È disponibile on line il Notiziario 3-2016

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È disponibile on line il Notiziario 3-2016
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IL FOGOLAR FURLAN
DI MILANO
NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE
Sede Amministrativa: Via A. M. Ampère, 35 20131 Milano tel. 02 26680379 www.fogolarmilano.it
70
UN
ANNI DI FOGOLÂR, LA FESTA
di Marco Rossi
L
a nostra storia continua. Abbiamo aperto l’annata parlando
del nostro Giornale, uno dei
punti di orgoglio del Fogolâr Furlan di
Milano. Abbiamo proseguito raccontando una parte della nostra vita,
in particolare ci si è voluti soffermare sull’anniversario dalla fondazione.
70 anni. Un lungo periodo da illustrare, ma soprattutto un arco di tempo
che negli ultimi 20 anni ha rappresentato una sorta di voltapagina nella storia
del nostro Fogolâr.
L’attività sempre intensa del sodalizio ha avuto un notevole incremento. Lo
si potrà facilmente vedere dalla pubblicazione che è stata predisposta per questa occasione. Un agile libretto di 48 pagine che ha visto la sua presentazione ufficiale in occasione della conferenza
stampa tenuta a Udine il 2 settembre
scorso. E’ una piccola cosa a fronte del
grande impegno di molte persone. E’ una
pubblicazione che tocca alcune realtà del
mondo friulano: l’emigrazione di ieri e
di oggi, le nostre attività milanesi di questi 20 anni, i grandi friulani che hanno
partecipato alla nostra attività, le solenni
messe natalizie in Duomo, ma anche
quanto da noi fatto nella Piccola Patria.
Infatti, se l’idea di tenere la conferenza
stampa per presentare il nostro anniversario si è indirizzata su Udine e in particolare sulla Società Filologica Friulana, non è un caso.
Il nostro Fogolâr di fatto vive per il
Friuli, cui è strettamente legato, e tra i
vari enti e amici con cui vi è una stretta e costante collaborazione troviamo
proprio la Filologica.
Si tratta di essere sempre «sul pezzo»,
senza perdere tempo, senza arrivare in ritardo, comunicando con ogni mezzo
quanto il Fogolâr organizza, inventa, propone, promuove. E questo si rivolge a tutti i soci, agli amici di Milano e, attraverso
le grandi tecnologie della nostra epoca,
di fatto a tutto il Mondo.
Così il momento più impegnativo dell’anno 2016 è la ripresa post Estate. Infatti se il periodo trascorso in Friuli tra
giungo e settembre è stato motivo per incontri, momenti decisionali, briefing
con varie persone, ora si entra nel momento più intenso dell’annata.
A ottobre il grande concerto con gli
Alpini della «Julia», poi la serie di
eventi di novembre che si chiuderanno
con un ricordo del terremoto. Infine le
giornate natalizie che come sempre
chiudono l’anno con un momento di riflessione nella nostra splendida cattedrale
milanese.
Che dire, è sempre un Fogolâr a tutto tondo, è ancora voglia di proseguire, di proporre novità, di fare cose
che coinvolgono e che devono essere condivise. Ma è sempre un Fogolâr e come tale non può assolutamente
dimenticare le sue origini.
E con il presidente Alessandro Secco abbiamo deciso di chiudere la pubblicazione del settantesimo, con un testo firmato da entrambi. Vi proponiamo
ora quelle righe che sono un ringraziamento per quanto fatto, ma soprattutto una speranza per il futuro, quello che
con un termine teatral-musicale definiamo «atto terzo».
Anno
XLVII n. 3
3° trimestre 2016
Distribuzione
gratuita ai soci del
Fogolâr Furlan di
Milano
INSANO VECCHIETTO
di Alessandro Secco
E
’ questo, è proprio questo l’epiteto che mia moglie
mi ha appioppato un bel giorno, avendolo orecchiato in un film di Woody Allen. Con affettuosa
ironia, naturalmente: non ne dubito. E va da sé che l’originale espressione è stata prontamente adottata dai miei
nipotini, che vivendo nella Svizzera tedesca e frequentandone le scuole, sono spesso vittime di interpretazioni
ingannevoli delle parole; e probabilmente avranno pensato che il nonno, alla sua veneranda età, comincia a
presentare qualche indizio di rottamazione. Divertente,
bisogna convenirne.
Sarà bene tuttavia che cerchiamo di stabilire il significato preciso di quell’aggettivo così poco rassicurante.
Insano è l’italianizzazione dell’inglese insane. Ma qui c’è
poco da divertirsi: il significato corretto è: “pazzo, alienato, folle”, o più gentilmente: “insensato”. Va un po’
meglio in italiano: “dominato da forze irrazionali, ma talvolta crudeli”, dice un autorevole dizionario. Sicché
state in guardia, nipotini miei!
Il vecchietto di Woody Allen credeva di essere il Kaiser: questo a me per fortuna non succede.
Tuttavia l’intervento di forze irrazionali si manifesta in
me di tanto in tanto. Un esempio folgorante che risale
a vent’anni or sono, è che io abbia accettato con disinvoltura la carica di Presidente del Fogolâr, ben sapendo
di non possedere la dinamicità e l’oratoria richiesta da
questo incarico, al contrario ben conscio del mio amore
per la tranquilla lettura dei classici e lo studio delle lingue (fra le quali anche qualcuna tra le più rare e ovviamente più inutili: bizzarrie “insane”, naturalmente). E
non parliamo delle capacità organizzative, del denaro e
delle leggi dell’economia. Però mi piaceva la musica,
strumentale e corale; e questo forse mi ha aiutato, quei
vent’anni or sono, ad accettare l’investitura, insieme a
una mia modesta capacità di parlare in pubblico, anche
improvvisando “all’inglese” con aneddoti, storielle e un
pizzico di ironia e umorismo, tenuti sotto controllo da
mia moglie, con le sue sagge raccomandazioni di non
partire per la tangente cadendo in divagazioni “insane”.
Alessandro Secco durante un momento di recitazione
Beh, a questo punto cercherò di discolparmi, non voglio essere oggetto di compatimento da parte del Direttivo, dei soci e degli amici. Tutto sommato in occasione
del Cinquantesimo del Fogolâr ho portato - non per
vantarmi - un buon contributo. Altrettanto dicasi per il
Settantesimo di quest’anno.
Dimenticavo quasi un punto importante: la compilazione del nostro Giornale trimestrale, insieme con
Marco con la collaborazione di diversi soci, che riscuote
consensi fra i lettori, anche ampiamente qualificati.
“Last, but not least”, stavo ancora dimenticando il mio
grande amore, la Scuola di Friulano: un “fiore all’occhiello”, si sente dire dai vecchi e dai nuovi allievi; e
questo impegno costituisce per me il giovedì pomeriggio
più bello e appassionante delle mie settimane accademiche. Non posso fare a meno di ricordare la strettta e
fattiva collaborazione con Marco, che si è trasformata in
una simpatica e salda amicizia.
Tutto sommato, niente male per un insano vecchietto.
1946-2016: 70 anni di Fogolâr Furlan a Milano
articolarmente ricco il calendario degli eventi che il Fogolâr Furlan di Milano propone per questo anniversario. Si parte
P
con il grande concerto di sabato 8 ottobre 2016 che vedrà protagonista il «Coro della Brigata Alpina Julia congedati»
per chiudere con le celebrazioni natalizie in Duomo a dicembre, sempre con importanti ospiti friulani. Il mese di novembre
foto M. Rossi
è comunque dedicato alle tradizionali «Settimane della Cultura Friulana», quest’anno alla loro XXXI edizione.
Sabato 12 novembre, ore 16.30
«L’Osteria della Stazione»
Via Popoli Uniti 26 Milano
INAUGURAZIONE DELLE
SETTIMANE DELLA CULTURA
Consegna del Premio Friulano
della Diaspora 2016
seguirà
Proiezione del video:
«1976-1946, Friuli ferito» a cura
della Società Filologica Friulana
seguirà
«Guido Mattioni racconta i suoi libri»
Udine: un momento della conferenza stampa del 2 settembre presso
la sede della Società Filologica Friulana
Spesso abbiamo preso parte al congresso annuale, frequentemente nostri
articoli sono apparsi sulle pubblicazioni della Filologica. Quando è stato festeggiato il 90° anniversario della Società
Filologica presso l’Auditorium regionale a Udine, il Fogolâr di Milano (unico
fra tutti) ne è stato patrocinatore, ma soprattutto protagonista per un evento
pubblico. E il nostro giornale ne ha dato
puntuale riscontro con i suoi articoli.
Quindi più che naturale organizzare
una simile presentazione nel capoluogo
della Piccola Patria, coinvolgendo anche l’Ente Friuli nel Mondo e i rappresentanti e le autorità della Regione...
I 70 anni sono un traguardo importante, l’ennesimo momento in cui ci si
ferma, si valuta quanto è stato fatto, si
traggono conclusioni, ma con lo spirito di sempre si guarda già al futuro.
Infatti la filosofia della nostra associazione è quella di essere sempre legati alle
origini, ma con grande attenzione al futuro. Nella scelta delle nostre strategie,
delle persone, degli eventi, delle modalità di comunicazione che, come abbiamo più volte ricordato, sono sempre all’avanguardia, abbiamo sempre cercato
di essere attenti a quanto verrà.
«Questo domani, per il quale probabilmente altri scriveranno l’«atto terzo»,
parte proprio da qui. Prende l’avvio da una
fatica voluta e portata avanti caparbiamente
da un Presidente e da un Segretario, in piena sinergia, ma anche da un Consiglio Direttivo sempre attivo e vivace. Perchè chi si
è dedicato con fervore e passione a queste
pagine non può dimenticare quanti lavorano,
si incontrano periodicamente, pensano e agiscono, dialogano e, perchè no, si mettono
in discussione anche polemicamente, ma
sempre con il proposito di andare avanti!
Allora il nostro vero grazie è dovuto all’attuale Consiglio Direttivo e in particolare ai
Consiglieri Dante Davidi, Renzo Del Sal,
Fulvia Cimador, Lucio Fusaro, Corradino Mezzolo, Roberto Scloza. Ma anche a
tutti quanti sono disponibili per il nostro Fogolâr. Tutti sempre al nostro fianco, pronti ad agire, attenti alle necessità in relazione alle loro competenze e possibilità. Con
umiltà, con attenzione, con impegno.
E a queste persone, delegate dai soci del Fogolâr, si affiancano tutti i soci che vivono e
partecipano alla vita della nostra associazione, tutti coloro che dalla pubblicazione
di questo fascicolo si sentono ormai proiettati nel nostro «Atto terzo»!
Mandi.
Sabato 19 novembre, ore 16.30
«L’Osteria della Stazione»
Via Popoli Uniti 26 Milano
«LA TEDESCA»
DI ALESSIO ALESSANDRINI
Il romanzo di
Alessio Alessandrini diventa
il motivo per ripercorrere un
momento della
storia del Friuli
nela prima metà
del Novecento:
storia, cultura,
vita contadina
e sociale dell’epoca caratterizzano questo romanzo. Uno spaccato
di fantasia tra storia e cronaca che non
si discosta dalla realtà...
Sabato 26 novembre, ore 16.30
sede da definire
«IL FOGOLÂR FURLAN DI MILANO
RICORDA IL 40° ANNIVERSARIO
DEL TERREMOTO»
a cura di Dino Persello e Marco Rossi
seguirà
«OGNUN LA CONTE A SO MÛT»
satire, radîs, tradisions, usanças,
curiositâts, variants cjargnelas, cjant
spontaneo, ironie, autoironie, ricercje...
ridadas!
Rappresentazione teatrale del gruppo
«Pari Opportunità della Carnia Melie Artico dai Lops»
Interverrà l’autore - Letture di Elena Colonna - Esempi musicali a cura
di Marco Rossi
Al termine «A cena con l’autore»
in collaborazione con «L’Osteria della Stazione» di Gunnar Cautero
Ingresso libero agli eventi pomeridiani, la cena è su prenotazione
Per info e prenotazioni:
tel. 02 28381700 - SMS 392 5898849
[email protected]
Al termine «A cena con l’autore»
in collaborazione con «L’Osteria della
Stazione» di Gunnar Cautero
Ingresso libero agli eventi pomeridiani, la cena è su prenotazione
Per info e prenotazioni:
tel. 02 28381700 - SMS 392 5898849
[email protected]
70 ANNI DI FOGOLÂR FURLAN DI MILANO
Sabato 8 ottobre 2016, ore 20.30 - Milano
Museo Nazionale Scienza e Tecnologia «Leonardo da Vinci», Sala delle Colonne
Concerto-evento del «Coro della Brigata Alpina Julia Congedati»
Direttore Alessandro Pisano
Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili
Per il 2016 il Fogolâr Furlan di Milano ha realizzato una pubblicazione che
festeggia l’anniversario ripercorrendo la vita del sodalizio negli ultimi 20 anni.
La pubblicazione «Settant’anni di Fogolâr Furlan a Milano» sarà disponibile da
sabato 8 ottobre 2016.
In collaborazione con il
Consiglio Regionale del Friuli
Venezia Giulia e il Consiglio
Regionale della Lombardia
Ingresso libero fino ad esaurimento
dei posti disponibili
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016
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Notiziario dal Fogolâr Furlan di Milano
UNA
GIORNATA IN
VAL PESARINA
di Marco Rossi
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M
artedì 26 luglio, partiamo per
tempo da casa, siamo in centro al Friuli. Direzione Val
Pesarina. Ci dirigiamo a Spilimbergo,
si passa sul ponte del Tagliamento verso Dignano, poi San Daniele, l’autostrada e, dopo Villasantina, ci inoltriamo verso Ovaro e la valle.
Raggiungiamo Pesariis, frazione del comune di Prato Carnico. Siamo pronti,
pian piano arrivano gli amici, Diego,
Aldo, Franco e Roberto, Corradino
con la famiglia, il Presidente con Elena...
Un caffè, l’incontro con la nostra guida e si comincia dal Museo dell’Orologeria. L’itinerario museale è tanto semplice quanto suggestivo e ci riporta indietro nel tempo con ogni sorta di meccanismo e di orologio. La val Pesarina
non è casualmente definita la «valle degli orologi». C’è una precisa radice legata
alla centenaria storia della Solari che da
questi piccoli borghi montani della Carnia è diventata celebre in tutto il mondo. Infatti il nome Solari è famigliare per
chiunque frequenti stazioni ferroviarie e
aeroporti, ove troneggiano da sempre orologi, display e tabelloni firmati dall’azienda friulana. Il Museo dell’orologeria
archivia orologi da parete e da torre che
testimoniano quasi trecento anni di
storia di questa attività, importantissima
per la vallata e per la Carnia.
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LA SOCIETÀ FILOLOGICA FRIULANA
Ma il piccolo museo è solo il primo
gioiello della giornata. Dopo le raccolte di orologi di ogni epoca tocca ad un
simpatico percorso esterno che ci permette di godere della frizzante giornata
in montagna: il giro per il paese ci porta a vedere i numerosi orologi di ogni genere e tipo costruiti tra le case, nelle piazze, nelle fontane, oltre alle immancabili
meridiane su pareti e al centro delle piazze. Particolarmente suggestivo l’orologio con campane collocato di fronte alla
chiesa parrocchiale.
Durante la passeggiata si notano diversi esempi di case in pietra con architetture tipiche della zona, purtroppo
in alcuni casi affiancate dalle immancabili brutture della nostra epoca.
Ma durante questo percorso degli
orologi l’ingresso a Casa Bruseschi ci riporta alla semplicità antica della vita locale. Casa Bruseschi, a partire dal XVII
secolo, è stata residenza della famiglia
Bruseschi, una delle più antiche ed importanti di Pesariis. Nel 1963, grazie al
lascito dell’ultima proprietaria questa testimonianza, straordinaria sia dal punto di vista architettonico che da quello
etnografico, è divenuta di proprietà
della parrocchia ed è stata aperta ai visitatori come «museo della casa carnica». L’edificio sembra essere ancora
vissuto, con i suoi tre piani ben arreda-
OSPITA IL
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ti con libri, manoscritti, utensili da cucina pronti per essere usati e mobili finemente lavorati.
Il giro termina presso il centralissimo
agriturismo «Sot la napa» ove il gruppo di soci ed amici del Fogolâr si intrattiene gioiosamente grazie alle specialità locali offerte dalla titolare Eliana. La tipicità della Carnia è all’ordine
del giorno, dai salumi della casa ai
«blecs»con anatra e piselli o alla delizia
del «radic di mont» che trionfa in un pasticcio di lasagne, Ed ancora il manzo
brasato alla birra di Sauris. insomma un
tripudio di colori e sapori ben accolto dai
commensali. Dopo il pranzo una breve
passeggiata, disturbata da qualche goccia di pioggia, ci porta a raggiungere il
parcheggio e proseguire nel programma
della giornata.
Ma l’approccio con le specialità locali
non è terminato al ristorante. Prima di
lasciare la valle ancora una sosta, presso l’azienda «I salumi di Carnia» di Luincis, ove Renato Beorchia ci accoglie con
la sua squisita ospitalità.
Sotto un grande gazebo la tavolata è
pronta: dopo pochi minuti appaiono
spettacolari vassoi con prosciutto, salame e speck. Catini con ghiaccio ricolmi di bottiglie con vini di casa bianchi
e rossi... Insomma la giornata sembra non
finire mai. E nonostante la pioggerella
FOGOLÂR FURLAN
DI
MILANO
la giornata estiva lentamente volge al termine. Le persone passano dal negozio per
portarsi via un... profumo di Carnia, un
salume, un vasetto di conserve tipiche...
Ancora una volta il Fogolâr ha reso
omaggio alla Piccola Patria.
Ancora una volta i friulani di Milano hanno voluto incontrarsi in piena
amicizia in un luogo del Friuli, un luogo spesso poco conosciuto che, a maggior ragione, merita tuta la nostra attenzione.
Il Friuli è questo: natura, paesaggi, centri abitati ben curati, prodotti tipici e tanta cortesia e ospitalità, dettaglio fondamentale che la Carnia, storicamente,
non ci ha sempre offerto!
Ma la giornata non è ancora finita, già
si parla dell’incontro in Friuli del 2017 e,
in chiusura, una tappa di rientro alla «Carnica Arte Tessile» di Villa Santina per
salutare gli amici è sempre doverosa...
Arrivederci all’Estate 2017!
Alcuni momenti della giornata nelle foto
di Corradino Mezzolo e Marco Rossi:
1-2-3. Il gruppo durante il giro degli
orologi a Pesariis
4. Alessandro Secco, Marco Rossi e
Renato Beorchia nel negozio de
«I salumi di Carnia» al termine della
giornata (Luincis)
5-6. Interni di casa Bruseschi
7. Architetture locali con un antico
orologio sulla facciata della casa
PER I SUOI
70
ANNI
di Vittorio Storti
«L’anno millenovecentoquarantasei questo giorno di sabato 30 novembre …» Che
cosa avrà spinto dei friulani a sottoscrivere l’atto di costituzione del Fogolâr
Furlan di Milano? Cercare di metterci nei panni di quegli uomini, calarci
in quel momento storico, serve a capire.
E con la lettura del documento di costituzione dell’associazione, Dino Persello ci restituisce l’emozione che deve
aver pervaso quei sedici uomini convenuti - si dice così - davanti al notaio. Un sabato, alle ore 17; e già dalla
scelta del giorno e dell’ora, come pure
dalla rinuncia all’assistenza di testimoni,
si arguisce uno “stile” di comportamento.
Per la conferenza stampa siamo a
Udine, nel bel palazzo Mantica sede
della Filologica. Ci sono il presidente
del Consiglio Regionale Franco Iacop,
il vicepresidente vicario di Ente Friuli nel Mondo Anna Pia De Luca, il presidente della Cassa di Risparmio del
Friuli Venezia Giulia Giuseppe Morandini (nella foto in basso a destra), e naturalmente il presidente della Filologica
Federico Vicario. E si parla la marilen-
ghe. Con Dino Persello a guidare la presentazione c’è il nostro
vulcanico segretario Marco Rossi. In tutto una degna rappresentanza di friulanità, purtroppo con l’assenza del nostro
presidente Alessandro Secco,
impossibilitato a partecipare
perchè indisposto, ma virtualmente presente con un messaggio di saluto.
A pensarci bene celebrare la
ricorrenza dei settant‘anni del
Fogolâr Furlan di Milano fa un certo effetto. È una vita intera, quegli uomini
non ci sono più, anche se molti li abbiamo sentiti nominare, e forse alcuni
li abbiamo anche conosciuti di persona. E all’epoca fondare un’associazione come questa, senza fini di lucro, era
un atto di coraggio ma anche di speranza. Con la guerra appena finita, e il
boom economico ancora di là da venire.
Memoria. Raccontare settant’anni
vuol dire anzitutto parlare di memoria,
ripensare a cosa si è fatto, e come l’intento dei nostri “padri fondatori” è stato sviluppato nel corso degli anni.
Andiamo allora a rileggere gli scopi
indicati nell’atto costitutivo, la mission
come diremmo modernamente. Società
di mutuo soccorso? Ufficio del turismo?
Molto di più: in poche parole, amore
e l’attaccamento alla Piccola Patria, conoscenza di storia, cultura e vita friulana, una biblioteca per gli scopi sociali,
valorizzazione di artisti e lavoratori e
delle risorse del Friuli.
Ma alla friulana, senza troppe chiacchiere. Quella non era gente da tirarsela, andavano sul concreto.
Settant’anni di Fogolâr. A testimonianza di ciò che si è fatto - perché sono
i fatti che contano - ecco “Settant’anni di Fogolâr a Milano (1946-2016)”, una
bella pubblicazione a colori, fatica e merito di presidenza e segreteria del Fogolâr, che come nel “Secondo Atto“ di
una rappresentazione, continua idealmente la precedente monografia del
1996 («Cinquant’anni di Fogolâr a Milano»), per raccontare gli eventi che
hanno caratterizzato questi ultimi vent’anni.
Attività. Nella monografia vediamo
che il Fogolâr di Milano ha operato in
più direzioni, con una attenzione da un
lato alla Piccola Patria, e dall’altro al territorio milanese e lombardo.
Anzitutto con la presenza del Friuli
a Milano (attraverso conferenze, presentazioni, concerti, spettacoli, film, mostre, pubblicazioni, prodotti del territorio).
Poi con l’attività sociale (le visite a musei, esposizioni, realtà industriali e artigianali, i momenti conviviali e di incontro,
le feste, le gite, la Messa in Duomo, la
scuola di friulano e il Notiziario). Infine
- unico tra i sodalizi friulani - il Fogolâr di Milano ha organizzato e patrocinato eventi nella Piccola Patria (conferenze, concerti, poesia prosa teatro e spettacoli, serate musicali letterarie enogastronomiche, visite a località ed aziende di
eccellenza).
Promozione. Negli ultimi vent’anni notiamo una maggiore attenzione alla promozione della nostra associazione attraverso eventi altamente visibili come
le Settimane della cultura friulana, la
Messa in Duomo in lingua friulana, il
sito Internet e la pagina Facebook.
Tecnologie e memoria. A proposito
delle moderne tecnologie osserviamo
che esse consentono una sempre maggiore velocità e diffusione di informazione e comunicazione. Però efficienza ed efficacia della notizia che ci raggiunge in tempo reale si accompagnano alla sua rapida obsolescenza. Allora sembra che conti solo l’attimo presente, e non c’è posto per la memoria.
Naturalmente per la comunicazione il
Fogolâr si avvale efficacemente delle
nuove tecnologie, ma nello stesso tempo custodisce su supporti solidi le proprie testimonianze: a fianco di una fornita biblioteca un archivio storico documenta settant’anni di vita del sodalizio. E si continua a pubblicare anche
su carta, come il Notiziario o la Monografia, perchè un libro o un giornale non si cancellano con un click.
Quarant’anni dal terremoto. Concreto:
mi dicevano che in America avevano
appiccicato ai friulani questa parola, che
là suonava concrete, cemento. Perché
se gli dai del cemento loro ti tirano su
delle case. Le case, il terremoto del ‘76
le ha tirate giù, e loro a farle su di nuovo. Perchè le case, i paesi, sono memoria e identità insieme. Continuando a sfogliare la monografia, dopo un
ricordo personale dell’allora sindaco di
Gemona, troviamo le pagine dedicate
al terremoto. Una testimonianza dello spirito con cui è stata affrontata la tragedia, dove il Fogolâr di Milano si faceva portavoce del Friuli nella città di
Milano, e gestiva la raccolta e l’invio
di aiuti che transitavano da qui, con una
contabilità rigorosa e trasparente che
è oggi ancora possibile reperire in archivio.
Chi è il friulano? Questa sembra la domanda sul finire della nostra conferenza
stampa. Sappiamo chi erano i friulani
di una volta: quelli con la valigia di cartone che portavano per il mondo il loro
lavoro di operai o artigiani, si facevano conoscere per le loro capacità e facevano strada. Erano loro che un po’
dappertutto hanno creato una Famee
Furlane o un Fogolâr, per sostenersi e ritrovarsi come dentro un pezzo di Piccola patria. Ma oggi l’interrogativo è:
chi è il friulano nel terzo millennio?,
quando tra gli emigrati siamo alla terza generazione, e i giovani dal Friuli
vanno a studiare in altri paesi con gli
Erasmus. Dove dei friulani, non più con
la valigia di cartone, sono andati nel
mondo a svolgere attività di eccellenza in diversi campi. Allora è un diritto di sangue, di discendenza, o qual-
cos’altro? Quando magari solo uno
dei genitori è friulano, o magari solo un
nonno? Il calo degli iscritti e dell’età di
frequentazione un po’ in tutti i Fogolâr ci fanno temere una crisi di identità. Perchè non c’è più la spinta a ritrovarsi? A questi interrogativi mi
sembra che il Fogolâr di Milano abbia
tentato di rispondere “nei fatti“:
L’identità friulana ha a che fare con
la marilenghe, la lingua dei padri. Ed è
anche una cultura, un modo di porsi rispetto alla vita, e conoscere le proprie
radici. Per questo è importante la
«Scuola di Lingua, Letteratura e Cultura Friulane» del Fogolâr Furlan di Milano, tenuta da Alessandro Secco.
Una scuola di friulanità che oggi compie 17 anni.
Poi è friulano chi porta avanti i valori, un certo modo di essere. Con un
senso di appartenenza a una sorta di nazione, il popolo friulano. Il «Premio
Friulano della Diaspora», assegnato
dal Fogolâr di Milano a personalità notabili tra i friulani sparniçats in Lombardia, vuole proprio riconoscere i
meriti nei campi di attività propri di ciascun premiato, anche in quanto “campioni” della comunità friulana.
E ancora i friulani lontani dovrebbero
guardare alla Patria del Friuli come culla della friulanità: è qui che si torna appena si può, a rigenerare le proprie radici. Credo che sia questo il senso degli eventi in Friuli organizzati e patrocinati dal Fogolâr di Milano.
A questo punto, nel vedere dove è arrivato il loro Fogolâr, mi pare che i sedici padri fondatori possano essere
soddisfatti. E allora avanti così, con il
nutrito programma degli eventi di qui
a fine anno, e con le attività degli anni
venturi.
Intanto dal salone d'onore di palazzo Mantica ci siamo spostati nella saletta attigua per un doveroso brindisi e
un ghiringhel, scambiando quattro chiacchiere tra i convenuti. E... Viva!
Nelle foto di Corradino Mezzolo la conferenza stampa e, in alto a sinistra, il
brindisi conclusivo
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016
Notiziario dal Fogolâr e dal Friuli
5 AGOSTO 2016: UNA SERATA A SEDILIS
di Vittorio Storti
1
C
i siamo ritrovati a Sedilis, da
Diego Biasizzo, come da 11 anni
a questa parte. Un aperitivo in
terrazza mentre il coro canta L’ombra che
viene.... Tutti in piedi, come li vedi davanti alle “frasche”, con in mano un calice di prosecco. Dopo, si potrebbe anche
partire per il mondo, invece ci accomodiamo dentro. L’ambiente dell’Ongjarut
non è cambiato: alle pareti le foto dei
nonos, le maschere di legno - i tomâts - ,
gli oggetti familiari lasciati da chi ha vissuto prima. E una grossa testa di cinghiale che mi guarda con insistenza
ammiccando. È un ritorno piacevole
perché qui con Diego e Pia siamo di casa.
E mi ritrovo con gli amici coi quali
anche lo scorso anno abbiamo condiviso
una altrettanto piacevole serata.
Elena esordisce con la leggenda della
«Madonna della neve»: una nevicata la
mattina del 5 Agosto del 352, a Roma,
dopo che un certo Giovanni, ricco patrizio, aveva sognato la Madonna che
gli domandava di costruire una chiesa
nel luogo in cui sarebbe nevicato. Subito interpellato, anche il papa disse
che aveva fatto lo stesso sogno. Così su
quel luogo venne costruito l’edificio
sacro, a spese di Giovanni, che non
aveva discendenti ed era desideroso di
lasciare i propri beni per una chiesa dedicata alla Madonna.
Non cercheremo le prove storiche di
un evento meteorologico tanto straordinario per il luogo e la stagione dell’anno. Un fatto forse non impossibile
se ammettiamo una anomalia climatica
in quel lontano anno 352. Piuttosto
consideriamo questa una bella storia di
devozione. Dopo Roma, altre chiese intitolate alla Madonna della Neve sorgono un po’ dovunque. Questa volta,
con il tema della «Madonna della
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3
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5
Neve», sembrava una
bella sfida. Ci hanno lavorato di concerto Marco
Rossi con Alessandro Pisano e l’«Ottetto Hermann», Sandro ed Elena
Secco, e Diego per i contenuti eno-gastronomici.
Giustamente per questa
serata il senso della Madonna della Neve lo si doveva ricercare dentro le
nostre radici. Ed ecco, allora, il programma: inframmezzati dalle portate che ci
vengono servite a tavola, le voci
dell’«Ottetto Hermann», l’accompagnamento pianistico di Marco e Teo
Luca Rossi, gli Intermezzi friulani di
Elena e Sandro Secco. Tra gli autori
proposti dal gruppo vocale, diretto dal
maestro Alessandro Pisano, ci sono
Bepi De Marzi e Marco Maiero.
Ma accingendomi a raccontare questa serata, mi accorgo di quanto una
semplice elencazione possa essere noiosa. Proverò allora a mettere a fattor
comune, come si diceva a scuola, le
molteplici suggestioni che ci sono state
restituite. Sul tema della neve come
divertimento Marco Rossi ha scelto
dei pezzi composti per i cosiddetti treni
bianchi, quelli che trasportavano gli
sciatori. Come il famoso ChattanoogaChoo-Choo di Glenn Miller. Chi se li
ricordava più i treni della neve?
Personalmente, non ho mai avuto il
piacere, ai miei tempi era già di moda
il trasporto su gomma, ed a sciare si andava con i pullman o con l’auto. Ma
c’erano un tempo, e molti sono stati
dimessi. Suonano a quattro mani, con
brio, Marco e il figlio Teo. I motivi
sono pieni di freschezza e di ritmo, e
par di sentire il treno che corre, c’è
l’urgenza di arrivare sui campi, di mettere gli sci ai piedi.
La neve per sé stessa, naturalmente
non è buona né cattiva. Ma negli inverni di guerra, la neve si accompagna al dramma dell’occupazione.
Riviviamo la guerra in casa in un racconto di Sandro: dopo i tedeschi, sono
arrivati i cosacchi, e con la nevicata
del ‘44 anche i mongoli, quelli con gli
occhi a mandorla, con i loro cammelli.
Gente strana, diversa, e sembra anche
a noi di essere stati lì a curiosare le abitudini di quella gente: “si lavavano nudi
nell’acqua ghiacciata del Torre, e poi…
quanto bevevano!”.
Con L’ultima notte il coro ricorda la
ritirata dei nostri alpini in Russia in
un tragico inverno del ‘43. Il cammino
nella neve assomiglia a una lenta
lunga fuga davanti alle belve feroci,
come in certe favole nordiche. Ma è
soprattutto una fuga davanti alla
morte bianca, sorretti dal desiderio di
ritornare alla casa lontana.
Nella ricorrenza dei quaranta anni
si doveva parlare del terremoto.
Anche in quell’inverno del ‘76 è venuta la neve. Ma stasera si parla soprattutto di valori, di identità. I
friulani potevano perdere quei valori, e
l’Orcolat ci ha provato. Ma non ha
vinto se…la storia che ci racconta Ernesto Zorzi, il cugino di Sandro, ha un
senso per i friulani, o almeno per molti
di loro. Rovistando tra le macerie della
chiesa di Ciseriis, irrimediabilmente
distrutta, viene recuperata una statua
della Madonna. Sarà riparata e portata
a spalla in cima al Jôf Fuart, e lì collocata salvandola così dall’oblio. A beneficio, vorrei aggiungere, delle
generazioni future.
La neve ha a che fare con il tempo
6
7
meteorologico, ma è anche un segno
di stagione, e come tale scandisce il
trascorrere del tempo. Come gli
anelli di crescita degli alberi, la neve
segna i nostri inverni. Ed ecco nella
lettura di Elena una divertente storia
sulle vecchie di Tricesimo, che pare
maledicessero la neve. Lo avranno
fatto per allontanare il segno del
tempo che passa. Fatto sta che, con
le loro maledizioni, sono riuscite a tenere a bada la neve: per un po’, finché un certo inverno è arrivata una
nevicata eccezionale. E si capisce!
perché poco prima c’era stata una generale moria di vecchie.
Il tempo di neve è anche tempo di
Natale. E allora Sandro Secco ricorda
una serata di gala organizzata dai cosacchi in occasione del loro Natale, che per
gli ortodossi coincide con la nostra Epifania. Una serata in grande, con ospiti
di riguardo, con luminarie, musiche,
balli e folclore cosacco, e naturalmente
grandi mangiate e grandi bevute. Una
pausa di pace e di fratellanza, che il
giorno dell’Epifania subito finirà con la
ripresa dei combattimenti.
E poi… si può scrivere di botanica par
furlan? Direi di sì, e si può farlo anche in
maniera poetica, come Sandro che ci
legge un suo pezzo sull’Elleboro, altrimenti detto Rosa di Natale, con tanto di
leggenda sull’origine del nome.E riviviamo l’atmosfera di Natali lontani nel
tempo, con la poesia della natività nel
presepe di Betlemme, nella divertente
predica fuori ordinanza del plevan. La
voce narrante è sempre di Sandro.
Infine la valle. Che non è una valle
ben identificata, ma la valle di ciascuno, una valle del cuore, virtuale diremmo oggi. Si riconosce dal profilo
dei monti, dal fumo di un camino, il
campanile, la piazza con la fontana, la
casa e, davanti, i nostri vecchi. Un’immagine un po’ banale, retorica forse,
ma è quella impressa nel cuore. È così
che funzioniamo. A ben vedere nelle
musiche e nei testi che abbiamo ascoltato c’era sempre qualcosa di questa
valle. E a completare il quadretto, la
neve che sfarfalla sui monti, si posa
sulle nostre case; allora è più bello
stringersi insieme attorno a un tavolo
a cena, …un po’ come stiamo facendo
questa sera. Peccato che adesso non
stia nevicando, che non sia acceso il
fogolâr. Nel frattempo, anche se quasi
ce lo aspettavamo, Diego ci ha sorpreso piacevolmente con una vellutata
tricolore, poi ci ha deliziato con i ravioli di carne al sugo stracotto di vitello. E sublime era la carne, questa
volta una guancetta di maiale con puré
di sedano. E a chiusura ecco comparire
il dolce, intitolato guarda caso alla
Madonna della Neve.
E allora finiamo accennando a quel
senso religioso che nasce dalle domande profonde dell’uomo, dalle inquietudini davanti ai nostri fantasmi.
Il coro ci ha ricordato che Maria lassù
è la Mamma Celeste alla quale possiamo rivolgerci: “ascolta Maria carezza
di Dio”. Anche questa sera aleggiava
sopra di noi, col suo sorriso melanconico, con le sue braccia aperte, accoglienti, senza mai giudicare i nostri
peccati…neanche quelli di gola!
3
«AL TAJUT»
ovvero un nuovo angolo
di friulanità a Milano
«Al tajut»... Un
nome che per i friulani
evoca
un
mondo intero. Una
tipicità unica, un
momento di gioia
conviviale.
Siamo a Milano,
in via Plinio al numero 63. Il contatto
si deve, come ormai
consuetudine, ad un
messaggio di posta
elettronica.
Uno scambio di
numeri, una telefonata, un fugace incontro ai primi di
luglio. L’Estate infatti non è solo friulana. Anche un momento della
calura estiva milanese può essere utile per fare nuovi incontri, nuove
conoscenze.
Nel piccolo ma invitante locale ci accoglie Sergio Covaz (con il figlio
nella foto sopra), monfalconese, una vita trascorsa in giro per il mondo,
poi una scelta improvvisa anche se meditata: aprire un piccolo locale,
portare un angolo di Friuli a Milano con un’ idea precisa. E con Sergio
c’è il figlio Alexander, che a Milano deve la sua formazione universitaria.
«Al tajut» (nelle foto a lato e
sotto due vedute del locale) offre
alla sua clientela dell’area confinante con Città Studi una colazione pregiata, crostate fatte in
casa e biscotti originali della
Carnia. Poi, con il proseguire
della giornata, vini di chiara
fama, ma anche rossi pregiati più
impegnativi e soprattutto rari,
provenienti da piccole cantine
friulane.
Non mancano i prodotti della Piccola Patria per una rapida pausa
pranzo come si deve, nel pieno rispetto del ritmo frenetico - seppur
discutibile - della metropoli lombarda.
La mission del gestore è quella di
portare sempre prodotti friulani di
pregio, dopo aver fatto una completa mappatura del territorio per
scegliere ogni cosa.
Il locale è aperto appena da sei
mesi, ma sicuramente potrà essere
una simpatica scoperta per tutti i
nostri soci e per gli amanti del
Friuli. (M.R.)
Arturo Zardini: mostra itinerante
nel tarvisiano
uando si ascolta SteluQ
tis alpinis si parla di
Friuli, di gente friulana, del
suo autore, Arturo Zardini
(Pontebba, 1869 - Udine,
1923), musicista e poeta,
soldato e ottimo schermitore.
Non c'è una data in particolare da commemorare.
Un dettaglio trascurabile
quando siamo di fronte ad
una serie di eventi che non
vogliono proporre ricorrenze ufficiali inesistenti,
ma piuttosto intendono riproporre alla memoria una eccelsa personalità che continua a dare lustro, oltre
1. L’Ottetto Hermann intona un canto
che rinomanza a livello nazionale ed internazionale a Pontebba e al Friuli.
per il brindisi
Tre sono i Comuni della montagna friulana coinvolti nell'interessante ini2. Elena e Sandro durante le letture
3. Marco e Teo impegnati alla tastiera
ziativa: Tarvisio, la Vicinia di Camporosso, Malborghetto-Valbruna
4. Il molti commensali dell’Osteria
Il Progetto è nato grazie al particolare interessamento del noto fotografo e
5. Diego al lavoro tra guanciale e purè
6. Ernesto Zorzi legge il suo scritto
pittore tarvisiano Francesco Attisani e il fondamentale sostegno di Giuliano
7. Vittorio arriva in perfetto abito...invernale
Rui, storico e scrittore, ma. soprattutto. nipote del M°Arturo Zardini.
8. Marco Rossi, A. Secco e Rita Zancan Del
Una mostra filatelica itinerante, un annullo speciale figurativo (a cura del
Gallo, presidente del Fogolâr di Firenze
(foto di Corradino Mezzolo) Circolo Filatelico di Tarvisio), due rassegne corali, un'esposizione delle opere
del concorso di pittura a tema su «Stelutis Alpinis e il suo compositore» nel ri8 cordo di Arturo Zardini a 100 anni dalla Grande Guerra .
Il programma si svolgerà da agosto a dicembre 2016, da Tarvisio a Pontebba,
nel nome di Arturo Zardini, nell'ambito di una sinergia storico-culturale di comunione e valorizzazione territoriale. (M.R.)
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016
4
Notiziario dal Fogolâr e dal Friuli
UNA CONVENTION
RICCA DI INCONTRI
di Marco Rossi
P
rima edizione della Convention di Ente Friuli nel
Mondo con la presidenza di Adriano Luci. Prima edizione, con un programma intenso e particolarmente
brillante per ogni momento vissuto in compagnia.Il programma segue la tradizione e si articola nelle classiche tre
giornate di ritrovo.
Venerdì 29 luglio 2016 la prima giornata. Ritrovo dei partecipanti: i Presidenti e i rappresentanti dei Fogolârs del
mondo a Ragogna per la visita al castello. Si tratta di un
mirabile esempio di ricostruzione che ancora un volta dimostra che i finanziamenti pubblici sono indispensabili,
ma senza una precisa volontà nulla si può fare.
Il castello di Ragogna è risorto da un cumulo di pietre disordinate, opera del terremoto del maggio 1976.
Attualmente la dimora si presenta al pubblico in tutta la
sua bellezza: il fortilizio è costruito su uno sperone roccioso
che domina il Tagliamento, si sale dal parcheggio, si supera
la chiesa e si entra da un passaggio sotto una torre nella
corte. Il fabbricato di destra è destinato alla «scuola di
scrittura» mentre la parte restante è un bellissimo spazio
per mostre, incontri, convegni: il tutto ben organizzato e
attrezzato su diversi livelli.
Dopo il saluto del Presidente, la sala riunioni è stata occasione per permettere al pubblico di ripercorrere con chiara
sintesi la millenaria storia del castello. Particolare poi il percorso dedicato alla produzione manuale della carta con i sistemi di un tempo e la dimostrazione
delle scritture antiche con penna d’oca e
inchiostri di vari colori.
All’ultimo livello del maniero abbiamo potuto percorrere una bellissima
mostra fotografica dedicata all’acqua del
Tagliamento: le finestre del piano superiore del fabbricato ci hanno permesso
di godere del fantastico panorama, complice la giornata unica per limpidezza e la
particolare luce del pomeriggio vicino al
tramonto.
Il tutto si è poi concluso, come da
tradizione, presso il ristorante «al Cantinon» di San Daniele del Friuli, dove
alla cena riservata si sono ritrovati gli
ospiti di sempre e quanti sono intervenuti per la prima volta. Il Presidente
Adriano Luci ha salutato personalmente tutti gli ospiti, che hanno ricevuto alcuni omaggi per i propri sodalizi: una bellissima
pubblicazione offerta da Aldo Garlatti (il volume «San
Daniele, l’anima commerciale», vedi vetrinetta a p. 8 di questo notiziario), una pergamena a ricordo dell’Altare degli
Alpini di Muris di Ragogna, omaggio dell’imprenditore
Mario Collavino, ed una scultura dell’artista Silvano
Spessot.
Alla serata hanno preso parte le autorità sandanielesi
oltre al presidente uscente Piero Pittaro.
La cena, all’insegna dei prodotti tipicamente friulani, è
stato poi un momento di incontri e saluti, scambi di notizie,
progetti, tra tutti i presenti. E’ all’insegna del «fare» si è poi
svolta la XIII Convention di sabato 30 luglio 2016. Il tema
dell‘incontro era, naturalmente, il terremoto: Quando la
terra chiama... «il Friûl nol dismentee...».
Secondo uno schema ormai collaudato, oltre alla presentazione di
Adriano Luci abbiamo assistito al saluto delle autorità, dal sindaco di San
Daniele Paolo Menis, al vicesindaco di
Ragogna Marco Pascoli e alla presidente della Regione Friuli Venezia
Giulia Debora Serracchiani.
Dopo la proiezione di un suggestivo
documentario sul terremoto, prodotto
da Ente Friuli nel Mondo, con numerose interviste a quanti hanno dato sostegno per la ricostruzione del Friuli, è
interventua Debora Serracchiani, presidente della Regione Friuli Venezia
Giulia.
Sono seguiti gli interventi che hanno
avuto come moderatore Cristiano Degano, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia. La
parola è poi passata agli ospiti, Roberto
Dominici (già Assessore regionale alla ricostruzione), Edi
Snaidero (imprenditore), Fabio Di Bernardo (Sindaco di
Venzone), mons. Duilio Corgnali (coordinatore della commissione diocesana per il 40° del terremoto). Poi gli interventi di tre giovani dai Fogolârs del mondo: Cristina
Lambiase (Pechino), Ottaviano Cristofoli (Tokyo) e Tacio
Alexandre Puntel (Sobradinho).
Le relazioni sono state tutte particolari e toccanti, soprattutto per la testimonianza diretta di quanti hanno vissuto quella pagina tragica della storia della Piccola Patria.
Vogliamo qui sottolineare due momenti della mattinata di
lavori: l’intervento di mons. Corgnali che, in maniera diretta si è permesso di contestare la dicitura «modello Friuli»
in merito alla splendida modalità in cui la nostra regione ha
operato a seguito del tragico sisma del 1976. Corgnali ha ribadito, con un tono di vaga polemica costruttiva, che il modello in effetti non esiste, in quanto non è mai stato replicato
in Italia. Si tratta di un modello non ripetibile soprattutto
perchè altrove non ci sono le genti friulane.
Dagli interventi dei giovani emigranti di oggi è emerso
il tema di come si è evoluta l’emigrazione ai giorni nostri:
fenomeno ben diverso da quello che ha contraddistinto la
partenza dei friulani dei primi decenni del secolo scorso.
Il musicista Ottaviano Cristofoli (prima tromba dell’Orchestra Filarmonica di Tokyo) ha spiegato che oggi i
giovani partono dal Friuli con l’idea di tornare in Patria,
Premi friulani 2016
Premio G. Pressacco «Maqor - Rusticitas», Venzone
o storico e docente esperto del Cristianesimo antico Remo Cacitti si è agL
giudicato l’edizione speciale 2016 del Premio Gilberto Pressacco Maqor Rusticitas, assegnata in occasione dei 40 anni dal disastroso terremoto che colpì il
Friuli la notte del 6 maggio 1976. ‘’L’associazione culturale don Gilberto Pressacco - ha spiegato il presidente del sodalizio promotore Flavio Pressacco -, con
la consegna di questo riconoscimento intende tornare al significato profondo
del premio e ai suoi presupposti originari. Attraverso l’opera di Remo Cacitti, che
con dedizione si impegnò nei progetti di rinascita del Friuli terremotato - ha proseguito -, si vuole rendere omaggio alla memoria della ricostruzione e quindi al
popolo friulano, alla sua tenacia e capacità di guardare al futuro’’.
Merit furlan al Castello d’Arcano
S
abato 3 settembre, a Rive d’Arcano, si è svolta la cerimonia del premio
«Merit furlan» giunto ormai alla sua trentaduesima edizione. Quest’anno
il riconoscimento è stato conferito a Eddi Bortolussi, giornalista, poeta e attore;
Attilio Maseri cardiologo conosciuto a livello internazionale; Celestino Vezzi
di Cercivento promotore della cultura friulana; Alessandro Ortis, tra le tante
cariche dal 2003 è presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, vicepresidente del Consiglio europeo dei regolatori per l’energia. Nel 2012 all’ingegnere Ortis è stata conferita dal sindaco Valerio Del Negro l’onorificenza
della cittadinanza onoraria del Comune di Coseano paese al qual1to Giovanni
Melchior, promotore e ideatore del Premio stesso. L’evento promosso dalla
Comunità Collinare e dal Comune di Rive d’arcano
Don Ernesto Bianco: un ricordo
di Marco Rossi
al mese di giugno non è più con noi don Ernesto
D
Bianco. Mi piace ricordare questo sacerdote pe la
sua amabile e simpatica collaborazione ogni volta che il
Fogolâr aveva un piccolo problema da risolvere in merito alla messa in Duomo.
Come ben sapete la preparazione della celebrazione natalizia in Duomo necessita di un fascicolo che riporti il
testo liturgico sia nella versione italiana, sia in quella friulana. E qui iniziano i problemi. Non tutti i testi romani
corrispondono a quelli ambrosiani... ma questa è storia
ormai conosciuta. E pre’ Nesto era rapidissimo: una richiesta via posta elettronica e, entro la stessa giornata,
l’immediata risposta, il testo, una traduzione al volo... una
persona di pregio che è sempre stata al servizio di tutti.
Aveva 96 anni, era stato dapprima cappellano a Latisanotta, Castions, Talmassons, poi parroco a Masarolis e a Ovaro. Inoltre a Fagagna, Ronchis di Latisana, Lignano. Di recente era
attivo in case di riposo e istituti religiosi a Udine. Nonostante l’età, aveva un ottimo rapporto con la comunità virtuale, con cui dialogava anche sulla fede. “Un
particolare affettuoso ricordo emerge sul social network nei post dei fedeli della Carnia.
Una storia non facile, il cammino pastorale di don Bianco, per un decennio in difficoltà
di rapporti con le gerarchie. Lui stesso ricorda quel particolare periodo, digitando a un
amico: «Cancellato per dieci anni dall’elenco della Curia, sono stato richiamato senza
che lo chiedessi: nella vita non sempre si è capiti. Coraggio e non pretendiamo subito la
ricompensa» Innamorato della lingua friulana, la sua più grande soddisfazione l’aver
aiutato don Placereani a mettere in caratteri digitali la Bibbia, che pre Checo traduceva in marilenghe direttamente dal greco “. (da «Messaggero Veneto», giugno
2016). I funerali sono stati celebrati dall’arcivescovo mons. Mazzocato, presente
il nipote don Marco Lucca.
Mario Gazzetta:
un grande appassionato della coralità
di Marco Rossi
’ difficile parlare di qualcuno che non c’è più. E’
E
ancor più complesso illucome tutti gli emigranti di un tempo. Partono però con
una formazione precisa in tasca, qualche laurea, un master,
un’ottima conoscenza delle lingue, buona capacità di sapersi gestire. Ma una volta arrivato nella muova destinazione, una volta ambientato e conscio delle diverse
modalità operative e lavorative, spesso perde la voglia di
tornare, specie per la realtà italiana che ha lasciato e che
non offre ai giovani più di tanto.
Insomma una giornata che ha più che mai analizzato e
giudicato un mondo. Con grande positività è stato descritto il mondo della ricostruzione e della grande operatività della nostra gente dal 1976 in poi. Con un tono di
malinconia e, a parer nostro con sano realismo, il mondo
di oggi che invita a partire e, molto spesso a non tornare,
quando si incontrano realtà che offrono più garanzie, maggiore soddisfazione e gratificazione.
Domenica 31 luglio la giornata ufficiale del raduno, con la
messa a Muris di Ragogna, la sfilata delle centinaia di friulani provenienti da tutto il mondo e il pranzo conviviale
presso la mensa dell’Azienda Snaidero a Majano.
Foto in alto a sinistra: un gruppo di rappresentanti dei Fogolârs del
mondo con - tra gli altri - Argo Lucco (Basilea), Ottaviano Cristofoli (Tokyo), Cristina Lambiase (Pechino), Stefano Degano, (Gran
Canaria), Marco Rossi (Milano)
Foto al centro pagina: (da sin.) Cristiano Degano, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia, Roberto Dominici
(già Assessore regionale alla ricostruzione), mons. Duilio Corgnali
(coordinatore della commissione diocesana per il 40° del terremoto),
Edi Snaidero (imprenditore), Fabio Di Bernardo (Sindaco di Venzone), Cristina Lambiase (Pechino), Ottaviano Cristofoli (Tokyo)
e Tacio Alexandre Puntel (Sobradinho).
Foto in basso a sinistra: il saluto di Debora Serracchiani, presidente
della Regione Friuli Venezia Giulia con il presidente di Ente Friuli nel
Mondo Adriano Luci
strare una persona come
Mario Gazzetta. Un personaggio che per anni ha affiancato il Fogolâr con un
unico scopo: quello di essere
alla testa di un gruppo di soci
che per anni, con scelta e determinazione, si sono ritrovati settimanalmente nella
Basilica di San Carlo al
Corso per fare prove di coro.
E sì. Per chi non lo sapesse
Gazzetta, originario di Pocenia, nella bassa friulana, era
il direttore di quel gruppo di
soci che, un po’ scontrosi, un
po’ polemici, un po’ attenti,
un po’ distratti... come si deve in tutti i cori, hanno per un paio di decenni intonato villotte friulane nelle più disparate armonizzazioni ed in mille sedi.
Non è facile ricordare Gazzetta senza parlare del «suo» coro. Un coro su cui
spesso abbiamo discusso in merito al nome, su cui spesso ci siamo incontrati (ma
anche scontrati). Un coro che molte volte ho accompagnato all’organo.
Gazzetta aveva il suo gesto, particolare, tipico degli autodidatti pervasi dalla
passione per la musica. Conosceva perfettamente i suoi limiti quando mi chiedeva
consigli o giudizi su alcune armonizzazioni.
Ma questi sono aspetti che praticamente nessuno conosce, limitati alle chiacchiere tra noi, non frequentissime, ma sempre profondamente musicali. D’altro
canto il mio ruolo di musicista e di docente mi insegna che, a fronte di curiosità
se si può, si deve sempre soddisfare chi è meno infornato e preparato. E questo ho
sempre fatto con Mario Gazzetta.
Ci mancherà la sua mordace polemica e il suo modo di dirigere i coristi con piglio e caparbietà: nessuno spartito musicale era tollerato, a malapena un foglio con
i testi dei canti. Deciso, spesso impositivo, ma sapeva dove arrivare.
Come mancherà quella sua passione calcistica per l’Udinese, che talora riaffiorava tra una canto d’autore e una villotta d’osteria.
(nella foto sopra Mario Gazzetta con alcuni dei suoi coristi in Duomo a Milano)
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016
Il Friuli
ESTATE
FRIULANA
di Elena Colonna
’estate in Friuli è talmente ricca di
L
eventi, di concerti, rappresentazioni, mercati e sagre che, avendone il
Tarcento,
18-22 agosto - Festival dei Cuori
desiderio e l’energia sufficiente, si potrebbe partecipare ogni giorno e ogni
sera ad un avvenimento diverso. Non
si ha qui la pretesa di fare un lungo – e
probabilmete noioso – elenco di tutti
questi straordinari eventi, più o meno
complessi, più o meno importanti, ma
solo di esemplificarne qualcuno, fra
quelli di cui siamo a conoscenza.
Cividale del Friuli
16-24 Luglio - Mittelfest
Giunto alla sua venticinquesima edizione, quest’anno il Mittelfest era dedicato alla Terra, dopo l’edizione
2015 dedicata all’Acqua.
Concerti, teatro, danza, marionette… tutti spettacoli di alto livello
e di grande richiamo, da Carlos Santana a Simone Cristicchi, dal Sogno
di una notte di mezza estate di Mendelssohn al Polish Cello Quartet, al
Menocchio, opera del compositore
friulano Renato Miani; dalla Danza
nelle Vetrine, dove tre giovani talenti si esibivano “a vista” nello
shopping mall cividalese, al Nes Ensemble, straordinario trio spagnolo
composto da voce, percussioni e violoncello. Per non parlare delle marionette, un genere immortale e
versatile, qui spesso rivisitato in spettacoli sorprendentemente nuovi e
moderni, ad esempio nella storia di
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E ci si voglia perdonare se non
abbiamo citato che una minima parte
degli eventi di questo imperdibile Festival, oltretutto ambientato in quella
città-gioiello che è Cividale.
Per il 47° anno Tarcento ospita questo
Festival della danza folkloristica. E, a
nostro parere, questo non è importante solo per il fascino delle danze e
delle musiche esotiche, della magnificenza dei costumi, della bravura dei
danzatori, ma anche per l’incontro di
tanti popoli diversi, specialmente in
questi tempi spesso segnati dall’angoscia e dalla paura, per il messaggio di
gioia e di pace che questi giovani, e
anche meno giovani, esecutori riescono a trasmetterci.
Le nazioni partecipanti erano quest’anno Bolivia, Canada, Cuba, Grecia, Martinica, Russia (nella foto sopra
il gruppo Guzel Chulmane), naturalmente, Italia. Tutti bravi, tutti splendidi nei loro rutilanti costumi, tutti
affascnanti nelle loro danze più o
meno scatenate e acrobatiche.
Carpacco
12-21 agosto Sagre dal Frico
Cividale del Friuli
19-21 agosto - Palio di San Donato
Restiamo ancora per un momento a
Cividale: nei giorni del Palio la città
si trasforma nel palcoscenico di
un’epoca, quella medievale, naturalmente. Oltre alle appassionanti gare
di corse, tiro al giavellotto e quant’altro, oltre ai cortei e agli eventi
musicali, le strade si popolano di figuranti in costume, artigiani intenti
alle opere di un tempo con strumenti
d’epoca o ricostruiti, donne che filano, tessono e ricamano sedute sulle
soglie delle antiche case: uno spttacolo indimenticabile, che riesce a
provocare in chi lo ammira quasi un
senso di spaesamento; una vera finestra sul Medioevo.
Fra le innumerevoli sagre che rallegrano la nostra regione - praticamente ogni paese, borgo o frazione
ha la sua - abbiamo scelto questa di
Carpacco, giunta ormai alla tretacinquesima edizione, anche per rendere omaggio a un carissimo socio,
amico e collaboratore.
Oltre al rinomato frico, la Sagra offre
serate danzanti, un “Vespa Raduno”,
un’enoteca e una birreria con alternative al frico (pizza, prosciutto in
crosta, carni alla griglia…) nonché
l’immancabile Pesca di Beneficenza.
Il nostro amico sostiene che chi non
è stato alla sagra di Carpacco non ha
mai gustato un vero frico. Ma noi ci
permettiamo di segnalare sommessamente l’Albergo Ristorante Nouaitas di Forni di Sopra, dove il frico, in
due versioni diverse e naturalmente
con polenta, ci è sembrato davvero
eccezionale.
Nelle foto di repertorio, dall’alto:
- il festival dei cuori di Tarcento
- il frico di Carpacco
- la sfilata in costume del Palio di San
Donato a Cividale del Friuli
Due simpatiche sorprese
di Elena Colonna
L
a Scuola di Friulano riserva grandi soddisfazioni al mestri Sandri
perfino quando è chiusa per le vacanze estive. Sono state a trovarlo
due delle sue più care e giovani ex allieve, che non frequentano
più per ragioni di lavoro o logistiche, ma che sono rimaste affezionate e
hanno, evidentemente, un caro ricordo della scuola.
La prima è stata Donata Andreutti, friulana nata in Venezuela, che
aveva sempre parlato in friulano coi genitori, ma desiderava “perfezionarlo”. E’ arrivata con una sua simpatica amica, Margherita, che, pur
non essendo friulana, ha scelto come sua dimora (forse provvisoria, dato
che è un po’ una giramondo) il bel paese di Malborghetto. Lo raccontiamo qui perché ci è sembrata una scelta curiosa, o quanto meno insolita. Insieme abbiamo trascorso una deliziosa giornata.
La seconda è Laura Zelin, giovane tenente dell’Aeronautica, che sicuramente tutti i “compagni di scuola” ricorderanno. Laura ci è particolarmente cara: la rivediamo quasi ogni anno, quando riesce a passare
qualche giorno con la sua bella famiglia di Purgessimo, vicino a Cividale.
Un’amicizia preziosa, un rapporto affettuoso e duraturo.
INCONTRI
FRIULANI D’ESTATE: ODÔR DI
’ ormai tradizione trascorrere un lungo periodo tra giugno
E
e settembre nella Piccola Patria. Più che una vacanza a
caccia di spiagge incontaminate e trasparenze marine piuttosto che sentieri montuosi è una sorta di occasione per seguire
eventi e spettacoli e per fare incontri.
L’Estate 2016 è stata a dir poco pirotecnica. Oltre agli eventi
di cui abbiamo riferito nelle varie pagine del giornale non possiamo fare a meno di raccontare alcuni momenti vissuti e i
numerosi incontri all’insegna della friulanità e del ritorno in
regione.
EuroChoir 2016. Ancora una volta il Friuli è stato protagonista nel mondo della coralità europea. 47 ragazzi
provenienti da 17 paesi si sono trovati a San Vito al Tagliamento (PN) per una settimana di prove musicali, di
studio, di concerti tra luglio e agosto. Due direttori, uno
italiano, Lorenzo Donati, ed uno finlandese, Mikko Sidoroff, sono stati i docenti del fantastico gruppo che durante i concerti (San Vito, Venezia, Capodistria e
Aquileia) ha proposto un bellissimo programma musicale. Gabrieli, Marenzio, Debussy, ma anche complicate
polifonie moderne di varie realtà nazionali sono stati i
graditissimi brani che il pubblico, sempre numeroso, ha
potuto gustare nelle esibizioni.
Un ennesimo successo della coralità che proprio in
Friuli, a San Vito al Tagliamento (PN) ha la sede della
Federazione Nazionale (FeNIARCo).
I contatti con Ente Friuli nel Mondo ci hanno permesso
di essere intervistati da Telefriuli per ben 4 minuti venerdì 22 luglio, dando spazio ai nostri prossimi eventi.
Con la presentazione della simpatica Alexis Sabot,
Marco Rossi ha sinteticamente illustrato i programmi
del Fogolâr Furlan di Milano per il 70° anniversario dalla
fondazione. La cornice è stata la piazza di Manzano
(UD), in occasione del tradizionale «Festival della
sedia».
Il nostro amico Dino Persello è stato nuovamente il protagonista dell’Estate friulana con la sua 140° replica di
«Voe di contaus», giovedì 28 luglio quale anteprima
degli eventi di Ente Friuli nel Mondo.
Questo spettacolo che conquista il pubblico giocando
sulle varietà della lingua friulana è un fiume in piena che
trascina gli spettatori. Sotto le arcate della Guarneriana
a San Daniele del Friuli erano presenti anche diversi Fogolârs oltre al nostro: Bologna, Toronto, Parigi...
Ancora Persello ha coordinato uno spettacolo dedicato a padre David Maria Turoldo nel cortile della sua
casa natale a Coderno di Sedegliano. «Odôr di polente»,
il titolo della serata che, il 3 agosto, si è tenuto nella suggestiva cornice di questa antica casa friulana : due voci,
musiche dal vivo e opere d’arte dedicate a Turoldo sono
state il momento di condivisione per tutti. Se le voci di
Maria Luisa Rosso e Dino Persello hanno giocato in un
ping pong tra gli interventi degli artisti (Borzani, Caneva, De Martin e La Montagna) particolare e intenso il
contributo di Silvano Bertossi dedicato proprio alla polenta. Anche in questo caso abbiamo rivisto gli amici
dei Fogolârs: Bergamo e Bologna.
E non parliamo della replica di «Ognun la conte a so
mût» che è stato proposto nella piazza di San Lorenzo di
Arzene (PN) in occasione della sagra del paese (lunedì
8 agosto). Ma questo spettacolo di area carnica sarà prossimamente a Milano e non vogliamo anticipare nulla!
Come ogni anno abbiamo potuto gustare una serata di
bellissima musica: un gruppo di studenti dei Corsi Internazionali di Perfezionamento Musicale di Spilimbergo ha proposto musiche per complesso di fiati e
ottoni nella piazza di Valvasone di fronte all’antico castello. Tra i docenti e gli esecutori di pregio anche Ottaviano Cristofoli, trombettista e esponente principe del
Fogolâr di Tokyo.
Un altro evento culturale e musicale ritorna come ogni
anno: un mercato da favola è la cornice in cui il borgo
antico di Valvasone si anima per due lunedì di agosto
con degustazioni, giochi, fantasie musicali con la fisarmonica, visite al castello e il suono dell’antico organo
rinascimentale del Duomo.
In chiusura l’incontro con il nostro socio Elio Martina
a Chiusaforte, nel suo storico «Albergo Martina» che è
stato recentemente inaugurato (ai primi di settembre)
dopo un attento restauro. Non è mancato un incontro
con il sindaco della borgata che domina la ciclovia Alpe
Adria con una visita alla bella stazione della vecchia
linea ferroviaria Pontebbana. Ma di questo avremo occasione di parlare ampiamente in futuro presentando
l’interessante volume redatto dal figlio di Elio, Roberto,
che ha approfondito tutti gli aspetti della storia del locale che ha raggiunto il traguardo dei 150 anni!
Nelle foto (dall’alto):
- Aquileia: il concerto dei ragazzi dell’Eurochoir
- Manzano: l’intervista di Telefriuli a Marco Rossi
- San Daniele del Friuli: lo spettacolo di Dino Persello sotto la
loggia della Guarneriana
- Coderno di Sedegliano: foto di gruppo con Dino Persello al termine dello spettacolo con i rappresentanti dei Fogolârs: Denise
Pramparo (Bergamo), Marco Rossi (Milano) e Sandro Matiz
(Bologna)
- Coderno di Sedegliano: il tagliere della polenta di casa Turoldo
- Valvasone: concerto di ottoni e fiati in piazza Castello
- Chiusaforte: la facciata dell’Albergo Martina
5
FOGOLÂRS
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016
6
Cultura dal Friuli
La mostra di Illegio 2016
La Madonute dal taramot
«OLTRE»
di Ernesto Zorzi
di Marco Rossi
I
llegio da anni è ormai tappa irrinunciabile della nostra Estate in
Friuli. E ogni anno ci troviamo di
fronte ad un percorso espositivo che
ci affascina e ci stupisce sempre di più.
E come tradizione percorriamo senza guida le piccole sale del Palazzo delle Esposizioni del borgo carnico.
L’idea è quella di osservare, scoprire,
annotare le sensazioni che le opere
d’arte ci trasmettono senza commento alcuno. Solo con l’idea di essere osservatori attenti.
Ed infatti iniziamo il cammino con
l’«Homo viator», il popolo in cammino e con la bellissima tela del «Sogno
di Giacobbe» di Cristofano Allori
(1610) ove particolare è il disegno degli Angeli. Altrettanto ci colpisce la
«Sacra famiglia» di Jacob Jordaens.
Nella seconda sala notiamo il dipinto di Piero di Giovanni detto Lorenzo Monaco (del 1415-20) proveniente dalle gallerie di Monaco, poi
un «San Nicola di Bari salva i naviganti» (Firenze) ove la staticità della Chiesa si oppone al momento del
naufragio, la fissità dell’aspetto terreno
e la forza del salvataggio che arriva dal
cielo sono le figure che ci colpiscono
maggiormente.
Superate le tele rinascimentali un
olio su tavola di anonimo fiammingo
del XVII secolo ci propone il «Viaggio di Giacobbe»: cogliamo la cura e
la precisione del tratto, i particolari
dettagliati, il gusto della miniatura tipico di questo ambito pittorico, l’attenzione nel collocare i piani visuali, la gente in primo piano, la vegetazione in secondo e il panorama sullo sfondo, in una sorta di gerarchia piramidale dall’uomo alla natura.
L’opera della bottega di Leandro
Bassano, «Partenza di Abramo con la
famiglia da Aran verso Canaan»
(1600-1610) ci presenta un dettaglio
che troviamo stupefacente: il pelo del
cavallo che sembra in movimento con
la sua leggerezza e fluidità durante la
corsa.
L’«Adorazione dei Magi» del Botticelli mostra la grande scuola del pittore. La tempera è caratterizzata da
una luce unica, dalla vivacità della costruzione del dipinto: la rocca centrale
ci fa convergere nel punto focale, il
tuto in una unica visione rinascimentale che coglie l’istante della
rappresentazione sacra.
La «Partenza di Ulisse» di Guidoccio Cozzarelli di Giovanni (148081) ci riporta al gusto del dettaglio, al
sapore di quotidianità nel momento
dell’addio, tra il saluto e il lavoro in
atto (alcune tessitrici) con in lontananza il mare, la città, i palazzi e i castelli. Insomma ancora una volta il gusto della metafora didattica che gli antichi maestri sapevano mostrare nelle loro opere.
Curiosa la pittura su ardesia di
Paolo Farinati che ci propone la
«Fuga di Enea da Troia» della metà
del XVII secolo: un istantanea quasi
manierista ove i soggetti appaiono dal
buio del fondo.
«Caino e Abele» di Pietro Novelli (1828-30) sono un frame della vita
e della morte: Dio che appare nel cielo con un alone di luce che squarcia
le tenebre, Caino che scorge il bagliore mentre fugge con Abele a terra colpito a morte.
Potremmo definire spettacolare la
«Cena in Emmaus» di Mathias Stomer (1633-37 conservata al Museo
Nazionale di Capodimonte - nella foto
qui a finaco). Il lume centrale con i
suoi bagliori è decisamente unico!
L’uso del colore e della luce è semplicemente geniale nella distribuzione dei piani, le figure sono quasi secondarie in questo ordine delle cose.
E’ la luce che domuna la composizione
e ne è protagonista.
Potremmo poi continuare con la
precisione fiamminga e il gusto miniaturistico di Valchenbor e Van
Coninxoo (tra ‘500 e ‘600). Ed ancora
la «Barca di Caronte» del 1919 di José
Benlliure y Gil (nells foto in basso),
uno spettacolo di rilievi e significati,
dalle luci alle sfumature di grigio, dal
senso del traghettamento al volto
del protagonista. E il «Dante e Virgilio» del XIX secolo.
Una meraviglia anche l’olio su tela
di Breugel di «Orfeo all’Inferno» ove
ci colpiscono: figure, luci, chiarori,
mostri e miniature...
Chiudiamo il nostro meraviglioso
percorso di grandissimo pregio con
una semplice citazione che il curatore ha posto in coda alle opere d’arte,
due testi di Iacopo da Varagine (un
estratto dalla «Leggenda Aurea») e
Montale («Maestrale») che ci offrono tutto il senso del titolo e, soprattutto, del sottotitolo della mostra:
«Oltre - In viaggio con cercatori, fuggitivi, pellegrini» quasi nella ricerca
di una parafrasi alla nostra vita quotidiana di eterni pellegrini alla ricerca di un perchè nella nostra vita.
Sacile - Gemona: storia di una treno che non passa più!
di Marco Rossi
ra i diversi eventi dell’Estate un posto di riguardo merita la mostra fotografica dedicata alla linea ferroviaria SacileT
Gemona. Infatti non si tratta di un semplice itinerario di immagini, ma un vero e proprio movimento finalizzato al
recupero di un asse fondamentale nel traffico pendolare e turistico della regione.
foto M. Rossi
Il concorso «Un viaggio a scatti… Stazioni e paesaggi sulla Sacile-Gemona» ha avuto un successo veramente inimmaginabile al momento del lancio: alla fine sono risultati iscritti 160 fotografi, che hanno inviato ben 800 fotografie,
480 per la Sezione Linea ferroviaria e 320 per la Sezione Paesaggio. In questo modo, si sono pienamente realizzati i due
obiettivi che il circolo «Per le antiche vie» di Montereale Valcellina si era prefissato.
Così si è riportata l’attenzione sulla linea e si è parlato del suo passato, presente e futuro. Stampa, televisione e social
media hanno ampiamente diffuso la notizia. Inoltre è stata fondamentale la possibilità di creare un vero e proprio archivio
fotografico importante e nuovo sulla linea, con le sue le sue pertinenze e sui meravigliosi paesaggi circostanti. Un patrimonio veramente prezioso che fa meditare, su com’era,
com’è e su come potrebbe essere di nuovo questo asse del
trasporto lungo la pedemontana. Tre le tante persone
coinvolte in questo progetto citiamo Romano Vecchiet,
lo storico che ci ha parlato, tra i vari temi ferroviari, anche
della «Sacile - Gemona» in occasione di una delle sue
conferenze per il Fogolâr di Milano
L’evento, che ha visto la conclusione del concorso, la
mostra e la premiazione dei vincitori presso la Stazione di
Montereale Valcellina è stato reso possibile in seguito all’interessamento dell’Assessore Mariagrazia Santoro, per
cui RFI ha concesso l’uso dell’edificio fino al 30 ottobre al
Comune e all’associazione culturale «Per le Antiche vie»
che ha visto in prima fila una persona ben nota al Fogolâr
Furlan di Milano, Vittorio Comina.
A
son za passâts cuarante agns di chê gnot tremende, cuant che al pareve che la tiare e ves volût gloti dut e ducj: un minût di distruzion e
di muart che no si podarà mai dismenteâ. Come che no si puès dismenteâ che daspò ancje i umign a àn dât une man a finî di distruzi e di dispiardi ce che il taramot al veve sparagnât: cu la primure di tornâ a tirâ sù lis
cjasis e cu la mancjance di cure e di amôr par chei valôrs storics, artistics e
culturâi dal nestri vecjo Friûl, che no si podarà mai plui tornâ a meti adun.
Alc si varès podût salvâ, invecit di lâ a discjariâ dut intun grum cui rudinaçs
des demolizions.
Al è propit il câs
di chê Madonute,
tornade a cjatâ intune discjarie sul ôr de
Tor, che e je stade
traspuartade su la
cime dal Jôf Fuart e
logade lassù, plui di
trente agns indaûr.
Une storie che e
merte contade. In
chê stranide buinore
di cuarante agns indaûr o levi a vore a
Pradielis; e passant
par Ciseriis o ai viodût che a stevin
sdrumant la glesie
dal paîs. O savevi
Un’immagine storica di Ernesto Zorzi che trasporta
che jentrant, a çamla statua della Madonna sul Jôf Fuart
pe de puarte grande,
e jere la pile de aghesante, sculpide ta chê biele piere rosse di Verzegnis, cuntune scrite par latin, che di sigûr e sarès lade piardude. Cussì mi soi fermât
par domandâi a Pre Domeni se al jere pussibil fâle meti in bande. Vude la conferme dal Plevan, o soi lât pes mês: ma cuant che la sere o soi tornât a passâ
par lì, al puest de glesie al jere restât dome un grant splaç: une desolazion, une
abominazion! Dutis lis maseriis lis vevin discjariadis jù par chel rivâl sul ôr
de Tor, a ret dal volt prime dal puint di Zomeais.
Cussì o soi lât a sgarfâ sul puest, sperant di cjatâ chê pile de aghesante, ma
ribaltant i claps e i rudinaçs, invezit di ce che o jeri vignût a cirî, e je saltade fûr une Madonute di marmul blanc, crevade a mieç, in doi tocs. Le ai puartade a cjase, le ai justade e poiade intun cjanton de cantine, cul proposit e
la sperance che prime o dopo e sarès tornade a stâ intun puest par jê plui just
e confasint.
Dal mil nûfcent e otante, par lavôr, mi soi trasferît cu la famee a Segrât, e
cussì la Madonute e je restade bessole e scuasit dismenteade inte cantine. Fin
che une sere, sentât ator di un taulìn intun ambient di Fojan cuntun trop di
“amîs de montagne”, fevelant di Jê, o vin decidût di puartâle su la cime dal
Jôf Fuart. E cussì, in sîs di nô, dopo vê fat benedî la Madone dal predi dal
paîs, il vincjecinc di Avost dal mil nûfcent e
otantecinc, le vin puartade lassù, su la cime
che si veve decidût. E je stade une piçule grande imprese, par vie che si veve di puartâsi daûr
ancje il savalon, l’aghe e il ciment par inghisâ il supuart pe Madone, che dome jê, di bessole, e pesave plui di trentecinc chilos. Ma si
jere zovins, ferbints e plens di fûc. E se ancje
dal “Rifugio Corsi” fin insomp mi è tocjât a
mi di puartâme dibessôl su la schene , infin o
sin rivâts. E quant che la sere o sin tornâts a
cjase, contents, o jerin sigûrs che si varès simpri ricuardât chê zornade cuntun fregul di braure.
Un particolâr mi jere restât simpri vîf inte
memorie: tun cret a mieze mont al è un passaç une vore discomut; e o vevi scugnût tirâ
jù de schene la Madone e cjapâle sot braç. E
cuant che, traviarsant chel cret e fasint ancjemò un sfuarç o stevi par pojâle jù suntun splaç, parsore di me, un zovin che al tornave jù de cime in companie di trê amîs, mi à judât a tirâle sù. O vin scambiât cuatri peraulis, spiegant il motîf di cheste nestre imprese, ju vin ringraziâts di cûr e si sin saludâts.
E culì o scuen contâ un piçul particulâr, che al à scuasit dal incredibil. Intes memoriis de mê vite, o ai scrit ancje de Madone cjatade tra i rudinaçs dal
taramot: e chestis memoriis, par cumbinazion, i son rivadis in man propit a
chel zovin che mi veve judât, plui di trente agns indaûr, a tirâ fûr la Madonute di chel passaç discomut. Ancje lui si ricuardave di chei sîs fantats che
ducj a crodevin “bisiacs”, ma nol saveve paraltri che chel cu la Madone su
la schene al jere di Tarcint. Al è vignût a savêlu chest an, in grazie di so missêr, che nus à fats cognossi une sere in te sede dai Alpins di Biliris.
Si sin dâts la man, si sin presentâts. E cuss’ o soi vignût a savê che chel fantat si clamave Mauro Steccati, che, ormai deventât omp, cumò al è sindic
di Tarcint.
E je propit vere: te vite e capitin cumbinazions che nissun varès mai spietât.
Tarcint, 28 di Jugn 2016
Manzano: Premio Letterario biennale
«Caterina Percoto»
Al fine di onorare la concittadina Caterina Percoto, l’Amministrazione Comunale di Manzano bandisce la sesta edizione del Premio Letterario “Caterina
Percoto”. Il tema individuato per la 6a edizione da cui i partecipanti potranno
trarre libera ispirazione per l’elaborazione dei saggi giornalistici o dei racconti
brevi è la frase di Caterina Percoto tratta da “Ventisei racconti vecchi e nuovi”:
“Ho visitato parecchie delle belle città della mia patria; ho veduto le loro pompe; ho
ammirato con entusiasmo i superbi monumenti dell’arte che le fanno famose: mille i
confort di una società raffinata, facile la vita tra gli agi e le tante risorse di questi centri di ricchezza e di coltura, ho partecipato più di una volta alle loro gioie; eppure nel
segreto del cuore sempre mi sorgeva il desiderio di ritornarmene qui”.
Cit.: ‘Orazio’ in Ventisei racconti vecchi e nuovi, Milano, Paolo Carrara, 1878, p. 232.
Il bando di concorso è disponibile e scaricabile sul sito:
http://www.comune.manzano.ud.it
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016
La pagjine furlane
IL
UNE
MINIME
TRESEMANE
IL MAGO DI NIMIS
di Vittorio Storti
di SergioJacuzzi
La zornade e jere sflandorose, tipiche dal mês di Mai: il soreli a plen tal cîl turchin e la temperadure clipe.
Cu la mê parone, o vin decidût di lâ al parc a viodi un splaç di rosis di tancj
colôrs, che a semenin di pueste par tirâ dongje âfs, paveis e altris insets.
Lu vin olmât di lontan, par vie che il ros dai confenons si lu viodeve a grande
distance.
Al jere dabon un spetacul, parcè che misturadis ai confenos a jerin tantis altris rosis dai colôrs plui diferents; e une in particolâr, e à tirade la atenzion de
mê femine. E semeave barburice pe forme ma e jere di tancj colôrs, no dome dal
tuchin che o cognossevin. Intant che e jentrave tal strop des rosis par fotografâ
miôr, cence volê e spaventave, e lu faseve cori vie, un “airone cinerino” che al
stave platât tal mieç des rosis.
O vin capît subite parcè che si cjatave cidin in cove: al veve la ale çampe a
pendolon e cuant che al coreve, lis çatis i sbatevin intor.
Lu vin cjalât par un pôc, no savevin ce fâ, lu vin lassât slontanâsi, e o sin tornâts a fâ fotografiis. Dopo un pôc o ai viodût che chest uciel ferît al vignive
frontât di un corvat, che lu tacave svolant jù di buride.
A chest pont o vin decidût di intervignî: jo o paravi vie il corvat e o instradavi l’airon viers lis rosis altis par che al podès i scuindisi; la mê femine e leve
a cirî lis vuardiis comunâls che o vevin viodût jentrant tal parc.
Cuant che a son rivâts a an butât une cuviertute sul airon che si è cuietât e
nus à dade la pussibilitât di tirâlu sù e di metilu intun scjatolon su lôr machine.
Lis vuardis, daspò, a son lâdis vie par puartâlu là che a vevin vût istruzions.
Nô doi o sin restâts contents par cheste piçule aventure: si sintivin boy scouts
che a àn fate la lôr buine azion.
Milan, mai 2016
GNO CUSIN
di SergioJacuzzi
In Friûl, di tante parentât, la famee di mê mari e veve siet fradis, chê di gno pari
sîs, a son restâts dome i cusins e i lôr fîs. Un di chescj al è Ferruccio, fi di une
sûr di gno pari, uns cuatri agns plui di me, l’ultin di une famee cun cinc fradis.
Cuant che o stavi in Friûl no si viodevin di spes e daspò il gno trasferiment a
Milan si jerin pierdûts di viste.
L’ultin contat al jere stât in ocasion di un funerâl, za passe vincj agns, a Montine; e in chê volte, mi veve mostrât la sô cjase, (par descrivile, al coventarès
un articul apueste), o vevin fat divertî gno fi in grope di un pony che al veve te
stale, intant che nô o cepelavin, sentâts sul prât, persuts, salams e formadis di
grande cualitât, dut ben sborfât di bon vin.
Di che volte, nuie, ancje parcè che il telefon celulâr lui lu ten cuasi simpri distudât e nol lei i messaçs. Se tu vâs a cirîlu a cjase, tu riscjis di no cjatâlu, par
vie che al va vulintîr tal bosc cul so cjan.
Une dì, il gno vicin di cjase a Cjampei mi dîs che al viôt di spes gno cusin,
parcè che i corêç chel che al scrîf: pinsîrs e coments su moments de sô vite.
Ferruccio al à lavorât di muredôr di cuant che al jere frut e di sculelis ind à
fatis pocjis e i coventave un jutori par comedâ i siei scrits.
Cuant che il gno vicin di cjase i à contât che a Milan jo o voi a scuele di furlan, gno cusin al è vignût a proponimi di voltâi chei scrits dal talian al furlan.
Il mutîf al jere che al voleve mandâju in Canada a ciarts siei parincj che a
jerin emigrâts là vie.
Jo, ben content, i ai dit subite di si, e cumò si viodìn ogni volte che o voi in
Friûl, parcè che lui al à simpri alc di fâmi tradusi.
Par me al è un bon esercizi - no vevi mai doprât cussì tant il dizionari furlan
- e la colaborazion e va indenant che a son doi agns.
IL MOTORIN E IL PESCJADÔR (A VITORIO,
di Spartaco Jacobuzio
ANTOLOGJIE
CJANTON DAI ARLÊFS
SORPRESE FRA LIS ROSIS
Tal mieç des nestris bielis culinis, intal paîs di Nimis al jere une volte un cjaliâr. E somearès une conte pe canae e invezit e je propit une storie vere: me à
contade un siôr che in chê volte al viveve culà vie. A jerin i agns cincuante
dal nûfcent, agns di sperancis e di ricostruzion: un moment une vore sintût a
Nimis, dulà che i todescs e i cosacs dal 1944 a vevin sdrumât il paîs e brusât
lis cjasis.
Il cjaliâr, che la int e clamave Pacjec, al jere un om piçul, brut e tarondut.
Cuntun grumâl di corean sul devant, al passave la zornade te buteghe a incolâ suelis e a bati brucjis : in chei agns pai cjaliârs di vore a‘nd jere un grum,
parcè che lis scarpis si lis comedave plui e plui voltis. Parfin sot lis suelis a imbrucjavin placutis di fier par fâlis dura di plui.
Il cjaliâr al veve ancje un zovin di buteghe, un frutat plui alt e plui magri di
lui e cetant plui brut; e in dutis lis ocasions lu strapaçave cun peraulatis e
cualchi pataf che il garzon nol rivave a svuincâ.
Daûr de buteghe al jere ancje un camarin, dulà che a stavin i imprescj par
chê altre vore di Pacjec, la magjie: une crepe di muart, un uciel impaiât e intune vitrinute une rudiele di salam cu la mufe. La rudiele e jere la dimostrazion
che lui al jere ancje un mago: al jere stât propit lui cu la sô emanazion a fâi
cjapa la mufe al salamp, dut intun bot. Un mago come che si dîs al è bon no
dome di induvinâ l’avignî, ma ancje di dâ fûr conseis su lis diviersis cuistions.
Par solit la int e va dal mago par afârs di bêçs, o ancje di amôr e di odi. Ancje
tai paîs dulintor il mago di Nimis al jere une vore cognossût; e si pò dome figurâsi la sdrume di int che i puartave a comedâ scarpis, pûr di vê daspò la ocasion
di jentrâ in chel camarin dai misteris. E forsit, a lâ plui dal mago a jerin lis feminis, nuvicis e morosis, par cuistions di amôr e di ses. Dut câs, Pacjec al veve i
siei stimadôrs; e cuant che al sierave buteghe, si podeve cjatâlu te ostarie, lûc di
cunvigne di ducj, cence distinzions di cundizion o di culture. Sentâts dongje tu
podevis cjatâ il miedi cul contadin o il marangon. Salacor no il predi. Ma une
tace di vin e cuatri peraulis si podeve scambialis cun cualsisei.
E jere a Nimis ancje une clape di zovins di scuele superiôr, simpri in trop a
torzeonâ pal paîs, simpri a cuistionâ, a fâ coments, a fâ mateçs. Zovins dispatussâts che a dubitavin di dut, plui che mai de magjie. Cuissì a nasicjavin simpri intor di Pacjec, te buteghe e te ostarie, e lu stiçavin cun cuistions di
materie sessuâl, e no dome.
In chei agns la politiche e jere daûr a cuistionâ a proposit de partecipazion
da l’Italie ae Comunitât Europeane dal Cjarbon e dal Açâl – la CECA – ven
a stâi il prin scjalin viers la Union Europeane. Nancje dîlu, i partîts di guvier
a jerin a pro, invezit chei de oposizion, filosovietics, a jerin cuintri. Cence television, il dibatiment politic cui eletôrs si lu faseve dome cui comizis di
place. Cussì, prime de votazion in Parlament, ancje a Nimis a faserin un comizi par dimostrâ il vantaç de nestre partecipazion ae CECA. La place e jere
plene e sul breâr si jerin dâts di volte diviers oratôrs. Tal ultin, cualchidun al
clamà dongje ancje Pacjec par sintî il so pronostic.
“Di sigûr la votazion e sarà a pro” – al disè il mago, saludât cuntun grant
batiman. Invezit, in chê volte, la propueste in Parlament no je passade.
Apene che lu àn savût, i zovins de clape e an invadût la buteghe dal cjaliâr
par menâlu pal boro: “Astu viodût che non àn votât come che tu disevis? Ce
raze di mago sêstu? Tu sês un mago di barzalete!”
“Sêso stupits, voaltris? No capîs propit nuie! O savevi ben, jo, che no varessin votât a pro”.
“Ce balis vignistu a contânus? Alore, cemût mai sêstu vignût fûr a dînus
dut il contrari?”
“Zovins di pocje fede! No savês, voaltris, che la sere prime dal comizi a son
vignûts inte buteghe doi carabinîrs? A son stâts propit lôr che mi àn comandât di dî ce che o ai dit”.
Cussì, in chê volte, il mago di Nimis si è parât la muse.
GNO PARI )
Il motorin, legri come un frut, libar come un canai, lu puarte burît, intal
aiar fresc de matine fumatice, intal clâr e scûr dal cricâ dal dì.
Il motorin al cognòs ben la strade: al rive svelt a lis ultimis cjasis de citât.
Apene fûr, la sô corse si fâs plui vivarose: si bute intai viai drets, arborâts, inta
brumace de campagne segnâde di filârs di pôi. Il motorin al cjante la sô ligrie.
La sô vôs a sclopete, bessole, intes primis oris dal dì. Al puarte il pescjadôr seneôs. Seneôs di cjapâ lis primis vriis de stagjon. La strade e je drete, sigure:
prâts, boschetis, cjamps, doriis, puints, grops di cjasis subit lassadis indaûr.
Insieme, motorin e pescjadôr, e nulin a plen i bonodôrs di tiare juste dismote: di bovui di rosade che si jevin al clip dal soreli e di jarbe apene seâde.
Cumò l’ajar al sa di aghe che e côr. Il flum al è dongje. Il motorin e il pescjadôr a spessein par rivâ prins tal solit sit.
Daspò il puint, daspò l’ultim toc di strade, propit dongje dal sît bramât:
ma il motorin e il pesciador si intopin tal destin segnât: un trùs cul destìn!
Un trùs trement. Un scjàs plen di vôs vivis che a muerin.
Cumò dut al è cidin, un cidin ancjimò clip. Si sint dome il criçâ dai pas
che a corin tal glerein sul ôr de strade.
Il pescjadôr al è distirât partiare, bessôl, vueit di vite; ancje cussì al è simpri
lui: la sô muse nete, i siei cjavei neris, lis sôs mans grandis, i voi siarâts.
E il motorin? Il motorin al è là, sbatût in bande sot di une plante, dut
intun grum, un grum vueit di vite. Nol è plui lui.
vite. No l’è plui lui.
Colline friulane
DONGJE LA MENSE DAI
di Spartaco Iacobuzio
7
FRARIS
Culì ducj a puedin domandâ di mangjâ
cence spindi nancje un carantan,
cence vergognâsi e sbassâ i vôi.
Devant la mense mi ferme un omp:
une persone a vonde di sest che,
cul dâmi la man, mi domande:
“Puedial dami cincent francs”?
E jo: “Orpo, parcé aio di dai 500 francs?
No lavorial? Ce aial di fâ di lôr?”
E lui: “Ah, o ai capît, al è ancje lui un di chei:
chei che fasin l’interogatori, prime di dâ”.
Mi torne a dâ la man par saludami.
Intant ta mê o vevi zâ prontâts i 500 francs.
Ju vevi cjatâts sgarfant la sachete.
Si cjalìn ben fis te muse, cence savê ce dî,
si saludin cuntun moto dal cjâf e,
ognidun, al vâ pe sô strade, cence voltâsi.
MAI FINIDE DAL DUT
di Spartaco Iacobuzio
Mi plâs finî une robe scomençade ma,
plui di cualchi volte, o preferìs no finîle.
La peraule “fin” no mi va: e sa di malinconie.
Chê robe lì, chel pinsîr no tornaran plui.
Finide l’emozion di vê vût une idee e di metile jù.
Finît di stâ, par un moment, di bessôl cun me.
E po e son altris resons che no sai spiegâ.
Mi afezioni a ce che o fâs; e propit par chel,
une volte finît, no lu darès vie a di nissun.
Al è come separâmi di un toc di me.
E alore?
O crot che il biel di un lavôr al sei pensâlu.
Fâlu ben, miôr che al è pussibil. Ma no finîlu.
Cuissà, o pues cambiâ dut.
Mê mari, puare, e diseve che o soi l’om dai mîl pinsîrs.
ant a curiosâ fra i Strolics di 15 - 20
agns indaûr (chei sì che a jerin StroL
lics! Ma bisugne pensâ che in chei agns
si viveve in Friûl une sorte di Rinassince
e la floridure di “Risultive”) o ai cjatât
un numar plen di maraveis: al è il Strolic pal 1971.
E Tresesin culì al à fat la part dal
leon, cun Alan Brusini e sô fie Tilie,
ancjemò frute di quinte elementâr.
Di Alan - poete, scritôr, musicist o ai gust di ripuartâ une des sôs puisiis,
par me tra lis plui bielis, pe semplicitât
de lenghe e pal incjant di chel seren de
zornade che e va jù cul soreli.
Di Tilie Brusini, lis considerazions
plenis di malignitâts di une frute che e
veve fat il so compit par un concors, che
daspò al è lat a finile in nuie.. O vedarês
che Tilie e varès mertât il prin premi.
Ben, in ogni câs il divertiment e la ridade final a son garantits!
FRUTIN CHE TU VAS
PAR TON PARI
Frutin che tu vâs par to pari
a cjoli di fumâ
no tu rivis cul cjâf
sul banc da l’ostarie
e tu alzis lis manutis par pajâ.
Po’ tu cjapis indaûr lis caramelis.
Sentât sul clap di cjase dopo cene,
il pài al butarà bugadis
e ancje il fum pal nâs,
che il cjan lu cjalarà smaraveât..
Alan Brusini (grafie de Filologjiche)
LIS VECJS E LA NEF
A mi mi semèe che la nêf pes vecjs ‘e
sedi une fissazion. E ‘o crôt che se a
Tresèsin no ven mai la nêf, la colpe
‘e sedi propit lôr, A’ prèin dut il dì il
Signôr par che la puarti vie: la stramaledissin; a’ son propit i ucei dal malauguri.
Se si dîs: “Doman ‘e ven la nêf ”, lôr
a dan sù come la bilite: “Mancjarès ancje chê! No îse vonde miserie pal
mont! E pes stradis cui va?”. Dai dolôrs ch’e àn pe vite, no stin a fevelâ!
E i polèz ch’e vegnin tai pîs! Alore jo
che ‘o lis sint a discori cussì, mi ven
sù il deliri e lis lassi bagajâ.
No stin a fevelâ po des vedranis, ch’e
àn simpri frêt. E la reson le àn simpri
lôr.
Chê altre sere, sul plui biel de neveade, ‘o ài sintût une vecje ch’e diseve: “Ancje chest colp ‘e dure pôc.
‘E je tacadizze, tanben!”. E difat pôc
dopo si è butade in ploe.
A’ disin che tal ’29 ‘e je vignude un
metro di nêf, parcè che pôc prime e
jere stade une murie di vecjs, une daûr
chê altre, e ancje trê tun colp. Alore
la nêf, senze maledizions, a’nd’è vignude un metro.
I omps a son miôr des feminis ancje
in chest. No disin mai mâl de nêf, anzit ‘a contin storiis di quant ch’a jerin fruz, che la nêf in chê volte ‘e vignive ogni an.
Ma ce si âl di fâur a ches puaris
vecjs? No ur reste altri! Compatîlis e
sapuartâlis, cjapâ ce che al ven, eco.
Però, par cause lôr, a Tresèsin mai un
pêl di nêf.
Tilie Brusini (grafie de Filologjche)
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2016
Varie da Milano, dal Friuli e dal mondo
8
VETRINETTA
Gianfrancesco Gubiani
SAN DANIELE - L’ANIMA COMMERCIALE
Stampa Tipografia OGV - Palmanova (UD), 2009
ome anticipato a pagina 3 di questo notiziario, in occasione dell’inconC
tro dei Presidenti e rappresentanti dei Fogolârs del mondo, Aldo Garlatti, celebre figura di commerciante sandanielese, ha offerto a tutti i presenti
un prezioso libro, siglato dal suo «Un salût di Sandenêl. Mandi. Aldo»
Il volume di circa 150 pagine, riccamente illustrato, ci accompagna nel percorso storico che ha caratterizzato la vita commerciale di San Daniele del
Friuli, sin dalle antiche origini del borgo. E qui la trama si perde ancor prima
della colonizzazione romana.
La storia viene così ripercorsa con tutte le tappe dello sviluppo economico
della cittadina friulana, ma soprattutto con un corredo di immagini di archivio, cartoline, documenti di rara visione che ci mostrano quanto sia stata brillante l’attività in questo settore. Naturalmente, primo fra tutti domina il Prosciutto di San Daniele con la festa
dedicata a questo prodotto dal sapore unico. I due capitoli che strutturano il volume trattano anzitutto di storia per
poi analizzare la «Vocazione commerciale», la «Ricostruzione del dopoguerra». Nel panorama dell’economia sandanielese la figura dei Garlatti è proposta in un capitolo dedicato a questo negozio che risale agli anni ‘30 del secolo scorso. La seconda parte del libro si sofferma sul prosciutto, vera e propria risorsa del luogo, presentato in tutte
le sue sfaccettature, dal mercato degli animali al consorzio di tutela, dai salamai emigrati in Europa alle tecniche di
produzione e lavorazione. Non manca in chiusura un quadro della produzione del prosciutto a livello nazionale.
Insomma, un bellissimo lavoro che esalta ancora una volta l’unicità e la tipicità di un prodotto della nostra
regione. (M.R.)
Gianfranco Nosella
L’AZIONE EDUCATIVA DI PIER PAOLO PASOLINI IN FRIULI
Campanotto Editore, Pasian di Prato (UD), 2016
egli scritti di Gianfranco Nosella abbiamo già avuto occasione di parlare
DL’ultima
nelle pagine del nostro giornale.
sua fatica, fresca di stampa, è un lavoro particolare. Una sorta di raccolta di testimonianze e di cronaca che non ha alcun inserimento personale dell’autore, ma si limita a documentare un aspetto forse meno noto di una
personaggio tanto celebre quanto discusso: Pier Paolo Pasolini.
L’introduzione di Pier Carlo Begotti, infatti, accentua la peculiarità dell’argomento: «Pasolini educatore... non è solo un affascinante tema di ricerca, ma è
anche un motivo che può farci comprendere moltissimi aspetti della vita e dell’azione di questo importante intellettuale...».
L’autore poi approfondisce il motivo della sua ricerca, una raccolta di osservazioni, di pensieri di quanti hanno avuto l’occasione di incontrare Pasolini come
insegnante. La copertina originale, un particolare di un disegno del sanvitese Paolo Del Frè, ci introduce all’agile
libretto. Oltre una cinquantina di pagine, caratterizzate da uno stile scorrevole nella proposta senza soluzione di
continuità delle testimonianze. Un serie di piccoli quadri che ci affascinano nella lettura e nella proposta di un
aspetto che sicuramente molti di noi non hanno avuto occasione di cogliere tra gli scritti letterari dello scrittore
casarsese. (M.R.)
Renato Zanolli
FRIULI 1976 - IL TERREMOTO CHE CAMBIÒ LA STORIA
Dario De Bastiani Editore, Godega di Sant’Urbano (TV)
C
hiudiamo la vetrinetta di questo numero del giornale con la presentazione di un libretto che rappresenta un ricordo particolare del terremoto del 1976. Il centinaio
di pagine che presentiamo sono il frutto del lavoro dell’autore che ha raccolto una silloge di pagine e articoli tratti dall’Archivio de «Il Gazzettino».
E’ una delle numerose testimonianze che abbiamo scelto per questo argomento di cui
quest’anno ricorre il 40° anniversario.
Numerose riproduzioni di pagine del quotidiano, un ricco corredo fotografico, testi
ricavati dagli articoli dei giornalisti: ben 25 inviati sui luoghi della tragedia.
La cronaca del terremoto ci viene così presentata oggi come nel 1976, «ora dopo
ora». Una cronaca che leggiamo, nella quale ritroviamo le emozioni di quel tempo.
Una serie di scritti che in modo crudo e reale ci riportano al maggio del 1976 come se
stessimo rivivendo l’immane tragedia che ha colpito la Piccola Patria.
La presentazione però ci ricorda la gente friulana: «La pietà non ha parole. La disperazione è senza lacrime. Non s’è
visto gente piangere. Non è che i friulani non piangono, piangono ma non vogliono farsi vedere... La storia del terremoto
del Friuli è una storia di uomini e di speranze... Friulani, gente fatta così, non si siede sulle rovine a piangere, crede molto
in se stessa, abbastanza in Dio, poco nello Stato». (M.R.)
Fevelânt cu la mê int...
di Elena Colonna
La Città di San Daniele ha dato alle stampe un bellissimo opuscolo, corredato da disegni
degli stessi bambini e da fotografiie, dal lungo titolo: “Fevelânt cu la mê int o ai imparât
che…”. L’opuscolo raccoglie le interviste fatte da ragazzi di I Media a padri, madri, nonni e
in qualche caso amici o vicini di casa, su iniziativa di due insegnanti attive e intraprendenti,
Donatella Bello e Elisa Mengato. Interviste che riguardano il terremoto del ’76, l’Orcolat.
A chi scrive, già adulto all’epoca del terremoto, sembra strano che i genitori, e a volte
perfino i nonni di questi ragazzi, fossero bimbetti o ragazzini… ma si sa, il tempo passa veloce e l’Orcolat è già storia. Tanto più benemerita, quindi l’iniziativa delle due docenti che
hanno saputo coinvolgere i loro allievi nel compito di tenerne viva la memoria.
Tutti gli intervistati parlano naturalmente della paura, del panico, dello sbigottimento
provati, ma quasi tutti si soffermano anche sulla solidarietà, sull’aiuto reciproco, sul senso di
fratellanza creatosi in quei momenti difficili e sugli aiuti arrivati in seguito.
Ci fa piacere citare qui alcuni stralci di queste interviste, che ci sembrano particolamente
significative: C.C. riporta che sua madre, che aveva 5 anni “e prove tenarece e displasê pe int
che no je plui, ma ancje tante braùre pe fuarce dimostrade de int furlane in cheste disgracie”.
La mamma di S.L., 6 anni, “ha raccontato che un grande aiuto è stato il clima di condivisione reciproca fra i terremotati; tutto quello che c’era si condivideva”.
Il papà di E.M., 7 anni, ricorda che il Natale successivo ricevette un pacco indirizzato “a un bambino di nome Nicola”.
Dentro c’era un presepe da parte di una famiglia con un figlio di nome Nicola.
La nonna di F.G., 25 anni all’epoca, termina così la sua lunga intervista: “A disin che ognidun al pense nome par se, ma
o pues sigurâ che tal moment dal bisugn o sin brâfs a judâsi…mi ricuardi i pignatons di pastesute che mê mari a preparave par dut
il vicinât… che al cuintricambiave come che al podeve…
E’ un vero peccato non poter riportare almeno la maggior parte di questi brani. Vi sono raccontate perfino situazioni
comiche o tragicomiche, come quella di un papà che, con la bambina piccola in braccio, si attardava a cercare la ciabatta perduta fra le macerie.
Molti ricordano la luna, una grande luna velata di rosso: la mamma di T.B., 6 anni, racconta:
“Una luna grande, piena, alta e arancione. La luna più bella che abbia mai visto. Forse grazie anche a quel cielo blu
scuro, blu perso, senza nuvole e stelle.” Ad altri invece la stessa luna aveva fatto paura, sembrava un presagio cattivo.
Ci piace concludere con le parole di una nonna che aveva allora 23 anni: “tal cûr si sint un fuart dolôr che al torne ogni
volte che tal mont al capite un taramot o cualchi altri disastri naturâl”.
Il friulano che scolpiscele montagne
di Elena Colonna
uasi tutti conoscono,
Q
quanto meno per
averlo visto su qualche illustrazione, il Monte Rushmore, nel Sud Dakota
(USA), su cui sono scolpite le gigantesche teste di
quattro Presidenti degli
Stati Uniti, un grande
monumento al patriottismo americano. Ma certamente non tutti sanno chi scrive lo ha appreso
per caso da un servizio televisivo - che il capo scalpellino di quell’impesa era un emigrante friulano di Meduno, Luigi del
Bianco, poi naturalizzato americano. Fu lui con la sua maestria a rendere lo
sguardo di Washington più intenso ed espressivo, e a inserire nelle pupille di
Lincoln inserti di granito per la luminosità degli occhi. Sembra incredibile,
dovunque ci sia un’opera importante, moumentale o prestigiosa, ci si trova
sempre dietro qualche “maestro” friulano!
Rio 2016: Olimpiadi
Argento per Chiara Cainero
n argento che si aggiunge alla
U
collezione. Come a Pechino
2008 Chiara Cainero precede la fuoriclasse statunitense Kimberly Rhode,
una delle poche tiratrici con una bacheca più ricca rispetto alla friulana.
Una medaglia certamente non
scontata ma per certi versi prevista per
quanto fatto vedere nel quadriennio
dalla campionessa della Forestale.
Non ancora sazia dell’oro di Pechino,
dei due podi mondiali, dei cinque trionfi europei e di ben 16 podi in Coppa
del mondo, la tiratrice che nel frattempo è diventata mamma del piccolo
Edoardo ha centrato l’ennesimo obiettivo. Ora, per essere pignoli, manca soltanto l’oro iridato.
Rio 2016: Paralimpiadi
Medaglia di bronzo per
Giada Rossi e Andrea Tarlao
a prima medaglia per il Friuli Venezia
Giulia alle Paralimpiadi di Rio 2016 è
L
stata conquistata dall’atleta più giovane
della squadra regionale, Giada Rossi, di
Poincicco di Zoppola (PN). Un percorso
bellissimo quello della Rossi interrotto solo
oggi pomeriggio dalla coreana Seo in semifinale, ma il podio è all’orizzonte, la nostra azzurra lo vuole e lo
ottiene!
Una gara decisamente combattuta fino all’ultimo punto,
il più bello, con l’urlo di gioia dell’azzurra che ha compiuto
un’impresa e il sorriso può aprirsi fino al cielo. Giada Rossi
è medaglia di bronzo.
Andrea Tarlao, goriziano, ha conquistato il terzo posto
nella Road Race di ciclismo. Andrea, come Giada Rossi
nel tennistavolo, è esempio di dedizione e volontà per
tutti coloro che praticano un'attività sportiva. (M.R.)
Tesis di Vivaro: 101 anni
per Irma
La nostra socia Lina Dalla Libera (nella foto con
Irma), dal Friuli, ci segnala un importante compleanno. Nel borgo di Tesis, in provincia di
Pordenone, è stato raggiunto un importante
traguardo. Particolare l’invito scritto per l’occasione: «Porte aperte da Irma Zipin. Vi aspetto
anche quest’anno per mangiare, brindare, festeggiare, il mio 101° compleanno!» Il Fogolâr di Milano si unisce agli auguri per questo evento.
QUOTE SOCIALI PER IL 2016
Soci ordinari euro 40.00 - Soci sostenitori euro 70.00
Soci benemeriti euro 200.00 - Soci familiari conviventi e minori di anni 12 euro 15.00
Soci neonati (per il primo anno di associazione) omaggio
«Sostenete il Fogolâr Furlan di Milano, ambasciatore delle tradizioni,
dei costumi, della lingua e della cultura del Friuli»
Il versamento della quota sociale, che oltre al giornale permette di
ricevere le comunicazioni per tutte le manifestazioni friulane
che vengono organizzate o patrocinate dal Fogolâr Furlan di Milano,
va effettuato sul c/c postale n. 55960207 intestato a:
Il Fogolâr Furlan di Milano - Via A. M. Ampère, 35 - 20131 Milano
IBAN IT54 K076 0101 6000 0005 5960 207
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La segreteria è aperta il martedì dalle 15.00 alle 18.00
Redazione: Alessandro Secco (caporedattore), Marco Rossi (coordinamento e editing),
Elena Colonna, Corradino Mezzolo, Roberto Scloza, Vittorio Storti
Autorizzazione Tribunale di Milano del 13.3.1970, n. 108 del Reg. - Direttore responsabile Marco Rossi
la redazione di questo giornale è stata chiusa il 22 settembre 2016