7-Tumori professionali

Transcript

7-Tumori professionali
26 Marzo 2008
SIM Medicina del Lavoro Prof. Roberto Vercellino
TUMORI PROFESSIONALI
Secondo le ultime stime dello IARC (International Agency for Research on Cancer) nel 2006
nell’Unione Europea si sono verificati 2,3 milioni di nuovi casi di cancro ed oltre un milione di
decessi causati da questa patologia.
Le neoplasie rappresentano la seconda causa di decesso dopo le malattie cardiovascolari
nell’Unione Europea ma sono la prima causa di morte nei soggetti medio giovani (45 - 64 anni).
I tumori professionali sono quelle neoplasie nella cui genesi ha agito come causa (condizione
necessaria all’avvenimento della lesione) o concausa (condizione necessaria ma non sufficiente
all’avvenimento della lesione) l’attività lavorativa con esposizione ad agenti cancerogeni.
È plausibile che il numero di soggetti deceduti ogni anno per tumori professionali sia superiore al
numero di lavoratori deceduti per infortunio sul lavoro; questo dato però è sottostimato per la
maggior rilevanza riservata dai mass media al fenomeno infortunistico.
Aspetti epidemiologici di esposizione:
Secondo l’agenzia europea per la sicurezza e la salute del lavoro, due terzi dei 30 000 prodotti
chimici immessi in commercio, e normalmente utilizzati nei processi lavorativi, non sono stati
sottoposti ad esami tossicologici completi e sistematici e quindi non è escluso che siano totalmente
privi di effetti collaterali.
Secondo lo studio Carex il 23% dei lavoratori europei è potenzialmente esposto a sostanze
cancerogene mentre lo studio Sumer riduce la percentuale al 13,5%; in entrambi i casi comunque è
evidente che una cospicua percentuale di lavoratori è esposta a cancerogeni per ragioni lavorative;
inoltre appare probabile che una notevole quota di lavoratori sia esposta a cancerogeni
inconsapevolmente.
Il primo studio epidemiologico circa le neoplasie professionali è stato condotto negli USA da Doll e
Peto nel 1981; dall’analisi dei dati emerse che il 4% di tutti i tumori potrebbe essere di natura
professionale (8% per gli uomini e l’1% per le donne); uno studio epidemiologico più recente quale
quello realizzato nel 2001 in Finlandia da Nurminnen e Karjalainen considera invece come di
possibile genesi professionale l’8% delle neoplasie (14% per uomini e il 2% per donne).
La genesi professionale viene però riconosciuta in un numero nettamente inferiore dei casi.
Il fenomeno della sottodenuncia della possibile eziologia lavorativa della neoplasia dipende
frequentemente dalla mancata raccolta di una attenta anamnesi lavorativa e dalla non sempre
adeguata sensibilità dei medici nel confronto della problematica. In effetti molto spesso scorrendo
l’anamnesi sulle cartelle cliniche di pazienti ricoverati per neoplasia la parte relativa alle attività
lavorative svolte si esaurisce in poche parole se non con la dizione “ritirato dal lavoro”.
Infatti il numero di denunce di tumori professionali pervenute all’INAIL (Istituto Nazionale
Assicurazione Infortuni sul Lavoro) è sicuramente decisamente inferiore al numero reale di
neoplasie di natura professionale.
Come per tutte le altre malattie professionali sono previsti degli obblighi per il medico:
a) primo certificato medico di malattia professionale per attivare l’azione risarcitoria;
b) denuncia di malattia professionale per attivare l’organo di vigilanza;
c) referto medico.
L’omessa denuncia di malattia professionale, oltre ad avere delle conseguenze legali per il medico,
determina anche la mancata azione risarcitoria da parte dell’INAIL nei confronti del paziente.
A partire dal 2006 inoltre nel caso in cui risulti accertato che gli agenti patogeni lavorativi siano
dotati di idonea efficacia causale o concausale rispetto alla malattia diagnosticata, quest’ultima
dovrà essere considerata di origine professionale, pur se sia accertata la concorrenza di agenti
patogeni extralavorativi dotati anch’essi di idonea efficacia causale o concausale , senza che sia
rilevante la maggior o minor incidenza nel raffronto tra concause lavorative ed extralavorative.
Aspetti legali:
Per le neoplasie professionali non si applica il criterio del periodo massimo di indennizzabilità dalla
cessazione dell’esposizione al rischio; quindi, anche se sono trascorsi decenni tra la cessazione del
rischio lavorativo e la comparsa della patologia, se vengono soddisfatti anche gli altri requisiti, la
malattia viene riconosciuta come professionale.
Cenni storici:
Oggi l’identificazione di attività lavorative che possono determinare un aumento di insorgenza di
neoplasie professionali si basa su studi epidemiologici, mentre in passato ci si basava
sull’osservazione da parte del medico dell’aumento di un determinato tipo di neoplasia in un
ristretto gruppo di persone che svolgevano lo stesso lavoro.
Si ricorda a tal proposito la prima segnalazione storica di associazione tra lavoro e neoplasia
professionale osservata da Pott nel 1775 che riscontrò una elevate incidenza di tumori allo scroto
nei giovani spazzacamini. Successivamente Rehn nel 1895 rilevò un aumento dei casi di neoplasia
vescicale in lavoratori dell’industria dei coloranti (neoplasie erroneamente attribuite all’esposizione
all’anilina ma in realtà causate dalle amine aromatiche).
Principali difficoltà per la diagnosi dei tumori professionali:
• Lungo periodo di latenza tra esposizione e insorgenza della patologia: in genere decorrono tra
i 20 e i 30 anni, quindi risulta difficile risalire alle condizioni di lavoro e alle sostanze con cui
si è venuti in contatto durante la vita lavorativa;
• Difficoltà a identificare tutte le sostanze con le quali il lavoratore è venuto a contatto e a
definire l’intensità dell’esposizione;
• Scarse conoscenze sulle esposizioni multiple e sulle interferenze fra le diverse sostanze;
• Interazioni fra esposizioni professionali, abitudini di vita e suscettibilità individuale.
“Patogenesi” di un tumore professionale e criteri di classificazione dei cancerogeni:
Si rimanda alla consultazione del capitolo 5 “Tossicologia”
Criteri di diagnosi e terapia dei tumori professionali:
I criteri per la diagnosi clinica delle neoplasie professionali ed i protocolli terapeutici non
differiscono da quelli adottati per le neoplasie non professionali.
Non esistono inoltre markers specifici per le neoplasie professionali e anche dal punto di vista
istologico non vi sono differenze con le neoplasie non professionali.
L’esposizione professionale ad alcuni agenti cancerogeni determina però l’insorgenza di neoplasie
altrimenti rarissime nella popolazione generale quali ad esempio l’angiosarcoma epatico
(esposizione a cloruro di vinile monomero) o il mesotelioma pleurico (esposizione ad asbesto).
La diagnosi eziologica richiede invece la raccolta di una attenta e minuziosa anamnesi lavorativa e,
possibilmente, la misura documentata (o quanto meno stimata) dell’esposizione lavorativa.
La diagnosi di neoplasia professionale è importante anche a scopo preventivo: infatti tramite il
registro degli esposti a sostanze cancerogene è possibile risalire ad i colleghi di lavoro del paziente
attuando così un programma di prevenzione secondaria.
Inoltre non bisogna dimenticare che l’ampio utilizzo di sostanze cancerogene nei vari processi
lavorativi potrebbe determinare la contaminazione anche degli ambienti extra lavorativi; ad esempio
il numero di fibre di amianto disperse nell’aria in quelle località in cui esistevano industrie di
trasformazione dell’amianto sono nettamente superiori a quelle rilevate in altre città.
Infine va assolutamente evidenziato che i tumori professionali sono gli unici tumori per cui è
possibile una prevenzione primaria.
Ma il mio lavoro è a rischio?
Molto spesso si ha una percezione alterata dei propri rischi lavorativi sopravalutandone alcuni e
magari ignorandone altri; in pratica quindi potrebbero essere presenti dei cancerogeni anche nei
luoghi di lavoro percepiti come “sicuri”. Un metodo relativamente semplice per conoscere i rischi a
cui si è esposti per motivi professionali è conoscere adeguatamente tutte le sostanze e/o le
lavorazioni a cui si è esposti e successivamente consultare il sito dello IARC (www.iarc.fr).
Anche sul sito www.occam.it si possono ottenere informazioni sul rischio oncologico in campo
professionale, infatti inserendo la sede della neoplasia e l’attività lavorativa svolta fornisce l’elenco
dei risultati in letteratura, con la possibilità di visualizzare la voce bibliografica e leggere l’abstract
della pubblicazione attraverso l’accesso al data base PubMed.
Principali sedi di tumori professionali:
Cute:
I principali responsabili di neoplasie cutanee sono gli idrocarburi policiclici aromatici contenuti nel
catrame e nella pece (asfaltatori, addetti alla produzione di pece e catrame), l’arsenico utilizzato
come antiparassitario(viticoltori) ed i raggi ultravioletti delle radiazioni solari (marinai, agricoltori).
I tumori cutanei da radiazioni ionizzanti che colpivano soprattutto i radiologi sono praticamente un
ricordo storico visto il radicale miglioramento della sicurezza delle attrezzature radiologiche.
Fegato:
Di interesse praticamente ormai solo storico, almeno in Italia, è l’ angiosarcoma epatico in
lavoratori esposti a cloruro di vinile monomero.
Vie urinarie:
Le vie urinarie, ed in particolar modo la vescica, rappresentano la sede d’elezione di neoplasie
causate da cancerogeni i cui metaboliti vengono escreti attraverso l’apparato urinario.
Si tratta di uroteliomi con vari gradi di malignità, papillari o non papillari con una età media di
insorgenza di almeno 10 anni inferiore a quello delle neoplasie non professionali.
I principali responsabili dell’insorgenza di queste neoplasie sono le amine aromatiche.
Tra le amine aromatiche, molecole costituite da uno o più anelli benzenici cui sono legati uno o più
gruppi amminici, quelle con maggior potere cancerogeno risultano la 2-naftilamina, la benzidina ed
il 4-aminodifenile.
Queste sostanze, utilizzate in passato nella produzione di coloranti azoici e nella produzione della
gomma, non vengono più commercializzate. Alcuni studi epidemiologici dimostrarono la non
cancerogenicità dell’anilina, precedentemente ritenuta responsabile dell’insorgenza delle neoplasie
vescicale, mentre documentarono il potere cancerogeno delle amine aromatiche utilizzate nella
produzione di coloranti azoici.
Il metabolismo delle amine aromatiche prevede varie tappe metaboliche: la N-idrossilazione epatica
e successivamente l’idrolisi degli N-idrossiderivati a livello vescicale. E’ noto il polimorfismo
dell’enzima N-acetiltransferasi (NAT2) responsabile della metabolizzazione delle ammine
aromatiche; il NAT2 acetila il 4-amminobifenile in competizione con il citocromo CYP1A2 che lo
trasforma in cancerogeno attivo. La N-acetilazione è dunque un passaggio detossificante nel
metabolismo delle ammine aromatiche e quindi gli individui lenti acetilatori hanno un rischio
maggiore di sviluppare tumori vescicali. Sono state osservate, in vari gruppi etnici, notevoli
differenze relativamente al fenotipo lento acetilatore: ad esempio rappresentano oltre il 60% nella
popolazione italiana ma solo il 10% in quella giapponese.
Apparato emopoietico:
Tra le principali sostanze responsabili di neoplasie a carico dell’apparato emopoietico ricordiamo il
benzene e le radiazioni ionizzanti .In considerazione del netto miglioramento delle condizioni di
lavoro sono attualmente di interesse praticamente storico.
Nel passato il massiccio utilizzo nell’industria di benzolo (forma commerciale non purificata di
solvente a base di benzene) aveva determinato numerosi casi di leucemie acute non linfoblastiche.
Tale patologia di solito rappresentava la fase terminale di un’anemia iporigenerativa.
Anche le leucemie mieloidi croniche descritte nei radiologi esposti a radiazioni ionizzanti in seguito
al miglioramento delle condizioni lavorative sono completamente scomparse.
Più recentemente è stato invece ipotizzato il ruolo dell’ossido di etilene come responsabile di tumori
dell’apparato linfopoietico.
Polmone:
L’apparato respiratorio ed i polmoni in particolare rappresentano il bersaglio più frequente delle
neoplasie di origine professionale; infatti sono numerose le attività che espongono i lavoratori a
cancerogeni.
Inoltre attività lavorative faticose determinano un aumento della ventilazione polmonare con
conseguente maggior inalazione di sostanze cancerogene.
Determinano un aumento dell’incidenza di neoplasie professionali l’esposizione a:
a) Cromo esavalente (responsabile anche dell’insorgenza di neoplasie delle prime vie aeree)
negli addetti alla produzione di cromati e nella cromatura (industria galvanica).
b) Arsenico negli addetti alla produzione e all’utilizzo di insetticidi arsenicali.
c) Nichel negli addetti alla fusione del metallo (soprattutto con tecnologie obsolete).
d) Idrocarburi Aromatici Policiclici (IPA) negli addetti alla produzione di alluminio, nei
lavoratori delle cokerie e negli asfaltatori.
e) Bis(clorometil)etere negli addetti alla produzione.
f) Berillio in soggetti particolarmente esposti e già affetti dalla patologia polmonare
(berilliosi).
g) Silice Cristallina in soggetti già affetti da silicosi polmonare.
h) Radon e suoi prodotti di decadimento in minatori (effetto sinergico col fumo di sigaretta).
i) Infine vari studi epidemiologici hanno dimostrato un aumento dell’incidenza di neoplasie
polmonari (addetti alla fusione del ferro e dell’acciaio, verniciatori) senza che siano ancora
stati definitivamente identificate le sostanze direttamente responsabili.
Cavità nasali e paranasali:
Neoplasie di queste sedi sono tipicamente determinate dall’esposizione a composti del cromo
esavalente (produzione di cromati) e a polveri di legno duro (falegnami); appare invece ridotto con
il miglioramento delle condizioni di lavoro il rischio negli addetti alla produzione di scarpe e negli
addetti alla lavorazione del nickel.
AMIANTO
Con il termine commerciale di amianto si indica in Italia un materiale che dal punto di vista
mineralogico appartiene alla famiglia degli asbesti. Le caratteristiche peculiari dell’abito
asbestiforme sono la struttura fibrillare (cioè con rapporto lunghezza/diametro > 3), la flessibilità, la
resistenza meccanica delle fibre e la notevole resistenza termica.
Il crisotilo (estratto da rocce di serpentino e con forma circonvoluta) rappresenta circa il 90%
dell’amianto utilizzato, mentre gli asbesti estratte da rocce di anfiboli (con forma rettilinea e quindi
con caratteristiche aerodinamiche tali da penetrare e depositarsi nelle parti più distali dell’albero
respiratorio) sono la crocidolite, l’amosite e l’antofillite.
Viste le sue molteplici caratteristiche l’amianto è stato utilizzato in moltissimi settori (in particolare
edilizia, cantieri navali, mezzi di locomozione, industria chimica, industria tessile e lavori di
coibentazione termica), successivamente considerata la sua pericolosità ne è stato vietato l’utilizzo
ma resta il problema della rimozione dei manufatti contenenti amianto.
Tutti i tipi di amianto oltre a determinare importanti patologie polmonari (asbestosi polmonare) e
pleuriche (placche pleuriche) sono in grado di determinare neoplasie.
Per l’asbestosi e le neoplasie polmonari esiste una relazione dose-risposta
Il tumore polmonare può essere causato da tutti i tipi d’amianto, non ha uno specifico quadro
istologico, ha una latenza di circa 20 anni, è una complicanza possibile dell’asbestosi polmonare ed
ha una notevole sinergia col tabacco.
•
soggetto non fumatore non esposto ad amianto rischio 1
•
soggetto fumatore non esposto ad amianto rischio 5
•
soggetto non fumatore esposto ad amianto rischio 10
•
soggetto fumatore esposto ad amianto rischio 50
Il Mesotelioma pleurico è una patologia molto rara nella popolazione generale, ma la quasi totalità
dei casi è riconducibile all’esposizione professionale ad amianto; contrariamente alla neoplasia
polmonare sono sufficienti anche esposizioni brevi e di intensità moderata per determinare
l’insorgenza della malattia.
I vari tipi di amianto hanno diverso potere cancerogeno; la crocidolite ha il maggior potere
cancerogeno.
La latenza varia dai 20 ai 40 anni, la diagnosi è molto spesso tardiva e la prognosi infausta..
Le stime prevedono che la massima incidenza di neoplasie professionali conseguenti all’esposizione
all’amianto avverrà intorno all’anno 2020.
Recentemente inoltre è stato segnalato un aumento del caso di mesoteliomi pleurici nella
popolazione generale nelle zone in cui venivano fabbricati manufatti contenenti amianto (in Italia a
Casale Monferrato) a dimostrazione della pericolosità dell’inquinamento ambientale.
Evoluzione normativa:
Negli anni si è assistito ad una continua evoluzione normativa: meritano di essere menzionati infatti
il Decreto Legislativo 277/1991 ed il Decreto legislativo 626/1994 (entrambi aboliti), il Decreto
Legislativo 66/2000 fino ad arrivare al recentissimo decreto Legislativo 81/2008 Titolo IX capo II
I vari adeguamenti normativi hanno permesso infatti di modificare la definizione di agente
cancerogeno, hanno esteso la valutazione del rischio anche agli agenti mutageni ed hanno introdotto
la definizione di valore limite soglia (attualmente l’allegato XLIII determina il valore limite di
esposizione professionale per benzene, cloruro di vinile monomero e polveri di legno).
Nelle aziende in cui vengono utilizzate sostanze cancerogene o mutagene il datore di lavoro è
obbligato a:
a) evitare o ridurre l’utilizzazione di un agente cancerogeno sostituendolo, quando possibile,
con una sostanza che non è o risulta meno nociva per la salute.
b) Se non è tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno provvede affinchè lo stesso
venga utilizzato in un sistema di lavoro a ciclo chiuso.
c) se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile provvede affinchè il livello di
esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore possibile.
Devono inoltre essere garantite ad ogni lavoratore adeguata formazione, informazione, misure
preventive e protettive affinché il livello di esposizione sia ridotto al più basso valore tecnicamente
possibile.
Sorveglianza sanitaria:
I lavoratori esposti ad agenti cancerogeni o mutageni vengono sottoposti a sorveglianza sanitaria da
parte del medico competente. Inoltre il medico competente fornisce ai lavoratori informazioni
adeguate sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all’opportunità di
sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa a rischio.
Ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria è iscritto in un registro di esposizione in cui è
riportata l’attività svolta, l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore di
esposizione a tale agente.
L’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro) realizza sistemi di
monitoraggio dei rischi occupazionali da esposizione ad agenti cancerogeni e dei danni alla salute
che ne conseguono tramite la raccolta, la registrazione e l’analisi dei flussi informativi nazionali.
Presso l’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro) inoltre è costituito
il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale.