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Disegno in copertina e illustrazioni di
Maria Cristina Sidoni
© 2010 Lexis, Torino
[email protected]
isbn 978-88-904616-2
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Rosita Ferrato
Le Divine
Manuale per AMANTI,
seduttrici, cortigiane
e avventuriere
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sempre a te
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«Ogni amore è lecito quando si tratta di autentico amore».
(Oriana Fallaci, Penelope alla guerra)
Il mio mausoleo ormai è vuoto. Una luce verde si diffonde sulla volta della cupola dove un giorno io fui sepolta. Sono Rosa Vercellana, la Bella Rosina, l’amante
ufficiale di Vittorio Emanuele II, sono colei per la quale
il re percorreva cunicoli segreti la notte, facendo corse
furibonde. A me raccomandava, o almeno così dice la
leggenda, di non lavarmi. Il sovrano impazziva per me.
Vi parlo da un altro luogo, e vi parlo in un altro modo. Ero una popolana, anche se imparai quel minimo
di regole di corte che Vittorio e io detestavamo. In vita
non avrei saputo parlare in modo forbito, ma qui posso
tutto. E vedo quello che siete oggi.
Anche su di me non sapete più molto… Dite che fossi
molto bella. Non è così. Ero una seduttrice, una donna
di potere, forse solo più furba delle altre, e con molto
temperamento. Ero soprattutto un’amante. L’amante
del re. Sono morta da anni, ma ancora tutti mi conoscono. Sono fredda come il mausoleo a me dedicato, tanto
sono stata calda e vivace nella mia brillante esistenza.
Sono stata erotica, sfacciata, crassa e divertente accanto
al mio uomo, e ancora mi piace pensarlo.
È un’epoca, la vostra, di tanti falsi moralismi; quando
c’ero io era più semplice: le amanti godevano di diversa
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fama. Erano ufficiali nel loro ruolo, e rispettate, temute,
invidiate, desiderate. Ma anche allora dovevano essere
più astute delle altre donne, più calde delle altre donne,
più leggere delle altre donne, e quando dico «leggere»
indico una serie di componenti difficili da tenere in equilibrio. Penso alla cultura, all’intelligenza, all’arguzia, al
divertissement, a tutte quelle caratteristiche che facevano sì che l’uomo non si stufasse mai. Erano Divine.
I vostri tempi, amiche mie, sono duri – le amanti sono
crea­ture infelici che si battono il petto da mane a sera,
chiedendosi: perché non ha scelto me? Sono fantasmi di
donne che hanno perso il piacere per la vita, concentrate sull’amato e/o sulle strategie fallimentari per acchiapparsi un uomo qualunque. Ai miei tempi era diverso,
anche ai tempi delle mie nonne e bis bis bisnonne. Nel
Cinquecento c’erano le cortigiane: crea­ture affascinanti, quanto colte e raffinate e circondate dal potere. Vi
parlerò, più in là, di Veronica Franco, veneziana, la mia
preferita, una donna e poe­tessa che fece girare la testa
di nobili e dogi.
Io invece fui donna del popolo. Non per questo priva
di ingegno e di guizzante brio. In un’epoca di conventi
e spade, in una Torino noiosa e dai rigidi cerimoniali di
corte, sedussi quattordicenne il re Vittorio Emanuele II.
Ne divenni amante e moglie morganatica (ovvero, per
chi non lo sapesse, una non nobile che sposa un sovrano
o un nobile – esclusa però, lei e la sua prole, dalla successione dinastica), quindi alla fine mi «convertii» allo
stato di legittima consorte, quando tutte le mie voglie
e tutti i miei desideri furono soddisfatti. Amavo molto
il mio re (l’Amore è una componente importante della
vita di una donna, mie care), e alla fine lo sposai. Ma
non smisi mai, nella mia vita, di coltivare e celebrare
l’elemento più importante: la mia libertà. Di pensiero,
di giudizio, e chi lo sa, magari di frequentare altri uomi-
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incipit
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ni. (La libertà mia e la libertà sua: permisi anche a lui di
non pensarmi, a volte…)
La libertà è la condizione dell’amante, e deve essere
quella dell’amato. E partendo da questo concetto straordinario vorrei che senza ulteriori indugi entrassimo in
argomento. Non sarò vaga e senza spina dorsale (oggi
esistono donne così, soprattutto nel nostro bel bel Piemonte – si chiamano «Piere», vi ricordate?). Vi darò i
rudimenti, le istruzioni che mi hanno aiutato ad amare
la vita e il mio uomo senza diventare un pallido fantasma. Vi insegnerò a vivere bene la condizione di amanti, svelandovene i segreti e gli strumenti che mi hanno
sostenuta, per non perdermi nelle illusioni. Per essere
sempre ben presente: a me stessa, agli avvenimenti, alla
storia.
Bel periodo ho vissuto io: i vostri sono tempi di decadenza. E anche le donne, se mi posso permettere, hanno
perso tante delle loro armi. Vi guiderò in modo leggero
e preciso, vi parlerò di quella leggendaria crea­tura che
fu la Contessa di Castiglione, della Marchesa de Pompadour e di altre femmine eccellenti. Ma più di tutto, care
amiche, vi guiderò nel mentale, nello strumentario psichico dell’amante. Crea­tura forte, felice e indipendente.
Non è da tutti, bisogna avere qualcosa in più.
dissero di lei:
la Bella Rosina
Ecco come parlarono di me alcuni, solo alcuni. Ma
colsero bene la mia essenza, le mie doti di «donna pratica, discreta e tenace, duttile e determinata».
Uno scrittore, tale Roberto Gervaso, mi ha dedicato
addirittura un libro (La Bella Rosina. Amore e ragion di
stato in casa Savoia), e da quelle pagine vi leggo alcuni
passaggi: «Rosina era una donna comune, normale.
Come Vittorio. E questo fu il loro punto d’incontro e
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d’accordo. Al re piacque e ne fece la propria amante;
si sentì capito da lei, e la volle compagna. Ecco il segreto di un’unione durata trent’anni. Ecco perché lui
la sposò, sia pure morganaticamente. Due anime e
due corpi, che si ritr ovavano non solo nell’alcova, ma
anche davanti a una tavola imbandita, a un caminetto,
a un biliardo: ovunque».
«Baffuta e generosa» (Aldo Cazzullo).
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La cortigiana
«Il difficile non è raggiungere qualcosa, è liberarsi dalla condizione in
cui si è».
(Marguerite Duras, L’amante)
Apologia della cortigiana, ovvero
perché auspicare il ritorno di questa nobile figura
Prima di tutto, secondo il mio parere, cortigiana non significa puttana. Nell’era di puttanopoli e vallettopoli, si
rischia di fare confusione. Nell’Italia del berlusconismo,
in quella del cattolicesimo estremo e integralista, la valenza della cortigiana, la sua nobilità, non esistono più.
Nella mia epoca, io ero tra quelle. Eredità del passato:
un passato fatto, in alcuni casi, di raffinatezza, erudizione, charme, cultura e strategia. In altri, di passione o sentimenti palesati, non scandalosi, e senz’altro perlomeno
rispettabili e quasi sempre rispettati. Vi era anche l’abilità
nel guidare il proprio maschio, l’abilità nel condurlo a sé,
non solo con l’attrazione fisica di giovinezza e bellezza,
ma in un filo invisibile, fatto in alcuni casi di cultura, di
comprensione, di modi: il modo di raccontare, di comprendere, di affascinare.
Poe­tesse, cortigiane d’alto rango, amanti di sovrani:
tutte avevano in comune una passione. Qual è la differenza fra una servetta qualunque e una Virginia Oldoini,
nota come la Contessa di Castiglione, o la celeberrima
Madame Pompadour, amante ufficiale e fino alla morte
del re di Francia Luigi XV? O tra la celebre cortigiana
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del Cinquecento Veronica Franco e le puttane a poco
prezzo delle zone più malfamate della città?
Le prime si sciupano in fretta, le seconde sono amanti
raffinate, compagne e confidenti: le elette, le muse, quelle
di cui un uomo, anche il più potente, non si stanca mai.
Il sesso, certo, e l’attesa, l’abilità, il savoir faire, le doti
dell’avventuriera. Ma non solo.
Da parte mia, ho preparato un piccolo aiuto per chi
volesse, senza troppo sforzo, intraprendere questa difficile quanto piacevole arte.
ritratto:
Veronica Franco
Cortigiana veneziana (1546-1591), fu poe­tessa
e donna d’ingegno, provvista anche di doti politiche e ingegno penetrante. Intellettuale, cortigiana
d’alto rango, fece parte di uno dei circoli letterari
più famosi della sua città. Fronteggiò l’Inquisizione,
si impegnò attivamente nella vita di Venezia, proponendo addirittura la costruzione di una casa per
donne indigenti. Scrisse due volumi di poe­sia, pubblicò raccolte di lettere e riunì in un’antologia le
opere di scrittori famosi. Dopo il successo di questi
lavori fondò un’istituzione caritatevole a favore delle cortigiane e dei loro figli.
Alcuni suoi versi: «Così dolce e gustevole divento | quando mi trovo in letto, | da cui amata e gradita
mi sento, | che quel mio piacer vince ogni diletto…»
(poe­sia scritta da Veronica Franco al suo amato Marco Venier)
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la cortigiana
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Breve vademecum:
come diventare una perfetta cortigiana
La cultura. Studiate, pensate con la vostra testa, difendete le vostre idee. Nei tempi passati, come ad esempio
nella Venezia del Cinquecento della celebre Veronica
Franco, la cortigiana era più colta delle donne della sua
epoca. Anche oggi dovrebbe essere così: un’amante che
si rispetti deve essere colei che legge, che sa scrivere, sa
parlare, si sa comportare. Negli ambienti più diversi. Specialmente negli ambienti altolocati. Con uomini e donne
potenti, siano o meno raffinati. Lei sa cambiare registro,
tono, a seconda delle circostanze. Sa muoversi, sa parlare, e soprattutto conosce i contenuti dei discorsi, le citazioni, le allusioni. È in grado di tenere testa e consigliare
i propri amanti, avendo lei competenza in molte materie,
e approfondendo, per passione o per necessità, il campo
d’azione del proprio uomo.
Le idee. Mai essere asservite: con il vostro uomo, il campo
dove dovrete essere un «avversario» temibile e all’altezza
sarà lo scambio di idee. Voi avete le vostre, che difenderete fino alla morte. E se saranno in contrasto con alcune
delle sue, meglio ancora. Agli uomini piace il confronto:
soprattutto se sono persone di potere, non troveranno
uno yes man (anzi una yes woman), ma un competitore
di livello.
Testa sulle spalle. Ai miei tempi, come ai vostri, la cortigiana ha una vita molto ricca. Non sta a casa ad aspettare la lettera o la telefonata dell’amante, non lo mette al
centro della propria vita, non si macera pensando a cosa
manca alla sua vita o alla sua relazione. Si gode la relazione così com’è. Ma non se lo impone: lei è così, e forse
con tre bambini e un consorte alla fine scapperebbe via.
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Perché al centro della sua vita c’è lei. Non compensa con
la prole un vuoto affettivo, non pretende che un uomo
diventi la sua metà perfetta. Ha sviluppato quella tranquillità e un sano cinismo che le permettono di godersi la
vita per quella che è.
Il suo ostacolo sono i moralismi della società attuale.
La rispettabilità della donna maritata, la non liceità riconosciuta dell’amante. La sua immagine è quella della
donna frustrata, in attesa, desiderosa, in fondo in fondo,
di prendere il posto della moglie e rubargli il marito. È
anche così. Forse è così per il 90% delle amanti. Non per
le cortigiane.
I ruoli. La cortigiana non deve essere la consorte o la promessa sposa, e lei stessa se ne deve periodicamente ricordare, per non cadere nell’errore. Anche nel caso che ci sia
amore, e anche nel caso che tale sentimento sia ricambiato,
la nostra non deve perdere il contatto con la real­tà. Il cuore
del suo uomo spesso le appartiene, ma non agli occhi degli
altri; il suo ruolo è differente. È il piacere, è l’Altro, è una
sfaccettatura diversa. È un ruolo che l’uomo gioca in un
campo diverso rispetto alla legittima sposa. Una scoperta per alcuni, un’abitudine per altri. E se le personalità di
ognuno non sono sfere, ma prismi con tante facce, il rapporto con la cortigiana ne costituisce un aspetto, ma non
è il tutto. Grazie a lei, l’uomo saprà dare voce a un lato di
sé che magari diversamente sarebbe stato dimenticato, o
non si sarebbe sviluppato. L’essere umano, amiche mie, è
complesso: la cortigiana riesce anche a far emergere dei lati
del sé che diversamente si sarebbero forse atrofizzati.
La cortigiana inoltre non deve mai distrarsi, non può.
Diciamolo brutalmente: la moglie può distrarsi, l’amante non deve fare errori. Se ne fa, viene immediatamente
«beccata», e rischia di mandare tutto all’aria!
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Il pensiero. Mai comportarsi o pensare come una moglie.
Iniziare a preparargli la cena o il pranzo come una casalinga con le ciabbatte (le due b sono volute). La cortigiana
conosce il cibo di qualità eccellente, e può anche prepararlo (ma eccezionalmente). Non dovrà però pensare di
preparargli un pasto per farlo restare. Non dovrà cercare
di trasformarsi in moglie o mamma. È la sua amante.
A questo proposito, cito la scena di un film meraviglioso, Pane e tulipani, in cui il marito di Rosalba (la protagonista), dopo la fuga di costei a Venezia, rimane da solo
per mesi. Ha una casa da portare avanti, due figlioli a cui
fare da mangiare, e non riesce ad abituarsi alla routine da
uomo singolo. Lui ha un’amante leopardata e grassottella, ormai amica di anni, quasi parte della famiglia. «Mimmo, sono la tua amante, mica tua moglie!», risponde lei
indignata, rivestendosi dopo l’amore: lui le aveva appena
chiesto se per piacere poteva qualche volta dargli una stiratina alle camicie!
Leggerezza. È la parola d’ordine. Sia chiaro: nel modo di
prendere la vita, di approcciarsi all’altro e alla storia. Non
vivere in una bolla affettiva dove l’essere da voi amato (sia
uomo o donna) sia al centro. La vita è piena di uomini (o
di donne), il mondo è pieno di persone. Anche le coppie
più affiatate, fidanzate o sposate devono continuare a vedere altra gente, frequentare altre persone.
Che in due non si diventi un’isola, anche quando ci si
ama.
Il rapporto con gli altri uomini. (NB: parlerò di uomini per comodità, altrimenti diventa troppo complicato o
scandaloso!) La cortigiana non deve fare la moglie neanche dentro di sé, specialmente quando ha scelto di non
esserlo. Ha dalla sua la libertà di poter frequentare chi
vuole. Anche nel caso lo ami (e che lui ami lei) non ha
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né l’obbligo né il dovere di rimanergli fedele, di evitare
di farsi vedere in giro con altri uomini, di dimostrare fedeltà cieca a lui. Anzi. La sua libertà potrà preoccupare
l’amato.
E se lei amasse solo lui, vi chiederete? Attenzione: queste cose gli uomini le sentono, e a volte ne approfittano:
esseri primitivi, hanno fiuto da vendere, e basta poco perché si sentano dei padreterni. «L’amore per un uomo non
va bene nel mestiere di cortigiana», diceva la madre di
Veronica Franco alla figlia. «Sarai alla sua mercé». Usate
allora la vostra libertà per tenere saldo il vostro cuore,
per distrarvi e alleggerirvi la testa: ridimensionando l’io
dell’amato (in lui e dentro di voi).
Il gioco. Giocate molto con gli uomini, senza avere l’assillo di accasarvi. Ridete molto assieme a loro e, mi raccomando, non tediateli continuamente con recriminazioni
inutili: consorti e promesse spose sono già bravissime, in
questo!
Fascino. Amiche mie, qui andiamo sul difficile: in questi vostri tempi (di puttanaggine) sembrano contare solo giovinezza e bellezza. Il fascino, il mistero, il savoir
­faire paiono dimenticati. I vostri giornali femminili sono
terroristici: sono un attentato alla donna non sposata e
non più giovane, mentre donne con spirito e personalità
(anche se obiettivamente non bellissime o, diciamocelo,
decisamente bruttine) come Camilla Parker Bowles vengono impietosamente massacrate, anche quando dotate
di sense of humour, intelligenza e coraggio.
Ma che strane crea­ture queste giornaliste: hanno in
mano un’arma potente e la sprecano così. Sono infatti le
donne stesse, spesso, a spararsi addosso: sui vostri rotocalchi è frequente, negli articoli e nella titolazione, l’uso
da parte di chi scrive di espressioni come «tardona» o
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«gallina vecchia», e che si parli di attrici bellissime come
Michelle Pfeiffer o Sharon Stone non fa differenza.
Ma come: siamo dunque così impietose verso noi stesse? Quando riusciremo a difenderci e valorizzarci il più
possibile? Di questi tempi, pare che ad essere celebrata
sia solo la beltà, mentre è ignorata qualsiasi altra qualità
morale e di fascino riferita a una donna.
Ricordate: la cortigiana, conscia di questi atteggiamenti, si mette al riparo. Ha dalla sua una testa fine e un potere acquisito, spendibile quando l’età non è più verde. È
questo che la differenzia dalle puttane di strada. Arrivata
a una certa età potrà godere di una certa posizione, conquistata non solo grazie ai favori ricevuti, ma soprattutto
alla sua abilità nel vivere. Lo stesso deve valere per qualsiasi donna: guai a chi punti solo su giovinezza e bellezza
– sono doni, come disse Romy Schneider, che pur possedeva dose di entrambe in abbondanza, che prima o poi
bisogna restituire.
ritratto:
la Contessa di Castiglione
«Fui imperatrice per cinque minuti»: ecco, amiche mie,
la Contessa di Castiglione dopo un incontro ravvicina­
to (e intimo, ça va sans dire) con Napoleone III. Crea­
tura affascinante, la Contessa ebbe un ruolo politico
fondamentale nella definizione dell’alleanza francopiemontese: fu lei il fulcro della strategia di Cavour.
Avvenente ma capricciosa, irrequieta, sensuale ed
estremamente consapevole della propria bellezza,
(di cui però divenne schiava), morì in miseria e in soli­
tudine (anticipazione un po’ terroristica e non neces­
saria del futuro della nobildonna, ma monito a tutte
coloro che puntano solo su giovinezza e bellezza per
avere successo). Era lei quella che, a quanto si narra,
coprì tutti gli specchi con un panno pesante…
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Eccovi qualche altra informazione: implicata fin da
giovanissima in storie galanti, ambiziosa e intelligente,
Virginia Oldoini era cugina di Cavour. Questi, viste le
sue doti di intraprendenza e fascino, prima ne fece la
sua amante, dopodiché la inviò strategicamente nel
1855 in missione alla corte francese per perorare
presso Napoleone III l’alleanza franco-piemontese.
La missione riuscì: il sovrano ne fu folgorato, e la
Contessa ne divenne l’amante pressoché ufficiale,
suscitando invidie, grande scandalo e la furia dell’imperatrice Eugenia, cattolicissima, che arrivò al punto
di orchestrare un finto attentato pur di distrarre il
consorte dalla rivale italiana.
La Oldoini era non solo un po’ mignotta, ma anche grafomane. Teneva un diario su cui annotava tutti i suoi amori. Accanto ai nomi apparivano anche crocette, simboli
e sigle, e non sempre lusinghiere, sulle qualità amatorie
dei propri uomini. «PR», ad esempio, significava «Pour
Revanche», e apparve proprio accanto al nome del mio
Vittorio Emanuele: quando la storia con lui finì, fece sapere al sovrano di avere sostituito il suo ritratto con quello del suo cane. Questo anche, probabilmente, perché il
re la amò ma non la scelse: si dice che la Contessa avesse
un fondo di malinconia a lui non congeniale.
La Contessa di Castiglione fu pretenziosa, e volle esserlo fino alla tomba. Nelle sue ultime volontà chiese infatti
di essere sepolta alla Spezia, e senza funzione religiosa né
fiori. Senza informare i giornali e le autorità. Anche diretta all’aldilà, teneva a un certo gusto: «Voglio essere sepolta», disse, «con una camicia da notte leggera e preziosa,
quella che stava tutta nel pugno di una mano, quella che
avevo indossato la notte trascorsa con Napoleone III a
Compiègne». Qualche gioiello, la sua passione: al collo
una collana di perle e ai polsi due braccialetti che tanto
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aveva cari, sotto il capo il cuscino di velluto ricamato dal
figlio Giorgio quand’era bambino, e ai suoi piedi, nella
bara, i due cagnolini imbalsamati (povere bestie!).
Purtroppo, come vi ho anticipato, non fu previdente
e finì povera e sola. Prima divorziò dal marito, poi non
fece bene i conti con i propri amanti (primo fra tutti Vittorio Emanuele, che con lei fu poco generoso). Ma, soprattutto, la bella Virginia aveva le mani bucate: la sua
dispendiosità le rese la vita sempre più difficile, e quando
la bellezza iniziò a declinare, andò in pezzi. Negli ultimi
anni della sua vita si stabilì a Parigi, dove trasformò il suo
alloggio in un mausoleo del passato e dove morì in miseria nel 1899 senza ottenere, per il suo funerale, niente di
quanto aveva chiesto.
dissero di lei:
«Una donna vissuta nel piacere dell’amore. Passionale e superba, amante della libertà e sospinta da un’intensa ambizione mondana, con quella bellezza che la
rende famosa in Europa e oggetto del desiderio di
tanti uomini, così da goderne l’amore, passando da
una relazione all’altra» (Claudio Rendina, Cortigiani e
cardinali).
Comunque, care amiche, non vi voglio scoraggiare: la
bella Oldoini ebbe qualità in abbondanza, e per questo
l’ho annoverata tra le amanti esemplari. Se non intendete
spendere cifre folli dal gioielliere, né morire in miseria
(né cadere preda del vizio del gioco come la Bella Otero)
anche la Contessa si può rivelare grande fonte di ispirazione. Strategica, cinica, potente, la Oldoini fu una magnifica carogna. Bellissima e abile sotto le lenzuola, non
certo un esempio di virtù.
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la Divina è sempre in sella
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La carogna
«Io sono io, e me ne vanto. Non voglio niente dalle
altre e per le altre. Io valgo molto più di loro. Riconosco che posso non sembrare buona, dato il mio
carattere fiero, franco, libero, che mi fa essere talvolta
cruda e dura. C’è chi mi detesta, non mi importa.
Non ci tengo a piacere a tutti».
Questa era la Contessa di Castiglione.
Ricordatevi, signore mie, di non cadere nell’errore di
tante donne votate al martirio: in amore e nella vita, dolcezza e bontà non sempre premiano. Per essere contente di sé,
tante volte è necessaria la ferocia. Detto in modo conciso e
moderno: muoversi come un boss, per diventare un boss.
Vediamo dunque quali doti carognesche deve possedere una buona cortigiana.
Il cinismo. Un pizzico di sano cinismo non guasta. Ragazze troppo romantiche, sappiatelo: soccomberete! Non si
tratta di diventare insensibili o cattive, ma di saper sempre guardare in faccia la real­tà. Un occhio vigile sa capire
meglio cosa sta succedendo, un po’ di sano cinismo permette di elaborare delle strategie senza lasciarsi prendere
dallo sconforto.
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Il bluff. La cortigiana ambiziosa conosce l’arte di bluffare
per non perdere il controllo. Sa prendere le distanze dalla
situazione e da se stessa, o almeno questo è quello che
non rivela agli altri. Mostra poco, si sa controllare, non
offre agli altri spazio per scoprire le debolezze ed eventualmente attaccare.
L’amante strategica ha la freddezza maschile del giocatore di poker; non mette subito in piazza i propri sentimenti e le proprie mosse. Seduce gli uomini e va avanti
per la propria strada. Approfitta delle proprie armi di
maliarda per sedurre e conquistare terreno. E più avanza
più esercita potere, come una macchina da guerra o uno
schiacciasassi.
L’arte della guerra. La cortigiana non è un’ingenua. Possiede le armi adatte per non farsi ferire. È attenta pur nel
suo lasciarsi andare, è gentile ma non tollera le mancanze
di rispetto, è acuta osservatrice. Inoltre possiede un elmetto da guerra che la protegge (avete presente, quelli
con la punta, della prima guerra mondiale? quelli). Nel
caso serva, si mette in trincea e in prima linea. Non è più
una bambina, e per questo ha tutti gli strumenti adatti per
godersi la vita e non soffrire. Ha una corazza che estrae
in caso di necessità, sa difendersi, ma anche abbassare
la guardia quando si fida di chi ha di fronte. L’arte della
guerra non le è sconosciuta. Dispone di strategie in abbondanza per la propria vita: in sintesi, non si fa fregare.
La spregiudicatezza. La Contessa di Castiglione visse in
un periodo fondamentale per il destino del nostro paese.
Come vi ho raccontato, Cavour la mandò a Parigi per
sedurre Napoleone III e cambiare le sorti della storia.
Giovanissima, bellissima, scatenata, si realizzò non come
dama di corte, ma come donna del mondo politico. Cosa
vuol dire questo? Che a volte essere spregiudicate fa la
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nostra fortuna: osate, ragazze, ma prima soffermatevi su
queste pagine per imparare l’abc.
È utile, ad esempio, per delle menti giovani e sottili, ispirarsi a dei modelli. Leggete, mie care, e prendete
spunto dalle icone dei tempi andati, donne libere, donne avventurose. L’attrice Mae West, Lee Miller, la musa di Man Ray: nessuna di loro avrebbe raggiunto quei
traguardi se non avesse osato. È un caso che siano state
quasi tutte donne libere? Direi di no.
L’attrice americana Mae West, non bella ma dalle curve
generose e di intelligenza pronta, capì molto presto nella
vita che il sesso sarebbe stato la sua arma per conquistare il
mondo. Incarnò da giovane i desideri maschili, divenne in
vecchiaia un’icona dei gay e delle drag queen. La signora
amava giocare con il linguaggio del suo corpo formoso, ma
soprattutto con il linguaggio. Sembrava sempre pronta alla
battuta, ma era molto attenta nel preparare ogni sua frase.
Così iniziava uno dei suoi appunti, messi insieme per le sue
studiatissime battute fuori dal set:
«Cose che non farò mai: prendere l’uomo di un’altra
donna. Non intenzionalmente, voglio dire. […] Interpretare parti di madre, parti tristi o stupide, parti di
moglie virtuosa, tradita o roba del genere. Compatisco le donne deboli, buone o cattive che siano, ma
non mi piacciono. Una donna dovrebbe essere forte,
sia nella bontà che nella cattiveria».
Capito? Ecco un modo di osare. E tenete presente che
erano altri tempi: battute come queste erano per l’epoca
molto osé!
La cortigiana deve essere forte, di spirito e di fisico.
Forte, ma non aggressiva. È inutile e dannoso imitare
il maschio nella manifestazione dell’arroganza, perché,
come si legge nell’Arte della guerra del leggendario ge-
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nerale cinese Sun Tzu, l’aggressività è sempre distruttiva, anche per chi la esercita. E a questo proposito vi
dirò una cosa: a me piaceva parecchio accompagnare il
re nelle battute di caccia: ero un’amazzone infaticabile e
dall’ottima mira.
Sapete chi sceglierei come esempio di amante-guerriera tra le donne dei vostri tempi? La diva di Kill Bill di
Quentin Tarantino.
come la mantide religiosa, la Divina si cucina l’amato
e poi se lo mangia!
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La carnale
Ecco a voi, signore e signorine (e signori), una delle cortigiane più sensuali di tutti i tempi: la Bella Otero; la ballerina gitana che nacque con un nome piuttosto inadatto
al physique du rôle, Carolina (mi perdonino le Caroline
lettrici), ma che seppe diventare la Divina Otero. La cortigiana più celebre della Belle Epoque. La donna di cui
tutti conoscono il nome, ma di cui quasi nessuno conosce
la storia.
ritrattto:
la Bella Otero
La Bella Otero nasce povera, da una bellissima zingara spagnola, ed ha un’infanzia e un’adolescenza difficili, che la abituano a solcare i marosi della vita con un
certo spirito d’avventura. Da giovanissima impara ad
usare il corpo come strumento di potere. È un’animalessa, una tigre, un felino sinuoso. Il suo fascino
emana dalla sensualità del suo corpo. Muovendo i
fianchi, vede sprigionare la magia: in lei stessa, rapita
dall’estasi del movimento, e negli altri, attirati come
calamite. La Otero diventa un afrodisiaco potente.
Nessuno le insegna a danzare, semplicemente inizia
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a muoversi per esprimere la sua essenza, e gli uomini,
rapiti, le iniziano a cascare ai piedi e fra le braccia.
Tutto comincia così: è la Belle Epoque, epoca di grandi passioni e stordimenti. E la Bella Otero, di emozioni ne provoca, e ne riceve, a non finire. La nostra
Carolina ha fortuna, amanti, averi, ricchezze. Uomini
potenti ricevono l’onore di averla al loro fianco (e
nel loro letto): Alberto di Monaco, Alberto di Galles,
Edoardo VII, lo scià di Persia, il granduca Nicola di
Russia… Alcuni si rovinano per lei, altri addirittura
arrivano ad ammazzarsi.
Per chi fosse curiosa di sapere che fine fece, sappia
che la Otero fu affascinante fino a tarda età e morì
serenamente, a Nizza, nel 1965.
(Dimenticavo: pare che le cupole dell’Hotel Carlton
di Cannes, costruito nel 1912, vennero modellate
sulla forma dei suoi seni).
Donna dalla sessualità insaziabile, è sensuale e morbida,
ama il potere che il suo corpo emana; non è più bella
delle altre, ma la sua aura agisce sui sensi degli uomini
– e a volte delle donne: ne ha alcune come amanti (non
vi scandalizzate: ebbe più scelta!) – fino a portarli allo
stordimento e ad averli alla sua mercé. Tutto nella Bella
Otero richiama ai piaceri dell’amore: i seni, la figura, il
profumo, la voce. Tutto promette, dà lusinghe, piacere,
un richiamo all’altro. Tutto di lei è in perfetto equilibrio:
con naturalezza, questa encantadora strega chi le si avvicina, stordendo la preda in un insieme fatato.
E con la Otero come esempio, passiamo a un argomento che vi intrigherà. E interesserà finalmente anche i
signori lettori, che fino a ora avranno ascoltato distrattamente – «ma come, un libro sulle amanti che non parla
di sesso?», avranno segretamente protestato. Eccovi accontentati.
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Il sesso. Sperando (vivamente) che vi piaccia, care lettrici, perdonate la sfrontatezza, niente deve essere proibito.
Niente pruderie da verginella: se leggete queste pagine
siete delle donne fatte, e come tali dovete comportarvi.
Se lui vi piace tanto e avete un rapporto di rispetto reciproco, tutto è lecito. E se tante cose per le consorti sono
tabù (forse, se non lo fossero gli uomini non avrebbero
bisogno di una cortigiana), a voi niente dovrà scandalizzare. Non dovete provare di essere delle «brave ragazze»:
è ovvio, a questo punto, che non lo siete! Buttatevi e divertitevi un mondo.
Una raccomandazione importante: niente mamma nel
suo letto. Donne, che siate mogli, amiche, fidanzate o
concubine, nei rapporti con l’uomo siate delle amanti,
ribadisco, non delle mamme. Questo, la cortigiana lo sa
bene. E, a proposito, la Contessa di Castiglione, grande
amatrice e donna di potere, che (come abbiamo visto nelle pagine precedenti) influenzò la politica della sua epoca,
coniò questo motto: «Una donna non può mai capire se
un uomo l’ama veramente, se non gli si concede prima».
Che avesse ragione? Io dico di sì.
Dunque: il potere del vostro corpo è grande, sappiatelo riconoscere. Non dovete essere più belle delle altre,
dovete sentire ed emanare qualcosa di diverso. La Otero
stessa fu bella, ma non LA più bella. Da lei emanava una
sensualità quasi ferina, che sapeva trasmettere all’uomo,
che veniva sedotto e scelto, e irretito nella magia che la
celebre cortigiana naturalmente emanava.
«Pronunciate la parola SESSO a lettere maiuscole
quando parlate della Otero. Lei lo trasuda»: lo disse Maurice Chevalier, che di donne se ne intendeva. La Divina
Otero trasudava desiderio: lo trasmetteva e lo sollecitava.
Prometteva, con i gesti e lo sguardo, piaceri inauditi. E
noi dovremmo imitarla, chiederete? Difficile, se non si
possiedono naturali sentimenti di lussuria (ma c’è chi ne
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è provvista e chi li può scoprire dentro di sé a poco a poco). Per coloro, invece, nelle quali tali doti siano soltanto
latenti, o in attesa di essere scoperte, offrirò alcuni consigli. Si tratta delle basi per essere comunque un’amante di
livello. Se poi scoprirete in voi la sensualità della Otero,
tanto di guadagnato, ma da alcuni presupposti dovrete
comunque partire. Eccoli.
La cura di sé. La cura di sé riflette il proprio stato d’animo, amiche mie. Proprio perché «sempre in sella», una
Divina sarà sempre a posto, curata nella sua persona e
nella sua dimora. Una cortigiana lussuosa e sensuale come la Otero era sempre curatissima. Per noi, comune
mortali, valgono comunque alcune regole.
Bandita la sciatteria della quotidianità: niente maschere facciali, lamentele sulla cellulite (che la cortigiana non
dovrebbe avere), il mostrarsi con rolli spaziali fra i capelli o con vagabonde cuffie plasticate per nascondere la
mezz’ora di posa della tinta casalinga. Niente piedi non
lavati, peli lunghi sotto le ascelle, baffetti e nei pelosi.
Scomoderei perfino il grande Ovidio per mettervelo
bene in testa – lui raccomandava a uomini e donne di
essere assolutamente lindi e puliti: lingua pulita, denti
bianchi non cariati, niente scarpe troppo larghe. Bandite
le unghie sporche e, diceva sempre lui, che dalla narice
non spunti il pelo (e ciò valga per gli uomini e per le donne). Che il fiato non sia sgradevole al naso altrui. «Non
puzzare come un caprone». Capito?
E ancora: niente discorsi sul proprio analista, sulle
proprie depressioni e problematiche, sulle proprie sgradevolezze in genere. Niente rotture di balle: per quello
c’è già la legittima consorte (l’abbiamo già detto, ma repetita iuvant).
Niente quotidianità molesta: come da lui non si vogliono canottiera e pedalini da lavare, da lei l’eccessiva
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confidenza (che uccide la creanza) è vietata. Perché, lo
vogliate o no, la quotidianità uccide il mistero.
Il mistero. Che l’amato non pensi di avere l’esclusiva
(quindi in pugno) la propria amante. Il mistero, il tenere
sulla corda, tiene vivo il desiderio. Lei è dolce e amorevole, ma mantiene quel piccante distacco che rende la
relazione eccitante. Che la storia non diventi la replica
della quotidianità coniugale. La Bella Otero portò diversi
amanti al suicidio. Non dico di arrivare a questo punto,
ma tenere il vostro uomo un po’ sulla corda non gli farà
male…
La magia. Tutti noi abbiamo bisogno di magia. Diversamente la vita sarebbe prosaica, e alla lunga noiosa. La
magia la si cerca, la si crea, la si trova per se stessi e con
l’oggetto d’amore. La Otero la ricreava sulla scena: noi
tutte possiamo crearla nella vita.
Oggigiorno però è facile perderla, svelarla, annientarla in pochi istanti. Il nostro amante, amato, non è perfetto, come non lo siamo noi. Lui delude, fa un passo falso,
rivela troppo di sé, e pouf! La magia è andata. Conviene
allora guardare dietro le quinte, conoscere tutti gli ingredienti, le sue debolezze, i difetti? Forse no. A volte
non si sa cosa si trova: dietro uno spettacolo scintillante
si può celare un vecchio burattinaio, dietro un piatto di
cucina strepitoso degli ingredienti non proprio di prima
qualità.
E allora teniamoci la magia, non sveliamo troppo, e se
non è proprio necessario, non andiamo a scovare tanti
scheletri dietro le quinte. Per la magia è necessario un
po’ di mistero.
Lusso e raffinatezza. Per le signore che vogliano essere
un’amante stile Bella Otero, pochi siano i materiali prefe-
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riti. Spendere un po’ di più, a volte, significa avere un bene
che dura nel tempo. Pochi oggetti, ma pregiati. Che si privilegi la qualità sulla mediocrità, che non ci si accontenti.
Tanti prodotti oggi premiano la società dei consumi, «usa
e getta», ma non il vostro portafoglio e il vostro stile. Se
avete qualche soldo da parte, comprate beni di qualità: vi
dureranno una vita, e alla lunga avrete risparmiato.
Per le più spendaccione: lusso, classe. Circondatevi di
lino, cotone, seta, diamanti, perle, oro e argento. E se imitare la Divina Otero – la cui passione per i gioielli (e per
il gioco d’azzardo: tanto comprò quanto perse) riempì
e svuotò scrigni preziosi, nel negozio di Parigi a Place
Vendôme da Frédéric Boucheron – diventa troppo dispendioso, potete comunque vestirvi e ornarvi con semplicità e gusto. Prendete spunto dagli antichi romani, che
in quanto a luxus la sapevano lunga.
Le matrone, per esempio, si ricoprivano di gemme colorate e di oro, vivevano il lusso e ne godevano. Le classi
meno abbienti avevano gioielli in vetro, copie dagli originali, ma pur sempre splendenti. Oggi ci sono solo sciatteria o ostentazione. Per una donna, il lusso è anche solo
raffinatezza e cura di sé, nel mentale e nell’esteriore: è
tagliare il filo pendente, cucire il bottone mancante, lavarsi i capelli una volta in più, darsi lo smalto alle unghie
dei piedi e delle mani. A qualsiasi età, la cura di sé rende
gradevoli, più fresche, più giovani.
La bellezza. Argomento molto vasto e dibattuto. Che non
guasti, è ovvio: la donna bella gode di una corsia preferenziale, almeno in principio. Ma che non basti, si sa. Definire la bellezza è troppo difficile, ma non è detto che le
grandi seduttrici o donne di potere siano state bellissime,
a volte era vero il contrario.
Passatemi questa citazione: forse non c’entra, ma è
meravigliosa: «Siamo belli soltanto attraverso lo sguardo
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dell’altro. Di chi ti ama. Poi un giorno succede che non
puoi più dire all’altro che è bello, perché l’amore ha tagliato la corda e non sei più desiderabile» (Jean-Claude
Izzo, Solea).
La libertà. Signore, questo è il bene più grande per la
cortigiana, l’abbiamo già detto. Non legata da voti (né
ufficiali né ufficiosi) potrà approfittare, a suo piacimento, della sua libertà (anche sessuale). La fedeltà all’amato
non è richiesta. E per farvi capire questo, faccio parlare
la Divina Otero: «C’è un piacere che per una gitana è il
più forte e il più struggente di tutti: quello della libertà». E ancora, alle soglie di un matrimonio che non verrà
mai celebrato dirà: «Apprezzo troppo la mia libertà, per
aver voglia di perderla». «Chi mi conosce bene, sapeva
fin dall’inizio che non avrei lasciato la mia felice condizione nemmeno per sposare un re. Benché, essere regina,
in fondo in fondo…».
La paura… Ecco, care lettrici, un titolone a lettere
maiuscole. Questo perché sto per parlarvi di un elemento particolarmente importante. La Bella Otero, il nostro
esempio di cortigiana, imparò a lottare e a raccogliere le
sfide della vita da giovanissima. E non smise mai. Anche
voi, allora, non abbiate paura delle sfide che la vita riserva. Molte donne davanti a momenti importanti si ritraggono, si nascondono, diventano volutamente invisibili. Si
mimetizzano con la massa, non spiccano. E rimangono a
terra: si autoconfinano in un mondo piccolo, un mondo
antico, dove la donna cammina tre passi indietro rispetto
al suo uomo.
…e l’età che avanza. C’è poi la paura di rimanere sola,
di non avere un compagno per la vecchiaia, di ingrigire e
vedere sparire il proprio mondo. Ma giovinezza e bellez-
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za non sono le uniche armi della donna, e neanche della
cortigiana: a questo punto l’avrete capito.
La famiglia rassicura, il marito rassicura. Però: tanto
per cominciare, il consorte potrebbe sempre scappare,
(e quando meno ve lo aspettate), con la segretaria o con
la collega più giovane, e voi a questo punto vi sarete rovinate tutti i piani di assicurazione per il futuro, avendo
passato magari la vostra esistenza accanto a qualcuno che
non vi piaceva neanche granché. Secondo: ormai, amanti
navigate, siete abituate a stare sole. Ogni animale pensa
per sé: voi siete diventate, da soldato semplice, un generale di corpo d’armata, e avete acquisito tutte le armi
psicologiche per sopravvivere ovunque. Terzo: dopo tanti anni, capita che il vostro amato sia ormai il vostro migliore amico. Vivrete pure separati, ma solo fisicamente,
e sarà comunque una compagnia. Quattro: magari, come
me, il vostro «re» ve lo sarete alla fine sposato. Insomma
avrete, anche non più giovani, le stesse chances di tutte le
altre per vivere (o meno) felici.
Solo un errore non va fatto: continuare, quando il momento sarà passato, a sognare la gloria e gli spasimanti
della gioventù. Per questo è importante mettere i talenti
da parte. Lo diceva già Ovidio (sempre lui): accumulate
adesso tanta arte da spendere quando sarà necessario. La
Bella Otero, quando non fu più sicura della bellezza del
suo corpo, smise di danzare e sviluppò la sua voce, divenendo cantante d’opera. La Marchesa di Pompadour,
non più giovane, era ormai di fatto l’amica, l’amata e la
confidente del re, l’unica; e, non ultima cosa, la vera regina e governatrice della Francia. Io, Bella Rosina, sposai
il mio re, mio unico amore, per trent’anni corrisposto.
Morì male invece Marilyn Monroe, come pure la Contessa di Castiglione, schiave entrambe della bellezza e della
gioventù. Dell’attrice, la storia e la tragica fine sono note. Per Virginia Oldoini invece, ve l’ho raccontato, l’età
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che avanzava fu una tragedia: negli ultimi anni si stabilì
a Parigi, chiudendosi nel lutto per la propria bellezza in
disfacimento, rifiutando perfino proposte di nuovi e ricchi matrimoni.
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coltivate i talenti...
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ritratto:
Madame de Pompadour
Jeanne-Antoinette Poisson (Parigi, 29 dicembre 1721
- Versailles, 15 aprile 1764), ebbe un nome di battesimo invero disgraziato e che non l’aiutò a superare
indenne le malignità della corte: nacque Poisson, in
francese «pesce».
Quando il re la incontra è una borghese, madre di
una bambina, sposata con un uomo d’affari.
Si disse che fosse ambiziosa e che l’incontro con il
sovrano non fu casuale. Quello che è certo è che la
nostra possedeva intelligenza in abbondanza, talenti
artistici e una buona educazione. Un’istruzione moderna, indirizzata soprattutto a esaltare la sua creatività, insieme a spirito, intelligenza, arguzia: il re se ne
innamora fino a rompere il protocollo, donandole un
titolo nobiliare per farla restare a Versailles. È diventata Madame de Pompadour.
Dotata di ingegno, Madame capisce il carattere del re.
Intuisce e sfrutta a proprio vantaggio la tendenza di Luigi XV ad annoiarsi: dopo esserne diventata amica, confidente e amante, non solo chiuderà un occhio sulle scap-
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patelle di lui (soprattutto quando la relazione con lei si
sarà consolidata), ma organizzerà veri e propri spettacoli
teatrali, tenendone sempre viva l’attenzione. È una donna anticonvenzionale per la sua epoca, rompe il protocollo con gesti grandi e piccoli, e il suo ingresso a Versailles
rivoluziona la vita di corte.
Anche come confidente, la nostra ha un ruolo fondamentale. Il re non solo ne è follemente innamorato, ma la ascolta
e ne segue i suggerimenti, tanto che la Marchesa diventerà
presto la sua consigliera nella sfera politica, e questo creerà
forti contrasti a corte (infatti l’erede al trono la avverserà in
ogni modo). Dopo alcuni anni, sarà lei, in real­tà, a governare la Francia. Diranno che è il primo ministro, mentre il re
dirà di lei: «È la mia consigliera, la mia luce».
Mai gelosa, amò il re fino al suo ultimo giorno. Non
si perse mai d’animo (e questa è una virtù che non solo
dovrebbero possedere tutte le amanti, ma tutte le donne).
Addirittura, si dice che durante un incontro diplomatico
le portarono la notizia della morte di sua figlia: scacciate
le lacrime, alzò la testa e portò a termine l’importante impegno politico programmato per la giornata.
Dimostrò intelligenza e senso pratico anche nelle numerose «imboscate» dei cortigiani. Non si piegò mai, si
fece desiderare, espresse le sue idee. Fu donna di potere,
libera e colta, e il re fu travolto dalla sua voglia di vivere e
dal suo spirito indomito. A coloro che la criticavano, disse: «Sono amica del re, sono potente, mi ascolta». E Luigi XV ribatterà: «Solo la Marchesa sa essere mia amica».
Amiche aspiranti cortigiane, dopo la cura del corpo, ecco
quella dell’intelletto (vedo maschi che posano il libro: andate avanti, sciocchi, anche se non si parla più di sesso – è
interessante!)
La conversazione dell’amante deve essere infatti brillante, appropriata, intelligente. Lei sa parlare, ama anche
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ascoltare. E dato che i problemi e le rotture di balle che
lui deve affrontare negli altri momenti della giornata e
con la consorte (o le altre cortigiane) sono sufficienti, anche in questo lei non si deve sostituire ai ruoli ufficiali.
La conversazione. È la prima arma. La donna bella ma
sciocca incanta per le sue grazie esteriori, ma non seduce
l’intelletto. La parte culturale decreta la durata di un rapporto, guarnisce e delizia la vita delle persone, penetra
negli animi.
La Marchesa di Pompadour, così come la Contessa di
Castiglione, fu amante di uomini di potere e riuscì ad avere
un ruolo importante nei loro cuori anche per la capacità di
controbattere. Oggi i tempi sono diversi, richiedono abilità differenti, ma la sostanza è la stessa: la donna potente
partecipa e agisce, non si lascia scivolare le cose; rende note e difende le sue idee. La risposta ai quesiti deve essere
quindi arguta e, trattandosi per esempio di re, una donna
di potere deve essere in grado persino di influenzare il corso della politica.
La cortigiana/donna di potere può esercitare inizialmente un’attrazione sensuale, ma mantiene il bastone del
comando grazie alla sua abilità. Anche oratoria. Pensate
a uno dei più famosi romanzi della tradizione orientale,
Le mille e una notte. Qui un crudele sovrano persiano,
Shahriyar, tradito da una delle sue mogli, se la prende
con l’intero genere femminile. Decide infatti di uccidere
tutte le sue spose al termine della prima notte di nozze (ovviamente dopo avere consumato!). Ragazze avvenenti, ma leggere di testa, sappiate che non vi salvereste
dalla furia del sultano, a meno che non siate astute come
volpi, ovvero come Sherazade. Solo questa bella giovane
si salva, perché tiene il re sulla corda con intelligenza:
ogni notte gli racconta una storia, rimandando il finale al
giorno dopo. Il re ascolta, notte dopo notte, e stordito da
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tutte quelle parole, alla fine si innamora di lei e le rende
salva la vita.
La nostra Pompadour possedeva, tra le doti, anche
l’arte di conversare. Dissero che il re, prima di allora, non
fosse mai stato in grado di parlare realmente a una donna
o di ridere con lei; ma si dice che la Marchesa potesse
dissertare su qualsiasi argomento, e sentire la sua voce
fosse un piacere.
E qui aprirei una piacevole parentesi. Le amanti, le Sirene di Ulisse. Divertiamoci a sentirle…
La voce. Evoca le sirene di Ulisse, richiama paradisi perduti. Una bella donna con una voce sgradevole perde
immediatamente di carisma, mentre una voce può evocare l’erotismo, «ma in modo spesso più subliminale che
esplicito» (Robert Greene, L’arte della seduzione). Chiamiamo in causa Cleopatra, che dicevano avesse voce dolce, come pare avessero un modo particolare di parlare,
leggermente roco e scuro o tintinnante e caldo, tutte le
grandi amanti di ogni tempo. Si narra per esempio che
quasi tutti quelli che incontravano la regina egiziana fossero colpiti dalla sua voce, dotata di capacità ipnotiche;
che l’imperatrice Giuseppina, moglie di Napoleone, una
delle grandi seduttrici dell’epoca, avesse anche una voce
languida che gli uomini trovavano esotica ed evocava le
sue origini creole. Marilyn Monroe era invece nata con la
sua voce infantile, ma presto imparò a renderla più roca
per farla autenticamente seducente. Dissero che il suo fascino derivasse anche dalla lentezza e dalla suggestione
con cui formulava le parole.
L’amante può essere allora una sorta di sirena, che «non
parla mai rapidamente o in modo aggressivo, né con voce
stridula. Invece, la sua è calma e pacata – come se lei non
fosse mai del tutto sveglia – o non avesse lasciato il letto»
(è sempre Robert Greene a parlare).
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Vi è piaciuta questa digressione? Sono sfumature: la
voce conta, ma più importante sono il carattere, le affinità, la solidità. Andiamo avanti. Anzi, dimenticavo: ma
voi direte: se ho una voce stridula, non ho speranze? Ma
certo che sì, amica mia. La voce va allenata: le grandi seduttrici si guardavano allo specchio per allenare il volto
(la Dietrich all’alterigia e a quel glaciale distacco che la
resero celebre), le movenze, e Marylin, come avete letto,
la voce. Quindi, dateci dentro!
L’orgoglio. L’amante (attenzione, perché da qui in avanti
non c’è da scherzare) tiene la testa alta. Non piagnucola,
non si lascia prendere dallo sconforto, non pensa agli altri o al proprio uomo come a spalle su cui piangere, né a
porti sicuri dove approdare. I suoi problemi se li risolve
da sola, con dignità e sicurezza. Niente e nessuno può
risolvere i suoi guai, se non se stessa: ha tutte le armi,
intellettuali e fisiche per prendere le decisioni giuste.
È sempre in sella. La sua testa è salda, sempre sul collo. Non si rabbuia, né si scoraggia alla prima avversità.
Di Madame de Pompadour – ricordo – si diceva che i
suoi modi fossero invariabilmente spensierati, e che mai
si mostrava risentita o sulla difensiva.
La cortigiana è donna di potere, ed è pragmatica: non
deve prendere le parole di lui con troppa serietà, offendersi o disperarsi se lui accenna alla sua situazione «ufficiale»: la regina regnante e l’erede al trono (ai vostri tempi, la famiglia) esistono e vanno rispettati.
La cortigiana, donna di potere, è sicura delle proprie
capacità. Sa che è tosta, in gamba, capace di cavarsela da
sola, anche nelle situazioni peggiori. E lo fa con intelligenza e senza aspettare nessuno. Guarda in faccia la real­
tà, non si lascia trasportare da dannose romanticherie. È
lucida pur amando, perché non si racconta frottole: ha
bene in mente cosa si può o non si può fare.
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È strategica. Fa il suo gioco, pur tenendo ben presente
le mosse dell’altro. È all’attacco in alcuni casi, sulla difensiva in altri. La sua vita è una partita a scacchi: delicata,
interessante, appassionante, in qualche modo anche calcolata. Non è in balia dei sentimenti: pur provandone,
riesce a mantenere quel sano distacco che la rende lucida
nel condurre il proprio gioco. Né bambola né burattino,
non è mai manovrata. È lei che conduce le mosse della
sua vita. Né in difesa né passiva: con intelligenza conduce
il proprio destino.
La pazienza è una virtù sottile e importante. L’amante
sa che la vita cambia, le situazioni mutano, e che una posizione sfavorevole oggi può trasformarsi in un successo
domani. Non è avventata: è riflessiva e cauta nel formulare giudizi. Non sempre 2+2 è uguale a 4, anzi. La vita è
più complicata, e anche più interessante.
La scenata isterica. Mai! La cortigiana è dignitosa, è fiera,
conscia del suo potere. In caso di mancanza di rispetto,
fa un passo indietro, con dignità. Parla al proprio uomo a
riguardo di quello che l’ha turbata, ma molto raramente
per esprimere biasimo. Meglio lasciare intendere: lei farà
in modo di farsi capire, ma senza lamentele o rivendicazioni sindacali.
Ottimismo. La donna di potere è sempre positiva: le
grandi dello scorso secolo (il mio) e del vostro, furono
donne ottimiste, forti, potenti. La Bella Otero era allegra e indomita; di Mae West, l’attrice, si diceva che mai
permise a un pensiero negativo di sfiorarla. Di me, Rosa
Vercellana, si è detto, e alcuni lo raccontarono, che sempre riuscii a essere padrona del mio destino, e quando il
balzo vertiginoso da figlia di un sottufficiale in pensione ad amante dell’erede al trono divenne real­tà, mentre
un’altra si sarebbe montata la testa, o l’avrebbe perduta,
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io stetti al gioco. Che fosse qualcosa di più di un gioco, lo
sapevo, diranno, e lo seppi abilmente dirigere.
dissero di lei:
«L’istintiva, intraprendente Rosina non sbagliò mai
una mossa, e Vittorio fu felice di abboccare al suo
amo. Se tanto spesso e volentieri la cornificò, fu solo
per esuberanza ormonale. Gli piacevano tutte, ma
amava lei sola. Imparò le buone maniere e non le
dimenticò più, restando però sempre se stessa» (Roberto Gervaso).
Il gesto. L’uomo deve sentirsi amato e speciale, amiche.
La cortigiana è una seduttrice, e con il gesto, anche con
il gesto fisico, porta l’uomo dove vuole. L’appoggiare il
capo di lui sulle sue ginocchia nel momento delle confidenze, il calore di una carezza o di una mano che si posa dolcemente sull’altra. È come fare indossare a lui un
manto di calore. Che lo affascina, lo avvolge di benessere,
portandolo, oppure no, verso l’atto d’amore.
La cortigiana deve essere brava a capire il momento
adatto: quello in cui lui ha bisogno di carezze, di parlare
con una certa schiettezza (magari è nervoso), di stare in
silenzio o di amarvi.
Debolezza e salute. La seduttrice non si deve ammalare.
Ma come, direte voi? Come si fa? Dirò di più: non deve
neanche mostrarsi debole, triste, nervosa o preoccupata.
E perché? Perché l’uomo è nove volte su dieci incapace
di prendersi cura di lei. È una regola che vale per quasi
tutte le donne (senza esagerare): l’uomo, se non è psicologicamente evoluto nel ruolo genitoriale (e non sempre
avviene, ma questo vale sia per gli uomini sia per le donne), non è in grado di prendersi cura di un altro essere
umano. È sì incline a farsi curare e consolare, ma non
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sempre è vero il contrario. E se, in generale, la donna è
un appoggio (trovare un uomo realmente forte: raro), nel
caso della seduttrice è ancora più vero.
Vita sociale e giudizio altrui. L’amante coltiva la sua vita
sociale. Per affetto o per convenienza, cura i suoi rapporti con il mondo. In generale, sappiate che l’esistenza delle
persone ha tre componenti fondamentali: la vita privata,
il lavoro e amicizie. L’amante non ne trascura alcuna parte, anzi le cura con attenzione. E non commette gli errori
di tante: non è quella che se si sposa o si fidanza sparisce
dal mondo, non è tra quelle che pensano di poter riuscire
anche isolandosi dal proprio contesto sociale. Lei esplora
sempre e continuamente anche le persone, gli ambienti,
cura rapporti e relazioni. È una buona diplomatica, capace di tenere in equilibrio le situazioni più complesse. La
mancanza di un coniuge «ufficiale», infatti, la spingerà a
coltivare maggiormente le sue relazioni sociali, i suoi affetti, le sue amicizie. La sua vita metterà così in equilibrio
l’aspetto affettivo e relazionale, non creandole dei vuoti.
La cortigiana, vi confesso (e così è stato anche per me),
non sempre è ben vista. Le altre hanno paura del suo potere, soprattutto le donne annientate dalla vita temono le
loro rivali più libere.
La Marchesa di Pompadour, ovvero Madame Poisson,
fu oggetto a corte delle angherie più umilianti. Si narra
di dispetti e rappresaglie da parte dei cortigiani. Solo per
citare un episodio: pare che un giorno i suoi appartamenti furono coperti da pesce puzzolente, simbolo delle sue
origini borghesi e dell’avversione che alcuni nobili mostravano nei suoi confronti. Se avete una marcia in più
avrete degli avversari. Signore: pazienza, saprete come
farvi fronte.
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Eccomi di nuovo a voi. Sono l’esempio che meglio conosco e che preferisco. Usai la testa, ma fui anche molto
me stessa. Il re mi preferì alle altre certo perché non
commisi mai errori, ma anche perché eravamo anime
gemelle. Se usai strategie? Chi può dirlo? Se avevo le
caratteristiche giuste per il mio uomo? Sicuro. Ci assomigliavamo. Avevamo gli stessi gusti. Eravamo entrambi
ghiotti di bagna caoda, di lumache, di pollo con cipolle, di tajarin con tartufi, tutti piatti che cucinavo io con
grande piacere. Dicono che lo presi anche per la gola, e
alla fine me ne assicurai il cuore, e anche la riconoscenza. È vero, lo conquistai però anche con la mia voglia
di vivere e con la spontaneità. Io ero donna del popolo,
con il mio re mi capivo alla perfezione. Mangiavamo,
facevamo l’amore, correvamo in modo sfrenato, facevamo i pisolini il pomeriggio… eravamo noi stessi, ci
piaceva così.
La seduzione secondo me non si insegna, ma si può
esprimere con la gioia di vivere. Dall’anima alla carne,
citiamo il più grande seduttore di tutti i tempi: Giacomo Casanova. Lui era seduttore perché sedotto, amatore
perché amava: possiamo più semplicemente affermare
che il desiderio è contagioso. Il seduttore seduce quando
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davvero l’altro gli piace. La spontaneità di Casanova era
la sua carta vincente. Amava le donne e l’amore.
Il seduttore vive, osa, si esprime. E tutto diventa più
facile: avendo imparato ad abbassare le difese, arginare
le proprie paure e aprirsi verso la vita, tutto gli diventa
possibile, godibile e gioioso. La bellezza è espressione di
voglia di vivere. La luce e l’intensità dello sguardo, le movenze libere e spensierate, affascinano e incantano più di
mille artifizi. La naturalezza della danza della Bella Otero,
i movimenti particolari caratteristici di alcuni personaggi
(perfino il mio essere crassa e sfrenata), sono movimenti
spontanei, non studiati. Ognuno di noi troverà i propri.
Se è vero che seducenti si nasce (ma esprimendosi lo si
diventa), vi suggerirò qualche accorgimento per essere
prima di tutto voi stesse, e poi anche più belle, prima di
tutto ai vostri occhi.
La voglia di vivere si rivela nella Divina in tutto ciò che
fa. In come mangia, come si abbiglia, come fa l’amore. La
costrizione, la repressione, il chiudersi in un ruolo stereo­
tipato non le appartengono. Qui non si parla di strategie preconfezionate per costringere gli altri dalla propria
parte, si parla di trascinare le persone nel nostro mondo,
fatto di pienezza. A me, Rosina, il gusto per la vita non
mancò mai, e con questo sedussi il mio re.
La cucina. Se non vi piace cucinare, peccato. È un modo
come un altro per esprimere con estro la propria crea­
tività. È come dipingere, scrivere, correre, saltare. Libri e
film famosi rendono erotica l’arte culinaria, e veicolano,
tramite il cibo, il gesto d’amore. In tante trame la magia,
l’amore e il cibo si intrecciano. Nella pellicola Come l’acqua per il cioccolato, le lacrime di Tita, la protagonista,
avvelenano gli invitati al pranzo di nozze della sorella che
si sposa con l’amato, l’erotismo espresso in una ricetta
ai petali di rosa spinge tutti verso il fuoco avvampante
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dell’amore. In Chocolat, film tratto dal libro di Joanne
Harris, ogni specialità appaga un personale desiderio,
ogni cioccolatino fa nascere un appetito nascosto, svela
i segreti di ogni intimità, fa esprimere tramite i sensi le
bramosie più recondite.
Un ruolo importante ha il cibo anche nell’opera di Isabel Allende, nei libri di Andrea Camilleri, di Jean-Claude
Izzo, dove i protagonisti sono maschi, ma non per questo
immuni da tale richiamo.
Anche se non siete cuoche appassionate, regalatevi di
tanto in tanto un giro nei mercati: a Torino ne abbiamo uno
fantastico, Porta Palazzo. Girate tra i banchi, assaporate gli
odori, i colori, le forme, le voci delle persone, i volti. Sarà
un’esperienza sensuale ed interessante. Nutrite la vostra
cucina e voi stesse con prodotti di qualità, e che in casa mai
si senta il richiamo triste della povertà di spirito.
Il vestiario. Epoca di suore laiche, la vostra. O di puttane. L’esibito o il nascosto. Il vedo e non vedo invece si è
dimenticato: quell’arte del promettere, lasciando un velo
di mistero. Oggi le vostre donne sono troppo mascolinizzate o troppo in vetrina. Su tutti i giornali, alle televisioni,
persino sui muri, campeggiano donne svestite. Come potrà l’uomo mantenere vivi i propri desideri con tanta carne esposta? Provate a pensare all’opposto: il burqa degli
afgani. Ricopre la donna dalla testa ai piedi, è repressivo,
umiliante, eppure provate a mostrare solo una mano, un
piede con l’unghia smaltata o addirittura una caviglia, e
quelle parti da noi considerate accessorie diventeranno
irresistibilmente desiderabili.
«Mai completamente nuda», raccomandava Coco
Chanel: «Surtout, mesdames, ne vous ôtez jamais les bas
et les chaussures».
«L’eccitazione maschile è visiva», sottolinea Giulio Cesare Giacobbe nel suo libro Bella, ricca e stronza. «Mostra-
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gli le tue nudità. Ma col contagocce. Dunque, mezzo seno
qua, una mezza coscia là, un mezzo ventre su, un mezzo sedere giù. […] Le nostre nonne e persino le nostre mamme
erano più seduttive. […] L’uomo gode di più dell’immaginato che del reale, del promesso che del dato. Per questo
motivo un uomo si eccita molto di più davanti a una donna
discinta che a una donna nuda». Insomma: seducenti non
significa svestite, come cortigiana non significa puttana.
L’armadio. Il modo di fare è più importante, ma anche
l’abbigliamento ha un suo peso. Niente mutande bucate, tute da ginnastica da fare paura, capelli sporchi, frigo
vuoto con roba scaduta, barattoli di pelati dimenticati da
mesi. La seduttrice incarna la freschezza: con la voglia di
giocare, per interpretarsi al meglio. Dare libertà agli stili
e ai colori, alternare sneakers a un tacco 12, una cravatta
a una blusa di voile, aprendo spazi all’immaginazione e
stuzzicando chi ci guarda, specie se il tutto è accompagnato da un sorriso accattivante.
L’intimo. A me, Bela Rosin, il sovrano suggeriva di non
lavarsi: io suggerirei il contrario.
Da qua, dal mio personalissimo inferno dove mi trovo,
vedo molte donne con i cassetti pieni di biancheria intima
di rara delicatezza. Al giorno d’oggi noto che il gusto per
il vestiario raffinato non si è perso, e me ne compiaccio.
Quel che mi lascia perplessa è invece l’atteggiamento che
tali femmine hanno verso questi capi. Li conservano per
occasioni speciali: incontri, anniversari, appuntamenti, rischiando di tenerli fermi per anni, quando nel frattempo
le nostre ragazze saranno aumentate di una taglia o più,
e diventate «cariche d’anni e di castità», come cantava il
buon De Andrè in Valzer per un amore.
La bella biancheria va indossata. Ogni giorno, tutti i
giorni. Primo, perché non si sa mai. Secondo, perché la
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vita passa e va vissuta con grande piacere. Terzo, perché
voi vi sentirete più seducenti e sexy sapendo di avere sotto i jeans e il camicione largo (se proprio dovete stare
comode), delle splendide culotte in pizzo. Vi muoverete
diversamente, accarezzerete il tessuto con grazia, e state pur certe, che qualcosa all’esterno, un certo je ne sais
quoi, trasparirà.
In alternativa, le mutande, non mettetevele… non lo
dico io, non mi permetterei mai. Ma l’hanno fatto, anche
solo in senso metaforico, delle grandi seduttrici. Sentite
un po’ questo scrittore dei vostri tempi cosa si sbilancia a
dire, proprio sulla seduzione e sugli indumenti intimi:
«La seduttività femminile, che è un dono naturale, può
essere recuperata come piacere, come gioco, come
plusvalore di sé. Persino come dono all’uomo. Ma anche come arma. Se vuoi diventare bella devi diventare
seduttiva! Devi diventare una seduttrice! Devi dire a
te stessa: Io sono una seduttrice! Io sono la reincarnazione di Cleopatra, di Poppea, di Caterina de’ Medici,
della Pompadour, di Mata Hari, di Marlene Dietrich, di
Juliette Greco, di Marylin Monroe! Io sono Greta Garbo e Rita Hayworth! Io sono Sharon Stone in Basic
Instinct! Che ha fatto impazzire gli uomini non perché
era bella ma perché era senza mutande! Come ha
fatto Cenerentola! Perché questa è la verità che non
viene detta alle bambine per non scandalizzarle. Cenerentola non era bella: era senza mutande!» (Giulio
Cesare Giacobbe, Bella, ricca e stronza).
La casa. Avete presente la, anzi le case del film Chéri con
Michelle Pfeiffer? Lo stile è art nouveau, l’eleganza trasuda. Bene: se avete tanti danari da potervelo permettere e
vi piace, copiatelo. Se non avete denaro a sufficienza, non
disperate: a prescindere dalle mode, la filosofia di fondo
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è rendere un’abitazione accogliente, e questo è alla portata di tutte le tasche. Togliete la polvere da sotto i divani, tirate a lucido i pavimenti, rendete la vostra magione
un comodo rifugio d’inverno e un fresco riparo d’estate.
Le nostre nonne lo sapevano fare bene, avevano accorgimenti semplici ma efficacissimi: togliere i tappeti quando
è caldo, evitare l’effetto «nido», eliminando da scaffali e
ripiani ninnoli e ciapapuer (piemontese per «oggetto da
spolverare»). Che le case siano sgombre, che nelle ore
calde si chiudano le imposte per non fare entrare la canicola, che le tende siano leggere come veli. Cuscini e un
plaid sul divano, rideaux più importanti e spessi per proteggere dagli spifferi: che le case d’inverno siano comodi
rifugi – se avete il camino, accendetelo. Se avete una pelle
d’orso, meglio ancora… (!)
E poi: tenete in ordine. Per il potenziale maschio che vi
porterete, ma soprattutto per voi stesse e per il vostro spirito. Avere un’abitazione confortevole, comoda e ordinata, predispone alla crea­tività, alla seduzione, al successo.
Tenere bene una casa organizza anche i vostri pensieri,
in una specie di «ecologia interiore», che a una donna
destinata a grandi cose non potrà mancare.
Che poi la Bella Otero avesse passato la vita in tante
camere d’albergo e negli appartamenti comprati per lei
da molti uomini ricchi e celebri, questo è un altro discorso. Che siano camere di hotel di lusso, case di ricchi uomini d’affari o il vostro (lussuoso?) appartamento, queste
sono le regole base per ogni donna. E per l’amante di
classe, in particolare.
La cura dell’influenza. La seduzione passa anche attraverso l’affettuosità. E per capire questo, voglio raccontare ciò che la madre, cortigiana a sua volta, di Veronica
Franco disse un giorno alla figlia: «Per fare questo mestiere, prima di tutto devi imparare a capire gli uomini. Che
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siano giovani o vecchi, ricchi o poveri, cercano tutti un
tipo di donna: la seduttrice … pronta però a trasformarsi
in un’amorevole donna quando arrivano stanchi a casa,
dopo una lunga giornata di lavoro». L’amante non perde
il suo fascino diventando, se è il caso, casalinga e/o infermiera. Anche le cure a un uomo malato, attraverso l’affettuosità, possono rivelare la seduzione nei confronti del
compagno. (La seduzione ha diversi registri: uno di questi
è il calore: dei gesti, dei modi). A lui indisposto non mancheranno quindi da parte della sua donna tempo, affetto e
comfort materiali. Lei sarà il piumino più soffice, il fuoco
più caldo, la minestra più bollente, il piatto più adatto,
nutriente e sano, il giaccone più avvolgente. Il rimedio più
appropriato. La carezza che guarisce ogni male. Il giornale nuovo e la partita della squadra del cuore…
Sense of humour. La seduttrice ride molto. Ride di sé e
con sé, prima di tutto, e porta la sua gioia di vivere nel
mondo. Con l’oggetto del suo amore ride molto, lo fa
ridere, si diverte con lui. Lo sorprende, lo coinvolge, lo
attira. E lo conquista. Con spirito, intuito e leggerezza.
(Capito, ragazze? E sappiate anche ridere di voi stesse e
delle contrarietà della vita: vi aiuterà.)
L’abbondanza. L’abbondanza non è il lusso fine a se stesso,
è uno stato mentale. Tornando al cibo e al vostro appartamento, che la fruttiera non sia mai vuota, che il frigo non
abbia le ragnatele, e mezzi pasti lasciati nel lavello. Che la
casa dia l’idea della pienezza, come i pensieri e il modo di
essere. Io, Rosina, fui donna di casa: conquistai Vittorio,
che detestava i riti e i ritmi di corte, offrendogli un nido
accogliente. Più accogliente, pare, di qualsiasi palazzo.
Lo speziato. Sedurre significa condurre a sé, e la seduttrice non può essere una buona conduttrice se non ha
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trovato la propria strada. Ella ha scoperto negli anni la
spontaneità, ha trovato la morbidezza e la disinvoltura
che derivano dall’essere infine riuscita a esprimere se
stessa. Ella crea, aprendosi al nuovo, tiene salda la testa
conoscendo il mondo: viaggia, scrive, usa la fantasia, dando un pizzico di magia e «speziando» il suo quotidiano.
La Divina ama la vita, non è schiava di piccole abitudini e
idiosincrasie, pensa in grande anche avendo poco.
L’apertura al nuovo. La forza della seduttrice è la sua
apertura al mondo: non si fissa sulle contrarietà del quotidiano, non rivolge tutta la sua attenzione al suo amato,
ma ha verso la vita un atteggiamento di apertura, che rende tutto di più ampio respiro. Non si rinchiude nelle proprie paure, non considera soltanto il suo punto di vista,
non sta ferma a crogiolarsi nel suo dolore. La sua forza e
la sua bellezza sono il movimento.
L’ambizione. Dissero di me che ero ambiziosa, che tenni
la testa sul collo e non sbagliai una mossa, che lasciai al
mio re la libertà di muoversi, chiusi un occhio quando
frequentava altre donne, e che fui a mio modo una donna
strategica. Ma cosa c’è di male, amiche, a essere ambiziose? Tante Divine e donne potenti lo furono. Pensate a
Marilyn Monroe: era sciocchina? Nemmeno per sogno.
La dea dell’amore fu donna ambiziosa, che studiò le sue
mosse nei minimi dettagli. Per capire questo, è sufficiente
pensare alla tournée di Marilyn durante la guerra in Corea. Laggiù, la diva, già conosciuta ma non ancora all’apice del successo, si sottopose a un giro massacrante. Quasi
si ammalò per lo sforzo, la fatica e il freddo. Già moglie
di Joe Di Maggio, dimostrò grandi doti da professionista.
Naturalissimi, apparentemente, i suoi gesti sul palco: in
real­tà, tutto era preparato, studiato nei dettagli. La divisa militare con cui si presentava alle folle – stretta per
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valorizzare il corpo, aperta per rivelare la scollatura, generosamente mostrata nonostante il freddo pungente –, e
il vestitino estivo che indossava sul palcoscenico per fare
impazzire i soldati, quasi le provocarono una polmonite.
E ancora la fatica, che in scena non traspariva.
La fama arrivò subito dopo, grazie al duro lavoro, a
una forte ambizione e a una precisa strategia: nacque
una stella.
Ecco, questo mi porta a citare una frase che volevo
dirvi da un po’, ma non sapevo dove mettere: «La vita va
presa a piene mani, mai a spizzichi e con troppa cautela, e
per avere successo bisogna farsi grandi mazzi!». (Chiusa
parentesi: amen.)
Astuzia. L’amante è furba, signore, altrimenti viene stritolata. Non si fa fregare, né da lui, né da se stessa, e neanche da troppi sentimentalismi.
Rispetto. Dignità e rispetto, per sé e per l’altro. A una
battuta infelice o a un’intenzionale mancanza di riguardo
una donna forte, quale l’amante sarà, dovrà saper ribattere colpo su colpo, immediatamente, per salvare i rapporti, siano di amicizia o di amore. Questo è fondamentale:
permette la chiarezza, rischiara il possibile malinteso, e
nel caso di voluta malevolenza ristabilisce l’equilibrio tra
le parti. Quando avverte una nota stonata, la nostra saprà
fare un passo indietro, per dare spazio a una soluzione.
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viaggiate, scrivete, usate la fantasia,
“speziando” il quotidiano.
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Oggi si parla spesso di «escort»: strano termine, per crea­
ture misere assai. Perché non dirle più semplicemente
«puttane», ne sarebbero nobilitate. Le escort, o veline,
sono crea­ture eteree e senza cervello che mostrano seni
e sederi per distrarre l’interlocutore, laddove manca la
conversazione. Le escort sanno offrirsi: sono belle e per
questo passano nel letto di uomini importanti, ma oltre
al sesso non hanno niente da dare. Non parlano, cinguettano. Possono gestire il desiderio dell’uomo nel momento in cui lui le brama, ma non hanno niente da offrire
«dopo». Sono tutte quelle signorine che transitando nei
talami dei potenti trovano un’occupazione come attrici di
soap opera o annunciatrici televisive, posti dove a volte si
richiedono soltanto le curve e un bel sorriso.
La differenza fra una velina e una zarina è la gestione
del «dopo» amplesso. Non avendo niente altro da offrire
che la propria avvenenza, delle veline l’uomo si stancherà
presto, e quella di turno sarà velocemente relegata, come
le amanti non più gradite ai grandi sovrani, ai piani inferiori, sempre più distanti dalle regali camere da letto.
Le regine sanno come comportarsi nei momenti in cui
lui è «scarico»: hanno altro da offrire, oltre a un corpo
invitante. L’abbiamo visto: nel caso di molte è affinità
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di carattere, passioni comuni, divertimento condiviso,
complicità. Con me, Rosina, il mio Bigio, come confidenzialmente chiamavo il re, si sentiva a proprio agio. «Si
toglieva la giacca, si sfilava le scarpe, indossava la veste
da camera e le pantofole che io gli porgevo, fumava il suo
sigaro, beveva il suo cognac o la sua grappa: era felice»
(così racconta Gervaso).
La potenza. Le zarine come Caterina II, alcune Divine
alla Marlene Dietrich (che interpretò proprio la zarina in
un film degli anni Trenta): queste sono donne che hanno
le proprie leggi. Non sono amanti, hanno amanti. L’imperatrice di Russia, la Dietrich, si sceglievano gli uomini
e dettavano le proprie condizioni. Amanti e amate, ma in
modo molto maschile. La Dietrich aveva addirittura un
marito, che non lasciò mai mentre collezionava uomini
più o meno famosi nel corso degli anni. Si innamorò mai,
o tutte le volte? Chi può dirlo: per essere questo tipo di
amante-regina occorre forza, potenza e potere. Non è da
tutte, ma ci si può provare…
ritratto:
la donna dell’est
Avete visto alcune giovani mamme rumene? Sono
seducenti come fanciulle. Come facciano non si sa,
ma spingono i passeggini con tacchi e gonnelline leggere. Un paragone con la mamma moderna italiana?
Improponibile.
La donna dell’est è in genere seducente nel modo
più scontato. La vedi anche la domenica, alla messa: è
bella, vestita in modo da rivelare tutta la sua femminilità, è sinuosa nei movimenti, aggraziata nelle parole.
Ha un tono di voce caldo e sottile, cammina (apparentemente) tre passi dietro all’uomo. È la donna «di
una volta», che il maschio italiano, smarrito, non trova
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più. E infatti tanti se la sposano, contenti come Pasque. Difficile analizzare il fenomeno in qualche parola, ci potrei scrivere un trattato (e perché no, magari
proporvi un nuovo libro). Quello che è certo, è che
la donna venuta dal freddo sa il fatto suo. È pragmatica, decisa, e sotto l’aspetto dolce e rassicurante cela
una volontà di ferro. È femminile e posata, sa curare il
suo uomo e dedicargli mille attenzioni. Ha dei valori
che l’italiana più non riconosce e sa tenere molto
bene la casa e la famiglia. Ma a noi, qui, interessa un
altro aspetto: la femminilità. La donna dell’est, oltre a
essere bella è femminile. Si sa vestire, si sa curare, si
sa esprimere. Meditate, amiche, meditate…
Il disagio. Come tutte le persone dotate di sale in zucca,
la Divina sa che la vita non è tutta rosa e fiori. Per questo
possiede l’attrezzatura psicologica per far fronte al disagio. Sappiate che poche situazioni della vita sono infatti
«perfette» o comode, se non alcune (poche) che ci creiamo ad arte. Lei allora non farà i capricci: si adatterà. Al
viaggio scomodo come alla situazione difficile, sapendo
che non sempre si può viaggiare in prima classe, serviti
e riveriti. A volte ci si accontenta di salire sul treno, non
sempre se si ha fame si può andare da Chez Maxim’s: ci
sono giorni e momenti della vita in cui bisogna far tesoro
di un panino al salame!
Viaggi. In prima classe o pronta all’avventura. Che sia
l’Orient Express o un cargo (come quello su cui viaggiò
Simenon nel romanzo Cargo, appunto), l’amante avventuriera gira il mondo libera. Che sia sola, con il suo uomo,
con un’amica, con la famiglia, lei è libera esploratrice. La
seduttrice del nostro immaginario in real­tà viaggia sola.
Elegante e altera sull’Orient Express, leggermente retrò,
elegantissima e raffinata. Sportiva e decisa invece sul car-
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go di Simenon, pronta a resistere all’onda lunga e alle
notti di tempesta (e, se vorrà, agli assalti dei marinai!).
Circondata da ufficiali e mozzi che la corteggiano, ma la
trattano come loro pari con coraggio e audacia, oppure
servita e riverita da camerieri in livrea sul famoso treno
(magari lungo la tratta Venezia- Istanbul).
Come non pensare qui ad Agatha Christie, seduttrice e donna di potere, che nel 1930 si mise in viaggio
verso Bagdad, e durante il tragitto conobbe l’archeo­
logo Max Mallowan, di molti anni più giovane, che
sposerà poco tempo dopo? Il treno era il famoso
Orient Express che le ispirò il sul capolavoro, Assassinio sull’Orient Express: vedete che tutto torna?
Aspiranti piratesse e avventuriere, viaggiate. Vedere nuovi paesi apre la mente, libera da cattivi pensieri. È come
uno schiaffo alle ossessioni, al desiderio di rintanarsi nella cuccia, dove tante donne tendono a crogiolarsi nel loro
rimuginare. Chi ha scelto di essere libera dà un calcio alla
routine, alle paranoie, ai desideri inappagati, e toglie le
ancore, perché, come disse Mark Twain, «tra vent’anni
sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per
quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti.
Esplorate. Sognate. Scoprite».
Gatta. Se fosse un animale, la nostra sarebbe un gatto.
Il personaggio di Catwoman venne crea­to, non a caso,
negli anni Quaranta. Indicava una donna nuova, una figura dalla singolare dualità: la femminuccia impacciata
e mediocre che muore, liberandosi (finalmente!) dalle
paure. «Accettando ciò che sei potrai essere libera, e la
libertà è potere», le viene detto. Da imprigionata dall’ansia, dall’insicurezza, dal timore di non essere all’altezza,
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Catwoman (indossato un vestito aderente in pelle nera)
inizia a combattere. Il volto di donna frustrato lascia il
posto al sorriso malizioso (un po’ porcello) e appagato.
E alla donna gatto, nostra Divina, verrà detto: «Hai passato tutta la vita in gabbia, e ora potrai essere libera. E la
libertà è potere». Altro che topi che abbandonano le navi
durante la tempesta!
Mood. Siate avventurose, sfrenate, vitali. Il mortorio
e il grigiore, lui lo trova già nella sua abitazione (se ha
bisogno di un’amante allegra, per forza sarà così). Non
trasformatevi in una donna carica di aspettative (rivolte a lui). Nel fine settimana organizzatevi; nelle vacanze,
viaggiate da sole o con chi volete, e per favore, non piangetevi addosso se lui non le passa con voi: lo sapevate già.
Non una parola di rimprovero, niente stoccatine e parole
velenose a riguardo: sapete benissimo che (almeno per il
momento o forse per sempre), Natale e feste comandate
lui le passa da un’altra parte!
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la pazza commette l’errore “fatale”:
diventa assillante
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La pazza
Questo è l’esempio da non seguire: Glenn Close, Alex di
Attrazione fatale.
Per l’amante l’innamoramento è pericoloso, quasi vietato per la legge del dolore. Ma il dolore è un sentimento
che va controllato. Alex, la donna di Attrazione fatale,
si innamora di Dan Gallagher (Michael Douglas) e non
ragiona più. Esagera, protesta, inizia a essere triste, insistente. In quel caso subentra la patologia: innamoramento e dolore, un dolore non raccolto, non compreso, è
disinganno, qualcosa che diventa vendetta, rabbia. Una
rabbia che assomiglia a quella dei bambini quando sono frustrati, distruttiva e potente. In Attrazione fatale lui
non raccoglie l’innamoramento di lei, non ha intenzione
di sganciarsi dalla famiglia, e lei, capito questo, inizia a
diventare insistente, pretenziosa. Nel momento delicatissimo in cui lui deve decidere se continuare a giocare
quel gioco misterioso, seduttivo, divertente con l’amante, Alex commette l’errore «fatale»: diventa assillante.
Lui allora si spaventa, scappa, si ri-motiva verso la famiglia, che sente come un rifugio verso la violenza e lo
stalking.
Più lui si ritrae, più lei diventa cattiva, fino a identificare in lui l’oggetto del suo insopportabile dolore. Lui
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allora va addirittura annientato, ucciso, per amputare
tanta sofferenza: e infatti lei arriverà addirittura al delitto
(prima del coniglio dell’amato, poi...).
Questo è un caso estremo di quando l’amante perde
il senso del gioco. È, e deve essere, infatti un gioco, un
ludus adulto fatto di regole, rigorose. Dove l’amante deve
stare nel suo ruolo, e appassionarsi ad esso. È un gioco
straordinario se condotto ad altissimo livello, ma è necessario stare nella parte, che è minore solo in apparenza e
richiede riserbo e discrezione. Altrimenti diventa un gioco al massacro.
Quando la donna inizia a fare discorsi del tipo «sono sola», «la mia è solo una storia part time», iniziano la gelosia,
il pretendere, il fare pasticci. La donna con la testa sulle
spalle governa il processo, e in questo sta il vero potere.
Quindi, ricapitolando:
Gelosia. Non la conoscete. Attenzione signore: niente
gelosie verso la famiglia di lui. Di cui peraltro non vi interessa sapere nulla.
Legami e aspettative. Pur amandolo, mai la Divina chiederà all’amato di lasciare tutto per lei. Sarà lui a valutare
l’ipotesi, trovando la sua compagnia di giorno in giorno
più irresistibile. Mai lei continuerà felicemente la sua vita indipendente, con o senza di lui. Mai si creerà delle
aspettative, lo manipolerà per incastrarlo, proverà a farsi
scoprire dalla consorte (perché sappiate che in quei casi, nove volte su dieci, il nostro, sentendosi affogare, abbandonerà l’amante) o cercherà di farsi mettere incinta
(idem come sopra).
La vedova. L’amante non fa la vedova. Anche in caso di
delusione o di rottura, saprà velocemente voltare pagina.
Non necessariamente con un altro uomo, ma dentro di
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la pazza
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sé. O almeno saprà portare la propria tristezza e delusione con dignità.
Volete altri anti-esempi?
Eva Braun
Eva Braun, bionda amante di Hitler, è l’esempio lampante di amante infelice. Appare sempre gaia, quella sempre al centro dell’attenzione. In real­tà è una
donna molto frustrata: dal suo diario emergono note
di amarezza, e un forte tratto di depressione. Hitler
non volle sposarla (se non quando era troppo tardi),
ed Eva Braun fu sempre consumata dall’incompletezza di quel rapporto (con Hitler: valle a capire le donne!). La Braun tentò anche il suicidio. Andò in pezzi
quando capì che le promesse di lui non venivano
mantenute, forse perché comprese che il suo uomo
ricambiava il suo amore solo in parte.
Anna Bolena (moglie di Enrico VIII)
Certo, ottenne quello che voleva, ma ricordate la fine che fece? Anna Bolena fu l’amante del re (dopo
sua sorella Mary…: i maschi!). Enrico, per stare con
lei, ripudiò la legittima consorte, la regina Caterina
d’Aragona, e la sposò. Però se ne stufò molto presto.
Una volta raggiunto l’obiettivo, infatti, Anna si dimostrò capricciosa, spendacciona e dal temperamento
contestatario e altezzoso. Allora il re la accusò di
stregoneria, di incesto e di avere altri amanti; infine la
mandò a morte, facendole tagliare la testa. (E giusto
perché lo sappiate: il giorno dopo Enrico VIII sposò Jane Seymour, l’amante con cui già tradiva Anna
Bolena e dama di compagnia delle sue prime due
mogli!)
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Le altre
Chi l’ha detto che una donna debba essere moglie e madre?
I tipi di donna sono tanti. Ci sono donne-mamme, donnemogli, quelle chiamate brutalmente zitelle, quelle single
per volontà altrui (con vocazione alla famiglia), quelle che
amano altre donne, quelle che amano più uomini.
E poi, come ho cercato di raccontarvi, ci sono le cortigiane: che amano come le altre, che sognano come le
altre. Ma non un rapporto di coppia. Non essere mogli.
Non lavare la biancheria del proprio uomo (o della propria donna). Non avere i parenti del proprio uomo (o
della propria donna) per casa. Non smettere di fare del
buon sesso.
Care amiche, che siate dei miei o dei vostri tempi, poco
importa. Adesso vi sorprenderò con una serie di tipologie
femminili «altre», che con le Divine hanno ben poco a
che fare. Una carrellata veloce ma spero esauriente, per
capire qualche sfumatura e non cadere in equivoci.
L’uomo bello, forte, biondo e muscoloso (nonché dotato
di attrezzatura psichica in grado di fare fronte a qualsiasi avversità esistenziale la donna possa incontrare) una
volta accasato, dopo qualche anno si trasforma. L’amata
canottiera sporca di sugo, che lascia intravedere un bi-
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le divine
cipite da favola, diventa in poco tempo una maglietta
della salute, abbinata a un paio di mutande slandre e a
un uomo-ragazzo da consolare. E la donna mamma lo
consola: già lo sapeva che era così, ed è pronta a confortarlo e a prendersi cura di un adolescente di ritorno
(o di sola andata), che grazie a dio (e meno male per lei
che se lo terrà accanto) è destinato a non crescere mai.
Bacchettato e tarpato dalla moglie-mamma, crocerossina e castrante, che si gode il suo potere e la certezza che
il suo cucciolone non la abbandonerà mai (e dove va un
bambino da solo?).
«Tutte le caratteristiche della personalità infantile si
ritrovano potenziate ed accentuate nel nevrotico
“bambino”: l’incapacità di dominare l’ambiente, l’incapacità di sopportare le frustrazioni, l’insicurezza, la
dipendenza, la pretesa di dedizione da parte degli
altri, la paura, l’incapacità di accettare la real­tà.
Codesti accattoni di affetto e amore, come dei veri
bambini, si attaccano al primo che gli dimostra un
minimo di attenzione e disponibilità, se non addirittura pericolosissimamente affetto, e lo eleggono
arbitrariamente e unilateralmente loro papà o loro
mamma». (Giulio Cesare Giacobbe, Alla ricerca delle
coccole perdute)
La donna moglie vuole solo sposarsi: sa che il suo uomo
mostrerà presto i suoi difetti, e coscientemente si prende
il meno peggio (e lo confida anche alle sue amiche). Lo
prende così com’è senza farsi troppe illusioni: vuole famiglia e prole ed essere impalmata prima di mostrare le
prime rughe. La società le impone il matrimonio e, senza,
la gogna è in agguato. Prende allora il primo disposto
a sposarla, rinunciando per sempre al grande amore, e
mette su una famiglia felice (?).
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le altre
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La donna zitella o single può esserlo per motivi differenti. Perché è alla ricerca di un grande amore e non lo
trova (non vuole giustamente accontentarsi) e con grande coraggio sfida le intemperie dei giudizi della società
dei benpensanti. Così come le occhiate penose delle sue
amiche (perché sono loro, non i loro uomini, a giudicarle) che vogliono sentirsi superiori perché loro hanno un
compagno. Spesso, per strada, dopo tanti anni, quando
due amiche si incontrano, è la prima cosa che chiedono:
ti vedi con qualcuno? Gli uomini fanno domande più intelligenti o, più che altro, si astengono.
Donne ciospe: sono quelle che si accontenterebbero, ma
nessuno le vuole (diciamocelo, ci sono anche loro).
E poi ci sono le donne diverse. Certo: le lesbiche (perché
no?) o le solitarie o anche le avventuriere, con scopo matrimonio o accalappiamento di un pollo ricco (necessità
fa virtù).
E poi ci sono le piratesse e le cortigiane. Già, le amanti… che sono semplicemente diverse. Possono avere
caratteristiche differenti, ma hanno tratti comuni. Sono
le cortigiane, le belle di giorno, le amanti della vita, le
maliarde. Ma non parlo delle soubrettine di puttanopoli,
ma di un modo di essere. Di sentire e vivere la vita. Nella
versione maschile di queste persone votate alla libertà, ci
sono quelli che trascorrono l’esistenza sulle navi da crociera, i marinai, i pirati, quelli che girano il mondo senza
fermarsi mai.
Insomma: ci sono coloro che sono portati all’unione
stabile (con tutti i pregi e difetti del caso) e coloro che
non amano i bambini (ebbene sì, anche le donne), ma
trovano un modo diverso per vivere il tema materno:
tengono a battesimo crea­ture diverse come libri, quadri,
progetti, ecc. Amano l’eccitazione, il piacere, l’amore. Il
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le divine
piacere anche intellettuale, la condivisione dello spirito,
con sentimenti a volte profondi, anche se non necessariamente sotto lo stesso tetto.
«Non c’era da attirare il desiderio. Il desiderio era in
colei che lo provocava o non esisteva. C’era fin dal
primo sguardo o non era mai esistito» (Marguerite
Duras, L’amante).
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Conclusione
La Divina è metafora di non convenzionale, coraggio,
inventarsi un destino, non farsi condizionare dalle chiacchiere altrui. È creazione, è il modo di esprimersi di una
donna generosa, che rischia in modo positivo e a volte va
contro le convenzioni.
Tra le amanti, donne assetate di vita: avventuriere, piratesse, gitane, cortigiane, streghe, dive. E le grandi innovatrici: artiste, letterate, attrici. Tutte donne libere e
molto coraggiose. Quello che le accomuna è l’amore per
la vita e la libertà. Sanno esprimersi con le parole e con i
gesti, vivere bene, amare, cantare, farsi guardare, vestirsi con un sacco o una guepière, emanando in ogni caso
qualcosa di magnetico e magnifico. In altre parole, si godono la libertà di sedurre.
La seduzione è amore per la vita. Convincere, senza
sforzo, gli altri a starci vicino, ma anche prendere la vita
a piene mani: goderne, senza paure. Tante di noi vivono
con il freno a mano, e vivono così solo a metà. Questo
libro vuole essere prima di tutto un invito affinché tante
di più riescano a esprimersi, dando il meglio di sé. Che
siano amanti davvero o fidanzate, mogli, sorelle o madri:
che questo libro sia per tutte un augurio a vivere appieno
il loro mondo, la loro epoca, il loro essere femmine.
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conclusione
«Lo sapete perché il re mi ama?», chiese un giorno durante una passeggiata a cavallo la marchesa di
Pompadour al Delfino, che sempre l’aveva osteggiata.
«Perché sono viva».
“il re mi ama perché sono viva”
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APPENDICI
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La confidenza uccide la creanza?
Appello di seduzione al maschio (casalingo)
La seduzione è anche maschio. È però un classico che
l’uomo bello, forte e charmant che abbiamo conosciuto
sul campo da tennis, sulle piste di sci, durante un’importante conferenza stampa nel pieno del suo splendore, una
volta a casa, diventato il nostro maschio, si trasformi in
un mostro pantofolaio.
Ragazzi, attenzione! Siate anche voi degli amanti: anche in un rapporto consolidato (con la fidanzata, la moglie o l’amante, poco importa). Se dopo qualche mese di
relazione e/o convivenza riconoscete i seguenti atteggiamenti, spaventatevi e cambiate immediatamente rotta.
All’inizio eravate belli e curati, lavati e profumati per lei.
Mostravate il vostro lato migliore per lei. Eravate sorridenti, brillanti, ottimisti, scherzosi, paterni, gioiosi, interessanti, insomma: mostravate il lato migliore per lei. Dopo averla conquistata (e magari dopo averla convinta a
farvi entrare in casa sua), invece…
–Appena svegli vi trascinate per la casa in mutande e
ciabatte, grattandovi il sedere, incuranti della sua
presenza. Orrore: punti persi per sempre. Da prince
charming o stalliere di Lady Chatterley siete diventati
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il vicino del piano di sotto. Altro che calzino bianco!
Quantità di punti persi: incalcolabile.
– Da uomo invincibile, indistruttibile o meglio semplicemente sano, piacevole e normale, ormai proponete continuamente i vostri numerosissimi (per lo più
immaginari) problemini di salute. «Ma mia mamma e
mio papà ne parlavano sempre», dirà qualche uomo
incauto alla fidanzata disillusa che sente analizzare,
sgomenta, l’alitosi del suo principe azzurro. Niente
continue lamentele sui vostri bubù: la vostra donna
non è la vostra infermiera. Se non sono problemi che
è necessario condividere, non caricateli addosso a lei.
Un po’ va bene, ma il troppo stroppia: una donna
vuole un compagno con cui stare bene, non una lagna
vivente.
– Idem per le tristezze e le depressioni. Niente piagnistei
continui. È bello aiutarsi, condividere per stare meglio,
ma gettare addosso alla propria metà continui brontolamenti sempre sugli stessi argomenti rompe la magia.
Soprattutto se lei pensava di aver trovato un compagno/amante/amico alla pari (e non sognava di fargli da
«lavandino»). Per non parlare delle incombenze quotidiane: esistono per tutti e non esaltano nessuno. Se
non vi sentite di alleggerire l’altro, tenetevi almeno le
vostre!
Date il meglio il più possibile. Alla vostra compagna, fidanzata, amica o moglie che sia. Date il meglio a voi stessi, alla famiglia, agli amici e al mondo. Curatevi (sempre),
lavatevi, decidete che state bene, sorridete e rendete la
vostra esistenza migliore: conserverete nel tempo la vostra aura di fascino e la vostra amata più contenta di avervi a fianco e sempre innamorata.
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appello di seduzione al maschio
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PS. Chiariamoci: non voglio dire di trasformarsi in super
uomini o super donne: volete mettere la dolcezza delle
amorevoli cure? Una bella scena come questa: gli/le preparate una tazza di latte caldo o tè al miele se ha la tosse
o la febbre, accendete il camino, sistemate un bel lettone
accogliente, con tanto di piumone Si tratta di volersi bene e prendersi cura l’uno dell’altra. È diverso! (e anche
questo può essere fatto con gran classe…).
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pantofolaio o principe azzurro?
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La seduttività
secondo Dinamite Bla
Interpelliamo ora un personaggio che già era intervenuto
con grande competenza sulle questioni femminili nel libro
dedicato alle Piere. Ancora una volta è disposto a darci una
mano. È misterioso, parla in incognito, quindi non potrete
saperne di più, neanche chiedendone conto all’autrice. Sappiate solo che è psicologo e psicoterapeuta (e si occupa di
matti…). Gli abbiamo chiesto un parere sulle Divine, sulle
amanti, ma soprattutto sulla seduttività. Godetevelo.
Dinamite Bla, che cos’è, secondo lei, la seduzione?
La seduzione è l’arte più antica della femmina, il modo
di esprimersi più genuino, il linguaggio più proprio. Ed
è giusto coniugare seduttività e libertà: quando avverti
una donna con tratti seduttivi, la intuisci più libera rispetto a quella che non li ha. Nei romanzi, nei libri, sono
protagoniste donne che sono riuscite a «mescolare» fra le
modalità di espressione anche la seduttività. Sono quelle
con una marcia in più rispetto a coloro che hanno dovuto
rinunciarvi.
Le donne non seduttive hanno qualcosa in meno: non
sanno vestirsi, si nascondono, si sono mascolinizzate (sono quelle «sempre e comunque in pantaloni»), con un
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fisico che tende all’invisibile, uno sguardo che non gioca,
non vola, non balla, non si esprime.
La seduttività manca anche tra le ragazze?
Non è una questione di età: anche nelle giovani generazioni la seduttività è carente. Le ragazze che si riempiono
di piercing spesso rincorrono in quel modo una definizione del sé: è aggressività, ma non seduttività. È un modo
che ha a che vedere con l’arroganza, il grido, mentre la
seduttività non è gridata, non è vacca, non è il menarsi.
Il modello di oggi è il pubblico di Maria De Filippi:
nelle sue trasmissioni le donne si azzuffano, urlano. È la
versione moderna della lotta nel fango, delle galline nel
pollaio che combattono per il gallo. I maschi hanno invece bisogno di donne seduttive: noi vorremmo essere
sedotti, presi per il culo, circondati da donne gioiose, che
non hanno paura di mettersi in gioco, libere, autonome.
Ma perché e in che cosa è impedita la seduttività?
Il rischio della donna che libera la propria seduttività è
quello di sentirsi giudicata. Dagli altri, ma anche da se
stessa. Pensa subito di essere puttana, e allora si reprime,
e si irrigidisce. Deve quindi fare la fatica di trovare una
via di mezzo.
La seduttività ha come obiettivo quello di attirare l’altro, ma anche l’uomo a volte è confuso. Sa che tante donne non hanno intenzione di impegnarsi, ma al massimo
vogliono la storia di una notte. La famiglia, la maternità
sono faticose, molto pesante è anche l’idea di qualcosa di
definitivo…
Un tempo le donne si trovavano insieme, magari la sera, davanti al fuoco, per ridere dei maschi, per pensare a
delle strategie per conquistarli. Oggi invece si ritrovano
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solo per parlarne male, per riversare le une sulle altre del
veleno, per recriminare su quanto siano state maltrattate o fregate. Non c’è più la gioiosità di parlarne, quella
complicità invidiabile a chi le guarda dal di fuori: e allora arrivano al maschio come coacervi di frustrazione,
di rivendicazione, di chiusura. Le donne anche fra loro
ridono poco, di sé, delle altre, del lavoro, degli uomini…
fra loro si rinforzano nelle paure o nello sconforto.
È colpa della società attuale?
In una società molto maschile come la nostra, alcune caratteristiche si sono perse.
La società occidentale ha subito trasformazioni enormi,
dovute anche e soprattutto alla legge sul divorzio. Prima
non c’era possibilità di sciogliere un legame, si cresceva
con questa idea di restare tutta la vita con la persona che
si era scelta. Nel bene e nel male era una società più stabile, in cui si aveva una idea più precisa dei ruoli. Oggi è
tutto cambiato: c’è molta provvisorietà. La maggior parte
dei matrimoni non resiste perché già dall’inizio si sapeva
che non poteva durare.
Nel passato c’erano lunghi fidanzamenti, si provava, ci
si conosceva. Oggi invece tanti fidanzamenti sono superficiali, «trombanti». I due fanno tanto sesso, poi magari
si sposano, ma senza conoscersi. Una volta non si faceva
l’amore prima del matrimonio, era il rito. C’era tanta seduttività, c’erano vestiti che mostravano e non mostravano, ma eccitavano. Oggi è tutto plateale, tutto subito, è
un supermarket in cui è tutto sul banco, esposto in vetrina. Prima vi erano raffinati negozi in cui aggirarsi attratti
dai colori, i profumi, i richiami di una crea­tività sottesa
e intrigante. Ora, è tutto un bailamme sconsiderato di
offerta facile.
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la seduttività secondo dinamite bla
La donna ci ha rimesso?
Sì, secondo me, la donna ci ha perso: è diventata merce,
da consumare o fuori uso in partenza.
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Film, personaggi, canzoni
(solo alcuni: la letteratura è vasta…)
I film da non perdere
Quattro matrimoni e un funerale di Mike Newell (1994).
Ve la ricordate Carrie, la stupenda Andy McDowell? Lei
non ha paura: del giudizio, del fascinoso e imbranato
Hugh Grant. Va da lui e si presenta. Va da lui e lo invita
in camera. Ci scherza. L’annuncio del fidanzamento, lo
snocciolamento dei trenta uomini con cui è andata a letto. Ve lo ricordate?
Stesso film, personaggio differente – la promessa sposa
detta cortesemente Faccia di Chiulo: piange se mollata,
lo asfissia e lo perseguita, oscilla, come dice bene il protagonista, fra il depresso e l’euforico. Ha la testa rivolta
a lui, perennemente. Ecco la differenza fra due tipologie
di donne: vediamo se avete capito la filosofia di queste
pagine e scegliete quella che vi piace di più. Un indizio:
Carrie, pur amandolo, non prende il suo uomo troppo
sul serio… addirittura se ne sposa un altro!
Desperate Housewives. Gabrielle (una delle protagoniste della celebre serie televisiva) è una bella donna trascurata dal marito. Audace, fiera e molto «allegra», decide di riempire la noia delle sue giornate con un giovane
amante: il giardiniere poco più che adolescente che ogni
giorno viene a rasarle il prato. Lui apprezza la compagnia
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della donna, e i due intrecciano una relazione che dura
qualche mese. Il gioco è piacevole per entrambi: lei trova
un diversivo dalla piattezza coniugale, lui si gode un bel
momento della sua vita con brio e passione.
Ma a un certo punto qualcosa va storto. Il marito li
sorprende? Peggio: lui si innamora. Chiede a Gabrielle di
lasciare il marito, la soffoca di attenzioni, inizia a mettere
da parte l’idea del college e si trova altri lavori pensando
di poter mantenere lei (nota spendacciona) in un improbabile futuro. Il finale? Scontato: la fedifraga torna dal
marito molto ricco, lasciando lo studente con il cuore a
pezzi e senza il suo impiego da giardiniere. Vi servono
altri particolari?
Chéri di Stephen Frears (2009). Il tema delle aspettative e della fedeltà è ben raccontato nella storia di Lea, in
questo film tratto dal libro di Colette. La meravigliosa
cortigiana interpretata da Michelle Pfeiffer non riesce a
gestire il matrimonio del suo amato, molto più giovane,
e rompe gli equilibri, portando la storia verso un finale
drammatico.
Amici miei di Mario Monicelli (1975). La Titti è un mito!
Amante giovanissima del Conte Mascetti (Ugo Tognazzi) fa di lui ciò che vuole. Lo prende, lo gira e rigira a
suo piacimento, sparisce per giorni (allora non c’erano i
cellulari) obbligando il Mascetti a rincorrerla con inutili
chiamate a ogni telefono pubblico. Il nostro sorprenderà
la Titti a letto con un’amica, sarà insultato dai compagni di zingarate perché continuerà a frequentarla («Se
torno con la Titti, sputatemi in faccia», dirà loro, che ne
approfitteranno con enorme piacere), infine deciderà di
lasciarla, anche se molto a malincuore. Per una questione
di morale e crisi di coscienza. E sarà proprio qui che la
ragazza darà il meglio. Godetevi questa scena.
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film, personaggi, canzoni
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Il Conte Mascetti si veste una mattina con il vestito
buono (che si fa prestare, essendo lui nobile decaduto e ormai privo di mezzi) e va a prendere la Titti a
scuola. Lei lo guarda, nota l’eleganza e saluta divertita:
«Ma dove vai, a sposarti?».
E inizia il monologo infinito del Conte: «E parlò quasi
un’ora, con voce ferma», recita la voce fuori campo.
«La voce dell’uomo che sa quale è il suo dovere ed
è deciso a farlo anche se gli costa metà del suo sangue».
La scena si prolunga con lui che spiega a lei del perché la loro relazione deve finire: sei giovane e io sono
vecchio, ho famiglia. Non per quei 34 anni di differenza, per carità, le dice; perché non ti trovi un ragazzo
della tua età, perché buttar via del tempo con me, e
via così. La Titti tace, annuisce ogni tanto, seria, masticando un chewingum. Guarda altrove, guarda lui.
Camminano per Firenze, passano un ponte, il lungo
Arno, e finalmente arrivano sotto casa di lei, che non
ha fino a quel momento proferito parola.
Finalmente lui smette di parlare. Le porge la mano.
«Addio Titti», le dice, congedandosi mestamente…
Ci si aspetterebbe a questo punto che lei scoppiasse
in lacrime o che gli si gettasse ai piedi.
«Addio, merdaiolo!», risponde invece lei allegramente e andandosene. «Ci si vede domani al solito posto.
A mezzogiorno!». «No, alla mezza», ribatte lui, sollevato, andandole dietro e finalmente tutto allegro,
«che a mezzogiorno ho un pignoramento!».
Live from Baghdad di Mick Jackson (2002). Ci sono diversi tipi di amore… Due colleghi giornalisti della CNN,
Robert Wiener (Michael Kea­ton) e la sua collega (Helena
Bonham Carter) si trovano in Iraq alla vigilia del conflitto,
la prima guerra del Golfo. Lavorano da tempo insieme, so-
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no sul campo gomito a gomito in zone pericolose. Dividono in posti remoti pensieri, azioni, condividono momenti,
si trovano spesso insieme come inviati («Tu e io ci siamo
sbronzati insieme in dieci paesi diversi, abbiamo fatto migliaia di servizi»). Niente è mai successo fra loro, ma in
qualche modo si amano, in un modo non convenzionale, e
speciale. Ognuno, tornato a casa ha la propria vita (lui ha
famiglia, lei no), e la sera prima del conflitto, in qualche
modo rivelano, uno all’altro, i propri sentimenti.
«Wiener, ci sono tanti tipi d’amore, è vero?», gli dice
lei. Lui la guarda, fa una pausa, risponde: «Già. Ce ne
sono tanti, sì». Si sorridono.
Altri titoli
Match Point di Woody Allen (2005). Lui lei l’altra: un
triangolo (quasi) perfetto, ma con delitto.
Come l’acqua per il cioccolato di Alfonso Arau (1992).
Messico, primi del Novecento. Tita ama Pedro. Pedro
sposa la sorella di Tita. Ma i due si amano. Film in cui la
cucina la fa da regina e si mescola all’amore e alla passione (bellissimo per chi abbia voglia di imparare a cucinare
e per inguaribili romantiche).
L’altra donna del re di Justin Chadwick (2008). La storia
delle sorelle Bolena, entrambe amanti del re. Tra le due,
la famosa Anna, moglie di Enrico VIII, finita sul patibolo.
Vicky Cristina Barcelona di Woody Allen (2008). Nuovamente un triangolo amoroso tra un pittore spagnolo,
Juan Antonio (Javier Bardem), Cristina (Scarlett Johansson) e l’ex moglie Maria Elena (Penélope Cruz).
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Dangerous Beauty di Marshall Herskovitz (1998). Con
Catherine McCormack, vita e «formazione» della famosa
cortigiana veneziana cinquecentesca Veronica Franco.
Attrazione fatale di Adrian Lyne (1987). Storia di passione e morte: Glenn Close è l’amante da non imitare (vedi
p. 59).
Unfaithful - L’amore infedele di (ancora lui) Adrian Lyne
(2002). In questo film l’infedele è lei. E tradisce niente
meno che Richard Gere… con un giovanotto che è uno
schianto. Interpretato da Richard Gere, Diane Lane e
Olivier Martinez.
L’amante di Jean-Jacques Annaud (1991). Dal romanzo di
Marguerite Duras: negli anni Trenta, in Indocina, un’adolescente francese diventa l’amante di un ricco uomo cinese.
Les liasons dangereuses di Stephen Frears (1988). Da
un romanzo dal libro di Choderlos de Laclos, intrighi,
intrecci amorosi e amanti si sprecano. Con Glenn Close,
John Malkovich, Michelle Pfeiffer. Volete diventare crudeli? Guardatevi questo film, ma attenti al finale! (Avete
notato che i nomi dei registi ricorrono? Anche loro hanno delle ossessioni…).
Basic Instinct di Paul Verhoeven (1992). La «donna senza mutande» per eccellenza: Sharon Stone che interpreta
Catherine Tramell, scrittrice crudele e forse assassina. Il
poliziotto Nick Curran (Michael Douglas), indagando su
un delitto di cui la Stone è sospettata, cade nella sua rete
(non che di questo lui paia scontento…).
Prendimi l’anima di Roberto Faenza (2003). La storia di
Sabina Spielrein, che fu paziente e amante dello psichiatra e psicoanalista Carl Jung.
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film, personaggi, canzoni
Non ti muovere di Sergio Castellitto (2004). Tratto dal
romanzo omonimo di Margaret Mazzantini: Timoteo
(Castellitto), marito di Elsa (Claudia Gerini), in una triste borgata dove rimane in panne con la macchina, conosce Italia (Penélope Cruz), una ragazza infelice, sola, di
origine albanese. Prima la violenta, poi se ne innamora,
diventando dipendente da lei e mettendo a rischio il suo
matrimonio. (Una domanda al regista: perché rendere la
Cruz così brutta?)
I giorni dell’abbandono di Roberto Faenza (2004). Margherita Buy è Olga, moglie e madre di due figli che viene
abbandonata dal marito, Luca Zingaretti, per una donna
più giovane.
E qualche canzone
Buonasera dottore. Claudia Mori e Alberto Lupo… un
grande classico: da riascoltare!
Gli amanti. Ornella Vanoni
Oro. Mango
Diamonds are the girls best friends. Marylin Monroe
Rossetto e cioccolato. Ornella Vanoni
Sognami. Biagio Antonacci
Il testamento. De Andrè («…a te che fosti la più contesa,
la cortigiana che non si dà a tutti, ed ora all’angolo di
quella chiesa vendi le immagini ai belli ed ai brutti…»)
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Indice
La cortigiana.............................................................
La carogna................................................................
La carnale.................................................................
La conversatrice........................................................
La seduttrice.............................................................
La zarina...................................................................
La pazza....................................................................
Le altre......................................................................
Conclusione..............................................................
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APPENDICI
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La confidenza uccide la creanza?
Appello di seduzione al maschio (casalingo)...........
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La seduttività secondo Dinamite Bla.......................
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Film, personaggi, canzoni........................................
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Ringraziamenti
Alle persone che amo, e a Lisbona.
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