Introduzione

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Introduzione
Il product placement cinematografico
Introduzione
“Nel 1910 producevamo 10 miliardi di sigarette l’anno, nel 1930 siamo
arrivati a 123 miliardi. Che è successo nel frattempo? Tre cose: la Guerra
Mondiale, le diete e il cinema. 1927 nasce il cinema sonoro, all’improvviso i
registi devono dare agli attori qualcosa da fare mentre parlano, Cary Grant,
Carole Lombard fumavano, Bette Davis una ciminiera e Bogart? Vi ricordate il
primo film con Lauren Bacall? Lei entra ancheggiando sinuosamente, ha 19
anni, puro sesso e dice: «qualcuno ha un fiammifero?» Bogart le lancia la
scatola e lei la prende, la più grande storia d’amore del secolo, com’è iniziata?
Accendendo una sigaretta.
Oggi, quando qualcuno fuma in un film o è uno psicopatico o è un
sudamericano, il messaggio che Hollywood deve mandare è che fumare è fico, ci
serve il cast di Will & Grace che fumano in salotto, Forrest Gump che dà un tiro
tra un cioccolatino e un altro, Hugh Grant che riconquista l’amore di Julia
Roberts con un pacchetto della sua marca preferita, le sue Virginia Slims. La
maggior parte degli attori già fuma, se cominciano a farlo sullo schermo
possiamo riportare il sesso nelle sigarette!”. (da Thank you for smoking, 2006)
Nick Naylor, il protagonista del film, di mestiere fa il “lobbista” e lavora per
le multinazionali del tabacco. A fronte del calo delle vendite delle sigarette, in
una riunione con i suoi colleghi di lavoro pronuncia il discorso sopra riportato.
Tale ragionamento consente di dare l’avvio a numerose osservazioni inerenti le
principali tematiche che verranno affrontate nella presente trattazione quali la
comunicazione, il cinema, la pubblicità e, più specificatamente il product
placement.
Innanzitutto precisiamo che con tale terminologia, si intende la pratica
inerente l’inserimento pianificato di prodotti di marca nei film per ragioni
commerciali (Gupta, Gould 1997).
Il product placement incarna a pieno il processo attraverso il quale la linea di
demarcazione tra pubblicità e intrattenimento è divenuta, con gli anni, sempre
più labile.
Le sigarette costituiscono un prodotto nocivo per la salute e già da molti anni
sono al centro dell’attenzione delle autorità pubbliche che devono tutelare il
benessere dei cittadini. Le numerose e pressanti campagne informative sui danni
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del tabacco hanno reso, nel corso del tempo, consapevoli tutti i consumatori dei
rischi che si corrono fumando, esercitando efficaci azioni volte a farli desistere.
Chi vende le sigarette si trova ad operare in un ambiente ostile con forti
restrizioni normative soprattutto in ambito comunicazionale (il divieto assoluto
di pubblicizzare tali prodotti nella gran parte dei mercati mondiali).
La soluzione proposta da Nick fa riflettere innanzi tutto sulla possibilità di
utilizzare un mezzo di comunicazione non tradizionale, quale il cinema, per
veicolare messaggi a carattere commerciale relativamente a prodotti discutibili
sul piano etico quali le sigarette. Inoltre, emerge come tale pratica sia stata usata
ripetutamente nel corso degli anni producendo buoni risultati senza per questo
attirare l’attenzione delle autorità pubbliche.
Non è da trascurare poi il vasto pubblico che si può raggiungere con i film.
L’industria Hollywoodiana in particolare riesce a distribuire i suoi prodotti su
scala mondiale ottenendo le migliori performance al botteghino e sui vari
mercati secondari quali il noleggio, la vendita (dvd/vhs) e la televisione.
In sostanza far vedere le persone che fumano nei film stimola azioni
emulatorie da parte degli spettatori contribuendo a consolidare tali abitudini di
consumo. Se poi a fumare sono i beniamini del grande schermo, il gioco è fatto.
Non solo si può stimolare in generale il consumo ma si possono arricchire di
significati i vari marchi di sigarette e le differenti situazioni di consumo
contribuendo a creare e consolidare dei veri rituali. Come sostiene efficacemente
il nostro “lobbista”: «bisogna riportare il sesso nelle sigarette!» e ciò ovviamente
attraverso l’utilizzo dello strumento ritenuto più idoneo ossia il product
placement cinematografico.
I contesti di mercato odierni vedono sempre più consumatori refrattari alla
comunicazione commerciale tradizionale che cercano di evitarla grazie
all’utilizzo di strumenti tecnologici ad hoc quali telecomando e
videoregistratore. Oggi la gran parte del pubblico è ben cosciente delle tattiche di
marketing utilizzate dalle aziende per comunicare e ciò la annoia ed infastidisce
soprattutto svolgere il ruolo del ricevente passivo e manipolato. Numerosi
esempi balzati alla cronaca di recente (ad esempio il successo di MySpace o di
YouTube) testimoniano la voglia di protagonismo del consumatore odierno,
tanto che le imprese cercano di coinvolgerlo il più possibile nel processo di
comunicazione fino addirittura alla creazione di veri e propri spot pubblicitari
“self made” (“Italia Uno!” tanto per fare un esempio). Lo sviluppo di Internet ha
poi alimentato tale processo tanto che la copertina del Time di fine 2006,
facendo un bilancio sull’anno trascorso, riporta uno specchio con lo slogan “la
«persona dell'anno»? Sei tu” per aver preso le redini dei media globali, per aver
fondato e aver dato forma alla nuova democrazia digitale, per aver lavorato
gratis e aver battuto i professionisti al loro stesso gioco. I creatori e i
consumatori dei siti Internet “user-generated” hanno mostrato l'esistenza di una
comunità globale e di una collaborazione tra questa mai vista finora. Si tratta dei
molti che tolgono il potere ai pochi, dell'aiuto reciproco gratuito, di come ciò non
solo cambierà il mondo, ma anche il modo in cui il ciò sta avvenendo.
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Le aziende chiaramente si sono accorte dello sviluppo di tali fenomeni per cui
sono alla continua ricerca di nuovi strumenti, giudicati non convenzionali, per
comunicare col proprio target di riferimento. Ottimi esempi da questo punto di
vista, sono rappresentati dal guerrilla marketing, il marketing virale ed infine il
product placement.
Tale strumento, soprattutto in ambito cinematografico, è considerato una fonte
vitale di finanziamento e sussistenza, specialmente, in un settore come quello
Italiano fino a pochi anni fa, basato quasi interamente sul finanziamento
pubblico.
Il primo capitolo della presente trattazione affronta specificatamente le
tematiche relative al settore cinematografico. Viene fornita una visione
d’insieme su come le dinamiche competitive si articolano lungo la filiera
produttiva che vede l’azione congiunta di tre importanti comparti quali
produzione, distribuzione ed esercizio. Ciascun comparto poi sarà analizzato alla
luce del contesto italiano ed in contrapposizione al settore statunitense in quanto,
quest’ultimo rappresenta, per organizzazione e dimensioni economiche, il
modello a cui tutti i mercati mondiali tendono.
Il secondo capitolo invece tratta la tematica del product placement come
strumento di comunicazione e finanziamento. In particolare si comincia con una
disamina sulla comunicazione aziendale mettendo in luce l’importanza e il
cambiamento di ruolo che questa variabile ha progressivamente svolto, negli
anni, nei vari marketing mix aziendali, indipendentemente dal settore in cui
opera principalmente l’impresa. Successivamente, viene proposta una sezione
nella quale si definisce il product placement come strumento di comunicazione
aziendale e si inquadra nella letteratura di marketing predominante. L’ultima
parte del capitolo secondo, previa esposizione della normativa che regola la
disciplina nel contesto italiano, si preoccupa invece di fornire una prospettiva
sull’entità economica e le dinamiche competitive dell’industria del product
placement identificando gli attori principali del comparto (produttori
cinematografici, agenzie di intermediazione e aziende inserzioniste) e le loro
principali modalità di interazione.
Il terzo capitolo affronta il tema spinoso della valutazione dell’efficacia del
product placement. Fino a poco tempo fa infatti, l’industria di marca non aveva
interesse ad investire nella misurazione dell’efficacia del product placement in
quanto esso costituiva un segmento marginale del mercato della comunicazione.
Negli ultimi anni però la pratica è divenuta più comune e la competizione
sviluppatasi tra le aziende per accaparrarsi spazi non convenzionali per
comunicare con il mercato ha innalzato l’interesse per la ricerca in questo campo
(Law, Braun-LaTour 2004). Tanto è vero che un’importante società di ricerche
di mercato come la Nielsen, già dal 2003, ha iniziato con un’attività di
monitoraggio e valutazione del product placement televisivo sul mercato
americano tenendo in considerazione la durata e la modalità di esposizione dei
vari brand (Welsh 2004). Il capitolo in sostanza presenta un modello teorico
sull’efficacia del product placement derivante dalla revisione della frammentaria
letteratura esistente sull’argomento, mettendo in evidenza la tipologia dei
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processi sottostanti l’elaborazione di tali informazioni da parte degli spettatori
esposti.
Il quarto capitolo contiene i tre approfondimenti empirici realizzati allo scopo
di contribuire al dibattito inerente l’efficacia del product placement consolidando
il modello teorico proposto nel terzo capitolo. In particolare, il primo
approfondimento empirico proposto riguarda la valutazione dell’efficacia del
product placement alla luce di differenti modalità d’inserimento del prodotto
all’interno della pellicola (placement generici contro placement specifici),
tenendo di conto degli errori che tipicamente i consumatori compiono
nell’elaborazione di tali messaggi. Si evidenziano inoltre le ripercussioni che
questi errori provocano sulle risposte del consumatore e di converso sulla
valutazione del ritorno da tali investimenti. Il secondo approfondimento
empirico tratta le strategie a supporto del product placement con particolare
riguardo alla possibilità che queste determinino un miglioramento delle varie
tipologie di risposta (cognitive, affettive e comportamentali) dei consumatori a
tali stimoli. La strategia di supporto presa in esame è il “prime” ossia
un’anticipazione sulla presenza della marca ed eventualmente sul ruolo da questa
svolge in un particolare film che i consumatori si accingono a vedere. Il terzo
approfondimento empirico invece concentra la sua attenzione sull’atteggiamento
dei consumatori nei confronti del product placement in generale. Tale parametro
è considerato dalla letteratura come una sorta di valutazione preliminare
dell’efficacia delle politiche di placement in un determinato contesto socioculturale. Saranno inoltre prese in rassegna tutte le rimostranze etiche che
l’utilizzo di tale strumento solleva negli spettatori e come queste influenzino
l’atteggiamento verso la pratica in generale. L’ultimo paragrafo traccia le
conclusioni generali inerenti alla presente trattazione mettendo in risalto i
possibili vantaggi e i relativi limiti derivanti dall’utilizzo del product placement
come strumento di comunicazione aziendale, in conseguenza ovviamente ai
risultati evidenziati nella parte empirica.
Il quinto ed ultimo capitolo infine propone l’analisi di tre casi aziendali
inerenti imprese quali Garofalo, Vodafone e San Pellegrino che si sono distinte
negli ultimi anni, nel contesto italiano, per un costante interesse nei confronti
della pratica del product placement. Per ciascuna azienda vengono messe in
evidenza le ragioni che hanno spinto ad investire nel cinema italiano e le
modalità attraverso le quali sono stati stabiliti gli obiettivi della politica
comunicazionale da raggiungere tramite l’implementazione di operazioni di
placement. Ciascun caso si caratterizza poi per alcune peculiarità inerenti
l’integrazione dello strumento nei vari mix comunicazionali e il suo utilizzo in
termini sia strategici che operativi.
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Ringraziamenti
Per la realizzazione della presente monografia sono stati indispensabili i
contributi e la collaborazione di diverse persone sia appartenenti al mondo
accademico che professionale.
Il primo sincero grazie va al Prof. Daniele Dalli, che sin dall’inizio del mio
percorso è riuscito a coinvolgermi e stimolarmi tanto da far in modo che un
interesse personale si trasformasse in un appassionante argomento di ricerca.
Egli non solo ha indirizzato la mia attività di ricerca ma ne ha anche seguita
scrupolosamente ogni evoluzione fornendomi continui suggerimenti e preziose
critiche che mi hanno richiamato all’importanza del rigore teorico e
metodologico che la ricerca scientifica richiede. Il suo supporto è stato decisivo
non solo nella stesura presente del testo ma anche nella scelta che mi ha portato
ad intraprendere questo difficile cammino.
Un sentito ringraziamento va anche al Prof. Siva Balasubramanian per
l’ospitalità e il supporto scientifico fornitomi durante il mio soggiorno come
Research Visiting Scholar presso la Southern Illinois University. Il suo corso di
Research Methods in Marketing e la sua disponibilità a lavorare con me ad
alcuni progetti di ricerca inerenti la valutazione dell’efficacia del product
placement, mi hanno consentito di affinare la parte empirica della presente
monografia.
Ringrazio inoltre la Prof.ssa Simona Romani per avermi sempre offerto il suo
prezioso supporto scientifico e umano. Le sue osservazioni e i suoi suggerimenti
si sono sempre rivelati molto interessanti e proficui in quanto frutto di una
competenza scientifica e una passione per la ricerca assolutamente straordinarie.
Un vivo ringraziamento va anche al Prof. Gianpiero Lugli, coordinatore del
dottorato di ricerca in Impresa e Mercato, che ha seguito puntualmente
l’evoluzione del mio progetto sin dalle sue fasi embrionali fornendomi utili
indicazioni per il prosieguo.
Esprimo inoltre profonda gratitudine nei confronti dei manager che sono stati
coinvolti nella realizzazione dei casi aziendali: la Dott.ssa Paola Mazzaglia,
amministratore delegato dell’agenzia di comunicazione Camelot, il Dr Andrea
Graf marketing manager in Sanpellegrino, il Dr Emidio Mansi, responsabile
commerciale del pastificio Garofalo, la Dott.ssa Daniela Maggiori responsabile
eventi e sponsorizzazioni in Vodafone e il Dr Gianfranco Piccolo advertising e
brand director anch’egli in Vodafone.
Un ringraziamento speciale va anche a Riccardo Bernardeschi che si è
gentilmente prestato a dare una forma grafica ad una mia confusa idea per la
copertina.
Ringrazio infine di cuore tutti gli studenti che, partecipando alle raccolte dati,
hanno reso possibile la realizzazione della parte empirica.
Giacomo Gistri
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