Materiali e Metodi: La signora XY, di anni 65, è
giunta alla nostra osservazione per ematuria
macroscopica sinistra di n.d.d. che durava da
due anni. Gli esami di routine erano normali,
per cui abbiamo deciso di eseguire uno studio
endoscopico della via escretrice sinistra.
Abbiamo esaminato dapprima l’uretere con un
ureteroscopio rigido fino al giunto pielo-ureterale. Una volta nel rene abbiamo eseguito una
pielografia retrograda che ha mostrato una
comunicazione tra un calice superiore e la
vena renale attraverso un piccolo vaso venoso.
Con l’ureteroscopio flessibile abbiamo notato,
a livello di un calice del gruppo superiore, un
forellino da cui si intravedeva una struttura di
probabile natura venosa. È stata fatta quindi
diagnosi di fistola venoso-caliceale, ma non è
stato osservato sanguinamento. Non contenti
abbiamo esplorato la via escretrice controlaterale. A livello del calice superiore abbiamo trovato un tumore a cellule transizionali (TCC)
G3 sanguinante. La paziente è stata sottoposta
successivamente a nefroureterectomia radicale
destra. La cistoscopia a 3 e a 6 mesi è stata
negativa e il sanguinamento è cessato.
Conclusioni: La patogenesi delle fistole venosocaliceali rimane ancora un mistero. Secondo
alcuni, la presenza di ematuria sarebbe spiegabile con un aumento temporaneo della pressione nella vena renale, talora causato da malformazioni vascolari (sindrome dello schiaccianoci,vena renale sinistra retroaortica, ecc).
Una venografia renale selettiva con embolizzazione super-selettiva può essere il trattamento
migliore e fermare il sanguinamento. Nel
nostro caso l’EL non era supportata da una
fistola veno-caliceale ma da un TCC nel rene
controlaterale.
RICANALIZZAZIONE COMBINATA PER VIA
ENDOSCOPICA RETROGRADA ED APPROCCIO PERCUTANEO CON GUIDA ECOGRAFICA PER LESIONE URETERALE, CON VOLUMINOSO URINOMA, SECONDARIA AD
INTERVENTO DI ISTERECTOMIA + ANNESSIECTOMIA TOTALE PER PELVIPERITONITE
M. Mari, A. Ambu, F. Mangione, S. Guercio, M.
Bellina
U.O.A. di Urologia, Ospedale degli Infermi di Rivoli,
Torino
L’incidenza di lesioni ureterali iatrogene varia
dallo 0.05 al 30% e tali danni sono general-
mente secondari ad interventi ginecologici.
L’isterectomia semplice per via addominale
rappresenta la causa più comune di danno ureterale. Le lesioni ureterali diagnosticate intraoperatoriamente devono essere trattate immediatamente per ridurre le complicanze e dare i
migliori risultati terapeutici, ma solo il 20% di
tali lesioni sono riconosciute durante l’intervento. Il trattamento endourologico rappresenta una possibile soluzione al problema con
elevate percentuali di successo. In questo
video riferiamo di una paziente di 43 anni, sottoposta ad intervento ginecologico di isteroannessiectomia in regime di urgenza, per pelviperitonite. A 48 h dall’intervento, a seguito di
iperpiressia e presenza di circa 1000 ml di
liquido urinoso dal drenaggio, effettuava TC
addome con riscontro di urinoma pelvico e
verosimile lesione uretere iliaco sinistro.
Giungeva quindi alla nostra attenzione e veniva sottoposta ad ureteroscopia sinistra, che
documentava la presenza di un uretere pelvico
regolare con distaccamento completo a livello
iliaco. Nel retroperitoneo si visualizzava il possibile moncone ureterale con legatura coinvolgente, verosimilmente, i vasi gonadici. A seguito di tentativo infruttuoso di introduzione di
filo-guida anche dopo iniezione endovena di
blu di metilene, si decideva di porre la paziente in posizione prona e di effettuare puntura
percutanea del rene su guida ecografica; la procedura, non agevole a causa dell’assenza di
dilatazione pielocaliceale, consentiva di effettuare una pieloureterografia anterograda con
posizionamento di filo-guida idrofilo che superava il tratto della legatura dell’uretere iliaco.
Su filo guida veniva collocato mono-J 8 Ch. Si
procedeva quindi nuovamente a ureteroscopia
con reperimento del filo guida in sede retroperitoneale, che con pinza da presa veniva esteriorizzato verso il meato uretrale esterno.
Questa manovra permetteva di evidenziare il
corretto allineamento dei due monconi ureterali. Successivo posizionamento di JJ 6x26 percuflex, mantenendo in situ il mono-J. Circa 10
giorni dopo veniva effettuata una pielouereterografia anterograda che non documentava
fistole urinose e pertanto veniva rimossa la pielostomia. Il controllo urografico a 1 mese dall’intervento dimostra assenza di spandimento
di mezzo di contrasto lungo il decorso ureterale. Con la nuova ureteroscopia eseguita a 60
giorni è stato possibile apprezzare il regolare
calibro dell’uretere e la perfetta riepitelizzazioArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
75
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ne nell’area di riaccostamento dei monconi. Il
controllo urografico a 3 mesi dall’intervento
dimostrava regolare morfologia dell’uretere
sinistro, e confermava l’assenza di spandimento di mezzo di contrasto. Tale reperto urografico veniva confermato a 12 mesi dall’intervento, escludendo la presenza di stenosi tardive, idronefrosi o ritardo funzionale del rene.
Le lesioni ureterali dopo chirurgia ginecologica sono relativamente frequenti, e la riparazione precoce per via endoscopica può rappresentare una valida opzione.
AFFIDABILITÀ DELLA CISTOSCOPIA CON 5
ALA NEL FOLLOW-UP DEL CIS PURO IN
TRATTAMENTO CON BCG
R. Colombo, R. Naspro, P. Bellinzoni, G.
Guazzoni, F. Fabbri, P. Rigatti
Unità operativa di Urologia, Università “Vita-Salute”
Istituto Scientifico H. San Raffaele, Milano
Obiettivo: Studio prospettico che valuta l’affidabilità della cistoscopia eseguita in fluorescenza (PDD) dopo somministrazione endovescicale di acido 5-aminolevulenico (5-ALA) e
acido examinolevulino (Hexvix®) confrontata
con la luce bianca tradizionale in pazienti
affetti da carcinoma in situ (Cis) non associato
a forme papillari (puro).
Materiali e Metodi: Tra Febbraio 2004 e
Dicembre 2005, 36 pazienti affetti da Cis puro
come diagnosi all’ultima TUR prima dell’arruolamento, in varie fasi di trattamento con
BCG secondo lo schema di Lamm a distanza di
almeno 3 settimane dall’ultima instillazione di
immunoterapico sono stati arruolati per lo
studio. L’età media dei pazienti era di 70±12
anni, il numero totale delle instillazioni per
singolo paziente era 6±10 e il tempo dall’ultima instillazione era 70±30 giorni. L’anamnesi
remota di TCC dei pazienti arruolati era: TaG2
+ CIS=4 (11.1%), T1G3 +cis =6 (16.7%), CIS
isolato 26 (72.2%), CIS isolato alla TUR preinclusione 36 (100%). I pazienti sono stati sottoposti in regime ambulatoriale durante il follow-up a cistoscopia in luce standard e in PDD
previa instillazione endovesciale di 5 ALA (50
ml di una soluzione di 5-ALA al 3,5%,
Shering) in 20 casi e di Hexvix® in 16 casi,
almeno 2 ore e 45 minuti prima. Come fonte
luce è stata utilizzata una luce bianca con filtro equipaggiata con lampada allo xenon in
grado di produrre una lunghezza d’onda da
76
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
345 a 440 nm. La vescica è stata esplorata
accuratamente prima in luce bianca e poi in
fluorescenza. Tutte le aree sospette per tumore
sono state sottoposte a biopsie a freddo. Al
momento della cistoscopia ogni paziente recava con se un esame citologico delle urine su 3
campioni. Tutti i campioni istologici ottenuti
sono stati valutati da un patologo cieco allo
studio.
Risultati: La durata media delle instillazioni è
stata 160 minuti (range 100-180) e gli effetti
collaterali legati alle instillazioni sono stati
trascurabili e tutti i pazienti sono stati in
grado di trattenere il farmaco per il tempo
adeguato. Dei 36 pazienti valutati 15 (41,6%)
erano postivi per CIS alla biopsia, di cui 14
diagnosticati solo in fluorescenza e 1 sia in
luce bianca standard che in fluorescenza. In 5
casi (13,8%) sono state eseguite biopsie di
aree sospette sia in fluorescenza che alla valutazione istologica sono risultate compatibili
con aree infiammatorie (falsi positivi). In 3
pazienti si è riscontrata una citologia vescicale urinaria positiva per cellule tumorali maligne; in due casi sia la cistoscopia in fluorescenza che quella a luce bianca sono risultate
negative per aree sospette mentre è risultata
positiva una ricerca di CTM ureterale selettiva.
Conclusione: Questi dati, seppur preliminari,
sembrano indicare che la cistoscopia eseguita
in fluorescenza sembra incrementare la detection rate di carcinoma in situ durante il followup di pazienti ad alto rischio senza aumentare
il rischio di complicanze.
DIAGNOSI ISTOLOGICA DEFINITIVA SULLA
BIOPSIA PROSTATICA IN 3 ORE: ESPERIENZA DEL PRIMO ANNO
L. Nava1, M. Freschi2, C. Doglioni2, A. Losa1, E.
Scapaticci1, T. Maga1, P. Rigatti1, G. Guazzoni1
1
S. Raffaele-Turro, Dipartimento di Urologia,
Milano; 2IRCCS San Raffaele, Dipartimento di
Anatomia Patologica, Milano
Introduzione ed Obiettivi: Scopo di questo studio è una valutazione prospettica dell’efficacia e della riproducibilità della processazione
rapida di campioni bioptici di prostata con
RHS1®, un processore automatico a
microonde.
Metodi: dal Luglio 2004 al Luglio 2005 sono
state eseguite un totale di 364 biopsie conse-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
cutive per la diagnosi di tumore prostatico in
pazienti con valori di PSA compresi fra 2.5 e
14 ng/mL. I prelievi bioptici (numero medio
20, range 14-24) sono stati depositati tra 2
spugne in cassettine di plastica, fissate con
soluzione di formalina al 4%, processate con
RHS1® (senza xilene), incluse in paraffina,
tagliate a sezioni di 3µ e quindi colorate con
ematossilina-eosina. Sono stati analizzati il
tempo di processamento, il tempo del processo diagnostico completo, la detection rate e la
percentuale di eventuali ulteriori valutazioni;
inoltre questi risultati sono stati paragonati a
quelli registrati in una concomitante serie di
321 biopsie prostatiche effettuate in una serie
di pazienti con caratteristiche simili, con la
stessa tecnica di campionamento, nello stesso
periodo, ma processate con metodo tradizionale. Le valutazioni istopatologiche sono state
eseguite da un singolo patologo.
Risultati: la detection rate globale per entrambi i gruppi (biopsie processate con RHS1® vs.
biopsie processate con metodo tradizionale) è
risultata simile: 41% di Pca per entrambi i
gruppi, 20% di HGPIN vs 18%, 2,2% di ASAP
vs 2,8%. Il patologo ha eseguito una valutazione qualitativa comparabile per entrambi i
gruppi, dato confermato da una revisione
intradipartimentale. Non sono state registrate
variazioni della lunghezza dei campioni bioptici pre e post-processazione. Il tempo di processamento automatico è stato di 75 minuti vs
14 ore, il tempo alla diagnosi definitiva è stato
di 190 min (range 145-260) vs 24 ore. Una
diagnosi rapida è stata possibile in 347/364
pazienti (95%). In 17 pazienti è stata necessaria un’ulteriore valutazione immunoistochimica senza che questa abbia richiesto una modificazione dei metodi utilizzati routinariamente. Tutti i pazienti hanno potuto concludere
nello stesso giorno il processo diagnostico e
stadiativo.
Conclusioni: L’esperienza di questo primo anno
conferma la validità di questo nuovo processore automatico a microonde per la processazione rapida delle biopsie prostatiche. RHS1®
è risultato essere efficace quanto i metodi di
processazione tradizionali e potrebbe rappresentare un nuovo standard per risparmiare
tempo, costi e stress per i pazienti. Essendo
una metodica senza xilene, risulta facile e più
sicuro per il personale sanitario. RHS1® permette una miglior qualità del servizio con la
diagnosi in un giorno.
BRACHITERAPIA NEL CARCINOMA PROSTATICO INTRACAPSULARE. EQUIVALENZA
DELLA DOSIMETRIA IN PAZIENTI CON CONTROINDICAZIONI RELATIVE ED IN PAZIENTI
CON CARATTERISTICHE STANDARD
M. Maffezzini1, E. Vaccara3, T. Calcagno1, L.
Gavazzi1, P. Ricci2, A. Grimaldi2, F. Grillo2, M.
Gambaro3, G. Taccini3
1
Struttura Complessa di Urologia, 2Struttura
Complessa di Radioterapia, 3Struttura Complessa di
Fisica Sanitaria, E.O. Ospedali Galliera, Genova
Introduzione ed Obiettivi: Lo studio ha lo scopo
di valutare la qualità dell’impianto in due categorie di pazienti: la prima costituita dai candidati ideali per l’impianto, la seconda da
pazienti con controindicazioni relative alla
brachiterapia prostatica (pregressi interventi
endoscopici o eccessive dimensioni prostatiche) con il fine di confermare la fattibilità dell’impianto anche per la seconda categoria.
Metodi: Per quantificare la qualità del piano
intraoperatorio, i parametri utilizzati sono
stati: V100, D90, l’indice di omogeneità (HI),
l’indice di conformazione (COIN) e lo stesso
peggiorato dalla presenza del retto (COINretto), in quanto, pur non essendo l’unico
organo a rischio, il retto può di fatto essere
risparmiato dalla dose di prescrizione (PD).
Si è inoltre tenuto conto della V(240 Gy)-uretra come misura del dosaggio massimo relativo a quest’organo. I nostri criteri di accettabilità sono stati i seguenti: V100>95%;
D90:PD-180 Gy; COIN>0.5 e V(240 Gy)-uretra<35%.
Risultati: Dei 51 pazienti consecutivi valutati, 27
erano standard e 24 non standard; lo studio ha
mostrato rispettivamente: V100=(99±1)% e
(98±2)%, D90=(122±6) Gy e (123±17) Gy,
COIN=0.63±0.05 e 0.61±0.07, COINretto=0.61±0.07 e 0.56±0.09 (in ciascun piano
la PD è stata rilasciata ad un volume rettale inferiore a 1.3 cc), HI=0.44±0.11 e 0.44±0.12,
V(240 Gy)-uretra=(6±16)% e (8±14)%. I risultati sono espressi in termini di media e deviazione
standard, mentre il valore di D90 riportato è
normalizzato alla PD. Il valore medio trovato per
ogni indice risulta conforme ai nostri constraint
in entrambi i gruppi e le piccole differenze non
risultano significative al t test, la V100 risulta
infatti ottimizzata, così come la D90, che per
ogni paziente è sempre maggiore della PD.
L’indice COIN mostra una conformità al target di
poco maggiore per i pazienti standard, ciò risulArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
77
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ta ancora più evidente se si considera la presenza del retto.
Conclusioni: Per entrambe le categorie di pazienti siamo riusciti ad ottenere la copertura del target risparmiando sia il retto che l’uretra. Il t test
ha evidenziato come le differenze dosimetriche
tra i due gruppi non siano significative e quindi, nonostante le controindicazioni dovute al
volume e alla TURP, questi pazienti rimangono
candidabili a brachiterapia.
TRATTAMENTO COMBINATO ENDOUROLOGICO-OPEN DI MALATTIA UROTELIALE
A. Frattini, S. Ferretti, F. Dinale, P. Cortellini
Unità Operativa di Urologia, Azienda Ospedaliera
Universitaria di Parma
Caso Clinico: D.A., 72 anni, iperteso, diabetico
insulino-dipendente, pregresso IMA con
bypass aorto-coronarici e vasculopatico in
terapia antiaggregante (asma cardiaco nel
2004), in seguito ad episodi di ematuria asintomatica ricorrente esegue ecografia, urografia, TC e cistoscopia con riscontro di lesione
papillare superficiale protrudente dal meato
ureterale sinistro e sospetta lesione caliciale
superiore destra. Esegue una prima TURB in
altro presidio ospedaliero con resezione parziale della neoplasia affiorante dal meato urinario e ureteroscopia flessibile destra con
biopsia e brushing. Esame istologico: pTaG2
renale destra e frammenti di TCC superficiale
della lesione ureterale. Giunge alla nostra
osservazione per ulteriore consulenza specialistica; si esegue cistoscopia che documenta
assenza di lesioni vescicali e presenza di lesione in parte necrotizzata protrudente dal meato
ureterale di sinistra. Alla luce del quadro clinico, dalla stadiazione strumentale ed istologica
precedente si è proposto al paziente ed optato
per una risoluzione terapeutica conservativa.
Video: Si è iniziato con un approccio endourologico combinato anterogrado/retrogrado
della lesione ureterale sinistra. Sfruttando un
decubito supino, si è eseguita cistoscopia +
pielografia ascendente sin che non ha evidenziato altre lesioni della via escretrice. Si è quindi proceduto ad accesso percutaneo tipo MIPP
(Miniperc-14CH) e si è eseguita nefroureteroscopia flessibile anterograda che ha confermato l’integrità dell’alta via fino alla lesione principale peduncolata. Fotocoagulazione laser
anterograda della stessa e di altra piccola
78
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
lesione papillare limitrofa. Recupero retrogrado, con resettore, della neoformazione caduta
in vescica; doppio J in sede al termine delle
manovre; rimozione del tubo nefrostomico il
giorno seguente. A distanza di 15 giorni circa,
si è eseguita come da programmi nefrectomia
polare superiore destra. Referti istologici definitivi depongono per pTaG3 renale e pTxG3
ureterale (invasione del chorion non valutabile). Decorsi post-operatori regolari. A distanza
di 3 mesi, TC addome pelvi, cistoscopia e citologie urinarie negative.
IL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DELLA
CISTI PIELOGENA: CRITERI PER LA SCELTA
DEL TIPO DI APPROCCIO
F. Nigro, P. Ferrarese, G. Abatangelo, G.
Benedetto, M. Titta, E. Scremin, A. Tasca
U.O. di Urologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza
Introduzione e Obiettivi: L’approccio mini-invasivo al trattamento della cisti pielogena può
essere condotto per via percutanea, ureterorenoscopica o laparoscopica.
Metodi: Negli ultimi 3 anni, 15 pazienti affetti da
cisti pielogena (tipo 1 in 3 casi, tipo 2 negli altri
12, contenente calcoli in 13) sono stati sottoposti presso il nostro reparto a trattamento miniinvasivo. La sintomatologia, quando presente,
era caratterizzata da dolore, ematuria e/o segni
di infezione urinaria. La diagnosi, ottenuta in
tutti i pazienti con ecografia renale ed urografia
endovenosa, è stata perfezionata in 3 pazienti
con TAC addome. Quattro differenti approcci
sono stati impiegati nel trattamento della cisti
pielogena: 1) percutaneo (PCN) a) diretto; b)
indiretto; 2) transuretrale; 3) laparoscopico.
Risultati: Non si sono osservate complicanze
post-operatorie. Due casi trattati con approccio transuretrale sono falliti: nel primo caso,
l’orifizio non è risultato raggiungibile dall’ureterorenoscopio ed è stato trattato con PCN; nel
secondo, una ingente fibrosi locale ed un calcolo impattato hanno posto indicazione ad
una nefrectomia parziale. Un paziente è stato
trattato con chirurgia aperta dopo una PCN
infruttuosa. Una relativa riduzione volumetrica ed un valido drenaggio è stato evidente
all’urografia di controllo a 3 mesi nei rimanenti casi trattati con PCN o mediante ureterorenoscopia. Lo studio radiologico a 2 mesi ha
confermato l’assenza di cisti pielogena nel caso
trattato laparoscopicamente.
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Conclusioni: Il trattamento mini-invasivo della
cisti pielogena si è dimostrato sicuro ed efficace (esito positivo: 81%). Le chiavi del successo sono rappresentate dall’accurata selezione
dell’approccio e dall’esperienza dell’operatore.
I criteri di selezione per tipo di approccio
appaiono così definibili: 1a) cisti pielogena del
versante posteriore, di medio volume (contenente calcoli); 1b) camera diverticolare piccola, non raggiungibile per via transuretrale e/o
contenente una notevole massa calcare; 2)
piccolo diverticolo di un sistema collettore
compiacente e raggiungibile con l’ureterorenoscopio flessibile; 3) ampia cisti pielogena
ricoperta da parenchima assottigliato.
VALUTAZIONE PROSPETTICA DELL’ASSUNZIONE CRONICA DI PHYLLANTHUS NIRURI
E STUDIO METABOLICO URINARIO
M.C. Sighinolfi, A. Celia, S. Micali, M. Corinti,
F. Annino, M. Grande, N. Ferrari, S. De Stefani,
G. Bianchi
Introduzione e Obiettivi: Il Phyllantus niruri (P.
niruri) è una pianta appartenente alla famiglia
delle Euphorbiacae tradizionalmente utilizzata
nella medicina popolare brasiliana per il trattamento dell’urolitiasi. La sua efficacia nel
migliorare i risultati della litotrissia extracorporea dei calcoli renali è stata precedentemente valutata; lo scopo del presente studio è
quello di stabilire se l’assunzione cronica di P.
niruri possa modificare l’escrezione urinaria
dei parametri biochimici/metabolici sulla raccolta urinaria delle 24 ore.
Metodi: Abbiamo prospetticamente valutato 15
pazienti (8 uomini e 7 donne) affetti da calcolosi recidivante di ossalato di calcio. L’età
media era di 38 anni (range: 25-48). Tutti i
soggetti sono stati sottoposti ad assunzione
cronica di P. niruri (1 g/die) per un tempo
medio di 50 giorni. L’escrezione urinaria di
calcio, ossalato, magnesio, citrato, acido urico,
sodio e potassio è stata valutata su un campione di urine delle 24 ore prima e dopo il trattamento con P. niruri. L’analisi statistica è stata
condotta mediante test T-student per campioni appaiati utilizzando un programma di elaborazione dati SPSS-8.
Risultati: Tutti i pazienti hanno completato lo
studio. Non sono state documentate alterazioni metaboliche prima del trattamento. Dopo
assunzione cronica di P. niruri non sono state
registrate variazioni statisticamente significative nei parametri biochimici delle urine delle
24 ore (calcio p=0.36; ossalato p=0.25). Non si
sono registrati effetti collaterali collegati all’assunzione del farmaco.
Conclusioni: L’assunzione cronica di P. niruri
non modifica i parametri biochimici e metabolici urinari; infatti non sono state osservate
variazioni nel contenuto di calcio e ossalato nei
campioni di urine delle 24 ore prima e dopo
trattamento. Probabilmente il P. niruri agisce
come inibitore dell’aggregazione e della crescita dei cristalli di ossalato di calcio per una più
elevata incorporazione di glicosaminoglicani
all’interno del calcolo. Ricerche sperimentali
sul ratto sono tuttora in corso al fine di confermare questi risultati e chiarire il meccanismo d’azione del P. niruri ed il suo effetto sulla
litiasi renale.
CORRELAZIONE FRA STENT URETERALI E
SESSUALITÀ: ANALISI PROSPETTICA E
MULTIVARIATA
M.C. Sighinolfi, S. De Stefani, A. Mofferdin, A.
Celia, M. Giacometti, M. Rivalta, N. Ferrari, S.
Micali, G. Bianchi
Introduzione e Obiettivi: Il posizionamento degli
stent ureterali rappresenta una procedura
comune nella pratica urologica. Tuttavia tali
tutori possono provocare una sintomatologia
irritativa che peggiora la qualità della vita del
paziente. Lo scopo del presente studio è quello di prendere in esame la correlazione fra
stent e sessualità, cercando di mettere in evidenza tutte le variabili che possono alterare la
sessualità del paziente.
Metodi: Abbiamo valutato 50 soggetti (30
uomini e 20 donne) sottoposti a posizionamento di stent ureterale monolaterale. I criteri
di inclusione erano età inferiore a 55 anni ed
attività sessuale riferita nella norma. Sono stati
esclusi i pazienti affetti da fattori di rischio per
disfunzioni sessuali organiche. La menopausa
o la pregressa chirurgia genitale (isteroannessiectomia) sono stati considerati criteri di
esclusione. Il tipo di stent è stato scelto in base
all’altezza del paziente ed il corretto posizionamento è stato verificato mediante Rx diretta
addome. Abbiamo quindi utilizzato 3 questionari validati, somministrati prima dello stenting e dopo 4-6 settimane: IPSS symptoms
score, International Index of Erectile Function
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
(IIEF-5) and Female Sexual Function Index
(FSFI).
Risultati: Tutti i pazienti hanno completato lo
studio con una permanenza media degli stent
di 3 mesi. L’età media era di 43 anni per gli
uomini e 39 per le donne. Le cause dell’ostruzione ureterale erano calcoli (48) o fibrosi
retroperitoneale (2). Prima del posizionamento degli stent nessun paziente era affetto da
LUTS, lo score medio IIEF-5 è risultato di 23
(range: 21-25) e lo score medio FSFI di 33
(range: 28-36). Dopo lo stenting si è assistito
ad un peggioramento della vita sessuale del
66% e del 29,8% per uomini e donne rispettivamente. La disfunzione sessuale è correlata ai
LUTS (p=0.001), al sesso del paziente
(p=0.000) e al tempo di permanenza dello
stent (p=0.008). Non si sono registrate complicanze correlate alla permanenza degli stent.
Conclusioni: L’utilizzo degli stent ureterali peggiora la qualità della vita sessuale in entrambi
i sessi. Negli uomini risulta per lo più aggravata l’erezione, forse a causa dei LUTS; nelle
donne, i domini del desiderio e del dolore alla
penetrazione sono peggiorati dalla presenza
dello stent ureterale e dall’ansia che la presenza di un corpo estraneo comporta.
LA CHIRURGIA ENDOSCOPICA CONSERVATIVA NEI TUMORI UROTELIALI DELL’ALTA
VIA ESCRETRICE: ANALISI DI UNA SERIE
CONSECUTIVA DI 131 CASI
A. De Lisa, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M.
Deplano, P. Usai
Clinica Urologica, Cagliari
Introduzione e scopo dello studio: Presentiamo la
nostra esperienza nella tecnica conservativa
“organ-sparing” per la terapia dei tumori uroteliali dell’alta via escretrice (UUTT) di basso
grado e stadio.
Materiali e metodi: Tra il Marzo 1992 e il
Dicembre 2004 abbiamo trattato 131 pazienti
(136 unità renali) con UUTT di basso stadio e
grado (Ta, Tis, T1; G1-G2). Le indicazioni
comprendevano: tumore ureterale (54 pz),
tumori della pelvi e dei calici (77 pz), tumori
bilaterali (5 pz) e tumore in rene unico (5 pz).
La valutazione pre-operatoria includeva: urografia, TAC addome-pelvi, citologia. I tumori
dell’uretere e i quelli localizzati nella pelvi e
nel calice superiore di diametro ≤ 2 cm sono
stati trattati con tecnica retrograda (TR) e ure-
80
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
teroscopi flessibili o rigidi. Tumori più grandi
nella pelvi o nei calici sono stati trattati con
tecnica percutanea (19 pz).La tecnica percutanea (PC) è stata condotta con la tecnica di dilatazione “one-shot” e Amplatz da 18 o 24 Fr. Il
follow-up è stato effettuato con endoscopia
della vescica e dell’alta via (“panendoscopia”
PE), urografia, citologia urinaria, TAC addome/pelvi.
Risultati: Il follow-up medio è stato di 42.6
mesi (13-132).L’esame istologico ha evidenziato: pTa, G1-G2 (57 pz); pT1G2 (19 pz); pTx,
G1-G2 (20 pz) pT1/CIS, G2 (8 pz); pT2 (2 pz)
pTxGx (25 pz). Abbiamo esaminato le complicanze riferite ad un totale di 570 procedure
(terapeutiche e di follow-up):6 casi di stenosi
ureterali; 7 perforazioni ureterali; 55 pazienti
con ematuria sono stati trattati conservativamente; un paziente dopo emorragia importante è stato trattato con elettrocoagulazione
endoscopica; un ematoma perirenale (terapia
conservativa). Il tempo medio di recidiva è
stato di 12.6 mesi (40% di recidive nella TR,
22% nella PC). La recidiva è stata più spesso di
basso grado e stadio (pTxG1-G2=27%) e
superficiale (pTa G1-G2 = 51%). Due pazienti
hanno sviluppato una neoplasia invasiva (T2)
e sono stati trattati con nefroureterectomia.
Una paziente ha sviluppato metastasi diffuse
ed è deceduta. La sopravvivenza tumore-specifica è del 97.3% (Dicembre 2005).
TAMPONAMENTO VESCICALE: RISOLUZIONE RAPIDA PER VIA SOVRAPUBICA
A. De Lisa, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M.
Deplano, P. Usai
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Introduzione e scopo dello studio: Il tamponamento vescicale costituisce una complicanza
successiva a diverse patologie vescicali, renali
o può essere successiva ad un sanguinamento
della loggia renale dopo TURP. Fortunatamente non si tratta di una complicanza frequente ma la sua risoluzione costituisce spesso un problema di trattamento lungo e noioso
con rischi di perforazione a causa della difficoltà di frammentare i coaguli ed estrarli.
Scopo della nostra valutazione è stato di verificare se con un approccio differente potesse
essere possibili ottenere dei buoni risultati con
sufficiente sicurezza.
Materiali e Metodi: Sono stati presi in conside-
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
razione 6 pazienti con tamponamento vescicale successivo a TURP. Tutti i pazienti presentavano un’ostruzione del catetere vescicale una
pressoché completa occupazione della vescica
da parte dei coaguli e globo vescicale non trattabile con irrigazioni e lavaggi mediante siringa. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ecografia con valutazione della vescica e del volume dei coaguli al suo interno. La tecnica utilizzata prevedeva: paziente in posizione litotomica; preparazione chirurgica dei genitali
esterni e della cute della regione ipogastrica;
puntura percutanea sovrapubica della vescica
con ago mandrinato; passaggio di guida idrofila con punta a J; dilatazione del tramite percutaneo sino ai 30 Ch; posizionamento di cannula di Amplatz 30 Ch; introduzione di sonda
tipo Nelaton 26 Ch a punta smussa collegata
ad aspiratore. Dopo aver introdotto la camicia
del resettore da 26 Ch si procedeva a completare la distensione vescicale sino ad una chiara evidenziazione del globo. Dopo aver realizzato l’accesso secondo tecnica usuale “one
shot” si introduceva la sonda Nelaton attraverso la cannula. L’aspirazione dei coaguli avveniva attraverso gli occhi del catetere di Nelaton
ed un movimento di introduzione ed estrazione di esso comportava una frammentazione
dei coaguli con conseguente aspirazione di
essi. Un flusso irrigante continuo proveniente
dalla camicia del resettore permetteva di mantenere una distensione costante della vescica
ed una diluizione dei coaguli. Un controllo
visivo endoscopico del lume vescicale permetteva di visualizzare il termine della procedura
seguita quindi da una emostasi della loggia
prostatica. I tempi dell’evacuazione sono stati
rilevati dall’introduzione del recettore sino al
completamento dell’evacuazione. Sono stati
valutati liquidi infusi e materiale drenato.
Risultati: La procedura è stata agevole e condotta a termine in tutti casi. I tempi sono
variati tra 15 e 25 minuti. In tutti i casi i
coaguli sono stati rimossi con successo. La
quantità di coaguli variava tra i 420 ed i 530
ml.
Conclusioni: L’evacuazione dei coaguli vescicali
dopo tamponamento è una procedura lenta
che in genere viene condotta con camicia del
recettore ed evacuatore di Ellik o siringa. Se i
coaguli sono in parte organizzati risultano
voluminosi e difficilmente eliminabili con la
necessità di una loro frammentazione.
Durante le manovre di frammentazione il
rischio di perforazione della vescica diviene
elevato e la possibile filtrazione di soluzione
irrigante può essere rischiosa per la salute del
paziente. La tecnica da noi descritta si è dimostrata efficace e sicura ed ha permesso in tempi
assolutamente irrisori di risolvere la complicanza.
L’ENDOPIELOTOMIA PERCUTANEA NELLA
MALATTIA DEL GPU: UNA TECNICA SEMPRE ATTUALE ANCHE NELL’ERA DELLA
LAPAROSCOPIA
A. De Lisa, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G.
Puggioni, P. Usai
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Introduzione e scopo dello studio: Scopo dello studio è stato quello di valutare i risultati della tecnica di endopielotomia percutanea per la terapia della malattia del giunto pielo-ureterale.
Materiali e metodi: Nel periodo novembre
1999 al Dicembre 2004 abbiamo trattato con
tecnica percutanea, 51 pazienti con età media
36 anni (12-80) affetti da malattia del giunto
pielo-ureterale (GPU). Il follow-up medio è
stato di 25 mesi (48-12). Gli esami strumentali preoperatori hanno incluso urografia e scintigrafia renale sequenziale. Al termine della
procedura è stato posizionato uno stent a DJ:
7/12 Ch (8 casi), 7 Ch (1 caso) o 7/14 Ch (42
casi). In tutti i pazienti è stata posizionata una
nefrostomia rimossa in media in 2a giornata e
i pazienti è sono stati dimessi il giorno successivo. Lo stent ureterale è stato rimosso dopo 3
settimane, dopo 7 settimane dall’intervento è
stata praticata urografia di controllo. I controlli successivi sono stati effettuati ogni 6 mesi
(con urografia a 12 mesi e in seguito con controlli ecografici)
Risultati: La percentuale di successo (definito
come scomparsa della sintomatologia dolorosa
e assenza di ostruzione alla urografia di controllo) dopo la prima procedura endoscopica è
stato del 90,2%.1 paziente è stato sottoposto ad
una seconda endopielotomia percutanea,2 a
endopielotomia retrograda con risoluzione. Il
tasso di successo globale è stato del 95,7%. Il
tempo operatorio medio è stato di 31 minuti. I
2 pazienti in cui la seconda endopielotomia
non è stata efficace (3%) sono stati sottoposti a:
plastica secondo A-H a cielo aperto (2 pz).
Conclusioni: La tecnica percutanea permette di
risolvere la patologia del GPU in maniera
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
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6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
minimamente invasiva, con procedure di
breve durata e con degenze post-operatorie
brevi. I tassi di successo della tecnica sono
sovrapponibili a quelli delle chirurgia open e
laparoscopica. Questi dati ci spingono a continuare a preferire la tecnica endoscopica percutanea, come primo e verosimile unico approccio. Infatti i trattamenti più invasivi (open e
laparoscopia) presentano tassi di successo
sovrapponibili con maggiori tempi operatori e
rischi chirurgici. Inoltre la tecnica endoscopica non esclude, in caso di insuccesso, un
secondo trattamento con qualsivoglia tecnica
(endoscopia, open, laparoscopia).
HIFU NEL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA
PROSTATICO AD ALTO RISCHIO DI PROGRESSIONE
A. Callea, V. Zizzi, A. Cafarelli, R. Piccinni, D.
Sblendorio, B. Berardi, F. Gala, A. Tempesta, A.
Traficante
AUSL BA 4, U.O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale
“Di Venere”, Bari
Introduzione e Obiettivi: L’HIFU si prefigge la
termoablazione della prostata con ultrasuoni
focalizzati ad alta energia; con questa tecnica è
possibile un trattamento ablativo extracapsulare dei tumori localmente avanzati, ma esistono pochi dati in letteratura sulla sua efficacia
in questi pazienti.
Metodi: In 44 mesi abbiamo effettuato 103
trattamenti Ablatherm (Edap Technomed) in
84 pazienti con neoplasie ad alto rischio di
progressione (≥ T2c o con Gleason score > 7 o
con PSA > 20 ng/ml), N0M0, di età media
73,3 anni, PSA medio 34,2 ng/ml e Gleason
score medio 6,5, non candidabili a chirurgia
radicale per età superiore a 75 anni o per
comorbilità. Il volume prostatico medio era di
40,4 ml ed in tutti i casi è stata effettuata una
TURP di debulking; 23 neoplasie erano T3 ed
una T4, 25 di Gleason score > di 7 e 47 con
PSA > 20 ng/ml. In 15 pazienti è stato effettuato un secondo trattamento HIFU per persistenza di malattia alla biopsia di controllo a 6
mesi, mentre in 4 casi il ritrattamento è stato
necessario a causa di un volume prostatico >
100 ml.
Risultati: Il follow-up medio è di 25,8 mesi,
con dosaggio del PSA ogni 3 mesi e biopsia
prostatica a 6 mesi dall’HIFU. Il success rate
biochimico (PSA stabilmente < 0,5 ng/ml) è
82
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
stato 47,1% ed il success rate istopatologico
(negativizzazione della biopsia) 73,2%; nell’
83,9% e nel 84,5% dei casi, già a 6 mesi, non
si rilevava malattia residua rispettivamente alla
DRE ed alla TRUS. Gli eventi avversi sono
stati: UTI nel 22,6% dei casi, ematuria e dolore emorroidario nel 3,5%, prostatiti nel 4,7%,
orchiepididimiti nel 2,3%, stenosi dell’uretra
nel 8,3%, sclerosi del collo vescicale nel
11,9%, fistola uretro-rettale nel 1,1%, stress
incontinence di grado lieve nel 3,5% e disfunzione erettile nel 78,7% dei casi (26 dei 33
pazienti potenti prima del trattamento).
Conclusioni: Nei carcinomi prostatici localmente avanzati o ad alto rischio di progressione, ad
un follow-up di più di 2 anni, l’HIFU sembra
risolutivo in quasi la metà dei casi e, nei rimanenti, ottiene un buon controllo locale della
malattia. Questa opzione terapeutica, consentendo un trattamento ablativo extracapsulare,
sembra capace, in alcuni casi, di radicalizzare
i pazienti che non abbiano localizzazioni linfonodali o metastatiche. Sarà necessario un follow-up più lungo per confermare questi dati
preliminari.
TRATTAMENTO URETEROSCOPICO DEI
TUMORI DELLA PELVI RENALE E DELL’URETERE
R. Piccinni, A. Callea, D. Sblendorio, B. Berardi,
V. Zizzi, A. Tempesta, F. Gala, A. Cafarelli, A.
Traficante
U.O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale Di Venere,
AUSL BA/4, Bari
Introduzione e Obiettivi: La nefroureterectomia è
il trattamento d’elezione delle neoplasie uroteliali (TCC) della pelvi renale e dell’uretere, ma in
casi selezionati (pazienti monorene, neoplasie
bilaterali o di basso grado e stadio) è possibile
un trattamento endourologico conservativo.
Metodi: Per TCC della pelvi renale e dell’uretere, in 7 anni abbiamo eseguito 99 urterorenoscopie diagnostiche ed operative e trattato 50
unità renoureterali; in 20 di esse, con neoplasie di basso stadio e grado (15 pazienti, di cui
5 con TCC bilaterale), è stato effettuato un
trattamento ureteroscopico (biopsia a freddo e
fotocoagulazione laser della base d’impianto);
in 33 casi è stata effettuata una nefroureterectomia (30 in prima istanza per neoplasie di
alto stadio e/o grado e 3 per recidiva di alto
grado dopo trattamento endourologico).
6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Risultati: Dei 15 pazienti (20 unità renoureterali) trattati in modo conservativo, 6 hanno
manifestato recidive di basso grado ed hanno
richiesto mediamente 1,7 procedure endourologiche/unità renoureterale, ma ad un followup medio di 31,7 mesi, sono attualmente liberi da recidiva; 3 pazienti hanno manifestato
recidive di alto grado e sono stati avviati a
nefroureterectomia. Il tasso complessivo di
recidiva è stato del 75% (52,6% se si esclude
un paziente che ha presentato ben 5 recidive
di basso grado). In otto pazienti con riscontro
radiologico di sospetto tumore uroteliale la
biopsia transureteroscopica è risultata negativa, consentendo di preservare l’unità renoureterale.
Conclusioni: Secondo una recente revisione
della letteratura (Bagley DH, 2005) il trattamento conservativo transureteroscopico dei
TCC comporta un tasso di recidive del 3165% con disease free rate del 35-86% e tassi di
progressione e di metastatizzazione bassi, correlati al grading del tumore. L’ablazione ureteroscopica di un TCC di basso stadio e grado
(G1-2) sembrerebbe, pertanto, un trattamento
valido anche in pazienti con reni controlaterali normali (Tolley DA, 2004). Una eventuale
terapia adiuvante topica con mitomicina e
BCG sembra essere ben tollerata ed efficace
(Gupta M, 2004).
CALCOLOSI URETERALE OSTRUENTE CON
ASSOCIATO PEGGIORAMENTO DELLA
FUNZIONALITÀ RENALE: PUÒ LA LITOTRISSIA EXTRACORPOREA RAPPRESENTARE
UN TRATTAMENTO D’URGENZA?
M.C. Sighinolfi, A. Celia, S. Micali, M. Grande,
A. Beato, S. De Stefani, A. Mofferdin, F. Nancy,
G. Bianchi
Introduzione e Obiettivi: La litiasi ureterale rappresenta una causa frequente di ospedalizzazione; qualora ostruente, può infatti condurre
ad idronefrosi severa e peggioramento della
funzionalità renale. Lo scopo del presente studio è quello di valutare l’efficacia della litotrissia extracorporea (ESWL) come singolo trattamento della calcolosi ureterale ostruente.
Metodi: Abbiamo arruolato 20 pazienti (12
uomini, 8 donne) ricoverati per colica renale. I
criteri di inclusione erano presenza di calcolosi ureterale radiopaca di dimensioni comprese
fra 6 e 15 mm, idronefrosi severa, livelli di
creatinina compresi fra 1,5 e 2,5 mg/dl; l’infezione delle vie urinarie è stata considerata criterio di esclusione dallo studio. Tutti i pazienti
sono stati sottoposti ad una singola seduta di
litotrissia mediante Dornier Litothripter S. Il
follow-up è stato condotto a 24 e 72 ore dal
trattamento mediante radiografia dell’addome,
ecografia renale e controllo dei parametri ematici di funzionalità renale. Abbiamo quindi
valutato l’andamento della creatinina, il
miglioramento o la scomparsa della dilatazione
delle vie escretrici e la percentuale di pazienti
liberi da calcoli.
Risultati: Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad
una seduta di ESWL (numero di colpi: 3500;
intensità media 90%). Dopo il trattamento, la
creatininemia è tornata entro i limiti di norma
in 17/20 pazienti (85%) a 24 ore dal trattamento (p=0.001); nei restanti 3 pazienti si è
provveduto al posizionamento di stent ureterale. La percentuale globale di pazienti stone free
a 72 ore dalla litotrissia è stata del 65%
(13/20). Non si sono registrati effetti collaterali connessi al trattamento ESWL.
Conclusioni: La litotrissia extracorporea rappresenta una valida alternativa per il trattamento
urgente dei calcoli ureterali ostruenti; anche se
la totale espulsione dei frammenti non è avvenuta in tutti i pazienti entro 72 ore dal trattamento, la litotrissia ha consentito la ri-canalizzazione dell’uretere nell’85% dei pazienti con
conseguente risoluzione dell’idronefrosi ed
immediato miglioramento della funzionalità
renale.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
83
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1
INSTRUCTIONS TO AUTHORS
The publication is free of charge.
Authors’ responsibilities
Manuscripts are accepted with the understanding that they have
not been published or submitted for publication in any other
journal.
It is however permitted that preliminary or partial results be
already published elsewhere. Prior abstract presentation should
be described in a footnote to the title.
Authors must submit the results of clinical and experimental studies conducted according to the Helsinki Declaration on clinical
research and to the Ethical Code on animal research set forth by
WHO (WHO Chronicle 1985; 39:51).
The Authors must obtain permission to reproduce figures, tables
and text from previously published material.
Written permission must be obtained from the original copyright
holder (generally the Publisher).
Manuscript presentation
Authors must submit the text on floppy disk (MAC and
WINDOWS Microsoft Word are accepted) with two copies of the
manuscript and two sets of illustrations. Manuscripts must be
written in English language in accordance with the “Uniform
Requirements for Manuscripts submitted to biomedical journals” defined by The International Committees of Medical Journal Editors
(Ann Intern Med 1988; 258). Manuscripts in Italian language
can be published if translated (expense for translation will
be charged to the Authors). As a general rule, manuscripts and
illustrations are not returned, whether published or not.
Manuscripts should be typed double spaced with wide margins.
They must be subdivided into the following sections:
Title page
It must contain:
a) title;
b) a short (no more than 40 characters) running head title;
c) first, middle and last name of each Author without abbreviations;
d) University or Hospital, and Department of each Author;
e) last name and address of the corresponding Author;
d) e-mail and/or fax number to facilitate communication;
f) acknowledgement of financial support;
g) list of abbreviations.
Summary
The Authors must submit a long English summary (300 words,
2000 characters).
Subheadings are needed as follows:
Objective(s), Material and method(s),
Result(s), Conclusion(s).
After the summary, three to ten key words must appear, taken
from the standard Index Medicus terminology.
Text
For original articles concerning experimental or clinical stud-ies
and case reviews, the following standard scheme must be followed: Introduction - Material and methods - Results - Discussion
- Conclusions - Summary - References - Tables - Legends Figures.
Size of manuscripts
in the Index Medicus. Only studies published on easily retrieved
sources can be quoted. Unpublished studies cannot be quoted,
however articles “in press” can be listed with the proper indication of the journal title, year and possibly volume. References
must be listed as follows:
Journal articles
All Authors if there are six or fewer, otherwise the first three, followed by “et al.”. Complete names for Work Groups or
Committees. Complete title in the original language.
Title of the journal following Index Medicus rules. Year of publication; Volume number: First page.
Example: Starzl T, Iwatsuki S, Shaw BW, et al. Left hepatic trisegmentectomy. Surg Gynecol Obstet 1982; 155:21
Books
Authors - Complete title in the original language. Edition number (if later than the first). City of publication: Publisher, Year of
publication.
Example: Bergel DIA. Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London:
Academic Press Inc., 1974.
Book chapters
Authors of the chapters - Complete chapter title. In: Book Editor,
complete Book Title, Edition number. City of publication:
Publisher, Publication year: first page of chapter in the book.
Example: Sagawa K. The use of central theory and system analysis.
In: Bergel DH (Ed), Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London:
Academic Press Inc., 1964; 115
Tables
Tables must be clearly printed and aimed to make comprehension of the written text easier. They must be numbered in Arabic
digits and referred to in the text by progressive numbers. Every
table must be typed on a separate sheet and accompanied by a
brief title. The meaning of any abbreviations must be explained
at the bottom of the table itself.
Figures
(graphics, algorithms, photographs, drawings)
Figures must be submitted in duplicate as well, they must be
numbered and quoted in the text by number. On the back side
of each figure the following data must appear: figure number;
title of the paper, name of the first Author, an arrow pointing to
the top of the figure.
Figure legends
Figure legends must all be collected in one or more separate
pages. The meaning of all symbols, abbreviations or letters must
be indicated. Histology photograph legends must include the
enlargement ratio and the staining method.
Manuscript review
Only manuscript written according to the above mentioned rules
will be considered. All submitted manuscripts are evaluated by
the Editorial Board and/or by two referees designat-ed by the
Editors. The Authors are informed in a time as short as possible
on whether the paper has been accepted, rejected or if a revision
is deemed necessary. The Editors reserve the right to make editorial and literary corrections with the goal of making the article
clearer or more concise, without altering its contents. Submission
of a manuscript implies acceptation of all above rules.
Literature reviews, Editorials and Original articles concerning
experimental or clinical studies should not exceed 20 typewritten pages including figures, tables, and reference list. Case
reports and notes on surgical technique shouid not exceed 10
type written pages (references are to be limited to 12). Letters to
the editors should be not longer than 1000 words.
Proofs
References
Reprints
The Author is responsible for the accuracy of the references.
References must be sorted in order of quotation and numbered
with arabic digits between parentheses. Only the references quoted in the text can be listed. Journal titles must be abbreviated as
A copy of the issue in which the article appears will be provided free of charge. Reprints are not provided.
The cost to obtain the PDF file of the article (on a 3.5-inch
disk) is Euro 50.
Authors are responsible for ensuring that all manuscripts are
accurately typed before final submission. Galley proofs will be
sent to the first Author. Proofs should be returned within seven
days from receipt.
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