Il linguaggio del corpo : gli adolescenti fra tatoo e body

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Il linguaggio del corpo : gli adolescenti fra tatoo e body
Il linguaggio del corpo : gli adolescenti fra tatoo e body piercing
di LAURA FANO
Chi di noi non ha pensato almeno una volta di farsi un tatuaggio o un piercing?
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Nato come segno di
riconoscimento ed appartenenza ad una tribù, piercing e tattoo oggi sono diventati l'ultima
tendenza nel mondo dei giovani e non solo, perché non è raro vedere ultracinquantenni farne
orgogliosamente sfoggio. Al giorno d' oggi la moda del piercing sta davvero dilagando, benché,
ad onor del vero sono in parecchi i pentiti che ricorrono costosamente al chirurgo plastico per
farli asportare.
Molti giovani portano piercing, sia per un fattore estetico sia per essere più trendy e “fighi”.
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Il linguaggio del corpo : gli adolescenti fra tatoo e body piercing
Il popolo dei tatuati oggi non comprende solo gli adolescenti ma anche giovani e adulti di
entrambi i sessi, appartenenti a contesti sociali ed economici eterogenei, che utilizzano il corpo
per motivazioni diverse sia individuali che di gruppo. Coesistono infatti fenomeni di imitazione,
di identificazione con modelli, di ricerca individuale, di critica e di opposizione al sistema, di
trasgressione, di conformismo, di individuale malessere profondo, ma anche di semplice
estetica.
Dal verbo inglese “to pierce”, che significa 'forare', e dall' aggettivo omonimo, che vuol dire
'pungente', 'tagliente', 'penetrante', questa tecnica ha origini tribali: infatti già nelle tribù antiche
(si pensa addirittura alla preistoria) era pratica comune perforarsi la pelle per infilare anelli e
sbarrette che servivano a distinguere i vari ruoli dei membri del clan. Decorare il corpo a quanto
pare è dunque una pratica antichissima ed è diffusa in tutto il mondo. Già presso popolazioni
antichissime si riscontrano tracce di tatuaggi e piercing in diversi ceti sociali: pensate, l’uomo
del Similaun, Ötzi (vissuto circa 5.000 anni fa), aveva una pietra incastonata in un lobo ed era
tatuato in diverse parti del corpo. Giulio Cesare portava il piercing al capezzolo, come molti
centurioni, per simboleggiare forza, virilità e fedeltà all’Impero Romano. I gladiatori, per la
maggior parte schiavi, erano invece soliti portare il piercing sulla testa del pene. Alcune fonti
sostengono poi che tra gli Egizi solo il faraone in persona potesse portare il piercing
all’ombelico. Anche in età elisabettiana il piercing, su un solo orecchio, era uno status symbol:
lo portava William Shakespeare. Ma tale pratica era tanto in uso tra i nobili che si narra lo
avesse anche, al pene, il principe Alberto, consorte della Regina Vittoria.
Oggi i tatuaggi sono diventati un fenomeno di massa, con finalità trasgressive, anche perché al
disegno in genere si aggiunge un corpo estraneo nel corpo il pierging che negli anni ’70 è stato
uno dei segni distintivi del movimento punk, una subcultura giovanile nata in Inghilterra e
caratterizzata dalla ribellione alle convenzioni sociali e dal rifiuto radicale del modello di vita
borghese.
Negli anni Ottanta i creatori di moda intuirono il potenziale dell’estetica punk e saccheggiano a
piene mani il suo repertorio espressivo, compreso il piercing. Addomesticato e spogliato della
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sua carica trasgressiva, ridotto a pura funzione ornamentale, il piercing diventò così una moda
da diffondersi soprattutto fra i giovani.
Corpi, lingue e volti sforacchiati in cui sono incastonati anelli, sferette e barrette – spesso in oro
e argento anziché in ferro e acciaio come gli ornamenti dei punk originari – non scandalizzano
quasi più. Nato come una dichiarazione di guerra contro la società, il piercing è stato
trasformato in un innocuo fenomeno di costume e prontamente inglobato in quel modello di vita
borghese che il movimento punk voleva scardinare.
Per Lombroso delinquente si nasce, anzi mostra caratteristiche antropologiche che lo
avvicinano agli animali e agli uomini primitivi, il famoso atavismo, e l'atto di tatuarsi è sintomo di
una regressione allo stato primitivo e selvatico.
Nell’era della globalizzazione dove la moda detta le sue ferree regole e della frammentazione
delle relazioni questo discorso non regge: sono cambiati i bambini, e sono cambiati gli
adolescenti. Fondamentalmente perché, bisogna ammetterlo, sono cambiati i genitori. In una
società sempre più vecchia, e l’Italia in particolare è diventata la nazione più vecchia d’Europa,
ai giovani si si promette e si chiede e poco o nulla. Men che meno di cimentarsi, come hanno
fatto i loro genitori, sui grandi temi sociali o politici come la pace e la guerra, l’eguaglianza, la
democrazia, i diritti delle donne, dei poveri o dei diversi. Sicché, fatalmente, i giovani finiscono
per sentirsi superflui; hanno difficoltà a trovare modelli esterni e a poco a poco finiscono per
ritirarsi tra di loro, nel gruppo.
Ricercano se stessi, prendendo le distanze dagli adulti, con un linguaggio tutto loro, quello dei
graffiti
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metropolitani per esempio, cui solo loro hanno accesso. Oppure usano il computer attraverso
cui si cercano, si incontrano e comunicano, al riparo dalle intrusioni dei genitori.
In questo contesto il linguaggio del corpo sostituisce quello dell’abito; non più capi firmati dalla
testa ai piedi per proclamare una identità, ma tatuaggi e piercing, anche segreti, che parlano a
loro stessi e ai loro partner, in privato. Un modo per distinguersi ed essere visibili insomma ed
anche per ribellarsi, se vogliamo, senza clamori e sperimentare confini, barriere e limiti con cui
fare i conti, ma anche per scoprire chi si è davvero.
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