Nuova immigrazione italiana in Canada

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Nuova immigrazione italiana in Canada
Nuova immigrazione italiana in Canada
La Nuova immigrazione italiana in Canada è matura e personaggi come Filomena Rotiroti,
Deputata dell’Assemblea Nazionale del Québec, insieme a Giovanna Giordano, Presidente dei Comites, si
danno da fare per aiutare questi giovani e meno giovani che arrivano a Montréal, città di riferimento di
molti connazionali arrivati in gran parte negli anni 50. Insieme alle due donne eccezionali che amano i fatti
piuttosto che le parole, chi le conosce lo sa, vi è un gruppo di giovani arrivati negli ultimi anni, tra i primi di
questa nuova ondata di immigrati italiani. Questi con la loro esperienza diretta, conoscono molto bene i
problemi che si incontrano arrivando in un Paese come il Canada e in maggior ragione nel Québec che ha le
sue regole a parte.
Il giorno 6 luglio 2015 vi è stato un incontro e si è deciso di dare seguito alla discussione con
l’apertura settimanale di uno sportello presso la sede dei Comites, al Centro Leonardo da Vinci. Scopo di
questo sportello è appunto quello di aiutare i nuovi immigrati rispondendo ai loro dubbi, seguendo tre linee
principali in funzione della difficoltà della questione: rispondere al momento in base alle conoscenze
dell’interlocutore, prendere nota della questione per una risposta in un incontro successivo e, nel caso più
estremo, se l’immigrato ha necessità di preparare i documenti per inviarli agli uffici provinciali o nazionali
dell’immigrazione, verrà consigliato uno o più esperti in materia.
All’incontro si è parlato di alcuni punti chiave che limitano l’entrata ai nuovi arrivati e dei problemi
che si incontrano durante la procedura dei primi anni fino ad ottenere la residenza permanente e infine la
cittadinanza canadese.
Prima difficoltà che si incontra, per un immigrato di madrelingua italiana, è ovviamente la LINGUA
FRANCESE. Il Québec seleziona i suoi candidati rilasciando un “certificat de sélection du Québec”.
Certificato che può essere ottenuto solo avendo un livello avanzato di francese altrimenti è inutile
presentare la domanda visto la mancanza di requisiti. Quindi prima di presentare la domanda si dovrà
sostenere un esame in una delle scuole selezionate dal Ministero dell’Immigrazione ottenendo un livello
avanzato B2 per la comprensione orale e per l’espressione orale. E’ giusto che tutte le persone che arrivano
nel Québec parlino il francese ma pretendere un livello più alto da parte degli immigrati quando molti
“québecois” non lo conoscono allo stesso livello richiesto dall’immigrazione, non mi sembra equo. Non
molto tempo fa, il 29 luglio 2015, sul noto giornale “METRO” che viene distribuito appunto in tutte le Metro
di Montréal, si poteva leggere un articolo della professoressa di francese di Montréal, Christine ValléeVachon, che denunciava appunto la difficoltà che incontrano gli immigrati a superare uno dei tanti test di
francese, il TEF, richiesto dall’immigrazione. Lei sottolineava appunto la difficoltà per i suoi studenti a
raggiungere un livello B2 per la comprensione orale, quando la maggiorità dei francesi che fanno il test
(cittadini di Francia) non andavano oltre il C1, trovando proprio insensata la cosa.
Studiare una lingua , per un immigrato che arriva qui e conosce solo l’italiano o solo la lingua del
suo paese, richiede tantissimo tempo ed impegno. Quindi è assurdo pretendere un livello avanzato della
lingua francese in così poco tempo, per chi vorrebbe avere il prima possibile una residenza permanente,
necessaria per rimanere in Canada ed avere una libertà lavorativa e non solo, come spiegherò in seguito.
Quando poi, giusto per farvi un esempio, molto spesso ho notato nelle e-mail che ricevo da parte di francesi
“québecois” che in molti non conoscono assolutamente la differenza tra un infinito ed un participio passato
(poiché probabilmente la pronuncia è la stessa), vivendo in un Paese dove il francese per loro è la
madrelingua.
Inoltre pretendere un livello di francese avanzato da parte degli immigrati quando tutti e ovunque
parlano inglese mi sembra un po’ eccessivo. Essendo il Canada un paese bilingue sarebbe più corretto che
tutti i cittadini e gli stessi immigrati conoscessero inglese e francese ad un livello medio, lasciando agli stessi
la libertà di approfondire la lingua o le lingue in funzione del contesto lavorativo e sociale in cui vivono.
Il fattore TEMPO è stato un altro argomento principale di discussione. Innanzi tutto l’immigrato è
qualcuno che vuole cambiare la sua vita, disposto a fare sacrifici, soprattutto lavorativi, e che quindi
farebbe anche più lavori in maniera particolare nei primi anni di arrivo nel nuovo Paese, come sanno
benissimo tutti gli italiani che sono arrivati qui negli anni ’50. Questo sia perché ha voglia di rifarsi una vita
con dignità, sia perché ha la forza di farlo perché è ancora giovane, sia perché vuole trovare quella stabilità
economica e abitativa che magari non era capace di avere prima.
Prendiamo il mio esempio, sono arrivato qui a Montréal conoscendo solo l’italiano, quindi i primi
mesi ho dovuto studiare il francese per poter trovare un lavoro (più che corretto). Poi si comincia la ricerca
del lavoro inviando CV e facendo colloqui lavorativi (altri mesi). Inizi a lavorare e scopri che sul cantiere si
parla francese ma in ufficio si parla inglese (altri mesi a studiare anche l’inglese). Con un contratto di lavoro
specializzato posso lavorare solo per il mio datore di lavoro e per nessun altro. Intanto devi aspettare un
anno lavorativo per poter passare alla fase successiva dell’immigrazione facendo la domanda di selezione
del Québec. C’è l’esame di francese da fare a livello avanzato e non hai tempo di studiare l’inglese per
avere comunque una vita sociale con gli amici che ti sei creato, i quali parlano tra loro in inglese, avendo
genitori che sono andati a scuola inglese poiché, come sappiamo, non avevano diritto ad accedere a quelle
francesi. In più se sei Ingegnere e vuoi iscriverti all’Ordine degli Ingegneri del Québec, oltre ai tempi
lunghissimi, c’è da studiare per vedere riconosciuta la tua laurea che hai già sudato nel tuo paese. Intanto
gli anni passano e ancora aspetti la residenza permanente… dopo 3 anni. In più se avessi avuto la possibilità
di lavorare per qualcun altro (visto che con il permesso che ho, sono vincolato a lavorare solo per quel
datore di lavoro), magari nel fine settimana, avrei avuto modo di migliorare il mio francese e quindi di
migliorare la mia vita economica e sociale. In più se intanto hai messo qualche soldino da parte e vuoi
magari acquistare un’auto nuova o prenderne una in locazione, non hai la possibilità di farlo perché senza
residenza permanente il finanziamento non te lo danno per un periodo che va oltre la scadenza del tuo
permesso temporaneo, quindi non conveniente ovviamente per periodi brevi.
Ritornando al fattore Tempo, dopo aver superato il test di francese (fatto e rifatto più volte, vista la
difficoltà) si può presentare la domanda per il certificato. Se si è fortunati e si rientra nella categoria dei
lavoratori specializzati, dopo 20 giorni si riceve il certificato di selezione del Québec, altrimenti si dovrà
attendere dai 3 ai 9 mesi. Una volta ottenuto questo certificato allora si può preparare e inviare tutta la
documentazione per la domanda di residenza permanente che naturalmente ha i suoi tempi, circa un anno
se tutto va bene. Perché bisogna anche considerare che qui nel Québec non vale l’Entry Express (procedura
semplificata e più veloce per ottenere la residenza permanente, circa sei mesi).
Un ultimo punto di cui si è parlato è l’ECONOMIA. Un immigrato che arriva nel Québec o in
qualsiasi altro posto del mondo, ci arriva perché vuole lavorare e fare soldi e quindi, di conseguenza,
investirli per avere un futuro migliore. E quindi inizia a lavorare, a risparmiare per potersi comprare una
casa. O almeno questa è la cultura europea e quindi italiana, che si avvicina a quella canadese molto di più
di altri Paesi che arrivano qui nel Québec e in Canada in generale. Ovviamente gli immigrati di tutti i Paesi
hanno diritto a cambiare vita, arrivando nel Québec, provincia di un Paese ospitale come il Canada, ma non
è solo la lingua francese che si ha in comune da preferire rispetto a molti altri fattori come la cultura, la vita
sociale, gli scambi economici e molto altro che ci accomuna. Inoltre acquistare una casa è lo scopo primario
per un italiano, secondo la propria cultura, quindi non accettare o limitare le entrate degli italiani, viene
meno anche l’economia del Paese, in particolar modo nella costruzione, soprattutto nelle grandi città come
Montréal (come sappiamo gli italiani sono coloro che più di altri hanno costruito Montréal con le proprie
maestranze e la loro fatica) dove, negli ultimi mesi si assiste ad un calo delle vendite dei “condos” e ad un
aumento a dismisura del numero delle insegne di “plex” in vendita.
Quindi penso che il Canada e soprattutto il Québec dovrebbe “allargare” le porte agli europei e in
particolar modo agli italiani, che vedono nella “casa” il miglior investimento, se non il più importante della
loro vita.
Domenico Zappavigna
Commissione integrazione N/A Comites di Montreal