Introduzione - Scuole Medie
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Introduzione - Scuole Medie
Introduzione di Matteo Cardone Questa piccola antologia è frutto del laboratorio di scrittura creativa aperto ai ragazzi di tutte le classi e le sezioni tenutosi nel primo quadrimestre. L’idea che vi è alla base è quella di mettere gli studenti a stretto contatto con l’esperienza della scrittura, affinché, anche se solo per qualche ora alla settimana, possano viverla come un piacere. Piacere che hanno dimostrato cimentandosi in diversi “spunti” e generi letterari, dalla semplice descrizione al racconto giallo, passando per la lettera in tempo di guerra. Il risultato finale è stato sorprendente sia per la qualità degli scritti sia per il coinvolgimento e la viva partecipazione dei ragazzi. Perciò desidero ringraziare il Coordinatore Didattico Eugenio Turrini che ha reso possibile la stampa e tutti gli alunni che con passione ed entusiasmo sono ritornati a scrivere dopo la campanella assieme a me. 1 Descrizione e immaginazione di una scena di Anna Girelli Se ne stava lì, placidamente seduto, sulla quella sedia che ormai cadeva a pezzi, vecchia e consunta. Non una parola diceva, da parecchi giorni, non che fosse un tipo da Divina Commedia, ma di solito accennava un saluto o passava le ore a parlare a ricreazione con quelli più piccoli, quelli in classe con il suo fratellino: gli insegnava i trucchi di magia o come muovere le carte velocemente. Mi era sempre piaciuto quel suo modo di fare così attento, preciso e diretto anche con i più piccoli. Con noi non parlava, ma io sentivo che aveva voglia di parlare. Veniva da una scuola in cui essere “bulleggiati “ era quasi una cosa normale: uno studente su tre è vittima di bullismo. Scuole malandate, così le chiamo io, non che la nostra sia la migliore del mondo, ma almeno se succede qualcosa i professori se ne accorgono. Muoveva la matita ritmicamente, un ritmo veloce che suonava benissimo nelle orecchie, melodioso. Forse avrebbe dovuto iscriversi ad un corso di batteria. Non mi guardava, neanche con la coda del occhio e bisogna dire che ero l’ unica in classe. Volevo vedere che succedeva o almeno cosa stava guardando. Cosa ci posso fare: sono una persona curiosa! Feci prima una cosa che non avevo mai fatto per nessuno, inclusi i miei parenti e le mie amiche: lo osservai cercando di cogliere anche i più piccoli dettagli. Era girato di schiena, probabilmente non sapeva neanche della mia presenza. Non importava che fosse di schiena, di lato, in obliquo, a testa in giù, mi ricordavo la sua faccia e sapevo che espressione aveva assunto 2 in questi giorni;le sopracciglia erano come le ciglia: grandi, folte e spesse, scure. La bocca era invece chiara, sottile infatti non carnosa, era di un rosa quasi color pelle. Il viso era un po’ paffuto, ma stava bene sulla sua capigliatura riccioluta, tagliata corta, riccioli di bambola. Il naso era piccolo, sottile, un po’ all’insù, ma non troppo, quella via di mezzo che va sempre bene. Mi piacque subito il suo sorriso, fu la prima cosa che notai, contagioso,da cui potevo intravedere i dentini bianchi. Le orecchie erano tonde, un pelo sporgenti, nascoste dai capelli nella parte superiore e un poco più scure della pelle. Oh, mi stavo dimenticando della parte più importante nel viso di una persona: gli occhi. Come ben si sa gli occhi sono tutto nel viso di qualcuno: per esempio puoi capire l’espressione di una persona dagli occhi, dal naso invece no. Io che sono una pittrice so quanto siamo importanti: quando devi rappresentare qualcuno la prima cosa da fare sono gli occhi. Sarò stata un po’ ripetitiva, ma in conclusione posso affermare che gli occhi sono il centro di un viso. I suoi occhi mi colpirono particolarmente: erano spenti in quei giorni, scuri color mogano e grandi, spalancati, sembravano guardare qualcosa che a me sfuggiva. Almeno dopo compresi … Davanti alla nostra scuola c’era un ospedale, un’ enorme ospedale bianco dalle grandi vetrate. Tutto era bianco al suo interno: le macchine, i dottori, i camici, le finestre, i pavimenti, le stanze, i bagni, sembrava di essere stati risucchiati in un buco, un buco nero che in realtà era bianco. Io c’ero stata solo una volta: quando mi ero rotta il braccio saltando come una matta con mio cugino. Mi avvicinai a lui come un ninja, a passo felpato e nascosto dai rumori che venivano dal cortile. Stava 3 guardando una finestra più buia delle altre, quasi cupa. Avevo una vista eccellente e con i miei quindici decimi potei notare che all’interno di quella finestra c’era una donna, gracile, sulla quarantina e con i capelli castani come io suoi. Non vidi altro insomma: ho un ottima vista, ma non sono mica Superman. Credendo che lui non si fosse accorto che stavo a spiare quello che faceva me, ne andai come ero venuta. Non parlai per molti giorni di quello che avevo visto e lui neanche. Era sempre più taciturno. Ero rassicurata dal pensiero che non mi avesse vista. Parlammo solo dopo una settimana: lui si fece avanti e disse che mi aveva vista quel giorno, io non sobbalzai né niente, la sua faccia era sorridente e felice. Credo che a malapena sapesse il mio nome, ma non importava; come avevo detto il suo sorriso era contagioso. Mi spiegò che sua madre era stata in ospedale a causa del cancro, ma che adesso si era ripresa e stava meglio. Non so come mi venne da abbracciarlo, non ci conoscevamo eravamo una coppia di sconosciuti ma mi sembrava di conoscerlo da sempre. Da quel momento nacque qualcosa fra noi: amicizia vera quella che solo poche persone vedono e che di solito appare solo come fumo sottile o una ventata leggera e fugace. 4 Il mio vicino di casa… di Matteo Doardi Il mio vicino di casa è un uomo, alto, con capelli scuri come il carbone, un fisico possente e solo a vederlo ti fa paura. Tutte le mattine si sveglia verso le cinque per andare a correre e io mi chiedo perché non se ne stia a casa a dormire visto che è disoccupato. Appena mi sono trasferito nella mia nuova casa, affianco alla sua, pensavo che fosse una persona molto seria ma in realtà ho scoperto che non era un disoccupato bensì che faceva il pagliaccio al circo che c’era in città e che si chiamava "oppalalà il circo è qua". Circa un mese dopo il trasloco, sono anche andato a vedere un suo spettacolo e devo ammettere che nel suo lavoro è molto bravo… Mai giudicare dalle apparenze! 5 Il risveglio: diario di una nevrotica Di Anna Girelli Caro Diario, Mi chiamo Jennifer. Ti sembrerà strano ma ho 37 anni. Insomma non sono una delle solite ragazzine di dodici anni che si sfogano sul diario per parlare della loro nuova cotta o di come i messaggi che ricevano siano pieni di cuori. No, sono tutt’altra persona . Non credere che sia qui per parlare di quanto mi stressa mio marito o di come lo tradisco con le mie centinaia di amanti … no, assolutamente no. Adesso mettiamo in chiaro: il dottore mi ha prescritto di scrivere un diario per i miei problemi di nervosismo. Insomma visto che tutti da più di un anno mi dicono che sono sempre nervosa e che continuamente rispondo male come una bambina viziata che non può avere un gattino bianco nuovo, sono andata da un dottore, uno psicologo più precisamente. Quindi ecco qua la cura: scrivere un diario in cui confidarsi e lasciare uscire tutti i pensieri che si affollano nella mente. Scrivere sarebbe l’ unica soluzione a quanto pare. Ti sfoghi, puoi dire cose che non diresti o che non oseresti mai dire perché quando inizi a scrivere non ti fermi più, è automatico. Non lo si fa apposta. Quindi io sono la tua creatrice e tu sei solamente un specie di test. Effettivamente è un modo per parlare un po’ e dedicarsi un po’ di tempo ogni giorno. Tanto l’ ha detto lo psicologo! Ed ecco fregate le mie piccole figlie che mi vorrebbero sempre per loro. Diciamolo chiaro sono un’infermiera e quindi non ho peli sulla lingua. Quando parlo io parlo. Che sia una buona o cattiva notizia per i 6 parenti. Come avrai notato sono una persona decisa e fantasticamente modesta. Il dottore ha detto che devo scrivere ogni giorno quello che mi da più fastidio. Insomma per la mia prima pagina ho scelto il risveglio. Credo di dover partire dall’inizio di quello che mi rende furiosa. Ecco credo che questo inizierà a farti capire come sono le mie mattinate. Se per risveglio mattutino intendi anche tu l’ incubo giornaliero allora credo che andremo d’accordo. Per esempio raccontiamo il risveglio di questa mattina: Dopo essere tornata alle dieci di notte a casa e aver mandato via la baby-sitter, ho dovuto gestire una bambina mocciosa di un anno, mia figlia minore che, dopo aver subito un faticoso parto cesareo per metterla al mondo, è da un anno che piange e strilla tutte le santissime notti. Lì arriva il problema numero due: a quel punto si svegliano anche Susy e Katy (le mie figlie maggiori) che si mettono a litigare per qualcosa o per qualcos’altro (insopportabili). Dopo un’ ora a correre qui e là, riesco finalmente a metterle tutte e tre a letto. A quel punto penso “Meglio che vada a dormire”. Dormo per circa un’oretta finché non arriva il problema numero tre: la vicina di casa. Poverina, si sta lasciando con il fidanzato ma questa non è una buona scusa per non farmi dormire. Alta, magra, lentigginosa rossa con un fisico totalmente invidiabile. È lì che litiga con il fidanzatino tennista. Alla fine riesce a liberarsene dicendo che farà vedere alla ex-fidanzata delle foto di loro due mentre lui stava ancora con quella là. E quello se ne va via finalmente. Richiudo gli occhi e dormo fino circa alle cinque di mattina ovvero fino a quando bussa il problema numero quattro: il marito. Doveva tornare da un viaggio in Australia e ovviamente arriva di not7 te. Josh continua a bussare finché non riesce a svegliarmi. Bussa, bussa e bussa. E ovviamente non sveglia solo me ma anche tutte le bambine. Apro la porta e lui entra con la sua solita “grazia” in casa, con una terribile puzza di fumo addosso. Mentre cerco di rimettere le bambine a dormire lui va beatamente a letto con il passo di uno zombie. In totale dormo circa quattro o cinque ore a notte (non per niente dormo un paio d’ore mentre le bambine sono a scuola o durante la pausa tra un turno e l’altro. Mi sveglio alle sette e con tutte le scuse possibili cerco di rimanere a letto ancora un po’, ma tanto le mie figlie vengono ogni cinque minuti a ricordarmi che non devono arrivare in ritardo a scuola. Certe volte mi verrebbe la voglia di prendere e scappare in Messico. Farla finita con tutto e lasciarli a loro: le nanerottole, la vicina e il suo ragazzo palestrato, la baby-sitter e Josh. Che si arrangino se ne hanno voglia. Ma poi passerei io dalla parte della Cattiva. Non credo di meritarmelo. Non pensare che io sia senza cuore ma semplicemente sono spesso stanca e quindi irritabile e quindi di conseguenza odiosa. Odio il risveglio e lo odieresti anche tu se fossi al mio posto. Quindi nocomment. La tua fantastica meravigliosa e super modestissima Jennifer 8 La lettera di Francesca Maria Saletti Caro amico, ti scrivo per salutarti e per raccontarti della mia storia. Nel mio paese c’è la guerra e io so per certo che tra poco morirò. Qua da noi, uomini armati entrano di casa in casa e uccidono tutta la gente, solo i bambini più piccoli si salvano nascondendosi nei posti più insoliti, ameno che non gli facciano saltare la casa con bombe a mano lanciate dagli elicotteri; io però, come ben sai, non sono di giovane età e neppure di piccola statura, sono anzi un adolescente… non potrei mai pensare di riuscire a nascondermi dentro qualche armadio. Le uniche cose che ti chiedo sono di darmi una soluzione e soprattutto una spiegazione… perché questi uomini litigano così tanto a tal punto da uccidersi e uccidere tanta gente innocente che vive nei Paesi nemici? Perché se la prendono con noi? Perché non ci mettono in salvo e non litigano solo tra loro? Perché c’è la guerra? A cosa serve la guerra? Io prego, prego affinché Dio ci salvi dal fuoco delle bombe e dal male dei cuori di queste persone; ma non capisco perché non sta succedendo niente per fermare quei cuori anneriti dall’odio!? Ecco, sento già gli spari dei cannoni dalle montagne battersi contro i Paesi vicini; questo rumore continua a perseguitarmi, mi fa male e non mi fa dormire. Ora, amico, ti auguro il meglio, ti auguro la pace nel cuore. 9 Spero perciò, che questo inferno sparisca presto dal mio Paese o che almeno qualcuno mi porti via da questo luogo! AIUTO! Caro amico, ti chiedo di pregare per me e per quelli uomini che assolti dal male ci uccidono. AIUTO! Grazie amico per il tempo che mi hai dedicato leggendo queste tristi parole e scusa, perché mi sono sfogato troppo. Ora ti lascio, perché sento che sta per arrivare la mia ora, o meglio l’ora della mia nuova vita. GRAZIE ANCORA PER L’ASCOLTO CARO AMICO! ADDIO! “Pace per sempre”con questa frase finisco la mia conversazione. Caro amico arrivederci! 10 Omicidio al Colosseo di Nicola Patanè Tutta Roma è in subbuglio, si è sparsa la notizia che al Colosseo e' stato trovato ucciso un ragazzo di appena 16 anni! Sono Nik Patuzzi un investigatore della polizia e questo brutto caso è spettato a me. Ho già in mente vari sospettati: la fidanzata, Gina, il migliore amico Franco e il bullo della scuola, Marius. Ognuno di loro ha un movente. Gina aveva scoperto che Francesco, così si chiamava la vittima, metteva su internet filmati di loro due insieme, Franco era geloso della storia con Gina, da quando quei due stavano insieme Francesco non aveva più tempo per lui; ma Marius ha il movente più grave infatti solo due giorni prima aveva minacciato la vittima perché gli doveva dei soldi, pare che Francesco gli avesse chiesto di procurargli un cellulare che poi non aveva più pagato. Dopo aver esaminato indizi e testimonianze finalmente ho capito. I colpevoli sono Gina e Franco. I due si erano innamorati e hanno deciso di eliminare "l'ostacolo" al loro amore durante la gita scolastica. Da cosa l'ho capito? Sul corpo di Francesco sono stati trovati graffi di unghie femminili con tracce di smalto color blu, quello che era solita mettere Gina e l'arma usata per colpirlo, una scarpa da calcio con tacchetti di ferro, è proprio quella che Franco usava nelle partite con campo pesante e in quei giorni aveva piovuto molto! 11 Robespierre di Anna Girelli Un uomo che un tempo era stato potente, quasi dominatore della grande Francia veniva ora condotto al patibolo in vesti umili rispetto alla posizione che era riuscito a guadagnarsi. Mentre camminava accompagnato dal boia sembrava perso nei sogni più remoti che un anima cosciente della sua vicina morte, non avrebbe mai potuto fare. Prima di salire sulle travi di legno scuro che portavano alla ghigliottina, lanciò una breve occhiata ai suoi compagni, anche loro legati per la pena, che si guardavano smarriti. I suoi occhi luccicarono per un momento poi si trasformarono in un ghigno soddisfatto che riaffermava ancora una volta la amabile e astuta follia di quell’uomo. In quel momento però non stava pensando a cose scialbe e stupide, ma stava appunto pensando alla sorte che lo attendeva, era certo che nessuno sarebbe venuto a soccorrerlo, insomma un uomo malvagio che aveva fatto ghigliottinare i suoi due migliori amici cosa poteva aspettare di ricevere! Una frase che gli diceva spesso suo padre quando era piccolo gli venne in mente: “Chi semina vento raccoglie tempesta” . Non se la ricordava fino a quel momento ma riapparve, probabilmente era stata rinchiusa in uno dei più remoti cassetti della sua mente. In realtà il terrore gli stava comparendo negli occhi a poco a poco, i ricordi riaffioravano come funghi e questo è ben noto: i ricordi che pensavamo di aver perso ricompaiono solo quando si è vicini alla morte. 12 Infatti i pensieri d’ orgoglio svanirono come un fulmine susseguito da un tuono “Ma come ho fatto io, uno degli uomini più popolari e potenti in Francia a finire in questo modo?Sono stato io stesso a emettere la mia condanna uccidendo Danton e Desmoulins. Perché tanti mi considerano intelligente se non sono altro che un pazzo? Un suicida? D’improvviso la mia furbizia è svanita? Perché, uomo di astuto ingegno, non mi sono accorto della reazione che avrebbe potuto avere il popolo? Pure il Comitato della Salute Pubblica mi aveva scelto tra tutti, ero così potente e ho mandato tutto a quel paese con questa brillante idea di assassinare i miei amici!” In quel preciso istante lo fecero accomodare sul rosso patibolo, dove lui aveva fatto sedere tanti condannandoli a morte . La sua vita e tutti i suoi ricordi gli passarono davanti così velocemente che non riuscì quasi a riconoscergli: i suoi fratelli, la Rivoluzione, l’ Assemblea Costituzionale, il Terrore, Danton, corpi a cui aveva strappato la vita. La vita gli si strappò dalle membra senza dolore, senza il tempo di ragionare e rendersi conto della propria impotenza. 13 Caro amico ti scrivo… di Elena Vittori Caro amico ti scrivo per sapere se va tutto bene. Ho sentito che nel tuo paese molte persone sono morte a causa di una bomba lanciata nella piazza vicino a casa tua. Mi dispiace tanto per quello che è successo e spero non accada più. Ultimamente qui in Italia c’è un gruppo di persone che uccide molti uomini , donne, bambini e bambine. Sono molto arrabbiata perché, anche se non conosco il loro scopo, sono sicura che molte persone che hanno ucciso sono innocenti. Per questo non pensare di essere l’unico a trovarsi in una situazione difficile perché lo sono anch’io. Non ci sono solo questi gruppi che uccidono ma anche, negli ultimi periodi, persone che trattano male le altre. Una cosa che mi sono dimenticata di dirti è che ieri hanno lanciato una bomba sul Teatro Romano distruggendo tutto. Sono aumentati anche i ladri ed a me e alla mia famiglia non è andata per niente bene, infatti, ci hanno derubato e ora non abbiamo più soldi. Le uniche cose che ci sono rimaste le dobbiamo vendere per avere qualcosa da mangiare. Ultimamente il mio pranzo e la mia cena sono pane e acqua che non mi sfamano affatto. Ora sono anche senza casa perché non riuscivamo a pagare l’affitto e ci hanno sfrattati. Non possiamo più riprenderla perché è già stata comperata da un’altra famiglia. 14 Dormiamo per strada ed i miei genitori stanno cercando lavoro per riuscire ad avere un appartamento almeno dove poter dormire. Ciao ora ti devo lasciare, devo andare ad aiutare mia mamma. Spero che tu stia bene. Ciao. 15 Il mio strano vicino di casa di Giulio Mirandola Il mio vicino di casa è un vecchietto sull’ottantina, piccoletto, magro da far spavento, un po’ gobbo, con i capelli grigi tagliati a spazzola, un’inquietante cicatrice sulla fronte e due occhi azzurri sempre vispi. Per la sua età, bisogna dire che è molto arzillo, forse anche troppo. Infatti, di solito passa le sue giornate in giardino a sparare a manichini con addosso divise naziste, colpendoli con un fucile a canna lunga dopo averli maledetti e minacciati di morte. Tra i suoi manichini, l’intoccabile è il Generale Partigiano (come lo chiama lui), al quale si rivolge per ricevere gli ordini (che lui stesso si impartisce). Non appena si accorge che nel mio giardino, confinante con il suo, sono in atto “movimenti del nemico”, ovvero quando io mi avventuro a giocare nel prato, chiede al suo Generale il permesso di salire sulla torretta del cecchino per difendere il territorio. Poi, armato immancabilmente di fucile, prende postazione sulla casa da lui costruita su un albero del suo giardino. Sprezzante del pericolo, come se si trovasse di fronte al peggiore dei suoi nemici, aggiusta il tiro posizionando il cavalletto e regalandomi in questo modo quei cinque secondi che di solito mi bastano per darmela a gambe levate e raggiungere la salvezza. Ormai è quasi un rituale: conosco a memoria ogni sua 16 mossa e so come difendermi da lui, ma temo che un giorno o l’altro possa avere una reazione inaspettata che mi colga di sorpresa. Alcuni vicini mi hanno riferito che il vecchietto ha partecipato alla seconda guerra mondiale come partigiano, ed ha riportato quella ferita alla fronte che ancora lo sfregia (e secondo me lo rende così pazzo), perciò è convinto che tutti quelli che entrano nella sua vita siano nazisti. La cosa che più mi inquieta, ma nello stesso tempo mi diverte di lui, è che, essendo riuscito a farsi montare una contraerea in giardino, riesce a controllare ogni oggetto che voli sopra la mia casa, compreso il mio drone; quando lo faccio volare per aria, lui spara qualche colpo a salve e poi mi grida: “Piccolo teppistello nazista! Vedrai come ti distruggerò appena mi saranno arrivati i proiettili di piombo!!”. Un altro penserebbe che stia solo scherzando, ma io che lo conosco bene so che dice sul serio! Eppure, nonostante quell’uomo mi faccia paura, mi sono abituato alla sua presenza, anzi, a volte sto persino al suo gioco e mi avvicinano alla linea di confine per osservare il nemico. Quando poi, in estate, vengono degli amici a giocare a casa mia, gli diamo modo di scendere in campo lanciando nel suo giardino grossi gavettoni. Ogni volta lui va fuori di testa (come se già non lo fosse…!), comincia a gridare che i nemici hanno ricevuto rinforzi, spronando i suoi “soldati” a farsi coraggio e non cedere all’avanzata del nemico! Non appena ci accorgiamo che sale sulla sua torretta, filiamo in casa e abbandoniamo il cam- 17 po. Mentre corriamo la tratteniamo, ma appena siamo al sicuro, lasciamo andare una risata liberatoria e non riusciamo più a fermarla. 18 La lettera di Giulia Fraccarollo Caro amico voglio dirti che il mio paese è in guerra ed io vivo malissimo in questi giorni, vorrei tanto che la guerra finisse presto. Io vivo in un rifugio sotto casa mia per non morire, però i cibi sono scaduti e sto gelando dal freddo. Credo che sto per ammalarmi e i miei genitori stanno morendo, forse morirò anch’io. Ma spero almeno che il mio paese tornerà libero anche se io non dovessi sopravvivere. Ti scrivo questa lettera per salutarti prima della triste fine che mi attende. Saluti da Giulia. 19 Caro amico ti scrivo di Matilde Renso Caro amico ti scrivo perché è l’unico modo per sapere come stai. Qui senza di te è orribile, le giornate sono lunghe e silenziose e di notte dormiamo in cantina per precauzione. Il cibo sta iniziando a scarseggiare e noi, purtroppo, abbiamo iniziato a vendere i nostri oggetti di valore al mercato nero. Ho dovuto vendere anche la nostra collana, quella di cui io ho un pezzo di puzzle e tu l’altro che lo completa. Anche le medicine sono sempre di meno e per strada è pieno di persone malate che chiedono cure che non possono avere. La mia giornata è monotona: la mattina mi alzo e vado a fare volontariato in ospedale. È bruttissimo vedere tutte quelle persone che soffrono e che aumentano senza sosta. Sto lì tutto il giorno e poi vado a casa. Tutte le scuole ormai sono chiuse da mesi. A volte ripenso ai bei momenti che passavamo insieme: andavamo a fare lunghe passeggiate nel bosco, dove il silenzio era interrotto solo dai suoni della natura, passavamo i nostri pomeriggi al cinema a vedere i miei film romantici (o “smelensi” come li chiamavi tu) e i tuoi film d’azione. Le sere d’agosto ci sdraiavamo sulla collina più alta della città ad osservare le costellazioni o a inseguire le lucciole nel cielo. Al solo pensiero mi prende la nostalgia di quei bei momenti felici che credevamo non potessero finire mai. E invece, eccoci 20 qui, tu a combattere per la nostra patria e a difenderci ed io a cercare di non farmi uccidere dalle bombe, a pregare per te e per tutti i tuoi compagni, a sperare che un giorno ci rivedremo, quando la guerra sarà finita. Come diceva il nostro insegnante: “Il sorriso è la vostra arma più forte” , peccato che in questo periodo è dura vedere qualcuno sorridere. I tuoi genitori stanno bene, per quanto si possa stare, e anche a loro manchi tanto. Aspettiamo tutti con ansia il tuo ritorno a casa. E tu come stai? Com’è la vita al fronte? Hai perso molte persone a te care? Sta suonando l’allarme anti-bombardamento ed è meglio che mi metta al riparo. Spero che tu possa ricevere la mia lettera. Con affetto, Matilde 21 Kàbìtòzer a Verona di Sofia Alberi Pochi giorni fa venni a sapere che era morto il mio vicino di casa, era ungherese. Abitava in un condominio; era un tipo dall'aspetto distinto: alto, magro sempre ben vestito. I suoi occhi guardinghi sembravano sempre scrutare il mondo. Non dava confidenza a nessuno. Il proprietario, che viveva al piano superiore, mi raccontò che aveva sentito prima urlare e poi parlare ad alta voce in una lingua sconosciuta. Mi incuriosii, così chiesi aiuto a mio fratello Fabio, lui di professione fa il detective privato. Proposi a Fabio di collaborare, visto che io ne sapevo un po' di più sul morto, senza far intervenire la polizia. Quando andammo a perquisire l'appartamento e ad interrogare il proprietario, notai che in salotto c'erano molti quadri di un pittore non italiano, il padrone non ci seppe dire molto, visto che il morto era un tipo strano e solitario. Quella stessa sera andai in internet per cercare l'artista di quelle opere d'arte, lo trovai e vidi che era di origine ungherese, ma che ora abitava qui a Verona. Decisi di fargli una visitina, Fabio disse che sarebbe venuto anche lui, per sicurezza. Quando entrammo nell'appartamento trovammo morto anche lui! Ora non sapevamo più cosa fare, in città c'era un assassino che uccideva ungheresi, ma non riuscivamo a capirne il motivo. Brancolavamo nel buio, dopo averci pensato a lungo capimmo che l'elemento comune ai due omicidi erano i quadri, perciò 22 decidemmo di analizzarli per bene. Dietro trovammo una scritta in ungherese: "Kàbìtòzer", andai a cercare in internet il significato: "Droga" ne rimasi sorpresa, così portai i quadri a mio fratello che, dopo averli tolti dalla cornice trovò incastrate delle bustine di droga. Così scoprimmo che dietro quei due morti c'era un traffico di stupefacenti. Ci recammo quindi al laboratorio del pittore, dove trovammo il suo cellulare, nel registro delle chiamate notammo che in quell'ultimo periodo ne aveva ricevute molte da un certo Nicolai. Decidemmo allora di contattarlo, finalmente dopo decine di chiamate ci rispose, con un po’ di fatica riuscimmo a convincerlo a venire qui a Verona, era nostra intenzione interrogarlo riguardo al traffico di droga. Prima che lui arrivasse, andammo a cercare un interprete. Quando ci raggiunse, gli chiedemmo come faceva a conoscere il pittore, ma lui per alcune ore non volle parlare. Noi gli facemmo credere che eravamo al corrente di tutto e che se avesse confessato lo avremmo lasciato andare senza chiamare la polizia. Lui si convinse e ci rivelò che era lui che procurava la droga, mentre il pittore la nascondeva e poi la vendeva. Per un po’ tutto era filato liscio, poi però era venuto a sapere che erano stati scoperti da una persona che aveva acquistato uno dei quadri. Allora era venuto in Italia e l’aveva uccisa. Poi però aveva capito che l’artista non ce la faceva più a sostenere questo traffico illegale e scrivendo dietro i quadri : “Droga” aveva trovato un modo per farsi scoprire. 23 Per questo temendo che prima o poi avrebbe confessato tutto alla polizia, aveva ucciso anche lui. Appena Nicolai ebbe terminata la sua lunga confessione, Fabio lo ammanettò e lo condusse dalla polizia. 24 La Scatola di Maxim Braniste Questa che stai per leggere è la mia autobiografia penso che quando la leggerai sarò già un mucchio di ossa marce in un limbo di dolore e odio irrequieto. Era un bellissimo giorno di febbraio quando tutto iniziò; uscii per andare a fare una passeggiata e per strada incontrai un venditore ambulante, vendeva molti oggetti tra cui cianfrusaglie ,bambole ,vasi, lanterne ma solo una cosa mi incuriosì a tal punto da fermarmi per osservarla meglio: una scatola con una meravigliosa incisione di un capriolo e con una serratura in legno di quercia. A quel punto chiesi al venditore : ”Scusi, potrebbe dirmi quanto costa questa scatola?” il venditore si girò di scatto e disse : ”Questa maledetta scatola non è in vendita !”. Così iniziai a fare offerte su offerte fino a quando mi raccontò la storia della scatola e le sue origini. Quella storia mi incuriosì ancor di più, decisi di raccogliere maggior informazioni per capire se l’ambulante aveva detto la verità. Il giorno seguente rubai la scatola poiché non me le voleva vendere, così indossai un impermeabile nero, una sciarpa, un berretto e un paio di occhiali. Nel momento della fuga il venditore mi urlò dietro: ”Non aprire mai e poi mai quella scatola è per il tuo bene che te lo di- 25 co!“. Quelle parole mi rendevano sempre più curioso, volevo scoprire dell’altro. Le uniche informazioni che avevo trovato erano che la scatola apparteneva ad una famiglia di nobili amici dello Zar Nicolai II, il quale donò questa scatola alla figlia dei nobili, ma una tragedia si abbatté su di essi: il giorno dopo scomparvero senza lasciar traccia, gli unici indizi erano la scatola e un’enorme macchia di sangue. Quella sera iniziò tutto. Erano le otto passate, quando sentii un gran trambusto; a quel punto mi alzai di scatto, mi girai e vidi una figura bianca senza occhi, sembrava un’anima assetata di vendetta nei confronti di qualcuno e cominciò a dirmi: ”Sai in questa scatola sono racchiuse milioni di anime irrequiete che cercano la via d’uscita da questo labirinto e per questo ti consiglio di non aprirla”. Anche se quell’anima mi avvertì. io la aprii lo stesso: all’inizio una luce abbagliante mi stordii accecandomi e, quando ripresi i sensi, mi trovai in una stanza con una porta. Mi sentivo osservato da qualcosa ma decisi di proseguire, la porta si aprì e c’era ancora quell’anima morta la quale fece un ghigno e scomparve. Ogni stanza sembrava uguale tranne una, nella quale erano incisi con il sangue il nome delle famiglia e di ogni membro di essa. I primi giorni nel labirinto furono i più difficili, l’unico cibo che avevo erano topi e scarafaggi e l’unica fonte d’acqua erano piccoli fori nei muri da cui sgorgavano gocce d’acqua; alla vista sembrava una fogna in cui ogni tanto si in- 26 contravano mucchi di ossa con incisioni probabilmente dei loro nomi da vivi. In questo momento sono ancora vivo e sto vagando in questo labirinto senza via d’uscita non so più chi sono, dove abito ,qual è il mio nome , da quanto tempo sono qui, quanti anni ho ma so che sto diventando pazzo. 27 Una misteriosa scatola di Elisa Pietroforte Eravamo lì sedute una affianco all’altra, sopra il morbido tappeto nero della mia camera ad osservare quella misteriosa scatola marrone tutta sporca di sabbia. Io ed Allyson l’avevamo trovata prima in spiaggia mentre stavamo scavando una grande buca per fare uno scherzo al fratello maggiore di Allyson. Alla fine dell’opera l’avremmo coperta con il telo del fratello e l’avremmo convinto a sdraiarcisi sopra per prendere il sole così sarebbe caduto nella grande buca. Ma qualcosa andò storto. Mentre scavavamo trovammo, a un certo punto, una strana scatola in legno intagliata. Non sapevamo cosa contenesse e avevamo molta paura ad aprirla. Io volevo che l’aprisse Allyson e lei voleva che l’aprissi io; trovammo un compromesso: l’avremmo aperta insieme al mio tre. Uno… Due… Tre… La scatola ora era aperta e al suo interno c’era un libro dalla copertina tutta impolverata. Lo spolverammo e potemmo così leggere bene il titolo: 28 “ENCHANTED SPELLS” Ci scambiammo un’occhiata e aprimmo il libro. Avevamo trovato un libro di incantesimi fatati. Sfogliammo alcune pagine e ci fermammo ad una in particolare, il cui titolo ci aveva colpito molto: “Enchanted to resuscitate the flowers” Forte, un incantesimo per far rinascere i fiori morti. Proposi ad Allyson di andare subito a provarlo, e lei annuì anche se un po’ impaurita dalla cosa. Mia mamma in giardino si ostinava sempre a piantare dei fiori, ma poi si dimenticava di dargli da bere ed essi morivano puntualmente. Volevo farle un regalo facendoi resuscitare. Ci posizionammo davanti ai fiori morti e leggemmo la formula magica : “Shining sun light your petals with your rays” Sole splendete illumina i loro petali con i tuoi raggi. “Dark demons take away the pain to your seeds” Demoni oscuri portate via il dolore dai loro semi. “Winged unicorn give your magic dust” Unicorni alati cedete la vostra polvere magica. 29 “Revive, revive, revive” Rinasci, rinasci, rinasci. “To death wake” Dalla morte risvegliati” Si levò in aria un leggero venticello che ci scompigliò i capelli e ci stropicciò i vestiti, il cielo si scurì come se stesse avvenendo un eclissi solare e la terra cominciò ad alzarsi da sotto i nostri piedi per avvolgersi poi attorno ai fiori. Un attimo dopo tutto tornò come prima ad eccezione dei fiori. Ora erano vivi. 30 Una scatola speciale… di Alessandra De Biase Era fermo, non si muoveva. Era adagiato sul mio letto, mentre io mi interrogavo se era meglio aprilo o meno. Ma partiamo dall’inizio… Stavo osservando le nuvole, sdraiata sull’erba per godermi gli ultimi raggi d’Agosto. Ad un tratto, grosse nuvole nere, coprirono il cielo e minacciavano una violenta tempesta che, infatti, non tardò ad arrivare. Una fitta nebbia avvolgeva il paesaggio circostante, mentre un’incessante pioggia mi bagnava sempre di più. Fui costretta a ripararmi sotto un albero, almeno fino a quando non avrebbe smesso di piovere. Non mi accorsi per quanto tempo rimasi lì, seduta, dal momento che solo dopo pochi minuti, Morfeo mi stava già cullando fra le sue braccia. Aprii gli occhi lentamente e mi guardai intorno spaesata. Mi alzai cautamente, rammendando ciò che era avvenuto il giorno prima. All’improvviso un bagliore mi costrinse a chiudere gli occhi. Li riaprii con lentezza, ma lo stesso bagliore li colpì nuovamente. Cercai di trovare la fonte di questo bagliore, quando vidi un piccolo oggetto spuntare fuori dal terreno. 31 Mi avvicinai e provai ad estrarlo, ma non ci riuscii… era come incastrato. Allora presi un bastone e iniziai a scavare. Scavai circa 30 minuti e poi riuscii ad estrarre quella che sembrava essere una scatola, o meglio, uno scrigno. Sul coperchio vie era una piccola coroncina tridimensionale in vetro. La osservai attentamente, per poi scorgere un’incisione sul retro dello scrigno: “ ALLA MIA ADORATA BAMBINA…” Lo scrigno era stato costruito con legno d’ebano scuro e arricchiti di graziosi dettagli in oro, la scritta era stata incisa con una grafia assai elegante. Lo presi e lo portai a casa. Lo avevo adagiato sul letto e lì vi era rimasto nelle successive due ore, in quanto non ero capace di decidere sul da farsi. Dopo altri venti minuti a pensare ai pro e ai contro che avrebbero potuto esserci, decisi di aprirla. Con estrema lentezza, quasi potesse rompersi per un movimento troppo brusco, la aprii. Al suo interno vi era una busta ingiallita ed una stupenda collana. Non era molto elaborata, ma nella sua semplicità era bellissima. Era composta da una catenella d’oro bianco con al centro un bellissimo zaffiro. Come toccai la piccola pietra, un flashback comparve nella mia mente: vi ero io, piccola , avrò avuto al massimo sei mesi e giocavo con questa catenella. Rimasi un po’ sconcertata, ma poi iniziai a leggere la lettera: “16 novembre 2002 32 Figlia mia, quando leggerai questa lettera, il mio spirito finalmente avrà trovato pace. Loro stanno arrivando, riesco a sentire le loro urla e i cani che abbaiano. Non so quanto tempo ancora mi resta. Scusami bambina mia, non avrei mai voluto lasciarti sola, ma ti prego non dimenticarti mai di me. Ti regalo la mia piccola collana, cosi saprai che quando avrai bisogno di sostegno, io ci sarò. Ho trovato la famiglia perfetta che mi ha promesso di curarti come fossi figlia loro. Amali sempre e incondizionatamente, come loro faranno con te. Ora devo andare, sono qui, sento i rumori degli spari farsi sempre più vicini. Sento il freddo gelarmi le vene, sento la pelle accapponarsi ogni volta che lo sparo diventa più forte e più vicino. Ti voglio bene figlia mia. Addio Alessandra… saro’ sempre con t…”. Una macchia di sangue. Alla fine della lettera vi era una macchia di sangue. Ma la cosa più sconcertante era che la bambina nominata nella lettere si chiamava come me, ed era nata il mio stesso giorno. Era impossibile si trattasse di una coincidenza. Presa da un impeto di rabbia, presi la lettera e scesi in salotto dove i miei genitori stavano leggendo. Lanciai la lettera sul tavolino di fronte a loro e chiesi: “AVETE QUALCOSA DA DIRMI?” Chiesi rivolta alle due persone davanti a me che fino a qualche minuto fa consideravo miei genitori. 33 Loro sgranarono gli occhi per poi annuire debolmente. Iniziarono a raccontarmi tutta la verità, quando un dolore lancinante al petto, mi fece svenire. Non ricordo molto; solo una donna con lunghi capelli ricci e veste bianca che tendeva la sua mano verso di me e che io afferrai inconscia di chi potesse essere. 34 La mia vicina di casa di Samuele Bazzani La signora Caufield, mia vicina di dimora, da un po’ di tempo si sta comportando in maniera stramba. Per esempio: le sue finestre sono sempre chiuse e gli scuri insieme a loro, raramente esce di casa e se lo fa cerca di essere il più invisibile possibile. Tempo fa un corriere suonò il suo campanello e io, fatalità, stavo uscendo con la macchina per fare la spesa e vidi che su un lato del pacco c’era scritto: “Estremamente pericoloso e radioattivo”. Mi inquietai un pochettino, perché non penso che una sessantacinquenne pensionata possa avere qualche arma nucleare in casa . Ma il sospetto si fece sempre più penetrante quando un dì dalla sua finestra, che inspiegabilmente quel giorno era socchiusa, vidi che aveva in mano un contenitore di plastica nel quale si intravvedeva un liquido verdognolo ondeggiare. Allora mi chiesi “o era una lozione contro la calvizie oppure un liquido altamente tossico”. Circa ogni due-tre settimane la signora riceveva pacchi misteriosi che mi inquietavano. Il giorno del suo compleanno, con curiosità e tremore, decisi di farle visita portandole una torta . Dovetti suonare a lungo prima che mi aprisse la porta e, quando lo fece, mi accolse con un sorriso chiedendomi: “Oh salvi signor Bazzani, qual buon vento?” ed io da bravo vicino risposi: “Mi sono ricordato che oggi è il suo compleanno, così pensavo di farle gli auguri “. La signora mi fece entrare, mi mise a sedere, tagliò la torta, me 35 ne diede una fetta e ne prese un’altra per lei. “Sa il suo è stato davvero un bel gesto signor Bazzani” mi disse la signora Caufield “Non c’è di che, sono circa sei anni che viviamo nello stesso quartiere”. Così lei mi chiese “Allora giovanotto, come va il lavoro ?” “Molto bene, mi diverto e porto a casa un buon salario, e lei invece? Come si sta da pensionati? “ le dissi: “Non si ha niente da fare, a parte curare il giardino e guardare qualche film in tv”. Andammo avanti a parlare per un altro quarto d’ora, fino a quando le chiesi di poter andare in bagno per poi ispezionare la casa. Mi rispose: “In fondo a quel corridoio a destra dopo lo sgabuzzino “. Appena entrato, vidi appesa un’enorme tuta di plastica intera con tanto di scafandro e affianco la famosa scatola del corriere. Uscii di corsa dallo sgabuzzino ma la signora mi si parò dinanzi dicendomi “Giovanotto, potresti aiutarmi a diserbare le mie rose? Sai l’altro giorno un corriere mi ha portato il diserbante e non riesco a capire le istruzioni d’uso. Io sono una grande fan del giardinaggio, tanto da essermi comprata anche una tuta di plastica intera con il copricapo protettivo!”. "Sei libero domani per darmi una mano ?” io risposi: “C-certo signora!” “Bene, ti aspetterò domani alle 9.30 nel mio giardino dietro casa “. Lì mi dissi: “Che cretino! Non la vedevo mai perché andava nel giardino dietro casa!E le finestre erano sempre chiuse per non far entrare il veleno dentro!”. Che fortuna, anzi, mica tanto, domani le piante le devo diserbare io! 36 Descrizione del mio compagno di banco Di Mattia Renso S. è un ragazzo molto simpatico con un carattere un po’ particolare. Ha gli occhi verdi, un naso normale e una bocca media. Ha i capelli corti con un ciuffo un po più lungo da alzare con il gel, non è molto alto ma ha una corporatura abbastanza robusta (che sfrutta molto per gli sport), è rapido e agile. Ha un carattere che alterna lati positivi e lati negativi. I lati positivi sono che è capace di resistere a stimoli anche esagerati, i lati negativi sono che, essendo molto competitivo a calcio, qualche volta perde il controllo. IL suo sport preferito infatti è il calcio nel quale è molto bravo e mette molto impegno. Da quello che mi racconta va molto bene a scuola ed ha una media alta. Comunque anche se non fosse bravo a calcio e non fosse bravo a scuola, non mi importerebbe perché mi fa ridere e non voglio che cambi mai. 37 Il mio vicino di casa è… di Matteo Vaona Il mio vicino di casa è uno strano tipo. E’ da poco che abita nel mio quartiere, vive da solo e a quanto pare è un tipo taciturno, fuma il sigaro, direi un sigaro puzzolente e quando passa lascia una scia tremenda. A giorni sembra giovane, mentre altri giorni lo vedo vecchio. Mi sorge il sospetto che indossi una maschera sul viso ogni tanto. Questa cosa mi mette molta curiosità e così la sera quando va a camminare io lo seguo. Lo vedo spesso andare sempre nello stesso posto, un edificio di mattoni rossi dove fuori sono parcheggiare le automobili della polizia. Aspetto, aspetto, ma alla fine mi stanco e me ne torno a casa senza sapere a che ora esce da questo posto; ultimamente lo seguo e invece di andare in questo palazzone, lo vedo andare prima a casa di un signore che si chiama Simone. Lo conosco di nome perché è un poco di buono e nel mio paese tutti ne parlano male, poi da un altro che si chiama Luca ed infine da il signor Giorgio, il pettegolo del paese. Tutto questo mi porta a pensare che c’è uno strano caso da risolvere per il detective Matteo. Decido di andare in soffitta e tra gli scatoloni impolverati trovo finalmente il mio kit da investigatore: un cappellino ed una gigantesca lente d’ingrandimento. Cappello in testa e lente in mano, inizio la ricerca degli indizi. 38 L’altro ieri l’ho beccato che usciva da casa sua con un cappello tipo cowboy e un lungo impermeabile, con in bocca il suo sigaro. L’ho inseguito e alla fine ho scoperto che è ….. Mi dispiace non posso svelarlo, prova tu ad indovinarlo! 39 La lettera da Sarajevo di Anna Sartori Cara amica mia, ti scrivo per dirti che la tua scelta di trasferirti a Monaco per lavoro è stata molto più che azzeccata, visto che qui c'è la guerra. Ti ricordi quelle volte che pensavi male di qualunque cosa non ti andasse esattamente bene, mentre io ti rassicuravo sempre? Beh, adesso penso il contrario, credo che tutto possa cadere da un momento all'altro, ma penso che cadrà solo e soltanto su di me perché ero l'unica che pensava che tutto questo non sarebbe mai successo. Insomma, avevo sentito di guerre e del male nel mondo, ma non pensavo che le persone fossero così irragionevoli. Qui è cambiato tutto e sono sicura che anche se ti impegnassi a fondo non riusciresti a vedere più la città di una volta: non ci sono più persone che girano per le strade o luci che illuminano la notte; no, ora ci sono alberi secchi in qualsiasi stagione che sembrano degli spettri in agguato con l’intento venire a prendere le poche persone rimaste in città. Potrei continuare per ore, credimi. Ti ricordi la città che hai lasciato egli abitanti che sia tu che io conoscevamo da sempre? Adesso tutto questo non c'è più. La città è stata distrutta e solo le campagne sono ancora sicure e vi abitano solo donne, bambine e bambini, quelli non andati in battaglia. 40 Ma ora basta parlare di me e delle sventure che mi affliggono: parliamo di te. Come stai a Monaco? Scommetto che è bellissima. Io me la immagino con un cielo azzurro intenso interrotto soltanto da candide nuvole bianche e spumeggianti. Appena entrerai vedrai alberi verdi imponenti adornare le strade, che saranno belle almeno quanto un albero di Natale tutto addobbato. Le case saranno molto più futuristiche di quelle che ci sono qui, o meglio che c'erano. Gente felice che gira sui marciapiedi e sulle piste ciclabili, magari con tutta la famiglia... Scrivimi presto, spero di rivederti. Il mio sogno, ora,sarebbe venire da te, ma non posso lasciare tutti qui, voglio restare con loro finché la guerra non sarà finita Se ti va ritorna tu qui, a Sarajevo. Anna 41 La Scatola Misteriosa di Viola Bocchi Era una scatola normale, tranne un piccolo particolare: non era sporca, non aveva nemmeno una piccola ammaccatura. Era così bianca che non si riusciva neanche a distinguere davanti ad una parete bianca. Provai allora ad aprirla con forza, ma niente, provai una seconda ma la cosa peggiorava. Continuai fino a che mi stufai e presi un piede di porco, feci leva sulla scatola, infine allo stremo delle forze mi rassegnai e cercai per l’ultima volta di alzare il coperchio: ma stavolta piano. Ci riuscii… l’unico problema era che non conteneva niente! 42 Magic Box di Alessandro Perina C’era una volta un bambino di nome Alessandro che era molto vivace e non ascoltava mai nessuno. Amava molto uscire ed allontanarsi da casa per recarsi nel bosco di “magic box”, anche se i genitori glielo avevano vietato perché non era un luogo sicuro ed era troppo lontano da casa: se fosse successo qualcosa mentre si trovava lì, nessuno avrebbe potuto aiutarlo.Un bel giorno Alessandro decise di recarvisi e si preparò con uno zaino contenente viveri e un fucile, sottratto ai genitori; si vestì da esploratore ed andò nel bosco. Alessandro aveva molta paura, nonostante non fosse la prima volta che si avventurava da quelle parti. In questa occasione, però, decise di andare oltre i limiti ed esplorare tutta la foresta. Continuò a camminare nel bosco con molta calma, ma tremava perché ogni tanto si sentivano dei rumori qua e là. Ad un certo punto vide qualcuno o qualcosa e disse: “Chicchessia, venga fuori: gli farò assaggiare il mio fucile!”. Alessandro si avvicinò e vide che era solo uno spaventapasseri: “Che cosa ci faceva lì uno spaventapasseri? Perché sul cartello affisso sopra c’è 43 scritto di non andare oltre?”, si chiese il ragazzo. C’era solo un modo per saperlo: sorpassare il confine! Così fece e, appena fu oltre, vide una caverna che era molto buia. Alessandro aveva molta paura, ma era la curiosità a portarlo avanti: appena entrato, vide una fiaccola spenta, la accese con l’accendino che aveva portato da casa e si fece strada con essa. Al centro della caverna trovò una scatola e, dai disegni che c’erano sopra, capì che era molto antica. Il ragazzo la prese e la aprì con la forza: dentro non c’era niente. Guardando il vuoto, però, notò un particolare: era come se dentro vi si trovasse qualcuno, così rimase a fissarla per ore e ore. Dopo quattro giorni, Alessandro sentì una voce provenire dall’interno della scatola e, ascoltando attentamente, udì queste parole: “Vieni da me!”. A quel punto, spostò in avanti la testa e la scatola lo risucchiò. Se lo prese come gli altri che vi erano caduti dentro. Alessandro perì nel nulla, senza fare più ritorno a casa. 44 Sommario Introduzione ........................................................................................... 1 Descrizione e immaginazione di una scena ............................................ 2 Il mio vicino di casa… .............................................................................. 5 Il risveglio: diario di una nevrotica ......................................................... 6 La lettera................................................................................................. 9 Omicidio al Colosseo ............................................................................ 11 Robespierre .......................................................................................... 12 Caro amico ti scrivo…............................................................................ 14 Il mio strano vicino di casa ................................................................... 16 La lettera............................................................................................... 19 Caro amico ti scrivo .............................................................................. 20 Kàbìtòzer a Verona ............................................................................... 22 La Scatola .............................................................................................. 25 Una misteriosa scatola ......................................................................... 28 Una scatola speciale… .......................................................................... 31 La mia vicina di casa ............................................................................. 35 Descrizione del mio compagno di banco .............................................. 37 Il mio vicino di casa è… ......................................................................... 38 La lettera da Sarajevo ........................................................................... 40 La Scatola Misteriosa ............................................................................ 42 Magic Box ............................................................................................. 43 Sommario ............................................................................................. 45 45 46