Frankenstein jr. e le drag queen l`ironia diventa musical

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Frankenstein jr. e le drag queen l`ironia diventa musical
la Repubblica
DOMENICA 23 DICEMBRE 2012
R CULT SPETTACOLI
■ 56
CLASSICA
CD&DVD
A CURA DI
ANGELO FOLETTO
SOUND THE TRUMPET
CHRISTMAS LULLABY
Programma classico per
tromba (naturale) e archi,
tra solennità festive di
Purcell e Haendel. Lei è
formidabile: il
virtuosismo lieve e
insinuante dialoga alla
pari col mordente doc del
direttore.
Il pezzo forte del
programma è Adam’s
Lament, sospeso tra
minimalismi vocalici e
slanci corali disperati, ma
basta la tenerezza della
ninna nanna natalizia per
riconoscere il miglior
Pärt.
A.Balsom, tromba/T.
Pinnock, direttore
cd Emi
L. Radio Chorus/Estonian
Philharmonic Choir –
cd ECM
PETITE MESSE
SOLENNELLE
Direttore italiano, duo
pianistico quasi italiano
(Larionova/Cabassi),
harmonium (Dora Biziak)
e voci ungheresi per la
più suggestiva e a suo
modo festosa Messa
rossiniana.
Schola C. Budapestiensis
T. Ceccherini direttore –
cd Stradivarius
TEATRO E MUSICA DI NATALE
Prosa
L’emozione di Giuffrè
davanti ai suoi fantasmi
Teatro musicale
La fantasiosa cantata
di Peppe Barra
Se il presepe è una rappresentazione scenica della Natività, La Cantata dei Pastori
che Peppe Barra interpreta
dal 1974 nei panni del comico Razzullo, e che ha riscritto
dal 2003 con Paolo Memoli, è
un presepe in movimento.
L’opera di Andrea Perrucci
del 1698 è oggi una funambolica testimonianza del
viaggio da Nazareth a Betlemme.
Napoli, T.Trianon, dal 25 al 2
www.teatrotrianon.org
Marionette
Alì Baba e i ladroni
con Carlo Colla&figli
Centoventi marionette,
venti muli e quaranta ladroni, e costumi disegnati, tinti,
tagliati e cuciti, e undici scene ispirate a orientalisti
dell’800: sono i numeri
dell’Alì Baba della gloriosa
compagnia Carlo Colla & Figli, fiaba ripristinata con gli
effetti speciali di meraviglie,
ombre e animazioni.
L’asciuttezza, il disincanto
ambiguo, e l’austera alienazione del neo-84enne Carlo
Giuffrè sono gli ideali ingredienti, alla sua settima commedia di Eduardo, Questi
fantasmi!, per dimostrare
che il parlare senza capirsi,
dirsi e guardarsi è il vero
spettro (reale, e morale) di
una umanità non sorretta
né da fede né da tornaconto.
Di fronte all’apatia studiata,
alla mimica frugale o appena trepidante, e alla voce
vissuta ma vaga del suo Pasquale Lojacono, non viene
più da chiedersi se il personaggio, locatario scacciaspiriti (esentato da affitto) di
una casa partenopea del
‘600 di 18 camere, sia cosciente o ignaro di imbattersi in un fantasma che di fatto
è l’amante generoso (Paolo
Giovannucci) della moglie
(Maria Rosaria Carli). L’ombra vera è la “perdita della
chiave” delle comunicazioni tra lui e la consorte. E il
Giuffrè regista sorveglia ma
non calca la tradizione. Il
portiere (Piero Pepe) è un
sobrio Pulcinella ladresco in
divisa, la tirata-metafora in
tema di caffè sul terrazzino
(scene di Aldo Terlizzi) col
dirimpettaio professore è
un bell’apologo. E la chiusa
del protagonista è senza
troppi patetismi. (r.d.g.)
Frankenstein jr.
e le drag queen
l’ironia diventa
musical
La parodia di Mel Brooks in una riuscita messa in scena
della Compagnia della Rancia. Più convenzionale
“My fair Lady” che però il pubblico del Sistina apprezza
ANNA BANDETTINI
I
Questi fantasmi!, T.Eliseo,
Roma, fino al 13 gennaio
www.teatroeliseo.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Milano, Piccolo Grassi, 28-6
www.piccoloteatro.org
NUTILE fare filologia sul perché
le radici del nostro teatro leggero
e brillante, cioè il Varietà e la
Commedia dell’Arte, siano morte e defunte. La nuova tradizione,
o forse semplicemente moda, è il
musical, che ha moduli espressivi precisi: alternare momenti di
teatro, musica e balletto. Il problema è come.
Lo fa con simpatia Priscilla la
Regina del deserto, a cura di Daniele Luppino per la seconda stagione a Milano, al Teatro degli Arcimboldi, e dal 24 gennaio al
Brancaccio di Roma. Il bus dei tre
amici travestiti in giro per l’Australia ci accompagna in un
trionfo pop anni ’70 (Don' t leave
me this way) e antiomofobo a cui
non si resiste. Se è indimenticabile Terence Stamp nel film, se la
cavano bene Simone Leonardi
(Bernadette, il trans in età), Antonello Angiolillo (Tick, il timido
ex-maritato) e Mirko Ranù
(Adam, il bello/a).
Una bella sorpresa è Frankenstein junior(dal 31 a Pavia, poi Vigevano e dal 17 gennaio a Milano
al Teatro della Luna) il nuovo
musical della Rancia, la compagnia che per prima ha aperto un
ventennio fa la strada italiana del
genere. Come è noto il classicissimo film di Mel Brook del 1974, un
cult di tutti i tempi (anche i ragazzini di oggi sanno a memoria le
battute: e a teatro le ripetono con
gli attori), parodia del libro di
Mary Shelley (il Dottor Franken-
LEGGEREZZA
Giampiero Ingrassia e
Fabrizio Corucci in
“Frankenstein junior”;
sotto, “My fair lady”
stin americano ritorna nella casa
degli avi in Transilvania, scopre
la formula per risvegliare i morti,
ma a lui si risveglia un mostro....)
fu trasformato dallo stesso Brook
in un musical nel 2007, senza
grandi trionfi però. La versione
italiana di Saverio Marconi è fedele al film: nelle prese in giro
(«Serve una mano?». «No, grazie,
ne ho già una»), nei tormentoni (i
cavalli che nitriscono al solo nominare Frau Blucher). Ma soprattutto c’è il piacere dell’ironia,
Danza
Assolo
Prosa
Nell’anima di Virgilio Sieni
c’è mistero e una remota grazia
Eduardo a Casa Cupiello
parla con una sola voce
Il femminicidio secondo Shakespeare
in un bel lavoro di Valter Malosti
Da un sipario “rosa Tiepolo” sgusciano arlecchini, clown e
giocolieri di Picasso, e sono sagome timide o branchi fluidi che
irrompono per dar vita a cicli sempre interrotti di figurazioni, con
passaggi da uno spleen pittorico a un’instabilità dei sensi. È una
partitura di atti senza parole che cattura il pensiero della quiete, ed
è un oscillare filosofico di corpi, il De Anima di Virgilio Sieni che si
compone e scompone in moduli coreografati e drammatizzati di
sensibilità che già nel titolo è aristotelica, con racconti di automi,
delicati balli in maschera, montaggi di visioni, studi d’armonia. Se
alcuni quadri surreali di saltimbanchi sono cadenzati da Bach e
Haendel, l’epilogo ha il bel marchio irrituale dei Rolling Stones. Se
si ha sentore d’un miraggio d’arte moderna, c’è un canone
misterioso che incombe su tutti i manichini picassiani dotandoli
d’infinita remota grazia. Se si pensa al genio solitario di Sieni,
bisogna anche fare i conti con un sestetto perfetto di danzatori, tra
cui la sottile Ramona Caia. (rodolfo di giammarco)
Da molte stagioni, anche per via della crisi, non si vedono che
monologhi. Questa però era un’occasione importante. Fausto
Russo Alesi , attore della nuova generazione, senza dubbio uno dei
migliori, nato nel collettivo della compagnia Atir e approdato al
Piccolo Teatro e a Luca Ronconi, ha adattato Natale in casa Cupiello
il più rappresentativo testo del teatro di Eduardo, riducendolo
appunto a un assolo dove lui stesso, vestito normalmente, dà voce a
tutti i personaggi. Perché? Forse perché con qualche taglio, lo
spettacolo ha l’ambizione di sottolineare quanto quel Natale sia
specchio di infinite solitudini, sostenuto in questo da una curiosa
scena di Marco Rossi, una piattaforma da lavori in corso, come a
dire che galleggiamo tutti nella precarietà della vita. Forse perchè il
lavoro attorale è straordinario, a parte certe evidenti imitazioni di
Pupella Maggio per il ruolo di Concetta. Ma una commedia così,
non si può ridurre a una esibizione di bravura.
(anna bandettini)
Uno degli spettacoli più intensi visti fin qui è Lo stupro di Lucrezia di
Valter Malosti, attore e regista. È il poemetto di Shakespeare
“gemello” di Venere e Adone che sempre Malosti fece qualche anno fa
in una versione viva e di grande successo. Qui il genio di Shakespeare
è di ricostruire un atto di violenza di un uomo contro una donna
attraverso i due flussi di coscienza. Di lui, Tarquinio generale
romano, e di lei, Lucrezia moglie di Collantino. Malosti ne fa uno
spettacolo realistico e asciutto (“no budget”, dice lui: senza scena se
non una poltrona regale e un baule), calato nel buio. Come nel teatro
di Carmelo Bene, la sua voce al microfono diventa il filo della
tensione irrequieta incarnata da due ex-allievi della Scuola dello
Stabile di Torino, Alice Spisa e Jacopo Squizzato con verità. Il maschio
distruttivo e morboso, nella sua nudità disfatta, sudata. La femmina
con una inquieta energia, lotta, cade, muore. Un lavoro forte, teso. E
civile in un paese dove di queste cose ce n’è una ogni due giorni.
(a.b.)
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“De anima”, Romaeuropa, dal 27 al Cango, Firenze
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“Natale in casa Cupiello”, al Piccolo fino a oggi
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“Lo stupro di Lucrezia”, in tournèe
@
la Repubblica
DOMENICA 23 DICEMBRE 2012
ROCK. POP. JAZZ
CD&DVD
THE JAZZ AGE
Non poteva mancare nel
gaudente mondo di Brian
Ferry una rilettura in
chiave orchestrale, da
jazz anni Venti, dei pezzi
Roxy Music. E con
sommo snobismo evita
perfino di metterci la
voce. Solo suoni,
ovviamente ruggenti
A CURA DI
GINO CASTALDO
Brian Ferry Orchestra Bmg
Pura scuola Pordenone
rock, declinata con fine
arguzia, con una finta ma
gradevolissima
innocenza, e tanta buona
musica, scelta come se
fosse musica etnica, ma
di un’etnia ovviamente
immaginaria
Energia da vendere,
grinta tutto sommato
gioiosa, passione. Buoni
elementi per definire una
band rock che al
secondo disco conferma
la sua vena prorompente,
pericolosamente virata
verso il mainstream, ma
ancora molto vitale.
Tre allegri ragazzi morti
- La tempesta
The Vaccines Columbia
Da Nord a Sud, mai così tanti concerti di musica sacra
e ogni regione conta ormai il suo Festival vocale
Cori nel tempio del jazz milanese e all’Auditorium di Roma
Il coro gospel da New York dei Songs of Solomon
glottologo che poi se ne innamora, continua a illudere le donne
che esista un uomo capace di migliorarle invece del solito contrario. Ottocentesco tutto, anche
quello che non dovrebbe: costumi (belli), scene e canzoni d’accordo; ma non la recitazione a
cominciare da quella di Vittoria
Belvedere improbabile burina
siciliana fin quando non viene
raffinata da Luca Ward che è un
prof. Higgins un po’ stoccafisso
ma simpatico. Meglio va con i
comprimari: Enrico Baroni, Aldo
Ralli sanguigno Doolittle e gli altri.
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FRANKENSTEIN JUNIOR
Pavia, T.Fraschini, dal 31 dic.
MY FAIR LADY
Roma, T.Sistina fino al 6 gen.
CARLO MORETTI
on è Natale senza le
voci di un coro gospel,
nulla di meglio per entrare nell’atmosfera
delle feste. Ogni giorno un possibile appuntamento, quasi ogni
regione il suo festival, da Cuneo
a Brindisi da Nuoro a Catania. All’Auditorium Parco della Musica
di Roma prosegue il “Roma Gospel Festival” fino a Capodanno
(il 27 concerto gratuito a Trinità
de’ Monti con Songs of Solomon), al Blue Note di Milano per
l’intera settimana 2 show a sera
degli Angels in Harlem.
Tanti gli appuntamenti, alcuni storici come l’“Umbria Gospel
Festival” che prosegue stasera
nella Chiesa di San Francesco di
Gubbio con lo Spirit of New Orleans Gospel Choir, mercoledì al
teatro Caporali di Panicale con i
Joyful Gospel Singers, venerdì al
Teatro degli Avvaloranti di Città
della Pieve con i Mildred Daniels
N
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COME OF AGE
NEL GIARDINO
DEI FANTASMI
Il gospel
un’invasione
di canti
spirituali
cura nelle scene (stile film), ritmo
incalzante, allegria nelle canzoni
(«Non c’è niente come un cervello»). Ci mette una bella energia
anche la compagnia: Giampiero
Ingrassia che si candida a diventare il nuovo Johnny Dorelli, e
con lui Giulia Ottonello (Elizabeth), Mauro Simone (Igor), Altea Russo (Frau Blucher), Valentina Gullace (Inga) Fabrizio Corucci il Mostro) tutti bravi a cantare e ballare dopo il gelo iniziale
dovuto all’inevitabile confronto
con il film e con Gene Wilder, Gene Hackman, Marty Feldman e
Madeline Kahn.
Decisamente più convenzionale il vecchio My fair lady diretto da Massimo Piparo (a gennaio
debutta con un, speriamo più vivace, Full Monty) al Sistina di Roma con platea (peraltro entusiasta) in maggioranza femminile e
per ovvi motivi: dal capostipite
Pigmalione di George Bernard
Shaw a Pretty woman la rozza ragazza rieducata da un esimio
PER SAPERNE DI PIÙ
www.compagniadellarancia.it
www.auditorium.com
Gospel Singers, sabato a Passignano (Auditorium Urbani) con
il South Carolina Mass Choir. C’è
poi il “Gospel Fest” di Piacenza: i
concerti di The Followers of Christ da Charleston, i Sound of Victory di Wayne Ravenell. Da seguire il “Toscana gospel Festival” in cui tra l’altro si esibisce
l’Inspirational Choir of Harlem
di Anthony Morgan, ma il gospel
è diffuso da Nord a Sud anche nei
piccoli centri: si può andare allo
“Jesolo Spirituals” per i californiani Talk of da town (stasera,
martedì saranno a San Severino
Marche), o seguire il giro d’Italia
del Sonya McGuire Gospel Ensemble, da Bolzano a Barcellona
Pozzo di Gotto.
Classica
Sir Eliot Gardiner
per Capodanno
È un ritorno quello di sir
John Eliot Gardiner. Sarà sul
podio del Concerto di Capodanno della Fenice, controproposta autoctona spalleggiata da RaiUno che lo trasmette in diretta al posto del
galattico programma straussiano da Vienna. E come nel
2010, il baronetto inglese
impagina una programma
che rende omaggio alla
grande letteratura operistica italiana - con celebri arie
e cori operistici ma si ritaglia
anche uno spazio sinfonico
ortodosso. Quest’anno tocca alla Sinfonia n.2 “Piccola
Russia” di Ciaikovskij che
conclude la prima sezione,
introdotta dall’esecuzione
della rara Sinfonia di Aida, la
versione più ampia e sviluppata scritta – e poi ricusata –
da Verdi nel 1872. Riparte
sotto il segno di Rossini
(sinfonia dell’Assedio di Corinto) la sezione operistica,
dedicata poi a Verdi, con
l’intervento solistico del soprano Desirée Rancatore e
del tenore emergente Saimur Pirgu. Grande spazio al
coro veneziano preparato
da Marino Moretti su Lombardi alla prima Crociata e
Nabucco, Rigoletto, Vespri
siciliani e Traviata, opera
che proprio alla Fenice ebbe
il suo battesimo.
(a.fo.)
Venezia, La Fenice, 29,30,31
dicembre, 1 gennaio –
www.teatrolafenice.it
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GOSPEL
Milano, Blue Note
Roma, Auditorium Parco
della Musica
Classica
L’inno alla gioia
è l’augurio della Verdi
Come in Germania, da anni è
tradizione dell’orchestra Verdi affidare l’augurio musicale
a quattro appuntamenti con
le note di Beethoven e le parole esaltate e pacificatorie
dell’“Inno alla Gioia” della
Nona Sinfonia. Sotto la guida
del direttore stabile Zhang
Xian, un quartetto solistico di
grande spicco capitanato dal
baritono Thomas Tatzl.
Milano, Auditorium, dal 29
www.laverdi.org
Classica
Mendelssohn e Weber
per il giovane Rustioni
Al giovane Daniele Rustioni,
primo direttore ospite, il concerto-vetrina delle feste dell’Orchestra Regionale Toscana. Bella collaborazione col
Maggio Musicale Fiorentino
che ‘presta’ il coro preparato
da Piero Monti sulla Seconda
Sinfonia “Lobgesang” di
Mendelssohn e Weber.
Firenze, Teatro Verdi, il 24
www.orchestradellatoscana.it
Opera
Balletto e Opera
Concerti
Dickens con la musica di Carrara
commovente ma poco orecchiabile
Meglio la Dorothy del Mago di Oz
che il blando cinismo di Schicchi
La “Nona” di Beethoven
è troppo rassicurante per Maazel
Facile confezionare uno spettacolo delizioso con Massimo Ottoni che
conduce buona parte del gioco visivo. Create in tempo reale sul suo
trespolo-laboratorio a vista, con le mani usate sulla sabbia come
pennelli, le sue caduche invenzioni pittoriche sono proiettate sul
grande schermo-fondale. La regia di Soo-SHo si sottomette con docile
eleganza. Pochi gesti, sentimenti espliciti: come la riduzione
librettistica del celebre testo di Dickens, condensato dal compositore in
nove svelti quadri. Dodicesimo titolo della stagione di Teatro Musicale
per ragazzi, l’operina funziona per la bravura collettiva e solistica delle
ben preparate voci bianche. Gira talvolta a vuoto, non solo per lo stile
vagamente minimalistico, la musica di Cristian Carrara che Flavio
Emilio Scogna dirige con affetto. Tagliata per numeri ‘operistici’ ma
sempre in bilico tra nostalgia e disimpegno: senza melodie
orecchiabili, né ritmi o colori che pigliano il volo come il giovane
pubblico avrebbe desiderato. Ma, alla fine, un po’ commuove lo stesso.
(angelo foletto)
In una immaginaria “storia del candore” la Dorothy di Il Mago di Oz
avrebbe senz’altro un capitolo tutto per lei. E lo stesso accadrebbe al
Gianni Schicchi di Puccini se qualcuno scrivesse una complementare
“storia del cinismo”. Due caratteri lontani e irriducibili che però si
sono felicemente congiunti nell’inedito dittico proposto dal Teatro
del Maggio Musicale: nella prima “pala” un nuovo balletto modellato
da Francesco Ventriglia sulle musiche di Francis Poulenc, nella
seconda una edizione semiscenica del “dramma” pucciniano. Con
un autentico colpo di genio Ventriglia immagina che la piccola
protagonista del romanzo di Baum non venga portata via da un
uragano, ma viva il suo viaggio di formazione rimanendo prigioniera
di un coma reversibile. Meno folgorante l’allestimento dello Schicchi:
Gaetano d’Espinosa rende incandescenti le luci espressioniste della
partitura, ma i giovani interpreti usciti dal Corso di Formazione del
Teatro sembrano ancora piuttosto acerbi.
(guido barbieri)
La Nona di Beethoven è una sinfonia irrequieta, sperimentale,
affronta soluzioni formali mai tentate prima, dallo stesso
Beethoven, a cominciare dal gigantesco primo movimento, più
conciso di quello dell’Eroica, ma assai più complesso: una sorta di
sintesi musicale del percorso dall’Arte della Fuga bachiana
all’ultima sinfonia di Haydn, alla Jupiter mozartiana. La lettura
che ne ha dato Lorin Maazel sembra ignorare tanta complessità e
un così spericolato sperimentalismo: è rassicurante, accademica,
equilibrata, smussa gli spigoli. Tra l’altro Maazel non osserva tutte
le indicazioni, come quella di ripetere integralmente lo scherzo.
Ma sta proprio in questa dismisura invece la grandezza di
Beethoven, nel non evitare il rischio dello squilibrio e perfino del
fallimento: le voci spinte all’urlo, gli strumenti perennemente in
conflitto tra loro. Il quartetto vocale non è parso all’altezza del
compito, e orchestra e coro non sempre sono parsi sotto controllo.
(dino villatico)
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“Oliver Twist”, Modena, Comunale-Pavarotti
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“Il mago di Oz” e “Gianni Schicchi”, Firenze, T. dell’Opera
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Concerto Beethoven, Accademia di S. Cecilia