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Rivista di Informazione Scientifica Vol. 15 N. 5 2015
COLOPHON
NORME
AUTORI
ARTICOLI
ORIGINALI
EVENTI
E CONGRESSI
ARCHIVIO
RCP
DAFLON
IN QUESTO NUMERO:
Editoriale
“Chi non fa, insegni”
A cura di Claudio Allegra
Focus on…
Dalla Letteratura internazionale
alla pratica clinica
A cura di Giorgio Guarnera
La compressione elastica nel
periodo estivo
V. Di Donna, D. Marinazzo
Terapia medica e compressiva
dopo scleroterapia
S. Tucci
Malattia venosa cronica
e periodo estivo
G. Avruscio
DEPOSITATO PRESSO L’AIFA IL 16/07/2015
1
Rivista di Informazione Scientifica Vol. 15 N. 5 2015
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AUTORI
DIRETTORE DI REDAZIONE
Claudio Allegra
VICE-DIRETTORE DI REDAZIONE
Giorgio Guarnera
PROPRIETARIO
Servier Italia SpA
Via Luca Passi, 85
00166 Roma
tel. 06-669081
DIRETTORE RESPONSABILE
Stephane Ben Tolila
EDITORE
Edizioni Minerva Medica
Corso Bramante 83-85
10126 Torino
ARTICOLI
ORIGINALI
COMITATO SCIENTIFICO
EVENTI
E CONGRESSI
DI
ARCHIVIO
RCP
DAFLON
REDAZIONE
Matteo Impagliatelli
Gianfranco Lessiani
Massimo Lucchi
Marzia Lugli
Oscar Maleti
Sergio Mancini
Fabrizio Mariani
Sandro Michelini
Pierluigi Mollo
Giovanni Mosti
Salvatore Novo
Enrico Oliva
Augusto Orsini
Carlo Pagnan
Domenico Palombo
Luciano Pedrini
Mario Pescatori
Giuseppe Raimondo Pistolese
Giuseppe Pollari
Carlo Pratesi
Camillo Riccioni
Daniele Righi
Lanfranco Scaramuzzino
Carlo Setacci
Lorenzo Tessari
Adriana Visonà
Giovanni Battista Agus
Giuseppe Maria Andreozzi
Pier Luigi Antignani
Alessandro Apollonio
Guido Arpaia
Ugo Baccaglini
Pier Antonio Bacci
Michele Ballo
Fabrizio Benedetti-Valentini
Salvino Bilancini
Ferdinando Binaghi
Corradino Campisi
Lucio Capurso
Anita Carlizza
Attilio Cavezzi
Marco Ciccone
Leonardo Corcos
Michele Cospite
Arcangelo De Fabritiis
Stefano De Franciscis
Raffaele Del Guercio
Michelangelo Di Salvo
Elia Diaco
Giuseppe Dodi
Fabio Gaj
Giuseppe Genovese
Maurizio Guerrini
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dall’Ufficio proprietà letteraria, artistica e
scientifica della Presidenza del Consiglio
dei Ministri.
È vietata la riproduzione anche
parziale di testi e foto senza espressa
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AUTORI
NORME PER GLI AUTORI
La rivista Flebologia Oggi pubblica articoli scientifici
di vasto interesse su argomenti di clinica e terapia
medica e chirurgica della malattia venosa. I contributi
possono essere redatti come editoriali, articoli originali,
reviews, casi clinici, note di tecnica, note di terapia,
nuove tecnologie, articoli originali brevi, articoli
speciali, lettere alla direzione. I lavori in lingua italiana
devono essere inviati in triplice copia (incluse figure
anche a colori e tabelle con relative didascalie) alla
Redazione della rivista:
Flebologia Oggi c/o Servier Italia - Via Luca Passi,
85 - 00166 Roma.
Tutto il materiale iconografico deve essere originale.
L’iconografia tratta da altre pubblicazioni deve essere
corredata da permesso dell’Editore.
La rivista recepisce i principi presentati nella
Dichiarazione di Helsinki e ribadisce che tutte le
ricerche che coinvolgano esseri umani siano condotte
in conformità ad essi.
La rivista recepisce altresì gli International Guiding
Principles for Biomedical Research Involving Animals
raccomandati dalla WHO e richiede che tutte le
ricerche su animali siano condotte in conformità ad essi.
Il lavoro deve essere accompagnato dalla seguente
dichiarazione firmata da tutti gli Autori: «I sottoscritti
Autori trasferiscono la proprietà dei diritti di autore alla
rivista Flebologia Oggi, nella eventualità che il loro
lavoro sia pubblicato sulla stessa rivista. Dichiarano
inoltre che la ricerca riportata nel loro lavoro è stata
eseguita nel rispetto della Dichiarazione di Helsinki e
dei Principi internazionali che regolano la ricerca sugli
animali».
Gli Autori accettano implicitamente che il lavoro venga
sottoposto all’esame del Comitato Editoriale e della
Segreteria di Redazione e in caso di accettazione, a
revisione del Comitato Editoriale.
A tutti sarà dato cenno di ricevimento.
La correzione delle bozze di stampa dovrà essere
limitata alla semplice revisione.
Le bozze dovranno essere rispedite entro 15 giorni al
Direttore di Redazione della Rivista:
Flebologia Oggi c/o Servier Italia – Via Luca Passi,
85 - 00166 Roma.
ARTICOLI
ORIGINALI
In caso di ritardo, la Redazione della rivista potrà
correggere d‘ufficio le bozze in base all’originale
pervenuto.
GLI ARTICOLI SCIENTIFICI POSSONO ESSERE
REDATTI NELLE SEGUENTI FORME
Articolo scientifico. Deve portare un contributo
originale all’argomento trattato. Sono ammesse da
6 a 10 pagine di testo dattiloscritto e 20 citazioni
bibliografiche (ad eccezione per le reviews). L’articolo
deve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione,
materiali e metodi, risultati, discussione, conclusioni.
Caso clinico. Descrizione di casi clinici di particolare
interesse (senza alcun riferimento all’utilizzo di
farmaci). Sono ammesse da 4 a 6 pagine di testo
dattiloscritto e 20 citazioni bibliografiche. L’articolo
deve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, caso
clinico o casistica clinica, discussione, conclusioni.
Nota di tecnica. Descrizione di una nuova tecnica
o di modifiche di tecniche già in uso. Sono ammesse
da 6 a 10 pagine di testo dattiloscritto e fino ad un
massimo di 20 citazioni bibliografiche. L’articolo può
essere suddiviso in sezioni a discrezione dell’Autore.
Nota di terapia. Presentazione e valutazione di
farmaci. Sono ammesse da 6 a 10 pagine di testo
dattiloscritto e fino ad un massimo di 20 citazioni
bibliografiche. L’articolo deve essere suddiviso nelle
sezioni: introduzione, materiali e metodi, risultati,
discussione, conclusioni.
Nuove tecnologie. Presentazione e valutazione di
nuove attrezzature. Sono ammesse da 6 a 10 pagine
di testo dattiloscritto e fino ad un massimo di 20
citazioni bibliografiche.
PREPARAZIONE DEL MANOSCRITTO
L’articolo dovrà essere presentato con spaziatura
doppia con margini di almeno 2,5 cm su cartelle del
formato 210×297 stampato su un solo lato del foglio.
Il lavoro deve essere articolato nelle seguenti
sezioni:
Pagina di titolo
- Titolo conciso, senza abbreviazioni
- Nome, Cognome e firme degli Autori
- Istituto e Università o Divisione e Ospedale di
appartenenza ciascun Autore
EVENTI
E CONGRESSI
- Nome, indirizzo e numero telefonico dell’Autore al
quale devono essere inviate la corrispondenza e le
bozze di stampa
- Dati di eventuali Congressi ai quali il lavoro sia già
stato presentato
- Ringraziamenti
- Sommario
- Parole chiave
Testo
Il testo deve essere composto da:
Introduzione
Illustrante lo stato attuale delle conoscenze
sull’argomento trattato e lo scopo della ricerca.
Materiali e metodi
Descrivere chiaramente i soggetti sottoposti a
osservazioni o a esperimento (pazienti o animali
da esperimento, inclusi i controlli). Identificare
metodologie, impianti (nome e indirizzo del costruttore,
tra parentesi) e procedure con dettaglio sufficiente a
per mettere ad altri studiosi di riprodurre i risultati.
Menzionare le metodologie già definite, incluse quelle
statistiche; menzionare e fornire brevi descrizioni
circa metodologie che sono state pubblicate ma
non sono ben conosciute: descrivere metodologie
nuove o modificate in modo sostanziale: giustificare
il loro utilizzo e valutarne i limiti. Di tutti i farmaci
si deve citare nome generico, dosaggio e vie di
somministrazione. I nomi commerciali dei farmaci
vanno citati tra parentesi. Unità di misura, simboli,
abbreviazioni devono essere conformi agli standard
internazionali. Le misure di lunghezza, altezza, peso e
volume dovrebbero essere riportate in unità del sistema
metrico (metro, chilogrammo, litro) o in loro multipli
decimali. Le temperature dovrebbero essere espresse
in gradi Celsius. Le pressioni in millimetri di mercurio o
centimetri d’acqua. Tutte le misurazioni ematologiche
e di chimica clinica dovrebbero essere espresse in
unità del sistema metrico nei termini dell’International
System of Units. Si scoraggia l’uso di simboli e sigle
poco comuni. Essi vanno comunque spiegati alla prima
apparizione nel testo.
Risultati
I risultati vanno riportati sotto forma di tabelle e
grafici eventualmente elaborati statisticamente, con
una presentazione concisa nel testo.
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ARCHIVIO
RCP
DAFLON
Discussione e conclusioni
Commento sui risultati con eventuale confronto con i
dati della letteratura. Bisogna inoltre definire il loro
significato ai fini della pratica clinica e, della ricerca
sperimentale. L’argomentazione logica deve essere
rigorosa ed attenersi ai dati sperimentali.
Bibliografia
La bibliografia, che deve comprendere i soli Autori
citati nel testo, va numerata con numeri arabi in ordine
consecutivo di prima citazione nel testo. Il richiamo
delle voci bibliografiche nel testo deve essere fatto
con numeri arabi posti tra parentesi. La bibliografia
deve essere citata nello stile standardizzato approvato
dall’International Committee of Medical Journals Editors.
Riviste. Per ogni voce si devono riportare il cognome
e l’iniziale del nome degli Autori (elencare tutti gli
Autori sino a sei, se sette o più elencare soli i primi sei
nomi seguiti da: et al.), il titolo originale dell’articolo, il
titolo della rivista (attenendosi alle abbreviazioni usate
dall’Index Medicus), l’anno di pubblicazione, il numero
del volume, il numero di pagina iniziale e finale.
Nelle citazioni bibliografiche seguire attentamente la
punteggiatura standard internazionale.
(Esempio: Sutherland DE, Simmons RL. Intracapsular
technique of transplant nephrectomy. Surg Gynecol
Obstet 1978;146:951-2).
Libri e Monografie. Per pubblicazioni non periodiche
dovranno essere indicati i nomi degli Autori, il titolo,
l’edizione, il luogo di pubblicazione, l’editore e l’anno
di pubblicazione.
(Esempio: Rossi G. Manuale di otorinolaringoiatria.
IV edizione, Torino: Edizioni Minerva Medica, 1987).
Tabelle
Ogni tabella deve essere presentata, in foglio
separato, correttamente dattiloscritta, preparata
graficamente secondo lo schema di impaginazione
della rivista, numerata in cifre romane, correlata da
un breve titolo. Eventuali annotazioni devono essere
inserite al piede della tabella e non nel titolo. Le tabelle
devono essere richiamate nel testo.
Figure
Le fotografie devono essere inviate sotto forma di
nitide copie su carta. Esse devono riportare sul retro
un’etichetta che indichi la numerazione in cifre arabe,
il titolo dell’articolo, il nome del primo Autore.
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“Chi non fa, insegni”
A cura di Claudio Allegra
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Dalla Letteratura internazionale alla pratica clinica
A cura di Giorgio Guarnera
La compressione elastica nel periodo estivo
V. Di Donna, D. Marinazzo
Terapia medica e compressiva dopo scleroterapia
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Malattia venosa cronica e periodo estivo
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“Chi non fa, insegni”
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Editoriale
STAGIONE CALDA E
MALATTIA VENOSA CRONICA
“CHI NON FA, INSEGNI”. È un vecchio andante, non sempre giusto, ma qualche volta presente nel DNA universitario. Tutto
questo però non vale in Flebologia! In Flebologia non si può mentire e il pubblico ne ha subito sentore. È una disciplina che si
impara a bottega in cui il connubio paziente-flebologo è strettissimo e condivisibile nei gradi di successo.
Per i suddetti motivi, è estremamente difficile inquadrare questa disciplina nelle Linee Guida i cui risultati sono sempre discutibili e spesso non condivisibili.
L’impostazione di questa rivista online di Flebologia segue proprio l’iter su indicato: non articoli a tipo review, non omogeneità
di argomento nello stesso numero, bensì esperienza personale spontaneamente ma rigorosamente espressa dagli Autori.
Spero che lo spazio sui case report sia sempre più presente e invito i Colleghi a tenerlo presente. Il case report significa “....è un
solo caso o pochi casi però lo comunico perché se trova riscontro presso altri Colleghi, diventa un messaggio progettuale per
una ricerca osservazionale”.
Il case report diventa, automaticamente, un oggetto di viva discussione e dunque produce vitalità e suggestioni ben gestibili su
questa tipologia di rivista online.
Auguri e buon lavoro in questa direzione.
Claudio allegra
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Dalla Letteratura internazionale alla pratica clinica
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RCP
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Focus on…
DALLA LETTERATURA
INTERNAZIONALE
ALLA PRATICA CLINICA
SYSTEMATIC REVIEW OF COMPRESSION FOLLOWING TREATMENT FOR VARICOSE VEINS
El-Sheikha J, carradice D, Nandhra S et al.
Br J Surg 2015; 102(7):719-25
Gli Autori compiono una revisione sistematica dei principali motori di ricerca scientifica, con l’intento di stabilire durata e
metodi di compressione ottimale dopo trattamento di varici. I dati raccolti appaiono molto eterogenei, sia in termini di disegno
degli studi che di regime di compressione. Uno studio suggerisce che sette giorni di calze elastiche dopo termoablazione laser
permettono una migliore qualità di vita rispetto a due giorni. Un altro studio evidenzia una più pronta ripresa dopo tre giorni di
bendaggio dopo chirurgia. Un altro ancora riporta una compliance alla compressione molto bassa (40%).
Il lavoro ha il merito di riproporre un tema, ancora senza una risposta caratterizzata da un alto livello di evidenza. Anche nel
recente passato trial randomizzati raccomandavano un bendaggio nei primi giorni post-operatori, ma non erano in grado di identificare un grado e una durata di compressione nel periodo successivo.
L’atteggiamento terapeutico attualmente più accreditato è quello di adottare un bendaggio compressivo rigido per una settimana
e in seguito una calza di compressione 18-21 mmHg per un mese.
SURGERY FOR DEEP VENOUS INCOMPETENCE
Goel RR, Abidia A, Hardy SC
Cochrane database Syst Rev 2015 Feb 23;2: CD001097
L’incontinenza valvolare venosa profonda costituisce un quadro severo di malattia venosa cronica con sintomi gravi che alterano la qualità di vita dei pazienti. In tali casi l’atteggiamento terapeutico seguito dalla maggior parte dei Clinici consiste in una
adeguata compressione e nella terapia locale. Tuttavia, ulcere venose ribelli e frequentemente recidive possono richiedere una
chirurgia del circolo profondo. Questa revisione della Cochrane prende in esame quattro trial controllati randomizzati, per un
totale di 273 pazienti affetti da incontinenza valvolare profonda primaria.
Purtroppo, gli studi non riportano dati su pazienti con ulcere attive o pregresse e identificano parametri clinici ed emodinamici
(tempo di riempimento venoso e pressioni venose deambulatorie) come indici di successo dell’intervento di valvuloplastica.
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Un piccolo studio su 40 pazienti affetti da reflusso di 3° grado, senza ulcere, riporta che la valvuloplastica esterna della vena
femorale con abolizione del reflusso superficiale migliora lo stato emodinamico dell’arto più che l’intervento isolato sul circolo
superficiale.
Alla luce delle suddette considerazioni non si possono sottoscrivere affermazioni con forte grado di raccomandazione. Appare
consigliabile studiare accuratamente con eco-Doppler pazienti affetti da ulcere venose e selezionare pazienti con incontinenza
valvolare profonda primaria non rispondenti a terapia conservativa: molto probabilmente un intervento chirurgico di ricostruzione valvolare eseguito in una fase precoce dell’alterazione valvolare permette di ottenere migliori risultati.
RCP
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Focus on…
DALLA LETTERATURA
INTERNAZIONALE
ALLA PRATICA CLINICA
EFFECT OF A RETRIEVABLE INFERIOR VENA CAVA FILTER PLUS ANTICOAGULATION VS
ANTICOAGULATION ALONE ON RISK OF RECURRENT PULMONARY EMBOLISM:
A RANDOMIZED CLINICAL TRIAL
Mismetti P, Laporte S, Pellerin O et al. (PREPIC2 Study Group)
JAMA 2015; 313(16):1627-35
Vengono riportati i dati di un trial randomizzato, controllato, in aperto nella valutazione dell’efficacia e sicurezza dei filtri cavali temporanei in associazione ad anticoagulazione (200 casi) rispetto all’anticoagulazione isolata (199 casi) nei pazienti con
embolia polmonare acuta ad alto rischio di recidiva.
Tutti i pazienti hanno assunto anticoagulanti a dosi piene per sei mesi; in un gruppo è stato inserito un filtro cavale che è stato
rimosso dopo tre mesi.
Ad un follow-up di tre mesi una embolia polmonare recidiva si è verificata in sei pazienti del gruppo con filtro e in tre pazienti
del gruppo di controllo. Ad un follow-up di sei mesi i risultati erano simili.
Lo studio evidenzia che l’utilizzo dei filtri cavali temporanei non riduce il rischio di embolia polmonare recidiva e quindi l’anticoagulazione rimane la terapia di scelta.
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La compressione elastica nel periodo estivo
RCP
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LA COMPRESSIONE ELASTICA
NEL PERIODO ESTIVO
V. Di Donna, D. Marinazzo
Chirurgia Vascolare, Centro Medico-Chirurgico DA.MA. SALUS, Trani
PRINCIPI DELLA TERAPIA
COMPRESSIVA
Le flebolinfopatie, a causa della loro alta prevalenza, costituiscono un importante problema socio-economico, essendo responsabili della riduzione della qualità di vita dei pazienti affetti e di alti costi di trattamento1.
Il ruolo della terapia compressiva nella cura dell’insufficienza venosa cronica (IVC) è stato definito da un numero elevatissimo
di esperienze e studi. Essa è indicata in tutti gli stadi della malattia ed è in grado di prevenire la progressione della malattia e
le sue complicanze2,3. Il suo utilizzo è inoltre di fondamentale importanza in corso di trombosi venosa profonda (TVP) per la
prevenzione della sindrome post-trombotica e rappresenta il cardine del trattamento conservativo del linfedema.
Se usata correttamente durante tutto l’anno, la terapia compressiva è in grado di migliorare significativamente la qualità di vita
dei pazienti, in particolar modo promuovendo la guarigione delle ulcere venose e impedendone le recidive.
Nella pratica quotidiana, tuttavia, capita di frequente che durante la stagione estiva ci sia una scarsa compliance dei pazienti ai
sistemi di compressione, con il risultato che non sono garantiti i pieni benefici del trattamento.
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TECNICHE DI COMPRESSIONE
LA RIDOTTA COMPLIANCE
NEL PERIODO ESTIVO
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
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Principi della terapia compressiva
RCP
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LA COMPRESSIONE ELASTICA
NEL PERIODO ESTIVO
I sistemi di compressione agiscono mediante l’applicazione di una forza esterna, determinando un aumento della pressione di
interfaccia (cioè la pressione esercitata dal bendaggio misurata nell’interfaccia benda-cute) con lo scopo di contrastare l’azione
della forza di gravità e favorire il ritorno venoso verso il cuore, determinando quindi una riduzione dell’ipertensione venosa
dell’arto inferiore, con un miglioramento della sintomatologia clinica.
La compressione esercitata dal bendaggio (pressione di interfaccia) varia a seconda dei materiali utilizzati, del grado di tensione
applicata, del numero di strati sovrapposti e delle dimensioni dell’arto sottoposto a bendaggio al polpaccio e alla caviglia (raggio
di curvatura)1. La relazione tra queste variabili è espressa dalla legge di Laplace (rivisitata da Thomas)4:
P = (T × n) / (R × h)
in base alla quale la pressione esercitata dal bendaggio (P) è direttamente proporzionale alla tensione (T) utilizzata durante
l’applicazione e al numero di strati applicati (n), mentre sarà inversamente proporzionale alla circonferenza dell’arto (R) e
all’altezza della benda (h).
L’applicazione del bendaggio dovrà essere effettuata mantenendo costante la tensione della benda e sovrapponendo con regolarità le spire l’una sull’altra. Se il bendaggio compressivo è applicato con la stessa tensione lungo tutto l’arto inferiore, per via
della conformazione a cono rovesciato della gamba, si otterrà automaticamente una compressione graduata che garantisce una
pressione decrescente dalla caviglia verso il ginocchio, via via che la circonferenza dell’arto aumenta, favorendo così il ritorno
venoso al cuore.
L’uso delle compressioni cosiddette eccentriche, che prevedono l’applicazione di spessori supplementari in lattice o cotone, si
basa sul principio che, in base al raggio di curvatura delle strutture anatomiche, la pressione esercitata dal bendaggio è maggiore
dove il raggio di curvatura è molto piccolo, mentre sarà ridotta dove il raggio di curvatura è ampio. L’utilità pratica sta nella
possibilità di variare le pressioni a seconda delle zone da comprimere, ottenendo pressioni efficaci dove la curvatura della superficie cutanea non lo consente (ad es. nelle fossette retro-malleolari) o aumentare la pressione dove necessario (ad es. su aree
di ipodermite o di ulcerazione). Tale tecnica si rileva utile anche per proteggere, aumentando il raggio di curvatura mediante
l’applicazione di imbottiture quali cotone di Germania o gomma piuma, le aree anatomiche a raggio ridotto (come la cresta tibiale o il tendine di Achille) e quindi a rischio di essere sottoposte ad una pressione troppo elevataedin presenza di arti di forma
alterata, dove sarà necessario rimodellare l’intero arto con imbottiture prima di applicare la compressione.
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PRINCIPI DELLA TERAPIA
COMPRESSIVA
TECNICHE DI COMPRESSIONE
LA RIDOTTA COMPLIANCE
NEL PERIODO ESTIVO
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Tecniche di compressione
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LA COMPRESSIONE ELASTICA
NEL PERIODO ESTIVO
I sistemi di compressione possono essere realizzati con materiali e tecniche diverse, a seconda della patologia da trattare, della
sede odella forma dell’arto e delle comorbilità del paziente.
I sistemi di compressione più comunemente utilizzati sono rappresentati dai bendaggi (singoli o costituiti da due o più componenti) e dalle calze elastiche.
I bendaggi possono essere costituiti da materiali elastici (a corto, medio o lungo allungamento), anelastici o una combinazione
di entrambi.
Un parametro importante per valutare il grado di rigidità dei sistemi di compressione è rappresentato dal SSI (static stifness
index, indice statico di rigidità), cioè la variazione della pressione di interfaccia che si verifica quando il paziente passa dalla
posizione supina a quella eretta5. Valori del SSI maggiori di 10 indicano un elevato grado di rigidità.
Bendaggi con alto SSI sono ottenuti usando materiali anelastici (quali ad es. lo stivaletto all’ossido di zinco di Unna) o materiali elastici a corto o medio allungamento (ad es. bende adesive e coesive), solitamente sovrappostiin strati multipli (sistemi
multi-componente). Il vantaggio di un sistema di questo tipo è di mantenersi rigido ed opporsi ai cambiamenti di volume del
polpaccio durante la contrazione muscolare. Questo permette loro di generare in maniera intermittente una pressione notevole
durante l’esercizio (pressione di lavoro) e una pressione bassa a riposo per via della loro bassa elasticità.
Bendaggi con basso SSIsono ottenuti utilizzando materiali elastici (bende elastiche a lungo allungamento, calze elastiche) in
grado di adattarsi ai cambiamenti di volume dell’arto durante il movimento e permettono dimantenere una pressione continua
relativamente indipendente dall’attività muscolare, generando quindi pressione di riposo elevate e pressioni di lavoro più basse. Tale sistema non viene influenzato dai cambiamenti della circonferenza del polpaccio, ad esempio in seguito alla riduzione
dell’edema per effetto del bendaggio stesso.
Entrambi i tipi di bendaggio possono essere a strato singolo o multiplo, anche se generalmente non è raccomandato applicare
una forte compressione con una benda elastica singola a causa del rischio di danno da pressione. In questo caso,i sistemi multi-componente forniscono un’imbottitura protettiva e sono perciò da preferire.
In genere, sistemi ad alto SSI possono essere mantenuti in sede più giorni, mentre è opportuno sciogliere i bendaggi elastici ogni
sera, per poi confezionarli nuovamente l’indomani, poiché scarsamente tollerati durante la notte.
Le differenti caratteristiche dei bendaggi elastici e rigidi sono riassunte nella Tabella I.
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PRINCIPI DELLA TERAPIA
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TECNICHE DI COMPRESSIONE
LA RIDOTTA COMPLIANCE
NEL PERIODO ESTIVO
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
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Tabella I. — Caratteristiche differenti dei bendaggi elastici e rigidi.
Estensibilità
SSI
Pressione di interfaccia a riposo
Pressione di interfaccia durante l’esercizio
Il bendaggio può essere lasciato in sede per piùgiorni
Bendaggio elastico
>100%
<10
Alta
Alta
No
Bendaggio rigido
<100%
>10
Bassa
Molto alta
Si
Nella pratica clinica, i sistemi di bendaggio rigidi sono indicati nelle forme avanzate di malattia veno-linfatica associate con
alterazioni cutanee e ulcerazione. Sono inoltre più pratici nei pazienti più anziani incapaci di indossare calze elastiche o in quelli
con fragilità cutanea e nelle forme associate ad arteriopatia obliterante periferica (lieve e moderata) Gli svantaggi sono rappresentati da una scarsa maneggevolezza, dalle variazioni di pressione cui sono inevitabilmente soggette anche se applicati da
professionisti e dalla scarsa compliance dei pazienti a causa delle limitazioni potenziali nelle attività quotidiane (doccia, bagno,
ecc.).
I sistemi elastici sono invece maggiormente impiegati negli stadi iniziali della IVC, con lo scopo di prevenire la progressione
della malattia, e nella fase di mantenimento (prevenzione delle recidive dell’edema e delle ulcere). I materiali elastici, inoltre,
sembrano essere più efficaci in presenza di un deficit nella pompa muscolare del polpaccio che limiti l’effetto della compressione (a causa di debilitazione muscolare, immobilità o limitata mobilità della caviglia), essendo in grado di mantenere un livello
di compressione adeguato anche a riposo. A differenza dei bendaggi compressivi la pressione generata con le calze elastiche è
meno dipendente dalla persona che la applica.
I sistemi di compressione possono essere classificati a seconda della pressione esercitata a livello della caviglia. Il grado di compressione viene misurato in mmHg; uno standard internazionale suggerito suddivide i livelli di compressione in:
— lieve (<20 mmHg);
— moderato (20-40 mmHg);
— forte (40-60 mmHg);
— molto forte (>60 mmHg)6.
Una guida generale al grado di compressione raccomandato in base alle diverse indicazioni è schematizzata nella tabella II.
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LA COMPRESSIONE ELASTICA
NEL PERIODO ESTIVO
PRINCIPI DELLA TERAPIA
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Tabella II. — Grado di compressione raccomandato in base alle diverse indicazioni cliniche.
Grado di compressione
Indicazione
<20 mmHg
– Prevenzione della TVP
– Edema lieve
– Pesantezza e affaticamento degli arti inferiori
20-30 mmHg
– Malattia varicosa di grado lieve
– Edema da lieve a moderato
– Malattia varicosa in gravidanza
– Voli aerei (durata >4 ore, pazienti a rischio di TVP)
30-40 mmHg
– Ulcere venose (anche dopo la guarigione)
– TVP
– Post-chirurgia venosa/scleroterapia
– Malattia varicosa con edema severo e/o alterazioni cutanee
– Sindrome post-trombotica
– Linfedema lieve
>40 mmHg
– Linfedema severo
– IVC di grado severo
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LA COMPRESSIONE ELASTICA
NEL PERIODO ESTIVO
PRINCIPI DELLA TERAPIA
COMPRESSIVA
TECNICHE DI COMPRESSIONE
LA RIDOTTA COMPLIANCE
NEL PERIODO ESTIVO
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
In ogni caso, il grado di compressione deve essere valutato caso per caso, tenendo conto delle comorbilità del paziente. Ad
esempio, una compressione forte può risultare pericolosa o dolorosa in caso di insufficienza arteriosa, neuropatia o insufficienza
cardiaca e sarà pertanto opportuno ricorrere ad una compressione leggera o moderata.
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La ridotta compliance nel periodo estivo
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LA COMPRESSIONE ELASTICA
NEL PERIODO ESTIVO
In presenza di elevate temperature, la vasodilatazione delle vene superficiali determina un aumento del volume ematico a livello
delle vene degli arti inferiori e, di conseguenza, un incremento della pressione venosa, dello stravaso di liquidi e quindi dell’edema, con un peggioramento della sintomatologia dei pazienti affetti da IVC.
Per questa ragione non interrompere la terapia compressiva risulta di fondamentale importanza proprio durante la stagione estiva.
Un problema frequente, tuttavia, è rappresentato dalla scarsa compliance alla terapia nei periodi più caldi, anche da parte di pazienti già abituati all’utilizzo delle calze elastiche: i fattori che influenzano negativamente l’aderenza alla terapia comprendono
fattori culturali (mancanza di informazione ed educazione sanitaria dei pazienti), fattori fisici (maggiore scomodità ad indossare
e a mantenere i tutori, maggiore difficoltà nell’applicazione), fattori estetici.
Spesso la maggior parte di tali pazienti ritiene che l’interruzione temporanea della terapia compressiva durante il periodo estivo
non comporti grosse differenze, considerato l’utilizzo regolare durante il resto dell’anno. In realtà questa mancata aderenza alla
prescrizione medica ha un impatto negativo sulla progressione della malattia, in particolar modo sulla guarigione delle ulcere
venose e sulla prevenzione delle recidive.
Nella pratica clinica, la scelta del tipo di compressione deve tener conto delle necessità cliniche, ma deve anche essere adattata
alle caratteristiche e alle esigenze individuali delpaziente. La compliance alla terapia può essere migliorata applicando la compressione con un approccio graduale, fino a raggiungere il livello massimo tollerato dal paziente.
Sono presenti in commercio alcuni presidi (quali calze elastiche a piede scoperto) ideati con l’obiettivo di ridurre il disagio della
compressione durante l’estate. Tali mezzi, se da un lato garantiscono una comodità maggiore e un migliore impatto dal punto di
vista estetico, dall’altro possono avere conseguenze negative, producendo un “effetto laccio” a livello della caviglia, con conseguente edema del piede. L’utilizzo di questi presidi pertanto è ristretto a pochi casi selezionati. È preferibile usare,a contatto
con la pelle, materiali più confortevoli e traspiranti (quali il cotone) o calze elastiche a punta aperta, che lascino quindi scoperte
solo le dita, garantendo comunque una compressione terapeutica anche a livello del piede. Inoltre, l’impiego di materiali che
consentanoil controllo dell’umidità e sottoposti a trattamento antimicrobico permette di limitare la proliferazione batterica, facilitata dall’ambiente caldo-umido, e di mantenere più fresco l’arto.
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LA COMPRESSIONE ELASTICA
NEL PERIODO ESTIVO
L’utilizzo continuativo della terapia compressiva durante tutto l’anno è il solo modo per trarre un effettivo beneficio dal trattamento.
L’interruzione o l’impiego a livello subottimale della terapia compressiva durante la stagione estiva sono fattori potenzialmente
responsabili di un peggioramento della patologia venosa o linfatica di base. Una migliore compliance al trattamento, al fine
di potenziarne l’efficacia e promuoverne la diffusione, può essere favorita dalla corretta prescrizione da parte del medico e da
un’informazione accurata del paziente.
PRINCIPI DELLA TERAPIA
COMPRESSIVA
TECNICHE DI COMPRESSIONE
LA RIDOTTA COMPLIANCE
NEL PERIODO ESTIVO
Bibliografia
1.
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RCP
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Terapia medica e compressiva dopo scleroterapia
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Angiologo Medico, Sora (FR)
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TERAPIA MEDICA E
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LA SCLEROTERAPIA OGGI
La scleroterapia può essere definita come l’ablazione chimica delle vene varicose, ottenuta tramite l’iniezione all’interno della
vena stessa di prodotti (farmaci) sclerosanti, iniettati sotto forma di liquido o schiuma.
Benché gli inizi della moderna scleroterapia delle varici si facciano risalire alla fine del XIX e l’inizio del XX secolo (18401916) 1, è soprattutto negli ultimi 15-20 anni che essa ha assunto un proprio e insostituibile ruolo nell’ambito del panorama
terapeutico delle varici degli arti inferiori, ponendosi come alternativa o come complemento alle metodiche tradizionali chirurgiche (stripping)2,3.
Ciò è stato possibile soprattutto grazie all’avvento della schiuma sclerosante 4,5, che, secondariamente ha stimolato la maggiore
necessità di purificazione dei prodotti utilizzati e, soprattutto, ha “risvegliato”, da un torpore decennale, tutta una serie di studi
ed esperienze che, alla fine, hanno portato a una sostanziale standardizzazione delle metodiche (produzione della schiuma e
caratteristiche delle bolle “Tessari”, calibro dei vasi da trattare, quantità di mousse iniettabile per seduta) 6-10 con benefici in
termini di efficacia e sicurezza 11,12
Il connubio inoltre tra schiuma ed eco-color-Doppler, permettendo di visualizzare direttamente la vena iniettata e di seguire,
all’interno di essa, lo spostamento della schiuma (ecolucente), ha determinato un ulteriore salto di qualità.13,14
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LA COMPRESSIONE
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La scleroterapia oggi
La scleroterapia viene attualmente sempre più utilizzato per il trattamento sia di collaterali safeniche che extra-safeniche, varici
reticolari e teleangectasie 15 ma anche dei veri e propri tronchi safenici (grande e piccola safena) 16,17, sia pur con modeste varianti individuali legate alla “scuola” di riferimento e quindi alle tecniche di base utilizzate dai singoli specialisti.
Le indicazioni alla scleroterapia sono:18
— teleangectasie;
— varici reticolari;
— varici residue o recidive a precedenti interventi;
— varici da reflusso pelvico;
— varici periulcerose;
— malformazioni venose;
— varici tributarie;
— varici perforanti;
— grandi e piccole safene incontinenti.
In quest’ambito la scleroterapia si pone come trattamento efficace, compliante e di basso costo.
Come qualunque altra metodica medica (e la scleroterapia ancor più per la sua apparente semplicità) non deve essere banalizzata
ed improvvisata; deve sempre essere relegata nelle mani dell’Angiologo e/o Flebologo esperto, ossia che abbia avuto, sotto la
supervisione di qualificati “senior” una buona formazione teorica e pratica e sia fornito nel contempo di tutte quelle conoscenze
e competenze tecniche che permettano loro di essere sempre “padroni della situazione”.
La scleroterapia con schiuma è, in mani competenti, metodica sostanzialmente esente da rischi di effetti collaterali e complicanze particolarmente importanti per i pazienti, fatta eccezione per rari eventi allergici (anche questi comunque in gran parte
prevedibili sulla base di un’attenta anamnesi).
Presupposto fondamentale per una buona scleroterapia è certamente l’ottima conoscenza, attraverso lo studio eco-Doppler, della
precisa situazione anatomica-emodinamica dei pazienti.
Non è infatti accettabile un comportamento scleroterapico che vada a “pungere” la vena là dove essa è più ectasica e più evidente, dove in sostanza è più facile effettuare l’iniezione. Andranno invece sempre ricercati, individuati e trattati in primis i punti di
fuga. Solo successivamente si procederà, dall’alto verso il basso, alla sclerosi di tutto il residuo segmento varicoso.
Anche per la scleroterapia, quindi, cosi come per la chirurgia, vale la regola che, prima di iniziare il trattamento, è bene effettuare una accurata mappa venosa degli arti inferiori.
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Gli agenti sclerosanti attualmente maggiormente utilizzati sono soluzioni detergenti, Polidocanolo (Lauromagrol 400) e Sodio
Tedradecil-Solfato. Entrambi possono essere usati sotto forma di liquido o schiuma. Altro prodotto di discreta diffusione è la
Glicerina Cromica utilizzabile solo sotto forma liquida, per le vene reticolari e teleangectasie.
Riguardo allo stato fisico (liquido o schiuma) di iniezione va precisato che:
— la forma liquida è preferita per teleangectasie e reticolari di piccolo calibro, al fine di ridurre al minimo alcuni spiacevoli
effetti collaterali neurologici e visivi 19,20 che si verificano qualora si utilizzi la schiuma per vasi di questo calibro;
— la schiuma è senza dubbio da preferire per i grossi tronchi 21-23.
L’agente sclerosante a contatto con la parete della vena distrugge l’endotelio unitamente agli strati più profondi fino a trasformarla in un cordone fibroso (“sclerosato”) in cui il sangue non circola più. Detto cordone nell’arco di qualche settimana o mese,
in base alle dimensioni, viene completamente riassorbito e non più rintracciabile 24.
L’effetto ultimo della scleroterapia è pertanto sovrapponibile alla chirurgia: rimozione totale della vena varicosa.
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La compressione
La compressione del segmento venoso trattato è altro aspetto fondamentale della scleroterapia.
Comunque la compressione venga realizzata, esistendo, tra i singoli operatori, differenze sulle modalità di effettuazione della
stessa, una buona scleroterapia non può prescindere da una buona compressione.
Nell’ambito dell’annosa diatriba fra i “massimalisti” (compressione sempre, forte e per lunghi periodi) 25 e “minimalisti” (compressione non sistematica ma solo in casi particolari)26 probabilmente la giusta collocazione è intermedia fra le due: compressione da praticarsi sempre, ma proporzionalmente adeguata ai singoli casi ed ai segmenti venosi trattati.
Nel ultimi anni, vuoi per l’affinarsi delle metodiche vuoi per la maggiore precisione nell’iniezione, è stato possibile, rispetto al
passato (“Fleborotoli alla Bassi”) 27, ridurre l’entità della compressione.
In sintesi questo è attualmente il nostro atteggiamento.
Tranne casi particolari in cui si effettua bendaggio di tutta la gamba e ancor più raramente di tutto l’arto, comunemente si realizzano compressioni selettive e segmentarie, solo sui segmenti venosi trattati. Gli spessori utilizzati però sono sensibilmente
ridotti nelle dimensioni rispetto ai tradizionali Fleborotoli e ciò determina di riflesso minore entità della compressione.
La schiuma, spiazzando tutto il sangue dal segmento di vena iniettato, annulla l’effetto di “lavaggio” e diluizione dello sclerosante operata dal sangue, come invece accade con la forma liquida, e permette una maggiore persistenza ed azione del prodotto
sulle pareti del vaso. Tutto ciò riduce la necessità delle forti compressioni praticate in passato.
La compressione viene applicata dopo circa 10-15 minuti dalla iniezione, con paziente tenuto, in questo tempo, pressoché immobile sul lettino; ciò permette una più graduale mobilizzazione delle bolle (riducendo al minimo rischi di spiacevoli effetti
neurologici e visivi) ed aumenta il tempo di contatto della schiuma sulla parete della varice.
Quando in pratica il segmento di vena trattato si presenta al controllo eco-Doppler come un “cordone” ecolucente, collabito ed
esangue, si realizza la compressione.
Si usano spessori oscillanti fra i 0,5 e i 2 cm di altezza, secondo necessità, confezionati al momento, con garza in cotone 10x10
o 20x20, con forma (rotoli, riquadri ecc.) adattate sulla base della topografia della zona da comprimere.
Tali spessori, ben sistemati sul segmento di vena da comprimere o sulla zona trattata, sono fissati sulla cute con cerotti elastici
adesivi (di medio allungamento e 10 cm di altezza), i quali, a loro volta, vengono ritagliati più o meno lunghi secondo necessità
(ossia in rapporto alla circonferenza del segmento di arto su cui si devono applicare). Una volta attaccati a pressione sull’arto,
essi comprimono gli spessori che a loro volta schiacciano la vena interessata.
Bisogna fare attenzione a confezionare dette bende in modo tale che abbiano una forma di semicerchio, non effettuando lacci
sull’arto.
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Tale compressione non è rimovibile per il periodo indicato, va fatta tenere (quantunque in letteratura non vi siano indicazioni
specifiche) 28 in media dai 5 ai 10 gg con una variabilità dettata caso per caso (vena trattata, tipologia di paziente ecc.).
Di solito è ben tollerata ma, per le pelli particolarmente sensibili, apponiamo, a protezione della cute, delle “guarnizioni” adesive ipoallergeniche in tessuto non tessuto (ritagliate sempre secondo necessità) su cui viene successivamente a far presa, risparmiando così la pelle, il cerotto elastico adesivo.
Con questo tipo di compressione, che offre una maggiore garanzia di tenuta, non è necessario indossare, a nostro avviso, calze
o fasce elastiche; queste ultime tra l’altro, richiedendo la rimozione e/o il riconfezionamento giornaliero ed essendo soggette
alla “volubilità” dei pazienti, risultano meno efficaci: è più facile per minimi fastidi rimuovere una calza o benda elastica non
adesiva che non un bendaggio adeso alla pelle. Le azioni benefiche del bendaggio sono:
— da un lato, migliorare la sclerosi, in quanto, favorendo lo svuotamento della vena, permette un miglior contatto tra le pareti
vasali; si ottimizza così la fibrosi, riducendosi il rischio della persistenza di “canali” di sangue, possibile punto di partenza di
successive ricanalizzazioni;
— dall’altro quella di ridurre alcuni fastidiosi effetti del trattamento, quali ecchimosi, flogosi (“venite” e “perivenite”).
L’uso di una calza elastica adeguata (ossia di classe di compressione idonea al grado di insufficienza venosa presente) è utile
in taluni casi (vene di grosso calibro), per qualche settimana o mesi successivi al trattamento, in modo da favorire il consolidamento della fibrosi venosa.
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Terapia medica
Per quanto riguarda la terapia medica post-scleroterapia potremo semplicisticamente affermare che, in fondo, non ci sia necessità di terapia farmacologica dopo scleroterapia.
Alla rimozione della compressione, dopo trattamento di varici reticolari o teleangectasie, è comune l’impiego di prodotti per
uso topico (creme eparinoidi, chelanti il ferro, ad azione antinfiammatoria) sia per facilitare il riassorbimento dell’ecchimosi e/o
piccoli ematomi prodottisi come conseguenza delle punture sulla vene sia a scopo lenitivo.
L’uso di queste creme per quanto non sia strettamente indispensabile, poiché le ecchimosi, nell’arco di qualche giorno, scompaiono spontaneamente, serve a volte più a mitigare la “condizione ansiogena” che insorge nelle pazienti più sensibili allorché,
alla rimozione del bendaggio, sono colpite dallo “sconforto” per le abbondanti “macchie” (lividi) presenti sulle zone trattate.
Per limitare la comparsa di ecchimosi e reazioni flogistiche-irritative allo sclerogeno, possiamo far assumere ai pazienti farmaci
“fleboprotettori”, iniziando qualche settimana prima e proseguendo per tutta la durata del trattamento. In particolare, per le loro
proprietà intrinseche (aumento della resistenza venulo-capillare, riduzione della permeabilità venulo-capillare, mix di azioni
antiinfiammatorie anti-istaminico, anti-bradichininico, anti-prostaglandinico, antileucotrienico, i prodotti più indicati sono rappresentati dai flavonoidi; le molecole più attive in tal senso e notoriamente più supportate da dati sperimentali, sono la Diosmina
e l’Esperidina.
Poiché il mantenimento nel tempo del risultato di una buona sclerosi è anche da correlarsi ad un corretto atteggiamento terapeutico-preventivo da attuarsi negli anni, è opportuno, anche dopo la fine del trattamento sclerosante, proseguire l’assunzione di
farmaci specifici per la prevenzione della progressione della malattia varicosa (sulodexide, diosmina, esperidina, mesoglicano
ecc).
In tale contesto, anche l’utilizzo prolungato di adeguata contenzione con calze elastiche appropriate è importante.
Queste condotte terapeutiche, unitamente all’attuazione da parte dei pazienti di norme igienico-comportamentali (praticare
attività fisica, evitare sovrappeso, indumenti stringenti agli arti inferiori, esposizioni prolungate a fonti di calore ecc), sono fondamentali per ridurre la comparsa di nuove varici e la necessità di nuovi trattamenti sclerosanti.
Terapie post-sclerosi possono a volte rendersi necessarie per lenire alcuni effetti indesiderati che possono presentarsi nel corso
del trattamento; tra questi: reazioni iperergiche “venitiche”, che possono richiedere assunzione di breve ciclo di FANS, reazioni
irritative cutanee da sclerosante (orticaria localizzata) o da benda adesiva (flittene, follicoliti), che si controllano con applicazione di pomate cortisoniche e/o antibiotiche, pigmentazioni, che si attenuano progressivamente con creme chelanti il ferro;
l’utilizzo di compressione ne riduce abbondantemente l’insorgenza 28.
Senza dubbio, nel corso di un trattamento sclerosante, per ridurre al minimo l’impiego di altre terapie farmacologiche, bisogna
ben tenere a mente quelle che sono le controindicazioni alla sclerosi 18:
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— assolute:
− Allergia nota agli agenti sclerosanti;
− Trombosi venosa profonda e/o embolia polmonare;
− Infezioni localizzate all’area da sclerosare o gravi infezioni sistemiche;
− Prolungata immobilità o allettamento;
− Forame orale pervio sintomatico con shunt destro-sinistro noto (detta controindicazione; è assoluta per la schiuma, per il
rischio di passaggio di bolle attraverso lo shunt);
— relative:
− Gravidanza;
− Allattamento;
− AOP periferica severa;
− Condizioni fisiche generali scadute;
− Allergopatia marcata;
− Alto rischio di TEV (trombofilia nota, cancro, storia di TEV);
− Disturbi neurologici, inclusa emicrania, in pregressi trattamenti sclerosanti con schiuma (per la sola schiuma).
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La scleroterapia, con liquidi o schiuma, è un metodo di trattamento delle varici degli arti inferiori sicuro ed efficace. L’utilizzo
prevalente deve essere orientato verso teleangectasie, vene reticolari e vene collaterali primitive o recidive-residue a chirurgia,
ma, in mani esperte, possono essere trattati anche i tronchi safenici.
Per le teleangectasie e le varici reticolari dovrebbe essere riservato il solo uso di liquido, in quanto la schiuma (per meccanismi
ancora non perfettamente definiti, ma probabilmente per maggior liberazione tissutale di endotelina) 29,30 è sembrata in queste
condizioni essere gravata da maggiore incidenza di disturbi neurologici, emicrania, disturbi del visus e tosse.
Il trattamento degli assi safenici è invece da riservare alla schiuma sclerosante, in quanto su questi vasi è sicuramente più efficace dei liquidi e sostanzialmente paragonabile alla chirurgia tradizionale.
La scleroterapia, purché sia ben condotta, rispettando alcune regole fondamentali, è un trattamento sicuro e gravato da pochi
effetti collaterali.
La compressione elastica, sia pur nella variabilità di applicazione da parte dei singoli operatori, è complemento, a nostro parere,
indispensabile al trattamento.
L’uso di farmaci flavonoidi “fleboprotettori” durante il trattamento può migliorare la risposta allo stesso e mitigare alcuni effetti
indesiderati, rendendo il trattamento più compliante per i pazienti.
Il proseguimento della terapia medica anche dopo la fine del trattamento sclerosante può aiutare (unitamente all’utilizzo di adeguata contenzione elastica) a ridurre l’incidenza di ricadute.
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23. Ouvry P, Allaert FA, Desnos P, Hamel-Desnos C. Efficacy of polidocanol foam versus liquid in sclerotherapy of the great saphenous vein: a multicentre randomised controlled trial with 2-year follow-up. Eur J Vasc Endovasc 2008;36:366-70.
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Malattia venosa cronica e periodo estivo
G. Avruscio
Direttore UOC Angiologia, Azienda Ospedaliera, Università degli Studi di Padova
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Sembra utile in prima istanza fornire una distinzione dei termini “malattia venosa cronica” e “insufficienza venosa cronica”,
spesso erroneamente usati come sinonimi nella clinica. L’espressione “malattia venosa cronica”, includendo tutti gli stadi della
classificazione CEAP (Tab. I), comprende varie condizioni mediche di lunga durata che coinvolgono tutte le anomalie, morfologiche e funzionali, a carico del sistema venoso e che, manifestandosi con specifici segni e sintomi, richiede adeguata diagnosi,
cura e assistenza (1).
Tabella I.—Classificazione CEAP.
C
0 Assenza di segni clinici visibili o palpabili di malattia venosa
Clinica
1 Teleangectasie o vene reticolari
2 Varici
3 Edema
4 Turbe trofiche cutanee**: pigmentazione, eczema, lipodermatosclerosi, ipodermite, atrofia bianca
5 Ulcera cicatrizzata con alterazioni cutanee
6 Ulcera in fase attiva
E
Ec = congenita
Eziologica
Ep = primitiva
Es = secondaria (post-trombotica, post-traumatica, altre)
A
As = interessamento del sistema superficiale
Anatomica
Ad = interessamento del sistema profondo
Ap = interessamento del sistema perforante
P
Pr = reflusso
Fisiopatologica
Po = ostruzione
Pr+Po = reflusso e ostruzione
** Secondo la revisione della CEAP la classe C4 viene suddivisa in C4a caratterizzata da pigmentazione ed eczema e C4b caratterizzata invece da lipodermatosclerosi, ipodermite e atrofia bianca.
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“Insufficienza venosa cronica” è invece una parola riservata agli stadi avanzati della malattia venosa cronica, che si manifestano
con edema, alterazioni cutanee, ulcere cicatrizzate o in fase attiva, corrispondenti quindi agli stadi C3-C4-C5-C6 della classificazione CEAP 5. La malattia venosa cronica è una malattia molto diffusa nella popolazione adulta occidentale 11: la prevalenza
di varici agli arti inferiori è del 20% (range 21,8-29,4%) e circa il 5% (range 3,6-8,6%) delle persone ha edema, alterazioni cutanee o ulcere venose 1. È stato stimato che la patologia venosa cronica colpisca più dell’1% della popolazione generale 12. Appare
sorprendente che solo le ulcere venose, che sono l’80% delle ulcere degli arti inferiori 13 e che nei paesi occidentali hanno una
prevalenza dello 0,3% 14, richiedano tra l’1% e il 2% della spesa sanitaria nazionale per la loro cura, coprendo la quasi totalità
della spesa sanitaria riguardante la malattia venosa cronica 14,2. Un esempio ne sono gli USA, nazione in cui più di 11 milioni
di uomini e 22 milioni di donne tra i 40 e 80 anni hanno vene varicose e 2 milioni di adulti presentano stadi avanzati di malattia
venosa (corrispondenti al C4-6 della CEAP) 3, dove il costo annuale diretto della malattia venosa cronica è stimato a 1 miliardo
e 150 milioni di dollari 1. In Germania si è anche cercato di stimare la spesa, diretta ed indiretta, per la cura delle lesioni venose
agli arti inferiori: è risultato che, in un paese in cui tra i 3 e 4 milioni di persone sono affette da ulcera venosa, la spesa annuale
per paziente sia di € 9.569,00, di cui il 92% riguarda i costi diretti 15.
La stima del costo totale delle lesioni cutanee in trattamento domiciliare nella sola Provincia di Padova, nel 2005 è risultata di
€ 6.000.000.
L’aspetto più importante da considerare è la sensibile compromissione della qualità di vita (QdV) di chi è affetto da MVC,
soprattutto nei suoi gradi più elevati, aspetto quest’ultimo tuttavia trascurato da parte dei professionisti sanitari che specificatamente si occupano di patologia venosa 4. Per meglio definire la gravità della patologia venosa cronica, sono state elaborate
ulteriori scale di classificazione: la Venous Segmental Disease Score (VSDS), la Venous Clinical Severity Score (VCSS) e la
Venous Disability Score (VDS) 6-10.
Nel 1948, con la definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, inizia a svilupparsi il concetto di “qualità di
vita”, prima impensabile vista la preminente preoccupazione per il mantenimento della vita stessa 34. Non a caso tra le innumerevoli definizioni di questo temine si ritiene opportuno proporre quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “percezione
soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori nei quali
egli vive, anche in relazione ai propri obbiettivi, alle proprie aspettative e preoccupazioni. Riguarda quindi un concetto ad
ampio spettro, che è modificabile in maniera complessa dalla percezione della propria salute fisica e psicologico-emotiva, dal
livello di indipendenza, dalle relazioni sociali e dalla interazione con il proprio specifico contesto ambientale.” 24-25. Si può
quindi affermare che gli aspetti considerati sono: la salute fisica, lo stato psicologico, il livello di indipendenza, le relazioni
sociali, le convinzioni personali, il rapporto con l’ambiente, le funzioni cognitiva e sessuale, la produttività lavorativa, la percezione di malattia, il dolore, l’autostima, l’immagine corporea e il sonno 4.
La qualità di vita, in particolar modo nella MVC, è strettamente legata alla disabilità: questa viene definita dall’International
Classification of Functioning (ICF) come temporanea situazione indotta dall’alterazione, non solo di strutture e funzioni cor26
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poree ma anche di ambiente e partecipazione del soggetto. Tale definizione, adottata nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità, entrata a far parte del testo della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità nel 2006,
sottoscritta dall’Italia nel 2007, viene ritenuta innovativa, non solo perché ritiene la persona come momentaneamente disabile e
quindi recuperabile, ma soprattutto perché sottolinea come la disabilità sia modificabile o addirittura eliminabile in un ambiente
socio-economico e spaziale adeguato e con l’attivazione delle risorse, in termini di empowerment, della persona 26.
Il San Diego population study 3 afferma che anche modeste alterazioni dovute a malattia venosa si traducono in limitazioni funzionali e delle attività di vita quotidiana.
Nonostante i numerosi studi effettuati, il meccanismo reale di sviluppo della malattia venosa cronica è ancora incerto e pochi
sono gli elementi su cui gli studiosi concordano 11,18,20.
Secondo le recenti teorie l’infiammazione costituisce il “primum movens” per il rimodellamento della parete venosa, delle
alterazioni valvolari e della conseguente ipertensione venosa cronica, con lo stravaso di macromolecole, come ad esempio fibrinogeno, macroglobuline e globuli rossi. I prodotti di degradazione dei globuli rossi e le proteine interstiziali stravasate costituiscono un forte stimolo chemiotattico che determina una risposta infiammatoria, la quale si manifesta con l’alterazione della
matrice extra-cellulare, l’attivazione di leucociti, l’aumento dell’adesività endoteliale, la diapedesi di macrofagi e linfociti, l’attivazione delle citochinine e della matrice proteica delle metalloproteinasi che, sostenendo il processo infiammatorio, determinano anomalie nella produzione di collagene e nel rimodellamento dei tessuti con conseguenti edema, fibrosi e ulcerazioni 19-20.
In particolare l’alterazione della matrice extracellulare porta alla formazione di un manicotto fibroso a livello dei capillari e
delle venule post-capillari: questa alterazione della microcircolazione, che sembra avere lo scopo di proteggere l’architettura
vascolare continuamente sottoposta a stimoli meccanici, impedisce il passaggio di nutrienti ed ossigeno determinando, insieme
alla deposizione di collagene, lesioni ischemiche importanti 17.
In tale complessità è fondamentale ricordare l’importanza della pompa muscolare: la frazione di eiezione dei muscoli del polpaccio (principalmente gastrocnemio e soleo) costituisce circa il 65% del totale dell’arto inferiore 20.
Sono considerati fattori di rischio di malattia venosa cronica l’età avanzata, il genere femminile, la multiparità, la familiarità,
l’obesità, la storia di pregresse tromboflebiti o TVP e le occupazioni che richiedono un prolungato ortostatismo 11,21. L’associazione tra vene varicose, fumo, dieta e consumo di alcol è tuttora poco conosciuta: il fumo e l’alcool sembrano essere fattori di
rischio di MVC ma non vi sono attualmente prove a sufficienza e gli studi presenti si contraddicono 22.
Vi sono evidenze dalla letteratura pubblicata che un’alta proporzione di pazienti con varici non complicate progredirà verso
stadi di avanzata insufficienza venosa cronica se non trattati; tuttavia scarse sono le informazioni sul tasso di progressione, che
si stima essere superiore al 4% annuo 23.
Si comprende quindi l’importanza della conoscenza della fisiopatologia e dell’evoluzione della malattia venosa cronica: solo
grazie alla conoscenza delle alterazioni basilari il personale sanitario sarà in grado di intervenire terapeuticamente e preventivamente, nell’interesse della persona affetta di malattia venosa cronica.
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La sintomatologia nella malattia venosa cronica, specie negli stadi avanzati, è molto varia: crampi, gambe pesanti, gambe senza
riposo, bruciore, formicolii, dolore e prurito influenzano inevitabilmente la qualità di vita delle persone che li percepiscono 1,13.
Il dolore è il fattore che maggiormente influenza la qualità di vita delle persone 13.
I disturbi emotivi che le persone con MVC soprattutto negli stadi avanzati della patologia possono riferire sono vari e molteplici: alterazione dell’immagine corporea, mancanza di contatti sociali, diminuzione della forza di volontà, impotenza, perdita
di autostima, depressione, disperazione, frustrazione, insoddisfazione, sentimenti di sporcizia, ansia, rabbia, discriminazione e
rifiuto da parte del partner possono seriamente compromettere il benessere psico-emozionale 13.
Anche se la MVC non può essere definita “malattia stagionale” in quanto CRONICA per definizione ed evolutiva nel tempo, il
caldo agisce sfavorevolmente peggiorando la sintomatologia in tutti gli stadi CEAP e compromettendo maggiormente la Qualità di Vita, soprattutto dei pazienti anziani che presentano contemporaneamente altre patologie, o che hanno mobilità assente o
limitata, con deficit della pompa muscolare periferica che accentuano la stasi linfo-venosa costituendo un humus favorevole alla
formazione e/o estensione delle discromie e lesioni trofiche cutanee negli stadi più avanzati della malattia. Il caldo estivo comunque non risparmia neanche le persone giovani affette da MVC, per gli effetti vasodilatatori che peggiorano una condizione
già fisiologicamente compromessa. Nella stagione calda uno dei fondamentali presidi terapeutici della MVC che è la contenzione elastocompressiva, diventa più difficile per il paziente, se non adeguatamente motivato.
La moderna terapia farmacologica della MVC deve quindi rivolgersi all’eziopatogenesi primaria, a quel “primum movens”
del meccanismo infiammatorio, che entra in gioco nei vari stadi della malattia venosa, attraverso sostanze di provata efficacia
clinica che vadano ad agire sull’infiammazione parietale e valvolare, sul tono, distensibilità e compliance venosi, sulla stasi del
microcircolo, sul ridotto drenaggio linfatico, sull’aumento della permeabilità capillare, sui depositi di fibrina pericapillare, sulla
ridotta fibrinolisi e aumento del plasminogeno plasmatico.
I Farmaci Venotropi sono stati recentemente definiti in cinque principali categorie, riassunte nella tabella II.
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Tabella II. — Categorie principali di farmaci venotropi (modificata da Ramelet et al.27).
Categoria
Farmaco
Origine
Flavonoidi (gamma- benzopironi)
Frazione flavonoica purificata
micronizzata
Diosmina
Rutina and rutosidi,
O-(β-idrossietil)-rutosidi
(troxerutina, HR)
Quercetine glucuronide, kaempferol glucoside
Proantocianidine
Rutacae; Citrus aurantium, ssp amara
Alfa-benzopironi
Saponine
Altri estratti da
piante
Prodotti sintetici
Specie di Citrus
Sophora japonica
Specie di Eucalipto
Fagopyrum esculentum
Estratto di foglia di vite rossa (Vitis
vinifera)
Vinaccioli (Vitis vinifera)
Pino marittimo francese (Pinus pinaster,
precedentemente P. maritima)
Antociani
Estratto di foglie di vite rossa (Vitis
vinifera)
Mirtillo (Vaccinium myrtillus)
Cumarina
Meliloto (Melilotus officinalis)
Asperula (Asperula odorata)
Estratto di semi di ippocastano; Ippocastano
escina
(Aesculus hippocastanum)
Estratto di Rusco
Pungitopo (Ruscus aculeatus)
Estratto di Gingko
Gingko biloba
Calcio dobesilato
Benzarone
Naftazone
Sintetico
Sintetico
Sintetico
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Dosaggio
(mg/die)
1000
1-2
300-600
1000
1-2
1-2
100-300
1-3
100-300
300-360
1-3
3
100-300
1-3
116
90 associata a troxerutina
2
3
Dose giornaliera
BIBLIOGRAFIA
540
Inizialmente 120, poi 60
3
2-3 compresse
2 bustine (estratti di Gingko, eptaminolo e troxerutina)
1000-1500
400-600
30
2-3
2
2-3
2-3
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Le più recenti Linee Guida pubblicate su International Angiology (Aprile 2014) pongono l’accento sulla confusione determinata
dall’avvento dei numerosissimi integratori che, a differenza dei farmaci venotropi registrati, non hanno dimostrato di essere efficaci e di conseguenza non hanno ottenuto alcuna autorizzazione all’immissione in commercio da parte delle Autorità Sanitarie.
Alcuni farmaci venotropi come la frazione flavonoica purificata micronizzata (FFPM), miscela micronizzata di diosmina al
90% e flavonoidi al 10%, rappresentati da esperidina, diosmetina, linarina, isoroifolina, ha dimostrato di aumentare il tono della
parete venosa, ad avere potenti proprietà di contrastare l’accumulo di radicali liberi, oltre a quelle antiflogistiche agendo sulla
riduzione dell’adesione di neutrofili e monociti e agendo di conseguenza sull’ipermeabilità capillare, con effetti benefici sul
drenaggio linfatico e sull’edema.
Una recente meta-analisi ha valutato con metodo obiettivo l’impatto sull’edema venoso di quattro farmaci venotropi: FFPM,
Rutosidi idrossietilici, estratto di Rusco e diosmina. Tutti e quattro i farmaci hanno ottenuto una riduzione della circonferenza
della caviglia, superiore al placebo.
Nel confronto tra i farmaci, la FFPM è stata significativamente superiore ai rutosidi-idrossietilici e all’estratto di Rusco, che
invece non si differenziavano tra loro.
Lo studio osservazionale e prospettico RELIEF, ha preso in considerazione 5052 pazienti di 23 differenti paesi, can classe CEAP
da C0 a C4 e trattati per 6 mesi con FFPM.
Tutte le variabili di out come che comprendevano la quota di pazienti con sintomi venosi alle gambe, la severità del dolore,
l’edema e i cambiamenti nella classe clinica CEAP e/o nella qualità della vita, sono migliorate significativamente. Tale studio
ha fornito evidenze a lungo termine relativamente alla sicurezza di FFPM.
Come si evince dalla Tabella III (che corrisponde alla tabella VI dell’Int Ang), che prende in considerazione le attuali raccomandazioni delle linee guida dei farmaci venotropi, la raccomandazione per la FFPM è forte, basata su benefici che superano i rischi
in tutti i gradi di espressione della MVC e su prove di qualità moderata (grado 1B), che riflette la necessità di ulteriori evidenze.
Anche nelle fasi più avanzate della MVC, i farmaci venotropi possono essere utilizzati in combinazione con altri interventi
come la scleroterapia, la chirurgia demolitiva o conservativa, con la terapia compressiva e nei pazienti con ulcere venose attive.
Da quanto sopra esposto risulta chiaro non solo che la MVC è tra le patologie più diffuse nel mondo occidentale 1, ma che, tra
le malattie vascolari, è la più prevalente 2: anche se tale patologia viene a volte ignorata dai servizi sanitari, perché non considerata una malattia che espone a rischio di morte i soggetti che ne sono affetti 11, la diffusione e la cronicità che la caratterizzano
determinano la necessità di un’adeguata strategia terapeutica e assistenziale a lungo termine 16, soprattutto in quelle condizioni
climatiche e ambientali che ne peggiorano la Qualità di Vita.
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Tabella III. — Riassunto delle attuali racccomandazioni delle linee guida per l’uso dei farmaci venotropi in base al sistema GRADE.
Qualità dell’evidenIndicazioni
Farmaci veno-attivi
Raccomandazioni all’uso
Codice
za
Sollievo dai sintomi associati a
Frazione flavonoica purificata micronizForte
Moderata
1B
MVC in pazienti in classi CEAP
zata
da C0S-C6s e in quelli con edema
Diosmine non micronizzate o diosmine
Debole
Bassa
2C
venoso (classe CEAP C3)
sintetiche
Rutosidi idrossietilici
Debole
Moderata
2B
Estratti di foglia di vite rossa (Vitis viniDebole
Moderata
2B
fera)
Calcio dobesilato
Debole
Moderata
2B
Estratto di semi di ippocastano
Debole
Moderata
2B
Estratto di Rusco
Debole
Moderata
2B
Gingko biloba
Debole
Bassa
2C
Altri VAD
Debole
Bassa
2C
Guarigione delle ulcere venose pri- Frazione flavonoica purificata micronizForte
Moderata
1B
marie (classe CEAP C6) in aggiunta zata
a terapia compressiva e locale
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BIBLIOGRAFIA
CEAP: classificazione clinica, eziologica, anatomica e patofisiologica; MVC: malattia venosa cronica; GRADE: Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation; VAD: farmaci venotropi.
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22. Ahti TM, AMa¨kivaara L, Luukkaala T, Hakama M, Laurikka JO. Lifestyle factors and varicose veins: does cross-sectional design result in underestimate of the
risk? Phlebology 2010;25:201-6.
23. Pannier F, Rabe E. The relevance of the natural history of varicose veins and refunded care. Phlebology 2012;27(1S):23-6.
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BIBLIOGRAFIA
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EVENTI
E CONGRESSI
ARCHIVIO
24. Apolone G, Mosconi P, Ware EJ. Questionario sullo stato di salute SF-36. Manuale d’uso e guida all’interpretazione dei risultati. Milano: Guerrini e Associati;
1997.
25. Power M. Development of a common instrument for quality of life. In: Nosikov A & Gudex C. EUROHIS: Developing Common Instruments for Health Surveys.
Amsterdam: IOS Press; 2003. p145-64.
26. OMS Organizzazione Mondiale della Sanità. ICF Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. Ginevra: Erickson Edizioni;
2001.
27. Ramelet AA, Kern P, Perrin M. Varicose veins and telangiectasias. Paris: Elsevier; 2004.
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RCP
DAFLON
MALATTIA VENOSA CRONICA
E PERIODO ESTIVO
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E CONGRESSI
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EVENTI E CONGRESSI (AGOSTO – SETTEMBRE 2015 )
2015 International Conference on Ultrasonics and Applications
(ICUA 2015)
Shanghai, 25 – 27 Agosto 2015
http://www.engii.org/ws/Home.aspx? ID=576
97th Annual Meeting of SGDV (Swiss Society of Dermatology
and Venereology)
Zurich, 26 – 28 Agosto 2015
http://www.derma.ch/
UIP Chapter Meeting
Seoul, 27 - 29 Agosto 2015
http://www.uip2015.org/
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EVENTI E CONGRESSI
(AGOSTO – SETTEMBRE 2015)
25th World Congress of Lymphology
San Francisco, 7 – 11 Settembre 2015
http://www.lymphology2015.com/
ESVS - European Society for Vascular Surgery Annual
Meeting
Porto, 23 – 25 Settembre 2015
http://www.esvs.org/social/annual-meeting-porto-2015/
25th Congress of Mediterranean League of Angiology and
Vascular Surgery - MLAVS
Lubiana, 25 - 27 Settembre 2015
http://www.mlavs2015.si/
XXII European Chapter Congress of the IUA
VII Educational Course of the Central European Vascular
Forum
Budapest, 6 - 9 Settembre 2015
http://www.iua2015.com/; http://www.convention.hu/
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FLEBOLOGIA OGGI - Vol. 15 - N. 1/2014
FLEBOLOGIA OGGI - Vol. 15 - N. 2/2014
FLEBOLOGIA OGGI - Vol. 15 - N. 3/2015
FLEBOLOGIA OGGI - Vol. 15 - N. 4/2015
FLEBOLOGIA OGGI - Vol. 15 - N. 5/2015
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1
l’unico flebotropo con il più alto
grado di raccomandazione in tutti gli
stadi della malattia venosa cronica
nelle ultime linee guida internazionali2
rado
1B
O M NDA
A
Dalla micronizzazione...
Assorbimento rapido per una efficacia clinica maggiore *-3-5
Medicinale non soggetto a prescrizione medica. Classe C
1) Riassunto delle caratteristiche del prodotto.
2) Management of Chronic Venous Disorders of The Lower Limbs. Guideline According to Scientific Evidence. Int Angiol 2014;33:87-208.
3) Garner RC et al. J Pharm Sci. 2002; 91: 32-40.
4) Cospite M et al. Int Angiol 1989; 8 (suppl 4): 61-65
5) Johnston AM et al. Phlebology 1994;(Suppl. 1):4-6
* VS diosmina semplice
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RCP
DAFLON
RCP DAFLON
DEPOSITATO
PRESSO
16/07/2015
Depositato
presso L’AIFA
l’AIFA ilILxx/06/2015
R AC
C
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O N E2
g
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ZI
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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO:
s 1) DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE: DAFLON 500 mg
COMPRESSE RIVESTITE CON lLM s 2) COMPOSIZIONE QUALITATIVA
E QUANTITATIVA: ogni compressa rivestita con film contiene:
Principio attivo frazione flavonoica purificata, micronizzata
mg 500 costituita da: diosmina mg 450 flavonoidi espressi in
esperidina mg 50. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere
il paragrafo 6.1 s 3) FORMA FARMACEUTICA: compresse
rivestite con film s 4) INFORMAZIONI CLINICHE: 4.1 Indicazioni
terapeutiche: sintomi attribuibili a insufficienza venosa; stati di
fragilità capillare. 4.2 Posologia e modo di somministrazione: 2
compresse rivestite con film al giorno (1 a mezzogiorno e 1 alla sera)
al momento dei pasti, anche nell’insufficienza venosa del plesso
emorroidario. 4.3 Controindicazioni: ipersensibilità al principio
attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego: nessuna.
4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazioni:
non sono stati effettuati studi di interazione. 4.6 Gravidanza e
Allattamento: gravidanza La sicurezza del farmaco in gravidanza
non è stata determinata, pertanto è opportuno non somministrare
il prodotto durante la gravidanza. Allattamento: In assenza di dati
sull’escrezione nel latte, il trattamento deve essere evitato durante
l’allattamento. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e di
utilizzare macchinari: non sono stati condotti studi per valutare
l’effetto della frazione flavonoica sulla capacità di guidare veicoli
o di usare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati: i seguenti effetti
o reazioni avverse sono stati riportati e sono stati classificati
secondo la seguente frequenza: molto comune (≥1/10); comune
(≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000,
<1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non
può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie del
sistema nervoso. Raro: vertigini, cefalea, malessere Patologie
gastrointestinali. Comune: diarrea, dispepsia, nausea, vomito.
Non comune: colite. Non nota: dolore addominale. Patologie della
cute e del tessuto sottocutaneo. Raro: rash, prurito, orticaria. Non
nota: edema al volto, alle labbra, alla palpebra; edema di Quincke.
Patologie del sistema emolinfopoietico. Non nota: trombocitopenia.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette: la segnalazione
delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione
del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio
continuo del rapporto rischio/beneficio del medicinale. Agli
operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa
sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo
www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili. 4.9 Sovradosaggio:
Non sono stati riportati casi di sovradosaggio.s 5) PROPRIETA’
FARMACOLOGICHE: 5.1 Proprietà farmacodinamiche: Categoria
farmacoterapeutica: vasoprotettore e venotonico. Codice ATC:
C05CA53 - Farmacologia Il prodotto esercita la sua attività: a livello delle vene, diminuendone la distensibilità e riducendo
la stasi; - a livello della microcircolazione, normalizzando la
permeabilità e aumentando la resistenza capillare. - Farmacologia
clinica: Le proprietà farmacologiche del prodotto sono state
confermate nell’uomo da studi condotti in doppio cieco con
metodiche che hanno permesso di obiettivare e quantizzare la
sua attività sull’emodinamica venosa. Relazione dose/effetto:
l’esistenza di relazioni dose/effetto statisticamente significative,
è stata stabilita sulla base dei parametri pletismografici venosi:
capacità, distensibilità e tempo di svuotamento. Il miglior
rapporto dose-effetto è stato ottenuto con 2 compresse. Attività
venotonica: aumento del tono venoso: la pletismografia strain
gauge evidenzia una diminuzione dei tempi di svuotamento
venoso. Attività microcircolatoria: l’attività valutata da studi
controllati in doppio cieco, risulta statisticamente significativa nei
confronti del placebo. Nei pazienti con fragilità capillare, aumenta
la resistenza capillare controllata con l’angiosterrometria.
- Clinica: l’attività terapeutica del farmaco, nel trattamento
dell’insufficienza venosa cronica funzionale e organica degli arti
inferiori, è dimostrata da studi controllati in doppio cieco.
5.2 Proprietà farmacocinetiche: nell’uomo dopo somministrazione
per via orale di diosmina marcata al carbonio14, si osserva che:
- l ’escrezione è essenzialmente fecale mentre l’escrezione urinaria
rappresenta, in media, il 14% della quantità somministrata; - l’emivita
di eliminazione è di 11 ore, - il prodotto è estensivamente metabolizzato,
come dimostrato dalla presenza di differenti fenoli acidi nelle urine.
5.3 Dati preclinici di sicurezza: i dati preclinici hanno scarsa
rilevanza clinica alla luce della vasta esperienza acquisita con l’uso
nell’uomo del principio attivo contenuto nel prodotto medicinale.
s 6) INFORMAZIONI FARMACEUTICHE: 6.1 Elenco degli
eccipienti: carbossimetilamido sodico, cellulosa microcristallina,
gelatina, glicerina, ipromellosa, sodio laurilsolfato, ossido di
ferro giallo E172, ossido di ferro rosso E 172, titanio diossido,
macrogol 6000, magnesio stearato, talco. 6.2 Incompatibilità:
non pertinente. 6.3 Periodo di validità: 3 anni. 6.4 Precauzioni
particolari per la conservazione: questo medicinale non
richiede alcuna condizione particolare per la conservazione.
6.5 Natura e contenuto del contenitore: le compresse rivestite
con film sono confezionate in blister termoformati costituiti da un
accoppiato PVC/alluminio e contenenti ciascuno 15 compresse.
I blister sono racchiusi in astuccio di cartone che contiene anche
il foglio illustrativo. Confezioni contenenti 15, 30 o 60 compresse
rivestite con film. E’ possibile che non tutte le confezioni
siano commercializzate. 6.6 Precauzioni particolari per lo
smaltimento e la manipolazione: nessuna istruzione particolare.
s 7) TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN
COMMERCIO: LES LABORATOIRES SERVIER 50, rue Carnot
92284 - Suresnes cedex - Francia. Rappresentante per l’Italia:
SERVIER ITALIA S.p.A. - Via Luca Passi, 85 00166 Roma.
s 8) NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN
COMMERCIO: AIC n° 023356052 - “500 mg compresse rivestite
con film” 15 compresse. AIC n° 023356025 - “500 mg compresse
rivestite con film” 30 compresse. AIC n° 023356049 - “500 mg
compresse rivestite con film” 60 compresse. s $!4! $%,,!
PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE:
data del rinnovo: 03/2011 s$!4!$)2%6)3)/.%$%,4%34/
03/2015 Regime di fornitura: medicinale non soggetto a
prescrizione medica. Classe C.
Il RCP contenuto nella newsletter è aggiornato alla data di deposito all’AIFA riportata in copertina
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