Ignazio Silone (1900-1978)

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Ignazio Silone (1900-1978)
Ignazio Silone (1900‐1978)
G. P. Di Nicola‐A. Danese,
Ignazio Silone.
Percorsi di una coscienza inquieta,
Fondazione L’Aquila 2006
Silone, “Silone visita per l’ultima volta la Marsica”.
Disegno di Mimmo Emanuele (1978)
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 «Il passato, con le profonde ferite che ci ha lasciato, non deve essere per noi un motivo di debolezza. Non dobbiamo lasciarci demoralizzare dalle colpe, dalle ignavie, dalle sciocchezze dette o scritte. A partire dal momento che la nostra volontà è pura, una nuova forza può nascere proprio dal peggio di noi stessi. “Etiam peccata”» (US, 878).
Silone
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Una vita, un libro
 «Se dipendesse da me, passerei volentieri la mia vita a scrivere e riscrivere lo stesso libro: quell’unico libro che ogni scrittore porta in sé, immagine della propria anima, e di cui le opere pubblicate non sono che frammenti più o meno approssimativi»
(VP).
François Bonvin, Still Life with Book,
papers and Inkweel 1876, National
Gallery London.
3
Scritti e sigle I
 A I
Appendice I, in Romanzi e Saggi, I, Mondadori, Milano 1998, 1415‐1458
 A II
Appendice II, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 1439‐1604  ABR 48 Attraverso l'Italia. Abruzzo e Molise, Touring Club Italiano, Milano 1948
 APC L’avventura di un povero cristiano, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 567‐ 745.
 BIBLBibliografia, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 1607‐1665
 ESN Ed Egli si nascose, a cura di B. Pierfederici, intr. di C. Ossola, Città Nuova, Roma 2000.
F
Fontamara, in Romanzi e Saggi, I, Mondadori, Milano 1998, 5‐196.  MM Una manciata di more, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 5‐280.
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Scritti e sigle II
 P I. Silone, Il pane di casa, a cura di G. Ardrizzo, Minerva Italica, Bergamo 1971.
 S
Severina, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 1441‐1488.
 SA I Scritti autobiografici, in Romanzi e Saggi, I, Mondadori, Milano 1998, 1369‐1414.
 SA II Scritti autobiografici, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 1207‐1438.
 SD
La scuola dei dittatori, in Romanzi e Saggi, I, Mondadori, Milano 1998, 1017‐1230.
 SL
Il segreto di Luca, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 281‐425.
 SLI I Scritti sulla letteratura e gli intellettuali, in Romanzi e Saggi, I, Mondadori, Milano 1998,1343‐1366,
 SLI II
Scritti sulla letteratura e gli intellettuali, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 1115‐ 1206
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6
Scritti e sigle III
 SN
Il seme sotto la neve, in Romanzi e Saggi, I, Mondadori, Milano 1998, 515‐1013.
 SPM I Scritti politici e morali, in Romanzi e Saggi, I, Mondadori, Milano 1998, 1231‐ 1342
 SPM II
Scritti politici e morali, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 985‐1114.
 RS I Romanzi e Saggi (1927‐1944), a cura e con un saggio introduttivo di Bruno Falcetto e una testimonianza di Gustav Herling, Mondadori, Milano 1998;  RS II
Romanzi e Saggi (1945‐1978), a cura e con un saggio introduttivo di Bruno Falcetto, Mondadori, Milano 1999.
 US
Uscita di Sicurezza, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 749‐984.
 VC
La volpe e le camelie, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 427‐534.
 VP
Vino e Pane, in Romanzi e Saggi, I, Mondadori, Milano 1998, 197‐514.
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 LDE71, L. D’Eramo, L’opera di Ignazio Silone. Saggio critico e guida bibliografica, Mondadori, Milano1971 Altre Sigle
 LDE94 L. D' Eramo, Ignazio Silone, Editori Riminesi Associati, Rimini 1994
 GSM
G. Seidenfeld, Le tre sorelle, dattiloscritto inedito, s.d.
 FP AA.VV., Per Ignazio Silone, Edizioni Polistampa, Firenze 2002  BD D. Biocca, in Silone. La doppia vita di un italiano, Rizzoli, Milano 2005.
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Il nome
 Silone, pseudonimo di Secondino Tranquilli nasce a Pescina dei Marsi (L'Aquila) il 1 maggio, figlio di un piccolo proprietario terriero e di una tessitrice.
 Alla nascita, papà Paolo si era recato in Comune per registrarlo (aveva atteso due giorni per la coincidenza con la Festa del lavoro) con un nome risorgimentale, del tipo “Mameli” o “Cairoli”. Al sindaco, che voleva nomi di santi, Paolo obiettò: «Se non posso chiamare mio figlio come voglio io, allora mettigli il nome tuo». Si chiamava Severino, ma il segretario comunale, Secondino, s’intromise e convinse il padre a mettergli Secondino, un nome “ridicolo” che a 23 anni Silone abbandonerà. 9
Casa natale Pescina
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Identità da nascondere
 “Silone” si trova usato per la prima volta in Spagna (1923) per firmare alcuni articoli su «La Batalla», giornale legato ai comunisti e ai Comitati sindacali rivoluzionari.
 Il nuovo nome fu registrato con i decreti della Corte d’Appello dell’Aquila (1946 e 1947), dopo che Silone, tornato a Pescina, avviò le pratiche relative, non senza avvertire i parenti. 11
Poppedius Silo
 «Il nome di Silone mi fu occasionalmente suggerito da due motivi: esso ricordava il capo della resistenza dei Marsi, Poppedius Silo, nella guerra sociale contro Roma, ed era quindi simbolo di autonomia. Inoltre, per un’illazione un pò forzata, poteva indicare la simpatia per l’opposizione catalana contro Madrid, in armonia quindi con lo spirito degli articoli che scrivevo. Quando, molti anni più
tardi, riesumai quello pseudonimo per uso letterario, l’accompagnai col nome d’Ignazio…
al fine di battezzare il cognome pagano».
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Tante identità
 Da giovane‐adulto, al contatto con gli ambienti rivoluzionari e trasgressivi, Silone si abituò ad utilizzare pseudonimi vari, seguendo le peripezie di una vita clandestina, votata al mutamento delle identità e dei mondi di appartenenza: Soriani, Olivetti, Dino, Grego, Hippolite, Romano Simone, Sereno, Fritz Nickel, Pasquini (con questo nome era conosciuto dai compagni quando venne espulso dal PCI). Silvestri è senz’altro il più famoso. Altri nomi verranno utilizzati nei rapporti con l’OSS americano: S. Len, Frost, Mr Behr…
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 L’abitudine a cambiare nome era dei militanti socialisti e comunisti, per sfuggire alla polizia.  Era una sorta di 
legittimazione alla identità
mutevole. I 
compagni di lotta acquisivano una maschera alternativa e trasgressiva rispetto alla monotonia della routine quotidiana. Clandestini
ieri e oggi
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Trasposizione letteraria
 Nella trasposizione letteraria (VP) Murica racconta a don Benedetto le prime frequentazioni di quegli ambienti: «Era una specie di sogno settimanale, segreto proibito… come il rito d’una religione occulta. All’infuori di quelle sedute, non c’era nessun legame tra noi. Se per caso c’incontravamo, facevamo finta di non conoscerci»
 In US si racconta di militanti comunisti riuniti in incognito dopo le leggi eccezionali del fascismo: «Assieme al finto pittore e a sua moglie, eravamo un finto turista spagnolo, un finto dentista, un finto architetto e una ragazza tedesca finta studentessa. Ci conoscevamo già da un paio d’anni, ma i nostri rapporti, fino a quel giorno, erano stati esclusivamente di collaborazione tecnica per incarico dei rispettivi uffici dell’organizzazione cospirativa; non avevamo ancora avuto tempo e modo di stringere amicizia»
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Problemi di identità
 Silone percepirà solo più tardi l’effetto boomerang.
 «Come chiamarci? Molti di noi han dovuto deciderlo per conto proprio… il guaio è che, secondo le occorrenze, di nomi e cognomi ne abbiamo avuti fin troppi e qualcuno, non il più simpatico, ci è rimasto appiccicato alla pelle. Così
ci accade talvolta di non ravvisare in una data persona un comune amico solo perché ognuno di noi l’ha conosciuto sotto nomi diversi… Ma, toccando l’identità personale, l’effetto può alla lunga andare oltre… Dopo anni di un uso quotidiano di carte false e nomi d’accatto, produce infatti un’impressione strana riacquistare di colpo le generalità
d’origine. Può facilmente accadere che queste ci appiano più
false, o almeno più estranee delle altre» (US). 16
La mamma
 Marianna Delli
Quadri discendeva da una famiglia benestante di lavoratori della lana. Alla morte del marito (1911), si era adattata a fare la tessitrice e la “tintora”
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Solidarietà e ospitalità
 Secondino deve alla madre la sicurezza di un affetto che costituisce l’ossatura fondamentale del suo carattere, una profonda radice popolare abruzzese, connotata dal senso della solidarietà e dell’ospitalità, il gusto del racconto, che si tratti di fiabe, di antiche storie di vita, di episodi del Vangelo o della vita dei santi.  Gabriella Seidenfeld attesta: «…Mi raccontò subito della sua vita dopo la morte di sua madre, madre che egli adorava…». Lui le scrisse: “finché io stetti a Pescina con mamma ero un mulo veramente coccolo, educato e studioso e mamma era contenta di me”.
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La tessitora
 Questa la descrizione della tessitora, in L’avventura di un povero cristiano:
 «È l’alba. Dopo qualche secondo, a scena vuota, dalla porta già aperta della tessitoria, appare una giovane donna, Concetta. Ella reca sulle braccia alcune matasse di lana rossa che appende agli infissi accanto alla porta. La donna è vestita di scuro, molto semplicemente, come usano le artigiane povere nei giorni di lavoro; non porta copricapo ed è pettinata al modo tradizionale, coi capelli raccolti in una piccola crocchia sulla nuca; calza pianelle di stoffa scura. È
una donna di gradevole aspetto, sui venticinque anni, robusta, un pò rustica, timida, ma non servile».
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Donne e lavoro
Donna che lavora a maglia, di Anders Zorn
Donna che lavora a maglia, di Adolphe Bouguereau 20
Tessere e scrivere
 Silone assimilerà il mestiere della tessitrice alla scrittura:  «Non c’è alcuna differenza tra questa arte del raccontare, tra questa arte di mettere una parola dopo l’altra, una riga dopo l’altra, una frase dopo l’altra, una figura dopo l’altra, di spiegare una cosa per volta, senza allusioni, senza sottintesi, chiamando pane il pane e vino il vino, e l’antica arte di tessere, l’antica arte di mettere un filo dopo l’altro, un colore dopo l’altro, pulitamente, ordinatamente, insistentemente, chiaramente. Prima si vede il gambo della rosa, poi il calice della rosa, poi la corolla; ma, fin da principio, ognuno capisce che si tratta di una rosa»
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Tessere e costruire la Chiesa
 La stessa metafora torna sulla bocca di Pier Celestino, che l’assimila al lavoro instancabile dei veri cristiani per costruire e ricostruire la Chiesa perseguitata dal male:  «Ebbene, mi pare che anzitutto ci spetta la funzione della massaia che la sera ricopre di cenere la brace del camino, per poter più facilmente l’indomani riaccendere il fuoco. In più vi sarà il lavoro continuo di collegare tra loro rinfrancare gli amici dispersi. Si deve rifare sempre daccapo la tela che la violenza distrugge».
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 «Conservo con sorprendente chiarezza molti ricordi di quando avevo appena tre o quattro anni. Ma il primo ricordo in assoluto…mi riporta al lontano giorno in cui fui svezzato… Quando una madre crede sia giunto il momento di svezzare un bambino, senza avvisarlo in alcun modo, si cosparge il seno di grandi macchie nere ottenute con carbonella o altro colorante e quando il piccolo vuole mangiare gli offre il seno come sempre, come se tutto fosse perfettamente normale…
Svezzamento
Il primo ricordo della mamma
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Tradizione crudele
 Ricordo chiaramente che nel mio caso questo trucco crudele ebbe un immediato successo. Ricordo bene che un’amica di mia madre era con lei quel giorno. Mia madre era triste e silenziosa, come era sempre quando doveva fare cose che intimamente disapprovava, ma che la tradizione imponeva. Però la sua amica mi guardò e rise. Ricordo l’insieme di terrore e disgusto con cui scoprii le misteriose macchie sui seni materni. Fu il primo momento tragico della mia vita. Dovetti separarmi per sempre da quelle due cose care, morbide, tonde, intime, affidabili e dolci da cui finora avevo tratto nutrimento in maniera facile e meravigliosa».
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 Silone racconta di una serata tra amici, in casa, per mangiare una lepre. Mentre si ipotizza l’età
dell’animale, la madre comunica di avere conservato la lepre per 4 giorni avvolta in un panno bagnato d’aceto. Qualcuno osserva che si sarebbe potuto abbreviare il procedimento battendola col mazzuolo.
Rispetto per gli animali
«Si rischia però di
frantumare gli ossicini e
poi
è
sempre
un
maltrattamento».
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Badare ai fatti propri
 «Sono nato e cresciuto in un comune rurale nell’Abruzzo, in un’epoca in cui il fenomeno che più m’impressionò…
era un contrasto stridente… tra la vita privata e familiare, ch’era, o almeno così
appariva, prevalentemente morigerata e onesta, e i rapporti sociali, assai spesso rozzi, odiosi, falsi… E ogni tanto non mancavano fattacci ... 26
 Ero ancora ragazzo quando, una Domenica, mentre attraversavo la piazza accompagnato da mia madre, assistei allo stupido e crudele spettacolo d’un signorotto locale che aizzò un suo cagnaccio contro una donnetta, una sarta, che usciva di chiesa. La misera fu gettata a terra, gravemente ferita, i suoi abiti ridotti in L’esperienza del potente che stracci. ama incutere paura
Stupido e crudele
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Badare ai fatti propri
 Nel paese l’indignazione fu generale, ma sommessa. Nessuno mai capì come la povera donna concepisse poi l’infelice idea di sporgere querela contro l’ignobile signorotto; poiché n’ebbe solo il prevedibile risultato di aggiungere ai danni le beffe della giustizia. Ella fu, devo ripetere, compianta da ognuno e privatamente soccorsa da molti, ma non trovò un solo testimonio disposto a deporre la verità davanti al pretore… “L’ho fatto con mio grande rammarico” così il pretore, alcuni giorni dopo, si scusava in casa nostra… “Certo”
commentava mia madre “ma che orribile mestiere. Meglio badare ai fatti nostri in casa nostra”.
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I fatti propri
 “Figlio mio”, diceva a me “quando sarai grande, fa tutto quello che ti pare, ma non il giudice”. Il pretore, in privato una degna e onesta persona, assolse il signorotto e condannò la povera donna alle spese del processo”.  Badare ai fatti propri, era la condizione fondamentale del vivere onesto e tranquillo, che ci veniva ribadita in ogni occasione. L’insegnamento della Chiesa lo confermava. 29
 Le virtù raccomandate concernevano esclusivamente la vita intima e familiare. Fin dai primi anni, a me invece piaceva molto stare per strada e i miei compagni preferiti erano figli dei contadini poveri. La tendenza a non farmi i fatti miei e la spontanea amicizia con i coetanei più poveri, dovevano avere per me conseguenze disastrose».
La piazza
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La mamma e le foto
 «Devo deluderla, non ne ho, non ne ho mai fatte, la prima la feci in gruppo, che avevo sedici anni. E non ne ho di mia madre, né di mio padre. La mia famiglia aveva, verso il ritratto, una ripugnanza da Antico Testamento. A Pescina capitava ogni tanto un fotografo ambulante; ma non era ben visto farsi fotografare, salvo assoluta necessità (ad es. per il passaporto). 31
“Sono un primitivo”
 Ricordo una conversazione di mia madre con la propria madre, a proposito appunto di farsi fotografare. Noti che mia madre continuava a consigliarsi con sua madre anche avendo figli grandi. “Che ne pensi, le chiese, se mi facessi fotografare?”. “A che ti servirebbe?”. “Per i figli: quando non ci sarò più avranno un ricordo”. “Credi che altrimenti ti dimenticheranno?”. “Non credo”. “Neanch’ io ti lascio fotografie di me, aggiunse la nonna. Quando non ci sarò più mi dimenticherai?”. “No, di certo”, concluse mia madre e rinunziò all’idea. Poi accadde che lei morì prima della nonna. Così non ho fotografie di nessuna di loro. Mi scusi, sono un essere primitivo» (confidenza a L. D’Eramo).
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 Luce d'Eramo pseudonimo di Lucette Mangione (Reims, 1925 – Roma, 2001) è stata una scrittrice di famiglia fascista. Vive fino ai quattordici anni a Parigi e nel 1938 rimpatria. Luce D’Eramo

 Io sono un'aliena, dopo essersi stata "petite macaronì" è ora"la francesina". Cresce così senza radici. Nel 1944 scappa di casa per andare a lavorare come operaia volontaria nei campi di lavoro tedeschi. Si ribella, viene incarcerata, rimpatriata, finisce nel lager Dachau. Fugge ma a Magonza
nel ‘45 le crolla addosso un muro e resta paralizzata. Scritti: Deviazione, L’opera di I.
Silone, Cruciverba politico (sul
caso Feltrinelli), Raskolnikov e il
marxismo (discute con Moravia),
Partiranno.
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La madre e l’Addolorata
 Significativa l’associazione tra femminilità e dolore, la mamma e l’Addolorata. Così è per la mamma di Andrea Cipriani (Il segreto di Luca):  «“Pareva l’Addolorata alla quale hanno tolto il figlio. La sua vita, si può dire, si era fermata al giorno della tua condanna”. A quelle parole lo sguardo di Luca si velò di lagrime…”Dimmi, cantava ancora qualche volta? Quando io ero a casa, lavando i panni, ammassando il pane, usava sempre cantare”. “Sì, cantava la sera per addormentare un mio fratello più piccolo” disse Andrea”. Erano nenie assai dolci e malinconiche, che forse lei stessa inventava, perché
mia madre diceva di non averne mai udite di simili”»
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L’elaborazione del lutto
 La morte della madre ha influito sullo sbandamento adolescenziale di Secondino, che, come racconta, non si sentiva chiamato alla sera, quando tutti gli altri ragazzi si ritiravano in famiglia obbedendo alla voce dei genitori.
 La figura materna riaffiorerà tutte le volte che Silone si sentirà amato da don Orione o da Gabriella.
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 Paolo Tranquilli viene descritto come «il più
giovane di un gruppo di contadini fratelli, proprietari; il più inquieto e l’unico proclive all’insubordinazione»
 Aveva ereditato alcuni ettari di terreno dal padre e viveva con la moglie in una casa di proprietà
presso la piazza di Pescina. Silone dirà di sé: “ero nato per diventare un onesto proprietario di terre”. Il padre
Da piccolo proprietario terriero Paolo si era ridotto a vendere tutti i vigneti a causa di un'epidemia di fillossera e di peronospora e a dover emigrare (1911). 36
Ritorno dal Brasile
 Dal Brasile era tornato l’anno seguente, per ragioni sociali e di salute. Era rimasto amareggiato dalle violenze della polizia contro gli scioperanti, sostituiti con nuovi arrivi dall’Italia, con un’azione indotta di crumiraggio.  La morte lo colpì anzitempo nel 1911, risparmandogli la scomparsa della moglie cinque anni dopo, nel terremoto della Marsica. 37
 Restava il ricordo di un uomo dal forte senso Cafone tra i cafoni
della dignità, sensibile verso quanti erano in difficoltà, innocenti o colpevoli, e pronto a difenderne i diritti.  Di qui l’attitudine di Silone a prendere le parti degli sconfitti e dei “cafoni”, specie se “ricercati”
e fuorilegge.
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“Non si deride un detenuto”
 «Un piccolo uomo cencioso e scalzo, ammanettato tra due carabinieri, procedeva a balzelloni, nella strada deserta e polverosa, come in un penoso ritmo di danza, forse perché zoppo o ferito a un piede. Tra i due personaggi in uniforme nera, che nella crudezza della luce estiva sembravano maschere funebri, il piccolo uomo aveva un vivace aspetto terroso, come di animale catturato in un fosso… Mi girai attorno per trovare qualcuno che condividesse la mia allegria e in quello stesso momento, dall’interno di casa, udii sopraggiungere il passo pesante di mio padre. “Guarda com’è buffo” gli dissi ridendo. 39
“Non si deride un detenuto”
 Ma mio padre mi fissò severamente, mi sollevò di peso tirandomi per un orecchio e mi condusse nella sua camera. Non l’avevo mai visto così malcontento di me. “Cosa ho fatto di male?” gli chiesi stropicciandomi l’orecchio indolorito. “Non si deride un detenuto, mai”. “Perché no?”. “Perché non può difendersi. E poi perché forse è innocente. In ogni caso perché è un infelice». Più tardi il padre chiese al pretore di che cosa fosse incolpato l’uomo arrestato. «È un manovale della fabbrica di mattoni, e pare che abbia rubato qualcosa al padrone” rispose il pretore. “Ha forse rubato anche a te?”. “Strano” disse mio padre. “Scalzo e vestito di stracci come l’ho visto, egli aveva piuttosto l’aria di un derubato”»
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 Oppressi, sospettati, arrestati diverranno i personaggi privilegiati di Silone, accostati al Cristo sofferente. Nel 1932 in Der
Christus
von Kazan
per (scritto “Information”), Silone ripropone un frammento del manoscritto di Kazan in cui il Cristo stesso viene presentato attraverso una scheda segnaletica, da ricercato.
I perseguitati
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La visita al carcerato
 La polizia cattura un uomo che qualche tempo prima, per soddisfare il desiderio di fumare di papà
Paolo, aveva donato metà del suo sigaro, dietro le insistenti richieste del bambino. Paolo, guardando il triste e purtroppo consueto spettacolo dei catturati invita il figlio a non giudicare quell’uomo condannato dalla legge:  «“Avrà fatto qualche cosa che agli occhi dei carabinieri e del pretore ha l’apparenza del furto…
Ma quello che realmente ha fatto, solo Dio lo sa”. Cortesemente il pretore ci fornì un biglietto per visitare il carcerato. Sul biglietto scrisse anche il mio nome. 42
I sigari
 “Bisognerebbe portargli qualche piccolo regalo”
propose mio padre strada facendo. “Ma cosa?”. “Il meglio sarebbe qualche sigaro”
io suggerii. “Eccellente idea” disse mio padre».
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Un “barbone”
 Secondino trova in un fosso, al limite dell’orto di casa, un uomo rannicchiato “come una bestia impaurita”.  «Egli era sporco, anzi lurido, aveva la barba di vari giorni e tremava in tutta la persona. A stento riconobbi il postino.
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Un povero Cristo
 Egli mi rivolse uno sguardo supplichevole. “Avverti tuo padre… Stasera, quando farà buio andrò a consegnarmi ai carabinieri. Ma prima vorrei parlare con un avvocato”… Dopo che gli ospiti furono partiti, mio padre venne a vedere come stavo. “Non era un cane” egli mi disse. “No, non un cane”. “Chi era?”. “Puoi immaginartelo”. “È ancora lì?”…. “Lo tratterai male?”. “Come puoi pensarlo? Ormai è un ospite”. “Ne avrà della fame”. Poi aggiunse mio padre: “Devi portargli qualcosa da mangiare e da bere, ma senza dare nell’occhio dei vicini”» (US).
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Le elezioni a Pescina
 Il principe di Torlonia si candida al Parlamento chiedendo voti alle 8.000 famiglie di contadini, che gli lanciano improperi, ma fanno buon viso a cattivo gioco. «Una sera vennero da lui i fratelli per raccomandargli, nell’interesse comune, prudenza e accortezza… Quella sera però parevano assai imbarazzati. “La candidatura del Principe è un’autentica buffonata” ammetteva il fratello più vecchio. “Le candidature politiche dovrebbero essere riservate agli avvocati e ai somiglianti chiacchieroni. Ma siccome il principe è candidato, a noi non resta che appoggiarlo”. 46
“In politica siamo liberi”
 “Se la candidatura del Principe è
una buffonata”, rispondeva mio padre “non capisco perché
dobbiamo sostenerla”. “Perché, come sai, dipendiamo in parte da lui” gli fu risposto. “Non in politica” diceva mio padre. “In politica siamo liberi”. 47
Le elezioni a Pescina
 Noi non coltiviamo la politica, ma la terra…”. “Non posso votare il nome di qualcuno solo perché
costretto” diceva mio padre. “Mi vergogno”. “Nessuno saprà come tu voterai” gli veniva risposto. “Nel segreto della cabina elettorale tu voterai come ti pare, liberamente. Ma durante la campagna elettorale, tutti assieme dobbiamo dichiararci per il Principe”. “Lo farei con piacere se non mi vergognassi” diceva mio padre. “Ma credetemi pure, mi vergognerei troppo”».
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Un nobile cafone
 Silone non nasconderà l’ammirazione per suo padre e i tanti cafoni tutti di un pezzo.
 «Erano uomini alti e forti, quasi solenni, i più
anziani avevano grandi barbe, piedi enormi, ginocchia spalle mani poderose. Erano uomini di chiesa, ma non di sacrestia; uomini d’ordine, non di anticamera; ed erano stati allevati nell’orgoglio del coraggio davanti a qualsiasi pericolo, davanti a una bestia infuriata, a un’alluvione, a un incendio»
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Teofilo Patini Castel di Sangro, 5 maggio 1840‐
Napoli, 16 novembre 1906)
 Da convinto e puro socialista qual era dipinse quadri sulla civiltà contadina abruzzese di fine '800 e primi del secolo scorso, mettendo in rilievo la condizione di povertà della regione e la capacità di resistenza e di sacrificio della popolazione; la pittura fu, oltre che la sua profonda passione, il megafono con il quale urlava al mondo le misere condizioni del suo popolo: megafono che idealmente consegnerà a Ignazio Silone.
Dipingere la sofferenza degli emarginati
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Teofilo Patini
Vanga e latte, Roma, Ministero dell’agricoltura e delle foreste
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Seppellire il padre
 Pietro Spina racconta: «In certi momenti percepivo istintivamente all’orecchio i suoi colpi sordi profondi irregolari... Misteriose vicinanze crea la memoria. Anche tu eri presente, nonna, quando maestro Eutimio sovrappose e inchiodò il coperchio sulla bara nella quale da ventiquattr’ore giaceva mio padre. Me lo ricordo come adesso. Era l’ora del crepuscolo. Per strada s’era già formato il corteo funebre. Lontano da tutti, chiuso a chiave nella mia cameretta, io premevo i pugni sugli orecchi, tenevo gli occhi chiusi, per isolarmi, per non sentire il pianto della mamma, il salmodiare dei preti; 52
Teofilo Patini
L’erede, 1880, Roma Galleria Nazionale d’arte moderna
 … ma ben sentii i colpi del falegname sul coperchio della bara, quei colpi grevi, sordi irregolari, come venienti da remota lontananza. Ah, non supponevo che sarebbero stati così duraturi, così
tenaci nella memoria, così
assimilati dal mio sangue, al punto che ogni volta quando il mio cuore s’agita e batte forte, distintamente li riascolto. È così difficile, nonna, seppellire il proprio padre?».
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Il paese dell’anima
 Chi oggi si reca a Pescina non trova più i luoghi d’allora a causa del terremoto. Restano: qualche antico palazzo, la torre di un vecchio castello, il campanile di San Berardo. Significative foto d’epoca sono conservate dal Centro Studi “Ignazio Silone”.
Pescina oggi 54
Pescina dei Marsi

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Una cittadina importante
 Geograficamente isolata, Pescina ai tempi di Silone aveva una sua dignità: era capoluogo di un collegio elettorale, sede del Vescovado e di un seminario vescovile, aveva una scuola, il municipio, alcuni “spacci” di generi alimentari, la sede dei carabinieri, qualche osteria. Per trovare un centro più attrezzato bisognava andare ad Avezzano, attraversando strade carrozzabili e maltenute, ed eventualmente da lì prendere il treno che collegava la cittadina a L’Aquila e a Roma. 56
Casucce di cafoni
 «La parte vecchia del nostro paese era tutta addossata alla montagna sormontata dai ruderi di un antico castello, e consisteva in un vasto alveare di nere casucce di cafoni, molte stalle incavate nella roccia, un paio di chiese e qualche palazzo disabitato…
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Una vita di stenti
 Le case, per lo più
a due piani, che fiancheggiavano la via, non riuscivano a difendersi dal fango, dalla polvere, dai rumori…
Al mattino, al primo chiarore dell’alba, cominciava per la nostra via la sfilata delle greggi di capre e di pecore, degli asini, dei muli, delle vacche, dei carri d’ogni foggia e uso, e dei contadini che trasmigravano verso il piano per i lavori della giornata; e ogni sera, fino a tardi, in senso inverso e con i segni ben visibili della fatica, ripassava la processione degli uomini e degli animali»
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Un’educazione inadeguata
 «Non soltanto ci mancavano gli attuali mezzi d’informazione e trasmissione delle immagini, ma ignoravamo anche i giornaletti per i piccoli non avevamo altra lettura che il Libro sussidiario, come si chiamava, in uso nella terza elementare. Mentre i genitori e gli altri parenti od ospiti parlavano di affari per noi incomprensibili, noi guardavamo il fuoco. Non era un genere di vita molto stimolante. Ci si poteva anche istupidire, diventare cretini; e si poteva diventare poeti, acquistare il gusto della riflessione e meditazione, secondo i casi»
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Andare a scuola?
 «Nei giorni di pioggia i banchi erano appena sufficienti, ma nei giorni di sole le classi erano quasi vuote, mentre la maggior parte dei bambini era impegnata a cacciare rane e uccelli». 60
Monotonia dei cicli di vita
 «La vita degli uomini, delle bestie e della terra sembrava così racchiusa in un cerchio immobile saldato dalla chiusa morsa delle montagne e dalle vicende del tempo. Saldato in un cerchio naturale, immutabile, come in una specie di ergastolo. Prima veniva la semina, poi l’insolfatura, poi la mietitura, poi la vendemmia. E poi? Poi da capo…Sempre la stessa canzone, lo stesso ritornello. Sempre. Gli anni passavano, gli anni si accumulavano, i giovani diventavano vecchi, i vecchi morivano e si seminava, si sarchiava…Ogni generazione come la generazione precedente. Nessuno a Fontamara
aveva mai pensato che quell’antico modo di vivere potesse cambiare».
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Teofilo Patini via Paradiso a Castel di Sangro
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 L’esperienza più
significativa d’ingiustizia subìta risale al 1908 quando gli viene chiesto di scrivere, per conto della madre analfabeta, ad un certo Francesco Zauri, ergastolano, ingiustamente condannato.
Esperienze di ingiustizia
Si riconduce a questa esperienza l’impegno ad esprimersi al meglio, in un dialogo a distanza col lettore. Manès Sperber: «imparò molto presto l’arte di scrivere lettere per rispondere, chiedere, per far presente, convincere, ottenere e la sua opera ha sempre conservato questa proprietà di dire cose rivolte a 63
qualcuno».
Scrivere come compito etico
 «Pubblicare è una mania di molti – dirà Silone a L. D’Eramo – Sono e resteranno sempre in molti coloro che cercano la notorietà attraverso la pubblicazione (uno scritto, un saggio, una poesia, una narrazione). Non in tutti questo è un impulso banale. Però non è offendere la maggioranza dire che sono in pochi che affrontano il compito dello scrivere con la necessaria maturità (morale, psicologica, politica). Per molti lo scrivere è un mezzo per attirare l’attenzione su di sé, farsi ammirare, piacere».
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La madre di Francesco Zauri
 «L’infelice donna, credeva infatti nel destino, ma non escludeva la grazia, quella di Dio e quella dei potenti. Ciò a cui ella non credeva, al punto da non valere neppure la pena di sprecarvi del fiato, era la giustizia. Naturalmente, anche per le lettere alle autorità, l’indispensabile intermediario ero io. Sotto il foglio, da me faticosamente redatto, tua madre firmava con un segno di croce. Sapevo già che era la firma usuale degli analfabeti; ma, anche se ciò non fosse stato, come si sarebbe potuto immaginare una firma più consona a tua madre? Una piccola croce. Una firma più personale di quella? 65
La croce per firmare
 Ricordo che, l’anno dopo, all’esame di catechismo don Serafino mi chiese, tra l’altro, di spiegargli il segno della croce. “Esso ci ricorda la passione di nostro Signore” io risposi “ ed è anche il modo di firmare degli infelici”. Il parroco osservò che la risposta non era sbagliata, ma che non era in mio potere di riformare le risposte del manuale di dottrina cristiana… Un paio di volte, mentre io leggevo le tue prime lettere, ella era caduta in deliquio, con mia grande paura e smarrimento. 66
L’aceto
 Da allora in poi, per rianimarsi ogni volta che si sentiva mancare, usava avvicinare alle narici una boccettina d’aceto. A causa di ciò, l’odore dell’aceto divenne per me l’odore dell’innocenza perseguitata. Era lo stesso aceto, pensavo, di cui era imbevuta la spugna che i legionari di Pilato avvicinarono alle labbra del crocifisso, quando si lamentò d’aver sete».
L’incontro con Zauri dopo la guerra
 «“Ma che importanza può avere, dissi a tua madre, la mia opinione? Sono ancora un ragazzo”… “Appunto per questo è importante, mi spiegò tua madre, appunto perché tu sei ancora innocente”. Da quel momento però devo confessare che io cominciai a dubitare della mia innocenza e dell’innocenza del mondo. Era per me un fatto nuovo, assai preoccupante, che quella mia convinzione della tua innocenza non potessi condividerla con i miei genitori, il maestro di scuola, col parroco».
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 «Ogni lettera di risposta mi assorbiva per intere giornate… Tutto ciò, come ricorderai, durò vari anni; fu, in quegli anni, la mia avventura, il mio romanzo, la mia congiura; finché tua madre morì
di crepacuore, quando si persuase che la revisione legale del tuo processo era impossibile».
Scrivere: piacere e fatica
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 «Sul finire degli anni Cinquanta, ero stato invitato da un autorevole funzionario, mi pare del mondo diplomatico. Mentre si svolgeva il pranzo, c’era in piedi, dietro la sedia dell’anfitrione proprio di fronte a Silone, un uomo in abito nero immobile, probabilmente un cameriere
Insofferenza dei privilegi
.
che risultò avere l’unica mansione d’accendere la sigaretta a quel signore, qualora avesse dato cenno di voler fumare. 70
 Durante l’intera serata l’alto funzionario non fumò mai, ma non per questo smise di gingillarsi con una sigaretta, cosicché
l’uomo in piedi non faceva che curvarsi per accendergliela, ma l’altro restava per un po’ con la mano …finché
sospesa a mezz’aria
Dignità
posava di nuovo la sigaretta sul tavolo, per riprenderla tra due dita appena l’uomo in piedi dietro di lui s’era raddrizzato.
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Insofferenza dei privilegi II
 A poco a poco la vista di quell’essere umano, addetto esclusivamente a spiare in che modo i polpastrelli del padrone di casa sfiorassero la sigaretta per potersi chinare su di lui al momento esatto e potergli con gesto sincronico e discreto porgere il fuoco, divenne intollerabile: Io guardavo, possibile che si faccia ancora un tale uso di un uomo, mi dicevo ‐ al punto che non riuscì più né a mandar giù un boccone né a spiccicare una parola, aspettando soltanto di poter uscire da quell’incubo» (LDE).
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La libertà
“La libertà non è una cosa che si possa ricevere in regalo. Si può vivere anche in un paese di dittatura ed essere libero, a una semplice condizione, basta lottare contro la dittatura. L'uomo che pensa con la propria testa e conserva il suo cuore incorrotto è libero...
Per contro si può vivere nel paese più
democratico della terra, ma se si è
interiormente pigri, ottusi, servili, non si è
liberi: malgrado l'assenza di ogni coercizione violenta, si è schiavi» (VP, cap. III).
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Il terremoto
 Secondino era studente nel ginnasio del seminario della diocesi, quindicenne, quando il suo mondo crollò: nel 1915, il terremoto distrusse la Marsica, con 28.000 morti. Pescina fu il paese che, dopo Avezzano, San Benedetto e Gioia dei Marsi, ebbe il più alto numero di vittime. Sopravvissero 1500 abitanti su una popolazione di 5000. In quel 13 gennaio (giorno fissato nella memoria come una pietra miliare), mentre i compagni del Seminario minore erano nel panico e i superiori lanciavano ordini, Secondino gridava: “Viva la libertà”, prendendo la via delle scale. 74
Pescina. Il terremoto del 1915
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Scompare il suo mondo
 Silone è costretto a prendere atto della fragilità di tutto ciò che aveva amato: la casa, la famiglia, la chiesa, ideali che gli erano sembrati intoccabili. «Nel terremoto…
morivano ricchi e poveri, istruiti e analfabeti. Autorità e sudditi. Nel terremoto la natura realizzava quello che la legge a parole prometteva e nei fatti non manteneva: l’uguaglianza. Uguaglianza effimera. Passata la paura, la disgrazia collettiva si trasformava in occasione di più larghe ingiustizie». 76
Si scatenano gli istinti
 Assistette ai saccheggi, allo scatenarsi dell’avidità, all’emergere dei più brutali istinti soffocati dal perbenismo, all’assassinio impunito di un parente, al furto del portafoglio dal corpo della madre morta da parte di uno zio. Una concorrenza spietata di tutti contro tutti. Gli eventi, suo malgrado, lo costringevano a prendere atto della crudele necessità che domina il mondo.
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Una fitta nebbia
 «S’è fatta d’improvviso una fitta nebbia. I soffitti si aprivano lasciando cadere il gesso. In mezzo alla nebbia si vedevano ragazzi che, senza dire una parola, si dirigevano verso le finestre. Tutto questo è durato venti secondi, al massimo trenta. Quando la nebbia di gesso si è dissipata, c’era davanti a noi un mondo nuovo. Palazzi che non esistevano più, strade scomparse, la città
appiattita… E figure simili a spettri fra le rovine…
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 Un vecchio avaro, l’usuraio del villaggio, era seduto su una pietra, avvolto in un lenzuolo come in un sudario. Il terremoto l’aveva sorpreso a letto, come tanti altri. Batteva i denti per il freddo. Chiedeva da mangiare. Nessuno lo aiutava. Gli dicevano: «Mangia le tue cambiali». È morto così…
Un vecchio avaro
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La morte della mamma
 Abbiamo assistito a scene che sconvolgevano ogni elemento della condizione umana. Famiglie numerose il cui unico sopravvissuto era il figlio idiota… Il ricco che non aveva nemmeno una camiciola di lana per difendersi dal freddo… Dopo cinque giorni ho ritrovato mia madre. Era distesa presso il camino, senza ferite evidenti. Era morta. Io sono molto sensibile. Tuttavia non ho versato una lacrima. Qualcuno ha creduto che non avessi cuore. Ma quando il dolore supera ogni limite, le lacrime sono stupide… Mio fratello è stato trovato in un secondo tempo. A forza di urlare aveva la bocca 80
piena di polvere».
Due orfani
 La catastrofe segnò praticamente la fine della famiglia Tranquilli (oltre alla madre e al padre, quattro dei sei fratelli ‐ Elvira, Maria, Cairoli, ancora Maria ‐ erano morti ancora piccoli e Domenico si era spento a 14 anni). Il fratello più piccolo, Romoletto, nato nel 1904, che si trovava con la madre al momento del terremoto, fu tirato fuori dalle macerie ferito alla spalla.  Ai due orfani restava la nonna paterna, l’indimenticabile figura di Maria Vincenza, alla quale furono affidati e che provvide per Romolo alla sistemazione in un istituto salesiano. Secondino invece restò a Pescina (con una parentesi al Seminario di Chieti) per essere poi accolto all’Istituto S. Pio X di Roma. 81
La nonna
 La nonna è
descritta come esperta nell’arte di “ingoiare amaro e sputare dolce”
(SN).
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 Silone racconta di una nonna, dal viso “pallido e triste” e la testa “come modellata nell’avorio… i lineamenti scarnificati, sottili, puliti, netti, con la pelle aderente alle ossa”, dal “frequente e affannoso respiro che solleva il petto”, dai movimenti che hanno “una grave e come improvvisa pesantezza, appena dissimulata dall’abbondanza di stoffe dell’antiquato abbigliamento”. Una splendida nonna
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 «La sola cosa viva della sua persona restano le mani che ella protende verso il fuoco per rianimarle; mani esili lunghe scarne, avvizzite come vecchi sarmenti, agitate da un leggero tremore e, a osservarle meglio, un po’ rattrappite; controluce, esse rivelano l’intreccio delle articolazioni leggermente deformate dall’artrite, con i ceppi e le divaricazioni delle vene ingrossate dalla sclerosi. Le mani
Solo il cerchietto della fede conserva la sua capacità e incide 84
nell’anulare sinistro una cesura d’ombra».
 In Il seme sotto la neve
dice Pietro: «Mi sembra che, fino a quel giorno, io non sia stato me stesso, ma abbia rappresentato una parte, come un attore a teatro, acconciandomi perfino una maschera adeguata e declamando le formule prescritte. Teatrale convenzionale finta m’appare ora tutta questa nostra vita…».
Il teatro del mondo
Dopo il terremoto il profilo di Secondino cambiò: il mondo era come lo scenario di un teatro inconsistente, di illusioni infantili. 85
Il mondo come rappresentazione
Silone anni Venti
 “Considerato a occhio nudo, come ora a me è
dato di vederlo, il nostro paese reca tratti evidenti della fragilità
e provvisorietà delle quinte di teatro: una notte avremo un terremoto un po’ più rude dei soliti e l’indomani la rappresentazione sarà
finita» (SN, 727).
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Il “Tagliamento”
 Secondino andò ad abitare nel quartiere più povero del Comune, dove erano state approntate baracche prive di servizi igienici, raggiungibili attraversando un fosso chiamato “Tagliamento”. C’era da scandalizzarsi per il contrasto tra le sofferenze della gente e i misfatti dei rappresentanti dello Stato, che si aggiungevano ai tanti crimini rimasti impuniti. L’ideale della giustizia perdeva ogni riferimento oggettivo.  «Simili episodi di violenza, con l’inevitabile seguito di arresti di massa, di processi, di esorbitanti spese giudiziarie, di condanne penali, rafforzavano negli animi dei contadini, come è facile immaginare, la sfiducia, la diffidenza, la rassegnazione» (US).
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Stato‐diavolo
 “Lo Stato riacquistava i suoi connotati di irrimediabile creazione del diavolo. Un buon cristiano, se vuol salvarsi l’anima, eviti pertanto il più possibile ogni contatto con esso. Lo Stato è
sempre ruberia, camorra, privilegio e non può essere altro”.
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Terremotati in abbandono
 Secondino ha espresso il suo sdegno su “Avanti”: «Chi ha vissuto queste ore non le dimenticherà più e non dimenticherà il proprio avvilimento e il proprio furore al pensiero di appartenere a uno Stato civile che si dice anche grande e potente, la cui capitale non era che a quattro ore di treno da paesi abbandonati alla sventura come se fossero dispersi in una contrada barbara e deserta». 89
Il “Tagliamento”
 Il “Tagliamento” finì col segnare la linea di un fronte di guerra civile: «Per prima cosa si procedé all’oscuramento notturno mediante la distruzione a sassate delle lampade di illuminazione pubblica. Così divenne pericoloso, anche per i carabinieri, avvicinarsi al Tagliamento durante la notte. I malcapitati erano accolti a sassate di invisibile provenienza» (US).
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Romolo
Tranquilli
 «Carissimo fratello, ogni disgrazia è seguita da disgrazie! E il terremoto ha voluto dietro di sé la guerra e la guerra vorrà
ancora!... Son tornato a Pescina. Ho rivisto con le lagrime agli occhi le orride macerie, sono ripassato tra le misere capanne coperte alcune da pochi cenci come i primi giorni, dove vive con una indistinzione orribile di sesso, età e condizione la gente povera… Ho rivisto tutto ed ora cosa farò?
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Romolo
 “Ho rivisto anche la nostra casa dove vidi con gli occhi esausti di piangere, estrarre la nostra madre, cerea, disfatta. Ora il suo cadavere è seppellito eppure anche là mi pare uscisse una voce. Forse l’ombra di nostra madre ora abita quelle macerie inconscia della nostra sorte pare che ci chiami a stringerci nel suo seno.Ho rivisto il luogo dove tu, fortunatamente fosti scavato…ora cosa farò?... Mi veggo cogli studi interrotti, privo di ogni aiuto materiale e morale; sì anche morale!”.
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Che fare?
 Già un barlume di speranza mi era apparso: mentre ero a Chieti (venne) a trovarmi una Dama di Corte di S. M. Regina Elena che mi promise di incaricarsi di me. La Dama faceva parte del patronato della Regina Elena per gli orfani e mi disse di essere già venuta a visitare te nel S. Cuore. Il nome della Dama non lo so; se tu lo potessi sapere scrivimelo subito.
 Io non so come fare, cerco di sperare ancora, poi…venga quel che venga l’accetterò. Se tu sapessi qua cosa si patisce!... Se tu puoi fare qualcosa per me ti prego di farlo. Raccomandami a qualche Signora che ti visitasse; consigliati col superiore al quale darai i miei umilissimi ossequi.  Baci affettuosissimi.  Secondo”.
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I collegi
 Dopo un breve periodo a Chieti, Secondino entra nel collegio Pio X dei padri Giuseppini del Murialdo, a Roma. Lo stile di vita era insoddisfacente per Secondino (che annota con ironia: «Ci danno un sapone che pulisce molto bene, perché porta via anche la pelle»). L’ambiente anonimo del collegio non favoriva relazioni interpersonali amicali, quelle di cui un orfano sentiva la necessità.
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Secondino “Drop out”
 Avendo abbandonato gli studi, s'immerge nella lotta politica.  «A diciott’anni ho abbandonato gli studi su consiglio di due o tre medici, perché, così mi assicuravano quei pozzi di scienza, “non vivrai più di un anno”. Il A quel tempo non potevo destino ha voluto che i miei prevederlo e perciò ho medici morissero uno dopo lasciato perdere lo studio, fedele al proverbio italiano: l’altro, mentre io in questo meglio un asino vivo che un momento sto scrivendo e genio morto». bevendo il caffè. 95
Reinventarsi a Pescina
 «Passo il tempo abbastanza spensieratamente. La salute va benino. Ai 15 di marzo passo visita. Per ora sto solo perché con i parenti non andavo d’accordo, ma così non può durare ancora molto. Il commissario di Pescina non volle concedermi la baracca; sicché
sono stato costretto a rinunciare al mutuo per farmi dare una casetta a cemento armato. È abbastanza elegante, sono tre vani. A Pescina la si chiama: casa dei diavoli, perché n’esce sempre un gran fracasso, e più di notte che di giorno. Siamo una decina tra studenti, vagabondi, operai e… gente allegra, che spesso richiamiamo nella mia baracca i carabinieri. Del resto non facciamo nulla di male: si canta, si ride, si mangia, si beve, si balla. Soprattutto si beve e si canta. Io non sapevo di aver mai cantato in vita mia se non solo; ora canto da mane a sera…
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Sposarsi?
 Ma con la partenza del ‘900 (a me mi riformano), rimarrò quasi solo. Per cui ho pensato, così, da qualche giorno, come sono solito, di prendere moglie: s’intende non civilmente e tanto meno religiosamente. Civilmente, forse, se il matrimonio privato avrà
le sue conseguenze. E allora sarà un guaio col Patronato. Ma con la furbizia si riesce a tutto. In ogni modo, conto sul vostro aiuto e su quello di don Orione… Se riesco agli esami m’impiego al Genio civile di Pescina. Anche perché possa mantenere la mia futura metà. E a San Prospero cosa fate? Chi sa che silenzio ora che non c’è
più Tranquilli».
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Problemi esistenziali
 Secondino scrive a don Orione:  «Io credo (lo credono tutti che mi conoscono) di essere socialista e dianzi vi ho parlato di anima e di perdono! Ah preferisco essere un materialista incoerente, ché quando, giorni fa, riandavo con la mente ai capisaldi del marxismo, e mi intrattenni sui fini ultimi dell’uomo e della società, sentii tanto gelo, tanta desolazione e con terrore m’accorsi (ah! che materialista!) m’accorsi che la mia nuova fede mi avrebbe senz’altro condotto al suicidio appena che un dispiacere un po’ forte m’avesse percosso. 98
Problemi esistenziali II
 Temevo il bivio ed ecco che vi sono sospeso ed ho paura. Oh perdonatemi, padre ed aiutatemi! “In certi casi della vita si salva soltanto chi ha un figlio, chi ha un padre, o chi crede in una vita ventura”. Mi sono ricordato che un giorno voi scrivendomi mi chiamavate figlio ed io, padre. Ho ricercato tra le mie carte le vostre lettere e le ho rilette tutte ed ho pensato tanto, ed ho sentito sempre più in me, nella parte più profonda di me il gelo ed ecco che vi scrivo e tremo. Padre, la mia salute è rovinata, i miei studi sono rovinati, io voglio ancora riedificare, riedificare, riedificare! Aiutatemi!»
(1918).
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Un bivio
 Non è facile per don Orione capire questo giovane: una vera patata bollente. Spera di riavvicinarlo ad una visione cristiana della vita, di aiutarlo a inserirsi nel lavoro, di fargli «considerare gli avvenimenti da un punto di vista più eccelso, da dove appariranno, è vero, un pò più piccoli di dimensioni, ma se ne scorge anche le supreme vette, oltre le terrene basi. Dà una forma netta e precisa a quanto hai in animo di fare, attento ai malsani contatti intellettuali, leggimi col cuore e non con gli occhi. Tu sei per me un interrogativo, che ogni giorno diventa, per me, più grande e impressionante…
Tu hai davanti un gran bivio, un tremendo bivio» .
100
 Secondino segue la sua strada, non riprende gli studi e interrompe le lettere con don Orione. Gli amici del movimento giovanile esaltano in lui la voglia di riscatto e di protagonismo, il gusto della trasgressione.  Il cruccio principale in quel periodo doveva essere il lavoro, aggravato dalla sua fama di attivista socialista. Roma socialista
A Roma la vita non è facile, dormendo in luoghi di fortuna, sempre in cerca di come sbarcare il lunario e di qualche lavoretto. 101
Il cinismo adolescenziale
 Silone dovette passare dall’adolescenza al cinismo adulto, senza che la maturazione della coscienza potesse temprare e modellare i comportamenti.
 Ha confessato in una lettera a Gabriella (17 agosto 1924):
 «Non mi importava nulla. Ero un cinico, però non un egoista e nemmeno un altruista. Non mi importava nulla né degli altri né di me stesso, della mia salute, del mio avvenire, dei miei studi. Non avevo progetti, ambizioni. Vivevo giorno per giorno».
102
Conformismo e trasgressione
 Nella cultura del paese, adagiata sul conformismo, basta un comportamento non conforme alle abitudini consolidate per essere etichettati come rivoluzionari. Stretti tra conformità e devianza, si veniva respinti “fuori” se non si era “dentro”.  Per Secondino era giocoforza ribellarsi e non subire.  La parola rivoluzione veniva impiegata «anche per designare una semplice dimostrazione non consentita dalle autorità. 103
Avezzano
In quel periodo di guerra, ad esempio, nel nostro Comune avevano già avuto luogo due ‘rivoluzioni’: la prima contro il municipio per il tesseramento del pane, la seconda contro la Chiesa per il trasferimento in altro Comune della sede 104
vescovile». La rivoluzione dei 3 soldati
 La terza rivoluzione, detta “dei tre soldati”, vede come protagonista Secondino: tre carabinieri litigano per gelosia e vengono arrestati. Il comandante dell’arma sospende la licenza e li rinvia al fronte.  La misura punitiva sembra sproporzionata. Secondino consola la madre di uno dei soldati, suo amico, poi morto in guerra. Fa il possibile per sollecitare il Sindaco, il Pretore, il Parroco, ma tutti si dichiarano incompetenti. Il ragazzo si vede costretto a prendere le parti della vittima. 105
La tromba
 Anche la folla “minacciosa e tumultuante” si ribella e, pungolata dalle campane e dalla tromba della Lega dei contadini, giunge ad assediare la caserma e a mettere in fuga i carabinieri.  La scelta socialista di Secondino è in qualche modo inevitabile, all’incrocio tra l’esempio del padre, l’effervescenza della propria personalità
e l’incongruenza della situazione. 106
 Alla fine del 1917, anno Socialista
della rivoluzione bolscevica, già
frequenta la sede della Lega dei contadini, s’iscrive alla Unione socialista romana e aderisce alla Federazione giovanile socialista. 107
Rischiare di persona
 Era stato attirato sin da piccolo da chi rischiava di persona.  «“Quelli che nascono in quella contrada sono veramente disgraziati” mi ripeteva il Dr. F. J., un medico di un villaggio vicino. “Qui non c’è via di mezzo: o ribellarsi o essere complici”. Egli si ribellò. Si dichiarò anarchico. Tenne discorsi tolstoiani alla povera gente. Divenne lo scandalo dell’intera contrada. Odiato dai ricchi, deriso dai poveri, compatito in segreto solo da pochi, gli fu infine tolto il posto di medico condotto e morì letteralmente di fame. 108
 Il suo destino serviva di esempio nelle buone famiglie. “Se non mettete giudizio”, dicevano le madri ai figli “finirete come quel pazzo”» (US)  Più volte Silone nei romanzi sottolinerà la sua fiera vicinanza a certi “pazzi”. Follia e cretività
L'inquietudine, lo smarrimento e la follia caratterizzarono in modo incisivo il cammino di Ligabue dallo stato. La sua pittura –
istintiva, passionale, irruente – riporta in superficie un vecchio quesito irrisolto: qual è, in realtà, il limite tra genialità e pazzia? “Il suo modo di servire Dio”
 Il socialismo gli sembrava unificare impegno politico e solidarietà religiosa. La scelta della Lega infatti gli si configurerà – come a molti socialisti dei primi tempi – anche come un credo, una religione alternativa, “il suo modo di servire Dio”, come se i buoni propositi dell’infanzia, gli ideali cristiani e il socialismo umanitario e solidale si fondessero e trovassero, grazie alle azioni trasgressive e alla compagnia di altri rivoluzionari, una traduzione effettiva.
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 «Non so se scandalizzerò qualcuno con lo spiegare che di questa fondamentale realtà
religiosa e popolare del nostro paese, non avevo mai percepito il minimo sentore nell’educazione precedentemente ricevuta a scuola e dai libri e che con essa mi scontrai per prima appunto nelle leghe dei contadini “rossi”».
Contadini
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 Secondino è felice di poter correre con i compagni al richiamo della tromba di Lazzaro, il loro punto di riferimento, che chiama a raccolta i “diversi”, i “ribelli” sostituendosi ai manifesti murali, non leggibili dai paesani. È la tromba che nei romanzi sarà associata a quella del Cristo Redentore, in camice rosso con la scritta “Beati gli assetati di giustizia”. Lazzaro
Annuncia la gioia della liberazione: «”È una festa da inventare”. “Quando avverrà?”. “Come si fa a saperlo con precisione? Forse tra un 112
anno, tra sessanta, tra duemila”» (MM).
 Il significato simbolico palingenetico della tromba non è sfuggito ai lettori di Silone. Essa carica l’impegno di attenzione, di fratellanza, di un’escatologia che sembra realizzare il “Regno”.
I compagni
Il suono della tromba riempiva di sollecitazioni il vuoto di chi non veniva più richiamato dalla madre o dal padre a rincasare per l’ora della cena, era un richiamo affettivo, l’unica voce che sembra convocarlo.
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Attirato dalla Lega
 «Non c’era più nessuno che chiamasse me, e forse anche per questo, mi sentivo stranamente attirato verso quella povera gente che, pur stremata dalle fatiche della giornata, ubbidiva al richiamo della tromba. Così varie volte m’intrufolai anch’io nelle assemblee che in quel tempo si svolgevano nel cortile di un antico convento francescano… Benché fosse la medesima gente che vedevo raccolta in altre occasioni, in piazza, in chiesa o al mercato, quegli improvvisi raduni mi facevano un’impressione profonda… Tutta la mia attenzione era assorbita dalla gente che mi pareva come trasfigurata» (US).
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 «Ora mi rendo conto che mi lasciai attirare dal movimento clandestino perché esso mi offriva la possibilità di dare una orgogliosa maschera di rifiuto al risentimento che nutrivo verso la società
dalla quale ero escluso, e che nel mio intimo però invidiavo, bramavo, temevo» (ESN). Maschera di rifiuto
Silone è attratto dalla Lega perché lì si sente convocato non come l’orfano, lo studente degli istituti religiosi, il marsicano, ma come un giovane e istruito compagno di lotta.
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Il Cristo col camice rosso
 Silone, che ha la nomea di “studente rosso”, conferma in Uscita di Sicurezza, che la scelta della Lega non gli appariva diversa dalla religione, ma anzi la maniera eccellente di darle concretezza.  Lazzaro spiega:  «"A me pare che l'uomo sia come l'acqua. Se prendi un bicchiere d'acqua, vedi subito che non ha colore. Ma una grande quantità d'acqua, un grande fiume, un lago, un mare, acquista facilmente una colorazione". "A causa del cielo" mi permisi di interloquire. "A causa del cielo" egli confermò. “Allo stesso modo ognuno di noi, da solo, è come un bicchiere d'acqua. Da che ci può venire un colore?”. “Dalla massa?” io domandai. “Non dalla massa” egli mi spiegò. 116
Non pecore
 “Una massa di pecore resta una massa di pecore. E noi qui adesso siamo appena tre o quattro”. “Da che cosa dunque?” io insistei. “Ovunque noi ci riuniamo, Egli ha promesso di stare con noi” mi spiegò Lazzaro indicando sulla parete della baracca il Cristo col camice rosso» (US).
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Dalla parte degli ultimi
 L’impegno politico realizza anche l’aspirazione alla solidarietà. Secondino va alla Lega «per tenere la corrispondenza dei contadini analfabeti, scrivere ricorsi contro i soprusi.  Seguendo la predisposizione letteraria e prosociale, offre la lettura ad alta voce. Non ritenendo opportuno leggere D’Annunzio, opta per i racconti di Tolstoi, su consiglio del medico anarchico. E’ il suo modo di assolvere al debito nei confronti dei “derubati”. La parola, letta e scritta, è già per lui lo strumento principe della lotta.
 Scriverà: «assai più della scuola e delle letture, nella mia formazione, anche tecnica, di scrittore, hanno avuto influenza decisiva le esperienze della vita, e tra esse devo menzionare, prima d’ogni altra, la compagnia di contadini e operai in circostanze fortemente impegnative».
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Politica e compassione
I racconti di Tolstoi sembrano a
Silone dare corpo alla divina
compassione per l'umanità, in
particolare la storia di Polikusc'ka, il
servo deriso e disprezzato: ricevuto
un
importante
incarico
dalla
padrona, volendo riabilitarsi dalla
fama di beone e ladro, il servo ce la
mette tutta, ma smarrisce il denaro
affidatogli e, disperato, s’impicca.
Tolstoi descrive con “triste lentezza” e profonda compassione la sofferenza di questo servo. Silone annota che il servo: “non ne distoglie lo sguardo per non soffrire”. «Di questa specie, pensavo dev’essere la compassione divina, la compassione che non sottrae la creatura al dolore, ma non l’abbandona e l’assiste 119
fino alla fine, anche senza mostrarsi» (US).
Lev Tolstoj
 Tolstoj acquisì
presto risonanza mondiale per il (1828‐1910)
successo dei romanzi Guerra e pace e Anna Karenina, a cui seguirono altre sue opere narrative sempre più rivolte all'introspezione dei personaggi ed alla riflessione morale. La fama di Tolstoj è
legata anche al suo pensiero pedagogico, filosofico e religioso, da lui espresso in numerosi saggi e lettere che ispirarono, in particolare, la condotta non‐violenta dei tolstoiani e del Mahatma Gandhi. Ritratto da I. E. Repin nel 1887.
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“Vocazione politica”?
 Lo sguardo a ritroso di Silone ha rinvenuto nella scelta politica uno slancio etico, una sorta di “vocazione laica”, condizionata dagli eventi che spingono inesorabilmente alcuni e non altri a scegliere un comportamento deviante. Di fronte a situazioni assurde, osserverà più tardi Silone, ribellarsi è meglio che suicidarsi, anche se nella rivolta giovanile c’è sempre una componente emotiva, irrazionale, ambigua.
121
Perché la scelta politica?
 «Per quale destino o virtù a una certa età si compie la grave scelta di diventare ribelli? Scegliamo o siamo scelti? Donde viene ad alcuni quell’irresistibile insofferenza della rassegnazione, quell’insofferenza della ingiustizia, anche se colpisce altri? E quell’improvviso rimorso di assidersi a una tavola imbandita, mentre i vicini di casa non hanno di che sfamarsi? È quella fierezza che rende la miseria, il carcere, l'esilio preferibili al disprezzo? Forse nessuno lo sa…
122
Il travaglio interiore
 Ognuno che abbia seriamente riflettuto su se stesso e sugli altri, sa quanto certe deliberazioni siano segrete e certe vocazioni misteriose e incontrollabili. Vi era nella mia ribellione un punto in cui il rifiuto e l’amore coincidevano: sia i fatti che giustificavano l’indignazione, sia i motivi morali che l’esigevano mi erano dati dalla contrada nativa. Il passo dalla rassegnazione alla rivolta era brevissimo: bastava applicare alla società i principi ritenuti validi per la vita privata» (US). 123
 Stella in Una manciata di More, risponde a don Nicola:  «”Il peggio non sono i dolori. Il mio corpo è
legato all’anima in un modo veramente indecente”. “Iddio è
spesso spietato con le anime che predilige”»
(MM).
Corpo e anima
124
Scegliamo o siamo scelti?
 «Prima di scegliere, siamo stati scelti, a nostra insaputa. E la nuova ideologia, di solito, la sia apprende più tardi, nelle scuole del partito, al quale, intanto, si è già aderito per slancio di fede. In modo analogo d’altronde, si svolge il processo inverso, quello eventuale dell’abiura. L’ideologia vi subisce allora lo stesso brusco trattamento già riservato al catechismo o alle patrie storie» (US).  In Il seme sotto la neve domanda Faustina: «“Scegliamo o siamo scelti?”. “Forse è la stessa cosa”
dice Simone. “Forse la vera libertà consiste in un’assoluta fedeltà a noi stessi”» (SN).
125
Religione e politica
 Secondino esercita dunque il suo apprendistato di militante socialista tra i compaesani, tra il rivoluzionario e il benefattore.  Di una cosa è sicuro: non potrebbe vivere senza stare dalla parte di quella gente. In loro compagnia gli pare si realizzi ciò che più tardi esprimerà attraverso le parole di Lazzaro: «Ovunque ci riuniamo Egli ha promesso di stare con noi».
126
Trasgressione ed eticità
 Nel partito convivono eticità e trasgressione: lo statuto impegnava a lottare contro l’analfabetismo, l’alcoolismo, la bestemmia: «Combattevamo anche lo sport e il ballo perché distraevano la gioventù dalla lotta sociale e politica».  La rivoluzione è anche una regola etica perché tutto viene orientato alla logica del partito. 127
 Secondino deve far convivere nella sua identità solitudine e compagnia, appartenenze contraddittorie, ricordi soffocati, affetti familiari cancellati, fede rinnegata, irrealizzabili, aspirazioni coraggio e paura, delusioni cocenti…
 Si procura un’inquietudine e uno stato di paura esistenziali, di cui risentiranno la sua vita privata, la sua psiche, la sua mente. Il peso dell’esistenza
128
 La sua vita trasgressiva, la stigmatizzazione come rivoluzionario gli provocano quella paura che gli pare caratterizzare le dittature: la mancanza di libertà politica riduce gli uomini a bestie in preda alla paura e perciò pronte a tutto: “La vera organizzazione nella quale si basa l’ordine attuale è
questa occulta L’effetto sul comportamento è
corporazione della paura”. di annullare la distinzione tra Paura e cinismo
bene e male e rendere cinici e indifferenti.
129
L’entrata in guerra del’italia ?
 Con l’entrata in guerra dell’Italia, all’interno del partito si sviluppa una disputa che separa i giovani dalla direzione e che individua in Luigi Polano il referente principale (é Polano che Silone sostituisce nella guida della lotta contro l’ala più
moderata del partito nel 1919).
 Mentre dalla Russia si frena lo slancio rivoluzionario, i giovani sono insofferenti della prudenza, scalpitano per passare all’azione e trovano riscontro nell’insofferenza della base che ingrossa le file della federazione giovanile.
130
 Studente in ragioneria, aderì alla Federazione Giovanile Socialista Italiana nel 1914 divenendone (Sassari, 1897 – Sassari, 1984)
due anni dopo il segretario regionale per la Sardegna. Trasferitosi a Roma per studiare nel 1917 diviene il segretario nazionale della Fgsi.
Luigi Polano
 Nel novembre 1919 rappresenta la Fgsi al congresso fondativo
dell'Internazionale giovanile comunista. È tra gli scissionisti di Livorno che costituiscono il Partito Comunista d'Italia. La Fgsi aderisce al nuovo partito al 90% e Polano è confermato segretario della neonata Federazione Giovanile Comunista d'Italia. 131
La polizia alle calcagna
 Secondino si è già attirato l’attenzione della polizia.
 Un primo fascicolo risulta aperto dalla Pubblica Sicurezza di Roma nel 1917, avendo egli presentato una domanda per l’acquisto di ventiquattro biciclette militari usate. Si sospetta che intenda equipaggiare i compagni e si procede ad accertamenti. Comincia ad essere sorvegliato (di lui si trova scritto: “iscritto alla FGSI… di cattiva reputazione… e di intelligenza sveglia”).  I suoi affittuari, che confermano agli agenti le cattive compagnie anarchiche e sovversive, lo mandano via dalla casa di via Borgo Pio. 132
Segretario regionale della Federazione
 Al Tribunale di Avezzano si trova una sentenza a carico di Secondino del 1918, che gl’impone una ammenda di 100 lire per aver lanciato pietre contro la baracca dei carabinieri di Pescina, che tratteneva alcuni ragazzi per lo più renitenti alla leva.  Prende parte alle proteste contro l'entrata in guerra dell'Italia e condivide la scelta socialista della pace (compiuta dal partito nel Manifesto internazionalista di Zimmerwald) senza annessioni e indennità.
 E’ giovane, ma già personaggio di primo piano nella Marsica: diventa segretario regionale della federazione lavoratori della terra («a sua insaputa, una riunione dei rappresentanti delle leghe lo nomina segretario dei contadini di tutto l’Abruzzo»).
133
 Il salto verso il nazionale avviene con tre articoli per «L'Avanti», in cui denuncia le indebite appropriazioni dei fondi per la ricostruzione destinati al suo paese da parte del Genio civile. Se i primi due articoli vengono accolti, per il terzo scatta il veto di “un autorevole avvocato socialista”. “L’Avanti”
Nell’estate del 1917 Secondino è a Roma tra la gioventù
socialista, schierata alla sinistra del PSI. Silone é dentro il partito ma é già “contro”, nel senso che fomenta l’ala più
radicale e appoggia le iniziative di opposizione proprie della 134
FGSI. Roma
 Nel 1919 si trasferisce a Roma, dove finisce col diventare Segretario della federazione romana della Gioventù Socialista. D’accordo con i compagni, assume posizioni sempre più radicali circa la rivoluzione d’Ottobre, a sostegno di Lenin e Trotzkij. La rivoluzione russa ha acceso in questi giovani un fuoco di aspettative. 135
 Lenin pensa che l’Italia non é pronta alla rivoluzione. I vertici del PSI si allineano. Ma i giovani avviano una intensa corrispondenza il centro con internazionale socialista diretto a Zurigo da Willi
Muenzenberg
e continuano a tifare per la “Repubblica dei Soviet”
e per la rivoluzione mondiale. Soviet
Riunione del Soviet di Pietrogrado, 1917
136
L’entusiasmo giovanile
 Secondino è preso da un entusiasmo fanatico‐religioso: «Nessun profeta di Dio vide mai così chiaramente come noi avevamo visto questa rivoluzione… Mentre altri fra noi aspetta la maturità dei tempi. La gioventù rossa prosegue cantando verso la trincea. E porta dietro di sé, nella sua traccia profonda, le speranze dell’umanità. E porta con sé la forza più rude e più franca… È bella. È bella la fiamma che rischiara il cammino».
137
“Fascinans et tremendum”
 Non sarebbe realistico fare una ricostruzione puramente ideale delle scelte di Secondino. Neanche si può pensare a decisioni non sofferte. La necessità e gli eventi hanno avuto la loro parte, compreso il bisogno di sopravvivere; di riuscire ad essere qualcuno, di agire a largo raggio, di sfuggire al carcere, di vivere in un ambiente non così soffocante come Pescina…
138
“Terra, terra!”
 Il trasferimento in città
«fu una specie di fuga, di Uscita di Sicurezza, un “Terra! Terra!”, la scoperta di un nuovo continente”.  Tuttavia non dovette essere agevole sintonizzare con le esigenze “scientifiche” di una dottrina politica minutamente codificata. 139
Superare la solitudine
 “Mi rendevo conto che l’adesione al partito della rivoluzione proletaria non era da confondere con la semplice iscrizione a un qualsiasi partito politico. Per me, come per molti altri, era una conversione, un impegno integrale, che implicava un certo modo di pensare e un certo modo di vivere. Erano ancora i tempi in cui il dichiararsi socialista o comunista equivaleva a gettarsi allo sbaraglio, rompere con i propri parenti e amici, non trovare impiego. Le conseguenze materiali furono, dunque, deleterie, e le difficoltà dell’adattamento spirituale non meno dolorose. 140
 Il proprio mondo interno, il “medioevo” ereditato e radicato nell’anima, e da cui, in ultima analisi, 
derivava lo stesso iniziale impulso della rivolta, ne fu scosso fin nelle fondamenta, come da un terremoto. Mondo interiore
Nell’intimo della coscienza tutto venne messo in discussione, tutto diventò un problema… Tuttavia sembrava facile sfidare i pericoli non essendo più solo nell’azione» (US)
141
La fame?
 A Roma Secondino è qualcuno che ha fatto il grande passo, che si lascia alle spalle le grettezze del paese, ma non cessa di sentirsi solo, privato del suo mondo d’origine, in bilico tra l’ideale rivoluzionario, la necessità di sopravvivere e il richiamo di don Orione.
 Non sempre riesce a racimolare i soldi per vivere e conosce la fame.  Vale la pena ricordare l’episodio noto come “Natale in via Rusticucci” (difficile definire la data, anche se Silone dice “avevo circa vent’anni”). 142
Radicalismo politico
 Già redattore de “L’Avanti”, dirige “L'Avanguardia”, il settimanale dei giovani socialisti.  Secondino incontra Antonio Gramsci a Milano e Torino. La sera del 21.VI.1919 alla casa del popolo di Roma, si svolge un comizio di sostegno alla rivoluzione russa, con l’appoggio di Turati e Zibordi.
 Silone assume una posizione radicale, rifiutandosi di parlare insieme ai riformisti. Nel novembre dello stesso anno entra come membro supplente nel comitato esecutivo della Gioventù comunista internazionale fondata da poco a Berlino. 
143
 Politico, filosofo, critico letterario contribuì
alla cultura marxista specie con il concetto di egemonia culturale, secondo il quale le classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali per gestire il potere intorno a un senso comune condiviso.
 Tra i fondatori del Partito Comunista, fu incarcerato dal regime fascista nel 1926.
Antonio Gramsci
(1891‐1937)
Nel 1934, in seguito al deterioramento delle condizioni di salute, gli venne concessa la libertà condizionata e fu ricoverato in clinica, dove passò gli ultimi due anni di vita.
144
La spaccatura
 Segno di difficoltà è l’episodio del VII congresso di Roma del 1919, quando gli viene affidato il compito di organizzare la difesa militare clandestina dei giovani e Silone, poco prima di intervenire al congresso, si allontana per un improvviso malore, evitando così di leggere quanto deciso dalla Federazione e cioè l’invito alla “diserzione obbligatoria delle file dell’esercito per i giovani socialisti”.
 Il 27 gennaio del 1921, al teatro San Marco di Livorno, presente una forte delegazione da Mosca, Silone porta il saluto della Federazione giovanile e bolla l’unità del partito come un “fantoccio” da bruciare nelle piazze. 145
Nascita del PCd’I
Resti della facciata del Teatro San Marco
Particolare prima tessera del partito
Negli archivi del Comintern di Mosca si può visionare il mandato di “Agente per l’estero” per conto dell’Internazionale comunista: il documento dimostra che nel 1921 Silone riferiva direttamente ai vertici moscoviti per le attività
di 146
propaganda politica.
La spaccatura?
 A Livorno si consuma la spaccatura, dopo lo scontro aspro tra la frazione rivoluzionaria del PSI, guidata da Bordiga, e quella più
conciliante di Serrati (contraria alla scissione, A. Bordiga, uno dei fondatori
del Partito Comunista
incoraggiata Italiano, cui Silone fu molto
dall’Internazionale).
vicino
147
L’opzione comunista
 Silone è dunque protagonista della fondazione del PCd’I
 Quasi tutti i giovani socialisti aderiscono al nascente Partito comunista, cosa preparata in Italia e a Mosca (“già da tempo – ha scritto Silone – esistevano due partiti”), ma il PSI regge e resta il primo partito della classe operaia.  L’obiettivo è di guidare le masse proletarie verso la rivoluzione, convinzione diffusa ampiamente attraverso la stampa e la propaganda, nonostante le riserve di Mosca.
148
Obiettivo rivoluzione
 La rapidità della carriera costituisce un caso a sé: da ragazzo che si dispera per non sapere come tirare a campare, nel 1919 Secondino è direttore di "Avanguardia", con un buon stipendio; nel 1920 entra nel comitato centrale dell’Unione Socialista romana; nel 1921 é uno dei fondatori del PCI; nel 1922 viene inviato a Trieste come redattore del quotidiano “II Lavoratore” e diviene membro dell’Internazionale giovanile.,  Per un ragazzo orfano, catapultato dalla provincia sullo scenario internazionale, dovette essere lusinghiera la nomina al Comitato centrale della Federazione giovanile, con Berti, Longo, Gorelli, Lambertini, Capitta. 149
Sospetti
 Si può capire chi ha nutrito sospetti su una tale carriera: grazie ad essa Secondino ha trovato il suo posto nella società, benché la sua vita navighi nel disordine esistenziale. Del resto, tra i giovani non era facile trovare una persona senza famiglia, intelligente, disponibile a spostarsi, a trascurare gli studi, a vivere “allo sbaraglio”
 Restano delle zone d’ombra. Non dovettero mancare problemi di coscienza e di perdita dell’identità, che ponevano le basi del disagio che giungerà a maturazione più tardi sotto forma di disagio psichico. 150
 Tra il 1919 e il 1922, Secondino affronta i frequenti viaggi a Berlino, dei quali si possono immaginare le scomodità, i controlli, le difficoltà della lingua. dovendo attraversare Germania, Polonia, Danzica, Lituania e Lettonia. Berlino Est

 Silone conosce le personalistà più in vista del comunismo internazionale, quali Karl Radek, Nikolaj Bucharin, Zinov’ev (di cui si diverte a fare caricature).
151
Gli amici di Berlino
 A Berlino, con Gabriella, Silone incontra uomini controcorrente con i quali stabilisce rapporti di franca amicizia.
 «I miei primi viaggi all’estero ebbero come meta la Germania. A Berlino conobbi Alfred Kurella, Willy Muenzenberg, Otto Unger [Bork, comunista di
Amburgo, arrestato nel 1937 nelle purghe staliniane]…
In modo assai diverso uno dall’altro, erano giovani dotati di straordinarie qualità intellettuali e organizzative… Una franca amicizia si stabilì con Kurella». 152
Alfred Kurella (1895 ‐ 1975) scrittore e politico tedesco, nel 1918 diviene
membro del Partito Comunista tedesco e, dopo l’incontro con Lenin di quello
sovietico. Svolge attività antinazista e nel
1954, tornato nella Germania dell’Est, diviene guida ideologica del Partito (SED).
Willi Münzenberg 1889‐
1940, capo della prima Internazionale giovanile e della comunista propaganda comunista in Germania, poi deluso dalle
purghe staliniane degli
anni Trenta.
153
 Nel 1923, col fascismo, ricercato dalla polizia, Silone è costretto ad espatriare e diviene attivista clandestino, fuggendo attraverso l’Europa.  L’attività politica: «non mi lasciò più tempo per leggere opere letterarie. I soli libri che ebbi per mano furono storie e trattati di economia, ma neanche quelli a fini di studio, bensì d’immediata necessità, per compilare articoletti di giornale, in cui l’avventatezza dei giudizi era pari alla buona volontà»
(US).
Il fascismo
154
Silone
S. Tranquilli, Berlino, 1922
Tra il 1921 e il
1927,
compie
diverse missioni sia
in Russia che in
altri paesi europei.
 «Non è… facile descrivere che cosa fosse allora la coscienza politica della maggioranza di noi; lo stesso termine di coscienza politica è eccessivo, per la prevalenza di elementi primitivi. psicologici Eravamo semplicemente in rivolta contro tutto e contro tutti. Ciò che sublimava le tendenze infantili e nevrotiche della nostra ribellione era l’immensa speranza accesa dalla Rivoluzione russa» (US, 803).
155
Il carcere?
 Viene inviato in Spagna dal Komintern, in particolare da Willy Muenzenberg, dirigente tedesco dell’Internazionale. A Barcellona collabora al giornale «La Batalla».  La sua missione è di collegamento tra l’Internazionale e il comunismo spagnolo, ma quando viene arrestato a Madrid, dice di voler stabilire relazioni commerciali ispano‐sovietiche, riuscendo ad evitare l’estradizione.  Nel Carcer Modelo diviene amico di un professore che gli ottiene di lavorare nella biblioteca dormendo la notte nell’infermeria e così, libero dalla pressione politica legge Dostoevskij.
156
 «…Ebbi l’immensa gioia di I fratelli Karamazov
leggere per la prima volta I fratelli Karamazov e L’idiota. Non so dirvi quanto ne rimasi sconvolto e rapito. Nessun’altra opera letteraria mi ha fatto una tale impressione. Finii col perdere ogni nozione di tempo e di luogo. Effettivamente non ero più in carcere… le anguste pareti della cella svanivano, ed io mi ritrovavo a migliaia di  Il romanzo narra l'assassinio di chilometri di lì, in un’atmosfera Fëdor, e il processo nei che mi riempiva di un’ansietà
confronti di Dmitrij, il figlio fino allora sconosciuta» (US).
primogenito. Ad un livello più
profondo è il conflitto morale tra fede, dubbio, ragione e libero 157
“Le pareti della cella svanivano” arbitrio.
 Il carcere è il time out, la possibilità di recuperare il tempo per lo spirito, liberandosi dal disagio nel partito
 Nell’infermeria conosce una suora giovane e bella: «Si stabilisce tra loro una forte e platonica amicizia, fatta di lunghi colloqui notturni, di scambi di idee, di reciproche professioni di fede, ed è proprio questa giovane suora, il cui ricordo accompagnerà Silone per tutta la vita, ad evitargli l’estradizione in Italia. Quando il prigioniero arriva a Una suora
158
 Non potendo restare a lungo in Spagna, Silone si rifugia a Parigi, dove diviene redattore de “La Riscossa”.  Tra il 1923 e il 1924 lavora alla pagina italiana dell’“Humanité”, quotidiano del PC francese.  «Non aveva il permesso di soggiorno. Era indesiderato per motivi politici. Durante una precedente puntata nella capitale francese, era già stato arrestato e trattenuto qualche giorno…
In Francia
Silone temeva l’estradizione che significava per lui essere consegnato alle patrie galere, data la condanna dei tribunali fascisti che pendeva sul suo capo. Dunque non doveva assolutamente farsi prendere. 159
Insicurezza totale
 E in quell’insicurezza totale aspettava disposizioni dal Partito che tardavano, lasciandolo nel vuoto. Intanto dormiva in albergucci che costavano poco e non erano tanto pignoli sui documenti.  Era inverno e lui doveva vagare sino a tardi nelle strade per presentarsi in albergo a notte alta, quando il custode era così assonnato che rinviava all’indomani la registrazione del nuovo cliente. E poi doveva continuare sempre così, rientrare a notte fonda e uscire all’alba per non incappare nel titolare che avrebbe preteso da lui il permesso di soggiorno. Finché non l’aspettavano al varco e, privo com’era della carta richiesta, doveva alla svelta scomparire e cercarsi un altro alberguccio. 160
La biblioteca
 Fu allora che scoprì la biblioteca Sainte Geneviève
dove s’introduceva appena apriva e restava tutto il giorno al caldo, al sicuro, uno sfilatino per colazione, quieto al tavolo di lettura fino all’ora della chiusura, quando ricominciava le sue camminate per Parigi senza vedere niente, in fretta per combattere il freddo, almanaccando sulla sua vita, sempre in attesa d’un messaggio che non arrivava mai, a una “poste restante”. A che s’era risolta la sua vita di rivoluzionario? Ambire la notte a poche ore di sonno e, il giorno, rifugiarsi in biblioteca a leggere libri»
(L.D’Eramo)
161
Espluso
 Tuttavia Silone e Gabriella a Parigi hanno modo di incontrare persone interessanti, compagni di partito, anarchici, personaggi ambigui. Partecipano ad azioni di volantinaggio e a manifestazioni di lotta dei sindacati francesi. Col compagno Vanni Buscemi, che lavora in un ristorante, commentano con interesse i giornali italiani
 Il 21 aprile 1924 l’Avanti annuncia il provvedimento di espulsione dall’Italia di Secondino Tranquilli “comunista, rappresentante commerciale dei Soviet in Spagna”. Viene espulso anche da Parigi.
162
Con Gramsci
 Il giorno dopo la condanna lo si ritrova ad un meeting, nella sede dei sindacati in Rue Grange‐aux‐
Belles, con i capelli tinti biondo oro e un paio di baffi finti che gli si staccano mentre parla, costringendolo a tenerli fermi con la mano.  Viene rinchiuso nel carcere della Santé.  Resta a Parigi fino al 1925, quando viene richiamato in Italia dal Partito e incaricato dell’Ufficio stampa e propaganda, diretto da Gramsci. Diviene membro supplente dell’Ufficio politico del partito.
163
Il fascino di Trotzkij e Lenin
 Silone constatava la prossimità dei metodi fascisti e staliniani, accomunati dalla formula: “Il partito ha sempre ragione”.  I viaggi a Mosca furono decisivi nell’aiutarlo a comprendere in quale altro totalitarismo fosse piombato. Vi si era recato la prima volta come componente della delegazione italiana per il terzo congresso dell’Internazionale Comunista, nel giugno del 1921.  In condizioni di clandestinità vi era tornato per vari congressi, affascinato soprattutto da Trotzkij e da Lenin. 164
Teatro Bolšoj
Cremlino
Cattedrale di San Basilio
165
Lenin
 «La prima volta che vidi Lenin a Mosca nel 1921, l’apoteosi era già cominciata. Lenin viveva ormai tra il mito e la realtà. Si stavano svolgendo i lavori del congresso della Terza Internazionale: Lenin partecipava soltanto ad alcune sedute, così come fa il Papa al Concilio. Ma quando entrava nella sala, nasceva un’atmosfera nuova, carica di elettricità. Era un fenomeno fisico, quasi palpabile, si creava un contagio di entusiasmo, come in San Pietro quando dai fedeli intorno alla sedia gestatoria si diffonde un’ondata di fervore fino agli orli della basilica. Eppure, a vederlo, a tu per tu, a parlargli, altre impressioni – i giudizi taglienti e sprezzanti, la capacità di sintesi, il tono perentorio delle decisioni – prevalevano su quella della suggestione mistica».
166
Carisma e parzialità
 Douglas Hyde racconta: «Quando chiesi ad Ignazio Silone se avesse mai incontrato qualcuno dotato di un temperamento come quello di don Orione, rispose senza esitare: “Soltanto un uomo: Lenin”»
 Il “carisma” di Lenin veniva attenuato dalla rigidità
assoluta e dalla parzialità dei suoi giudizi, dalla incapacità di comprendere le ragioni degli avversari o dei rappresentanti di altri paesi. Tutto veniva interpretato secondo l’ottica centralista sovietica.
167
 Politico irlandese, primo Presidente della Repubblica d'Irlanda dal 1938 al 1945 e scrittore .
 Ha fondato, insieme ad altri poeti, scrittori e intellettuali dell'epoca la "Gaelic League", organizzazione non‐politica impegnata nella lotta per la rinascita dello spirito nazionale irlandese.
 S’impegna perché il popolo si riappropri delle tradizioni, linguistiche letterarie e di abbigliamento.
Douglas Hyde
(1860‐1949)
168
Nel Comitato centrale PCI
 La promulgazione delle leggi speciali e la soppressione dei partiti (1926), obbliga Silone a continuare la clandestinità.  In quell’anno, secondo la testimonianza del cugino Pomponio, Silone si reca a Pescina e date le difficoltà di Romolo, pensa di aiutarlo invitandolo a seguirlo. Romolo però non se la sente, nonostante le simpatie rivoluzionarie
 Intanto Togliatti assume la direzione del Centro estero del PCI in Francia con Grieco e Tasca, mentre Silone (che lavora con Gabriella Seidenfeld, Alfonso Leonetti, Felice Platone per l’Ufficio stampa e propaganda) quella del Centro Interno, con la segreteria di Camilla Ravera.  La cooptazione nel Comitato centrale del PCd’I è del marzo 1927.
169
 Fu tra i fondatori, nel 1921, del Partito Comunista d'Italia attivamente, partecipando come componente della fazione capeggiata da Amedeo Bordiga, alla scissione di Livorno. Entrò infatti nel primo Comitato Centrale del PCd'I. Abbandonate, dopo qualche anno, le posizioni di Bordiga, si schierò con Antonio Gramsci, che gli affidò il compito di organizzare la sezione agraria e, insieme a Giuseppe Di Vittorio, fondò l'Associazione di difesa dei contadini poveri.. Fu condannato durante il fascismo a 17 anni di carcere.
Ruggiero Grieco
(Foggia 1893‐1955)
Segretario Generale del PCd’I, si costruì il fronte antifascista , seguendo le indicazioni dirette o indirette di Antonio Gramsci, prigioniero in carcere. Morì nel 1955.
170
Avversari politici = traditori
 «Ciò che mi colpì nei comunisti russi, anche in personalità veramente eccezionali come Lenin e Trotzkij, era l’assoluta incapacità di discutere lealmente le opinioni contrarie alle proprie. Il dissenziente, per il semplice fatto che osava contraddire, era senz’altro un opportunista, se non addirittura un traditore e un venduto. Un avversario in buona fede sembrava per i comunisti russi inconcepibile… È stato giustamente già affermato che per ritrovare un’infatuazione analoga bisogna risalire agli analoghi processi inquisitoriali contro gli eretici. 171
 Nel momento di lasciare Mosca, nel 1922, Alexandra Kollontaj mi disse scherzosamente: “Se ti accadrà di leggere sui giornali che Lenin mi ha fatto arrestare perché io ho rubato le posate d’argento del Cremlino, vorrà dire semplicemente che su qualche problema della politica agricola o industriale non sono pienamente d’accordo con lui”. Alexandra Kollontaj
172
 (San Pietroburgo, 1872‐Mosca, 1952) è
una rivoluzionaria russa. Studia economia e Marx a Zurigo. Aderisce al Partito socialdemocratico russo, è
amica di Clara Zetkin e di Rosa Luxemburg, nella lotta femminsita, anche per il libero amore e la liberazione sessuale. Kollontaj
 Costretta all'esilio, si stabilisce negli USA. Alla caduta dello zarismo, nel 1917, tornò in Russia
 Prima donna al mondo ministro di Grazie a lei, le donne governo membro del Comitato centrale ottengono il diritto di voto, all'istruzione, all'assistenza del partito bolscevico, si batte contro la statalizzazione dell'economia e la burocratizzazione. Viene allontanata come ambasciatrice.
di maternità, a un salario eguale, il divorzio e l'aborto, abolito nel 1936 da Stalin e poi reintrodotto.
173
Alexandra Kollontaj II
 La Kollontaj aveva acquistato in Occidente il suo senso dell’ironia e ne faceva uso solo in conversazioni con gli occidentali. “La libertà” dovetti esemplificare “è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di esperimentare, di dire di no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica”. “Ma questa” mormorò inorridita l’eminente funzionaria della vita culturale sovietica “questa è la controrivoluzione”. Poi aggiunse, per prendersi una piccola rivincita: “Noi siamo felici di non avere la vostra libertà, ma in cambio abbiamo i sanatori”…
io fui talmente commosso dal suo candore, che non osai più contraddirla. Non v’è peggior schiavitù di quella che 174
s’ignora». L’emigrazione interiore
 Le esperienze fatte in Italia e all’estero, la fatica di reggere a situazioni conflittuali spesso estenuanti (molti comunisti caduti nelle mani della polizia nel 1927 subirono un crollo psicologico, si ammalarono o finirono col collaborare), i rapporti difficili con i compagni, il disagio di fronte alle strategie del partito, la sua stessa assuefazione a metodi che non condivideva, la mancata pacificazione della dimensione affettiva con Gabriella, gli fanno maturare quella che possiamo chiamare una lenta e costante “emigrazione” interiore dal partito, iniziata molto tempo prima del distacco effettivo.
175
Il viaggio a Mosca del 1927
 Il famoso episodio moscovita del 1927 è solo l’ultimo pesante anello di una catena divenuta insopportabile, il colpo di grazia che conferma la necessità
dell’allontanamento. Nel maggio Silone si reca a Mosca insieme a Togliatti, che lo apprezza e gli é
amico. Con lui si era incontrato a Berlino per partecipare ad una sessione straordinaria dell’esecutivo, allargata all’Internazionale comunista. Agli occhi dei due comunisti è subito chiaro che con la scusa di organizzare la lotta contro l’imminente guerra imperialistica, a Mosca si mira a “liquidare”
Trotzkij e Zinoviev. 176
Mosca
 Il modo in cui Stalin prevale su Trotzkij é il colpo decisivo che stronca ogni residua fiducia nell’organizzazione del PCI. «I termini di traditore, rinnegato, venduto sono semplici sinomini di oppositore. La diffamazione è
graduata secondo la pericolosità della vittima».  Silone lascerà definitivamente il Partito Comunista d'Italia nel 1930 tre anni dopo, come ha raccontato dettagliatamente in Uscita di Sicurezza, senza che Togliatti lo abbia smentito.
177
L’abbaglio del comunismo
 In “Nota dell’autore” di Vino e Pane, Silone confiderà «l’orrore e il disgusto per aver servito durante gli anni della gioventù un ideale rivoluzionario che nella sua forma staliniana si stava rivelando, come allora lo definii, nient’altro che “fascismo rosso”» (VP, 201).
178
Un documento da firmare
 «Alla prima seduta alla quale intervenimmo, avevamo l’impressione di essere arrivati troppo tardi. Si era in un piccolo ufficio sede dell’Internazionale Comunista e presiedeva il tedesco Ernst Thaelmann, che diede subito lettura di un progetto di risoluzione contro Trotzkij da presentare in seduta plenaria… Al termine della lettura, Thaelmann ci chiese se fossimo d’accordo col progetto di risoluzione. Il finlandse Otomar Kuusinen…lo trovò non abbastanza violento… Poiché nessun altro chiese la parola, dopo essermi consultato con Togliatti, io mi scusai con i presenti di essere arrivato in ritardo e di non aver avuto la possibilità di prendere visione del documento da giudicare. “Veramente” dichiarò candidamente Thaelmann “neppure noi conosciamo quel documento”. 179
Ernst Thälmann
(Amburgo, 1886– Buchenwald, 1944)
Monumento a Thälmann, uno dei principali animatori della lotta armata. Werdau
è stato un politico, operaio e attivista comunista tedesco. Segretario generale del KPD, fu uno dei più importanti capi del movimento operaio tedesco degli anni '20 e '30. Thälmann viene arrestato dopo la presa di potere di Hitler e poi ucciso con un colpo alla nuca dagli uomini delle SS, nel 1944, nel lager di Buchenwald.
180
Stalin interviene
 A quella risposta fin troppo chiara, io preferii diffidare delle mie orecchie e ripetei con altre parole la mia obiezione. “Può darsi benissimo” dissi “che il documento di Trotzkij … sia condannabile, ma evidentemente noi non lo possiamo condannare prima di averlo letto”. “Neppure noi… abbiamo letto il documento, neppure la maggioranza dei delegati qui presenti, eccetto i delegati russi”… finii col prendermela col traduttore. “È impossibile” dissi “che Thaelmann si sia espresso in codesti termini. Ti prego di ripetermi parola per parola la sua risposta”. A questo punto intervenne Stalin». 181
La politica sovietica in Cina
 Stalin spiegò che il documento di Trotzkij
alludeva alla politica dello Stato sovietico in Cina. In realtà egli copriva dietro la ragione di Stato i suoi errori. Infatti il documento, pubblicato più
tardi dallo stesso Trotzkij col titolo Problemi della rivoluzione cinese, era una “serrata requisitoria”
alla politica di Stalin col suo deciso appoggio a Chiang Kai‐shek fino a una settimana prima che questi cacciasse i comunisti e facesse massacrare alcune decine di migliaia a Shanghai e a Wuhan. 182
Togliatti contro
 «Thaelmann mi chiese se quella spiegazione di Stalin mi sembrasse esauriente. “Non contesto il diritto dell’Ufficio politico del Partito comunista russo di tenere segreto un qualsiasi documento” dissi “Ma non capisco che altri possano essere invitati a condannare un documento sconosciuto”. L’indignazione contro di me e Togliatti… non conobbe allora più freni…
Luigi Longo e Palmiro Togliatti votano durante l'VIII Congresso (dicembre 1956)
183
“Piccoli borghesi”
 “È inaudito” strillava Kuusinen tutto rosso in viso “che qui, nella cittadella della  2 marzo 1919 a MOSCA la Terza rivoluzione mondiale, nasce si debbano ancora Internazionale ospitare simili piccolo‐
comunista
borghesi”. Egli pronunziava la parola piccolo‐borghese con Portogallo
una espressione Argentina
comicissima di disprezzo e ripugnanza. La sola persona rimasta calma Irlanda
Brasile
e imperturbabile era Stalin.
184
Rivoluzionario e politico Otto Wilhelm finlandese e sovietico, tra i fondatori del Partito Comunista Kuusinen (1881 –1964),
Finlandese, Partigiano durante la seconda guerra mondiale, teorico del socialismo e del comunismo, diplomatico (protagonista del rapporto politico Finlandia‐URSS
durante il secondo dopoguerra) e critico letterario. Fino alla morte, fece parte del Comitato centrale del PCS.
Scrisse "I fondamentali del marxismo‐leninismo". Al Cremlino Il suo "Manuale del marxismo‐
la sua ideologia venne definita leninismo" fu arricchito da Che Guevara. Nel 1958 fu eletto "liberale" e appoggiata da all'unanimità membro dell'Accademia Chruščëv che la usò contro Mao. Scientifica Sovietica. Le sue ceneri sono al Cremlino.
185
I “compagni italiani”
 «I compagni italiani sono favorevoli al progetto?». La domanda che in via normale poteva essere puramente retorica, incontra invece la testardaggine di Silone che afferma: «Prima di prendere in considerazione un progetto di risoluzione, dovremmo conoscere il documento che nella risoluzione viene condannato». Egli disse: “Se un solo delegato è contrario al progetto di risoluzione, esso non dev’essere presentato”. Poi aggiunse: “Forse i compagni italiani non sono bene al corrente della nostra situazione interna. Propongo di rinviare la seduta a domani e di incaricare qualcuno dei presenti di passare la serata con i compagni italiani per spiegare a essi la nostra situazione interna»
186
Questione di potere
 Viene dato l’incarico a un bulgaro che invita i due malcapitati nella sua camera per un tè e comunica senza mezzi termini: «“Parliamoci chiaro… Voi credete magari che io l’abbia letto quel documento? No, il documento non l’ho letto. Devo dirvi l’intera verità? Quel documento neppure m’interessa. Devo dirvi di più? Anche se Trotzkij me ne mandasse qui, segretamente, una copia, mi rifiuterei di leggerlo. Cari amici italiani, qui non si tratta di documenti. So bene che l’Italia è il paese classico delle accademie, ma qui non siamo in un’accademia. Qui siamo in piena lotta per il potere tra due gruppi rivali del centro dirigente russo. Con quale dei due gruppi vogliamo schierarci? Questa è la questione…
187
Scegliere di appartenere
 Io per conto mio ho già scelto. Sono per il gruppo di maggioranza”…
“Mi sono spiegato chiaramente?”
egli chiese rivolgendosi direttamente a me. “Certo” risposi “assai chiaramente”. “Ti ho persuaso?” egli mi chiese. “No” gli risposi. “Perché no?” egli volle sapere. “Dovrei spiegarti” gli dissi “perché sono contro il fascismo”… “Voi siete ancora troppo giovani” egli ci disse riaccompagnandoci alla porta. “Voi non avete ancora capito cosa sia la politica”» (US)
188
Il regno dell’arbitrio
 Il giorno dopo Silone conferma la posizione italiana, esigendo di conoscere il documento, seguito da pochi europei. Stalin ritira il progetto. Thaelmann deduce che la politica dei comunisti italiani debba essere sottoposta a un vaglio rigoroso.
 Quando a Zinoviev viene impedito di entrare nell’assise da due agenti di polizia (con diversa versione ufficiale), Silone commenta: “Eravamo, puramente e semplicemente, nel regno dell’arbitrio”.  Togliatti suggerisce a Silone di scrivere una lettera per spiegare la posizione italiana, ma Bukarin, che la riceve, li manda a chiamare e consiglia amichevolmente di ritirarla per non peggiorare la situazione. 189
 Grigory Zinoviev (Ucraina 1883 ‐ 1936), nel 1917, si oppose alla bolscevica, rivoluzione giudicando (in contrasto con Lenin) immaturi i tempi. Ricercato dalla polizia si rifugiò a Berlino e poi a Parigi. Nel 1903 incontrò Lenin in Svizzera.  Espulso dal partito, venne però riammesso; e nel 1919 gli fu affidata la presidenza Morto dell'Internazionale. Lenin, Zinov'ev, assieme a Kamenev, si alleò con Stalin per estromettere Trotsky
dal potere. La troika durò meno di un anno, poi Stalin si rivolse contro i vecchi alleati.
Grigory Zinoviev
Nel 1936, nel corso del primo, processo [1] dell'era staliniana, Zinov'ev, Kamenev e tutti gli altri imputati, prestigiosi esponenti della vecchia guardia leninista, vennero condannati a morte e fucilati, Zinov'ev e gli altri accusati furono riabilitati con la glasnost di Gorbačëv, 190
nel 1988 La firma
 La “firma” è importante nella storia di Silone, trasfigurata nei romanzi, a cominciare dalla madre di Andrea Cipriani, che firma con la croce, per finire alle firme false, a quelle estorte a Berardo, a Luca, a Venanzio... Anche papa Celestino V, richiesto di firmare senza conoscere i documenti e le questioni discusse, non si arrenderà: «“Voi pensate per caso che il papa debba firmare senza rendersi conto di che si tratta?”… “Non sono in grado di pronunziarmi secondo coscienza. In questa condizione nessun uomo onesto prenderebbe una decisione; è una regola che vale anche per il papa, no?”» (APC).
191
Condanna “unanime” di Trotzskij
 Stalin, contrariato dall’opposizione italiana, in realtà ritira solo temporaneamente il testo della condanna, aspettando che le due presenze scomode si allontanino. Togliatti, che ha scritto su L’Unità”(6.1.59): “Aveva ragione Stalin, il quale conosceva meglio di noi quale stoffa di traditore fosse Trotzkij”, ha confermato che Stalin fu costretto a rimandare di qualche tempo la condanna.
 Silone di ritorno a Berlino, leggerà sui giornali che quel testo è stato approvato all’unanimità, in sua assenza.  Thaelmann lo rimbrotta: «“Dovresti imparare dai comunisti americani, ungheresi e cecoslovacchi cosa significa disciplina comunista”. Queste cose erano dette senza il più
lontano tono d’ironia, anzi con lugubre serietà, in tutto adeguata alla realtà d’incubo cui si riferivano».
192
Il Partito Comunista
Vladimir Lenin
 «Era quella la vera faccia del comunismo? I lavoratori che rischiavano la loro vita, quelli che agonizzavano nelle carceri, erano al servizio di un simile ideale? La nostra vita randagia solitaria pericolosa di stranieri in patria, era per questo?… Quella rapida degenerazione tirannica di una delle grandi rivoluzioni della storia umana era forse implicita nel principio stesso del socialismo e della proprietà statale?…
Fu solo nell’estate del 1931… che ruppi definitivamente col partito e venni di conseguenza “espulso”.
193
Il prezzo della libertà dal partito
 Come fu moralmente possibile, dopo l’ultimo soggiorno a Mosca, rimanere nel partito ancora così
a lungo? È una domanda che mi sono posto seriamente altre volte. I veri motivi non furono ignobili… in fin dei conti, se ora la libertà m’è cara, è perché so quel che ho sofferto per ricuperarla…
Quell’ultimo viaggio a Mosca m’aveva svelato l’estrema complessità e contraddittorietà del comunismo, di cui, in realtà, per esperienza personale conoscevo solo un settore, quello della lotta clandestina contro il fascismo» (US).
194
Silone tra gli “ex”?
 Il partito lo invitava a considerare le conseguenze e comportarsi come una persona “normale”. Rompere comportava una reimpostazione pratica ed esistenziale di tutta la vita.
 Silone è fra i sei "ex" che hanno motivato l’abbandono del comunismo nel famoso libro "The God that failed" (Il dio che è fallito, pubblicato in Italia nel 1950, per i tipi Comunità), insieme a: Arthur Koestler (nato a Budapest, ma formatosi a Vienna); Richard Wright (nato negli Stati Uniti, negro, trasferitosi in Europa dopo il 1945); André
Gide (scrittore francese); Louis Fischer (nato negli Stati Uniti, combattente in Spagna dalla parte dei repubblicani); Stephen Spender (inglese).
195
Lo Stato sovietico come dittatura
 «Dopo la morte di Lenin apparve chiaro che lo Stato sovietico non sfuggiva a quella che sembra la fatalità di ogni dittatura: la graduale restrizione della sfera di quelli che partecipano alla direzione e al controllo del potere politico. Il partito comunista russo, che aveva soppresso tutti i Partiti concorrenti e abolito
ogni possibilità di discussione di politica generale nelle assemblee sovietiche, cadde esso stesso sotto un regime di eccezione: la volontà politica dei suoi iscritti venne rapidamente sostituita da quella dell’apparato. Da quel momento ogni divergenza di opinione nel gruppo dirigente era destinata a concludersi con l’annientamento fisico della minoranza da parte dello Stato. La rivoluzione che aveva annientato i suoi nemici cominciò a divorare i suoi figli prediletti. Gli déi assetati non diedero più
tregua. La frase ottimistica di Marx sul deperimento naturale 196
dello Stato socialista si rivelava una pia illusione».
Il rovescio della medaglia I
 «Mi aveva mostrato il rovescio della medaglia. Ecco dunque che il comunismo, sorto dalle più profonde contraddizioni della società moderna, le riproduceva tutte nel suo seno, e con esacerbata virulenza…
militavano, sotto le sue bandiere, ribelli e persecutori, eroi e sicari, sfruttati e sfruttatori; giornalisti i quali rischiavano la vita per rivendicare un’illimitata libertà di stampa e altri che scrivevano l’apologia della censura e della soppressione d’ogni stampa avversaria; imputati che invocavano le garanzie giuridiche elementari di fronte ai tribunali speciali del fascismo e giudici che rifiutavano agli imputati ogni possibilità di provare la propria innocenza;
197
Il rovescio della medaglia II
 organizzatori sindacali che promuovevano scioperi in difesa delle condizioni di vita dei lavoratori e altri che giustificavano la soppressione legale del diritto di sciopero e l’adozione del lavoro forzato in massa come parte integrante del nuovo sistema economico; deputati che si battevano per il più esteso e pubblico controllo su tutta l’azione di governo e governanti assolutisti… finché nell’operaio di fabbrica e nel contadino francese, svizzero, italiano, ritrovavo quelle doti di generosità franchezza solidarietà
spregiudicatezza, che erano la genuina e tradizionale risorsa del socialismo in lotta contro la decadenza e la dissipazione borghese. Quale incubo irreale m’appariva, nella ritrovata compagnia di questi comunisti, il ricordo degli episodi di Mosca».
198
Riscrivere la storiografia
 «La storiografia dell’Internazionale Comunista non è
facile, e senza dubbio è ancora prematura. Come discernere il fatto e l’essenziale nelle interminabili discussioni dei suoi congressi e convegni? Quali pagine abbandonare negli archivi alla critica dei topi e quali raccomandare alle persone intelligenti desiderose di conoscere? Non saprei dire… In una discussione dell’Esecutivo si discuteva un giorno l’ultimatum posto dalla giunta centrale delle Trade
Unions inglesi alle sue sezioni locali di non aderire, pena l’esclusione, al movimento minoritario diretto dai comunisti. 199
L’uovo di Colombo
 Dopo che il rappresentante del Partito Comunista inglese ebbe esposto i gravi inconvenienti del dilemma perché, accettando, si andava verso lo scioglimento del movimento minoritario e, rifiutando, verso l’uscita dei minoritari dalle Trade
Unions, il delegato russo Iatinskij propose una soluzione che a lui pareva ovvia come l’uovo di Colombo.
 “Le sezioni” egli propose “dichiarino di sottomettersi alla disciplina richiesta e poi, in pratica, facciano perfettamente il contrario”.
200
La risata clamorosa
 Il comunista inglese lo interruppe: “Ma sarebbe una bugia”. Una risata clamorosa accolse l’ingenua obiezione, una risata franca, cordiale, interminabile, di cui i tetri uffici dell’Internazionale Comunista non avevano certo mai udito l’eguale, una risata che si propagò rapidamente a tutta Mosca, perché la spassosa incredibile risposta dell’inglese fu subito telefonata a Stalin e agli uffici più importanti dello Stato, provocando, ovunque arrivava, come più tardi apprendemmo, nuove ondate di stupore e ilarità. È
molto importante per giudicare un regime, dissi a Togliatti che si trovava con me, sapere di che cosa 201
ride».
 “…
Ogni divergenza di opinione nel gruppo dirigente era destinata a concludersi con l’annientamento fisico della minoranza da parte dello Stato. La rivoluzione che aveva annientato i suoi nemici cominciò a divorare i suoi figli prediletti. Gli déi assetati non diedero più tregua. La frase ottimistica di Marx sul deperimento naturale dello Stato socialista si rivelava una pia illusione» (US).
Rivoluzione?
202
Il colloquio con Togliatti
 Nel 1929, Mosca lancia un atto d'accusa contro i comunisti italiani. Stalin non tollera critiche e vuole un atto di sottomissione dal comitato centrale del PCI. Per ottenerlo, invia da Mosca Ramele, dirigente del partito comunista tedesco. La riunione è fissata a Parigi.  Alla vigilia dell'incontro, Togliatti va a parlare con Silone ad Airolo, in Svizzera, all'Hotel des Alpes; il colloquio è pacato e insieme carico di tensione.  Togliatti vorrebbe trovare una via d'uscita che possa evitare al compagno la scomunica ufficiale, ma constata che Silone non intende più inchinarsi a Mosca ed é indifferente ad ogni richiamo.
203
Salvare il salvabile
 Togliatti si congeda promettendo di consultare i compagni della direzione: se tutti rifiuteranno l'atto di sottomissione, anche lui respingerà le pretese sovietiche. E’ un'ipotesi poco credibile.  Non manca chi si allinea a Mosca e Togliatti può aderire alle linee del Cremlino restando formalmente fedele alla promessa fatta a Silone.  Il leader comunista si preoccupa sinceramente del destino di Silone per evitargli la sorte di Pietro Tresso, Alfonso Leonetti e Paolo Ravazzoli, i tre ribelli del Comitato Centrale, che nella riunione di Parigi avevano perseverato nell’opposizione ed erano stati espulsi dal partito. 204
Pietro Tresso
Alfonso Leonetti
 Alfonso Leonetti (1895‐
Pietro Tresso (1893‐1943) a seguito della svolta stalinista del PCdI, fu espulso dal partito in quanto trotzkista. Venne assassinato in Francia da emissari di Stalin.
1985) nel 1924 primo direttore de L'Unità, fu espulso nel 1930, per aver sposato la linea "trockista" in contrapposizione a quella staliniana
Paolo Ravazzoli
Paolo Ravazzoli
(1894‐1940) è stato un sindacalista dissidente, espulso dal PCd’I per l’opposizione alla politica filo‐
staliniana.
205
Sete di coerenza
 Silone, che aveva avallato la condanna di Tasca con la sua firma, nel ’30, in periodo di purghe staliniane («quelli di noi che in sostanza eravamo d’accordo con Angelo Tasca e gli eravamo amici, commettemmo l’errore e la viltà di lasciarlo solo e di condannarlo»), non se la sentì di sottoscrivere l’espulsione di Tresso, Ravazzoli e Leonetti.  A Mosca non si fidavano e insistevano per conoscere la sua posizione rifiutando la scusante della salute.
 Togliatti dovette incontrarlo di nuovo a Zurigo nella sede di “Soccorso rosso” per rappresentargli quale futuro sarebbe derivato dal suo non allineamento.
206
Zurigo
207
Impossibilità di conciliare
 Nel colloquio con Togliatti Silone mantenne ancora una posizione flessibile, lasciandogli credere di averla avuta vinta. Togliatti si mise alla macchina da scrivere e redasse una breve dichiarazione di ‘fedeltà’ a Mosca, firmandola con il nome di Silone. Il dissidente in cuor suo desiderava soltanto farla finita. La dichiarazione non fu che un ulteriore, inutile palliativo. Gli amici non riuscivano a credere nella sottomissione.
 Silone aggravò le cose scrivendo una lettera a Tresso, Leonetti e Ravazzoli, i tre espulsi, spiegando come erano andate le cose e sostenendo di non voler più
svolgere alcuna attività politica attiva. Stralci di questa lettera cominciano a circolare. 208
Espellere gli “infedeli”
 Il partito è sempre più insofferente verso di lui: «La posizione di questo compagno deve essere condannata nel modo più energico come una posizione che porta alla liquidazione del Partito»
(Lo Stato operaio)
 Si conserva una nota del Gennaio 1930, in cui Togliatti si rallegra con Silone per la riacquistata salute e lo invita a ricollegarsi al partito.
 Era compito di Togliatti espellere dal partito gli infedeli. 209
Evitare il taglio?
 Eppure Silone resta impigliato nella rete fino al 1930, anche se il partito ha perso ai suoi occhi ogni credibilità. Non trova la forza di lasciarlo e si rifugia nei piccoli espedienti onde evitare lo scontro diretto.  Vorrebbe sfuggire alle conseguenze della condanna, godere di certi privilegi (tra i quali quello di girare il mondo ricoprendo ruoli di una certa autorevolezza presso le diverse sedi locali), continuare a frequentare i compagni e non rinnegare la sua giovanile fiducia nella Russia rivoluzionaria…
 D’altra parte é troppo intelligente per non vedere l’incongruenza tra sogno e realtà e troppo insofferente per riuscire a lungo a nascondere il suo rigetto. 210
L’obbligo di decidere
 Molte critiche di Silone erano state condivise da Togliatti, riguardo alla esclusione di Trockij e di Zinov’ev, ma i due avevano un diverso concetto della disciplina di partito.  Si può immaginare l’incubo vissuto da Silone, oltretutto realmente malato: optare per il partito contro la coscienza o per la coscienza contro il partito.  Non poteva più conciliare doveva scegliere e dunque scartare. 211
Pasquini, intellettuale rammollito
 Gli fu data la possibilità di affrontare una nuova delegazione, presieduta da R. Greco, in Svizzera.  Il lento e sofferto distacco si concluse nel luglio del 1931, con il provvedimento di espulsione, deliberata all’unanimità da una commissione riunita a Basilea per giudicare azioni “gravi” e “inaccettabili” commesse dall’imputato: «Nelle file del nostro partito non vi è posto per l’opportunismo vile dei “tre” , né per gli intellettuali rammolliti come Pasquini».  Fu un taglio “una volta per sempre”, lancinante e provvidenziale.. Per Silone: “Nella sentenza di espulsione che ne seguì, dopo una ricapitolazione ad usum delphini dei precedenti episodi da me ricordati, si poteva leggere: “avendo egli stesso ammesso di essere un anormale politico, un caso clinico, ecc.».
212
Palmiro Togliatti
Palmiro Togliatti
 «Avrei potuto difendermi. Avrei potuto provare la mia buona fede. Avrei potuto dimostrare la mia non appartenenza alla frazione Trotzkijsta… Avrei potuto; ma non volli… Era meglio finirla una volta per sempre. Non dovevo lasciarmi sfuggire quella nuova, provvidenziale occasione, quell’ “Uscita di Sicurezza”. Non aveva più
senso star lì a litigare. Era finita. Grazie a Dio» (US).
213
“Spezzare le reni” ai dissidenti
 Togliatti gli divenne nemico e lo inserì nella lista nera. Silone a modo suo aveva mostrato fedeltà, anche quando i dirigenti dell’Internazionale lo avevano spinto ad opporglisi (perché ritenuto troppo compromesso col gruppo di Bukarin). Togliatti però non gli risparmiò i colpi. Riconobbe che la ricostruzione di Silone era sostanzialmente conforme al vero, ma considerò errata l’interepretazione dei fatti. Ormai Silone era l’ “intellettuale rammollito”, un “rinnegato”, un “caso clinico”.
 La D’Eramo ricorda che nel mensile dei comunisti in esilio “Lo Stato operaio” in Un caso di malavita politica, ( maggio 1931), Pasquini veniva condannato perché aveva tramato con Tresso, Ravazzoli e Leonetti contro il PCI. Si leggeva: “Il partito ha spezzato le reni ai tre”.
214
La spartizione manichea
 Non era facile per Silone condividere gli atteggiamenti diffamatori così frequenti nella spartizione manichea del mondo in amici e nemici:
«Quella manìa, per così dire ci veniva allora rafforzata dalle prime letture degli scritti di Trotzkij e di Lenin, zeppe d’improperi contro i rinnegati, i traditori, i venduti che dissentivano da loro: erano i nostri modelli».
215
Fuggito o espulso?
 Più oltre negli anni, nel 1950, su “L’Unità” apparve l’articolo di Togliatti dal titolo patente “Contributo alla psicologia di un rinnegato”. Altrove lo chiama: “Ciarlatanesco campione del doppio gioco”
 Togliatti ha tenuto a precisare che non fu Silone ad uscire dal partito ma ne fu espulso. Silone ha risposto con un’intervista in cui commenta: «Togliatti ha ragione, ma dal Partito Comunista si è sempre espulsi “per motivi infamanti”, non se ne esce mai per dissensi, come dal partito liberale o da altri partiti. L’eroe di ieri diventa il rinnegato di oggi».  Per Silone é Togliatti che tradisce il partito con la sua “sottomissione cadaverica” a Mosca.
216
Cosa non gli fu perdonato
 Silone cadde in disgrazia dei suoi ex compagni via via sempre più decisi nell’accusarlo di aver detto di Stalin quello che poi il PCUS stesso riconoscerà
nel ’56 al XX congresso, d’aver scritto Uscita di Sicurezza, di aver rivendicato l’autonomia rispetto all’URSS e agli USA nel ’42 con il varo dei 13 punti del Terzo fronte, difendendo la via indipendente al socialismo che soltanto trent’anni dopo sarebbe stata fatta propria dai partiti occidentali, di aver diffidato del socialismo paternalista e statalista. 217
Silone
anni Trenta
«Oggi mi accorgo che non solo l’uscita dal partito comunista verso le regioni e le ragioni della libertà
fu un’uscita di sicurezza, ma che anche il mio primo impegno comunista fu anch’esso un’uscita di sicurezza da questi problemi che sono i soli che interessino radicalmente, totalmente, gli uomini… Ho una certezza irrazionale, quasi magica, un sentimento se vuole chiamarlo così: che la vita non sia assurda, che la vita serva, debba servire a 218
qualcosa”.
 La data dell’espulsone non è la stessa del distacco dal partito, se si pensa alla rivoluzione segreta nell’intelligenza e nell’anima. Bruciare il totem
 Molte volte Silone si era chiesto: «Quale differenza c'è fra la dittatura di Mussolini e il regime sovietico?» Era persino giunto a bruciare “la baracca del totem” ossia il Mausoleo di Lenin.
 Se nel 1924 poté scrivere a Gabriella di essere “rinato” con lei dopo essere stato “disseccato”, vuol dire che già avvertiva lo stridore tra la sua vita politica e il mondo interiore che Gabriella aveva risuscitato.
 Silone si rammaricherà “d’aver perso tempo”.
219
Comunismo e senso della vita
 Spiega in questi termini: «La mia permanenza nel movimento comunista non è
dovuta al caso, non è dovuta a calcoli di ordine alimentare. Se vi sono ancora, dopo la crisi del 1930, vuol dire che, malgrado tutto, malgrado le simpatie e le antipatie personali, malgrado le oscillazioni, le incomprensioni e l’insufficiente educazione internazionale, la mia permanenza nel movimento comunista non potrà essere di più breve durata della mia permanenza fra gli uomini, perché all’infuori della lotta per il comunismo non vedrei più altra giustificazione per continuare a vivere».
220
Ideali e necessità
 L’aspirazione alla giustizia, si traduce in una adesione totale agli ideali di libertà e giustizia da attuare, con modalità diverse, attraverso la Lega, il PCI, il PSI, il Movimento per la Libertà della cultura.  «A un certo punto restare nel PCI è stato per lui una necessità assoluta, alla quale s’aggrappava anche con le astuzie, tenendo a bada questo, parando quest’altro, prendendo contatti con quelli di fuori, negandoli, pur di restare coi compagni.
221
Il parere di luce D’Eramo
 Ed erano effettivamente, per lui e per tutti, dei tatticismi, delle astuzie di settimo grado, per cui alla fine diventava più riposante l’ubbidienza, la disciplina di partito, che non il voler modificare qualcosa. Oppure era preferibile non fare politica. O farla in un altro modo… (Silone) ha mostrato come buoni o cattivi non fossero quegli uomini che s’accusavano e si sorvegliavano a vicenda, ma come i loro comportamenti derivassero dalla tortuosità dei rapporti reciproci a cui li induceva la necessità organizzativa, cioè l’apparato di Partito…
222
Habeas animam
 Dal rimpianto dei compagni e dalla pena d’essersi dovuto separare da loro, Silone è
approdato alla critica delle istituzioni, sovrapponendo all’Habeas corpus il suo Habeas animam» (Luce D’Eramo)
 Il riferimento all’Habeas corpus Act inglese (1679) serve per affermare il diritto della persona a seguire la coscienza, a rispettare la sua anima. 223
Tempo per l’anima
224
Che rimane?
 «Che mi rimane della mia lunga e triste avventura? ‐
si è chiesto Silone ‐ Una segreta affezione per alcuni uomini che vi ho conosciuti, e il gusto di cenere di una gioventù sciupata. La colpa iniziale fu certamente mia, nel pretendere dall'azione politica qualcosa che essa non può dare. Anche la rivolta per impulso di libertà può dunque essere una trappola, mai peggiore però della rassegnazione. Ogni volta che ripenso a questa disgrazia a mente serena sento risalire dal fondo dell'anima l'amarezza di un'infelicità a cui mi era impossibile sfuggire». 225
 Anche se è solo, malato Libertà
riconquistata?
e povero, può navigare a vele spiegate, senza quel macigno insostenibile che gli ha bruciato la giovinezza.  D’ora in poi potrà
continuare ad impegnarsi senza sovraccaricare di attese il partito, senza farne “Socialista senza partito
una fede ideologica, e cristiano senza
senza confondere Chiesa”.
Chiesa e Partito. 226
 Tra il 1927 e il 1931 si compie la tragedia annunciata: il fratello più
giovane di 4 anni, Romolo, ultimo superstite, viene arrestato con l'accusa di uno degli essere organizzatori di un grave attentato a Milano. Romolo morirà in carcere nel 1932. Secondino il quale avverte più fortemente il bisogno di dare una sterzata alla sua vita Una tragedia annunciata
227
La crisi di Silone
 La vicenda di Romolo influenzò il comportamento di Silone in particolare col PCI, aggiungendo buone ragioni al suo rimanervi dentro e poi, con la catastrofe, a distaccarsene.  L’espulsione, la salute cagionevole, le difficoltà
con Gabriella, la morte di Romolo furono ingredienti di un abbattimento profondo, di una crisi che coinvolgeva le ragioni dell’anima. Silone fino alla fine visse col ricordo del “sapore di cenere” che aveva il suo passato. 228
Silone
 «…Credevo di non aver più molto da vivere e allora mi misi a scrivere un racconto al quale posi il nome di Fontamara. Mi fabbricai da me un villaggio, col materiale degli amari ricordi e dell’immaginazione, ed io stesso cominciai a viverci dentro» (US).
 Dal 1932 fonda la rivista “Information”
(tedesca) e nel 1936 “Le Nuove Edizioni di Capolago”.
Nel 1977 è stata prodotta una versione cinematografica di Fontamara con Michele Placido come attore protagonista e Carlo 229
Lizzani come regista.
Silone inedito
 G. Napoleone nelle sale dell’archivio di Stato russo di storia politico-sociale ha
trovato documenti inediti*, secondo i quali Silone aveva scritto in precedenza
Fontamara (pubblicata poi a Zurigo nel ‘33) con un tono più adatto
all’impostazione marxista. “Potresti tu… fare accettare il mio romanzo da una
casa editrice russa?...Il soggetto…è rivoluzionario” La lettera (3.VII.1930) è
indirizzata a Giovanni Germanetto*, rappresentante del Soccorso Operaio a
Mosca, dove sono conservati i documenti originali**.
 “Ho scritto un romanzo…Ora lo sto correggendo per capirlo bene, penso che
bisogna essere meridionale e perdipiù abruzzese””. Probabilmente lo ha scritto
entro la metà del ’29.
 Il documento non è tra quelli rientrati in Italia dal 1961, sotto la direzione di
Togliatti per il 40ennale del PCI: il partito non aveva interesse a dare risalto ad
un “nemico” e Silone rinnegava questa versione.
“Questo romanzo è dedicato ai militanti comunisti, operai e intellettuali dell’Italia settentrionale, finora condannati dal Tribunale speciale per esersi
recati nel mezzogiorno a compiere opera di risveglio e di organizzazione dei contadini poveri”.
Silone scrittore
 Già nel 1929, a Davos, Silone comincia a scrivere le prime pagine, in cerca della sua vita d’uscita. Non è più un clandestino, costretto a spostarsi continuamente e varcare le frontiere, senza libri, senza tempo per scrivere a proprio gusto.  Fino ad allora Silone non ha scritto romanzi o racconti brevi (come altri avevano fatto per “Lo Stato Operaio”). Aveva amato Dostojewski e Tolstoj, il Marx del 18 Brumaio, ma nessuno lo vedeva scrittore. l 18 brumaio anno VIII (il 9 novembre 1799 secondo il calendario gregoriano) con un colpo di stato Napoleone Bonaparte rovesciò il Direttorio e s'impadronì del potere in Francia. Tale evento, che costituì la premessa alla fondazione dell'Impero, è noto anche tout court come "Brumaio". 231
 A L. D’Eramo dirà: «Avevo trent’anni quando ho scritto Fontamara. Molti cominciano a quell’età, ma per me era un’età matura poiché ero stato precoce in tutto. Avevo già una dozzina d’anni di lotta politica alle spalle». Comunicare con la penna
Vuole comunicare con la penna ciò che non gli riesce direttamente, provando a ripercorrere la sua vita dalla storia dei cafoni alla morte del fratello alla complessa situazione socio‐politica, in una specie di catarsi letteraria. 232
Cambio di rotta

Non si sente affatto uno scrittore di professione
e non sa se il suo lavoro troverà udienza.
233
Tornare tra i suoi
Gli piace vivere mentalmente nell’ambiente in cui è
nato:
«Se devo morire – dice a se stesso ‐ voglio farlo fra la mia gente»; «Scrissi affannosamente, con ansia febbrile, in modo da rappresentare, per quanto fossi in grado di fare, questo piccolo paese di Fontamara, che doveva contenere la quintessenza della mia indole e della mia patria e che doveva permettermi almeno di morire tra i miei».
234
La molla della solitudine
 «Mi trovavo in una situazione di estrema solitudine, senza denaro, senza passaporto (quello di cui disponevo era falso e non italiano), senza amici. In quelle condizioni cominciai a scrivere Fontamara. Non mi illudevo sulla possibilità di stamparlo, non ero neanche sicuro di poterlo terminare. Scrivere era per me un bisogno, un modo di conversare e di ricordare: risuscitare in me i ricordi della mia gente, condividere la comune pena. I ricordi della infanzia e dell’adolescenza erano la mia sola forza, poiché in essi era la riserva morale e direi anche religiosa con la quale affrontare le avversità della vita. Poi la vita stessa ebbe il sopravvento e potei terminare il manoscritto».
235
 «I fatti che io racconto non si svolgono a Pescina, ma in un piccolo villaggio della conca del Fucino al quale do il nome di Fontamara, ma che non esiste.
 Se avessi situato l’azione in un villaggio reale avrei incontrato molte difficoltà: delle persone vive si sarebbero riconosciute sotto la maschera dei personaggi e circostanze delle sembrerebbero fantastiche.
Fontamara
236
Lettera a Gabriella
 Ciò non toglie che tuta la vicenda di Fontamara
sia veristica… Fontamara è ancora nella fase di elaborazione: vi sono alcuni capitoli così vivi che io parlo con essi. Credo che essi siano i primi contadini di carne ed ossa che appariscono nella letteratura italiana. Non ho mai provato nello scrivere, ciò che ora provo. Delle notti mi sveglio all’improvviso e devo alzarmi per prendere appunti. Altre volte sono in giardino e corro in camera per modificare un passaggio di un capitolo. 237
Il tempo di produrre
 Ti avevo detto altre volte che il tempo per produrre per me non era ancora arrivato e che io mi consideravo sempre nel periodo della preparazione. Ora credo che il tempo di produrre è giunto. Qualcosa di nuovo è in me. Non mi preoccupo affatto del giudizio che sarà dato di Fontamara. Non sono mai stato così sicuro di me stesso. Sono certo che sarà come un mattone nello stomaco della borghesia meridionale italiana. Questa ripresa delle mie facoltà intellettuali ha un benefico effetto anche sul fisico. Le persone che mi avvicinano dicono che ho un aspetto molto florido. Ti abbraccio. Tuo marito».
238
Gaetano Salvemini
(Molfetta, 1873– Sorrento 1957,) storico, politico e antifascista
 Quando Silone invia una copia del manoscritto a Gaetano Salvemini, riceve una risposta sconfortante: «Penso che Fontamara non possa interessare nessuno all’infuori di me che sono, come te, meridionale. Con tanti guai che ci sono nel mondo chi vuoi che si interessi a quelli di un piccolo paese del Sud dell’Italia?».
Gaetano Salvemini
« Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti…
239
L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere»
 Che Silone non desse troppa importanza agli episodi personali e non conservasse rancore, lo dimostra il fatto che mantenne buoni rapporti con Salvemini. No al rancore
Salvemini nel ’37 pubblicò il suo Mussolini diplomatico proprio nelle Nuove edizioni di Capolago.
Quando Salvemini morì, nel ’57, Silone gli dedicò un intenso discorso di commiato all’Eliseo di Roma.
240
La pubblicazione!
 La buona fortuna di Fontamara comincia quando a Silone capita di conoscere Jacopo Wasserman, l'autore di Il caso Mauritius, che conosce l’italiano e legge il libro. È lui a trovarlo importante, a proporlo a un editore e a darlo a un’amica per la traduzione. Finalmente nel 1933 una tipografia di Sciaffusa accetta di stamparlo. Un gruppo di amici di Silone ne sottoscrive ottocento copie e un libraio, Oprecht di Zurigo, firma il volume come editore, grazie alla mediazione di A. Valangin, innamorata di Silone e caparbia nell’aprirgli la strada dell’editore e dei soldi («Il suo primo libro l’ha mostrato a me; sono stata la prima a leggerlo… Io lo trovai Fantastico»).
241
I libri
Ignazio Silone, in un
depliant dell'editore
Oprecht
 “La mia attività di scrittore è stata la testimonianza di quella mia lotta e maturazione interna. I miei libri sono il resoconto delle incertezze, delle difficoltà, dei successi, della vittoria della mia anima, nella lotta contro quello che poteva esserci di volgare e meramente istintivo nella mia vita precedente. Io non credo che i miei libri abbiano un valore letterario molto grande; io stesso conosco molto bene i loro difetti formali. Il loro valore è
essenzialmente quello di una testimonianza umana; vi sono della 242
pagine in quei libri che sono state Il successo di Fontamara
 Fontamara trova buona accoglienza: il romanzo corale, scarno ed incisivo, in cui echi marxisti e cristiani s’intrecciano a ricordi d’infanzia, fa il giro del mondo, entra nell’immaginario collettivo.
 La sua fortuna è legata anche alla città di Zurigo, dove passano fuggiaschi dal fascismo e dal nazismo, verso gli Stati Uniti.  Vi si riflettono percorsi esperienziali, proiezioni di situazioni concrete e aspirazioni ideali. Il popolo contadino è il vero protagonista, mentre i successivi romanzi hanno protagonisti che emergono dallo sfondo e riflettono l’autore.
243
Feeling con i lettori
 C’è qualcosa che fa scattare una sintonia segreta con l’ambiente sofferto di Pescina e che convince il lettore e lo trasforma in divulgatore. 244
La scoperta di uno scrittore
 Vi si trova “la metafora del dolore e delle premonizioni di tutta un’epoca” dirà lo scrittore conterraneo M. Pomilio.  Il successo non sarebbe potuto venire né dal mondo politico né da quello letterario.  Silone si conferma nella vocazione di scrittore. Un'ebrea ungherese gli annuncia che farà di tutto per farlo pubblicare da un editore americano. Nel 1934 esce l’edizione in italiano, pubblicata a Parigi dalle Nuove Edizioni Italiane.  Silone considera quel primo romanzo una sorta di testamento. In realtà è l’inizio di un’avventura letteraria inarrestabile.
245
Opere successive?
 Le opere successive seguiranno lo stesso percorso: pubblicazione in tedesco e rapida diffusione nel mondo. Nel 1934 esce in tedesco Der Fascismus, nel ‘35, sempre in tedesco, la raccolta di saggi Il viaggio a Parigi, nel 1936 Pane e vino (durante la guerra negli Stati Uniti ne stamparono centocinquantamila copie e i soldati americani le distribuirono agli italiani che si trovavano nei campi di prigionia), nel 1928 La scuola dei dittatori, nel 1941 Il seme sotto la neve,nel 1944 l'opera teatrale Ed Egli si nascose. 246
Tra gli scrittori accreditati
 Ormai Silone ha conquistato la stima anche di scrittori del calibro di T. Mann, M. Vaussart, A. Kazin, G. Greene, B. von Brentano, Camus.
Paul Thomas Mann (Lubecca 1875 – Zurigo, 1955) è uno scrittore e saggista tedesco. Premio Nobel nel 1929, è considerato una delle figure di maggior rilievo della letteratura europea del Novecento.
Appassionato wagneriano scrive Doctor Faustus, del 1947, che narra la storia di un compositore e la corruzione della cultura.
247
Cafoni eroi
 I lettori ammirano il disincanto di Silone rispetto al partito, alla Chiesa, alla politica attiva, lo sguardo pietoso ‐ non pietistico ‐ sulla vita umana e una speranza senza ingenuità.
 Subiscono un fascino simile a quello prodotto dalla tragedia greca: in situazioni avverse in cui la giustizia è assente e domina la forza, i protagonisti sono degli sconfitti‐vittoriosi, capaci di tenere la testa alta e acquisire in qualche modo immortalità.  Per Silone si tratta di cafoni comuni e anonimi, adusi a lottare, a perdere e ricominciare, a giostrare con identità vere e false, inseguendo l’eco della giustizia e 248
della verità.. Venga il tuo Regno
 I suoi cafoni hanno un indomito spirito di ribellione, una speranza e un’aspirazione alla fratellanza. Si muovono tra il francescanesimo, l’anarchia, l’utopia del Regno dei cieli in terra, l’antica aspirazione di Gioacchino da Fiore, degli Spirituali, dei Celestini…
 Silone avvince il lettore col messianismo cristiano e socialista.  Nella preghiera cara a Silone, il Pater noster, risalta l’invocazione: “Venga il tuo Regno”, quello in cui la carità sostituirà le leggi e le istituzioni. Non si tratta di attenderlo, ma di combattere per realizzarlo con la partecipazione libera di tutti. 249
La scrittura
 Amano la scrittura fuori dal coro, indipendente rispetto ai canoni letterari dominanti (“Ogni scrittore deve esprimersi con la sua voce – sostiene Silone ‐, non deve parlare o cantare in falsetto” e “credere che si possa rinnovare la letteratura con artifici formali è
antica illusione di retori”, VP), piana (ma non sciatta), di facile presa e perciò in grado di coinvolgere la gente comune. L’obiettivo della comunicazione viene raggiunto in modo efficace e rapido, prendendo le distanze dalle regole del bello scrivere, adottando liberamente moduli diversi, mutamenti strutturali, deviazioni stilistiche.

250
 Celestino V dice ad un aiutante: «Preferisco il parlare franco e disadorno dei militari alle frasi ricercate dei giuristi e dei teologi»
Montgne del Morrone
Parlare franco
251
Controcorrente
 E’ una scrittura lontana dai linguaggi tortuosi e astratti, retorici e paludati, adottando quella “disadorna limpidezza” di cui ha parlato Petrocchi.  Ha appreso col tempo a misurare il peso delle parole, a sceglierle e avvicinarle in modo che fossero chiare e incisive, capaci di riassumere l’argomento con brevi tratti e mettere l’interlocutore di fronte al nocciolo del problema.
 Silone sembra portare nel suo DNA il gusto dell’andare controcorrente, di non cavalcare le mode, non pontificare dai pulpiti, non salire sul carro dei vincitori  Stando fuori del mondo del partito (fascista, comunista e socialista), della Chiesa, delle scuole letterarie riesce spesso a meglio valutare.
252
Il bisogno di comunicare
 «…Il bisogno di capire, di rendermi conto, di confrontare il senso dell’azione, in cui mi trovavo impegnato con i motivi iniziali dell’adesione al movimento, si è impossessato interamente di me e non m’ha lasciato tregua e pace. E se la mia opera letteraria ha un senso, in ultima analisi, è proprio in ciò: a un certo momento scrivere ha significato per me assoluta necessità di testimoniare, bisogno inderogabile di liberarmi da una ossessione, di affermare il senso e i limiti di una dolorosa ma definitiva rottura e di una più sincera fedeltà.
253
Lottare scrivendo
 Lo scrivere non è stato, e non poteva essere per me, salvo che in qualche raro momento di grazia, un sereno godimento estetico, ma la penosa e solitaria continuazione di una lotta, dopo essermi separato da compagni assai cari. Le difficoltà con cui sono talvolta alle prese nell’esprimermi non provengono certamente dall'inosservanza delle famose regole del bello scrivere, ma da una coscienza che stenta a rimarginare alcune nascoste ferite, forse inguaribili e che tuttavia, ostinatamente, esige la propria integrità». 254
Gerarchie  Alcune espressioni consuete, usate in modo dispregiativo, rovesciate
acquisiscono un blasone. Così è
per “cafone”, per “povero cristiano”, per “asino”, l’animale prediletto da don Orione e da Silone. Quando in Svizzera viene soprannominato “cavallo di cartone” reagisce:  «Sarebbe stato più preciso chiamarmi l’asino di cartone: ma forse voi di discendenza toscana, non avete dell’asino la mia stessa idea…».
255
Politica e scrittura
 Si può contrapporre il Silone attivista allo scrittore? Come l’attività politica si serve soprattutto della scrittura, così anche la scrittura ha un diretto effetto politico, partendo dal mondo dei cafoni oppure usando le parole dei signori con diversa corposità e senso, o infine servendosi di un’ironia tagliente e garbata.
 La battaglia delle parole e dell’azione mantiene una sua continuità discontinua, come si vede bene in Vino e Pane, quando l’insegnamento di Pietro ad Infante fa risuonare le parole usate in modo nuovo, svelandone significati occultati.  Una rivoluzione delle parole che fa il paio con quella dell’azione. 256
Dare tutto di sé
 «Se uno scrittore mette tutto se stesso nel lavoro (e che altro può metterci?) la sua opera non può non costituire un unico libro. Ho già detto in altra occasione che, se fosse stato in mio potere di cambiare le leggi mercantili della società letteraria, avrei amato passare la vita a scrivere e riscrivere sempre la stessa storia, nella speranza, se non altro, di finire col capirla e farla capire. Così nel Medioevo vi erano dei monaci che trascorrevano l’esistenza a dipingere il Volto Santo, sempre il medesimo volto» (US).
257
Machiavelli
 C’è un filo che unisce le diverse fasi della vita e si snoda in modalità plurime: Silone comunica da ragazzino con gli amici in piazza, poi attraverso le lettere scritte in nome e per conto d’altri e poi via via attraverso le arringhe nei congressi, con gli articoli giornalistici, le espressioni letterarie, romanzi e saggi. In Uscita di Sicurezza si trova riportata la frase di Machiavelli a conferma del dovere di comunicare: «Fosse offizio di uomo buono quel bene che la malignità dei tempi e della fortuna tu non hai potuto operare, insegnarlo ad altri, acciocché sendone molti capaci, alcuno di quelli più
amato dal Cielo possa operarlo» (US).
258
Giudizi diversi
 Luce D’Eramo ha rifiutato decisamente la tesi di una trasformazione repentina e assoluta di Silone, ritenendola strumentale all’ideologia. Gramsci, e con lui Camilla Ravera, sostenevano che Silone fosse più
uno scrittore che un politico, orientandolo così verso la letteratura per sollevarlo dagli incarichi dirigenziali nel partito. Lo consideravano un letterato quando ancora non scriveva libri di narrativa, perché lo temevano come uomo di dissenso. Eppure dopo l’espulsione dal PCI le stesse persone lo giudicarono uno scrittore mediocre (valgano per tutti i giudizi di C. Salinari e G. Petronio). 259
L’altro versante
 Sul versante opposto gli scrittori italiani (dell’arte pura o simbolica crociana) ritenevano che fosse più un politico che un vero scrittore (stroncature furono fatte da E. Cecchi, Sapegno e, in primo momento, da I. Montanelli).
Indro Montanelli
(Fucecchio, 1909 – Milano, 2001), giornalista, scrittore e storico.
Luce D’Eramo
 Conclude la D’Eramo: «Insomma è successo che i politici l’hanno giudicato un letterato e i letterati un politico, per il fatto stesso che in lui non c’era dissociazione tra queste due esigenze»
 Silone a D’Eramo: “Era la continuazione della lotta, in modo più libero naturalmente”. “Non era un ripiego per te?”. “No, assolutamente”. Eppure una volta l’hai scritto, così come hai scritto che ricordi la lotta politica d’allora, nel Partito comunista, con un gusto di cenere, una specie di incubo. Invece poco fa hai detto che sei contento d’aver fatto quella dura esperienza di rivoluzionario…”.
261
 Silone: “Può darsi che l’abbia detto. Ma andando avanti con gli anni, si vedono le cose più in prospettiva. E periodi o situazioni della nostra vita che a un dato momento abbiamo visto in una certa luce, ricordato in un certo modo, a distanza si compongono insieme e ne viene fuori il significato relativo, che è
quello più vero”».
Una luce
262
Il contesto
 La trama che intreccia la storia di un individuo con il sistema sociale è determinante: il racconto della sofferenza di Luca o di Berardo è sempre legato alla denuncia delle condizioni di ingiustizia che essi si trovano a vivere e degli interessi che concorrono a determinarle. Il volto personale e il volto sociale non possono essere descritti separatamente senza distorcere i contorni della realtà. Forse l’analisi psicologica può risultare talvolta povera, ma il profilo di un protagonista viene colto nell’intreccio delle situazioni e degli ostacoli che di volta in volta deve affrontare. Confrontandosi con il contesto storico‐socio‐
economico, in un rapporto quasi “materialista”, ciascuno prende coscienza di quello che è e del compito che ha da svolgere. 263
Fecondità dei libri
 Silone ha concluso: «Alla fine un libro arriva dove un intervento diretto da solo non può arrivare, troppi condizionamenti».  Fu davvero così: la lotta dei contadini per le terre del Fucino fu chiamata “liberazione di Fontamara”.
 Si è parlato dei romanzi di Silone come di un frutto compensatorio della delusione del partito. Molto più
probabilmente la separazione dal partito comunista è stata soltanto l’occasione della scoperta di una vocazione rimasta compressa dall’attività politica.  Si può dire che la scoperta di questa “vocazione”
corrisponde al riaffiorare dell’istanza etica, soffocata dalle intemperanze giovanili e dall’ideologia, espressa in forme laiche ed evocative.
264
Non curarsi dei riconoscimenti
 Fino a che punto il mondo creato dalla sua fantasia soggiace strumentalmente ad obiettivi etici e politici calati nella narrativa?
 È un giudizio che mira all’inserimento di Silone in una delle correnti letterarie o lo paragon a qualche autore (Verga, Levi, Jovine, Malraux, Mauriac, Joice…).  Silone ha confidato che riteneva importante “Fare cose serie, senza curarsi troppo dei riconoscimenti”. 265
 Silone è stato esplicito nel rifiutare tali catalogazioni. Egli ha parlato di necessità
interiore indipendente dalle soluzioni formali che la narrativa esige. Nessun «sereno godimento estetico»
ma l’espressione del travaglio di una coscienza alla ricerca della verità,
Senza catalogare
266
Rimanere onesti
Ignazio Silone, convalescente,
a "La Barca" (Svizzera) 1931
 “Riflettendo sul senso della vita… si arriva tuttavia alla scoperta che il loro nucleo irriducibile è costruito da alcune certezze cristiane. Ma il cielo è buio. Non siamo né atei né credenti… Tutte le forze della coscienza sono concentrate nel capire il mondo e l’epoca in cui viviamo; nel renderci conto del nostro dovere di uomini; nel procurare di rimanere onesti…”
267
Silone
“…Lui è uomo d’amicizia, come altri sono uomini di partito,
o uomini di chiesa, o uomini d’affari».
268
 Agli inizi degli anni '40, Silone torna all'attività
politica dirigendo in Svizzera il Centro Estero del Partito Socialista. Dirige il quindicinale socialista L'avvenire dei Lavoratori.  Le autorità elvetiche, per non complicare i rapporti con il governo italiano, lo fanno rinchiudere prima nel carcere di Zurigo, poi nei campi d'internamento a Baden e a Davos. Dal 1945 al 1946 direttore de “L'Avanti!”
Silone con Ivan Matteo
Lombardo e Sandro Pertini,
nel 1946
269
I socialisti
Ignazio Silone, Pietro Nenni e Morgan Philips,
segretario del partito laburista – Londra (1946)
270
 Silone soffre a causa di un’affezione di origine tubercolare e nello stesso tempo di “gravi squilibri nervosi”. In Svizzera
 Ottiene dalla segreteria del partito un permesso per motivi di salute. Entra in Svizzera senza passaporto, senza soldi, con un sistema nervoso a pezzi, gravemente malato.  Si reca in Svizzera nel 1929, per i primi "soggiorni terapeutici" ad Ascona e Davos. ma certo non pensa di morire proprio a Ginevra.
 Ha buone ragioni per credere che sia giunto il tempo di lasciare questa vita. In quelle condizioni non è raro pensare al suicidio. 271
Aria nuova
 Silone respira aria nuova e stabilisce un legame empatico con l’ambiente. Va a vivere a Locarno e poi a Zurigo, la sua città, vivace, intellettuale, accogliente, cosmopolita.  In Una piazza è una piazza, racconterà un episodio relativo a Sciaffusa (dove si era recato per incontrare il leader del partito), dando ragione della sua simpatia per la Svizzera
 E’ ospite di un possidente, accogliente verso i perseguitati politici
 Conosce molti profughi di passaggio per Zurigo e soprattutto l’irlandese Darina, che studiava il fascismo 272
e Mussolini nella stessa biblioteca da lui frequentata.
Il grazie alla Svizzera
 «Devo ancora spiegarmi come mai sia avvenuto che sia rimasto in Svizzera 14 anni: è una ragione in cui c’entra l’urbanistica, l’architettura e anche la toponomastica... Una grande piazza, una bella piazza; cercai la tabella sul muro… e vidi con sorpresa che c’era scritto: “Place”
senz’altro nome. Trovai subito il numero 8 e alla persona che trovai invece di parlare delle cose importanti di cui dovevo parlare, dissi: “Ma come, avete una bella piazza e non gli date un nome? Lui disse: “Ma che nome dobbiamo dargli?”. “Non so, piazza della Libertà”. Mi rispose: “Ma la libertà c’è anche nel vicolo accanto, c’è alla stazione, c’è nei campi, andrebbe bene piazza Pestalozzi, piazza Guglielmo Tell, ma non sono nati qui, non ci sono morti”. 273
La cosa cominciava a commuovermi….
Per liberarsi dalla retorica
“cattolica e marxista”
 Il fatto che il popolo dicesse “piazza” e che il Comune registrasse piazza è una cosa che a voi sembrerà frivola e farà ridere, ma che per me era la rivelazione di qualche cosa che avevo invano cercato e non avevo mai trovato.  Viceversa nei paesi delle rivoluzioni avevo trovato esattamente l’opposto… antiche città… cambiavano di nome a seconda delle vicende dei Congressi del Partito dominante. Dissi che ero raffreddato per giustificare la mia emozione… Dissi: io di qui non parto più, e infatti mi fermai. Mi fermai in Svizzera perché dove trovavo un altro paese dove fare la quarantena di tutta la retorica prima gesuitica, cattolica e poi marxista, che mi ero trascinato dietro fino allora?».
274
Il “Memoriale svizzero”
 Nel Memoriale esprime tutta la sua gratitudine verso il paese che lo ha accolto: «Di questa mia rinascita e risurrezione… io sono in grandissima parte debitore alla Svizzera. Il mio debito morale verso questo paese (verso i suoi grandi educatori del passato presso i quali sono tornato a scuola e verso le centinaia e migliaia di amici che ho qui conosciuto) è così grande ch’io dispero di poterlo mai restituire. È uno di quei debiti cui solo può far riscontro una gratitudine, una nostalgia, un amore di tutta la vita»
275
Bertolt Brecht e Silone
Tra il 1931 e il 1933 Silone diviene redattore del mensile
tedesco “Information”, che raduna intellettuali e artisti, come
276
Thomas Mann, Bertold Brecht, Robert Musil
Il congedo da Bellone
 All’amico Bellone scrive la famosa lettera di congedo in cui chiarisce la sua determinazione a seguire un percorso etico di liberazione da ogni ambiguità, nella serena libertà di chi sa di poter parlare senza essere ricattabile, di chi non vede alcuna sostanziale incongruenza rispetto al passato (“chiudere un lungo periodo di rapporti leali con un atto di lealtà) e non teme le possibili conseguenze:
 «La mia salute è pessima ma la causa è morale… Io mi trovo in un punto molto penoso della mia esistenza. Il senso morale che è stato sempre forte in me, ora mi domina completamente; non mi fa dormire, non mi fa mangiare, non mi lascia un minimo di riposo. 277
Una svolta risolutiva
 Mi trovo nel punto risolutivo della mia crisi di esistenza, la quale non ammette che una sola via d’uscita: l’abbandono completo della politica militante (mi cercherò un’occupazione intellettuale qualsiasi). Oltre questa soluzione non restava che la morte. Vivere ancora nell’equivoco mi era impossibile, mi è
impossibile. Io ero nato per essere un onesto proprietario di terre nel mio paese. La vita mi ha scaraventato lungo una china alla quale ora voglio sottrarmi. Ho la coscienza di non aver fatto un gran male né ai miei amici né al mio paese. Nei limiti in cui era possibile mi sono sempre guardato dal compiere del male. 278
Un attestato di stima
 Devo dirle che lei, data la sua funzione, si è
sempre comportato da galantuomo… Questa mia lettera a lei è un attestato di stima. Ho voluto chiudere definitivamente, un lungo periodo di rapporti leali, con un atto di lealtà. Se lei è un credente, preghi Iddio che mi dia la forza di superare i miei rimorsi, di iniziare una nuova vita, di consumarla tutta per il bene dei lavoratori e dell’Italia. Suo Silvestri».
279
Don Orione‐Lenin?
Don Orione
 «La motivazione del paragone paradossale Don Orione‐Lenin è la seguente: due personalità
eccezionali, con uno spirito forte, estremamente semplice, concentrato su un unico punto. Per don Orione questo era la carità
cristiana, per Lenin la rivoluzione sociale. Se Lenin fosse stato un monaco, sarebbe stato un santo; se don Orione fosse diventato segretario d’una Camera del Lavoro, avrebbe fatto la rivoluzione. La fiacchezza della maggior parte degli uomini viene dall’eclettismo e dalla dissipazione». 280
Darina
Darina Laracy-Silone, Davos 1943
 «Non mi venne mai in mente di cercare Ignazio Silone. Mi sentivo ancora studentessa e molto timida di fronte a persone celebri… (alla biblioteca) passavo giornate intere alla stessa scrivania, vicina ad una finestra… Non potevo sapere che anche Ignazio Silone frequentava quella biblioteca. Incuriosito da questa ragazza intenta a sfogliare le opere di Mussolini, si informò discretamente del mio nome, lo stesso nome contro il quale era stato messo in guardia quasi sei mesi prima”. 281
Innamorarsi
 “In quell’istante sentii inondarmi di una gioia immensa, sconosciuta. Era una specie di estasi. Ogni senso di incertezza o di paura mi abbandonò. Sai dirmi che accade all’anima in quei momenti? D’un tratto il mondo intero ha un altro aspetto. Se avessi visto dei cavalli volare, ciò non mi avrebbe minimamente sorpreso. [...] È sempre così l’amore? Mio Dio, mio Dio, non riconoscevo più la creazione. Sentivo il cielo nel cuore. Era come se dalla testa mi sprizzassero centinaia di stelle. 
(da “Il segreto di Luca” di Ignazio Silone)
282
La trottola
 La 

Darina Silone (1945)
felicità
era penetrata nel mio essere e vi aveva suscitato una luce che ignoravo. Tutta la terra girava attorno a noi due come una trottola”.
283
Silone e Darina
Ignazio Silone e Darina Laracy, in Svizzera (anni Quaranta)
 Nell’Ottobre del 1944 Silne rientra in Italia, a Roma e sposa Darina
Elisabeth Laracy.
 Il rapporto è
costante fino alla morte, nonostante evidenti differenze di temperamento e di formazione.
284
Ritorno in Italia?
 Quando Silone rientrò in Italia con Darina, era ormai un uomo maturo. Il viaggio, su un aereo militare che dalla Francia era diretto a Napoli, fu fatto in compagnia del dirigente socialista Giuseppe Emanuele Modigliani e sua moglie Vera, e tenuto segreto per motivi di sicurezza.  La coppia era stata aiutata da Dulles, che Silone, d’accordo con Darina, aggiornava costantemente sulla situazione italiana, tentando di presentare i meriti del popolo, ridurre l’impatto della sconfitta e aprire prospettive sul futuro democratico dell’Italia. Le responsabilità degli americani e i loro errori non venivano sottaciute, anche con delle critiche al 285
governo statunitense. Pianura capuana
 A Roma un accompagnatore portò la coppia ai Parioli «ci disse che da allora in poi dovevamo arrangiarci da soli. Arrangiarci voleva dire stare all’Albergo Genio in Piazza Zanardelli per due mesi senza luce (candele al mercato nero), senza acqua (fredda per mezz’ora ogni tre giorni), senza ascensore né
riscaldamento. Solo il telefono rimaneva. I nazisti, prima di lasciare Roma, avevano distrutto il 95% degli impianti elettrici».
286
Capua
Reggia di Caserta. Facciata
Darina: «L’aereo ci portò a Napoli,
all’aeroporto militare di
Capodichino. Silone si sdraiò
sull’asfalto e lo baciò. Fummo
condotti la sera stessa alla
287
Reggia di Caserta.
Il bel Paese
 L’indomani passammo tutta la giornata su un grande terrazzo prospiciente la pianura capuana, coperta di vigne dorate. Silone non si stancava di guardare quel panorama. “Che bel paese!” ripeteva. “Che bel paese!”. Aveva le lagrime agli occhi». 288
Che bel Paese!
 Quello che significò per Silone rimettere piede in Italia, non più
da clandestino ma da scrittore, lo racconta Darina: «Fu una bellissima giornata. Verso sera atterrammo a Capodichino…
Silone diceva continuamente: “Che bel paese! Che bel paese!”. Il mio ricordo è che non siamo mai usciti da quel giardino fino alla sera, cioè dopo il tramonto, quando finalmente qualcuno ci disse che era pronta l’automobile per portarci a Roma. Il viaggio si doveva fare di notte perché tutto era segreto. Ricordo i paesi distrutti, le macerie ovunque. A Formia non c’era più niente in piedi eccetto un muro sul quale era scritto in grandi caratteri “VINCERE”…Posso immaginare che dietro le quinte, a Washington, ci furono molte discussioni sul ritorno di Silone in
Italia: perché ci tennero un mese in aspettativa a Ginevra? 289
Il matrimonio
 Ora Silone può finalmente sposare Darina, nel ’44 a Roma, dove si stabiliscono in un appartamento affittato in via di Villa Ricotti. Gabriella non viene dimenticata Fino al 1944 Silone non cessa di chiamarla “moglie”. 290
Darina e Ignazio Silone
Londra: Gennaio 1946
291
Silone
 Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente per il PSIUP in Abruzzo.  Nel 1947 fonda “Europa Socialista”, che dirige fino al 1949.  Nel 1951 anima l‘”Associazione Italiana per la Libertà della Cultura”.  Abbandonata l'attività
politica, nel 1956 fonda e dirige, con Nicola Il 22 Agosto 1978,
Chiaromonte, la rivista dopo una lunga serie
di malattie, muore in
“Tempo Presente”. una clinica a Ginevra.292
Un lungo impegno nella politica
 «Benché avessi chiaro che era impossibile tornare nel Partito Comunista e che era inutile rimanere nel Partito socialista, tuttavia mi rammarico d’aver perduto troppo tempo ancora. Un tempo che avrei potuto impiegare meglio, anche politicamente, dicendo quello che pensavo indipendentemente dal partito. Questo, sì, è un rammarico, cioè di non aver lasciato la politica militante nel ‘47». Dolore dunque di aver atteso troppo prima di prendere la doverosa decisione, ma anche di aver taciuto e qualche volta sottoscritto i misfatti del partito, come quando aveva abbandonato Tasca al suo destino o come quando aveva lasciato che Togliatti firmasse a nome suo la condanna dei tre eterodossi. 293
Una Chiesa più
grande
Darina Laracy Silone, 1945
 «E ricordati di questo: Dio non è
solo in Chiesa…». …Silone (come Simone Weil d’altro canto, al pensiero della quale si legò molto dopo che nel ’50 gli regalai Attente de Dieu) sarebbe stato un uomo “extra moenia”, fuori dalle mura, che non significa però ‘fuori dalla Chiesa’ ma ‘dentro una chiesa più grandè, quella delle coscienze, dell’autentica ed universale fraternità, il “Cristo più grande della Chiesa”….»
 (Darina, Lettera ai direttori di “Prospettiva Persona”)
294
Confiteor
 È possibile sintonizzare con il Silone maturo degli anni Cinquanta, attraverso un documento dal titolo “Confiteor” di quattro cartelle dattiloscritte, comprendente 43 domande e risposte, ritrovato dal nipote Romolo Tranquilli. Si tratta di un’autointervista, essenziale e densa, che ci presenta l’opinione di Silone sui temi che gli stanno più a cuore.
295
Gabriella
 Silone aggiornava Gabriella di tanto in tanto sulle difficoltà di ricominciare la vita a Roma in una città
che stenta a riprendersi dalla guerra, sporca, con una prostituzione dilagante («Anche per i non moralisti, il contegno delle donne romane, dalle ragazzine alle vecchie, è semplicemente disgustoso») e con la paura di uscire la sera. Non manca di aggiornarla sul suo lavoro e sulla complessa situazione politica, concludendo: “Ti abbraccio con immutato affetto. Tuo Sec. Tranquilli”.
 Vi sono testimonianze che accertano che Gabriella dal 1949 riprse a collaborare sia alle attività politiche che editoriali. 296
 In Vino e Pane Silone descrive il ritorno di Pietro a Perticara, mostrando come i sentimenti di attaccamento sui prevalgano risentimenti: «Era la sua contrada natia, la sua patria proibita. Il cuore gli batteva forte e malgrado il freddo notturno si sentiva inondare di sudore».
Contrada natia
297
Paesello
 Nel racconto Ai piedi di un mandorlo
Silone racconta le sue impressioni alla vista del paesello:
298
Nessuno mi aspetta
 «Cos’è la particolare tristezza che prova chiunque torni, dopo anni d’assenza, in una contrada ove già
visse a lungo, e sosti a osservarvi, non visto oppure non riconosciuto, l’ordinario svolgersi della vita? Sto cercando di capirlo mentre dall’alto di questa collina contemplo il mucchio di case grigie e nere del mio paese nativo… al paese nessuno mi aspetta. Di buon passo ho preso la scorciatoia tra le siepi di rovi e le vigne, ma nella salita, m’è venuto un pò d’affanno. Eh, non sono più un ragazzo. Nella memoria questo sentiero era meno erto e più lungo. Invece, appena sormontato il piccolo colle, ecco già di fronte a me il paese.
299
Ai piedi di un mandorlo?
 Esso c’è apparso all’improvviso, nella sua antica e oscura voragine. A quella vista, non so perché, m’è
mancato il respiro e ho rallentato il passo. Mi sono guardato attorno, ho cercato una pietra o una zolla su cui riposare. Non ho fretta, dato che nessuno mi attende. Adesso mi trovo ai piedi di un mandorlo, un po’ discosto dal sentiero. Appena alcuni passi più
sotto, dove la strada carrozzabile fa gomito, si alza la croce che i padri passionisti eressero molti anni or sono, al termine d’una loro predicazione di quaresima. Di qui posso osservare la parte più antica dell’abitato.
300
Mandorlo in fiore
301
La luce della sera
 È la prima ora della sera, l’Avemaria dev’essere suonata da poco. Una leggera nebbia violacea, formata dall’umidità e dal fumo dei camini, aleggia sulla fossa del fiume e dissimula, tra le case e le stalle, i vuoti lasciati, circa mezzo secolo fa, dal terremoto. Vedo una lunga fila di carri, di ritorno dalla campagna, risalire la strada accanto al fiume e smistarsi tra le case. Dalla chiesa escono alcune donne e bambini: sarà in corso qualche novena. Vedo un uomo fermo sulla porta dell’osteria, un po’ sbieco, con una spalla appoggiata allo stipite della porta. Non m’arriva però alcuna voce, non il minimo rumore, forse a causa del vento che soffia in senso contrario. È come se assistessi alla proiezione d’un vecchio film muto, un po’ logoro e con scarsa luce.
302
Il perimetro dell’adolescenza
 Di questo angusto luogo, in altri tempi, io conoscevo ogni vicolo, ogni casa ogni fontana e quali fanciulle, in quali ore, vi attingessero acqua: ogni porta, ogni finestra, e chi vi si affacciasse, in quali momenti. Per una quindicina d’anni questo fu il chiuso perimetro della mia adolescenza, il mondo noto e le sue barriere, lo scenario prefabbricato delle mie angosce segrete. Ma – adesso me ne rendo conto – il sentimento che poc’anzi m’ha fermato il passo non è
la comune ansietà degli emigrati, è il cruccio o sgomento di certi uomini anziani di fronte al fatale scorrere del tempo: bensì qualcos’altro. Cerco di capire. 303
Un mondo ormai estraneo
 Questa realtà che adesso mi sta di fronte, io l’ho portata per anni in me, parte integrante, anzi centrale di me stesso, ed io sentivo in essa, non certo al suo centro tuttavia, a mia volta, sua parte integrante. Invece ora che l’ho davanti, essa mi si rivela per quello che è, un mondo estraneo, che continua a vivere per conto suo, anche senza di me, nella maniera che gli è
propria, con naturalezza e indifferenza. Non diversamente, in altre parole, di quello che mi apparirebbe un formicaio. Così, penso, l’ulteriore svolgersi della vita umana sarà visto, dopo un certo numero di anni, da un morto, se gli è concesso di vedere. 304
 Seguendo questa riflessione, sento chiarirsi la confusa apprensione di poc’anzi in uno stato d’animo umile e desolato: quello dell’irrimediabile solitudine e precarietà
dell’esistenza individuale. Mi chiedo perché sono tornato e penso di ripartire subito. Ma un rumore di passi che si avvicinano mi trattiene. Una vecchia donna
È una vecchia donna, vestita
poveramente di nero, che
porta sulle spalle un pesante
fardello di rami secchi.
Cammina curva come una
bestia da soma.
305
Teofilo Patini
Bestie da soma,Olio su tela, 1886. L’Aquila
306
Una vicina di casa
 Uno spettacolo certo non nuovo dalle nostre parti, a mezza costa tra il piano e la montagna. Troppo attenta a dovere posare i piedi ella non si accorge di me, che la riconosco. Era una nostra vicina di casa. Un suo figlio, alle scuole elementari, era mio compagno di classe e di giuochi. Quali disgrazie possono averla ridotta in quelle condizioni? Suo marito, i suoi figli non vivono più. Mi alzo per raggiungerla. Forse accetterà di essere aiutata nel trasporto della legna».
307
Il paesaggio della memoria
 In La pena del ritorno Silone racconta di un precedente
ritorno al paese già all’età di 25 anni circa, in treno e senza
valigia:
«Durante il viaggio rimasi a lungo con la testa appoggiata
al finestrino. Attraverso i vetri vidi venirmi incontro il
paesaggio per tanti anni conservato nella memoria come
un presepio, i campielli sassosi, le montagne brulle oscure
disabitate; vidi apparire e sparire le stazioncine deserte,
porte e finestre sprangate, i muri cadenti, le macerie.
Nell’oscurità, dall’aspro odore, riconobbi l’origine
contadinesca degli uomini e delle donne pigiati assieme
nella carrozza, assieme ai loro fagotti valigie casse sacchi,
rimpinzati di acquisti fatti in città» (US).
308
Un uomo anziano?
 A chi lo incontrava a Roma, Silone poteva apparire un uomo appesantito dagli anni, ostinato, chiuso in un qualche suo misterioso dolore, un po’ rude. Non pochi hanno sottolineato l’espressione corrucciata, lo sguardo profondo e tal volta respingente entro un volto ovale, gli occhi spesso socchiusi a causa della miopia, il parlare pacato, con inflessioni dialettali, di tanto in tanto interrotto dall’affanno. Bisognava andare oltre lo scudo del silenzio per cogliere le sue migliori disposizioni: capacità d’illuminarsi nel sorriso, di mostrare la sua fragilità, di solidarizzare, di divertire con la sua carica di humor. 309
Silone
Silone a L’Aquila
 “La libertà ... è la possibilità di dubitare, la possibilità
di sbagliare, la possibilità
di cercare, di esperimentare, di dire di no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica”.
310
Un uomo di granito
 Si poteva avvertire una sensazione di disagio per il fatto di trovarsi di fronte – come scrive Claudio Casoli
‐ “un uomo di granito”, aduso a resistere al dolore. Anche la nipote Maria Moscardelli ne ricorda i «famosi silenzi in cui s’immergeva di tanto in tanto; ritengo che – conoscendo l’estremo pudore nel manifestare i sentimenti di cui sono capaci i migliori uomini abruzzesi e Silone in particolare – quei silenzi fossero il massimo di esternazione della terribile sofferenza per l’atroce morte del fratello oltre al dolore per i lutti ed i patimenti subiti nell’adolescenza». 311
 Queste le difficoltà
relazionali di Spina: «I rapporti con le altre persone non hanno la semplicità, la naturalezza, la schiettezza che io vorrei. Questa insoddisfazione mi spinge verso la solitudine e il mutismo. Non è
misantropia, è il contrario: un amore per gli uomini che resta insoddisfatto, un bisogno di amicizia che non riesce a trovare il suo oggetto».
Difficoltà relazionali
Silone a Fiuggi nel 1970
312
Senso del tragico
 Per Luce D’Eramo però: «Silone aveva un senso del tragico che da anni gli dava una sorta di pace anche nell’aspetto, quel gestire pacato, quel tono lento della voce bassissima. Per lui il pericolo maggiore degli uomini era quello di dimenticare il fine nella troppa cura dei mezzi per conseguirlo. Me lo scrisse in una lettera: “Propter vitam, vivendi perdere causam”. Ma se uno riusciva a non perdere la ragione di vivere, al fondo della spogliazione gli sbocciava infine anche la gioia. Lo si vede nei suoi libri. 313
 Per esempio Il seme sotto la neve. Forse è
la sua opera più
allegra perché è pure la più tragica… tra Pietro Spina e Infante, cioè tra un rivoluzionario fuorilegge e un sordomuto nascono le pagine più liete del libro. Pietro e Infante
Lingua dei segni italiana LIS
314
Amicizia tra emarginati
 I due fanno sodalizio con un gentiluomo bizzarro e con un asino giudizioso e vivono tutti assieme in una casa diroccata, dove col vento e con la pioggia entrano anche folate d’allegria» (LDE).
315
Il PSI  Silone riprende a occuparsi di politica, soprattutto con l’intento di combattere la fusione fra il PCd’I e il PSI. Non nasconde infatti le divergenze rispetto alla linea di Nenni e alla politica fusionista nei confronti del PCI. Nel primo congresso del PSI presenta una mozione, firmata insieme a Pertini, per riaffermare l’autonomia del PSI e ottiene la maggioranza. Nel 1946 viene eletto all’Assemblea Costituente per l’Abruzzo.  Quando nel 1947 c’è la scissione di palazzo Barberini e nasce il partito socialdemocratico, non segue gli scissionisti di Saragat che fondano il PSDI.
316
Silone, Giuseppe Saragat e Nicola Chiaromonte
317
La necessaria utopia
 Avventura di un povero cristiano: «Se l’utopia non si è
spenta, né in religione, né in politica, è perché essa risponde a un bisogno profondamente radicato nell’uomo. Vi è nella coscienza dell’uomo un’inquietudine che nessuna riforma e nessun benessere materiale potranno mai placare. La storia dell’utopia è perciò la storia di una sempre delusa speranza, ma di una speranza tenace. Nessuna critica razionale può sradicarla, ed è importante saperla riconoscere anche sotto connotati diversi» (APC).
318
Silone dirigente socialista nel dopoguerra
319
 La consacrazione di Silone in patria, ancorché
tardiva, giunge con il 1968, quando esce L'avventura di un povero cristiano, il suo ultimo libro pubblicato in vita. Vi si reinterpreta la vicenda di Celestino V, il papa del "gran rifiuto" dantesco. Silone aveva lavorato alacremente per oltre un anno, tra Sulmona, Avezzano, L'Aquila e Pescasseroli nonostante i problemi di salute (fu Il libro vince a Venezia il
ricoverato anche in ospedale).
Super Campiello
Successo
in italia
320
La vocazione
 «Di tutte le chiacchiere scritte sul cosiddetto “impegno” degli artisti che cosa rimane? Il solo “impegno” degno di rispetto è
quello che risponde a una vocazione personale…Considero
sciocco misurare la modernità di uno scrittore dagli espedienti tecnici di cui si serve. ..Con ripugnanza…giudico la moda per le descrizioni erotiche a cui si dedicano, assieme a molti mestieranti attirati dal cattivo gusto del pubblico, anche scrittori di talento. A mio avviso non c’è nulla di più
falso che giustificare la commercializzazione letteraria dell’erotismo in nome della libertà, pur essendo persuaso che essa non possa essere efficacemente combattuta dalla censura o da altri espedienti burocratici, ma dal disgusto che nasce da un senso serio e profondo della vita» (VP).
321
Una delle ultime immagini
322
Arte e vita
 Il corpo di Silone è stato cremato e sepolto a Pescina, come aveva desiderato: «Mi piacerebbe di essere sepolto così, ai piedi del vecchio campanile di San Berardo, a Pescina, con una croce di ferro appoggiata al muro e la vista del Fucino in lontananza».
 “Nella mia vita l’arte ha Ignazio Silone, Zurigo, 1942
avuto una funzione decisiva nel momento in cui avevo quasi perduto la voglia di continuare a 323
Campanile S. Berardo
324
Tomba di Silone a Pescina
325
Silone
 Il Museo trae origine dalla 
donazione di Darina al Comune, avvenuta il 1  Pescina, casa natale maggio 2000 e Silone
comprende, oltre all'archivio e alla biblioteca, mobili, oggetti personali, premi, cimeli, regali e riconoscimenti dello scrittore, per la maggior parte ora esposti Pescina, casa natale Silone
al pubblico.
326
Silone
Lo Studio di Silone
 Lo Studio contiene oggetti che ne facevano parte: archivio, biblioteca, quadri di G. Roualt e M. Hunziker, foto dei personaggi cari: Romolo, il conterraneo B. Croce, lo storico G. Salvemini, il filosofo e maestro Martin Buber, il giovane amico comunista, Lazar
Sciatzkin, morto suicida nella Russia stalinista, menzionato in Uscita di sicurezza, il Risorto di Piero Della Francesca. 327
Museo Silone
Il Museo trae origine dalla donazione di Darina Laracy, vedova di Silone, al Comune
di Pescina avvenuta il 1 maggio 2000 e comprende, oltre all'archivio e alla biblioteca,
mobili, oggetti personali, premi, cimeli, regali e riconoscimenti dello scrittore, per la
328
maggior parte ora esposti nel Museo.
Silone a G. Seidenfeld
 “Cara, la sola cosa che io voglio è avere la salute fisica e la salute mentale per andare fino in fondo al mio destino, per scrivere e raccontare. Proprio non ho nessun’altra ambizione e nient’altro mi tiene in vita. Fontamara non è che un primo capitolo. Vorrei avere molta calma. Vorrei sfuggire al destino del professionalismo… Vorrei sfuggire alla propaganda e all’agitazione, cose utili, ma c’è
tanta gente che le sa fare meglio di me.
329
 Vorrei dire due o tre cose, prima di morire, che nessun altro può dire e che il destino mi ha incaricato di dire. Due o tre cose che ogni operaio e ogni contadino e ogni comunista e ogni fascista debba pensarci su, che ogni uomo debba pensarci su».
Due o tre cose
330
Quali cose?
 Quali sono le due o tre cose che Silone continua a dire a quanti si accostano a lui?  Molto dipende dalla percezione selettiva di ciascun lettore. Proviamo, ciononostante, a individuarle:
 La legittimità di una trasgressione sociale e politica
sentita come scelta preferenziale del proprio modo di comunicare

La trasgressione non può essere semplicisticamente bollata come devianza, derisa, punita dalle istituzioni civili e religiose. Occorre comprenderne le motivazioni, i condizionamenti e gli obiettivi.
331
Quali cose? II
Il rispetto di ciascun essere umano secondo il percorso che segue nella vita, anche quando fosse tortuoso ed errato.
 La legittimità della lotta per il raggiungimento di fini ritenuti giusti.
 La fedeltà a quella che ciascuno percepisce come la propria strada, considerata come una vocazione, senza restringere questo termine a quelle classiche dei consacrati (religiosi, sacerdoti, suore).
 La convinzione che, sia pure per strade molto diverse, ciascuno abbia il dovere di spendere la propria vita, secondo modalità proprie, per il raggiungimento di una più giusta e solidale convivenza su questa terra.

332
La convinzione che un tale impegno contribuisca anche, volenti e nolenti, da qualunque parte politica ci si schieri, all’attuazione del Regno predicato dal Cristo.
 la deritualizzazione della religione, centrata sulla essenzialmente giustizia e sulla fratellanza
 la necessità di liberare l’intelligenza dai vincoli di una preoccupazione di ortodossia che funga da La laicità essenziale ad una gabbia del pensiero.
religione che non voglia ridursi ad “oppio dei popoli”

Quali cose? III
333
Quali cose? IV
 La rivendicazione di una fratellanza universale che oltrepassi le differenti posizioni gerarchiche e religiose
 La preferenza per gli ultimi
 La convinzione che anche attraverso e grazie al male commesso una persona possa conquistare la sua libertà
e la sua dignità.
 Un corretto spirito religioso è l’indispensabile alternativa al nichilismo della cultura postmoderna
 la percezione della religiosità del lavoro e dei suoi prodotti, espressi simbolicamente nel pano e nel vino, prodotti che evocano per eccellenza la fatica del lavoro e la sintonia con la natura.
334
Giustizia e solidarietà
 La religiosità
è
implicita in ogni rapporto interpersonale giusto, autentico e solidale, specie se orientato agli ultimi nella scala sociale.
335
 Il mistero divino della Quali cose? V
sofferenza e della sventura che assimilano, che ne sia cosciente o meno, ogni uomo al Cristo agonizzante e a Maria Desolata.
 la convinzione che dentro o fuori della Chiesa, Dio Padre offra a tutti la possibilità di ricevere la Madonna Addolorata che si Grazia, gratis data.
venera nella chiesa di San Domenico in Taranto
336
Cristo tra gli amici
 La convinzione di una misteriosa presenza del Cristo tra amici solidali e dediti ad un ideale comune. Cena di Gesù ad Emmaus con due discepoli. Dipinto di Caravaggio, 1601.
337