È disponibile on line il Notiziario 3-2016
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È disponibile on line il Notiziario 3-2016
ˆ IL FOGOLAR FURLAN DI MILANO NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE Sede Amministrativa: Via A. M. Ampère, 35 20131 Milano tel. 02 26680379 www.fogolarmilano.it 70 UN ANNI DI FOGOLÂR, LA FESTA di Marco Rossi L a nostra storia continua. Abbiamo aperto l’annata parlando del nostro Giornale, uno dei punti di orgoglio del Fogolâr Furlan di Milano. Abbiamo proseguito raccontando una parte della nostra vita, in particolare ci si è voluti soffermare sull’anniversario dalla fondazione. 70 anni. Un lungo periodo da illustrare, ma soprattutto un arco di tempo che negli ultimi 20 anni ha rappresentato una sorta di voltapagina nella storia del nostro Fogolâr. L’attività sempre intensa del sodalizio ha avuto un notevole incremento. Lo si potrà facilmente vedere dalla pubblicazione che è stata predisposta per questa occasione. Un agile libretto di 48 pagine che ha visto la sua presentazione ufficiale in occasione della conferenza stampa tenuta a Udine il 2 settembre scorso. E’ una piccola cosa a fronte del grande impegno di molte persone. E’ una pubblicazione che tocca alcune realtà del mondo friulano: l’emigrazione di ieri e di oggi, le nostre attività milanesi di questi 20 anni, i grandi friulani che hanno partecipato alla nostra attività, le solenni messe natalizie in Duomo, ma anche quanto da noi fatto nella Piccola Patria. Infatti, se l’idea di tenere la conferenza stampa per presentare il nostro anniversario si è indirizzata su Udine e in particolare sulla Società Filologica Friulana, non è un caso. Il nostro Fogolâr di fatto vive per il Friuli, cui è strettamente legato, e tra i vari enti e amici con cui vi è una stretta e costante collaborazione troviamo proprio la Filologica. Si tratta di essere sempre «sul pezzo», senza perdere tempo, senza arrivare in ritardo, comunicando con ogni mezzo quanto il Fogolâr organizza, inventa, propone, promuove. E questo si rivolge a tutti i soci, agli amici di Milano e, attraverso le grandi tecnologie della nostra epoca, di fatto a tutto il Mondo. Così il momento più impegnativo dell’anno 2016 è la ripresa post Estate. Infatti se il periodo trascorso in Friuli tra giungo e settembre è stato motivo per incontri, momenti decisionali, briefing con varie persone, ora si entra nel momento più intenso dell’annata. A ottobre il grande concerto con gli Alpini della «Julia», poi la serie di eventi di novembre che si chiuderanno con un ricordo del terremoto. Infine le giornate natalizie che come sempre chiudono l’anno con un momento di riflessione nella nostra splendida cattedrale milanese. Che dire, è sempre un Fogolâr a tutto tondo, è ancora voglia di proseguire, di proporre novità, di fare cose che coinvolgono e che devono essere condivise. Ma è sempre un Fogolâr e come tale non può assolutamente dimenticare le sue origini. E con il presidente Alessandro Secco abbiamo deciso di chiudere la pubblicazione del settantesimo, con un testo firmato da entrambi. Vi proponiamo ora quelle righe che sono un ringraziamento per quanto fatto, ma soprattutto una speranza per il futuro, quello che con un termine teatral-musicale definiamo «atto terzo». Anno XLVII n. 3 3° trimestre 2016 Distribuzione gratuita ai soci del Fogolâr Furlan di Milano INSANO VECCHIETTO di Alessandro Secco E ’ questo, è proprio questo l’epiteto che mia moglie mi ha appioppato un bel giorno, avendolo orecchiato in un film di Woody Allen. Con affettuosa ironia, naturalmente: non ne dubito. E va da sé che l’originale espressione è stata prontamente adottata dai miei nipotini, che vivendo nella Svizzera tedesca e frequentandone le scuole, sono spesso vittime di interpretazioni ingannevoli delle parole; e probabilmente avranno pensato che il nonno, alla sua veneranda età, comincia a presentare qualche indizio di rottamazione. Divertente, bisogna convenirne. Sarà bene tuttavia che cerchiamo di stabilire il significato preciso di quell’aggettivo così poco rassicurante. Insano è l’italianizzazione dell’inglese insane. Ma qui c’è poco da divertirsi: il significato corretto è: “pazzo, alienato, folle”, o più gentilmente: “insensato”. Va un po’ meglio in italiano: “dominato da forze irrazionali, ma talvolta crudeli”, dice un autorevole dizionario. Sicché state in guardia, nipotini miei! Il vecchietto di Woody Allen credeva di essere il Kaiser: questo a me per fortuna non succede. Tuttavia l’intervento di forze irrazionali si manifesta in me di tanto in tanto. Un esempio folgorante che risale a vent’anni or sono, è che io abbia accettato con disinvoltura la carica di Presidente del Fogolâr, ben sapendo di non possedere la dinamicità e l’oratoria richiesta da questo incarico, al contrario ben conscio del mio amore per la tranquilla lettura dei classici e lo studio delle lingue (fra le quali anche qualcuna tra le più rare e ovviamente più inutili: bizzarrie “insane”, naturalmente). E non parliamo delle capacità organizzative, del denaro e delle leggi dell’economia. Però mi piaceva la musica, strumentale e corale; e questo forse mi ha aiutato, quei vent’anni or sono, ad accettare l’investitura, insieme a una mia modesta capacità di parlare in pubblico, anche improvvisando “all’inglese” con aneddoti, storielle e un pizzico di ironia e umorismo, tenuti sotto controllo da mia moglie, con le sue sagge raccomandazioni di non partire per la tangente cadendo in divagazioni “insane”. Alessandro Secco durante un momento di recitazione Beh, a questo punto cercherò di discolparmi, non voglio essere oggetto di compatimento da parte del Direttivo, dei soci e degli amici. Tutto sommato in occasione del Cinquantesimo del Fogolâr ho portato - non per vantarmi - un buon contributo. Altrettanto dicasi per il Settantesimo di quest’anno. Dimenticavo quasi un punto importante: la compilazione del nostro Giornale trimestrale, insieme con Marco con la collaborazione di diversi soci, che riscuote consensi fra i lettori, anche ampiamente qualificati. “Last, but not least”, stavo ancora dimenticando il mio grande amore, la Scuola di Friulano: un “fiore all’occhiello”, si sente dire dai vecchi e dai nuovi allievi; e questo impegno costituisce per me il giovedì pomeriggio più bello e appassionante delle mie settimane accademiche. Non posso fare a meno di ricordare la strettta e fattiva collaborazione con Marco, che si è trasformata in una simpatica e salda amicizia. Tutto sommato, niente male per un insano vecchietto. 1946-2016: 70 anni di Fogolâr Furlan a Milano articolarmente ricco il calendario degli eventi che il Fogolâr Furlan di Milano propone per questo anniversario. Si parte P con il grande concerto di sabato 8 ottobre 2016 che vedrà protagonista il «Coro della Brigata Alpina Julia congedati» per chiudere con le celebrazioni natalizie in Duomo a dicembre, sempre con importanti ospiti friulani. Il mese di novembre foto M. Rossi è comunque dedicato alle tradizionali «Settimane della Cultura Friulana», quest’anno alla loro XXXI edizione. Sabato 12 novembre, ore 16.30 «L’Osteria della Stazione» Via Popoli Uniti 26 Milano INAUGURAZIONE DELLE SETTIMANE DELLA CULTURA Consegna del Premio Friulano della Diaspora 2016 seguirà Proiezione del video: «1976-1946, Friuli ferito» a cura della Società Filologica Friulana seguirà «Guido Mattioni racconta i suoi libri» Udine: un momento della conferenza stampa del 2 settembre presso la sede della Società Filologica Friulana Spesso abbiamo preso parte al congresso annuale, frequentemente nostri articoli sono apparsi sulle pubblicazioni della Filologica. Quando è stato festeggiato il 90° anniversario della Società Filologica presso l’Auditorium regionale a Udine, il Fogolâr di Milano (unico fra tutti) ne è stato patrocinatore, ma soprattutto protagonista per un evento pubblico. E il nostro giornale ne ha dato puntuale riscontro con i suoi articoli. Quindi più che naturale organizzare una simile presentazione nel capoluogo della Piccola Patria, coinvolgendo anche l’Ente Friuli nel Mondo e i rappresentanti e le autorità della Regione... I 70 anni sono un traguardo importante, l’ennesimo momento in cui ci si ferma, si valuta quanto è stato fatto, si traggono conclusioni, ma con lo spirito di sempre si guarda già al futuro. Infatti la filosofia della nostra associazione è quella di essere sempre legati alle origini, ma con grande attenzione al futuro. Nella scelta delle nostre strategie, delle persone, degli eventi, delle modalità di comunicazione che, come abbiamo più volte ricordato, sono sempre all’avanguardia, abbiamo sempre cercato di essere attenti a quanto verrà. «Questo domani, per il quale probabilmente altri scriveranno l’«atto terzo», parte proprio da qui. Prende l’avvio da una fatica voluta e portata avanti caparbiamente da un Presidente e da un Segretario, in piena sinergia, ma anche da un Consiglio Direttivo sempre attivo e vivace. Perchè chi si è dedicato con fervore e passione a queste pagine non può dimenticare quanti lavorano, si incontrano periodicamente, pensano e agiscono, dialogano e, perchè no, si mettono in discussione anche polemicamente, ma sempre con il proposito di andare avanti! Allora il nostro vero grazie è dovuto all’attuale Consiglio Direttivo e in particolare ai Consiglieri Dante Davidi, Renzo Del Sal, Fulvia Cimador, Lucio Fusaro, Corradino Mezzolo, Roberto Scloza. Ma anche a tutti quanti sono disponibili per il nostro Fogolâr. Tutti sempre al nostro fianco, pronti ad agire, attenti alle necessità in relazione alle loro competenze e possibilità. Con umiltà, con attenzione, con impegno. E a queste persone, delegate dai soci del Fogolâr, si affiancano tutti i soci che vivono e partecipano alla vita della nostra associazione, tutti coloro che dalla pubblicazione di questo fascicolo si sentono ormai proiettati nel nostro «Atto terzo»! Mandi. Sabato 19 novembre, ore 16.30 «L’Osteria della Stazione» Via Popoli Uniti 26 Milano «LA TEDESCA» DI ALESSIO ALESSANDRINI Il romanzo di Alessio Alessandrini diventa il motivo per ripercorrere un momento della storia del Friuli nela prima metà del Novecento: storia, cultura, vita contadina e sociale dell’epoca caratterizzano questo romanzo. Uno spaccato di fantasia tra storia e cronaca che non si discosta dalla realtà... Sabato 26 novembre, ore 16.30 sede da definire «IL FOGOLÂR FURLAN DI MILANO RICORDA IL 40° ANNIVERSARIO DEL TERREMOTO» a cura di Dino Persello e Marco Rossi seguirà «OGNUN LA CONTE A SO MÛT» satire, radîs, tradisions, usanças, curiositâts, variants cjargnelas, cjant spontaneo, ironie, autoironie, ricercje... ridadas! Rappresentazione teatrale del gruppo «Pari Opportunità della Carnia Melie Artico dai Lops» Interverrà l’autore - Letture di Elena Colonna - Esempi musicali a cura di Marco Rossi Al termine «A cena con l’autore» in collaborazione con «L’Osteria della Stazione» di Gunnar Cautero Ingresso libero agli eventi pomeridiani, la cena è su prenotazione Per info e prenotazioni: tel. 02 28381700 - SMS 392 5898849 [email protected] Al termine «A cena con l’autore» in collaborazione con «L’Osteria della Stazione» di Gunnar Cautero Ingresso libero agli eventi pomeridiani, la cena è su prenotazione Per info e prenotazioni: tel. 02 28381700 - SMS 392 5898849 [email protected] 70 ANNI DI FOGOLÂR FURLAN DI MILANO Sabato 8 ottobre 2016, ore 20.30 - Milano Museo Nazionale Scienza e Tecnologia «Leonardo da Vinci», Sala delle Colonne Concerto-evento del «Coro della Brigata Alpina Julia Congedati» Direttore Alessandro Pisano Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili Per il 2016 il Fogolâr Furlan di Milano ha realizzato una pubblicazione che festeggia l’anniversario ripercorrendo la vita del sodalizio negli ultimi 20 anni. La pubblicazione «Settant’anni di Fogolâr Furlan a Milano» sarà disponibile da sabato 8 ottobre 2016. In collaborazione con il Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia e il Consiglio Regionale della Lombardia Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016 2 Notiziario dal Fogolâr Furlan di Milano UNA GIORNATA IN VAL PESARINA di Marco Rossi 2 1 3 M artedì 26 luglio, partiamo per tempo da casa, siamo in centro al Friuli. Direzione Val Pesarina. Ci dirigiamo a Spilimbergo, si passa sul ponte del Tagliamento verso Dignano, poi San Daniele, l’autostrada e, dopo Villasantina, ci inoltriamo verso Ovaro e la valle. Raggiungiamo Pesariis, frazione del comune di Prato Carnico. Siamo pronti, pian piano arrivano gli amici, Diego, Aldo, Franco e Roberto, Corradino con la famiglia, il Presidente con Elena... Un caffè, l’incontro con la nostra guida e si comincia dal Museo dell’Orologeria. L’itinerario museale è tanto semplice quanto suggestivo e ci riporta indietro nel tempo con ogni sorta di meccanismo e di orologio. La val Pesarina non è casualmente definita la «valle degli orologi». C’è una precisa radice legata alla centenaria storia della Solari che da questi piccoli borghi montani della Carnia è diventata celebre in tutto il mondo. Infatti il nome Solari è famigliare per chiunque frequenti stazioni ferroviarie e aeroporti, ove troneggiano da sempre orologi, display e tabelloni firmati dall’azienda friulana. Il Museo dell’orologeria archivia orologi da parete e da torre che testimoniano quasi trecento anni di storia di questa attività, importantissima per la vallata e per la Carnia. 5 6 7 LA SOCIETÀ FILOLOGICA FRIULANA Ma il piccolo museo è solo il primo gioiello della giornata. Dopo le raccolte di orologi di ogni epoca tocca ad un simpatico percorso esterno che ci permette di godere della frizzante giornata in montagna: il giro per il paese ci porta a vedere i numerosi orologi di ogni genere e tipo costruiti tra le case, nelle piazze, nelle fontane, oltre alle immancabili meridiane su pareti e al centro delle piazze. Particolarmente suggestivo l’orologio con campane collocato di fronte alla chiesa parrocchiale. Durante la passeggiata si notano diversi esempi di case in pietra con architetture tipiche della zona, purtroppo in alcuni casi affiancate dalle immancabili brutture della nostra epoca. Ma durante questo percorso degli orologi l’ingresso a Casa Bruseschi ci riporta alla semplicità antica della vita locale. Casa Bruseschi, a partire dal XVII secolo, è stata residenza della famiglia Bruseschi, una delle più antiche ed importanti di Pesariis. Nel 1963, grazie al lascito dell’ultima proprietaria questa testimonianza, straordinaria sia dal punto di vista architettonico che da quello etnografico, è divenuta di proprietà della parrocchia ed è stata aperta ai visitatori come «museo della casa carnica». L’edificio sembra essere ancora vissuto, con i suoi tre piani ben arreda- OSPITA IL 4 ti con libri, manoscritti, utensili da cucina pronti per essere usati e mobili finemente lavorati. Il giro termina presso il centralissimo agriturismo «Sot la napa» ove il gruppo di soci ed amici del Fogolâr si intrattiene gioiosamente grazie alle specialità locali offerte dalla titolare Eliana. La tipicità della Carnia è all’ordine del giorno, dai salumi della casa ai «blecs»con anatra e piselli o alla delizia del «radic di mont» che trionfa in un pasticcio di lasagne, Ed ancora il manzo brasato alla birra di Sauris. insomma un tripudio di colori e sapori ben accolto dai commensali. Dopo il pranzo una breve passeggiata, disturbata da qualche goccia di pioggia, ci porta a raggiungere il parcheggio e proseguire nel programma della giornata. Ma l’approccio con le specialità locali non è terminato al ristorante. Prima di lasciare la valle ancora una sosta, presso l’azienda «I salumi di Carnia» di Luincis, ove Renato Beorchia ci accoglie con la sua squisita ospitalità. Sotto un grande gazebo la tavolata è pronta: dopo pochi minuti appaiono spettacolari vassoi con prosciutto, salame e speck. Catini con ghiaccio ricolmi di bottiglie con vini di casa bianchi e rossi... Insomma la giornata sembra non finire mai. E nonostante la pioggerella FOGOLÂR FURLAN DI MILANO la giornata estiva lentamente volge al termine. Le persone passano dal negozio per portarsi via un... profumo di Carnia, un salume, un vasetto di conserve tipiche... Ancora una volta il Fogolâr ha reso omaggio alla Piccola Patria. Ancora una volta i friulani di Milano hanno voluto incontrarsi in piena amicizia in un luogo del Friuli, un luogo spesso poco conosciuto che, a maggior ragione, merita tuta la nostra attenzione. Il Friuli è questo: natura, paesaggi, centri abitati ben curati, prodotti tipici e tanta cortesia e ospitalità, dettaglio fondamentale che la Carnia, storicamente, non ci ha sempre offerto! Ma la giornata non è ancora finita, già si parla dell’incontro in Friuli del 2017 e, in chiusura, una tappa di rientro alla «Carnica Arte Tessile» di Villa Santina per salutare gli amici è sempre doverosa... Arrivederci all’Estate 2017! Alcuni momenti della giornata nelle foto di Corradino Mezzolo e Marco Rossi: 1-2-3. Il gruppo durante il giro degli orologi a Pesariis 4. Alessandro Secco, Marco Rossi e Renato Beorchia nel negozio de «I salumi di Carnia» al termine della giornata (Luincis) 5-6. Interni di casa Bruseschi 7. Architetture locali con un antico orologio sulla facciata della casa PER I SUOI 70 ANNI di Vittorio Storti «L’anno millenovecentoquarantasei questo giorno di sabato 30 novembre …» Che cosa avrà spinto dei friulani a sottoscrivere l’atto di costituzione del Fogolâr Furlan di Milano? Cercare di metterci nei panni di quegli uomini, calarci in quel momento storico, serve a capire. E con la lettura del documento di costituzione dell’associazione, Dino Persello ci restituisce l’emozione che deve aver pervaso quei sedici uomini convenuti - si dice così - davanti al notaio. Un sabato, alle ore 17; e già dalla scelta del giorno e dell’ora, come pure dalla rinuncia all’assistenza di testimoni, si arguisce uno “stile” di comportamento. Per la conferenza stampa siamo a Udine, nel bel palazzo Mantica sede della Filologica. Ci sono il presidente del Consiglio Regionale Franco Iacop, il vicepresidente vicario di Ente Friuli nel Mondo Anna Pia De Luca, il presidente della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia Giuseppe Morandini (nella foto in basso a destra), e naturalmente il presidente della Filologica Federico Vicario. E si parla la marilen- ghe. Con Dino Persello a guidare la presentazione c’è il nostro vulcanico segretario Marco Rossi. In tutto una degna rappresentanza di friulanità, purtroppo con l’assenza del nostro presidente Alessandro Secco, impossibilitato a partecipare perchè indisposto, ma virtualmente presente con un messaggio di saluto. A pensarci bene celebrare la ricorrenza dei settant‘anni del Fogolâr Furlan di Milano fa un certo effetto. È una vita intera, quegli uomini non ci sono più, anche se molti li abbiamo sentiti nominare, e forse alcuni li abbiamo anche conosciuti di persona. E all’epoca fondare un’associazione come questa, senza fini di lucro, era un atto di coraggio ma anche di speranza. Con la guerra appena finita, e il boom economico ancora di là da venire. Memoria. Raccontare settant’anni vuol dire anzitutto parlare di memoria, ripensare a cosa si è fatto, e come l’intento dei nostri “padri fondatori” è stato sviluppato nel corso degli anni. Andiamo allora a rileggere gli scopi indicati nell’atto costitutivo, la mission come diremmo modernamente. Società di mutuo soccorso? Ufficio del turismo? Molto di più: in poche parole, amore e l’attaccamento alla Piccola Patria, conoscenza di storia, cultura e vita friulana, una biblioteca per gli scopi sociali, valorizzazione di artisti e lavoratori e delle risorse del Friuli. Ma alla friulana, senza troppe chiacchiere. Quella non era gente da tirarsela, andavano sul concreto. Settant’anni di Fogolâr. A testimonianza di ciò che si è fatto - perché sono i fatti che contano - ecco “Settant’anni di Fogolâr a Milano (1946-2016)”, una bella pubblicazione a colori, fatica e merito di presidenza e segreteria del Fogolâr, che come nel “Secondo Atto“ di una rappresentazione, continua idealmente la precedente monografia del 1996 («Cinquant’anni di Fogolâr a Milano»), per raccontare gli eventi che hanno caratterizzato questi ultimi vent’anni. Attività. Nella monografia vediamo che il Fogolâr di Milano ha operato in più direzioni, con una attenzione da un lato alla Piccola Patria, e dall’altro al territorio milanese e lombardo. Anzitutto con la presenza del Friuli a Milano (attraverso conferenze, presentazioni, concerti, spettacoli, film, mostre, pubblicazioni, prodotti del territorio). Poi con l’attività sociale (le visite a musei, esposizioni, realtà industriali e artigianali, i momenti conviviali e di incontro, le feste, le gite, la Messa in Duomo, la scuola di friulano e il Notiziario). Infine - unico tra i sodalizi friulani - il Fogolâr di Milano ha organizzato e patrocinato eventi nella Piccola Patria (conferenze, concerti, poesia prosa teatro e spettacoli, serate musicali letterarie enogastronomiche, visite a località ed aziende di eccellenza). Promozione. Negli ultimi vent’anni notiamo una maggiore attenzione alla promozione della nostra associazione attraverso eventi altamente visibili come le Settimane della cultura friulana, la Messa in Duomo in lingua friulana, il sito Internet e la pagina Facebook. Tecnologie e memoria. A proposito delle moderne tecnologie osserviamo che esse consentono una sempre maggiore velocità e diffusione di informazione e comunicazione. Però efficienza ed efficacia della notizia che ci raggiunge in tempo reale si accompagnano alla sua rapida obsolescenza. Allora sembra che conti solo l’attimo presente, e non c’è posto per la memoria. Naturalmente per la comunicazione il Fogolâr si avvale efficacemente delle nuove tecnologie, ma nello stesso tempo custodisce su supporti solidi le proprie testimonianze: a fianco di una fornita biblioteca un archivio storico documenta settant’anni di vita del sodalizio. E si continua a pubblicare anche su carta, come il Notiziario o la Monografia, perchè un libro o un giornale non si cancellano con un click. Quarant’anni dal terremoto. Concreto: mi dicevano che in America avevano appiccicato ai friulani questa parola, che là suonava concrete, cemento. Perché se gli dai del cemento loro ti tirano su delle case. Le case, il terremoto del ‘76 le ha tirate giù, e loro a farle su di nuovo. Perchè le case, i paesi, sono memoria e identità insieme. Continuando a sfogliare la monografia, dopo un ricordo personale dell’allora sindaco di Gemona, troviamo le pagine dedicate al terremoto. Una testimonianza dello spirito con cui è stata affrontata la tragedia, dove il Fogolâr di Milano si faceva portavoce del Friuli nella città di Milano, e gestiva la raccolta e l’invio di aiuti che transitavano da qui, con una contabilità rigorosa e trasparente che è oggi ancora possibile reperire in archivio. Chi è il friulano? Questa sembra la domanda sul finire della nostra conferenza stampa. Sappiamo chi erano i friulani di una volta: quelli con la valigia di cartone che portavano per il mondo il loro lavoro di operai o artigiani, si facevano conoscere per le loro capacità e facevano strada. Erano loro che un po’ dappertutto hanno creato una Famee Furlane o un Fogolâr, per sostenersi e ritrovarsi come dentro un pezzo di Piccola patria. Ma oggi l’interrogativo è: chi è il friulano nel terzo millennio?, quando tra gli emigrati siamo alla terza generazione, e i giovani dal Friuli vanno a studiare in altri paesi con gli Erasmus. Dove dei friulani, non più con la valigia di cartone, sono andati nel mondo a svolgere attività di eccellenza in diversi campi. Allora è un diritto di sangue, di discendenza, o qual- cos’altro? Quando magari solo uno dei genitori è friulano, o magari solo un nonno? Il calo degli iscritti e dell’età di frequentazione un po’ in tutti i Fogolâr ci fanno temere una crisi di identità. Perchè non c’è più la spinta a ritrovarsi? A questi interrogativi mi sembra che il Fogolâr di Milano abbia tentato di rispondere “nei fatti“: L’identità friulana ha a che fare con la marilenghe, la lingua dei padri. Ed è anche una cultura, un modo di porsi rispetto alla vita, e conoscere le proprie radici. Per questo è importante la «Scuola di Lingua, Letteratura e Cultura Friulane» del Fogolâr Furlan di Milano, tenuta da Alessandro Secco. Una scuola di friulanità che oggi compie 17 anni. Poi è friulano chi porta avanti i valori, un certo modo di essere. Con un senso di appartenenza a una sorta di nazione, il popolo friulano. Il «Premio Friulano della Diaspora», assegnato dal Fogolâr di Milano a personalità notabili tra i friulani sparniçats in Lombardia, vuole proprio riconoscere i meriti nei campi di attività propri di ciascun premiato, anche in quanto “campioni” della comunità friulana. E ancora i friulani lontani dovrebbero guardare alla Patria del Friuli come culla della friulanità: è qui che si torna appena si può, a rigenerare le proprie radici. Credo che sia questo il senso degli eventi in Friuli organizzati e patrocinati dal Fogolâr di Milano. A questo punto, nel vedere dove è arrivato il loro Fogolâr, mi pare che i sedici padri fondatori possano essere soddisfatti. E allora avanti così, con il nutrito programma degli eventi di qui a fine anno, e con le attività degli anni venturi. Intanto dal salone d'onore di palazzo Mantica ci siamo spostati nella saletta attigua per un doveroso brindisi e un ghiringhel, scambiando quattro chiacchiere tra i convenuti. E... Viva! Nelle foto di Corradino Mezzolo la conferenza stampa e, in alto a sinistra, il brindisi conclusivo Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016 Notiziario dal Fogolâr e dal Friuli 5 AGOSTO 2016: UNA SERATA A SEDILIS di Vittorio Storti 1 C i siamo ritrovati a Sedilis, da Diego Biasizzo, come da 11 anni a questa parte. Un aperitivo in terrazza mentre il coro canta L’ombra che viene.... Tutti in piedi, come li vedi davanti alle “frasche”, con in mano un calice di prosecco. Dopo, si potrebbe anche partire per il mondo, invece ci accomodiamo dentro. L’ambiente dell’Ongjarut non è cambiato: alle pareti le foto dei nonos, le maschere di legno - i tomâts - , gli oggetti familiari lasciati da chi ha vissuto prima. E una grossa testa di cinghiale che mi guarda con insistenza ammiccando. È un ritorno piacevole perché qui con Diego e Pia siamo di casa. E mi ritrovo con gli amici coi quali anche lo scorso anno abbiamo condiviso una altrettanto piacevole serata. Elena esordisce con la leggenda della «Madonna della neve»: una nevicata la mattina del 5 Agosto del 352, a Roma, dopo che un certo Giovanni, ricco patrizio, aveva sognato la Madonna che gli domandava di costruire una chiesa nel luogo in cui sarebbe nevicato. Subito interpellato, anche il papa disse che aveva fatto lo stesso sogno. Così su quel luogo venne costruito l’edificio sacro, a spese di Giovanni, che non aveva discendenti ed era desideroso di lasciare i propri beni per una chiesa dedicata alla Madonna. Non cercheremo le prove storiche di un evento meteorologico tanto straordinario per il luogo e la stagione dell’anno. Un fatto forse non impossibile se ammettiamo una anomalia climatica in quel lontano anno 352. Piuttosto consideriamo questa una bella storia di devozione. Dopo Roma, altre chiese intitolate alla Madonna della Neve sorgono un po’ dovunque. Questa volta, con il tema della «Madonna della 2 3 4 5 Neve», sembrava una bella sfida. Ci hanno lavorato di concerto Marco Rossi con Alessandro Pisano e l’«Ottetto Hermann», Sandro ed Elena Secco, e Diego per i contenuti eno-gastronomici. Giustamente per questa serata il senso della Madonna della Neve lo si doveva ricercare dentro le nostre radici. Ed ecco, allora, il programma: inframmezzati dalle portate che ci vengono servite a tavola, le voci dell’«Ottetto Hermann», l’accompagnamento pianistico di Marco e Teo Luca Rossi, gli Intermezzi friulani di Elena e Sandro Secco. Tra gli autori proposti dal gruppo vocale, diretto dal maestro Alessandro Pisano, ci sono Bepi De Marzi e Marco Maiero. Ma accingendomi a raccontare questa serata, mi accorgo di quanto una semplice elencazione possa essere noiosa. Proverò allora a mettere a fattor comune, come si diceva a scuola, le molteplici suggestioni che ci sono state restituite. Sul tema della neve come divertimento Marco Rossi ha scelto dei pezzi composti per i cosiddetti treni bianchi, quelli che trasportavano gli sciatori. Come il famoso ChattanoogaChoo-Choo di Glenn Miller. Chi se li ricordava più i treni della neve? Personalmente, non ho mai avuto il piacere, ai miei tempi era già di moda il trasporto su gomma, ed a sciare si andava con i pullman o con l’auto. Ma c’erano un tempo, e molti sono stati dimessi. Suonano a quattro mani, con brio, Marco e il figlio Teo. I motivi sono pieni di freschezza e di ritmo, e par di sentire il treno che corre, c’è l’urgenza di arrivare sui campi, di mettere gli sci ai piedi. La neve per sé stessa, naturalmente non è buona né cattiva. Ma negli inverni di guerra, la neve si accompagna al dramma dell’occupazione. Riviviamo la guerra in casa in un racconto di Sandro: dopo i tedeschi, sono arrivati i cosacchi, e con la nevicata del ‘44 anche i mongoli, quelli con gli occhi a mandorla, con i loro cammelli. Gente strana, diversa, e sembra anche a noi di essere stati lì a curiosare le abitudini di quella gente: “si lavavano nudi nell’acqua ghiacciata del Torre, e poi… quanto bevevano!”. Con L’ultima notte il coro ricorda la ritirata dei nostri alpini in Russia in un tragico inverno del ‘43. Il cammino nella neve assomiglia a una lenta lunga fuga davanti alle belve feroci, come in certe favole nordiche. Ma è soprattutto una fuga davanti alla morte bianca, sorretti dal desiderio di ritornare alla casa lontana. Nella ricorrenza dei quaranta anni si doveva parlare del terremoto. Anche in quell’inverno del ‘76 è venuta la neve. Ma stasera si parla soprattutto di valori, di identità. I friulani potevano perdere quei valori, e l’Orcolat ci ha provato. Ma non ha vinto se…la storia che ci racconta Ernesto Zorzi, il cugino di Sandro, ha un senso per i friulani, o almeno per molti di loro. Rovistando tra le macerie della chiesa di Ciseriis, irrimediabilmente distrutta, viene recuperata una statua della Madonna. Sarà riparata e portata a spalla in cima al Jôf Fuart, e lì collocata salvandola così dall’oblio. A beneficio, vorrei aggiungere, delle generazioni future. La neve ha a che fare con il tempo 6 7 meteorologico, ma è anche un segno di stagione, e come tale scandisce il trascorrere del tempo. Come gli anelli di crescita degli alberi, la neve segna i nostri inverni. Ed ecco nella lettura di Elena una divertente storia sulle vecchie di Tricesimo, che pare maledicessero la neve. Lo avranno fatto per allontanare il segno del tempo che passa. Fatto sta che, con le loro maledizioni, sono riuscite a tenere a bada la neve: per un po’, finché un certo inverno è arrivata una nevicata eccezionale. E si capisce! perché poco prima c’era stata una generale moria di vecchie. Il tempo di neve è anche tempo di Natale. E allora Sandro Secco ricorda una serata di gala organizzata dai cosacchi in occasione del loro Natale, che per gli ortodossi coincide con la nostra Epifania. Una serata in grande, con ospiti di riguardo, con luminarie, musiche, balli e folclore cosacco, e naturalmente grandi mangiate e grandi bevute. Una pausa di pace e di fratellanza, che il giorno dell’Epifania subito finirà con la ripresa dei combattimenti. E poi… si può scrivere di botanica par furlan? Direi di sì, e si può farlo anche in maniera poetica, come Sandro che ci legge un suo pezzo sull’Elleboro, altrimenti detto Rosa di Natale, con tanto di leggenda sull’origine del nome.E riviviamo l’atmosfera di Natali lontani nel tempo, con la poesia della natività nel presepe di Betlemme, nella divertente predica fuori ordinanza del plevan. La voce narrante è sempre di Sandro. Infine la valle. Che non è una valle ben identificata, ma la valle di ciascuno, una valle del cuore, virtuale diremmo oggi. Si riconosce dal profilo dei monti, dal fumo di un camino, il campanile, la piazza con la fontana, la casa e, davanti, i nostri vecchi. Un’immagine un po’ banale, retorica forse, ma è quella impressa nel cuore. È così che funzioniamo. A ben vedere nelle musiche e nei testi che abbiamo ascoltato c’era sempre qualcosa di questa valle. E a completare il quadretto, la neve che sfarfalla sui monti, si posa sulle nostre case; allora è più bello stringersi insieme attorno a un tavolo a cena, …un po’ come stiamo facendo questa sera. Peccato che adesso non stia nevicando, che non sia acceso il fogolâr. Nel frattempo, anche se quasi ce lo aspettavamo, Diego ci ha sorpreso piacevolmente con una vellutata tricolore, poi ci ha deliziato con i ravioli di carne al sugo stracotto di vitello. E sublime era la carne, questa volta una guancetta di maiale con puré di sedano. E a chiusura ecco comparire il dolce, intitolato guarda caso alla Madonna della Neve. E allora finiamo accennando a quel senso religioso che nasce dalle domande profonde dell’uomo, dalle inquietudini davanti ai nostri fantasmi. Il coro ci ha ricordato che Maria lassù è la Mamma Celeste alla quale possiamo rivolgerci: “ascolta Maria carezza di Dio”. Anche questa sera aleggiava sopra di noi, col suo sorriso melanconico, con le sue braccia aperte, accoglienti, senza mai giudicare i nostri peccati…neanche quelli di gola! 3 «AL TAJUT» ovvero un nuovo angolo di friulanità a Milano «Al tajut»... Un nome che per i friulani evoca un mondo intero. Una tipicità unica, un momento di gioia conviviale. Siamo a Milano, in via Plinio al numero 63. Il contatto si deve, come ormai consuetudine, ad un messaggio di posta elettronica. Uno scambio di numeri, una telefonata, un fugace incontro ai primi di luglio. L’Estate infatti non è solo friulana. Anche un momento della calura estiva milanese può essere utile per fare nuovi incontri, nuove conoscenze. Nel piccolo ma invitante locale ci accoglie Sergio Covaz (con il figlio nella foto sopra), monfalconese, una vita trascorsa in giro per il mondo, poi una scelta improvvisa anche se meditata: aprire un piccolo locale, portare un angolo di Friuli a Milano con un’ idea precisa. E con Sergio c’è il figlio Alexander, che a Milano deve la sua formazione universitaria. «Al tajut» (nelle foto a lato e sotto due vedute del locale) offre alla sua clientela dell’area confinante con Città Studi una colazione pregiata, crostate fatte in casa e biscotti originali della Carnia. Poi, con il proseguire della giornata, vini di chiara fama, ma anche rossi pregiati più impegnativi e soprattutto rari, provenienti da piccole cantine friulane. Non mancano i prodotti della Piccola Patria per una rapida pausa pranzo come si deve, nel pieno rispetto del ritmo frenetico - seppur discutibile - della metropoli lombarda. La mission del gestore è quella di portare sempre prodotti friulani di pregio, dopo aver fatto una completa mappatura del territorio per scegliere ogni cosa. Il locale è aperto appena da sei mesi, ma sicuramente potrà essere una simpatica scoperta per tutti i nostri soci e per gli amanti del Friuli. (M.R.) Arturo Zardini: mostra itinerante nel tarvisiano uando si ascolta SteluQ tis alpinis si parla di Friuli, di gente friulana, del suo autore, Arturo Zardini (Pontebba, 1869 - Udine, 1923), musicista e poeta, soldato e ottimo schermitore. Non c'è una data in particolare da commemorare. Un dettaglio trascurabile quando siamo di fronte ad una serie di eventi che non vogliono proporre ricorrenze ufficiali inesistenti, ma piuttosto intendono riproporre alla memoria una eccelsa personalità che continua a dare lustro, oltre 1. L’Ottetto Hermann intona un canto che rinomanza a livello nazionale ed internazionale a Pontebba e al Friuli. per il brindisi Tre sono i Comuni della montagna friulana coinvolti nell'interessante ini2. Elena e Sandro durante le letture 3. Marco e Teo impegnati alla tastiera ziativa: Tarvisio, la Vicinia di Camporosso, Malborghetto-Valbruna 4. Il molti commensali dell’Osteria Il Progetto è nato grazie al particolare interessamento del noto fotografo e 5. Diego al lavoro tra guanciale e purè 6. Ernesto Zorzi legge il suo scritto pittore tarvisiano Francesco Attisani e il fondamentale sostegno di Giuliano 7. Vittorio arriva in perfetto abito...invernale Rui, storico e scrittore, ma. soprattutto. nipote del M°Arturo Zardini. 8. Marco Rossi, A. Secco e Rita Zancan Del Una mostra filatelica itinerante, un annullo speciale figurativo (a cura del Gallo, presidente del Fogolâr di Firenze (foto di Corradino Mezzolo) Circolo Filatelico di Tarvisio), due rassegne corali, un'esposizione delle opere del concorso di pittura a tema su «Stelutis Alpinis e il suo compositore» nel ri8 cordo di Arturo Zardini a 100 anni dalla Grande Guerra . Il programma si svolgerà da agosto a dicembre 2016, da Tarvisio a Pontebba, nel nome di Arturo Zardini, nell'ambito di una sinergia storico-culturale di comunione e valorizzazione territoriale. (M.R.) Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016 4 Notiziario dal Fogolâr e dal Friuli UNA CONVENTION RICCA DI INCONTRI di Marco Rossi P rima edizione della Convention di Ente Friuli nel Mondo con la presidenza di Adriano Luci. Prima edizione, con un programma intenso e particolarmente brillante per ogni momento vissuto in compagnia.Il programma segue la tradizione e si articola nelle classiche tre giornate di ritrovo. Venerdì 29 luglio 2016 la prima giornata. Ritrovo dei partecipanti: i Presidenti e i rappresentanti dei Fogolârs del mondo a Ragogna per la visita al castello. Si tratta di un mirabile esempio di ricostruzione che ancora un volta dimostra che i finanziamenti pubblici sono indispensabili, ma senza una precisa volontà nulla si può fare. Il castello di Ragogna è risorto da un cumulo di pietre disordinate, opera del terremoto del maggio 1976. Attualmente la dimora si presenta al pubblico in tutta la sua bellezza: il fortilizio è costruito su uno sperone roccioso che domina il Tagliamento, si sale dal parcheggio, si supera la chiesa e si entra da un passaggio sotto una torre nella corte. Il fabbricato di destra è destinato alla «scuola di scrittura» mentre la parte restante è un bellissimo spazio per mostre, incontri, convegni: il tutto ben organizzato e attrezzato su diversi livelli. Dopo il saluto del Presidente, la sala riunioni è stata occasione per permettere al pubblico di ripercorrere con chiara sintesi la millenaria storia del castello. Particolare poi il percorso dedicato alla produzione manuale della carta con i sistemi di un tempo e la dimostrazione delle scritture antiche con penna d’oca e inchiostri di vari colori. All’ultimo livello del maniero abbiamo potuto percorrere una bellissima mostra fotografica dedicata all’acqua del Tagliamento: le finestre del piano superiore del fabbricato ci hanno permesso di godere del fantastico panorama, complice la giornata unica per limpidezza e la particolare luce del pomeriggio vicino al tramonto. Il tutto si è poi concluso, come da tradizione, presso il ristorante «al Cantinon» di San Daniele del Friuli, dove alla cena riservata si sono ritrovati gli ospiti di sempre e quanti sono intervenuti per la prima volta. Il Presidente Adriano Luci ha salutato personalmente tutti gli ospiti, che hanno ricevuto alcuni omaggi per i propri sodalizi: una bellissima pubblicazione offerta da Aldo Garlatti (il volume «San Daniele, l’anima commerciale», vedi vetrinetta a p. 8 di questo notiziario), una pergamena a ricordo dell’Altare degli Alpini di Muris di Ragogna, omaggio dell’imprenditore Mario Collavino, ed una scultura dell’artista Silvano Spessot. Alla serata hanno preso parte le autorità sandanielesi oltre al presidente uscente Piero Pittaro. La cena, all’insegna dei prodotti tipicamente friulani, è stato poi un momento di incontri e saluti, scambi di notizie, progetti, tra tutti i presenti. E’ all’insegna del «fare» si è poi svolta la XIII Convention di sabato 30 luglio 2016. Il tema dell‘incontro era, naturalmente, il terremoto: Quando la terra chiama... «il Friûl nol dismentee...». Secondo uno schema ormai collaudato, oltre alla presentazione di Adriano Luci abbiamo assistito al saluto delle autorità, dal sindaco di San Daniele Paolo Menis, al vicesindaco di Ragogna Marco Pascoli e alla presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani. Dopo la proiezione di un suggestivo documentario sul terremoto, prodotto da Ente Friuli nel Mondo, con numerose interviste a quanti hanno dato sostegno per la ricostruzione del Friuli, è interventua Debora Serracchiani, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. Sono seguiti gli interventi che hanno avuto come moderatore Cristiano Degano, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia. La parola è poi passata agli ospiti, Roberto Dominici (già Assessore regionale alla ricostruzione), Edi Snaidero (imprenditore), Fabio Di Bernardo (Sindaco di Venzone), mons. Duilio Corgnali (coordinatore della commissione diocesana per il 40° del terremoto). Poi gli interventi di tre giovani dai Fogolârs del mondo: Cristina Lambiase (Pechino), Ottaviano Cristofoli (Tokyo) e Tacio Alexandre Puntel (Sobradinho). Le relazioni sono state tutte particolari e toccanti, soprattutto per la testimonianza diretta di quanti hanno vissuto quella pagina tragica della storia della Piccola Patria. Vogliamo qui sottolineare due momenti della mattinata di lavori: l’intervento di mons. Corgnali che, in maniera diretta si è permesso di contestare la dicitura «modello Friuli» in merito alla splendida modalità in cui la nostra regione ha operato a seguito del tragico sisma del 1976. Corgnali ha ribadito, con un tono di vaga polemica costruttiva, che il modello in effetti non esiste, in quanto non è mai stato replicato in Italia. Si tratta di un modello non ripetibile soprattutto perchè altrove non ci sono le genti friulane. Dagli interventi dei giovani emigranti di oggi è emerso il tema di come si è evoluta l’emigrazione ai giorni nostri: fenomeno ben diverso da quello che ha contraddistinto la partenza dei friulani dei primi decenni del secolo scorso. Il musicista Ottaviano Cristofoli (prima tromba dell’Orchestra Filarmonica di Tokyo) ha spiegato che oggi i giovani partono dal Friuli con l’idea di tornare in Patria, Premi friulani 2016 Premio G. Pressacco «Maqor - Rusticitas», Venzone o storico e docente esperto del Cristianesimo antico Remo Cacitti si è agL giudicato l’edizione speciale 2016 del Premio Gilberto Pressacco Maqor Rusticitas, assegnata in occasione dei 40 anni dal disastroso terremoto che colpì il Friuli la notte del 6 maggio 1976. ‘’L’associazione culturale don Gilberto Pressacco - ha spiegato il presidente del sodalizio promotore Flavio Pressacco -, con la consegna di questo riconoscimento intende tornare al significato profondo del premio e ai suoi presupposti originari. Attraverso l’opera di Remo Cacitti, che con dedizione si impegnò nei progetti di rinascita del Friuli terremotato - ha proseguito -, si vuole rendere omaggio alla memoria della ricostruzione e quindi al popolo friulano, alla sua tenacia e capacità di guardare al futuro’’. Merit furlan al Castello d’Arcano S abato 3 settembre, a Rive d’Arcano, si è svolta la cerimonia del premio «Merit furlan» giunto ormai alla sua trentaduesima edizione. Quest’anno il riconoscimento è stato conferito a Eddi Bortolussi, giornalista, poeta e attore; Attilio Maseri cardiologo conosciuto a livello internazionale; Celestino Vezzi di Cercivento promotore della cultura friulana; Alessandro Ortis, tra le tante cariche dal 2003 è presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, vicepresidente del Consiglio europeo dei regolatori per l’energia. Nel 2012 all’ingegnere Ortis è stata conferita dal sindaco Valerio Del Negro l’onorificenza della cittadinanza onoraria del Comune di Coseano paese al qual1to Giovanni Melchior, promotore e ideatore del Premio stesso. L’evento promosso dalla Comunità Collinare e dal Comune di Rive d’arcano Don Ernesto Bianco: un ricordo di Marco Rossi al mese di giugno non è più con noi don Ernesto D Bianco. Mi piace ricordare questo sacerdote pe la sua amabile e simpatica collaborazione ogni volta che il Fogolâr aveva un piccolo problema da risolvere in merito alla messa in Duomo. Come ben sapete la preparazione della celebrazione natalizia in Duomo necessita di un fascicolo che riporti il testo liturgico sia nella versione italiana, sia in quella friulana. E qui iniziano i problemi. Non tutti i testi romani corrispondono a quelli ambrosiani... ma questa è storia ormai conosciuta. E pre’ Nesto era rapidissimo: una richiesta via posta elettronica e, entro la stessa giornata, l’immediata risposta, il testo, una traduzione al volo... una persona di pregio che è sempre stata al servizio di tutti. Aveva 96 anni, era stato dapprima cappellano a Latisanotta, Castions, Talmassons, poi parroco a Masarolis e a Ovaro. Inoltre a Fagagna, Ronchis di Latisana, Lignano. Di recente era attivo in case di riposo e istituti religiosi a Udine. Nonostante l’età, aveva un ottimo rapporto con la comunità virtuale, con cui dialogava anche sulla fede. “Un particolare affettuoso ricordo emerge sul social network nei post dei fedeli della Carnia. Una storia non facile, il cammino pastorale di don Bianco, per un decennio in difficoltà di rapporti con le gerarchie. Lui stesso ricorda quel particolare periodo, digitando a un amico: «Cancellato per dieci anni dall’elenco della Curia, sono stato richiamato senza che lo chiedessi: nella vita non sempre si è capiti. Coraggio e non pretendiamo subito la ricompensa» Innamorato della lingua friulana, la sua più grande soddisfazione l’aver aiutato don Placereani a mettere in caratteri digitali la Bibbia, che pre Checo traduceva in marilenghe direttamente dal greco “. (da «Messaggero Veneto», giugno 2016). I funerali sono stati celebrati dall’arcivescovo mons. Mazzocato, presente il nipote don Marco Lucca. Mario Gazzetta: un grande appassionato della coralità di Marco Rossi ’ difficile parlare di qualcuno che non c’è più. E’ E ancor più complesso illucome tutti gli emigranti di un tempo. Partono però con una formazione precisa in tasca, qualche laurea, un master, un’ottima conoscenza delle lingue, buona capacità di sapersi gestire. Ma una volta arrivato nella muova destinazione, una volta ambientato e conscio delle diverse modalità operative e lavorative, spesso perde la voglia di tornare, specie per la realtà italiana che ha lasciato e che non offre ai giovani più di tanto. Insomma una giornata che ha più che mai analizzato e giudicato un mondo. Con grande positività è stato descritto il mondo della ricostruzione e della grande operatività della nostra gente dal 1976 in poi. Con un tono di malinconia e, a parer nostro con sano realismo, il mondo di oggi che invita a partire e, molto spesso a non tornare, quando si incontrano realtà che offrono più garanzie, maggiore soddisfazione e gratificazione. Domenica 31 luglio la giornata ufficiale del raduno, con la messa a Muris di Ragogna, la sfilata delle centinaia di friulani provenienti da tutto il mondo e il pranzo conviviale presso la mensa dell’Azienda Snaidero a Majano. Foto in alto a sinistra: un gruppo di rappresentanti dei Fogolârs del mondo con - tra gli altri - Argo Lucco (Basilea), Ottaviano Cristofoli (Tokyo), Cristina Lambiase (Pechino), Stefano Degano, (Gran Canaria), Marco Rossi (Milano) Foto al centro pagina: (da sin.) Cristiano Degano, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia, Roberto Dominici (già Assessore regionale alla ricostruzione), mons. Duilio Corgnali (coordinatore della commissione diocesana per il 40° del terremoto), Edi Snaidero (imprenditore), Fabio Di Bernardo (Sindaco di Venzone), Cristina Lambiase (Pechino), Ottaviano Cristofoli (Tokyo) e Tacio Alexandre Puntel (Sobradinho). Foto in basso a sinistra: il saluto di Debora Serracchiani, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia con il presidente di Ente Friuli nel Mondo Adriano Luci strare una persona come Mario Gazzetta. Un personaggio che per anni ha affiancato il Fogolâr con un unico scopo: quello di essere alla testa di un gruppo di soci che per anni, con scelta e determinazione, si sono ritrovati settimanalmente nella Basilica di San Carlo al Corso per fare prove di coro. E sì. Per chi non lo sapesse Gazzetta, originario di Pocenia, nella bassa friulana, era il direttore di quel gruppo di soci che, un po’ scontrosi, un po’ polemici, un po’ attenti, un po’ distratti... come si deve in tutti i cori, hanno per un paio di decenni intonato villotte friulane nelle più disparate armonizzazioni ed in mille sedi. Non è facile ricordare Gazzetta senza parlare del «suo» coro. Un coro su cui spesso abbiamo discusso in merito al nome, su cui spesso ci siamo incontrati (ma anche scontrati). Un coro che molte volte ho accompagnato all’organo. Gazzetta aveva il suo gesto, particolare, tipico degli autodidatti pervasi dalla passione per la musica. Conosceva perfettamente i suoi limiti quando mi chiedeva consigli o giudizi su alcune armonizzazioni. Ma questi sono aspetti che praticamente nessuno conosce, limitati alle chiacchiere tra noi, non frequentissime, ma sempre profondamente musicali. D’altro canto il mio ruolo di musicista e di docente mi insegna che, a fronte di curiosità se si può, si deve sempre soddisfare chi è meno infornato e preparato. E questo ho sempre fatto con Mario Gazzetta. Ci mancherà la sua mordace polemica e il suo modo di dirigere i coristi con piglio e caparbietà: nessuno spartito musicale era tollerato, a malapena un foglio con i testi dei canti. Deciso, spesso impositivo, ma sapeva dove arrivare. Come mancherà quella sua passione calcistica per l’Udinese, che talora riaffiorava tra una canto d’autore e una villotta d’osteria. (nella foto sopra Mario Gazzetta con alcuni dei suoi coristi in Duomo a Milano) Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016 Il Friuli ESTATE FRIULANA di Elena Colonna ’estate in Friuli è talmente ricca di L eventi, di concerti, rappresentazioni, mercati e sagre che, avendone il Tarcento, 18-22 agosto - Festival dei Cuori desiderio e l’energia sufficiente, si potrebbe partecipare ogni giorno e ogni sera ad un avvenimento diverso. Non si ha qui la pretesa di fare un lungo – e probabilmete noioso – elenco di tutti questi straordinari eventi, più o meno complessi, più o meno importanti, ma solo di esemplificarne qualcuno, fra quelli di cui siamo a conoscenza. Cividale del Friuli 16-24 Luglio - Mittelfest Giunto alla sua venticinquesima edizione, quest’anno il Mittelfest era dedicato alla Terra, dopo l’edizione 2015 dedicata all’Acqua. Concerti, teatro, danza, marionette… tutti spettacoli di alto livello e di grande richiamo, da Carlos Santana a Simone Cristicchi, dal Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn al Polish Cello Quartet, al Menocchio, opera del compositore friulano Renato Miani; dalla Danza nelle Vetrine, dove tre giovani talenti si esibivano “a vista” nello shopping mall cividalese, al Nes Ensemble, straordinario trio spagnolo composto da voce, percussioni e violoncello. Per non parlare delle marionette, un genere immortale e versatile, qui spesso rivisitato in spettacoli sorprendentemente nuovi e moderni, ad esempio nella storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E ci si voglia perdonare se non abbiamo citato che una minima parte degli eventi di questo imperdibile Festival, oltretutto ambientato in quella città-gioiello che è Cividale. Per il 47° anno Tarcento ospita questo Festival della danza folkloristica. E, a nostro parere, questo non è importante solo per il fascino delle danze e delle musiche esotiche, della magnificenza dei costumi, della bravura dei danzatori, ma anche per l’incontro di tanti popoli diversi, specialmente in questi tempi spesso segnati dall’angoscia e dalla paura, per il messaggio di gioia e di pace che questi giovani, e anche meno giovani, esecutori riescono a trasmetterci. Le nazioni partecipanti erano quest’anno Bolivia, Canada, Cuba, Grecia, Martinica, Russia (nella foto sopra il gruppo Guzel Chulmane), naturalmente, Italia. Tutti bravi, tutti splendidi nei loro rutilanti costumi, tutti affascnanti nelle loro danze più o meno scatenate e acrobatiche. Carpacco 12-21 agosto Sagre dal Frico Cividale del Friuli 19-21 agosto - Palio di San Donato Restiamo ancora per un momento a Cividale: nei giorni del Palio la città si trasforma nel palcoscenico di un’epoca, quella medievale, naturalmente. Oltre alle appassionanti gare di corse, tiro al giavellotto e quant’altro, oltre ai cortei e agli eventi musicali, le strade si popolano di figuranti in costume, artigiani intenti alle opere di un tempo con strumenti d’epoca o ricostruiti, donne che filano, tessono e ricamano sedute sulle soglie delle antiche case: uno spttacolo indimenticabile, che riesce a provocare in chi lo ammira quasi un senso di spaesamento; una vera finestra sul Medioevo. Fra le innumerevoli sagre che rallegrano la nostra regione - praticamente ogni paese, borgo o frazione ha la sua - abbiamo scelto questa di Carpacco, giunta ormai alla tretacinquesima edizione, anche per rendere omaggio a un carissimo socio, amico e collaboratore. Oltre al rinomato frico, la Sagra offre serate danzanti, un “Vespa Raduno”, un’enoteca e una birreria con alternative al frico (pizza, prosciutto in crosta, carni alla griglia…) nonché l’immancabile Pesca di Beneficenza. Il nostro amico sostiene che chi non è stato alla sagra di Carpacco non ha mai gustato un vero frico. Ma noi ci permettiamo di segnalare sommessamente l’Albergo Ristorante Nouaitas di Forni di Sopra, dove il frico, in due versioni diverse e naturalmente con polenta, ci è sembrato davvero eccezionale. Nelle foto di repertorio, dall’alto: - il festival dei cuori di Tarcento - il frico di Carpacco - la sfilata in costume del Palio di San Donato a Cividale del Friuli Due simpatiche sorprese di Elena Colonna L a Scuola di Friulano riserva grandi soddisfazioni al mestri Sandri perfino quando è chiusa per le vacanze estive. Sono state a trovarlo due delle sue più care e giovani ex allieve, che non frequentano più per ragioni di lavoro o logistiche, ma che sono rimaste affezionate e hanno, evidentemente, un caro ricordo della scuola. La prima è stata Donata Andreutti, friulana nata in Venezuela, che aveva sempre parlato in friulano coi genitori, ma desiderava “perfezionarlo”. E’ arrivata con una sua simpatica amica, Margherita, che, pur non essendo friulana, ha scelto come sua dimora (forse provvisoria, dato che è un po’ una giramondo) il bel paese di Malborghetto. Lo raccontiamo qui perché ci è sembrata una scelta curiosa, o quanto meno insolita. Insieme abbiamo trascorso una deliziosa giornata. La seconda è Laura Zelin, giovane tenente dell’Aeronautica, che sicuramente tutti i “compagni di scuola” ricorderanno. Laura ci è particolarmente cara: la rivediamo quasi ogni anno, quando riesce a passare qualche giorno con la sua bella famiglia di Purgessimo, vicino a Cividale. Un’amicizia preziosa, un rapporto affettuoso e duraturo. INCONTRI FRIULANI D’ESTATE: ODÔR DI ’ ormai tradizione trascorrere un lungo periodo tra giugno E e settembre nella Piccola Patria. Più che una vacanza a caccia di spiagge incontaminate e trasparenze marine piuttosto che sentieri montuosi è una sorta di occasione per seguire eventi e spettacoli e per fare incontri. L’Estate 2016 è stata a dir poco pirotecnica. Oltre agli eventi di cui abbiamo riferito nelle varie pagine del giornale non possiamo fare a meno di raccontare alcuni momenti vissuti e i numerosi incontri all’insegna della friulanità e del ritorno in regione. EuroChoir 2016. Ancora una volta il Friuli è stato protagonista nel mondo della coralità europea. 47 ragazzi provenienti da 17 paesi si sono trovati a San Vito al Tagliamento (PN) per una settimana di prove musicali, di studio, di concerti tra luglio e agosto. Due direttori, uno italiano, Lorenzo Donati, ed uno finlandese, Mikko Sidoroff, sono stati i docenti del fantastico gruppo che durante i concerti (San Vito, Venezia, Capodistria e Aquileia) ha proposto un bellissimo programma musicale. Gabrieli, Marenzio, Debussy, ma anche complicate polifonie moderne di varie realtà nazionali sono stati i graditissimi brani che il pubblico, sempre numeroso, ha potuto gustare nelle esibizioni. Un ennesimo successo della coralità che proprio in Friuli, a San Vito al Tagliamento (PN) ha la sede della Federazione Nazionale (FeNIARCo). I contatti con Ente Friuli nel Mondo ci hanno permesso di essere intervistati da Telefriuli per ben 4 minuti venerdì 22 luglio, dando spazio ai nostri prossimi eventi. Con la presentazione della simpatica Alexis Sabot, Marco Rossi ha sinteticamente illustrato i programmi del Fogolâr Furlan di Milano per il 70° anniversario dalla fondazione. La cornice è stata la piazza di Manzano (UD), in occasione del tradizionale «Festival della sedia». Il nostro amico Dino Persello è stato nuovamente il protagonista dell’Estate friulana con la sua 140° replica di «Voe di contaus», giovedì 28 luglio quale anteprima degli eventi di Ente Friuli nel Mondo. Questo spettacolo che conquista il pubblico giocando sulle varietà della lingua friulana è un fiume in piena che trascina gli spettatori. Sotto le arcate della Guarneriana a San Daniele del Friuli erano presenti anche diversi Fogolârs oltre al nostro: Bologna, Toronto, Parigi... Ancora Persello ha coordinato uno spettacolo dedicato a padre David Maria Turoldo nel cortile della sua casa natale a Coderno di Sedegliano. «Odôr di polente», il titolo della serata che, il 3 agosto, si è tenuto nella suggestiva cornice di questa antica casa friulana : due voci, musiche dal vivo e opere d’arte dedicate a Turoldo sono state il momento di condivisione per tutti. Se le voci di Maria Luisa Rosso e Dino Persello hanno giocato in un ping pong tra gli interventi degli artisti (Borzani, Caneva, De Martin e La Montagna) particolare e intenso il contributo di Silvano Bertossi dedicato proprio alla polenta. Anche in questo caso abbiamo rivisto gli amici dei Fogolârs: Bergamo e Bologna. E non parliamo della replica di «Ognun la conte a so mût» che è stato proposto nella piazza di San Lorenzo di Arzene (PN) in occasione della sagra del paese (lunedì 8 agosto). Ma questo spettacolo di area carnica sarà prossimamente a Milano e non vogliamo anticipare nulla! Come ogni anno abbiamo potuto gustare una serata di bellissima musica: un gruppo di studenti dei Corsi Internazionali di Perfezionamento Musicale di Spilimbergo ha proposto musiche per complesso di fiati e ottoni nella piazza di Valvasone di fronte all’antico castello. Tra i docenti e gli esecutori di pregio anche Ottaviano Cristofoli, trombettista e esponente principe del Fogolâr di Tokyo. Un altro evento culturale e musicale ritorna come ogni anno: un mercato da favola è la cornice in cui il borgo antico di Valvasone si anima per due lunedì di agosto con degustazioni, giochi, fantasie musicali con la fisarmonica, visite al castello e il suono dell’antico organo rinascimentale del Duomo. In chiusura l’incontro con il nostro socio Elio Martina a Chiusaforte, nel suo storico «Albergo Martina» che è stato recentemente inaugurato (ai primi di settembre) dopo un attento restauro. Non è mancato un incontro con il sindaco della borgata che domina la ciclovia Alpe Adria con una visita alla bella stazione della vecchia linea ferroviaria Pontebbana. Ma di questo avremo occasione di parlare ampiamente in futuro presentando l’interessante volume redatto dal figlio di Elio, Roberto, che ha approfondito tutti gli aspetti della storia del locale che ha raggiunto il traguardo dei 150 anni! Nelle foto (dall’alto): - Aquileia: il concerto dei ragazzi dell’Eurochoir - Manzano: l’intervista di Telefriuli a Marco Rossi - San Daniele del Friuli: lo spettacolo di Dino Persello sotto la loggia della Guarneriana - Coderno di Sedegliano: foto di gruppo con Dino Persello al termine dello spettacolo con i rappresentanti dei Fogolârs: Denise Pramparo (Bergamo), Marco Rossi (Milano) e Sandro Matiz (Bologna) - Coderno di Sedegliano: il tagliere della polenta di casa Turoldo - Valvasone: concerto di ottoni e fiati in piazza Castello - Chiusaforte: la facciata dell’Albergo Martina 5 FOGOLÂRS Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016 6 Cultura dal Friuli La mostra di Illegio 2016 La Madonute dal taramot «OLTRE» di Ernesto Zorzi di Marco Rossi I llegio da anni è ormai tappa irrinunciabile della nostra Estate in Friuli. E ogni anno ci troviamo di fronte ad un percorso espositivo che ci affascina e ci stupisce sempre di più. E come tradizione percorriamo senza guida le piccole sale del Palazzo delle Esposizioni del borgo carnico. L’idea è quella di osservare, scoprire, annotare le sensazioni che le opere d’arte ci trasmettono senza commento alcuno. Solo con l’idea di essere osservatori attenti. Ed infatti iniziamo il cammino con l’«Homo viator», il popolo in cammino e con la bellissima tela del «Sogno di Giacobbe» di Cristofano Allori (1610) ove particolare è il disegno degli Angeli. Altrettanto ci colpisce la «Sacra famiglia» di Jacob Jordaens. Nella seconda sala notiamo il dipinto di Piero di Giovanni detto Lorenzo Monaco (del 1415-20) proveniente dalle gallerie di Monaco, poi un «San Nicola di Bari salva i naviganti» (Firenze) ove la staticità della Chiesa si oppone al momento del naufragio, la fissità dell’aspetto terreno e la forza del salvataggio che arriva dal cielo sono le figure che ci colpiscono maggiormente. Superate le tele rinascimentali un olio su tavola di anonimo fiammingo del XVII secolo ci propone il «Viaggio di Giacobbe»: cogliamo la cura e la precisione del tratto, i particolari dettagliati, il gusto della miniatura tipico di questo ambito pittorico, l’attenzione nel collocare i piani visuali, la gente in primo piano, la vegetazione in secondo e il panorama sullo sfondo, in una sorta di gerarchia piramidale dall’uomo alla natura. L’opera della bottega di Leandro Bassano, «Partenza di Abramo con la famiglia da Aran verso Canaan» (1600-1610) ci presenta un dettaglio che troviamo stupefacente: il pelo del cavallo che sembra in movimento con la sua leggerezza e fluidità durante la corsa. L’«Adorazione dei Magi» del Botticelli mostra la grande scuola del pittore. La tempera è caratterizzata da una luce unica, dalla vivacità della costruzione del dipinto: la rocca centrale ci fa convergere nel punto focale, il tuto in una unica visione rinascimentale che coglie l’istante della rappresentazione sacra. La «Partenza di Ulisse» di Guidoccio Cozzarelli di Giovanni (148081) ci riporta al gusto del dettaglio, al sapore di quotidianità nel momento dell’addio, tra il saluto e il lavoro in atto (alcune tessitrici) con in lontananza il mare, la città, i palazzi e i castelli. Insomma ancora una volta il gusto della metafora didattica che gli antichi maestri sapevano mostrare nelle loro opere. Curiosa la pittura su ardesia di Paolo Farinati che ci propone la «Fuga di Enea da Troia» della metà del XVII secolo: un istantanea quasi manierista ove i soggetti appaiono dal buio del fondo. «Caino e Abele» di Pietro Novelli (1828-30) sono un frame della vita e della morte: Dio che appare nel cielo con un alone di luce che squarcia le tenebre, Caino che scorge il bagliore mentre fugge con Abele a terra colpito a morte. Potremmo definire spettacolare la «Cena in Emmaus» di Mathias Stomer (1633-37 conservata al Museo Nazionale di Capodimonte - nella foto qui a finaco). Il lume centrale con i suoi bagliori è decisamente unico! L’uso del colore e della luce è semplicemente geniale nella distribuzione dei piani, le figure sono quasi secondarie in questo ordine delle cose. E’ la luce che domuna la composizione e ne è protagonista. Potremmo poi continuare con la precisione fiamminga e il gusto miniaturistico di Valchenbor e Van Coninxoo (tra ‘500 e ‘600). Ed ancora la «Barca di Caronte» del 1919 di José Benlliure y Gil (nells foto in basso), uno spettacolo di rilievi e significati, dalle luci alle sfumature di grigio, dal senso del traghettamento al volto del protagonista. E il «Dante e Virgilio» del XIX secolo. Una meraviglia anche l’olio su tela di Breugel di «Orfeo all’Inferno» ove ci colpiscono: figure, luci, chiarori, mostri e miniature... Chiudiamo il nostro meraviglioso percorso di grandissimo pregio con una semplice citazione che il curatore ha posto in coda alle opere d’arte, due testi di Iacopo da Varagine (un estratto dalla «Leggenda Aurea») e Montale («Maestrale») che ci offrono tutto il senso del titolo e, soprattutto, del sottotitolo della mostra: «Oltre - In viaggio con cercatori, fuggitivi, pellegrini» quasi nella ricerca di una parafrasi alla nostra vita quotidiana di eterni pellegrini alla ricerca di un perchè nella nostra vita. Sacile - Gemona: storia di una treno che non passa più! di Marco Rossi ra i diversi eventi dell’Estate un posto di riguardo merita la mostra fotografica dedicata alla linea ferroviaria SacileT Gemona. Infatti non si tratta di un semplice itinerario di immagini, ma un vero e proprio movimento finalizzato al recupero di un asse fondamentale nel traffico pendolare e turistico della regione. foto M. Rossi Il concorso «Un viaggio a scatti… Stazioni e paesaggi sulla Sacile-Gemona» ha avuto un successo veramente inimmaginabile al momento del lancio: alla fine sono risultati iscritti 160 fotografi, che hanno inviato ben 800 fotografie, 480 per la Sezione Linea ferroviaria e 320 per la Sezione Paesaggio. In questo modo, si sono pienamente realizzati i due obiettivi che il circolo «Per le antiche vie» di Montereale Valcellina si era prefissato. Così si è riportata l’attenzione sulla linea e si è parlato del suo passato, presente e futuro. Stampa, televisione e social media hanno ampiamente diffuso la notizia. Inoltre è stata fondamentale la possibilità di creare un vero e proprio archivio fotografico importante e nuovo sulla linea, con le sue le sue pertinenze e sui meravigliosi paesaggi circostanti. Un patrimonio veramente prezioso che fa meditare, su com’era, com’è e su come potrebbe essere di nuovo questo asse del trasporto lungo la pedemontana. Tre le tante persone coinvolte in questo progetto citiamo Romano Vecchiet, lo storico che ci ha parlato, tra i vari temi ferroviari, anche della «Sacile - Gemona» in occasione di una delle sue conferenze per il Fogolâr di Milano L’evento, che ha visto la conclusione del concorso, la mostra e la premiazione dei vincitori presso la Stazione di Montereale Valcellina è stato reso possibile in seguito all’interessamento dell’Assessore Mariagrazia Santoro, per cui RFI ha concesso l’uso dell’edificio fino al 30 ottobre al Comune e all’associazione culturale «Per le Antiche vie» che ha visto in prima fila una persona ben nota al Fogolâr Furlan di Milano, Vittorio Comina. A son za passâts cuarante agns di chê gnot tremende, cuant che al pareve che la tiare e ves volût gloti dut e ducj: un minût di distruzion e di muart che no si podarà mai dismenteâ. Come che no si puès dismenteâ che daspò ancje i umign a àn dât une man a finî di distruzi e di dispiardi ce che il taramot al veve sparagnât: cu la primure di tornâ a tirâ sù lis cjasis e cu la mancjance di cure e di amôr par chei valôrs storics, artistics e culturâi dal nestri vecjo Friûl, che no si podarà mai plui tornâ a meti adun. Alc si varès podût salvâ, invecit di lâ a discjariâ dut intun grum cui rudinaçs des demolizions. Al è propit il câs di chê Madonute, tornade a cjatâ intune discjarie sul ôr de Tor, che e je stade traspuartade su la cime dal Jôf Fuart e logade lassù, plui di trente agns indaûr. Une storie che e merte contade. In chê stranide buinore di cuarante agns indaûr o levi a vore a Pradielis; e passant par Ciseriis o ai viodût che a stevin sdrumant la glesie dal paîs. O savevi Un’immagine storica di Ernesto Zorzi che trasporta che jentrant, a çamla statua della Madonna sul Jôf Fuart pe de puarte grande, e jere la pile de aghesante, sculpide ta chê biele piere rosse di Verzegnis, cuntune scrite par latin, che di sigûr e sarès lade piardude. Cussì mi soi fermât par domandâi a Pre Domeni se al jere pussibil fâle meti in bande. Vude la conferme dal Plevan, o soi lât pes mês: ma cuant che la sere o soi tornât a passâ par lì, al puest de glesie al jere restât dome un grant splaç: une desolazion, une abominazion! Dutis lis maseriis lis vevin discjariadis jù par chel rivâl sul ôr de Tor, a ret dal volt prime dal puint di Zomeais. Cussì o soi lât a sgarfâ sul puest, sperant di cjatâ chê pile de aghesante, ma ribaltant i claps e i rudinaçs, invezit di ce che o jeri vignût a cirî, e je saltade fûr une Madonute di marmul blanc, crevade a mieç, in doi tocs. Le ai puartade a cjase, le ai justade e poiade intun cjanton de cantine, cul proposit e la sperance che prime o dopo e sarès tornade a stâ intun puest par jê plui just e confasint. Dal mil nûfcent e otante, par lavôr, mi soi trasferît cu la famee a Segrât, e cussì la Madonute e je restade bessole e scuasit dismenteade inte cantine. Fin che une sere, sentât ator di un taulìn intun ambient di Fojan cuntun trop di “amîs de montagne”, fevelant di Jê, o vin decidût di puartâle su la cime dal Jôf Fuart. E cussì, in sîs di nô, dopo vê fat benedî la Madone dal predi dal paîs, il vincjecinc di Avost dal mil nûfcent e otantecinc, le vin puartade lassù, su la cime che si veve decidût. E je stade une piçule grande imprese, par vie che si veve di puartâsi daûr ancje il savalon, l’aghe e il ciment par inghisâ il supuart pe Madone, che dome jê, di bessole, e pesave plui di trentecinc chilos. Ma si jere zovins, ferbints e plens di fûc. E se ancje dal “Rifugio Corsi” fin insomp mi è tocjât a mi di puartâme dibessôl su la schene , infin o sin rivâts. E quant che la sere o sin tornâts a cjase, contents, o jerin sigûrs che si varès simpri ricuardât chê zornade cuntun fregul di braure. Un particolâr mi jere restât simpri vîf inte memorie: tun cret a mieze mont al è un passaç une vore discomut; e o vevi scugnût tirâ jù de schene la Madone e cjapâle sot braç. E cuant che, traviarsant chel cret e fasint ancjemò un sfuarç o stevi par pojâle jù suntun splaç, parsore di me, un zovin che al tornave jù de cime in companie di trê amîs, mi à judât a tirâle sù. O vin scambiât cuatri peraulis, spiegant il motîf di cheste nestre imprese, ju vin ringraziâts di cûr e si sin saludâts. E culì o scuen contâ un piçul particulâr, che al à scuasit dal incredibil. Intes memoriis de mê vite, o ai scrit ancje de Madone cjatade tra i rudinaçs dal taramot: e chestis memoriis, par cumbinazion, i son rivadis in man propit a chel zovin che mi veve judât, plui di trente agns indaûr, a tirâ fûr la Madonute di chel passaç discomut. Ancje lui si ricuardave di chei sîs fantats che ducj a crodevin “bisiacs”, ma nol saveve paraltri che chel cu la Madone su la schene al jere di Tarcint. Al è vignût a savêlu chest an, in grazie di so missêr, che nus à fats cognossi une sere in te sede dai Alpins di Biliris. Si sin dâts la man, si sin presentâts. E cuss’ o soi vignût a savê che chel fantat si clamave Mauro Steccati, che, ormai deventât omp, cumò al è sindic di Tarcint. E je propit vere: te vite e capitin cumbinazions che nissun varès mai spietât. Tarcint, 28 di Jugn 2016 Manzano: Premio Letterario biennale «Caterina Percoto» Al fine di onorare la concittadina Caterina Percoto, l’Amministrazione Comunale di Manzano bandisce la sesta edizione del Premio Letterario “Caterina Percoto”. Il tema individuato per la 6a edizione da cui i partecipanti potranno trarre libera ispirazione per l’elaborazione dei saggi giornalistici o dei racconti brevi è la frase di Caterina Percoto tratta da “Ventisei racconti vecchi e nuovi”: “Ho visitato parecchie delle belle città della mia patria; ho veduto le loro pompe; ho ammirato con entusiasmo i superbi monumenti dell’arte che le fanno famose: mille i confort di una società raffinata, facile la vita tra gli agi e le tante risorse di questi centri di ricchezza e di coltura, ho partecipato più di una volta alle loro gioie; eppure nel segreto del cuore sempre mi sorgeva il desiderio di ritornarmene qui”. Cit.: ‘Orazio’ in Ventisei racconti vecchi e nuovi, Milano, Paolo Carrara, 1878, p. 232. Il bando di concorso è disponibile e scaricabile sul sito: http://www.comune.manzano.ud.it Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016 La pagjine furlane IL UNE MINIME TRESEMANE IL MAGO DI NIMIS di Vittorio Storti di SergioJacuzzi La zornade e jere sflandorose, tipiche dal mês di Mai: il soreli a plen tal cîl turchin e la temperadure clipe. Cu la mê parone, o vin decidût di lâ al parc a viodi un splaç di rosis di tancj colôrs, che a semenin di pueste par tirâ dongje âfs, paveis e altris insets. Lu vin olmât di lontan, par vie che il ros dai confenons si lu viodeve a grande distance. Al jere dabon un spetacul, parcè che misturadis ai confenos a jerin tantis altris rosis dai colôrs plui diferents; e une in particolâr, e à tirade la atenzion de mê femine. E semeave barburice pe forme ma e jere di tancj colôrs, no dome dal tuchin che o cognossevin. Intant che e jentrave tal strop des rosis par fotografâ miôr, cence volê e spaventave, e lu faseve cori vie, un “airone cinerino” che al stave platât tal mieç des rosis. O vin capît subite parcè che si cjatave cidin in cove: al veve la ale çampe a pendolon e cuant che al coreve, lis çatis i sbatevin intor. Lu vin cjalât par un pôc, no savevin ce fâ, lu vin lassât slontanâsi, e o sin tornâts a fâ fotografiis. Dopo un pôc o ai viodût che chest uciel ferît al vignive frontât di un corvat, che lu tacave svolant jù di buride. A chest pont o vin decidût di intervignî: jo o paravi vie il corvat e o instradavi l’airon viers lis rosis altis par che al podès i scuindisi; la mê femine e leve a cirî lis vuardiis comunâls che o vevin viodût jentrant tal parc. Cuant che a son rivâts a an butât une cuviertute sul airon che si è cuietât e nus à dade la pussibilitât di tirâlu sù e di metilu intun scjatolon su lôr machine. Lis vuardis, daspò, a son lâdis vie par puartâlu là che a vevin vût istruzions. Nô doi o sin restâts contents par cheste piçule aventure: si sintivin boy scouts che a àn fate la lôr buine azion. Milan, mai 2016 GNO CUSIN di SergioJacuzzi In Friûl, di tante parentât, la famee di mê mari e veve siet fradis, chê di gno pari sîs, a son restâts dome i cusins e i lôr fîs. Un di chescj al è Ferruccio, fi di une sûr di gno pari, uns cuatri agns plui di me, l’ultin di une famee cun cinc fradis. Cuant che o stavi in Friûl no si viodevin di spes e daspò il gno trasferiment a Milan si jerin pierdûts di viste. L’ultin contat al jere stât in ocasion di un funerâl, za passe vincj agns, a Montine; e in chê volte, mi veve mostrât la sô cjase, (par descrivile, al coventarès un articul apueste), o vevin fat divertî gno fi in grope di un pony che al veve te stale, intant che nô o cepelavin, sentâts sul prât, persuts, salams e formadis di grande cualitât, dut ben sborfât di bon vin. Di che volte, nuie, ancje parcè che il telefon celulâr lui lu ten cuasi simpri distudât e nol lei i messaçs. Se tu vâs a cirîlu a cjase, tu riscjis di no cjatâlu, par vie che al va vulintîr tal bosc cul so cjan. Une dì, il gno vicin di cjase a Cjampei mi dîs che al viôt di spes gno cusin, parcè che i corêç chel che al scrîf: pinsîrs e coments su moments de sô vite. Ferruccio al à lavorât di muredôr di cuant che al jere frut e di sculelis ind à fatis pocjis e i coventave un jutori par comedâ i siei scrits. Cuant che il gno vicin di cjase i à contât che a Milan jo o voi a scuele di furlan, gno cusin al è vignût a proponimi di voltâi chei scrits dal talian al furlan. Il mutîf al jere che al voleve mandâju in Canada a ciarts siei parincj che a jerin emigrâts là vie. Jo, ben content, i ai dit subite di si, e cumò si viodìn ogni volte che o voi in Friûl, parcè che lui al à simpri alc di fâmi tradusi. Par me al è un bon esercizi - no vevi mai doprât cussì tant il dizionari furlan - e la colaborazion e va indenant che a son doi agns. IL MOTORIN E IL PESCJADÔR (A VITORIO, di Spartaco Jacobuzio ANTOLOGJIE CJANTON DAI ARLÊFS SORPRESE FRA LIS ROSIS Tal mieç des nestris bielis culinis, intal paîs di Nimis al jere une volte un cjaliâr. E somearès une conte pe canae e invezit e je propit une storie vere: me à contade un siôr che in chê volte al viveve culà vie. A jerin i agns cincuante dal nûfcent, agns di sperancis e di ricostruzion: un moment une vore sintût a Nimis, dulà che i todescs e i cosacs dal 1944 a vevin sdrumât il paîs e brusât lis cjasis. Il cjaliâr, che la int e clamave Pacjec, al jere un om piçul, brut e tarondut. Cuntun grumâl di corean sul devant, al passave la zornade te buteghe a incolâ suelis e a bati brucjis : in chei agns pai cjaliârs di vore a‘nd jere un grum, parcè che lis scarpis si lis comedave plui e plui voltis. Parfin sot lis suelis a imbrucjavin placutis di fier par fâlis dura di plui. Il cjaliâr al veve ancje un zovin di buteghe, un frutat plui alt e plui magri di lui e cetant plui brut; e in dutis lis ocasions lu strapaçave cun peraulatis e cualchi pataf che il garzon nol rivave a svuincâ. Daûr de buteghe al jere ancje un camarin, dulà che a stavin i imprescj par chê altre vore di Pacjec, la magjie: une crepe di muart, un uciel impaiât e intune vitrinute une rudiele di salam cu la mufe. La rudiele e jere la dimostrazion che lui al jere ancje un mago: al jere stât propit lui cu la sô emanazion a fâi cjapa la mufe al salamp, dut intun bot. Un mago come che si dîs al è bon no dome di induvinâ l’avignî, ma ancje di dâ fûr conseis su lis diviersis cuistions. Par solit la int e va dal mago par afârs di bêçs, o ancje di amôr e di odi. Ancje tai paîs dulintor il mago di Nimis al jere une vore cognossût; e si pò dome figurâsi la sdrume di int che i puartave a comedâ scarpis, pûr di vê daspò la ocasion di jentrâ in chel camarin dai misteris. E forsit, a lâ plui dal mago a jerin lis feminis, nuvicis e morosis, par cuistions di amôr e di ses. Dut câs, Pacjec al veve i siei stimadôrs; e cuant che al sierave buteghe, si podeve cjatâlu te ostarie, lûc di cunvigne di ducj, cence distinzions di cundizion o di culture. Sentâts dongje tu podevis cjatâ il miedi cul contadin o il marangon. Salacor no il predi. Ma une tace di vin e cuatri peraulis si podeve scambialis cun cualsisei. E jere a Nimis ancje une clape di zovins di scuele superiôr, simpri in trop a torzeonâ pal paîs, simpri a cuistionâ, a fâ coments, a fâ mateçs. Zovins dispatussâts che a dubitavin di dut, plui che mai de magjie. Cuissì a nasicjavin simpri intor di Pacjec, te buteghe e te ostarie, e lu stiçavin cun cuistions di materie sessuâl, e no dome. In chei agns la politiche e jere daûr a cuistionâ a proposit de partecipazion da l’Italie ae Comunitât Europeane dal Cjarbon e dal Açâl – la CECA – ven a stâi il prin scjalin viers la Union Europeane. Nancje dîlu, i partîts di guvier a jerin a pro, invezit chei de oposizion, filosovietics, a jerin cuintri. Cence television, il dibatiment politic cui eletôrs si lu faseve dome cui comizis di place. Cussì, prime de votazion in Parlament, ancje a Nimis a faserin un comizi par dimostrâ il vantaç de nestre partecipazion ae CECA. La place e jere plene e sul breâr si jerin dâts di volte diviers oratôrs. Tal ultin, cualchidun al clamà dongje ancje Pacjec par sintî il so pronostic. “Di sigûr la votazion e sarà a pro” – al disè il mago, saludât cuntun grant batiman. Invezit, in chê volte, la propueste in Parlament no je passade. Apene che lu àn savût, i zovins de clape e an invadût la buteghe dal cjaliâr par menâlu pal boro: “Astu viodût che non àn votât come che tu disevis? Ce raze di mago sêstu? Tu sês un mago di barzalete!” “Sêso stupits, voaltris? No capîs propit nuie! O savevi ben, jo, che no varessin votât a pro”. “Ce balis vignistu a contânus? Alore, cemût mai sêstu vignût fûr a dînus dut il contrari?” “Zovins di pocje fede! No savês, voaltris, che la sere prime dal comizi a son vignûts inte buteghe doi carabinîrs? A son stâts propit lôr che mi àn comandât di dî ce che o ai dit”. Cussì, in chê volte, il mago di Nimis si è parât la muse. GNO PARI ) Il motorin, legri come un frut, libar come un canai, lu puarte burît, intal aiar fresc de matine fumatice, intal clâr e scûr dal cricâ dal dì. Il motorin al cognòs ben la strade: al rive svelt a lis ultimis cjasis de citât. Apene fûr, la sô corse si fâs plui vivarose: si bute intai viai drets, arborâts, inta brumace de campagne segnâde di filârs di pôi. Il motorin al cjante la sô ligrie. La sô vôs a sclopete, bessole, intes primis oris dal dì. Al puarte il pescjadôr seneôs. Seneôs di cjapâ lis primis vriis de stagjon. La strade e je drete, sigure: prâts, boschetis, cjamps, doriis, puints, grops di cjasis subit lassadis indaûr. Insieme, motorin e pescjadôr, e nulin a plen i bonodôrs di tiare juste dismote: di bovui di rosade che si jevin al clip dal soreli e di jarbe apene seâde. Cumò l’ajar al sa di aghe che e côr. Il flum al è dongje. Il motorin e il pescjadôr a spessein par rivâ prins tal solit sit. Daspò il puint, daspò l’ultim toc di strade, propit dongje dal sît bramât: ma il motorin e il pesciador si intopin tal destin segnât: un trùs cul destìn! Un trùs trement. Un scjàs plen di vôs vivis che a muerin. Cumò dut al è cidin, un cidin ancjimò clip. Si sint dome il criçâ dai pas che a corin tal glerein sul ôr de strade. Il pescjadôr al è distirât partiare, bessôl, vueit di vite; ancje cussì al è simpri lui: la sô muse nete, i siei cjavei neris, lis sôs mans grandis, i voi siarâts. E il motorin? Il motorin al è là, sbatût in bande sot di une plante, dut intun grum, un grum vueit di vite. Nol è plui lui. vite. No l’è plui lui. Colline friulane DONGJE LA MENSE DAI di Spartaco Iacobuzio 7 FRARIS Culì ducj a puedin domandâ di mangjâ cence spindi nancje un carantan, cence vergognâsi e sbassâ i vôi. Devant la mense mi ferme un omp: une persone a vonde di sest che, cul dâmi la man, mi domande: “Puedial dami cincent francs”? E jo: “Orpo, parcé aio di dai 500 francs? No lavorial? Ce aial di fâ di lôr?” E lui: “Ah, o ai capît, al è ancje lui un di chei: chei che fasin l’interogatori, prime di dâ”. Mi torne a dâ la man par saludami. Intant ta mê o vevi zâ prontâts i 500 francs. Ju vevi cjatâts sgarfant la sachete. Si cjalìn ben fis te muse, cence savê ce dî, si saludin cuntun moto dal cjâf e, ognidun, al vâ pe sô strade, cence voltâsi. MAI FINIDE DAL DUT di Spartaco Iacobuzio Mi plâs finî une robe scomençade ma, plui di cualchi volte, o preferìs no finîle. La peraule “fin” no mi va: e sa di malinconie. Chê robe lì, chel pinsîr no tornaran plui. Finide l’emozion di vê vût une idee e di metile jù. Finît di stâ, par un moment, di bessôl cun me. E po e son altris resons che no sai spiegâ. Mi afezioni a ce che o fâs; e propit par chel, une volte finît, no lu darès vie a di nissun. Al è come separâmi di un toc di me. E alore? O crot che il biel di un lavôr al sei pensâlu. Fâlu ben, miôr che al è pussibil. Ma no finîlu. Cuissà, o pues cambiâ dut. Mê mari, puare, e diseve che o soi l’om dai mîl pinsîrs. ant a curiosâ fra i Strolics di 15 - 20 agns indaûr (chei sì che a jerin StroL lics! Ma bisugne pensâ che in chei agns si viveve in Friûl une sorte di Rinassince e la floridure di “Risultive”) o ai cjatât un numar plen di maraveis: al è il Strolic pal 1971. E Tresesin culì al à fat la part dal leon, cun Alan Brusini e sô fie Tilie, ancjemò frute di quinte elementâr. Di Alan - poete, scritôr, musicist o ai gust di ripuartâ une des sôs puisiis, par me tra lis plui bielis, pe semplicitât de lenghe e pal incjant di chel seren de zornade che e va jù cul soreli. Di Tilie Brusini, lis considerazions plenis di malignitâts di une frute che e veve fat il so compit par un concors, che daspò al è lat a finile in nuie.. O vedarês che Tilie e varès mertât il prin premi. Ben, in ogni câs il divertiment e la ridade final a son garantits! FRUTIN CHE TU VAS PAR TON PARI Frutin che tu vâs par to pari a cjoli di fumâ no tu rivis cul cjâf sul banc da l’ostarie e tu alzis lis manutis par pajâ. Po’ tu cjapis indaûr lis caramelis. Sentât sul clap di cjase dopo cene, il pài al butarà bugadis e ancje il fum pal nâs, che il cjan lu cjalarà smaraveât.. Alan Brusini (grafie de Filologjiche) LIS VECJS E LA NEF A mi mi semèe che la nêf pes vecjs ‘e sedi une fissazion. E ‘o crôt che se a Tresèsin no ven mai la nêf, la colpe ‘e sedi propit lôr, A’ prèin dut il dì il Signôr par che la puarti vie: la stramaledissin; a’ son propit i ucei dal malauguri. Se si dîs: “Doman ‘e ven la nêf ”, lôr a dan sù come la bilite: “Mancjarès ancje chê! No îse vonde miserie pal mont! E pes stradis cui va?”. Dai dolôrs ch’e àn pe vite, no stin a fevelâ! E i polèz ch’e vegnin tai pîs! Alore jo che ‘o lis sint a discori cussì, mi ven sù il deliri e lis lassi bagajâ. No stin a fevelâ po des vedranis, ch’e àn simpri frêt. E la reson le àn simpri lôr. Chê altre sere, sul plui biel de neveade, ‘o ài sintût une vecje ch’e diseve: “Ancje chest colp ‘e dure pôc. ‘E je tacadizze, tanben!”. E difat pôc dopo si è butade in ploe. A’ disin che tal ’29 ‘e je vignude un metro di nêf, parcè che pôc prime e jere stade une murie di vecjs, une daûr chê altre, e ancje trê tun colp. Alore la nêf, senze maledizions, a’nd’è vignude un metro. I omps a son miôr des feminis ancje in chest. No disin mai mâl de nêf, anzit ‘a contin storiis di quant ch’a jerin fruz, che la nêf in chê volte ‘e vignive ogni an. Ma ce si âl di fâur a ches puaris vecjs? No ur reste altri! Compatîlis e sapuartâlis, cjapâ ce che al ven, eco. Però, par cause lôr, a Tresèsin mai un pêl di nêf. Tilie Brusini (grafie de Filologjche) Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016 Varie da Milano, dal Friuli e dal mondo 8 VETRINETTA Gianfrancesco Gubiani SAN DANIELE - L’ANIMA COMMERCIALE Stampa Tipografia OGV - Palmanova (UD), 2009 ome anticipato a pagina 3 di questo notiziario, in occasione dell’inconC tro dei Presidenti e rappresentanti dei Fogolârs del mondo, Aldo Garlatti, celebre figura di commerciante sandanielese, ha offerto a tutti i presenti un prezioso libro, siglato dal suo «Un salût di Sandenêl. Mandi. Aldo» Il volume di circa 150 pagine, riccamente illustrato, ci accompagna nel percorso storico che ha caratterizzato la vita commerciale di San Daniele del Friuli, sin dalle antiche origini del borgo. E qui la trama si perde ancor prima della colonizzazione romana. La storia viene così ripercorsa con tutte le tappe dello sviluppo economico della cittadina friulana, ma soprattutto con un corredo di immagini di archivio, cartoline, documenti di rara visione che ci mostrano quanto sia stata brillante l’attività in questo settore. Naturalmente, primo fra tutti domina il Prosciutto di San Daniele con la festa dedicata a questo prodotto dal sapore unico. I due capitoli che strutturano il volume trattano anzitutto di storia per poi analizzare la «Vocazione commerciale», la «Ricostruzione del dopoguerra». Nel panorama dell’economia sandanielese la figura dei Garlatti è proposta in un capitolo dedicato a questo negozio che risale agli anni ‘30 del secolo scorso. La seconda parte del libro si sofferma sul prosciutto, vera e propria risorsa del luogo, presentato in tutte le sue sfaccettature, dal mercato degli animali al consorzio di tutela, dai salamai emigrati in Europa alle tecniche di produzione e lavorazione. Non manca in chiusura un quadro della produzione del prosciutto a livello nazionale. Insomma, un bellissimo lavoro che esalta ancora una volta l’unicità e la tipicità di un prodotto della nostra regione. (M.R.) Gianfranco Nosella L’AZIONE EDUCATIVA DI PIER PAOLO PASOLINI IN FRIULI Campanotto Editore, Pasian di Prato (UD), 2016 egli scritti di Gianfranco Nosella abbiamo già avuto occasione di parlare DL’ultima nelle pagine del nostro giornale. sua fatica, fresca di stampa, è un lavoro particolare. Una sorta di raccolta di testimonianze e di cronaca che non ha alcun inserimento personale dell’autore, ma si limita a documentare un aspetto forse meno noto di una personaggio tanto celebre quanto discusso: Pier Paolo Pasolini. L’introduzione di Pier Carlo Begotti, infatti, accentua la peculiarità dell’argomento: «Pasolini educatore... non è solo un affascinante tema di ricerca, ma è anche un motivo che può farci comprendere moltissimi aspetti della vita e dell’azione di questo importante intellettuale...». L’autore poi approfondisce il motivo della sua ricerca, una raccolta di osservazioni, di pensieri di quanti hanno avuto l’occasione di incontrare Pasolini come insegnante. La copertina originale, un particolare di un disegno del sanvitese Paolo Del Frè, ci introduce all’agile libretto. Oltre una cinquantina di pagine, caratterizzate da uno stile scorrevole nella proposta senza soluzione di continuità delle testimonianze. Un serie di piccoli quadri che ci affascinano nella lettura e nella proposta di un aspetto che sicuramente molti di noi non hanno avuto occasione di cogliere tra gli scritti letterari dello scrittore casarsese. (M.R.) Renato Zanolli FRIULI 1976 - IL TERREMOTO CHE CAMBIÒ LA STORIA Dario De Bastiani Editore, Godega di Sant’Urbano (TV) C hiudiamo la vetrinetta di questo numero del giornale con la presentazione di un libretto che rappresenta un ricordo particolare del terremoto del 1976. Il centinaio di pagine che presentiamo sono il frutto del lavoro dell’autore che ha raccolto una silloge di pagine e articoli tratti dall’Archivio de «Il Gazzettino». E’ una delle numerose testimonianze che abbiamo scelto per questo argomento di cui quest’anno ricorre il 40° anniversario. Numerose riproduzioni di pagine del quotidiano, un ricco corredo fotografico, testi ricavati dagli articoli dei giornalisti: ben 25 inviati sui luoghi della tragedia. La cronaca del terremoto ci viene così presentata oggi come nel 1976, «ora dopo ora». Una cronaca che leggiamo, nella quale ritroviamo le emozioni di quel tempo. Una serie di scritti che in modo crudo e reale ci riportano al maggio del 1976 come se stessimo rivivendo l’immane tragedia che ha colpito la Piccola Patria. La presentazione però ci ricorda la gente friulana: «La pietà non ha parole. La disperazione è senza lacrime. Non s’è visto gente piangere. Non è che i friulani non piangono, piangono ma non vogliono farsi vedere... La storia del terremoto del Friuli è una storia di uomini e di speranze... Friulani, gente fatta così, non si siede sulle rovine a piangere, crede molto in se stessa, abbastanza in Dio, poco nello Stato». (M.R.) Fevelânt cu la mê int... di Elena Colonna La Città di San Daniele ha dato alle stampe un bellissimo opuscolo, corredato da disegni degli stessi bambini e da fotografiie, dal lungo titolo: “Fevelânt cu la mê int o ai imparât che…”. L’opuscolo raccoglie le interviste fatte da ragazzi di I Media a padri, madri, nonni e in qualche caso amici o vicini di casa, su iniziativa di due insegnanti attive e intraprendenti, Donatella Bello e Elisa Mengato. Interviste che riguardano il terremoto del ’76, l’Orcolat. A chi scrive, già adulto all’epoca del terremoto, sembra strano che i genitori, e a volte perfino i nonni di questi ragazzi, fossero bimbetti o ragazzini… ma si sa, il tempo passa veloce e l’Orcolat è già storia. Tanto più benemerita, quindi l’iniziativa delle due docenti che hanno saputo coinvolgere i loro allievi nel compito di tenerne viva la memoria. Tutti gli intervistati parlano naturalmente della paura, del panico, dello sbigottimento provati, ma quasi tutti si soffermano anche sulla solidarietà, sull’aiuto reciproco, sul senso di fratellanza creatosi in quei momenti difficili e sugli aiuti arrivati in seguito. Ci fa piacere citare qui alcuni stralci di queste interviste, che ci sembrano particolamente significative: C.C. riporta che sua madre, che aveva 5 anni “e prove tenarece e displasê pe int che no je plui, ma ancje tante braùre pe fuarce dimostrade de int furlane in cheste disgracie”. La mamma di S.L., 6 anni, “ha raccontato che un grande aiuto è stato il clima di condivisione reciproca fra i terremotati; tutto quello che c’era si condivideva”. Il papà di E.M., 7 anni, ricorda che il Natale successivo ricevette un pacco indirizzato “a un bambino di nome Nicola”. Dentro c’era un presepe da parte di una famiglia con un figlio di nome Nicola. La nonna di F.G., 25 anni all’epoca, termina così la sua lunga intervista: “A disin che ognidun al pense nome par se, ma o pues sigurâ che tal moment dal bisugn o sin brâfs a judâsi…mi ricuardi i pignatons di pastesute che mê mari a preparave par dut il vicinât… che al cuintricambiave come che al podeve… E’ un vero peccato non poter riportare almeno la maggior parte di questi brani. Vi sono raccontate perfino situazioni comiche o tragicomiche, come quella di un papà che, con la bambina piccola in braccio, si attardava a cercare la ciabatta perduta fra le macerie. Molti ricordano la luna, una grande luna velata di rosso: la mamma di T.B., 6 anni, racconta: “Una luna grande, piena, alta e arancione. La luna più bella che abbia mai visto. Forse grazie anche a quel cielo blu scuro, blu perso, senza nuvole e stelle.” Ad altri invece la stessa luna aveva fatto paura, sembrava un presagio cattivo. Ci piace concludere con le parole di una nonna che aveva allora 23 anni: “tal cûr si sint un fuart dolôr che al torne ogni volte che tal mont al capite un taramot o cualchi altri disastri naturâl”. Il friulano che scolpiscele montagne di Elena Colonna uasi tutti conoscono, Q quanto meno per averlo visto su qualche illustrazione, il Monte Rushmore, nel Sud Dakota (USA), su cui sono scolpite le gigantesche teste di quattro Presidenti degli Stati Uniti, un grande monumento al patriottismo americano. Ma certamente non tutti sanno chi scrive lo ha appreso per caso da un servizio televisivo - che il capo scalpellino di quell’impesa era un emigrante friulano di Meduno, Luigi del Bianco, poi naturalizzato americano. Fu lui con la sua maestria a rendere lo sguardo di Washington più intenso ed espressivo, e a inserire nelle pupille di Lincoln inserti di granito per la luminosità degli occhi. Sembra incredibile, dovunque ci sia un’opera importante, moumentale o prestigiosa, ci si trova sempre dietro qualche “maestro” friulano! Rio 2016: Olimpiadi Argento per Chiara Cainero n argento che si aggiunge alla U collezione. Come a Pechino 2008 Chiara Cainero precede la fuoriclasse statunitense Kimberly Rhode, una delle poche tiratrici con una bacheca più ricca rispetto alla friulana. Una medaglia certamente non scontata ma per certi versi prevista per quanto fatto vedere nel quadriennio dalla campionessa della Forestale. Non ancora sazia dell’oro di Pechino, dei due podi mondiali, dei cinque trionfi europei e di ben 16 podi in Coppa del mondo, la tiratrice che nel frattempo è diventata mamma del piccolo Edoardo ha centrato l’ennesimo obiettivo. Ora, per essere pignoli, manca soltanto l’oro iridato. Rio 2016: Paralimpiadi Medaglia di bronzo per Giada Rossi e Andrea Tarlao a prima medaglia per il Friuli Venezia Giulia alle Paralimpiadi di Rio 2016 è L stata conquistata dall’atleta più giovane della squadra regionale, Giada Rossi, di Poincicco di Zoppola (PN). Un percorso bellissimo quello della Rossi interrotto solo oggi pomeriggio dalla coreana Seo in semifinale, ma il podio è all’orizzonte, la nostra azzurra lo vuole e lo ottiene! Una gara decisamente combattuta fino all’ultimo punto, il più bello, con l’urlo di gioia dell’azzurra che ha compiuto un’impresa e il sorriso può aprirsi fino al cielo. Giada Rossi è medaglia di bronzo. Andrea Tarlao, goriziano, ha conquistato il terzo posto nella Road Race di ciclismo. Andrea, come Giada Rossi nel tennistavolo, è esempio di dedizione e volontà per tutti coloro che praticano un'attività sportiva. (M.R.) Tesis di Vivaro: 101 anni per Irma La nostra socia Lina Dalla Libera (nella foto con Irma), dal Friuli, ci segnala un importante compleanno. Nel borgo di Tesis, in provincia di Pordenone, è stato raggiunto un importante traguardo. Particolare l’invito scritto per l’occasione: «Porte aperte da Irma Zipin. Vi aspetto anche quest’anno per mangiare, brindare, festeggiare, il mio 101° compleanno!» Il Fogolâr di Milano si unisce agli auguri per questo evento. QUOTE SOCIALI PER IL 2016 Soci ordinari euro 40.00 - Soci sostenitori euro 70.00 Soci benemeriti euro 200.00 - Soci familiari conviventi e minori di anni 12 euro 15.00 Soci neonati (per il primo anno di associazione) omaggio «Sostenete il Fogolâr Furlan di Milano, ambasciatore delle tradizioni, dei costumi, della lingua e della cultura del Friuli» Il versamento della quota sociale, che oltre al giornale permette di ricevere le comunicazioni per tutte le manifestazioni friulane che vengono organizzate o patrocinate dal Fogolâr Furlan di Milano, va effettuato sul c/c postale n. 55960207 intestato a: Il Fogolâr Furlan di Milano - Via A. M. Ampère, 35 - 20131 Milano IBAN IT54 K076 0101 6000 0005 5960 207 Sede Sociale: Via A. M. 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