L`informazione serratese

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L`informazione serratese
L’informazione serratese
Anno II - N°3
Aprile/Maggio
2009
Affruntata e Processione… il rito si ripete!!!
Notizie di rilievo:
•
Affruntata e
Processione:
la tradizione
continua.
•
Solidarietà ai
concittadini
terremotati in
Abruzzo.
•
Calcio: finale
play-off per il
serrata.
Non è un semplice rito religioso
ma, a nostro avviso, è qualcosa che va oltre, nonostante si
ripeta di anno in anno, riesce a
creare un vero e proprio patos
che poi sfocia in un caloroso
a p p l a us o … q ue s t a è
l’Affruntata.
Come di consueto, il giorno di
Pasqua a mezzogiorno dopo la
celebrazione della Santa Messa, inizia la festa della Resurrezione.
La manifestazione
coinvolge
tutti i fedeli
serratesi e
dei
paesi
vicini,
ma
soprattutto è
un’occasione
per
molti
concittadini
che vivono
fuori a ritornare al pro-
prio paese. Quest’anno, a causa del maltempo, fino alla fine
della Messa si temeva che non
si potesse procedere ai consueti festeggiamenti, poi invece
il vento smette di soffiare e
così la tradizione è stata onorata. In seguito all’Affruntata, con
le note musicali intonate dalla
banda e col ritmo di tamburi
suonati da due giovanissimi
serratesi, si inizia la Processio-
ne del Cristo risorto della Madonna e San Giovanni per le vie
principali del paese. Una leggera pioggia ha accompagnato
per alcuni tratti la processione,
ma i numerosi portatori, alternandosi hanno continuato nella
loro missione, riportando le tre
statue in Chiesa.
Calcio Playoff:
Serrata-Pizzo 8:0
Dopo il 2-0 dell’andata, il serrata ribalta il risultato con una
netta vittoria. Il primo goal arriva nei primi minuti di gioco e
con la complicità di una difesa
disattenta, tutto diventa più
facile e si trasforma in una goleada. A bordo campo numerosi i tifosi, sia serratesi che pizzitani, i quali serenamente hanno seguito la partita. Con questo risultato accediamo alla
finalissima, contro lo Spilinga,
giocandoci la promozione in
seconda categoria.
Siamo un soffio di vento, che già se ne va.
Sommario:
Pasqua 2009
Pag.
1
Calcio:
Pag.
1
Finale playoff per il
serrata.
Terremoto in Abruzzo.
Pag.
1
“Borrello”:
Pag.
2
Il Castello.
“L’ulivo”:
Parte I.
Pag.
3
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6 aprile 2009 La terra trema furia di Madre Natura. Possibile ZIONI” da esponenti politici e
ne L’Aquila!
prevederlo o no, ora ha poca religiosi, che stanno nelle loro
rilevanza, bisogna aiutare, è case ovattate o addirittura seIn altri tempi, quando questa
questo il momento. A mio avvi- duti sulle poltrone d’oro, è veremergenza ancora non c’era,
so, essere parte attiva con i gognoso, nonché, una bella e
era il momento per progettare
fatti e non con le parole, per- buona presa in giro. I vivi non
un futuro. La terra ha parlato:
ché sentirsi dire “NON VI LA- hanno più niente. Hanno solo i
“Mi sto girando su un fianco;
SCEREMO SOLI” oppure morti, e regnano in loro solo
proteggiti!” Il numero dei morti
“ESPRIMO VIVA PARTECIPAZIO- paura e dolore. Paura di quanto
causati dal violento sisma che
NE AL DOLORE DELLE POPOLA- vissuto e dolore di cari persi. Ci
ha colpito l’Abruzzo è cataaffanniamo a crescere
strofico, paesi distrutti, quaeconomicamente e non ci
si fossero di cartapesta. In
rendiamo conto che il
trenta secondi di scossa,
nostro egoismo non resta
tutto sprofonda... Famiglie,
impunito. C’è chi prova a
padri e madri, bambini, giospeculare a danno degli
vani studenti e anziani hanaltri e alla fine la pagheno abbandonato e perso la
rà. Nella nostra realtà è
propria casa. Vite spente e
comparabile lo stesso.
tanti rimorsi da parte di alcuni. Secoli di storia spazzasegue a pag. 3
ti via in pochi secondi dalla L’attività era gestita da un nostro concittadino.
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Anno I - N°3
Pagina 2
Il castello di Borrello - parte I
“
… una fortezza a
pianta
rettangolare,
robuste mura
perimetrali e
maestosi torri...
”
La questione della fondazione di Borrello è ancora aperta, e la ricerca si presenta
quanto mai affascinante. Le
nostre indagini ci portano in
Spagna e precisamente nella
Catalogna, rigogliosa regione
che si estende dalla valle
dell’Ebro alla catena dei
monti Pirenei.Va ricordato
che dopo la frantumazione
del dominio carolingio, si
consolidò l’unione dei territori catalani. Tutti i luoghi rivieraschi spagnoli subirono gli
assalti musulmani. Quando
nel 985 Barcellona fu invasa
dai predoni islamici, la città
fu difesa dal conte Borrel II
(947-992), governatore della
regione. Quella vittoria valse
a Borrel l’affrancamento dai
Franchi ai quali erano precedentemente soggetti. Ramon
Borrel (992-1017), non solo
proseguì l’azione difensiva
del proprio territorio, ma con
un’armata cristiana, portò a
termine un coraggioso attacco contro Cordova governata
dai musulmani. Un suo discendente, Raimondo Berengario II Borrel (1076-82),
sposò una figlia di Roberto
d’Altavilla detto il Guiscardo,
che fu, poi, il primo feudatario di Borrello.
E’ pur vero, infatti, che il 9
dicembre,
ind.
3,6618
(1109) “Roberto Borrello,
conferma a Metodio, kategumeno del monastero di San
Nicola ed ai suoi monaci, le
terre ed altri beni, che il duca
Rugero Borsa (1085-1111)”,
aveva precedentemente donato (Codex Vat. Lat. 8201,
ff. 99v-101r). Da Roberto fiorì
una numerosa famiglia con
diverse diramazioni tra Sicilia
(Catania)
e
Calabria
(Borrello). La ricerca rimane
aperta.
Il castro, da cui castello, di
Borrello, luogo fortificato,
deve essere fatto risalire alla
stessa nascita dell’omonimo
centro abitato, e quindi della
sua chiesa, già nel periodo
bizantino.
Tra l’VIII e il IX secolo, i mori
occuparono le coste calabresi, sicché gli abitanti rivieraschi per sfuggire agli occhi
degli invasori, si rifugiarono
nei territori interni. Frattanto,
sospinti dalla persecuzione
iconoclastica
promossa
dall’Imperatore
d’oriente
Leone Isaurico, migrarono
nel territorio calabrese molti
nuclei familiari di estrazione
contadina, a cui furono affidate le terre di proprietà della Chiesa, note come Patrimonio di San Pietro. La cura
spirituale di quei migranti era
affidata ai monaci basiliani di
formazione benedettina, ordine religioso, fondato da San
Benedetto verso il 529, la cui
regola era basata sulla preghiera e il lavoro: Ora et labora. In quello stesso contesto
venne fondato il convento di
Santa Maria di Serrata e di
Borrello (N. Ferrante).
Per sfuggire alle scorrerie
saracene, quindi, poche decine di famiglie, fondarono il
loro villaggio in territorio impervio tra i boschi, e in zona
più elevata, di difficile accesso, sulla collina sovrastante il
fiume Marepotamo. Lì edificarono la motta, adatta in
caso di pericolo incombente,
ad accogliere gli abitanti del
paese. La fortezza a pianta
rettangolare, aveva l’asse
orientato sud-nord, con un
ampio piazzale e con robuste
mura perimetrali da tre lati,
mentre sul versante sud si
ergevano due maestose torri
rettangolari. Su ogni lato, vi
era poi un cunicolo sotterraneo, con una porta segreta,
nota al castellano e al torrigiano per accedere o uscire
di nascosto in caso di necessità.
I bastioni si affacciavano su
ripidi pendii, per cui era impossibile l’accesso ai potenziali invasori. Il sistema difensivo era pertanto passivo, ma
potenzialmente atto alla difesa tramite armi leggere, attraverso le numerose feritoie
lungo i muri perimetrali e i
parapetti merlati.
Il merlo oltre ad essere elemento decorativo, serviva da
appoggio alle armi per facilitarne l’uso: balestre o archibugi. L’archibugio, modificato
nel tempo, subì variazioni
migliorativi, prendendo prima
il nome di focile e quindi
quello di fucile.
La prima struttura bizantina,
subì nel tempo diversi rimaneggi sostanziali, con la costruzione di contrafforti per
aumentarne la resistenza.
La costruzione iniziale, fu
eseguita in muratura mista,
con inerti reperiti prevalentemente in loco, pietra granitica e mattoni saldati con calce.
Esaminando attentamente gli
elementi, abbiamo potuto
rilevare
che
nei
muri
dell’ingresso principale, sono
incorporate delle pietre laviche, certamente portate da
altro sito o verosimilmente
dal territorio siciliano etneo. I
mattoni dell’arco di comunicazione tra una stanza con
volta a botte e una cella di
supplizio, sono internamente
neri, cioè bruciati. Errore nella lavorazione dei laterizi che
commettevano i bizantini,
poco esperti in quella attività
artigianale.
La nostra attenzione si è anche soffermata su una parte
della muratura della base
angolare che inizialmente
faceva parte della parete
portante, risalente alla prima
costruzione, che dava accesso ad un dedalo di cunicoli e
quindi ai locali superiori ora
diroccati. Il muro preso in
esame fu fabbricato con
grossi mattoni di coccio pesto.
Questo laterizio realizzato
con un miscuglio di cocci e
calce, era una invenzione
antica, praticata dai costruttori romani, verso il III e il IV
secolo. Circostanza questa di
grande rilevanza, in quanto ci
dà conferma che nel territorio di Borrello o nelle immediate vicinanze esisteva una
villa romana, e che già nei
primi secoli dell’era cristiana,
il sito era abitato o quanto
meno frequentato.
Segue nel prossimo numero
di Ferdinando Mamone
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Pagina 3
Anno I - N°3
Terremoto in Abruzzo - segue da pag.1
Se a qualcuno “viene fatta”,
non ci pensa due volte a frodare l’amico di turno, magari
debole o troppo buono
d’animo. C’è chi prova a speculare a danno degli altri e
alla fine la pagherà. Nella
nostra realtà è comparabile
lo stesso. Ci mangiamo la
terra del vicino, perché poi,
la portiamo nella nostra tomba, rubiamo soldi a chi è solo, e che per poche conoscenze che possiede, non
riesce a gestire i propri averi,
mangiamo i viveri della Caritas perché siamo poveri, truffiamo la Comunità Europea e
ci freghiamo i soldi (facili),
imbrogliamo gli enti della
pensione, scrocchiamo
l’amico che si mostra più
disponibile a pagare, appena
voltate le spalle diciamo le
peggiori cattiverie sulle persone. Non sto offendendo
nessuno. Siamo noi, chi più
chi meno, si contano sulle
punte della mano le persone
oneste e veritiere. Svegliamoci. Il mio discorso pungente, è dettato da puro cinismo
e soprattutto provocazione, e
come disse qualcuno: “Mi
vergogno di vivere in un
mondo così... CAMBIAMOLO!”. Possibile che riusciamo
solo a guardare la pagliuzza
negli occhi degli altri? Dio,
non gioca ai dadi!
state riscontrate tracce di
produzione olearia e resti di
luoghi sacri che attestano le
varie forme d’impiego di questo albero.
L’uso che si fa oggi di questo
frutto è limitato all’olio
d’oliva ed alle olive da tavola.
L’olio d’oliva utilizzato in
campo medico ha trovato,
dopo anni di oblio, un nuovo
importante ruolo grazie alla
e scrittori di agronomia di
tutti i tempi. In uno dei suoi
libri in merito all’ulivo dice: “
Olea prima omnium arborum
est” ossia, fra tutti gli alberi,
il primo posto spetta all’ulivo.
L’ulivo simbolo di abbondanza, di gloria e di pace, ha
donato nell’antichità le sue
fronde per incoronare i vincitori di pacifici giochi e di
guerre cruente, e l’olio dei
suoi frutti ha consacrato dei grandi
della terra. Ancora
oggi l’ulivo ed il suo
olio è presente nella
vita quotidiana di
ogni uomo, oserei
dire che l’ulivo accompagna l’uomo
dalla nascita alla
morte. Oggi, come
nel passato, l’olio
ha preminente importanza nel campo
alimentare,
così
come è stato usato
nella cosmesi e nella cura di
alcune malattie.
Alcuni popoli come i Cretesi i
Filistei (1500 -1000 a.C.)
prosperarono grazie alle estese ed intense coltivazioni
degli ulivi. Il Mediterraneo è
la patria storica dell’ulivo.
Pertanto l’ulivo è parte fondamentale
della
storia
dell’umanità, ed un’azione in
sua difesa è anche salvaguardia dei valori universali
della civiltà.
Emanuela Grillo
L’ulivo - Parte I
Vogliamo con molta modestia dare vita ad una rubrica
interamente concentrata su
un albero a noi tanto familiare:
l’ULIVO.
Poiché
l’argomento è così vasto ed
interessante sia dal punto di
vista botanico, economico e
medico non possiamo occupare tanto spazio nel nostro
piccolo giornale, per cui svilupperemo questo nostro
lavoro in pi
tappe.
Fiumi
d’inchiostro
sono stati versati per descrivere e far apprezzare
l’ulivo, i suoi
frutti e soprattutto l’olio, ma
solo
addentrandomi nella
sua storia e
nei più svariati
impieghi
di
questo singolare albero,
ammontava la mia venerazione per questo dono regale
della dea Atena all’umanità.
In tutto il Mediterraneo non
esiste una sola pianta che
nell’arco di tanti secoli sia
stata di tanta utilità all’uomo,
perfino la vite è stata meno
importante. L’Ulivo ed il suo
olio non venivano utilizzati
solamente per la costruzione
di edifici sacri. In questi anni
in tutti i paesi del Mediterraneo oltre che in Italia, Grecia,
Creta, Isdraele ed Egitto sono
rivoluzionaria scoperta fatta
nella primavera del 1987 da
alcuni ricercatori olandesi.
Questi affermano che il consumo di olio d’oliva fa diminuire gli imfarti cardiaci.
Il Mediterraneo è la culla
della civiltà e la patria storica
dell’ulivo. Giunio Moderato
COLUMELLA, studioso vissuto nel I° Sec. d.C., nato a
Cadice e morto a Taranto
nell’Apulia romana, non ebbe
pretese letterarie. Tuttavia i
suoi trattati lo designano fra i
più importanti “ AGRONOMI “
segue a pag.4
“
L’olio d’oliva un
vero condimento
salutare.
”
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Anno I - N°3
Pagina 4
Pasqua 2009 - FOTO.
Il proverbio del mese.
***
Marzu chjovi chjovi,
aprili mai mu fini, a
maggiu bon’acqua mu
veni e la stagiuni è
fatta.
***
(segue da pag.3) L’ulivo - Parte I
Le temperate condizioni climatiche, caratterizzate da
estati asciutte e a volte umide, nonché da inverni piovosi, indicano il Mediterraneo
come l’area geografica ideale
per la crescita dell’ulivo. Sole, acqua e terreni poco profondi sono gli elementi naturali ottimali per lo sviluppo
delle piante. Comunque, malgrado siano protette da foglie
coriacee, l’ardente calura
estiva e le gelate invernali
possono provocare gravi danni, specie quando più ricca è
la linfa ed abbondante la
drupa. Anche le eccessive
piogge sono causa di malattie crittogramiche che rendono pessima la qualità del
prodotto. Quello, comunque,
che più sorprende è l’enorme
forza vitale dell’albero che lo
La rubrica del serratese:
rende quasi immortale.
Malgrado i tagli dolosi, malgrado le gelate, gli incendi e
le arsure estive, l’albero
dell’ulivo con capacità titanica, continua a crescere attraverso il vitale impulso dei
nuovi germogli formatosi a
ridosso dei tronchi decapitati
o assiderati. L’Oleastro
Oleastro è ritenuta la pianta che ha dato
origine alla pianta dell’ulivo
(Olea europeaeuropea- var. sativa) i
suoi rami sono quadrangolare, con foglie piccole allungate e dure, sono spinosi le sue
olive da piccole dimensioni
amari e danno poco olio.
L’ulivo coltivato, ha invece,
rami tondi, senza spine, foglie lanceolate, frutti copiosi
con alto contenuto di olio. Si
è ritenuto che, mediante cure
adeguate,
concimazione,
Viale A. Gramsci n°40
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Serrata
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Direttore responsabile:
Ing. Massimo Vinci
Hanno collaborato in questo numero:
Sig. Emanuela Grillo
Sig. Ferfinando Mamone
Sig. “Nisacu”
potatura
e
irrigazione,
l’oleastro sarebbe potuto
diventare ulivo. In oltre si è
pensato di riconoscere come
piante di origine dell’olivo
due varietà selvatiche, cespugliose e senza spine provenienti dalla Palestina. Questa ’ultima teoria ha trovato
consistenza
negli
studi
sull’olivicoltura. IL Moretti
sostiene che l’ulivo coltivato
non deriva dall’oleastro, ma
da sottospecie dell’Olea europea la cui origine sarebbe da
ricercarsi in territori dell’Asia
Orientale.
Soltanto nel corso dei secoli
queste specie sarebbero state importate in Europa e, mediante cure colturali e selezioni si è arrivati alle varietà
degli ulivi dei giorni nostri.
Nisacu
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