pdf - Primus Capital

Transcript

pdf - Primus Capital
6
COR RI E RECONO M I A
LUNEDÌ 29 FEBBRAIO 2016
Il riassetto del mondo del credito
Finanza
Le strategie, gli appuntamenti
Risiko Il confronto con la Bce. I dubbi sulla spa autonoma. Ma se non si chiude potrebbe tornare in pista Ubi
1
Banche Verona-Milano fusione infinita
Dal capitale al consiglio, quanti ostacoli
Vicenza verso la Spa
L’assemblea decisiva
sabato prossimo
a casa di Zonin
Popolari
DI STEFANO RIGHI
Tra i nodi i tempi di riduzione dei crediti deteriorati. Gli istituti puntano a strappare tre anni
DI FABRIZIO MASSARO
Superpopolare
Il progetto di fusione tra il Banco
Popolare di Verona e la Banca
Popolare di Milano dà corpo alla
più che decennale idea di creare una forte
istituzione finanziaria di natura
mutualistica.
I tempi però sono cambiati e,
una volta giunti
alla fusione tra le
due entità cooperative, la legge
imporrà la trasformazione in
società per azioni, da realizzarsi
entro la fine di
quest’anno
S
ervirà almeno un’altra settimana di lavoro per tirare le
fila del progetto di fusione
tra Bpm e Banco Popolare,
dopo le osservazioni della Bce sullo schema di integrazione riferiti
mercoledì 24 da Bankitalia ai capi-azienda Giuseppe Castagna e
Pier Francesco Saviotti. I due amministratori delegati sono pronti a
rimettersi al lavoro, ma con un solo limite: «non ci sarà nessun aumento, perché secondo loro non
ce n’è bisogno». E se la Vigilanza
dovesse richiederlo «la fusione
non si fa più», ha ribadito Saviotti
al Messaggero, «il Banco è nelle
condizioni di proseguire per la sua
strada stand alone e Saviotti non
va via».
«Nessun nodo»
La stanza dei bottoni
838,6
che in Bpm contano, hanno già
detto che senza la Bpm autonoma
la fusione potrebbe non essere approvata in assemblea. Ma la governance è pur sempre un fatto di
uomini. C’è poi però il nodo più
complesso, quello dei crediti deteriorati. E qui si torna ai numeri.
Ma anche quelli possono essere
letti in vari modi.
La base di partenza sono i crediti deteriorati: a fine 2015 quelli
del Banco erano 20,6 miliardi con
una copertura del 32% e quelli di
Bpm circa 6 miliardi con una copertura del 40%. Entrambe hanno
superato l’esame «Srep» da poco
concluso dalla Bce: il Banco con
patrimonio (Cet1) del 12,4% contro il 9,5% chiesto dall’authority, e
la Bpm con il 12,2% rispetto al 9%
minimo e, dunque, non necessiterebbero di capitale. Ma per Francoforte con la fusione gli indici
cambiano (e peggiorano) e per di
più una banca ha una copertura
più bassa e quindi i livelli andrebbero riportati dentro una misura
LE PRINCIPALI BANCHE ITALIANE
+
Per totale dell’attivo tangibile in miliardi di euro
639,1
121
S. Avaltroni
60,1
50,2
48,1
Popolare
Milano
Bnl-Bnp
Paribas
80,2
Ubi
Banca
Banco
Popolare
Banco Popolare +
Popolare Milano
Monte
dei Paschi
120
Cariparma
169,1
169,1
121
Intesa
Sanpaolo
48,1
Pop. Emilia
Romagna
183
Fonte: Mediobanca Ricerca e Sviluppo, 2014
Fabio Panetta (membro del board
della Vigilanza Bce), dovranno
spiegare le ragioni storiche dell’autonomia, sia pure solo per tre
anni, pretesa dalla Bpm e dal suo
azionariato popolare. Idem per il
board a 19: per la Bce è troppo affollato e lottizzato tra consiglieri di
provenienza Bpm e quelli targati
Banco, a loro volta rappresentativi
dei territori di riferimento come
Lodi, Verona, Novara.
Le difficoltà di smontare lo
schema sono evidenti: i sindacati,
Unicredit
Analogamente si è espresso
Castagna, secondo cui «non ci sono nodi» con la Bce. Tuttavia dopo quasi un mese di contatti e trattative, non si riesce ancora a trovare la quadra per il via libera alla
prima operazione di fusione in
Italia. «Stiamo tutti sperimentando una prima volta, sia noi che la
Bce che ha tante giurisdizioni», ha
detto Castagna. E con il cambiamento da popolare a spa «è un
doppio salto mortale, è per tutti
un nuovo esperimento».
L’impressione di chi ha trattato
con Francoforte è che i vigilanti
europei non comprendano (o non
tengano adeguatamente in considerazione), la storia e le caratteristiche delle due banche promesse
spose, ma valutino esclusivamente la nuova entità post-fusione
senza pesare il passato su cui l’integrazione si poggia. «Pensiamo
che possa essere trovata una soluzione accettabile», è il commento
di Equita, «anche perché il consolidamento rafforza il sistema, ma
la Bce dimostra di essere un regolatore meno flessibile rispetto alle
singole banche centrali».
Questo è evidente in particolare circa l’ipotesi della Bpm spa autonoma: per Francoforte è «controintuitivo» (secondo una fonte a
conoscenza del dossier) che si ricrei una banca dopo la fusione.
Castagna e Saviotti, con gli esponenti di Bankitalia Carmelo Barbagallo (capo della Vigilanza) e
appropriata (non indicata da
Francoforte). La proposta di Bpm
e Banco è un piano per ridurre lo
stock di sofferenze in 4-5 anni
usando il cashflow, che la Bce vuole invece ridotto a 2. Si starebbe
tentando una mediazione a 3 anni,
che sarebbe gestibile senza aumento di capitale.
Convergenze
L’interesse a portare a termine
l’operazione c’è da tutte le parti in
causa. Anche perché se Bpm-Banco dovesse saltare, l’intero processo di consolidamento incontrerebbe un forte ostacolo, specialmente
in una situazione in cui ci sono da
sistemare anche Veneto Banca,
Popolare di Vicenza e Mps. Ma
uno stop andrebbe anche contro
le spinte della Vigilanza unica ad
avere istituti più grandi e più forti.
Se per avventura dovesse davvero
saltare l’operazione, sul fronte del
risiko per Bpm potrebbe tornare
di nuovo in campo Ubi. Essendo
due istituti forti, potenzialmente
incontrerebbero minori ostacoli
in Bce. Ma le basi di partenza potrebbero essere diverse rispetto
anche a un mese fa, quando Castagna respinse di fronte al ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan
la proposta del ceo di Ubi Victor
Massiah, ritenendola un abbraccio mortale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
a cura di Carlo Cinelli e Federico De Rosa
Fotogramma
do da un’analisi del Claudio
Demattè Research, per individuare soluzioni alternative. Giorgio Gobbi, capo
Servizio stabilità finanziaria
di Banca d’Italia, traccerà le
linee guida per le banche,
mentre Andrea Mignanelli
del Cerved si concentrerà
sulle procedure. A seguire
tavola rotonda con gli esperti
Orlando Barucci di Vitale
Associati, Giovanni Bossi di
Banca Ifis, Vincenzo Macaione di Primus Capital, Pietro Rizzuto di Unicredit e
Federico Sutti di Dentons.
Imago Economica
tuelli con Claudio Clemente dell’Uif e il procuratore
aggiunto di Milano Francesco Greco. Chiude Pier Carlo Padoan. Il tema è: «per
una strategia condivisa». Ecco, appunto, condivisa.
***
Sofferenze, procedure
concorsuali (lente) e aziende in crisi. C’è chi ci vede
un’opportunità. Mercoledì
se ne parlerà alla Bocconi. Il
Rettore Andrea Sironi, farà
il punto sulla situazione sulla montagna di Npl in pancia
alle banche italiane, parten-
LaPresse
Alla Bocconi si parla di crediti incagliati. E la World Bank sbarca in Piazza Affari
T
on una singolare coincidenza l’assemblea della Banca Popolare di Vicenza
che sabato prossimo, 5 marzo, verrà chiamata a votare la trasformazione in S.p.A. e
la quotazione in Borsa dell’istituto, con
contestuale aumento di capitale da 1,763
miliardi di euro, si terrà a Gambellara, comune che è anche sede della Casa vinicola
Zonin, il cui presidente è stato per 19 anni
alla guida della popolare berica.
Dimessosi il 23 novembre scorso, dopo
essere stato indagato dalla magistratura,
Gianni Zonin rappresenta il passato con
cui tutti i soci della banca sono chiamati a
fare i conti. Conti salati: miliardi di euro finiti in fumo, aumenti di capitale da capogiro e la svalutazione delle azioni per almeno il 90 per cento del valore rispetto
all’ultima operazione sul capitale dell’agosto 2014. Titoli venduti a 62,5 euro
che in Borsa sbarcheranno probabilmente
(molto) sotto quota 5 euro.
Non è stata una scelta facile, assicurano fonti interne alla banca, ma sembra
non esista nel territorio della provincia un
impianto diverso da quello messo a disposizione da Perlini Equipment (via Torri
di Confine, 8 a Gambellara) capace di
ospitare migliaia di persone, data l’indisponibilità della Fiera nel prossimo fine
settimana. Ma lasciando a lato le vicende
del passato, oggi corre obbligo agli amministratori della banca, il presidente Stefano Dolcetta e l’amministratore delegato
Francesco Iorio, di guardare avanti. Iorio
sabato sarà fresco reduce da un tour finanziario negli Stati Uniti finalizzato a individuare l’interesse di investitori istituzionali. Dolcetta sta spendendo tutto il
proprio bagaglio di credibilità per convincere i soci che la discontinuità con il passato è netta e la trasparenza sarà la parola
d’ordine. Pur con il fegato ingrossato, ai
soci non restano alternative strategiche (a
parte il ricorso alla magistratura, che però
potrà saldare i conti con il passato, non
costruire il futuro): se la Vicenza non si
trasforma in S.p.A e non va in Borsa, Unicredit non parteciperà all’aumento di capitale (garantisce fino a 1,5 miliardi di euro), con conseguenze inimmaginabili. Vicenza in buona sostanza è chiamata a seguire la strada di Montebelluna.
I soci di Veneto Banca hanno chiuso gli
occhi e votato sì ad un percorso simile già
il 19 dicembre e la scorsa settimana è stata presentata domanda di quotazione in
Borsa. Illudersi che un cavaliere bianco arrivi da Verona a costruire un asse veneto
del credito è al momento quanto meno
prematuro. La Fondazione Cariverona non
ha oggi la liquidità per patrimonializzare
Veneto e Vicenza. Sta solo ai soci pensare
al futuro della BpVi. Da sabato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In ordine sparso sulle banconote «Bin Laden»
ra ripensamenti sui
tetti al contante e
spinte a togliere dalla
circolazione le maxi banconote da 500, le cosiddette Bin
Laden, la lotta al riciclaggio è
sempre sul tavolo. Mercoledì
ne parlano alla Luiss diversi
tra quelli che hanno in mano
le leve giuste: attorno al tavolo, introdotti da Paola Severino, prorettore dell’Università di Confindustria, siederanno il comandante generale della Guardia di Finanza
Saverio Capolupo, il presidente dell’Abi, Antonio Pa-
C
Volti Il procuratore Francesco Greco;
a sinistra, dall’alto, Roberto Gavazzi
e Giovanni Recordati
Conclusioni affidate all’economista più ascoltato da
Renzi: Filippo Taddei.
***
World Bank sbarca a Milano. Domani a Piazza Affari
Carlo Segni, lead financial
officer della Banca mondiale, presenta la prima obbligazione sostenibile dell’istituto dedicata al mercato retail italiano. Ne discutono tra
gli altri Pietro Poletto di
Borsa e Stefano Sbranchella di Bnp Paribas.
***
Quasi un anno fa, Roberto Gavazzi, ceo di Boffi e Luca De Padova decisero la fusione tra i due marchi illustri
del design Made in Italy.
Giovedì si vedrà di che pasta
sono fatti all’iniziativa nel
nuovo show-room milanese
di De Padova in via Santa
Cecilia, un modo per mescolare design industriale e sapienza artigianale dei due
grandi marchi. Mette in tavola Vittorio Fusari, lo chef
(una stella Michelin) del
Pont de Ferr di Milano.
***
Per i 90 anni della casa
Recordati presenta una serie
di iniziative e incontri di ricerca e studio. Oggi a Praga
una prima sessione in occasione della giornata delle
malattie rare. La multinazionale farmaceutica è nata a
Correggio nel 1926 quando
Giovanni Battista Recordati
fondò il Laboratorio farmacologico Reggiano. Oggi il
gruppo guidato da Giovanni
Recordati è presente in 135
paesi con quattromila dipendenti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA