eMergeNzA PAkIsTAN - Ugl Vigili del Fuoco

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eMergeNzA PAkIsTAN - Ugl Vigili del Fuoco
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N.
2010
IL PUNTO
di
5
Anno IIi
settembre
ottobre
PRIORITà
Fernando Cordella
di
Paolo Varesi
Segretario Confederale UGL
Resp. Coordinamento Sicurezza
Coordinatore Naz. UGL-VVF
è ARRIVATO
IL MOMENTO
DI ANDARE OLTRE
LA PREVENZIONE
STRESS DA LAVORO:
UN RISCHIO
EMERGENTE CHE
L’UGL NON VUOLE
SOTTOVALUTARE
Occuparsi dei danni
prevedibili e calcolabili, la cui risarcibilità
appare quasi scontata
non è più sufficiente.
Bisogna tener
conto anche della
precauzione relativa
ai rischi potenziali:
la prevenzione
dei rischi reali
Secondo la “European Foundation for
the Improvement of
Living and Working
Condition” il 27%
dei lavoratori italiani
indica nello stress legato all’attività lavorativa il problema di
salute tra quelli più
ampiamente diffusi
A
L’
partire dagli anni ’70
si registra un
crescente interesse del legislatore nazionale e comunitario in materia di
sicurezza sul luogo di lavoro.
Nonostante l’articolo 1
della Carta Costituzionale, che recita “l’Italia è
una repubblica democratica, fondata sul lavoro”, e
le altre norme contenute
nella Costituzione inerenti al lavoro entrino in vi-
emergenza
pakistan
La più grave tragedia umanitaria
degli ultimi anni
Pag. 6
Segue a pagina 2
Italia registra cinque
punti percentuali in
più rispetto la media dei
paesi europei. Un fenomeno su cui occorre riflettere ed agire velocemente.
Lo stress legato all’attività lavorativa è un fattore
di rischio relativamente
nuovo, almeno nel nostro
Paese, ma sicuramente
emergente vista la diffusione che sta assumendo
ed il costante aumento di
situazioni di disagio lavoSegue a pagina 4
ricorrenze
riflessioni urgenti
il confronto
la tragedia di Marcinelle
prevenzione degli incendi
dei vigili prendendo spunto
Napolitano ricorda
a pag 5
I problemi aperti sulla
a pag 8
Come migliorare l'organizzazione
dai Paesi Ue
a pag 12
2
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
CORDELLA dalla prima
gore il 1° gennaio 1948,
i principi di tutela del lavoratore in essi enucleati
hanno dovuto attendere
la legge del 20 maggio
1970, nota come “Statuto
dei Lavoratori”, per trovare positiva attuazione.
Gli articoli 3 e 4 del codice si occupano rispettivamente della partecipazione del lavoratore
“all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, e il diritto
del cittadino al lavoro e
alla realizzazione delle
proprie aspirazioni contribuendo al contempo
“al progresso materiale e
spirituale della società”.
La Carta Costituzionale dedica la prima parte
del titolo III (artt. 3540) alla tutela del lavoro “in tutte le sue forme
ed applicazioni”: si prevedono quindi il diritto
del lavoratore a condizioni di lavoro eque
e “salutari”, che non
comportino un rischio
per la sua integrità fisica e morale; la parità,
anche sul luogo di lavoro, tra uomo-donna e la
protezione del minore e
del cittadino inabile al
lavoro, ed infine il diritto allo sciopero e alla
partecipazione alle atti-
vità aziendali.
In questo processo di
graduale
propensione
verso la tutela del lavoratore in primis in quanto
persona e soltanto dopo
in quanto prestatore di
attività alle dipendenze
di altri.
In tutto questo occupa
una posizione di prima-
Il principio su cui si basano tali normative inerenti la responsabilità
nel settore della sicurezza del lavoro è quello di
prevenzione, ossia dei
danni prevedibili e calcolabili, la cui risarcibilità
appare quasi scontata se
confrontati a quelli potenziali, imprevedibili e
quale gli Stati vengono
esortati a non “aspettare
la prova certa degli eventi
dannosi prima di agire”.
Se in questi giorni si parla di riconoscere la specificità alla nostra categoria qual è la migliore
risposta nell’applicare il
principio di precauzione?
La professione di Vigile del fuoco che spicca
tra le attività con un maggior livello di stress
è spesso associata ad orari di lavoro irregolari,
elevato rischio di lesioni anche gravi,
e forte stress dovuto allo stato di attesa
che precede l’intervento in una situazione critica”.
ria importanza il decreto n.626/1994, struttura del recente testo
unico sulla sicurezza nei
luoghi di lavoro (d.lgs.
81/2008).
Questa nuova normativa
è il risultato di diverse
leggi sia comunitarie che
nazionali che hanno imposto agli Stati Membri
una progressiva adesione
a questi nuovi principi.
incalcolabili del principio
di precauzione: la precauzione è infatti relativa ai rischi potenziali, la
prevenzione ai rischi reali.
Il principio di precauzione si trova espresso in
origine nella Dichiarazione di Brema del 1984
riguardante la conferenza Internazionale dei
Ministri sulla protezione
del mare del Nord con la
Di questi giorni è la ricerca del portale statunitense CareeCast che si
occupa di annunci di lavoro, ha di recente pubblicato una graduatoria
tra 200 differenti tipi di
impiego
identificando,
per l’anno in corso, i migliori e i peggiori.
“La ricerca rivela che il
lavoro in assoluto più
stressante è quello del
Vigile del fuoco.
La metodologia di analisi
utilizzata da CareerCast
si basa principalmente su
alcuni criteri fondamentali:
le
caratteristiche
dell’ambiente di lavoro
- il reddito
- le prospettive di carriera
- il livello di stress associato alla professione
- lo sforzo fisico richiesto
La professione di Vigile
del fuoco che spicca tra
le attività con un maggior
livello di stress è spesso
associata ad orari di lavoro irregolari, elevato
rischio di lesioni anche
gravi, e forte stress dovuto allo stato di attesa che precede l’intervento in una situazione
critica”.
Per questo chiediamo
che per la nostra categoria si inizi a guardare
oltre i confini e si agisca
fin da subito identificando i potenziali rischi che
caratterizzano la nostra
professione
costituendo immediatamente una
Commissione
Interna
che sappi valutare anche
scientificamente le complesse problematiche del
nostro lavoro.
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4
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
PRIORITà
rativo. Si calcola che oltre il
50% delle giornate lavorative perse in un anno siano
da addebitare alle conseguenze di questo specifico
fenomeno, senza contare i
casi in cui spesso il disagio
si trasforma in vera e propria patologia con conseguenze drammatiche di cui
ci informano le cronache.
Per evitare fraintendimenti è necessario chiarire che quando si parla
di stress lavoro correlato
si indica precipuamente
la condizione in cui l’individuo (lavoratore) non
si sente in grado di corrispondere alle richieste
lavorative a causa di diversi fattori (contenuto del lavoro inadeguato,
disfunzioni nella gestione dell’organizzazione e
dell’ambiente di lavoro ,
ecc..) che ne determinano
l’insorgenza.
Alcune ricerche hanno valutato che la ricaduta in termini di costi sulle aziende
e sull’economia dei paesi
dell’Unione europea si aggira intorno ai 30 miliardi
di euro. Cifra destinata ad
aumentare, visti i repentini cambiamenti in corso nel
mondo del lavoro.
Alcuni
studi
condotti
dall“Agenzia Europea per
la Sicurezza e la Salute nel
Lavoro” hanno individuato
cinque aree di variabili per
i rischi psicosociali emergenti: l’utilizzo di nuove
forme di contratti di lavoro e l’incertezza e l’insicurezza del lavoro stesso;
una forza lavoro sempre
più vecchia, per mancanza
di un adeguato “turn over”,
poco flessibile e poco adattabile ai cambiamenti; alti
carichi di lavoro, con conseguenti pressioni sui lavoratori da parte del management; tensione emotiva
elevata, anche per molestie
e violenze sul lavoro; interferenze e squilibrio fra lavoro e vita privata.
Anche se sin dal 1989 le
indicazioni fornite dalla
normativa europea sollecitavano una maggiore attenzione nei confronti dei
rischi di natura psicosociale legati all’organizzazione
del lavoro, in Italia solo con
la legge 39/2002 si è precisato che in sede di valutazione si deve tener conto di tutti i rischi connessi
all’attività lavorativa.
Oggi, fortunatamente il
problema è molto più sentito grazie soprattutto alle
organizzazioni
sindacali,
la nostra in primis, e alle
istituzioni che attraverso
una sempre maggiore informazione sono riuscite a
sollecitare la sensibilità e la
consapevolezza dei lavoratori, mentre più equivoca
appare ancora la posizione
delle parti datoriali preoccupate, forse, di dover
ammettere l’inadeguatezza
dei propri processi produttivi e il pregiudizio culturale nei confronti dei propri dipendenti, per quanto
concerne una maggiore
partecipazione all’attività
dell’impresa e condivisione
dei modelli di organizzazione del lavoro.
Il
Decreto
Legislativo
81/08, contenente il Testo
Unico in materia di Salute
e Sicurezza del lavoro, ha
introdotto diverse novità
nell’ambito della valutazione dei rischi aziendali,
tra cui anche alcune norme specificamente rivolte
alla valutazione del rischio
stress
lavoro-correlato,
esplicitando questa particolare tipologia di rischio
che, invece, nel testo del
D.Lgs. 626/94 era contenuta in un contesto generale che comprendeva “tutti
i rischi aziendali”.
In questo modo, quindi, si
è dato rilievo legislativo ad
un problema che in precedenza veniva sottovalutato,
mentre, come è noto, esso
può determinare anche
gravi e diffuse patologie di
cui si registra un continuo
aumento fra i lavoratori,
anche a causa del mutato
contesto socio-economico
altamente competitivo e
fortemente legato alle dinamiche economiche. Giova rilevare come il Decreto
riprenda, all’articolo 17,
la formulazione in base
alla quale la valutazione di
“tutti i rischi” è un obbligo
non delegabile del datore
di lavoro.
Riguardo i settori produttivi e le categorie di lavoratori più colpiti va precisato
che una fondamentale caratteristica di questo fattore di rischio è il suo essere
ubiquitario, cioè di poter
riguardare in astratto ogni
tipologia ed ogni ambiente, vero è, però, che vi sono
settori, categorie e profili
maggiormente esposti al
rischio.
Diverse indagini conoscitive, promosse anche dalla nostra organizzazione sindacale, hanno fatto
emergere un quadro molto
variegato in cui abbiamo
potuto riscontrare un evidente rischio disagio nelle attività lavorative che si
svolgono in ambientali non
confortevoli o che sono fisicamente stancanti e pericolose (minatori, lavoratori delle costruzioni); nelle
professioni in cui è presente sia un rischio individuale
che una elevata responsa-
Varesi da pagina 1
bilità nei confronti di altri
soggetti (vigili del fuoco,
agenti di polizia, agenti di
custodia carceraria, piloti
di aereo, conducenti di treni e autobus, autotrasportatori, naviganti).
Sono anche risultate a rischio le professioni che
mettono in contatto con
realtà particolarmente problematiche come ad esempio gli assistenti sociali.
Altre osservazioni hanno
evidenziato come alti livelli
di stress si manifestano in
attività lavorative in cui il
lavoratore è sottoposto a
sollecitazioni psicologiche
associate a scarsa possibilità decisionale e ad inadeguato supporto sia da
parte del gruppo di lavoro
che dal contesto sociale,
come accade nel lavoro a
turni: addetti alle catene di
montaggio, infermieri ed
operatori della sanità, operatori di “call-center”.
E’ stato interessante notare
come anche le professionalità di elevato livello non
siano immuni dal rischio di
stress, che appare in questo caso connesso al mantenimento di prestazioni di
altissima qualità nel tempo.
Un discorso a parte, infine, la meritano i lavoratori
atipici, per i quali lo stress
non è determinato dalle
caratteristiche intrinseche
del lavoro ma dalle caratteristiche d’incertezza della condizione contrattuale, oltre che dal fatto che
questi sono più esposti al
rischio d’incidenti vista la
tendenza delle imprese ad
esternalizzare proprio le
mansioni più gravose o pericolose.
Possiamo con molta serenità affermare che soprattutto in termini legislativi
si sono fatti grandi passi in
avanti. Il dibattito è quanto mai aperto e sempre di
maggiore attualità. Ora
tocca alla Commissione
consultiva permanente per
la salute e la sicurezza sul
lavoro elaborare le indicazioni per la valutazione
dello specifico rischio, cosa
che sarebbe dovuta avvenire entro lo scorso 1 agosto.
L’apposito gruppo di lavoro, però, sta riscontrando
una ferma resistenza da
parte dei rappresentanti delle aziende che si oppongono alla partecipazione dei lavoratori o dei loro
rappresentanti alla realizzazione del documento di
valutazione. Una posizione
che speriamo venga presto
ammorbidita ma che tradisce antichi pregiudizi sui
quali occorre fare una profonda riflessione se, come
più volte invocato da Emma
Marcegaglia,
per uscire dalla crisi occorre fare
squadra.
5
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
Ricorrenze
54° anniversario della tragedia
di Marcinelle, Napolitano:
«Mantenere alta l’attenzione
sul tema della sicurezza»
Il Presidente: «La commemorazione nella quale persero la vita duecentosessantadue
lavoratori di dodici nazionalità, tra cui centotrentasei italiani rinnova l'angoscioso ricordo
di una delle più drammatiche pagine della storia del lavoro nel nostro Paese»
A
U
cura dell’Ufficio
Stampa
namente eletta a giornata
nazionale del sacrificio del
lavoro italiano nel mondo".
Un invito quindi per tutte le istituzioni e le forze
politiche affinché mantengano alta l'attenzione su
temi fondamentali come la
cultura della sicurezza e il
rispetto dei diritti dei lavoratori.
maggior parte dei minatori,
quasi tutti immigrati, non
riuscì a risalire in superficie.
Dopo giorni di drammatica attesa, un soccorritore pronunciò in italiano le
parole che molti temevano,
ma nessuno avrebbe voluto
sentire: “Tutti morti”.
La colpa del disastro fu attribuita alla disattenzione
di un manovale addetto ai
carrelli che, pare, con uno
di essi tranciò un filo elettrico, provocando un corto
circuito.
Ma le responsabilità vere
sono da attribuirsi alle
condizioni di lavoro pericolose e disumane in cui
gli uomini erano costretti
a lavorare, sei giorni a settimana per più di otto ore
al giorno, tra il nero del
carbone e le esalazioni del
micidiale gas grisou.
La miniera di Marcinelle, inoltre, non era stata
concepita per il passaggio simultaneo di condotte idrauliche, elettriche e
dell’olio sotto pressione,
n nuovo monito da
parte del Presidente
Napolitano circa l’importanza della sicurezza sul
lavoro nella società e come
valore fondamentale da
trasmettere alle generazioni future.
In occasione del 54° anniversario della tragedia di LA STORIA
Marcinelle in Belgio il Presidente della Repubblica Belgio, 8 agosto 1956
ha infatti ricordato che: "La Un giorno d’estate, un
terribile vicenda del Bois giorno di lavoro come tanti
du Cazier conserva attuale altri per i minatori di Maril suo alto valore di moni- cinelle.
to sul tema della sicurez- Un errore umano, forza del lavoro. Gli indub- se dovuto alla stanchezza
bi progressi conseguiti a di un minatore, laggiù a
tale proposito nell'ultimo 1000 metri di profondimezzo secolo non posso- tà, nel buio dei cunicoli del
no infatti giustificare alcu- ventre della terra, camna caduta di impegno delle bia il destino di centinaia
istituzioni e degli altri sog- di lavoratori emigranti e
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
getti responsabili, a fronte della storia dell’emigrazione
italiana
del
secondo
del ripresentarsi, in condizioni nuove, di problemi e dopoguerra.
Nessuna protezione anti- 1956, la miniera belga di
pericoli non meno gravi che
incendio era disposta sul Marcinelle diviene il simboUno scoppio e poi l’incennel passato".
fondo, le porte frangi- lo dell’emigrazione italiana
dio:
un
incidente
che
pro"La commemorazione delfiamma erano in legno e e delle tristi condizioni in
la tragedia di
le maschere cui, mentre la modernità
Marcinelle,
antigas non dei tempi avanzava rapidanella
quaerano previ- mente in tutti i settori delUn errore umano, forse dovuto alla stanchezza
le persero la
la società, i nostri minatori
ste.
di un minatore, laggiù a 1000 metri di profondità,
vita duecenLa quasi to- erano costretti a vivere e
tosessantatale mancan- lavorare.
nel buio dei cunicoli del ventre della terra,
due lavoraza di sicu- Dopo la tragedia, le attivicambia
il
destino
di
centinaia
di
lavoratori
emigranti
tori di dodici
rezza era ben tà nella miniera ripresero
diverse nanota e, infat- nell’aprile 1957.
e della storia dell’emigrazione italiana
zionalità, tra
ti, si erano Nel 1967 venne chiusa dedel secondo dopoguerra.
cui
centoverificati già finitivamente e ora in quei
trentasei itadue inciden- luoghi di sudore e morte,
liani, - si legti gravi: nel a sud di Charleroi, sorge il
ge nel messaggio - rinnova vocherà 262 morti di cui come invece avveniva. Era primo, agli inizi del seco- museo di “Bois du Cazier”,
l'angoscioso ricordo di una 136 italiani, 40 di un solo in funzione già dal 1822, lo, avevano trovato la mor- dove vengono ricordate
delle più drammatiche pa- paese, Manoppello, in pro- senza mai essere sottopo- te venti minatori, nel se- le storie dei minatori e i
sta ad una ristrutturazione condo, alcuni anni dopo, loro sacrifici per ottenere
gine della storia del lavoro vincia di Pescara.
nel nostro Paese, opportu- Quel giorno a Marcinelle, la o ad un ammodernamento. quaranta. Così, nell’anno una vita migliore.
6
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
primo piano
IN PAKISTAN LA PIù GRAVE
EMERGENZA UMANITARIA DEGLI ULTIMI ANNI
Le Nazioni Unite hanno calcolato che le inondazioni
hanno provocato una catastrofe con più danni dello tsunami e dei recenti terremoti
A
cura dell’Ufficio
Stampa
L
e Nazioni Unite hanno calcolato che le
inondazioni in Pakistan
hanno provocato la più
grande crisi umanitaria
della storia recente con
più persone colpite dello
tsunami e dei recenti terremoti in Kashmir e Haiti
combinati.
Anche se le attuali 1.600
vittime in Pakistan rappresentano una piccola frazione delle circa
610.000 persone uccise
nelle tre precedenti volte, circa due milioni di
persone in più (che nelle precedenti inondazioni) – cioè 13,8 milioni
– hanno subito perdite
che richiedono aiuto a
lungo o a breve termine.
Le difficoltà dei residenti
sostenere se queste alluvioni siano o meno diretta
conseguenza del cambiamento climatico globale,
ma sicuramente servono
da monito a tutti noi per
occuparci seriamente del
cambiamento climatico -
e subito. Chiaramente le
piogge sono un fenomeno naturale.
Ma non c'è nulla di na-
Foto A Majeed/AFP/Getty Images
Foto A Majeed/AFP/Getty Images
A tal proposito ecco cosa
dice l’esperto ambientalista della Boston University : è prematuro
Veduta Aerea Città di Nowesera
turale nelle morti e nella
devastazione provocate
da tali piogge.
La causa è dovuta intera-
7
mente agli esseri umani.
Le nostre pratiche arroganti, ignorando l'integrità ecologica dei sistemi
naturali da cui dipendiamo, hanno ingigantito
la furia dei torrenti che
sono trasbordati un po'
in tutto il Pakistan.
La deforestazione nel
nord del Paese ha rubato la natura delle sue
difese naturali e l'errata pianificazione urbana
ha trasformato le strade di Nowshehra e altre
città in fiumi torrenziali.
Che il cambiamento climatico sia causa o meno
di queste orrende situazioni, renderà sempre più
imprevedibile ed estreme
le condizioni atmosferiche. Spero che riusciremo
a trarre lezioni positive
da quanto si è visto finora
e che saremo in grado di
pianificare uno sviluppo
più sostenibile nel processo di ricostruzione.
AP Photo/Khalid Tanveer
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
E dovremmo anche renderci conto che, a prescindere
dalla
causa
umana’ di questi cambiamenti climatici, saremo
noi – e soprattutto i più
poveri tra noi – a subirne
le conseguenze più gravi.
Non possiamo far nulla
per riparare agli errori del
passato che hanno portato all'attuale stato di devastazione nelle zone rurali del Paese.
Distruzione di una infrastruttura critica
Pakistan, l’appello del Papa
Benedetto XVI ha sollecitato la comunità internazionale
A
cura dell’Ufficio
Stampa
P
apa Benedetto XVI
ha lanciato un appello per le popolazioni
colpite dalle alluvioni in
Pakistan, sollecitando la
comunità internazionale
a dimostrarsi generosa
negli aiuti.
''Il mio pensiero - ha
detto il pontefice al termine dell'udienza generale del 18 Agosto nel
cortile del Palazzo Apostolico di Castelgandolfo
- va in questo momento alle care popolazioni del Pakistan, colpite
recentemente da una
grave alluvione, che ha
provocato numerosissime vittime e ha lasciato molte famiglie senza
casa''. ''Mentre affido
AP Photo/Khalid Tanveer
a dimostrarsi generosa negli aiuti
Tendopoli provvisoria
alla bontà misericordiosa di Dio quanti sono
tragicamente scomparsi - ha aggiunto papa
Ratzinger - esprimo la
mia spirituale vicinanza
ai loro familiari e a tutti coloro che soffrono a
causa di questa calamità”. ''Che non manchi
a questi nostri fratelli,
così duramente provati
- ha concluso Benedetto
XVI - la nostra solidarietà e il concreto sostegno
della Comunità internazionale!''.
(18 Agosto 2010)
8
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
riflessioni urgenti
I PROBLEMI APERTI NELLA PREVENZIONE INCENDI
In un provvedimento presente nella recente manovra è stato introdotto uno strumento
(la SCIA - segnalazione certificata di inizio attività) che consente alle imprese
di avviare la propria attività senza incorrere nei lacci della burocrazia.
Anche per quanto riguarda la sicurezza
Stefano Marsella
Presidente
del
SINDIR-UGL VVF
L
a
recente
manovra
economica ha portato
all´attenzione della collettività il tema delle autorizzazioni e dei controlli
sulle attività produttive in
Italia. Nel provvedimento,
(art. 49 comma 4-bis della
legge 122/2010), è stato
introdotto uno strumento (la SCIA - segnalazione
certificata di inizio attività)
che consente alle imprese
di avviare la propria attività senza incorrere nei lacci
della burocrazia. Questo
provvedimento
riguarda
anche alcuni settori della
sicurezza.
La nuova legge esclude
dall´ambito di applicazione della SCIA i procedimenti che potrebbero
arrecare danno al patrimonio ambientale e quelli che
incidono sulla sicurezza
pubblica. Questa seconda
previsione è di particolare
importanza perché rende
evidente un presupposto
sul quale, una volta tanto,
le esigenze di natura politica e l´opinione pubblica
concordano: gli aspetti che
coinvolgono la sicurezza dei luoghi in cui sono
presenti molte persone
(come quelli che attengono al pubblico spettacolo,
alle manifestazioni sportive ed agli eventi di grande richiamo) non possono
essere lasciati in mano alla
Per affrontare questo argomento si deve tenere conto che, anche se le
difficoltà
dell´apparato
produttivo nazionale non
sono solo legate al problema delle autorizzazioni, nessuno può continuare a trascurarle, come
dimostra l´interesse che
è stato rivolto al tema
dello snellimento e della
semplificazione amministrativa nelle ultime tre
legislature.
In estrema sintesi, i termini
del problema possono essere riassunti in tre punti:
1. Eccesso di autorizzazioni. In Italia chi voglia avviare un´attività produttiva
è soggetto ad un numero
elevatissimo di procedimenti amministrativi che
costituiscono un problema oggettivo di appesantimento per i tempi e per i
costi indiretti sulle imprese;
2. Costo dei controlli. In
generale, i procedimenti
amministrativi sono inutili
se non sono accompagnati da controlli sul rispetto
delle norme. I controlli, a
loro volta, non migliorano
la capacità produttiva delle imprese e, secondo una
certa visione economica,
vengono considerati come
un costo. Ed i costi, come
noto, vanno abbattuti.
3. Costi indiretti. Un terzo
aspetto su cui è opportuna una riflessione è quello
di disporre di una normativa antincendio che detti
in modo univoco le misure
di prevenzione incendi per
tutte le attività soggette ai
controlli. Non è raro, infatti, leggere di lamentele
sulla soggettività nell'interpretazione dei criteri generali di prevenzione
incendi a cui i progettisti
sono esposti quando devono rapportarsi con i Vigili
del Fuoco.
Anche
se
raggiungere
l´obiettivo di una interpretazione unica delle norme
non è ragionevole, diminuire i margini di soggettività
sarebbe fondamentale. Le
differenze di interpretazione si riflettono inevitabilmente in maggiori tempi
(e, quindi, costi) di progettazione e di approvazione
dei progetti, mentre di-
sporre di norme per tutte
le attività aumenterebbe
la trasparenza complessiva dei rapporti. Per approfondire questi temi possiamo partire dal problema
dell´autocertificazione,
posto alla base della recente legge. Questo strumento, di per sé, non può
essere considerato una soluzione definitiva dei problemi.
Infatti, contro l´ipotesi della autocertificazione basta
ricordare che alcune norme
nate per essere rispettate
sulla base della sola correttezza dei progetti (come
quelle
sull´abbattimento
delle barriere architettoniche), senza che sia previsto
alcun controllo anche a posteriori, sono sostanzialmente inapplicate. Sembra quasi che l´equazione
"nessun controllo = nes-
sun obbligo di rispetto"
non valga solo per i limiti
di velocità dei veicoli, ma in
tanti altri settori della società. Una via alternativa
all´autocertificazione
è
quella della delega delle
funzioni di verifica e di
controllo anche in materia di sicurezza alle amministrazioni più vicine
alle esigenze dei territori, cioè ai comuni, che
dovrebbero bilanciare gli
interessi dei cittadini con
quelli delle imprese che
operano sul territorio.
Anche questa ipotesi, però,
a nostro parere non porterebbe nessuna garanzia di miglioramento della
situazione. Infatti, senza
entrare nel dibattito sulla
opportunità di mantenere
in vita gli "sportelli unici
per le attività produttive"
(organi sono nati quando
non esisteva internet per
Alecani
di
valutazione dei privati ed al
controllo ex-post da parte
dell´organo pubblico.
Partendo da queste considerazioni, nelle righe che
seguono cerchiamo di fare
il punto sulla sicurezza di
tutti gli altri edifici, dagli
alberghi agli ospedali ai
luoghi di lavoro e sulle misure di tutela che le norme
stanno prefigurando.
9
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
evitare all´imprenditore di
recarsi fisicamente presso
tutti gli enti autorizzatori, necessità ora superata dall´informatizzazione
della pubblica amministrazione), si potrebbe ipotizzare di dare alle amministrazioni comunali le
competenze in materia di
raccolta delle certificazioni
e di controllo del rispetto
delle norme. Ma anche in
questo caso la soluzione
non è priva di controindicazioni.
I fatti avvenuti lo scorso
mese di luglio nella città di
Duisburg, dove la volontà
di un sindaco di ospitare un grande rave party ha
portato alla morte di venti ragazzi fa capire a cosa
può condurre una scelta di
questo tipo.
Le autorizzazioni, in quel
caso, sono state date contro ogni logica di buon
senso e forzando i pareri degli organi competenti. Anche un caso recente
verificatosi in Italia, in una
sagra paesana in cui si è
verificata una ecatombe,
dovrebbe far riflettere sui
rischi dell´attribuzione alle
amministrazioni locali dei
poteri amministrativi nelle
materie collegate alla sicurezza.
Queste
considerazioni,
fortunatamente, riguardano settori che la manovra
economica ha riconosciuto
come esenti dai procedimenti in autocertificazione,
ma è bene citarle perché
fanno parte del complesso
di ragionamenti di cui tenere conto per delineare il
futuro dei controlli sulla sicurezza antincendio.
Se si accetta il principio di
non abbandonare il controllo pubblico sulle attività
più pericolose, ipotesi che
permette di mantenere in
piedi una struttura in grado
di risolvere anche i problemi di sicurezza dei cittadini, si deve risolvere il problema dei costi dell´attività
di controllo. In questo caso
la questione può essere
posta in modo semplice:
quelli svolti dagli organi
pubblici costano di meno
all´imprenditore rispetto a
quelli che possono essere
svolti dai professionisti o
da altri soggetti. Ma, se si
vuole adottare la strada del
controllo pubblico ex-post
(come leggiamo nella recente manovra economica),
la logica imporrebbe di individuare dei finanziamenti
specifici, in mancanza dei
quali all´autocertificazione
iniziale seguirebbe, nella maggior parte dei casi,
il silenzio da parte di chi
è chiamato a garantire la
sicurezza della collettività.
I controlli svolti da privati, d´altra parte, non solo
costano molto più agli
imprenditori, ma in questo momento in giro per
il mondo non vanno molto
di moda, almeno se guar-
diamo come hanno funzionato nel settore molto
più critico della finanza
internazionale, in cui le sovrapposizioni di interesse
tra controllori e controllati (impossibili da verificare se non a catastrofe
consumata) sono una delle
cause del grande crack finanziario del 2008-2009.
In altri termini, un controllo del privato sul privato
rischia di essere meno efficiente e di pesare molto
anche sull´intera collettività per gli effetti che possono essere provocati da un
abbassamento generale del
livello di sicurezza. In so-
stanza, quindi, il problema
che si pone può essere sintetizzato nella domanda:
come mantenere pubblica
e rendere meno onerosa
per le imprese l´attività di
autorizzazione/controllo,
sia in termini di tempo che
di costi indiretti?
Questa è, secondo noi,
la grande sfida a cui
l´Amministrazione
deve
rispondere nei prossimi
mesi, non solo per motivi
di opportunità, ma anche
perché la legge 122/2010
chiede di porre mano ai
regolamenti e di renderli
adeguati alle necessità di
Sembra che l'equazione
nessun controllo = nessun obbligo di rispetto
non valga solo per i limiti di velocità dei veicoli
ma per tanti altri settori della società
snellimento e di recupero
di efficienza del sistema
produttivo.
Sulla base delle considerazioni che abbiamo illustrato la risposta a questa
domanda non potrà essere
elaborata esclusivamente
in termini di tempi da rispettare o di volume di carte da presentare, ma dovrà
includere una rivisitazione
del rapporto tra professionisti e Vigili del Fuoco,
sia per quanto riguarda le
norme tecniche da applicare, sia per quanto concerne il bilanciamento delle
responsabilità a cui le due
categorie sono soggette.
11
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
la riflessione
La sicurezza vista dai Governi
dell’ultimo decennio? Un costo da tagliare!
La manovra per le Forze di Polizia si traduce in una serie non indifferente
di balzelli che bloccano contratti e aumenti stipendiali
di
Antonio Scolletta
Presidente UGL Polizia
L
di
Stato
a manovra economica
correttiva 2011/2013 è
stata approvata.
I nostri lettori e i cittadini che
pagano regolarmente le tasse, sanno perfettamente di
cosa si tratta.
Una stretta senza precedenti
a salari, stipendi e pensioni.
Per le Forze di Polizia il tutto si traduce in una serie non
indifferente di balzelli che
bloccano contratti e aumenti stipendiali, congelano la
massa stipendiale e salariale
ai livelli del 2010, sospendono qualunque forma di concertazione di 2° livello, riducono le risorse per l’acquisto
di beni e servizi indispensabili per garantire la sicurezza del nostro Paese dentro
e fuori i confini nazionali,
impediscono di fatto che sia
assicurata la formazione del
personale, riducono i livelli di operatività delle Forze
di Polizia e Forze Armate,
limitano ulteriormente le risorse per la manutenzione
degli immobili che ospitano
commissariati e caserme dei
Carabinieri, per l’acquisto
dei mezzi in sostituzione di
quelli vetusti e non più affidabili, e per l’indispensabile ammodernamento degli
apparati deputati a svolgere
questi delicatissimi compiti.
E’ tutto scritto, nero su bianco, nella legge approvata a
fine luglio 2010.
Una manovra che si abbatte
come una rasoiata anche su
Regioni, Province e Comuni, con la conseguenza che
i cittadini già destinatari del
salasso a monte, si vedranno
aumentare tasse e tributi locali e diminuire i servizi forniti proprio dagli enti locali
dei quali il governo centrale
non ha voluto ascoltare le ragioni.
Una manovra iniqua e sbagliata che non affronta i temi
strutturali della riforma del
fisco e del welfare, non agevola lo sviluppo delle imprese, non rilancia i consumi interni (dai quali dipende
mediamente il 70% del pil),
anzi li deprime ancora.
I tagli ai costi della politica e
ai generosi e numerosi benefit dei nostri politici, sono
solo annunciati. Di lotta agli
sprechi si avverte solo una
lontana eco. Di iniziative
contro l’evasione fiscale ed
il lavoro nero, si intravedono
tracce non ben definite.
In compenso i tagli lineari a
tutte le amministrazioni sono
molto ben definiti. I sacrifici
richiesti a chi vive di lavoro
dipendente, pubblico o privato, vanno oltre ogni limite: e meno male che stavamo
meglio dei nostri cugini d’Oltralpe!
Ma questa manovra economica senza alcuna progettualità
strategica se non quella di
fare cassa a costo di ricorrere ad una sorta di “macelleria
sociale”, è al tempo stesso
ingiusta e beffarda. Sì, beffarda perché con artifici di
bassa psicologia delle masse
ci è stato dapprima annunciato un emendamento che
tagliava del 20% le tredicesime, subito ritirato dopo le
prevedibili quanto sacrosante
proteste dell’universo mondo, seguito dal “furto” con
scarsa destrezza ma indubbia efficacia, di 651 milioni di
euro destinati al riordino delle funzioni e delle carriere di
circa 450 mila operatori delle
Forze di Polizia e Forze Armate, evaporati con un tratto
di penna.
Ma non basta. Con una faccia di tolla degna di miglior
causa, ci si sono messi in tre
(Tremonti, Maroni e La Russa) a spiegarci che il Governo aveva a cuore le Forze di
Polizia tanto da aver raggranellato 80 milioni di euro per
ciascuno degli anni 2011 e
2012, a saldi invariati, per
pagare gli aumenti legati alle
promozioni.
Una pezza che è servita ad
evitare le scontate eccezioni
di incostituzionalità dell’art.
9 del decreto legge ma non
la censura totale e sacrosanta
contro i continui tagli al “sistema sicurezza”, incompatibili con la dichiarata volontà
del Governo di voler considerare la sicurezza come una
risorsa e non un costo. Molto si è detto, anche su questo giornale, delle promesse,
non mantenute, da parte dei
governi succedutisi negli ultimi dieci anni.
Speriamo solo che a queste
non debbano aggiungersi i
famosi ordini del giorno approvati dalla Camera a margine dell’approvazione della
manovra economica correttiva, dei quali diamo conto su
questo stesso numero.
V’è da dire, comunque, che
per gli uomini e le donne “in
uniforme” la misura è ormai
colma. Dopo la grande manifestazione di 70 mila poliziotti nel dicembre del 2007
contro i tagli imposti dal governo Prodi e la “marcia dei
40 mila” dello scorso ottobre,
questa volta contro gli ulteriori tagli del governo Berlusconi, l’esasperazione tra il
personale è oramai dilagante
e compendiata in una battuta amara e feroce: i poliziotti
sono figli di tutte le opposizioni ed orfani di tutti i governi.
C’è in tutto questo una penosa e tragica caduta di
credibilità della politica e
della sua funzione più alta:
quella di saper indicare un
progetto ben definito del
“sistema-paese”, un’idea di
futuro ben delineata e largamente condivisa.
C’è smarrimento e rabbia nel
Paese. Smarrimento per l’assenza di una politica che persegua il bene comune e venga
percepita come tale, e rabbia
per i sacrifici imposti ai più
deboli mentre le cronache ci
consegnano casi di corruzione, malversazione, sprechi di
ogni genere e provvedimenti
che rafforzano l’impunità del
ceto politico.C’è preoccupazione per le tensioni sociali
che l’assenza di fiducia nella
politica, il disagio economico,
la precarizzazione del lavoro,
Antonio Scolletta intervistato dai cronisti
la disoccupazione giovanile e
la crisi economica rischiano
di far deflagrare come e più
che in passato.
In uno scenario del genere
sarebbe grave e da irresponsabili non considerare la sicurezza, nella sua accezione
più nobile ed ampia, come
una delle più importanti infrastrutture immateriali sulla
quale investire per garantire
al tempo stesso una pacifica
convivenza civile e migliori
condizioni di sviluppo e crescita economica, soprattutto
lì dove la criminalità organizzata, forte di una capitalizzazione senza eguali, si sta
già muovendo per allargare
ancor di più i propri interessi nell’economia reale e nel
tessuto produttivo del nostro
Paese.
Lo abbiamo ripetuto più
volte e continueremo a farlo ancora: non è pensabile
che possa esserci crescita
economica e sviluppo, senza legalità e sicurezza.
La cultura della legalità e le
connesse prassi operative, a
nostro avviso, devono perciò coniugarsi con l'impegno della politica ad offrire
occasioni vere di riscatto e
di scelta tra l'illegalità, più
o meno dissimulata, e reali
opportunità di sviluppo e di
lavoro, che è preciso compito
della "Politica", quella con la P
maiuscola, costruire.
C’è bisogno di un progetto di
“sicurezza partecipata”, non
improvvisato né ideologizza-
to, indissolubilmente legato
ad un concetto di legalità che
deve tradursi nell’efficacia
sanzionatoria della pena, che
va eseguita e non solo minacciata.
Si avverte, ora più che mai,
la necessità di una “buona
amministrazione” della cosa
pubblica e di un progetto di
sicurezza e legalità coerente
ed inequivocabile.
In questo contesto, Forze
di Polizia ben strutturate ed
organizzate e con efficaci
strumenti normativi a disposizione, possono svolgere un
compito importante almeno
quanto lo è quello di creare
benessere costante e mercati sempre nuovi, anche grazie all'adeguato impegno di
nuove risorse da investire in
un'accettabile condizione di
normalità.
La sicurezza, da questo punto di vista, può essere ragionevolmente ritenuta un fattore di eguaglianza sociale e
di stabilizzazione dell’economia.
Gli uomini e le donne in uniforme sono pronti ad un ulteriore impegno in questa direzione, purché vengano loro
offerti i necessari strumenti
d'intervento e li si consideri,
una volta per tutte, una risorsa per il Paese e non un costo
da tagliare.
Purtroppo, però, siamo costretti a rilevare la latitanza
della Politica.
Sì, proprio quella con la
P maiuscola.
12
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
raffronti con l'estero
COME MIGLIORARE L’ORGANIZZAZIONE
DEI VIGILI DEL FUOCO
Nati nel 1939, non hanno mai cambiato la loro struttura e ciclicamente
si ripresenta il problema. Utile il confronto con gli altri Paesi europei
A
I
cura dell’Ufficio
Stampa
Vigili del fuoco in Italia sono
nati come organizzazione
nazionale nel 1939, quando i
vari corpi comunali esistenti,
alcuni dei quali con una lunga storia alle spalle, furono
posti alle dipendenze del Ministero dell’Interno, nell’ambito della Direzione generale
dei servizi antincendi. Da allora la loro struttura è rimasta invariata, a differenza per esempio di quanto
è avvenuto nel Regno Unito, dove durante gli eventi
bellici, i servizi antincendi
furono posti alle dipendenze dell’autorità centrale
ma che, successivamente,
tornarono alla loro iniziale dimensione di servizi di
contea. Ciclicamente, anche
in Italia si pone il problema
della individuazione della
migliore forma di organizzazione per l’espletamento
dei servizi di soccorso, che
nel corso del tempo sono
cresciuti sia sotto il profilo
numerico (ogni anno i Vigili del Fuoco svolgono più di
700.000 interventi) che della complessità tecnica (ad
esempio, i Vigili del Fuoco
sono chiamati a rispondere
anche alle emergenze legate
all’uso di sostanze non convenzionali, svolgono operazioni di soccorso con l’uso di
elicotteri ed in ambienti particolarmente impegnativi).
Per delineare gli aspetti tecnici legati alla definizione
della forma organizzativa
più adatta alle esigenze della collettività, si deve tenere
conto di molti fattori, tra i
quali anche quello economico. La difficoltà di valutare
la qualità del servizio reso,
però, rende più difficile indagare con oggettività sull’efficienza del servizio e sulle
questioni correlate, quali per
esempio il numero minimo
di personale accettabile e
le risorse necessarie per lo
svolgimento delle attività di
soccorso.
Per coloro che si pongono il
problema di valutare in una
prospettiva
internazionale l’efficienza ed il rappor-
to costo/benefici di questi
particolari servizi pubblici,
esistono anche diverse difficoltà, prima fra tutte quella di dover comprimere nei
termini di valutazioni economiche il tema della sicurezza
della vita umana. Inoltre, sia
per quanto riguarda l’attività di soccorso che per quella di prevenzione incendi, il
ricorso a criteri di confronto
omogenei tra i servizi svolti in paesi diversi è alquanto
difficile, in quanto le possibili
combinazioni sono numerose. Si pensi che, ad esempio,
in Danimarca, esiste un servizio provato che, insieme
ad altre forme di assistenza,
svolge anche il soccorso tecnico urgente, mentre l’attività di controllo sulle misure
di prevenzione incendi trova una situazione analoga
a quella italiana in Francia,
e parzialmente, nel Regno
Unito (dove l’organo pubblico rilascia i certificati di prevenzione incendi agli edifici
pubblici).
Ciononostante,
alcuni indicatori possono
essere presi come elementi
da valutare per confrontare i servizi svolti nei paesi
che mostrano una omogeneità sociale ed economica con il nostro. In questo
ambito, la prima osservazione da evidenziare riguarda
il fatto che in qualsiasi paese del mondo, l’organizzazione dei servizi antincendi
è essenzialmente orientata
allo scopo di tutelare la vita
umana, sia per quanto riguarda il soccorso che per la
prevenzione incendi, mentre gli indicatori reperibili da
fonti ufficiali sono il numero
di decessi per incendi, i costi
della protezione e quelli dei
servizi antincendi. La limitatezza dei dati oggettivi a disposizione, però, cozza con il
fatto che, nell’individuazione
del livello di rischio al quale è
esposta una comunità, come
è noto, concorre un numero
di elementi talmente vasto
che difficilmente si può riuscire a paragonare l’efficacia
delle attività svolte senza incorrere in errori palesi. Questa circostanza vale anche in
contesti che si presentano
essenzialmente simili sotto il
profilo economico e sociale.
Ad esempio, si pensi all’influenza che hanno i materiali
tradizionali usati in edilizia sull’esposizione ai rischi
di incendio nelle abitazioni
e nell’edilizia civile. Se non
bastasse la differenza legata all’uso di materiali più o
meno combustibili, si deve
ricordare che l’esposizione al
rischio è ancora più influenzata da quanti materiali che
sono presenti negli ambienti
e dal tipo di impianti installati. Il grado di influenza di
questi fattori, a sua volta,
varia in base alle norme che
vigono nel contesto in esaTabella 1
Tabella 2
Tabella 3
me ed al loro grado di applicazione, ma dipende anche
dalla disponibilità economica
degli abitanti e dal livello culturale delle persone (in particolare, con la loro predisposizione a capire l’importanza
delle misure basilari di prevenzione). Un’altra variabile di estrema importanza
che si trova ad affrontare
chi compara i livelli di servizio delle diverse organizzazioni antincendio riguarda il tipo di controllo che
espleta l’organo pubblico.
A seconda dei contesti, infatti, il controllo può essere
svolto da organi pubblici, da
professionisti o essere la-
sciato alla responsabilità degli interessati. Anche in tali
casi, sarebbe fondamentale
valutare il grado di diligenza con cui il compito viene
svolto. Esiste, poi, una ulteriore considerazione da
mettere in conto nell’esame
di questo tema, che riguarda il carattere pluriennale nel
quale si dovranno svolgere
le relative valutazioni. Infatti,
l’impatto che una normativa
antincendio determina sulla
sicurezza delle attività cui si
riferisce può essere valutato
solo a posteriori e di solito
solo dopo diversi anni di attuazione.
In definitiva, anche dalle po-
13
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
che considerazioni esposte
sommariamente, paragonare quanto sia efficiente un
servizio rispetto ad un altro
richiede una elevata capacità di analisi dei pochi dati
disponibili. In questo contesto, pur con le cautele imposte dalle valutazioni appena esposte, è interessante
esaminare i dati reperibili
a livello internazionale sul
funzionamento dei servizi
antincendio. Stante la forte disomogeneità funzionale
ed organizzativa tra i servizi
di sicurezza antincendio (di
soccorso e di prevenzione)
dei diversi paesi, gli indicatori più facilmente utilizzabili sono essenzialmente di
natura economica. Tale tipo
di dato, infatti, si presta (in
molti casi ma non sempre)
ad essere reperito facilmente
e altrettanto facilmente con-
Tabella 4
Tabella 5
Tabella 6
frontato, anche se poi non è
in grado sempre di consentire una lettura completa degli
elementi che caratterizzano i
servizi.
Una fonte di dati importante sul settore dell’antincendio è il “World fire statistics bulletin” pubblicato
annualmente nel GAIN (Geneva Association Information Newsletter) da parte
dell’International Association for the study of insurance economics. Questa
associazione è un organo internazionale, costituito dagli
organi direttivi delle compagnie assicurative più importanti del mondo. Il suo scopo,
stando a quanto è riportato
nella newsletter, è quello di
svolgere ricerche sull’importanza delle attività assicurative nell’economia. In particolare, con riferimento al tema
della sicurezza antincendio,
l’obiettivo principale del centro è quello di convincere i
governi ad adottare strategie
mirate alla riduzione dei costi
legati all’incendio. A questo
riguardo, sottolinea in modo
molto significativo il bollettino del Centro, nonostante
il costo degli incendi sia intorno all’uno per cento del
PIL nelle nazioni più sviluppate, il tema della sicurezza antincendio riceve molta
minore attenzione dei costi
del crimine o degli incidenti
stradali. Proprio per dare una
quantificazione al problema
economico (che, ovviamente, non è l’unico coinvolto
nell’attività antincendio), il
centro raccoglie da anni e
confronta i dati economici e
quelli sugli incendi verificatisi, supportando un’azione di
pressione nei confronti degli
organi comunitari affinché
riconoscano
l’importanza
della materia ai fini del miglioramento generale degli
indicatori economici.
Le considerazioni seguenti sono tratte dai dati rappresentati nel bollettino n.
23, che riguarda i dati raccolti fino all’anno 2006. La
documentazione
prodotta
in tale bollettino (pubblicato nell’ottobre 2007) è stata
presentata alla Commissione
delle Nazioni Unite per l’abitazione e la gestione del territorio (United Nations Committee on housing and land
management) nel meeting di
Ginevra del settembre 2007.
È interessante notare che
nel meeting del 2006 della
stessa Commissione, il rapporto abbia evidenziato che
nell’area UNECE (in sostanza,
in Europa), il costo annuale
in vite umane degli incendi
sia misurato in decine di migliaia e che il modo migliore
per limitare questo numero
sia attuare migliori politiche
di prevenzione insieme alla
educazione dei consumatori. Per coordinare tali sforzi,
continuava il rapporto, il primo passo è quello di raccogliere dati statistici.
I primi dati esposti nel rapporto analizzano l’impatto
che i costi diretti degli incendi determinano sull’economia nazionale (tabella 1).
Tale dato è esposto indicando attraverso il rapporto tra il
totale dei costi ed il PIL (prodotto interno lordo). È interessante notare che l’Italia
in questa classifica si pone
nella parte meno virtuosa
dell’elenco. Se si confronta
questo dato con la mortalità
dovuta all’incendio, si desume che in Italia è molto forte
l’attenzione per la sicurezza
della vita umana, mentre può
essere migliorato il dato sulla
salvaguardia dei beni dall’incendio.
Nella seconda tabella sono
esposti i numeri assoluti relativi ai decessi per incendio
nei tre anni 2002, 2003 e
2004 (in questa tabella non
sono riportati i dati italiani,
anche se nella tabella che
successivamente riprende il
dato dei decessi, compare
il valore relativo all’Italia nel
rapporto
decessi/100.000
abitanti).
La tabella 3, relativa alla
mortalità per incendio (la popolazione complessiva di ciascun paese è desunta dal sito
internet delle Nazioni Unite),
si basa su rilevazioni dei dati
in periodi non sovrapponibili per tutti i paesi esaminati.
Infatti, ad esempio, nel Belgio
i dati sono riferiti al periodo
1995-1997, mentre per l’Italia al periodo 1999-2001. In
altri casi il dato è del periodo
2002-2004. Da questa ta-
bella si evidenzia che il nostro Paese si pone tra sensibilmente tra i più sicuri per
le persone rispetto al rischio
per la vita umana.
La tabella 4, immediatamente successiva, compara
il costo del servizio antincendio rispetto al PIL del Paese. Anche in questo caso,
non compare il dato italiano, che peraltro è facilmente reperibile per quello che
riguarda il Corpo nazionale
dei vigili del fuoco (1,8 mln
euro/1.400.000
Il bollettino riporta poi una
tabella (che non è analizzata
in questa sede in quanto di
minore interesse ai fini della specifica esposizione) che
esamina i costi delle attività
assicurative.
La tabella 5 riporta la comparazione dei costi dovuti
alla protezione antincendio
rispetto al costo costruttivo totale degli edifici in ogni
singolo paese (in questo caso
il dato risulta dalla media negli anni 2002, 2003 e 2004).
La tabella 6 compara le spese di protezione antincendio con il PIL nazionale. Da
questo dato si desume che le
spese dovute all’antincendio
costituiscono una voce percentualmente
significativa
dei costi di costruzione rispetto agli altri paesi.
Seppure con le precisazioni
indicate inizialmente, i dati
raccolti da parte dell’Associazione appaiono essere
di grande interesse, perché
consentono almeno di avviare una valutazione su come
migliorare l’efficienza di tutte le parti che permettono di
tutelare le persone ed i beni
dall’incendio. Tale valutazione riguarda una sfera estremamente ampia di soggetti,
visto che, oltre ai soccorritori,
abbraccia le categorie di chi
svolge i controlli sulle opere
e sui prodotti, dei produttori
di materiali ed impianti, degli
installatori e dei progettisti.
Ciascuna di queste figure riveste una parte più o meno
importante nella definizione
della catena della sicurezza,
sia per quello che concerne il
raggiungimento degli obiettivi di sicurezza, sia per le
responsabilità nella definizione dell’impatto economico. In definitiva, quindi, dati
aggregati quali quelli raccolti
e pubblicati dalla International Association for the study
of insurance economics non
possono condurre ad una individuazione puntuale delle
inefficienze dei sistemi, ma
almeno possono indicare se,
nel rapporto con realtà socio-economiche simili, almeno sia giustificata la necessità di individuare dei margini
di miglioramento, dando
luogo ad analisi successive,
più approfondite.
14
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
la lettera
A PROPOSITO DI S.C.I.A.
(Segnalazione certificata di inizio attività)
SINDIR-UGL VVF/U.S.P.P.I./F.N.UGL VVF scrivono al Capo Dipartimento e al Capo del Corpo
cura dell’Ufficio
Stampa
Fotolia
A
I
l Parlamento, nell’ambito del maxiemendamento alla manovra finanziaria
(legge 30 luglio 2010 n
122 di conversione del DL
78/2010) ha modificato in
parte la legge 241/90 introducendo la S.C.I.A. (Segnalazione certificata di
inizio attività), con la quale
si consente l’inizio dell’attività tramite una segnalazione degli interessati.
Detta segnalazione impatta
in maniera sostanziale con
gli attuali procedimenti di
prevenzione incendi.
Anche se codesta Amministrazione è stata a conoscenza della portata del
provvedimento già dalla
sua approvazione alla Camera dei Deputati, non ha
ancora fornito ai Comandi
provinciali VVF alcun chiarimento sulle nuove procedure da adottare. Non
è chiaro, infatti, se la legge ormai entrata in vigore
modifichi o annulli i procedimenti ordinari riferiti alle
pratiche in essere, in via di
istruzione o di presentazione.
Per quanto sopra, si chiede di fornire ai Comandanti Provinciali immediati chiarimenti di ordine
giuridico e procedimentale (nelle more dell’adozione dei previsti regolamenti applicativi).
Queste OO.SS., inoltre,
chiedono
informazioni sull’impatto che questa normativa avrà sulle
responsabilità e sulle ripercussioni
economiche
a carico del personale del
Corpo Nazionale.
Ecco parte del testo:
“art. 19. – (segnalazione di
inizio attività).
1.Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione
non costitutiva, permesso, nulla osta comunque
denominato, comprese le
domande per iscrizione in
albi o ruoli richieste per
l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale
o artigianale il cui rilascio
dipenda
esclusivamente
dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti
dalla legge o di atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto
alcun limite o contingente complessivo o specifici
strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione
dell’interessato, con la sola
esclusione dei casi in cui
sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati
dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza,
all’immigrazione, all’asilo,
alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione
delle finanze, ivi compresi
gli atti concernenti le reti
di acquisizione del gettito,
anche derivante dal gioco,
nonchè quelli imposti dalla normativa comunitaria.
La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni
sostitutive di certificazioni
e dell’atto di notorietà per
quanto riguarda tutti gli
stati, le qualità personali e
i fatti previsti negli artt. 46
4 47 del DPR 28 dicembre
2000, n. 445, nonchè del-
le attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati,
ovvero delle dichiarazioni di conformità da parte
dell’agenzia delle imprese
di cui all’art. 38, comma 4,
del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito con modificazioni dalla
l. 6 agosto 2008, n.133,
relative alla sussistenza dei
requisiti e dei presupposti
di cui al primo periodo; tali
attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per
consentire le verifiche di
competenza dell’amministrazione. Nel casi in cui la
legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti
appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque
sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e as-
severazioni o certificazioni
ci cui al presente comma,
salve le verifiche successive
degli organi e delle amministrazioni competenti.
2. L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della
presentazione della segnalazione all’amministrazione competente.
3.L’amministrazione
competente,in caso di accertata carenza di requisiti e dei presupposti di cui
al comma 1, nel termine di
60 giorni dal ricevimento
della segnalazione di cui
al medesimo comma adotta motivati provvedimenti
di divieto di prosecuzione
dell’attività e di rimozione
degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove
15
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente
detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione,
in ogni caso non inferiore a
30 giorni. È fatto comunque
salvo il potere dell’amministrazione competente di
assumere determinazioni
in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21- quinquies e 21.nonies. In caso
di dichiarazioni sostitutive
di certificazione e dell’atto
di notorietà false o mendaci, l’amministrazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali di
cui al comma 6, nonchè di
quelle di cui al capo VI del
DPR 28/12/00, n. 445, può
sempre e in ogni tempo
adottare i provvedimenti di
cui al primo periodo.
4.Decorso il termine per
l’adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3, all’amministrazione è consentito
intervenire solo in presenza del pericolo di un danno
Non è chiaro, infatti, se la legge
ormai entrata in vigore modifichi o annulli
i procedimenti ordinari riferiti alle pratiche
in essere, in via di istruzione o di presentazione.
per il patrimonio artistico e
culturale, per la salute,per
la sicurezza pubblica o la
difesa nazionale e previo motivato accertamento
dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi
mediante conformazione
dell’attività dei privati alla
normativa vigente.
comma 1 è punti con la reclusione da uno a tre anni.
5…
Ordine
del
Giorno
9/3638/18
presentato da
PIETRO LAFFRANCO
testo di
giovedì 29 luglio 2010, seduta n.361
La Camera,
premesso che:
6. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque nelle dichiarazioni o
attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività dichiara o attesta falsamente
l’esistenza dei requisiti o
dei presupposti di cui al
la manovra finanziaria approvata al Senato introdurrà alcune semplificazioni
che attengono i procedimenti per dare inizio ad attività d’impresa attraverso
una diversa procedura denominata SCIA (segnalazione certificata inizio at-
tività);
con il maxi emendamento è stata tolta all’articolo
19 della legge n. 241 del
1990 la dicitura «pubblica
incolumità» che invece era
riportata nella legge originale;
l’eliminazione della dicitura «pubblica incolumità»
è da ritenersi una grave
mancanza di attenzione
verso i compiti istituzionali con particolare riguardo
all’impegno quotidiano che
il Corpo dei Vigili del Fuoco rivolge alla sicurezza
dei cittadini e dei lavoratori nonché alla salvaguardia
dei beni e dell’ambiente;
non si comprendono i motivi dell’eliminazione della
dicitura «pubblica incolumità» in quanto l’attività dei Vigili del Fuoco non
produce ritardi in termini di
inizio attività e determina
un introito per lo Stato, che
si quantifica in 60 milioni
di euro e non un esborso;
inoltre l’articolo in questione determina quindi
un minore introito per le
casse dello Stato, e pertanto la norma appare anticostituzionale in ragione
del fatto che non prevede
la copertura per le mancate entrate che ne deriveranno, impegna il Governo a stabilire che le
autorizzazioni rilasciate dal
Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco a tutela della
sicurezza sui luoghi di lavoro, dei lavoratori in generale ed in particolari dei
propri lavoratori, rientrino
fra le materie escluse dal
procedimento di semplificazione di cui al nuovo articolo 19 della legge n. 241
del 1990.
9/3638/18.
Laffranco, Ascierto.
Luca Usai Segretario Provinciale UGL Nuoro
scrive a tutte le rappresentanze sindacali
VVF Nuoro e a tutto il personale
A
L
cura dell’Ufficio
Stampa
a “splendida manovra”
finanziaria in discussione in questo frangente
di torrida estate italiana,
ha giustamente scatenato la reazione di tutto il
mondo del lavoro indistintamente.
E’ in atto un continuo susseguirsi di scioperi e manifestazioni per significare
il totale dissenso dei lavoratori e pensionati, contro
il tentativo di far ricadere sulla pelle delle classi
meno agiate il sacrificio
per una crisi che spudoratamente si è cercato di
mascherare o negare sino
in fondo.
Chi invece dovrebbe dare
il buon esempio, cerca
furbescamente d’ingannare i cittadini sbandierando ipotetiche riduzioni
nell’ordine del 10% dell’introito mensile, salvo poi
scoprire che il “sacrificio”,
di fatto verrebbe calcolato sulle indennità. Per farla
in breve, chi mensilmente s’intasca per il “grande
servizio” offerto al Paese
circa € 20.000, andrebbe a
perdere circa € 500 (2,5%),
anziché € 2000 (10%). Vedremo come andrà a ..finire!!. Al di là di queste
osservazioni sull’atteggiamento ripugnante di buona
parte dei ns. “cari onorevoli”, concentriamoci sulle
nostre azioni.
C’è stata proprio ieri una
numerosa
manifestazione in piazza Montecitorio
di appartenenti di forze di
Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale
dello Stato, Vigili del Fuoco etc. per denunciare ai
cittadini i tagli previsti dal
Governo sulla sicurezza e
di conseguenza il rischio di
minore legalità nel nostro
Paese.
Il risalto che la stessa ma-
nifestazione ha avuto su
tutti gli organi d’informazione, è stato sicuramente
superiore ai vari scioperi
proclamati dalle varie O.S.
dei Vigili del Fuoco.
Il problema, principalmente
è dato dal fatto che noi vigili, siamo meno numerosi
di altri corpi dello Stato,
benché quanto ad indice
di gradimento nella popolazione italiana, non siamo
inferiori a nessuno.
Ma proprio perché non
siamo
moltissimi,
non
si capisce perché, neanche in questo frangente,
prendiamo esempio da altri corpi dello Stato che in
questa sana e giusta protesta, scendono in piazza
e firmano documenti unitari assieme alla quasi totalità delle sigle sindacali.
Noi invece che facciamo?
Continuiamo a dividerci in
gruppi e gruppetti che non
portano a nulla di concreto.
La guerra fredda e le lotte
Nella foto Luca Usai
intestine in atto all’interno
delle ns. O.S., sicuramente
non porteranno alcun beneficio ai lavoratori, mi riferisco ad esempio all’annosa disputa sul comparto
sicurezza.
Un fatto è certo, continuando di questo passo,
dovremmo sperare nelle
lotte degli altri Corpi dello Stato per salvarci 13°
mensilità e quant’altro, per
poi salire indegnamente
sul “carro dei vincitori”.
Se invece abbiamo ancora voglia di batterci fianco a fianco per il riconoscimento delle nostre
rivendicazioni, sono pronto
al confronto insieme a
chi ha voglia di lottare
fattivamente per l’interesse
comune.
16
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
cronache
Accordo dell’Ugl con SoREM
Il nostro sarà l’unico sindacato confederale nell’aeronautica relativa all’antincendio
cura dell’Ufficio
Stampa
L’
Ugl Trasporti ha siglato con la società SoREM
di Ciampino l’accordo per il
riconoscimento del sindacato nel settore dell’attività
aeronautica relativa all’antincendio.
Come evidenzia il segretario
nazionale dell’Ugl trasporto aereo, Francesco Alfonsi,
«con la sottoscrizione del
contratto di lavoro aziendale, la nostra organizzazione
sarà presente nel settore,
quale unica sigla sindacale confederale, con un’importante
rappresentanza
di lavoratori. Da parte nostra – aggiunge – ci sarà il
massimo impegno presso
le istituzioni affinchè siano
normate e regolamentate
le attività del settore, così
come nei tavoli di confron-
to con l’azienda in vista del
rinnovo del contratto di lavoro e degli eventuali accordi sindacali».
Per questo è stato costituito all’interno dell’Ugl
Trasporto aereo, relativamente al comparto volo,
il Dipartimento nazionale
del lavoro aereo riferito
all’antincendio, di cui sarà
responsabile il comandante Massimo Lucioli. «Siamo
passati da un’associazione
professionale al sindacato
perché l’Ugl si è dimostrata sensibile alle problematiche da noi sollevate – ha
dichiarato Lucioli - e ci impegneremo per riuscire a
dare risposte concrete, alle
problematiche del settore,
prima fra tutte l’assenza di
una normativa ad hoc, che
oggi costringe a mutuare il
regolamento
dell’aviazione civile. Il nostro obiettivo
primario è dunque quello
di costruire il regolamento dell’aviazione civile. Il
nostro obiettivo primario è
dunque quello di costruire
regole chiare che riempiano
il vuoto attuale, anche nel
rapporto con l’Enac, e per
questo ci attiveremo su tutti
i fronti». Fondata nel 1959,
SoREM si occupa di antincendio, tutela ambientale,
pattugliamento marittimo e
controllo del territorio, grazie a professionalità altamente qualificate per la gestione logistica ed operativa
degli aeromobili.
Roby72
A
INCENDI : FAO, UN NUOVO SITO
PER MONITORAGGIO IN TEMPO REALE
Il nuovo Sistema Globale di Gestione dell'Informazione sugli Incendi (GFIMS)
individua i focolai di incendio mediante i satelliti controllati dalla Nasa
A
cura dell’Ufficio
Stampa
L
a Fao ha lanciato un
nuovo portale web per
"informazione e monitoraggio in tempo reale degli incendi, al fine di aiutare i Paesi a controllare
efficacemente i roghi e a
salvaguardare le risorse
naturali".
Il nuovo Sistema Globale di Gestione dell'Informazione sugli Incendi
(GFIMS) individua i focolai di incendio mediante
i satelliti controllati dal-
la Nasa. Il sistema GFIMS
e' stato sviluppato con
l'università del Maryland e
provvede una mappa-interfaccia web che visualizza i focolai di incendio in
tempo "quasi-reale", ossia
con un ritardo di circa 2,5
ore tra il momento in cui il
satellite registra il dato e
quello in cui il dato diventa
disponibile. Il nuovo sistema consente agli utenti di
ricevere anche delle e-mail
di allerta su specifiche aree
di interesse, permettendo
loro così di reagire prontamente.
Il GFIMS avra' il pregio di
facilitare il lavoro agli ad-
detti ai lavori costretti fino
a oggi a trattare dati frammentati provenienti da
molteplici fonti: il nuovo
strumento "metterà a disposizione i dati essenziali
sugli incendi mentre questi sono ancora in atto",
ha spiegato John Latham,
esperto ambientale del Dipartimento per la Gestione delle Risorse Naturali e
l'Ambiente della Fao.
Inoltre il sistema può essere usato dagli operatori forestali e dai vigili
del fuoco, così come dalle
varie agenzie impegnate
nel monitoraggio delle ri-
sorse agricole e naturali.
L'abbonamento è gratuito
e richiede solo l'indirizzo
e-mail dell'utente. Il GFIMS
e' attualmente disponibile in tre lingue (inglese,
francese e spagnolo) e il
sistema di monitoraggio si
trova al dipartimento per
la Gestione della Risorse
Naturali e dell'Ambiente
dell'agenzia Onu.
Pieter van Lierop, esperto forestale responsabile
delle attività di gestione
degli incendi della Fao ha
sottolineato come il lancio
del sistema sia stato fatto "in un momento in cui
l'incidenza degli incendi di
grosse proporzioni tende
ad aumentare", basti pensare al caso Russia, dove
il fuoco ha già mandato
in fumo oltre 14 milioni di
ettari e causato migliaia di
sfollati.
A livello globale, si stima
che gli incendi boschivi
colpiscano approssimativamente 350 milioni di ettari di terra ogni anno, dei
quali la metà in Africa; nella sola regione del Mediterraneo vengono distrutti
tra i 700.000 e il milione di
ettari di bosco ogni anno.
(AGI)
18
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
cronache
RIFORMA DELL’ATTIVITà
DI PREVENZIONE INCENDI DEL CNVVF
Maurizio Torres
Comando Prov.le VVF
di
Enna
è
di questi ultimi giorni
l’ennesimo polverone
suscitato dai provvedimenti inseriti nella manovra finanziaria correttiva
riguardo la prevenzione
incendi.
Da anni quest’attività
istituzionale dei VVF, ma
soprattutto dello Stato,
è oggetto di “appetiti”
privati ovvero di tentativi di smantellamento per
rimuovere vincoli burocratici che frenerebbero
l’esercizio delle attività
imprenditoriali.
Al riguardo si ravvisa l’esigenza di dovere
fare il punto della situazione per chiarire a
tutti i termini reali della
questione.
Intanto attualmente l’avvio di un’attività imprenditoriale in Italia non è
vincolata solamente dal
rilascio del certificato di
prevenzione incendi ma
da una serie di licenze ed
autorizzazioni preventive
rilasciate dai diversi Enti
statali e locali interessati
che di fatto limitano l’avvio immediato di qualsiasi attività.
In questo contesto il certificato di prevenzione
incendi è obbligatorio
solamente per una parte delle attività che ricadono in quelle elencate nell’allegato II del
D.M.16/02/1982, mentre le altre sono esenti da
qualsiasi autorizzazione
rilasciata dai VVF. Tuttavia è evidente per tutti (e
ciò emerge dai dati rilevabili dall’attività svolta da ciascun Comando
Provinciale) che l’obbligo
di rilascio del certificato
di prevenzione incendi
non ha impedito sostanzialmente
l’avviamento di alcuna attività, sia
perché le Autorità locali
preposte non hanno mai
legato i loro provvedimenti alla presenza del
certificato di prevenzione incendi, sia perché dal
1998 l’istituzione della D.I.A.(dichiarazione di
Inoltre i pareri di conformità su progetto vengono
e devono essere richiesti
in una fase pre-esecutiva
quando ancora l’attività
deve essere impiantata
e comunque (sempre dai
Fatta questa premessa
utile a delineare i contorni della questione, ci si
chiede il motivo di tutto
questo.
Il
Dlgs
139/2006
all’art.14 ha riconferma-
Chi può verificare
se le norme di sicurezza antincendio
sono soddisfatte se non i vigili
che intervengono in caso di rogo?
inizio attività) ha consentito di svincolare temporalmente
l’esercizio
dell’attività dal sopralluogo dei VVF finalizzato
al rilascio del certificato
di prevenzione incendi.
dati rilevabili dai vari Uffici) i tempi entro i quali viene rilasciato un parere di conformità sono
normalmente al di sotto
dei limiti fissati dal DPR
37/98.
to l’istituto dell’attività
di prevenzione incendi in
capo allo Stato mediante l’attività del CNVVF.
Tale istituto rientra nel
novero più ampio della tutela della sicurezza
dei cittadini sancita dalla Costituzione. A questa
funzione in generale, che
non può essere cancellata con un provvedimento
di legge che disconosce
altre leggi che ne hanno ripetutamente confermato l’importanza e
la fondatezza giuridica,
è collegata un’altra esigenza importante, resa
obbligatoria dai decreti
che introducono le norme
di sicurezza antincendio:
”consentire ai soccorritori
di operare in condizioni
di sicurezza”.
E’ ovvio che nella fattispecie i soccorritori sono
i VVF, quindi chi può verificare se questa condizione è ovunque soddisfatta
se non i VVF stessi che
intervengono in caso di
incendio ?
Skiwalker79
di
19
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
Il rischio molto alto
è
che questo aspetto venga
completamente emarginato con conseguente innalzamento della pericolosità degli scenari in cui i
VVF si trovano ad intervenire con riflessi imprevedibili per il soccorso alle
persone.
Quindi la politica nel momento in cui deve perseguire le proprie finalità guarda non tanto alla
sostanza del problema
quanto al messaggio che
deve dare ed all’effetto
dei provvedimenti.
In questo ambito assume
un ruolo determinante
l’Amministrazione, inte-
ressata dai provvedimenti
, che deve a sua volta fornire un supporto costruttivo al politico in modo da
rendere il provvedimento
legislativo concretamente atto a produrre effetti
migliorativi e non penalizzanti i diritti e le funzioni svolte nell’interesse
collettivo.
Da questo punto di vista
negli ultimi mesi e anni la
componente dirigenziale e la componente sindacale dell’Amministrazione dei VVF non hanno
sicuramente brillato né
per coesione né affrontato in maniera costruttiva
il problema senza for-
nire una proposta valida
strutturata in modo da
contemperare da un lato
le esigenze politiche e
dall’altro i compiti istituzionali.
Diventa quindi impellente affrontare da subito
la questione
fornendo
quanto meno degli indirizzi chiari, entro i quali
costruire il provvedimento legislativo specifico,
che, a parere di chi scrive, devono contemplare i
seguenti punti:
1.Rielaborazione
dell’elenco delle attività
soggette ai controlli;
2.Rielaborazione del pro-
cedimento di prevenzione incendi mantenendo
il parere di conformità e
sostituendo il certificato di prevenzione incendi
con una sorta di “autorizzazione di prevenzione
incendi” rilasciata dall’ufficio a vista a seguito
di relazione certificativa. Predisposta da tecnico abilitato alla legge
818/84 sottoscritta dal
titolare dell’attività.
Il Comando si riserverà
di effettuare il controllo a campione sulla base
di parametri oggettivi da
definire;
3.Sostituzione delle tariffe di prevenzione incendi
con un unico versamento
che assorbe le attuali tariffe per i progetti e sopralluoghi che complessivamente deve essere
più contenuto rispetto
all’onere che attualmente
grava sulle imprese;
4.Riformulazione
delle
indennità di prevenzione incendi corrisposte al
personale VVF;
5.Determinazione di criteri omogenei ed uniformi con cui svolgere i sopralluoghi;
6.Controllo sui prodotti
utilizzati nel campo della
prevenzione incendi.
ROMA : LA REGIONE LAZIO
CONSEGNA SEI MEZZI SPECIALI AI VIGILI DEL FUOCO
A
cura dell’Ufficio
Stampa
C
inque pick up fuoristrada con modulo antincendio boschivo da 450 litri sono
stati consegnati, dal
presidente Renata Polverini ai vigili del fuoco. Il mezzo speciale
cingolato robotizzato
è utilizzato per gli incendi in galleria.
Uno stanziamento di
450 mila euro che
''pone il Lazio - ha
spiegato Polverini all'avanguardia
nella
lotta agli incendi''.
La consegna è avvenuta lunedì 26 luglio,
rientra nell'operazione
di supporto da parte della Regione Lazio ai vigili del fuoco
nell’espletamento
di
tutte le loro attività.
Tra i mezzi spicca il
cingolato radiocomandato Luf 60, il primo
veicolo di questo tipo in
tutta Italia.
Si tratta di un mezzo
dotato di una grande
turbina mobile in grado
di soffiare ad altissima
velocità aria o schiuma
all'interno di gallerie,
cunicoli.
“Sono in fase di perfe-
zionamento - ha concluso Polverini - le procedure per l'acquisto di
5 pick up e di un auto
carro con allestimento antincendio boschivo
sempre finanziati dalla
Regione che completeranno l'accordo di programma che alla fine ci
impegnerà per una cifra
pari a 650 mila euro''
20
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
cultura
IL FAMILISTERE A GUISE:
UN ESEMPIO INTERESSANTE DI ABITARE SOCIALE
Inventato nel XIX secolo da Jean Baptiste Godin è ora diventato un museo
A
cura dell’Ufficio
Stampa
L’
housing sociale, inteso come l’insieme di alloggi e servizi, di
azioni e strumenti a coloro che non riescono a
soddisfare sul mercato il
proprio bisogno abitativo,
per ragioni economiche o
per l’assenza di un’offerta
adeguata, esisteva già nel
XIX secolo. Tanto che oggi
il suo «familistere» a
Guise (Francia), sistema
di abitazioni creato per
gli operai dal visionario
industriale
Jean-Baptiste Godin, è diventato
un museo. Il familisterio di Godin è un rimpicciolimento del falansterio: l'edificio è sempre
costituito da tre blocchi
di abitazioni comunicanti,
ma i cortili sono di dimensioni molto più ridotta, e
svolgono la funzione tipo
corridoi del falansterio. I
tre blocchi delimitano la
piazza d'ingresso che è a
sua volta chiusa a distanza
sul quarto lato dal teatro e
dalle scuole.
Le abitazioni si affacciano
tutte sui cortili-ballatoio
coperti da vetrate, destinati a spettacoli e riunioni collettive. Godin riserva
una particolare attenzione
ai servizi collettivi, tecnici
e sociali. Sono in comune
il sistema di ventilazione,
utilizzabile anche come riscaldamento, e l'illuminazione a gas, servita da una
centrale dell'azienda.
All'esterno del familisterio
sono presenti una cucina,
una mensa, una lavanderia
da 60 posti e le scuole.
Del fourierismo restano
alcuni aspetti come l'assistenza sociale molto
avanzata (cassa pensioni,
Interno del familistere di Guise, oggi è un museo
21
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
cassa malattia lavoratori, cassa medicinali, assicurazione lavoratrici) e il
sistema pedagogico, che
trasferisce dalla famiglia
alla comunità l'educazione
dei figli.
Nel familisterio l'educazione è organizzata in
sette divisioni, ognuna col
suo corpo di dirigenti e
istruttori, i suoi locali e i
suoi uffici.
Queste divisioni corrispondono all'età dei ragazzi:
1.il "nido", per i bambini dalla nascita a 26 o 28
mesi;
2.il "pouponnat", per i
bambini dell'età in cui
camminano a 4 anni;
3.il "bambinat", per i bam-
bini da 4 a 6 anni;
4.la "terza classe", per gli
allievi da 6 a 8 anni;
5.la "seconda classe", per i
ragazzi da 8 a 10 anni;
6.la "prima classe", per i
ragazzi da 10 a 13 anni;
7.il "corso superiore", per
coloro che proseguono gli
studi, avendo dimostrato
speciali talenti;
8.l'"apprendistato";
l'in-
gresso del ragazzo alla
vita produttiva avviene
gratuitamente nella fabbrica; egli può scegliere
fra le varie occupazioni
che gli si offrono nel familisterio, e l'apprendista
riceve subito il prezzo del
suo lavoro.
Il familistere di Guise, in
cui vivevano fino a 2 mila
persone,
compreso
lo
stesso Godin, funzionava
in autogestione, ciascuno
era comproprietario.
Oggi gran parte degli appartamenti sono diventati
un museo, che punta ad
ampliarsi.
Entro il 2013 infatti una
nuova trance di lavori interesserà i collegamenti
tra gli edifici e il teatro.
A
cura dell’Ufficio
Stampa
D
a qualche anno
sta
prendendo
piede, nell’ambito delle politiche per la casa,
un nuovo fenomeno
denominato
housing
sociale.
Stevecadman
HOUSING SOCIALE
Una risposta alla domanda abitativa, recentemente modificatasi con l’introduzione
di fattori sociali che
fotografano una realtà del vivere fatta di
precariato,
mobilità
occupazionale, immigrazione e trasformazione demografica e
dei nuclei famigliari.
Insomma, alla richiesta di un mercato
multisfaccettato e con
molteplici
peculiarità, deve corrispondere
un’offerta altrettanto
variegata e che possa
soddisfare le esigenze dei “nuovi” inquilini
tipo.
L’innalzamento
dei
prezzi ha visto, negli
ultimi anni, una riduzione sul potere d’acquisto del ceto medio,
che va inquadrato in
una diversa
abitativa.
proposta
Da tempo, enti e comuni, lavorano in questa
direzione: gestire l’edilizia residenziale pubbli-
ca in nome dell’housing
sociale.
Ma in cosa consiste questa “edilizia abitativa sociale”, traducendo più
o meno letteralmente il
termine inglese?
Si tratta di costruire o ristrutturare appartamenti
che vengono dati in affitto, secondo regolare bando a cui possono
partecipare giovani coppie, famiglie numerosi,
precari, studenti, a prezzi accessibili, si parla di
400 euro per un alloggio di 90 metri quadri,
un canone comunque
che non superi il 25-30%
dello stipendio.
22
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
ANGOLO TECNICO
Da corridoio cieco a mall,
ecco le definizioni utili e ufficiali
Elenco dei termini presenti nel decreto, approvato a Luglio, riguardante la prevenzione incendi
cura dell’Ufficio
Stampa
PjVandi
A
N
ella Gazzetta Ufficiale 12 Agosto 2010 è
stato pubblicato il decreto 27 luglio 2010, l’approvazione della regola
tecnica di prevenzione
incendi per la progettazione, costruzione ed
esercizio delle attività
commerciali con superficie superiore a 400 mq.
Per i termini, le definizioni e le tolleranze dimensionali si rimanda al D.M.
30/11/1983(G.U. n.339,
del 12/12/1983).
Ai fini di questa regola
tecnica si definisce:
A. CORRIDOIO CIECO:
corridoio o porzione dal
quale sia possibile l’esodo in un’unica direzione.
La lunghezza del corridoio cieco va calcolata
dall’inizio dello stesso
fino all’incrocio con un
corridoio dal quale sia
possibile l’esodo in almeno due direzioni o fino
al più prossimo luogo sicuro o via di esodo verticale.
B. PERCORSI ALTERNATIVI: da un dato punto
due percorsi si considerano alternativi se formano tra loro un angolo
maggiore di 45.
C. SCALA DI SICUREZZA
ESTERNA: scala totalmente esterna, rispetto
al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e realizzata secondo i seguenti criteri:
I materiali devono essere
incombustibili.
m per ogni lato, requisiti di resistenza al fuoco
almeno REI/EI 60.In alternativa la scala esterna
deve distaccarsi di 2,5 m
dalle pareti dell’edificio
e collegarsi alle porte di
piano tramite passerelle
protette con setti laterali, a tutta altezza, aventi
requisiti di resistenza al
fuoco pari a quanto sopra indicato.
trapposta, altezza (H) minima 7 m e larghezza (L)
pari almeno a √7H deve
essere priva di ingombri che possano essere
di ostacolo per l’esodo
in emergenza e il carico
di incendio specifico non
deve essere superiore a
50 MJ/m2 anche in presenza di allestimenti e/o
promozioni a carattere
temporaneo.
La parete esterna dell’edificio su cui è collocata la
scala, compresi gli eventuali infissi deve possedere, per una larghezza
pari alla proiezione della
scala, incrementata di 2,5
D. MALL: galleria interna,
coperta realizzata anche su più piani, su cui
si affacciano varie attività
commerciali e/o di servizio. Essa deve presentare
uscite in posizione con-
E. PIANO DI RIFERIMENTO: piano ove avviene
l’esodo degli occupanti
all’esterno dell’edificio,
normalmente corrispondente con il piano della
strada pubblica o privata
di accesso.
F. EDIFICI DI TIPO ISOLATO: edifici esclusivamente destinati ad attività commerciali e ad
attività pertinenti funzionalmente
collegate,
eventualmente adiacenti
ad edifici destinati ad altri usi, strutturalmente e
funzionalmente separati
da questi, anche se con
strutture di fondazione
comuni.
G. EDIFICI DI TIPO MISTO: edifici non isolati
con vie di esodo indipendenti.
H.
ALTEZZA:
altezza
massima misurata dal
piano esterno accessibile
ai mezzi di soccorso dei
Vigili del fuoco all’estradosso del soffitto del più
elevato locale adibito ad
attività commerciale.
I. ATTIVITà DI VENDITA
MONOPIANO: struttura
in cui le aree accessibili
al pubblico sono ubicate
su un unico livello fuori
terra a quota compresa
tra +/- 1 m rispetto al
piano di riferimento; è
ammesso che le aree adibite ad uffici e/o servizi,
non accessibili al pubblico, siano organizzate su
più livelli.
23
SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
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