Petroliera Milford Haven la bella signora addormentata

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Petroliera Milford Haven la bella signora addormentata
LA SICILIA
DOMENIC A 10 AGOSTO 2008
.25
REPORTAGE
Immersione sul relitto
La storia. Un’esplosione l’ha
Oggi. Dal pericolo di una immane
squarciata l’11 aprile del 1991
provocando quattro morti. Trasportava
144 mila tonnellate di petrolio
catastrofe ecologica alla bonifica
che ne ha fatto uno dei più
attraenti relitti del Mediterraneo
L’ALBUM
La prua della nave in
fiamme. A destra, le
lamiere tranciate
totalmente rivestite di
flora. Sotto, il grafometro
e la ringhiera della
Haven, e un anemone
gioiello. Le foto di
Massimo Paolini sono
tratte dal libro di Cristina
Freghieri «Petroliera
Milford Haven - L’ultimo
sospiro» (Editrice La
Mandragora)
«C
on quella faccia un po’ così,
quell’espressione un po’ così…". E’ inevitabile che le
parole di Paolo Conte ti veleggino nella
mente mentre passeggi per la città. Ma
il porto del capoluogo ligure, in una calda serata di luglio, non ti ispira "foschia,
pesci, sonno, nausea, fantasia". Semmai,
guardi i volti dei ragazzi che fanno le vasche, uguali a quelli di qualsiasi altra
città, un po’ annoiati, e pensi che sei lì,
nella scenografia voluta dall’architetto
Renzo Piano per ridisegnare quella sconfinata passeggiata a mare. Genova è la
città dei camalli e del pesto, della paranza di Carena e dei ragazzini festanti che
escono correndo dallo splendido acquario, e della gente che entra, ordinata,
nella pista ghiacciata di pattinaggio.
E’ la città dell’attesa. Col fiato sospeso,
come quel giorno, è l’11 aprile 1991,
quando un’improvvisa esplosione
proietta in mare parte del ponte di coperta della petroliera Milford Haven.
Lunga 334 metri, larga 51, altra 26, 109
tonnellate di stazza lorda, la superpetroliera Milford Haven, battente bandiera
cipriota, nelle sue tredici cisterne può
trasportare 230 mila tonnellate di petrolio. L’equipaggio è formato da 36 uomini, e al momento dell’esplosione, avvenuta mentre si trova in rada di fronte al
porto di Genova, le sue stive contengono
144 mila tonnellate di petrolio che comincia, inesorabile, a riversarsi in mare.
Chi assiste all’incidente si rende subito
conto della gravità di quanto sta accadendo, dell’immane catastrofe che sta
per colpire il nostro mare. Cinque persone, tra questi il comandante Petros Grigorakakis, perdono la vita. Il resto dell’equipaggio viene tratto in salvo.
Diciassette anni dopo, la petroliera
Milford Haven, affondata a largo di
Arenzano, è il relitto più grande presente nei fondali del Mediterraneo.
Le operazioni di bonifica, cominciate
dalla Drafin Sub di Genova subito dopo
l’affondamento, e completate di recente
da una ditta olandese, hanno impegnato numerosi Ots (operatori tecnici subacquei) e sono consistite nel rilievo del
petrolio e nel provvisorio tamponamento delle falle che ne provocavano la fuoriuscita, limitando la concentrazione di
idrocarburi nelle acque e il conseguente
danno ambientale. Allo stesso tempo, è
stato possibile evitare il disastro con la
decisione, da parte delle autorità, di lasciare bruciare il petrolio trasportato
dalla nave per evitare che si disperdesse
in mare producendo sugli organismi
marini effetti distruttivi.
a prima volta che mi sono
immersa sul relitto, ho provato una tale emozione da
pensare di essere in un sogno. A soli 15
metri dalla superficie, grazie all’eccezionale visibilità ’maldiviana’ dell’acqua, la nave si offriva ai miei occhi in tutta la sua interezza. Un gigante così,
sott’acqua, non l’avevo mai visto. La
quantità di pesce che mi ruotava intorno
era ubriacante. In quella prima immersione mi sono fermata al secondo ponte,
41 metri, poiché respiravo Ean 32 (una
miscela iperossigenata arricchita di ossigeno rispetto all’aria, respirabile entro
quella quota). Due cose hanno colpito la
mia mente come un timbro indelebile:
scendere su un relitto in mezzo al mare
e sentirmi ’avvolta’ dalla nave. Questa
sorta di abbraccio mi ha regalato un senso di protezione e contemporaneamente di timore. Mi sono sentita ’piccola,
inesistente e importante’ mentre sfioravo quel gigante sommerso. Quell’incontro ha sviluppato in me un grande desiderio di conoscere questo luogo e da allora sono tornata tante volte».
Così, Cristina Freghieri, subacquea tecni-
Sopra, un anemone gioiello
(Corynactis viridis) e, a destra, una
ascidia
Petroliera Milford Haven
la bella signora addormentata
Dalla tragedia nel mare ligure al «miracolo» della natura
LEONARDO LODATO
“
“
«L
Le ho dedicato
tante
immersioni
ma non ho
ancora fatto
abbastanza
Dopo il
disastro sento
che la
petroliera sta
morendo
un’altra volta
Le parole per conoscere meglio la nave
CASSERO DI POPPA. Sovrastruttura che si estende da
un fianco all’altro della nave, ma limitata in lunghezza; dalla posizione in cui il cassero viene realizzato
derivano le definizioni di cassero di poppa, cassero
centrale, e cassero o castello di prua.
COPERTA. Il ponte superiore, che si estende per tutta la lunghezza della nave ed è parte integrante
della sua struttura, concorrendo alla sua robustezza
e resistenza; è il «ponte principale».
COPERTA PRODIERA. Il primo dei tre relitti della
petroliera Haven; si tratta di una parte della coperta che ricopriva la cisterna 1C, lunga circa 100 metri,
che è stata divelta inseguito ad una forte esplosione.
Attualmente giace su un fondale di circa 90 metri
nella posizione 008° 45’ 01.71”E; 44° 22’ 09.23”N.
FOULING. Il termine fouling deriva dal verbo inglese to foul, che significa letteralmente insudiciare, incrostare. Indica l’insieme delle incrostazioni rilevabili nei corpi sommersi; si parla generalmente di
«biofouling», poiché l’intero processo è determinato dalla colonizzazione dinamica delle superfici
sommerse ad opera di numerosi organismi viventi,
sia unicellulari che pluricellulari, cui si associa in
modo più o meno massiccio la deposizione dei minerali che costituiscono gusci o involucri.
LUNGHEZZA FUORI TUTTO. Espressa in metri o piedi rappresenta la distanza massima, misurata tra le
perpendicolari condotte per l’estrema poppa e per
l’estrema prora di una nave.
RELITTO PRINCIPALE. Costituisce il relitto principa-
le della Haven la parte poppiera lunga circa 220
metri, affondata la mattina del 14 aprile 1991 al
largo di Arenzano su fondali di circa 80 metri, nella
posizione 008° 41’ 59.58”E; 44° 22’ 25.75”N. Rappresenta il relitto interessato dalle operazioni di bonifica e presenta, nella sua porzione poppiera, il castello o cassero di poppa che si alza fino ad una profondità di circa 27 metri dalla superficie del mare.
TRONCONE DI PRUA. Così definito il secondo relitto
della Haven che attualmente giace alla profondità di
460 metri, in posizione 008° 41’ 18.83”E; 44° 16’
22.42”E. Lungo circa 95 metri, si spezzò ed affondò
durante le operazioni di traino il giorno successivo
l’incidente, in seguito ad una violenta esplosione.
LE. LOD.
ca, grande esperta di relitti, racconta la
sua esperienza nel libro «Petroliera
Milford Haven - L’ultimo sospiro» (editrice La Mandragora).
Immergersi su questo relitto è una delle emozioni più forti che possano capitare ad un subacqueo. La pianificazione
dell’immersione, neanche a dirlo, deve
essere precisa, meticolosa come non
mai. Discesa sulla cima, ulteriore controllo delle attrezzature, «level off», e
pronti a raggiungere la
tuga del ponte di comando che si eleva fino
a -34 metri. E’ la strada
da seguire per raggiungere il ponte di coperta
(siamo a -55 metri di
profondità) e via fino all’elica che riposa a -75
metri.
Le pareti del relitto sono
ricoperte di ostriche,
anemoni e altre coloratissime forme di vita.
Aragoste, astici, gamberi e gronghi hanno fatto
di questo relitto la loro
silenziosa casa. In fase
di risalita è possibile penetrare, con grande attenzione, all’interno
della plancia di comando. Una rapida occhiata
verso l’esterno per provare la sensazione che
la Haven stia ancora navigando, e di nuovo su
verso la superficie, gradualmente, secondo le
tappe di decompressione programmate.
a il miracolo sembra che stia
per esaurirsi. La sensazione
che si prova immergendosi
su questo relitto, dopo le ulteriori bonifiche effettuate recentemente, dimostra
che «la bella signora addormentata», così come ama definirla Cristina Freghieri,
stia per morire ancora una volta.
«In questi ultimi mesi - spiega Cristina Freghieri - sto formulando un pensiero documentato sia a livello fotografico
che scritto. Ho la sensazione che questo
relitto sia morto una volta per mano
dell’uomo, ma che avesse per un momento trovato sott’acqua un senso di
pace. E invece, da qualche tempo, avverto che la petroliera sta morendo definitivamente. C’è qualcosa che sta cambiando. Tra l’altro, recentemente, ho trovato qualche parete interna crollata.
Hanno fatto un’ulteriore bonifica e in
realtà, dopo tutti questi anni, non so
quanto quel petrolio rimasto nel fondo,
solidificato, possa disturbare. Ma non
voglio entrare in questa discussione. Accettiamo la cosa e basta. Resta il fatto che
io sto rivedendo una nave che non è più
quella di prima. Confrontando le immagini che ho fatto una quindicina di giorni fa, con quelle di 10 anni fa, si nota come la poppa stia collassando e come il
relitto stia cambiando fisionomia. E’ come se stesse davvero morendo per l’ultima volta. A livello pratico e concreto
succede perché, dopo tre giorni di fuoco
ad una temperatura superiore ai 2mila
gradi, sono andate distrutte tutte le molecole ferrose. Però, vedere cedere le
strutture di un gigante di questo genere
fa davvero molto effetto. Alcune specie
di vita bentonica non si sono più ripopolate».
E di immersioni sulla Haven, Cristina
Freghieri ne ha fatte davvero tante.
«Faccio fatica a creare un numero. Per
il libro le ho dedicato quasi quattro anni
di immersioni per sei mesi all’anno. Direi centinaia, e mi sembra di non avere
ancora fatto abbastanza».
M