Le società della salute per rispondere ai bisogni e definire le

Transcript

Le società della salute per rispondere ai bisogni e definire le
Contributi 5
Il ruolo dell’infermieristica nel nuovo modello organizzativo in Toscana
LE SOCIETÀ DELLA SALUTE
PER RISPONDERE AI BISOGNI
E DEFINIRE LE PRIORITÀ
FAVORIRE
LA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI ALLE SCELTE E GUARDARE AI SERVIZI SANITARI
COME ELEMENTO CENTRALE PER LA COSTRUZIONE DI UN TESSUTO SOCIALE “ SANO ”.
SONO QUESTI GLI OBIETTIVI CHE L’AMMINISTRAZIONE REGIONALE TOSCANA
VUOLE CONSEGUIRE REALIZZANDO LE S OCIETÀ DELLA SALUTE , NELLE QUALI SONO COINVOLTI
LE A ZIENDE SANITARIE E OSPEDALIERE , GLI OPERATORI SANITARI , GLI AMMINISTRATORI COMUNALI
E LE ASSOCIAZIONI DELLA SOCIETÀ CIVILE . I N UN QUADRO COME QUESTO
L’ INFERMIERE GIOCA UN RUOLO ESSENZIALE NEL RAPPORTO TRA CITTADINI E SERVIZI
ROBERTA SALVATORI*, SANDRO PICCOLI*, MICHELA LOTTI**
Le società della Salute
Le Società della Salute nascono in Regione Toscana con
la volontà di sviluppare l'integrazione del sistema sanitario con il sistema socio-assistenziale attraverso una inedita soluzione organizzativa dell'assistenza territoriale.
Vengono indicate nel precedente Piano sanitario regionale 2002-2004, e vogliono rappresentare una delle innovazioni più importanti della programmazione sanitaria
di questi anni.
Esse si configurano come consorzi pubblici senza scopo
di lucro, i cui titolari sono le Aziende sanitarie locali e i
Comuni.
Rappresentano una soluzione organizzativa, tecnica e gestionale nel settore dei servizi socio-sanitari territoriali di
zona-distretto e sono oggetto di sperimentazione nel corso del Piano sanitario regionale 2005-2007.
Nell'ambito della sperimentazione il Comune non assume solo funzioni di programmazione e controllo, ma "compartecipa" al governo del territorio finalizzato ad obiettivi di salute.
Gli organi della Società della salute sono la Giunta, composta da Sindaci o Assessori delegati dei Comuni e il Direttore generale dell'Azienda Usl, il Presidente, individuato
tra i rappresentanti dei Comuni presenti nella Giunta, il
Collegio dei Revisori e il Direttore. L'attività delle Società della salute è impostata utilizzando come strumento il
Piano integrato di salute
manda di salute e il governo di questa in una logica integrata. Muove, cioè, non solo dalla volontà di favorire il coinvolgimento delle comunità locali, delle parti sociali, del terzo settore e del volontariato, nella individuazione dei bisogni di salute e nel processo di programmazione, ma anche
dalla necessità di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni, il controllo e la certezza dei costi, l’universalismo e l’equità.
Un sistema che ha, quindi, come fine istituzionale la salute e il benessere sociale e non solo l’offerta di prestazioni e ha come presupposto quello di favorire la partecipazione alle scelte sui servizi socio-sanitari dei cittadini, attraverso le loro
rappresentanze istituzionali e associative.
Ma se la necessità di governare la domanda di salute è la priorità, è chiaro che gli attori di sistema,
laddove il bisogno è espresso, sono sicuramente i
sindaci, i medici di medicina generale, i pediatri
di libera scelta. Nel sistema organizzativo a rete
però, un altro ruolo-chiave deve essere rappresentato dall’infermiere in quanto professionista
della salute inserito capillarmente e da sempre vicino al cittadino e alla comunità.
LE RAGIONI DI
UNA “RIVOLUZIONE”
Il “sistema salute” oggi più che mai si trova ad affrontare la contraddizione tra bisogni di salute e
risorse da impiegare per garantire l’offerta di prestazioni di qualità. Risorse che una società dedica alla salute, comunque “finite”, qualunque sia il
modello di sistema sanitario.
Vero anche che il sistema sanitario non è che uno
dei sistemi che concorre con altri alla produzione
di beni e di servizi (energia, trasporti, istruzione,
tempo libero, ecc); questi sistemi producono effetti sulla salute, talora più rilevanti di quelli attribuibili al sistema sanitario, sia positivi che negativi.
Di fatto sembra che migliore è la salute, più elevati e particolareggiati i bisogni percepiti. Popolazioni in condizioni di salute deprivate esprimono bisogni di salute minori. Se la salute nella popolazione è soprattutto determinata da fattori socio-economici gli “ulteriori” miglioramenti diffi-
cilmente potranno essere ottenuti con i soli interventi sanitari. D’altro canto (come sostiene Richard Smith sul British Medical Journal) è pur vero che forse sarebbe necessario “smitizzare” alcuni assunti ormai costantemente presenti nella comunità, come ad esempio l’inevitabilità del morire, il fatto che ogni medicamento abbia solo benefici e che il differenziale strategico nel dare messaggi scientificamente corretti può essere portato solo dalle professioni non dai politici, altrimenti
non sono credibili e non possono generare cambiamento culturale. Quanto della domanda di salute, potrebbe essere affrontata da altri sistemi (per
esempio dalle politiche ambientali)? Dipende dall’offerta di servizi sanitari, piuttosto che dal bisogno di salute vero e proprio?
Di fatto il miglioramento delle condizioni di vita
e lavoro determina più salute, ma la domanda
espressa di servizi sanitari e, con questa, la spesa
per la sanità, cresce continuamente.
In pratica alcuni sostengono che prima bisogna
definire i bisogni che il Ssn deve soddisfare, poi
stimare conseguentemente le risorse: ossia governare la domanda per poi gestire l’offerta; altri invece che prima occorre definire esplicitamente le
risorse disponibili per il Ssn, poi, sulla base di queste, definire quali bisogni possono essere soddisfatti, quindi operare il solo governo dell’offerta.
Con l’introduzione dei Lea si è avviato un processo
di “razionalizzazione esplicita”, il che comporta dichiarare esplicitamente quale sia il fabbisogno, quali le prestazioni offerte, quali i sistemi di remunerazione, quale controllo dei processi di erogazione,
quale la valutazione degli esiti e degli effetti.
Questi presupposti hanno come obiettivo principale la tutela della salute, non la produzione di
servizi sanitari.
Di fatto la tutela della salute e la produzione di
servizi sanitari troppo spesso non coincidono e,
a tutti i livelli, non sempre esiste separazione o
distinzione tra soggetti responsabili della tutela
della salute e quelli responsabili della produzione di servizi.
[SEGUE]
▼
L
a riflessione sulla necessità di leggere realmente i
bisogni di salute di una comunità è cresciuta nell’ambito degli organi politici di programmazione
sanitaria e anche nel dibattito interno alla professione infermieristica, ancor più se si pensa nella logica dell’assistenza progressivamente orientata verso il territorio.
Di fatto le soluzioni più innovative dell’organizzazione dei servizi necessitano di strumenti e metodi capaci di interpretare correttamente i bisogni
espressi dai cittadini.
Tra queste, il tentativo sperimentale della Regione Toscana, che si identifica nella costituzione delle Società della Salute, sottolinea nei suoi diversi
aspetti la necessità di porre l’attenzione sulla do-
6
Contributi
l ’ i n f e r m i e r e 10 / 2 0 05
▼
Un Ssn, per definizione pubblico, sarebbe in posizione dominante nella tutela (tutti i cittadini sono obbligatoriamente assicurati con il Ssn, le risorse sono derivate dal prelievo fiscale). Ma il Ssn
è anche proprietario della maggioranza dei servizi sanitari; altri sono proprietà di istituzioni pubbliche non Ssn, per esempio Università o istituzioni private, ma attualmente sono solo una minoranza. Una condizione di palese ed irrisolto conflitto di interesse e di forte subalternità tra la funzione di tutela e quella di produzione.
Grande parte della spesa del Ssn apparentemente sembrebbe anche dedicata a prestazioni erogate ai gruppi sociali più deboli, dando una immagine di equità e solidarietà del sistema; ma il sistema produce, comunque, inappropriatezza ed
inefficacia.
C’è da chiedersi se questa inappropriatezza non
tragga la propria origine da una non approfondita lettura della domanda/bisogno di salute e da
uno scarso investimento sulle professionalità dedicate proprio alla lettura dei bisogni, laddove essi si esprimono nella comunità, oppure sia la conseguenza di una non meglio precisata volontà di
non dichiarare il reale interesse pubblico.
D’altra parte, in questa condizione, il sistema si
auto-organizza, dedicando talvolta attenzione alle esigenze di chi ci lavora, dentro ed attorno, piuttosto che ai diritti dei cittadini.
Si genera una sorta di dualismo d’identità nel quale il Ssn “committente” è totalmente succube del
Ssn “produttore”: il primo “compra” tutto quello
che il secondo “vende”.
bliche che private), per non parlare poi dell’ambito dell’assistenza territoriale, che forse ancor più
rafforza la relazione infermiere-cittadino/comunità. Il cittadino si affida a quel professionista che
ricopre perciò un ruolo importante nel governo
della sua salute. Un altro punto-chiave è rappresentato inoltre dalla professionalità che l’infermiere ha e che gli conferisce le competenze adeguate per intraprendere una lettura del bisogno/domanda per poi contribuire in maniera significativa insieme ad altri professionisti al suo
governo.
Per i motivi sopra espressi, l’infermiere potrebbe
e dovrebbe diventare uno dei protagonisti per il
mantenimento di un precario equilibrio tra i bisogni sanitari crescenti e le risorse disponibili tendenzialmente stabili o con ritmi di crescita molto
ridotti rispetto al passato, ponendo particolare attenzione alle priorità di intervento, senza peraltro
intaccare l’equità di accesso al Ssn e di qualità e
appropriatezza dell’assistenza ricevuta.
* Dipartimento Formazione Asl 11 Empoli
** studente CdL in Infermieristica
BIBLIOGRAFIA
Il profilo della Salute e dei Servizi Sanitari della
toscana - Relazione Sanitaria Regionale 20002002
Stefanini, Da una Politica dei Servizi ad una Politica per la Salute: i piani per la salute e la nuova
Sanità Pubblica (articolo)
C.A.Perucci, Dal razionamento implicito iniquo alla razionalizzazione equa (articolo)
COSA FA (E COSA POTREBBE FARE)
L’INFERMIERE
Brevi
In questo scenario, il ruolo del professionista infermiere dove si colloca? L’infermieristica dove agisce? Dove potrebbe invece agire?
Questi interrogativi sono lecitamente posti se si
pensa che per numerosità di professionisti impegnati quotidianamente nella tutela della salute dei
cittadini, gli infermieri rappresentano un corpus
significativo. La loro posizione organizzativa nel
sistema sarebbe altresì privilegiata, se si considera la relazione che viene instaurata con l’utenza,
sia per ciò che riguarda i molteplici interventi assistenziali erogati in strutture ospedaliere (sia pub-
LA GRECIA SI ISPIRA ALL’IPASVI
L’Ipasvi è un modello per la categoria infermieristica greca e anche l’esperienza della Fepi, il suo impegno e gli
obiettivi raggiunti, incoraggia la Grecia a diventarne parte. “E vi assicuriamo che cercheremo di esserlo al più
presto possibile”. Ad affermarlo è stata il secondo vicepresidente dell’Ente Ellenico per la Regolamentazione
della Professione infermieristica, Thalia Bellali, intervenuta al XIV Congresso della Federazione nazionale dei
Collegi Ipasvi dello scorso ottobre.
Raccontando l’esperienza del proprio Paese, Bellali ha
annunciato che la Grecia ha istituto in agosto del 2004
l’Ente Regolatore al quale tutti gli infermieri dovranno
obbligatoriamente iscriversi. “Attraverso l’Ente – ha aggiunto – speriamo veramente di poter introdurre dei
cambiamenti radicali per gli infermieri greci in tante aree
e, soprattutto, nelle sedi dove si prendono le decisioni e
si discutono le questioni politiche, sia all’interno, che all’esterno dei nostri ambiti prettamente professionali”.
Ringraziando la presidente Ipasvi, Annalisa Silvestro, per
aver invitato la delegazione greca a partecipare al Congresso, Bellali ha concluso il suo intervento affermando:
“Speriamo molto nel vostro aiuto e cooperazione, necessari, grazie alle vostre conoscenze ed esperienza, a superare questi nostri compiti difficili”.
OTE: GLI ANZIANI SONO SEMPRE PIÙ POVERI
Energia, casa, medicine e servizi sanitari: gli aumenti dei
prezzi e delle tariffe nel periodo 2005-2006 eroderanno il 12,3% del reddito mensile medio famiglie anziani
(l’8,7% nell’anno in corso). A sollevare l’attenzione sul
disagio economico dei pensionati è il Dipartimento Economico dell'Osservatorio della Terza Età (Ote).
“I 10.964.000 pensionati che ricevono un assegno men-
sile medio netto di 837 euro (10.891 euro all'anno) nel
2005 avranno sborsato circa 980 euro in più, a cui si
aggiungeranno i 360 euro previsti per l’anno prossimo”, ha spiegato il direttore del Dipartimento, Andrea
Monorchio.
“Alla fine del 2006, il caro vita avrà bruciato oltre un
mese e mezzo di reddito, ovvero circa 1.341 euro, costringendo gli anziani a tirare ancora di più la cinghia.
Un’impresa certamente non facile, visto che la gran parte dell’assegno pensionistico è già destinato ad affitto,
energia, cibo e cure mediche, cioè le esigenze primarie e vitali per la terza età e non certo per svaghi e viaggi, che restano un miraggio per la maggior parte degli
anziani”. Per questo il Segretario generale dell’Osservatorio della Terza Età, Roberto Messina, mette in guardia il Governo “sulla reale prospettiva di creare altri
milioni di poveri”.