6-8 Marzo 2006 - Salute per tutti
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6-8 Marzo 2006 - Salute per tutti
Vol. 78; n. 1 Supplement 1, March 2006 Founded in 1924 by: G. Nicolich U. Gardini G.B. Lasio Indexed in Medline/Index Medicus EMBASE/Excerpta Medica Medbase/Current Opinion SIIC Data Base Urological and Andrological Sciences Official Journal of the SIEUN 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia S.I.E.U.N. Società Italiana di Ecografia Urologica Nefrologica e andrologica Presidente Onorario: Prof. Patrizio Rigatti Presidente del Congresso: Prof. Giorgio Guazzoni Ministero della Salute Regione Lombardia Società Italiana di Urologia Università Vita - Salute San Raffaele Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano Official Journal of the SIUrO SIUrO Periodico trimestrale - Spedizione in abbonamento postale - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Milano 6 - 8 Marzo 2006 - Milano Società Italiana di Urologia Oncologica Urological and Andrological Sciences Founded in 1924 by: G. Nicolich, U. Gardini, G.B. Lasio Official Journal of theEditorial SIEUN -board Official Journal of the SIUrO Indexed in Medline/Index Medicus - EMBASE/Excerpta Medica - Medbase/Current Opinion - SIIC Data Base 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 6° CONGRESSO NAZIONALE SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA Milano, 6 - 8 Marzo 2006 SEDE CHIRURGIA IN DIRETTA Sale dell'Ospedale San Raffaele Turro di Milano SEDE DEL CONGRESSO Centro Congressi San Raffaele di Milano CONSIGLIO DIRETTIVO IEA Presidente Roberto Mario Scarpa Vicepresidente Massimino D'Armiento Segretario Emanuele Montanari Tesoriere Antonello De Lisa Consiglieri: Paolo Beltrami, Pietro Cortellini, Massimo Dal Bianco, Antonello De Lisa, Emanuele Montanari, Domenico Prezioso COMITATO SCIENTIFICO IEA Enrico Pisani, Arcangelo Pagliarulo, Guglielmo Breda, Sergio Caggiano, Paolo Caione, Giovanni Caramia, Luca Cormio, Antonello De Lisa, Salvatore Micali, Francesco Porpiglia, Alfredo Trippitelli, Andrea Tubaro, Gianpaolo Zanetti, Filiberto Zanotti COMITATO ORGANIZZATORE Presidente Onorario Patrizio Rigatti Presidente Giorgio Guazzoni Segretari Luciano Nava, Andrea Cestari, Rachele Santeramo Collaboratori Piera Bellinzoni, Luigi Broglia, Antonia Centemero, Andrea Losa, Tommaso Maga, Lorenzo Rigatti, Matteo Riva, Matteo Zanoni, Nicolò Buffi, Vincenzo Dell'Acqua, Richard Naspro, Emanuele Scapaticci, Nicoletta Bordonaro e Personale Infermieristico, Gabriele Cornaggia Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 I Informazioni Generali Segreteria Scientifica Dott. Andrea Cestari Unità Operativa di Urologia- Ospedale San Raffaele Turro Via Stamira d'Ancona, 20 - 20127 Milano Tel. 02.2643-3357 e-mail: [email protected] Abstracts e Videotapes Emanuele Montanari Divisione di Urologia, Azienda Ospedaliera S. Paolo Via Di Rudinì, 8 - 20142 Milano e-mail: [email protected] Segreteria Organizzativa Emilia Viaggi Congressi & Meeting Via del Pratello 2/b - 40122 Bologna Tel. 051.235993 Fax 051.2914455 e-mail: [email protected] www.emiliaviaggi.it Segreteria IEA Via del Pratello 2/c - 40122 Bologna Tel. 051.2960103 Fax 051.2919210 e-mail: [email protected] Sede del Congresso Centro Congressi San Raffaele Via Olgettina, 58 - 20132 Milano Sede della Chirurgia in Diretta Trasmissioni dalle Sale Operatorie del San Raffaele Turro Via Stamira d'Ancona, 20 - 20172 Milano Iscrizioni dopo l'8 Gennaio 2006 Soci IEA Non Soci IEA Specializzandi Infermieri Cena sociale Euro Euro Euro Euro Euro 300,00 (+ iva 20%) 375,00 (+ iva 20%) 150,00 (+ iva 20%) 65,00 (+ iva 20%) 75,00 (+ iva 20%) (fino ad esaurimento posti) La quota di iscrizione al Congresso include Cerimonia Inaugurale, par tecipazione ai lavori scientifici, kit congressuale, lunch, coffee break, attestato di partecipazione. Programma Sociale La Cerimonia Inaugurale si terrà lunedì 6 marzo 2006 alle ore 14.30 presso la Sede Congressuale. La Cena Sociale si terrà martedì 7 marzo 2006 alle ore 20.30 presso la Fondazione Metropolitan, corso Italia, 21 - Milano. II Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 6° CONGRESSO NAZIONALE SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA Milano, 6 - 8 Marzo 2006 Lunedì, 6 Marzo 2006 AULA CARAVELLA SANTA MARIA 08:00 - 08.15 Apertura dei lavori e saluto ai partecipanti Presidente Onorario: P. Rigatti Presidente Congresso: G. Guazzoni Presidente IEA: R.M. Scarpa 08:15 - 08.35 Lettura Sanofi-Aventis: “Ipertrofia prostatica un problema multisfaccettato” Presentatore: E. Usai Oratore: R.M. Scarpa 08.35 - 10.15 Chirurgia in diretta: Nuove tecniche di adenomectomia prostatica per adenomi > 80 g Moderatori in Aula: E. Usai, D. Melloni, A. Tubaro, E. Austoni, L. Miano Moderatore in sala operatoria: V. Di Santo HoLEP F. Montorsi Millin laparoscopica F. Porpiglia TUNA A. Tamai 10.15 - 10.30 Lettura Merck-Sharp & Dohme: BPH related Luts new evidences Presentatore: G. Bianchi Oratore: D. Prezioso 10.30 - 11.00 Resezioni bipolari per IPB: nuovo gold standard? Moderatore: R.M. Scarpa Oratori: Ing. F. Tintrup, M. D’Armiento, A. De Lisa 11.00 - 11.30 Opinioni a confronto per adenomi < 50 gr (vaporizzazione vs TURP) Moderatore: A. Tubaro, D. Prezioso Green Light Oratore: D. Melloni HoLAP Oratore: I. Vavassori TURP Oratore: G. Breda AULA SAN PAOLO 11.30 - 12.30 Corso Fotodinamica nelle neoplasie vescicali (PPD) Moderatore: C. De Dominicis Principi fisici, biologici e strumentazione in PDD R. Naspro Indicazioni e modalità di trattamento in PDD R. Colombo Revisione critica e clinica della letteratura sulla fotodiagnosi del tumore superficiale della vescica F. Witjes Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 III 12.30 - 13.30 Dibattito Strutturato Malattia del giunto: fine dell’endopielotomia? Moderatori: E. Pisani, L. Miano Oratori: G. Bianchi, A. Pagliarulo 13.30 - 14.30 Work-shop Clips in laparoscopia A. Cestari, R. Naspro Risultati sperimentali sui diversi modelli di clips disponibili Valutazione comparativa clip-suturatrici Filmati: opzioni d’impiego delle diverse clips prove pratiche al simulatore AULA PASTEUR 11.30 - 12.00 Dibattito Stress incontinence: TOT vs TVT Moderatore: W. Artibani Oratori: F. Catanzaro, R. Damiano 12.30 - 13.30 Lezione Il ruolo dell’endourologia nella chirurgia dell’uretra posteriore Presentatore: E. Austoni Oratore: G. Barbagli 12.30 - 13.30 Mini Simposio Brachiterapia e crioterapia prostatiche: stato dell’arte e prospettive future. Moderatore: G. Morgia Brachiterapia L. Nava, M. Maffezzini Crioterapia A. Galosi, A. Losa AULA NINA 11.30 - 13.30 Hands on: Suture in Laparoscopia A. Cestari, S. Micali, R. Autorino AULA CARAVELLA SANTA MARIA 14.30 - 15.00 Inaugurazione del Congresso Magnifico Rettore Università Vita-Salute: Don Luigi M. Verzè Preside: A. Scala Direttore Generale: R. Botti Presidente SIU: A.V. Bono Presidente Onorario del Congresso: P. Rigatti Presidente del Congresso: G. Guazzoni Presidente IEA: R.M. Scarpa 15.00 - 15.30 Lettura Incontinenza maschile post chirurgia prostatica Presentatore: S. Rocca Rossetti Oratore: B. Frea 15.30 - 18.00 Chirurgia in diretta Trattamenti mininvasivi per il trattamento dell’incontinenza maschile post chirurgia prostatica Moderatori in Aula: W. Artibani, B. Frea,V. Mirone,G. Vespasiani Moderatore Sala Operatoria: G. Carrieri Iniettabili: a) b) Macroplastique H. Strasser Zuidex F. Catanzaro In Vance AMS I. Morra Pro Act E. Kocjancic AMS 800 R. Olianas IV Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 18.00 - 18.30 Lettura Transurethral ultrasound guided stem cell theraphy for urinary incontinence Presentatore: V. Mirone Oratore: H. Strasser 18.30 - 19.00 Seduta amministrativa AULA NINA 16.30 - 18.30 Hands on - Ureterorenoscopia Rigida e flessibile P. Bellinzoni, A. Saita AULA COSTANTINO - COMUNICAZIONI 11.30 - 12.30 Laparoscopia rene Moderatori: C. Milani, C. Terrone Crioablazione laparoscopica di neoplasie renali: esperienza dopo 70 procedure A. Cestari, G. Guazzoni, R. Naspro, T. Maga, V. Dell’Acqua, L. Nava, P. Rigatti L’utilizzo della colla di fibrina autologa per l’emostasi nella nefrectomia parziale videolaparoscopica L. Schips, S. Gidaro, O.Dalpiaz, K.Lipsky, P.Petritsch, R. Zigeuner L’uso delle colle nella chiurugia laparoscopica“nephron sparing”: “survey” europea A. Celia, G. Guazzoni, V. Pansadoro, V. Disanto, F. Porpiglia, P. Fornara, C.C. Abbou, G. Janetschek, N.A. Soomro, C. Milani, A. Breda, P.G. Schulam, J. de la Rosette, MP Laguna, G. Breda Nefrectomia parziale laparoscopica: esperienza multicentrica italiana A.Celia, G. Guazzoni, V. Pansadoro, V. Disanto, F. Porpiglia, C. Dilani, G. Breda Il prelievo laparoscopico di rene da donatore vivente per trapianto eseguito con tecnica gas-less L. Repetto, G.Pasquale, G.na Cucchiarale, U. Ferrando La nefrectomia laparoscopica eseguita con tecnica gas-less L. Repetto, G.Pasquale, G.na Cucchiarale, U. Ferrando Risultati del trattamento chirurgico laparoscopico del tumore renale in 68 pazienti A. Piccinelli, G. Giusti, M. Seveso, G.Taverna, A. Benetti, L. Pasini, P. Graziotti Morcellazione vs estrazione del pezzo integro dopo nefrectomia laparoscopica: valutazione dell’impatto sul decorso postoperatorio e stadiazione patologica A. Piccinelli, G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, P. Graziotti 12.30 - 13.30 Laparoscopia rene e prostata Moderatori: C. Ferri, A. Inferrera Prostatectomia radicale laparoscopica e continenza V. Disanto, M.Romano, F Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azione Prostatectomia radicale in vls in pazienti con pregressa TURP o adenomectomia prostatica V. Disanto, M Romano, F.Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azione Il legamento laterale della prostata: una nuova struttura punto di repere nella prostatectomia radicale laparoscopica V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azzone Prostatectomia radicale robotica: esperienza preliminare su 32 casi W. Artibani , S. Cavalleri .,M. Iafrate.,F. Dal Moro, M. Aragona., A. Cisternino, V. Ficarra L’utilità dell’esame estemporaneo al congelatore durante la prostatectomia radicale laparoscopica con tecnica nerve-sparing R Naspro, G. Guazzoni, M. Freschi, A. Cestari, R. Colombo, A. Salonia, N. Buffi, P. Rigatti Preservazione dei legamenti pubo-prostatici e recupero della continenza precoce nei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale extraperitoneoscopica. F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, C.Cracco, I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, S. Grande, F. Musso, R.M. Scarpa. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 V Esiste un fattore di rischio per le complicanze nell’enucleoresezione laparoscopica? F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, I. Morra, M. Cossu, F. Ragni, M. Poggio, R. Tarabuzzi, C. Terrone, R. M. Scarpa Impiego di Tissucol e collagene per il controllo dell’emostasi in corso di enucleoresezione laparoscopica. F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, C.M Scoffone, C. Cracco, C. Terrone, R. M. Scarpa. 13.30 - 14.30 Laparoscopia miscellanea Moderatori: R. Bertini, F. Micali Laparoscopia nel testicolo non palpabile: la nostra esperienza. PL. Ceccarelli, V. Durante, MA. Bianchini,P.Repetto, D.Biondini, A. Cacciari Surrenalectomia laparoscopica transperitoneale: l'espressione massima della laparoscopia urologica A. Cestari,G.Guazzoni, A. Centemero, M.Riva, A.Losa, R. Naspro, T. Maga e P. Rigatti Efficacia clinica ed economica di un originale palloncino per la dilatazione dello spazio retroperitoneale, rispetto al dispositivo commerciale per la retroperitoneoscopia. A. Cestari, G.Guazzoni, R.Naspro, F. Montorsi, M.Riva, M. Zanoni, L. Rigatti, .N. Buffi, P. Rigatti Asportazione laparoscopica di un linfangioma cistico retroperitoneale: un caso insidioso A. Celia, A. Ruffato , G. Breda Master di laparoscopia:un nuovo strumento di apprendimento controllato in urologia . V. Disanto, M.Romano, S.Cotrufo, G.A.Scalese, F. Ventura, P.L.Rizzo, F.Portoghese, V.Pansadoro Valutazioni tecniche ed oncologiche dopo 57 cistectomie radicali laparoscopiche V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azione Cistectomia radicale laparoscopica vs chirurgia aperta: quali vantaggi? F. Porpiglia, M. Billia, J.Renard, M. Cossu,D. Vaccino, M. Poggio, C. Cracco, C. M. Scoffone, C. Terrone, R. Tarabuzzi, R. M. Scarpa Enucleoresezione laparoscopica per neoplasia renale: esperienza su 35 casi L.De Zorzi, N. Zanovello, M. Repele, M. Dal Bianco, I.M. Tavolini, C. Dilani AULA NINA 13.30 - 14.30 Endourologia miscellanea 1 Moderatori: R. Autorino, A. Saita La deferentoscopia: una nuova tecnica diagnostica? L.Carmignani , F. Gadda , G. Bozzini , GM.Colpi , E. Montanari, F. Rocco Cistoscopia rigida e flessibile: presente e futuro L. Carmignani ,G. Bozzini ,P. Acquati , F. Mazzoleni , F. Rocco Valutazione urodinamica su pazienti con deficit sfinteriale non neurogeno sottoposti a trattamento con sling bulbo-uretrale INVANCE I.Morra, F. Ragni, C. Terrone, D. Vaccino, M. Billia, R.M. Scarpa Endoureteropielotomia retrograda con laser ad olmio: risultati a medio termine. M. Simone, G. Pomara, C. Casarosa, P. Casale, C. Milesi, T. Verdacchi, M. De Angelis, F. Francesca Management endourologico delle neoplasie dell’alta via escretrice. nostra esperienza. A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Burrello, G. Salemi, D. Aleo, M. Falsaperla, A. Lazzara, M. Motta Trattamento endourologico nel rene trapiantato: nostra esperienza. A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Pedalino, L. Ficicchia, F. Nicolosi, M. Burrello, S. V. Condorelli, M. Motta L’uso dell’anestesia locale con N-DO injector Physion nel trattamento endoscopico dei tumori superficiali e mapping della vescica: risultati preliminari ed analisi costo-beneficio M. Brausi, M.Gavioli, M. Viola, G. Simonini, G. Verrini, G. De Luca, G. Pernacchia Sling bulbo-uretrale con utilizzo del dispositivo INVANCE nel trattamento del deficit sfinteriale dopo prostatectomia radicale I. Morra, F. Ragni, C. Scoffone, D. Vaccino, M. Billia, RM. Scarpa VI Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Trattamento della vescica iperattiva da sclerosi multipla mediante iniezione intradetrusoriale con tossina botulinica (botox a): due tecniche a confronto I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, M. Cossu, M. Billia, R. M. Scarpa Recupero della continenza urinaria dopo trattamento con ultrasuoni focalizzati per carcinoma della prostata V. Ficarra, S. Zecchini Antoniolli, G. Novara, A. Galfano, S. Cavalleri, W. Artibani Efficacia litolitica del phillantus niruri nel trattamento della calcolosi ossalica residua del calice inferiore post-eswl: studio randomizzato C. Saltutti, R. Gunelli, T. Zenico, M. Fiori, H. Hanitzsch, C. Vivacqua, P. Lilli, E. Bercovich Litotrissia extracorporea (SWL). risultati a lungo termine . M. Gelosa,G. Zanetti, C. Castelnuovo., S. Paparella, S.Confalonieri, R. Lizzano,. F. Rocco La calcolosi renale nel paziente anziano M. Gelosa, L. Carmignani, S. Paparella ,G. Zanetti, R. Lizzano, F. Rocco Diverticoli pielocaliciali: evoluzione del trattamento endoscopico A. Vismara, R. Hurle, A. Manzetti, M. Catastini, S. Valenti, O. Fenice, I. Valvassori AULA CARAVELLA SANTA MARIA – SESSIONE VIDEO 11.30 - 12.30 Tecniche di pieloplastica laparoscopica Moderatori: G. Martina, S. De Stefani Pieloplastica retroperitoneoscopica G.Martina, Pl Giumelli, G Caruso, m Remotti, F Cantoni, S Scuzzarella Pieloplastica laparoscopica transperitoneale – nostra esperienza P. Fedelini, R. Campese, C. Meccariello, M. Rubino, M. Fedelini, A. Masala Pieloplastica secondo Andreson – Hynes:accesso transperitoneale G. Breda, A. Celia La pieloplastica retroperitoneoscopica secondo Handerson – Hynes. G.Breda, A. Celia La pieloplastica retroperitoneoscopica con tecnica a lembo. Gino Scalese, Michele Romano, Filippo Portoghese, Vincenzo Disanto Ureteropieloplastica laparoscopica retroperitoneale: note di tecnica dopo 80 interventi M.Amenta, L.Aresu, F.Maritati, M.Occhipinti, S.Grosso, G.Grosso 12.30 - 13.30 Endourologia - calcolosi 1 Moderatori: C. Terrone, V. Altieri Infundibulotomia ed estrazione di calcoli in diverticolo caliciale per via percutanea G. Pecoraro, L. Motta, G. Olivo, M. Frigo Trattamento di calcolosi a stampo mediante PCNL e contestuale nefroscopia e ureteroscopia flessibile in posizione supina (Valdivia-Uria modificata Galdakao) C. Scoffone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, D. Vaccino, R.M. Scarpa Trattamento endoscopico di calcoli renoureterali con ureterenoscopio STORZ “GAUTIER” con Holmium Laser Calculase C. Scoffone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, R.M. Scarpa Il trattamento endoscopico della calcolosi a stampo renale: caso limite M. Luciano, P. Parma, B. Dall'Oglio, V. Galletta, e. De Luise Nefrolitotomia per cutanea in posizione supina M. De Sio, R. Autorino D. Giordano S. Palombini, , U. Pane L. Cosentino,. F. Di Giacomo, S. Mordente, G. Quarto, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano, C. Quattrone, M. D’Armiento N-TRAP®:un nuovo accessorio per impedire la retromigrazione dei frammenti di calcolo durante l’ureterolitotripsia L. Defidio, M. De Dominicis, V. Santini Decubito supino secondo Valdivia associato a posizione litotomica modificata in corso di procedure endourologiche complesse: vantaggi urologici ed anestesiologici C. Scoffone, C. Cracco, C. Terrone, F. Porpiglia, M. Poggio, G. Ibarluzea, A. Astobieta, I. Camargo, M. Gamarra, A. Tempia’, R.M. Scarpa Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 VII 13.30 - 14.30 Endourologia – calcolosi 2 Moderatori: V. Di Girolamo, V. Ficarra Nefrolitotripsia per cutanea (PCNL) in posizione supina. Esperienza di Parma A. Frattini, P. Salsi, S. Ferretti, P. Cortellini. Nefrolitotrissia per cutanea con plurimi accessi eco-guidati per calcolosi a stampo complessa G. Bianchi, C. Di Pietro, S. Micali, F. Annino, B. Baisi Manovre ancillari nel trattamento per cutaneo, con accesso unico, nelle calcolosi renali complesse del calice inferiore A. De Lisa, G. Puggioni , F. Monni, M. Fanari, M. Deplano,. P. Usai La ureterorenoscopia con endoscopio flessibile in gravidanza. P. Usai , A. Lai, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni, A. De Lisa. Litotrissia laser transureteroscopica di calcolo in diverticolo caliciale superiore V. Zizzi, A. Callea, B. Berardi, D. Sblendorio, A. Tempesta, F. Gala, R. Piccinni, A. Cafarelli, A. Traficante Nefrolitotrissia per cutanea in posizione supina. A. Callea, B. Berardi, D. Sblendorio, V. Zizzi, L. Cormio, A. Tempesta, F. Gala, R. Piccinni, A. Cafarelli, A. Traficante AULA PASTEUR – SESSIONE VIDEO 13.30 - 14.30 Laparoscopia miscellanea Moderatori: L. Da Pozzo, M. De Angelis Ureterolitotomia laparoscopica G. Martina, P. Giumelli, S Scuzzarella, M Remotti, G Caruso, F Cantoni Pielolitotomia videolaparoscopica in rene ectopico pelvico sinistro. R.Campese, .P. Fedelini, C. Meccariello, M. Rubino, A. Oliva, A. Masala Emi-nefroureterectomia laparoscopica in un caso di duplicazione ureterale completa. P. Casale, G. Pomara, M. Simone, R. Marzano, C. Casarosa, N. Armillotta, F. Francesca Pielo – pielostomia laparoscopica retroperitoneale. Case report M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S.Grosso, G.Grosso Ureterolitotomia retroperitoneoscopica: case report S. Micali, A. Celia, S. De Stefani, F. Annino, M. Grande, M.C. Sighinolfi, G. Bianchi Idronefrosi del distretto superiore in duplicazione ureterale complessa associata a ureterocele ostruttivo: risoluzione con tecnica laparoscopica ed endoscopica vescical A. De Lisa, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni , P. Usai Trattamento retroperitoneoscopico di cisti parapielica con idrocalice sintomatico A.Saita, M. Falsaperla, F. Nicolosi, G. Caldarella, L. Ficicchia, M. Burrello, B. Giammusso, F. Marchese, F. Porpiglia Resezione polare inferiore regolata sul calice con tecnica retroperitoneoscopica F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, F. Ragni, C. Cracco, C. Terrone, I. Morra, C. Scoffone, M. Poggio, R. M. Scarpa Cena per gli oratori Martedì, 7 Marzo 2006 AULA CARAVELLA SANTA MARIA 08.00 - 08.20 Highlights del giorno precedente A. Cestari, B. Rocco 08.20 - 08.45 Lettura: La calcolosi reno-ureterale nel 2006 – stato dell’arte Moderatore: T. Lotti Oratore: F. Rocco VIII Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 8.45 - 10.30 Chirurgia in diretta Moderatori in Aula: F. Zattoni, G. Muzzonigro, D. Cuzzocrea, G. Valdivia Uria Moderatori Sala operatoria: A. De Lisa Calcolosi calice renale inferiore Ureterorenoscopia flessibile R.M. Scarpa, C. Scoffone MINI PERC. E. Montanari 10.30 - 11.00 Opinioni a confronto PNL prona vs supina Moderatori: G. Valdivia Uria, F. Zattoni, R.M. Scarpa Oratori: A. Frattini, A. De Lisa 11.00 - 11.30 Dibattito URS del tratto prossimale: rigida o flessibile? Moderatori: P. Cortellini, G.P. Zanetti Oratori: F. Francesca, L. Defidio AULA PINTA 11.30 - 12.30 Corso: Trattamento laparoscopico del prolasso pelvico e dell’incontinenza Moderatori: V. Di Santo, A. Pagliarulo Oratore: R. Gaston 12.30 - 14.00 Corso: V.L.R.P.: step by step Moderatori: V. Pansadoro, I.S. Gill 14.00 - 14.30 Corso: Prostatectomia Radicale Robotica Presentatore: E. Montanari Oratore: T. Piechaud AULA PASTEUR 11.30 - 12.30 Dibattito strutturato Neoplasie incidentali del rene: terapie consolidate o nuove metodiche? Moderatori: M. Carini, G. Martorana Oratore: R. Gaston Crio A. Cestari RITA A. Rampoldi Lap F. Porpiglia Open M. De Sio 12.30 - 13.00 Lettura Tecniche di insegnamento in chirurgia - laparoscopia - endurourologia in Italia Moderatori: G. Bianchi , M. Motta, G.L. Melotti 13.00 - 14.30 Seduta S.I.U.P. L’endourologia in età pediatrica Moderatori: P. Caione, C. Laurenti Lettura Ruolo attuale della laparoscopia in urologia pediatrica M. Lima Comunicazioni brevi e video Nefrectomia retro e videolaparoscopica: l’esperienza della SIVI G. Riccipetitoni, M. Lima, L. Mastroianni, C. Esposito, A. Settimi, A. Garzi, A. Paparella, A. Marte, G. Monguzzi, M. Cimador Esperienza di retroperitoneoscopia in età pediatrica A. Garzi, V. Abate, F. Molinaro, G. Amato, N. Nardi, M. Messina Approccio laparoscopico del testicolo ritenuto intraddominale non palpabile. L’esperienza di 2 centri di chirurgia pediatrica M. Cimador, M. R. Di Pace, M. Sergio, P. Catalano, E. De Grazia. La video-laparoscopia nel testicolo non palpabile: la nostra esperienza P.L. Ceccarelli, V. Durante, M.A. Bianchini, P. Repetto, D. Biondini, A. Cacciari Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 IX Trattamento attuale laparoscopico del varicocele pediatrico G. Mattioli, S. Avanzini, M. Castagnetti, A. PiniPrato, V. Jasonni Il siringocele in età pediatrica: 17 casi osservati in 25 casi F. Battaglino, P. Campobasso, L. Musi Calcolosi a stampo in doppio distretto renale incompleto in bambino di 2 anni: trattamento retrogrado con laser ad olmio L. Defidio, M. De Dominicis, E. Matarazzo, P. Caione Surrenalectomia laparoscopica in età pediatrica A. Bocciardi, A. Lesma, A. Cestari, P. Bellinzoni, G. Guazzoni, P. Rigatti Il trattamento endoscopico del refluso vescico-ureterale in età pediatrica C. Bianco, A. Angelone, A. Aliotta, A. Fonzone Caccese, S. Mariconda, C. Imbimbo, N.Longo, V. Mirone Ureteroscopia in età pediatrica: revisione della letteratura C. Scoffone, F. Porpiglia, I. Morrà, C. Craccò, M. Poggio, M. Billià, R.M. Scarpa AULA NINA 11.30 - 13.30 Hands on Cistoscopia flessibile R. Colombo, L. Carmignani AULA CARAVELLA SANTA MARIA 14.30 - 15.00 Lettura: “La chirurgia laparoscopica della neoplasia renale nel 2006 - stato dell’arte” Moderatore: P. Rigatti Oratore: G. Breda 15.00 - 17.30 Chirurgia in diretta: “Nefrectomie per neoplasia renale” Moderatori in Aula: E. Belgrano, G. Morgia, F. Francesca, G. Breda, R.L. Tenaglia Moderatore S.O.: V. Di Santo Nefrectomia transperitoneale G. Bianchi Nefrectomia retroperitoneale T. Sulser Nefrectomia hand - assisted l. Gomella 17.30 - 18.00 Lettura Presidente Onorario del Congresso La laparoscopia urologica: quali i limiti? Presentatore: R.M. Scarpa Oratore: P. Rigatti 18.00 - 18.30 The role of watchful waiting in small incidentally discovered renal masses Presentatore: G. Bianchi Oratore: M. Marberger 18.30 - 19.00 Lettura Laparoscopic radical cystectomy: where are we now? Presentatore: G. Guazzoni Oratore: I.S. Gill AULA COSTANTINO - COMUNICAZIONI 11.30 - 12.30 Endourologia calcolosi 1 Moderatori: A. Tasca, T. Beltrami Terapia non chirurgica della litiasi vescicale P. Guiggi, M. Del Zingaro, V. Bini, C. Micheli L’ureteroscopia rigida nel trattamento della calcolosi ureterale G. Deiana, O. Pianezza, L.P. Canclini, L. Ferodi, A. Lembo. Stenting ureterale dopo uretero-litotrissia : considerazioni e studio retrospettivo su 181 pazienti C. Saltutti, H. Hanitzsch, T. Zenico, M. Fiori, R. Gunelli, P. Lilli, C. Vivacqua, E. Bercovich Ureteroscopia flessibile: considerazioni sulla longevità dello strumento dopo 145 procedure C. Scoffone, F. Porpiglia, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, M. Billia, S. Grande, F. Musso, R.M. Scarpa X Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Ureteroscopia in gravidanza: revisione della letteratura C. Scoffone, F. Porpiglia, I. Morra, C. Cracco, M. Poggio, M. Billia, R.M Scarpa Dispositivi anti-retromigrazione dei calcoli in corso di URS: utilità reale? F. Cauda, L. Squintone, O Sedigh, C.Fiori, D. Fontana, U. Ferrando Calcolosi nel rene a ferro di cavallo: qual è la migliore opzione terapeutica A.Saita, A. Bonaccorsi, M. Falsaperla, G. Salemi, G. Caldarella, S.V. Condorelli, M. Motta Ureterorenoscopia rigida del tratto prossimale dell'uretere: tempo operatorio, percentuale di “stone free”, complicanze M. Maffezzini, F. Campodonico Risultati di uno studio randomizzato sul trattamento della calcolosi dell'uretere pelvico: conservativo vs endoscopico F. Nigro, P. Ferrarese, E. Scremin, G. Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, A. Tasca L’endoscopia flessibile nella nefrolitotrissia percutanea (PCNL) garantisce alti tassi di stone-free. P. Usai, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano A. De Lisa Accesso percutaneo alle cavità renali in posizione supina anterolaterale. come e perché. L. Cormio, F.P. Turri, P. Annesse, T. Corvasce, M. De Siati, A. Perrone, F. Lorusso, S. Pentimone, G. Carrieri 12.30 - 13.30 Endourologia calcolosi 2 Moderatori: B. Campo, C. Cozzuopoli Mini perc in posizione di Valdivia: nostra esperienza dopo 38 procedure F. Cauda, A. Frattini, S. Ferretti, P. Salsi, L. Squintone, U. Maestroni, C. Fiori, U. Ferrando, D. Fontana, P. Cortellini Approccio endourologico in paziente con calcolosi ureterale dx e pielica sn in rene ectopico pelvico A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, G. Icona, A. Polara, M. Pedalino, B. Giammusso, M. Motta Nefrolitotomia percutanea sincrona nel trattamento della calcolosi renale bilaterale F. Zattoni , B. Grossetti B, M.A. Cerruto Ottimizzazione organizzativa ed economica dell’utilizzo spazio temporale dei macchinari di litotrissia extracorporea in un moderno centro di litotrissia. V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azione Idronefrosi secondaria a stenosi del giunto pieloureterale destro conseguente a litotrissia extracorporea per calcolosi renale S. Pagano, P.Rovellini, P.Ruggeri, A. Bottanelli, M. Motta ESWL con litotritore mobile Storz Modulith SLX-F2: esperienza iniziale M. De Sio, S. Mordente, G. Quarto, R. Autorino, D. Giordano, S. Palombini, U. Pane, L. Cosentino, F. Di Giacomo, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano, A. Landolfi, M. D’Armiento Miniperc? no, grazie G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Piccinelli, A. Benetti, L. Pasini, A. Teppa, P. Graziotti La litotrissia percutanea “tubeless” riduce ulteriormente l’invasivita’ della pcnl standard senza aumentarne significativamente i rischi G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Piccinelli, A. Benetti, L. Pasini, A. Teppa, P. Graziotti Calcolosi renale complessa bilaterale: approccio percutaneo in tempo unico P. Usai, F. Monni, M.Fanari, M.Deplano, G. Puggioni, A. De Lisa 13.30- 14.30 Trattamento endourologico dell’IPB Moderatori: L. Broglia, M. De Sio Efficacia del bisturi a sistema plasmacinetico (gyrus) versus quello monopolare tradizionale; studio comparativo randomizzato e tre anni di follw-up R. Giulianelli, S. Brunori, B.C. Gentile, V. Vincenti, F. Pisanti, T. Shestani Due tecniche di resezione transuretrale della prostata (TURP) a confronto: Bipolare versus Monopolare C. Scoffone, F. Porpiglia, C. Terrone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, D. Vaccino, R.M. Scarpa Laser F.R.E.D.D.Y vs laser Olmio: 2 fonti di energia per litotrissia endoscopica a confronto P.P. Fasolo, E. Conti, S. Lacquaniti, R. Mandras, L. Puccetti, G. Fasolis Risultati preliminari dall’EAU Real Life Data Registry sulla Terapia TUNA A. Tubaro ,K. Höfner, H. Villavicencio, JJ. de la Rosette, CR. Chapple Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 XI TURP bipolare con sistema GYRUS: risultati su 88 pazienti con follow-up di 1 anno M. De Sio, R. Autorino, D. Giordano, U. Pane, L. Cosentino, F. Di Giacomo, S. Mordente, G. Quarto, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano, D. Sorrentino, M. D’Armiento Vaporizzazione della prostata con laser ktp: debulking vero o semplice conizzazione? A.Tubaro, C. De Nunzio, A. Trucchi, S. Petta, L. Miano Il bisturi elettronico a risonanza quantica molecolare Vesalius U 20 ‘ nell’adenomectomia prostatica transuretrale: esperienza clinica preliminare A. Meneghini, M.G. Alipour, V. Pegoraro Il generatore bipolare ACMI Vista CTR: esperienza clinica su 74 casi di adenomectomia prostatica transuretrale. A. Meneghini, M. Pizzarella, V. Pegoraro Enucleazione con Holmium laser (HoLEP) versus adenomectomia prostatica trans-vescicale per prostate > 70 gr: follow-up a due anni R. Naspro, N. Suardi, A. Salonia, B. Mazzoccoli, V. Di Girolamo, R. Colombo, G. Guazzoni, P. Rigatti, F. Montorsi PVP con laser KTP/TURP: 2 esperienze cliniche a confronto N. Longo, C. Imbimbo, F. Fusco, D. Arcaniolo, P. Verze, C. Barba, F. Fiore, V. Mirone Trattamento endoscopico con laser ad Olmio di stenosi dell’anastomosi uretro vescicale esito di prostatectomia radicale: descrizione di un caso clinico S. Valenti, I. Vavassori, R. Hurle, A. Manzetti, O. Fenice, M. Catastini, A. Vismara AULA NINA 13.30 - 14.30 XII Endourologia miscellanea 2 Moderatori: R. Colombo, R. Miano, M. Longo Il trattamento dell’incontinenza maschile iatrogena mediante impianto di “bulking agents”: risultati preliminari M. Gabelli, M.Giglio, F. Pantalone, G. Queirolo, C. Caviglia, M.Medica Un raro caso di ematuria lateralizzata: fistola venoso-caliceale o tumore a cellule transizionali delle alte vie controlaterale? L. Defidio, M. De Dominicis, V. Santini Ricanalizzazione combinata per via endoscopica retrograda ed approccio percutaneo con guida ecografica per lesione ureterale, con voluminoso urinoma, secondaria ad intervento di isterectomia + annessiectomia totale per pelviperitonite M. Mari, A. Ambu, F. Mangione, S. Guercio, M. Bellina Affidabilità della cistoscopia con 5 ala nel follow-up del cis puro in trattamento con BCG R. Colombo, R. Naspro, P. Bellinzoni, G.Guazzoni, F.Fabbri, P. Rigatti Diagnosi istologica definitiva sulla biopsia prostatica in 3 ore: esperienza del primo anno L. Nava, M. Freschi , C.Dogliosi, A. Losa, E. Scapaticci, T.Maga, P. Rigatti, G. Guazzoni Brachiterapia nel carcinoma prostatico intracapsulare. equivalenza della dosimetria in pazienti con controindicazioni relative ed in pazienti con caratteristiche standard M. Maffezzini, E. Vaccara, T. Calcagno, L. Gavazzi,P. Ricci, A. Grimaldi, F. Grillo, M. Gambaro, G. Taccini Trattamento combinato endourologico-open di malattia uroteliale A. Frattini, S. Ferretti, F. Dinale, P. Cortellini Il trattamento endourologico della cisti pielogena: criteri per la scelta del tipo di approccio F. Nigro, P. Ferrarese, G. Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, E. Scremin, A. Tasca. Il trattamento dell’incontinenza maschile iatrogena mediante impianto di “bulking agents”: risultati preliminari M.Gabelli, M. Giglio, F. Pantalone, G. Queirolo, C. Caviglia, M. Medica. Valutazione prospettica dell’assunzione cronica di phyllanthus niruri e studio metabolico urinario M.C. Sighinolfi.,A. Celia, S. Micali, M. Corinti, F. Annino, M. Grande, N. Ferrari, S. De Stefani, G. Bianchi Correlazione fra stent ureterali e sessualità: analisi prospettica e multivariata M.C. Sighinolfi, S. De Stefani, A. Mofferdin, A. Celia, M. Giacometti, M. Rivalta, Ferrari N., S. Micali, G. Bianchi Calcolosi ureterale ostruente con associato peggioramento della funzionalità renale: può la litotrissia extracorporea rappresentare un trattamento d’urgenza? M.C. Sighinolfi., A Celia, S. Micali, M.Grande, A. Beato, S. De Stefani, A. Mofferdin, F. Nancy, G. Bianchi. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Tamponamento vescicale: risoluzione rapida per via sovrapubica A. De Lisa, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, P. Usai L’endopielotomia percutanea nella malattia del GPU: una tecnica sempre attuale anche nell’era della laparoscopia A. De Lisa, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni, P. Usai HIFU nel trattamento del carcinoma prostatico ad alto rischio di progressione A. Callea, V. Zizzi, A. Cafarelli, R. Piccinni, D. Sblendorio, B. Berardi, F. Gala, A. Tempesta, A. Traficante Trattamento ureteroscopico dei tumori della pelvi renale e dell’uretere R. Piccinni, A. Callea, D. Sblendorio, B. Berardi, V. Zizzi, A. Tempesta, F. Gala, A. Cafarelli, A. Traficante AULA CARAVELLA SANTA MARIA - VIDEO 11.30 - 12.30 Laparoscopia: rene e prostata Moderatori: C. Imbimbo, P. Bove, F. Gaboardi Nefrectomia laparoscopica in pazienti con anomalia numerica dei vasi renali G.Martina, P. Giumelli, G Caruso, M. Remotti, F. Cantoni Eminefroureterectomia videolaparoscopica superiore sinistra per idropioureteronefrosi del distretto cefalico in duplicità pieloureterale bilaterale con rene sovrannumerario A. Molon, G. Caleffi, M. Pastorello Vesciculectomia ed exeresi di ghiandola prostatica residua per via laparoscopica dopo prostatectomia radicale laparoscopica incompleta M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G.Grosso Prostatectomia radicale laparoscopica pre-peritoneale. Codifica della tecnica dopo 750 interventi. M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso Chirurgia nephron sparing laparoscopica. Tecniche di emostasi. M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso La nefrectomia retroperitoneoscopia anatomica V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azione Preparazione dello spazio extra-peritoneale in corso di LERP: note di tecnica M. Falsaperla, A. Saita, F. Nicolosi, G.Iacona, D. Aleo, A. Polara, A. Bonaccorsi, M. Motta 12.30 - 13.30 Laparoscopia: rene e surrene Moderatori: A. Traficante, C. Aragona, R. Tarabuzzi L’utilizzo della colla di fibrina autologa per l’emostasi nella nefrectomia parziale videolaparoscopica L. Schips, S. Gidaro, O. Dalpiaz, K. Lipsky, P. Petritsch, R. Zigeuner Enucleoresezione laparoscopica e controllo dell’emostasi con sutura associata a tissucol e lamina di collagene F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, M. Poggio, C. Cracco, C. Terrone, C. Scoffone, R.M. Scarpa Eminefrectomia laparoscopica destra in doppio distretto con dilatazione non refluente del distretto superiore. F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, M. Bianchi, R. Lace, B. Tadini, R.M. Scarpa Enucleoresezione retroperitoneoscopica di neoplasia renale snistra: ischemia a’ la demande, dissezione con ultracision ed emostasi con punto e colla cianoacrilica (Glubran) C. Milani, L. De Zorzi, I.M. Tavolini, N. Zanovello, M. Dal Bianco Surrenalectomia laparoscopica retroperitoneale. Tecnica M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso Surrenalectomia laparoscopica per voluminoso ancient schwannoma retroperitoneale: case report S. Micali, F. Annino, A. Cestari, G. Peluso, A. Celia, S. De Stefani, G. Guazzoni, G. Bianchi Nefrectomia radicale sinistra laparoscopica per carcinoma renale con trombo neoplastico nella vena renale. F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, C. Cracco, C. Terrone, F. Ragni, M. Poggio, R.M. Scarpa Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 XIII 13.30 - 14.30 Endourologia miscellanea Moderatori: C. Scoffone, R. Damiano, G. Zanetti PVP Standard versus PVP-VIT nel trattamento di adenomi prostatici voluminosi S. Biscioni, M.Gavazzi, F. Rubino Utilizzo dell’indirizzatore laser AUTOFLEX (Lisa laser) in una stenosi del giunto pielo-ureterale recidiva dopo pieloplastica chirurgica C. Scoffone, I. Morra, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, R.M. Scarpa PERIGEETM : correzione dei difetti della parete vaginale anteriore con approccio transotturatorio M. Simonazzi, S. Meli, P. Cortellini L' "accesso" ideale al calice nelle procedure percutanee: proposta metodologica A. Frattini, S. Ferretti, P. Salsi, F. Dinale, P. Cortellini Gli approcci endourologici alla cisti pielogena F. Nigro, P. Ferrarese, G. Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, E. Scremin, A. Tasca Incisione retrograda laser su catetere a palloncino di stenosi dell’anastomosi uretero-ileale nelle derivazioniurinarie N. Proscia, G. de Rienzo, I. Martines, V. Pagliarulo, I. Intermite, A. Pagliarulo Trattamento endourologico di sospetto tumore recidivo dell’uretere D. Sblendorio, R. Piccinni, A. Callea, B. Berardi, V. Zizzi, A. Tempesta, F. Gala, A. Cafarelli, A. Traficante AULA SAN PAOLO 08.00 - 18.00 Seminario infermieri Endourologia e laparoscopia: tecniche a confronto e nuovi scenari 08.00 - 08.30 Registrazione dei partecipanti. 08.30 - 09.00 Saluto delle Autorità, apertura e presentazione del Congresso Presidente I.E.A.: R.M. Scarpa Presidente del Congresso: G. Guazzoni Servizio Infermieristico H.S. Raffaele: A Rossetti, R. Manteca Coordinatrice Comparto Urologia S. Raffaele Turro e referente del progetto formativo: N. Bordonaro Collaboratrice del progetto formativo: P. Striglia Coordinatrice Blocchi Operatori H.S. Raffaele: E. Bassani Prima sessione: Chirurgia endoscopica Moderatori: W. Lunardò, E. Bassani, C. Sanseverino 09.00 - 09.30 Il paziente e l’intervento endoscopico: Implicazioni infermieristiche nella fase pre e post operatoria Moderatori: S. Squarzon 09.30 - 10.00 L’utilizzo del laser nella resezione endoscopica di adenoma prostatico: “HoLEP” Moderatori: A. Bonini 10.00 - 10.30 La calcolosi ureterale: “URS”. Moderatori: A. Pinto, H. Galliera 10.30 - 11.00 La calcolosi renale: “PNL” Moderatori: C. Bernazzali, C. Simoncelli 11.00 - 11.15 Coffee break 11.15 - 11.45 Nuove tecniche per il trattamento del carcinoma prostatico: “HIFU” Moderatori: D. Pellizzari, C. Ferrato Beretta 11.45 - 12.15 Nuove tecniche per il trattamento del carcinoma prostatico: “CRIOTERAPIA” Moderatori: M. Arnau Canton 12.15 - 13.00 Dibattito 13.00 - 14.00 Lunch Seconda sessione: la chirurgia laparoscopica Moderatori: N. Bordonaro, S. Squarzon, M. Arnau Canton XIV Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 14.00 - 14.30 Assistenza infermieristica al paziente sottoposto a Laparoscopia. Moderatori: G. Chaulan, S. Merli, F. Rizzi 14.30 - 15.00 L’adenomectomia prostatica secondo Millin Moderatori: C. Demelas 15.00 - 15.30 La gestione dello strumentario endoscopico e laparoscopico Moderatori: S. Tomasini, H. Manerbio 15.30 - 15.45 15.45 - 16.15 Coffee break La prevenzione delle complicanze intraoperatorie Moderatori: P. Striglia 16.15 - 16.45 Il rischio clinico in sala operatoria: “Risultati di uno studio” Moderatori: W. Lunardò 16.45 - 17.15 Panorama futuro dell’urologia Moderatori: C.Sanseverino 17.15 - 18.00 Dibattito, compilazione dei questionari e chiusura lavori 20.30 Cena sociale Mercoledì, 8 Marzo 2006 AULA CARAVELLA SANTA MARIA 08.00 - 08.20 Hilights L. Nava, A. Salonia 08.20 - 08.50 Dibattito: Tecniche di emostasi sul parenchima renale Moderatori: G. Bianchi, F. Porpiglia Oratori: L. Schips, V. Di Santo, G. Morgia 08.50 - 12.00 Chirurgia in diretta Chirurgia “nephron sparing” Moderatori in Aula: F.P. Selvaggi, M. Maffezzini, F. Gaboardi, M. Porena, M. Carini Moderatore Sala Operatoria: V. Pansadoro Tumorectomia Laparoscopica Retroperitoneale I.S. Gill Tumorectomia Laparoscopica Transperitoneale R. Gaston Tumorectomia Hand Assisted L. Gomella 12.00 - 12.40 Opinioni a confronto Chirurgia Nephron Sparing. Dibattito tra gli esperti Moderatori: G. Carmignani, P. Rigatti, G. Mobilio Oratori: G. Martorana, M. Dal Bianco, F. Porpiglia, C. Milani 12.40 - 13.00 Lettura Lesson learned after more than 550 laparoscopic partial nephrectomy: the CCF experience Moderatore: M. D’Armiento Oratore: I.S. Gill 13.30 Chiusura dei lavori Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 XV 6° CONGRESSO NAZIONALE SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA Milano, 6 - 8 Marzo 2006 L’Associazione Italiana di Endourologia esprime la sua gratitudine alle Aziende che con la loro partecipazione hanno contribuito alla realizzazione del 6° Congresso Nazionale IEA A.C.R. ANGELINI FRANCESCO LUMENIS ITALY AB MEDICA MEDIMAR ASTELLAS PHARMA MEDTRONIC ITALIA ASTRAZENECA MERCK SHARP & DOHME BAXTER MOVI BAYER HEALTHCARE NATURAL BRADEL B. BRAUN MILANO N.G.C. MEDICAL BIOHEALTH ITALIA OLYMPUS ITALIA BIOSKIN ITALIA ONCURA ITALY BOSTON SCIENTIFIC PHYSION CELBIO PORGES COOK ITALIA Q-MED ICT DIMED ROCCHETTA DORNIER MEDTECH ITALIA SCHERING EDAP TECHNOMED ITALIA SCS INTERNATIONAL EMS ITALIA SI.EM ESAOTE SIGMA-TAU Industrie Farmaceutiche Riunite GLAXO SMITHKLINE SPA Società Prodotti Antibiotici GRUPPO SANOFI - AVENTIS TEGEA INNOVAMEDICA TELEFLEX MEDICAL KARL STORZ ENDOSCOPIA ITALIA TYCO HEALTHCARE LITHOMOBILE XVI Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 ABSTRACTS 6° CONGRESSO NAZIONALE SOCIETÀ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA Milano, 6-8 Marzo 2006 NEFRECTOMIA RETRO E VIDEOLAPAROSCOPICA: L’ESPERIENZA DELLA SIVI G. Riccipetitoni, M. Lima, L. Mastroianni, C. Esposito, A. Settimi, A. Garzi, A. Paparella, A. Marte, G. Monguzzi, M. Cimador Scopo: La nefrectomia e l’eminefrectomia, tradizionalmente eseguite nel bambino per via antero-laterale con una conseguente debolezza della parete muscolare, trovano oggi un’eccellente soluzione nella chirurgia mininvasiva e, in modo particolare, nell’approccio retroperitoneoscopico.Riportiamo l’esperienza di un gruppo di chirurghi della SIVI relativa a 74 procedure retro e videolaparoscopiche. Materiali e Metodi: sono stati trattati con tecnica mininvasiva 74 pazienti: in 70 di essi è stata eseguita una nefrectomia, in 4 un’eminefrectomia. L’approccio laparoscopico, con l’impiego da 3 a 5 trocars, è stato eseguito in 7 pazienti: 6 con un rene normotopico, 1 con rene ectopico pelvico. Nei restanti 67 pazienti è stato preferito l’approccio retroperitoneoscopico (63 nefrectomie e 4 eminefrectomie) posizionando il paziente in decubito laterale ed utilizzando tre trocars operativi; si trattava di: 40 casi di rene multicistico, 5 casi di sindrome del giunto pieloureterale, 9 casi di displasia renale (2 ipoplasia, 3 ureterocele, 3 ureteri ectopici, 1 ureterocele in rene ectopico), 12 casi di rene grinzo, 1 caso di calcolosi renale. L’età variava tra 12 mesi e 18 anni (l’età inferiore ha interessato soprattutto pazienti con rene multicistico). La durata media delle procedure è stata di 130’ (range compreso tra 70’ e 180’). In 6 casi di retroperitoneoscopia è stato accidentalmente determinato un pneumoperitoneo, risolto in 2 casi con desufflazione con ago; in 4 casi con conversione. Un altro paziente (caso di calcolosi renale) ha richiesto la conversione per difficoltà tecniche. In totale si sono rese necessarie 5/67 conversioni (7.4%) nella serie retroperitoneoscopica. Non si è manifestato nessun caso di sanguinamento intra o postoperatorio e la degenza media è stata di circa tre giorni. Conclusioni: La nefrectomia con tecnica mininvasiva rappresenta una soluzione sicura ed efficace. L’approccio retroperitoneoscopico rispetto a quello laparoscopico offre il vantaggio di evitare la manipolazione e la dissezione colica e, in alcuni casi, il rischio di inquinamento del cavo peritoneale permettendo, inoltre, un approccio diretto al rene ed una buona esposizione dell’ilo renale. La tecnica miinvasiva offre, inoltre, il vantaggio di praticare un’exeresi completa dell’uretere nei casi di uretere ectopico prevenendo la sindrome del moncone ureterale residuo. Nella nostra serie non ci sono state complicanze maggiori, né sanguinamenti, la procedura è stata completata con successo in 68/74 pazienti (91.8%) con evidenti vantaggi che hanno portato ad una rapida dimissione, ad una rapida ripresa dell’attività fisica ed ad un buon risultato estetico con integrità della parete muscolare. ESPERIENZA DI RETROPERITONEOSCOPIA IN ETÀ PEDIATRICA A. Garzi, V. Abate, F. Molinaro, G. Amato, N. Nardi, M. Messina Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 1 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Tabella 1. Patologia N. casi Porte Conversioni Età (range) Varicocele 47 1 1 8-14 anni 20-55 1.5 3-24 3 2 / 16-24 mesi 100-120 4-6 12 Stenosi 1 1 del giunto pielo-ureterale (sGPU) / 18 mesi 150 5 3 Cisti polare 1 superiore sinistra / 11 anni 40 4 24 Nefrectomia 3 Gli Autori riportano la loro iniziale esperienza in chirurgia mininvasiva retroperitoneale in ambito pediatrico. Materiali e Metodi: Durante il periodo 1° gennaio 2003 - 31 dicembre 2005 presso la Chirurgia Pediatrica di Siena sono state effettuate 52 procedure retroperitoneoscopiche in pazienti di età compresa fra 16 mesi e 14 anni (Tabella 1). Tutti i pazienti sono stati posizionati in decubito laterale con una lieve spezzatura per ampliare la “camera di lavoro”. In tutti i pazienti è stato impiegato un trocar tipo Hasson con palloncino e ottica a 0° di 10 mm di diametro. La posizione del primo trocar è variata a seconda della patologia e soltanto nel caso della cisti sono state utilizzate due porte accessorie operative. Nel caso di varicocele è stato utilizzato, come unico sistema di coagulazione la corrente bipolare, mentre nel caso di nefrectomia e cisti polare la coagulazione ad ultrasuoni. Per la sGPU è stata utilizzata la metodica di Lima et al. con unico accesso (One Trocar-Assisted Pieloplasty OTAP). Il follow-up è stato effettuato a 6, 12 e 24 mesi dopo l’intervento. Risultati: Tutte le procedure, in anestesia generale, sono state condotte a termine tranne che in un unico caso di varicocelectomia in cui l’intervento è proseguito con approccio transperitoneale per problemi tecnici. In nessun caso si sono avute complicanze intra e postoperatorie maggiori e/o minori. Il dolore postoperatorio è stato trattato in relazione alla procedura: un’unica somministrazione di paracetamolo + codeina (Lonarid) per i pazienti operati per varicocele; mentre i tre bambini sottoposti a nefrectomia e quello a sGPU sono stati trattati con infusione continua per 48 ore di tramadolo+ketorolac. Conclusioni: I risultati ottenuti nella esperienza preliminare della nostra Scuola mostrano la fattibilità e la sicurezza dell’approccio retroperitonoscopico. Tutte le procedure sono 2 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Timing (minuti) Degenza (giorni) Follow-up (mesi) state condotte a termine, tranne una per problemi tecnici. Il tempo di esecuzione ha mostrato un trend in diminuzione direttamente proporzionale alla “learning-curve”, il tasso di complicanze e recidive è sovrapponibile alle altre procedure mininvasive. L’approccio retroperitopneoscopico, pertanto, può essere considerato una procedura riproducibile e, con adeguata preparazione, sicura ed affidabile. In particolare è indicata nel paziente pediatrico, in quanto permette un approccio più anatomico alle strutture vascolari e parenchimali con un minore trauma chirurgico, consentendo quindi un più rapido recupero post-operatorio, associato ad un ottimale risultato estetico. APPROCCIO LAPAROSCOPICO DEL TESTICOLO RITENUTO INTRADDOMINALE NON PALPABILE. L’ESPERIENZA DI 2 CENTRI DI CHIRURGIA PEDIATRICA M. Cimador1, M.R. Di Pace1, M. Sergio1, P. Catalano1, E. De Grazia1, C. Esposito2 1 Cattedra di Chirurgia Pediatrica e U.O. semplice di Chirurgia Laparoscopica Pediatrica, Università di Palermo; 2Cattedra di Chirurgia Pediatrica, Università “Magna Graecia” di Catanzaro Con un’incidenza pari al 3% nei nati a termine, e del 30% nei pretermine, il criptorchidismo rappresenta la più frequente anomalia dell’apparato urogenitale. Il 15% dei testicoli non discesi sono testicoli non palpabili (TNP). L’indagine di scelta che consente, con un’accuratezza pari al 95%, di diagnosticare e secondariamente di decidere sul “destino” del TNP è la laparoscopia. Questa metodica consente di delineare con certezza presenza o meno del testicolo, sede, lunghezza del fascio vascolare testicolare e del dotto deferente, anomalie associate. Uno degli aspetti interessanti della 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia laparoscopia si osserva nella diagnosi di TNP ad orificio inguinale chiuso, laddove l’esplorazione chirurgica open per via inguinale non avrebbe in alcun modo potuto essere di ausilio né diagnostico né terapeutico. Resta tuttora dibattuta la problematica del TNP cosiddetto “alto” (> 2 cm dall’orificio inguinale) giacché in questi casi l’esecuzione di un’orchidopessi in 1 o 2 tempi secondo la tecnica di Fowler-Stephens comporta un tasso di atrofie testicolari fino al 30% in alcune casistiche. In questo studio abbiamo retrospettivamente valutato l’esperienza di 2 centri di Chirurgia Pediatrica nel trattamento laparoscopico del TNP, delineando le peculiarità diagnostiche e le scelte chirurgiche adottate. Casistica: Nel triennio 2001-2005 sono stati sottoposti a laparoscopia diagnostica e terapeutica 125 testicoli in 119 pazienti con diagnosi clinica di TNP. Dei 119 TNP, 18 (15.1%) apparivano localizzati in sede intra-addominale bassa (< 2 cm dall’anello inguinale interno), 24 (20.1) in sede intra-addominale alta (> 2 cm dall’anello inguinale interno), in 25 (21%) casi si sono evidenziati vasi e deferente che terminavano a fondo cieco, a monte dell’anello inguinale interno (“blind-ending”endoaddominale). Nei rimanenti 10 (8.4%) casi era possibile osservare vasi spermatici e deferente, estremamente sottili, che penetravano nell’aTabella 1. Laparoscopie Palermo. 2001-2005. Casistica Centro di 34 TNP 8 (23.5%) addominale basso 9 (26.4%) addominale alto 6 (17.6%) blind ending 10 (29.4%) vanishing intracanalicolare 1 (3%) Intracanalicolare Laparoscopie Catanzaro. 2001-2005. Casistica Centro 91 TNP 10 (10.9%) addominale basso 15 (16.4%) addominale alto 19 (20.8%) blind ending + vanishing 47 (51.6%) intracanalicolare di nello inguinale interno chiuso (vanishing testis intracanalicolare), in 48 (40.3%) il testicolo era posizionato all’interno del canale inguinale, appena superato l’anello inguinale interno. Risultati: I 34 bambini del Centro di Palermo con TNP sottoposti a laparoscopia avevano un’età media di 26 mesi. (range 18-36), mentre nel Centro di Catanzaro l’età media è stata di 3.6 anni (range 19 m-12 a). In 71 (56.8%) il TNP era localizzato a sinistra, in 40 (32%) a destra, in 14 (11.2%) bilaterale. In 1 caso si trattava di un’anorchia per vanishing testis bilaterale. Sono state eseguite 42 orchidopessi scrotali video-assistite, di cui 22 con neocananale inguinale, 15 attraverso il canale inguinale anatomico, 5 Fowler-Stephens in 2 tempi. Con un follow-up minimo di 1 anno abbiamo riscontrato 4 atrofie postoperatorie pari al 9.5%: tutti i casi di atrofia erano stati in precedenza trattati con Fowler-Stephens in 2 tempi. LAPAROSCOPIA NEL TESTICOLO NON PALPABILE: LA NOSTRA ESPERIENZA P.L. Ceccarelli, V. Durante, M.A. Bianchini, P. Repetto, D. Biondini, A. Cacciari Cattedra ed Unità Complessa di Chirurgia Pediatrica, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Policlinico di Modena Gli autori riportano la loro esperienza in merito all’utilizzo della video-laparoscopia (VL) di fronte a pazienti con testicoli non palpabili (TNP) né rilevabili ecograficamente. Metodi: Tale approccio chirurgico è stato adottato su 55 pazienti con criptorchidia monolaterale (39 casi) o bilaterale (16 casi) con testicoli non palpabili né ecograficamente rilevabili. Risultati: Il numero totale di gonadi posizionate in sede scrotale è stato di 34, in 12 casi mediante orchidopessi tradizionale VL assistita (OTVLA) ed in 22 casi con tecnica di Fowler-Stephens VL assistita (FSVLA). Un follow-up compreso tra 22 e 70 mesi ha mostrato in 33 casi (97.07%) un buon outcome clinico ed ecografico, con valori del 100% (12 gonadi su 12 operate) nel caso di OTVLA e del 95.45% (21 gonadi su 22) in caso di FSVLA; nell’ultimo gruppo in 1 caso (testicolo con fusione splenogonadica) la gonade appare marcatamente ipotrofica pur conservando una struttura parenchimale ecograficamente accettabile. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 3 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia TRATTAMENTO ATTUALE LAPAROSCOPICO DEL VARICOCELE PEDIATRICO G. Mattioli, S. Avanzini, M. Castagnetti, A. Pini Prato, V. Jasonni Chirurgia Pediatrica, Istituto G. Gaslini, Università di Genova Il varicocele è una patologia di frequente riscontro, anche se tuttora il suo trattamento è discusso. Presentiamo la nostra metodologia focalizzando sulle specifiche decisioni cliniche e sui dettagli di tecnica. Alternative terapeutiche: Chirurgico • via scrotale, inguinale, addominale, lombare; •via extraperitoneale o transperitoneale; •via video-assistita retroperitoneoscopica o laparoscopico. Endovascolare (diagnostico e terapeutico) Nessuna terapia. Rischi (in ordine di frequenza) idrocele/edema del testicolo; recidiva e necessità di reintervento; lesioni ureterali; sanguinamento/Infezione; perforazione intestinale; atrofia testicolare; lesioni deferenziali; impossibilità ad avere una previsione sulla funzione riproduttiva ed ormonale. WorkUp preoperatorio valutazione clinica; ecografia (flussimetria e orchidometria); flebografia (solo in caso di sospetto ecografico di reflusso referenziale); nessuna valutazione della funzione ormonale/spermatica; pulizia intestinale accurata. Tecnica chirurgica Anestesia generale con intubazione tracheale Paziente: supino, trendelemburg 30°, fianco omolaterale sollevato Cannule: ombelicale 5 mm (Ottica), pelvico sinistro 3 mm (pinza da presa), pelvico destro 5 mm (dissettore/crochet/emostasi) Tecnica Apertura del peritoneo; dissezione in blocco del peduncolo spermatico interno; legatura e sezione in blocco; legatura superselettiva del peduncolo defe- 4 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 renziale se ectasico con attento risparmio perideferenziale. Follow-up Valutazione clinica; ecografia; flebografia in caso di sospetto di recidiva; trattamento aggressivo dell’idrocele solo se persistente dopo 6/12 mesi. IL SIRINGOCELE IN ETÀ PEDIATRICA: 17 CASI OSSERVATI IN 25 ANNI F. Battaglino, P. Campobasso, L. Musi Introduzione: In età pediatrica la patologia delle ghiandole di Cowper è di rarissimo riscontro. Le forme più frequenti sono le dilatazioni cistiche congenite della porzione distale dei dotti escretori. Il termine siringocele (S.) fu coniato da Maizels nel 1983 per identificare le varie forme di dilatazione delle ghiandole uretrali di Cowper. Egli classificò 4 varianti di S. in base agli aspetti endoscopici e radiologici: S. semplice, imperforato e rotto. Le forme di S. semplice e rotto sono generalmente asintomatiche e di riscontro occasionale o paucisintomatiche (batteriuria, dribbling post-minzionale), mentre le forme di S. imperforato o perforato possono dare gradi diversi di ostruzione con sintomi di IVU, disuria/stranguria, ematuria/uretrorragia. La diagnosi è basata sull’uretrocistografia minzionale e talvolta sull’uretrografia retrograda, poi confermata dall’uretroscopia. Nelle forme di siringocele imperforato, l’endoscopia evidenzia la protrusione del dotto dilatato a livello mediano e posteriore dell’uretra bulbare. Utile in questi casi la RMN. Materiali e Metodi: Riportiamo 17 casi osservati in 25 anni (1980-2005). Un paziente che aveva diagnosi prenatale di sospetta valvola dell’uretra posteriore, si presentò con segni di severa ostruzione uretrale (minzione goccia a goccia, globo vescicole), uretroidronefrosi bilaterale e insufficienza renale (creatininemia di 2,8 mg/dl). Fu trattato a 15 gg di vita con vescicocutanestomia decompressiva secondo Blocksom e, successivamente, a distanza di un anno e mezzo, con asportazione per via perineale del siringocele imperforato. Altri 4 pazienti (4-14 aa) con siringocele imperforato, che lamentavano segni e sintomi ostruttivi (getto ipovalido, disuria) associati a IVU ricorrenti e/o uretrorragia furono trattati con suc- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia cesso mediante incisione endoscopica del tetto del siringocele. Gli altri 12 casi furono reperti occasionali in corso di cistografie minzionali eseguite per il sospetto di altra patologia malformativa (reflusso, idronefrosi); non lamentavano sintomi e segni ostruttivi e pertanto non ebbero nessun trattamento. Conclusioni: Il siringocele, seppure raramente, rappresenta una potenziale causa di ostruzione uretrale in età pediatrica. Nella nostra esperienza solo i siringoceli ostruttivi hanno richiesto un trattamento chirurgico. Bibliografia 1. Maizels M, Stephens FD, King LR, et al. Cowper s syringocele: a classification of dilatations of Cowpers s grand duct based upon clinical characteristic of 8 boys. J Urol 1983; 129:111-114 2. Campobasso P, Schieven E, Sica F. Il Siringocele delle ghiandole di Cowper in età pediatrica. A proposito di 10 osservazioni. Min Pediatr 1995; 47:297-302 3. Kickuth R, Laufer U, Pannek J, Kirchner TH, Herbe E, Kirchner J. Cowper s syringocele: diagnosis based on MRI findings. Pediatr Radiol 2002; 32:56-58 TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DI CALCOLOSI COMPLESSA IN DOPPIO DISTRETTO RENALE IN BAMBINO DI 2 ANNI L. Defidio1, M. De Dominicis*, E. Matarazzo2, P. Caione2 1 U.O. Urologia, Ospedale “Cristo Re”; 2U.O. Urologia Pediatrica, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” IRCCS, Roma Scopo: Viene presentato in un video il caso di una bambina di 20 mesi affetta da calcolosi a stampo endopielica in uropatia malformativa e trattata per via endourologica. Il video presenta particolarità di tecniche e dimostrazione di soluzione di casi complessi con trattamenti mini-invasivi anche nei pazienti di età pediatriche più bassa. Paziente e Metodo: Una bambina di 20 mesi di età (peso corporeo 13 kg) presentava calcolosi urinaria a stampo pielo-ureterale destra in uropatia malformativa caratterizzata da duplicità pielo-ureterale parziale. La bambina aveva sofferto di episodi diarroici febbrili all’età di 7 mesi. La calcolosi, parzialmente radiopaca si era presentata con storia di infezione urinaria, dolori addominali e microematuria. L’urografia e l’ecografia mostravano una duplicità con distretto inferiore ben funzionante e parzialmente dilatato, drenato in un uretere unico con il distretto superiore. La cistografia era negativa. È stato selezionato per il trattamento un approccio endourologico mini-invasivo con ureterolitotrissia retrograda attraverso l’uso combinato di strumenti rigidi e flessibili ed energia di frammentazione balistica e laser. L’età del paziente ha reso necessario l’uso di strumentazione particolarmente sottile (ureteroscopio 6-8 F). Risultati: La tecnica endourologica ha permesso la totale bonifica della via escretrice alta dalla formazione calcolotica. Il calcolo è risultato essere di carbonato e fosfato di calcio. Il decorso post-operatorio è stato esente da complicanze, con rimozione del tutore ureterale in seconda giornata post-operatoria. Al controllo a distanza di 6 mesi, la paziente è esente da recidiva. Conclusioni: Moderne tecniche endourologiche, con l’uso di strumentazioni di calibro sottile, permettono oggi l’approccio mini-invasivo per la soluzione di casi di litiasi urinaria anche complessi in bambini di basso peso corporeo. Si rende necessaria tuttavia un’opportuna expertise per la realizzazione di manovre endourologiche, senza compromettere l’integrità della via escretrice. Per tali patologie e per tali trattamenti, è altamente suggerita la concentrazione di strumentario e di esperienza clinica in Centri di 3° livello, dedicati. SURRENALECTOMIA LAPAROSCOPICA IN ETÀ PEDIATRICA A. Bocciardi, A. Lesma, A. Cestari, P. Bellinzoni, G. Guazzoni, P. Rigatti Università Vita e Salute, IRCCS San Raffaele, Milano Scopo: Nonostante la surrenalectomia laparoscopica abbia dimostrato numerosi vantaggi rispetto alla surrenalectomia a cielo aperto nei pazienti adulti, l’esperienza nella popolazione pediatrica è ancora limitata. Riportiamo la nostra esperienza allo scopo di valutare la validità della surrenalectomia laparoscopica in età pediatrica. Materiali e Metodi: Dal 1998 al 2004 sono stati sottoposti a surrenalectomia 8 bambini di età compresa tra 7 e 9 anni. Le patologie sottostanti comprendevano: adenoma surrenalico secernente androgeni (5 casi), S. di Cushing periferico (2 casi) e iperplasia surrenalica bilaterale da S. di Cushing centrale persistente dopo intervento neurochirurgico di adenomectomia ipofisaria trans-sfenoidale (1 caso). Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 5 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Tabella 1. Cielo aperto Laparoscopica Invasività lombotomia Accesso retroo trans-peritoneale Anestesia generale generale Tempo op. 45 min 100 min nessuna nessuna peridurale paracetamolo 24h 24h Molto buona ottima Complicanze Analgesia post-op. Ripresa post-op. Estetica La surrenalectomia è stata condotta per via laparotomica in 3 casi e per via laparoscopica in 5 casi (di cui 1 bilaterale). Risultati: (Tabella 1) In nessun caso è stato necessario convertire l’accesso laparoscopico in laparotomico. Conclusioni: Nella nostra esperienza la surrenalectomia per via laparoscopica costituisce anche in età pediatrica una soluzione fattibile, sicura ed efficace, caratterizzata da minima invasività, bassa morbidità e risultato estetico ottimale. IL TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DEL REFLUSO VESCICO-URETERALE IN ETÀ PEDIATRICA C. Bianco1, A. Angelone1, A. Aliotta1, A. Fonzone Caccese1, S. Mariconda1, C. Imbimbo2, N. Longo2, V. Mirone2 1 U.O. di Urologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera “Santobono-Pausilipon”, Napoli; 2Clinica Urologica, Università Federico II di Napoli Introduzione: Il reflusso vescico-ureterale ha un’incidenza in età pediatrica tra il 2 e il 4%, a seconda delle varie casistiche, e spesso si associa ad infezioni delle vie urinarie, con conseguente insorgenza di pielonefrite e danni renali. La nefropatia da reflusso può essere responsabile di danni alla funzione renale e di ipertensione, fino a portare il paziente addirittura al trapianto nei casi più gravi. Più a lungo un paziente è esposto al reflusso vescico-ureterale, maggiore è il rischio di danno renale. Dato che la risoluzione spontanea, frequente nei reflussi di I e II grado (80% a 5 anni), è molto rara nei reflussi di III e IV grado ed 6 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 addirittura assente in quelli di V grado, è auspicabile una diagnosi precoce ed un trattamento altrettanto precoce. Negli ultimi anni il trattamento endoscopico, ha rivoluzionato la cura di tale patologia. Materiali e Metodi: Tra Gennaio 2004 e Dicembre 2005 sono stati trattati 71 pazienti con un’età compresa tra 1 e 16 anni (media 5,15 anni), affetti da reflusso vescico-ureterale bilaterale in 27 pazienti, con l’iniezione sottomeatale di una sostanza biocompatibile (atossica e che non deve migrare) in corso di cistoscopia, in modo tale da supportare lo strato sottomucoso dell’uretere In 15 pazienti è stato necessario un secondo trattamento e in 4 casi di megauretere refluente bilaterale si è dovuto ricorrere all’intervento a cielo aperto. Risultati: La percentuale di guarigione, valutata con assenza di infezione per almeno un anno e con una cistoscintigrafia negativa a sei e dodici mesi dal trattamento, è stata sovrapponibile all’intervento chirurgico (95-99%), se si include anche il ricorso a un secondo trattamento nello stesso paziente, che in alcuni casi si è reso necessario. Conclusioni: La nostra esperienza ci spinge a continuare su questa strada, ritenendo il trattamento endoscopico, prevenendo il reflusso con metodica semplice, ripetibile e soprattutto che richiede un ricovero di un solo giorno e costituisce una valida alternativa al trattamento conservativo con profilassi antibiotica e alla chirurgia a cielo aperto. URETEROSCOPIA PEDIATRICA: REVISIONE DELLA LETTERATURA C. Scoffone, F. Porpiglia, I. Morra, C. Cracco, M. Poggio, M. Billia, R.M. Scarpa Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano (TO) Introduzione e Obiettivi: La calcolosi nei bambini presenta un’incidenza relativamente bassa, oscillando da 1:2000 ad 1:25000. Si presenta sopratutto nei prematuri e nei bambini maschi sottopeso di età tra 8 e 10 anni. Lo scopo di questa review è analizzare la letteratura per valutare qual è l’iter diagnostico-terapeutico più appropriato in caso di calcolosi nei bambini. Materiali e Metodi: Eseguendo un’accurata ricerca bibliografica sono stati identificati i diversi metodi di diagnosi e terapia applicati in caso di colica renale pediatrica. 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Risultati: La colica reno-ureterale si presenta soltanto nel 15% dei casi e la sintomatologia pediatrica spesso è attenuata rispetto all’adulto. L’ecografia reno-vescicale è l’indagine di prima scelta perché non espone a radiazioni ionizzanti e nella maggior parte dei casi consente di identificare calcolo ed idronefrosi. Le indagini radiologiche tradizionali (Rx renovesciale diretta, urografia e TC) sono di secondo livello ed il loro utilizzo è limitato qualora l’ecografia non permetta la diagnosi. La terapia medica consente di eliminare il dolore e spesso favorisce l’espulsione del calcolo; qualora fallisca, la terapia più utilizzata rimane l’ESWL. L’ureteroscopia nei bambini è oggi più diffusa grazie alla disponibilità di strumenti di calibro ridotto (4.5, 6.8, 7 Fr) che rendono la procedura agevole e la trissia del calcolo. Tra le sorgenti energetiche utilizzate, quella più diffusa attualmente è il laser ad olmio seguita dal lithoclast. La PCNL e la chirurgia sono indicate soltanto in rari casi selezionati. Conclusioni: In mani esperte e in centri attrezzati l’ureteroscopia con litotrissia laser infantile rappresenta una metodica sicura ed efficace, rispettosa dell’anatomia ureterale e vescicale. PIELOPLASTICA RETROPERITONEOSCOPICA G. Martina, P.I. Giumelli, G. Caruso, M. Remotti, F. Cantoni, S. Scuzzarella SC Urologia, Ospedale Morelli, Sondalo (SO) Nel video viene descritta la tecnica utilizzata per l’intervento di pieloplastica laparoscopica. L’accesso è retroperitoneoscopico classico con posizionamento di quattro trocars. Prima dell’intervento posizioniamo un monoJ che lasciamo all’esterno e che utilizzeremo al termine della procedura per eseguire una prova di tenuta. Prepariamo la cavità retroperitoneale e per aumentarne lo spazio sospendiamo il grasso perirenale con dei fili che passiamo all’esterno attraverso un ago. Nel video in questione trattasi di un’anomalia intrinseca del giunto. Sospendiamo con due fili passati all’esterno la parte declive e la porzione più alta del giunto stesso. Non disinseriamo subito la pelvi dall’uretere ma spatoliamo prima l’uretere e successivamente diamo il primo punto tra porzione declive dell’uretere e della pelvi ciò al fine di non aumentare troppo la diastasi tra uretere e pelvi con il rischio di lacerare l’uretere durante l’annodamento. Asportiamo quindi la porzione giuntale e la pelvi in eccesso. Confezioniamo prima il piatto posteriore dell’anastomosi, utilizzando monofilamento 0000, con una sutura a punti staccati. Successivamente chiudiamo anche il piatto anteriore, sempre utilizzando punti staccati. Al termine della procedura eseguiamo prova di tenuta con riempimento retrogrado attraverso il monoJ. Il catetere monoJ viene spinto in vescica in 2a giornata postoperatoria e viene rimosso dopo 15 giorni. PIELOPLASTICA LAPAROSCOPICA TRANSPERITONEALE - NOSTRA ESPERIENZA (VIDEO) P. Fedelini, R. Campese, C. Meccariello, M. Rubino, M. Fedelini, A. Masala UOSC Urologia Cardarelli Napoli Introduzione: La pieloplastica a cielo aperto è ancora considerata la procedura d’elezione per il trattamento della stenosi del giunto pieloureterale,considerato che il successo della tecnica arriva fino a percentuali del 99%. La morbilità dell’incisione lombare ha portato all’esplorazione di nuove tecniche: l’endopielotomia anterograda o retrograda hanno reso la metodica meno invasiva e in alcuni casi quasi ambulatoriale. Ma le percentuali di successo di queste tecniche non vanno oltre il 70-80 % e si associano ad un rischio emorragico superiore a quello della chirurgia aperta. La pieloplastica laparoscopica introdotta nel 1993 combina la ridotta morbilità della laparoscopia con la possibilità ricostruttiva chirurgica e mostra percentuali di successo allo stato attuale simili a quelle della chirurgia aperta. Materiali e metodi: Gli AA presentano attraverso il video la casistica riferita ad un periodo di 18 mesi (dal Maggio 2004 al Novembre 2005). In tale periodo sono stati sottoposti ad intervento di pieloplastica laparoscopica transperitoneale 21 pazienti. Contemporaneamente sono state effettuate 5 pieloplastiche a cielo aperto e 3 endopielotomie anterograde. L’età variava da 9 anni a 62 anni. In 18 casi è stata praticata la tecnica di Anderson-Hynes,in 2 casi la tecnica di Fenger e in un caso la ureteropielolisi (associata alla resezione di una voluminosa cisti parapielica ostruente la giunzione pielo-ureterale).Il tempo operatorio è stato di 6 h per i primi 2 casi a 2 h 30’ per gli ultimi 6 casi con un minimo di 2 h ed una media di 3h 30’ . La degenza media è stata di 5 giorni con Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 7 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia un massimo di 7 ed un minimo di 3 giorni per gli ultimi 5 casi. Le complicanze osservate sono state : 1) un ileo paralitico per 48 ore in una paziente affetta da calcolosi secondaria (irritazione peritoneale da urine infette? Tutti i pazienti sono stati sottoposti a cateterismo con stent doppio J tenuto in sede per 3 settimane : in 20 casi è stato pre-posizionato un catetere ureterale 5 Ch pre-operatoriamente ed è stata quindi effettuata una pielografia preoperatoria. Ultimato il piatto posteriore il catetere ureterale è stato spinto su filo-guida in pelvi renale. A fine intervento il catetere ureterale è stato sostituito con uno stent doppio J. Nell’ultimo caso è stato invece posizionato direttamente per via laparoscopica lo stent doppio J. La tecnica laparoscopica è stata sempre effettuata sempre con miniaccesso open e posizionamento del trokar di Hasson in ombelico o in pararettale. In 12 casi sono state sufficienti due trokar sull’ascellare media,da 5 in alto e da 10 in basso ; in 9 casi si è reso necessario l’uso di un 4° trokar per divaricare il fegato a destra (4 casi) e medializzare il colon a sinistra (5 casi). Risultati: Considerato il breve follow-up (da 3 mesi a 20 mesi) i risultati sono ottimali. Dei 21 casi trattati solo 1 caso ha avuto una recidiva del problema (si trattava di una ostruzione da vaso anomalo che ha sviluppato una stenosi serrata della neo-giunzione pielo-ureterale, risolta in seconda istanza con pieloplastica a cielo aperto). Tutti gli altri, seguiti con ecografia ogni 3 mesi, urografia e scintigrafia a 6 mesi, mostrano miglioramento funzionale e morfologico veramente entusiasmante. PIELOPLASTICA SECONDO ANDERSONHYNES: ACCESSO TRANSPERITONEALE G. Breda, A. Celia Struttura complessa di Urologia dell’Ospedale San Bassiano, Bassano del Grappa (VI) Introduzione: Tra le varie opzioni terapeutiche per la patologia del giunto pielo-ureterale, l’intervento laparoscopico occupa un ruolo di estremo interesse, proponendosi come tecnica mininvasiva con risultati funzionali in linea con la tecnica open (gold standard). Presentiamo in questo video l’intervento di pieloplastica laparoscopica secondo Anderson-Hynes per la patologia del giunto pielo-ureterale da vaso anomalo. 8 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Materiale e Metodi: Il video presenta i momenti salienti dell’intervento. Vengono utilizzate una porta da 10 mm per l’ottica, 3 porte da 5 mm operative. L’intervento inizia con l’incisione del peritoneo parietale e la medializzazione del colon con esposizione della loggia renale. Si procede con l’isolamento completo della pelvi e del tratto lombare dell’uretere. A questo punto evidenziata l’anomalia, si esegue la sezione dell’uretere e della pelvi. Quindi l’uretere viene inciso longitudinalmente nel suo tratto prossimale in posizione laterale. La fase ricostruttiva, eseguita con filo riassorbibile 4/0, prevede l’interposizione di 3 punti di imbastitura tra l’uretere e la pelvi. Successivamente si esegue la ricostruzione del giunto pieloureterale in punti staccati o in continua. A protezione si posiziona uno stent ureterale doppio J, posizionato prima di completare la sutura anastomotica. L’intervento si conclude con il controllo accurato dell’emostasi ed il posizionamento di un drenaggio tubulare fuoriuscente da una porta. Conclusioni: L’accesso transperitoneale presenta vantaggi tecnici nei casi di patologia del giunto da vaso anomalo, poiché permette un miglior controllo delle strutture vascolari, inoltre garantisce una buona visione per la mobilizzazione e resezione di pelvi molto ampie. L’accesso extraperitoneale rimane sempre una valida opzione terapeutica ma da adottare nelle restanti indicazioni della giuntopatia. LA PIELOPLASTICA RETROPERITONEOSCOPICA SECONDO ANDERSON-HYNES G. Breda, A. Celia Struttura complessa di Urologia dell’Ospedale San Bassiano, Bassano del Grappa (VI) Introduzione: La malattia del giunto pielo-ureterale è una patologia benigna che si presenta nelle fasce di età più giovani. Tra le varie opzioni terapeutiche, il trattamento laparoscopico ha suscitato un estremo interesse, proponendosi come tecnica mininvasiva con risultati funzionali in linea con la tecnica open (gold standard). Materiale e Metodi: Il video propone i momenti salienti dell’ureteropieloplastica laparoscopica retroperitoneale secondo Anderson-Hynes, soffermandosi sulle varianti di tecnica adottate. La posizione del paziente è quella classica 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia degli interventi a cielo aperto. Lo spazio retroperitoneale viene preparato mediante un iniziale scollamento digitale dei tessuti retroperitoneali e successivamente con palloncino; si accede quindi alla loggia renale mediante il posizionamento di quattro porte di cui 2 da 10 mm e2 da 5 mm. L’intervento quindi procede con l’isolamento completo della pelvi e del tratto lombare dell’uretere. A questo punto evidenziata l’anomalia, si procede alla sezione dell’uretere e della pelvi. Quindi l’uretere viene inciso longitudinalmente nel suo tratto prossimale in posizione laterale. La fase ricostruttiva, eseguita con filo riassorbibile 4/0, prevede l’interposizione di 3 punti di imbastitura tra l’uretere e la pelvi; successivamente si esegue la ricostruzione del giunto pieloureterale in punti staccati o in continua. A protezione si posiziona uno stent ureterale doppio J, posizionato prima di completare la sutura anastomotica. L’intervento si conclude con il controllo accurato dell’emostasi ed il posizionamento di un drenaggio tubulare fuoriuscente da una porta. Conclusioni: Il risultato tecnico ottenuto al termine dell’intervento è sovrapponibile a quello che si otterrebbe a cielo aperto. Questa procedura presenta tutti i vantaggi legati alla mininvasività: ridotte perdite ematiche, ridotto tempo di ospedalizzazione e precoce ripresa delle normali attività. L’accesso extraperitoneale è comunque sconsigliato nei casi di giuntopatia da vaso anomalo o in presenza di pelvi ampia, indicazioni candidate all’approccio transperitoneale. LA PIELOPLASTICA RETROPERITONEOSCOPICA CON TECNICA A LEMBO G. Scalese, M. Romano, F. Portoghese, V. Disanto Introduzione: Questa tecnica è stata messa a punto per le difficoltà tecniche che si incontravano in caso di stenosi del giunto pieloureterico con pelvi particolarmente ridondanti. La tecnica illustrata è condotta per via laparoscopica retroperitoneale. Materiali e Metodi: Il paziente è posizionato in decubito laterale; si accede al retroperitoneo con la classica tecnica da noi più volte descritta. L’intervento inizia con l’isolamento graduale del polo inferiore del rene e successivamente dell’uretere e della pelvi renale. Lo step suc- cessivo è quello di incidere la pelvi e di formare un lembo ottenuto con la faccia posteriore della pelvi che viene tubulizzato ed anastomizzato con la faccia posteriore dell’uretere mediante un punto ad “U”: tale metodo prevede un primo punto sull’uretere fatto passare consecutivamente prima da dentro a fuori e poi sulla pelvi da fuori a dentro, di nuovo sulla pelvi da dentro a fuori ed infine sull’uretere da fuori a dentro, in modo tale che nel momento in cui si va ad annodare i due monconi si avvicinino progressivamente e si estroflettono senza alcuna tensione. In questo modo è stato costruito il piatto posteriore della anastomosi e si può procedere all’applicazione in senso inverso di un stent doppio “J” su filo guida tipo “Terumo” che verrà tenuto in sede per circa 3 settimane. Per questa anastomosi si è utilizzato un filo monofilamento di PDS 3/0 con ago atraumatico a semicerchio. Questa tecnica è stata condotta a termine in due pazienti con risultati soddisfacenti: durata dell’intervento paragonabile alla classica tecnica di AndersonHynes, alimentazione e deambulazione in 1a giornata, rimozione del drenaggio in seconda giornata, dimissione in 4a giornata senza sequele post-operatorie di rilievo. Conclusioni: Questa soluzione tecnica riteniamo che sia una delle soluzioni da tenere in considerazione in caso di stenosi del giunto pieloureterico associate a pelvi molto ridondanti anche se i risultati sono ancora preliminari considerato l’esiguo numero dei casi eseguiti. URETEROPIELOPLASTICA LAPAROSCOPICA RETROPERITONEALE. NOTE DI TECNICA DOPO 80 INTERVENTI M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22, Peschiera del Garda (VR) Introduzione: L’ureteropieloplastica retroperitoneale è tornata in auge quale trattamento di scelta della malattia del giunto pielo-ureterale dopo la recente revisione critica dell’endopielotomia anterograda. L’approccio laparoscopico retroperitoneale si candida a divenire il gold standard terapeutico poiché coniuga i brillanti risultati del tradizionale approccio chirurgico alla mini-invasività della procedura laparoscopica. Tuttavia la metodica presenta una lunga Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 9 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia curva di apprendimento legata alla difficoltà di esecuzione delle suture intracorporee. In questo video presentiamo i passaggi salienti della tecnica da noi utilizzata. Materiali e Metodi: Dal 1998 ad oggi abbiamo sottoposto a ureteropieloplastica laparoscopica retroperitoneale secondo Anderson-Hynes 80 pazienti (52 donne, 28 uomini). L’età dei pazienti trattati è compresa tra i 7 i 38 anni. Il video illustra i passaggi chiave dell’intervento: • posizionamento di 3-4 trocars; • isolamento dell’uretere prossimale e della pelvi renale; • pielotomia e resezione del bacinetto esuberante; • spatulamento dell’uretere; • posizionamento di stent ureterale tipo doppio J; plastica pieloureterale. Risultati: In nessun caso si è resa necessaria la conversione chirurgica a cielo aperto. Il 37% dei pazienti presentava una ostruzione del giunto pieloureterale da compressione ab estrinseco da vaso sovrannumerario. Non si segnalano complicanze maggiori peri e postoperatorie. Le perdite ematiche sono state trascurabili. Il tempo medio dell’intervento è stato di 70 minuti. La dimissione è avvenuta mediamente in 4a giornata p.o. Lo stent ureterale è stato rimosso mediamente dopo 21 gg. Il follow-up medio è stato di 24 mesi. Riportiamo solo un caso di idronefrosi recidiva. Conclusioni: Nella ureteropieloplastica laparoscopica consigliamo la via retroperitoneale, ha il vantaggio di essere sempre eseguibile e di diminuire il rischio di ileo post-operatorio e di lesioni degli organi addominali, pur teorici in caso di approccio transperitoneale. INFUNDIBULOTOMIA ED ESTRAZIONE DI CALCOLI IN DIVERTICOLO CALICIALE PER VIA PERCUTANEA G. Pecoraro, L. Motta, G. Olivo, M. Frigo U.O. di Urologia, Ospedale di Isola della Scala (VR), ASL 22 Bussolengo (VR), Regione Veneto Introduzione: Il trattamento dei diverticoli caliciali sintomatici è progressivamente mutato nel tempo: dalla terapia chirurgica a cielo aperto del passato si è giunti, ai giorni nostri, al trattamento endoscopico. Attualmente vengono utilizzati trattamenti mini-invasivi, come l’ESWL, l’ureteroscopia, la laparoscopia, la 10 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 nefrolitotomia percutanea. La tecnica percutanea raggiunge, comunque, le più elevate percentuali di successo in termini di stone-free e di scomparsa o regressione della cavità diverticolare. Le tecniche percutanee includono la dilatazione dell’infundibolo o la creazione di un neoinfundibolo o, più recentemente, la sola diatermocoagulazione in presenza di diverticoli di diametro superiore ai 4 cm senza la necessità di mettere in comunicazione la cavità diverticolare con la via escretrice. Materiale e Metodi: Il caso presentato si riferisce a una donna di 22 anni, che giungeva d’urgenza alla nostra osservazione per la comparsa di dolore di tipo colico al fianco sinistro e febbre (38,6° C). La paziente lamentava, da qualche tempo, episodi frequenti di infezioni urinarie, a volte con presenza di ematuria. L’urografia evidenziava un diverticolo caliceale di circa 15 x 20 mm del gruppo caliciale medio del rene sinistro, al cui interno erano contenuti numerosi piccoli calcoli secondari; non si rilevava il tramite di comunicazione con la via escretrice. La paziente veniva sottoposta a intervento di infundibulotomia e litolapassi per via percutanea. Esecuzione di pielografia ascendente sinistra e posizionamento di un cateterino ureterale n. 5 Ch nella pelvi renale. Decubito prono. Puntura del diverticolo caliciale con ago 18 gauge mandrinato. Dilatazione del tramite sino a 28 Fr e posizionamento della camicia di Amplatz. Estrazione dei calcolini. Per identificare il colletto del diverticolo, si iniettava a pressione dell’indaco carminio attraverso il cateterino ureterale posizionato in pelvi. Individuato il tramite, veniva inserito un filo guida che raggiungeva la pelvi renale. Incisione con catetere metallico del lembo di mucosa che ostruiva il tramite tra diverticolo e calice. Si realizzava così un ampio infundibulo attraverso cui passava facilmente anche il nefroscopio. Posizionamento di Malecot n. 16 Ch mantenuta in sede per 8 giorni. Risultati: L’intervento durava 65’. Rimozione del cateterino ureterale in 1a giornata e della nefrostomia in 7a giornata previo controllo RX-grafico, che evidenziava l’assenza di calcoli e la pervietà della via escretrice. A 8 mesi dall’intervento, l’urografia confermava l’assenza dei calcoli e la pervietà dell’infundibolo con normale deflusso del mezzo di contrasto dal diverticolo. Conclusioni: Il trattamento chiurgico percutaneo 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia del diverticolo caliceale è al momento il gold standard per questa patologia. Fondamentale è la realizzazione di un’ampia comunicazione con la via escretrice. Il follow-up deve essere condotto nel breve e medio periodo al fine di escludere l’eventuale recidiva. TRATTAMENTO DI CALCOLOSI A STAMPO MEDIANTE PCNL E CONTESTUALE NEFROSCOPIA E URETEROSCOPIA FLESSIBILE IN POSIZIONE SUPINA (VALDIVIA-URIA MODIFICATA GALDAKAO) C. Scoffone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, D. Vaccino, R.M. Scarpa Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano (TO) In questo video presentiamo un caso di calcolosi multipla renale dx trattata con PCNL in posizione supina. Nel Giugno 2005 il paziente veniva ricoverato d’urgenza per insufficienza renale acuta da calcolosi ureterale bilaterale e sottoposto ad ureterolitotrissia d’urgenza bilaterale. Nel Novembre 2005 il paziente giungeva nuovamente alla nostra attenzione per comparsa di coliche renali destre ricorrenti; eseguiva quindi un’ecografia dell’addome con riscontro di due calcoli, di circa 1 cm di diametro ciascuno, a livello della pelvi renale e del calice inferiore del rene destro. La TAC addome eseguita successivamente confermava il quadro ecografico. A distanza di un mese si sottoponeva il paziente ad ureteroscopia. Il controllo fluoroscopico preliminare evidenziava la presenza di un calcolo a stampo che occupava interamente il calice inferiore e si estendeva sino alla pelvi renale con altri calcoli nei calici superiori. Si iniziava quindi la lasertrissia che veniva interrotta dopo circa un’ora per la scarsa visibilità causata dalla polvere litiasica prodotta dal laser. Si decideva quindi di trattare il paziente mediante approccio percutaneo; si poneva il paziente in posizione supina Valdivia-Uria modificata Galdakao e mediante guida combinata ecografica e fluoroscopica si otteneva un tramite a livello del calice inferiore, posizionando camicia di Amplatz 30 Ch. Si introduceva quindi nefroscopio rigido, iniziando la litotrissia del calcolo mediante Lithoclast e asportando i numerosi frammenti con pinza. Il controllo fluoroscopico evidenziava alcuni frammenti residui nei calici medio e superiore. Si intro- duceva quindi cistoscopio flessibile nel tramite nefrostomico, permettendo di asportare con cestello alcuni frammenti dai calici superiori. Contestualmente per via retrograda si introduceva ureteroscopio flessibile che permetteva di estrarre i frammenti presenti nel calice medio (un frammento più grosso veniva fatto fuoriuscire direttamente dal tramite nefrostomico con l’ureteroscopio flessibile). Al termine della procedura, il controllo fluoroscopico e endoscopico confermava l’assenza di frammenti residui e la completa bonifica delle cavità renali. Il trattamento percutaneo in posizione supina consente, mediante la possibilità di eseguire un approccio combinato con strumenti flessibili, di eseguire un trattamento radicale e definitivo anche in calcolosi renali complesse. TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DI CALCOLI RENOURETERALI CON URETERENOSCOPIO STORZ “GAUTIER” CON HOLMIUM LASER CALCULASE C. Scoffone, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, R.M. Scarpa Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San Luigi di Orbassano (TO) In questo video presentiamo il trattamento di litiasi reno-ureterale mediante il nuovo ureterorenoscopio Storz “Gautier” con fibra Holmium Laser Calculase. Si tratta di un ureterorenoscopio rigido costituito da un sistema di ottiche a bastoncino (“rod-lens”). Lo strumento è lungo 43 cm con un calibro distale di 7 Ch e prossimale di 12 Ch. È provvisto di un unico canale operativo di 5 Ch ed un’ottica 6°. Il sistema oculare rettilineo permette di posizionare la telecamera in posizione coassiale, rendendo quindi più maneggevole e leggero lo strumento stesso. Il ponte operativo a doppia via è situato inferiormente all’oculare ed è costituito da guarnizioni a tenuta stagna e non rubinetti; il suo aggancio al corpo principale dello strumento può inoltre avvenire in maniera rapida e sicura senza la necessità di avvitarlo. Il sistema di ottiche a bastoncino (“rod-lens”), è del tutto simile a quello già adottato sull’ormai storico ureteroscopio rigido di Perez-Castro, ma tecnicamente migliorato in quanto evita il tipico effetto a “mezzaluna”. Rispetto al sistema a fibre ottiche, adottato ormai in quasi tutti gli ureteroscopi semirigidi, garantisce inoltre una migliore qualità d’immagine, consentendo una Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 11 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia maggiore definizione dei dettagli ed evitando lo sgradevole effetto “flashing” da sovraesposizione, tipico degli strumenti a fibra ottica. Il laser Calculase è un Holmium Laser che ha la peculiarità di non necessitare di alimentazione dedicata (è sufficiente alimentazione a 230 V) e risulta meno ingombrante in quanto può essere collocato su una colonna di endoscopia. Può essere regolato a livelli diversi di frequenza (46-8 Hz) e di energia (0,8-1,2-1,7 J). Il raffreddamento avviene con acqua deionizzata e aria. Le fibre utilizzate sono di diversi calibri: 230, 365 e 600µ. Presentiamo il trattamento di un calcolo lica, stent double j. Successiva ureterorenoscopia con ureteroscopio flessibile e litotrissia con laser ad holmio dei calcoli caliciali superiori, medi ed inferiori. Residuano frammenti caliciali inferiori per un volume di circa 1 cm. Alla rimozione degli stent non stasi renale, funzione renale stabilizzata. Conclusioni: L’accesso ureteroscopico in casi particolari è giustificato anche nella calcolosi più complessa del rene. L’uso combinato di strumentazione rigida, flessibile, laser ed onde d’urto consente, nei casi limite come quello presentato, di ridurre al minimo l’invasività con risultato finale apprezzabile. IL TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DELLA CALCOLOSI A STAMPO RENALE: CASO LIMITE M. Luciano, P. Parma, B. Dall’Oglio, V. Galletta, E. De Luise NEFROLITOTOMIA PERCUTANEA IN POSIZIONE SUPINA M. De Sio, R. Autorino, D. Giordano, S. Palombini, U. Pane, L. Cosentino, F. Di Giacomo, S. Mordente, G. Quarto, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano, C. Quattrone, M. D’Armiento Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi, Napoli Introduzione: Sino agli anni ‘70 la terapia di scelta per la calcolosi renale a stampo ramificata era la nefrolitotomia anatrofica (Smith e Boyce 1968). Dagli anni ‘80 le tecniche percutanee anche con accessi multipli rappresentano la prima scelta. Nei rari casi nei quali la puntura percutanea del rene è a rischio (obesità, coagulopatie...) l’accesso ureterale retrogrado con strumenti flessibili può rappresentare una accettabile alternativa. Presentiamo un caso limite. Caso Clinico (calcolosi a stampo racemosa bilaterale in obesa): Paziente donna di 46 anni, insufficienza renale cronica e anemia ingravescenti, calcolosi a stampo completa bilaterale Rx opaca. Per motivi religiosi rifiuta emotrasfusioni. Peso corporeo 140 kg. Una TC addome con misurazione della distanza rene-parete in decubito laterale e supino indica una distanza di 18 cm. Emoglobinemia preoperatoria 7.6 mg/ml, creatininemia 5.7 mg/ml. Viene sottoposta ad ureterorenoscopia rigida destra con litotrissia della calcolosi del bacinetto e del sistema caliciale superiore (lithoclast ed ultrasuoni). Applicazione di stent double J e litotrissia extracorporea (ESWL). Ureterolitolapassi con strumento rigido per rimozione dei frammenti migrati in bacinetto ed uretere. Bonifica pressoché completa (residua un frammento di 5 mm nel calice inferiore). A sinistra ureterorenoscopia e litotrissia con strumentazione rigida della calcolosi pie- 12 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Introduzione: Il paziente sottoposto a nefrolitotrissia percutanea (PCNL) per litiasi renale è generalmente posto in posizione prona. Allo scopo di ovviare ad alcuni dei limiti di questa posizione classica è stata proposta più di recente la posizione supina (Valdivia Uria GJ et al, J Urol 1998). Tale approccio è stato impiegato anche nel nostro Centro e scopo del video è quello di descrivere la tecnica da noi utilizzata. Video: Il paziente è posto in posizione supina, con un supporto posto a sollevare di circa 20° il fianco omolaterale al calcolo da trattare. Si procede alla puntura del calice con ausilio di apparecchio ecografico e fluoroscopia dopo aver opacizzato la via escretrice con catetere ureterale precedentemente posizionato. Il sito di puntura è in corrispondenza della linea ascellare posteriore. Dopo aver introdotto una guida superstiff 0.035-inch si procede alla dilatazione del tramite percutaneo con dilatatori di plastica telescopici fino a 30 Ch in modo da lasciare una cannula di Amplatz. Introdotto il nefroscopio (Storz 26 Ch) si frammenta il calcolo con litotritore intracorporeo ad ultrasuoni e vengono rimossi i frammenti con ausilio di pinze dedicate. Un catetere 22 Ch è posizionato al termine della procedura, così come uno stent 6 Ch. 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Conclusioni: In questa nostra esperienza iniziale l’esecuzione di PCNL in posizione supina si è dimostrata semplice, sicura ed efficace. Ovviamente richiede una esperienza già maturata con la procedura in posizione classica, della quale rappresenta una valida alternativa in casi selezionati. N-TRAP®: UN NUOVO ACCESSORIO PER IMPEDIRE LA RETROMIGRAZIONE DEI FRAMMENTI DI CALCOLO DURANTE L’URETEROLITOTRISSIA L. Defidio, M. De Dominicis, V. Santini Divisione di Urologia, Ospedale Cristo Re, Roma Introduzione: Durante le procedure di ureterolitotrissia una delle complicanze più frequenti è la migrazione del calcolo o dei frammenti verso il rene. Questa complicanza avviene maggiormente quando il calcolo è nell’uretere prossimale e l’uretere a monte è dilatato. Per prevenire la retromigrazione accidentale dei calcoli disponiamo oggi del basket, dello stone-cone e del catetere ureterale con palloncino. Noi vi mostriamo un caso di laser-ureterolitotrissia utilizzando un nuovo accessorio di bloccaggio del calcolo: N-Trap® (Cook). Materiali e Metodi: Uomo di 65 anni con un calcolo di circa 1,5 cm a livello dell’uretere distale destro. Dopo aver superato il calcolo con l’ureteroscopio abbiamo inserito l’N-Trap, chiuso, attraverso il canale operativo dello strumento e lo abbiamo aperto subito al di sopra del calcolo. L’N-Trap è simile ad un filo guida, ma una volta posizionato sopra al calcolo, viene aperto diventando come una scodella con tante piccole maglie che permette solo il passaggio di frammenti minori di 1 mm. Eseguita la ureterolitotrissia abbiamo posizionato uno stent doppio J. Risultati: Il calcolo è stato frammentato in pezzi da 1 a 3 mm. Alla fine della litotrissia abbiamo utilizzato l’N-Trap aperto per estrarre i frammenti. La procedura è durata 20 minuti e non abbiamo avuto complicanze. Conclusioni: L’N-Trap è semplice da usare, è sicuro ed efficace nel prevenire la migrazione dei frammenti di calcolo. La singolare conformazione delle maglie impedisce la migrazione di frammenti maggiori di 1 mm, mentre lo stone-cone permette il passaggio di frammenti fino a 3 mm. Per queste ragioni noi consideriamo, oggi, l’N-Trap il migliore accessorio in commercio, per prevenire la retromigrazione dei calcoli durante l’ureterolitotrissia. DECUBITO SUPINO SECONDO VALDIVIA ASSOCIATO A POSIZIONE LITOTOMICA MODIFICATA IN CORSO DI PROCEDURE ENDOUROLOGICHE COMPLESSE: VANTAGGI UROLOGICI ED ANESTESIOLOGICI C. Scoffone1, C. Cracco1, C. Terrone2, F. Porpiglia1, M. Poggio1, G. Ibarluzea3, A. Astobieta3, I. Camargo3, M. Gamarra3, A. Tempia4, R.M. Scarpa1 1 Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano (TO); 2Clinica Urologica, Università del Piemonte Orientale, Ospedale Maggiore della Carità, Novara; 3Dipartimento di Urologia, Ospedale di Galdakao, Bizkaia (Paesi Baschi, Spagna); 4 Dipartimento di Anestesiologia, Università di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano (TO) Introduzione: Attualmente la PCNL continua ad essere un intervento di prima scelta per soggetti portatori di voluminosi calcoli renali; tuttavia, i progressi nel campo dell’endourologia hanno reso possibile l’associazione (simultanea o in successione) di un accesso retrogrado, al fine di migliorare il risultato della singola procedura e di limitare il numero dei ritrattamenti. Per questo motivo sono state impiegate posizioni alternative a quella prona pura (litotomica rovesciata, laterale, supina). Una delle posizioni più vantaggiose dal punto di vista urologico ed anestesiologico è senz’altro quella supina secondo Valdivia ulteriormente migliorata per un agevole accesso retrogrado dalla combinazione con la posizione litotomica modificata secondo Galdakao. Descrizione della Posizione: La posizione di Valdivia modificata secondo Galdakao prevede il paziente in posizione supina con una sacca di fisiologica sotto il fianco da operare, riempita di aria e clampata con pinza al fine di regolarne in modo ottimale il riempimento. Nel contempo, l’arto inferiore omolaterale al lato da operare è esteso, quello controlaterale ben addotto. Viene sempre posta notevole attenzione per prevenire danni da pressione (con telini ed imbottiture). In una sala operatoria convenzionale questo decubito permette all’anestesista, posto alla testa del paziente, di lavorare in condizioni ottimali; c’è spazio per due urologi che possono operare contemporaneamente, uno per via percutanea, l’altro per via retrograda; la strumentista può aiutare entramArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 13 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia bi servendosi di due allievi con strumentazioni separate; vi è inoltre spazio per la brillanza e per l’ecografia intraoperatoria. Vantaggi della Posizione: La posizione di Valdivia modificata secondo Galdakao è senz’altro un assetto particolarmente versatile da utilizzare in corso di interventi per urolitiasi di una certa dimensione, e indispensabile nel trattamento combinato di stenosi ureterali e dell’anastomosi ureterointestinali. Non aumenta il rischio di lesioni del colon rispetto alla posizione prona; inoltre apporta una serie di vantaggi urologici ed anestesiologici rispetto al decubito prono tradizionale. In particolare, vengono evitate complicanze cardiorespiratorie, neurologiche, visive ed effetti farmacocinetici, descritti per interventi in anestesia generale di una certa durata in posizione prona. NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL) IN POSIZIONE SUPINA. ESPERIENZA DI PARMA A. Frattini, P. Salsi, S. Ferretti, P. Cortellini Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma Introduzione: La nefrolitotrissia percutanea in posizione prona è procedura consolidata. Proponiamo un approccio supino (tecnica di Valdivia modificata) dopo averne valutato la fattibilità, l’efficacia e la sicurezza. Materiali e Metodi: Dal Marzo 2004 al Dicembre 2005 abbiamo effettuato 80 procedure percutanee supine in 75 pazienti; range età 7-78 anni, per calcoli renali di dimensioni medie 25,2+11 mm (6-60 mm). In 20/80 casi il tramite è stato realizzato con dilatatori progressivi, in 2/80 con tecnica one-shot, in 20/80 con tecnica minipercutanea (MIPP), in 38/80 mediante dilatazione pneumatica; in 7 casi la puntura Rx-guidata è stata guidata dal contestuale inserimento di ureterorenoscopio flessibile nel calice interessato. In 4 casi è stata eseguita una endopielotomia contestuale. Abbiamo valutato il tempo di intervento, la degenza media e il tasso di complicanze. Risultati: Nessun paziente convertito alla posizione prona. In 3 pazienti è stato necessario un second-look ed in 1 paziente un terzo. Tutti gli altri pazienti tranne uno sono risultati stone-free dopo una singola procedura. Le complicanze principali sono state quelle emorragiche, trattate conservativamente ed occorse in 6 casi (7,5%), 2/6 pz trasfusi. In 2 14 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 casi (2,5%) è stato necessario posizionare temporaneamente uno stent ureterale per fistola urinosa. Il tempo operatorio medio è risultato ridotto di circa 25’ rispetto alle analoghe procedure in posizione prona; l’esposizione a radiazioni ionizzanti e il tempo di degenza medio sono risultati sovrapponibili. Conclusioni: La PCNL in posizione supina presenta diversi vantaggi: decubito ottimale assunto autonomamente dal paziente sveglio evitando traumi da decubiti forzati (pazienti obesi!) e risparmiando tempo e risorse umane; assente la compressione toracica; procedure anestesiologiche non ostacolate; rischio di perforazione colica ridotto; dominio contemporaneo anterogrado e retrogrado della via escretrice; irrigazione attraverso il mono J ureterale che permette la fuoriuscita per gravità dei frammenti litiasici; posizione declive della camicia di Amplatz che contribuisce ulteriormente al mantenimento di pressioni intrarenali basse. Nonostante sia una “via nuova” per molti urologi che necessita di una curva di apprendimento, si è dimostrata sicura e riproducibile. NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA CON PLURIMI ACCESSI ECO-GUIDATI PER CALCOLOSI A STAMPO COMPLESSA G. Bianchi, C. Di Pietro, S. Micali, F. Annino, B. Baisi Clinica di Urologia, Policlinico di Modena, Università di Modena e Reggio Emilia Introduzione: La tecnica della nefrolitotrissia percutanea (PCNL) ha subito negli ultimi anni un notevole miglioramento grazie al progresso degli strumenti flessibili e delle fonti di energia per frammentare i calcoli. Tuttavia, nella maggior parte dei Centri, l’accesso al calice viene ancora eseguito sotto controllo fluoroscopico con esposizione ai raggi-X da parte del paziente e dell’operatore. Materiali e Metodi: Da circa 6 mesi presso il nostro Centro eseguiamo tutte le procedure di PCNL con accesso al calice sotto guida ecografia ed utilizzando la fluoroscopia esclusivamente come controllo. Descriviamo il caso di un maschio di 34 anni con storia di litiasi urinaria bilaterale da alcuni anni, giunto alla nostra attenzione per IRA, urosepsi, calcolosi ureterale destra ostruente e calcolosi a stampo complessa della pelvi renale e di tutti i gruppi caliceali di sinistra. Si procedeva in fase acuta 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia a posizionamento di nefrostomia bilaterale. Alla risoluzione del quadro settico dopo 1 mese, si procedeva ad ureteroscopia con litotrissia destra. Dopo 3 mesi si procedeva a PCNL sinistra che presentiamo nel video. 1° tempo: paziente in posiziona litotomica; posizionamento di cateterino ureterale 5 Ch per l’opacizzazione della via escretrice sinistra. 2° tempo: paziente in posizione prona; puntura ecoguidata di un calice inferiore con ago 18 G e creazione del tramite nefrostomico. Litotrissia dei calcoli maggiori con Swiss Lithoclast Master tramite nefroscopio rigido e dei calcoli minori in calici di difficile accesso con Laser Holmium:YAG tramite nefroscopio Circon ACMI con doppia deflessione. 3° tempo: creazione di secondo accesso ecoguidato da un calice medio e ripetizione della procedura. Si ottiene bonifica dei calici inferiori, calici medi, pelvi renale e parte dei calici superiori. Per l’alto rischio della manovra dovuto alla presenza di urine purulente in calice superiore, si decide di soprassedere alla terza puntura sovracostale, ove permane duplice calcolosi di 2 cm. Risultati: La procedura è stata portata a termine in 180 minuti senza nessuna complicanza. È stata ottenuta la bonifica del 90% della calcolosi. Il paziente è stato dimesso in 5° giornata post operatoria. La procedura è stata completata dopo 20 giorni, con bonifica dei calici superiori mediante PCNL con accesso intercostale. Conclusioni: La procedura di PCNL con litotrissia ad energia balistica ed ultrasuoni combinata, rappresenta al momento il “gold standard” per le calcolosi a stampo complesse e l’ausilio di nefroscopi flessibili e del laser può risultare utile nella loro gestione. L’accesso ecoguidato ai calici rende rapida, precisa e con minima esposizione ai raggi-X, la creazione del tramite nefrostomico, rendendo ancora meno invasiva la procedura di PCNL. MANOVRE ANCILLARI NEL TRATTAMENTO PERCUTANEO, CON ACCESSO UNICO, NELLE CALCOLOSI RENALI COMPLESSE DEL CALICE INFERIORE A. De Lisa, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, P. Usai Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Introduzione e Scopo dello Studio: Definiamo calcolosi complessa del calice inferiore una litiasi che interessa più calici del gruppo inferiore e soprattutto con più assi infundibulari con la medesima direzione postero-mediale. La presenza di calcoli in due o più cavità caliciali aventi il medesimo asse infundibolare comporta difficoltà nel trattamento percutaneo in quanto difficilmente trattabili con nefoscopio rigido o flessibile. Per poter completare l’asportazione di tutte le formazioni litiasiche sarebbe necessario effettuare più di un accesso incrementando i rischi relativi alla procedura ed allungando i tempi operatori. Abbiamo voluto valutare efficacia e sicurezza di una nuova tecnica che combinando manovre ancillari con un unico accesso potesse incrementare il tasso di stone free. Materiali e metodi: Nel periodo Gennaio 2004 Gennaio 2006 abbiamo valutato retrospettivamente 13 unità renali in cui era presente una calcolosi a stampo complessa del gruppo caliciale inferiore associata o meno a litiasi di altro distretto omolaterale. Tecnica: Tutte le unità renali sono state sottoposte a litotrissia percutanea con accesso unico al calice inferiore. Dopo frammentazione ed asportazione di tutti i calcoli con strumento rigido si procedeva ad un’esplorazione di tutti i calici con lo strumento flessibile completando la litotrissia ed asportando i frammenti. Le uniche cavità caliciali che non si riusciva ad esplorare con lo strumento rigido e flessibile erano quelle che avevano un infundibulo più lungo di un cm, lo stesso asse infundibolare della cannula d’accesso ed erano strettamente contigue alla cannula stessa. L’unica possibilità di trattamento stava nel creare un altro accesso percutaneo, posizionando una seconda cannula, oppure lasciare in sede la litiasi e trattarla successivamente con altra tecnica. Nell’intento di ridurre l’invasività della procedura evitando un secondo accesso e comunque per rendere il paziente libero da calcoli al termine della procedura abbiamo utilizzato un sistema che ci aiutasse a risolvere il problema. Mediante Rx scopia o ecografia veniva individuato il o i calcoli residui e quindi si pungeva la cavità sede del calcolo. Si passava una sonda guida idrofila che dalla cavità sede del calcolo giungeva sino in pelvi. Mediante nefroscopio si recuperava la guida che veniva quindi trascinata al fuori della cannula e fissata. Una trazione su di essa permetteva di modificare l’asse infundibolare sede del calcolo orientandolo verso la cannula così che il calcolo potesse essere aggrediArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 15 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia to con il nefroscopio. In caso fosse impossibile raggiungere il calcolo veniva effettuata una tomia dell’infundibolo. La procedura veniva conclusa con posizionamento di catetere nefrostomico lasciato a dimora ed estratto in 3a giornata post-operatoria.. Risultati: Tale tecnica è stata utilizzata in tutti e 13 casi. In 7 casi è stato rettilineizzato l’infundibolo mentre nei restanti 6 casi si è proceduto ad una tomia a caldo dell’infundibulo, sulla direzione della guida, che ha permesso di raggiungere la litiasi, frammentarla ed asportarla. Il successo della tecnica è stato del 100% . Non ci sono state complicanze precoci e tardive. Ai controlli urografici la morfologia caliciale è tornata regolare. I pazienti furono liberi da calcoli dopo unica procedura ed unico accesso. Conclusioni: La nostra tecnica di trattamento costituisce una metodica di trattamento delle litiasi caliciali, altrimenti inaccessibili, che offre ottimi risultati con minimi rischi per il parenchima renale e la via escretrice. LA URETERORENOSCOPIA CON ENDOSCOPIO FLESSIBILE IN GRAVIDANZA P. Usai, A. Lai, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni, A. De Lisa Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Introduzione e Scopo dello Studio: Scopo del nostro studio è quello di valutare l’efficacia e la sicurezza della ureterorenoscopia flessibile (UF) nella diagnosi e terapia della patologie dell’alta via escretrice della gravida. Materiale e Metodi: Abbiamo sottoposto a (UF) 12 pazienti (età 23-34 anni; XI-XXIX settimana di gravidanza) con sintomi da colica renoureterale (due pazienti con febbre; una paziente macroematuria lateralizzata di grado severo). L’équipe operatoria era composta: dall’urologo operatore, da un urologo esperto in ecografia che coadiuvava il primo operatore nelle manovre endocavitarie eseguite sotto controllo ecografico (monitoraggio costante dello strumento introdotto nella pelvi renale e nei calici), da un ginecologo che utilizzava l’ecografo per controllare le condizioni del feto, da un anestesista. Sono stati utilizzati ureteroscopi rigidi 8/9.8 Ch, ureterorenoscopi flessibili 7Ch. Tutte le pazienti hanno ricevuto una terapia antibiotica profilattica con ampicillina. Le procedure sono state eseguite in anestesia generale. 16 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Risultati: Due pazienti furono sottoposte a ureteroscopia rigida (UR) per calcolosi ureterale con migrazione del calcolo durante la procedura. La procedura fu completata con UF, asportazione del frammento da un calice del gruppo superiore e frammentazione con litotritore balistico. Sette pazienti presentavano una calcolosi caliciale e ureterale. Le pazienti sono state sottoposte a ureterolitotrissia con strumento rigido in caso di calcolosi intramurale (3 pz) e UF, litotrissia balistica e/o rimozione con cestello “ O.tip” dei calcoli renali e ureterali. Una paziente riferiva coliche renoureterali recidivanti, febbre e ematuria. La UF mostrò la presenza di calcoli caliciali che vennero frammentati con Laser Ho:YAG. Una paziente presentava ematuria lateralizzata di grado severo. La UF mostrò un angioma della papilla di un gruppo caliciale superiore che venne fotocoagulato con Laser Ho:YAG. Una paziente presentava coliche reno-ureterali recidivanti e ematuria. Sottoposta a UR non venne rilevata ostruzione ureterale ma la presenza di piuria e minuscoli frammenti litiasici. La UF esplorò con guida ecografica tutta la via escretrice intrarenale identificando materiale corpuscolato, frammisto a coaguli e minuti frammenti litiasici. Il tempo operatorio medio è stato di 31 minuti (23-37). Le procedure si sono concluse con il posizionamento di uno stent a doppio J (rimosso dopo 10 giorni). Conclusioni: La nostra esperienza dimostra che la UF della via escretrice possiede elevate doti di efficacia e sicurezza e offre la possibilità di una terapia efficace anche in corso di gravidanza. La possibilità di completare la procedura in tempo unico permette di posizionare lo stent ureterale solo per il tempo necessario alla restituito ad integrum della via escretrice. LITOTRISSIA LASER TRANSURETEROSCOPICA DI CALCOLO IN DIVERTICOLO CALICIALE SUPERIORE V. Zizzi, A. Callea, B. Berardi, D. Sblendorio, A. Tempesta, F. Gala, R. Piccinni, A. Cafarelli, A. Traficante U. O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale Di Venere, AUSL BA/4, Bari Introduzione: Le procedure endourologiche sono con l’ESWL il cardine del trattamento della calcolosi renoureterale. L’accesso ureterorenoscopico consente agevolmente la litotris- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia sia laser o balistica di calcoli ureterali e, spesso, renali e caliciali. Materiali e Metodi: Negli ultimi sette anni abbiamo effettuato 175 ureteroscopie in 157 pazienti affetti da calcolosi renale o ureterale, in 113 casi si è effettuata una litotrissia laser e/o balistico-ultrasonica, in 35 casi si è effettuata un’estrazione del calcolo con cestello, in 17 casi alla ureteroscopia non si è affiancata la litotrissia ma solo uno stenting ureterale e negli ultimi 10 casi la procedura è stata solo diagnostica. Risultati: La durata media delle ureterorenoscopie operative è stata di 115 minuti (range 22300’ in un paziente con rene a ferro di cavallo) e, ad un follow-up medio di 60,5 mesi, abbiamo osservato uno stone free rate globale del 97,5%, con una incidenza trascurabile di complicanze clinicamente significative (1 caso di avulsione dell’uretere intramurale e 3 casi di iperpiressia, che ha richiesto trattamento antibiotico prolungato). Nel video riportiamo una litotrissia laser transureteroscopica di un calcolo di un diverticolo caliciale superiore, che ha reso il paziente stone free, senza alcun tipo di complicanza perioperatoria. Conclusioni: L’endourologia, negli ultimi 20 anni, ha rivoluzionato con l’ESWL il trattamento della calcolosi reno-ureterale. L’uso di ureteroscopi semirigidi sottili (6-7,5 Ch) e di ureteroscopi flessibili (7-7,5 Ch) ha reso inutile in più del 50-75% dei casi la dilatazione preventiva dell’uretere e, grazie al perfezionamento delle fonti di energia, ha ottenuto success rate del 74% nella calcolosi dell’uretere prossimale e del 90-100% nella calcolosi dell’uretere distale, con una bassa incidenza di complicanze (5-9% di cui solo 1% clinicamente significative) (HG Tiselius, 2004). NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA IN POSIZIONE SUPINA A. Callea, B. Berardi, D. Sblendorio, V. Zizzi, L. Cormio, A. Tempesta, F. Gala, R. Piccinni, A. Cafarelli, A. Traficante U. O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale Di Venere, AUSL BA/4, Bari Introduzione e Obiettivi: La nefrolitotrissia percutanea (PCNL) si esegue solitamente con il paziente in posizione prona. Recenti segnalazioni evidenziano come l’accesso in un calice posteriore con il paziente in posizione supina ed il fianco sollevato di circa 20-30° sia semplice e vantaggioso rispetto al classico approccio in posizione prona. Metodi: Negli ultimi 10 mesi abbiamo eseguito 6 PCNL per calcolosi renali a stampo complesse utilizzando energia balistica, ultrasonica e laser in posizione supina modificata; nel video si evidenzia la semplicità e la comodità di questo approccio. Risultati: La durata media dei 6 interventi è stata di 130 minuti e 5 dei 6 pazienti trattati sono attualmente liberi da calcoli, mentre uno presenta un residuo di calcolo del diametro di circa 7 mm in un diverticolo caliciale inferiore; non abbiamo registrato alcun evento avverso intra e perioperatorio. La procedura non ha presentato sostanziali differenze rispetto ai trattamenti eseguiti in posizione prona, né una diversa morbilità. Conclusioni: In letteratura è riportato che l’approccio percutaneo al rene in posizione supina consente gli stessi risultati dell’approccio convenzionale in posizione prona, senza sostanziali differenze di morbilità. La posizione supina presenta vantaggi anestesiologici dovuti alla migliore ventilazione e vantaggi legati alla possibilità di effettuare contestualmente procedure cistoscopiche e ureteroscopiche con strumenti flessibili, senza dover modificare la posizione del paziente. Un altro sostanziale vantaggio si evidenzia nei pazienti sovrappeso, in cui questo approccio risulta più semplice. Quando il paziente è in posizione supina con il fianco sollevato di circa 30° i calici posteriori sono inclinati di soli 20° rispetto al piano del letto operatorio e ciò rende agevole la puntura radio guidata degli stessi e facilita la clearance dei detriti litiasici attraverso il nefoscopio. Grazie all’utilizzo di un cistoscopio flessibile, introdotto attraverso una camicia di Amplatz, è possibile impiegare fibre laser, cestelli e grasp che consentono quasi sempre la completa rimozione di calcolosi complesse. URETEROLITOTOMIA LAPAROSCOPICA G. Martina, P.I. Giumelli, S. Scuzzarella, M. Remotti, G. Caruso, F. Cantoni SC Urologia, Ospedale Morelli, Sondalo (SO) La necessità di ricorrere all’intervento di ureterolitotomia si è andata sempre più riducendo negli ultimi anni. La litotrissia extracorporea e l’ureterorenoscopia hanno relegato in una nicArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 17 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia chia a bassissima indicazione l’ureterolitotomia. Esistono comunque dei casi in cui vi è ancora la necessità di ricorrervi ed avere a disposizione la tecnica laparoscopica per poter risolvere tale problema aumenta le armi a disposizione dell’urologo. Nel caso in questione trattavasi di un uomo di 40 anni con calcolo di circa 1,5 cm impattato da alcuni mesi a livello dell’uretere lombare sn (L5) e determinante importante ureteroidronefrosi a monte. Stante le dimensioni e l’impattamento determinato dal calcolo si decideva di eseguire ureterolitotomia laparoscopica. Si posizionava catetere ureterale monoJ, subito al di sotto del calcolo, lasciandolo mandrinato sì da poterlo far risalire nell’uretere durante la procedura laparoscopica. Si praticava accesso retroperitoneoscopico classico con 4 porte, si isolava l’uretere e si identificava il calcolo indovato nell’uretere lombare basso, con una fettuccia chiusa con una clip, si contornava l’uretere a monte del calcolo per evitarne un push-up. Con una lama di bisturi montata su di un portaaghi si praticava l’ureterotomia, il labbro posteriore della stessa veniva sospeso con un filo, con le forbici si ampliava l’ureterotomia e si estraeva quindi il calcolo. Il catetere monoJ veniva fatto risalire sino al rene e si procedeva a sutura della breccia con tre punti staccati in monofilamento 0000. La procedura risultava efficace, veloce e di semplice esecuzione. PIELOLITOTOMIA VIDEOLAPAROSCOPICA IN RENE ECTOPICO PELVICO SINISTRO R. Campese, P. Fedelini, C. Meccariello, M. Rubino, A. Oliva, A. Masala Introduzione: La terapia mininvasiva della calcolosi nei reni malformati è spesso problematica. Nel rene ectopico pelvico presacrale è particolarmente deludente la ESWL, mentre la PNL espone ad elevato rischio di perforazione di organi addominali e di stravaso intraperitoneale intra e postoperatorio. Caso Clinico: Il caso presentato nel video si riferisce ad una giovane donna affetta da una calcolosi pielica unica di 1,5 cm in un rene sinistro ectopico presacrale, già sottoposta a due infruttuosi tentativi di ESWL. Abbiamo eseguito con successo una pielolitotomia videolaparoscopica transperitoneale. L’intervento è stato completato in 190 minuti con l’utilizzo di porte (2 da 10 mm e 2 da 5 18 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 mm). La pielorrafia è stata eseguita con sutura intraddominale su sondino ureterale preliminarmente posizionato e sostituito al termine della procedura da uno stent. L’intensa fibrosi del tessuto peripielico ha reso particolarmente difficile la sutura. È stato posto un drenaggio intraperitoneale, rimosso in terza giornata. Il decorso postoperatorio è stato scevro di complicanze. La paziente è stata dimessa in quarta giornata. Il catetere vescicale è stato rimosso in ottava giornata. Lo stent dopo 21 giorni. Discussione: La calcolosi nei reni malformati è ancora prevalentemente risolta con la chirurgia a cielo aperto. Nella calcolosi in rene ectopico pelvico sono descritti pochi casi di nefrolitotrissia videolaparoassistita e di pielolitotomia videolaparoscopica. La nefrolitotrissia laparoassistita rappresenta a nostro giudizio una metodica ingiustificata per due motivi: la possibilità di complicanze postoperatorie alla rimozione della nefrostomia e l’opportunità di procedere direttamente con tecnica laparoscopica all’intervento. L’approccio laparoscopico intraperitoneale nella calcolosi del bacinetto in rene ectopico presacrale è una valida opzione mininvasiva. La posizione anteriore e laterale favorisce il reperimento del bacinetto renale. Il colon sigma risulta naturalmente medializzato dal rene ectopico e non vi è necessità di mobilizzazione dello stesso. La reazione fibrosa peripielica – spesso presente – rende particolarmente difficoltosa la sintesi della pielotomia e la estrazione del calcolo richiede una particolare sensibilità tattile-mediata. L’uso di un drenaggio intraperitoneale e di uno stent ureterale sono obbligatori. Lo stent pieloureterale va conservato in sito per almeno 2 settimane. EMI-NEFROURETERECTOMIA LAPAROSCOPICA IN UN CASO DI DUPLICAZIONE URETERALE COMPLETA P. Casale1, G. Pomara1, M. Simone1, R. Marzano, C. Casarosa1, N. Armillotta2, F. Francesca1 1 Dipartimento di Chirurgia, U.O. Urologia SSN; 2 Dipartimento Oncologia, Trapianti e Nuove Tecnologie, Radiodiagnostica Universitaria, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa Introduzione: La duplicazione completa dell’uretere è una rara anomalia congenita, spesso associata ad ureterocele, uretere ectopico e reflusso vescica-ureterale (RVU). Risulta maggiormente frequente nel sesso femminile ed è 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia bilaterale nel 20% dei casi. Il trattamento standard, valutata la funzionalità del rene, è la eminefroureterectomia; in caso di concomitante orifizio ureterale ectopico e/o RVU, 1’ureterectomia completa è obbligatoria. Classicamente l’approccio a cielo aperto prevede un’estesa laparotomia mediana anteriore, ovvero un doppio approccio (lombotomico + ombelico-pubico). Presentiamo un caso di duplicazione ureterale completa trattato mediante emi-nefroureterectomia laparoscopica. Materiali e Metodi: Nel Settembre 2005 una donna di 34 anni giunge alla nostra osservazione per infezioni urinarie ricorrenti associate a disuria e febbre serotina. L’urografia mostra una duplicazione del sistema urinario bilateralmente. A sinistra la duplicazione è completa e mediante uretrocistografia retrograda si evidenzia la presenza di orifizio ureterale ectopico, in uretra presfinterica, associato a RVU di primo grado a carico del sistema escretore sinistro superiore. La TC conferma il quadro urografico. La paziente viene trattata mediante emi-nefroureterectomia laparoscopica. Risultati: La procedura è stata portata a termine laparoscopicamente attraverso un approccio transperitoneale. Attraverso quattro porte, il colon discendente è stato medializzato, il rene e l’ilo vascolare renale principale sono stati esposti: successivamente è stato isolato l’ilo vascolare proprio del polo superiore del rene consistente in una piccola arteria e vena, diramazioni dirette dell’arteria e della vena renale principali. Mediante l’impiego di clip Hem-o-lok i piccoli vasi, propri del polo superiore, sono stati chiusi e sezionati. Si è proceduto così alla resezione polare superiore mediante Ligasure Atlas da 10 mm. In questa fase l’uretere normale, previamente incannulato per via transuretrale, con cateterino ureterale 7 Ch open-end, è stato iniettato con bleu di metilene senza evidenziare tuttavia apertura della via escretrice dell’emisistema inferiore sinistro. L’uretere ectopico viene isolato completamente e sezionato, anch’esso mediante Ligasure Atlas da 10 mm, a ridosso del suo sbocco in uretra. La durata dell’intervento è stata di 180 min (posizionamento stent ureterale incluso). Il decorso post-operatorio è stato regolare ed ha permesso la dimissione della paziente a 48 ore dall’intervento. Il follow-up a sei mesi è negativo per infezioni urinarie sintomatiche con urinocolture negative e scomparsa della febbre serotina. Conclusioni: Riteniamo che l’emi-nefroureterectomia laparoscopica eseguita per duplicazione ureterale completa sia un’opzione terapeutica risolutiva, in grado di garantire un buon risultato anche in termini estetici, comportando minimi sanguinamenti intraoperatori ed un rapido decorso postoperatorio. PIELO-PIELOSTOMIA LAPAROSCOPICA RETROPERITONEALE. CASE REPORT M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22, Peschiera del Garda (VR) Introduzione: La duplicità pielo-ureterale, nelle sue due varianti completa e incompleta, è una infrequente anomalia congenita dell’apparato urinario, che raramente si rende clinicamente evidente. La diagnosi è spesso incidentale. Suddetta anomalia anatomica può manifestarsi qualora coesista o si determini un’ostruzione, a qualunque livello, di almeno uno degli emidistretti escretori urinari. Le condizioni anatomo-funzionali che più spesso possono essere associate alla duplicità pielo-ureterale sono la stenosi del giunto pielo-ureterale e la stenosi dell’uretere terminale di uno dei due sistemi escretori. Materiali e Metodi: Il video si riferisce ad una paziente, A.F. di 29 anni, giunta alla nostra osservazione per colica renale destra secondaria a idronefrosi di emidistretto inferiore in soggetto con duplicità pielo-ureterale completa. La paziente sei mesi prima era stata sottoposta, presso altro nosocomio, a ureterocistoneostomia dell’uretere drenante l’emidistretto inferiore. Abbiamo eseguito Uro-Tc che ha evidenziato una stenosi serrata (recidiva?) dell’uretere precedentemente re-impiantato. La cistografia ha escluso il reflusso vescico-ureterale di entrambi gli ureteri di destra e dell’uretere sinistro. Abbiamo sottoposto la paziente ad intervento di ureterectomia parziale (uretere inferiore lombare) e pielo-pielostomia scegliendo l’approccio laparoscopico retroperitoneale. Risultati: Tempo operativo 120 minuti. Nessuna complicanza intraoperatoria. Rimozione drenaggio e dimissione della paziente in 3a giornata postoperatoria. L’imaging a tre e a sei mesi hanno dimostrato la completa remissione dell’idronefrosi. Conclusioni: L’esperienza maturata in chirurgia Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 19 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia urologica laparoscopica ci ha consentito di includere la pielo-pielostomia fra gli interventi eseguibili per via laparoscopica. URETEROLITOTOMIA RETROPERITONEOSCOPICA: CASE REPORT S. Micali1, A. Celia2, S. De Stefani1, F. Annino1, M. Grande1, M.C. Sighinolfi1, G. Bianchi1 1 Clinica di Urologia, Policlinico di Modena, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena; 2Urologia, Ospedale di Bassano del Grappa (VI) Introduzione ed Obiettivi: Con lo sviluppo delle tecniche mini-invasive, la chirurgia a cielo aperto per la litiasi ureterale è ormai superata. D’altro canto queste procedure trovano dei limiti per i voluminosi calcoli impattati nel tratto medio e prossimale dell’uretere. In questo video descriviamo la nostra tecnica di esecuzione dell’Ureterolitotomia Laparoscopica Retroperitoneale (RPUL) che potrebbe rappresentare una valida alternativa alla chirurgia aperta. Metodi: Portiamo il caso di una donna di 48 anni affetta da litiasi dell’uretere lombare destro, radiopaca, (2,5 cm di diametro) condizionante ureteroidronefrosi ed associata a litiasi caliciale multipla del rene sinistro. La paziente era affetta inoltre da insufficienza renale cronica (Creatinina 2,43 mg/dl) ed una nefrostomia destra era stata posizionata 1 mese prima dell’intervento. È stata eseguita una ureterolitotomia laparoscopica per via retroperitoneale con la paziente in decubito laterale sinistro. Sono state utilizzate tre porte di cui 2 da 10 mm ed una da 5 mm. Una volta identificato l’uretere in corrispondenza del muscolo Psoas si è inciso longitudinalmente e dopo l’asportazione del calcolo, si è proceduto a sutura extramucosa in continua dell’uretere con filo riassorbibile intrecciato 3/0. Non è stato necessario posizionare stent ureterale. Risultati: Il tempo chirurgico è stato di circa 150 minuti, la degenza di 3 giorni e non si sono osservati eventi avversi perioperatori. Un controllo radiologico transnefrostomico, eseguito in 7a giornata postoperatoria, ha mostrato una via escretrice normale, senza calcoli. Contestualmente veniva rimossa la nefrostomia. Conclusioni: Nel trattamento dei calcoli impattati di medie e grandi dimensioni, a carico dell’uretere medio-prossimale, la RPUL è una procedura mini-invasiva efficace e sicura che può 20 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 effettivamente sostituire la chirurgia tradizionale. L’approccio retroperitoneale può avere dei vantaggi: è meno invasivo è più indicato data la natura retroperitoneale dell’uretere. IDRONEFROSI DEL DISTRETTO SUPERIORE IN DUPLICAZIONE URETERALE COMPLETA ASSOCIATA A URETEROCELE OSTRUTTIVO: RISOLUZIONE CON TECNICA LAPAROSCOPICA ED ENDOSCOPICA VESCICALE A. De Lisa, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni, P. Usai Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Descriviamo il caso di una giovane paziente di 18 anni giunta alla nostra osservazione in quanto affetta da febbre di tipo urosettico e numerosi episodi di infezione delle vie urinarie trattate con terapia e medica e recidivate. L’esame ecografico ed urografico misero in evidenza la presenza di un doppio distretto completo a destra con idronefrosi grave del distretto superiore e la presenza di un grosso ureterocele corrispondente. Il distretto inferiore si presentava nella norma. L’intervento iniziò con una cistoscopia che mise in evidenza lo sbocco dell’ureterocele in prossimità del meato uretrale interno. Si incise l’ureterocele a tutto cerchio partendo dallo sbocco, decapitandolo in toto. Asportata la cupola dell’ureterocele si procedette a incisione a tutto cerchio dell’uretere sganciandolo dal suo tratto intramurale. Si mise la paziente in lombotomica e quindi dopo posizionamento di 4 Trocar si procedette a preparazione del rene isolando gli elementi vascolari, i due ureteri e quindi alla resezione del distretto superiore idronefrotico. L’uretere fu seguito sino allo scavo pelvico e poiché adeguatamente preparato fu semplice sganciarlo dalla sua sede naturale. Il pezzo anatomico fu estratto dal Trocar da 12 mm senza necessità di un allergamento del tramite cutaneo. Venne ricostruita la doccia parieto-colica dopo posizionamento di un drenaggio in sede postero-renale verso lo scavo pelvico. Venne lasciato un catetere vescicale a dimora per 7 giorni. Risultati: La paziente non ebbe complicanze, fu dimessa in 4a giornata post-operatoria dopo estrazione del drenaggio e mandata a casa con il catetere a dimora che fu rimosso in 7a giornata post-operatoria dopo aver eseguito un esame cistografico di controllo. A distanza di 8 mesi la paziente è sana ed ha ottenuto una risoluzione 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia completa del suo problema con tecnica mininvasiva TRATTAMENTO RETROPERITONEOSCOPICO DI CISTI PARAPIELICA CON IDROCALICE SINTOMATICO A. Saita1, M. Falsaperla1, F. Nicolosi1, G. Caldarella1, L. Ficicchia1, M. Burrello1, B. Giammusso1, F. Marchese1, F. Porpiglia2 1 Clinica Urologica, Università di Catania; 2Clinica Urologica, Università di Torino L’approccio laparoscopico rappresenta a nostro avviso la metodica più indicata nel trattamento delle cisti parapieliche sintomatiche. Riportiamo il caso di una donna di 56 anni, giunta alla nostra osservazione con astenia e febbricola ricorrente da circa 1 mese, accompagnata da algie lombari a sinistra e leucocitaria. In relazione al quadro clinico e all’evidenza ecografica di una grossolana cisti parapielica è stato approfondito l’iter diagnostico con urografia, TC e scintigrafia renale, che confermavano la presenza della cisti determinante voluminoso idrocalice superiore secondario alla compressione. Anche la scintigrafia evidenziava la ridotta captazione in corrispondenza del polo superiore con ritardo di escrezione. Abbiamo pertanto deciso di trattare la patologia cistica con approccio retro-peritoneoscopico. Dopo la preparazione del seno renale si è evidenziata immediatamente la formazione cistica con un caratteristico stiramento del giunto pielo-ureterale e dei calici superiori. Preparata la cisti è stata incisa la parete permettendo l’evacuazione del liquido cistico e dimostrando l’immediata scomparsa della tensione pielo-caliciale. È stata effettuata la resezione della parete cistica con coagulazione dei margini di resezione. Il quadro TC post-operatorio ha dimostrato il recupero anatomico e funzionale della porzione del rene sinistro con conseguente scomparsa della sintomatologia. RESEZIONE POLARE INFERIORE REGOLATA SUL CALICE CON TECNICA RETROPERITONEOSCOPICA F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, F. Ragni, C. Cracco, C. Terrone, I. Morra, C. Scoffone, M. Poggio, R. M. Scarpa Università degli studi di Torino, Facoltà di Medicina e Chirurgia. A.S.O. San Luigi Orbassano (TO), Divisione Universitaria di Urologia Introduzione: La diffusione delle tecniche percutanee ha ridotto l’indicazione alla resezione polare inferiore regolata sul calice in caso calcolosi caliceale. Riportiamo un caso di in cui questa tecnica è stata realizzata in retroperitoneoscopia. Materiali e Metodi: Si tratta di un paziente di 33 anni paraplegico con calcolosi caliceale inferiore del rene sinistro pluritrattata, plurirecidiva e con infezioni ricorrenti delle vie urinarie da Proteus Mirabilis, resistente a tutti i comuni antibiotici. L’urografia dimostrava la presenza di un calcolo a stampo del calice inferiore con rene di dimensioni ridotte rispetto al controlaterale e la scintigrafia dinamica sequenziale attribuiva al rene sinistro soltanto il 30% della funzione renale complessiva. Tecnica: Dopo aver posizionato il paziente in decubito laterale sono stati inseriti quattro trocars con disposizione a rombo. Liberata la faccia posteriore del rene sono stati isolati l’uretere e l’arteria renale. Il rene è stato dissociato dalla capsula di Gerota ed è stato quindi esposto il polo renale inferiore; a tale livello era presente un’evidente cicatrice che segnava il limite tra il parenchima normale limitrofo e quello patologico. Dopo aver clampato l’arteria renale con Buldog, è stata eseguita la resezione polare inferiore in ischemia calda e la contestuale calicectomia inferiore completa con asportazione dei calcoli. Alcune arterie sono state elettrocoagulate selettivamente con pinza bipolare. È stato quindi posizionato uno stent a doppio J ed è stata eseguita la sutura del bacinetto con Vicryl 3-0, quindi la sutura della midollare con legatura selettiva di alcuni vasi. Infine è stata effettuata la sutura della corticale su tabo-tamp. L’intervento ha avuto una durata di 150 minuti, le perdite ematiche sono state di 100 ml. Il tempo di ischemia calda è risultato di 48 min. Nel post-operatorio non sono state registrate complicanze, il paziente è stato dimesso in 4° GPO ed il catetere rimosso in 15°. Il controllo radiologico e scintigrafico a 2 mesi dall’intervento ha evidenziato un buon risultato dal punto di vista morfologico e funzionale: il rene operato presentava funzione pari al 25% della funzione renale complessiva. NEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA IN PAZIENTE CON ANOMALIA NUMERICA DEI VASI RENALI G. Martina, P.I. Giumelli, G. Caruso, M. Remotti, F. Cantoni SC Urologia, Ospedale Morelli, Sondalo (SO) Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 21 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Nel video viene presentata una nefrectomia retroperitoneoscopica dx eseguita per tumore renale in pz con anomalia numerica dei vasi renali (5 arterie e 2 vene renali a dx con insorgenza autonoma dall’aorta e dalla cava). Il riscontro del tumore renale avveniva dopo asportazione di secondarismo cerebrale manifestatosi con episodio di ictus. L’ecografia evidenziava neoformazione renale dx del diametro di 7 cm interessante il polo superiore. Si eseguiva angiotac che confermava la neoplasia renale ed evidenziava una rara anomalia numerica dei vasi renali con 5 arterie e 2 vene tributarie del rene di dx; normale assetto vascolare a sn. Si decideva per nefrectomia retroperitoneoscopica dx. Accesso retroperitoneoscopico classico con 4 trocar, di cui tre agli apici e al centro di un’ideale linea lombotomica passante per il triangolo di Petit e il quarto immediatamente al di sotto della X costa sulla linea ascellare anteriore. Con tale accesso si aggrediva immediatamente il peduconcolo vascolare identificando prima le arterie poi le vene. Repertare, isolare, clippare e sezionare separatamente tutte le arterie risultava agevole sulla guida dell’angioTC. Altrettanto semplice risultava la legatura e sezione delle due vene. In conclusione ci preme sottolineare come l’esecuzione di una angioTC, esame non invasivo e facilmente eseguibile, sia raccomandabile prima di un intervento di nefrectomia laparoscopica. La ricostruzione delle immagini permette di avere una chiara visione dell’orientamento spaziale dei vasi renali e permette un’accurata pianificazione dell’intervento. Nel caso in questione, la scelta dell’accesso retroperitoneoscopico permetteva un’aggressione diretta sulle arterie non mediata dalle vene, con maggior facilità e sicurezza nello svolgimento della nefrectomia. EMINEFROURETERECTOMIA VIDEOLAPAROSCOPICA SUPERIORE SINISTRA PER IDROPIOURETERONEFROSI DEL DISTRETTO CEFALICO IN DUPLICITÀ PIELOURETERALE BILATERALE CON RENE SOVRANNUMERARIO A. Molon, G. Caleffi, M. Pastorello Divisione di Urologia, Ospedale Sacro Cuore - Don Calabria, Negrar (VR) Introduzione: La duplicità pieloureterale completa viene comunemente annoverata tra le anomalie congenite dell’uretere, malgrado in 22 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 rari casi risulti associata a rene soprannumerario e quindi codificabile tra le anomalie di numero e volume renale (ed è questo il caso della nostra osservazione). L’incidenza media presunta della duplicazione pieloureterale, quale risulta dagli studi di Campbell e di Nation, appare intorno allo 0,8%, con una predilezione per il sesso femminile (dal 62 all’80%). La monolateralità dell’anomalia è sei volte più frequente della bilateralità. Sin dal 1976 ne è stata riconosciuta da Cohen e Berant una determinazione genetica attraverso trasmissione autosomica dominante a penetranza incompleta. Tra i reperti più sovente associati al doppio distretto sono da ricordare: il reflusso vescico-ureterale, episodi pielitici, idronefrosi del distretto inferiore, nonchÈ ipoplasia e displasia renale, ectopie di inserzione ureterale ed un’ampia varietà di lesioni ureterali. La duplicità pieloureterale può decorrere asintomatica e costituire reperto di occasionale riscontro ma certamente appare associata in misura cinque volte più frequente che nei soggetti normoconformati ad infezioni urinarie anche complicate. Si documenta in video il nostro approccio laparoscopico per il trattamento di una forma sintomatica di questa anomalia. Materiali e Metodi: Una paziente di 32 anni viene inviata alla nostra osservazione dopo reiterati episodi urosettici con dolore lombare sin. L’ecografia addominale documenta un quadro di idroureteronefrosi superiore sin, in assenza di immagini litiasiche. Lo studio UroTC rivela una cospicua ectasia dell’emirene superiore sin, estesa a tutto l’uretere, con esclusione funzionale e marcata ipotrofia parenchimale dell’emirene stesso, in presenza di un doppio distretto pieloureterale bilaterale. Un’esplorazione endoscopica vescicale evidenzia un duplice meato ureterale d’ambo i lati con puntiforme ostio infero-mediale sin. Per la correzione elettiva della patologia la paziente acconsente a procedimento laparoscopico transperitoneale. Quattro porte di accesso vengono posizionate previa collocazione dorsolitotomica della paziente, adagiata sul fianco destro: perfezionato il pneumoperitoneo si incide la doccia parieto-colica sin, con estensione craniale atta a favorire un’adeguata medializzazione intestinale. Esposizione degli ureteri nel loro decorso lombare: evidente l’ectasia dell’uretere drenante il distretto superiore: viene isolato e seguito in alto ove si apre in pelvi estremamente dilatata, con sacca idro- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia pionefrotica. Dissociazione con Ultracision del distretto renale superiore dall’inferiore, dopo clippaggio selettivo e sezione del peduncolo vascolare. Ottenuta una completa liberazione della sacca idronefrotica, si completa l’isolamento dell’uretere lombare scendendo sin oltre l’incrocio con i vasi iliaci. Emostasi e drenaggio della loggia lombare. Rimozione dei trocars. Successiva breve incisione trasversa di Pfannenstiel per accedere al Retzius onde individuare a sin l’uretere ectasico, già liberato cranialmente: viene recuperata agevolmente tutta la via escretrice superiore e completato l’isolamento ureterale sino al suo inosculo in vescica: ivi l’uretere appare macroscopicamente atresico. Asportazione en bloc del distretto pieloureterale superiore sin. Sutura della piccola breccia vescicale, emostasi, posizionamento di drenaggio laminare nel Retzius e sintesi della parete. Risultati: L’intervento di eminefroureterectomia laparoscopica sin così condotto ha richiesto complessivamente 190 min; le perdite ematiche non hanno superato i 100 ml; non si sono registrate complicanze intra o postoperatorie. La paziente ha ripreso in prima giornata le normali funzioni fisiologiche, con precoce mobilizzazione. Non sono emersi problemi nel corso della successiva breve convalescenza. L’imaging (UroTC) a sei mesi rivela un quadro morfofunzionale regolare a carico del singolo residuo distretto pieloureterale sin. Permane a destra una duplicità pieloureterale completa. Conclusioni: La nefroureterectomia videolaparoscopica per patologia benigna è oggi metodica consolidata con livello di evidenza 2b e grado di raccomandazione B nelle EAUGuidelines. L’esperienza sin qui da noi acquisita sia nella patologia benigna che neoplastica ci porta a prediligere una procedura laparoscopica elettiva per i tempi di nefrectomia ed isolamento ureterale lombo-iliaco, associando poi un approccio minilaparotomico (ottenuto con incisione di Gibson o trasversa di Pfannenstiel) per l’isolamento dell’uretere pelvico, l’escissione della pastiglia vescicale (nel caso di neoplasia) e l’asportazione del blocco reno-ureterale mantenuto integro nella sua continuità. Si associano così i vantaggi propri della laparoscopia (ridotta invasività, minimo danno parietale, breve degenza e rapida convalescenza) con una maggiore accuratezza nelle dissezione uretero-vescicale, mantenen- do tempi operatori contenuti e non inficiando in modo significativo il risultato “estetico” dell’intervento. Il caso clinico qui riportato, relativo a giovane donna con idropionefrosi a carico del distretto superiore in duplicazione renoureterale bilaterale, ne è a comprova. VESCICULECTOMIA ED EXERESI DI GHIANDOLA PROSTATICA RESIDUA PER VIA LAPAROSCOPICA DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA INCOMPLETA M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso U.O di Urologia Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22, Peschiera del Garda (VR) Introduzione: La ripresa biochimica di malattia dopo prostatectomia radicale è un problema emergente. L’introduzione di nuove metodiche di imaging (PET, RMN endorettale) sono di notevole ausilio nel discernere tra recidiva locale e malattia sistemica. Il fondamento diagnostico di recidiva biochimica è però rappresentato dalla biopsia dell’area peri-anastomotica. Fondamentali anche i vari, noti parametri di lettura del PSA (nadir PSA, PSA velocità ecc.). Terapie quali HIFU e RITA si propongono quali alternative mini-invasive alla EBRT in caso di documentata recidiva locale. Materiali e Metodi: Il video si riferisce ad un paziente di 61 anni sottoposto 5 mesi prima a prostatectomia radicale laparoscopica preperitoneale presso un altro istituto per adenocarcinoma prostatico cT2a cN0 cMx Gleason 3+3. PSA pre-operatorio 7 ng/ml. L’esame istologico definitivo aveva confermato la presenza di adenocarcinoma prostatico Gleason 3+3. Margini chirurgici positivi su tutto il versante ghiandolare destro. Assenza delle vescicole seminali dal campione anatomico inviato. Il PSA a 1 mese dall’intervento era di 1,22 ng/ml e 1,89 a 4 mesi. Il paziente ha eseguito RMN con bobina endorettale che ha evidenziato la presenza nella normale sede anatomica di entrambe le vescicole seminali che apparivano ectasiche; ha rilevato altresì: “porzione antero-laterale destra residua a pregresso intervento di prostatectomia con intento radicale”. Sono state eseguite biopsie mirate sulle zone descritte alla RMN esitate in adenocarcinoma prostatico Gleason 3+3 (unico focolaio, core 20% su 4 prelievi eseguiti sulla capsula prostatica residua; vescicole seminali indenni). Sentito il Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 23 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia parere del radioterapista, abbiamo sottoposto il paziente a vesciculectomia e completamento della prostatectomia per via laparoscopica trans-peritoneale. Risultati: Tempo operativo:133 minuti. Perdite ematiche trascurabili. Non si è reso necessario la revisione dell’anastomosi vescico-uretrale precedentemente confezionata. Conclusa l’asportazione della ghiandola prostatica residua macroscopicamente evidente è stata eseguita biopsia del letto di resezione (piano detrusoriale) inviata per esame istologico intra-operatorio (negativo). Il paziente è stato dimesso in 3a giornata p.o. L’esame istologico definitivo ha evidenziato la presenza di tessuto adenocarcinomatoso prostatico sulla ghiandola residua, Gleason 3+3. MC negativi. PSA a 1 mese 0,1. Abbiamo deciso di procrastinare il trattamento radiante. Conclusioni: Si tratta del secondo caso di “recidiva locale” di tumore della prostata da noi trattato con exeresi laparoscopica. La magnificazione visiva e la mini-invasività della tecnica laparoscopica ne suggeriscono un ruolo alternativo a quello di HIFU e RITA. La radioterapia esterna rimane ad oggi il “gold standard” nel trattamento delle recidive locali di tumore prostatico. PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA PRE-PERITONEALE. CODIFICA DELLA TECNICA DOPO 750 INTERVENTI M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22, Peschiera del Garda (VR) Introduzione: La prostatectomia radicale rappresenta ad oggi “il gold standard” fra le terapie con intento radicale del carcinoma prostatico. L’incremento del numero delle diagnosi precoci di tumori della prostata a cui si è assistito negli ultimi anni, ha comportato l’abbassamento dell’età media dei pazienti da trattare e l’aumento del numero di procedure chirurgiche effettuate per singola istituzione. Il progredire delle conoscenze anatomo-chirurgiche e il costante sviluppo di nuovi materiali e tecnologie cercano di rispondere alla domanda di una chirurgia oncologica prostatica che assicuri il mantenimento della qualità di vita, attraverso il risparmio della funzione erettiva e il ripristino della completa continenza urinaria. In quest’ottica l’approccio laparoscopico sembra offrire ulteriori vantaggi 24 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 accanto a quelli ampiamente dimostrati (analgesia p.o., degenza, convalescenza, ripresa attività socio-lavorative). Abbiamo adottato e sviluppato la tecnica della prostatectomia radicale preperitoneale. Dal gennaio 2001 ad oggi abbiamo effettuato 750 interventi. L’esperienza maturata ci ha consentito di codificare e riprodurre l’intervento. Materiali e Metodi: Eseguiamo la prostatectomia per via anterograda. Il video illustra i punti chiave: • creazione digitale dello spazio di lavoro e posizionamento dei trocars; • linfoadenectomia iliaco-otturatoria (ove indicata); • esposizione ed incisione della commissura vescico-prostatica; • accesso al piano posteriore vescicolo-deferenziale e sezione “di risparmio” del collo vescicale; • isolamento del blocco vescicolo-deferenziale; • esposizione ed incisione della fascia di Denonvilliers; • prostatectomia discendente “nerve sparing” con tecnica intrafasciale vs prostatectomia extrafasciale; • sezione del plesso venoso dorsale ed esposizione dell’apice prostatico; • sezione dell’uretra e dei muscoli retto-uretrali; • anastomosi vescico-uretrale con unica sutura continua. Conclusioni: La codifica della tecnica ci ha consentito di registrare l’abbattimento dei tempi operativi (da 180 minuti nel 2001 a 90 nel 2005) e della percentuale di pazienti trasfusi (dal 63% nel 2001 al 2% nel 2005). Significativamente ridotte anche le complicanze p.o. In particolare segnaliamo l’assenza di lesioni del retto a partire dal 2003 (2% nel 2001). CHIRURGIA NEPHRON SPARING LAPAROSCOPICA. TECNICHE DI EMOSTASI. M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22, Peschiera del Garda (VR) Introduzione: La diagnosi “incidentale” delle neoplasie renali ha trasformato la strategia terapeutica della chirurgia renale parzialmente demolitiva da opzione “di necessità” ad indica- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia zione elettiva in caso di neoformazioni renali di limitate dimensioni, non coinvolgenti la via escretrice ed esofitiche. In quest’ottica l’approccio laparoscopico sembra offrire una riduzione della morbilità perioperatoria rispetto alla chirurgia a cielo aperto. I risultati oncologici sovrapponibili, come si evince dalla revisione della più recente letteratura e la miniinvasità della metodica, candidano la tecnica laparoscopica quale valida alternativa alla chirurgia renale “di risparmio” tradizionale. Di contro l’enucleoresezione renale o in senso più generale la nefrectomia parziale per via laparoscopica rappresentano, a nostro parere, l’intervento di chirurgia urologica laparoscopica più impegnativo. Il punto cruciale che pone tale chirurgia all’apice della curva di apprendimento è il controllo dell’emostasi. Nonostante l’ausilio di numerosi e validi presidi l’emorragia intra-operatoria rappresenta la causa più frequente della conversione a cielo aperto in corso di chirurgia nephron sparing laparoscopica. Materiali e Metodi: Dal 1997 al dicembre 2005 abbiamo eseguito 80 fra enucleoresezioni, resezioni polari o nefrectomie parziali. Posta l’indicazione utilizziamo esclusivamente la via laparoscopica. Prediligiamo la via retroperitoneoscopica a eccezione delle neoplasie del versante anteriore dell’organo, più facilmente aggredibili per via trans-peritoneale. Il video si sofferma sulle principali tecniche di emostasi da noi adottate a seconda dell’entità del sanguinamento: isolamento preventivo dell’arteria renale ed esteriorizzazione della fettuccia vascolare. Utilizzo on demand dell’ischemia calda; utilizzo esclusivo del bisturi armonico per la sezione del parenchima renale; utilizzo di punti di sutura “da materassaio” sul letto di resezione; utilizzo di colle biologiche o acriliche. Risultati: L’adozione di adeguate tecniche di emostasi ci ha consentito di completare 79 interventi su 80 per via laparoscopica. È stata necessaria la conversione “open” in un solo caso, peraltro registrato fra i primi 20 eseguiti. Abbiamo trasfuso 10 pazienti su 80. In nessun caso è stato necessario re-intervenire. Conclusioni: Il rispetto dei canoni della chirurgia oncologica renale e la riduzione della morbilità peri-operatoria confermano il ruolo della chirurgia nephron sparing laparoscopica. Il superamento della lunga curva d’apprendi- mento è realizzabile, a nostro parere, anche grazie all’utilizzo di provati presidi emostatici. LA NEFRECTOMIA RETROPERITONEOSCOPIA ANATOMICA V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azzone Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle Fonti (BA) Scopo del video è quello di illustrare gli step procedurali della nefrectomia retroperitoneale laparoscopica con l’intento di standardizzare tale tecnica dopo averne eseguito circa 400 a partire dal 1997. Essa è eseguita allo stesso modo sia per patologie maligne che per patologie benigne. L’accesso al rene avviene classicamente ponendo il paziente in posizione laterale ed applicando quattro trocar disposti a rombo previa distensione del retroperitoneo con palloncino. Il disegno anatomico illustra chiaramente il decorso della fascia di Gerota (disegnata in blu) la quale avvolge completamente il rene ed il surrene, questo ci sarà utile per meglio spiegare le fasi dell’intervento. Prima fase: asportazione del grasso che sta al di fuori della lamina di Gerota diretta a rendere più ampio lo spazio retroperitoneale e migliorarne la visibilità. Seconda fase: isolamento della lamina di Gerota lungo la sua faccia posteriore senza che essa venga incisa. Terza fase: isolamento della lamina di Gerota lungo la sua faccia anteriore (fascia di Toldt) e scollamento della stessa dalla riflessione peritoneale. Quarta fase: se il surrene omolaterale deve essere risparmiato si procede all’incisione della fascia in corrispondenza del polo superiore e si procede alla dissecazione del polo superiore che viene separato dal surrene, altrimenti se ciò non è necessario come nel caso di tumori del polo superiore si può passare direttamente alla fase successiva. Quinta fase: essa prevede l’accesso diretto al peduncolo vascolare incidendo la fascia di Gerota lungo la faccia posteriore del rene, quindi i vasi vengono separatamente isolati, clippati e sezionati. Il pezzo operatorio è sempre posto in endobag e successivamente esso Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 25 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia può essere estratto mediante morcellazione se si tratta di patologia benigna o estratto mediante una piccola incisione che prevede il congiungimento di due porte se si tratta di patologia maligna. Conclusioni: Il perfetto riconoscimento dei piani anatomici, possibile solo grazie all’ingrandimento della telecamera, e la loro conoscenza permettono di ottenere dei piani di clivaggio esangui; tali step procedurali rendono dunque questa tecnica affidabile, riproducibile e di facile esecuzione. PREPARAZIONE DELLO SPAZIO EXTRAPERITONEALE IN CORSO DI LERP: NOTE DI TECNICA M. Falsaperla, A. Saita, F. Nicolosi, G. Iacona, D. Aleo, A. Polara, A. Bonaccorsi, M. Motta Clinica Urologica, Università di Catania La preparazione dello spazio pre-peritoneale in corso di prostatectomia radicale laparoscopica, rappresenta un momento fondamentale per un’agevole esecuzione dell’intervento. In questo video proponiamo l’utilizzo di un sistema alternativo ed economico per la preparazione dello spazio extra-peritoneale. Utilizziamo un guanto sterile che viene rivoltato, successivamente si procede alla chiusura con laccio delle due estremità che vengono poi recise. Si effettua un opercolo lungo uno dei due margini medialmente e si rivolta nuovamente il guanto in modo tale da introflettere le legature precedentemente effettuate. Infine si posiziona nell’orifizio creato un catetere Foley 14 Ch gonfiato con 5 cc che viene fissato a tenuta al guanto con ulteriore legatura. Si verifica infine la tenuta del sistema pneumatico. Si osserva la plasticità del sistema che dimostra un’ideale distribuzione della superficie pneumatica anche sotto sollecitazioni compressive. Particolare attenzione viene prestata alla creazione con metodica open dell’accesso sottoombelicale. Si procede quindi alla dissezione digitale dello spazio. Si posiziona il sistema pneumatico che viene gonfiato con circa 1 litro di aria. Si dimostra l’omogenea distribuzione nella cavità pelvica che permette di ottenere uno spazio operativo ottimale. Abbiamo adottato come metodica standard il posizionamento delle porte operative come illustrato nell’immagine. Il primo trocar 10-12, viene posizionato sotto guida digitale in sede para- 26 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 rettale destra sulla linea condotta tra spina iliaca e ombelico. Si procede successivamente al posizionamento sotto visione di un trocar da 5 mm in sede mediana lungo la linea delle spine iliache. Questo trocar è di notevole ausilio per l’esplorazione preventiva della parete addominale evidenziando particolarmente il decorso dei vasi epigastrici bilateralmente, consentendo il posizionamento in sicurezza dei due trocar successivi da 5 mm disposti a 3 cm circa dalle spine iliache antero-superiori. Dopo aver utilizzato nella nostra curva di apprendimento varie alternative tecniche descritte da altrettanti autori siamo arrivati alla conclusione che l’approccio illustrato è a nostro avviso il più sicuro e meno costoso, specialmente nella fase di training iniziale. L’UTILIZZO DELLA COLLA DI FIBRINA AUTOLOGA PER L’EMOSTASI NELLA NEFRECTOMIA PARZIALE VIDEOLAPAROSCOPICA L. Schips, S. Gidaro, O. Dalpiaz, K. Lipsky, P. Petritsch, R. Zigeuner Clinica Urologica, Università di Graz (Austria) Introduzione ed Obiettivi: Presentiamo una metodica che utilizza una colla di fibrina autologa per l’emostasi durante la nefrectomia parziale laparoscopica. Metodi: Un uomo di 61 anni con incidentaloma renale di 3 cm al polo inferiore destro viene sottoposto a nefrectomia parziale videolaparoscopica transperitoneale. All’induzione dell’anestesia vengono prelevati 80 ml di sangue per la preparazione della colla autologa con il sistema Vivostat® ottenendo circa 5 ml di colla autologa. Il paziente viene posizionato sul fianco sinistro. L’intervento viene eseguito con 3 trocars da 10mm e 1 trocar da 5 mm. Con un dissettore ad ultrasuoni viene inciso il peritoneo mobilizzando la flessura destra del colon. Si procede alla mobilizzazione del rene fino all’ilo renale preparando il peduncolo. L’arteria renale viene clampata usando una “bulldog”. La precisa dissezione della massa viene eseguita con le forbici su parenchima macroscopicamente sano. L’emostasi viene dapprima eseguita con coagulatore bipolare. Successivamente una sutura ad U con monofilamento atraumatico assorbibile 2/0 viene fissata su entrambe i lati con clip riassorbibili. La bulldog viene rimossa dopo 23 minuti di 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia ischemia calda. La zona viene ricoperta con colla di fibrina utilizzando il sistema Vivostat® nebulizzata omogeneamente con un applicatore laparoscopico. La massa viene quindi estratta con Endobag. Risultati: Non si sono verificate complicanze intra e postoperatorie. L’emostasi è stata raggiunta in 2 minuti dall’applicazione della colla. Il paziente è stato dimesso senza complicanze in quarta giornata postoperatoria. L’esame istologico ha documentato un carcinoma renale a cellule chiare G2 di stadio pT1a. I margini di resezione sono risultati negativi. Conclusioni: Il sistema Vivostat® permette di ottenere un’emostasi efficace durante la nefrectomia parziale laparoscopica. ENUCLEORESEZIONE LAPAROSCOPICA E CONTROLLO DELL’EMOSTASI CON SUTURA ASSOCIATA A TISSUCOL E LAMINA DI COLLAGENE F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, M. Poggio, C. Cracco, C. Terrone, C. Scoffone, R.M. Scarpa Introduzione: È noto che uno dei punti critici dell’enucleoresezione laparoscopica è rappresentato dal controllo dell’emostasi. Presentiamo in questo video la nostra tecnica in cui la sutura viene eseguita in associazione al tissucol e lamina di collagene. Materiali: Nel video, un paziente di anni 45 affetto da neoformazione mesorenale del diametro di 4 cm circa viene sottoposto ad enucleoresezione retroperitoneoscopica. L’emostasi, effettuata con punti eseguiti a livello della midollare, viene migliorata mediante l’utilizzo di Tissucol (fibrinogeno + trombina 500 U.I.) diluito a 5 U.I. e una falda di collagene equino, opportunamente ritagliata. Metodi e Tecnica: Effettuata l’enucleroresezione in ischemia calda, la midollare viene suturata con 3 punti di vicryl 3/O. Una lamina di collagene, opportunamente ritagliata in base alle dimensioni dell’area di resezione, viene introdotta nel campo operatorio attraverso un trocar. Il Tissucol diluito a 5 U.I. viene iniettato sul letto di resezione e sulla superficie della lamina di collagene, avvalendosi di una cannula laparoscopica. La falda di collagene viene quindi applicata sulla zona di resezione e compressa per circa due minuti al fine di consentirne l’adesione. Altre 2 strisce di collagene vengono introdotte attraverso lo stesso trocar ed incollate sul bordo del letto di resezione. Mediante tre punti in vicryl i bordi di resezione vengono avvicinati rendendo così l’emostasi più accurata. L’intervento è durato circa 130 minuti e le perdite ematiche sono state di 250 ml circa. Il tempo di ischemia è stato 30 minuti, mentre il tempo necessario all’applicazione del tissucol e de Conclusioni: Il collagene incollato mediante il Tissucol diluito sigilla l’area di resezione, inoltre per le sue caratteristiche si lascia facilmente attraversare dall’ago e consente di prevenire le lacerazioni del parenchima renale durante l’annodamento dei punti. EMINEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA DESTRA IN DOPPIO DISTRETTO CON DILATAZIONE NON REFLUENTE DEL DISTRETTO SUPERIORE F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, M. Bianchi, R. Lace, B. Tadini, R.M. Scarpa Introduzione: L’eminefrectomia rappresenta una della indicazioni alla tecnica laparoscopica. In questo video ne descriviamo la tecnica con accesso transperitoneale. Materiali e Metodi: Si tratta di una paziente di 14 anni inviata alla nostra osservazione dall’ospedale infantile di Torino. La paziente riferiva da alcuni mesi sintomatologia dolorosa al fianco destro in assenza di infezioni delle vie urinarie. L’Uro-RMN ha dimostrato la presenza di un doppio distretto completo con dilatazione del distretto superiore. La cistografia retrograda, eseguita successivamente, non ha evidenziato reflussi attivi o passivi; alla scintigrafia renale sequenziale il polo inferiore presentava funzione conservata, mentre il polo renale superiore presentava funzione significativamente ridotta. Metodi e Tecnica: La paziente è stata posizionata sul fianco sinistro a 45°. Sono stati inseriti 4 trocar ed è stato utilizzato l’accesso transperitoneale. Si è proceduto alla incisione del peritoneo viscerale posteriore con successiva medializzazione del duodeno e di parte del colon ascendente. È stato quindi identificato il rene destro e sono stati isolati i due ureteri e tre peduncoli renali. Il distretto superiore è stato accuratamente isolato, inoltre sono stati isolati separatamente gli ureteri del distretto Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 27 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia inferiore e superiore. Quest’ultimo è stato sezionato, liberato dalle connessioni con i peduncoli vascolari ed attratto cranialmente. Applicate alcune clip di Hem-o-lock a livello del peduncolo vascolare del distretto superiore si è eseguita l’eminefrectomia superiore. Durante questa fase dell’intervento il sanguinamento della corticale è stato controllato soltanto in parte con coagulazione, mentre il controllo principale dell’emostasi è stato ottenuto con punti trans-fi ENUCLEORESEZIONE RETROPERITONEOSCOPICA DI NEOPLASIA RENALE SINISTRA: ISCHEMIA À LA DEMANDE, DISSEZIONE CON ULTRACISION ED EMOSTASI CON PUNTO E COLLA CIANOACRILICA (GLUBRAN) C. Milani2, L. De Zorzi1, I.M. Tavolini2, N. Zanovello1, M. Dal Bianco1 1 U.O. di Urologia, Ospedale S.Antonio, Padova; 2U.O. di Urologia, Ospedale SS. Giovanni e Paolo,Venezia Introduzione: Un’alternativa alla exeresi chirurgica a cielo aperto di neoplasie renali di piccole dimensioni è rappresentata dal trattamento laparoscopico. In questo video è riportato un caso di trattamento mediante enucleoresezione laparoscopica retroperitoneale di una neoplasia renale sinistra di 2 cm. Metodi: Con 4 accessi sulla linea lombotomica (il primo open, seguito da scollamento digitale e con guanto gonfiato con 800 ml di soluzione fisiologica), identificato il piano dello psoas, si è proceduto all’isolamento dell’arteria renale, sospesa su Tourniquet, e del rene. Incisa con uncino monopolare la capsula renale attorno alla neoplasia, l’enucleoresezione è stata eseguita con bisturi armonico (Ultracision), inizialmente senza ischemia, attivando quindi il Tourniquet per un sanguinamento discreto durante l’approfondimento della dissezione. Apposto un punto di emostasi al centro dell’area resecata è stata quindi applicata una colla cianoacrilica (Glubran). Il controllo dell’emostasi dopo declampaggio arterioso è risultato ottimale, e l’intervento è stato concluso con la riposizione di un drenaggio laminare e con la rimozione del pezzo con Endocatch. L’analisi macroscopica della sezione del reperto chirurgico confermava la presenza di un abbondante margine di parenchima sano adeso alla 28 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Risultati: L’intervento è stato condotto a termine in 180 minuti con un tempo di ischemia di 20 minuti. Le perdite ematiche sono state di 300 ml e il paziente è stato trasfuso con le 2 unità di emazie autologhe preventivamente depositate. Il decorso postoperatorio è stato regolare, il drenaggio è stato rimosso in 3a giornata in assenza di tributo e il paziente è stato dimesso in 4a giornata. La diagnosi istologica ha dimostrato un carcinoma renale parenchimale grado 1 di Fuhrman con margini di exeresi liberi da neoplasia. Una prima ecografia addominale di controllo a 2 mesi dall’intervento è risultata regolare. Conclusioni: La chirurgia laparoscopica conservativa delle piccole masse renali viene annoverata tra gli interventi laparoscopici più impegnativi, e dovrebbe essere affrontata dopo un sufficiente training, avendo a disposizione varie soluzioni tecniche per far fronte a diverse difficoltà ed eseguire l’intervento in maniera oncologicamente corretta. SURRENALECTOMIA LAPAROSCOPICA RETROPERITONEALE. TECNICA M. Amenta, L. Aresu, F. Maritati, M. Occhipinti, S. Grosso, G. Grosso U.O di Urologia, Clinica “Dott. Pederzoli” P.O. ASL 22, Peschiera del Garda (VR) Introduzione: La laparoscopia ha rivoluzionato la terapia chirurgica delle patologie surrenaliche. La metodica laparoscopica ha consentito la riduzione della morbilità perioperatoria caratteristica dei tradizionali approcci chirurgici. La magnificazione dell’immagine in laparoscopia rende inoltre possibile l’identificazione dei singoli rami venosi surrenalici con ovvi vantaggi in caso di neoformazioni secernenti (feocromocitoma). La surrenalectomia destra presenta maggiori difficoltà in relazione alla suo stretto rapporto anatomico con la vena cava. Materiali e Metodi: Dal 1999 ad oggi abbiamo eseguito complessivamente 51 surrenalectomie laparoscopiche (27 a destra); 49 sono state condotte per via retroperitoneoscopica, 2 pazienti con massa surrenalica sinistra di 9 e 11 cm sono stati sottoposti ad intervento laparoscopico con accesso transperitoneale. Nel video presentiamo i passaggi salienti dell’intervento eseguito con accesso retroperitoneale: 1) posizionamento di 4 trocars operativi; 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 2) isolamento e lussazione del polo renale superiore; 3) sezione della commissura reno-surrenalica con bisturi armonico; 4) controllo dei rami venosi maggiori con clips; 5) rimozione dell’organo in endobag. Risultati: Il tempo medio dell’intervento è di 50 minuti. Le perdite ematiche sono comprese tra 50 e 200 cc. Tra le complicanze segnaliamo 3 casi di ematoma della loggia surrenalica occorsi nell’immediato postoperatorio tutti trattati con terapia conservativa. La dimissione è avvenuta per tutti i pazienti fra la 3a 3 la 5a giornata p.o. Conclusioni: Consideriamo la surrenalectomia laparoscopica retroperitoneale un intervento di media difficoltà. Palesi i vantaggi in termini di riduzione della morbilità e della degenza ospedaliera. deva necessaria una porta aggiuntiva. Risultati: Il tempo chirurgico è stato di circa 4 ore, le perdite ematiche minime e la degenza di tre giorni. Non ci sono state complicanze perioperatorie. L’esame istologico definitivo ha evidenziato un Ancient Schwannoma di 10 x 9 x 7 cm di dimensioni, notevolmente superiori a quelle stimate preoperatoriamente. Conclusioni: In mani esperte, anche masse surrenaliche di grandi dimensioni possono essere trattate con successo. Sfortunatamente non sempre le immagini radiologiche forniscono una corretta informazione sui diametri, che spesso vengono sottostimati. Molti chirurghi considerano la surrenalectomia laparoscopica un’indicazione semplice; ciononostante questa è spesso molto insidiosa e solo una buona esperienza ed una buona preparazione dello strumentario fanno la differenza in termini di risultati. SURRENALECTOMIA LAPAROSCOPICA PER VOLUMINOSO ANCIENT SCHWANNOMA RETROPERITONEALE: CASE REPORT S. Micali1, F. Annino1, A. Cestari2, G. Peluso1, A. Celia3, S. De Stefani1, G. Guazzoni2, G. Bianchi1 1 Clinica di Urologia, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena; 2Clinica di Urologia, Ospedale San Raffaele Turro, Università Vita Salute, Milano; 3 Urologia, Ospedale di Bassano del Grappa NEFRECTOMIA RADICALE SINISTRA LAPAROSCOPICA PER CARCINOMA RENALE CON TROMBO NEOPLASTICO NELLA VENA RENALE F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, C. Cracco, C. Terrone, F. Ragni, M. Poggio, R.M. Scarpa Università degli studi di Torino, Facoltà di Medicina e Chirurgia. A.S.O. San Luigi Orbassano (TO), Divisione Universitaria di Urologia Introduzione ed obiettivi: Gli Schwannomi sono tumori insorgenti nel retroperitoneo che si localizzano frequentemente in prossimità della ghiandola surrenalica. In questo video presentiamo la nostra tecnica per l’asportazione di una voluminosa massa tumorale del surrene. Materiali e Metodi: Ad un uomo di 66 anni veniva riscontrato un incidentaloma surrenalico destro mediante studio TC dell’addome. La massa presentava diametro maggiore a 6 cm e dato l’elevato rischio di malignità correlato con queste dimensioni, il paziente veniva indirizzato all’intervento chirurgico. Uno studio metabolico dimostrava trattarsi di una massa non secernente. Si eseguiva surrenalectomia laparoscopica transperitoneale con decorso peri-operatorio regolare. L’accesso transperitoneale veniva eseguito con un totale di 5 porte, una per l’ottica e 4 operative posizionate sotto visione diretta. Inciso il peritoneo posteriore sottoepatico a delimitare la massa, a causa delle notevoli dimensioni della stessa, si ren- Introduzione: La nefrectomia radicale laparosopica è oggi il trattamento standard per il carcinoma a cellule renale in stadio clinico T1-2 N0. Per gli esperti in laparoscopia che aderiscono ai principi oncologici della chirurgia aperta; la nefrectomia radicale laparoscopica può essere presa, anche, in considerazione per il trattamento di tumori voluminosi o localmente avanzati. Riportiamo la tecnica di nefrectomia radicale laparoscopica sinistra per carcinoma renale localmente avanzato con trombo neoplastico nella vena renale. Materiali: Dopo aver introdotto 5 Trocar, si visualizzano il IV segmento del duodeno, la prima ansa digiunale e la vena mesenterica inferiore. Il legamento duodeno-peritoneale viene inciso, rendendo visibile il legamento del Treitz che verrà successivamente sezionato. La vena mesenterica inferiore viene dislocata verso l’alto e il peritoneo pre-aortico viene inciso. Si esegue accurata dissezione del tessuArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 29 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia to linfatico periaortico con la punta smussa dell’aspiratore esponendo così la parete anteriore e laterale dell’aorta. Con la punta della pinza di Johan viene sollevata la vena renale e l’arteria renale viene dissecata attentamente alla sua emergenza e legata con Hem-o-lock®. Si prosegue con l’incisione del peritoneo lungo la linea di Toldt, il legamento freno-colico e il legamento spleno-parietale. Vengono medializzate milza, coda del pancreas, flessura lienale e colon discendente. La fascia di Gerota viene esposta evidenziando così il peduncolo renale. La vena renale viene isolata e dissecata medialmente. La vene gonadica e surrenalica vengono legate con clip e sezionate. L’arteria renale e la vena renale, dopo essere state legate con Hem-o-lock® vengono quindi sezionate. La procedura continua con la dissezione della fascia di Gerota comprendendo il tessuto linfonodale pre e latero aortico. L’uretere viene sezionato e la faccia posteriore della fascia di Gerota dissecata. I legamenti surreno-diaframmatici vengono sezionati con Endo-GIA. La loggia renale e i linfonodi vengono asportati en block dal pilastro diaframmatico fino all’arteria mesenterica inferiore. Risultati: L’ istologico ha evidenziato un carcinoma a cellule chiare di diametro 13 cm, di 850 g e stadio pT3bN2M0G4 con trombosi della vena renale. Conclusioni: Riteniamo che questa tecnica duplichi fedelmente i principi della chirurgia oncologica renale che per anni hanno guidati la chirurgia aperta. PVP STANDARD VERSUS PVP-VIT NEL TRATTAMENTO DI ADENOMI PROSTATICI VOLUMINOSI S. Biscioni, M. Gavazzi, F. Rubino U.O. Urologia, Prato Introduzione: Il laser KTP ad alta potenza (80 W) è utilizzato nel trattamento dell’IPB da pochi anni. La tecnica, nota come PVP (Photoselective Vaporization of the Prostate), permette la vaporizzazione di adenomi inferiori a 50 g con buoni risultati. La possibilità di estendere il trattamento ad adenomi voluminosi consente di estendere le indicazioni all’intervento ad una casistica più ampia. A tal proposito può essere usata la tecnica ablativa PVP-VIT (Vaporization Incision Technique) proposta da Alexis Te (Alexis Te et al., 2005). 30 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Materiali e Metodi: La nostra casistica relativa a pazienti trattati con PVP-standard globalmente è di 156. Sono inoltre stati effettuati un numero limitato (8 pazienti) di casi di PVPVIT. L’età media dei pazienti è di 74 anni (range 49-92). In tutti i casi abbiamo eseguito PSA, ER ed eventuale agobiopsia prostatica. Il volume prostatico è stato misurato con la formula dell’ellissoide. Sono stati valutati preoperatoriamente anche il questionario I-PSS, qualità di vita (QoL), uroflussometria con valutazione ecografica del residuo post-minzionale. Gli esami sono stati ripetuti a 2, 3, 6 mesi dalla data dell’intervento in un campione di 30 pazienti. Nella valutazione sono stati presi in considerazione la durata dell’intervento e la quantità di energia utilizzata. La tecnica PVP-standard è stata eseguita secondo la modalità descritta inizialmente dal Prof. Malek. La PVP-VIT secondo Alexis Te prevede invece i seguenti tempi operativi: a) incisione mediana attraverso il lobo medio prostatico in modo da creare un solco che raggiunge, in profondità, la capsula chirurgica che rappresenta la linea di riferimento per l’esecuzione dei tempi successivi; b) creazione di due solchi ai lati del lobo medio che raggiungono la prossimità degli osti ureterali; il tessuto così demarcato viene vaporizzato; c) la stessa procedura viene eseguita controlateralmente; d) allo stesso modo si procede per i lobi laterali incidendo a ore 11 (lobo destro) e ad ore 1 (lobo sinistro) e si vaporizza il tessuto fino al veru montanum rispettando lo sfintere striato e i dotti eiaculatori. L’intervento viene completato dal trattamento del tetto uretrale. Si posiziona un catetere Dufour 22Ch a tre vie che viene rimosso il mattino seguente. Risultati: I pazienti trattati con PVP-standard e con PVP-VIT sono stati dimessi entro le 24 ore senza catetere e con urine chiare o rosate. La tecnica PVP-VIT dimostra una riduzione dei tempi operativi rispetto alla tecnica standard per il trattamento di adenomi voluminosi. Il limite della metodica è costituito solo dalla visibilità endoscopica del tessuto prostatico da trattare e da una maggior esperienza dell’operatore. Conclusioni: La PVP standard è una metodica che si sta proponendo come il nuovo “gold standard” dei trattamenti mininvasivi della 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia IPB. La PVP-VIT è una tecnica che può essere attuata con sicurezza da chi ha già una esperienza di chirurgia laser. Risulta più rapida rispetto alla PVP-standard mantenendone l’efficacia ed i risultati favorevoli. Per una valutazione conclusiva è però necessaria una più vasta casistica ed un lungo follow-up. PERIGEE: CORREZIONE DEI DIFETTI DELLA PARETE VAGINALE ANTERIORE CON APPROCCIO TRANSOTTURATORIO M. Simonazzi, S. Meli, P. Cortellini U.O. di Urologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Introduzione: In questo video mostriamo il dispositivo Perigee, studiato per correggere con intervento miniinvasivo il cistocele, centrale, laterale o misto. Materiali e Metodi: Il dispositivo è composto da 4 introduttori elicoidali con angolature differenziate a cui vengono agganciate le braccia delle mesh. La mesh in polipropilene monofilamento macroporo è adattabile all’anatomia di ogni paziente e si compone di una parte centrale che funge da supporto del prolasso e da 4 braccia laterali di ancoraggio rivestite da una guaina di plastica. Dopo applicazione di catetere vescicale si effettua l’incisione vaginale e si procede allo scollamento della vescica dalla vagina in direzione laterale verso il ramo ischio pubico. I punti di ingresso dell’ago sono: superiormente lungo una linea immaginaria a livello del clitoride in corrispondenza della piega inguino crurale; inferiormente gli accessi sono 3 cm al di sotto e 2 cm lateralmente a quelli superiori. È richiesta solo una piccola dissezione nel punti di ingresso dell’ago. Occorre inserire per primo l’ago superiore con un angolo di inclinazione di 45° rispetto alla linea mediana della paziente. Gli aghi inferiori vanno inseriti in modo che la punta si diriga verso la spina ischiatica, infatti il punto di uscita è situato lungo la linea bianca a 2 cm dalla spina ischiatica. A questo punto le 4 braccia della mesh possono essere tirate al fine di posizionare la parte centrale della banderilla al di sotto del cistocele, senza esercitare una eccessiva tensione. Si possono così rimuovere gli introduttori di plastica della braccia, la cui parte eccedente viene tagliata. Si procede, quindi, alla sutura della incisione vaginale. Conclusioni: L’approccio transutturatorio ridu- ce il rischio di lesioni vascolari e vescicali. La mesh è adattabile. Gli aghi elicoidali permettono di applicare le braccia della bandella senza dover procedere ad una dissezione profonda, minimizzano il passaggio “alla cieca” ed infine il danno arrecato al muscolo coccigeo è praticamente irrilevante. Infine i tempi di intervento sono di breve durata e la dimissione della paziente avviene il giorno successivo. L’“ACCESSO” IDEALE AL CALICE NELLE PROCEDURE PERCUTANEE: PROPOSTA METODOLOGICA A. Frattini, S. Ferretti, P. Salsi, F. Dinale, P. Cortellini Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma Introduzione: Uno dei principali rischi di complicanze emorragiche, legato all’effettuazione di procedure percutanee è l’incongruo accesso al calice. La classica puntura sotto controllo fluoroscopico biplanare permette un accesso sufficientemente preciso ma non dà la certezza assoluta di aver “centrato” esattamente la papilla; la puntura eco-guidata identifica meglio la papilla, tuttavia non sempre consente di mantenersi lungo una ipotetica linea avascolare. Materiali e Metodi: Presso la nostra Unità Operativa, sfruttando la posizione supina, abbiamo provato una metodica di puntura Rx- e video-guidata, mediante l’utilizzo di ureterorenoscopio flessibile inserito per via retrograda in sostituzione al solito catetere ureterale/mono J. Nel video viene illustrata la procedura. Conclusione: Con tale tecnica, abbiamo notato che spesso, a fronte di un’immagine radiologica che depone per un accesso congruo, l’immagine endoscopica rivela che l’ago è penetrato in posizione non perfettamente assiale rispetto al calice, più raramente, a fronte di un accesso apparentemente sbagliato l’ago risulta in una posizione corretta. L’attuale casistica (7 pazienti) è troppo esigua per trarre conclusioni definitive; ma poiché tuttavia la durata delle procedure non risulta significativamente allungata e comunque la possibilità di gestire la via escretrice per via anterograda e retrograda contemporaneamente conferisce indubbi vantaggi, riteniamo che tale metodica possa avere uno spazio; il limite è legato all’effettuazione di PCNL in posizione supina, tecnica non ancora particolarmente diffusa. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 31 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia GLI APPROCCI ENDOUROLOGICI ALLA CISTI PIELOGENA F. Nigro, P. Ferrarese, G. Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, E. Scremin, A. Tasca U.O. di Urologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza Introduzione e Obiettivi: L’approccio mini-invasivo al trattamento della cisti pielogena può essere condotto per via percutanea, ureterorenoscopica o laparoscopica. Metodi: Il video descrive i diversi trattamenti percutaneo (con approccio diretto alla camera diverticolare o indiretto attraverso il calice inferiore utilizzando uno strumento flessibile), ureterorenoscopico e laparoscopico - di cisti pielogene, talora contenenti calcoli, ed illustra i criteri per la scelta dello specifico approccio. Le indicazioni elettive espresse dai casi presentati appaiono, per il trattamento percutaneo a) diretto: camera diverticolare di media entità del versante posteriore del sistema collettore del rene contenente calcoli; b) indiretto: camera diverticolare piccola, non raggiungibile per via transuretrale e/o contenente una rilevante massa calcare; per il trattamento ureterorenoscopico flessibile transuretrale: piccolo diverticolo di un sistema collettore compiacente e raggiungibile con l’ureterorenoscopio flessibile; per il trattamento laparoscopico: camere diverticolari ampie, rivestite di parenchima sottile. Risultati: Le procedure sono state prive di complicanze ed efficaci nei casi riportati. Una relativa riduzione volumetrica ed un valido drenaggio è stato evidente all’urografia di controllo a 3 mesi in quelli trattati con PCN o mediante ureterorenoscopia. Lo studio radiologico a 2 mesi ha confermato l’assenza di cisti pielogena nel caso trattato laparoscopicamente. Conclusioni: L’approccio mini-invasivo alla cisti pielogena si è dimostrato sicuro ed efficace (percentuale di successo: 81%), restando influenzato da correttezza dell’indicazione ed esperienza dell’operatore. INCISIONE RETROGRADA LASER SU CATETERE A PALLONCINO DI STENOSI DELL’ANASTOMOSI URETERO-ILEALE NELLE DERIVAZIONI URINARIE N. Proscia, G. de Rienzo, I. Martines, V. Pagliarulo, I. Intermite, A. Pagliarulo Università degli Studi di Bari – D.E.T.O. – Sezione di Urologia, Bari 32 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Obiettivo: Gold standard del trattamento delle stenosi uretero-ileali è il reimpianto ureterale, procedura difficoltosa e a rischio di devascolarizzazione del moncone da reimpiantare con successiva ristenosi. Le procedure endoscopiche hanno recentemente rimpiazzato largamente gli interventi a cielo aperto in tutte le patologie ureterali. Non esistono molti report in letteratura sul loro impiego nella condizione da noi considerata. Scopo del nostro lavoro è stato valutare la fattibilità in day surgery dell’incisione per via retrograda con Holmium laser dell’anastomosi uretero-ileale, agevolata dall’impiego di un palloncino gonfiato a monte della stenosi. Materiale e Metodi: Previo posizionamento di una guida metallica 0,035 per via retrograda, è stato introdotto un catetere vascolare a palloncino tipo Fogarty 6 Fr a monte della stenosi. È stato gonfiato il palloncino a 12 Fr, applicandovi una delicata trazione in senso anterogrado, per invaginare l’anastomosi stenotica all’interno del condotto ileale. È stata quindi incisa la stenosi a ore 7 fino ad ottenere la completa retrazione del palloncino gonfio nel condotto ileale. Abbiamo lasciato in sede un cateterino ureterale 7 Fr, rimosso dopo 6 settimane. Abbiamo valutato l’assenza di idronefrosi a 3 e 6 mesi mediante ecografia. Risultati: A tre e sei mesi non è stata riscontrata idroureteronefrosi. Discussione: La procedura endoscopica descritta è stata eseguita con successo in Day Surgery. Lo step più lungo è stato la repertazione del meato stenotico. Abbiamo preferito l’Holmium laser come fonte di energia per l’incisione nell’ipotesi che l’effetto di vaporizzazione tissutale e il minimo danno termico che questo laser comporta minimizzino il rischio di stenosi secondaria. I risultati ottenuti premierebbero questa scelta. Queste proprietà mancano ad un elettrocauterio. L’incisione a lama fredda mima la uretrotomia, ma il sanguinamento peggiora la visibilità durante la procedura e richiede elettrocoagulazione con rischio di stenosi secondaria. Abbiamo eseguito questa procedura esclusivamente per via retrograda. Un limite a questo accesso potrebbe essere la difficoltà del reperimento del meato, non l’entità della stenosi. Tuttavia, una standardizzazione della tecnica di anastomosi relativa anche alla topografia della stessa ha permesso all’operatore un rapido orientamento all’interno del condotto ileale. L’impiego di un catetere a palloncino ha 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia consentito di verificare che al termine della procedura la stenosi fosse dilatata al calibro desiderato, e di eseguire l’incisione con la sicurezza di non ledere anse intestinali vicine. Per lo stesso motivo l’incisione a ore 7 ci sembra la sede più sicura nell’evitare strutture vascolari. Sebbene in letteratura sia frequentemente riportato che il miglior successo con le procedure endoscopiche viene ottenuto su stenosi ≤ 2 cm. Conclusioni: L’incisione laser per via retrograda della stenosi ureteroileale è fattibile, sicura, efficace a breve termine, ed eseguibile in day surgery. TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DI SOSPETTO TUMORE RECIDIVO DELL’URETERE D. Sblendorio, R. Piccinni, A. Callea, B. Berardi, V. Zizzi, A. Tempesta, F. Gala, A. Cafarelli, A. Traficante U.O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale Di Venere, AUSL BA/4, Bari Introduzione e Obiettivi: La nefroureterectomia è il trattamento d’elezione delle neoplasie uroteliali (TCC) della pelvi renale e dell’uretere, ma in casi selezionati (pazienti monorene, neoplasie bilaterali, di basso grado e stadio) è possibile un trattamento endourologico conservativo. Metodi: In 7 anni abbiamo eseguito 99 ureterorenoscopie diagnostiche e operative in 44 pazienti (52 unità renoureterali) per sospetto TCC della pelvi o dell’uretere; in 27 di essi è stata effettuata una ureteroscopia con prelievo bioptico e fotocoagulazione laser della neoplasia; in 17 pazienti è stata effettuata solo una ureteroscopia diagnostica. Risultati: Quindici pazienti (20 unità renoureterali) sono stati sottoposti a biopsia a freddo e a fotocoagulazione laser transureteroscopica, 6 di questi hanno manifestato recidive di basso grado ed hanno richiesto mediamente 1,7 procedure/unità renoureterale, ma ad un follow-up medio di 31,7 mesi sono liberi da recidiva; 3 pazienti hanno manifestato recidive di alto grado e sono stati avviati a nefroureterectomia. Il tasso complessivo di recidiva è stato, in questi casi, del 75%; in 8 pazienti sottoposti a ureteroscopia per sospetto TCC la biopsia transureteroscopica è risultata negativa. Nel video è mostrata una di queste proce- dure che ha consentito di risparmiare una unità renoureterale. Sempre in questi 7 anni abbiamo eseguito per TCC della pelvi o dell’uretere 33 nefroureterectomie, in 19 delle quali abbiamo effettuato preventivamente la disinserzione endoscopica del meato ureterale. Conclusioni: Secondo una recente revisione della letteratura (Bagley DH, 2005) il trattamento conservativo transureteroscopico dei TCC comporta un tasso di recidive del 3165% con disease free rate del 35-86% e tassi di progressione e di metastatizzazione bassi, correlati al grading del tumore. L’ablazione ureteroscopica di un TCC di basso stadio e grado (G1-2) sembra un trattamento valido anche in pazienti con reni controlaterali normali (Tolley DA, 2004). Una eventuale terapia adiuvante topica con mitomicina e BCG sembra essere ben tollerata ed efficace (Gupta M, 2004). CRIOABLAZIONE LAPAROSCOPICA DI NEOPLASIE RENALI (CLNR): ESPERIENZA DOPO 70 PROCEDURE A. Cestari, G. Guazzoni, R. Naspro, T. Maga, V. Dell'Acqua, L. Nava, P. Rigatti Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele, Turro, Milano Introduzione: In casi selezionati, la crioablazione laparoscopica di piccole neoformazioni renali si prefigge l'obiettivo di ottenere gli stessi risultati oncologici della chirurgia "nephron sparing", offrendo i vantaggi tipici della chirurgia minimamente invasiva e non richiedendo il clampaggio del peduncolo renale. Materiali e Metodi: Presso il nostro Istituto, dal Settembre 2000 al Settembre 2005, 70 pazienti (età media 63.2 anni, 54 maschi - 16 femmine) sono stati sottoposti a CLNR per lesioni renali documentate mediante TAC o RMN. Il diametro medio delle lesioni era 23.7 mm (range 10-60 mm). In accordo con la posizione delle lesioni, in 42 casi l'intervento è stato condotto con approccio transperitoneale e nei rimanenti 28 casi con approccio retroperitoneoscopico. Risultati: Tutti gli interventi sono stati eseguiti per via laparoscopica, eccetto un caso di conversione a cielo aperto. Il tempo chirurgico medio è stato di 181,36 min. con perdite ematiche intraoperatorie medie di 164.2 cc (range 20-900 cc). Il diametro medio dell' "ice ball" valutato intraoperatoriamente per via ecografica era di Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 33 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 49.4 mm. La valutazione istopatologica delle biopsie delle lesioni eseguite durante l'intervento ha documentato la presenza di carcinoma a cellule renali in 48 casi, 12 casi di oncocitoma, 5 casi di angiomiolipoma e 5 casi "indefiniti". La degenza postoperatoria è stata mediamente di 4.54 giorni (range 2-10) mentre le complicanze comprendono 6 casi di iperpiressia transitoria, 2 casi di ematoma perirenale, 1 caso di edema polmonare, 6 cases of anemizzazione e 1 caso ematuria macroscopica, tutti trattati in modo conservativo. Le complicanze tardive comprendono un caso di ostruzione del giunto pielo-ureterale che ha richiesto una pieloplastica 8 mesi dopo l'intervento e un caso di esplorativa renale un anno dopo l'intervento per sospetta recidiva locale di neoplasia renale. La valutazione con RMN in prima giornata postoperatoria ha documentato una lesione crioindotta di 48.72 mm di diametro medio. Una progressiva riduzione nel tempo delle dimensioni della lesione è stata osservata in tutti i pazienti e dopo 24 mesi è evidenziabile unicamente una cicatrice renale che si mantiene stabile nel tempo. Le biopsie percutanee TAC o Eco guidate delle lesioni a 6 mesi di follow-up hanno documentato l'assenza di tessuto neoplastico vitale ma solo fibrosi. In 21 pazienti le biopsie non sono state eseguite, in 17 casi per l'istologia favoveravole e in 4 casi per rischio di lesioni di organi intraaddominali durante la procedura. Conclusioni: La CLNR in caso di neoplasie renali di piccole dimensioni si conferma un intervento riproducibile, efficace e minimamente invasivo. Il follow-up della nostra serie è incoraggiante anche se è necessario un più prolungato follow-up e ulteriori studi per confermare appieno il ruolo di questa tecnica chirurgica come opzione terapeutica di scelta per il trattamento delle piccole neoplasie renali. L’UTILIZZO DELLA COLLA DI FIBRINA AUTOLOGA PER L’EMOSTASI NELLA NEFRECTOMIA PARZIALE VIDEOLAPAROSCOPICA L. Schips, S. Gidaro, O. Dalpiaz, K. Lipsky, P. Petritsch, R. Zigeuner Clinica Urologica, Università di Graz (Austria) Introduzione ed Obiettivi: Presentiamo una metodica che utilizza una colla di fibrina autologa per l’emostasi durante la nefrectomia parziale laparoscopica. 34 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Metodi: Un uomo di 61 anni con incidentaloma renale di 3 cm al polo inferiore destro viene sottoposto a nefrectomia parziale videolaparoscopica transperitoneale. All’induzione dell’anestesia vengono prelevati 80 ml di sangue per la preparazione della colla autologa con il sistema Vivostat® ottenendo circa 5 ml di colla autologa. Il paziente viene posizionato sul fianco sinistro. L’intervento viene eseguito con 3 trocars da 10mm e 1 trocar da 5 mm. Con un dissettore ad ultrasuoni viene inciso il peritoneo mobilizzando la flessura destra del colon. Si procede alla mobilizzazione del rene fino all’ilo renale preparando il peduncolo. L’arteria renale viene clampata usando una “bulldog”. La precisa dissezione della massa viene eseguita con le forbici su parenchima macroscopicamente sano. L’emostasi viene dapprima eseguita con coagulatore bipolare. Successivamente una sutura ad U con monofilamento atraumatico assorbibile 2/0 viene fissata su entrambe i lati con clip riassorbibili. La bulldog viene rimossa dopo 23 minuti di ischemia calda. La zona viene ricoperta con colla di fibrina utilizzando il sistema Vivostat® nebulizzata omogeneamente con un applicatore laparoscopico. La massa viene quindi estratta con Endobag. Risultati: Non si sono verificate complicanze intra e postoperatorie. L’emostasi è stata raggiunta in 2 minuti dall’applicazione della colla. Il paziente è stato dimesso senza complicanze in quarta giornata postoperatoria. L’esame istologico ha documentato un carcinoma renale a cellule chiare G2 di stadio pT1a. I margini di resezione sono risultati negativi. Conclusioni: Il sistema Vivostat® permette di ottenere un’emostasi efficace durante la nefrectomia parziale laparoscopica. L’USO DELLE COLLE NELLA CHIURURGIA LAPAROSCOPICA“NEPHRON SPARING”: “SURVEY” EUROPEA A. Celia1, G. Guazzoni2, V. Pansadoro3, V. Disanto4, F. Porpiglia5, P. Fornara6, C.C. Abbou7, G. Janetschek8, N.A. Soomro9, C. Milani10, A. Breda11, P.G. Schulam11, J. de la Rosette12, M.P. Laguna12, G. Breda1 1 Department of Urology, Bassano del Grappa; 2 Department of Urology, San Raffaele Hospital,Milan; 3 Department of Urology, Vincenzo Pansadoro Foundation, Rome; 4Department of Urology, Acquaviva delle Fonti, Bari; 5Department of Urology, San Luig 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Hospital, Turin; 6Department of Urology, MartinLuther-University Halle-Wittenberg; 7Department of Urology, Henri Mondor Hospital, Creteil; 8Department of Urology, Elisabethinen Hospital, Linz; 9Department of Urology, The Freeman Hospital, High Heaton, Newcastle; 10Department of Urology, Hospital San Antonio, Padova; 11Department of Urology David Geffen School of Medicine at UCLA; 12Department of Urology, AMC University Hospital, Amsterdam Introduzione: La chirurgia laparoscopica “nephron sparing” (LNSS) sta trasformandosi in un’opzione attraente per il trattamento dei tumori renali di piccolo volume, ma essa si presenta tecnicamente come una sfida. Molti centri propongono l’uso delle colle per ridurre le complicanze principali come l’emorragia e la perdita urinosa, pochi sono gli studi disponibili sul loro uso sistematico. Materiale e Metodi: Un questionario è stato inviato via e-mail a 20 Centri urologici europei di eccellenza in chirurgia laparoscopica. Il questionario indagava sull’uso delle colle emostatiche e/o sigillanti con eventuale sutura standard durante LNSS; inoltre sono state indagate le indicazioni e le complicanze relative alla procedura. Risultati: 451 procedure di LNSS sono state eseguite nei 9 centri mediante accesso extraperitoneale o transperitoneale. Il diametro medio del tumore era di 3,2 centimetri. Le colle e/o sigillanti sono state utilizzate nel 94% dei casi (424/451) ed i tipi erano: Floseal, Tissucol, Glubran e BioGlue. Un centro ha usato solo la sutura standard, un secondo centro solo le colle e 7 centri hanno usato una combinazione dei due. In 13/451 casi (2.8%) è stata necessaria una conversione open della procedura. Le complicanze postoperatorie erano rappresentate da sanguinamento in 11/451 casi (2.4%) e fughe urinose in 9/451 casi (1.9%). Nessun caso di tumor seeding è stato riportato. Conclusioni: Questa survey dimostra che l’uso delle colle in LNSS è molto diffusa nei centri europei. L’uso combinato delle colle con la sutura standard potrebbe ridurre i casi di complicanze, di emorragia e di fuga urinosa, tipiche di questa chirurgia. Inoltre nei 424 casi in cui sono state usate le colle biologiche non si sono manifestate complicanze di tipo oncologico, a dimostrazione che il loro uso può essere considerato sicuro sotto questo profilo. NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA: ESPERIENZA MULTICENTRICA ITALIANA A. Celia1, G. Guazzoni2, V. Pansadoro3, V. Disanto4, F. Porpiglia5, C. Milani6, G. Breda1 1 Department of Urology, Bassano del Grappa; 2 Department of Urology, San Raffaele Hospital, Milan; 3 Department of Urology, Vincenzo Pansadoro Foundation, Rome; 4Department of Urology, Acquaviva delle Fonti, Bari; 5Department of Urology, San Luig Hospital, Turin; 6Department of Urology, Hospital San Antonio, Padova Introduzione: La Nefrectomia Parziale Laparoscopica (LPN) è una promettente opzione chirurgica per il trattamento delle neoplasie renali di piccolo volume, tuttavia presenta particolari difficoltà tecniche. L’emorragia e la perdita urinosa rappresentano le complicanze principali di questa procedura. Presentiamo un’esperienza italiana multicentrica della LPN. Materiali e Metodi: Un questionario è stato inviato via e-mail in 6 Centri Urologici Italiani di eccellenza nella Chirurgia Laparoscopica. Il questionario indagava le indicazioni, la tecnica chirurgica, l’uso delle colle, le complicanze ed il follow-up nella NPL. L’e-mail era composta da una lettera introduttiva e da 6 pagine del questionario. Risultati: Nei 6 centri sono stati eseguiti 163 interventi di LPN. Il diametro medio delle neoplasie era di 2,8 cm: 136 (84%) lesioni esofitiche e 27 (16%) lesioni centrali. È stata utilizzata in tutti i casi una protezione della funzione renale utilizzando Mannitolo, Lasix, e in un centro Fenoldopam. Due centri hanno utilizzato l’ecografica intraoperatoria per la localizzazione delle lesioni. Il clampaggio dell’ilo renale è stato eseguito in 146 casi (89,5%): in 97 casi (66,5%) clampando solo l’arteria e in 49 casi (33,5%) clampando unitamente l’arteria e la vena renale. Il tempo ischemico medio era < di 30 minuti in 4 centri e tra 30 e 60 minuti nei 2 centri rimanenti. La resezione della neoplasia è stata eseguita con le forbici nella maggior parte dei centri e due di essi hanno utilizzato saltuariamente il bisturi ad ultrasuoni. Due centri hanno utilizzato routinariamente la cateterizzazione ureterale preoperatoria per verificare l’eventuale fuga urinosa durante la procedura chirurgica. In tutti i centri sono state utilizzate le colle emostatiche e/o sigillanti per l’emostasi del parenchima (Glubran, Tissucol, Floseal) in combinazione con la sutura standard del parenchima. In 11/163 casi Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 35 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia (6,7%) è stata necessaria una conversione della procedura in open. Le complicanze postoperatorie sono stati il sanguinamento in 3/163 casi (1,8%) e la fuga urinosa in 2/163 casi (1,2%). La sopravvivenza libera da malattia a 3 anni era del 100% in 162 casi. Non è stato riportato nessun caso di tumor seeding. Conclusioni: I risultati emersi da questa survey sono molto buoni e in linea con l’esperienza della chirurgia a cielo aperto. La casistica e il follow-up sono tuttavia ancora esigui, la procedura è tuttora limitata a pochi Centri “esperti”. IL PRELIEVO LAPAROSCOPICO DI RENE DA DONATORE VIVENTE PER TRAPIANTO ESEGUITO CON TECNICA GAS-LESS L. Repetto, G. Pasquale, G.na Cucchiarale, U. Ferrando S.C.O. di Urologia, Az.O “San Giovanni Battista” di Torino (Molinette) Dati provenienti dal registro dell’United Network for Organ Sharing (USA) indicano che sia la durata del rene trapiantato, sia la sopravvivenza dei pazienti trapiantati con organo proveniente da donatore vivente risultano maggiori rispetto a quelle dei pazienti che hanno ricevuto il rene da donatore cadavere. Il prelievo laparoscopico di rene aggiunge significativi vantaggi alla donazione di rene da vivente. La pressione positiva intraddominale (pari a 12 mmHg) si applica e si mantiene durante il prelievo laparoscopico. L’aumento delle resistenze polmonari, il diminuito ritorno venoso, l’assorbimento della Co2 l’oliguria sono gli effetti collaterali più noti che si osservano nel mantenimento delle pressione positiva. Da circa un anno e mezzo attuiamo il prelievo laparoscopico di rene da donatore vivente eseguito con tecnica gas-less. Materiali e Metodi: Preleviamo di preferenza il rene sinistro per motivi d’ordine anatomico in previsione del trapianto vero e proprio. La vena renale è più lunga che a destra e il fegato non nasconde parte del campo operatorio. Abbiamo comunque esperienza anche nel prelievo di rene destro. Posizioniamo il primo trocar in addome (ottica) con tecnica open-laparoscopy e dopo alcune manovre di sicurezza posizioniamo l’elevatore di parete in sede sottocostale sulla linea ascellare anteriore. L’incisione necessaria per introdurre l’elevatore di parete è pari a 10-15 mm. La via d’aggres- 36 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 sione al rene è rigorosamente trans-peritoneale. Dopo aver scollato la doccia parieto-colica evidenziamo il retro peritoneo con la fascia di Gerota. Esponiamo la vena renale e l’arteria, ambedue sino alla loro congiunzione con la cava e l’aorta. Proseguiamo l’isolamento dell’uretere sino all’incrocio con i vasi iliaci ed oltre. “clampiamo” l’uretere solo distalmente e lo sezioniamo. Posizioniamo in questa sede un trocar da 15 mm ed attraverso lo stesso introduciamo un sacchetto laparoscopico, che apriamo in addome. A questo punto “clampiamo” e sezioniamo, nell’ordine, l’arteria e la vena renale. Così completamente liberato l’organo viene introdotto nel sacchetto ed estratto dall’addome. Collochiamo il rene in ghiaccio e lo consegniamo immediatamente ad una seconda équipe incaricata della preparazione del rene prelevato e del successivo trapianto (che avviene contestualmente nella sala operatoria attigua). Risultati: Dal dicembre 2004 eseguiamo il prelievo di rene da vivente unicamente con tecnica laparoscopica. Sino ad oggi (gennaio 2005) abbiamo eseguito quarantanove prelievi; di questi gli ultimi otto unicamente con tecnica gas-less. LA NEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA ESEGUITA CON TECNICA GAS-LESS L. Repetto, G. Pasquale, G.na Cucchiarale, U. Ferrando S.C.O. di Urologia, Az.O “San Giovanni Battista” di Torino (Molinette) La nefrectomia laparoscopica, nelle indicazioni dovute, apporta significativi vantaggi. La pressione positiva intraddominale (pari a 12 mmHg) si applica e si mantiene durante il prelievo laparoscopico. L’aumento delle resistenze polmonari, il diminuito ritorno venoso, l’assorbimento della Co2 l’oliguria sono gli effetti collaterali più noti che si osservano nel mantenimento delle pressione positiva. Attuiamo la tecnica gas-less nei pazienti dove gli effetti collaterali sopra descritti potrebbero essere causa di complicanze serie. Materiali e metodi: Posizioniamo il primo trocar in addome (ottica) con tecnica open-laparoscopy e dopo alcune manovre di sicurezza posizioniamo l’elevatore di parete in sede sottocostale sulla linea ascellare anteriore. L’incisione necessaria per introdurre l’elevatore 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia di parete è pari a 10-15 mm. La via d’aggressione al rene con tecnica gas-less è rigorosamente trans-peritoneale. Lo spazio esiguo del retro peritoneo impedisce l’applicazione degli elevatori parete attualmente in commercio. Con l’accesso misto (retroperitoneale e transperitoneale) la tecnica è attuabile ma presenta delle riserve che presenteremo in questo lavoro. Dopo aver scollato la doccia parieto-colica evidenziamo il retro peritoneo con la fascia di Gerota. Esponiamo la vena renale e l’arteria, ambedue sino alla loro congiunzione con la cava e l’aorta. Proseguiamo l’isolamento dell’uretere sino a dove c’è l’indicazione. Così completamente liberato l’organo viene introdotto nel sacchetto ed estratto dall’addome. Risultati: Da alcuni anni in casi selezionati applichiamo la tecnica gas-less. I vantaggi per il paziente sono assolutamente evidenti ed a nostro avviso anche per gli operatori. Durante l’anestesia, durante l’intervento ed anche durante il decorso post operatorio. Bisogna, per contro, sottolineare che la procedura Gasless secondo noi è tecnicamente più difficile. RISULTATI DEL TRATTAMENTO CHIRURGICO LAPAROSCOPICO DEL TUMORE RENALE IN 68 PAZIENTI A. Piccinelli, G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Benetti, L. Pasini, P. Graziotti U.O. di Urologia, Istituto Clinico Humanitas, IRCCS, Rozzano (MI) Introduzione: La videolaparoscopia trova applicazione nel trattamento del tumore renale offrendo vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale. Gli autori riportano l’esperienza relativa a 68 pazienti sottoposti a nefrectomia radicale laparoscopica per neoplasia. Materiali e Metodi: Dal Maggio 2002 al Dicembre 2005, 68 pazienti sono stati sottoposti a trattamento chirurgico laparoscopico per neoplasia renale. In 62 casi la stadiazione clinica era T1/2N0M0 mentre 6 pazienti si presentavano metastatici alla diagnosi. Le procedure sono state eseguite per via transperitoneale e la loro durata media è stata di 156 minuti. Il pezzo operatorio è stato rimosso per morcellazione meccanica attraverso una delle porte in 49 casi, in 19 pazienti è stato rimosso integro attraverso una piccola incisione sovrapubica. Risultati: La perdita ematica media è stata di 230 ml, la variazione media di ematocrito è stata di 4.3 punti percentuali, 5 pazienti hanno richiesto emotrasfusioni. Il dosaggio medio di Ketoralac nel postoperatorio è stato 81.3 mg. La degenza postoperatoria media è stata di 3.3 giorni. È stata possibile una corretta stadiazione istopatologica in tutti i casi sottoposti a morcellazione meccanica. Complicanze maggiori: 2 conversioni intraoperatorie per lesioni vascolari ilari, 1 reintervento a cielo aperto per emoperitoneo da sanguinamento di porta d’accesso, 1 reintervento per occlusione intestinale. Non sono state documentate riprese di malattia locale o a distanza al follow-up attuale. Conclusioni: Il trattamento chirurgico laparoscopico del tumore renale consente adeguati risultati oncologici, complicanze contenute, breve degenza postoporatoria in assenza degli inestetismi legati agli accessi chirurgici tradizionali. MORCELLAZIONE VS ESTRAZIONE DEL PEZZO INTEGRO DOPO NEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA: VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SUL DECORSO POSTOPERATORIO E STADIAZIONE PATOLOGICA A. Piccinelli, G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, P. Graziotti U.O. di Urologia, Istituto Clinico Humanitas, IRCCS, Rozzano (MI) Introduzione: Abbiamo valutato l’impatto della modalità di estrazione del pezzo operatorio, integro vs morcellazione, sul decorso postoperatorio e sulla stadiazione patologica in 68 pazienti sottoposti a nefrectomia laparoscopica per cancro. Materiali e Metodi: Dal Maggio 2002 al Dicembre 2005, 68 pazienti sono stati sottoposti a nefrectomia laparoscopica per neoplasia renale. In 19 pazienti (gruppo A) il pezzo è stato rimosso integro attraverso una piccola incisione sovrapubica, in 49 pazienti (gruppo B) il pezzo è stato morcellato meccanicamente con pinza ad anelli in grossi frammenti attraverso una delle porte di accesso preventivamente ampliata di 1 centimetro. Il grasso perirenale ed i frammenti di parenchima sono stati inviati separatamente per esame istologico. Sono stati raccolti retrospettivamente dati relativi a: durata complessiva della procedura, lunghezza dell’incisioni per l’estrazione del pezzo, uso di farmaci antidolorifici, degenza postoperatoria, stadiazione clinica e patologica nei 2 gruppi di pazienti. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 37 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Risultati: La durata complessiva della procedura è stata 193.1 min nel gruppo A e 162.4 min nel gruppo B. La lunghezza media dell’incisione per l’estrazione del pezzo è stata 6.5 cm nel gruppo A e 2 cm nel gruppo B. E’ risultata superiore la quantità di antidolorifici somministrata ai pazienti del gruppo A (dosaggio medio morfina 25 mg vs 20 mg, dosaggio medio ketoralac 70 mg vs 51 mg). La degenza media postoperatoria è stata superiore nel gruppo A (4.5 giorni vs 3.1 giorni). L’esame istopatologico non ha consentito di definire le dimensioni della neoplasia nei pazienti del gruppo B, tuttavia è stato sempre possibile in questi pazienti una corretta definizione della diagnosi istologica, del grading e la valutazione microscopica del grasso perirenale. Dal confronto fra stadiazione clinica e patologica nei 2 gruppi è emerso un upgrading in 2 casi nel gruppo A ed in 1 caso nel gruppo B (da T1/2 a pT3a). Non sono state documentate riprese di malattia locale o a distanza al followup attuale nei due gruppi. Conclusioni: La morcellazione dopo nefrectomia laparoscopica si è dimostrata nella nostra esperienza una metodica sicura che offre indiscutibili vantaggi estetici. Tempi operatori e degenza postoperatoria sono risultati minori nei pazienti sottoposti a morcellazione rispetto a quelli in cui il pezzo è stato estratto integro senza pregiudicare la diagnosi istologica, la definizione del grading e la valutazione microscopica del grasso perirenale. PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA E CONTINENZA V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azzone Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle Fonti (BA) Introduzione: Dopo prostatectomia radicale la continenza si verifica alla rimozione del catetere nel 40% dei pazienti. Salvo recupero nell’arco di alcuni mesi in circa il 90%. Il recupero precoce della continenza è correlato alla modalità di dissezione dell’apice prostatico, alla emostasi del Santorini e alla modalità di esecuzione della anastomosi. Alcune modifiche di tecnica da noi attuate in corso di pro- 38 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 statectomia radiale laparoscopica ci hanno consentito di ottenere una continenza completa alla rimozione del catetere: • emostasi del Santorini senza sezione dei pubo-prostatici; • dissezione accurata dell’apice prostatico prima della sezione dell’uretra; • anastomosi uretro-vescicale con attento risparmio del piano perineale. Materiale e Metodi: Da aprile 2000 al dicembre 2005 abbiamo eseguito 420 prostatectomie radicali laparoscopiche. La continenza completa alla rimozione del catetere è stata del 40%. Dal settembre 2004 al 31 dicembre 2005 abbiamo eseguito 126 prostatectomie radicali laparoscopiche transperitoneali con le modifiche di tecnica su riportate. La continenza immediata alla rimozione del catetere è stata del 67%, a 1 mese 83%, a 3 mesi 86%, a 6 mesi 92% mentre ad 1 anno 98%. Due pazienti incontinenti ad 1 anno avevano subito un precedente intervento chirurgico di turp. Conclusioni: I risultati sono molto buoni e di gran lunga migliori di quelli riportati in letteratura. La valutazione dei dati e della tecnica merita pertanto un’attenta considerazione confortata da una maggiore consistenza numerica dalla casistica. PROSTATECTOMIA RADICALE IN VLS IN PAZIENTI CON PREGERESSA TURP O ADENOMECTOMIA PROSTATICA V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azzone Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle Fonti (BA) Obiettivi: Il presente lavoro vuole riportare le difficoltà e i risultati ottenuti nella nostra esperienza nei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale in VLS transperitoneale, che in precedenza erano stati sottoposti a interevento chirurgico di TURP o adenomectomia prostatica mininvasiva. Materiali e Metodi: Lo studio include dal Gennaio 2004 al Dicembre 2005 numero 20 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale in VLS transperitoneale, di cui 17 precedentemente a TURP e 3 ad adenomectomia prostatica mininvasiva. A tutti i pazienti sono stati 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia posizionati preoperatoriamente i cateterini ureterali. Risultati: Età media dei pazienti 65 aa. 12 pazienti sono risultati PT2aN0Mx, 2PT2cN0Mx e 1 paziente PT3bN0Mx, con valori di psa fra 8 e 4,2 ng/ml, 1 paziente presentava margini di resezione positivi. Nessuno degli interventi è stato convertito in Open Surgery. I tempi operatori sono risultati da 180 a 300”considerando che in tutti i pazienti è stata eseguita la linfadenectomia e la riduzione del collo vescicale con tecnica a racchetta. Le complicanze perioperatorie includono: 5 pazienti alla Rx cistografia presentavano una fistola urinosa dell’anastomosi vescica-uretrale ed è stato necessario eseguire un’infiltrazione di Tissucol, 1 paziente presentava linforrea per alcuni giorni, 2 pazienti sottoposti a trasfusione, 1 paziente deficit motorio arto superiore dx. La continenza alla rimozione del catetere è stata di 13 pazienti continenti, 4 presentavano stress incontinence e 2 pazienti incontinenza totale, 1 paziente ritenzione urinaria. Conclusione: Nella nostra esperienza, la prostatectomia radicale in VLS in pazienti sottoposti precedentemente a intervento chirurgico di TURP o adenomectomia prostatica mininvasiva pur con qualche difficoltà tecnica risulta essere comparabile con pazienti che non hanno subito un precedente interevento chirurgico sulla prostata. IL LEGAMENTO LATERALE DELLA PROSTATA: UNA NUOVA STRUTTURA PUNTO DI REPERE NELLA PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azzone Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle Fonti (BA) La laparoscopia permette una maggiore accuratezza chirurgica grazie all’ingrandimento visivo. Tale vantaggio consente di apprezzare strutture anatomiche che nella chirurgia open sono sottovalutate sia dal punto di vista visivo che nella pratica chirurgica. Abbiamo notato con l’esperienza maturata finora in particolare nella Prostatectomia Radicale Laparoscopica (P.R.L.) (420 interventi eseguiti dal 2000 ad oggi per via intra ed extraperitoneale) che la loggia prostatica contiene elementi anatomici di particolare rilievo: essa appare topograficamente delimitata indietro e sui lati dalla capsula della prostata, in avanti dal pube, in basso dal trigono urogenitale e in altro dai legamenti pubo-prostatici. Mentre queste ultime strutture sono facilmente rilevabili in chirurgia open, il margine laterale della capsula prostatica si presta ad una dissezione più accurata nella P.R.L. Abbiamo così apprezzato la presenza fra la faccia laterale della prostata e il margine mediale del muscolo elevatore dell’ano di un vero e proprio legamento che si forma dalla confluenza di fibre muscolo-tendinee della aponeurosi laterale della prostata, sospendendo quest’ultima a destra e sinistra nella loggia omonima. Questi legamento, da noi denominato legamento laterale della prostata, non trova nei comuni testi anatomici (cfr. Testut Jacob, vol. 3° pag. 115; Chiarugi Bucciante vol. 3 tomo 2 pag. 954) una descrizione autonoma mentre rappresenta nella P.R.L. un vero punto di repere nella dissezione, permettendo l’accesso diretto alla fascia endopelvica in un piano avascolare particolarmente utile nella P.R.L. nerve sparing. Nel video presentiamo alcuni momenti della dissezione e l’importanza topografica della nuova struttura identificata. PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA: ESPERIENZA PRELIMINARE SU 32 CASI W. Artibani1, S. Cavalleri1, M. Iafrate1, F. Dal Moro1, M. Aragona1, A. Cisternino1, V. Ficarra2 1 Istituto di Urologia, Università di Padova; 2Clinica Urologica, Università di Verona Obiettivo: Valutare i risultati relativi alle prostatectomie radicali robot-assistite eseguite nel primo anno di utilizzo del sistema da Vinci. Materiali e Metodi: Nel 2005 abbiamo eseguito 32 prostatectomie radicali robot-assistite. Tutti gli interventi sono stati eseguiti dallo stesso chirurgo. Il paziente è in posizione supina e in Trendelenbourg spinto (45°). Si posizionano 3 trocars per il robot; due laparoscopici da 5 e 12 mm a destra e uno da 5 mm a sinistra. L’intervento è condotto per via transperitoneale: incisione del peritoneo anteriore; incisione del collo vescicale; isolamento delle vescicole seminali e sezione dei deferenti; incisione della Denonvillers e isolamento della prostata dal retto; incisione e isolamento della fascia endopelvica dalla superficie postero-laterale della Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 39 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia prostata; sezione dei peduncoli prostatici; incisione dell’apice prostatico ed anastomosi uretro-vescicale secondo Van Velthoven. Risultati: I pazienti presentavano un’età media di 62 anni (range 51-74). PSA iniziale mediano di 6,7 ng/ml (range 4,7-10). Il GS bioptico era £ 7 nel 91% dei casi. Il tempo operatorio medio è risultato pari a 245 minuti (range 150-465): significativamente più basso negli ultimi 12 casi (p=0.01). Le perdite ematiche medie sono risultate pari a 475 cc (range 3001050). Solo 4 pazienti (12,5%) hanno ricevuto trasfusioni di sangue da donatore. Una conversione chirurgica è stata necessaria in 2 casi (6,3%). Sono state osservate una neuropatia da compressione all’arto inferiore; una deiscenza e una stenosi dell’anastomosi. La degenza media è risultata pari a 8,5 giorni (range 6-32). Il catetere vescicale è stato rimosso in media dopo 9 giorni (range 5-45). Nell’80% dei casi è stato rimosso come previsto entro 7 giorni. Lo stadio patologico è risultato pT2 in 26 casi (81,3%); pT3a in 4 (12,5%) e pT3b in 2 (6,3%). Margini positivi sono stati osservati in 6 casi (18,8%): 1 (3,8%) pT2; 4 (100%) pT3a e 1 (50%) pT3b (p<0.001). A 3 mesi dall’intervento un PSA > 0,2 ng/ml è stato riscontrato in 2/21 pazienti (9,5%). Conclusioni: I risultati di questa esperienza sono favorevoli sia in termini di complicanze peri-operatorie che di percentuale di margini chirurgici positivi osservate. I tempi operatori risentono in maniera significativa della curva di apprendimento e sono in progressiva e costante diminuzione. L’UTILITÀ DELL’ESAME ESTEMPORANEO AL CONGELATORE DURANTE LA PROSTATECTOMIA RADICALE LAPROSCOPICA CON TECNICA NERVE-SPARING R. Naspro, G. Guazzoni, M. Freschi, A. Cestari, R. Colombo, A. Salonia, N. Buffi, P. Rigatti Department of Urology, Università Vita-Salute Ospedale San Raffaele, Milano Obiettivi: Studio prospettico per valutare la fattibilità e l’utilità delle sezioni al congelatore in estemporanea (IFS) durante prostatectomia radicale laparosocpica transperitoneale nerve sparing (NS) per tumore prostatico clinicamente localizzato. Materiali e Metodi: Da settembre 2004 ad 40 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Agosto 2005, 85 pazienti sono stati consecutivamente sottoposti a prostatectomia radicale laparoscopica NS monolaterale o bilaterale presso il Nostro Dipartimento. Una volta asportata, la prostata è stata colorata bilateralmente a partire dalla base fino all’apice seguendo il decorso dei fasci vascolo-nervosi. Il pezzo operatorio è stato quindi inviato all’anatomo-patologo, il quale ha sezionato le aree chinate in 0,5-0,6 cm di spessore, creando sezioni in serie larghe 0.2-0.3 cm, ottenendo sezioni congelate di 5 micron, colorate con ematossilina e cosina e quindi analizzata al microscopio. Al momento del riscontro di un margine positivo all’esame estemporaneo, il fascio neurovascolare corrispondente veniva quindi asportato intraoperatoriamente dopo il termine dell’anastomosi uretro-vescicale. Risultati: L’età media dei pazienti era 62,3±7.4 (media±SD) and i valori di PSA totale pre-operatorio (media±SD) erano 6.1±2.5 ng/dl. Il valore medio del volume prostatico era (media±SD) 82.5±24.5 g. La tecnica nerve sparing sia bi che mono-laterale è stata eseguita in 72 (84.7%) e in 13 (17.3%) casi, rispettivamente. Il tempo operatorio totale è stato di (media±SD) 235±49.9 min e il tempo aggiuntivo per la rimozione del tessuto addizionale con margini positivi è stato (media±SD) 12±5 min.Il valore di Gleason post-operatorio era ≤7 e >7 in 70 (82.3%) e 15 (17.6%) casi, rispettivamente. Lo stadio patologico era: 69 (81.1%) casi di pT2 e 16 (18.8%) casi di pT3. La valutazione IFS eseguita a livello dei fasci vascolo-nervosi per predire la presenza di tumore nelle sezioni permanenti ha mostrato una accuratezza, sensibilità, specificità e valore predittivo positivo e negativo rispettivamente di 94%, 81%, 97%, 78%, e 93%. In 23 pazienti con tumore all’IFS è stata eseguita una resezione allargata dei bundle neurovascolari, nell’area di infiltrazione della capsula; in 5 di questi pazienti (21.7%) è stata riscontrata la presenza di tumore nelle aree rimosse successivamente. In 4 casi la valutazione estemporanea è risultata negativa, ma all’esame definitivo, è stato trovato un margine positivo: in particolare vi era un caso di inversione destra/sinistra, un caso di coinvolgimento focale presente solo nella sezione definitiva, e due casi di scorretta interpretazione dovuta a margini chirurgici irregolari. L’utilizzo dell’IFS ha diminuito il Numero totale di margini positivi del 10% a livello dei fasci pascolo nervosi. 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Conclusioni: L’utilizzo della valutazione IFS a livello dei fasci vascolo-nervosi durante Prostatectomia radicale laproscopica con tecnica nerve sparing, è fattibile, riproducibile e mostra un relativamente elevato valore predittivo negativo. Per questo motivo l’IFS può aiutare ad aumentare le possibilità di eseguire una corretta procedura nerve sparing con sicurezza oncologica e può essere raccomandata come strumento per ridurre il percentuale di margini chirurgici positivi in particolare durante la curva di apprendimento. PRESERVAZIONE DEI LEGAMENTI PUBOPROSTATICI E RECUPERO DELLA CONTINENZA PRECOCE NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE EXTRAPERITONEOSCOPICA F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, C. Cracco, I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, S. Grande, F. Musso, R.M. Scarpa Introduzione: L’incontinenza dopo prostatectomia radicale è uno dei problemi che maggiormente influenza la qualità di vita del paziente. Molti sforzi sono stati fatti per migliorare la continenza dopo prostatectomia. In questo lavoro riportiamo i risultati sulla continenza precoce dopo prostatectomia radicale preperitoneoscopica con preservazione dei legamenti pubo-prostatici. Materiali e Metodi: Da Marzo 2004 a Dicembre 2005 sono stati sottoposti a prostatectomia radicale preperitoneoscopica 116 pazienti; i primi 77 pazienti sono stati trattati risparmiando il collo vescicale mentre nei successivi 39 sono stati risparmiati il collo vescicale e i legamenti pubo-uretrali. La rimozione del catetere vescicale è avvenuta usualmente in 6a giornata post-operatoria. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a ciclo di riabilitazione perineale nei primi 3 mesi post-operatori con assistenza di personale specializzato. Abbiamo considerato continenti i pazienti che non riferivano perdite di urina e non utilizzavano alcun presidio per l’incontinenza. Tutti i pazienti hanno eseguito un pad test secondo ICS nei primi 3 mesi. Abbiamo considerato incontinenza lieve, moderata e grave quella con pad test compreso rispettivamente tra 015 g, 16 e 50 g e superiore a 50 g. Sono state effettuate valutazioni statistiche con test T di Student e il Chi-square test. Risultati: Non vi erano differenze significative tra i due gruppi per quanto riguarda l’età media dei pazienti (64,45±6,17 vs 64,77±5,66 anni), il volume prostatico medio (46,63±20,61 ml vs 45,6±29,7 ml) ed il Gleason Score medio (6,44±0,77 vs 6,67±0,8). Subito dopo la rimozione del catetere sono risultati continenti 23 pazienti (29,9%) del primo gruppo e 21del secondo (53,8%) (p<0,01). A un mese dalla rimozione del catetere la percentuale di continenza nel primo e secondo gruppo era rispettivamente del 36,4% e del 54% (p<0,05), a due mesi erano continenti il 45,5% dei pazienti del primo gruppo e il 67% del secondo gruppo (p<0,01). A tre mesi il 65% dei pazienti del primo gruppo e il 69% del secondo erano continenti (p = ns). La mediana del pad test al primo mese era di 40 g per il primo gruppo e di 3 g per il secondo, a due mesi la mediana era rispettivamente di 10 g e 0, al terzo di 2 g e 0. Al primo mese il 22% dei pazienti nel primo gruppo e il 17% nel secondo gruppo presenta. Conclusioni: I risultati del nostro studio dimostrano come il risparmio del collo vescicale e dei legamenti pubo-prostatici determinino un significativo miglioramento della continenza precoce con contestuale riduzione delle percentuali di pazienti affetti da incontinenza grave nei primi mesi dopo l’intervento. Il follow-up è ancora in corso per verificare eventuali differenze a un anno dall’intervento. ESISTE UN FATTORE DI RISCHIO PER LE COMPLICANZE NELL’ENUCLEORESEZIONE LAPAROSCOPICA? F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, I. Morra, M. Cossu, F. Ragni, M. Poggio, R. Tarabuzzi, C. Terrone, R.M. Scarpa Introduzione e obiettivi: Scopo di questo studio è quello di individuare un fattore di rischio per le complicanze dell’enucleoresezione laparoscopica mediante uno studio retrospettico. Materiale e Metodi: Dal Dicembre 2000 al Dicembre 2005, 74 pazienti con lesioni renali sono stati sottoposti ad enucleoresezione laparoscopica. Sono stati valutati i seguenti parametri: parametri clinici del paziente: sesso, età, Body Mass Index (BMI); parametri clinici della lesione: lato, sede della lesione (polare e mesorenale), tipo di sviluppo della lesione (corticale e cortico-midollare); parametri anatomo-patoArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 41 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia logici: istologia (benignità, malignità), diametro e peso. Inoltre è stato valutato il tipo di sutura eseguita, con o senza collante. Tutti questi parametri sono stati correlati con le complicanze intra e post-operatorie registrate. L’analisi statistica è stata eseguita con Chi-Square e Mann-UWhitney test (p<0.05). Risultati: Il gruppo di pazienti era costituito da 47 maschi e 27 femmine di età media pari a 59,5±13,1 anni e BMI 23,5±4,3 kg/m2. A destra erano presenti 40 lesioni, a sinistra 34. Le lesioni erano localizzate al polo superiore in 36 casi, mesorenale in 17 casi e al polo inferiore in 21. Sessanta lesioni erano cortico-midollari e 15 corticali. Il diametro TC medio era 3,13±1,07 cm. Le lesioni benigne erano 24, le maligne 50. Il diametro anatomo-patologico era 3,13±1,09 cm. Il peso medio del pezzo operatorio era 30,75±16,62 g. In 20 casi è stata effettuata sutura con collante (Tissucol + collagene), nei restanti casi la sutura è stata tradizionale. Nessuna complicanza intraoperatoria e nessuna conversione in chirurgia open è stata registrata. Le complicanze maggiori postoperatorie sono state complessivamente 12: 6 emorragie (3 embolizzazioni, 3 reinterventi), 3 fistole urinose (trattate con doppio J) e 3 ematomi che non hanno richiesto intervento. Le valutazioni st Conclusioni: Dall’analisi dei parametri considerati l’unico fattore di rischio per l’enucleoresezione laparoscopica è lo sviluppo corticomidollare della lesione renale. IMPIEGO DI TISSUCOL E COLLAGENE PER IL CONTROLLO DELL’EMOSTASI IN CORSO DI ENUCLEORESEZIONE LAPAROSCOPICA F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, C.M. Scoffone, C. Cracco, C. Terrone, R.M. Scarpa Introduzione: Il controllo dell’emostasi in corso di enucleoresezione laparoscopica è fondamentale per prevenire eventuali complicanze nel postoperatorio. Attualmente sono disponibili diversi dispositivi e collanti tra cui il Tissucol e le lamine di collagene che, quando applicati sul letto di resezione, promuovono la coagulazione e la cicatrizzazione della ferita. Scopo di questo studio prospettico è valutare i vantaggi e gli svantaggi dell’utilizzo di Tissucol e della lamina di collagene per la prevenzione del sanguinamento in corso di enucleoresezione laparoscopica. 42 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Materiali e Metodi: Dal Gennaio 2001 al Dicembre 2005, 74 pazienti sono stati sottoposti ad enucleoresezione laparoscopica per massa renale. In 54 pazienti (Gruppo 1), dopo l’asportazione della massa, è stata eseguita una sutura tradizionale, mentre nei restanti 20 (Gruppo2) è stato utilizzato oltre alla sutura il Tissucol + falda di collagene (Tissufleece). Il Tissucol è un collante biologico costituito da fibrinogeno, fattore XIII e soluzione di calcio-cloruro + trombina 500 UI. Iniettati, tali componenti attivano la formazione del coagulo sul letto di resezione. La lamina di collagene è un collagene nativo equino che, a contatto col sangue, promuove l’aggregazione dei trombociti. Nella nostra esperienza, dopo aver tagliato il collagene nella misura desiderata, esso viene immerso in soluzione fisiologica per alcuni minuti. La lamina viene quindi compressa tra garze umide ed introdotta successivamente attraverso un trocar. Viene quindi iniettato il Tissucol diluito a 5 UI di trombina. Risultati: Il tempo medio di ischemia è risultato 26,7±4,3 e 29,3±1,8 minuti nel Gruppo 1 e 2 rispettivamente. La dimensione TC era in media 3,07±1,54 cm nel Gruppo 1, mentre 3,4±0,8 cm nel Gruppo 2. Nel Gruppo 1 sono state registrate 9 complicanze: 6 emorragie acute (4 sottoposte ad embolizzazione, 2 a reintervento) e 3 ematomi; nel Gruppo 2 si sono verificate 2 emorragie acute, sottoposte ad embolizzazione. L’analisi statistica non ha rilevato nessuna differenza statisticamente significativa tra i parametri considerati nei due gruppi. Conclusioni: L’utilizzo del Tissucol + falda di collagene in corso di enucleoresezione laparoscopica non riduce in modo significativo l’insorgenza di sanguinamenti acuti, ma può prevenire i sanguinamenti cronici. Inoltre consente una sutura più efficace perché l’elevata resistenza della falda di collagene permette un passaggio più agevole dell’ago, ed evita di lacerare i tessuti. SURRENALECTOMIA LAPAROSCOPICA TRANSPERITONEALE: L’ESPRESSIONE MASSIMA DELLA LAPAROSCOPIA UROLOGICA A. Cestari, G. Guazzoni, A. Centemero, M. Riva, A. Losa, R. Naspro, T. Maga, P. Rigatti Dipartmento di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele - Turro, Milano 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Introduzione: La surrenalectomia laparoscopica è considerata il trattamento di scelta per l’ablazione della maggioranza delle lesioni surrenaliche benigne. Diversi approcci e diverse tecniche chirurgiche sono state riportate con risultati incoraggianti. Presentiamo la nostra esperienza nella surrenalectomia laparoscopica, derivata in 13 anni di esperienza. Materiali e Metodi: Nel periodo Ottobre 1992 settembre 2005, presso il nostro Istituto sono state eseguite 244 procedure laparoscopiche sulla loggia surrenalica. In dettaglio, sono state eseguite 210 surrenalectomie unilaterali (96 destra, 114 sinistra - 66 Sindrome di Conn, 48 Sindrome di Cushing, 41 feocromocitoma, 41 lesioni non funzionanti e 14 patologie maligne), 23 surrenalectomie bilaterali e 11 casi di chirurgia conservativa (enucleazioni di cisti surrenaliche sintomatiche). Il paziente viene posizionato sul fianco a 60°, con il letto flesso per incrementare lo spazio tra l’arcata costale e la cresta iliaca e quindi l’area di posizionamento dei trocar; il primo tempo dell’intervento prevede sempre l’isolamento e la legatura precoce della vena surrenalica, il cui stump a sinistra è impiegato come filo guida per la corretta dissezione della ghiandola all’interno del grasso perirenale. Risultati: L’intervento è stato eseguito con successo per via laparoscopica, eccetto 5 casi che hanno richiesto una conversione chirurgica a cielo aperto, tra cui un caso per lesione duodenale durante l’induzione del pneumoperitoneo con tecnica “open” e due per patologia maligna. Il tempo chirurgico medio è stato di 145 minuti nel gruppo unilaterale, 215 minuti nel gruppo bilaterale e di 79 minuti in corso di chirurgia conservativa. Le complicanze sono state rappresentate da 3 casi di emoperitoneo che hanno richiesto una esplorazione chirurgica postoperatoria, 3 casi di anemizzazione importante trattati con emotrasfusioni e due casi di infezione di ferita. Tutti i pazienti sono stati in grado di mobilizzarsi in prima giornata postoperatoria e sono stati dimessi rispettivamente dopo 2.7, 5 e 1.5 giorni dall’intervento nei gruppi unilaterale, bilaterale e conservativo. Conclusioni: La surrenalectomia laparoscopica transperitoneale è una tecnica chirurgica sicura, efficace, minimamente invasiva per la ablazione di masse surrenaliche sia di natura benigna che maligna se organo confinate. La chirurgia conservativa è fattibile. L’approccio laparoscopico ha una limitata morbidità, una bassa richiesta di terapia analgesica, una breve degenza postoperatoria e deve essere considerato il gold standard per il trattamento delle patologie surrenaliche di interesse chirurgico. EFFICACIA CLINICA ED ECONOMICA DI UN ORIGINALE PALLONCINO PER LA DILATAZIONE DELLO SPAZIO RETROPERITONEALE, RISPETTO AL DISPOSITIVO COMMERCIALE PER LA RETROPERITONEOSCOPIA A. Cestari, G. Guazzoni, R. Naspro, F. Montorsi, M. Riva, M. Zanoni, L. Rigatti, N. Buffi, P. Rigatti Cattedra di Urologia, Università Vita e Salute, Ospedale San Raffaele - Turro, Milano Introduzione: La creazione di un adeguato spazio retroperitoneale è di importanza fondamentale per poter eseguire correttamente interventi laparoscopici con approccio retroperitoneale. La dilatazione preventiva dello spazio retroperitoneale con palloncino dilatatore è la tecnica di maggior impiego e diffusione. L’obiettivo dello studio è di riportare l’originale tecnica di dilatazione dello spazio retroperitoneale con un originale palloncino dilatatore di nostra ideazione, valutandone l’efficacia clinica e economica rispetto al dispositivo commerciale disponibile sul mercato. Materiali e Metodi: Venti pazienti candidati a chirurgia retroperitoneoscopica sono stati divisi in due gruppi, nel gruppo 1 la dilatazione dello spazio retroperitoneale è stata eseguita con il dispositivo commerciale mentre nel gruppo 2 con il palloncino realizzato legando due dita di guanto n° 8 su un trocar da 11 mm poliuso e gonfiato con 600 cc di fisiologica impiegando due siringhe da 50 cc simultaneamente. In tutti i casi sono stati eseguiti due cicli di gonfiaggio, uno in direzione dell’ombelico ed uno in direzione craniale, per ottenere un’adeguata camera di lavoro. La valutazione economica è stata eseguita considerando il costo del dispositivo commerciale e del tempo necessario alla creazione dello spazio retroperitoneale nel gruppo 1, e i tempi necessari per la creazione del palloncino dilatatore e per l’induzione della dilatazione, oltre al costo dei materiali per la realizzazione del palloncino nel gruppo 2. Risultati: Nel gruppo 1 il tempo necessario per eseguire la dilatazione è stato in media di 3.15 min, mentre nel gruppo 2 il tempo per realizArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 43 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia zare il palloncino è stato di 1.16 min e per creare lo spazio di 4.41 min per un totale di 5.57 min. Nella tabella 1 sono riportati in dettaglio i costi dei due gruppi. Il costo complessivo è stato di 141,95 nel gruppo 1 e di 60,27 nel gruppo 2, con un risparmio di oltre 80 impiegando la tecnica originale da noi proposta. Conclusioni: L’originale palloncino dilatatore impiegato presso il nostro Istituto si è rivelato essere di veloce e facile esecuzione e offre una valida opzione per la corretta dissezione dello spazio retroperitoneale prima dell’insufflazione di CO2 nella retroperitoneoscopia. Dal punto di vista economico, si è rivelato significativamente vantaggioso rispetto al dispositivo commerciale, consentendo una dissezione ottimale dello spazio retroperitoneale, un’ottimale direzionalità della dissezione e la possibilità di controllare sotto visione laparoscopica la dissezione creata. ASPORTAZIONE LAPAROSCOPICA DI UN LINFANGIOMA CISTICO RETROPERITONEALE: UN CASO INSIDIOSO A. Celia, A. Ruffato, G. Breda Struttura complessa di Urologia dell’Ospedale San Bassiano, Bassano del Grappa (VI) Introduzione: Il Linfangioma Cistico è una rara malformazione benigna del sistema linfatico localizzabile in vari distretti corporei: milza, mediastino, retroperitoneo, mesentere ed ovaia. La localizzazione retroperitoneale è tipica dell’infanzia e piuttosto rara nell’età adulta. Lo studio addominale ecografico è la procedura diagnostica di prima istanza, ma la valutazione TAC può evidenziare in dettaglio le dimensioni, la forma e i rapporti del Linfangioma Cistico con le altre strutture anatomiche. Presentiamo un caso insidioso di LC retroperitoneale. Video: Una ragazza di 25 anni giunge alla nostra osservazione per la presenza di dolore lombare destro irradiato ai quadranti addominali omolaterali con riscontro ecografico di una massa cistica apparentemente a carico del rene di destra, 8 cm di diametro massimo. Una successiva TAC conferma la presenza di una neoformazione cistica ma di dubbia pertinenza renale. La neoformazione cistica presenta rapporti intimi con la vena cava, l’uretere e la vena gonadica. Si propone la rimozione della 44 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 formazione cistica per via laparoscopica transperitoneale, utilizzando 3 porte: una da 10 mm per l’ottica e 2 da 5 mm per l’operatore. Il video presenta i momenti salienti dell’intervento. Vengono eseguiti: incisione del peritoneo parietale; isolamento della cisti dal polo inferiore del rene destro, dal duodeno, dalla vena gonadica, dalla vena cava, dall’uretere e dallo psoas; asportazione della cisti. L’esame istologico definitivo pone la diagnosi di LC. Il decorso postoperatorio è stato regolare e la paziente è stata dimessa in 2 giornata. Conclusioni: Il linfangioma cistico pararenale è una evenienza rara. La sua confusione con una cisti del polo inferiore renale avrebbe potuto comportare un primo approccio percutaneo con eventuale sclerotizzazione che, visti gli intimi rapporti con cava ed uretere, avrebbe potuto comportare complicanze spiacevoli. Anche una semplice decapitazione laparoscopica, come si usa nelle cisti renali, sarebbe stata un trattamento inappropriato. Nel dubbio di una cisti di pertinenza renale o meno, conviene sempre effettuare un’accurata dissezione anatomica che consente il perfezionamento della diagnosi e, come in questo caso, la radicalità dell’escissione chirurgica. MASTER DI LAPAROSCOPIA: UN NUOVO STRUMENTO DI APPRENDIMENTO CONTROLLATO IN UROLOGIA V. Disanto, M. Romano, S. Cotrufo, G.A. Scalese, F. Ventura, P.L. Rizzo, F. Portoghese, V. Pansadoro Struttura Complessa di Urologia, Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle Fonti (BA) Nell’anno 2005 è cominciato presso l’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti il primo Master di Chirurgia Laparsocopica. Il Master si compone di 4 appuntamenti di 2 giorni ciascuno distanziati di circa 3-4 mesi uno dall’altro per 10 équipe formate dal Dirigente della struttura e da un suo motivato collaboratore, al fine di formare ed affiatare un Team organico. Nel primo appuntamento (1920 sett. 05) sono stati reiteratamente visionati gli interventi laparoscopici più semplici (cisti renali e varicocele) ed è stata fornita un’indicazione teorica sulle basi delle tecniche laparoscopiche. Gli stagisti hanno il compito di seguire step by step gli interventi che poi 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia andranno ad eseguire nelle proprie strutture di provenienza. Nel successivo appuntamento (5-6 Dic. 05) i corsisti si sono dedicati alla tecnica della nefrectomia trans e retroperitoneale e nel contempo hanno riportato i video relativi agli interventi eseguiti nei propri Centri nel periodo intercorso. La terza seduta è prevista nei giorni 13-14 marzo 2006. Verranno eseguiti 6 interventi di pieloplastica trans e retroperitoneale e nuovamente visionati i video degli interventi eseguiti. L’ultima seduta è prevista per i giorni 3-4 luglio 2006, in cui verranno effettuati interventi di prostatectomia laparoscopica retro e transperitoneale. Il limitato numero degli stagisti e la possibilità di assistere alla diretta intraoperatoria permette un elevato standard di apprendimento e rappresenta una metodica innovativa, obbligando gli stagisti all’esecuzione in prima persona degli interventi nei propri Centri. VALUTAZIONI TECNICHE ED ONCOLOGICHE DOPO 57 CISTECTOMIE RADICALI LAPAROSCOPICHE V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azzone Struttura Complessa di Urologia, Centro di Chirurgia Laparoscopica e Miniinvasiva, Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle Fonti (BA) Introduzione: L’esperienza maturata dopo più di 1000 interventi laparoscopici eseguiti nel nostro Centro ci ha spinti ad intraprendere l’esecuzione di interventi di chirurgia maggiore. Fra questi la cistectomia radicale e la ricostruzione della via urinaria sono fra i più complessi e richiedono soluzioni tecniche di particolare originalità. Materiali e Metodi: 57 pazienti (49 maschi e 8 femmine) di cui 53 affetti da carcinoma uroteliale infiltrante della vescica (T2-T3/G3) e 4 da vescica grinza sono stati sottoposti presso il nostro Centro a cistectomia radicale laparoscopica. L’età era compresa fra i 52 e 84 anni. 9 pazienti hanno avuto una ureterocutaneostomia monolaterale e nefrectomia laparoscopica controlaterale, 32 pazienti una Bricker e 16 pazienti una neovescica ileale. Ad una paziente di sesso femminile è stata confezionata UICS completamente per via intracorporea con estrazione del pezzo composto da vescica e utero attraverso una breccia vaginale; negli altri casi la derivazione è stata confezionata extracorporeo utilizzando la minincisione sott’ombelicale. Note di tecnica: Pneumoperitoneo con ago di Verres e posizionamento di 5 porte a semiarco. Incisione lungo gli assi iliaci e linfoadenectomia bilaterale fino alla biforcazione iliaca. Lungo le arterie ipogastriche clippaggio e sezione dei vasi vescico-prostatici. Accesso allo spazio prevescicale, incisione delle fasce endopelviche sezione del Santorini e dell’uretra. Il pezzo è asportato in blocco con tutti i linfonodi ad esso adesi attraverso un’incisione sott’ombelicale di circa 7 cm previo posizionamento dello stesso in endobag. Nel caso di derivazione secondo Bricker viene estratta l’ultima ansa del tenue e resecata 15 cm (40 cm in caso di neovescica) utilizzando suturatrici automatiche GIA. Si pratica anastomosi ureterointestinale su stent e la parte terminale dell’ansa viene abboccata alla cute sfruttando la porta già praticata a destra. In caso di neovescica abbiamo confezionato una neovescica ileale con tre tratti di 10 cm appaiati. Riposizionata nella cavità addominale si procede all’anastomosi ureterale e vescicouretrale. In media la durata degli interventi è stata di circa 7.30 ore. Risultati: La degenza media è stata di 14 giorni. Nel 60% dei casi è stata necessaria una o più trasfusioni. Le complicanze sono state: 2 stenosi ureterali (1 reimpianto in neovescica, 1 incisione in Bricker), 2 fistole ureterali (reimpiantati), 3 metastasi intestinali che hanno richiesto 1 colostomia, 1 ileostomia, ed 1 resezione ileocolica, 1 asportazione di neovescica ed UCS bilaterale, 1 asportazione di recidiva uretrale asportata per via transperineale, 1 impianto di protesi per incontinenza, 1 conversione in O.S. per aderenze, 1 decesso p.o. Conclusioni: La cistectomia radicale laparoscopica rappresenta una possibilità chirurgica di particolare complessità, gravata al momento dalla difficile curva di apprendimento e dagli inevitabili allungamenti dei tempi chirurgici. È tuttavia una possibilità tecnica che al momento non sappiamo se possa trovare un valido spazio. CISTECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA VS CHIRURGIA APERTA: QUALI VANTAGGI? F. Porpiglia, M. Billia, J. Renard, M. Cossu, D. Vaccino, M. Poggio, C. Cracco, C.M. Scoffone, C. Terrone, R. Tarabuzzi, R.M. Scarpa Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 45 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Introduzione: Scopo di questo studio prospettico non randomizzato è valutare la sicurezza della cistectomia radicale laparoassistita mediante un confronto con la chirurgia tradizionale. Metodi: Da Novembre 2002 a novembre 2005, ai pazienti affetti da carcinoma infiltrante localizzato alla vescica e ASA < 4 con indicazione ad essere sottoposti a cistecomia radicale veniva offerta l’opzione di essere sottoposti ad intervento con tecnica laparoassistita (Gruppo A) o tradizionale (Gruppo B). In ciascun gruppo sono stati valutati in modo prospettico: tempo operatorio, perdite ematiche, complicanze intra e post-oprataorie, tasso di trasfusione, canalizzazione, tempo di degenza. Risultati: In termine di parametri preoperatori (età, stadio, BMI ed ASA) i 2 gruppi erano paragonabili . Sono state eseguite nel Gruppo A 9 neovesciche, 10 bricker e una sovra-ampollare, nel Gruppo B, 5 neovesciche e 17 bricker. Il tempo operatorio medio è stato di 287 min (260-305) nel Gruppo A e 260 min (210-290) nel Gruppo B. Le perdite ematiche stimate sono state di 510 (400-620) ml nel Gruppo A e 770 (450 in -870) ml nel Gruppo B. In termine di risultati postoperatori il tempo medio di degenza era di 18.8 (15-22) giorni nel Gruppo A e di 19.8 (17-30) giorni nel Gruppo B. Il tasso di trasfusione è stato di 38% nel Gruppo A e del 53% nel Gruppo B, il catetere veniva rimosso in pazienti con neovescica mediamente dopo 19.2 (18-21)giorni in Gruppo A e 20.2 (18-25) giorni in Gruppo B. Nessuna differenza è stata registrata tra i parametri sopra considerati. La ripresa dell’alimentazione è avvenuta mediamente dopo 3.3 (4-5) giorni nel Gruppo A e 5.7 (5-7) nel Gruppo B e le complicanze con reintervento (0 nel gruppo A e 4 nel gruppo B) sono risultati gli unici parametri valutabili. Conclusioni: La cistectomia radicale laparoassistita si è dimostrata nella nostra esperienza una tecnica sicura con il vantaggio di una più precoce ripresa dell’alimentazione rispetto alla chirurgia tradizionale. ENUCLEORESEZIONE LAPAROSCOPICA PER NEOPLASIA RENALE: ESPERIENZA SU 35 CASI L. De Zorzi1, N. Zanovello1, M.Repele1, M. Dal Bianco1, I.M. Tavolini2, C. Milani2 1 U.O. di Urologia, Ospedale S.Antonio, Padova; 2U.O. di Urologia, Ospedale SS. Giovanni e Paolo,Venezia 46 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Introduzione: Il ruolo del trattamento conservativo delle piccole neoplasie renali è ampiamente consolidato e il gold standard è rappresentato dalla chirurgia a cielo aperto. Una proposta alternativa è rappresentata dalla chirurgia laparoscopica. Riportiamo la nostra esperienza sulla enucleoresezione laparoscopica (ERL) per neoplasia renale. Materiali e Metodi: Nel periodo Aprile 2002Dicembre 2005, 35 pazienti con neoplasia renale (20 maschi, 15 femmine) incidentale, sono stati sottoposti a ERL. In 32 casi si trattava di neoformazioni espansive solide, in 3 di cisti “complesse”. L’età media era di 60,8 anni (range 44-84) e le dimensioni delle neoformazioni di cm 2,8 (range 1-4,5). La tecnica impiegata ha previsto l’accesso retroperitoneale in 29 casi e quello transperitoneale in 6 casi; l’utilizzo di 3 o 4 trocar, l’isolamento extrafasciale e la sospensione su tourniquet dell’arteria renale, l’escissione della neoformazione con bisturi armonico (Ultracision), l’eventuale sutura della via escretrice, la sutura dei bordi parenchimali e/o l’applicazione di colla cianoacrilica (Glubran). In 5 casi è stato riposto preoperatoriamente uno stent ureterale (mono J) per la contiguità della neoformazione con la via escretrice. Risultati: In 4 casi, dopo l’isolamento dell’arteria renale e del rene, il dominio non ottimale della neoplasia (1 sul versante anteriore, 2 polari superiori) o il riscontro a sorpresa di una seconda neoplasia (1 paziente), ha richiesto la conversione chirurgica prima di ogni manovra di exeresi. In 31 pazienti l’intervento è stato portato a termine. In questi casi il tempo operatorio medio è stato di 192 minuti (range 105-300). L’ischemia renale è stata utilizzata in 16 casi con un tempo medio di 23 min (range 10 45). In 3 casi si è verificato nel post operatorio un leakage trattato con successo con riposizione temporanea (complessa e reiterata in un caso) di stent ureterale (double J). Le perdite ematiche medie sono state di 400 ml (range 50-950). Non si sono verificate complicanze maggiori. La durata media della degenza è stata di 6 giorni (range 2-22). L’esame istologico ha evidenziato carcinoma renale parenchimale in 27 casi (cistico in 2), oncocitoma in 2, leiomioma in 1 e angio Conclusioni: La ERL è una alternativa alla chirurgia conservativa a cielo aperto. Tempi operatori, perdite ematiche, complicanze e durata della degenza sono risultati accettabili. La via 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia extraperitoneale è risultata indicata preferibilmente per neoplasie a sede postero-laterale e medio-inferiore; quella transperitoneale per tumori della superficie anteriore o antero/superiore. L’exeresi è risultata completa, ma il breve follow-up non permette considerazioni oncologiche. LA DEFERENTOSCOPIA: UNA NUOVA TECNICA DIAGNOSTICA? L. Carmignani1, F. Gadda1, G. Bozzini1, GM Colpi2, E. Montanari3, F. Rocco1 1 Clinica Urologica I, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano; 2 Clinica Urologica III, AO San Paolo, Milano; 3UO Andrologia, AO San Paolo, Milano Introduzione e Obiettivi: L’incidenza dell’azoospermia ostruttiva in letteratura varia dal 7 al 39% del totale delle cause di azoospermia. La deferentografia, il Seminal Tract Wash-out (STW), l’ecografia transrettale delle vescicole seminali e l’ecografia degli epididimi sono alcune delle metodiche attualmente utilizzate per lo studio di questa patologia. Obiettivo dello studio è stato quello di verificare se con gli strumenti attualmente a disposizione fosse possibile eseguire uno studio endoscopico dei vasi deferenti. Materiali e Metodi: Sull’esperienza di un precedente lavoro eseguito su deferenti autoptici si è proceduto allo studio endoscopico della via seminale in corso di vasectomia profilattica pre-adenomectomia prostatica, previo consenso informato dei pazienti. Per l’esame è stata utilizzata una sonda flessibile con diametro di 0,56 mm (1,7 Ch), profondità di campo di 5 mm e una fonte di luce con 3000 fibre ottiche. Sono stati isolati i canali deferenti come in corso di deferentografia e successivamente si è proceduto a incannulare i vasi con ago 20 G. L’ago è stato raccordato con un luer lock a doppia uscita per permettere una dilatazione idraulica tramite soluzione fisiologica della via seminale tale da consentire una corretta visione del lume. L’endoscopio è stato inserito all’interno dell’agocanula . Risultati: È stato possibile condurre lo studio endoscopico del segmento inguino-scrotale del dotto deferente. La curvatura anatomica a livello dello sbocco dall’anello inguinale interno è risultata insormontabile dallo strumento. Conclusioni: Per nostra conoscenza questa è la prima descrizione endoscopica dei deferenti. Questa tecnica, pur con i limiti legati all’impossibilità di studiare tutta la via seminale, consente una visualizzazione di gran parte del deferente e potrebbe essere utilizzata per identificare stenosi iatrogene occorse durante ernioplastica inguinale ed eventualmente procedere a loro dilatazione. CISTOSCOPIA RIGIDA E FLESSIBILE: PRESENTE E FUTURO L. Carmignani, G. Bozzini, P. Acquati, F. Mazzoleni, F. Rocco Clinica Urologica I, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano Introduzione e Obiettivi: L’utilizzo della cistoscopia flessibile, per la migliore visione e per il minore discomfort causato al paziente risulta essere una della scelte a disposizione dell’Urologo per l’opzione diagnostica vescicale. In questo studio osservazionale si è voluto valutare l’utilizzo di tale metodica confrontandone l’uso ad opera dell’Urologo Senior rispetto a quello fatto dallo Specializzando in Urologia. Materiali e Metodi: Dal Gennaio 2005 al Dicembre 2005 sono state eseguite 859 cistoscopie ambulatoriali per la diagnosi ed il follow-up della patologia vescicale neoplastica. Delle 859 cistoscopie eseguite 523 (60.88%) erano rigide e le restanti 336 (39.12%) flessibili. Le cistoscopie sono state eseguite da una équipe di 8 Urologi di cui 4 Specializzandi e 4 Senior (Urologi specialisti dell’U.O.). Ogni singolo Specializzando ha poi compilato un questionario riguardante le preferenze e la familiarità con le due diverse metodiche. Risultati: Su un totale di 336 cistoscopie flessibili, 254 (75.59%) sono state eseguite da Specializzandi ed il restante 24.41% da operatori Senior. 282 cistoscopie rigide (53.91%) sul totale di 523 sono state eseguite dagli Specializzandi; il restante 46.03% è stato eseguito da operatori Senior. Il questionario somministrato a ciascun Specializzando ha dimostrato come la cistoscopia flessibile sia la metodica preferita dagli Specializzandi per la migliore visione di tutta la vescica e per una più semplice esecuzione. Per i Senior rimane la cistoscopia rigida la metodica di prima scelta. Conclusioni: L’utilizzo della cistoscopia flessibile si sta affermando sempre più come metodica diagnostica e di follow-up nella patologia Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 47 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia organica e funzionale del basso tratto urinario. La migliore visualizzazione della parete anteriore e del collo vescicale unita alla facilità di esecuzione ad una learning curve estremamente ridotta ed al minore discomfort nei confronti del paziente sono caratteristiche che la rendono preferibile alla cistoscopia con strumentario rigido soprattutto da parte dell’Urologo in via di formazione. VALUTAZIONE URODINAMICA SU PAZIENTI CON DEFICIT SFINTERIALE NON NEUROGENO SOTTOPOSTI A TRATTAMENTO CON SLING BULBO-URETRALE INVANCE I. Morra, F. Ragni, C. Terrone, D. Vaccino, M. Billia, R.M. Scarpa Introduzione e obiettivi: Lo sling bulbo-uretrale ha conosciuto un’ampia diffusione negli ultimi anni per il trattamento dell’incontinenza maschile. Non è però chiaro il meccanismo di azione e l\'impatto sulla funzione vescicale. Abbiamo pertanto valutato urodinamicamente tutti i pazienti da noi trattati con sling bulbouretrale con dispositivo Invance. Materiali e Metodi: Abbiamo trattato 20 pazienti di età compresa tra 55 e 76 anni affetti da deficit sfinteriale iatrogeno non neurogeno tra settembre 2004 e dicembre 2005. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad indagine urodinamica ed esecuzione di pad test sec. ICS preoperatoriamente e a 4 mesi dopo l’intervento. Abbiamo considerato incontinenza lieve, moderata e grave quella con I.C.S. pad test compreso rispettivamente tra 0-15gr, 15 e 50gr, e superiore a 50gr. Gli interventi sono stati effettuati per via perineale posizionando una rete in prolene, fissata alle branche ischiopubiche discendenti, sotto tensione e lasciando il tessuto adiposo che ricopre il muscolo bulbospongioso in sede a protezione dell’uretra. Abbiamo considerato guariti i pazienti asciutti e che non utilizzano presidi per l\'incontinenza. I risultati sono stati sottoposti ad analisi statistica. Risultati Il follow-up medio è di 10 mesi (range 1 – 16 mesi). 16 pazienti presentavano incontinenza dopo prostatectomia radicale retropubica o laparoscopica,1 paziente dopo prostatectomia radicale transperineale,2 incontinenza dopo prostatectomia radicale e RDT adiuvante e 1 paziente dopo adenomectomia transvescicale. 11 pazienti avevano incontinenza moderata e 9 48 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1 grave. Attualmente 13 pazienti (65%) risultano guariti, 5 pazienti (25%) presentano incontinenza lieve, 1 paziente presenta incontinenza moderata (5%) e uno grave. Il VLPP preoperatorio era compreso tra 40 e 85 cmH2O con una mediana di 58. Al controllo urodinamico a 4 mesi in 2 pazienti era ancora documentabile un VLPP > 100 cmH2O. In 4 casi era presente instabilità detrusoriale pre operatoriamente, mentre al controllo post operatorio due pazienti presentavano lieve instabilità solo al massimo riempimento. Il flusso massimo pre intervento variava da 11 a 24 ml/sec con una mediana di 16,3 mentre al controllo postoperatorio variava da 9 a 23 ml/sec con una mediana di 14,5. La massima pressione detrusoriale mediana pre intervento era di 29cmH2O (range: 23-49) e post-intervento di 35cmH2O (range 18-46) (p: 0.7). La pressione di apertura mediana pre intervento era di 15,9 cmH2O e post intervento di 18,9. La pressione al flusso massimo mediana passava da 23 cmH2O a 23,4 cmH2O. Il fattore di resistenza uretrale (URA) passava da 11,7 pre intervento a 12,6 nel post-operatorio. La massima capacità cistometrica mediana preoperatoriamente era di 282ml (r Conclusione I dati urodinamici dimostrano che il meccanismo di azione dello sling bulbo-uretrale è primariamente e maggiormente determinato dall’aumento del VLPP evidenziabile in soli 2 pazienti dopo intervento. Il flusso massimo è risultato significativamente ridotto nel post-operatorio, mentre non vi è stata alcuna variazione delle pressioni detrusoriali e del fattore di resistenza uretrale (URA). Si può quindi ipotizzare che l’aumento della resistenza uretrale si verifichi in modo dinamico contestualmente all’aumento della pressione addominale senza determinare ostruzione nella fase di svuotamento né alterazioni nel riempimento vescicale. Tale meccanismo è assimilabile all’azione dello sling pubo-vaginale utilizzato nel trattamento della stress incontinence femminile. ENDOURETEROPIELOTOMIA RETROGRADA CON LASER AD OLMIO: RISULTATI A MEDIO TERMINE M. Simone1, G. Pomara1, C. Casarosa1, P. Casale1, C. Milesi1, T. Verdacchi2, M. De Angelis2, F. Francesca1 1 U.O. Urologia SSN, Ospedale S. Chiara, Pisa; 2U.O. Urologia, Ospedale S. Donato, Arezzo 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Obiettivi: Il trattamento della giuntopatia in via ureteroscopica può essere realizzato mediante diverse tecniche: Acucise‚ incisione con elettrocauterio o a freddo, incisione mediante laser. Scopo di questo studio è stata la valutazione prospettica della sicurezza del trattamento retrogrado transuretrale nonché dei risultati dopo follow-up di almeno due anni. Metodi: Tra settembre 2000 e luglio 2003, presso due Centri urologici, sono state eseguite 25 endopielotomie retrograde in 24 pazienti per giuntopatia primitiva (bilaterale in un caso). La tecnica prevedeva l’utilizzo di un ureteroscopio semirigido 7-8.5 Fr e di un laser ad Olmio (Coherent Versapulse® PowerSuite), atti a realizzare un’endopielotomia posterolaterale sotto visione diretta. Al termine della procedura era previsto il posizionamento di stent doppio J, da mantenersi in situ 4 settimane. Prima dell’intervento e, successivamente, a 6, 12 mesi venivano eseguite sia urografia e.v, che scintigrafia renale diuretica, per conferma diagnostica e valutazione postoperatoria. Abbiamo definito: “successo completo”, la scomparsa completa della sintomatologia e il miglioramento obiettivo alle indagini di follow-up; “successo parziale” la sola scomparsa dei sintomi, in presenza di patterns di imaging invariati; “insuccesso”, il persistere della sintomatologia in presenza di imaging invariato. Risultati: In tutti i casi l’incisione del giunto è risultata agevole, senza complicanze post-operatorie. Dopo follow-up mediano di 41 mesi (range 30-63), abbiamo registrato successo completo in 13 casi (52 %), parziale in 5 (20 %) e fallimento della procedura in 7 casi (28 %). La maggioranza dei fallimenti (6 su 7) si è verificata entro i primi due anni dall’intervento. Conclusioni: L’endopielotomia laser retrograda appare metodica sicura ed efficace; comporta ridotte ospedalizzazione e morbilità. I risultati positivi tendono a ridursi con il tempo e i fallimenti si registrano in misura non trascurabile. Tuttavia, le recidive tendono a manifestarsi entro i primi due anni dall’intervento. Questo può orientare l’impostazione del monitoraggio nel tempo, che trova nella scintigrafia renale diuretica il mezzo più adatto. MANAGEMENT ENDOUROLOGICO DELLE NEOPLASIE DELL’ALTA VIA ESCRETRICE. NOSTRA ESPERIENZA A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Burrello, G. Salemi, D. Aleo, M. Falsaperla, A. Lazzara, M. Motta Obiettivo: Le neoplasie dell’alta via escretrice rappresentano una realtà sempre più frequente. Nonostante si tratti di una patologia dalla bassa percentuale di presentazione rappresenta un problema emergente sia per la diagnostica che per il trattamento. L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare retrospettivamente i pazienti con neoplasia dell’alta via escretrice trattati endourologicamente presso la nostra Divisione. Materiali e Metodi: Dall’Agosto del 1999 all’Aprile del 2005 sono stati trattati 21 pazienti affetti da neoplasia dell’alta via escretrice. Dei 21 assistiti, 4 erano donne di età media 59±15 e 17 uomini di età media 63.88±12. Tutti i pazienti sono stati valutati con: ecografia, Rx Urografia, TC spirale, esami ematochimici e delle urine di routine, citologia. Inoltre in ogni caso è stata eseguita ureterorenoscopia. Il follow-up è stato effettuato a tre mesi con cistoscopia e nei casi in cui è stato eseguito trattamento conservativo ureteroscopia ogni tre mesi nel primo anno. Ogni 6 mesi invece è stata eseguita TC addome e pelvi ed Rx torace in 2 proiezioni. Risultati: In 2/21 neoplasie erano a carico dell’uretere pelvico; 5/21 dell’uretere iliaco; 3/21 dell’uretere prossimale; 9/21 della pelvi renale; 2/21 calici. In 13 casi per il grading elevato è stata eseguita nefroureterectomia; in 2/21 casi è stata eseguita ureterectomia con anastomosi termino-terminale. In 5/21 l’approccio endourologico è stato definitivo. In 1/21 casi l’assistito ha rifiutato il trattamento demolitivo. Nel follow-up nel 28% dei casi si è avuta recidiva vescicale. In nessuno dei casi si è avuta neoplasia della via escretrice controlaterale. Due pazienti sono deceduti dopo 9 mesi e 7 mesi rispettivamente per l’insorgenza di metastasi polmonari ed epatiche. Conclusioni: In relazione alla nostra esperienza possiamo concludere che: i tumori di basso o intermedio grado e stadio possono essere trattati con approccio endourologico o chirurgia conservativa; i tumori di elevato grado e stadio hanno una prognosi peggiore per cui la chirurgia radicale, nefroureterectomia, è l’unica opzione terapeutica; La frequenza delle recidive è piuttosto variabile: 7–60%. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 49 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO NEL RENE TRAPIANTATO: NOSTRA ESPERIENZA A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Pedalino, L. Ficicchia, F. Nicolosi, M. Burrello, S.V. Condorelli, M. Motta Obiettivi: le complicanze urologiche nei reni trapiantati hanno una incidenza media del 3% (0.9-30%). Esse sono rappresentate dalle ostruzioni ureterali che vengono suddivise in intrinseche ed estrinseche. Tra le ostruzioni intrinseche ricordiamo: stenosi conseguente a fibrosi e necrosi, calcolosi, eccedenza ureterale, infezioni (fungus ball), tumori. Tra le ostruzioni estrinseche invece ricordiamo il linfocele, l’urinoma, l’ematoma e l’ascesso. Descriviamo la nostra esperienza nel trattamento endourologico delle complicanze urologiche nei reni trapiantati. Materiali e Metodi: Dal gennaio 2002 a Settembre 2005 abbiamo trattato 8 pazienti, 5 donne e 3 uomini, sottoposti a trapianto renale con l’insorgenza di complicanze urologiche. L’età media dei pazienti è stata di 38.7±0.5 (range 16-61). In un caso si trattava di stenosi sostenuta da litiasi dell’uretere distale, in un caso da stenosi della giunzione pielo-ureterale e nei restanti casi stenosi dell’anastomosi uretero-vescicale. In tutti i casi si è effettuato trattamento endourologico di prima istanza. Nei due casi di stenosi della giunzione pielo- ureterale e di litiasi dell’uretere distale è stato posizionato stent ureterale JJ per via retrograda e anterograda rispettivamente. La litiasi essendo di natura uratica è stata trattata con chemiolisi orale. Nei rimanenti tre cinque casi è stata effettuata ricanalizzazione per via anterograda e retrograda con dilatazione della stenosi mediante incisione con lama a freddo e dilatazione con palloncino. Risultati: Il trattamento ha avuto successo nel 57.14% dei casi. In 3 casi è stato necessario effettuare un reimpianto ureterale alla vescica. Nel caso della stenosi della giunzione pieloureterale è stato necessario un secondo tempo di pieloplastica. In due dei casi trattati sottoposti a reimpianto ureterale il trattamento è stato eseguito d’urgenza per emorragia imponente al momento della puntura renale per il posizionamento della nefrotomia. A tal proposito sottolineiamo l’importanza di eseguire una accurata puntura del gruppo caliciale mediosuperiore considerando che più sono i tentativi di puntura del rene, maggiore è la possibili- 50 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 tà di un’emorragia dal sito della puntura con una facilità notevolmente superiore rispetto ad un rene non trapiantato. Conclusioni: Dalla nostra esperienza si evince la necessità di un inquadramento polispecialistico nella selezione del paziente da trapiantare. L’approfondimento diagnostico nei pazienti a rischio in relazione ai dati anamnestici. Infine è essenziale il ruolo dell’urologo sia nell’inquadramento diagnostico che nel trattamento “endoscopico” delle complicanze. L’USO DELL’ANESTESIA LOCALE CON N-DO INJECTOR (PHYSION) NEL TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DEI TUMORI SUPERFICIALI E MAPPING DELLA VESCICA: RISULTATI PRELIMINARI ED ANALISI COSTO-BENEFICIO M. Brausi, M. Gavioli, M. Viola, G. Simonini, G. Verrini, G. De Luca, G. Peracchia Dipartimento di Urologia, AUSL di Modena Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare la fattibilità e la sicurezza della resezione endoscopica di tumori Ta-T1 della vescica (< 2 cm) e l’esecuzione di biopsie multiple della vescica (da 5 a 7 prelievi) in anestesia locale utilizzando un nuovo endoiniettore (sistema N-DO, Physion). Inoltre si è voluto valutare la capacità della tecnica di poter fornire una corretta stadiazione del tumore, controllare il grado di tollerabilità del paziente attraverso una scala visivo-analogica (VAS) ed infine eseguire un’analisi costo-beneficio rispetto alla tecnica standard. Materiali e Metodi: Dall’Ottobre 2004 al luglio 2005 sono stati arruolati in questo studio pilota 30 pazienti con tumori papillari Ta-T1 e 10 pazienti con ematuria e citologie urinarie positive o dubbie. I pazienti sono stati tutti trattati nella nostra struttura di day-hospital. I pazienti arruolati sono stati 25 uomini e 15 donne con un’età media di 74,5 anni. Tecnica: Prima di dare inizio alla procedura si introduce in uretra un gel di lidocaina al 2% per circa 10-15 min. Poco prima di cominciare l’uretrocistoscopia, l’iniettore N-DO Physion viene introdotto nel canale di lavoro del cistoscopio e ad esso viene collegata una siringa da 20 ml riempita di lidocaina al 2% o di naropina. Successivamente si valuta l’uretra e si inietta il collo vescicale alle ore 3-6-9 con circa 2-3 ml di lidocaina. Si ispeziona la vesci- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia ca e si inietta l’area perilesionale, in due o tre punti al di sotto della mucosa vescicale con un ml di lidocaina, cercando possibilmente di raggiungere gli strati più profondi della vescica (1-1,5 cm). In caso di mappatura vescicale è possibile eseguire una sola iniezione di anestetico per sito di prelievo. Dopo tre o quattro minuti si introduce il resettore e si eseguono la resezione endoscopica del tumore o la serie di biopsie profonde. La procedura termina con la diatermocoagulazione delle zone sede di prelievo. Il questionario VAS viene immediatamente somministrato al paziente per valutarne la tollerabilità. La scala VAS va da zero (assenza di dolore) a 10 (peggior dolore possibile). Abbiamo diviso i nostri pazienti in tre gruppi: Gruppo 1: 0-4 = assenza di dolore-dolore di media intensità; gruppo 2: 5-7 = dolore medio-moderatamente rilevante, gruppo 3: 810= dolore importante. La tecnica nelle donne è stata più semplice non dovendo ricorrere all’anestesia del collo vescicale. La resezione endoscopica è stata eseguita in 30/40 pazienti mentre 10/40 hanno ricevuto biopsie multiple della vescica. Risultati: Nelle resezioni endoscopiche lo stadio ed il grado dei tumori resecati sono stati: Ta G1= 19 pazienti, T1 G2 = 10 pazienti, iperplasia papillare in un caso. In 27/30 (90%) pazienti il muscolo era presente nel pezzo istologico. Dei 10 pazienti che hanno eseguito le biopsie multiple, 5 hanno avuto riscontro di CIS, in cinque era presente flogosi. Dolore: 24/40 pazienti (60%) hanno avuto assenza o dolore medio (gruppo 1). 12 pazienti (30%) hanno avuto dolore moderato (gruppo 2) ed hanno necessitato di una lieve sedazione (Midazolam) o analgesia (Fentanil). Quattro pazienti (10%) hanno avuto dolore importante ed hanno necessitato di anestesia generale o spinale. L’ospedalizzazione media è stata di circa sei ore. Effetti collaterali: 5/40 pazienti (12,5%) hanno necessitato di cateterizzazione per due o tre giorni per ematuria. Di questi uno ha necessitato di ricovero ospedaliero. Costi: il costo di un trattamento (resezione endoscopica o mappatura) in anestesia locale con Physion N-DO Injector ed in regime di day-hospital è stato di 1185,20 euro contro i 2282,27 euro di un trattamento standard. Il guadagno netto riscontrato è stato di 1097,07 euro per trattamento. Conclusioni: Il trattamento endoscopico con iniettore N-DO Physion in anestesia locale con lidocaina al 2% o con naropina è una tecnica semplice e sicura consentendo la resezione di tumori superficiali e l’esecuzione di biopsie multiple nel 60% dei casi. In associazione con una blanda sedazione circa il 90% dei pazienti tollera il trattamento. La stadiazione tumorale si è rivelata corretta nel 90%dei casi. L’ospedalizzazione media è stata di 6 ore. L’incidenza di complicanze è stata di media entità. Significativo il rapporto costo-beneficio. SLING BULBO-URETRALE CON UTILIZZO DEL DISPOSITIVO INVANCE NEL TRATTAMENTO DEL DEFICIT SFINTERIALE DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE I. Morra, F. Ragni, C. Scoffone, D. Vaccino, M. Billia, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia, Università di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano (TO) Introduzione e Obiettivi: L’incontinenza dopo prostatectomia radicale rappresenta un problema invalidante per i pazienti. Attualmente lo sfintere artificiale rappresenta la migliore soluzione per l’incontinenza, pur avendo una percentuale significativa di complicanze a lungo termine. Lo sling bulbo-uretrale con il dispositivo InVance rappresenta un’alternativa al trattamento dell’incontinenza post-prostatectomia. Riportiamo la nostra esperienza sull’utilizzo di questa tecnica. Materiali e Metodi: Tra settembre 2004 e dicembre 2005 abbiamo trattato con sling InVance 19 pazienti (età: 55 e 76 anni), affetti da deficit sfinteriale post-prostatectomia radicale. Tutti i pazienti sono stati sottoposti preoperatoriamente ad indagine urodinamica ed esecuzione di pad test sec. ICS. Abbiamo considerato incontinenza lieve, moderata e grave quella con I.C.S. pad test compreso rispettivamente tra 0-15 g, 15 e 50 g, e superiore a 50 g. Tutti gli interventi sono stati effettuati in anestesia spinale, con il paziente in posizione litotomica spinta mediante un piccolo accesso sul perineo anteriore, lasciando il tessuto adiposo, che ricopre il muscolo bulbospongioso, a protezione dell’uretra. Isolate le branche ischio-pubiche discendenti per circa 3 cm, si incide il periostio e si posizionano 3 viti in titanio da ciascuna lato. La rete Intemesh (AMS), viene solidarizzata alle viti di entrambi i lati con adeguata tensione. Al termine si posiziona il catetere vescicale e si sutura la breccia. I pazienti Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 51 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia sono stati rivalutati a 4 mesi e a 1 anno con indagine urodinamica e pad test sec. ICS. Risultati: Il follow-up medio è 10 mesi (range 116 mesi). 16 pazienti presentavano incontinenza dopo prostatectomia radicale retropubica o laparoscopica, 1 paziente dopo prostatectomia radicale transperineale, 2 dopo prostatectomia radicale e RDT. 10 pazienti avevano incontinenza moderata e 9 grave. Il VLPP preoperatorio era compreso tra 40 e 85 cm H2O. In 4 casi era presente instabilità detrusoriale. Il tempo medio impiegato per questi interventi è stato di 50’. La degenza ospedaliera media post-intervento è stata di 1,6 giorni. In 3 casi è stato necessario l’autocateterismo per 5 giorni. Attualmente 12 pazienti (63,1%) risultano asciutti e non utilizzano alcun presidio per l’incontinenza, 5 pazienti (26,3%) presentano incontinenza lieve, 1 paziente presenta incontinenza moderata e 1 incontinenza grave. Al controllo urodinamico a 4 mesi in 2 pazienti era ancora documentabile il VLPP >100 cm H2O, mentre due pazienti presentavano una lieve instabilità al massimo riempimento. Il pad test mediano passava da 100 a 9 al controllo del quarto mese, mentre a un anno su 8 pazienti valutabili era di 11. Non si sono verificate osteiti o infezioni dello sling. Algie perineali transitorie si sono verificate in 5 pazienti (26,3%). Attualmente nessun paziente presenta segni di estrusione della benderella. Conclusione: Lo sling bulbo-uretrale InVance si è dimostrato efficace nel trattamento del deficit sfinteriale maschile iatrogeno con un tasso di successo del 63,1% e una percentuale significativa di miglioramento (26,3%). L’efficacia e la sicurezza della procedura unite alla miniinvasività rappresentano gli aspetti più interessanti di questa nuova tecnica, rendendola una valida soluzione per il trattamento dell’incontinenza dopo prostatectomia radicale. La miniinvasività della procedura rende l’intervento eseguibile in regime di day surgery. TRATTAMENTO DELLA VESCICA IPERATTIVA DA SCLEROSI MULTIPLA MEDIANTE INIEZIONE INTRADETRUSORIALE CON TOSSINA BOTULINICA (BOTOX A): DUE TECNICHE A CONFRONTO I. Morra, F. Ragni, D. Vaccino, M. Cossu, M. Billia, R.M. Scarpa Divisione Universitaria di Urologia, Università di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Orbassano (TO) 52 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 Introduzione: I pazienti affetti da sclerosi multipla presentano importanti disturbi minzionali. L’iniezione intradetrusoriale di tossina botulinica rappresenta un trattamento sicuro dell’iperattività detrusoriale. Per ottenere una migliore tollerabilità al trattamento, a parità di efficacia, abbiamo ridotto il numero di iniezioni aumentando la concentrazione per ogni singola iniezione. Materiali e Metodi: Da giugno 2005 a dicembre 2005, 15 pazienti (19-56 aa), 11 donne e 4 uomini, sono stati randomizzati in 2 gruppi: 8 nel gruppo A e 7 nel gruppo B. Tutti i pazienti presentavano all’urodinamica iperattività detrusoriale da sclerosi multipla, non rispondente agli anticolinergici. Nei pazienti del gruppo A sono state effettuate 30 iniezioni intradetrusoriali da 10U di Botox A (300U in 30 ml) mentre nei pazienti del gruppo B sono state effettuate 10 iniezioni da 30U (300U in 10 ml). Le infiltrazioni sono state eseguite con ago curvo ad avanzamento graduabile (N-DO Phision). In entrambi i gruppi la procedura è stata eseguita previa anestesia locale. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a indagine urodinamica a un mese dal trattamento; pretrattamento e a 1, 3 e 6 mesi, sono stati valutati la percentuale di pazienti incontinenti, il numero di episodi di incontinenza giornalieri, e la qualità di vita con SF12. La tolleranza alla procedura è stata valutata con la VAS. Risultati: La durata media della procedura è stata per il gruppo A e B rispettivamente di 12 e 5, e la VAS media di 60 e 30. Nel gruppo A si è resa necessaria in 2 pazienti una sedo-analgesia. In 3 pazienti del gruppo A è stato necessario mantenere il catetere per 24 ore per ematuria. La massima capacità cistometrica (MCC) media pre-trattamento era di 215 ml per il gruppo A e 198 ml per il gruppo B, aumentando all’urodinamica di controllo a 367 ml per il gruppo A e 390 ml per il gruppo B. L’iperattività detrusoriale compariva a 130 ml nei pazienti del gruppo A e a 115 ml nei pazienti del gruppo B. A un mese dal trattamento 2 pazienti del gruppo A e 1 paziente del gruppo B presentavano un’iperattività terminale di bassa ampiezza. Il numero medio di episodi di incontinenza pretrattamento nel gruppo A era di 5,4 e di 4,7 nel gruppo B. Al primo mese due pazienti del gruppo A e 1 paziente del gruppo B lamentavano ancora 1 episodio di incontinenza al dì. A tre mesi 3 pazienti del gruppo A e 2 del gruppo B lamentavano incontinenza. 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Conclusione: La tossina botulinica ha dimostrato efficacia nel ridurre significativamente l’incontinenza urinaria e migliorare i parametri urodinamici e la qualità di vita. Poiché questi pazienti, a differenza dei mielolesi, presentano inalterata la sensibilità dolorifica, la semplificazione della procedura rappresenta un aspetto importante del trattamento. Nella nostra esperienza, a parità di efficacia nel tempo, la riduzione del numero di iniezioni è risultata più tollerabile, con minor percentuale di complicanze risultando eseguibile ambulatorialmente. RECUPERO DELLA CONTINENZA URINARIA DOPO TRATTAMENTO CON ULTRASUONI FOCALIZZATI PER CARCINOMA DELLA PROSTATA V. Ficarra1, S. Zecchini Antoniolli1, G. Novara2, A. Galfano2, S. Cavalleri2, W. Artibani2 1 Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia, Università di Verona; 2Istituto di Urologia, Università di Padova Obiettivo: Valutare la percentuale di recupero della continenza urinaria in una coorte di pazienti sottoposti a trattamento con ultrasuoni focalizzati ad elevata energia per carcinoma della prostata clinicamente localizzato (cT1-2) o localmente avanzato (cT3). Materiali e Metodi: Dal mese di aprile del 2003 al novembre del 2004 sono stati arruolati complessivamente 41 pazienti: 11 con neoplasia prostatica a basso/intermedio rischio di progressione e 30 ad elevato rischio di progressione. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a trattamento HIFU con l’apparecchiatura Ablatherm della EDAP (Lione, France), previa esecuzione di una TURP nella stessa seduta operatoria. Per preservare la continenza urinaria, il trattamento è stato iniziato ad una distanza di sicurezza di 4-6 mm dall’apice prostatico (area di sicurezza). Lo stato di continenza è stato valutato pre-operatoriamente e dopo 3, 6, 9 e 12 mesi con l’utilizzo di un questionario istituzionale auto-compilato dai pazienti. Sono stati definiti continenti i pazienti che non utilizzavano pannolini o che ne utilizzavano uno che risultava asciutto dopo 24 ore. Risultati: I pazienti arruolati presentavano età mediana di 73 anni (range 72-77). Il valore mediano del PSA pre-trattamento era pari a 9,6 ng/ml (range 6-28). La ripresa spontanea della minzione è avvenuta ad un intervallo mediano dal trattamento di 12 giorni (range 718). Tutti i pazienti erano continenti prima del trattamento. La continenza urinaria è stata recuperata da 21 pazienti (51%) dopo 3 mesi, da 35 (85.3%) dopo 6 mesi, da 38 (92.6%) dopo 9 mesi e da 39 (95%) dopo 12 mesi. I tre pazienti incontinenti presentavano rispettivamente 78, 67 e 79 anni e utilizzavano 2 pannolini/die. La maggior parte dei pazienti con incontinenza urinaria a 3 mesi dal trattamento riferiva un quadro a presumibile origine mista da urgenza e sforzo. Dal sesto mese in poi i pazienti incontinenti presentavano un’incontinenza esclusivamente correlata a intense variazioni della pressione addominale. Conclusioni: HIFU è una moderna metodica caratterizzata da un’elevata percentuale di recupero della continenza urinaria. L’incontinenza osservata nei primi mesi dopo il trattamento ha una componente mista di urgenza e sforzo. Dopo il sesto di follow-up i pazienti presentano un’involontaria perdita d’urina da sforzo. EFFICACIA LITOLITICA DEL PHILLANTUS NIRURI NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI OSSALICA RESIDUA DEL CALICE INFERIORE POST-ESWL: STUDIO RANDOMIZZATO C. Saltutti, R. Gunelli, T. Zenico, M. Fiori, H. Hanitzsch, C. Vivacqua, P. Lilli, E. Bercovich Unità Operativa di Urologia, Ospedale “MorgagniPierantoni”, Forlì Introduzione: In un periodo che va da Ottobre 2004 ad Ottobre 2005, abbiamo effettuato uno studio randomizzato su 100 pazienti. A 50 sono stati somministrati giornalmente 150 mg di Phillantus Niruri e ad altri 50 un placebo. Tutti i pazienti risultavano affetti da calcolosi ossalica del rene in sede caliciale inferiore e precedentemente sono stati trattati con litotrissia extracorporea ad onde d’urto. Materiali e Metodi: I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi: un gruppo A di 50 con residui litiasici di dimensioni entro 5 mm di diametro. A 25 di questi sono stati somministrati 150 mg di Phillantus Niruri/die (A1), mentre ad altri 25 placebo (A2) costantemente per 12 mesi. Un ulteriore gruppo di 50 pazienti avevano altresì frammenti di dimensioni maggiori a 5 mm di diametro (B): 25 dei quali hanno intrapreso la terapia col Phillantus alle stesse dosi Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 53 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia (B1) e altri 25 placebo (B2) sempre per 12 mesi. Il trattamento ESWL è stato eseguito precedentemente a tutti i pazienti nei quali già era stata constatata la presenza di una calcolosi ossalica grazie ad un esame chimico di frammenti espulsi spontaneamente o per la presenza di calcolosi ossalica recidivante. Il litotritore utilizzato è stato il Sonolith 4000, il numero di onde d’urto è stato compreso fra 2500 e 4000 ad una potenza compresa fra 11.5 e 13.5 Kv. La calcolosi ossalica, localizzata nel calice inferiore, era di dimensioni comprese fra 5 e 14 mm di diametro. Risultati: Nel gruppo A1 i pazienti stone-free erano 4 mentre in 7 è stato appurato una diminuzione costante delle dimensioni dei residui. Nel B1 invece 2 erano i pazienti stone-free mentre 13 quelli con dimensioni ridotte dei residui. In totale 10% di pazienti stone-free (6) + 40 % di pazienti con < delle dimensioni dei residui litiasici. Nei gruppi con placebo i pz. stone-free erano rispettivamente 1 nel A2 e 1 nel B2 pari al 4 % dei casi. Sempre in questo gruppo i pz con < delle dimensioni dei residui erano invece 0 nel A2 e 2 nel B2 pari all’8% dei casi. Discussione e Conclusioni: Per la calcolosi ossalica caliciale inferiore la percentuale di pazienti stone-free post-ESWL oscilla fra il 18 ed il 22% dei casi. I dati che risultano da questo nostro studio indicano come a questa percentuale di stone-free si può aggiungere un 10% di ulteriori pazienti stone-free (4=gruppo A1, 2=gruppo B1) solo col trattamento con Phillantus Niruri e addirittura un 50% dei casi nei quali tale trattamento ha ottenuto una considerevole diminuzione delle dimensioni dei frammenti litiasici residui (7=gruppo A1, 13=gruppo B1). LITOTRISSIA EXTRACORPOREA(SWL). RISULTATI A LUNGO TERMINE M. Gelosa, G. Zanetti, C. Castelnuovo, S. Paparella, S. Confalonieri, R. Lizzano, F. Rocco Dipartimento di Urologia, Fondazione IRCCS, Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano Introduzione e Obiettivi: La litotrissia extracorporea (SWL) si è dimostrata un trattamento efficace e sicuro nella calcolosi reno-ureterale. Studi hanno comunque evidenziato possibili danni parenchimali, rischi di ricrescite dei 54 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 frammenti residui, recidive o casi di ipertensione. Pertanto un follow-up a lungo termine è necessario per valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento SWL. Metodi: 210 pazienti sottoposti a SWL per calcolosi renale-ureterale - 3% calcolosi caliciale superiore, 12% calcolosi caliciale media, 26% caliciale inferiore, 12% calcolosi multipla, 12% calcolosi pielica, 22% ureterale (15% uretere prossimale, 5% uretere medio, 12% uretere distale) - sono stati esaminati a 3 mesi e a un follow-up medio di 7,5 anni (6-10 anni). Nessun paziente ha eseguito terapie specifiche metaboliche ma solo un incremento nell’apporto idrico. Al follow-up, a tutti i pazienti veniva fornito un questionario sulle proprie abitudini alimentari, chiesto eventuali episodi sintomatici o espulsione di uroliti ed eseguito ecografia reno-vescicale ed un Rx addome. Risultati: A tre mesi dal trattamento 156 pazienti (74,3%) erano liberi da calcoli, 36 (17,1%) mostravano calcoli di dimensioni < 4 mm o polvere, 13 (6,2%) pazienti avevano frammenti >4 mm e 5 pazienti (2,4%) mostrava calcolosi invariata. Al follow-up a lungo termine dei pazienti liberi da calcoli 107 pazienti (68,6%) risultavano liberi da calcoli, ma 49 pazienti (31,4%) avevano mostrato una recidiva. Dei 47% con frammenti < 4 mm e 70% dei pazienti con frammenti maggiori di 4 mm hanno mostrato una ricrescita. Il 26,3% dei pazienti stone free a tre mesi e il 46,3% dei pazienti con frammenti hanno avuto episodi sintomatici o bisogno di ritrattamenti per ricrescita o recidive. Conclusioni: La litotrissia extracorporea risulta il trattamento di prima scelta per la calcolosi reno-ureterale. Infatti SWL sembra non influenzare significativamente le recidive nel follow-up a lungo termine ma la presenza di frammenti residui aumenta i casi sintomatici e i ritrattamenti. LA CALCOLOSI RENALE NEL PAZIENTE ANZIANO M. Gelosa, L. Carmignani, S. Paparella, G. Zanetti, R. Lizzano, F. Rocco Dipartimento di Urologia, Fondazione IRCCS, “Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena”, Milano Introduzione: L’utilizzo sempre più diffuso dell’ecografia addominale e di altre forme di ima- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia ging diagnostico, l’aumento della vita media e le terapie per il metabolismo calcico hanno portato alla diagnosi di un numero sempre maggiore di calcolosi nell’anziano. Obiettivo dello studio è stato la valutazione dell’efficacia e delle complicanze del trattamento di litotrissia extracorporea in una popolazione di età superiore ai 70 anni. Materiali e Metodi: Si è proceduto ad uno studio retrospettivo su pazienti di età superiore ai 70 anni (età alla data del trattamento) sottoposti a SWL presso la nostra Divisione dal Gennaio 1996 all’Aprile 2005 con Litotritore elettromagnetico Storz Modulith SLX. Sono stati valutati 115 pazienti (73 maschi, 42 femmine) su un totale di 1595 (7,2%), con età media di 73,6 anni (range 70-82). Sono stati definiti liberi da calcoli (“stone free”) quei pazienti in cui non vi era più alcun riscontro ecografico e radiologico di frammenti litiasici. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un Rx Addome smdc e ad un’ecografia dell’apparato urinario a 3 giorni dal trattamento, quindi a 13 mesi, a 6 mesi e a 12 mesi. Le complicanze valutate sono state la comparsa di aritmie ed extrasistoli, sintomatologia vagale (Kataoka, 1994), impilamento dei frammenti trattati, ipertensione arteriosa, formazione di ematomi perirenali. Risultati: Il numero medio di shock wave (SW) è stato di 2850 per paziente (range 18004500) con potenza media di 18 KV (range 1620). Nel follow-up a breve termine a conclusione del singolo trattamento o del ciclo di trattamenti (1-3 mesi dal trattamento) si è osservato: 71,3% (82/115) stone free, 20% (23/115) con frammenti espulsibili (< 4 mm), 3,5% (4/115) con frammenti > 4 mm, 4,3% (5/115) invariati. Per quanto riguarda le complicanze, si è verificata aritmia/extrasistolia nel 7,8% dei casi (9/115), nausea e/o vomito nel 3,5% (4/115), puntate ipertensive nel 3,5% (4/115), impilamento nel 2,6% (3/115), un unico caso di ematoma renale subcapsulare, che non ha richiesto alcuna manovra chirurgica, ma solo un controllo ecografico nel tempo. Nei pazienti affetti da calcolosi caliciale abbiamo osservato un 52,1% (25/48) di sintomatici e un 47,9% (23/48) di asintomatici pre-trattamento. Di questi ultimi si è osservato al follow-up a medio-lungo termine: 56,5% di stone free (13/23), una ricrescita ed una recidiva entrambe del 17,4% (4/23); si è osservato inoltre un caso di sintomatologia insorta dopo SWL in paziente precedentemente asintomatico. Conclusioni: La litotrissia risulta essere la metodica efficace di primo approccio per il trattamento della calcolosi urinaria nell’anziano, ottenendo risultati soddisfacenti e non comportando un aumento significativo di complicanze. In pazienti con calcolosi renale asintomatica e non condizionante sofferenza renale, il trattamento di litotrissia extracorporea può essere una manovra determinante più svantaggi che benefici per il paziente anziano. DIVERTICOLI PIELOCALICIALI: EVOLUZIONE DEL TRATTAMENTO ENDOSCOPICO A. Vismara, R. Hurle, A. Manzetti, M. Catastini, S. Valenti, O. Fenice, I. Vavassori U.O. Urologia, Humanitas Gavazzeni, Bergamo Introduzione: Il diverticolo pielocaliciale (PCD) consiste in una cavità non secretoria all’interno del parenchima renale, rivestita da parete sottile, comunicante con il sistema escretore attraverso canali ristretti. I diverticoli caliciali non complicati ed asintomatici possono essere trattati in maniera conservativa con controlli regolari. Tuttavia, a fronte della presenza di urine all’interno della cavità cistica, possono essere frequentemente associati a sviluppo di calcoli ed infezione, sviluppando anche quadri di notevole dignità clinica. Le indicazioni per il trattamento includono lombalgia, infezione cronica della vie urinarie, ematuria, aumento delle dimensioni del calcolo (litiasi di calibro tale da comportare compressione e progressiva sofferenza del contiguo parenchima renale). Tutti i diverticoli pielocaliciali chirurgici devono essere indagati esaustivamente per ottenere una completa definizione dei rapporti anatomici: in tal senso i maggiori vantaggi diagnostici sono stati forniti dalla TAC spirale. Il trattamento chirurgico del PCD sintomatico rappresenta una vera e propria sfida per l’urologo sebbene la tecnica chirurgica si sia evoluta sempre più, sfruttando le più recenti innovazioni tecnologiche. Materiale e Metodi: Da agosto 1996 a febbraio 2004, 15 pazienti consecutivi affetti da PCD sintomatico sono stati trattati dallo stesso urologo (I.V.) con tecnica endoscopica, sia con approccio percutaneo diretto (13 pazienti) sia indiretto (2 pazienti). Una decisione circa il destino del diverticolo può essere formulata Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 55 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia allorché il paziente risulti libero da calcoli. Possono essere considerate due vie: 1) preservazione del diverticolo con ricanalizzazione dell’infundibolo, ottenuta attraverso dilatazione con palloncino (11 pazienti) o incisione endoscopica (4 pazienti); 2) obliterazione della mucosa. Risultati: Tutti i pazienti sono stati controllati a 3 mesi con ecografia dell’apparato urinario ed a 6 mesi con Rx urografia. Il follow-up rivela risoluzione dei sintomi nel 90% dei pazienti e bonifica litiasica nel 100% dei casi; nei pazienti sottoposti a dilatazione dell’infundibolo abbiamo osservato all’urografia relativa calicectasia ma regolare scarico del contrasto. Discussione: Nella nostra esperienza la chiave del successo nel trattamento del PCD può essere attribuita alla cruentazione della parete del diverticolo, occlusa da un processo di granulazione, incoraggiandoci a favorire l’utilizzo della diatermocoagulazione. Abbiamo registrato, peraltro, la persistenza del diverticolo dopo posizionamento di nefrostomia senza cauterio dell’epitelio. Una folgorazione estensiva non è necessaria e dovrebbe essere evitata in quanto può causare sanguinamento. Recentemente abbiamo eseguito l’obliterazione dei calici diverticolari con il laser ad Olmio: tale ausilio tecnologico rappresenta il modo più semplice e sicuro nel trattamento del PCD sintomatico. TERAPIA NON CHIRURGICA DELLA LITIASI VESCICALE P. Guiggi1, M. Del Zingaro1, V. Bini2, C. Micheli1 1 Clinica Urologica e Andrologica, Perugina; 2 Dipartimento di Medicina Interna, Sezione di Pediatria Obiettivi: Valutare l’efficacia dell’ESWL nella litiasi vescicale in pazienti non candidabili ad intervento chirurgico. Materiali e Metodi: Venti pazienti di età media 21.3 anni (range 21-86) con calcolosi vescicale di 8-50 mm di diametro di 67.1 (mediana 23 mm) sono stati sottoposti ad ESWL. La litiasi era sostenuta da: cateterismo prolungato per coma (1 paziente); vescica neurologica (3 pazienti); litiasi secondaria (1 paziente); patologia prostatica benigna (14 pazienti) o maligna (1 paziente). Contrariamente ad alcuni autori, che hanno utilizzato per il trattamento un catetere a 3 vie con lavaggio vescicale continuo, noi abbiamo posizionato un catetetere a 56 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 2 vie 20 Ch che rimaneva in sede per tutta la durata del trattamento al solo scopo di evitare l’incuneamento dei frammenti litiasici) si erogavano per ogni sessione nell’uretra. Con il Piezolith 3000 (R.Wolf 120 SW/min, con potenza di 1.76 mJ/mm2 per complessive 4000-8000 SW. Il numero dei ritrattamenti variava da 1 a 5. Nessun paziente ha necessitato di terapia antalgica e in nessuno caso si sono eseguite procedure ausiliarie post ESWL (esempio: lavaggio vescicale con camicia da 22 Fr, uretroscopia). Tutti i pazienti praticavano terapia domiciliare con farmaci alfa litici e citrati. L’analisi statistica è stata effettuata con il test di Mann-Whitney. Risultati: L’ESWL è stata efficace nel 95% dei pazienti (1 paziente è uscito dallo studio per scarsa compliance). Sono risultati stone-free a 7 giorni 6/19 pazienti (31%); a 15 giorni 4/19 (21%), a 30 giorni 3/19 (16%) ed a 45 giorni 6/19 (31%). I risultati migliori si sono ottenuti per calcoli di dimensioni < 24 mm in termini di numero di SW erogate (p = 0.05) e di tempo di eliminazione (p = 0.06). I tempi medi di trattamento per ottenere la frammentazione sono stati di 117.6 87.6 minuti. Non si è verificata nessuna complicanza maggiore. Conclusioni: Il gold standard terapeutico della litiasi vescicale è la litotrissia endoscopica associata o meno all’intervento disostruttivo (TURP). Tuttavia il trend della chirurgia in generale, e più specificatamente della chirurgia urologica è quello di una terapia sempre più mininvasiva. In questa ottica l’ESWL può essere una valida modalità terapeutica specialmente quando l’intervento chirurgico è proscritto per: compromesse condizioni generali; recidività della litiasi (per esempio: vescica neurologica); interventi chirurgici ricostruttivi (uretroplastica, impianti protesici per incontinenza urinaria o per impotenza); età pediatrica. L’URETEROSCOPIA RIGIDA NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI URETERALE G. Deiana, O. Pianezza, L.P. Canclini, L. Ferodi, A. Lembo U.O. Urologia, Ospedali Riuniti, Bergamo Introduzione: La disponibilità di strumenti di calibro ridotto con adeguato canale operativo e sistema ottico ad alta risoluzione, unitamente agli accessori per la frammentazione ed estrazione del calcolo, hanno incrementato 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia l’efficacia dell’urologo nel trattamento endoscopico della calcolosi ureterale. In questo studio riportiamo la nostra esperienza su una serie consecutiva di interventi di ureterolitotrissia endoscopica. Materiali e Metodi: Dal 01/01/2003 al 30/06/2005 presso la nostra U.O. di Urologia sono state eseguite 363 ureteroscopie per calcolosi. Per la procedura è stato utilizzato un ureteroscopio rigido Wolf 6-7,5 Fr (198 casi) oppure 7-8,5 Fr (165 casi) e litotritore pneumatico Swiss Lithoclast. I pazienti erano 243 uomini e 120 donne d’età compresa tra 10 e 88 anni (media 52; mediana 52). Le dimensioni del calcolo erano comprese tra 4 mm e 25 mm (media 10,4; mediana 10). Il calcolo era situato nell’uretere destro in 155 casi, nell’uretere sinistro in 208 casi, a livello lombare in 154 casi, iliaco-pelvico in 136 casi ed intramurale in 73 casi. Risultati: In 7 casi l’ureteroscopia è stata infruttuosa per la ristrettezza dell’uretere tale da non consentire la progressione dello strumento (4 calcoli dell’uretere lombare, 3 calcoli dell’uretere iliaco-pelvico; 5 casi con strumento 6-7,5 fr e 2 casi con strumento 7-8,5 fr) e pertanto è stato posizionato uno stent ureterale. In 120 casi l’introduzione dell’ureteroscopio è stata agevolmente eseguita in maniera diretta (80 casi con strumento 6-7,5 fr e 40 casi con strumento 7-8,5 fr) mentre nei rimanenti casi l’uretere è stato incannulato con l’ausilio di un filo guida. In 323 casi è stata ottenuta la frantumazione del calcolo. In 279 casi sono stati rimossi tutti i frammenti litiasici (80 calcoli dell’uretere lombare, 126 calcoli dell’uretere iliaco-pelvico e 73 calcoli dell’uretere intramurale). In 45 casi parte dei frammenti litiasici sono migrati nel rene (6 calcoli del giunto pielo-ureterale, 33 calcoli dell’uretere lombare, 6 calcoli dell’uretere iliaco). In 32 casi la procedura è es Conclusioni: Nella nostra esperienza la ureterolitotrissia endoscopica con strumento rigido di piccolo calibro ha dimostrato essere una metodica sicura ed efficace nell’ottenere la disostruzione dell’uretere, consentendo la bonifica della calcolosi in una elevata percentuale di casi. A nostro giudizio l’utilizzo di strumenti di piccolo calibro di ultima generazione e la disponibilità di accessori efficaci per la frantumazione ed estrazione dei frammenti litiasici unitamente all’esperienza dell’operatore sono fattori necessari per il successo della procedura. STENTING URETERALE DOPO URETEROLITOTRISSIA: CONSIDERAZIONI E STUDIO RETROSPETTIVO SU 181 PAZIENTI C. Saltutti, H. Hanitzsch, T. Zenico, M. Fiori, R. Gunelli, P. Lilli, C. Vivacqua, E. Bercovich Unità Operativa di Urologia, Ospedale “MorgagniPierantoni”, Forlì Introduzione: In un periodo compreso fra Gennaio ’04 e Gennaio ’06 abbiamo effettuato uno studio retrospettivo riguardante il trattamento endoscopico con ureteroscopia rigida (URS) della calcolosi ureterale attraverso l’uso di energia laser con laser ad olmio. Tale studio è stato basato sul confronto di due gruppi di pazienti: un gruppo A (109 pz) al quale è stato posizionato uno stent ureterale ed un gruppo B (72 pz) senza stent. Materiali e Metodi: Tutti i pazienti di età compresa fra 17 e 76 anni erano affetti da calcolosi ureterale di dimensioni comprese fra 4 e 13 mm di diametro. L’URS è stata eseguita con strumenti rigidi Storz 7.8 Fr., sotto diretto controllo Rx, con fibra laser di 550 micron ad una potenza compresa fra 8 e 12 watt. In 92 pz del gruppo A il posizionamento dello stent (tipo JJ) è avvenuto dopo: 1) dilatazione del meato ureterale, 2) manovre di estrazione dei frammenti litiasici, 3) uso di basket e/o litocatch, 4) presenza di lesioni endoureterali, 5) litotrissia di calcoli incarcerati nella mucosa ureterale e successivamente rimosso dopo 2030 gg dal trattamento. in ulteriori 17 pazienti del gruppo A lo stent (tipo “open end”) è stato posizionato dopo semplice URS + lasertrissia e rimosso dopo 2-3 gg dal trattamento. Nessun stent è stato posizionato ai 72 pz del gruppo B. Risultati: Del gruppo A, 17 pazienti che hanno mantenuto in sede un “open end” hanno lamentato ematuria e stranguria, 92 pazienti con JJ hanno lamentato: ematuria (78), dolenzia al fianco (4), stranguria (33), asintomatici (7). Nei 72 pazienti del gruppo B, senza stent, abbiamo constatato: presenza di modesta colica renale e/o espulsione di frammenti litiasici (22), solo espulsione di frammenti (46), ematuria (6). Non si sono riscontrate differenze statisticamente significative nei confronti di alcuni parametri quali età del paziente, dimensioni e radiosensibilità dei calcoli, (p>0,05). Solo l’ematuria è risultata sintomo persistente per il gruppo A con “open end” o JJ a dimora rispettivamente x 2-3 gg o 20-30 gg (p=0,02). Conclusioni: Se l’URS viene associata ad una Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 57 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia litotrissia laser micro-capillare, dosata con energie adeguate e senza alcuna complicazione, tale procedura è da considerare sicura senza la necessità di ricorrere ad alcuna manovra aggiuntiva quale quella di posizionare uno stent ureterale di qualsiasi tipo. URETEROSCOPIA FLESSIBILE: CONSIDERAZIONI SULLA LONGEVITÀ DELLO STRUMENTO DOPO 145 PROCEDURE C. Scoffone, F. Porpiglia, C. Cracco, M. Cossu, M. Poggio, M. Billia, S. Grande, F. Musso, R.M. Scarpa Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano (TO) Introduzione ed Obiettivi: Scopo di questo studio è stato quello di valutare retrospettivamente le procedure di ureteroscopia flessibili valutando la longevità degli strumenti. Metodi: Sono state rivalutate tutte le procedure flessibile a partire dal Gennaio 2001 sino a Giugno 2005. Sino al 2002 sono stati utilizzati un ureteroscopio Wolf e uno Storz, successivamente sostituiti da due DUR-8 Elite (ACMI). Per la litotrissia dei calcoli o laserizzazione di neoformazioni è stato utilizzato l’Holmium:YAG Laser (Sfinx) e Tulium laser (Revolix, Lisa laser). La sterilizzazione dello strumento flessibile è stata sempre eseguita esclusivamente con metodica Steris. Risultati: 145 pazienti sono stato sottoposti ad ureteroscopia flessibile di cui 101 pazienti (69%) sono stati trattati per calcolosi, 20 (14%) per la diagnosi di tumori uroteliali, 5 (4%) per stenosi ureterali, 19 (13%) per procedure di ricanalizzazione combinata anteroretrograda. I calcoli sono stati trattati con: 15 pazienti estrazione del calcolo con cestello; 24 pazienti laserlitotrissia in situ; 62 pazienti ricollocazione del calcolo e litotrissia. In 30 procedure è stata utilizzata la camicia ureterale. Le prime 35 procedure sono state eseguite con gli ureteroscopi flessibili Storz e Wolf. Con il primo strumento DUR-8 ACMI sono state eseguite 30 ureteroscopie e quindi è stato sostituito da una analogo modello in seguito a danneggiamento durante la sterilizzazione. Le successive 80 procedure sono state quindi eseguite con un identico modello di DUR8 ACMI Elite, attualmente in uso. Conclusioni: In base alla nostra esperienza possiamo affermare che la longevità dell’uretero- 58 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 scopio flessibile è di gran lunga maggiore qualora venga esclusivamente utilizzato da operatori esperti, che eseguano manovre corrette ed utilizzando un strumentazione adeguata che garantisca l’integrità dello strumento (camice ureterali, fili guida e cestelli adeguati). L’attenzione nell’uso della fibra laser è assolutamente fondamentale per evitare danni alla guaina del canale operativo e alle fibre ottiche. La tecnica di ricollocazione dei calcoli con l’utilizzo associato di strumenti semirigidi limitando l’uso del flessibile all’essenziale ne prolunga la vita. L’addestramento del personale di sala operatoria e della sterilizzazione è determinante per l’integrità degli strumenti. URETEROSCOPIA IN GRAVIDANZA: REVISIONE DELLA LETTERATURA C. Scoffone, F. Porpiglia, I. Morra, C. Cracco, M. Poggio, M. Billia, R.M. Scarpa Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano (TO) Introduzione e Obiettivi: La calcolosi in gravidanza è una patologia di riscontro non frequente con incidenza variabile da 1:200 a 1:2500 e maggior frequenza nelle pluripare. Sino ad oggi sono state proposte diverse opzioni terapeutiche e diagnostiche per la calcolosi nelle gravide. Scopo di questa review è analizzare la letteratura per valutare qual è l’iter diagnostico-terapeutico più appropriato in caso di calcolosi in gravidanza.Materiali e Metodi: Eseguendo un’accurata ricerca bibliografica sono stati valutati i diversi metodi di diagnosi con particolare attenzione alle indagini radiologiche al fine di valutare i potenziali rischi teratogenetici e l’accuratezza delle diverse metodiche; inoltre sono state valutate le diverse terapie proposte per la gestione della colica renale. Risultati: Le radiazioni ionizzanti utilizzate nelle indagini radiologiche tradizionali possono provocare importanti danni cellulari al feto, causare malformazioni e favorire lo sviluppo tumorale, essendo pertanto da proscrivere. L’indagine di prima scelta è l’ecografia renovescicale associata al Doppler perché consente di distinguere l’idronefrosi dalla fisiologica dilatazione delle vie urinarie, presente in gravidanza. Il 70-80% dei calcoli viene espulso spontaneamente e la terapia di prima scelta è quella conservativa prediligendo l’uso di FANS 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia e paracetamolo per l’analgesia. In caso di colica complicata, l’ureteroscopia rappresenta la migliore opzione terapeutica. Conclusioni: Il piccolo calibro degli strumenti attualmente disponibili consente di applicare con sicurezza ed efficacia l’ureteroscopia anche in gravidanza, rendendo così questa il gold standard in caso di fallimento della terapia medica. DISPOSITIVI ANTI-RETROMIGRAZIONE DEI CALCOLI IN CORSO DI URS: UTILITÀ REALE? F. Cauda, L. Squintone, O. Sedigh, C. Fiori, D. Fontana, U. Ferrando Dipartimento di NefroUrologia, A.O. San Giovanni Battista “Molinette”, Torino Introduzione ed Obiettivi: Una delle ragioni del fallimento della procedura ureteroscopica (URS) è rappresentata dalla retromigrazione del calcolo: questo evento costringe l’operatore a interrompere la procedura ed indirizzare il paziente verso la litotrissia extracorporea oppure a scegliere la URS flessibile, in entrambe i casi con aumento dei tempi ed aggravio dei costi. Per ridurre l’incidenza di questo inconveniente sono stati messi a punto alcuni sistemi che permettono “l’intrappolamento”, durante la procedura, del calcolo e dei frammenti generati dalla litotrissia. Scopo del presente lavoro è presentare la nostra esperienza con l’uso di questi sistemi. Metodi: Abbiamo rivisto retrospettivamente i dati relativi alle URS eseguite presso la nostra Divisione dal 2003 al 2005 (gruppo A) ovvero nel periodo in cui abbiamo impiegato i sistemi Stone Cone® o N-trap® (Cook Medical Systems) e li abbiamo confrontati con i dati relativi alle procedure eseguite dal 1990 al 2002 (gruppo B), periodo in cui non avevamo a disposizione questi sistemi. Abbiamo valutato: sede e diametro del calcolo, percentuale di retromigrazione del calcolo, percentuale di stone-free dopo l’URS, percentuale di complicanze intraoperatorie. L’analisi statistica è stata condotta mediante t-test di Student e test del Chi quadro. Risultati: I pazienti del gruppo A (n=398) presentavano un calcolo dell’uretere prossimale nel 39% dei casi e dell’uretere distale nel 61% casi; nel gruppo B (n=2350) tali percentuali non differivano significativamente (p>0.05). Nel gruppo A abbiamo usato lo Stone cone® nel 70% e l’N- Trap® nel 30% dei casi. Nel medesimo gruppo abbiamo osservato una percentuale di retromigrazione del 2% mentre nel gruppo B tale percentuale era pari al 24% (p<0.05). La percentuale di stone free dopo la procedura ureteroscopica (rigida + ev flessibile contestuale) nel gruppo A e nel gruppo B era rispettivamente 96 e 85% (p<0.05). La percentuale di complicanze non differiva significativamente fra i due gruppi. Conclusioni: Nella nostra esperienza l’uso sistematico di Stone Cone® e N-Trap® riduce significativamente la percentuale di retromigrazione e aumenta la percentuale di stone-free dopo URS. CALCOLOSI NEL RENE A FERRO DI CAVALLO: QUAL È LA MIGLIORE OPZIONE TERAPEUTICA A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Falsaperla, G. Salemi, G. Caldarella, S. V. Condorelli, M. Motta Obiettivi: Il trattamento della calcolosi renale nel rene a ferro di cavallo pone notevoli problematiche nell’approccio endourologico retrogrado specialmente nel caso di calcolosi caliciale inferiore. Dai dati in letteratura si predilige l’indicazione al trattamento PCN. Descriviamo due casi di calcolosi in rene a ferro di cavallo dove è stato tentato l’approccio retrogrado. Materiali e Metodi: Due uomini di 29 e 63 anni giungono alla nostra osservazione per l’insorgenza di algie lombari a sinistra. Vengono eseguiti esami ematochimici e delle urine di routine, ecografia dell’apparato urinario, Rx urografia che mettono in evidenza litiasi sinistra in entrambi soggetti con rene a ferro di cavallo. Lo strumentario a nostra disposizione è costituito da: ureteroscopi semirigidi e flessibili 7.5 e 10 Fr, Swiss Lirhoclast, Holmium-Yag laser. Risultati: Nel primo caso è stato possibile l’approccio retrogrado con l’individuazione delle due concrezioni ed il trattamento in situ con laser e rimozione dei frammenti in due sessioni + 2 ritrattamenti ESWL con clearance completa dei frammenti. Nel secondo caso non è stata possibile nemmeno l’individuazione del calcolo per via retrograda. Conclusioni: Considerata l’anteriorizzazione pielica e la tendenza all’aspetto stenotico nel rene a ferro di cavallo l’approccio alla patologia caliciale risulta sempre più difficoltoso rispetto Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 59 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia al rene normale anche per il consensuale allungamento dell’infundibulo caliciale inferiore che è spesso la sede della patologia litiasica. Tuttavia in casi selezionati è possibile, come dimostrato nella nostra esperienza seppur limitata, procedere all’approccio retrgrogrado considerando in ogni caso i limiti di trattamento in termini di dimensioni così come per il rene normale. Sicuramente il quadro urografico o uro-TC è predittivo di un difficoltoso approccio al distretto caliciale inferiore; tuttavia specialmente se la litiasi è di piccole dimensioni l’approccio endourologico retrogrado è preferibile al trattamento ESWL in quanto consente la sicura rimozione dei frammenti che avviene difficilmente in maniera spontanea. Il trattamento PCN resta in ogni caso il gold standard nella risoluzione di questa patologia. URETERORENOSCOPIA RIGIDA DEL TRATTO PROSSIMALE DELL’URETERE: TEMPO OPERATORI, PERCENTUALE DI “STONE FREE”, COMPLICANZE M. Maffezzini, F. Campodonico Obiettivo: Valutare efficacia nell’ottenimento della constrizione stone free, delle complicanze e della durata della degenza nei pazienti sottoposti ad URS e litilapassi dell’uretere prossimale. Materiali e Metodi: Abbiamo esaminano i dati dei pazienti sottoposti ad URS dell’uretere prossimale nel periodo Gennaio 2003 – Dicembre 2005. Abbiamo valutato sede e dimensioni della calcolosi, durata della procedura, percentuale di stone free, tipo di stent e durata del ricovero. Risultati: Su 211 URS, 91 si sono svolte nel tratto di uretere lombare-iliaco. In 58 pazienti è stato posizionato un catetere a doppio J a fine procedura e le dimensioni medie del calcolo erano 9 mm, range 5-20. La percentuale di stone free in questo gruppo è del 62,8% dopo la prima URS. Un secondo gruppo di 30 pazienti con calcoli di dimensioni medie di 7 mm, range 5-15 mm nei quali è stato posizionato un catetere open tip per 12 ore e nei quali si è ottenuta una stone free del 75% dopo la prima URS. Non abbiamo registrato complicanze. Tutti i pazienti tranne uno sono stati dimessi la mattina successiva alla procedura. Conclusioni: L’URS rigida rappresenta una 60 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 opzione efficace, sicura ed economica nella litiasi dell’uretere prossimale. RISULTATI DI UNO STUDIO RANDOMIZZATO SUL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI DELL’URETERE PELVICO: CONSERVATIVO VS ENDOSCOPICO F. Nigro, P. Ferrarese, E. Scremin, G. Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, A. Tasca U.O. di Urologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza Introduzione e Obiettivi: La maggior parte dei calcoli ureterali viene espulsa spontaneamente; il tempo tra l’esordio clinico e l’espulsione può raggiungere i quaranta giorni. Nel corso di tale periodo possono manifestarsi dolore, urosepsi e danno renale. Scopo dello studio è valutare il rapporto costo-efficacia del trattamento endoscopico rispetto a quello medicoosservazionale del paziente affetto da calcolosi sintomatica dell’uretere distale. Metodi: Sono stati inclusi pazienti di età superiore ai 18 anni con calcolosi monolaterale sintomatica del tratto pelvico, di diametro massimo, valutato radio-ecograficamente, inferiore a 1 cm. Sono stati esclusi pazienti con infezione urinaria, retrostasi (> 2 cm), malformazione urinaria, gravidanza, diabete, affezioni mediche, espulsione di calcoli urinari o episodi di ipotensione, interventi chirurgici in piccolo bacino. Trattamento medico-osservazionale (20 pazienti, gruppo A): risoluzione della sintomatologia acuta con diclofenac; integrazione con metilprednisolone 8 mg/die (max 10 gg) e tamsulosina 0.4 mg/die (max 28 gg). Trattamento endoscopico (20 pazienti, gruppo B): accesso transuretrale con strumento semirigido. Risultati: Le dimensioni dei calcoli sono risultate statisticamente sovrapponibili nei 2 gruppi (5.4/6.3 mm, A/B). Gruppo A: durata media terapia 7.2 gg, espulsione spontanea 15 pazienti (75%), cross over al braccio B 5 pazienti (25%), degenza media 4.3 gg. Gruppo B: degenza media 3.2 gg. Un’unica complicanza è stata osservata nel gruppo B sotto forma di lesione della parete ureterale, risolta con stent a dimora per 30 gg. Il costo medio (terapia medica o interventiva, monitoraggio clinico-radiologico, degenza) è risultato pari a circa 1450 euro per paziente, in entrambi i bracci di trattamento. Conclusioni: I risultati ottenuti sembrano evi- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia denziare una sostanziale equivalenza di costo dei due bracci; la terapia medico-osservazionale andrebbe tuttavia computata quale costo aggiuntivo nel 25% dei pazienti sottoposti a cross over. L’approccio interventivo presenta il vantaggio di risolvere la patologia in breve tempo e orienta verso la valutazione di due elementi potenzialmente influenti sulla scelta terapeutica: il danno economico derivante dalla perdita di ore lavorative e l’impatto delle due opzioni sulla qualità di vita. al termine della procedura è stato del 97.4%. I pazienti del gruppo B in cui l’indagine fibroscopica ha rilevato frammenti litiasici non rinvenuti alla fluoroscopia sono stati il 21%. Conclusioni: La nostra esperienza ha confermato la validità dell’utilizzo routinario dell’endoscopio flessibile per la valutazione della via escretrice al termine della procedura. La tecnica ci ha permesso di ottenere risultati soddisfacenti in termini di stone-free e di riduzione di tecniche ausiliarie (ESWL, reintervento). L’ENDOSCOPIA FLESSIBILE NELLA NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL) GARANTISCE ALTI TASSI DI STONE-FREE P. Usai, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M. Depilano, A. De Lisa Clinica Urologica, Cagliari ACCESSO PERCUTANEO ALLE CAVITÀ RENALI IN POSIZIONE SUPINA ANTEROLATERALE. COME E PERCHÉ L. Cormio, F.P. Turri, P. Annesse, T. Corvasce, M. De Siati, A. Perrone, F. Lorusso, S. Pentimone, G. Carrieri Clinica Urologia e Centro Trapianti di Rene, Università degli Studi di Foggia Introduzione e scopo dello studio: Obiettivo dello studio è quello di valutare se l’ausilio di endoscopi flessibili (per trattare calcoli non raggiungibili con lo strumento rigido o per effettuare la clearance di frammenti migrati dopo la litotrissia con endoscopio rigido) durante la PCNL influisca in maniera significativa sul tasso di stone-free. Materiali e Metodi: Nel periodo Luglio 1998 Dicembre 2005 abbiamo sottoposto a PCNL per calcolosi renale (diametro > 2.5 cm) 298 pazienti. Volendo confrontare l’efficacia della tecnica combinata (endoscopia rigida e flessibile) con quella tradizionale (endoscopia rigida) abbiamo diviso i pazienti in due gruppi di serie consecutive. Nel gruppo A abbiamo incluso 116 pazienti (118 unità renali-UR) sottoposti a PCNL (nel periodo Luglio 1998Agosto 2002) ed in cui solo 40 procedure (non consecutive) sono state effettuate con tecnica combinata. In questo gruppo le procedure hanno utilizzato un unico accesso (111 UR), due accessi (5 UR). Il gruppo B ha compreso 182 pazienti (187 UR) sottoposti a PCNL (nel periodo Settembre 2002 - Dicembre 2005) ed in cui è stata utilizzata sempre la tecnica combinata. In questo gruppo abbiamo utilizzato un solo accesso in 187 UR. Risultati: Nel gruppo A il tasso di stone free al termine della procedura al controllo fluoroscopico è stato del 76%. Il tasso di stone free ad un mese è stato del 12% (cumulativo 88%). I pazienti con calcolosi residua sono stati trattati con ESWL. Nel gruppo B il tasso di stone free Introduzione e Obiettivi: Scopo dello studio è stato valutare fattibilità, efficacia e sicurezza dell’accesso percutaneo alle cavità renali in posizione supina anterolaterale. Materiali e Metodi: In caso di accesso al rene sinistro, il paziente viene posizionato supino con il lato sinistro leggermente debordante dal letto. Un cuneo di tessuto viene posizionato sotto la metà sinistra del bacino e della spalla, al fine di ottenere una angolazione tra letto e paziente di circa 30° e di allineare verticalmente il lato sinistro del paziente con il margine del letto. In tal modo il rene, normalmente orientato di circa 30° posterolateralmente, viene a trovarsi parallelo al letto. Le gambe vengono leggermente flesse e divaricate tenendo i piedi uniti; in tal modo, l’arto sinistro viene ad essere perfettamente perpendicolare al letto operatorio ed il destro, invece, adagiato sullo stesso. In caso di PCNL, si esegue la cistoscopia flessibile e, dopo la pielografia ascendente si esegue la puntura delle cavità renali sotto guida radioscopica; in caso di nefrostomia, la puntura dei calici viene eseguita sotto guida ecografia. La puntura viene eseguita lungo la linea ascellare posteriore. Risultati: Negli ultimi 12 mesi abbiamo eseguito l’accesso alle cavità renali in posizione supina anterolaterale in 14 pazienti, per PCNL in 7 e nefrostomia in 7. La PCNL è stata condotta in anestesia generale in 6 pazienti ed in peridurale in 1 paziente ASA IV. Le nefrostomie sono Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 61 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia state eseguite in anestesia locale. L’accesso è risultato sempre molto semplice e scevro da complicanze. La compliance dei pazienti in anestesia locale o peridurale è stata eccellente. Conclusioni: L’accesso alle cavità renali nella posizione descritta è semplice, efficace e scevro da complicanze. I pazienti sottoposti a nefrostomia in anestesia locale, specie se soprappeso, tollerano molto meglio questa posizione rispetto a quella prona. In caso di PCNL, ovvi sono i vantaggi anestesiologici della posizione supina rispetto alla prona. La posizione supina consente, inoltre, un miglior drenaggio dei frammenti litiasici attraverso l’Amplatz e la possibilità, in caso di calcolosi ureterali impattate, stenosi ureterali o ureteroneovescicali, stenosi di ureterocutaneostomie, di lavorare contestualmente per via retrograda ed anterograda con strumenti flessibili. MINI PERC IN POSIZIONE DI VALDIVIA: NOSTRA ESPERIENZA DOPO 38 PROCEDURE F. Cauda1, A. Frattini2, S. Ferretti2, P .Salsi2, L. Squintone1, U. Maestroni2, C. Fiori1, U. Ferrando1, D. Fontana1, P. Cortellini2 1 Dipartimento di Nefrourologia, A.O. San Giovanni Battista “Molinette”, Torino; 2Unità Operativa di Urologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Introduzione ed obiettivi: Lo scopo del presente lavoro è riportare la nostra esperienza con la mini nefrolitotomia percutanea (mini-perc) contestuale a ureteroscopia flessibile con il paziente in posizione di Valdivia modificata. Metodi: Abbiamo rivisto retrospettivamente i dati relativi alle 38 mini-perc eseguite con il paziente in posizione di Valdivia modificata presso le nostre Divisioni per calcolosi renale a partire dal maggio 2004. L’età media dei pazienti era 45 anni, il rapporto M/F risultava 3/1 ed il diametro medio dei calcoli era 18 mm. In 25 casi il lito era localizzato a livello della pelvi in 13 a livello dei calici. Abbiamo impiegato la posizione supina di Valdivia modificata, per l’accesso al rene è stato usato il “MIPP set”, la procedura è stata eseguita attraverso una camicia nefrostomica da 14 Fr e per la litotrissia è stata utilizzata sia una sonda laser sia la sonda balistica/ultrasonica. Contestualmente all’accesso nefrostomico è stata eseguita un’ureteroscopia flessibile con lo scopo di controllare la puntura del calice interessato e di rimuovere i frammenti litiasici. Al 62 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 termine della procedura sono stati posizionati un drenaggio nefrostomico 12 Fr ed uno stent ureterale a doppio J 4.8 Fr. Per l’analisi statistica sono stati considerati i seguenti dati: percentuale di stone-free, complicanze intra e postoperatorie, variazione media di emoglobina pre e postoperatoria, tempi operatori, degenza postoperatoria. Risultati: Al termine della procedura 37 pazienti risultavano stone-free. Non abbiamo registrato complicanze intraoperatorie mentre sono stati registrati tre episodi di sanguinamento dal tramite nefrostomico risolti con il posizionamento di mono J. La variazione media di emoglobina è stata pari a 2.4 g/dl. Il tempo operatorio è stato pari a 90 minuti mentre la degenza media è risultata di 4,5 giorni. Conclusioni: Nella nostra esperienza questa tecnica è sicura, efficace e consente di raggiungere elevate stone-free rate. La possibilità di eseguire la procedura in posizione supina riduce i rischi anestesiologici ed i tempi operatori, consentendo inoltre l’impiego della ureteroscopia mediante la quale, nella nostra esperienza, è possibile rimuovere frammenti difficilmente raggiungibili attraverso l’approccio nefrostomico. APPROCCIO ENDOUROLOGICO IN PAZIENTE CON CALCOLOSI URETERALE DX E PIELICA SN IN RENE ECTOPICO PELVICO A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, G. Icona, A. Polara, M. Pedalino, B. Giammusso, M. Motta Obiettivi: Il trattamento della calcolosi renale prevede l’applicazione di algoritmi che vengono, però, rivisti di fronte ad anomalie anatomiche di posizione del rene e di morfologia della via escretrice. Descriviamo il caso di calcolosi della pelvi renale sn in rene ectopico in sede pelvica e relativo trattamento. Materiali e Metodi: Donna di 39 anni giunge alla nostra osservazione per l’insorgenza di algie lombari bilaterali ed ematuria. Vengono eseguiti esami ematochimici e delle urine di routine, ecografia dell’apparato urinario, Rx Urografia e Tc addome e pelvi che mettono in evidenza litiasi del tratto iliaco dell’uretere dx ostruente e litiasi della pelvi renale sn del diametro massimo di 22 mm in rene ectopico in sede pelvica. Lo strumentario a nostra disposizione è costituito da: ureteroscopi semirigidi 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 7.5 e 10 Fr, Swiss Lirhoclast, Holmium-Yag laser. Il caso è stato risolto con ureterolitotrissia dx e ureterorenolitotrissia sn. Risultati: Il trattamento della calcolosi renale > 2 cm prevede trattamento per cutaneo della litiasi suddetta. Purtroppo l’accesso ai calici renali in rene ectopico pelvico risulta essere alquanto complesso o controindicato. Un trattamento alternativo in tali casi è rappresentato dalla pielolitotomia open o laparoscopica. In questo caso l’approccio endoscopico è stato eseguito con ureterorenoscopia semirigida e litotrissia laser dei frammenti risolta in unica seduta. Dopo 30 giorni la paziente era libera da calcolosi a destra e presentava impilamento litisico nel tratto iuxtavescicale a sinistra. Il second look endoscopico ha permesso la rimozione completa dei frammenti residuali ureterali. Conclusioni: Lo studio dell’anatomia intrarenale e di posizione del rene è essenziale insieme alla dimensione e alla natura del calcolo come fattori predittivi della risuscita del trattamento endoscopico nel caso citato anche se la posizione pelvica del rene costituiva un iniziale dubbio al trattamento endoscopico l’anterorotazione pielica e la mancanza di tortuosità ureterali hanno permesso un approccio diretto e in asse alla pelvi con dominio completo di tutta la cavità cosa che spesso è difficoltosa nel rene in posizione fisiologica. In ogni caso è sempre consigliabile prima di procedere a metodiche invasive effettuare una ricognizione endoscopica che in alcuni casi consente il trattamento definitivo. NEFROLITOTOMIA PERCUTANEA SINCRONA NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI RENALE BILATERALE F. Zattoni, B. Grossetti, M.A. Cerruto Introduzione: La nefrolitotomia percutanea (PCNL) è diventata la terapia di elezione per calcoli renali voluminosi, complessi o resistenti al trattamento con litotrissia extracorporea (ESWL). Se il management dei calcoli renali bilaterali rappresenta tuttora una sfida terapeutica, la PCNL bilaterale sincrona si è, a sua volta, dimostrata procedura ben tollerata, sicura, con un favorevole rapporto costobeneficio e di relativamente rapida esecuzione. Obiettivo del presente lavoro è di riportare la nostra esperienza nel trattamento percutaneo sequenziale, nella medesima seduta, per calcolosi renale bilaterale. Materiali e Metodi: Sono state valutate retrospettivamente le cartelle cliniche di 3 pazienti (BS, BE, OCB), sottoposti consecutivamente a PCLN bilaterale sincrona, eseguite dal medesimo operatore (ZF), per il trattamento di calcoli renali non responsivi a ESWL o recidivi dopo precedente chirurgia. Di ogni paziente sono state analizzate la storia clinica, le eventuali complicanze peri e postoperatorie insorte con le relative risoluzioni terapeutiche impiegate e l’esito della procedura in termini di persistenza/recidiva di calcolosi. Risultati: BS, maschio di anni 48, presentava una storia di calcolosi renale bilaterale persistente dopo ripetute sedute di ESWL bilaterale e pregressa pielolitotomia, eseguite in altra sede. Al momento del ricovero presentava un calcolo del diametro massimo di 2 cm a livello del gruppo caliceale inferiore del rene di sinistra e una formazione litiasica del diametro massimo di 3 cm a livello del gruppo caliceale medio del rene destro. Durante la PCNL bilaterale è stata eseguita una litotrissia ultrasonica e balistica a destra ed ultrasonica a sinistra con aspirazione/rimozione dei frammenti litiasici ottenuti, il cui esame chimico è risultato positivo per ossalato di calcio. Al termine della procedura è stato posizionato un malecot 16 Ch. A 24 mesi dal trattamento il paziente è “stone-free”. BE, maschio di anni 75, presentava una calcolosi pielica bilaterale di 1 cm non responsiva a plurime sedute di ESWL eseguite in altra sede. È stato sottoposto a trattamento percutaneo bilaterale sincrono con asportazione dei calcoli. Al termine della procedura è stato posizionato un pig-tail 8 Ch bilateralmente. A 6 mesi, il paziente è “stone-free”. OCB, donna trentunenne di colore, presentava al momento una calcolosi pielica bilaterale (>2 cm di diametro) e caliceale inferiore sinistra con idronefrosi bilaterale (destra>sinistra). Durante la PCNL bilaterale è stata eseguita una litotrissia ultrasonica dei calcoli con successiva asportazione dei frammenti litiasici che sono risultati di ossalato e fosfocarbonato di calcio. Al follow-up di 14 mesi la paziente è “stonefree”. In nessun caso si sono verificate complicanze peri- e postoperatorie. Conclusioni: La PCNL bilaterale sincrona è una procedura relativamente sicura; può essere eseguita in pazienti selezionati senza incrementare la morbilità della manovra chirurgica. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 63 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Il trattamento del rene controlaterale può ovviamente essere preso in considerazione solo se la PCNL nel primo lato è stata eseguita senza problema alcuno, agevole e di rapida esecuzione. OTTIMIZZAZIONE ORGANIZZATIVA ED ECONOMICA DELL’UTILIZZO SPAZIO-TEMPORALE DEI MACCHINARI DI LITOTRISSIA EXTRACORPOREA IN UN MODERNO CENTRO DI LITOTRISSIA V. Disanto, M. Romano, F. Portoghese, G. Scalese, F. Ventura, S. Cotrufo, A. Di Turo, S. Martalò, P. Rizzo, D. Azzone Struttura Complessa di Urologia e Unità Operativa Semplice Calcolosi Urinaria, Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli, Acquaviva delle Fonti (BA) Fin dalla loro comparsa sul mercato (1985) i litotritori hanno rappresentato il loro limite diffusivo nell’elevato costo iniziale. Sia gli apparecchi piezoelettrici che quelli elettroidraulici e elettromagnetici richiedono lungo training applicativo per il personale medico ed infermieristico e un’assistenza tecnica efficace e tempestiva. L’utenza trova maggior confort nel trattamento ambulatoriale medicalmente assistito in regime di Day Hospital che attualmente riduce alle aziende ospedaliere gli utili rispetto al trattamento in regime di ricovero. L’ideale, tenuto conto della quantità dell’utenza disponibile nel proprio bacino, è quindi ottimizzare questi parametri per ottenere: pronta disponibilità dell’apparecchiatura, personale professionalmente adeguato, costi accettabili, scarso intasamento del reparto di degenza, possibilità di mobilizzazione delle risorse umane e degli ambienti. Presso il nostro Centro di Litotrissia, in attività dal 1987, sono affluiti nel solo 2005, 251 nuovi pazienti, trattati in regime di Day Hospital (146) o di ricovero (105) per un totale di 445 trattamenti complessivi. Le visite di controllo nella stessa sede dei pazienti trattati sono state 325, assicurando il follow-up. Abbiamo in uso un apparecchio di 3a generazione che staziona in contratto di fitto prolungato con una media di 6-8 giornate lavorative al mese sempre assistite da un tecnico della Casa produttrice, da 1 unità medica e 2 unità infermieristiche. Vengono garantiti l’assistenza tecnica e l’aggiornamento tecnologico. Con tale media di 64 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 lavoro la lista di attesa è assente: ottima la compliance per i pazienti, ridotti i costi, essendo assicurato un utilizzo annuo continuativo. Esiste un buon ritorno economico (DRG’s 323) specie se alcuni pazienti per motivi clinici o per provenienza geografica vengano trattati da ricoverati (nel nostro reparto il 23% dei pazienti è di fuori Regione). In tal modo il personale medico e non medico è utilizzabile in altre mansioni nei giorni lavorativi rimanenti. Gli spazi di concerto possono essere disponibili per un utilizzo multiuso. Nella comunicazione vengono evidenziati i dettagli tecnici, economici e organizzativi dell’ultimo anno di attività. IDRONEFROSI SECONDARIA A STENOSI DEL GIUNTO PIELOURETERALE DESTRO CONSEGUENTE A LITOTRISSIA EXTRACORPOREA PER CALCOLOSI RENALE S. Pagano, P. Rovellini, P. Ruggeri, A. Bottanelli, M. Motta U.O di Urologia, Ospedale di Rho (MI) La litotrissia extracorporea ad onde d’urto (ESWL) rappresenta il gold standard della terapia della calcolosi renale. Scarsi sono di converso in letteratura i lavori che riportano le complicazioni derivate dal trattamento, causate dall’azione del calcolo stesso e da quelle dei suoi frammenti o dall’azione diretta delle onde. Dette complicazioni incidono con bassa percentuale e sono abitualmente transitorie e tali da costituire di per sé scarsa rilevanza clinica. Accanto a queste esistono rare complicazioni maggiori che possono mettere in pericolo la sopravvivenza del rene. Presentiamo un raro caso in cui dopo un trattamento di ESWL di una calcolosi unica renale destra, con ottimo esito di frantumazione, abbiamo osservato a due mesi di distanza l’instaurarsi di un classico quadro di grave idronefrosi da sindrome del giunto pieloureterale con presenza di frammenti calcolotici nel tratto prossimale dell’uretere. La paziente è stata trattata con terapia endourologica con ureteroscopia, litotrissia endoscopica ad energia balistica, dilatazione con palloncino della stenosi giuntale e posizionamento di stent ureterale JJ. A due mesi di distanza, dopo la rimozione dello stent ureterale, uno studio contrastografico ascendente mostra una buona pervietà del giunto pieloureterale con pressoché totale risoluzione della 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia calcolosi ureterale residua al primo trattamento ESWL. sitare di uno spazio dedicato esclusivamente ai trattamenti ESWL. ESWL CON LITOTRITORE MOBILE STORZ MODULITH SLX-F2: ESPERIENZA INIZIALE M. De Sio, S. Mordente, G. Quarto, R. Autorino, D. Giordano, S. Palombini, U. Pane, L. Cosentino, F. Di Giacomo, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano, A. Landolfi, M. D’Armiento Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi, Napoli MINIPERC? NO, GRAZIE G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Piccinelli, A. Benetti, L. Pasini, A. Teppa, P. Graziotti U.O. di Urologia, Istituto Clinico Humanitas, IRCCS, Rozzano (MI) Obiettivo: Valutare il trattamento di pazienti con urolitiasi nelle varie sedi del tratto urinario usando un litotritore trasportabile. Pazienti e Metodi: Da settembre 2004 a dicembre 2005 sono stati trattati 186 pazienti (126 M, 60 F, età media 50,4 anni) giunti presso i nostri ambulatori con diagnosi di calcolosi urinaria. Il diametro medio dei calcoli era di 13,57 mm, nel 59,6% dei casi erano a sede renale, mentre i restanti erano a sede ureterale. Tutti pazienti sono stati trattati in regime di DH con litotritore mobile Storz Modulith SLX-F2. In 24 casi è stato posizionato prima del trattamento uno stent ureterale a doppio J. Risultati: Sono stati effettuati 282 trattamenti (media di 1,51 trattamenti a persona), con una media di 3582 colpi, ad un’energia di 11 mJ. Il tempo medio di trattamento è stato di 51 min. La percentuale di stone free dopo il primo trattamento è stata del 50%, mentre in totale è stata del 70%. La percentuale di complicanze è stata < 1%. Conclusioni: Il Litotritore mobile Storz Modulith SLX-F2 rappresenta una valida e sicura opzione per il trattamento della litiasi dei diversi tratti dell’apparato urinario senza un’apparente perdita di efficacia rispetto ai litotritori fissi e con il vantaggio di non neces- Introduzione: Scopo di questo studio è rivalutare retrospettivamente la nostra casistica di “Miniperc” confrontandola con quella della PCNL standard e “Tubeless” nel trattamento di calcoli renale del diametro inferiore ai 2,5 cm. Materiale e Metodi: A partire da settembre 1999 abbiamo eseguito 127 PCNL per calcoli renali di diametro inferiore ai 2,5 cm. Di queste, 40 sono Miniperc (camicia di Amplatz di 14F), 60 sono PCNL standard (camicia di Amplatz di 32F) e 27 sono PCNL Tubeless (posizionamento solo di JJ stent senza nefrotomia qualora al termine della procedura eseguita attraverso un singolo accesso, si ottenga una completa bonifica in assenza di lesioni della via escretrice e sanguinamento maggiori). Lo “stone burden” medio è rispettivamente di 2,7, 3,1 e 3,2 cm2. Risultati: (Tabella 1) Conclusioni: In accordo con altri lavori in letteratura, il dolore dopo tale procedura sembra essere correlato alla presenza ed al diametro della nefrotomia piuttosto che al diametro dell’accesso attraverso il quale viene eseguita la PCNL. Inoltre, gli ipotetici vantaggi derivanti dall’utilizzo di una camicia di piccole dimensioni sono resi vani da una visione difficoltosa del campo operatorio con conseguenti tempi operatori prolungati e percentuali di bonifica inferiori. Per contro, la PCNL tubeless offre risultati paragonabili a quelli della Miniperc in Tabella 1. Tempo Operatorio (min) ∆Hb (g/dL)/ n° di pz trasfusi Morfina/ Ketorolac (mg) 155,5 1,5/ (0/40) 0,4/73,8 5,5 3,1 12,3 77% PCNL Standard 122,1 2/(1/60) 5,9/91 7,4 5,1 17,4 95% PCNL Tubeless 95* 1,7/ (0/27)# 0,5/41,2* 3,4* 2,2* 10,9# 100% Miniperc Visual Ospedalizzazione Tempo % analogue (gg) di recupero di bonifica scale score (gg) *Differenza statisticamente significativa tra PCNL tubeless e Miniperc; #Differenza statisticamente non significativa tra PCNL tubeless e Miniperc Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 65 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia termini di perdite ematiche e percentuale di trasfusione ma è risultata statisticamente superiore in termini di ridotti tempi operatorio, dolore postoperatorio e tempi di ospedalizzazione. LA LITOTRISSIA PERCUTANEA “TUBELESS” RIDUCE ULTERIORMENTE L’INVASIVITÀ DELLA PCNL STANDARD SENZA AUMENTARNE SIGNIFICATIVAMENTE I RISCHI G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Piccinelli, A. Benetti, L. Pasini, A. Teppa, P. Graziotti U.O. di Urologia, Istituto Clinico Humanitas, IRCCS, Rozzano (MI) Introduzione: Scopo del lavoro è valutare i vantaggi della litotrissia percutanea (PCNL) tubeless nei confronti della PCNL standard in termini di invasività e percentuale di complicanze. Materiale e Metodi: Presso il nostro Stone Center, a partire da giugno 2002 abbiamo eseguito 112 consecutive PCNL e precisamente 81 PCNL standard e 33 PCNL tubeless (camicia di Amplatz di 32F con posizionamento solo di JJ stent senza nefrostomia). Si è optato per quest’ultima metodica rigorosamente solo in caso di accesso singolo con completa bonifica ed in assenza di perforazione della via escretrice e sanguinamento maggiori. Pertanto, essendo uno dei criteri di inclusione, la percentuale di bonifica non sarà argomento di valutazione di questo lavoro. Lo “stone burden” medio è 8,6 cm2 nel gruppo standard mentre è pari 3,8 cm2 nel gruppo tubeless. In quest’ultimo gruppo non sono mai state utilizzate colle biologiche per perfezionare l’emostasi dell’accesso percutaneo. Risultati: Il ∆Ht è risultato pari a 5,4% per la PCNL tubeless e 6% nel gruppo standard (p=0.498). Nel primo gruppo abbiamo avuto solo un caso di sanguinamento maggiore (∆Ht 18%), ma senza necessità di emostrafusioni. Nel secondo gruppo 4 sono stati invece i pazienti che hanno richiesto trasfusioni (4,9%) il che è sostanzialmente sovrapponibile al dato precedente, vista l’importante differenza nello stone burden medio. La PCNL Tubeless si è per contro dimostrata statisticamente superiore in termini di ridotta somministrazione di analgesici (47,4 vs 83,8 mg; p=0,007), ridotto dolore postoperatorio valutato con visual analogue scale score (4,6 vs 66 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 6,1; p<0,001) e ridotti tempi di degenza (2,1 vs 5,2; p< 0,001). Conclusione: Il tradizionalmente tanto temuto mancato posizionamento della nefrostomia al termine di una PCNL riduce in maniera statisticamente significativa il dolore postoperatorio e i tempi degenza senza esporre il paziente a rischi significativi. CALCOLOSI RENALE COMPLESSA BILATERALE: APPROCCIO PERCUTANEO IN TEMPO UNICO P. Usai, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni, A. De Lisa Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Introduzione e Scopo dello Studio: La necessità di un trattamento complesso come la PCNL in contemporanea sulle due unità renali costituisce un procedimento rischioso per le possibili complicanze a carico di entrambi i reni. Tuttavia in considerazione del fatto che alcuni pazienti richiedono specifico trattamento bilaterale per motivi psicologici propri o esiste un rischio anestesiologico che sconsiglia l’esecuzione di anestesia ripetuta e consci della propria esperienza nella tecnica, abbiamo proceduto al trattamento. Devono essere presenti specifici presupposti per porre tale indicazione: sofferenza renale bilaterale; necessità del paziente di risolvere la patologia in tempi rapidi; completamento della prima procedura senza nessuna complicanza precoce. Materiali e Metodi: Dal gennaio 2000 al dicembre 2005 abbiamo sottoposto a tale duplice trattamento 14 pazienti per un totale di 28 unità renali. L’età variava dai 30 ai 55 anni. 11 erano di sesso maschile e 3 di sesso femminile. Si trattava di 15 calcoli a stampo pielici, 3 grossi calcoli sottogiuntali di diametro compreso tra i 2 e i 3 cm, calcolosi complesse pielo-caliciali. Con il paziente in posizione prona si procedeva a preparazione del campo operatorio avendo cura di mantenere libere le due regioni lombari e la regione genitale esterna. La procedura fu condotta secondo tecnica usuale con dilatazione “one shot” e cannula di Amplazt 24 Ch. La litotrissia fu eseguita con litotritore balistico ed i frammenti estratti con cestello, pinza o con ultrasuoni. La procedura veniva completata con nefroscopio flessibile. La cauterizzazione di piccoli vasi sanguinanti del tramite concludeva la procedura. Solo 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia dopo la conclusione del primo trattamento che non mostrava complicanze precoci si passava alla esecuzione della procedura nell’altro lato. Un catetere nefrostomico veniva posizionato al termine di ciascuna procedura. Risultati: In tutti i casi la procedura fu portata a termine su entrambe le unità renali, la percentuale di pazienti liberi da calcoli al termine della procedura fu di 13 su 14 pazienti, non ci furono complicanze precoci o tardive e il sanguinamento intraoperatorio e perioperatorio non richiese trattamento trasfusionale. La degenza è stata di media 3 giorni. Altri Autori (Holman E. et al.) hanno eseguito la medesima procedura contemporanea su 198 pazienti riportando un valido vantaggio dal punto di vista economico rispetto al trattamento in sessioni separate con un tasso di complicanze sovrapponibile ai casi di trattamento unilaterale. Conclusioni: Sebbene con una casistica limitata il nostro studio permette di concludere che la tecnica può essere utilizzata con sicurezza ed efficacia in casi selezionati. Una solida esperienza in trattamenti unilaterali deve essere insieme ai presupposti sopracitati sono le basi che permettono di poter intraprendere tale approccio. EFFICACIA DEL BISTURI A SISTEMA PLASMACINETICO (GYRUS) VERSUS QUELLO MONOPOLARE TRADIZIONALE; STUDIO COMPARATIVO RANDOMIZZATO E TRE ANNI DI FOLLOW-UP R. Giulianelli, S. Brunori, B.C. Gentile, V. Vincenti, F. Pisanti, T. Shestani Unità Operativa di Urologia, Clinica “Villa Tiberia”, Roma Introduzione: La Resezione Endoscopica della Prostata (TURP), rappresenta il gold standard del trattamento dei LUTS da Ostruzione Cervico Uretrale (BOO) da Ipertrofia Prostatica Benigna (BPE). Lo scopo di questo studio è stato quello di confrontare l’efficacia del sistema plasma-cinetico Gyrus versus il sistema monopolare tradizionale. Materiali e Metodi: Da Gennaio ad Ottobre 2002, 300 pazienti affetti da LUTS di mediasevera gravità, secondaria a BOO da BPE, furono randomizzati in due gruppi (1:1), per essere sottoposti a TURP con metodo tradizionale versus TURP utilizzando il sistema Gyrus. Tutti i pazienti sono stati pre-operativamente valutati con IPSS,IEFF-5, Qol, TRUS, Uroflussimetria con valutazione del RPM, PSA, valore dell’Hb e Urinocoltura, che furono ripetuti ad 1 mese ed a seguire ogni 3 mesi per due anni nel postoperatorio. L’età media dei pazienti era 65,5 (range 48-85 aa). Sono stati anche valutati: tempo di ospedalizzazione, Hb post operatoria ed eventuali emotrasfusioni effettuate. Risultati: Abbiamo osservato in entrambi i gruppi un incremento statisticamente significativo del Qmax e del Qave (p<0,001), una riduzione dell’RPM (p<0,001), dell’IPPS (p<0,001), con riduzione del PSA (p<0,001). Ad un mese, i risultati dei pz. trattati con TURP con metodo tradizionale erano significativamente migliori rispetto al gruppo Gyrus (p<0,001), per poi essere sovrapponibili dal 3 mese in poi riguardo sia all’IPSS, che al Qmax, Qave e al RPM. Nel gruppo trattato con Gyrus abbiamo osservato un periodo di cateterizzazione più breve ed una ospedalizzazione inferiore senza la necessità di emotrasfusioni. Abbiamo avuto la necessità di sottoporre ad un “Second look” 5 Pz Gyrus (3,3%) versus 14 Pz traduzionali (9,3%). Nessun paziente ha presentato incontinenza nel post-operatorio e tutti riferivano eiaculazione retrograda. Conclusioni: La Resezione Endoscopica della Prostata eseguita con sistema plasmacinetico (Gyrus), è una metodica sovrapponibile a quella tradizionale garantisce tuttavia sia una minore degenza post-operatoria, un periodo di cateterizzazione più breve ed anche una minore percentuale di ritrattamenti, il che rende questa metodica, una sicura alternativa al sistema monopolare. DUE TECNICHE DI RESEZIONE TRANSURETRALE DELLA PROSTATA (TURP) A CONFRONTO: BIPOLARE VERSUS MONOPOLARE C. Scoffone1, F. Porpiglia1, C. Terrone2, C. Cracco1, M. Cossu1, M. Poggio1, D. Vaccino1, R.M. Scarpa1 1 Clinica Urologica, Università di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano (To); 2Clinica Urologica, Università del Piemonte Orientale, Ospedale Maggiore della Carità, Novara Introduzione e Obiettivi: La resezione prostatica transuretrale (TURP) rimane attualmente il gold standard per il trattamento dell’adenoma prostatico con importanti disturbi minzionali del basso apparato urinario. Negli ultimi anni l’introduzione di strumenti a corrente bipolare Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 67 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia ha permesso di eseguire la TURP a temperature più basse e utilizzando soluzione fisiologica. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’effettiva efficacia e sicurezza di questa nuova tecnica e di confrontarla con la tecnica tradizionale con il resettore monopolare. Metodi: In questo studio prospettico sono stati randomizzati (Marzo-Agosto 2005) consecutivamente 50 pazienti rispettivamente in due gruppi di trattamento: TURP bipolare (gruppo 1) e TURP monopolare (gruppo 2). Le TURP bipolari sono state eseguite con generatore VISTA CTR (ACMI) e operativa con ansa doppia, quelle monopolari con generatore ERBE ICC 300. La valutazione preoperatoria comprendeva: questionari IPSS/QoL, uroflussimetria, ecografia transrettale, emoglobina, sodiemia, ammoniemia, PSA, esame urine, urocoltura; entrambi i gruppi sono risultati omogenei. Sono stati valutati il tempo di resezione e il peso di tessuto asportato. Nel postoperatorio sono stati valutati: l’emoglobina, la sodiemia e l’ammoniemia (a 12 e 24 ore dal termine della procedura) e il tempo di cateterizzazione. È stata eseguita una uroflussimetria di controllo a 3 mesi dall’intervento e una valutazione della sintomatologia minzionale mediante la somministrazione dei questionari IPSS/QoL a 3, 7, 14, 30 giorni dopo la rimozione del catetere vescicale. Risultati: Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra i due gruppi nella durata della procedura (Gruppo 1: 53,4 vs Gruppo 2: 51,6 min), il peso del tessuto resecato (31,3 vs 25,2 g) ed i valori postoperatori di emoglobina (12,4 vs 12,8 g/dl), sodiemia (139,9 vs 139,5 mmol/l) ed ammoniemia (42,4 vs 40,3 mmol/l). I valori flussimetrici di Qmax sono stati sovrapponibili in entrambi i gruppi ( 22,2 vs 20,9 ml/sec). Il tempo di cateterizzazione medio nel gruppo di resezione monopolare è stato di 3,4 giorni mentre nel gruppo bipolare è stato di 2,6 giorni (p=0,06). Vi è stato un miglioramento della sintomatologia minzionale in entrambi i gruppi (IPSS 3° 15,8 vs 17,1; 7° 15,1 vs 14,6; 14° 10,9 vs 13,2; 30° 7,6 vs 10,2; QoL 3° 3,4 vs 3,8; 7° 3,0 vs 3,3; 14° 2,6 vs 3,1; 30° 2,0 vs 2,3), evidenziando un miglioramento più rapido nel gruppo bipolare. Conclusioni: L’efficacia della TURP bipolare è sicuramente sovrapponibile a quella tradizionale monopolare. La rimozione più precoce del catetere vescicale e il miglioramento più rapido della sintomatologia nel decorso post-operatorio 68 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 possono essere correlate alla temperature più basse che si sviluppano durante la procedura con resettore bipolare. Nel nostro studio non sono state riscontrate complicanze relative al riassorbimento di soluzioni ipertoniche con conseguenti TUR sindrome; tuttavia, le complicanze descritte in letteratura confermano che l’utilizzo di soluzione fisiologica è certamente un presidio utile per rendere più sicura la TURP. LASER F.R.E.D.D.Y VS LASER OLMIO: 2 FONTI DI ENERGIA PER LITOTRISSIA ENDOSCOPICA A CONFRONTO P.P. Fasolo, E. Conti, S. Lacquaniti, R. Mandras, L. Puccetti, G. Fasolis SOC Urologia, Ospedale San Lazzaro ASL 18, Alba (CN) Introduzione ed Obiettivi: Il trattamento endoscopico della calcolosi ureterale rappresenta una metodica di rapida esecuzione e con percentuale di successo particolarmente elevata. Il laser sicuramente rappresenta la fonte di energia più valida per la litotrissia endoscopica. Scopo del nostro lavoro è stato quello di rivedere la nostra casistica analizzando una serie di pazienti affetti da litiasi dell’uretere pelvico confrontandone il trattamento con due fonti di energia laser diversa: il F.R.E.D.D.Y laser (doppio pulsato, con effetto fotoacustico e che non esprime elevate temperature in punta di fibra) ed il laser ad olmio (effetto fototermico, che esprime temperature tra 700 e 1200 gradi all’estremo distale della fibra). Metodi: Abbiamo analizzato 40 procedure endoscopiche per calcolosi uretere pelvico. 19 pazienti (gruppo A) sono stati sottoposti ad ureteroscopia con litotrissia F.R.E.D.D.Y laser, 21 pazienti ad ureteroscopia laser olmio (gruppo B). La procedura chirurgica è stata condotta con la stessa tecnica variando solo la fonte di energia. Risultati: La dimensione media del calcolo era di 9,6 mm per il gruppo A e 9,3 mm per il gruppo B e non esiste differenza statisticamente significativa fra i 2 gruppi al t test. Il tempo operatorio medio è stato di 33 minuti per il gruppo A e 22 minuti per il gruppo B con differenza significativa al t test (p<0,0005). La presenza di frammenti residui e stata 58% gruppo A e 42% gruppo B e la differenza non è risultata significativa. In 11 pazienti si é verificato push-up involontario di frammenti di dimensioni superiori a 4 mm che ha richiesto il posizionamento 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia di stent ureterale a termine della procedura: 73% nel gruppo A e 27% nel gruppo B con una differenza significativa al chi quadro (p<0,05) e comunque non correlabile alla presenza di idronefrosi pre-operatoria. Il follow-up è breve (massimo: 6 mesi) per la recente acquisizione dello strumentario ed il lavoro si limita al paragone di efficacia della frammentazione. Conclusioni: Il laser ad olmio ha mostrato una maggiore rapidità di esecuzione ed una minore tendenza al push-up di frammenti significativi tali da richiedere il posizionamento di stent ureterale. Il laser F.R.E.D.D.Y mostra invece una maggiore facilità d’uso e maneggevolezza di impiego poiché l’effetto fotoacustico non crea lesioni della parete ureterale. Il follow-up breve non permette ancora considerazioni sulla comparsa di lesioni ureterali secondarie tardive. RISULTATI PRELIMINARI DALL’EAU REAL LIFE DATA REGISTRY SULLA TERAPIA TUNA A. Tubaro1, K. Höfner2, H. Villavicencio3, J.J. de la Rosette4, C.R. Chapple5 1 Sant’Andrea Hospital, Rome, Italy; 2Evangelisches Krankenhaus, Oberhausen, Germany; 3Fundació Puigvert, Barcelona, Spain; 4Academisch Medisch Centrum, Amsterdam, The Netherlands; 5Royal Hallamshire Hospital, Sheffield, UK te agli investigatori di inserire i dati dei propri pz in una banca dati. È previsto l’arruolamento di 300 pz ed un follow-up (FU) di 5 anni. Risultati: Da Settembre 2005, 230 pz (età media 67 anni) sono stati arruolati da 20 centri situati in 9 paesi europei. Sono stati valutati 229 pazienti e sono disponibili dati di follow-up a 6 mesi in 130 pazienti. All’arruolamento la dimensione media della prostata era di 43 gg e il 16% dei pz aveva ritenzione urinaria cronica (RUC). Nel 16% dei casi si sono avute complicanze intraoperatorie. Nel 92% dei pz è stato posizionato un catetere a permanenza per qualche giorno ma solo nel 4% dei casi a causa di RUC. Nei 130 pz con 6 mesi di FU l’IPSS, IPSSQoL e il flusso massimo (Qmax) hanno avuto un miglioramento significativo confrontando il baseline con 6 mesi di FU (Tabella). Si sono verificate complicanze post-operatorie in 36 pz (31%); di questi 17 (13%), ha sviluppato RUC. Sedici pz (12%) sono stati classificati come fallimenti: di questi 6 sono stati sottoposti a terapia farmacologia per LUTS/BPH e 7 a TURP (Tabella 1). Conclusioni: Questi risultati preliminari confermano la possibilità di utilizzare un registro europeo su WEB per raccogliere dati clinici a medio e lungo termine su una determinata patologia/trattamento aprendo nuove prospettive di ricerca clinica. Introduzione e Obiettivi: Il Real Life Data Registry sulla Terapia TUNA è un registro europeo, coordinato dall’ufficio per la ricerca clinica della Società europea di Urologia che ha lo scopo di fornire risultati clinici a lungo termine e dati economici su questo tipo di trattamento. in pazienti (pz) con iperplasia prostatica benigna sintomatica. Metodi: Uno strumento centralizzato di raccolta e analisi dei dati via web (enCapture™) permet- TURP BIPOLARE CON SISTEMA GYRUS: RISULTATI SU 88 PAZIENTI CON FOLLOWUP DI 1 ANNO M. De Sio, R. Autorino, D. Giordano, U. Pane, L. Cosentino, F. Di Giacomo, S. Mordente, G. Quarto, R. De Domenico, F. Neri, F. Giugliano, D. Sorrentino, M. D’Armiento Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi, Napoli Tabella 1. Parametri (n) Media ± DS al Baseline Media ± DS a 6 mesi dopo Terapia TUNA® (% di miglioramento) P-value I-PSS Totale (n=120) 20.1 ± 5.6 7.4 ± 6 (64%) < 0.0001 IPSS-QoL (n=123) 4.3 ± 1.1 1.7 ± 1.4 (60%) < 0.0001 9.0 ± 8 15.5 ± 8.3 (76%) < 0.0001 16.5 ± 6.6 17.8 ± 6 (5%) 0.129 Qmax (mL/s) (n=116) IEFF-5 (n=79) Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 69 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Scopo: Determinare l’efficacia della resezione transuretrale della prostata (TURP) eseguita con dispositivo bipolare. Pazienti e Metodi: 88 pazienti sono stati randomizzati in maniera prospettica in due gruppi: gruppo PK (n=44) sono stati sottoposti a TURP bipolare con il sistema Gyrus ad energia Plasmacinetica, gruppo M (n=44) sono stati sottoposti a TURP monopolare standard. I principali end-point dello studio sono stati il tempo di cateterizzazione post operatoria e la durata della degenza. End-point secondari sono stati: tempi operatori, perdite ematiche, durata del lavaggio continuo, complicanze immediate e a lungo termine. I pazienti sono stati valutati con IPSS, uroflussimetria, ecografia per la valutazione del residuo postminzionale prima dell’intervento ed a 3, 6 e 12 mesi dopo l’intervento. Risultati: La degenza e il periodo di cateterizzazione sono risultati più brevi nel gruppo PK in maniera significativa così come la durata del lavaggio continuo. Non è stata rilevata alcuna differenza significativa per quanto riguarda le perdite ematiche, e i risultati dell’IPSS, dell’uroflussimetria e del valore del residuo post minzionale. I controlli periodici fino a 12 mesi hanno dimostrato risultati sovrapponibili tra i due gruppi. Conclusioni: La TURP bipolare consente tempi di cateterizzazione postoperatoria e di degenza ridotti in confronto alla tecnica standard monopolare. A parità di risultati sintomatologici e flussimetrici unisce il vantaggio di utilizzare soluzione fisiologica come fluido di infusione, riducendo le potenziali complicanze della tecnica monopolare. VAPORIZZAZIONE DELLA PROSTATA CON LASER KTP: DEBULKING VERO O SEMPLICE CONIZZAZIONE? A. Tubaro, C. De Nunzio, A. Trucchi, S. Petta, L. Miano Cattedra di Urologia, 2a Facoltà di Medicina, Università degli Studi “La Sapienza”, U.O.C. di Urologia, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Roma Introduzione ed Obiettivi: La vaporizzazione della prostata con il laser KTP si sta rapidamente diffondendo come uno dei possibili nuovi standard di terapia. Obiettivo di questo studio era quello di verificare la possibili- 70 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 tà di ottenere una cavità prostatica simile a quella di una resezione endoscopica tradizionale. Materiali e Metodi: Da settembre a novembre 2005, 35 pazienti sono stati sottoposti a vaporizzazione della prostata con laser KTP per sintomi delle basse vie urinarie e/o ostruzione cervico-uretrale associata ad iperplasia prostatica. Al termine della procedura chirurgica, è stata eseguita una ecografia prostatica transrettale. Le immagini ecografiche ottenute dai pazienti sottoposti a trattamento laser sono state sottoposte, insieme a quelle di un gruppo confrontabile di pazienti operati di resezione transuretrale della prostata (TURP) nel nostro istituto, all’esame di un osservatore chiedendo di indicare, ove possibile, se si trattasse di una paziente sottoposta a trattamento laser o TURP. Risultati: Trentatré pazienti sono valutabili. Tutti i trattamenti sono stati eseguiti utilizzando una sola fibra laser ed un endoscopio dedicato (Karl Storz, Verona). Il tempo operatorio è stato di 52±13 minuti. Trenta pazienti su 33 sono stati dimessi il mattino seguente l’intervento mentre due pazienti sono stati dimessi 48 ore dopo l’intervento. Trentatré pazienti trattati con laser KTP sono valutabili (età media 66.7±9.9 anni, PSA totale 2.9±2.3 ng/ml), volume prostatico 52±13 ml, IPSS 20.4±7.3, Qmax 11.5±6.1 ml/s, RPM 78±88 ml. Ad un mese di followup, l’IPSS si era ridotto 5.2±2.3, il Qmax era salito a 22.2±8.1 ml/s con un RPM di 11.5±16.9 ml. La valutazione ecografica della loggia prostatica è risultata essere indistinguibile da quella di una TURP nei pazienti con volume prostatico fino a 50 ml, nelle prostate di volume maggiore la vaporizzazione del tessuto iperplastico risultava essere incompleta rispetto ad una TURP. Nonostante l’esiguo numero dei pazienti non esiste, nell’immediato una correlazione tra dimensione della cavità prostatica e risposta clinica. Conclusioni: L’esame ecografico della loggia prostatica nei pazienti sottoposti a vaporizzazione della prostata con laser KTP dimostra vaporizzazione pressoché completa del tessuto iperplastico nelle prostate di volume fino a 50 ml. Nelle ghiandole di volume maggiore la vaporizzazione è, nella nostra esperienza, incompleta. Il significato clinico di questa osservazione è al momento sconosciuto. 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia IL BISTURI ELETTRONICO A RISONANZA QUANTICA MOLECOLARE VESALIUS U 20‘ NELL’ADENOMECTOMIA PROSTATICA TRANSURETRALE: ESPERIENZA CLINICA PRELIMINARE A. Meneghini, M. Gholam Alipour, V. Pegoraro SOC Urologia. Ospedale S. Maria della Misericordia, Rovigo globinico pre e postoperatorio 1.7 g/dl (range (1.3-2.6) Nessun paziente è stato sottoposto ad emotrasfusione nel postoperatorio e in nessun caso è stata necessaria un’endoscopia urgente per ematuria. È stato possibile rimuovere il catetere in prima giornata postoperatoria in 27/29 pazienti (93%) e tutti i pazienti sono stati dimessi entro le 24 ore successive. Non si è osservato alcun episodio di ritenzione urinaria da coaguli né ad urine limpide entro 30 giorni dall’intervento. Attualmente tutti i pazienti in follow-up hanno uroflussometria nella norma, ecografia che non documenta ristagno post minzionale ed urine sterili. Conclusioni: L’adenomectomia prostatica transuretrale con bisturi a Risonanza quantica molecolare Vesalius U2 è una metodologia clinica sicura e affidabile. Non esiste alcuna difficoltà nell’apprendimento ma una più estesa applicazione clinica con maggiore follow-up sono necessari prima di poter formulare un giudizio definitivo. I risultati preliminari sono tuttavia incoraggianti. Introduzione: La fisica quantistica indica che i trasferimenti di energia avvengono in modo discontinuo per pacchetti (quanti). Per ogni legame molecolare esiste un valore quantico di energia capace di romperlo senza fare aumentare l’energia cinetica del sistema e di conseguenza senza determinare aumenti di temperatura. Il bisturi elettronico a risonanza molecolare Vesalius U20 (Telea Electronic Engineering S.r.l. Quinto Vicentino) implementa la teoria della risonanza quantica molecolare. Esso genera una corrente alternata di frequenza fondamentale pari a 4 MHz con armoniche successive a 8, 12 e 16 MHz e ampiezza decrescente secondo uno schema detto Cell Safety Spectrum. Il bisturi a RQM può essere utilizzato in modalità taglio puro, coagulo e taglio misto. Materiali e Metodi: Da Luglio 2003 a Luglio 2005, 29 pazienti sono stati sottoposti ad adenomectomia prostatica transuretrale con bisturi elettronico Vesalius U20. L’età media era 69 anni (range 46-89). Il volume prostatico medio, calcolato mediante ecografia transrettale era 40 cc (range 25-80). Tutti i pazienti avevano un’uroflussometria patologica, con ristagno post minzionale minimo di 50 cc. Sono stati valutati il tempo operatorio e lo scarto emoglobinico pre e postoperatorio, la durata del cateterismo postoperatorio e l’incidenza di complicanze a breve e medio termine. I pazienti sono stati controllati a 3 e 6 mesi con uroflussometria, urinocoltura ed ecografia sovrapubica. Il follow-up medio è pari a 14 mesi (range 6-24). Risultati: La durata media dell’intervento è risultata di 45’ (range 30- 70) lo scarto emo- IL GENERATORE BIPOLARE ACMI VISTA CTR: ESPERIENZA CLINICA SU 74 CASI DI ADENOMECTOMIA PROSTATICA TRANSURETRALE A. Meneghini, M. Pizzarella, V. Pegoraro SOC Urologia, Ospedale S. Maria della Misericordia, Rovigo Introduzione: La nostra esperienza clinica di TURP bipolare plasmacinetica ci ha portato ad apprezzarne i vantaggi in termini di sicurezza ed impatto positivo sul periodo postoperatorio. Riportiamo i dati relativi a 74 casi eseguiti in due anni. Materiali e Metodi: Da settembre 2003 a Settembre 2005, 74 pazienti sono stati sottoposti a TURP bipolare con ACMI Vista CTR. L’età mediana era 67 anni (range 49-92). Il volume prostatico mediano, calcolato mediante ecografia transrettale, è risultato 47 cc (range 22-105). Tutti i pazienti avevano un’u- Tabella 1. Tempo operatorio (min) Scarto emoglobinico (g/dl) Gruppo A (28 casi) 37 (range 22-41) 1.5 (range 0.9-2.2) Gruppo B (46 casi) 50 (range 35-85) 2.1 (range 1.1–3.2) Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 71 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia roflussometria patologica, con ristagno post minzionale minimo di 50 cc. Sono stati valutati i livelli degli elettroliti plasmatici intra e postoperatori, la durata del cateterismo postoperatorio e l’incidenza di complicanze a breve e medio termine. Il tempo operatorio e lo scarto emoglobinico pre e postoperatorio sono stati calcolati, suddividendo i pazienti in gruppo A, volume prostatico < 40 cc, e gruppo B volume prostatico > 40 cc. I pazienti sono stati controllati a 3 e 6 mesi con uroflussometria, urinocoltura ed ecografia sovrapubica. Il follow-up mediano è pari a 15 mesi (range 3-24). Risultati: Non sono state osservate alterazioni elettrolitiche intra e postoperatorie. Nessun paziente è stato sottoposto ad emotrasfusione nel postoperatorio, né è mai stato necessario procedere endoscopicamente per ematuria massiva (Tabella 1). In 67/74 pazienti (87%) è stato possibile rimuovere il catetere in prima giornata postoperatoria e tutti i pazienti sono stati dimessi entro le 24 ore successive. Nessun paziente è stato rivalutato per ritenzione urinaria da coaguli né ad urine limpide entro 30 giorni dall’intervento. Due pazienti hanno sviluppato una stenosi del meato uretrale esterno trattata conservativamente. Un caso di sclerosi serrata del collo vescicale si è verificato 75 giorni dopo il trattamento in un paziente oligurico insufficiente renale. Conclusioni: Le importanti ripercussioni positive nel decorso postoperatorio e sui risultati a distanza indicano che la TURP bipolare è un sistema sicuro ed efficace di trattamento chirurgico dell’ipertrofia prostatica benigna. Un maggiore follow-up ci consentirà di verificare l’eventuale incidenza di complicanze a lungo termine. ENUCLEAZIONE CON HOLMIUM LASER (HOLEP) VERSUS ADENOMECTOMIA PROSTATICA TRANS-VESCICALE PER PROSTATE > 70 G: FOLLOW-UP A DUE ANNI R. Naspro, N. Suardi, A. Salonia, B. Mazzoccoli, V. Di Girolamo, R. Colombo, G. Guazzoni, P. Rigatti, F. Montorsi Dipartimento di Urologia, Università Vita-Salute Ospedale San Raffaele, Milano Introduzione: Uno studio prospettico randomizzato che confronta l’outcome a due anni a 2-year follow-up (FU) tra l’enucleazione con 72 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 laser ad olmio (HoLEP) e l’adenomectomia prostatica transvescicale (ATV) per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna di prostate con peso ≥ 70 g. Materiali e Metodi: Da marzo 2003 a dicembre 2004, sono stati consecutivamente randomizzati 80 pazienti con ipertrofia prostatica benigna sintomatica per essere trattati chirurgicamente con HoLEP (gruppo 1, n=41) o ATV standard (gruppo 2, n=39). I pazienti di entrambi i gruppi sono stati valutati pre-operatoriamente tramite i questionari sulla scala dei sintomi urinari soggettivi con l’International Prostate Symptom Score (I-PSS) e sulla qualità di vita (QoL), con un esame obiettivo, l’esplorazione rettale, il PSA totale, e l’ecografia dell’apparato urinario e prostatica transrettale (TRUS). I parametri peri- e postoperatori sono stati registrati accuratamente. I pazienti sono stati poi valutati a 3, 12 e 24 mesi di FU con i medesimi questionari, uroflussometria con residuo post-minzionale ed esame urodinamico completo. Risultati: Si espongono i valori preoperatori del gruppo 1 vs gruppo 2 come media±SE: volume prostatico all’ecografia transrettale: 108.15±30.5 g e 116.7±24.02 g (p=0.33); volume dell’adenoma: 75.8±34.5 g e 82.5±4.5 g (p=0.41) rispettivamente. I valori pre-operatori di PSA totale erano: 5.8±3.01 ng/dl vs 6.9±2.89 ng/dl (p=0.29); il peso medio dei campioni era: 28.3±3.3 g vs 32.6±2.04 gr (p = 0.005). Il tempo chirurgico risultava complessivamente maggiore nel gruppo 1 (62.9±18.3 vs 53.5±11.5 min; p=0.06), mentre la rimozione del catetere vescicale (1.5±1.07 vs 4.1±0.5 giorni) e la durata della degenza (2.7±1.07 vs 5.4±1.05 giorni; p<0.001) erano significativamente più brevi nel gruppo 1 rispetto al gruppo 2. I valori di emoglobina nel 1° giorno post-operatorio erano: 12.3±1.8 vs 11.1±1.64 g/dl (p=0.04). 12 pazienti del gruppo 2 hanno necessitato trasfusioni di emazia concentrate, rispetto a 4 pazienti del gruppo 1 (p<0.07). A 12 e 24 mesi di FU erano disponibili 78 e 40 pazienti rispettivamente. Non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra i due gruppi per quanto riguarda l’uroflussimetria, gli score IPSS e QoL a 12 e 24 mesi di FU. Inoltre, in entrambi i gruppi, i risultati urodinamici hanno mostrato un miglioramento ed un mantenimento in termini di risoluzione dell’ostruzione a 24 mesi di FU. Tutti i casi di stress incontinence mode- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia rata in entrambi i gruppi si sono risolti a 12 mesi di FU. Un paziente in entrambi i gruppi ha richiesto un re-intervento endoscopico per ostruzione uretrale/sclerosi del collo vescicale a 24 mesi di FU. Cinque pazienti (2 nel gruppo 1 e 3 nel gruppo 2) sono stati persi al FU a 24 mesi. Conclusioni: La HoLEP per il trattamento dell’ipertrofia prostatica di prostate >70 g è una tecnica eseguibile e che garantisce risultati simili all’adenomectomia prostatica transvescicale a 24 mesi di follow-up. Inoltre, la riduzione del tempo di cateterizzazione, del tempo di degenza in ospedale e delle perdite ematiche rendono la tecnica della HoLEP un un’opzione endourologica attraente per il trattamento delle grandi prostate. media di 2,71 giorni contro i 1,61 giorni dei pazienti sottoposti a PVP (p < 0,0000001). I giorni di degenza per il gruppo TURP sono stati in media 3,4 mentre nel gruppo PVP sono stati 2,1 (p < 0,0000001). Conclusioni: Ad 1 anno di distanza le due tecniche si equivalgono per quanto riguarda la risoluzione dei sintomi. Per quanto riguarda il flusso urinario massimo (indice dell’efficacia chirurgica) vi è sempre una significativa superiorità del laser a tutte le visite di follow-up. Inoltre, la PVP offre il vantaggio di essere una procedura meno cruenta che minimizza le perdite ematiche, i tempi di degenza e cateterizzazione. Nonostante questi risultati incoraggianti, sono necessari ulteriori confronti con dati più estesi e un follow-up a più lungo termine. PVP CON LASER KTP/TURP: 2 ESPERIENZE CLINICHE A CONFRONTO N. Longo, C. Imbimbo, F. Fusco, D. Arcaniolo, P. Verze, C. Barba, F. Fiore, V. Mirone Cattedra di Urologia, Università Federico II, Napoli TRATTAMENTO ENDOSCOPICO CON LASER AD OLMIO DI STENOSI DELL’ANASTOMOSI URETRO-VESCICALE ESITO DI PROSTATECTOMIA RADICALE: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO S. Valenti, I. Vavassori, R. Hurle, A. Manzetti, O. Fenice, M. Catastini, A. Vismara Reparto di Urologia, Cliniche Gavazzeni, Bergamo Obiettivi: In questo studio abbiamo paragonato efficacia e sicurezza della PVP con la TURP nel trattamento dell’IPB. Materiali e Metodi: Sessantatre pazienti sono stati randomizzati ad intervento di PVP con laser KTP (31 pazienti) e TURP (32 pazienti). Sono stati presi in considerazione come dati per l’analisi comparativa tra le due tecniche il flusso urinario massimo e il punteggio IPSS misurati prima dell’operazione e dopo 1, 6 e 12 mesi dall’intervento, i giorni di degenza e i giorni di cateterizzazione. Il confronto tra i due gruppi è stato effettuato con test t di Student, considerando una p < 0,05 come statisticamente significativa. Risultati: Nelle caratteristiche generali i due gruppi sono risultati omogenei. I risultati sono illustrati in Tabella 1. Inoltre i pazienti sottoposti a TURP sono stati cateterizzati per una Introduzione: La stenosi dell’anastomosi uretrovescicale in esiti di prostatectomia radicale presenta la tendenza a recidivare diverse volte nonostante vengano messi in atto trattamenti quali dilatazione uretrale, uretrotomia endoscopica e/o resezione transuretrale del tessuto cicatriziale. Materiale: Riportiamo il caso di una severa stenosi dell’anastomosi, risolta positivamente senza complicanze intra o post operatorie, dopo pregressi ripetuti insuccessi di trattamento. Valicata la stenosi abbiamo rinvenuto una clip migrata nel lume uretrale dall’anastomosi uretro-vescicale. Metodi: Abbiamo utilizzato il laser ad Olmio con fibra 550 micrometri, settato all’energia di Tabella 1. IPPS Q MAX Preop* 1 mese* 6 mesi 12 mesi Preop 1 mese 6 mesi 12 mesi* TURP 18,3 9,2 7,4 6,6 8,3 14,8 15,6 16,9 PVP 20,8 12,35 8,74 6,5 9,85 17,48 17,6 21,6 *p < 0,05 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 73 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia 1 J con frequenza di 8 Hz, creando un’incisione profonda del tessuto cicatriziale alle ore 6 e quindi abbiamo rimosso la clip con pinza da presa. In seguito abbiamo proceduto a regolarizzazione del tessuto cicatriziale contiguo (tra ore 3 ed ore 9). Risultati: La procedura ha avuto tecnicamente successo in assenza di ogni complicanza operatoria. L’ospedalizzazione è stata di 24 ore e, rimosso il catetere dopo 18 ore, abbiamo registrato un’agevole ripresa della minzione spontanea senza sequele irritative di sorta. Il follow-up ha permesso di documentare regolare pervietà dell’uretra all’uretrocistografia retrograda con uroflussometria nei limiti di norma Discussione: Nella nostra esperienza il laser ad Olmio si è dimostrato un’opzione terapeutica sicura ed efficace per stenosi dell’anastomosi uretro vescicale dopo prostatectomia radicale. IL TRATTAMENTO DELL’INCONTINENZA MASCHILE IATROGENA MEDIANTE IMPIANTO DI “BULKING AGENTS”: RISULTATI PRELIMINARI M. Gabelli, M. Giglio, F. Pantalone, G. Queirolo, C. Caviglia, M. Medica S.C. Urologia, Ospedale di Sestri Levante (GE) Introduzione e Obiettivi: Il trattamento dell’incontinenza urinaria (IU) dopo prostatectomia radicale (PR) si è avvalso di svariate procedure terapeutiche più o meno invasive: dai trattamenti fisiochinesici all’elletrostimolazione perineale, dagli impianti di benderelle (o sling) alla chirurgia protesica. I risultati sono stati spesso deludenti e le complicanze non trascurabili. Lo scopo di questo studio prospettico è stato quello di verificare la sicurezza e l’efficacia dell’impianto endo-uretrale di un nuovo materiale costituito da un copolimero di destranomero e acido ialuronico (DxHA) nel trattamento dell’ IU post-PR. Metodi: Negli ultimi 18 mesi abbiamo trattato 20 pazienti con incontinenza urinaria secondaria a prostatectomia radicale. Nello studio sono stati inclusi uomini di buona salute, con IU stabilizzata, detrusore stabile e PSA azzerato. I trattamenti sono stati eseguiti in anestesia locale e sotto profilassi antibiotica. Tutti i pazienti sono stati rivalutati a distanza di 7 giorni e dopo 1, 3 e 6 mesi dall’impianto. Le principali variabili considerate nella valutazione della sicurezza della procedura sono state: 74 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 il dolore durante l’iniezione, il residuo postminzionale e l’eventuale comparsa di infezioni urinarie. La valutazione dell’efficacia si è basata su 2 tipi di pad-test: uno a breve termine (1 h) durante lo svolgimento di alcuni esercizi fisici e uno a lungo termine della durata di 24 h. I pazienti sono stati considerati “curati” se le perdite di urina erano < 16 grammi nel padtest; a lungo termine o < 1 grammo nel padtest a breve termine; i pazienti con una riduzione dell’incontinenza superiore al 50% sono stati considerati “migliorati”. Risultati: In 14 pazienti (70%) è stato necessario ripetere l’impianto a distanza di 2 mesi. Tre pazienti (15%) sono stati ulteriormente ritrattati dopo 2 mesi. L’impianto è stato ben tollerato da tutti i pazienti, solo in un caso (5%) la procedura è risultata dolorosa. In un paziente (10%) in ritenzione urinaria è stato temporaneamente posizionato un catetere vescicale. In nessun caso si sono verificate infezioni urinarie. Un totale di 14 pazienti (70%) ha tratto beneficio dal trattamento: in particolare 6 pazienti (30%) sono risultati curati e 8 (40%) migliorati dopo 6 mesi di follow-up. In 6 casi (30%) non è stato osservato alcun miglioramento. Conclusioni: L’iniezione endo-uretrale di DxHA è risultata una procedura estremamente sicura e dotata di una buona efficacia nel trattamento dell’incontinenza urinaria maschile postPR. In questi pazienti la metodica potrebbe essere proposta come trattamento di prima linea, riservando le procedure più invasive ai casi in cui l’impianto è risultato inefficace. UN RARO CASO DI EMATURIA LATERALIZZATA: FISTOLA VENOSO-CALICEALE O TUMORE A CELLULE TRANSIZIONALI DELLE ALTE VIE CONTROLATERALE? L. Defidio, M. De Dominicis, V. Santini Divisione di Urologia, Ospedale Cristo Re, Roma Introduzione: L’ematuria lateralizzata (EL) è una condizione clinica caratterizzata da ematuria macroscopica intermittente che proviene da uno dei due meati ureterali, con normalità degli esami strumentali di routine (ecografia, urografia, cistoscopia con citologia, TAC, arteriografia) e che crea notevole stato d’ansia nel paziente e nel medico. Presentiamo un raro caso di EL non sostenuta da una fistola venoso-caliceale. 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Materiali e Metodi: La signora XY, di anni 65, è giunta alla nostra osservazione per ematuria macroscopica sinistra di n.d.d. che durava da due anni. Gli esami di routine erano normali, per cui abbiamo deciso di eseguire uno studio endoscopico della via escretrice sinistra. Abbiamo esaminato dapprima l’uretere con un ureteroscopio rigido fino al giunto pielo-ureterale. Una volta nel rene abbiamo eseguito una pielografia retrograda che ha mostrato una comunicazione tra un calice superiore e la vena renale attraverso un piccolo vaso venoso. Con l’ureteroscopio flessibile abbiamo notato, a livello di un calice del gruppo superiore, un forellino da cui si intravedeva una struttura di probabile natura venosa. È stata fatta quindi diagnosi di fistola venoso-caliceale, ma non è stato osservato sanguinamento. Non contenti abbiamo esplorato la via escretrice controlaterale. A livello del calice superiore abbiamo trovato un tumore a cellule transizionali (TCC) G3 sanguinante. La paziente è stata sottoposta successivamente a nefroureterectomia radicale destra. La cistoscopia a 3 e a 6 mesi è stata negativa e il sanguinamento è cessato. Conclusioni: La patogenesi delle fistole venosocaliceali rimane ancora un mistero. Secondo alcuni, la presenza di ematuria sarebbe spiegabile con un aumento temporaneo della pressione nella vena renale, talora causato da malformazioni vascolari (sindrome dello schiaccianoci,vena renale sinistra retroaortica, ecc). Una venografia renale selettiva con embolizzazione super-selettiva può essere il trattamento migliore e fermare il sanguinamento. Nel nostro caso l’EL non era supportata da una fistola veno-caliceale ma da un TCC nel rene controlaterale. RICANALIZZAZIONE COMBINATA PER VIA ENDOSCOPICA RETROGRADA ED APPROCCIO PERCUTANEO CON GUIDA ECOGRAFICA PER LESIONE URETERALE, CON VOLUMINOSO URINOMA, SECONDARIA AD INTERVENTO DI ISTERECTOMIA + ANNESSIECTOMIA TOTALE PER PELVIPERITONITE M. Mari, A. Ambu, F. Mangione, S. Guercio, M. Bellina U.O.A. di Urologia, Ospedale degli Infermi di Rivoli, Torino L’incidenza di lesioni ureterali iatrogene varia dallo 0.05 al 30% e tali danni sono general- mente secondari ad interventi ginecologici. L’isterectomia semplice per via addominale rappresenta la causa più comune di danno ureterale. Le lesioni ureterali diagnosticate intraoperatoriamente devono essere trattate immediatamente per ridurre le complicanze e dare i migliori risultati terapeutici, ma solo il 20% di tali lesioni sono riconosciute durante l’intervento. Il trattamento endourologico rappresenta una possibile soluzione al problema con elevate percentuali di successo. In questo video riferiamo di una paziente di 43 anni, sottoposta ad intervento ginecologico di isteroannessiectomia in regime di urgenza, per pelviperitonite. A 48 h dall’intervento, a seguito di iperpiressia e presenza di circa 1000 ml di liquido urinoso dal drenaggio, effettuava TC addome con riscontro di urinoma pelvico e verosimile lesione uretere iliaco sinistro. Giungeva quindi alla nostra attenzione e veniva sottoposta ad ureteroscopia sinistra, che documentava la presenza di un uretere pelvico regolare con distaccamento completo a livello iliaco. Nel retroperitoneo si visualizzava il possibile moncone ureterale con legatura coinvolgente, verosimilmente, i vasi gonadici. A seguito di tentativo infruttuoso di introduzione di filo-guida anche dopo iniezione endovena di blu di metilene, si decideva di porre la paziente in posizione prona e di effettuare puntura percutanea del rene su guida ecografica; la procedura, non agevole a causa dell’assenza di dilatazione pielocaliceale, consentiva di effettuare una pieloureterografia anterograda con posizionamento di filo-guida idrofilo che superava il tratto della legatura dell’uretere iliaco. Su filo guida veniva collocato mono-J 8 Ch. Si procedeva quindi nuovamente a ureteroscopia con reperimento del filo guida in sede retroperitoneale, che con pinza da presa veniva esteriorizzato verso il meato uretrale esterno. Questa manovra permetteva di evidenziare il corretto allineamento dei due monconi ureterali. Successivo posizionamento di JJ 6x26 percuflex, mantenendo in situ il mono-J. Circa 10 giorni dopo veniva effettuata una pielouereterografia anterograda che non documentava fistole urinose e pertanto veniva rimossa la pielostomia. Il controllo urografico a 1 mese dall’intervento dimostra assenza di spandimento di mezzo di contrasto lungo il decorso ureterale. Con la nuova ureteroscopia eseguita a 60 giorni è stato possibile apprezzare il regolare calibro dell’uretere e la perfetta riepitelizzazioArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 75 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia ne nell’area di riaccostamento dei monconi. Il controllo urografico a 3 mesi dall’intervento dimostrava regolare morfologia dell’uretere sinistro, e confermava l’assenza di spandimento di mezzo di contrasto. Tale reperto urografico veniva confermato a 12 mesi dall’intervento, escludendo la presenza di stenosi tardive, idronefrosi o ritardo funzionale del rene. Le lesioni ureterali dopo chirurgia ginecologica sono relativamente frequenti, e la riparazione precoce per via endoscopica può rappresentare una valida opzione. AFFIDABILITÀ DELLA CISTOSCOPIA CON 5 ALA NEL FOLLOW-UP DEL CIS PURO IN TRATTAMENTO CON BCG R. Colombo, R. Naspro, P. Bellinzoni, G. Guazzoni, F. Fabbri, P. Rigatti Unità operativa di Urologia, Università “Vita-Salute” Istituto Scientifico H. San Raffaele, Milano Obiettivo: Studio prospettico che valuta l’affidabilità della cistoscopia eseguita in fluorescenza (PDD) dopo somministrazione endovescicale di acido 5-aminolevulenico (5-ALA) e acido examinolevulino (Hexvix®) confrontata con la luce bianca tradizionale in pazienti affetti da carcinoma in situ (Cis) non associato a forme papillari (puro). Materiali e Metodi: Tra Febbraio 2004 e Dicembre 2005, 36 pazienti affetti da Cis puro come diagnosi all’ultima TUR prima dell’arruolamento, in varie fasi di trattamento con BCG secondo lo schema di Lamm a distanza di almeno 3 settimane dall’ultima instillazione di immunoterapico sono stati arruolati per lo studio. L’età media dei pazienti era di 70±12 anni, il numero totale delle instillazioni per singolo paziente era 6±10 e il tempo dall’ultima instillazione era 70±30 giorni. L’anamnesi remota di TCC dei pazienti arruolati era: TaG2 + CIS=4 (11.1%), T1G3 +cis =6 (16.7%), CIS isolato 26 (72.2%), CIS isolato alla TUR preinclusione 36 (100%). I pazienti sono stati sottoposti in regime ambulatoriale durante il follow-up a cistoscopia in luce standard e in PDD previa instillazione endovesciale di 5 ALA (50 ml di una soluzione di 5-ALA al 3,5%, Shering) in 20 casi e di Hexvix® in 16 casi, almeno 2 ore e 45 minuti prima. Come fonte luce è stata utilizzata una luce bianca con filtro equipaggiata con lampada allo xenon in grado di produrre una lunghezza d’onda da 76 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 345 a 440 nm. La vescica è stata esplorata accuratamente prima in luce bianca e poi in fluorescenza. Tutte le aree sospette per tumore sono state sottoposte a biopsie a freddo. Al momento della cistoscopia ogni paziente recava con se un esame citologico delle urine su 3 campioni. Tutti i campioni istologici ottenuti sono stati valutati da un patologo cieco allo studio. Risultati: La durata media delle instillazioni è stata 160 minuti (range 100-180) e gli effetti collaterali legati alle instillazioni sono stati trascurabili e tutti i pazienti sono stati in grado di trattenere il farmaco per il tempo adeguato. Dei 36 pazienti valutati 15 (41,6%) erano postivi per CIS alla biopsia, di cui 14 diagnosticati solo in fluorescenza e 1 sia in luce bianca standard che in fluorescenza. In 5 casi (13,8%) sono state eseguite biopsie di aree sospette sia in fluorescenza che alla valutazione istologica sono risultate compatibili con aree infiammatorie (falsi positivi). In 3 pazienti si è riscontrata una citologia vescicale urinaria positiva per cellule tumorali maligne; in due casi sia la cistoscopia in fluorescenza che quella a luce bianca sono risultate negative per aree sospette mentre è risultata positiva una ricerca di CTM ureterale selettiva. Conclusione: Questi dati, seppur preliminari, sembrano indicare che la cistoscopia eseguita in fluorescenza sembra incrementare la detection rate di carcinoma in situ durante il followup di pazienti ad alto rischio senza aumentare il rischio di complicanze. DIAGNOSI ISTOLOGICA DEFINITIVA SULLA BIOPSIA PROSTATICA IN 3 ORE: ESPERIENZA DEL PRIMO ANNO L. Nava1, M. Freschi2, C. Doglioni2, A. Losa1, E. Scapaticci1, T. Maga1, P. Rigatti1, G. Guazzoni1 1 S. Raffaele-Turro, Dipartimento di Urologia, Milano; 2IRCCS San Raffaele, Dipartimento di Anatomia Patologica, Milano Introduzione ed Obiettivi: Scopo di questo studio è una valutazione prospettica dell’efficacia e della riproducibilità della processazione rapida di campioni bioptici di prostata con RHS1®, un processore automatico a microonde. Metodi: dal Luglio 2004 al Luglio 2005 sono state eseguite un totale di 364 biopsie conse- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia cutive per la diagnosi di tumore prostatico in pazienti con valori di PSA compresi fra 2.5 e 14 ng/mL. I prelievi bioptici (numero medio 20, range 14-24) sono stati depositati tra 2 spugne in cassettine di plastica, fissate con soluzione di formalina al 4%, processate con RHS1® (senza xilene), incluse in paraffina, tagliate a sezioni di 3µ e quindi colorate con ematossilina-eosina. Sono stati analizzati il tempo di processamento, il tempo del processo diagnostico completo, la detection rate e la percentuale di eventuali ulteriori valutazioni; inoltre questi risultati sono stati paragonati a quelli registrati in una concomitante serie di 321 biopsie prostatiche effettuate in una serie di pazienti con caratteristiche simili, con la stessa tecnica di campionamento, nello stesso periodo, ma processate con metodo tradizionale. Le valutazioni istopatologiche sono state eseguite da un singolo patologo. Risultati: la detection rate globale per entrambi i gruppi (biopsie processate con RHS1® vs. biopsie processate con metodo tradizionale) è risultata simile: 41% di Pca per entrambi i gruppi, 20% di HGPIN vs 18%, 2,2% di ASAP vs 2,8%. Il patologo ha eseguito una valutazione qualitativa comparabile per entrambi i gruppi, dato confermato da una revisione intradipartimentale. Non sono state registrate variazioni della lunghezza dei campioni bioptici pre e post-processazione. Il tempo di processamento automatico è stato di 75 minuti vs 14 ore, il tempo alla diagnosi definitiva è stato di 190 min (range 145-260) vs 24 ore. Una diagnosi rapida è stata possibile in 347/364 pazienti (95%). In 17 pazienti è stata necessaria un’ulteriore valutazione immunoistochimica senza che questa abbia richiesto una modificazione dei metodi utilizzati routinariamente. Tutti i pazienti hanno potuto concludere nello stesso giorno il processo diagnostico e stadiativo. Conclusioni: L’esperienza di questo primo anno conferma la validità di questo nuovo processore automatico a microonde per la processazione rapida delle biopsie prostatiche. RHS1® è risultato essere efficace quanto i metodi di processazione tradizionali e potrebbe rappresentare un nuovo standard per risparmiare tempo, costi e stress per i pazienti. Essendo una metodica senza xilene, risulta facile e più sicuro per il personale sanitario. RHS1® permette una miglior qualità del servizio con la diagnosi in un giorno. BRACHITERAPIA NEL CARCINOMA PROSTATICO INTRACAPSULARE. EQUIVALENZA DELLA DOSIMETRIA IN PAZIENTI CON CONTROINDICAZIONI RELATIVE ED IN PAZIENTI CON CARATTERISTICHE STANDARD M. Maffezzini1, E. Vaccara3, T. Calcagno1, L. Gavazzi1, P. Ricci2, A. Grimaldi2, F. Grillo2, M. Gambaro3, G. Taccini3 1 Struttura Complessa di Urologia, 2Struttura Complessa di Radioterapia, 3Struttura Complessa di Fisica Sanitaria, E.O. Ospedali Galliera, Genova Introduzione ed Obiettivi: Lo studio ha lo scopo di valutare la qualità dell’impianto in due categorie di pazienti: la prima costituita dai candidati ideali per l’impianto, la seconda da pazienti con controindicazioni relative alla brachiterapia prostatica (pregressi interventi endoscopici o eccessive dimensioni prostatiche) con il fine di confermare la fattibilità dell’impianto anche per la seconda categoria. Metodi: Per quantificare la qualità del piano intraoperatorio, i parametri utilizzati sono stati: V100, D90, l’indice di omogeneità (HI), l’indice di conformazione (COIN) e lo stesso peggiorato dalla presenza del retto (COINretto), in quanto, pur non essendo l’unico organo a rischio, il retto può di fatto essere risparmiato dalla dose di prescrizione (PD). Si è inoltre tenuto conto della V(240 Gy)-uretra come misura del dosaggio massimo relativo a quest’organo. I nostri criteri di accettabilità sono stati i seguenti: V100>95%; D90:PD-180 Gy; COIN>0.5 e V(240 Gy)-uretra<35%. Risultati: Dei 51 pazienti consecutivi valutati, 27 erano standard e 24 non standard; lo studio ha mostrato rispettivamente: V100=(99±1)% e (98±2)%, D90=(122±6) Gy e (123±17) Gy, COIN=0.63±0.05 e 0.61±0.07, COINretto=0.61±0.07 e 0.56±0.09 (in ciascun piano la PD è stata rilasciata ad un volume rettale inferiore a 1.3 cc), HI=0.44±0.11 e 0.44±0.12, V(240 Gy)-uretra=(6±16)% e (8±14)%. I risultati sono espressi in termini di media e deviazione standard, mentre il valore di D90 riportato è normalizzato alla PD. Il valore medio trovato per ogni indice risulta conforme ai nostri constraint in entrambi i gruppi e le piccole differenze non risultano significative al t test, la V100 risulta infatti ottimizzata, così come la D90, che per ogni paziente è sempre maggiore della PD. L’indice COIN mostra una conformità al target di poco maggiore per i pazienti standard, ciò risulArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 77 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia ta ancora più evidente se si considera la presenza del retto. Conclusioni: Per entrambe le categorie di pazienti siamo riusciti ad ottenere la copertura del target risparmiando sia il retto che l’uretra. Il t test ha evidenziato come le differenze dosimetriche tra i due gruppi non siano significative e quindi, nonostante le controindicazioni dovute al volume e alla TURP, questi pazienti rimangono candidabili a brachiterapia. TRATTAMENTO COMBINATO ENDOUROLOGICO-OPEN DI MALATTIA UROTELIALE A. Frattini, S. Ferretti, F. Dinale, P. Cortellini Unità Operativa di Urologia, Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma Caso Clinico: D.A., 72 anni, iperteso, diabetico insulino-dipendente, pregresso IMA con bypass aorto-coronarici e vasculopatico in terapia antiaggregante (asma cardiaco nel 2004), in seguito ad episodi di ematuria asintomatica ricorrente esegue ecografia, urografia, TC e cistoscopia con riscontro di lesione papillare superficiale protrudente dal meato ureterale sinistro e sospetta lesione caliciale superiore destra. Esegue una prima TURB in altro presidio ospedaliero con resezione parziale della neoplasia affiorante dal meato urinario e ureteroscopia flessibile destra con biopsia e brushing. Esame istologico: pTaG2 renale destra e frammenti di TCC superficiale della lesione ureterale. Giunge alla nostra osservazione per ulteriore consulenza specialistica; si esegue cistoscopia che documenta assenza di lesioni vescicali e presenza di lesione in parte necrotizzata protrudente dal meato ureterale di sinistra. Alla luce del quadro clinico, dalla stadiazione strumentale ed istologica precedente si è proposto al paziente ed optato per una risoluzione terapeutica conservativa. Video: Si è iniziato con un approccio endourologico combinato anterogrado/retrogrado della lesione ureterale sinistra. Sfruttando un decubito supino, si è eseguita cistoscopia + pielografia ascendente sin che non ha evidenziato altre lesioni della via escretrice. Si è quindi proceduto ad accesso percutaneo tipo MIPP (Miniperc-14CH) e si è eseguita nefroureteroscopia flessibile anterograda che ha confermato l’integrità dell’alta via fino alla lesione principale peduncolata. Fotocoagulazione laser anterograda della stessa e di altra piccola 78 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 lesione papillare limitrofa. Recupero retrogrado, con resettore, della neoformazione caduta in vescica; doppio J in sede al termine delle manovre; rimozione del tubo nefrostomico il giorno seguente. A distanza di 15 giorni circa, si è eseguita come da programmi nefrectomia polare superiore destra. Referti istologici definitivi depongono per pTaG3 renale e pTxG3 ureterale (invasione del chorion non valutabile). Decorsi post-operatori regolari. A distanza di 3 mesi, TC addome pelvi, cistoscopia e citologie urinarie negative. IL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DELLA CISTI PIELOGENA: CRITERI PER LA SCELTA DEL TIPO DI APPROCCIO F. Nigro, P. Ferrarese, G. Abatangelo, G. Benedetto, M. Titta, E. Scremin, A. Tasca U.O. di Urologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza Introduzione e Obiettivi: L’approccio mini-invasivo al trattamento della cisti pielogena può essere condotto per via percutanea, ureterorenoscopica o laparoscopica. Metodi: Negli ultimi 3 anni, 15 pazienti affetti da cisti pielogena (tipo 1 in 3 casi, tipo 2 negli altri 12, contenente calcoli in 13) sono stati sottoposti presso il nostro reparto a trattamento miniinvasivo. La sintomatologia, quando presente, era caratterizzata da dolore, ematuria e/o segni di infezione urinaria. La diagnosi, ottenuta in tutti i pazienti con ecografia renale ed urografia endovenosa, è stata perfezionata in 3 pazienti con TAC addome. Quattro differenti approcci sono stati impiegati nel trattamento della cisti pielogena: 1) percutaneo (PCN) a) diretto; b) indiretto; 2) transuretrale; 3) laparoscopico. Risultati: Non si sono osservate complicanze post-operatorie. Due casi trattati con approccio transuretrale sono falliti: nel primo caso, l’orifizio non è risultato raggiungibile dall’ureterorenoscopio ed è stato trattato con PCN; nel secondo, una ingente fibrosi locale ed un calcolo impattato hanno posto indicazione ad una nefrectomia parziale. Un paziente è stato trattato con chirurgia aperta dopo una PCN infruttuosa. Una relativa riduzione volumetrica ed un valido drenaggio è stato evidente all’urografia di controllo a 3 mesi nei rimanenti casi trattati con PCN o mediante ureterorenoscopia. Lo studio radiologico a 2 mesi ha confermato l’assenza di cisti pielogena nel caso trattato laparoscopicamente. 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Conclusioni: Il trattamento mini-invasivo della cisti pielogena si è dimostrato sicuro ed efficace (esito positivo: 81%). Le chiavi del successo sono rappresentate dall’accurata selezione dell’approccio e dall’esperienza dell’operatore. I criteri di selezione per tipo di approccio appaiono così definibili: 1a) cisti pielogena del versante posteriore, di medio volume (contenente calcoli); 1b) camera diverticolare piccola, non raggiungibile per via transuretrale e/o contenente una notevole massa calcare; 2) piccolo diverticolo di un sistema collettore compiacente e raggiungibile con l’ureterorenoscopio flessibile; 3) ampia cisti pielogena ricoperta da parenchima assottigliato. VALUTAZIONE PROSPETTICA DELL’ASSUNZIONE CRONICA DI PHYLLANTHUS NIRURI E STUDIO METABOLICO URINARIO M.C. Sighinolfi, A. Celia, S. Micali, M. Corinti, F. Annino, M. Grande, N. Ferrari, S. De Stefani, G. Bianchi Introduzione e Obiettivi: Il Phyllantus niruri (P. niruri) è una pianta appartenente alla famiglia delle Euphorbiacae tradizionalmente utilizzata nella medicina popolare brasiliana per il trattamento dell’urolitiasi. La sua efficacia nel migliorare i risultati della litotrissia extracorporea dei calcoli renali è stata precedentemente valutata; lo scopo del presente studio è quello di stabilire se l’assunzione cronica di P. niruri possa modificare l’escrezione urinaria dei parametri biochimici/metabolici sulla raccolta urinaria delle 24 ore. Metodi: Abbiamo prospetticamente valutato 15 pazienti (8 uomini e 7 donne) affetti da calcolosi recidivante di ossalato di calcio. L’età media era di 38 anni (range: 25-48). Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad assunzione cronica di P. niruri (1 g/die) per un tempo medio di 50 giorni. L’escrezione urinaria di calcio, ossalato, magnesio, citrato, acido urico, sodio e potassio è stata valutata su un campione di urine delle 24 ore prima e dopo il trattamento con P. niruri. L’analisi statistica è stata condotta mediante test T-student per campioni appaiati utilizzando un programma di elaborazione dati SPSS-8. Risultati: Tutti i pazienti hanno completato lo studio. Non sono state documentate alterazioni metaboliche prima del trattamento. Dopo assunzione cronica di P. niruri non sono state registrate variazioni statisticamente significative nei parametri biochimici delle urine delle 24 ore (calcio p=0.36; ossalato p=0.25). Non si sono registrati effetti collaterali collegati all’assunzione del farmaco. Conclusioni: L’assunzione cronica di P. niruri non modifica i parametri biochimici e metabolici urinari; infatti non sono state osservate variazioni nel contenuto di calcio e ossalato nei campioni di urine delle 24 ore prima e dopo trattamento. Probabilmente il P. niruri agisce come inibitore dell’aggregazione e della crescita dei cristalli di ossalato di calcio per una più elevata incorporazione di glicosaminoglicani all’interno del calcolo. Ricerche sperimentali sul ratto sono tuttora in corso al fine di confermare questi risultati e chiarire il meccanismo d’azione del P. niruri ed il suo effetto sulla litiasi renale. CORRELAZIONE FRA STENT URETERALI E SESSUALITÀ: ANALISI PROSPETTICA E MULTIVARIATA M.C. Sighinolfi, S. De Stefani, A. Mofferdin, A. Celia, M. Giacometti, M. Rivalta, N. Ferrari, S. Micali, G. Bianchi Introduzione e Obiettivi: Il posizionamento degli stent ureterali rappresenta una procedura comune nella pratica urologica. Tuttavia tali tutori possono provocare una sintomatologia irritativa che peggiora la qualità della vita del paziente. Lo scopo del presente studio è quello di prendere in esame la correlazione fra stent e sessualità, cercando di mettere in evidenza tutte le variabili che possono alterare la sessualità del paziente. Metodi: Abbiamo valutato 50 soggetti (30 uomini e 20 donne) sottoposti a posizionamento di stent ureterale monolaterale. I criteri di inclusione erano età inferiore a 55 anni ed attività sessuale riferita nella norma. Sono stati esclusi i pazienti affetti da fattori di rischio per disfunzioni sessuali organiche. La menopausa o la pregressa chirurgia genitale (isteroannessiectomia) sono stati considerati criteri di esclusione. Il tipo di stent è stato scelto in base all’altezza del paziente ed il corretto posizionamento è stato verificato mediante Rx diretta addome. Abbiamo quindi utilizzato 3 questionari validati, somministrati prima dello stenting e dopo 4-6 settimane: IPSS symptoms score, International Index of Erectile Function Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 79 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia (IIEF-5) and Female Sexual Function Index (FSFI). Risultati: Tutti i pazienti hanno completato lo studio con una permanenza media degli stent di 3 mesi. L’età media era di 43 anni per gli uomini e 39 per le donne. Le cause dell’ostruzione ureterale erano calcoli (48) o fibrosi retroperitoneale (2). Prima del posizionamento degli stent nessun paziente era affetto da LUTS, lo score medio IIEF-5 è risultato di 23 (range: 21-25) e lo score medio FSFI di 33 (range: 28-36). Dopo lo stenting si è assistito ad un peggioramento della vita sessuale del 66% e del 29,8% per uomini e donne rispettivamente. La disfunzione sessuale è correlata ai LUTS (p=0.001), al sesso del paziente (p=0.000) e al tempo di permanenza dello stent (p=0.008). Non si sono registrate complicanze correlate alla permanenza degli stent. Conclusioni: L’utilizzo degli stent ureterali peggiora la qualità della vita sessuale in entrambi i sessi. Negli uomini risulta per lo più aggravata l’erezione, forse a causa dei LUTS; nelle donne, i domini del desiderio e del dolore alla penetrazione sono peggiorati dalla presenza dello stent ureterale e dall’ansia che la presenza di un corpo estraneo comporta. LA CHIRURGIA ENDOSCOPICA CONSERVATIVA NEI TUMORI UROTELIALI DELL’ALTA VIA ESCRETRICE: ANALISI DI UNA SERIE CONSECUTIVA DI 131 CASI A. De Lisa, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, P. Usai Clinica Urologica, Cagliari Introduzione e scopo dello studio: Presentiamo la nostra esperienza nella tecnica conservativa “organ-sparing” per la terapia dei tumori uroteliali dell’alta via escretrice (UUTT) di basso grado e stadio. Materiali e metodi: Tra il Marzo 1992 e il Dicembre 2004 abbiamo trattato 131 pazienti (136 unità renali) con UUTT di basso stadio e grado (Ta, Tis, T1; G1-G2). Le indicazioni comprendevano: tumore ureterale (54 pz), tumori della pelvi e dei calici (77 pz), tumori bilaterali (5 pz) e tumore in rene unico (5 pz). La valutazione pre-operatoria includeva: urografia, TAC addome-pelvi, citologia. I tumori dell’uretere e i quelli localizzati nella pelvi e nel calice superiore di diametro ≤ 2 cm sono stati trattati con tecnica retrograda (TR) e ure- 80 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 teroscopi flessibili o rigidi. Tumori più grandi nella pelvi o nei calici sono stati trattati con tecnica percutanea (19 pz).La tecnica percutanea (PC) è stata condotta con la tecnica di dilatazione “one-shot” e Amplatz da 18 o 24 Fr. Il follow-up è stato effettuato con endoscopia della vescica e dell’alta via (“panendoscopia” PE), urografia, citologia urinaria, TAC addome/pelvi. Risultati: Il follow-up medio è stato di 42.6 mesi (13-132).L’esame istologico ha evidenziato: pTa, G1-G2 (57 pz); pT1G2 (19 pz); pTx, G1-G2 (20 pz) pT1/CIS, G2 (8 pz); pT2 (2 pz) pTxGx (25 pz). Abbiamo esaminato le complicanze riferite ad un totale di 570 procedure (terapeutiche e di follow-up):6 casi di stenosi ureterali; 7 perforazioni ureterali; 55 pazienti con ematuria sono stati trattati conservativamente; un paziente dopo emorragia importante è stato trattato con elettrocoagulazione endoscopica; un ematoma perirenale (terapia conservativa). Il tempo medio di recidiva è stato di 12.6 mesi (40% di recidive nella TR, 22% nella PC). La recidiva è stata più spesso di basso grado e stadio (pTxG1-G2=27%) e superficiale (pTa G1-G2 = 51%). Due pazienti hanno sviluppato una neoplasia invasiva (T2) e sono stati trattati con nefroureterectomia. Una paziente ha sviluppato metastasi diffuse ed è deceduta. La sopravvivenza tumore-specifica è del 97.3% (Dicembre 2005). TAMPONAMENTO VESCICALE: RISOLUZIONE RAPIDA PER VIA SOVRAPUBICA A. De Lisa, G. Puggioni, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, P. Usai Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Introduzione e scopo dello studio: Il tamponamento vescicale costituisce una complicanza successiva a diverse patologie vescicali, renali o può essere successiva ad un sanguinamento della loggia renale dopo TURP. Fortunatamente non si tratta di una complicanza frequente ma la sua risoluzione costituisce spesso un problema di trattamento lungo e noioso con rischi di perforazione a causa della difficoltà di frammentare i coaguli ed estrarli. Scopo della nostra valutazione è stato di verificare se con un approccio differente potesse essere possibili ottenere dei buoni risultati con sufficiente sicurezza. Materiali e Metodi: Sono stati presi in conside- 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia razione 6 pazienti con tamponamento vescicale successivo a TURP. Tutti i pazienti presentavano un’ostruzione del catetere vescicale una pressoché completa occupazione della vescica da parte dei coaguli e globo vescicale non trattabile con irrigazioni e lavaggi mediante siringa. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ecografia con valutazione della vescica e del volume dei coaguli al suo interno. La tecnica utilizzata prevedeva: paziente in posizione litotomica; preparazione chirurgica dei genitali esterni e della cute della regione ipogastrica; puntura percutanea sovrapubica della vescica con ago mandrinato; passaggio di guida idrofila con punta a J; dilatazione del tramite percutaneo sino ai 30 Ch; posizionamento di cannula di Amplatz 30 Ch; introduzione di sonda tipo Nelaton 26 Ch a punta smussa collegata ad aspiratore. Dopo aver introdotto la camicia del resettore da 26 Ch si procedeva a completare la distensione vescicale sino ad una chiara evidenziazione del globo. Dopo aver realizzato l’accesso secondo tecnica usuale “one shot” si introduceva la sonda Nelaton attraverso la cannula. L’aspirazione dei coaguli avveniva attraverso gli occhi del catetere di Nelaton ed un movimento di introduzione ed estrazione di esso comportava una frammentazione dei coaguli con conseguente aspirazione di essi. Un flusso irrigante continuo proveniente dalla camicia del resettore permetteva di mantenere una distensione costante della vescica ed una diluizione dei coaguli. Un controllo visivo endoscopico del lume vescicale permetteva di visualizzare il termine della procedura seguita quindi da una emostasi della loggia prostatica. I tempi dell’evacuazione sono stati rilevati dall’introduzione del recettore sino al completamento dell’evacuazione. Sono stati valutati liquidi infusi e materiale drenato. Risultati: La procedura è stata agevole e condotta a termine in tutti casi. I tempi sono variati tra 15 e 25 minuti. In tutti i casi i coaguli sono stati rimossi con successo. La quantità di coaguli variava tra i 420 ed i 530 ml. Conclusioni: L’evacuazione dei coaguli vescicali dopo tamponamento è una procedura lenta che in genere viene condotta con camicia del recettore ed evacuatore di Ellik o siringa. Se i coaguli sono in parte organizzati risultano voluminosi e difficilmente eliminabili con la necessità di una loro frammentazione. Durante le manovre di frammentazione il rischio di perforazione della vescica diviene elevato e la possibile filtrazione di soluzione irrigante può essere rischiosa per la salute del paziente. La tecnica da noi descritta si è dimostrata efficace e sicura ed ha permesso in tempi assolutamente irrisori di risolvere la complicanza. L’ENDOPIELOTOMIA PERCUTANEA NELLA MALATTIA DEL GPU: UNA TECNICA SEMPRE ATTUALE ANCHE NELL’ERA DELLA LAPAROSCOPIA A. De Lisa, F. Monni, M. Fanari, M. Deplano, G. Puggioni, P. Usai Clinica Urologica dell’Università di Cagliari Introduzione e scopo dello studio: Scopo dello studio è stato quello di valutare i risultati della tecnica di endopielotomia percutanea per la terapia della malattia del giunto pielo-ureterale. Materiali e metodi: Nel periodo novembre 1999 al Dicembre 2004 abbiamo trattato con tecnica percutanea, 51 pazienti con età media 36 anni (12-80) affetti da malattia del giunto pielo-ureterale (GPU). Il follow-up medio è stato di 25 mesi (48-12). Gli esami strumentali preoperatori hanno incluso urografia e scintigrafia renale sequenziale. Al termine della procedura è stato posizionato uno stent a DJ: 7/12 Ch (8 casi), 7 Ch (1 caso) o 7/14 Ch (42 casi). In tutti i pazienti è stata posizionata una nefrostomia rimossa in media in 2a giornata e i pazienti è sono stati dimessi il giorno successivo. Lo stent ureterale è stato rimosso dopo 3 settimane, dopo 7 settimane dall’intervento è stata praticata urografia di controllo. I controlli successivi sono stati effettuati ogni 6 mesi (con urografia a 12 mesi e in seguito con controlli ecografici) Risultati: La percentuale di successo (definito come scomparsa della sintomatologia dolorosa e assenza di ostruzione alla urografia di controllo) dopo la prima procedura endoscopica è stato del 90,2%.1 paziente è stato sottoposto ad una seconda endopielotomia percutanea,2 a endopielotomia retrograda con risoluzione. Il tasso di successo globale è stato del 95,7%. Il tempo operatorio medio è stato di 31 minuti. I 2 pazienti in cui la seconda endopielotomia non è stata efficace (3%) sono stati sottoposti a: plastica secondo A-H a cielo aperto (2 pz). Conclusioni: La tecnica percutanea permette di risolvere la patologia del GPU in maniera Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 81 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia minimamente invasiva, con procedure di breve durata e con degenze post-operatorie brevi. I tassi di successo della tecnica sono sovrapponibili a quelli delle chirurgia open e laparoscopica. Questi dati ci spingono a continuare a preferire la tecnica endoscopica percutanea, come primo e verosimile unico approccio. Infatti i trattamenti più invasivi (open e laparoscopia) presentano tassi di successo sovrapponibili con maggiori tempi operatori e rischi chirurgici. Inoltre la tecnica endoscopica non esclude, in caso di insuccesso, un secondo trattamento con qualsivoglia tecnica (endoscopia, open, laparoscopia). HIFU NEL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA PROSTATICO AD ALTO RISCHIO DI PROGRESSIONE A. Callea, V. Zizzi, A. Cafarelli, R. Piccinni, D. Sblendorio, B. Berardi, F. Gala, A. Tempesta, A. Traficante AUSL BA 4, U.O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale “Di Venere”, Bari Introduzione e Obiettivi: L’HIFU si prefigge la termoablazione della prostata con ultrasuoni focalizzati ad alta energia; con questa tecnica è possibile un trattamento ablativo extracapsulare dei tumori localmente avanzati, ma esistono pochi dati in letteratura sulla sua efficacia in questi pazienti. Metodi: In 44 mesi abbiamo effettuato 103 trattamenti Ablatherm (Edap Technomed) in 84 pazienti con neoplasie ad alto rischio di progressione (≥ T2c o con Gleason score > 7 o con PSA > 20 ng/ml), N0M0, di età media 73,3 anni, PSA medio 34,2 ng/ml e Gleason score medio 6,5, non candidabili a chirurgia radicale per età superiore a 75 anni o per comorbilità. Il volume prostatico medio era di 40,4 ml ed in tutti i casi è stata effettuata una TURP di debulking; 23 neoplasie erano T3 ed una T4, 25 di Gleason score > di 7 e 47 con PSA > 20 ng/ml. In 15 pazienti è stato effettuato un secondo trattamento HIFU per persistenza di malattia alla biopsia di controllo a 6 mesi, mentre in 4 casi il ritrattamento è stato necessario a causa di un volume prostatico > 100 ml. Risultati: Il follow-up medio è di 25,8 mesi, con dosaggio del PSA ogni 3 mesi e biopsia prostatica a 6 mesi dall’HIFU. Il success rate biochimico (PSA stabilmente < 0,5 ng/ml) è 82 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 stato 47,1% ed il success rate istopatologico (negativizzazione della biopsia) 73,2%; nell’ 83,9% e nel 84,5% dei casi, già a 6 mesi, non si rilevava malattia residua rispettivamente alla DRE ed alla TRUS. Gli eventi avversi sono stati: UTI nel 22,6% dei casi, ematuria e dolore emorroidario nel 3,5%, prostatiti nel 4,7%, orchiepididimiti nel 2,3%, stenosi dell’uretra nel 8,3%, sclerosi del collo vescicale nel 11,9%, fistola uretro-rettale nel 1,1%, stress incontinence di grado lieve nel 3,5% e disfunzione erettile nel 78,7% dei casi (26 dei 33 pazienti potenti prima del trattamento). Conclusioni: Nei carcinomi prostatici localmente avanzati o ad alto rischio di progressione, ad un follow-up di più di 2 anni, l’HIFU sembra risolutivo in quasi la metà dei casi e, nei rimanenti, ottiene un buon controllo locale della malattia. Questa opzione terapeutica, consentendo un trattamento ablativo extracapsulare, sembra capace, in alcuni casi, di radicalizzare i pazienti che non abbiano localizzazioni linfonodali o metastatiche. Sarà necessario un follow-up più lungo per confermare questi dati preliminari. TRATTAMENTO URETEROSCOPICO DEI TUMORI DELLA PELVI RENALE E DELL’URETERE R. Piccinni, A. Callea, D. Sblendorio, B. Berardi, V. Zizzi, A. Tempesta, F. Gala, A. Cafarelli, A. Traficante U.O. Clinicizzata di Urologia, Ospedale Di Venere, AUSL BA/4, Bari Introduzione e Obiettivi: La nefroureterectomia è il trattamento d’elezione delle neoplasie uroteliali (TCC) della pelvi renale e dell’uretere, ma in casi selezionati (pazienti monorene, neoplasie bilaterali o di basso grado e stadio) è possibile un trattamento endourologico conservativo. Metodi: Per TCC della pelvi renale e dell’uretere, in 7 anni abbiamo eseguito 99 urterorenoscopie diagnostiche ed operative e trattato 50 unità renoureterali; in 20 di esse, con neoplasie di basso stadio e grado (15 pazienti, di cui 5 con TCC bilaterale), è stato effettuato un trattamento ureteroscopico (biopsia a freddo e fotocoagulazione laser della base d’impianto); in 33 casi è stata effettuata una nefroureterectomia (30 in prima istanza per neoplasie di alto stadio e/o grado e 3 per recidiva di alto grado dopo trattamento endourologico). 6° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia Risultati: Dei 15 pazienti (20 unità renoureterali) trattati in modo conservativo, 6 hanno manifestato recidive di basso grado ed hanno richiesto mediamente 1,7 procedure endourologiche/unità renoureterale, ma ad un followup medio di 31,7 mesi, sono attualmente liberi da recidiva; 3 pazienti hanno manifestato recidive di alto grado e sono stati avviati a nefroureterectomia. Il tasso complessivo di recidiva è stato del 75% (52,6% se si esclude un paziente che ha presentato ben 5 recidive di basso grado). In otto pazienti con riscontro radiologico di sospetto tumore uroteliale la biopsia transureteroscopica è risultata negativa, consentendo di preservare l’unità renoureterale. Conclusioni: Secondo una recente revisione della letteratura (Bagley DH, 2005) il trattamento conservativo transureteroscopico dei TCC comporta un tasso di recidive del 3165% con disease free rate del 35-86% e tassi di progressione e di metastatizzazione bassi, correlati al grading del tumore. L’ablazione ureteroscopica di un TCC di basso stadio e grado (G1-2) sembrerebbe, pertanto, un trattamento valido anche in pazienti con reni controlaterali normali (Tolley DA, 2004). Una eventuale terapia adiuvante topica con mitomicina e BCG sembra essere ben tollerata ed efficace (Gupta M, 2004). CALCOLOSI URETERALE OSTRUENTE CON ASSOCIATO PEGGIORAMENTO DELLA FUNZIONALITÀ RENALE: PUÒ LA LITOTRISSIA EXTRACORPOREA RAPPRESENTARE UN TRATTAMENTO D’URGENZA? M.C. Sighinolfi, A. Celia, S. Micali, M. Grande, A. Beato, S. De Stefani, A. Mofferdin, F. Nancy, G. Bianchi Introduzione e Obiettivi: La litiasi ureterale rappresenta una causa frequente di ospedalizzazione; qualora ostruente, può infatti condurre ad idronefrosi severa e peggioramento della funzionalità renale. Lo scopo del presente studio è quello di valutare l’efficacia della litotrissia extracorporea (ESWL) come singolo trattamento della calcolosi ureterale ostruente. Metodi: Abbiamo arruolato 20 pazienti (12 uomini, 8 donne) ricoverati per colica renale. I criteri di inclusione erano presenza di calcolosi ureterale radiopaca di dimensioni comprese fra 6 e 15 mm, idronefrosi severa, livelli di creatinina compresi fra 1,5 e 2,5 mg/dl; l’infezione delle vie urinarie è stata considerata criterio di esclusione dallo studio. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una singola seduta di litotrissia mediante Dornier Litothripter S. Il follow-up è stato condotto a 24 e 72 ore dal trattamento mediante radiografia dell’addome, ecografia renale e controllo dei parametri ematici di funzionalità renale. Abbiamo quindi valutato l’andamento della creatinina, il miglioramento o la scomparsa della dilatazione delle vie escretrici e la percentuale di pazienti liberi da calcoli. Risultati: Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una seduta di ESWL (numero di colpi: 3500; intensità media 90%). Dopo il trattamento, la creatininemia è tornata entro i limiti di norma in 17/20 pazienti (85%) a 24 ore dal trattamento (p=0.001); nei restanti 3 pazienti si è provveduto al posizionamento di stent ureterale. La percentuale globale di pazienti stone free a 72 ore dalla litotrissia è stata del 65% (13/20). Non si sono registrati effetti collaterali connessi al trattamento ESWL. Conclusioni: La litotrissia extracorporea rappresenta una valida alternativa per il trattamento urgente dei calcoli ureterali ostruenti; anche se la totale espulsione dei frammenti non è avvenuta in tutti i pazienti entro 72 ore dal trattamento, la litotrissia ha consentito la ri-canalizzazione dell’uretere nell’85% dei pazienti con conseguente risoluzione dell’idronefrosi ed immediato miglioramento della funzionalità renale. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 83 GENERAL INFORMATION Aims and Scope BUSINESS INFORMATION Subscription details “Archivio Italiano di Urologia e Andrologia” publishes Annual subscription rate (4 issues) is Euro 52 for Italy and US $130 for all other Countries. Price for single issue: Euro 13 for Italy US $32,5 for all other Countries. Issues will be sent by surface mail; single issues can also be sent by air mail at an extra charge of US $12. papers dealing with the urological, nephrological and andrological sciences. Original articles on both clinical and research fields, reviews, editorials, case reports, abstracts from papers published elsewhere, book rewiews, congress proceedings can be published. Papers submitted for publication and all other editorial correspondence should be addressed to: Subscription orders should be sent to: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini 41 20133 Milano - Italy Tel. +39 0270608091 - Fax +39 0270606917 e-mail: [email protected] [email protected] Via Bassini 41 20133 Milano - Italy Tel. +39 0270608091 - Fax +39 0270606917 e-mail: [email protected] [email protected] Copyright Payments should be made by bank cheque to: Edizioni Scripta Manent s.n.c. For Italy: conto corrente postale n. 20350682 intestato a Edizioni Scripta Manent s.n.c. Papers are accepted for publication with the understanding that no substantial part has been, or will be published elsewhere. By submitting a manuscript, the authors agree that the copyright is transferred to the Publisher if and when the article is accepted for publication. The copyright covers the exclusive rights to reproduce and distribute the article, including reprints, photographic reproduction and translation. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording or otherwise, without thr prior written permission of the Publisher. Registrazione: Tribunale di Milano n.289 del 21/05/2001 Direttore Responsabile: Pietro Cazzola Direzione Marketing: Armando Mazzù Sviluppo e Nuove Tecnologie: Antonio Di Maio Consulenza grafica: Piero Merlini Impaginazione: Felice Campo Stampa: Parole Nuove s.r.l. - Via Garibaldi 58 20047 Brugherio, Milano - Italy Claim for missing issues should be made within 3 months from publication for domestic addresses, otherwise they cannot be honoured free of charge. 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Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento opporsi all’invio della rivista comunicando per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. - Via Bassini, 41 - 20133 Milano 84 Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 INSTRUCTIONS TO AUTHORS The publication is free of charge. Authors’ responsibilities Manuscripts are accepted with the understanding that they have not been published or submitted for publication in any other journal. It is however permitted that preliminary or partial results be already published elsewhere. Prior abstract presentation should be described in a footnote to the title. Authors must submit the results of clinical and experimental studies conducted according to the Helsinki Declaration on clinical research and to the Ethical Code on animal research set forth by WHO (WHO Chronicle 1985; 39:51). The Authors must obtain permission to reproduce figures, tables and text from previously published material. Written permission must be obtained from the original copyright holder (generally the Publisher). Manuscript presentation Authors must submit the text on floppy disk (MAC and WINDOWS Microsoft Word are accepted) with two copies of the manuscript and two sets of illustrations. Manuscripts must be written in English language in accordance with the “Uniform Requirements for Manuscripts submitted to biomedical journals” defined by The International Committees of Medical Journal Editors (Ann Intern Med 1988; 258). Manuscripts in Italian language can be published if translated (expense for translation will be charged to the Authors). As a general rule, manuscripts and illustrations are not returned, whether published or not. Manuscripts should be typed double spaced with wide margins. They must be subdivided into the following sections: Title page It must contain: a) title; b) a short (no more than 40 characters) running head title; c) first, middle and last name of each Author without abbreviations; d) University or Hospital, and Department of each Author; e) last name and address of the corresponding Author; d) e-mail and/or fax number to facilitate communication; f) acknowledgement of financial support; g) list of abbreviations. Summary The Authors must submit a long English summary (300 words, 2000 characters). Subheadings are needed as follows: Objective(s), Material and method(s), Result(s), Conclusion(s). After the summary, three to ten key words must appear, taken from the standard Index Medicus terminology. Text For original articles concerning experimental or clinical stud-ies and case reviews, the following standard scheme must be followed: Introduction - Material and methods - Results - Discussion - Conclusions - Summary - References - Tables - Legends Figures. Size of manuscripts in the Index Medicus. Only studies published on easily retrieved sources can be quoted. Unpublished studies cannot be quoted, however articles “in press” can be listed with the proper indication of the journal title, year and possibly volume. References must be listed as follows: Journal articles All Authors if there are six or fewer, otherwise the first three, followed by “et al.”. Complete names for Work Groups or Committees. Complete title in the original language. Title of the journal following Index Medicus rules. Year of publication; Volume number: First page. Example: Starzl T, Iwatsuki S, Shaw BW, et al. Left hepatic trisegmentectomy. Surg Gynecol Obstet 1982; 155:21 Books Authors - Complete title in the original language. Edition number (if later than the first). City of publication: Publisher, Year of publication. Example: Bergel DIA. Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London: Academic Press Inc., 1974. Book chapters Authors of the chapters - Complete chapter title. In: Book Editor, complete Book Title, Edition number. City of publication: Publisher, Publication year: first page of chapter in the book. Example: Sagawa K. The use of central theory and system analysis. In: Bergel DH (Ed), Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London: Academic Press Inc., 1964; 115 Tables Tables must be clearly printed and aimed to make comprehension of the written text easier. They must be numbered in Arabic digits and referred to in the text by progressive numbers. Every table must be typed on a separate sheet and accompanied by a brief title. The meaning of any abbreviations must be explained at the bottom of the table itself. Figures (graphics, algorithms, photographs, drawings) Figures must be submitted in duplicate as well, they must be numbered and quoted in the text by number. On the back side of each figure the following data must appear: figure number; title of the paper, name of the first Author, an arrow pointing to the top of the figure. Figure legends Figure legends must all be collected in one or more separate pages. The meaning of all symbols, abbreviations or letters must be indicated. Histology photograph legends must include the enlargement ratio and the staining method. Manuscript review Only manuscript written according to the above mentioned rules will be considered. All submitted manuscripts are evaluated by the Editorial Board and/or by two referees designat-ed by the Editors. The Authors are informed in a time as short as possible on whether the paper has been accepted, rejected or if a revision is deemed necessary. The Editors reserve the right to make editorial and literary corrections with the goal of making the article clearer or more concise, without altering its contents. Submission of a manuscript implies acceptation of all above rules. Literature reviews, Editorials and Original articles concerning experimental or clinical studies should not exceed 20 typewritten pages including figures, tables, and reference list. Case reports and notes on surgical technique shouid not exceed 10 type written pages (references are to be limited to 12). Letters to the editors should be not longer than 1000 words. Proofs References Reprints The Author is responsible for the accuracy of the references. References must be sorted in order of quotation and numbered with arabic digits between parentheses. Only the references quoted in the text can be listed. Journal titles must be abbreviated as A copy of the issue in which the article appears will be provided free of charge. Reprints are not provided. The cost to obtain the PDF file of the article (on a 3.5-inch disk) is Euro 50. Authors are responsible for ensuring that all manuscripts are accurately typed before final submission. Galley proofs will be sent to the first Author. Proofs should be returned within seven days from receipt. Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2006; 78, 1, Supplemento 1 85