Kircher e la Phonurgia Nova

Transcript

Kircher e la Phonurgia Nova
Emanuele Stracchi
Conservatorio di S. Cecilia, Roma
Marzo - Giugno 2016
prof.ssa Cecilia Campa, Corso di Organologia
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Athanasius Kircher,
“Phonurgia Nova”
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Indagine sulla statua parlante e sul cornetto acustico. Il “tubo conico”,
un arcaico sistema di amplificazione nell’ermetismo Barocco
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Introduzione
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Athanasius Kircher (Geisa, Fulda, 1601 - Roma 1680), padre gesuita e professore al
Collegio Romano, fu uno dei più grandi sapienti della Roma Barocca e qui passò gran parte
della sua vita; attivissimo pensatore in quasi tutti i campi dello scibile umano, scrisse
un’imponente mole di opere. In ambito teorico-musicale, il suo scritto più famoso è la
Musurgia Universalis, sive ars magna consoni et dissoni (1650).
Un’altra opera, a lungo dimenticata e recentemente riscoperta, è la Phonurgia nova
(1673), in cui Kircher mostra alcuni nuovi metodi per la produzione di suoni e la
presentazione dettagliata di numerose macchine per la produzione sonora.
Kircher è deciso ad accreditarsi l’invenzione del cornetto acustico, ideato - in realtà dall’inglese Morland pochi anni prima, sulla base di numerosi studi precedenti aventi come
punto di riferimento il napoletano Gianbattista Della Porta.
L’obiettivo di questo saggio è l’analisi di alcune sezioni della “Phonosophia
anacamptica”, il I libro della Phonurgia, quelle in cui viene riportata l’invenzione della
statua parlante sottoposta a Cristina di Svezia - con dei riferimenti all’uso diffuso nel
Cinquecento di oracoli e di antri misterici ripresi dalla tradizione greco-ellenistica - e la
realizzazione del cornetto acustico, basato sulla ricostruzione grafica del mitico corno di
Alessandro Magno.
Le caratteristiche di questi apparati fonici vengono descritte, analizzate e commentate,
alla luce del percorso biografico del Kircher. In chiusura, si sono ricercate le possibili
connessioni con le odierne tecnologie, come quella dell’amplificatore, diffuso nella nostra
vita quotidiana; con la citazione delle ricerche di Barbieri, Tronchin e Sachs si è ricercato un
possibile significato organologico studiabile oggi.
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(1) Generalità sul gesuita Athanasius Kircher e sulla questione dell’Eco.
Dotto matematico e cultore di lingue orientali, Athanasius Kircher nacque in
Germania, nei pressi di Fulda, il 12 maggio 1602. Entrato nella Compagnia di Gesù, insegnò
matematica e lingue orientali prima in Germania, poi in Francia. Fu chiamato a Roma nel
1633 da Papa Urbano VIII, per insegnare matematica al Collegio Romano e trascorse qui la
maggior parte della sua vita. Kircher rappresentò per quasi cinquant’anni la maggiore autorità
culturale del mondo cattolico, infatti fu in corrispondenza con gli uomini più colti del suo
tempo e con i gesuiti delle missioni orientali.
Egli si occupò di tutto lo scibile umano, a partire dalla filosofia, la fisica, l’alchimia,
l’astronomia, sino ad arrivare alla storia naturale, l’archeologia, la musica, e l’ermetismo.
Profondo amante del creato e dei suoi segreti, Kircher andava personalmente a studiare la
natura tenendo vivo il suo interesse per la ricerca scientifica, ma allo stesso tempo credendo
alle virtù “occulte” delle cose create e alla legge dell’analogia (nell’Opus kircheriano c’è un
chiaro rimando alla legge del “Tutto è Uno”).
Il museo da lui creato - chiamato “museo kircheriano” - fu un raro esempio di
raccolta d’arte (con pitture, statue, reperti archeologici, vetri, ceramiche), di strumenti
scientifici (come astrolabi e microscopi), di naturalia (animali, metalli, alghe) e artificiali
(statue parlanti, automi, lucerne).
Va ricordato inoltre che Kircher fu l’artefice di una delle più imponenti
Wunderkammer 1 del tempo, creata proprio all’interno del Collegio Romano.
Come ha scritto Umberto Eco, Athanasius Kircher è rimasto più famoso per i suoi
errori scientifici che non per le sue scoperte più o meno attendibili: l’opera in cui il gesuita
dispiega maggiormente le sue qualità di arguto “osservatore” è un’opera di geologia, il
Mundus Subterraneus, dove ci parla della luna e del sole, delle maree, delle correnti
oceaniche, delle eclissi, di acque e fuochi sotterranei, di fiumi, laghi e sorgenti del Nilo, di
saline e miniere, di fossili, metalli, insetti ed erbe, di distillazione, fuochi d’artificio e allo
stesso tempo con la stessa disinvoltura ci racconta mostrando le immagini di draghi e di
giganti. Kircher - spiega Eco - si confronta anche con l’alchimia, rileggendo tutta la
tradizione alchemica, dalle fonti antiche (Ermete Trismegisto, senza trascurare fonti copte ed
Il fenomeno delle “Kunst-und Wunderammern”, cioè dei “gabinetti di curiosità” è tipico dell’indagine
empirica coniugato all’interesse per le meraviglie della natura, sviluppato nel corso del Cinquecento come
“collezioni di antichità e di oggetti rari”, distintivi di prestigio per principi e nobili. Si veda il testo di Antonio
Clericuzio, La macchina del mondo, Carocci, Roma, 2005, pp. 55-57.
1
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ebraiche, nonché la tradizione araba) sino allo pseudo Lullo e a Ruggero Bacone. Kircher
allestisce un suo laboratorio e ci mostra varie specie di forni, colleziona ricette secolari, le
prova attraverso esperimenti. Egli, da buon gesuita, si allineava con la cultura
controriformista contro la tradizione protestante da cui provenivano i manifesti dei RosaCroce, ma allo stesso tempo si batte per una visione più razionale e sperimentale della
chimica a venire. Secondo Eco, è complicato classificare Kircher, dal momento che ha
vissuto tutta la sua esistenza tra “affabulazione incontenibile e alcune intuizioni quasi
giuste”.2
Kircher, affascinato da ogni forma di misticismo, scrive numerose opere in cui
intreccia saperi esoterici e credenze ermetiche a informazioni più recenti e documentate sulle
lingue, scritture e culture extraeuropee3.
In contatto con i più grandi scienziati del suo tempo e sempre aperto a molte
scoperte fisico-astronomiche, il gesuita resta legato a concezioni scientifiche del secolo
precedente (basti pensare che in astronomia non tollera le teorie di Galileo e Keplero, ma
accetta solo l’ipotesi di Tycho Brahe). Kircher conosce i culti misterici e la tradizione
oracolare di matrice greco-ellenistica. Le fonti molteplici partono dalle progettazioni del
teatro romano di Vitruvio, che spiega come si formano gli echi, fino ad arrivare alle
speculazioni del Mersenne a proposito della ninfa e l’eco.
All’epoca di Kircher i numerosissimi studi su questi temi sono un modo per
introdursi allo studio dell’acustica, in relazione forte con l’occultismo. Per Mersenne, l’eco
non si verifica dovunque ma solo a certe condizioni4. Invece all’interno della Musurgia, il
gesuita spiega che con l’eco si può fare una musica che è “policorale”, illustrando anche vari
esempi musicali “concreti”, tra cui una “Musica per Echo”, riportata in seguito nella
Phonurgia:
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Umberto Eco, La bustina di Minerva, L’Espresso, 18 Agosto 2011, http://espresso.repubblica.it/opinioni/labustina-di-minerva/2011/08/18/news/che-bel-libro-costa-230-euro-1.34384?refresh_ce
2
Pellerey, R., La tradizione magica ed ermetica, in AA.VV., a cura di Umberto Eco, L’età moderna e contemporanea, EM
Publishers, Milano, 2012, p. 109
3
Cecilia Campa, nel suo Il Musicista Filosofo, rimanda alla leggenda della Ninfa che fugge (…). A proposito di
Mersenne e delle altre questioni organologiche del tempo, si veda l’ultimo paragrafo di questa ricerca.
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(2) La “Phonurgia Nova”: I libro, “Phonosophia Anacamptica, quae & Ars Echonica
dicitur”
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Lo studioso Patrizio Barbieri - in un interessante saggio del 2006 presente all’interno
di Roma Barocca - ha indagato e sintetizzato le finalità del Kircher nella composizione della
Phonurgia Nova.
Dopo una rapida ricognizione storica sul dualismo “foturgia-fonurgia” - secondo le
teorie della fine del Cinquecento, le onde sonore venivano sostanzialmente paragonate alle
onde luminose, creando un parallelismo tra acustica e ottica - e dopo un’indagine
sull’etimologia del termine “acustica”, si passa ad analizzare la prospettiva kircheriana.
Perché, nel 1673, Kircher si propose di scrivere una fonurgia “nova”?
Già ai tempi della sua Musurgia Universalis - intorno al 1650 - il gesuita si era
servito del dualismo acustica-ottica in un paio di applicazioni di carattere pratico: la prima
riguarda la presenza di un misterioso “Oraculum Delphicum” all’interno del Collegio
Romano, forse progettato da Kircher in occasione della visita di Cristina di Svezia nel 1665;
la seconda riguarda l’invenzione (presunta) del cornetto acustico a forma di coclea,
giungendo a questo progetto facendo una precisa analogia con la coclea dell’orecchio interno.
Più avanti saranno analizzate entrambe nel dettaglio.
Seguendo la scansione logico-analitica del gesuita, nella Sectio III della Phonurgia Nova egli
realizza una poderosa indagine sui “tubi” e sulle loro proprietà acustiche. Numerosi sono gli
esperimenti condotti negli acquedotti sulla propagazione del suono. Tutto questa parte
ridondante serve allo studioso per arrivare alla Sectio IV, dove fa necessariamente un passo
indietro sul concetto di “eco”. Kircher descrive la struttura interna del Palazzo di Heidelberg,
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in cui aveva fatto personalmente un sopralluogo5. Dentro al palazzo c’era uno straordinario
effetto d’eco che colpì lo studioso, identico all’effetto presente nella cupola di S.Pietro a
Roma: seguendo lo schema della figura accanto, il parlare al centro della circonferenza
CEFG poteva esser percepito da altre persone alle posizioni nei punti F e G.
Il gesuita cerca di spiegare il motivo e trova le cause, corrette da un punto di vista
scientifico. Analizza il materiale con cui è fabbricato il pavimento, costruito in stile
“Veneziano”, dimostrando che il fenomeno è riconducibile al problema dalla camera ellittica.
L. Tronchin
E’ la forma a determinare l’eco: la forma ellittica - avente due fuochi - crea un sistema di
3.4 The Elliptical Room
rifrazioni sonore, tale che ogni linea diretta verso un fuoco è automaticamente diretta verso
Kircher demonstrated his knowledge that the geometric shape of rooms would influence acoustic
l’altro
fuoco.One
Il of
principio
fisico distudies
tale artifizio
era
stato ofillustrato
precedenza
behaviour.
his most interesting
is regarding
thegià
capability
ellipticallyinshaped
ceilings todal
better transmit and reinforce the voice better than any other shape. Kircher understood that the ellipse,
6
Bettini
(allievo
Biancani)
nelused
1642.
which
has two di
focuses,
could be
for the construction of a room; with an ellipsoidal vault it would be
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possible to use these two focuses in order for two people to communicate with each other (Fig. 2, below).
Figure 2 Heidelberg’s echo (above) and the elliptical room (below). In both rooms Kircher analyzed the effect of the shape
of the ceiling to reinforce the voices.
Tronchin, L., Mastromatteo, G., Il meraviglioso sonoro nella Phonurgia Nova (1673) di Athanasius Kircher, 34th
National Congress of AIA, Firenze, 2007, p. 5
Kircher’s intuition and consequent observations were of course correct. In the ellipse every straight line
outgoing
from a focus
willPhonurgia
be directed
the other
focus.
Moreover,
the more
reflecting
areda
theCortona,
surfaces,eds.
6 Barbieri,
P., Athanasius
Kircher:
novato[…],
in Roma
Barocca.
Bernini,
Borromini,
Pietro
the more
concentrated
are the sounds.
such case the
property
of the sound are effectively
Marcello
Fagiolo,
Paolo Portoghesi,
Milano,InMondadori
Electa,
2006,ofp.restitution
307
surprising.
In order to strengthen his observation, Kircher also suggested the surfaces of the inner walls of the
ellipsoidal vault should be rendered clean with a mixture of water and Arabic rubber to optimize the !6
acoustic effect.
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(3) La misteriosa “statua parlante”7
Un passo della Phonurgia descrive nel dettaglio un Oracolo Delfico, contenuto nel
Museaeum Kircherianum. Al capitolo XI del I libro, c’è una descrizione di una strana e
curiosa invenzione, la statua parlante, causa di numerose discussioni e alcuni studiosi,
seguaci dei principi delle scienze occulte, credevano che la statua fosse realizzabile.
La leggenda voleva che Alberto Magno avesse costruito la testa di un uomo che
poteva pronunciare perfettamente dei suoni articolati. Inoltre Kircher aveva dichiarato nel suo
Oedipus Aegyptiacus8 che gli egiziani avevano costruito delle statue in grado di parlare; al
contrario, molti avevano affermato che questa idea era in contrasto con le leggi naturali,
sostenendo quindi che un tale dispositivo non era mai stato realizzato.
La conclusione era che le macchine di Alberto Magno e degli Egiziani erano
“contraffatte”, oppure costruite con l'aiuto di “spiriti maligni” e “divinità”9 che avrebbero
dato risposte attraverso oracoli a forma di statue. Altri consideravano fattibile che una statua
potesse esser costruita con la capacità di pronunciare alcuni suoni articolati: seguendo gli
esempi presenti in natura, sarebbe possibile per il vento animare una specie di laringe
meccanica, come la lingua e altri organi fonetici in grado di produrre l'effetto “chiaro” di una
voce articolata.
Tuttavia, Kircher non ha mai voluto entrare nella discussione sulla celebre statua di
Alberto Magno o dei dispositivi dell’Antico Egitto, poiché pensava che erano impossibili da
realizzare. Pertanto ha fornito un metodo di costruzione alternativa per una statua simile, in
grado non solo di pronunciare suoni articolati, ma anche di cantare, rispondere a tutte le
sollecitazioni e di riprodurre i versi degli animali.
7
Kircher, A., Phonurgia nova (…), Sectio VI, Caput I (p. 113)
La studiosa Cecilia Campa ha spiegato la questione degli oracoli nel suo Furori e Armonie, sostenendo il fatto che
il gusto per l’occultismo nel Cinquecento e nel Seicento è ricollegabile anche alla ripresa degli oracoli di
tradizione greca. Grotte iniziatiche, oracoli, antri in cui riprodurre culti misterici antichi: tutto ciò viene ripreso
in epoca cinquecentesca. Procedendo da Vitruvio e dalle indicazioni da lui date per il teatro romano si ascrivono
alla tipologia di antro anche le ambientazioni campestri decorate con Ninfe aventi d’oro, mentre in loro
prossimità appare Hermes con il caduceo vestito di abiti magnifici. A proposito dell’antro delle Sibille - spiega la
Campa - è fondamentale la descrizione di van Dale circa la profezia della Pithia e dell’antro di Trofonio.
Descrivendo alcuni passi di Holstenius, viene rammentato come Socrate - nel Fedro platonico - parli del “furore”
come dono divino di testimonianza oracolare. Ha sottolineato inoltre che “va ricordato in questo contesto come
lo stesso Athanasius Kircher attinga proprio ad Apuleio per la ricostruzione sinottica e iconologica del complesso
Iside-Madre degli Dei-Diana-Luna riportata nel qui più volte menzionato Oedipus” (si veda p. 277); è importante
anche la relazione tra musica ed egittologia: Kircher era un appassionato studioso dei geroglifici egizi e ci sono
molte informazioni relative al nesso musica-demoniaco (si veda p. 719).
8
Vedere il saggio di Tronchin. Per ulteriori informazioni su può consultare il saggio già citato di Antonio
Clericuzio, dove si riporta una panoramica della storia delle scienze e delle tecniche dal Rinascimento a Newton.
9
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Il testo della Phonurgia relativo alla figura 1, spiega questo:
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“All’interno di una stanza ABCD, un tubo a forma di spirale (cocleato) è
stato posto nel punto E o nel condotto verticale S; inoltre si ha una statua
avente movimento della bocca e degli occhi e che sembra avere vita
attraverso l'intera massa del corpo. Questa statua deve trovarsi in un dato
luogo al fine di permettere che il tratto terminale del tubo a spirale
corrisponda esattamente alla apertura della bocca. In questo modo, sarà in
grado di emettere chiaramente ogni tipo di suono. Infatti, la statua potrà di
parlare in continuazione, pronunciando sia con voce umana che animale:
potrà ridere o sghignazzare; sembrerà piangere davvero oppure lamentarsi;
a volte, con grande stupore, potrà urlare fortemente. Se l'apertura del tubo a
forma di spirale si trova in corrispondenza di uno spazio pubblico aperto,
tutte le parole pronunciate, concentrate nel condotto verranno riprodotte
attraverso la bocca della statua: se si tratta del suono di un cane, la statua
sembrerà abbaiare, se qualcuno canta, la statua sembrerà cantare e così via.
Se un vento soffia, l’aria è immessa nel tubo a spirale e pertanto la statua
emetterà dei suoni molto forti. Applicando il suono ad un tubo, si potrà
suonare. Portando la tromba vicino alla bocca della statua, lo strumento
musicale suonerà e si potranno numerosi divertenti effetti di questo tipo, a
condizione che il tubo a spirale sia disposto con la massima attenzione”.
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Cristina di
Svezia visitò nel
1665 il Collegio
Romano e Kircher,
per renderle
omaggio e stupirla,
progettò una testa
parlante in grado di
rispondere alle domande dell’importante visitatrice, secondo il progetto riportato
successivamente nella Phonurgia. L’effettiva presenza di questo Oracolo Delfico viene
registrata nel museo soltanto nel 1678. Un artificio simile, ispirato a quella leggendaria testa
parlante attribuita ad Alberto Magno, era già stato descritto da Giambattista Della Porta nel
158910. Quest’ultimo - ci ricorda il Barbieri - aveva suggerito di far pervenire la voce alla
scultura tramite un sottile tubo di piombo, mascherato ad hoc, una soluzione simile a quella
adottata da Kircher nella Musurgia. Però il gesuita si serve di una stanza a soffitto ellissoidale
i cui raggi vanno a concentrarsi sull’altro
fuoco: questo esempio è simile a quello
della Phonurgia, quindi significa che fu
ripreso più tardi proprio per la descrizione
dell’effetto dell’eco, per il problema della
statua parlante e per indagare la curiosa
invenzione del cornetto acustico.
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(4) Il mitico corno di Alessandro Magno11
I motivi che spingono Athanasius Kircher ad indagare il problema del cornetto
acustico nascono probabilmente dal desiderio di accaparrarsi l’invenzione.
Infatti, la paternità della “tuba stentoreo phonica” fu annunciata dall’inglese Samuel
Morland il 9 giugno 1670, durante una seduta della Royal Society londinese.
10
Barbieri, op. cit., p. 306
11
Kircher, A., Phonurgia nova (…), Sectio III, Experimentum III (pp. 66-68) e Sectio VII, Caput VII (pp. 132-134)
!9
Il testo di Morland dove è illustrata la tromba parlante fu pubblicato l’anno dopo, nel
1671, col titolo An account of the speaking trumpet.
Questo cornetto acustico, antenato dell’odierno megafono, è il chiaro esempio di un
tentativo di migliorare la trasmissione dei dati e delle informazioni. In un saggio sulla storia
della comunicazione, lo studioso Lo Cascio ha spiegato una cosa fondamentale: innanzitutto
ricordare che tra le più antiche testimonianze storiche giunte sino a noi, l’uso del corno risale
al III secolo a.C. (in quel periodo viene documentato un corno greco circolare, adoperato per
le segnalazioni belliche dall’esercito di Alessandro Magno, dalla potenza acustica udibile a
grande distanza, in dotazione alle truppe); poi bisogna spiegare che Greci e Romani
utilizzarono questi corni durante le battaglie, sia per incutere timore agli avversari sia per
“autoeccitarsi” alla lotta. In età ellenistica, l’esercito romano aveva in dotazione numerosi tipi
di corni con differenti modulazioni, tali da costituire un vero e proprio “arsenale” acustico.
Il linguaggio dei corni in ambito militare
era talmente importante da essere
ricordato nella Chanson de Roland, dove
Orlando - paladino di Carlo Magno richiamò l’esercito attraverso il corno
d’avorio Olifante, per evitare il disastro
dell’attacco dei Saraceni ai danni dei
Franchi.12
Cecilia Campa13 ha spiegato nel suo
poderoso saggio Furori e Armonie che i
greci avevano uno strumento sacrale, la
tibia, una sorta di corno che era l’archetipo
dell’odierno “tubo” inteso come canna
dell’organo. Indicativamente, a livello
organologico gli esemplari primitivi di
Lo Cascio, P., Comunicazioni e trasmissioni. La lunga storia della comunicazione umana dai fani al telegrafo, Rubbettino
Editore, 2002, pp. 49-51
12
Campa, C., Furori e armonie. Utopie della musica antica nella tradizione umanista, Liguori, Napoli, 2009, p. 700 e sgg.
Nell’appendice della nostra trattazione si parla del trattato di Bartholin in cui si spiega l’etimo delle tibie.
13
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corno - detti anche Tibie, ma l’origine etimologica è problematica (per i Greci l’aulos era una
cosa, il corno un’altra:) - erano costruiti con corni di animale.
Più tardi, vennero costruiti in bronzo, in rame, in argento: esistevano corni di svariati
tipi sia presso gli Etiopi, gli Assiri, gli Egizi, sia presso gli Ebrei e anche presso i Greci14.
Kircher fa leva, per la sua ricerca sul cornetto acustico, su una leggenda antichissima. Si
racconta che al tempo di Alessandro Magno si costruissero grandissimi corni, capaci di un
suono tanto potente da potere essere uditi a parecchi chilometri di distanza. Servivano come
segnali durante le battaglie e, dato il suono vigorosissimo e rauco, anche per portare
confusione e spavento nelle file dei combattenti.15
Il gesuita, affinché gli venga riconosciuta la priorità dell’invenzione - mostra due prove
inconfutabili. La prima è che nel 1646 (molti anni prima di Morland) nell’opera Ars Magna
Lucis et Umbrae ricostruì graficamente la mitica tromba parlante di Alessandro Magno. La
seconda prova riporta l’esperimento del condotto acustico fatto installare dal gesuita presso il
Collegio Romano: il Nostro poteva parlare con il portiere rimanendo in camera.16
Il corno di Alessandro Magno rappresenta una delle immagini sonore più rilevanti della
Phonurgia Nova17 e la sua ricostruzione fu possibile attraverso delle ricerche condotte dal
Per un’attenta analisi della “Questione delle origini” si rimanda al problema delle “Tibie”, corni primitivi
ottenuti o dalle piante di canna o dagli ossi della gamba, descritti a livello storico e diacronico nel saggio di
Cecilia Campa, che riprende la descrizione effettuata nel testo di Giulio Cesare Scaligero: “Per quanto attiene le
tibie, il tono appare già dall’inizio molto impegnativo, primi strumenti nella visione diacronica che si fregi di
un’ampia letteratura anche sui miti originari, fatta eccezione per la ripulsa da parte di Minerva, qui sottaciuta; al
contrario, la divinità viene positivamente annoverata tra gli ipotetici inventori dello strumento. Le molteplici
attribuzioni e versioni mitografiche comportano anche una quantità di informazioni e dati su tipologie degli
strumenti, loro distribuzione geografica, modi e armonie che li caratterizzano, affetti e modalità etiche cui le
stesse vengono associate. Altrettanto ampio il tratto più strettamente organologico che fa luce, pur sempre in
chiave storica, sulle due principali tipologie di strumento detto tibia; si tratta di quella cosiddetta monoaula, per
la quale lo studioso ripercorre i vari etimi dalle gringine, ricordandone usi in ambito funebre o conviviale, dal
suono tanto acuto come grave, e di quella doppia, della quale vengono suggerite due modalità di produzione di
suono anche simultanee, presentata per la sua affinità con l’hydraulos.” [pp. 436-437] Poi continua descrivendo
più approfonditamente le Tibie destre e quelle sinistre: “La distinzione tra tibie destre e sinistre per il fatto che
vengano insufflate da un lato o dall’altro del corpo del suonatore introduce a una distinzione anche timbrica, e
di lì alla predilezione da parte di popoli non classici per suoni acuti in caso di impiego in cerimonie e rituali di
lutto, mentre i latini o i classici in genere vi hanno sempre prediletto la sonorità grave e scura. Ne è poi
fondamentale la ricostruzione soprattutto per gli impieghi nel teatro” [p.438] L’argomento viene ripreso anche
più avanti, descrivendo anche la funzione terapeutica del “canto delle tibie” [vedi p. 708 e seguenti]
14
15
http://www.treccani.it/enciclopedia/corno_(Enciclopedia-Italiana)/
Barbieri, P., Athanasius Kircher: Phonurgia nova […], in Roma Barocca. Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, eds.
Marcello Fagiolo, Paolo Portoghesi, Milano, Mondadori Electa, 2006, p. 306
16
Briatore, S., Spettacolo e Sonoro per immagini. La spettacolarità nella Phonurgia Nova di A.Kircher. Dall’ottica all’acustica,
dallo sguardo al suono, in Scienze e Ricerche, n° 23, 15 Febbraio 2016, Agra Editrice srl, Roma, p. 11
17
!11
gesuita all’interno della Biblioteca Vaticana18: nell’immagine qui a fianco, contenuta nella
Phonurgia, egli ipotizza che la circonferenza del corno sia di circa 45 palmi e ne deduce non avendo altri dati - che lo strumento sia agganciato, tramite un anello, ad un sostegno
treppiedi (indicato con i punti STV).
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Il testo a cui il Kircher fece riferimento era i Secreta Aristotelis ad Alexandrum Magnum.
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Nella figura sotto è riportata una figura simile, presente all’inizio della Phonurgia, e
Kircher spiega che “se si pone una voce dal punto A verso la direzione del punto B, allora
essa sarà riverberata verso il punto V” e continua al Caput III “si superficies Echica, sive
Phonica fuerit ad objectum anacampticum normalis & simul orizzonti parallela, Echo
nascetur, Vel othophona (che si può sentire con l’orecchio), Vel loxophona (che si può vedere)
pro diverso situ vocalist destro, vel sinistro”. In seguito, a pagina 57 della Phonurgia
conclude col fatto che “Echum in Latino respondere faciunt ut in sequentibus verbis patet”
analizzando in sequenza progressiva l’effetto d’eco della parola “Clamore”:
CLAMORE
AMORE
MORE
ORE
RE
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!13
L’esperimento realizzato a Palombara Sabina, vicino Tivoli, presso il Santuario della
Mentorella19 è di fondamentale importanza storico-musicale. Fu la prima spettacolare
dimostrazione pubblica escogitata da Kircher nel 1672: la rupe di Sant’Eustachio.
Attraverso un possente tubo conico lungo 15 palmi (corrispondenti a 335,1 cm) - la
cui portata giungeva fino ad alcuni paesi vicini, distanti dalle due alle cinque miglia - cantò
delle litanie e chiamò a raccolta i fedeli, riuscendo a riunire e congregare per il vespro serale
una folla di 2200 persone.20
Nella figura sotto, tratta sempre dalla Phonungia Nova, viene mostrata la posizione
del tubo conico e le diverse direzioni dell’eco nella valle.
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19
Kircher, A., Phonurgia nova (…), Sectio VI, Caput I (pp. 111-115)
Barbieri, P., Athanasius Kircher: Phonurgia nova […], in Roma Barocca. Bernini, Borromini, Pietro da Cortona,
eds. Marcello Fagiolo, Paolo Portoghesi, Milano, Mondadori Electa, 2006, p. 308
20
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(5) Possibili connessioni con le tecnologie odierne?
L’amplificazione dei suoni, prima dell’avvento dell’elettronica, era tutta basata sulla
sorpresa dell’effetto d’eco e sul gioco della rifrazione delle onde sonore; ovviamente, non si
conosceva nient’altro.
Il mondo dei suoni e dell’elettronica oggi è talmente radicato nella vita e nelle
relazioni di ogni persona che ormai si è persa la consapevolezza della rivoluzione apportata
dall’introduzione delle tecniche di amplificazione - decenni or sono - in fatto di
miglioramento della qualità della vita dal punto di vista delle relazioni sociali. Difficile
immaginare come sarebbe il mondo senza l’amplificazione audio. Infatti, ogni radio,
televisione, telefono, sistema hi-fi che utilizziamo quotidianamente contiene uno o più
amplificatori al proprio interno.
Potremmo tracciare un “ideale” parallelo tra il lavoro svolto all’epoca di Kircher e la
moderna applicazione in campo elettronico. Tutto nasce dall’utilizzo di tubi a vuoto
(chiamate anche valvole, un meccanismo sorprendentemente simile, nella concezione
generale, alle tibie o ai tubi di Kircher!) progressivamente abbandonati per lasciare il posto intorno agli anni ’60 - a particolari componenti elettronici detti transistor, che costituiscono la
base per il funzionamento di un qualsiasi amplificatore.
L’amplificatore odierno21 è un dispositivo elettronico che “preleva” un segnale da
una sorgente e lo trasforma verso la sua uscita per essere in qualche modo riprodotto,
utilizzando la tecnica della “retroattività” molto importante per il miglioramento della
linearità.
In altre parole, il sistema riproduce in uscita esattamente quello che ha ricevuto in
entrata, ma purtroppo non esiste un amplificatore capace di aumentare un segnale senza
“modificarlo” almeno in minima parte: il processo di amplificazione infatti è sempre
suddiviso in diversi stadi.
Esiste nell’amplificatore un primo stadio di ingresso, un secondo stadio intermedio e
un terzo stadio di uscita. Il processo è simile - incredibile dictu! - alla descrizione kircheriana
del funzionamento dell’eco, del tubo conico e dell’arpa eolica.
!
Per la redazione si è vista una sintesi di un Laboratorio di Elettronica, da cui sono stati tratti numerosissimi
spunti, all’indirizzo http://www.istitutobartolo.it/public/didattica/tdp/Tesina-amplificatore.pdf
21
!15
stadi disposti in cascata, ovvero connessi in modo che l’uscita di ciascuno stadio funga da sorgente
di segnale per lo stadio successivo.
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4
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Stadio finale o
di potenza
Stadio di
amplificazione
intermedia
Stadio di
ingresso
!
4
Introduzione
Phonurgia Nova, p. 160
Phonurgia Nova, p. 162
!16
(6) Conclusioni. Esiste un significato organologico studiabile oggi?
Secondo Barbieri, Kircher non fu un vero innovatore. La critica sollevata dallo
studioso permea l’intero saggio del 2006 pubblicato in Roma Barocca: l’importanza della
ricerca kircheriana è rintracciabile solo nell’ambito dei tubi sonori.
Il gesuita fu senza dubbio un instancabile “compilatore” e quindi potremmo dire che
l’originalità risiede soprattutto nel fatto che egli fu un eccezionale osservatore, autore di
numerosissimi esperimenti, in parte precursore di un metodo che si è prefigurato come
“metodo scientifico”. Bisogna ricordare inoltre che con la venuta della Modernità gli
intellettuali del Rinascimento e del Barocco - come Kircher - furono smentiti nel momento in
cui credevano di aver tirato le fila dell’unico vero sapere, la scienza universale in cui le
epoche e le civiltà trovavano un senso unitario.22
A questo punto si può chiudere il circolo della nostra ricerca inserendo l’indagine
dello studioso Curt Sachs: la conclusione quindi va riportata al ventesimo secolo, osservando
se esiste oggi un concreto significato organologico indagabile.
Curt Sachs, musicologo, etnomusicologo ed organologo tedesco di origine ebraica, è
stato l’autore di un classico della musicologia: la Storia degli strumenti musicali, un saggio
redatto nel 1940 e aggiornato fino alle più recenti tendenze della popular music, della musica
elettronica ed elettroacustica, dell’informatica applicata alla musica, della nuova estetica nata
con il disco, la radio, il cinema (come quella di Walter Benjamin).
Con la sua vastissima sapienza etno-antropologica, estetica, storiografica e anche
glottologica, Sachs affronta la storia degli strumenti musicali analizzando i molti aspetti
tecnici dell’organologia sin dalle origini e tenendo conto di ogni area geografica del Globo,
dal tam-tam delle epoche preistoriche agli strumenti a corda, a fiato e a percussione delle
grandi civiltà Greca e Romana, sino al Medioevo, al Rinascimento, al Barocco, al
Romanticismo.
Va ricordato che il sistema di classificazione degli strumenti musicali realizzato da
Sachs assieme ad Hornbostel ha fatto scuola, pubblicato nel 1914 all’interno dello Zeitschrift
für Ethnologie.23 Il sistema, che viene derivato dal francese Mahillon, suddivide gli strumenti
22
Rocca, A., Sacro Bosco. Il giardino ermetico di Bomarzo, Sette Città, Viterbo, 2014, p. 15
Hornbostel-Sachs, Zeitschrift für Ethnologie, vol. 46, 1914, pp. pp. 553-90. E’ possibile trovare il file col testo
originale, in diversi formati, presso la Biblioteca digitale dell’Università di Toronto, all’indirizzo https://
archive.org/details/zeitschriftfre46berluoft
23
!17
in idiofoni, membranofoni, cordofoni, aerofoni ed elettrofoni. Tale sistema, ad oggi, è quello
più usato e soprattutto uno dei migliori.
A proposito della distinzione (praticamente “inesistente”) tra aulos e tibia, Sachs nel
suo testo spiega che
!
“la migliore traduzione del termine greco aulos potrebbe essere canna,
ossia aerofono di canna, e la stessa traduzione potrebbe valere pure per la
corrispettiva denominazione strumentale latina: tibia. […] Gli aerofoni di
canna raffigurati sui vasi greci e romani non sono flauti, ma oboi doppi di
fattura orientale, il cui suono doveva essere penetrante, insistente ed
eccitante quanto quello di uno strumento simile e d’uso militare: la
cornamusa dei reggimenti scozzesi.”24
!
Quanto detto da Sachs conferma la nostra ricerca sugli strumenti militari e sul corno di
Alessandro Magno al paragrafo 4. Lo studioso continua la trattazione, specificando che
!
“sappiamo che Greci e Romani possedevano numerose specie di oboi
doppi. Il più importante era l’oboe doppio frigio che aveva le due canne di
lunghezza differente” […] mentre “l’oboe doppio lidio, invece, che venne
indicato dai Romani con la denominazione tibie serranae (= fenicie), aveva
canne di eguale lunghezza e coi fori per le dita in identica posizione.”25
!
Aggiunge poi una precisazione di carattere strettamente bibliografico, rimandando allo
scrittore e militare romano Varrone. Sachs fa capire che anche all’epoca non si sapeva la
genesi dei termini “tibia”, “tubo”, etc. La nomenclatura è confusa ed ha un’origine pressoché
incerta.
!
24
Sachs, C., Storia degli strumenti musicali, Mondadori, 2013, p. 156
25
Sachs, op. cit., p. 157
!18
“Il romano Marco Terenzio Varrone (I secolo a.C.), ci offre un piccolo
indizio quando chiama una delle canne di un oboe doppio tibia incentiva e
l’altra tibia succentiva. Egli però non dà ragione di questa nomenclatura.”26
!
I Greci e i Romani, spiega il musicologo, hanno sempre asserito nelle fonti che le trombe
furono inventate dagli Etruschi. I Greci in realtà ebbero solo la cosiddetta tromba diritta
chiamata salpinx, mentre il nome latino corrispondente era tuba.
!
“Le tube romane, principalmente adoperate per dare i segnali di tromba
nell’esercito, erano più semplici, fatte internamente di bronzo con una
canna regolarmente conica e un bocchino di corno o di bronzo. […] Oltre
alla tromba diritta l’esercito romano disponeva di una tromba ricurva detta
lituus: un lungo, sottile tubo di bronzo ripiegato in fondo verso l’alto a
formare il padiglione. Suo prototipo fu evidentemente una canna o tubo di
legno inserito in un corno di bue che veniva allora a fungere da
padiglione.”27
!
Sachs conferma punto per punto la nostra trattazione: l’invenzione del tubo conico
per la produzione ed amplificazione dei suoni risale alla notte dei tempi.
La Phonurgia Nova presenta dettagliatamente numerose macchine per la produzione
sonora, con amplissimi riferimenti all’ermetismo barocco. Kircher vuole accreditarsi
l’invenzione del cornetto acustico, ideato in realtà dall’inglese Morland pochi anni prima,
sulla base di numerosi studi precedenti aventi come punto di riferimento lo studioso
Gianbattista Della Porta, originario di Napoli.
La progettazione di “nuove” macchine basate su un archetipo lontano ed immutabile
nel tempo era in realtà una caratteristica di quel periodo. Basti pensare all’idea di Teatro di
Giulio Camillo Delminio (1480 c.a. - 1544), un grande intellettuale che progettò per tutta la
vita un dispositivo - detto Teatro, appunto - in grado di ridurre sinteticamente l’intero scibile,
una sorta di “Teatro dei Teatri”, in cui la dinamica dell’Universo poteva essere messa in scena
26
Sachs, op. cit. p. 158
27
Sachs, op. cit., p. 167
!19
e vista in modo sinottico.28 L’idea di racchiudere la spiegazione del mondo e della realtà in un
“Teatro” unitario e onnicomprensivo era il fulcro della ricerca per numerosi studiosi. Anche
nella disciplina musicale si cercava di racchiudere l’intera sapienza in un’unica dottrina.
Vanno citati due importantissimi autori di testi organologici, cronologicamente vicini alla
Phonurgia Nova, fondamentali per la conoscenza della quantità e della qualità degli strumenti
musicali del Cinquecento.
Il primo è il musicista Michael Praetorius (1571 - 1621), autore di numerosissime
composizioni e soprattutto del Syntagma Musicum, tre volumi dedicati a tutte le branche della
musica: la teoria (vol. I), gli strumenti (vol. II), la pratica (vol. III). Il vol. II, denominato
“Organographia”, possiede tratti altamente originali: la tabella universalis, in cui si mostra
l’estensione di tutti gli strumenti a corda e a fiato, e il Theatrum Instrumentorum, una serie di
xilografie in cui gli strumenti sono riprodotti in scala esatta.
Il secondo è lo studioso francese Marin Mersenne (1588 - 1648), amico di Cartesio e
autore della poderosa Harmonie Universelle pubblicata intorno al 1636. Il testo, scritto in
francese, verte in sostanza sulla costruzione degli strumenti, seguendo un filo scientifico e
sorprendentemente razionale, di sicuro in anticipo rispetto ai tempi.
Il metodo pseudo-scientifico perseguito dal gesuita Kircher invece si riallaccia
sempre automaticamente alle procedure magico-ermetiche del tempo, ed è stato affascinante
osservare nelle sezioni della Phonurgia come venga illustrata in maniera quasi “misterica”
l’invenzione della statua parlante sottoposta a Cristina di Svezia, con riferimenti all’uso
diffuso nel Cinquecento di oracoli e di antri misterici ripresi dalla tradizione greca ed
ellenistica (es. l’“Antro delle Ninfe”) e la realizzazione del cornetto acustico, basato sulla
ricostruzione grafica del “mitico” corno di Alessandro Magno, usato perfino dall’esercito
romano per eccitare i soldati ad una lotta vittoriosa. Oggi è importante studiare i testi
organologici di Kircher, perché permettono di capire la grandissima ricchezza del pensiero
Rinascimentale e Barocco, intriso di ermetismo, filosofia e scienza. Una ricchezza espressa
anche con incantevoli tavole e immagini dettagliatissime, frutto di un lavoro artigianale e
dell’embrione della disciplina scientifica moderna che stava venendo al mondo.
!
Rocca, A., Sacro Bosco. Il giardino ermetico di Bomarzo, Sette Città, Viterbo, 2014, p. 17 e 20. La teoria di Delminio
si ispira chiaramente alla teologia negativa appartenente alla filosofia neoplatonica. Il Tutto è l’Uno e l’Uno è ciò
che rende possibile la nostra coscienza.
28
!20
APPENDICE
Bartholin e la questione derivativa della famiglia dei fiati nell’antichità classica.29
!
Il De tibijs veterum di Bartholin, pubblicato a Roma nel 1677 e dedicato
all’Eminentissimo Principe Cardinale Sigismondo Chigi, è un volume che indagava gli
strumenti a fiato dell’antichità ed ebbe grande successo: addirittura venne ristampato ad
Amsterdam solo qualche anno dopo (1679), del quale si conservano numerosi esemplari.
Oggi invece è quasi dimenticato, salvo qualche studio condotto dalla critica.
Elena Previdi30 ha indagato le motivazioni che furono alla base della singolare
impresa, singolare non solo per la scelta della tematica, ma anche per il curriculum tutt’altro
che musicale dell’autore: Bartholin, o Bartholinus, che spesso appare anche citato come
“Gasparo Bartolini” dagli studiosi del Settecento, è in realtà il danese Caspar Bartholin il
Giovane, uno dei padri della ginecologia moderna. L’indagine della Previdi ha rivelato le
peculiari modalità con cui i modelli culturali di riferimento della famiglia abbiano inciso sulla
formazione del giovane medico.
Comune a Bartholin e a numerosi altri studiosi del suo tempo è l’attitudine ad unire
lo studio della scienza sperimentale con lo studio della cultura classica, un modello di lavoro
che si rinforza particolarmente nel viaggio d’istruzione che costoro intraprendono alla volta
dell’Italia al termine degli studi. Grazie a ciò ne consegue una forte apertura degli orizzonti
intellettuali grazie alla quale scaturiscono sempre numerose pubblicazioni (a carattere
“enciclopedico”) nelle quali l’eccentricità e la stravaganza dell’argomento si accompagnano
al rigore e all’accuratezza dell’esposizione.
Lo studio di Cecilia Campa spiega che Bartholin è immerso nelle tematiche del suo
tempo e infatti fonda lo studio sugli strumenti musicali sul tema a cui Praetorius aveva già
attribuito un segno importante: la parte organica sugli strumenti che si estende con evidenza
al versante romano, coniugabile con quello ebraico. Secondo la Campa, Bartholin si rifà
Cecilia Campa in Furori e Armonie spiega che Bartholin (nel trattato De tibijs veterum) ancor più che Cardano o
Scaligero affronta la questione derivativa della famiglia dei fiati nell’antichità classica.
29
Al XIX Convegno annuale della Società Italiana di Musicologia - che si è tenuto presso il Conservatorio “G.
Verdi” di Milano dal 19 al 21 ottobre 2012 - la studiosa Elena Previdi ha presentato la relazione intitolata “Il De
tibiis veterum di Caspar Bartholin: la formazione culturale di un dottorando in medicina del 1677”. Si veda sul
sito della Società Italiana di Musicologia, all’indirizzo http://www.sidm.it/index.php?
option=com_content&view=article&catid=37%3Aconvegni&id=699%3Axix-convegno-annualesidm&Itemid=114#resoconto
30
!21
quasi sicuramente a Praetorius, pur non citandolo esplicitamente. L’opera del medico danese
è un trattato molto singolare che si unisce ai lavori di Voss e di Van Til, dal momento che il
fulcro della ricerca è costituito dal metodo che indaga sempre una fonte iconologica reale
(cioè descrivere vasi e marmi esistenti realmente). Il metodo di Bartholin sembra poi essere
l’esatto retrogrado di quanto operato al riguardo da Holstenius, che si volse alla medicina
provenendo dalla filosofia.
Deve necessariamente essere preso in considerazione il ruolo assunto dalle tibie, in
senso lato gli strumenti a fiato. Dopo una breve disamina della musica “non
udibile” (mundana e humana, menzionando numerosi autori che avevano ottenuto la più
larga tradizione di commento tra cui i recenti Kircher e Mersenne), Bartholin arriva
all’oggetto del suo scritto, cioè la musica organica, fatta con gli strumenti a fiato, secondo la
classificazione di Isidoro di Siviglia. Tramite una lunga comparazione, il danese spiega che lo
strumento a fiato va apprezzato dal momento che non richiede un lunghissimo studio; la tibia
vanta un uso molto antico e si può mostrare che essa assunse un certo grado di complessità
(dovendo prevedere virtuosismi strumentali come quello di Epaminonda31). A partire
dall’antichità, lo strumento a fiato viene poi trasferito nel progetto dell’organo, costituito da
più canne aventi la stessa matrice delle tibie e ne condividono caratteri di costruzione e
funzionamento, nonché di estetica della sonorità e di trasmissione di affetti. Gli eruditi
chiamati in causa, oltre Scaligero, sono ora Bulenger, Meurs e altri commentatori di trattati
classici.
Il capitolo II del trattato di Bartholin tratta proprio delle tibie e della loro
nomenclatura32. Ci sono due possibili soluzioni per l’etimo di “tibia”: la prima è fatta risalire
alla pianta della canna, con il topos del suono emesso alla scossa del vento (cui si attiene
Plutarco), la seconda è reperibile in Macrobio (nel Sogno di Scipione), e in Isidoro, per il
termine anatomico dell’omonimo osso della gamba da cui veniva ricavato.
!
Ne parla Cornelio Nepote nel De viris illustribus, 1-10: la biografia di Epaminonda, in cui Nepote sembra
scorgere una sorta di uomo ideale, si presenta come esempio massimo dell’ideale ateniese (anche se il condottiero
era tebano). Si vogliono unire, alle virtù tradizionali, le qualità estranee alla cultura di Roma. Epaminonda è
onesto e valoroso, e fin qui potrebbe essere un eroe romano; ma è anche in possesso di una cultura raffinata,
pratica la musica e sa ballare, e questi sono elementi che non si concilierebbero bene con la mentalità romana.
Praticare la musica era un vizio, nell’Antica Roma. Tuttavia secondo Nepote anche questi valori vanno recepiti e
presi in considerazione.
31
32
Campa, op. cit., p. 700 e sgg.
!22
Cecilia Campa ha spiegato esaustivamente il collegamento tra la ripresa dello
strumento e il concetto di “sacrale”:
!
“La sacralità dello strumento viene evocata già dal fatto che il suo
suonatore passi quasi per un cantore, fino all’evidenza che molti sacerdoti
avessero il compito cerimoniale di trarne suoni di solennità confacente.
Un’altra etimologia si lega a elementi architettonici che, quasi come
cantori, sembrano sostenere gli edifici, e ancora un’altra rimanda all’albero
del loto (buxum), lezione questa che si accompagna ai riti della dea Cibele; i
greci la denominano aulos, e molte volte ne fanno derivare il nome da
“nenia”, in altri casi da “spirito”. I versi riportati sono generalmente
evocativi, icastici o perfino immaginifici, anche quando si tratti di un
frammento che coglie o enfatizza l’effetto terrifico dei suoni ricavati.
Piuttosto che colte nel segno negativo come nella tradizione aristotelica,
che ricordava il rigetto suscitato dalle loro sonorità esagerate e sgraziate
(Aristotele le aveva comparate a voci di animali), in questo contesto simili
sensazioni vengono convertite in una suggestione misterica e profonda che
attinge al soprannaturale, comprovata dalla citazione di versi arcadici e
trasfigurati. Gli inventori delle tibie, frequentemente appannaggio di
sacerdoti, sono ben testimoniati in Scaligero, Doni, Gerhard Voss; il primo
spende qualche dubbio sulla veridicità delle fonti greche, che si
arrogherebbero tale priorità per superbia; strumenti del genere, di fatto già
presenti nella Bibbia, potrebbero essere nati in Libia, in Frigia e aver avuto
poi a che fare con Alcmane, mentre Lucrezio lascia quei bellissimi versi
sulla similitudine delle canne quali dita sfiorate dal vento e altri ne
attribuiscono l’origine agli dèi, suffragata da varianti dei motivi circa la
gara tra Apollo e Marsia, o della fabula di Minerva che ne avrebbe provato
l’orrore della deformazione fisica per l’atto di insufflare, quasi Gorgone.
Giustamente Bartholin avverte come la varietà dei topoi sulla genesi delle
tibie rimandi alla varietà di strumenti dei quali è stato tramandato il nome,
per lo più in corrispondenza di una classe morfologica ben individuabile
!23
(Marsia gemelle, Pan ricurve, Minerva retta, ecc.). Anche sulla questione
della invenzione da parte di Minerva il danese avanza cautele, mentre
cogliendo spunto dalla presenza di tibie di osso nell’Inno di Diana si
attenua anche il topos riportato da Plutarco relativo alla costruzione di tibie
da ossa di cervo oppure di asino: non si può non afferrare la valenza
allusiva intorno all’immagine negativa dell’asino, trasmessa
frequentemente anche in chiave iconologica del cosiddetto “asinus ad
lyram”.33
!
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Bibliografia
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Fonti
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Athanasius Kircher, 34th National Congress of AIA, Firenze, 2007
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33
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!24
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