Numero 2 Giugno 2015

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Numero 2 Giugno 2015
Vol. 52 - N. 2
Chirurgia della Mano
ALAnerv ALASOD dv 190X250.indd 1
Acido α-Lipoico
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16/09/14 15:41
Giugno 2015
Acido α-Lipoico
Superossidodismutasi
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MANTENIMENTO
Vol. 52 - N. 2
ATTACCO
Giugno 2015
Chirurgia della Mano
CHIRURGIA E RIABILITAZIONE DELLA MANO DELL’ARTO SUPERIORE E MICROCHIRURGIA
Organo ufficiale della Società Italiana di Chirurgia della Mano
L’utilizzo del mini fissatore esterno nel trattamento
delle fratture della base del I metacarpale
La tenolisi mini-invasiva dei tendini flessori negli
esiti delle fratture alle dita della mano. Preliminary
report
Barbed sutures vs conventional tenorrhaphies in
flexor tendon repair: biomechanical tests in an animal model
Bilateral volar lunate dislocation with radial styloid
fracture associated: a case report
Timing nelle coperture microchirurgiche dell’arto
superiore
Lesione bilaterale del nervo mediano al polso: caso
clinico
Il morbo di Kienböck: considerazioni generali sulla
sua eziologia e sul suo trattamento in rapporto alla
stadiazione secondo Licthmann
Valutazione dei risultati e delle complicanze dopo
trattamento chirurgico della duplicazione del pollice
La storia della chirurgia della mano a Milano
Trimestrale - Anno LII - Giugno - Prezzo di copertina € 25,00. Poste Italiane. Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, NO/Torino n. 2/15. ISSN 2384-8855
TECNOLOGIA A BIODISPONIBILITÀ AUMENTATA
Dupuytren’s Disease
FESSH Instructional Course 2015
Editor in Chief: David Warwick
Congress Chairman: Giorgio Pajardi
Cover Illustration: Donald Sammut
Il nostro impegno
non conosce ostacoli.
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La malattia di Dupuytren consiste in un ispessimento della fascia palmare, del tessuto interposto tra la cute del palmo della mano e i tendini flessori. Tale ispessimento può dar origine ad una vera e propria corda tesa
dal palmo della mano fino alle dita che limita il movimento di estensione
di un dito o di più dita rendendo impossibile la completa apertura della
mano. Insorge spontaneamente senza causa apparente.
I pazienti più colpiti dalla malattia di Dupuytren sono di sesso maschile.
La malattia insorge solitamente all’età di 40/45 anni e, in alcuni pazienti, si può presentare in forme più severe: in tal caso l’età di insorgenza è
più precoce e la localizzazione è diffusa ad entrambe le mani e, a volte,
anche ai piedi.
Nel testo vengono affrontati casi clinici importanti e rari e sono descritti
tutti i più moderni trattamenti che l’attuale chirurgia della mano ha a
disposizione per risolvere o limitare il decorso della malattia.
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Il volume viene pubblicato, esclusivamente in lingua inglese, in occasione del XX FESSH CONGRESS tenutosi a Milano dal 17 al 20 giugno
2015.
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Sintesi del piano dell’Opera
Ricerca, rigore scientifico e serietà professionale sono i valori IGEA. Dal 1980 IGEA studia l’applicazione di stimoli
fisici a sistemi biologici per favorire la riparazione, il recupero e la protezione di ossa e cartilagini: la Biofisica Ortopedica. Tanti prodotti di successo clinicamente dimostrato testimoniano il nostro percorso, che oggi ci vede impegnati
anche nello sviluppo della Biofisica Oncologica: l’obiettivo è offrire al paziente una terapia efficace, sicura, di
Editor’s introduction
Section 2 - Clinical aspects
Forward, Secretary General FESSH
Section 3 - Non-operative treatment
Forward, Congress Chairman
Section 4 - Operative treatment
Section 1 - History and basic science
Section 5 - Conclusions
semplice utilizzo e con minimi effetti collaterali. Un nuovo traguardo del nostro impegno di ricerca quotidiana.
30 anni di collaborazione con il mondo medico.
Via Piedicavallo, 14 - 10145 Torino
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AA.VV.
Giugno 2015
Vol. 52 - N. 2
Chirurgia della Mano
CHIRURGIA E RIABILITAZIONE DELLA MANO DELL’ARTO SUPERIORE E MICROCHIRURGIA
Organo ufficiale della Società Italiana di Chirurgia della Mano
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Aurelio Portincasa
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Bruno Battiston
Member of the Federation of the European Societies for Surgery
of the Hand (FESSH)
Member of the International Federation of Societies for Surgery
of the Hand (IFSSH)
1
Sommario
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Sommario
TRAUMATOLOGIA
4
L’UTILIZZO DEL MINI FISSATORE ESTERNO NEL TRATTAMENTO
DELLE FRATTURE DELLA BASE DEL I METACARPALE
Dariush Ghargozloo, Pierluigi Cosentino, Alessandro Tomarchio, Giulio Bruno, Giuseppe Sessa
CHIRURGIA TENDINEA
11
LA TENOLISI MINI-INVASIVA DEI TENDINI FLESSORI NEGLI ESITI
DELLE FRATTURE ALLE DITA DELLA MANO. PRELIMINARY REPORT
Andrea Leti Acciaro, Nicolò Chiarelli, Mario Lando, Antonia Russomando, Antonio Landi
MICROCHIRURGIA
TIMING NELLE COPERTURE MICROCHIRURGICHE DELL’ARTO SUPERIORE
20
Mario Cherubino, Francesca Maggiulli, Federico Tamborini, Amedeo Bini, Igor Pellegatta, Danilo Di
Giovanna, Luigi Valdatta
CHIRURGIA ARTICOLARE
IL MORBO DI KIENBÖCK: CONSIDERAZIONI GENERALI SULLA SUA EZIOLOGIA
E SUL SUO TRATTAMENTO IN RAPPORTO ALLA STADIAZIONE SECONDO LICTHMANN
27
Augusto Marcuzzi, Fabio Colantonio, Giovanna Petrella, Elena Boschi
CHIRURGIA SPERIMENTALE
BARBED SUTURES VS CONVENTIONAL TENORRHAPHIES IN FLEXOR TENDON
REPAIR: BIOMECHANICAL TESTS IN AN ANIMAL MODEL
38
Alessandra Clemente, Federica Bergamin, Cecilia Surace, Emiliano Lepore, Nicola Pugno
CASI CLINICI
47
BILATERAL VOLAR LUNATE DISLOCATION WITH RADIAL STYLOID FRACTURE
ASSOCIATED: A CASE REPORT
Stefania Briano, Alessandra Galuppi, Giacomo Demontis
54
LESIONE BILATERALE DEL NERVO MEDIANO AL POLSO: CASO CLINICO
Alessio Pedrazzini, Letizia Marenghi, Tobia Sorrentino, Silvio Tocco, Francesco Ceccarelli
MALFORMAZIONI
VALUTAZIONE DEI RISULTATI E DELLE COMPLICANZE DOPO TRATTAMENTO
CHIRURGICO DELLA DUPLICAZIONE DEL POLLICE
62
Massimo Corain, Tomaso Romeo, Chiara Tromponi, Betty Ilambwetsi, Roberto Adani
2
Sommario
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Sommario
CULTURA
LA STORIA DELLA CHIRURGIA DELLA MANO A MILANO
70
Giorgio Pajardi, Paola Bortot, Laura Loda, Elena Sicilia, Chiara Novelli
82
REGOLAMENTO
91
STATUTO
(APPROVATO DALL’ASSEMBLEA STRAORDINARIA DI TORINO, 7 OTTOBRE 2011)
Sommario
3
Traumatologia della mano ed arto superiore
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
L’UTILIZZO DEL MINI FISSATORE ESTERNO NEL
TRATTAMENTO DELLE FRATTURE DELLA BASE
DEL I METACARPALE
Dariush Ghargozloo*, Pierluigi Cosentino*, Alessandro Tomarchio**, Giulio Bruno*,
Giuseppe Sessa*
* Clinica Ortopedica Universitaria Policlinico-OVE, Catania (Dir. Prof. G. Sessa)
** Azienda ospedaliera Guzzardi di Vittoria (Ragusa) (Direttore: Prof. T. Russo)
Referente
Dariush Ghargozloo - Azienda ospedaliera universitaria Vittorio Emanuele - Policlinico Catania - Via Plebiscito, 628 Catania
E-mail: [email protected]
THE USE OF MINI EXTERNAL FIXATOR IN THE TREATMENT OF
FIRST METACARPAL BASE FRACTURES
SINTESI
La fissazione esterna costituisce un mezzo utile e versatile per il trattamento delle fratture della mano. La valutazione della letteratura conferma un ruolo di primo piano nei
traumi complessi della mano; mentre assume un’indicazione relativa in caso di fratture
“semplici”. Questo sistema ha tuttavia dei limiti: la dimensione dei frammenti di frattura non sempre controllabili dalla costruzione del fissatore e l’ingombro dello stesso,
l’esperienza del chirurgo e la personalità del paziente. La nostra esperienza consiste
nel trattamento di 18 fratture della base del primo metacarpale (articolari ed extraarticolari), mediante l’ausilio del fissatore esterno monoassiale Orthofix associato alla
microvite, qualora la configurazione della frattura lo richieda.
Parole chiave: pollice, I metacarpale, osteosintesi, fissatore esterno, microvite
SUMMARY
External fixation is a useful and versatile system for the treatment of hand’s fracture.
The literature confirms a leading role in complex trauma of the hand; while taking
an indication in fractures “simple”. This technique has limits: the size of the fracture
fragments not always controllable by the construction of the fixator and the footprint
of the same, the experience of the surgeon and the patient’s personality. Our experience
shows the treatment of 18 fractures of the base of the first metacarpal (articular and
extra-articular), with the help of external fixation associated with monoaxial Otrthofix
fixator and microscrew, when the configuration of the fracture requires it.
Keywords: thumb, first metacarpal, osteosynthesis, external fixator, microscrew
4
Dariush Ghargozloo, Pierluigi Cosentino, Alessandro Tomarchio, Giulio Bruno, Giuseppe Sessa
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Traumatologia della mano ed arto superiore
INTRODUZIONE
L’incidenza delle fratture dei metacarpali
oscilla tra il 18% ed il 44% [1] ed il meccanismo traumatico è da imputare principalmente ai traumi da schiacciamento. Le fratture a carico della base del primo metacarpale hanno un’incidenza pari all’1,8% [2].
Generalmente, la frattura della base del primo metacarpale è causata da trauma in compressione lungo l’asse del pollice durante
la flessione. Tali fratture si distinguono in
extra-articolari ed articolari con lussazione
dell’articolazione trapezio-metacarpale.
Diverse sono le tecniche chirurgiche descritte in letteratura; esse vengono utilizzate in relazione alla tipologia di frattura,
complessità del trauma, coinvolgimento
dei tessuti molli e fattori di rischio.
Gran parte degli Autori preferisce trattare
le fratture extra-articolari a cielo chiuso con
fili di Kirschner incrociati.
La lesione di Bennett è una frattura a 2
frammenti, con lussazione prossimale in
direzione dorso-radiale del I metacarpale,
causata dalla trazione dell’abduttore lungo
e dall’estensore lungo del pollice [3]. L’entità della lussazione e stabilità della frattura
dipende dalla dimensione del frammento
volare-ulnare rimasto nella propria sede
[4]. La maggior parte degli Autori preferisce una riduzione a cielo chiuso e pinning
percutaneo, previa riduzione della frattura
(trazione, estensione e pronazione).
La sintesi viene eseguita secondo le varie
tecniche che prevedono l’uso di fili di Kirschner da 1,6 mm fino a 0,9 mm (Iselin,
Wagner, Wiggins, Tubiana) [5-7] o vite di
diametro variabile (1,5 - 2,7 mm). È stata
anche proposta la sintesi percutanea assistita artroscopicamente [8].
Dopo il trattamento chirurgico, il pollice
viene immobilizzato per un periodo medio
di 5 settimane, lasciando libera l’articolazio-
ne interfalangea, ove la sintesi risulti stabile.
La guarigione ossea avviene intorno alla
6°-8° settimana.
La lesione di Rolando è una frattura a 3
frammenti a “T” o “Y” che, generalmente, viene descritta come frattura articolare
comminuta [9]. Il trattamento prevede le
stesse metodiche utilizzate nella frattura
di Bennett, oltre alle quali viene indicato
l’uso della fissazione esterna [10,11]. Tale
sistema viene montato a ponte tra il I metacarpale ed il trapezio in distrazione associando un filo di K o una microvite per
ridurre i frammenti di frattura, se di grandi
dimensioni [12,13]. Howard riteneva che la
combinazione di un cerchiaggio metallico
con un fissatore esterno (FE), fosse idonea
a portare a guarigione la frattura, con una
buona funzionalità articolare [14].
Nelle forme ad alta comminuzione è sufficente il solo FE in distrazione [15].
In linea generale, la lesione di Rolando,
atteso il più complesso coinvolgimento
articolare, ha una prognosi peggiore, con
elevata possibilità di artrosi secondaria rispetto alla frattura di Bennet.
Il trattamento incruento delle fratture articolari della base, è sempre meno utilizzato
per l’elevata richiesta funzionale dei pazienti. Infatti per le fratture articolari la riduzione tramite trazione è facile da ottenere
ma difficile da mantenere in quanto in apparecchio gessato risulta instabile. Inoltre il
controllo radiografico in gesso risulta poco
agevole. Pertanto il trattamento conservativo viene riservato e limitato a pazienti anziani, con grave osteoporosi ed a pazienti
con scarse richieste funzionali.
MATERIALI E METODI
Si riporta la nostra esperienza nell’uso del
mini fissatore esterno mono assiale Orthofix nelle fratture della base I metacarpale in
L’utilizzo del mini fissatore esterno nel trattamento delle fratture della base del I metacarpale
5
Traumatologia della mano ed arto superiore
associazione a microvite percutanea (sintesi accessoria). Sono stati trattati chirurgicamente, da maggio 2007 a febbraio 2014
(follow-up medio 32 mesi), 18 pazienti, di
cui 15 uomini e 3 donne con età media di
34,2 anni (16-81 aa).
Delle 18 fratture 5 erano extra-articolari e
13 presentavano interessamento articolare:
6 fratture-lussazioni di Bennet e 7 fratture
di Rolando.
4 casi dei 18 complessivi, unitamente alla
frattura della base, presentavano fratture
diafisarie a carico del IV e V metacarpale,
anch’esse trattate con FE.
In 2 casi era contestuale l’esposizione della
frattura del primo metacarpale.
In 4 casi era presente un trauma dell’eminenza thenar di tipo 2, secondo la classificazione di Tshern. Nei restanti 11 le condizioni tissutali e cutanee erano buone.
12 dei 18 pazienti si definivano forti fumatori; 4 dei 18 pazienti erano diabetici in
trattamento farmacologico.
Il sistema di fissazione è stato associato
all’utilizzo di microvite percutanea nei casi
di frattura articolare con frammenti di grandi dimensioni.
Il tempo di esposizione ai raggi è stato variabile: circa 6/8 scatti di brillanza nel caso
di applicazione del solo FE, circa 9/13 scatti con il posizionamento percutaneo della
microvite.
La nostra metodica chirurgica segue la
tecnica descritta dalla AO: si procede valutando la riducibilità della frattura sotto
amplificatore di brillanza in sala operatoria,
posizionando il pollice a 45° di abduzione
(per detendere ALP) in leggera trazione.
La prima vite del fissatore va posizionata
sul trapezio (Fig. 1), poi vanno introdotte
le altre viti (verticali sul trapezio ed orizzontali sulla diafisi metacarpale) previo posizionamento del corpo del fissatore esterno
6
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Figura 1. Posizionamento prima vite sul
trapezio mantenendo in trazione il pollice
in abduzione.
Figura 2. Montaggio a ponte sulla T-MTC
secondo tecnica.
Dariush Ghargozloo, Pierluigi Cosentino, Alessandro Tomarchio, Giulio Bruno, Giuseppe Sessa
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Traumatologia della mano ed arto superiore
Figura 4. Frattura di Bennet ridotta e stabilizzata con ausilio della microvite.
Figura 3. Mini incisione e posizionamento
percutaneo della microvite.
(Fig. 2). Quindi si procede a manovra di trazione assiale e pronazione del pollice, con
pressione alla base del I metacarpale verso
il palmo della mano e successiva stabilizzazione dei morsetti del sistema. Qualora
la frattura lo permetta si effettua la sintesi
della frattura articolare con microvite percutanea (Fig. 3). Al termine si procede al
controllo radiografico della sintesi (Fig. 4).
RISULTATI
Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad attenta valutazione clinica, con medicazione
dei tramiti, presso l’ambulatorio dedicato,
una volta a settimana fino alla rimozione
del sistema. Il fissatore è stato rimosso in
media a 42 giorni, in sede ambulatoriale,
previa valutazione radiografica e clinica
della consolidazione.
La guarigione è avvenuta in tutti i casi,
con comparsa di segni di artrosi in 5 casi.
Occorre evidenziare come il quadro radiografico e quello clinico non vanno di pari
passo, ovvero a fronte di riduzioni non
completamente anatomiche abbiamo osservato dei quadri clinici privi di limitazioni
funzionali.
Sono stati eseguiti controlli radiografici al
Pronto Soccorso, dopo l’intervento chirurgico, a 30 giorni ed a 3, 6 e 12 mesi di distanza dall’intervento chirurgico.
Tutti i pazienti sono stati valutati clinicamente e mediante somministrazione di
questionario oggettivo DASH score e VAS.
I risultati soggettivi sono stati buoni, con
un ROM complessivamente completo (Kapandji di 8,9 in media), un buon recupero delle prese bi e tri-digitale, della forza,
come riferito dai pazienti già a 60 giorni dal
trattamento chirurgico, e nessuna limitazione nell’apertura della prima commissura
(Fig. 5). Solo 3 pazienti hanno proseguito
la riabilitazione per il recupero funzionale. La scheda DASH ha riportato un valore
medio di 8.4 (0-100) con una VAS di 2.
In nessun caso abbiamo evidenziato perdite
della sensibilità o parestesie per lesioni della branca sensitiva del nervo radiale.
Nel corso del trattamento, non abbiamo riscontrato scomposizioni secondarie o mobilizzazione delle viti da osso.
Tra le complicanze segnaliamo: segni di infezioni superficiali in 3 casi; in 2 casi si è
L’utilizzo del mini fissatore esterno nel trattamento delle fratture della base del I metacarpale
7
Traumatologia della mano ed arto superiore
Figura 5. Buono il Rom del primo raggio.
verificata la rottura delle viti del FE (all’interno del trapezio) ed in 1 di essi abbiamo
riscontrato la mobilizzazione della microvite alla base I del metacarpale (Fig. 6).
Le viti rotte, all’interno del trapezio, non
sono state rimosse; le infezioni sono state
risolte con le medicazioni e terapia antibiotica ad ampio spettro.
DISCUSSIONE
La fissazione esterna nella traumatologia
della mano è un sistema efficace che permette il rispetto biologico del callo osseo,
evitando esposizioni del focolaio di frattura. Non è controindicata l’eventuale associazione di una sintesi interna a minima. Il
recupero funzionale dipende, chiaramente,
dalla riduzione della frattura, dalla corretta
costruzione del FE e dalla precoce mobilizzazione del segmento interessato.
La letteratura conferma un ruolo di primo
piano nei traumi complessi della mano;
mentre il ricorso all’utilizzo della fissazione
esterna assume un’indicazione “relativa” in
caso di fratture “semplici” di metacarpali e
falangi. Attualmente, non vi è un’indicazione chiara ed il trattamento promosso sembra dipendere dalle tecniche preferite dai
vari Autori [16].
8
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Figura 6. Al follow-up a 3 anni mobilizzazione microvite che è stata rimossa con
piccola incisione in DH. La vite da osso si
era rotta durante il periodo di trattamento
con FE.
In conclusione, in caso di fratture non articolari, il fissatore esterno viene posizionato
a monte e a valle del focolaio di frattura sul
I metacarpale, qualora vi sia spazio sufficiente per le viti nel frammento più piccolo
(Fig. 7). In caso di fratture articolari, montiamo, come da tecnica, il fissatore a ponte
sull’articolazione trapezio-metacarpale in
distrazione sfruttando la trazione legamentosa. La riduzione e sintesi dei frammenti
Figura 7. Caso clinico 1. Frattura base
extrarticolare - Sufficiente lo spazio per il
posizionamento delle viti nel frammento
prossimale.
Dariush Ghargozloo, Pierluigi Cosentino, Alessandro Tomarchio, Giulio Bruno, Giuseppe Sessa
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Traumatologia della mano ed arto superiore
Figura 8. Caso clinico 2. Frattura di Bennet.
della base verrà eseguita con microvite percutanea soltanto in presenza di grossi frammenti articolari sia nelle Bennett (Fig. 8 e
9) sia nelle Rolando (Fig. 10 e 11).
A differenza di molti Autori che preferiscono l’utilizzo dei fili di Kirschner, noi
preferiamo applicare il fissatore esterno e
la microvite, ove possibile. Tale scelta è legata alla maggiore capacità che il fissatore
ha nel riallineare i frammenti, nel ristabilire
la corretta lunghezza del raggio, in maniera
stabile. Utilizziamo la microvite rispetto al
filo di K per il minor rischio di mobilizzazione e conseguente perdita di riduzione dei
frammenti articolari. Inoltre, la protezione
dei fili richiede, spesso, il blocco del polso
e del primo raggio, con stecca gessata, totale o fino alla IF in base alla complessità della frattura, condizione che può determinare
una rigidità del polso e del pollice.
Il binomio FE e microvite permette un mantenimento della motilità del polso e dell’estremità distale del pollice nei movimenti
di flesso-estensione, riducendo il rischio di
aderenze e rigidità a carico dei tendini flessori ed estensori con recupero funzionale
precoce.
Noi preferiamo ricorrere a tale tecnica qualora si presentino delle controindicazioni
locali e/o generali alla sintesi aperta. Le
Figura 9. Caso clinico 2. Il piccolo frammento articolare ha richiesto una microvite
da 1,5 mm.
Figura 10. Caso clinico 3. Frattura di Rolando a “T” scomposta.
Figura 11. La ligamento tassi data dal FE
ha permesso la riduzione dei grossi frammenti articolari, sintetizzati poi dalla microvite da 2,7 mm.
indicazioni locali sono: fratture esposte e/o
perdita di sostanza e fratture multiple con
trauma da schiacciamento. Mentre le indicazioni generali sono: il politraumatizzato,
pazienti anziani, pazienti diabetici, forti fu-
L’utilizzo del mini fissatore esterno nel trattamento delle fratture della base del I metacarpale
9
Traumatologia della mano ed arto superiore
matori, vasculopatici e pazienti con gravi
patologie sistemiche.
Sebbene la fissazione esterna costituisca
sicuramente un mezzo utile e versatile per
il trattamento delle fratture della mano,
soprattutto in lesioni complesse, tale sistema ha, tuttavia, dei limiti derivanti dalla
dimensione dei frammenti di frattura non
sempre controllabili dalla costruzione del
fissatore, dell’ingombro dello stesso e dalla
compliance del paziente. Quest’ultimo è un
punto fondamentale nella scelta del paziente a cui applicare tale sistema; non tutti i
pazienti, infatti, sono disponibili a tollerare
un sistema visibile ed esterno.
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Dariush Ghargozloo, Pierluigi Cosentino, Alessandro Tomarchio, Giulio Bruno, Giuseppe Sessa
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Chirurgia tendinea
LA TENOLISI MINI-INVASIVA DEI TENDINI
FLESSORI NEGLI ESITI DELLE FRATTURE
ALLE DITA DELLA MANO. PRELIMINARY REPORT
Andrea Leti Acciaro, Nicolò Chiarelli, Mario Lando, Antonia Russomando, Antonio Landi
S.C. di Chirurgia della Mano e Microchirurgia AOU Policlinico di Modena
Master II Livello in Chirurgia della Mano e Microchirurgia UniMoRe
Referente:
Andrea Leti Acciaro - S.C. Chir Mano e Microchirurgia AOU Policlinico di Modena
L.go del Pozzo, 71 - 41124 Modena - [email protected]
THE MINI-INVASIVE TENOLYSIS OF THE FLEXOR TENDONS FOLLOWING
FRACTURES AT THE FINGER. PRELIMINARY REPORT
SINTESI
Il trattamento delle aderenze tendinee flessorie negli esiti delle fratture a livello delle
falangi e delle ossa metacarpali delle dita e della mano, così come l’esito medesimo
nelle lesioni aperte, è una sfida irta di ostacoli e scarsi risultati per il chirurgo della
mano. Gli outcomes sono frequentemente scadenti per la complessità della lesione e
per l’invasività della tecnica chirurgica della tenolisi. Gli autori descrivono gli aspetti
tecnici ed i risultati di una nuova tecnica mini-invasiva di tenolisi dei flessori nelle
aderenze in zona 1 e 2 delle dita a seguito di fratture falangee o metacarpali. I promettenti risultati conseguiti mostrano come questa tecnica sia estremamente efficace nel
trattamento senza aggiungere altro trauma e cicatrice al canale tendineo ed ai tessuti
molli circostanti.
Parole chiave: tenolisi, flessori, rigidità, aderenze, mini-invasiva
SUMMARY
The treatment of the tendon adhesion following fractures or open injuries of the fingers is a great challenge for the hand surgeon. The results are often poor, because of
the severity of the lesion and the aggressive procedure of the secondary tenolysis. The
authors describe the technical findings and the results of a new mini-invasive tenolysis
to treat the tendon adhesion in zone 1 and 2 of the flexor tendons, following fracture at
the finger and metacarpal bone.
The relevant outcomes achieved show the technique as a very useful one to treat the
flexor tendons adhesions without adding trauma and scare to the tendon apparatus and
soft tissues.
Keywords: tenolysis, flexor tendons, stiffness, adhesion, mini-invasive
La tenolisi mini-invasiva dei tendini flessori negli esiti delle fratture alle dita della mano. Preliminary report
11
Chirurgia tendinea
INTRODUZIONE
Le fratture delle ossa metacarpali e delle
falangi sono le più comuni dell’ arto superiore, rappresentando il 10% delle fratture
totali. Esse sono più frequenti nei maschi
tra i 10 e i 40 anni. Con lo sviluppo di nuovi dispositivi, la riduzione a cielo aperto
e la fissazione interna diventa un metodo
utilizzato frequentemente. Così come tale
complicanza rimane elevata, in assenza di
protocolli rieducativi precoci, nelle fratture
trattate conservativamente e con fili di K,
in cui il focolaio di frattura abbia lesionato
il periostio e compromesso il canale digitale. L’obiettivo di questo studio è quello
di presentare un metodo mini-invasivo per
ottenere una buona tenolisi, senza incrementare il danno dei tessuti molli alle dita.
Gli autori descrivono la loro esperienza ed
i risultati ottenuti con una tecnica di tenolisi
mini-invasiva nel trattamento delle aderenze tendinee flessorie in zona 1 e 2 delle dita.
I tendini flessori devono scorrere agevolmente nel loro canale digitale. Eventuali danni alle strutture ossee e parostali ed
ai tessuti molli possono causare cicatrici
tendinee con conseguente formazione di
aderenze. Fino al 29% delle fratture digitali possono essere associate ad aderenze
dei tendini flessori o estensori. Quando le
aderenze limitano la funzione digitale e un
accurato ciclo di fisioterapia ha raggiunto
l’utilità massima, l’intervento chirurgico
dovrebbe essere preso in considerazione.
Molte tecniche di tenolisi sono state descritte in letteratura, ma è ben noto che nessuna di loro è semplice e, talvolta, i danni
tissutali causati dalla procedura sono pari o
peggiori rispetto alla condizione di partenza. Sviluppare una tecnica di tenolisi miniinvasiva dei tendini flessori dopo fratture
delle falangi e delle ossa metacarpali presenta, pertanto, vantaggi di velocità, sem12
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
plicità, non invasività del canale tendineo e
delle pulegge, ridotto traumatismo dei tessuti molli e della vascolarizzazione.
MATERIALI E METODI
Tra il 2010 e il 2013 sono stati operati nella nostra Struttura 13 pazienti (15 dita) con
aderenze dei tendini flessori dopo fratture
delle falangi e delle ossa metacarpali con
tecnica mini-invasiva. La casistica di 11
uomini e 2 donne, presenta un’età media
di 40 anni (da 21 a 71). In 6 casi era interessata la mano destra e in 7 casi la mano
sinistra. Di tutti questi pazienti, 1 è stato
escluso per la presenza di lesioni associate
complesse della mano e 2 pazienti non si
sono presentati al follow-up per questo studio (Tabella 1).
I requisiti per l’inclusione retrospettiva dei
pazienti sono stati: la consolidazione delle
fratture, la guarigione completa delle lesioni cutanee, l’assenza di danno primario dei
tendini flessori (tenorrafie), l’arco di movimento (ROM) passivo significativamente maggiore dell’attivo, una buona forza
muscolare, il raggiungimento del plateau
nella terapia fisica (da 4 a 8 settimane). I
criteri di esclusione sono stati: una lesione
complessa della mano, il danneggiamento
dei tendini flessori o delle loro pulegge,
pazienti con scarsa compliance per il programma di riabilitazione, una significativa
rigidità articolare.
Tutti i 10 pazienti valutati (11 dita) soddisfano questi requisiti. Delle 11 dita, 5 della mano destra e 6 della mano sinistra, 4
casi erano del dito indice, 2 del terzo dito,
2 del dito anulare e 3 casi del quinto dito.
La tipologia delle lesioni primarie è stata
la seguente: 1 frattura con sublussazione
dell’articolazione interfalangea prossimale
(IFP) trattata con fissazione esterna e fili
di K, 1 mallet finger osseo trattato con fili
Andrea Leti Acciaro, Nicolò Chiarelli, Mario Lando, Antonia Russomando, Antonio Landi
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Chirurgia tendinea
di K, 4 fratture dei metacarpali (1 esposta)
trattate con placche e viti, 3 fratture della
prima falange trattate, una con placca e
viti e due con fili di K, una frattura della
seconda falange trattata con splint digitale
e 1 frattura della terza falange trattata con
splint digitale (Tabella 1). Il tempo medio
tra il primo trattamento chirurgico e la te-
nolisi è stato di 29 mesi (range 3-55). L’inizio della terapia fisica avveniva due giorni
prima della procedura di tenolisi. La stretta
collaborazione con il Servizio di Rieducazione della Mano e la motivazione dei pazienti hanno permesso di eseguire alcune
procedure aggiuntive in alcuni casi, come
l’artrolisi mini-invasiva dorsale dell’arti-
Tabella 1. Dati relativi ai pazienti.
Dito
PAZIENTE
coinvolto
G. G.
Tipo di
frattura
Mesi
intercorsi
dalla
frattura
alla
tenolisi
Frattura
5° mano dx - lussazione 55
IFP
O. F. DITO 1 2° mano sx
Frattura
falange 3°
Frattura
falange 2°
Frattura
2° mano dx
falange 1°
Mallet
4° mano sx
finger
22
TPM
Follow
prima
up in
della
mesi
tenolisi
TAM
Procedure TAM AL
prima
chirurgiche FOLLOW
della
associate
UP
tenolisi
Release
bendelletta
laterale
estensoria
alla IFP
4
195°
152°
6
204°
170°
187°
200°
175°
190°
O. F. DITO 2 3° mano sx
mini-TAD
MF
mini-TAD
IFD
204°
8
14
205°
114°
16
5
220°
180°
F. F.
Frattura
5° mano sx dell’artico- 24
lazione IFP
7
240°
185°
216°
P. R.
4° mano dx
Frattura
falange 1°
8
234°
190°
225°
P. F.
3° mano sx
Frattura
22
metacarpale
19
232°
178°
220°
V. I.
2° mano dx
Frattura
7
metacarpale
16
130°
30°
M. V.
5° mano sx
Frattura
falange 1°
4
31
240°
175°
I. C.
2° mano dx
Frattura
6
metacarpale
25
198°
116°
B. S.
S. P.
3
mini-TAD
MF-IFP
185°
205°
121°
231°
mini-TAD
MF
177°
La tenolisi mini-invasiva dei tendini flessori negli esiti delle fratture alle dita della mano. Preliminary report
13
Chirurgia tendinea
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Tabella 2. Outcomes secondo Stickland
Paziente
IFP AROM
IFD AROM
PIP + DIP TAM
Strickland Score
G. G.
88°
40°
128°
BUONO
O. F. DITO 1
75°
24°
99°
DISCRETO
O. F. DITO 2
78°
28°
106°
DISCRETO
B. S.
63°
32°
95°
DISCRETO
S. P.
80°
45°
125°
BUONO
F. F.
96°
40°
136°
BUONO
P. R.
90°
75°
165°
ECCELLENTE
P. F.
98°
53°
151°
ECCELLENTE
V. I.
45°
21°
66°
SCARSO
M. V.
75°
82°
157°
ECCELLENTE
I. C.
64°
34°
98°
DISCRETO
colazione metacarpo falangea (mini-TAD
della MF in 3 casi), l’artrolisi mini-invasiva
dorsale della IFP o IFD (mini-TAD - TenoArtolisi Dorsale - della IFP e IFD 3 casi), e
un release della placca volare della IFP, incrementando nello stesso tempo chirurgico
il ROM passivo.
Per la valutazione finale dei pazienti è stato
utilizzato il punteggio di Strickland. Questo punteggio valuta esclusivamente il movimento della IFP e della IFD (Tabella 2).
Secondo questo punteggio, l’evoluzione
può essere, eccellente (ROM totale della
IFP e della IFD >150°), buono (125°-149°),
sufficiente (90°-124°) e insoddisfacente
(<90°). Il follow-up medio è stato di 14,4
mesi (range 4-31).
TECNICA CHIRURGICA
Tutte le tenolisi sono state eseguite in blocco ascellare, posizione supina e con utilizzo di tourniquet. Partendo dal quadro di
aderenza e mancato scorrimento di tendini flessori (Fig.1), un’incisione obliqua è
14
stata eseguita dalla piega palmare distale
alla piega digitale prossimale. La puleggia
A1 è stata aperta (Fig. 2). Con una pinza
di Allis o di Duvall, pinza atraumatica che
Figura 1. Quadro clinico preoperatorio
in aderenza flessori al V dito conseguente
frattura della falange prossimale.
Andrea Leti Acciaro, Nicolò Chiarelli, Mario Lando, Antonia Russomando, Antonio Landi
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Chirurgia tendinea
Figura 2. Incisione e sezione della puleggia A1 con isolamento dei flessori.
Figura 3. Pinza di Duvall.
viene generalmente utilizzata in chirurgia
generale per l’intestino e la manipolazione
del fegato (Fig. 3), i tendini flessori sono
stati separatamente trazionati delicatamente facendo un movimento di torsione su se
stessi fino a quando le aderenze sono state
strappate e i tendini risultavano liberati e lo
scorrimento e movimento ottenuto risultava soddisfacente (Fig. 4a, 4b).
Le pulegge A2, A3 e A4, così come l’in-
Figure 4 a e b. Particolari intraoperatorio della tecnica di
trazione e torsione dei tendini
con la pinza di Duvall.
La tenolisi mini-invasiva dei tendini flessori negli esiti delle fratture alle dita della mano. Preliminary report
15
Chirurgia tendinea
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Figura 5. Outcome con eccellente risultato al follow-up.
tero canale digitale, rimangono intatte. Il
trattamento post-operatorio consiste nel
controllo del dolore e dell’edema con bendaggi elastici. La fisioterapia viene iniziata
48 ore dopo l’intervento chirurgico con un
programma individuale disegnato su misura dallo specialista della riabilitazione
per implementare il libero e attivo scorrimento del flessori fino alla stabilizzazione
dell’outcome (Fig. 5).
RISULTATI
Abbiamo valutato retrospettivamente in
questo lavoro un totale di 10 pazienti (11
dita) con aderenze dei tendini flessori in seguito a differenti traumi delle dita, aderenze che necessitavano di tenolisi.
Per valutare i risultati abbiamo utilizzato i
criteri di Strickland, che misurano il ROM
attivo totale (TAM - Total Active Motion)
delle articolazioni IFP e IFD prima e dopo
l’intervento chirurgico (Tabelle 1 e 2) e abbiamo valutato anche il ROM totale includendo l’articolazione metacarpo falangea.
3 dita (27,27%) hanno avuto risultati eccellenti, 3 dita (27,27%) hanno avuto buoni
risultati, 4 dita (36,36%) hanno avuto risultati discreti e solo 1 dito (9,1%) ha avuto
un risultato scarso secondo la scala Stric16
kland. Abbiamo avuto solo 2 complicanze
nella nostra casistica (18%), 1 deiscenza
della ferita e 1 ipoestesia provvisoria del
dito interessato. Non abbiamo avuto alcuna
infezione.
DISCUSSIONE
La tenolisi rappresenta una procedura secondaria nei fallimenti della chirurgia riparativa e ricostruttiva dei tendini, ma anche
in seguito ad aderenze dopo traumi, chiusi
o aperti, a livello delle dita, quali schiacciamenti dei tessuti molli, fratture delle falangi, ustioni, infezioni. Nell’ambito della
chirurgia dei tendini flessori questa procedura è la più impegnativa e va riservata a
chirurghi esperti. Particolare risalto va, infatti, dato oltre che all’aspetto tecnico-chirurgico della tenolisi, a quelle che sono le
basi morfologiche, anatomiche e biomeccaniche della struttura tendinea, al meccanismo del processo di guarigione del tendine, alla formazione ed al controllo delle
aderenze (1), agli aspetti anestesiologici
e riabilitativi di questa specifica metodica
(2-4), all’influenza che alcuni fattori possono avere sul processo di guarigione (1,5)
o all’uso di nuove sostanze che realizzino
una “barriera” al formarsi delle aderenze
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Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
(6-8). Nella lista delle priorità di questa
complessa complicanza risulta ben definito
l’elenco dei prerequisiti necessari (9,10,1113): la consolidazione delle eventuali fratture, la guarigione della ferita e, soprattutto, le rigidità articolari. Vi è accordo sul
tempo minimo che deve intercorrere fra un
evento primario a carico del tendine e l’esecuzione della tenolisi: 3 mesi nel caso di
una tenorrafia primaria, 6 mesi nel caso di
una ricostruzione con innesti tendinei; non
è invece ancora definito il tempo massimo
di attesa [9,14,15,16,17].
La tecnica chirurgica prevede per l’esecuzione della tenolisi dei flessori due diverse
vie di accesso: l’incisione secondo Bruner
che permette un’ampia visione del campo
operatorio e quella medio-laterale scelta da
Strickland che permette di lasciare dorsalmente il fascio vascolo-nervoso e dopo la
sutura non esercita una tensione diretta sul
flessore appena liberato. Le fasi chirurgiche
successive sono codificate anche se vengono attuate con strumentari diversi a seconda
delle preferenze dell’Autore (9,18,19,20).
Dopo aver esposto ampiamente il canale digitale si inizia la liberazione del tendine in
senso prossimo-distale cercando di ottenere
un buon piano di dissezione e procedendo
con una tenolisi circonferenziale facendo
attenzione a preservare l’integrità delle pulegge. Il flessore superficiale e il flessore
profondo vengono successivamente separati l’uno dall’altro e qualora lo spazio per
lo scorrimento non fosse sufficiente si può
ricorrere al sacrificio di una delle bandellette del superficiale o del tendine in toto.
Si procede quindi ad una valutazione della
qualità del tendine come suggerito da Hunter (21). Infatti se si è perso più del 30%
della sua larghezza o la continuità è data anche solo da un piccolo tratto di tessuto cicatriziale sarebbe consigliabile non procedere
Chirurgia tendinea
nella tenolisi e optare per una ricostruzione
in due tempi. È necessaria la preservazione o ricostruzione di almeno due pulegge,
A2 e A4 (9,16,18). Talvolta sono necessarie
delle procedure chirurgiche supplementari
quali ad esempio neurolisi dei nervi digitali, associate tenolisi dell’apparato estensore, artrolisi per via volare, un’asportazione
del lombricale (lumbrical plus) o un release
degli intrinseci.
A completamento della procedura chirurgica, in letteratura sono riportati vari esempi
di “barriere” utilizzate per impedire o ridurre il formarsi delle aderenze che vanno
dall’uso di veri e propri materiali di interposizione (5,9,17,22), fino all’introduzione
dell’applicazione peritendinea di sostanze
biodegradabili che interferiscono con il formarsi delle aderenze (23).
Per riuscire ad ottenere un buon risultato
finale in una tenolisi bisogna valutare con
attenzione tutti gli elementi che possono influire nel recupero funzionale del tendine.
Il compito del terapista della mano, nel preoperatorio, è cercare di ottenere escursioni
articolari passive complete, perseguire il
miglior trattamento possibile della ferita e
della fibrosi e il miglior potenziamento muscolare.
La riabilitazione post-operatoria si basa
su punti importanti: controllo dell’edema,
conservazione dell’escursione articolare,
conservazione dello scorrimento del tendine, controllo del dolore, protezione con
anelli di velcro o materiale termoplastico
per almeno 6 settimane delle pulegge riparate (8).
Nonostante le estreme attenzioni al planning pre-operatorio, alla precisione della
tecnica intraoperatoria ed alla fase rieducativa, gli outcomes di questa chirurgia presentano elevate incidenze di complicanze e
fallimenti, a dimostrazione non solo della
La tenolisi mini-invasiva dei tendini flessori negli esiti delle fratture alle dita della mano. Preliminary report
17
Chirurgia tendinea
sua particolare complessità ma anche della
molteplicità dei tessuti aggrediti e coinvolti
nel processo riparativo (24,25).
La tenolisi è una procedura estremamente
complessa ed invasiva con outcomes differenziati e ricchi di complicanze e fallimenti,
con molteplici tessuti coinvolti e aggrediti.
Ci sono pochi lavori pubblicati in letteratura che riguardano i risultati della tenolisi
dopo fratture delle falangi e non uno studio con la tecnica che stiamo descrivendo.
L’impiego di una tecnica mini-invasiva per
la tenolisi dei tendini flessori, in casi selezionati che ne permettano l’esecuzione,
rappresenta un vantaggio indubbio di questa metodica con conseguenti evidenze nei
migliori risultati clinici conseguiti. Nelle
nostre mani i risultati sono stati estremamente soddisfacenti (91% tra eccellenti e
discreti), con pochi risultati negativi (9%)
e solo 2 complicanze minori.
Il vantaggio di questa metodica è di eseguire una tenolisi con accesso mini-invasivo,
senza esposizione dei tessuti perilesionali e
del canale tendineo in sede di aderenza. La
nostra casistica retrospettiva è preliminare e
ridotta, ma pensiamo che sia un’eccellente
tecnica in pazienti ben selezionati, in esiti
di fratture e lesioni dei tessuti molli, ROM
passivo completo e nettamente migliore del
ROM attivo, buona forza muscolare, tendini flessori intatti, plateau del trattamento
rieducativo da circa 4 fino a 8 settimane dal
primo trattamento. Nei casi più favorevoli i risultati sono addirittura eccellenti, con
completezza di recupero funzionale, rapidità di guarigione e ritorno alle attività.
Si tratta di una tecnica molto semplice che
può essere eseguita in pochi minuti. Questa
procedure ha confermato buoni outcomes
anche in associazione ad altre procedure,
come le mini-TAD o il release della placca
volare.
18
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
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La tenolisi mini-invasiva dei tendini flessori negli esiti delle fratture alle dita della mano. Preliminary report
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Microchirurgia
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
TIMING NELLE COPERTURE MICROCHIRURGICHE
DELL’ARTO SUPERIORE
Mario Cherubino1, Francesca Maggiulli1, Federico Tamborini1, Amedeo Bini2, Igor Pellegatta1,
Danilo Di Giovanna1, Luigi Valdatta1
1 Università degli Studi dell’Insubria - U. O. Chirurgia Plastica Ricostruttiva - Ospedale di Circolo
- Fondazione Macchi - Varese
2
UO Ortopedia e Traumatologia - Ospedale di Circolo - Fondazione Macchi - Varese
Referente
Mario Cherubino - Università degli Studi dell’Insubria - U.O. Chirurgia Plastica Ricostruttiva, Ospedale di Circolo
Fondazione Macchi, Varese - E-mail: [email protected] - Tel: +393921509980
TIMING OF TRAUMATIC UPPER EXTREMITY MICROSURGICAL RECONSTRUCTION
SINTESI
Introduzione. Il timing nella ricostruzione microchirurgica dei traumi dell’arto superiore è un argomento dibattuto e di interesse attuale. Ormai comunemente accettata è la
definizione di ricostruzione in”emergenza”, “urgenza”, “precoce” e “tardiva”.
Materiale e metodi. È stata effettuata una revisione della letteratura dal 1989 al 2014
ponendo come obiettivo la correlazione tra timing ricostruttivo microchirurgico di arto
superiore e l’incidenza di infezioni, non union, perdita del lembo e tempi di ospedalizzazione. I dati ottenuti sono stati quindi comparati con la nostra casistica.
Risultati. Non esiste una correlazione statisticamente significativa tra incidenza di complicanze e timing microchirurgico, se non per quanto riguarda i tempi di ospedalizzazione.
Conclusioni. Per stabilire algoritmi terapeutici dirimenti, sarebbe necessario eseguire
studi sistematici standardizzando il follow-up temporale e la caratterizzazione delle
complicanze, e analizzando un più elevato numero di casi.
Parole chiave: timing, microchirurgia, arto superiore, complicanze
SUMMARY
Introduction. The timing in microsurgical upper limb reconstruction after trauma is a
debated topic of current interest. The definitions of “emergency”, “early” and “late”
reconstruction are nowadays commonly accepted.
Materials and methods. The Authors reviewed the literature from 1989 to 2014 taking
into account the correlation between the timing of upper limb microsurgical reconstructive and the incidence of infection, bone nonunion, loss of limb and time of hospitalization. The data obtained have been compared with Authors’ series.
Results. There was no statistically significant correlation between the incidence of complications and microsurgical timing, except for as regards the time of hospitalization.
Conclusion. To establish a therapeutic algorithms on upper limb microsurgical reconstruction is necessary to perform systematic studies standardizing the follow-up time
and the complications and to analyze a larger number of cases.
Keywords: timing, microsurgery, upper limb defect, complications
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Mario Cherubino, Francesca Maggiulli, Federico Tamborini, Amedeo Bini, Igor Pellegatta, Danilo Di Giovanna, Luigi Valdatta
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
INTRODUZIONE
Il corretto timing nella ricostruzione con
lembi liberi di un trauma complesso, che
coinvolga i tessuti molli dell’arto superiore, è una questione dibattuta fin dalle prime
ricostruzioni microchirurgiche di arto compiute negli anni ’70 [1-3]. Nei successivi
40 anni si è assistito ad un notevole miglioramento delle tecniche microchirurgiche e
della conoscenza dell’anatomia e della fisiologia dei lembi liberi. Nel 1977 Foucher
[4] fu il primo ad introdurre il concetto di
ricostruzione immediata ed in unico tempo di traumi complessi dell’arto superiore.
Grazie al lavoro di Godina del 1986 [5] si è
superato il concetto di debridements ripetuti e lunghi periodi di ospedalizzazione prima di compiere l’intervento di copertura:
la ricostruzione microchirurgica immediata
previene condizioni quali edema, infezioni
e fibrosi, garantendo un minor tempo di recupero, una minore incidenza di infezioni
e una maggiore sopravvivenza dei lembi di
copertura. Ciò è confermato anche nei recenti lavori di Sauerbier e Steiert [6]. L’idea
introdotta da Godina [5], confermata dagli
studi di Ostermann [7], innovativa per l’epoca, era di effettuare la ricostruzione con
lembo microchirurgico il prima possibile,
entro le 72 ore dal trauma [8], al fine di ridurre le complicanze in termini di tasso di
perdita parziale o totale del lembi utilizzati
per la ricostruzione, prevenire le infezioni
acute e croniche e favorire la consolidazione ossea in presenza di lesioni scheletriche
associate.
La questione è ancora oggi dibattuta: i diversi lavori pubblicati a riguardo sono principalmente studi retrospettivi con risultati
talvolta in contrasto; l’evoluzione della medicina ha introdotto dispositivi alternativi o
sinergici ai lembi liberi, come ad esempio,
la pressione negativa o i sostituti dermici
Microchirurgia
acellulari, i quali potrebbero rappresentare
una moderna alternativa alla ricostruzione
microchirurgica immediata [9].
In questo lavoro presentiamo una revisione sistematica della letteratura per capire
gli attuali orientamenti e il confronto con
la nostra esperienza clinica degli ultimi 5
anni.
MATERIALI E METODI
Gli Autori hanno compiuto una revisione
della Letteratura riguardo le ricostruzioni
microchirurgiche che sono state eseguite
dal Gennaio 1989 al Dicembre del 2014,
considerando diverse voci attraverso il portale PUBMED. Le parole chiave utilizzate sono state “Timing AND microsurgical
AND reconstruction”, “Hand OR Upper
AND limb AND microsurgical AND reconstruction”. Sono stati inclusi tutti i lavori prospettici o retrospettivi [10]. Dalla
prima selezione, attraverso un’analisi degli
articoli, sono stati scremati tutti quelli che
riguardavano anche l’arto inferiore, focalizzandosi solo sull’arto superiore [11, 12].
Sono stati inclusi i lembi venosi [13] così
come i trasferimenti di dita del piede. Non
sono state considerate le ricostruzioni dei
difetti ossei e non è stato considerato il trattamento delle strutture scheletriche (unico
o più tempi o il tipo di fissazione). Sono
stati esclusi gli studi condotti su cadavere,
gli studi focalizzati sulle osteomieliti, gli
studi senza chiara indicazione del timing
ricostruttivo o per difetti non traumatici.
Sono stati esclusi anche studi focalizzati
sul trattamento di esiti cicatriziali, anche
se l’origine era traumatica o da ustione. I
reimpianti non stati inclusi, salvo i casi in
cui ci fosse una contemporanea perdita di
sostanza dei tessuti molli. La tempistica
della ricostruzione è stata suddivisa in ricostruzione in emergenza entro le 24 ore,
Timing nelle coperture microchirurgiche dell’arto superiore
21
Microchirurgia
urgenza entro le 72 ore, precoce in un periodo tra i 3 ai 21 giorni, tardiva oltre le 3
settimane [14].
Lo studio statistico è stato compiuto mediante l’utilizzo di Microsoft Excel (Microsoft Corp., Redmond, Wash.) per correlare
il timing di ricostruzione microchirurgica
con la perdita del lembo, le infezioni precoci o tardive, i tempi di ospedalizzazione o la
mancata guarigione dell’osso.
Dopo l’analisi della Letteratura abbiamo eseguito uno studio retrospettivo sui
pazienti trattati con ricostruzione microchirurgica per difetti dei tessuti molli in
seguito a trauma dell’arto superiore, dal
Settembre 2011 all’Aprile 2014, presso UO
di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell’Ospedale di Circolo – Fondazione Macchi di
Varese. In tutti i casi descritti il nostro modus operandi si è basato sulla ricostruzione
precoce (entro i 7 giorni). Tutti i pazienti
sono stati sottoposti ad uno o più debridements del sito ricevente fino a tessuto sicuramente sano in modo da ridurre al minimo
il rischio d’infezioni. Dopo accurato lavaggio, controllo dei tessuti vitali, osteosintesi
(provvisoria o definitiva) e la riparazione di
lesioni nervose o vascolari associate, si è
proceduto con la ricostruzione microchirurgica. Su tutti i pazienti è stato applicato un
cateterino perineurale per il controllo antalgico e per permettere la fisioterapia precoce. Nel post operatorio sono state somministrati giornalmente 4000 U.I. di Eparina
a basso peso molecolare sottocute per un
periodo medio di 7 giorni.
RISULTATI
L’analisi della letteratura è stata eseguita
su un totale di 12 articoli, focalizzati sulla ricostruzione microchirurgica dei tessuti
molli dell’arto superiore a vario timing ricostruttivo dal trauma. L’indicazione con22
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
divisa per l’impiego di lembi liberi è stata
la copertura di fratture, strutture neurovascolari o tendinee esposte.
I criteri di inclusione e di esclusione dei lavori sono stati già precedentemente descritti. Abbiamo selezionato da ogni lavoro dati
quali il timing di ricostruzione dal trauma,
il tasso di sopravvivenza del lembo, l’incidenza di infezioni, di pseudoartrosi o nonunion e i tempi di ospedalizzazione.
Nell’analisi statistica eseguita con Microsoft Excel (Microsoft Corp., Redmond,
Wash.) è stato utilizzato un sistema di regressione lineare per ogni variabile e successivamente i risultati sono stati espressi
sotto forma di p-value. Per quanto riguarda
la relazione tra variabile “perdita del lembo”
e “timing ricostruttivo”, in base ai risultati
ottenuti non si evince alcuna correlazione
statisticamente significativa (p=0.162), così
come per la variabile “insorgenza di eventi
infettivi “ (p=0.196) o di “non guarigione
ossea” (p=0.448). Il tempo di ospedalizzazione è risultato significativamente correlato in maniera direttamente proporzionale
con il timing ricostruttivo (p<0.01).
Per quello che riguarda la nostra casistica sono stati trattati con ricostruzione microchirurgica precoce 14 pazienti affetti
da perdita di sostanza post-traumatica dei
tessuti molli dell’arto superiore dal Settembre 2011 all’Aprile 2014. Cinque pazienti
hanno riportato fratture dell’avambraccio:
4 trattate con fissazione interna; una mediante fissazione esterna. In 9 casi è stato
riscontrato un interessamento tendineo ed è
stata eseguita una o più tenorrafie con riparazione diretta (5 compartimento estensorio
e 3 del compartimento flessorio) o mediante trasferimenti tendinei. In 4 casi si è resa
necessaria la riparazione microchirurgica
di vasi arteriosi principali: 2 arterie radiale,
1 ulnare e 1 brachiale.
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Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Sono stati utilizzati 3 lembi di latissimus
dorsi, 8 lembi anterolaterali di coscia (Fig
1A-C) e 3 lembi venosi arterializzati a flusso retrogrado (Fig 2 A-C) prelevati dalla
A
B
C
Figura 1. A) Trauma da pressa in paziente
maschio di 51 anni con perdita di sostanza
cutanea dorso mano sinistra con esposizione tendinea.
B) Lembo microchirurgico anterolaterale
di coscia.
C) Risultato post-operatorio dopo 6 mesi.
Microchirurgia
faccia volare dell’avambraccio. In 4 casi
la perdita di sostanza comprendeva il terzo
distale dell’avambraccio, in 4 il terzo medio e nei rimanenti 6 il difetto interessava la
mano. Dieci dei 14 casi sono stati ricostruiti
entro le 24 ore, 2 entro 3 giorni e 2 dopo 3
settimane in seguito a scelta conservativa
di applicazione di sostituto dermico poi rimosso per lo sviluppo di infezioni locali.
Non è stata osservata alcuna necrosi totale
o parziale dei lembi microchirurgici. In un
unico caso il paziente è stato riportato in
sala operatoria per trombosi dall’anastomosi arteriosa ed è stato sottoposto a revisione
della stessa. Un caso di infezione precoce
superficiale è stata trattata con successo con
medicazioni e antibiotico-terapia sistemica.
In un caso si è osservato un ematoma della
sede ricevente che ha necessitato una drenaggio chirurgico. In 2 casi i pazienti hanno
necessitato un trattamento locale per formazione di sieromi nella sede donatrice. Non
sono stati riscontrati casi di pseudoartrosi
o non-union. Il tempo di ospedalizzazione
medio per paziente è stato di 12 giorni con
inizio di fisiokinesiterapia a 7-9 giorni successivamente all’intervento chirurgico.
DISCUSSIONE
Il timing della ricostruzione microchirurgica degli arti è un argomento ampiamente
dibattuto e tutt’oggi privo di un consenso
univocamente riconosciuto. Storicamente,
una serie di debridement chirurgici ripetuti, fino al raggiungimento di una situazione
stabile dei tessuti molli, era considerato il
trattamento di scelta per preparare gli arti al
trasferimento di un lembo microchirurgico.
Il lavoro di Godina [5] del 1986 ha cambiato questo concetto, dimostrando che, se una
ricostruzione viene effettuata entro le 72
ore dal trauma, il tasso di complicanze a carico del lembo microchirurgico è statisticaTiming nelle coperture microchirurgiche dell’arto superiore
23
Microchirurgia
Figura 2. A) Trauma da schiacciamento in
paziente femmina di 36 anni con amputazione II e III raggio.
B) Lembo venoso prelevato dalla regione
volare dell’avambraccio.
C) Copertura perdita di sostanza con lembo
venoso.
mente minore rispetto ad una ricostruzione
effettuata in differita. Negli ultimi decenni
il concetto di ricostruzione in emergenza è
stato messo in discussione, considerando i
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Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
numerosi progressi della medicina riparativa nella gestione delle ferite traumatiche e
delle ampie perdite di sostanza dei tessuti
molli. La vacuum terapia e i sostituti tissutali si sono rivelati utili presidi nel trattamento dei traumi complessi degli arti [6].
La revisione della letteratura a riguardo
non è dirimente. Se infatti esiste un buon
numero di revisioni e di casistiche riguardo il trattamento delle fratture complesse
della gamba (Gustillo 3 B o C), non esiste
un così chiaro consenso nel trattamento dei
traumi complessi dell’arto superiore; Harrison et al, ad esempio, indicano che non
esiste una differenza in termini di consolidazione ossea, di tasso d’infezioni, di fallimento del lembo ed il tempo intercorso
dal trauma, ma focalizzano l’attenzione sul
debridement [15]. Le loro conclusioni sono
quindi in contrasto con ciò che viene riportato da Ninkovic et al. [16], Godina e Byrd
et al [5].
Dalla revisione della letteratura in merito
non si è raggiunta quindi una significatività dei dati che possa porre l’indicazione
ad una ricostruzione immediata. Inoltre, i
risultati ottenuti dalla nostra analisi non eliminano i bias. Per ottenere quindi risultati
idonei a chiarire la correlazione tra insorgenza di complicanze e timing bisognerebbe disegnare degli studi con un preciso
follow up temporale e una descrizione specifica e standardizzata delle complicanze,
su un numero più elevato di casi.
Dall’analisi della nostra, seppur limitata,
casistica abbiamo evidenziato un alto numero di successi per quanto riguarda la sopravvivenza dei lembi effettuati in urgenza,
un basso tasso d’infezioni, precoci o tardive e completa consolidazione ossea. Nelle
ricostruzioni precoci i giorni di ospedalizzazione e la velocità di recupero sono stati
decisamente minori, rispetto al trattamento
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differito. In relazione all’esiguo numero dei
casi non è stato possibile eseguire una analisi di regressione lineare, tuttavia da una
analisi qualitativa riteniamo opportuno segnalare che l’unico evento di complicanza
infettiva si è verificato in un caso di ricostruzione differita a 3 settimane dal trauma
già complicato da infezione del sostituto
dermico.
Molto utile, per la gestione delle ferite nelle prime ore dal trauma, si è rivelato l’utilizzo della terapia a pressione negativa.
Riteniamo che tale presidio debba rientrare tra le opzioni terapeutiche del chirurgo
traumatologo dell’arto superiore. La vacuum terapia riduce l’edema, controlla la
contaminazione batterica delle ferite e permette una migliore gestione dell’essudato,
diminuendo così il numero di medicazioni
necessarie e riducendo la possibilità d’infezioni prima del tempo ricostruttivo [6]. Il
successo delle ricostruzioni microchirurgiche in differita è favorito dalla possibilità
di gestire le ferite mantenendone una bassa
contaminazione, controllando gli essudati
e l’edema post traumatico. Nei nostri casi,
quando la ricostruzione è stata compiuta
oltre le 24 ore, abbiamo sempre gestito la
perdita di sostanza applicando la pressione
negativa. Questa opzione permette di aver
un più chiaro quadro della vitalità dei tessuti, quindi di migliorare la qualità del debridement, che rimane il momento chiave
nella gestione del trauma [17]. Indipendentemente dal timing ricostruttivo, riteniamo
che non si possa raggiungere una buona
qualità nella ricostruzione se non si è stati
radicali nella gestione dei tessuti necrotici,
potenzialmente infetti. I sostituti dermici,
al contrario e quando indicati, si pongono
come indicazione alternativa e non come
presidio temporaneo per differire la ricostruzione microchirurgica.
Microchirurgia
Dalla revisione della letteratura non si
evincono dati che possano chiarire in modo
univoco se, nei traumi complessi dell’arto
superiore, la ricostruzione microchirugica immediata possa essere utile o meno
a ridurre l’insorgenza di complicanze. La
scarsa standardizzazione degli studi fino ad
ora proposti non permette di raggiungere
una evidenza scientifica. Il nostro modus
operandi si è basato comunque sulla ricostruzione precoce riportando elevati tassi
di successo dei lembi, basse complicanze
e ridotti tempi di ospedalizzazione. Presidi come la terapia a pressione negative e
le matrici dermiche coadiuvano e si pongono come alternativa, rispettivamente, al
trattamento microchirurgico. Riteniamo
comunque necessario, per stabilire algoritmi terapeutici dirimenti, l’esecuzione di
studi sistematici standardizzando il followup temporale e la caratterizzazione delle
complicanze. Ci proponiamo che la nostra
analisi possa porsi come punto di partenza
per estendere lo stesso tipo di considerazioni ad altri gruppi di lavoro ottenendo un
numero di casi significativo.
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Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Chirurgia articolare
IL MORBO DI KIENBÖCK: CONSIDERAZIONI
GENERALI SULLA SUA EZIOLOGIA
E SUL SUO TRATTAMENTO IN RAPPORTO
ALLA STADIAZIONE SECONDO LICTHMANN
Augusto Marcuzzi*, Fabio Colantonio**, Giovanna Petrella*, Elena Boschi***
* Struttura Complessa di Chirurgia della mano, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Policlinico di
Modena
** ASP di Siracusa, Ospedale di Lentini
*** Scuola di Specializzazione in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, Università degli
Studi di Parma
Referente
Augusto Marcuzzi - Struttura complessa di Chirurgia della mano - Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico
di Modena - Cell.: +3934960101643 - E-mail: [email protected]
KIENBÖCK’S DISEASE: GENERAL CONSIDERATIONS ON
ETIOLOGY AND TREATMENT IN RELATION WITH THE
LICTHMANN’S STAGING
SINTESI
Gli Autori presentano una desamina della letteratura sul morbo di Kienböck riportando
le varie teorie eziopatogenetiche considerate e la stadiazione della patologia secondo
la classificazione di Licthmann. Infine descrivono le varie tecniche chirurgiche utilizzate nel corso degli anni dalla sua prima descrizione effettuata da Robert Kienböck nel
1910.
Parole chiave: malattia di Kienböck, eziopatogenesi, trattamento
SUMMARY
The Authors present a literature’s review of Kienböck’s disease, referring various etiopathogenetic thesis and the staging based on Licthmann’s classification. At last the
Authors describe different surgery techniques used over the years from the first description by Robert Kienböck in 1910 to the present day.
Keywords: Kienböck’s disease, etiopathogenesis, treatment
Il morbo di Kienböck: considerazioni generali sulla sua eziologia e sul suo trattamento in rapporto alla stadiazione secondo Licthmann
27
Chirurgia articolare
INTRODUZIONE
Il morbo di Kienböck o necrosi dell’osso
semilunare è una patologia, relativamente
rara, descritta per la prima volta nel 1910
da Robert Kienböck [1].
Tale patologia colpisce per lo più il giovane
adulto, in un età compresa tra i 20 ed i 30
anni, tuttavia alcuni autori [2] hanno riportato casi isolati di morbo di Kienböck in pazienti giovanissimi al di sotto dei 14 anni,
mentre altri autori [3] hanno riscontrato tale
affezione su pazienti in età superiore ai 50
anni. La patologia è caratterizzata clinicamente da una sintomatologia dolorosa ingravescente localizzata al polso, accompagnata da tumefazione locale dovuta ad una
reazione infiammatoria sinovitica reattiva a
carico della articolazione radio-carpica con
limitazione funzionale a carico del movimento e della forza.
EZIOLOGIA
Sono state proposte numerose teorie per
spiegare le alterazioni strutturali che portano al collasso del semilunare.
Le cause che sono state poste più frequentemente in relazione con la malattia sono:
a) Trauma diretto sul polso. Tale teoria fu
proposta da Perte, nel 1843, il quale descrisse l’alterazione anatomo-patologica
del semilunare. Tale ipotesi è stata in
seguito sostenuta da altri studiosi come
Pfitzner [4], Nagura [5] e Stahl [6]. Più
recentemente Stark [7] ha sostenuto il
ruolo diretto del trauma fratturativo o
della lussazione perilunare.
b) Microtraumatismi iterativi. Secondo
Muller [8] il semilunare è l’osso del
carpo sul quale si scaricherebbero principalmente le sollecitazioni meccaniche
durante il lavoro del polso. Tale ipotesi
venne sostenuta da Antuna Zapico [9]
il quale riportò un’alta incidenza di tale
28
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
patologia nei lavoratori che utilizzavano
il martello pneumatico.
c) Sovraccarico statico-dinamico del semilunare: Hulten [10] nel 1928 notò che
un’ulna più corta, rispetto alla superficie
articolare distale del radio, era presente
nel 78% dei pazienti affetti da morbo di
Kienböck, mentre solo il 23% dei pazienti normali presentava un’ulna corta.
Tale conclusione è stata in seguito confermata da Gelberman [11]. Nella variante in minus dell’ulna, la metà ulnare
del semilunare ha perso il suo normale
supporto protettivo da parte dell’ulna. A
causa dell’ineguale resistenza tra la superficie articolare del radio e del complesso fibrocartilagineo ulnare, i carichi
sulla metà radiale del semilunare sono
relativamente aumentati [12], per cui il
semilunare è sottoposto ad un effetto
tipo “schiaccianoci” tra il margine ulnare del radio e la testa del capitato.
d) Deficit irrorativo arterioso: lo stesso
Kienböck [1] riteneva che un trauma
potesse provocare una lesione dei legamenti perilunati privando il semilunare di arterie importanti. Logroscino e
De Marchi [13] constatarono che fra le
ossa del carpo il semilunare presenta il
minor numero di fori nutritizi. Lee [14]
effettuò uno studio anatomico condotto
sulla vascolarizzazione del semilunare e
notò che nel 26% dei casi era presente
una sola arteria palmare o dorsale che
si distribuisce diffusamente nel tessuto osseo (tipo I); nel 7,5% dei casi due
o tre arterie, di cui una dorsale e due
palmari o due palmari ed una dorsale
rispettivamente, che giungendo all’interno dell’osso non si anastomizzano
tra loro (tipo II); nel 66,5% dei casi due
arterie, una dorsale ed una palmare che
si anastomizzano variamente all’inter-
Augusto Marcuzzi, Fabio Colantonio, Giovanna Petrella, Elena Boschi
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
no del semilunare (tipo III). L’ischemia
può essere causa della lunatomalacia solo
quando un trauma interrompe completamente i due peduncoli capsulari con conseguente massiva ischemia dell’osso o in
qualche caso di rottura del peduncolo vascolare dorsale in pazienti che non hanno
il peduncolo vascolare volare e viceversa
(tipo I). D’Arienzo [15] ritiene che fattori
traumatici e microtraumatici possano interrompere o stirare strutture capsulo-legamentose in cui decorrono i vasi nutritivi
del semilunare causando una crisi vascolare. Linscheid [16] ritiene che un trauma
in iperestensione comprima e collassi i
vasi dorsali stirando quelli palmari provocando una ischemia a carico dell’osso.
Gelberman [11] ritiene che la necrosi avascolare dell’osso possa essere attribuita
invece a ripetuti microtraumatismi in compressione che causano l’interruzione del
circolo intraosseo in pazienti con concomitanti fattori predisponenti (minus dell’ulna).
Nevrite del nervo mediano: Codega [17],
fin dal 1964, ritiene che una sofferenza nevritica del nervo mediano al canale carpale
comporti un’alterazione del trofismo osseo
con conseguente necrosi del semilunare.
3) Fattore costituzionale-razziale: tale patologia è assente in Cina [18] ma sembra
essere correlata con gli occhi azzurri, i capelli chiari e la pubertà precoce [9].
ANATOMIA PATOLOGICA
Da un punto di vista anatomo-patologico si
rileva la necrosi a carico dell’osso semilunare che porta nel tempo ad una graduale e
progressiva deformazione della morfologia
dell’osso e conseguente frammentazione.
DIAGNOSI E CLASSIFICAZIONE
La diagnosi è radiografica e viene completata da esame RMN e Tc. Importante è porre diagnosi differenziale con le cisti ossee
Chirurgia articolare
del semilunare (patologia non infrequente).
Il morbo di Kienböck è caratterizzato da
necrosi dell’osso. Nella cisti del semilunare l’osso è vitale e pertanto il trattamento è
diverso e consiste nella asportazione completa della cisti e nel borraggio della cavità
con semplice innesto osseo.
Il morbo di Kienböck è classificato radiograficamente in base alla morfologia del semilunare ed al quadro di artrosi intercarpica
che viene ad instaurarsi negli stadi avanzati.
La classificazione più utilizzata è quella
di Lichtmann che suddivide la malattia in
quattro stadi [19].
1) Allo stadio I è presente soltanto l’edema
della spongiosa, il semilunare presenta una
morfologia normale ed il quadro radiologico è normale.
Nei casi dove si rileva un minus dell’ulna
e vi sia il sospetto clinico (dolore dorsale,
riduzione della forza e tumefazione localizzata) sarebbe consigliabile l’esecuzione
della RM che consentirebbe di confermare
o escludere la presenza della malattia.
Nel morbo di Kienböck, l’esame RM eseguito senza mezzo di contrasto rileva una
diffusa riduzione del segnale che diviene
iperintenso in T2 sopratutto con la soppressione del segnale del grasso. Dopo introduzione di m.d.c. la perfusione è conservata
e spesso si osserva addirittura un enhancement superiore al normale, che dimostra la
presenza di edema intraspongioso.
2) Allo stadio II, inizialmente restano normali la forma ed i rapporti anatomici del
semilunare, nelle fasi avanzate vi è un lieve
collasso del semilunare a livello della sua
faccia prossimale.
All’esame radiografico si rileva un incremento di densità del semilunare per la presenza di osteosclerosi con piccole aree di
riassorbimento pseudocistico. Si può associare la presenza di frattura.
Il morbo di Kienböck: considerazioni generali sulla sua eziologia e sul suo trattamento in rapporto alla stadiazione secondo Licthmann
29
Chirurgia articolare
La RM con m.d.c. in questo stadio diviene
utile poiché consente di definire con precisione l’estensione del processo necrotico e
la presenza di aree vitali.
3) Lo stadio III viene suddiviso in IIIA e
IIIB.
Nello stadio IIIA è presente un collasso
del semilunare con una possibile iniziale
frammentazione senza instabilità del carpo.
Il quadro radiografico evidenzia un addensamento disomogeneo del semilunare che
presenta un’alterazione dei contorni esterni conseguente alla frammentazione e allo
schiacciamento. Nella proiezione anteroposteriore tutto il semilunare appare collassato ed il capitato migrato prossimalmente.
La RM non aggiunge nulla alla diagnosi.
Utile invece la Tc ad alta definizione eseguita a strato sottile con ricostruzioni multiplanari in particolare sul piano sagittale.
Questa metodica consente, senza la sovrapposizione delle strutture ossee di effetti di
volume parziale, di valutare la presenza di
aree di riassorbimento cistico e di fratture,
di valutare l’allineamento delle ossa del
carpo e di dimostrare la presenza di osteoartrosi [20]. In letteratura sono riportati con
l’esame Tc sino al 65% di avanzamento
dello stadio rispetto all’esame radiografico
diretto.
Nello stadio IIIB la morfologia del semilunare appare maggiormente danneggiata
dove al grave collasso si associa la frammentazione. Tale situazione conduce ad
un’ulteriore riduzione dell’altezza carpale
e lo scafoide si flette (segno dell’anello)
come adattamento dell’ulteriore collasso
del semilunare.
Il quadro radiografico si modifica per la
comparsa del segno dell’anello. Alla flessione dello scafoide si accompagna anche
una lieve flessione del semilunare (VISI).
4) Nello stadio IV il semilunare risulta
30
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
completamente distrutto con associato grave collasso carpale generalizzato. Condizione poco frequente.
Il quadro radiografico aggiunge ai segni
evidenti dello stadio precedente quelli di
un’artrosi perilunata soprattutto radioscafoidea e capito-lunata con riduzione
dell’interlinea radio-lunata.
TRATTAMENTO
Il trattamento del morbo di Kienböck deve
essere rapportato agli stadi clinico-radiografici della malattia. La scelta del tipo di trattamento deve essere correlata essenzialmente
a tre fattori che determinano il preciso stadio
evolutivo della patologia: lo schiacciamento
del semilunare, il collasso, l’instabilità carpale e l’osteoartrosi perilunata.
Il trattamento conservativo consistente
nell’immobilizzazione del polso in gesso o
con fissatore esterno in distrazione utilizzato in passato negli stadi iniziali I e II della
malattia. La distrazione avrebbe lo scopo
di diminuire i carichi assiali sul semilunare
consentendo il miglioramento della vascolarizzazione [21]. Tale trattamento è stato
abbandonato in quanto la sua efficacia è
solo temporanea.
Interessante è oggi l’utilizzo dell’ossigenoterapia iperbarica (OTI), nelle fasi iniziali
della patologia, per prevenire il danno infiammatorio e la necrosi dell’osso. L’OTI
può essere proposta anche nelle fasi più
avanzate della patologia, dopo l’intervento chirurgico, per favorire la riparazione
dell’osso stimolando la neoangiogenesi e la
vasogenesi nei canali haversiani [22].
Anche l’utilizzo delle onde d’urto, ad alta
energia, trova indicazione con buoni risultati negli stadi iniziali della patologia dove
può stimolare la rivascolarizzazione, ma
negli stadi avanzati ha solo uno scopo antalgico [23].
Augusto Marcuzzi, Fabio Colantonio, Giovanna Petrella, Elena Boschi
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
La chirurgia resta comunque il trattamento
di scelta per ottenere con maggiore percentuale di successo la guarigione.
Gli interventi chirurgici eseguiti possono essere inquadrati in quattro tipi di procedure:
1) Biomeccaniche:
- accorciamento del radio o dell’ulna o
del grande osso;
- allungamento del radio o dell’ulna.
2) Biologiche:
- innesti ossei vascolarizzati;
- rivascolarizzazione con un peduncolo
vascolare.
3) Artroplastiche:
- impianti protesici (silicone, pirocarbonio ecc.);
- resezione della prima filiera.
4) Artrodesi:
- parziali (triscafoidea, scafo-capitata
ecc.);
- totali.
5) Denervazione del polso.
PROCEDURE BIOMECCANICHE
La decompressione del semilunare in caso
di minus dell’ulna può essere eseguita mediante una osteotomia di accorciamento
del radio oppure mediante una osteotomia
di accorciamento dell’ulna, in caso di plus
dell’ulna. Lo scopo di tale intervento è
quello di ridurre il carico sull’articolazione
radio-lunata senza sovraccaricare l’articolazione radio-scafoidea.
L’allungamento dell’ulna viene indicato
nei pazienti con variante in minus dell’ulna
(stadi II e IIIA). Per tale procedura chirurgica è necessario il prelievo di un innesto
osseo con il rischio di una pseudoartrosi,
nel 15% dei casi [24]. In caso di normale
rapporto tra radio ed ulna trova indicazione
invece il trattamento di osteotomia di accorciamento del grande osso [25].
Secondo un modello biomeccanico [26],
Chirurgia articolare
con l’accorciamento del radio o in alternativa con l’allungamento dell’ulna si avrebbe
una ridistribuzione dei carichi conseguente
ad un problema ischemico ed appare logico
tentare di rivascolarizzare l’osso con innesti
ossei vascolarizzati [27] o con sostituzione
del semilunare utilizzando l’osso pisiforme
vascolarizzato attraverso un ramo terminale
dell’arteria ulnare [28], oppure tentare di rivascolarizzare il semilunare introducendo un
peduncolo artero-venoso (abitualmente quello del secondo spazio intermetacarpale dorsale legato distalmente) attraverso un orifizio
creato all’interno dell’osso [26]; quest’ultima
tecnica può essere associata all’introduzione
nel semilunare di spongiosa [29] (Fig. 1).
PROCEDURE BIOLOGICHE
Le tecniche di rivascolarizzazione sono indicate negli stadi I e II della malattia, allorché
sono ancora normali la morfologia, le dimensioni e la superficie articolare del semilunare. Marcuzzi nel 2011 [30] riporta la sua
esperienza dopo rivascolarizzazione del semilunare con peduncolo artero-venoso, associata ad osteotomia di accorciamento del radio, in 20 pazienti affetti da m. di Kienböck,
agli stadi IIIA e IIIB, ottenendo dei buoni
risultati sul dolore e rivitalizzazione del semilunare documentata mediante RM.
Il razionale di tale trattamento di rivascolarizzazione si basa sulla capacità del peduncolo vascolare di creare un neomicrocircolo creando una sostituzione dell’osso
necrotico con osso vitale neoapposto.
Tali tecniche di rivascolarizzazione possono essere associate ad osteotomia di
accorciamento del radio, in caso di minus
dell’ulna.
ARTROPLASTICHE
L’utilizzo delle protesi nella malattia di
Kienböck è indicato negli stadi IIIA e IIIB
Il morbo di Kienböck: considerazioni generali sulla sua eziologia e sul suo trattamento in rapporto alla stadiazione secondo Licthmann
31
Chirurgia articolare
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
A
C
B
D
E
Figura 1. J.I., femmina, 28 anni, casalinga affetta da m. di Kienböck stadio IIIB polso destro. a: Rx preoperatorie; b: RMN preoperatoria; c: controllo intraoperatorio, artrodesi temporanea scafo-capitata e rivascolarizzazione del semilunare con la 2 arteria
intermeta¬carpale (tecnica di Hori); d: controllo Rx dopo 4 anni; e: controllo RMN dopo
4 anni che dimostra una discreta rivascolarizzazione del semilunare.
della malattia, quando l’osso semilunare è
ormai andato incontro a frattura patologica
e a collasso, ma prima che si siano verificate delle gravi alterazioni biomeccaniche e
degenerative tipiche dello stadio IV.
L’obiettivo dell’intervento è quello di sostituire il semilunare con una protesi in silastic, titanio o pirocarbonio [31]. Tuttavia
tale tecnica presenta alcune complicanze
quali la lussazione e/o la rottura dell’impianto. In particolare la protesi in silastic è
stata causa di siliconiti riscontrata su diversi pazienti e pertanto il suo utilizzo è oggi
pressoché abbandonato [32].
32
Un intervento utilizzato da alcuni autori è
quello di eseguire la semplice asportazione
dei residui del semilunare e nell’applicazione nella cavità residua di uno spaziatore biologico costituito da tendine autologo. Tale
intervento, riservato agli stadi avanzati della
malattia, ma senza artrosi, ha lo scopo di impedire un ulteriore collasso carpale e consentire una buona motilità del polso [33].
Resezione della prima filiera e protesi
RCPI. L’intervento di resezione della prima
filiera, eseguito da alcuni autori per via dorsale e da altri per via volare [34], è indicato
Augusto Marcuzzi, Fabio Colantonio, Giovanna Petrella, Elena Boschi
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
nello stadio IIIA e IIIB della patologia, permettendo una buona risoluzione della sintomatologia dolorosa, migliorando l’escursione articolare del polso e consentendo un
buon recupero della forza [35-38] (Fig. 2).
Condizione importante affinché tale intervento possa essere indicato correttamente,
è che le superfici articolari del radio e della
testa del capitato non presentino segni di artrosi. Quando l’artrosi è diffusa e coinvolge
la superficie articolare del capitato e del radio (stadio IV) è possibile associare la resezione della 1° filiera all’impianto di una
protesi della testa del capitato (RCPI) [39].
La protesi RCPI è una protesi monoblocco
con stelo a sezione conica inclinato di 15°
rispetto alla sua testa. L’apposizione della
protesi è diretta, impianto/osso, senza l’uso di cemento e senza integrazione ossea
da parte dell’impianto. Vi sono in dotazione 2 misure specifiche: la più piccola (14
mm di diametro) e la più grande (16 mm
di diametro). L’impianto della protesi viene
eseguito mediante accesso dorsale, poiché
la tecnica chirurgica e lo strumentario in
dotazione prevedono tale via, per seguire
correttamente l’osteotomia della testa del
capitato.
A
Chirurgia articolare
Tale intervento, eseguito presso la Scuola
di Modena nei casi di grave artrosi posttraumatica del polso (SNAC e SLAC wrist), viene utilizzato anche nei casi di morbo
di Kienböck al IV stadio, permettendo di
ottenere un ottimo risultato sul dolore con
buon recupero della forza e consentendo un
certo di range di movimento del polso ben
accettato dal paziente e preferito all’intervento di artrodesi totale.
ARTRODESI
L’artrodesi parziale triscafoidea da sola o
associata a lunarectomia ed applicazione di
protesi in silicone o spaziatore biologico di
piccolo palmare può essere indicata nello
stadio IIIB e IV [40-46].
Tale intervento chirurgico è stato abbandonato da molti anni nel timore di conseguenze negative sulla biomeccanica del
carpo. Tuttavia dalla revisione di casi trattati mediante questa tecnica con un followup discretamente lungo di oltre 15 anni si
sono potuti riscontrare sorprendentemente
dei risultati migliori alle nostre aspettative,
poiché il valore medio del dolore era basso
e tutti i pazienti avevano ripreso la precedente attività lavorativa [47.48].
B
Figura 2. A.D., maschio, 31 anni, impiegato affetto da m. di Kienböck stadio IIIA polso
sinistro. a: Rx preoperatorie; b: controllo postoperatorio, resezione della prima filiera.
Il morbo di Kienböck: considerazioni generali sulla sua eziologia e sul suo trattamento in rapporto alla stadiazione secondo Licthmann
33
Chirurgia articolare
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
A
B
C
Figura 3. C.A., femmina, 54 anni, panettiera affetta da m.
di Kienböck stadio IIIB polso destro. a: Rx preoperatorie; b:
RMN preoperatoria; c: controllo Rx dopo 8 anni dell’intervento di lunarectomia associate ad artrodesi parziale scafocapitata consolidata. Si evidenzia artrosi radio-scafoidea.
Il quadro radiografico evidenziava in tutti
i casi controllati una lieve evoluzione artrosica sulla radio-scafoidea dovuta ad un
sovraccarico funzionale e meccanico dello
scafoide sulla superficie articolare del radio
conseguente alla diversa biomeccanica del
polso dovuta alla artrodesi parziale. Come
in tutte le artrodesi parziali la motilità del
polso resta penalizzata in quanto risulta limitata oltre il 50% [49-51].
L’artrodesi scafo-capitata associata a lunarectomia presenta le stesse indicazioni
dell’artrodesi parziale triscafoidea con la
stessa evoluzione e gli stessi risultati [52]
(Fig. 3).
La scelta dell’una o dell’altra tecnica dipende dalla esperienza del chirurgo.
34
L’artrodesi totale di polso può essere indicata nello stadio IV; la frammentazione e lo
schiacciamento del semilunare si associano
ad un grave collasso del carpo con grave artrosi perilunare [53]. Tale intervento stabilizza il polso risolvendo il dolore e permettendo
un buon recupero della forza, tuttavia abolisce ogni movimento del polso e può essere
proposto a pazienti che svolgano una attività
lavorativa molto pesante consentendo loro di
ottenere un buon recupero della forza.
Una buona alternativa chirurgica alla artrodesi totale di polso è l’intervento di resezione della prima filiera associata all’applicazione di una protesi in pirocarbonio che
consente di ripristinare la superficie articolare prossimale del grande osso.
Augusto Marcuzzi, Fabio Colantonio, Giovanna Petrella, Elena Boschi
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
In ogni caso l’intervento di artrodesi totale
del polso è indicato nel trattamento di fallimenti di altre tecniche chirurgiche.
DENERVAZIONE DEL POLSO
Tale procedura è oggi non più utilizzata nel
trattamento del morbo di Kienböck poiché
non ha dato risultati validi sul dolore [54].
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37
Chirurgia sperimentale
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
BARBED SUTURES VERSUS CONVENTIONAL
TENORRHAPHIES IN FLEXOR TENDON REPAIR:
BIOMECHANICAL TESTS IN AN ANIMAL MODEL
Alessandra Clemente*, Federica Bergamin*, Cecilia Surace**, Emiliano Lepore***, Nicola Pugno***
* Department of Hand, Plastic and Reconstructive Surgery, Maria Vittoria Hospital, Torino, Italy
** Laboratory of Bio-inspired Nanomechanics “Giuseppe Maria Pugno”, Department of Structural,
Building and Geotechnical Engineering, Politecnico di Torino, Italy
*** Laboratory of Bio-inspired and Graphene Nanomechanics, Department of Civil, Environmental
and Mechanical Engineering, University of Trento, Italy
Referente
Federica Bergamin - Corso Marconi, 13 - 10125 Torino - Tel. 3358205734 - E-mail: [email protected]
CONFRONTO TRA TENORRAFIE CON FILO DENTELLATO E TENORRAFIE
CONVENZIONALI NELLA RIPARAZIONE DELLE LESIONI DEI TENDINI
FLESSORI: TEST BIOMECCANICI SU MODELLO ANIMALE
SUMMARY
In a conventional tenorrhaphy, the knots are the weak point of tendon repair, causing
decreased tendon apposition and increased cross-sectional area. The authors hypothesized that a knotless flexor tendon repair using bidirectional barbed suture has similar strength with reduced cross-sectional area compared with traditional techniques.
A biomechanical analysis on a porcine model was done to evaluate the breaking force
and the repair-site characteristics of a new 4-strands barbed tenorrhaphy technique
compared with modified double-Kessler technique. No significant difference was
registered in 2-mm gap formation force among the groups neither in breaking force
between barbed sutures and double-Kessler. A less bunching in repair-site in barbed
groups compared with Kessler group was recorded. In our animal model, we demonstrated that barbed tenorrhaphy guarantees a tensile strength of repair that exceeds the
40-50 Newtons, suggested as sufficient to initiate early active motion, but a smoother
profile of the repair site essential to reduce gliding resistance.
Keywords: barbed suture, breaking force, tenorrhaphy, biomechanical testing
SINTESI
Nelle tenorrafie convenzionali il punto debole è rappresentato dal nodo che limita l’apposizione tendinea ed aumenta il rigonfiamento nel sito di sutura. Gli autori ipotizzano
che una sutura tendinea senza nodo, utilizzando un filo di sutura con dentellatura bidirezionale, possa garantire una resistenza alla rottura similare rispetto alla tenorrafia
tradizionale, con il vantaggio di ridurre il rigonfiamento nel sito di riparazione. Sono
38
Alessandra Clemente, Federica Bergamin, Cecilia Surace, Emiliano Lepore, Nicola Pugno
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Chirurgia sperimentale
stati effettuati test biomeccanici su tendini porcini per valutare la resistenza alla rottura e le caratteristiche del sito di sutura di una nuova tenorrafia a 4 passaggi con filo
dentellato rispetto alla doppia Kessler modificata. Non sono state registrate differenze
statisticamente significative nella forza necessaria per causare diastasi di 2 mm tra le
varie suture, neppure nella forza di rottura tra la sutura con filo dentellato e la doppia
Kessler. Una riduzione del rigonfiamento nel sito di sutura è stato invece documentato
nei gruppi con filo dentellato rispetto al gruppo con filo tradizionale. In conclusione,
nel nostro modello animale, abbiamo dimostrato che la tenorrafia con filo dentellato
garantisce una resistenza alla rottura che eccede i 40-50 Newtons ritenuti necessari per
poter intraprendere un trattamento riabilitativo attivo precoce, con un più sottile profilo
nel sito di riparazione essenziale per ridurre le resistenze tendinee allo scorrimento.
Parole chiave: suture dentellate, forza di rottura, tenorrafia, test biomeccanici
INTRODUCTION
The first account for the use of an internal multiple barbed suture to repair flexor
tendons in a canine model was reported by
McKenzie in 1967 [1,2]. Recently, with the
improvement in biomaterial and US Food
and Drug Administration approval of barbed nylon, polydioxanone and polypropylene sutures, a renascent interest in this kind
of suture materials was registered.
The advantages of barbed suture for tendon
repair are not to require knots to approximate opposing edges of the tendon and to
improve the interaction between tendon
tissue and barbed suture materials so to
distribute the load along the entire suture
length and to decrease the bunching at the
repair-site.
Up until now, few studies concerning breaking force of tenorrhaphy with barbed
sutures have been published and all in cadaver or in animal model. The purpose of
this study was to evaluate the breaking force and repair-site characteristics of a new
4-strand technique using QuillTM SRS compared with the traditional modified doubleKessler technique in flexor tendons repair
on a porcine model.
MATERIALS AND METHODS
Sixty tendons of similar size were obtained
from the forelegs of adult pigs for slaughter.
The pig model was chosen for the similarity in structure and strength to a human
tendon [3]. Tendons were examined for abnormalities, such as synovitis and degeneration, and were rejected if an anomaly was
present. Sheaths were excised and tendons
were stored with refrigeration. During tendon harvest, preparation and repair (Fig 1),
desiccation was prevented with application
of normal saline. Each tendon was transected at the midpoint and was measured
by a single observer with a digital caliber
to determine the pre-repair (APR) and postrepair (AR) cross-sectional area. The crosssectional area was calculated assuming an
elliptic cross-sectional area. The change
between the post-repair and the pre-repair
cross-sectional areas was determined as
(APR- AR)/APR (%). A single surgeon harvested all tendons and performed all sutures.
The tendons were randomly assigned to three repair groups of 20 tendons and sutured with one of the following techniques:
a new 4-strand barbed technique using 2/0
polypropylene QuillTM SRS (group A) (Fig.
Barbed sutures vs conventional tenorrhaphies in flexor tendon repair: biomechanical tests in an animal model
39
Chirurgia sperimentale
A
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Figura 1. Tendons before and after the suture:
repair-site distortion with
the modified doubleKessler technique (above), with the new 4-strand
barbed technique with 2/0
polypropylene QuillTM
SRS (center) and with
the new 4-strand barbed
technique with 2/0 PDO
QuillTM SRS (below) in
comparison with uninjured tendon (on the left).
B
Figura 3. The modified double-Kessler
technique used in group C.
Figura 2. The new 4-strand barbed technique used in group A and B.
2); the same new 4-strand barbed technique
using 2/0 polydioxanone (PDO) QuillTM
SRS (group B) and the modified doubleKessler technique using 3/0 prolene (group
C) (Fig. 3). No suture was performed in the
epitenon.
40
QuillTM SRS (Self-Retaining System) –
Angiotech is a barbed bidirectional suture,
created using absorbable and nonabsorbable materials, a monofilament synthetic absorbable suture, with barbs spiraling around
the central core suture and armed with a
surgical needle on each end. The barbs anchor tissues so QuillTM SRS does not require
knots to approximate opposing edges of a
wound.
The 2/0 QuillTM SRS barbed suture was
chosen because it has a breaking force that
most closely resembles that of 3/0 unbarbed
Alessandra Clemente, Federica Bergamin, Cecilia Surace, Emiliano Lepore, Nicola Pugno
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
suture [4], by data offered from the manufacturer. After testing the new 4-strand
barbed technique with 2/0 polypropylene
QuillTM SRS, the same tenorrhaphy was
performed with 2/0 PDO QuillTM SRS, a
monofilament synthetic adsorbable suture,
to assess if an improvement in breaking force with this suture material was registered.
For knotless tendon repair, the following
new technique was used (Fig. 2). The beginning is like a Kessler technique but
using each needle entering in the lateral
wall of the tendon so to pass the two barbed segment in a antiparallel way in the
proximal tendon stump. In the distal stump,
each needle was advanced parallel to the
direction of the fibrils for a distance of 0.5
cm before exiting the tendon surface. Next,
each needle was used to make two transverse passes perpendicular to the direction
of the tendon fibrils. Each needle was then
reintroduced into the tendon and advanced
parallel to the fibrils to traverse the injury
site and enter the opposite end of the tendon for a distance of 0.5 cm before exiting
the tendon surface. Again, two transverse
passes were made to anchor the suture, and
following the second pass, the excess suture and needle were cut off. This process resulted in a knotless repair with four strands
crossing the injury site and four transverse
passes at each end of the tenorrhaphy.
All biomechanical tensile tests were done
in the Laboratory of Bio-inspired Nanomechanics “Giuseppe Maria Pugno” (Politecnico di Torino, Italy). Tendons were kept
moist up until the test with normal saline.
The tensile tests were conducted using a testing machine (Insight 1 kN, MTS, Minnesota, USA), equipped with a 100 N cell load
with pneumatic saw-tooth-shaped clamps
(closure pressure of 275.6 kPa), which prevent tendon slippage during testing (Fig.
4). The clamps were brought to zero tension
Chirurgia sperimentale
Figura 4. Flexor tendon in tension on MTS
with pneumatic saw-tooth-shaped clamps
bringing the tendon.
Barbed sutures vs conventional tenorrhaphies in flexor tendon repair: biomechanical tests in an animal model
41
Chirurgia sperimentale
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
70
60
Newton (N)
50
40
gap 2 mm
breaking
force
30
20
10
0
A
B
C
Figura 5. Comparison of forces among tendon repair techniques (A: barbed technique
with 2/0 polypropylene QuillTM SRS; B: barbed technique with 2/0 PDO QuillTM SRS,
C: modified double-Kessler suture): the average 2-mm-gap formation force (grey) and the
breaking force (black) are shown for each tendon repair technique.
before starting mounting tendons, which
were placed between clamps defining an
initial length l0 of 50 mm. Once tendons
were in place, a preload of ~2 N was applied by slightly raising the actuator, leaving the tendons loose to properly extend
between the clamps, without placing significant tension on the repair, in accordance
with previously published papers [5,6]. The
specimens were pulled until they completely broke using a displacement-controlled
uniaxial tension at a constant rate of 20 mm/
min, coherently with the parameter setting
of previous studies [7]. These preload and
rate were selected because they best simulate forces acting on an immobilized tendon
during active flexion.
In addition, tensile tests were performed
for the suture materials as were, fixing the
42
same initial length l0 and the same constant
rate of 20 mm/min testing the samples without the 2-N preload.
The computer program TestWorks 4 (MTS,
Minnesota, USA) recorded the experimental data of the applied tensile force and displacement. All tendons underwent mechanical testing to assess the 2-mm formation
force, which was calculated using a bar
scale placed near the repaired tendon and
captured with a DCR SR55E SONY digital
video camera. Linear distraction continued
until the suture materials were ruptured or
tendons fail and the breaking force was recorded immediately before failure.
A two-sample Student t-test was performed
to determine if a significant difference of
the load at 2-mm gap formation and of the
maximum load exists among the three re-
Alessandra Clemente, Federica Bergamin, Cecilia Surace, Emiliano Lepore, Nicola Pugno
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Chirurgia sperimentale
Table 1. Results of biomechanical tensile tests of tendon repairs including tensile force of
2-mm gap formation, the breaking force, the mode of sample failure, the pre-repair (APR)
and post-repair (AR) cross-sectional area and the changes (%) in tendon dimensions.
Tensile force (N)
Failure mode
Repair-site cross-sectional area
(observed number) (mm2)
Repair
2-mm gap
technique formation
Breaking
force
Suture
Suture
breakage pull-out
Pre-repair
(APR)
Post-repair Change
(AR)
(%)
Group A
38.2 N±9.3
50,3 N±9,9
20
0
14,6±2,8
25,7±10
76,3%
Group B
41 N±11.4
61.5 N±11
20
0
15,4±2,3
25±6,1
61,8%
Group C
42.2 N± 12.6
55.6
N±11,5
12
8
16,7±4,9
33,6±13,2
101%
Group A: 4-strand barbed technique with 2/0 polypropylene QuillTM SRS. Group B: 4-strand barbed
technique with 2/0 PDO QuillTM SRS. Group C: modified double-Kessler technique.
pair groups. Differences at the p ≤0,01 level were considered significant.
Table 2. Results of biomechanical tensile
tests of suture materials alone.
Tensile force (N)
RESULTS
The force corresponding at 2-mm gap formation and to break of the suture, the mode
of sample failure, the pre-repair (APR) and
post-repair (AR) cross-sectional area and
the changes (%) in tendon dimension are
listed in Table 1. Table 2 reports the mechanical data of the suture materials alone.
All values are reported as mean ± SD.
No significant difference was registered in
2-mm gap formation force among the three
groups (A: 38.2 N±9.3; B: 41 N±11.4; C:
42,2N±12.6) neither in ultimate strength between barbed sutures with PDO (61.5 N±11)
and the double-Kessler (55.6 N±11,5; p
=0,04), and barbed suture with polypropylene
(50,3 N±9,9) and the double-Kessler (p =0,25)
(figure 5). Concerning repair-site profile, a less
bunching in repair-site in the two barbed groups
compared with the Kessler group was recorded.
DISCUSSION
Initially the strength of tendon repair depends only on the properties of the repair
Suture material
Breaking force
3/0 Prolene
23.5± 0.9
2/0 Polypropylene
QuillTM SRS
27.1 ± 1.2
2/0 PDO QuillTM SRS
28.3 ± 1.0
technique. Postoperatively tenomalacia
may develop at the suture-tendon junction
decreasing initial repair strength [8]. With
immobilization the strength of the tendon
repair has been shown to decrease significantly within the first three weeks of healing [9]. However, early passive [10] and especially early active motion [9,11,12] have
been shown to prevent the initial weakening leading to progressively increasing
repair strength starting from the time of
repair. The initial strength of the repair depends on the material properties and knot
security of the sutures as well as on the
holding capacity of the suture grips of the
tendon. The biomechanical properties of
the suture depend on the material itself and
Barbed sutures vs conventional tenorrhaphies in flexor tendon repair: biomechanical tests in an animal model
43
Chirurgia sperimentale
can be improved by increasing the number
of strands crossing the repair site [13] and
the suture caliber [14,15].
All conventional tenorrhaphy techniques
require knots, but knots are potential weak
point in tendon suture. If a knot lies within
the tendon, it may reduce vascularization,
tendon apposition and intrinsic healing,
causing extrinsic neovascularization and
adhesion formation. Furthermore, bulky
knots enlarge the tendon cross-sectional area, increasing gliding resistance [16]
during active flexion and therefore the risk
of gapping or suture failure.
The declared advantages of barbed sutures
are to eliminate the need for a knot and to
better distribute the load throughout the
tendon repaired due to a greater number of
points for barb-tendon interaction along the
length of the suture. In this way, the bunching at the repair-site would be reduced and
the breaking force improved.
Previous studies hypothesized that a knotless flexor tendon repair using bidirectional barbed suture has similar breaking
force compared with traditional knotted
technique but with a smaller change in the
repair-site cross-sectional area. McClellan
et al. [7] compared porcine flexor digitorum profundus tendons that were transected and repaired with a 2-strand Kessler-,
4-strand-Savage- or 4-strand-knotless technique. By testing the 2 mm-gap formation
force and the load to failure, they demonstrated that knotless flexor tendon repair
with barbed suture has equivalent strength
and reduced repair-site cross-sectional
area compared with traditional techniques.
Parikh et al. [5] compared, in cadaver flexor tendons, a 3-strand and a 6-strand barbed
suture techniques to a knotted 4-strand
cruciate technique, demonstrating that the
3-strand barbed suture achieved a breaking
44
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
force comparable to that of 4-strand cruciate repair, but with a significantly less repair-site bunching. In the 6-strand barbed
suture technique an increased breaking
force and a significantly less repair-site
bunching have been recorded if compared
with 4-strand cruciate repair. Critically
analyzing literature, in each study tendon
repair technique, number of strands, suture material and suture diameter between
control and experimental groups change,
making it difficult to compare the results.
Another disadvantage of these studies lies
in the lack of cyclical testing that model in
vivo situation more realistically than linear
tests alone. Recently Zeplin et al. [17] compared a knotted with a knotless tendon repair technique, applying linear and cyclical
loads, without detecting any difference in
breaking force between the two groups in
both situations.
The purpose of our study was to test a new
4-strand repair technique using QuillTM SRS
suture. The control group was represented
by modified-double Kessler technique. To
maximize the purchase of the barb of the
suture on the tendon fibrils, the new repair
technique was designed to traverse the tendon several times perpendicular to the direction of the collagen fibers.
As regards the suture material, after testing
barbed suture using QuillTM SRS polypropylene 2/0, it was decided to try an adsorbable material, QuillTM SRS polydioxanone
2/0, since, according to data provided by
the manufacturer, it should have a higher
suture breaking force i.e. 1,77 Kgf (17,36
N) versus 0,96 Kgf (9,41 N). Furthermore,
we did not want to leave indefinitely a non
absorbable barbed material, of this absorbable suture material, to determine whether
it is absorbed prematurely or into the repaired tendon. Before performing tendon
Alessandra Clemente, Federica Bergamin, Cecilia Surace, Emiliano Lepore, Nicola Pugno
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
repair, the breaking force of the suture
materials was measured and a higher load
to failure was recorded if compared to the
breaking force declared by the manufacturer. This data could be related to a safety factor utilized by the manufacturer. According
to QuillTM SRS’s manufacturer, the results
of implantation studies in animals using
PDO indicate that for size larger than 3/0,
approximately 80% of the original strength
remains after 4 weeks of implantation. The
absorption of PDO is declared be minimal
until about 120 days and essentially complete within 180 days. However, additional
in vivo studies are needed in order to understand better the biological behavior of this
adsorbable suture material, to determine
whether it is adsorbed prematurely or if it
creates denser scarring.
In our study no significant difference was
registered in 2-mm gap formation force
among the three groups neither in ultimate
strength between barbed sutures and the
double-Kessler, unlike barbed suture with
PDO demonstrated to have a higher breaking force compared with barbed suture with
polypropylene.
Concerning repair-site profile, a less bunching in repair-site in the two barbed groups
compared with the double-Kessler group
was recorded. This finding other than improve tendon gliding through the sheath,
allows not to do epitendinous peripheral
suturing.
As regards the failure mode, it was observed
that all barbed suture repairs failed by suture breakage, whereas unbarbed control
repair failed in 40 % by suture pull-out and
in 60 % by suture breakage. This suggests
that inadequate suture-tendon interaction
was the limiting factor in modified double-Kessler technique, whereas in barbed
repair the native strength of the suture ma-
Chirurgia sperimentale
terial rather than the slippage was the weak
point. By increasing the suture diameter or
by applying barbs into materials with higher tensile strength, an improvement in repair-site breaking force could be registered.
Despite the encouraging results of this
study, it is acknowledged that a number of
possible limitations and difficulties may
exist with respect to the clinical application
of this new barbed tenorrhaphy. Firstly, as
this new technique were not performed in
situ, it has not been possible to assess the
ease of suture in a clinical setting under the
constraints of limited exposure, tendon retraction and tension, especially in zone II
of flexor tendon. Secondly, it has not been
possible to assess in vivo factors such as
tendon ischemia and healing after repair,
edema and adhesion. Another critical aspect
is that to maintain the integrity of the barbs,
no direct handling of the suture is to be performed with finger or instrumentation, and
that, in case of technical error during repair,
the suture have to be cut and remove completely, since it is impossible to back up the
suture to rethrow a stitch without damaging the barbs. Finally, our biomechanical
testing used a linear load to failure, which
may not reflect the physiologic conditions
as well as cyclic loading models.
In conclusion this study confirms the promising results achieved in previous studies concerning the use of barbed suture in
flexor tendon repair. In our animal model,
the tenorrhaphy with QuillTM SRS suture
guarantees a breaking force of repair that
exceed the 40 to 50 N, suggested as sufficient to initiate early active motion, and a
smoother profile of the repair site. Further
in vivo testing are warranted to evaluate the
clinical applicability of this new barbed suture tenorrhaphy especially in zone II tendon flexor laceration, where a more aggres-
Barbed sutures vs conventional tenorrhaphies in flexor tendon repair: biomechanical tests in an animal model
45
Chirurgia sperimentale
sive rehabilitation planning is to be desired
so to reduce tendon adhesions and improve
the functional outcome.
Ethical Standard: no animal was purposely
killed for this study. All pigs were animals
for slaughter. The tendons were provided by
an official veterinarian and harvested after
animal death in the slaughter. The slaughter
conforms to the European Convention for
the Protection of Animals for Slaughter. All
applicable international, national and institutional guidelines for the care and use of
animals were followed.
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barbed suture for the long flexor tendons of
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Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
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Alessandra Clemente, Federica Bergamin, Cecilia Surace, Emiliano Lepore, Nicola Pugno
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Casi clinici
BILATERAL VOLAR LUNATE DISLOCATION WITH
RADIAL STYLOID FRACTURE ASSOCIATED:
A CASE REPORT
Stefania Briano*, Alessandra Galuppi**, Giacomo Demontis*
* UOC Ortopedia e Traumatologia d’Urgenza, Dipartimento di Emergenza e Accettazione, IRCCS
Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - IST
** UO Clinica Ortopedica Universitaria, Dipartimento di Scienze Chirurgiche, IRCCS Azienda
Ospedaliera Universitaria San Martino - IST
Referente
Alessandra Galuppi - Piazza di Sarzano 6c/9, 16128 Genova - Cell.: +393920693267
E-mail: [email protected]
LUSSAZIONE VOLARE DEL SEMILUNARE BILATERALE CON ASSOCIATA
FRATTURA DELLA STILOIDE RADIALE: CASE REPORT
SUMMARY
Carpal dislocations are rare and usually a result of a high energy trauma and may be
easily overlooked or misdiagnosed, especially in polytrauma patients.
We report a 3 years follow-up of a patient who sustained a bilateral volar lunate dislocation. On the right side through a longitudinal palmar approach the lunate was reduced and stabilized with three 2 mm k-wires (scapho-lunate, luno-triquetral, scapho-capitate) and the palmar capsule was repaired. The plurifragmentary distal radius fracture
was reduced with open reduction and stabilized with three K-wires and an external
fixator for additional stability of radius. The left wrist was treated with dorsal approach
stabilizing the lunate with three 2 mm K-wires and below-elbow cast was applied.
The immobilization cast, the K-wires and the external fixation were removed after
three months.
The authors report three years FU clinical findings and x-rays.
Keywords: dislocation, lunate, bilateral, wrist, radius
SINTESI
Le lussazioni delle ossa del carpo sono eventi rari e spesso associati a traumi ad elevata
energia, pertanto capita frequentemente che questi vengano misconosciuti in particolare in pazienti politraumatizzati.
Riportiamo il caso di un paziente con follow-up a 3 anni il quale aveva riportato lussazione volare bilaterale dell’osso semilunare. La parte destra fu stabilizzata con 2 fili
di K (scafo-semilunare, luno-triquetrale, scafo-capitato) e ricostruzione della capsula
articolare attraverso un accesso volare. La parte destra presentava anche la frattura del
radio distale che venne stabilizzata con 3 fili di K e fissatore esterno.
Bilateral volar lunate dislocation with radial styloid fracture associated: a case report
47
Casi clinici
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
A sinistra si scelse invece un approccio dorsale al semilunare e stabilizzazione con 2
fili di K assocciati ad apparecchio gessato.
A 3 mesi vennero tolti l’apparecchio gessato, i fili di K e il FE.
Vengono presentati i risultati clinici e radiografici a 3 anni.
Parole chiave: lussazione, semilunare, polso, radio, ulna
INTRODUCTION
Carpal dislocations are rare and usually a
result of a high energy trauma such as road
traffic accidents or a fall on the extended
hand in ulnar deviation.
These injuries may be easily overlooked or
misdiagnosed, especially in polytrauma patients [1].
The lunate is attached to several ligaments
which are responsible for maintaining its
position, in addition to the surrounding carpal contours and radial ulnar facet providing added stability.
The lunate is, therefore, very well supported in the normal individual and dislocation
would require a large amount of energy to
disrupt these structures. For this reason this
injury is often associated with fractures of
carpal bones [2].
Mayfield described sequential failure of ligaments stabilising the lunate, culminating
in complete dislocation [3-4]. This classification is commonly used to describe the
mechanism of failure ligaments when planning reconstruction [2].
This injury can also cause a compression
of median nerve with sensory dysfunction
or vascular compromission and secondary
avascular necrosis. A delayed diagnosis can
lead to a suboptimal outcome.
Association of standard x-ray and CT scan
may be useful to delineate subdle fracture
lines that may be present, while MRI shows
ligament injuries [5].
We report a 3 years follow-up of a patient
48
Stefania Briano, Alessandra Galuppi, Giacomo Demontis
who sustained a bilateral volar lunate dislocation.
CASE REPORT
A 51-years-old right hand dominant male
sustained an injury to both wrists in a fall
while doing paragliding. He was taken to
the Emergency Department in the night,
conscious and with stable parameters.
Here a cerebral, thorax and abdominal CT
scan were performed, which resulted negative for internal injuries. Vertebral fractures
(L1 - L3) were demonstrated, needing surgical treatment.
Bilateral x-ray of both wrists, which were
painful and swollen, were also performed.
On the right side the imaging demonstrated displaced and comminute fracture of
the distal radial epiphysis with fracture of
ulnar styloid and radius interposition into
the scapho-luno-triquetral articulation (Fig.
1-3). On left side the exams showed a volar
dislocation of lunate bone (Fig. 2-4).
In urgency we reduced the fracture on the
right wrist, immobilized it by a splint and
repeated bilateral x-ray.
Because of the commitment of the neurosurgical team in other operation, after performing a CT scan of both wrists we decided to proceed with surgical treatment
before the spinal stabilization.
Under general anesthesia and tourniquet,
we started from the right side where through a longitudinal palmar approach the carpal tunnel was released and the lunate was
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Casi clinici
Figure 3. Temporay Emergency reduction:
still present lunate dislocation.
Figure 1. Preoperative anteroposterior
right hand xrays
Figure 4. Oblique preoperative left hand
xrays.
Figure 2. Preoperative anteroposterior left
hand xrays.
reduced and stabilized with three 2 mm
K-wires (scapho-lunate, luno-triquetral,
scapho-capitate) and the palmar capsule
was repaired. The plurifragmentary distal
radius fractures were reduced with open reduction and stabilized with three K-wires
and an external fixator for additional sta-
Bilateral volar lunate dislocation with radial styloid fracture associated: a case report
49
Casi clinici
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Figure 5. Postoperative right hand xrays.
bility of radius (Fig. 5). The left wrist was
treated with dorsal approach stabilizing the
lunate with three 2 mm K-wires and belowelbow cast was applied (Fig. 6).
The spinal stabilization was performed the
day after.
After an initial radiographic exam the day
after surgery, monthly checks were performed that didn’t describe any changes.
The patient was hospitalized for 15 days
after which the rehabilitation treatment was
started in a dedicated structure to recover
the deambulation. During the rehabilitation
period he already started to work on his
pc. The immobilization cast, the K-wires
and the external fixation were removed after three months (Fig. 7-8). Rehabilitation
treatment on the two wrists was started at
this time.
Three years post surgery, the range of motion in the right wrist compared with the
left wrist is 35°/30° of extension, 45°/35°
of flexion, 10°/20° of radial flexion and
5°/10° of ulnar flexion and prono-supination is better on the right side. Right and
left hand grip strength is equal (Fig. 9-13).
50
Stefania Briano, Alessandra Galuppi, Giacomo Demontis
Figure 6. Postoperative left hand xrays.
Figure 7. 3 months FU xrays left hand.
DISCUSSION
Bilateral perilunate dislocations or fracture
dislocations are extremely rare [6-7]. The
first case of bilateral perilunate dislocation
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Casi clinici
Figure 9. 3 years FU xrays AP view.
Figure 8. 3 months FU xrays right hand.
was described in 1950 on a ship carpenter.
Peri-lunate carpal disclocation may be
treated with closed reduction, but may also
required open reduction and reconstruction
of some or all of the injured ligaments in
order to restore stability and allow return
to fuction [8]. Conventional treatment options include closed reduction and immobilization with a cast or closed reduction and
stabilization with percutaneous Kirschner
wires [9-13]. For the extended injuries an
open reduction is recommended with restoration of relationship of carpal bones and
repair of the ligaments, stabilizing with
K-wires, screws [14] or external fixator.
The risk for closed reduction of losing the
anatomical reduction over time is demonstrated in literature [15]. Carpal tunnel
symptoms often follow a closed reduction
technique and needed a surgical intervention to release the transverse carpal ligament.
Figure 10. 3 years FU xrays AP with radial
tilt view.
Figure 11. 3 years FU xrays Laterolateral
view.
Bilateral volar lunate dislocation with radial styloid fracture associated: a case report
51
Casi clinici
Figure 12. Bilateral wrist extension at 3 y
FU.
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Figure 14. Pain free return to sport.
Figure 13. Bilateral wrist flexion at 3 y FU.
A dorsal, volar or combined approach may
be necessary and it is often decided depending on surgeon’s preference. The dorsal approach provides the best exposure for
an anatomical alignment and interosseous
ligament repair. However a volar approach
allows the decompression of the carpal tunnel and direct repair of the palmar capsule
and ligament tear [16-18].
In our case we opted for a dorsal approach
on the left side where we needed to reduce
the lunate and stabilize the carpal bones.
On the other side we preferred a volar approach to reduce the lunate bone, decompress the carpal tunnel, and treat the radial
fracture.
After three years the functional recovery of
both wrists is reasonably good, the patient
remained pain free with a loss of range of
movements of few degrees especially in extension, but a good grip strength.
52
Stefania Briano, Alessandra Galuppi, Giacomo Demontis
Figure 15. Pain free return to sport.
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Bilateral volar lunate dislocation with radial styloid fracture associated: a case report
53
Casi clinici
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
LESIONE BILATERALE DEL NERVO MEDIANO
AL POLSO: CASO CLINICO
Alessio Pedrazzini*, Letizia Marenghi*, Tobia Sorrentino**, Silvio Tocco***, Francesco Ceccarelli*
* UO Clinica Ortopedica, Ospedale Maggiore di Parma
** Therapeyo, Parma
*** CRIMAS Srl, Fornovo di Taro (Parma)
Referente
Letizia Marenghi - Via Gramsci 14, 43125 Parma - Tel. +390521702142
BILATERAL MEDIAN NERVE INJURY AT THE WRIST: CASE REPORT
SINTESI
Un paziente, maschio di 67 anni, veniva trasportato presso il Pronto Soccorso dai militi
del 118 in seguito a tentativo suicidario con assunzione di farmaci a dosaggio extraterapeutico e ferita da taglio bilaterale ai polsi. L’esame obiettivo metteva in evidenza
la presenza di ferita trasversale volare sia al polso sinistro che al polso destro con
ipoestesia in territorio di innervazione del nervo mediano e assenza di deficit motori a
carico delle dita. Durante l’esplorazione chirurgica delle ferite si evidenziava sezione
subtotale bilaterale del nervo mediano e tendinea totale del flessore radiale del carpo e
palmar gracile. Il nervo mediano veniva suturato bilateralmente. Il paziente, valutato
ad un anno dal trauma presenta ripresa della sensibilità, sebbene incompleta, e delle
abituali attività quotidiane.
La riparazione microchirurgica del nervo mediano al polso permette di ottenere una
mano funzionale dal punto di vista motorio e sensitivo.
Parole chiave: nervo, mediano, lesione, trattamento
SUMMARY
A 67 year-old man was brought to the Emergency Room after an attempted suicide
with bilateral wrists wound and overdose. The clinical assessment showed bilateral
transversal wound with a typical pattern of median nerve sensory deficit but without
any motor deficit. Wound exploration showed nearly complete section of both median
nerves and complete bilateral section of flexor carpi radialis and palmaris longus. Median nerves were repaired. At one year follow-up the patient showed partial sensory
recovery and returned to his activities of daily living. The microsurgical repair of the
median nerve allowed motor-sensory and functional recovery.
Keywords: median, nerve, injury, treatment
54
Alessio Pedrazzini, Letizia Marenghi, Tobia Sorrentino, Silvio Tocco, Francesco Ceccarelli
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
INTRODUZIONE
Le ferite alla superficie volare del polso
sono frequenti e spesso associate a lesioni tendinee multiple, nervose e/o vascolari
[1,2]. Rara è invece la sezione isolata bilaterale del nervo mediano a questo livello.
Se non eseguito un corretto bilancio lesionale e trattate prontamente ed adeguatamente queste ferite possono portare a gravi
sequele funzionali.
CASO CLINICO
Un paziente di 67 anni giungeva alla nostra
attenzione, inviato dal servizio psichiatrico
di diagnosi e cura presso cui era stato ricoverato, per tentativo suicidario in disturbo psicotico delirante. Il paziente veniva
trasportato dai militi del 118 in seguito ad
Casi clinici
assunzione di farmaci a dosaggio extraterapeutico e ferita da taglio bilaterale ai polsi (Fig. 1-2). All’ingresso appariva vigile,
tranquillo e collaborante. Alla valutazione
psichiatrica emergevano alterazioni del
contenuto del pensiero a sfondo persecutorio e di nocumento in assenza di fenomeni
dispercettivi di tipo acustico-verbali.
L’esame obiettivo metteva in evidenza la
presenza di ferita da taglio trasversale volare sia al polso sinistro che al polso destro
con ipoestesia in territorio di innervazione
del nervo mediano e assenza di deficit motori a carico delle dita. Il paziente riferiva
pregresso trauma con esiti di rigidità in
flessione dell’interfalangea prossimale del
secondo e terzo raggio e cicatrice longitudinale volare alla mano destra. Il pazien-
Figura 1. Ferita da taglio
al polso sinistro all’ingresso in pronto soccorso.
Figura 2. Ferita da taglio
al polso destro all’ingresso
in pronto soccorso.
Lesione bilaterale del nervo mediano al polso: caso clinico
55
Casi clinici
te appariva discretamente critico rispetto
all’agito anticonservativo e disposto ad
affrontare l’intervento chirurgico. Veniva
pertanto sottoposto a visita anestesiologica
pre-operatoria e ad intervento chirurgico.
In anestesia generale, durante l’esplorazione chirurgica della ferita al polso sinistro si
evidenziava lesione totale del tendine flessore radiale del carpo irreparabile e lesione
subtotale (80%) del nervo mediano (Fig. 3).
Al polso destro, lesione totale del tendine
flessore radiale del carpo e palmare gracile
irreparabili e sezione pari al 50% del nervo
mediano (Fig. 4).
Veniva eseguita neurorrafia con punti perineurali con filo 8-0 di Nylon, bilateralmente sezione del legamento trasverso del
carpo e sutura della cute (Fig. 5-6). I polsi
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
sono stati immobilizzati in doccia gessata
dorsale in flessione per 30 giorni. La ferita
è stata medicata periodicamente e desuturata a due settimane.
Trascorsi 30 giorni il paziente viene indirizzato presso il centro di riabilitazione.
Abbiamo rivalutato il paziente ad un anno
(Fig. 7-8). Le forze di presa (Dinamometro
Idraulico per Mano EXACTA TM, North
Coast Medical, California, USA) e delle
pinze laterali e tridigitali (B&L Pinch Gauge, North Coast Medical, California, USA)
sono state documentate. La valutazione è
stata eseguita secondo le linee guida Internazionali [3] (Tab.1). Alcuni studi hanno
dimostrato che la forza di presa varia dal
5 al 10% secondo la dominanza in favore
dei destrimani [4-6]. Il paziente sembra
Figura 3. Polso sinistro:
lesione completa del tendine flessore radiale del carpo e lesione subtotale del
nervo mediano.
Figura 4. Polso destro:
lesione totale del tendine
flessore radiale del carpo,
palmare gracile e lesione
parziale del nervo mediano.
56
Alessio Pedrazzini, Letizia Marenghi, Tobia Sorrentino, Silvio Tocco, Francesco Ceccarelli
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Casi clinici
Figura 5. Polso sinistro:
neurorrafia del nervo mediano.
Figura 6. Polso destro:
neurorrafia del nervo mediano.
mostrare maggiore forza di presa nel lato
destro ma essendo destrimane i valori sono
in linea con questi studi e quindi non sembra esserci alcun deficit tra le due mani.
La stessa tendenza si osserva per il pinch
tridigitale mentre per il pinch laterale, la
mano sinistra risulta più forte della destra.
Va segnalata una presa con il pollice atipi-
Figura 7. Follow-up clinico ad un anno dal trauma.
Lesione bilaterale del nervo mediano al polso: caso clinico
57
Casi clinici
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Figura 8. Follow-up clinico ad un anno dal trauma.
Tabella 1. Valore della forza di presa e delle pinze bilaterale, ottenuto con dinamometro
idraulico e pinch gauge.
Mano destra
Mano sinistra
Presa di forza globale
34 Kg
30 Kg
Pinch laterale
8.5 Kg
10 Kg
Pinch tridigitale
7.5 Kg
5 Kg
ca e scorretta nella mano sinistra legata alla
probabile alterata attivazione del muscolo
opponente del pollice (Fig. 9 a-b). L’appoggio dello strumento di valutazione sul dorso
della falange distale del pollice sinistro potrebbe conferire maggiore stabilizzazione
durante la pressione con l’indice e il dito
medio.
Shechtman e Sindhu [7] hanno elencato un
totale di 83 studi pubblicati in letteratura
che riportano valori normativi per la forza
di soggetti sani e non, dimostrando quindi
che non esiste un valore assoluto per sesso
ed età. Nessuno di questi studi ha utilizzato
una popolazione con esiti di lesioni nervose
periferiche e quindi non possiamo confrontare la forza del nostro paziente con soggetti simili.
58
La sensibilità superficiale è stata registrata con il kit di 5 Monofilamenti SemmesWeinstein (Patterson Medical, Nottinghamshire, UK) e secondo la procedura
standardizzata e validata [8] (Fig. 10). La
mano sinistra presenta una ridotta percezione sensoriale mentre la destra presenta
solo una ridotta percezione del tatto leggero. Secondo Desrosiers et al. [9] gli anziani
(>60 anni) hanno una percezione tattile leggermente ridotta rispetto alla popolazione
adulta. Il paziente percepisce una pressione
di 0.4 grammi (colore blu) in gran parte del
dermatomero del nervo mediano bilaterale.
Il livello di percezione raggiunta nel palmo
della mano sinistra e in tutto il dermatomero
della mano destra sembra quindi già essere
nella norma a 11 mesi dalla neurorrafia. La
Alessio Pedrazzini, Letizia Marenghi, Tobia Sorrentino, Silvio Tocco, Francesco Ceccarelli
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
A
Casi clinici
B
Figura 9. Pinch tridigitale (a) e pinch laterale (b) al follow-up.
sensibilità nelle falangi delle dita radiali della mano sinistra è per il momento inferiore
al resto della mano (2 gr), con potenziale di
miglioramento a breve-medio termine, anche grazie alla plasticità corticale [10]. L’elettromiografia mostra sofferenza del nervo
mediano con blocco totale di conduzione a
sinistra; a destra un quadro meno eclatante
con marcata sofferenza ma selettiva sulle fibre motorie, mentre la conduzione sensitiva
appare conservata, così come non si rilevano significative alterazioni della conduzione
del nervo ulnare ai polsi.
Il paziente riferisce la ripresa della sensibilità delle dita iniziata con il sentire le
proprie monete in tasca. Riesce a svolgere
un’attività autonoma ed indipendente come
fare la spesa, vestirsi ed eseguire lavori manuali.
DISCUSSIONE
Le ferite alla superficie volare del polso
interessanti il nervo mediano possono rivelarsi particolarmente gravi ed essere causa
di alterazioni neurologiche invalidanti sia
dal punto di vista motorio che sensitivo,
possono residuare inoltre dolore severo e
intolleranza al freddo.
Essenziale è quindi l’esame obiettivo e
un’accurata esplorazione della ferita con
bilancio lesionale. La riparazione tendinea
è la prima ad essere effettuata, seguita da
quella microchirurgica dei vasi e successivamente dei nervi, con particolare attenzione all’orientamento dei fascicoli [1].
I risultati della neurorrafia al polso dipendono da fattori prognostici quali l’età del
paziente, l’interessamento della mano dominante, l’eventuale danno concomitante
di arterie e tendini, la lesione associata di
nervo ulnare e mediano e il grado di contusione del nervo [11-13].
L’intolleranza al freddo si manifesta spesso
dopo una lesione del nervo mediano al polso,
in circa il 50% dei pazienti. Nel 75% di questi casi coesiste una lesione vascolare [14].
Sono spesso necessari interventi chirurgici
addizionali a distanza di tempo (30%): tenolisi, neurolisi associati eventualmente a
lembi d’interposizione. In caso di mancato
recupero i pazienti possono essere sottoposti ad interventi palliativi come i trasferimenti tendinei [15].
La riparazione microchirurgica del nervo
mediano al polso permette di ottenere una
mano funzionale dal punto di vista motorio
e sensitivo nonostante i tempi di recupero prolungati. Il rispetto dei principi della
sutura e delle tecniche microchirurgiche è
essenziale [1].
Lesione bilaterale del nervo mediano al polso: caso clinico
59
Casi clinici
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
(viola)
(blu)
(blu)
Figura 10. Valutazione della sensibilità superficiale al
follow-up.
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Lesione bilaterale del nervo mediano al polso: caso clinico
61
Casi clinici
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
VALUTAZIONE DEI RISULTATI E DELLE
COMPLICANZE DOPO TRATTAMENTO
CHIRURGICO DELLA DUPLICAZIONE DEL POLLICE
Massimo Corain, Tomaso Romeo, Chiara Tromponi, Betty Ilambwetsi, Roberto Adani
Unità operativa complessa di Chirurgia della mano e microchirurgia, Azienda Ospedaliera
Universitaria Integrata - Policlinico Universitario GB Rossi, Verona
Referente
Massimo Corain - Specialista in Ortopedia Traumatologia, AOUI, Verona - E-mail: [email protected]
FOLLOW-UP AND COMPLICATIONS AFTER CONGENITAL BIFID THUMB
CORRECTION
SINTESI
Introduzione. La duplicazione del pollice è una polidattilia pre-assiale e rappresenta
una delle più comuni malformazioni congenite della mano. Scopo dello studio è di
analizzare i risultati e le complicanze verificatesi dopo il trattamento chirurgico.
Materiali e metodi. Dal giugno 2008 al giugno 2013 nel nostro reparto sono state trattate 22 duplicazioni di pollice su un totale di 20 pazienti (13 maschi e 7 femmine) con età
media di 14 mesi al momento dell’intervento (range 11-17). In accordo con la classificazione di Wassel 11 pazienti presentavano una duplicazione di grado IV, 7 di grado III
e 4 di grado II. Tutti i pazienti sono stati trattati da 2 chirurghi esperti mediante asportazione del pollice radiale e ricostruzione di quello dominante. Ogni paziente è stato
valutato clinicamente e radiologicamente mediante Tada Scoring System e radiografie
standard a un follow-up medio di 38 mesi (range 12-60).
Risultati. Il punteggio medio al Tada score è stato di 3.8 ad un follow-up medio di 38
mesi. 9 pazienti (41%) hanno sviluppato complicanze minori: 2 clinodattilie per instabilità della MF o dell’IF, 4 ipertrofie della cicatrice, 1 distrofia ungueale, 1 deformità
a Z e 3 deficit del tendine estensore lungo del pollice (ELP). Il reintervento è stato
necessario in 7 pazienti (32%): 2 asportazioni della cicatrice chirurgica con plastica a
Z, 2 osteotomie a cuneo in sottrazione per correggere la clinodattilia, 3 ritensionamenti
dell’ELP, 1 osteotomia correttiva di sottrazione per correggere la deformità a Z.
Conclusioni. La percentuale di pazienti rioperati (32%), seppur elevata è paragonabile
a quella presente in letteratura (11-37%). Nella maggior parte dei casi le complicanze
sono classificabili come minori e interessano i tessuti molli. Ciò è legato alla difficoltà
nel trattamento dei tessuti e alla possibile evoluzione degli esiti. Il deficit di estensione
è difficile da trattare e secondo la nostra esperienza tende a ripresentarsi.
Parole chiave: pollice bifido, malformazione congenita, polidattilia
62
Massimo Corain, Tomaso Romeo, Chiara Tromponi, Betty Ilambwetsi, Roberto Adani
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Casi clinici
SUMMARY
Introduction. Thumb duplication is classified as a pre-axial polydactyly and represents
one of the most common congenital malformations of the hand. The aim of our study
is to analyze results and complications occurred after operative treatment of congenital
bifid thumb.
Materials and methods. From June 2008 to June 2013 in our hospital were treated 22
thumb duplications in 20 patients (13 males and 7 females) with a mean age of 14
months at surgery (range 11-17). According to Wassel classification 11 patients had
type IV duplication, 7 type III and 4 type II.
All patients were treated by 2 senior surgeons with removal of radial thumb and reconstruction of dominant one. Every patient was clinically and radiologically evaluated
using Tada scoring system and plain X-ray with a mean follow-up of 38 months (range
12-60).
Results. Average Tada score was 3.8 after a mean 38 months follow-up. 9 patients
(41%) developed minor complications: 2 clinodactyly for MP or IP instability, 1 nail
dystrophy, 4 scar hypertrophy, 1 Z deformity and 3 EPL deficit. A second operation
was necessary in 7 patients (32%): 2 excisions of the scar with Z plasty, 2 wedge osteotomy in subtraction for clinodactyly, 3 EPL retension, 1 corrective osteotomy for Z
deformity.
Conclusion. The percentage of reoperated patients (32%), although high is comparable
with literature (11-37%). In most cases, complications are minor and affect soft tissues.
This is due to the difficulty in management of soft tissues and their possible evolution
after treatment. EPL lag is difficult to treat and in our experience tends to return after
retension.
Keywords: polydactyly, thumb duplication, reconstructive surgical procedures, complications, child
INTRODUZIONE
La duplicazione del pollice è una polidattilia pre-assiale; si presenta con un’incidenza di 1 su 3000 nati vivi e rappresenta
il 6.6% delle deformità della mano [1-2].
Nella maggior parte dei casi si manifesta in
forma isolata ma può associarsi alla sindrome di Holt-Oram o all’anemia di Fanconi
[2]. Viene annoverata tra le “duplicazioni”
nella classificazione International Federation of Societies for Surgery of the Hand
(IFSSH)/Swanson [3] e tra le “Abnormal
formation-differentiation of the hand plate
in the radio-ulnar axis” nella classificazio-
ne di Oberg-Manske-Tonkin (OMT) [4].
Secondo recenti lavori, nella sua patogenesi
sembrerebbe essere coinvolta la Sonic Hedgehog Homolog protein (SHH), una molecola segnale prodotta nella Zona ad Attività
Polarizzante (ZPA), un’area mesenchimale
che contiene segnali che guidano la crescita dell’arto nei vertebrati sull’asse anteroposteriore [4].
La classificazione morfologica proposta da
Wassel nel 1969 è la più utilizzata nel guidare il chirurgo nella scelta del trattamento
[5]. Essa prevede 7 gradi di deformità basandosi sul livello della duplicazione. Seb-
Valutazione dei risultati e delle complicanze dopo trattamento chirurgico della duplicazione del pollice
63
Casi clinici
bene questa classificazione sia ampliamente utilizzata per la sua semplicità, secondo
alcuni autori presenta una limitata correlazione con i risultati clinici post-operatori
[6-7]. Per implementare la classificazione
di Wassel, Chung ha recentemente proposto una nuova classificazione basata sulla
morfologia anatomica dell’origine del dito
sovrannumerario [8].
Scopo del trattamento chirurgico correttivo
è ricreare un pollice stabile, ben allineato,
funzionale e di morfologia paragonabile al
controlaterale.
Per cercare di raggiungere questi risultati
sono state proposte diverse tecniche chirurgiche a seconda del livello della duplicazione e delle caratteristiche dei due pollici.
Scopo dello studio è un’analisi della nostra
casistica dal 2008 al 2013, analizzando le
cause che hanno portato ad un reintervento
e gli eventuali disturbi funzionali residui.
MATERIALI E METODI
Dal giugno 2008 al giugno 2013 presso
l’Unità Operativa Complessa di Chirurgia
della Mano e Microchirurgia dell’Azienda
Ospedaliera Universitaria Integrata (AOUI)
di Verona, sono state trattate 22 duplicazioni di pollice su un totale di 20 pazienti
(13 maschi e 7 femmine). L’età media al
momento del primo intervento è stata di
16,4 mesi (range 11-26). Sono stati trattati
18 pazienti di razza caucasica e 2 di razza
africana. In accordo con la classificazione
di Wassel [5], 11 pazienti presentavano una
malformazione di grado IV, 7 di grado III e
4 di grado II.
Tutti i pazienti sono stati trattati da 2 operatori esperti [9] mediante asportazione del
pollice sovrannumerario radiale, associando dove necessario tempi chirurgici accessori per la ricostruzione dei tessuti molli
(Tabella 1). In 15 pollici è stato eseguito il
64
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
ritensionamento del legamento collaterale radiale (LCR) alla metacarpo-falangea
(MF), in 8 pazienti è stato eseguito il ribilanciamento del tendine estensore lungo
del pollice (ELP), in 5 casi è stata eseguita
un’osteotomia correttiva in sottrazione a livello della falange prossimale o del primo
metacarpo e in un caso un’osteotomia additiva con innesto osseo da dito donatore per
clinodattilia della MF (Tabella 1).
Il trattamento post-operatorio ha previsto
un’artrorisi con filo di Kirschner per 5 settimane e il posizionamento di uno splint statico in materiale termoplastico con spinta
correttiva, per consentire al pollice di mantenere una posizione di abduzione e opposizione. Tale tutore è stato indossato giorno
e notte per i primi 2 mesi e solo durante il
sonno nei successivi 2 mesi. Tutti i pazienti
sono stati seguiti presso l’ambulatorio dedicato di Chirurgia della mano pediatrica
con controlli programmati.
Ogni caso è stato valutato con un follow-up
medio di 38 mesi (range 12-60) utilizzando
lo score proposto da Tada per la valutazione
funzionale (valore compreso tra 0 e 5 e costituito dalla somma dei punteggi ottenuti
valutando ROM, presenza di instabilità e
malallineamento) [6] associando controllo
radiografico standard (antero-posteriore e
laterale).
RISULTATI
Tutti i 20 pazienti operati (100%) sono stati
inseriti nello studio; due di questi sono stati
trattati bilateralmente.
La valutazione clinica eseguita mediante
Tada score [6] ha rivelato un risultato funzionale buono o sufficiente nel 90.8% dei
pazienti raggiungendo un punteggio medio
di 3.8 (range 1-5) ad un follow-up medio di
38 mesi (Tabella 1). Nei pazienti rioperati abbiamo scelto di riportare il punteggio
Massimo Corain, Tomaso Romeo, Chiara Tromponi, Betty Ilambwetsi, Roberto Adani
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Casi clinici
Tabella 1. Caratteristiche dei pazienti inseriti nello studio.
Sesso Età
Grado
lesione
Interventi associati
Follow TADA
Complicanze Reintervento
up
score
1
m
12
II
Osteotomia
28
5
2
m
11
II
43
4
3
f
15
II
bilaterale
36
4e5
4
m
18
III
48
2
Deficit ELP
x
5
f
26
III
65
3
Clinodattilia
x
6
m
14
III
Ricostruzione LCR
62
5
7
f
19
III
Ricostruzione LCR
Ritensionamento ELP
12
4
Ipertrofia
cicatrice
x
8
m
17
III
Ricostruzione LCR
44
4
9
f
12
III
Ritensionamento ELP
31
5
10 m
20
III
63
4
11 m
15
IV
70
3
12 m
12
20
5
13 m
23
38
4
Ipertrofia
cicatrice
14 f
16
35
3
Deficit ELP
15 m
20
55
4
16 m
18
29
4e3
Ipertrofia
cicatrice
17 m
11
17
2
Clinodattilia
x
18 f
22
43
3
19 f
13
12
5
20 m
14
60
1
Pollice a Z
x
Ricostruzione LCR
Ricostruzione LCR
Ricostruzione LCR
Ritensionamento ELP
Osteotomia additiva
Ricostruzione LCR
IV
Osteotomia
Ricostruzione LCR
IV
Ritensionamento ELP
Ricostruzione
IV
LCR Osteotomia
IV
2x Ricostruzione LCR
bilaterale 2x Ritensionamento ELP
Ricostruzione LCR
IV
Ritensionamento ELP
Ricostruzione LCR
IV
Osteotomia
Ricostruzione LCR
IV
Ritensionamento ELP
Osteotomia
IV
IV
Ricostruzione LCR
Distrofia
ungueale
Deficit ELP +
Ipetrofia
x
cicatrice
x
Valutazione dei risultati e delle complicanze dopo trattamento chirurgico della duplicazione del pollice
65
Casi clinici
ottenuto mediante Tada Score al controllo
clinico antecedente il secondo intervento.
Le radiografie standard hanno evidenziato
un buon riallineamento dell’asse del pollice
in 19 casi (86.3%), in 2 casi era presente
una clinodattilia e in un singolo caso una
deformità a Z del pollice.
9 pollici su 22 (41%) hanno sviluppato
complicanze minori isolate o associate: 4
ipertrofie della cicatrice chirurgica, 3 deficit dell’ELP, 2 clinodattilie per instabilità
MF e interfalangea (IF) rispettivamente, 1
distrofia ungueale e 1 deformità a Z del pollice (Tabella 1).
7 pazienti (32%) sono stati sottoposti ad
intervento migliorativo per il trattamento
delle complicanze a distanza di 22 mesi
in media dal primo intervento correttivo
(12-38 mesi): 2 asportazioni della cicatrice
con plastica a Z, 2 ostetotomie a cuneo di
sottrazione; un paziente ha richiesto il riallineamento con duplice osteotomia correttiva del metacarpo e della prima falange
per pollice a Z; in 3 casi si è proceduto ad
una plastica tendinea di ritensionamento
dell’ELP per deficit di estensione attiva
della falange distale.
DISCUSSIONE
Attualmente il trattamento chirurgico del
pollice bifido dipende dall’estensione della duplicazione ossea (Classificazione di
Wassel) e dalle deformità dei tessuti molli
associate.
Secondo molti autori, la classificazione di
Wassel dovrebbe rappresentare solo una valutazione preliminare in quanto non prende
in considerazione le alterazioni anatomiche
a carico dei tessuti molli quali: inserzione
eccentrica dei tendini flessori ed estensori,
superfici articolari sovradimensionate, lassità capsulari e ligamentose [10]. Queste
variazioni della normale anatomia del pol66
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
lice se non adeguatamente trattate possono
portare allo sviluppo di complicanze postoperatorie che non sono necessariamente
confinate a livello della duplicazione [11].
È perciò fondamentale un’attenta valutazione intraoperatoria per pianificare un’adeguata correzione dei tessuti molli al fine
di limitare l’insorgenza di complicanze.
Le due tecniche chirurgiche attualmente più
utilizzate nel trattamento di tale deformità
sono l’asportazione di uno dei due pollici,
possibilmente quello radiale (semplice o
associata a ritensionamento legamentoso
ed eventuale osteotomia correttiva) [10] e
la ricostruzione secondo la tecnica BilhautCloquet o Bilhaut-Cloquet modificata [1213], a seconda del livello di duplicazione.
La tecnica di asportazione di uno dei due
pollici è consigliata nei gradi successivi al II (secondo Wassel) e quando vi sia
un’importante asimmetria dei due pollici
nei gradi I e II. Questa tecnica prevede l’asportazione del pollice ipoplasico, solitamente il radiale per preservare il legamento
collaterale ulnare (LCU) alla IF o alla MF,
associando la ricostruzione degli apparati
legamentoso e tendineo ed eventuali osteotomie per correggere l’asse del pollice [10].
In letteratura sono riportate complicanze
quali un’eccessiva instabilità articolare e la
deformità a Z del pollice.
La tecnica di Bilhaut-Cloquet permette invece di ottenere un pollice più funzionale
ed esteticamente meglio accettato, è consigliata nel trattamento dei gradi I e II di
Wassel quando i due pollici sono simmetrici. Alcuni autori consigliano questa tecnica
anche per i gradi III e IV se i due pollici
sono simmetrici e ipoplasici [14-15].
Le complicanze più frequenti in questo tipo
di intervento sono l’eccessiva rigidità articolare e la deformità ungueale che tuttavia
risulta limitata nella versione modificata
Massimo Corain, Tomaso Romeo, Chiara Tromponi, Betty Ilambwetsi, Roberto Adani
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Casi clinici
A
B
C
D
E
F
G
H
Figura 1. Paziente con deformità di grado IV secondo Wassel, (a-b) preoperatorio, operato
a 12 mesi mediante asportazione del pollice radiale associata ad osteotomia additiva con
innesto da dito banca, ricostruzione LCR e ritensionamento ELP (c-d). Controllo clinico
e radiografico a 30 mesi evidenziano ripristino dell’asse anatomico con ottimo risultato
clinico funzionale (Tada score 5) (e-f-g).
[13], che si impone di mantenere una delle
due unghie intere.
Analizzando nel dettaglio l’incidenza di
complicanze post-operatorie riportata in
letteratura, essa è compresa tra il 27% e il
49%. Sebbene la maggior parte siano complicanze minori, spesso è richiesto un secondo intervento chirurgico per permetterne la correzione (11.5% - 37%) [7,16-18].
Naasan e Page [16] su 43 pazienti riportano
un’incidenza del 49% di complicanze con il
16.3% di reintevento.
Ogino et al. [7] su 113 mani riportano
un’incidenza di complicanze del 34% con
l’11.5% di reintervento.
Ozalp et al. [17] su 67 pazienti riportano
il 37.3% di reintervento (utilizzando le seguenti procedure: ricostruzione legamentosa, ritensionamento tendineo, osteotomia
correttiva ed artrodesi interfalangea) (17).
Cabrera Gonzalez et al. [18] nel loro studio
condotto su 99 pazienti trattati mediante
asportazione del pollice sovrannumerario
riportano il 27% di complicanze ed il 12%
di reintervento.
I nostri risultati, 41% di complicanze classificabili come minori e 32% di reintervento, sono in linea con quelli presenti in letteratura.
I pazienti trattati per ipertrofia della cicatrice, clinodattilia e deformità a Z del pollice
hanno ottenuto un miglioramento del quadro funzionale ed estetico rispetto al preoperatorio. Riteniamo perciò che l’intervento migliorativo sia necessario in caso di
instabilità e quando sia presente una deformità a Z del pollice. Vanno selezionati caso
per caso i pazienti che presentano un’ipertrofia della cicatrice, valutando il disturbo
funzionale e l’eventuale retrazione digitale.
Valutazione dei risultati e delle complicanze dopo trattamento chirurgico della duplicazione del pollice
67
Casi clinici
A
E
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
B
F
C
D
G
H
Figura 2. Paziente con deformità di grado IV secondo Wassel, (a-b) preoperatorio, operato
a 15 mesi mediante asportazione del pollice sovrannumerario radiale. Controllo clinico e
radiografico a 20 mesi che evidenzia deficit ELP ma buon riallineamento dell’asse (c-d).
Controllo clinico dopo reintervento per ritensionamento ELP e plastica a Z della prima
commissura (e-f). Controllo clinico a 12 mesi dal secondo intervento evidenzia ricomparsa
del deficit di estensione (g-h).
Per limitare la comparsa di cicatrici retraenti, riteniamo sia utile utilizzare creme
elasticizzanti a base di silicone dalla settimana successiva la rimozione dei punti.
Il trattamento del deficit del tendine ELP
per noi rappresenta tuttora una sfida. Tutti
e 3 i casi trattati mediante ritensionamento tendineo, artrorisi con filo di K e splint
statico hanno beneficiato di un miglioramento temporaneo e a distanza di 6 mesi
dall’intervento il deficit si è ripresentato
(Figure 1-2). In letteratura tale complicanza
è scarsamente descritta; Kawabata suggerisce il trasferimento dell’estensore proprio
dell’indice pro estensore lungo del pollice,
eseguito in 6 pazienti di età compresa tra i
4 e i 12 anni [19].
La distrofia ungueale si manifesta solo nei
68
primi due stadi di Wassel, riteniamo sia
fondamentale ricostruire in maniera adeguata il bordo laterale dell’unghia in sede
intra-operatoria e dove possibile preferire
la tecnica modificata che conserva un’unghia completa e non due emi-unghie.
La correzione chirurgica del pollice bifido congenito è un intervento che richiede
un’ottima conoscenza dello stato anatomico variante delle strutture scheletriche e
dei tessuti molli, tenendo conto della previsione di evoluzione strutturale e della
crescita funzionale del pollice. L’asportazione isolata del pollice sovrannumerario è
raramente sufficiente per una correzione
ottimale. Spesso è necessario associarvi
interventi corollari per correggere l’asse,
la stabilità e mirare ad un risultato estetico
Massimo Corain, Tomaso Romeo, Chiara Tromponi, Betty Ilambwetsi, Roberto Adani
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
migliore possibile. Nonostante tali attenzioni, la nostra esperienza, in linea con quelle
presenti in letteratura, dimostra quanto sia
frequente ricorrere ad un secondo intervento correttivo successivo al primo di asportazione del pollice sovrannumerario (32%).
Ciò dimostra la complessità della malformazione e la possibile evoluzione degli esiti. Riteniamo che una ottimizzazione del
timing e della procedura chirurgica correttiva al momento del primo intervento riduca
ma non annulli l’incidenza di insorgenza di
successive deformità o inestetismi a carico
del pollice dominante residuo corretto.
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Valutazione dei risultati e delle complicanze dopo trattamento chirurgico della duplicazione del pollice
69
Cultura
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
LA STORIA DELLA CHIRURGIA DELLA MANO
A MILANO
Giorgio Pajardi, Paola Bortot, Laura Loda, Elena Sicilia, Chiara Novelli
UOC di Chirurgia della Mano, Ospedale San Giuseppe, IRCCS MultiMedica Milano
Scuola di Specializzazione in Chirurgia Plastica, Università degli Studi di Milano
Referente
Chiara Novelli, Aiuto UOC di Chirurgia della Mano - IRCCS MultiMedica Ospedale San Giuseppe, Via San
Vittore, 12 Milano - E-mail: [email protected]
THE HISTORY OF HAND SURGERY IN MILAN
SINTESI
La chirurgia della mano è una specialità nata per rispondere alle patologie traumatiche,
degenerative, infiammatorie, congenite e neoplastiche che colpiscono la mano, la cui
complessità richiede un approccio da parte team ultra specializzati e dedicati. La storia
della Chirurgia della Mano in Italia inizia il 1 gennaio 1955 presso il Centro Traumatologico Ortopedico di Milano (CTO) e sino ai tempi attuali numerose divisioni si sono
strutturate in Lombardia, ciascuna con una propria storicità e connotazione, per offrire
un servizio valido, tempestivo e di qualità per i Pazienti.
Parole chiave: chirurgia della mano, lombardia, reparto, formazione
SUMMARY
Hand Surgery is an hyperspecialization required in cases of traumatic injuries of the
hand, degenerative and inflammatory diseases and congenital and neoplastic condition
od the hand and of the upper limb. Each Hand Surgery Unit should be composed by
well trained hand surgeon, with orthopedic knowledges, plastic and recontructive surgery abilities and microsurgical skill, and the team should be devoted solely to hand
surgery. Italian history of Hand Surgery begins in 1955 in Centro Traumatologico
Ortopedico di Milano (CTO), and since now many Services of Hand Surgery has developed in Lombardy to offer the best and qualitative treatment to the patients.
Keywords: hand surgery, Lombardy, unit, training
La chirurgia della mano è una specialità
nata per rispondere alle patologie traumatiche, degenerative, infiammatorie e neoplastiche che colpiscono la mano, la cui
complessità richiede un trattamento strutturato, necessita cioè di un chirurgo che abbia
competenza in Ortopedia e Traumatologia,
70
in Chirurgia plastica e in Microchirurgia
nervosa e vascolare.
La nascita della Chirurgia della Mano risale
al decennio 1950/1960 durante il quale si
assiste in numerose nazioni, e specialmente
in quelle più coinvolte nell’ultima guerra,
ad una esplosione di attività creativa cui fa
Giorgio Pajardi, Paola Bortot, Laura Loda, Elena Sicilia, Chiara Novelli
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
seguito uno sviluppo dell’interesse scientifico che non ha paragone con le epoche
passate. Cosicché verso la fine del decennio nel settore delle scienze mediche, con
l’ausilio dei nuovi strumenti tecnici, vi è un
ribollire di iniziative che portano a rilevanti
scoperte e alla nascita di nuovi interessi disciplinari. A ciò fa seguito uno scambio culturale-scientifico internazionale mai prima
raggiunto. Anche l’Italia in quel decennio è
pervasa da una grande volontà di rinascita
materiale e scientifica che si concretizza nel
cosiddetto “miracolo economico italiano”.
In questo clima di convulsa attività che caratterizza gli anni ’50 alcuni illuminati cultori della disciplina chirurgica della mano
sentono la necessità di potenziare l’attività
e di divulgare la conoscenza di un settore
medico-chirurgico ancora poco noto in Italia, ma la cui necessità sociale era oltremodo sentita proprio in quegli anni nei quali
la guerra prima, la ricostruzione e la rapida
crescita industriale poi, avevano portato
con sé un’alta lesività della mano.
Fu così che, forte del bagaglio tecnico-culturale trasmesso dai pionieri della chirurgia
della mano quali Sterling Bunnell, Marc Iselin, Erik Moberg, Guy Pulvertaft, si consolidò in Italia l’idea di una società di un settore
specialistico dedicata interamente allo studio
ed alla cura della più tipica struttura dell’uomo. Nella giornata dell’8 Dicembre 1962,
presenti i soci fondatori Augusto Bonola,
Giorgio Brunelli, Aldo De Negri, Leonardo
Gui, Germano Mancini, Umberto Mangini,
Ezio Morelli, Filippo Perricone, viene steso
lo Statuto della nascente Società Italiana di
Chirurgia della Mano (SICM).
Di seguito tratteremo lo sviluppo della disciplina della Chirurgia della Mano nel milanese, ripercorrendo i momenti più significativi; parleremo dei precursori e fondatori
Cultura
dei principali centri specialistici lombardi
che hanno lasciato un segno incancellabile
e fondamentale per l’incessante sviluppo di
questa nobile disciplina chirurgica.
La storia della Chirurgia della Mano in Italia inizia il 1 gennaio 1955 presso il Centro Traumatologico Ortopedico di Milano
(CTO) con la fondazione della prima “Divisione di Chirurgia Plastica e Ricostruttrice della Mano” diretta da Aldo De Negri.
De Negri fu assoluto nell’intuire come allora fosse necessario che presso il CTO,
che era allora parte dell’INAIL, si creasse
e si sviluppasse una équipe specificamente
rivolta al trattamento delle patologie infortunistiche della mano, in aumento esponenziale in ragione del fenomeno dell’industrializzazione post-bellica.
Aldo De Negri fu un maestro, poiché oltre a
una sterminata casistica operatoria fu capace di creare una vera e propria scuola, nella
quale si sono formate varie generazioni di
chirurghi della mano. Una sua allieva, Giuseppina Del Duce, gli succedette infatti alla
guida della Divisione.
Il CTO può inoltre vantare di essere stato
precursore nell’introduzione del trattamento in Day Hospital di varie patologie, in
particolare nei campi della chirurgia della
mano e dell’ortopedia pediatrica.
Con il mutare delle condizioni di lavoro e
delle abitudini di vita, si è sostanzialmente modificata anche la tipologia delle prestazioni che la struttura di Chirurgia della
Mano è stata chiamata a fornire.
Si è fortunatamente ridotto il numero degli infortuni lavorativi, e in parallelo sono
andati aumentando i traumi dovuti ad incidenti stradali o in ambiente domestico
e le lesioni in corso di attività sportive.
Contemporaneamente si è enormemente
accresciuta la richiesta di prestazioni chiLa storia della chirurgia della mano a Milano
71
Cultura
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
rurgiche per la cura di malattie di origine
non traumatica, quali: l’artrosi della mano
e del polso, le lesioni articolari e tendinee
del polso e della mano caratteristiche della
maggior parte delle malattie reumatiche e
le sindromi canalicolari.
Fino dai tempi di Aldo De Negri – che mise
a punto una raffinata tecnica per il suo trattamento – il CTO rappresenta un punto di
riferimento per la malattia di Dupuytren.
Fin dal suo affermarsi anche la chirurgia
di sostituzione protesica è stata particolarmente studiata, sviluppata ed applicata.
Negli ultimi dieci anni per motivi di vario
genere è assai cresciuto il numero pazienti con lesioni scheletriche della mano e del
polso. L’Unità Operativa infatti ha sviluppato una particolare esperienza nella stabilizzazione chirurgica di queste lesioni. Tale
esperienza è stata messa a frutto realizzando brevi stage formativi a cui partecipano
gruppi di due o tre chirurghi provenienti
dalle varie regioni italiane.
L’Unità Operativa è accreditata presso la
SICM e la Regione Lombardia quale centro
di I livello per l’urgenza della mano.
Il Reparto di Chirurgia Plastica e della
Mano dell’Ospedale di Legnano è stato
fondato nel 1964 dal Prof. Ezio Morelli e
da lui diretto fino al 1988. Il prof. Morelli
fu tra i soci fondatori della SICM nel 1963
e ne divenne Presidente dal 1971 al 1973.
Il reparto di Legnano era uno dei maggiori
centri in Italia, essendo stato il prof. Morelli fra i pionieri della Chirurgia della Mano,
della Microchirurgia e della Chirurgia del
Sistema Nervoso Periferico. Inoltre fu tra i
primi reparti in Italia ad eseguire reimpianti
di arti o di segmenti di arto e per il trattamento delle lesioni del plesso brachiale
nell’adulto e delle paralisi ostetriche. Particolare interesse era stato rivolto anche a
72
tutta la patologia malformativa dell’arto
superiore.
Come in tutti reparti che si sono occupati
di chirurgia della mano l’introduzione del
microscopio operatorio aveva consentito il
trattamento con risultati positivi nella traumatologia vascolare e del sistema nervoso
periferico. Grazie all’opera del prof. Morelli e dei suoi collaboratori il reparto era
diventato una vera e propria scuola di apprendimento scientifico e pratico per i medici italiani e stranieri.
Ad uno dei suoi allievi, il Dr. Maurizio Petrolati (primario dal 1988 al 2005) il difficile compito di subentrare ad un maestro
quale era il Prof. Morelli. L’Unità Operativa ha poi continuato e mantenuto la peculiare attività chirurgica e di insegnamento,
istituendo per diversi anni anche un corso
teorico-pratico destinato alla formazione di
giovani medici.
Negli anni successivi il testimone del reparto è sempre passato ad allievi del prof.
Morelli, prima con il Dr. Giorgio Delaria
dal 2005 al 2007 e dal 2008 con la Dr.ssa
Elisabetta Saporiti.
Le patologie trattate dagli esordi del reparto sono state: traumatologia della mano e
dell’arto superiore con coinvolgimenti ossei, dei tessuti molli, fino alle amputazioni,
anche con trattamento degli esiti. Tale patologia era legata alla traumatologia della
zona a prevalente vocazione industriale. Il
campo di interesse clinico era però ben più
ampio, comprendendo deformità congenite
e dell’età evolutiva dell’arto superiore, patologia degenerativa che porta alla necessità
di un trattamento chirurgico delle forme artritiche e artrosiche della mano e del polso e
ad un trattamento delle tendinopatie infiammatorie dell’arto superiore, più o meno associato a sindromi compressive del sistema
nervoso periferico (es. TOS, SPE al capitel-
Giorgio Pajardi, Paola Bortot, Laura Loda, Elena Sicilia, Chiara Novelli
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
lo peroneale), come pure altre patologie invalidanti (es. il morbo di Dupuytren). La notevole mole di patologie trattate negli anni
aveva reso possibile una notevole crescita di
un gruppo di chirurghi con una grande esperienza e che grazie ai contatti con altri centri
italiani ne aveva notevolmente arricchito le
competenze.
È utile conoscerne la storia, benché lontana nel tempo, perché costituisce la base
dell’attività odierna del reparto. Le patologie trattate fondamentalmente sono le
stesse, ma se ne sono positivamente ridotte
alcune come le paralisi ostetriche e la traumatologia di origine lavorativa.
Le revisioni cliniche dei pazienti hanno
poi consentito negli anni di produrre anche
materiale per tesi di laurea o di specialità
per varie università e partecipazioni con
relazioni a congressi nazionali ed internazionali.
Si conferma la vocazione a trasmettere alle
giovani generazioni quanto appreso dai
maestri e grazie alla convenzione fra l’Ospedale di Legnano e l’Università di Pavia
l’attuale direttore (Dr.ssa Saporiti) è stata
nominata Professore a contratto presso l’Università degli Studi di Pavia nella scuola
di Specializzazione in Chirurgia Plastica e
Ricostruttiva dall’anno accademico 20102011 in poi. “Malattie dell’apparato locomotore” è il corso di cui attualmente è titolare.
La Divisione di Chirurgia Plastica e Chirurgia della Mano dell’Ospedale di Magenta
fu fondata da Gianfranco Codega nel 1970,
con la denominazione adottata da Aldo De
Negri nel 1960 e da Ezio Morelli nel 1965
al CTO di Milano e a Legnano, denominazione che ben rappresentava la vocazione
del reparto, per 2/3 dedicato alla chirurgia
della mano.
Cultura
Codega era stato a Nanterre (Parigi) da
Marc Iselin negli anni precedenti ed è rimasto legato alla sua scuola, ospitando a
Magenta gli ultimi Corsi Internazionali di
chirurgia della mano di Iselined i suoi allievi nel 1973 e 1975.
Negli anni ’80 Codega e Jean Hubert Levame hanno organizzato corsi di chirurgia
della mano (orientati soprattutto alle patologie dei nervi) e di riabilitazione e ortesi,
con la collaborazione di Philippe Thomas.
Codega, prima di specializzarsi in chirurgia
plastica con il Prof. Sanvenero era specialista in neurologia; da qui il suo interesse per
la patologia e la chirurgia dei nervi periferici e per l’algodistrofia. Da Iselin aveva poi
appreso i principi dell’urgenza con operazione differita, metodica derivata dall’esperienza di chirurgia di guerra di Iselin, oggi
rivalutata e forse meglio compresa, anche
sotto altri nomi.
Altre patologie care a Codega erano il morbo di Dupuytren e il morbo di Kienbock.
Nel 1990 Di Giuseppe affianca Codega e
dal 1994 diventa primario.
La Divisione contava in quegli anni 30 letti, dedicati per metà alla traumatologia.
Dopo aver frequentato un corso di microchirurgia a Lione nel 1976, tenuto da Owen
e Desapts, Di Giuseppe inizia a sviluppare
le tecniche microchirurgiche, con i primi
reimpianti digitali e lembi liberi.
Dal 1986 collabora con il Centro di Malformazioni Vascolari Stefan Belov, diretto da
Raul Mattassi, chirurgo vascolare dedicato
oggi totalmente a questa complessa patologia. Dal 1995 al 2002 sono state organizzate le Giornate Magentine di Aggiornamento
in Chirurgia della Mano, su argomenti diversi, con la partecipazione di molti illustri
colleghi della Società.
L’Unità Operativa oggi conta 18 letti per ricoveri ordinari, due di Day Surgery oltre a
La storia della chirurgia della mano a Milano
73
Cultura
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
letti in Pediatria e Unità Spinale. L’organico
attuale è di 6 medici e l’attività prevalente
è ancora la chirurgia della mano anche se
la traumatologia è differente da quella degli
anni ’70-’80 ed è stata sviluppata maggiormente la chirurgia ossea e dell’artrite reumatoide, oltre alla malformativa.
Dal 1995 l’Ospedale di Magenta fa parte
dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Civile
di Legnano, per cui due dei reparti “storici”
della chirurgia della mano lombarda convivono nella stessa azienda.
Il Centro di Chirurgia della Mano è stato
fondato dal Prof. Antonio Vespasiani nel
1978, presso l’Istituto Ortopedico Gaetano Pini, ospedale pubblico ortopedico fra i
più antichi d’Italia ove mancava un centro
dedicato allo studio e al trattamento delle
patologie della mano.
Il Prof. Vespasiani, presente all’atto ufficiale della nascita della Società Italiana di
Chirurgia della Mano tenutosi al CTO di
Firenze nel 1963, divenne poi assistente
della Divisione di Chirurgia della Mano del
CTO/INAIL di Milano nel 1964, diretta dal
Dott. Aldo De Negri, prima Divisione Italiana di Chirurgia della Mano.
Dopo un periodo di formazione in Austria,
fu assunto poi al G. Pini come assistente/
aiuto del Prof. Randelli. Ebbe quindi l’incarico di gestire 10 letti di Chirurgia della Mano nella sede distaccata del Gaetano
Pini, in via San Luca sin dal 1976. Il reparto
venne quindi ampliato a 20 letti ed egli divenne primario del Centro di Chirurgia della Mano e Microchirurgia nel 1978.
Pochi anni dopo, chiusa la sede di San
Luca, il Centro trovava la sua collocazione
attuale presso il quarto piano dello storico
padiglione Principe di Piemonte dell’Istituto G. Pini, dotandosi di una sala operatoria
autonoma ove fu possibile iniziare un’attività di Day Surgery. Pertanto al reparto di
74
degenza veniva affiancato un reparto di Day
Hospital per trattare in modo veloce ed efficace le patologie più semplici della mano
che non necessitassero di una lunga sorveglianza post-operatoria, tutt’ora operativo
ed all’avanguardia per allora. La sala operatoria dedicata era sin da allora attrezzata con strumentario iperspecialistico e con
personale specializzato dedito unicamente
alla Chirurgia della Mano. Il Day Hospital
svolgeva inizialmente circa 500 interventi
l’anno poi diventati più di 800 nel 2000, oltre agli interventi svolti in reparto. L’organico del Centro poteva contare su due aiuti,
il Dr. G. Pagliughi e il Dr. F. Torretta e di
5 Assistenti. Tra i tanti medici che si sono
avvicendati vi sono stati i Dottori G. Calori
(attuale Direttore dell’UO Chirurgia Ortopedica Riparativa del G. Pini), U. Dacatra,
A. Figini, V. Pedrini, P. del Bò, G. Biancardi, M. Pivetta, D. Capitani (attuale Direttore UO Ortopedia e Traumatologia Ospedale
Cà Granda Niguarda), G. Palamini, S. Carozzi, A. Pisetti, S. Tessore, Tammaro, M.
Reda, G. Cicogna e molti altri.
Vista la notevole affluenza di patologie
traumatiche dell’arto superiore, del gomito, avambraccio, polso e della mano, presso
l’Istituto Ortopedico Gaetano Pini sono state ben presto sviluppate le tecniche di osteosintesi e microchirurgiche che hanno permesso la ricostruzione delle lesioni dei tessuti molli e la stabilizzazione ossea al fine
di permettere un rapido recupero funzionale e lavorativo dei pazienti. Sin da allora il
Centro si è dedicato inoltre al trattamento
delle malattie degenerative come l’artrosi,
la chirurgia dei nervi periferici (escluso il
plesso) la chirurgia dell’artrite reumatoide,
in quanto è presente presso il G. Pini la Divisione Universitaria di Reumatologia.
Molteplici gli argomenti e le tecniche innovative sin allora utilizzate: la sutura dei
Giorgio Pajardi, Paola Bortot, Laura Loda, Elena Sicilia, Chiara Novelli
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
nervi periferici con colla di fibrina, la via
volare per la sintesi dello scafoide e la sintesi con placca “a L” in compressione per
le fratture e pseudoartrosi di scafoide (presentata al Congresso IFSSH di Boston nel
1983), le osteotomie di accorciamento del
radio nell’osteomalacia del semilunare, l’osteotomia di estensione ed abduzione della base del I metacarpale nella instabilità
trapezio-metacarpale, l’intervento di tenosospensione nella rizoartrosi, l’enervazione del polso nelle sindromi dolorose della
radio-carpica, la fissazione esterna delle
fratture della mano (con fili di K e fissatore
di Joshi).
Questo centro è stato fra i primi in Italia,
già negli anni ’90, ad utilizzare l’osteosintesi interna con placche e viti nel trattamento delle fratture, la protesi del caput
ulnae dal 1998 (tecnica di Herbert), la
protesizzazione della trapezio-metacarpale (protesi Linsheid della Clinica Mayo e
quindi le protesi e gli spaziatori in pirocarbonio), la protesizzazione totale del polso
(Universal, Re-motion), e a sviluppare la
chirurgia dell’artrite reumatoide e l’artroscopia di polso. È stato inoltre sviluppato
il trattamento delle patologie degenerative
ed in particolare della rizoartrosi, definita
dal Prof. Vespasiani “malattia sociale” per
la sua ampia diffusione soprattutto nella
donna adulta ed anziana e per la cura della
quale aveva sviluppato un nuovo tutore rizosplint.
Il Prof. Vespasiani ha avuto l’onore di organizzare per la Società Italiana di Chirurgia della Mano il 25° Congresso Nazionale
nella stupenda Villa Reale di Monza nel
settembre 1988 avente come tema: “Le
osteosintesi della mano”.
L’Unità Operativa è stata quindi diretta dal
Dr. Ferruccio Torretta dal 1999 ed egli si
è avvalso della collaborazione del Dr. V.
Cultura
Pedrini, Dr. U. Dacatra, Dr.ssa P. Del Bò,
Dr.ssa JC. Messina, Dr.ssa S. Odella ed i
Dr. V. Cefalo ed E. Vignali. Da allora è stato ulteriormente sviluppato lo studio dell’osteosintesi per la stabilizzazione delle fratture con mobilizzazione precoce del polso e
della mano. In particolar modo lo sviluppo
dell’osteosintesi con viti a stabilità angolare ha permesso a questo centro di venir
scelto nel 2003 dall’AO Study Group come
centro di studio di nuove placche e di partecipare a studi internazionali con pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali
(Journal of Hand Surgery). Anche negli ultimi anni sono stati prodotti numerosi lavori
scientifici dal Dr. Torretta, dal Dr. Dacatra,
dalla Dr.ssa Messina e dalla Dr.ssa Odella,
che svolgono inoltre attività didattica presso l’Università degli Studi di Milano.
Nle 2006 il Dr. Torretta ha avuto l’incarico dalla Società Italiana di Chirurgia della
Mano di organizzare in qualità di co-presidente il Congresso Nazionale della Società
svoltosi a Milano a Palazzo della Borsa.
Il Dr. Dacatra è stato fra i primi in Italia,
sin dal 1994, a sviluppare la tecnica artroscopica per la visualizzazione intraarticolare delle articolazioni radiocarpica,
mediocarpica e delle piccole articolazioni della mano. Da allora questa metodica
diagnostica viene utilizzata correntemente
per il trattamento di fratture e lesioni legamentose intrarticolari, in particolar modo
lesioni nello sportivo. La Dr.ssa Messina
ha anch’essa sviluppato questa tecnica e ha
partecipato alla fondazione della Società
Europea di Artroscopia di Polso, società di
cui è membro del Consiglio Direttivo e responsabile del sito internet oltre che presidente della Commissione Informatica della
Società Italiana di Chirurgia della Mano.
Il centro attualmente denominato Unità
Operativa di Chirurgia della Mano e MicroLa storia della chirurgia della mano a Milano
75
Cultura
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
chirurgia dell’Istituto Ortopedico Gaetano
Pini è diretto dal Dr. Virgilio Pedrini (dal
maggio 2014) ed è un centro di primaria
importanza nel trattamento della patologia
traumatica e post-traumatica del gomito,
avambraccio, polso e mano nell’area milanese, visto l’aumento negli ultimi anni di
tali patologie legate a traumi della strada,
infortuni sul lavoro, traumi accidentali e
patologie dello sport, ad esso oggi afferiscono pazienti provenienti da tutta l’Italia.
Vengono operati fra i 1000-1500 pazienti
l’anno.
Il centro tratta inoltre patologie degenerative, le artriti infiammatorie e tutte le patologie summenzionate oltre a deformità congenite ed acquisite (morbo di Madelung,
brachimetacarpie, viziose consolidazioni,
ritardi di consolidazione e pseudoartrosi,
esiti di traumi complessi), patologie tumorali della mano, del polso e dei tessuti
molli, infezioni, lesioni nervose inveterate
e paralisi.
La formazione dei chirurghi della mano che
lavorano in questa UO è prevalentemente
ortopedica ma tutti hanno acquisito competenze più ampie di microchirurgia e dell’area plastica mediante stage, corsi e master
iperspecialistici.
L’Unità Operativa di Chirurgia Plastica e
Chirurgia della Mano dell’IRCCS Policlinico San Donato fu fondata dal Prof. Alberto Azzolini nel 1985, quando venne chiamato dall’Università degli Studi di Milano
a coprire il ruolo di Direttore della Cattedra
di Chirurgia Plastica e della Prima Scuola
di Specializzazione in Chirurgia Plastica,
Ricostruttiva ed Estetica.
Il Prof. Azzolini, all’epoca uno dei massimi
esperti italiani di chirurgia degli angiomi e
delle malformazioni vascolari, a San Donato
fu tra i pionieri nello sviluppo della tecnica
chirurgica di “espansione tissutale” per il
76
trattamento di nevi congeniti giganti, esiti di
ustioni o di angiomi trattati in precedenza.
La sua grande attività clinica in questo settore è testimoniata dalla poderosa produzione scientifica ad essa associata, che dagli anni ’80 prosegue ininterrottamente in
questo campo.
I primi assistenti del Prof. Azzolini furono:
- il Prof. Carlo Riberti, attualmente Ordinario di Chirurgia Plastica presso l’Università degli Studi di Ferrara;
- il Prof. Luca Vaienti, Ordinario di Chirurgia Plastica, è successore al Prof.
Azzolini nella guida della Unità Operativa di Chirurgia Plastica e nella direzione della Cattedra di Chirurgia Plastica e della I Scuola di Specializzazione
dell’Università degli Studi di Milano;
- il Prof. Pier Camillo Parodi, Associato
di Chirurgia Plastica ed attuale Direttore
della Scuola di Specializzazione dell’Università degli Studi di Udine;
- la Dott.ssa Daniela Cavalca, attuale Responsabile del Servizio di Laserchirurgia della Clinica San Rocco di Brescia.
L’introduzione dell’importante e crescente
settore della Chirurgia della Mano presso la
Divisione di Chirurgia Plastica dell’IRCCS
Policlinico San Donato avvenne grazie
al Prof. Luca Vaienti il quale, dal 1986 al
1992, effettuò vari stage formativi in centri di eccellenza nel settore della mano e
della microchirurgia, quali SOS de la Main
dell’Università di Nancy e Strasburgo, e il
Devis Medical Center di San Francisco.
Sotto la guida di grandi maestri quali i Prof.ri
J. Michon, M. Merle, G. Foucher ed H. Buncke, il Prof. Vaienti ha importato e sviluppato la chirurgia dell’arto superiore e dell’arto inferiore, addestrando successivamente i
suoi allievi al trattamento della patologie in
urgenza ed in elezione della mano, dando
ampio risalto all’attività microchirurgica.
Giorgio Pajardi, Paola Bortot, Laura Loda, Elena Sicilia, Chiara Novelli
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Attualmente, l’Unità di Chirurgia Plastica,
sede della Cattedra di Chirurgia Plastica
dell’Università degli Studi di Milano, rappresenta un Centro di Chirurgia della Mano
di 2° livello nell’ambito della “rete regionale lombarda per la gestione del trauma
complesso e urgenze micro-vascolari della mano e dell’arto superiore”, garantendo una pronta disponibilità (24h/die), 365
giorni all’anno, per far fronte a tutte le urgenze microchirurgiche della mano e degli
arti superiori e inferiori.
È inoltre da segnalare la collaborazione,
sotto forma di consulenza, che da di più di
20 anni il Prof. Vaienti porta avanti con l’Istituto Ortopedico Gaetano Pini, nella gestione dei casi più complessi di traumi ad
alta energia dell’arto inferiore, con ampia
perdita dei tessuti molli.
Sotto il profilo scientifico, la Divisione di
Chirurgia Plastica rappresenta un punto di
riferimento per la Scuola di Specializzazione in Chirurgia Plastica dell’Università
degli Studi di Milano; la produzione scientifica, in costante crescita, è caratterizzata
dalla grande varietà di diversi ambiti clinici
trattati (arto inferiore e superiore, chirurgia
plastica pediatrica, chirurgia dermatologica, vulnologia) ed è testimoniata dalla crescente pubblicazione di articoli su riviste
internazionali indicizzate.
Da 8 anni, il Prof. Vaienti è Presidente con
il Prof. M. Merle del corso teorico-pratico
“International course of anatomical dissection. VIIth Workshop. Flaps for upper and
lower limb reconstruction and “Techniques
in hand and wrist surgery”.
L’Unità Operativa oggi conta 9 letti, 5 per
ricoveri di Day Surgery, 3 per ricoveri ordinari e 1 per ricovero pediatrico. L’organico
attuale è di 4 medici specialisti e 4 medici
specializzandi. L’attività prevalente è ancora la chirurgia della mano e la chirurgia
Cultura
post-traumatica dell’arto inferiore, con importante sviluppo del comparto della medicina e chirurgia rigenerativa.
L’attività della sezione di Chirurgia della
Mano dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di
Milano è iniziata nel novembre 1990 ad
opera del Dr. Carlo Grandis, proponendo
un modello di unità operativa ultraspecialistica nell’ambito di un ospedale ortopedico
provato accreditato.
L’attività clinica si è andata arricchendo
negli anni, sia nell’ambito del trattamento della patologia traumatica che di quella
degenerativa, avvalendosi di un gruppo di
fisioterapisti dedicati, per il recupero funzionale dei pazienti.
Dal marzo 2002 il Dr. Gian Franco Berzero
si è affiancato a Grandis nella direzione del
reparto, implementando l’attività clinica e
quella scientifica.
Tra le tecniche chirurgiche più utilizzate
spiccano la chirurgia protesica del polso,
del carpo e delle articolazioni digitali con
l’utilizzo di protesi in pirocarbonio, l’artroscopia di polso, iniziata a partire dal 2001,
la chirurgia della mano reumatoide, il trattamento degli esiti delle paralisi.
L’attività didattica è testimoniata dallo svolgimento di quattro corsi regionali
di Chirurgia della Mano (nel 2003, 2004,
2005 e 2008) dedicati alla scienza di base
ed all’approfondimento di alcune tecniche
chirurgiche innovative nel trattamento di
alcune patologie (quali la rizoartrosi, il trattamento delle lesioni nervose periferiche, la
chirurgia protesica del polso e della mano)
ospitando illustri colleghi italiani e stranieri.
Dal 2004 è in vigore una convenzione tra
l’istituto Galeazzi e la Scuola di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia dell’Università degli Studi di Milano,
nell’ambito della quale la sezione di ChiLa storia della chirurgia della mano a Milano
77
Cultura
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
rurgia della Mano ospita a rotazione due
medici specializzandi.
L’attività scientifica è caratterizzata dalla
organizzazione di incontri scientifici e dalla
partecipazione a congressi italiani e stranieri.
L’attività di ricerca implementatasi in seguito alla trasformazione in IRCCS dell’Istituto Galeazzi, si è indirizzata allo studio
dell’articolazione trapezio-metacarpale mediante valutazioni comparate di radiografia
tradizionale, di micro-TC con ricostruzioni 3D, di stereo-microscopia e di analisi
istologiche al fine di meglio comprendere
l’eziopatogenesi del processo artrosico
per migliorare il trattamento chirurgico.
Un’attenzione particolare viene infine dedicata alla comparazione della morfologia
dei condrociti nelle articolazioni artrosiche
non sottoposte a carico rispetto a quelle che
normalmente lo sono.
Attualmente l’organico della sezione comprende 4 medici specialisti strutturati, affiancati da 2 specializzandi.
A partire dal 1999, dopo gli anni di formazione ortopedica generale al S. Raffaele ed
itinerante in Chirurgia della Mano, il dott.
Lazzerini inizia a sviluppare e far crescere
la chirurgia della mano nell’ambito dell’UO
di Ortopedia allora diretta da Riccardo Minola in Humanitas.
Nel 2001, in seguito ad una serie di eventi
divulgativi e scientifici e ad un forte impegno clinico, cresce costantemente l’attività
e la Chirurgia della Mano viene costituita
come Unità Operativa autonoma.
Parallelamente viene istituito un gruppo di
3 terapiste addestrate e dedicate alla chirurgia della mano per la riabilitazione e confezionamento di tutori.
Inizia la collaborazione esterna con Alexander Kirienko, ex aiuto di Ilizarov, che
porta allo sviluppo del minifissatore ester78
no semicircolare LAKI per i traumi complessi e gli allungamenti della mano.
Nel 2003 Humanitas apre il Pronto Soccorso. La Chirurgia della Mano si pone come
referente in pronta disponibilità per tutti i
traumi della mano e del polso nonché per le
lesioni traumatiche dei nervi periferici. Questo aumenta il volume di attività. La traumatologia, sia per i casi emergenti che per quelli differibili, copre circa il 40% dell’attività.
Inizia la collaborazione esterna con Donald
Sammut per lo sviluppo in Humanitas della
chirurgia delle malformazioni congenite.
Nel 2005 viene costituita l’UO di chirurgia della mano presso la clinica Humanitas
Gavazzeni di Bergamo, fino al 2011 gestita
con la collaborazione di medici di Humanitas, dal 2011 come Unità Autonoma.
Oggi l’Unità di Chirurgia della Mano di
Humanitas conta 6 medici a tempo pieno,
di estrazione ortopedica e plastica. Esegue
circa 2000 interventi l’anno, offre un servizio 24 ore per le urgenze di chirurgia della
mano e micro.
Il background lombardo della storia della
Chirurgia della Mano ha così portato ad
avere una realtà di prima importanza nel
panorama nazionale ed internazionale in
continua evoluzione.
Importante e crescente sviluppo del trattamento della patologia della mano negli ultimi venti anni è dovuto al Professor Giorgio
Pajardi, direttore dell’UOC di Chirurgia
della Mano MultiMedica e attualmente della Scuola di Specializzazione di Chirurgia
Plastica Ricostruttiva ed Estetica dell’Università degli Studi di Milano. La sua
precocissima formazione è avvenuta a Legnano sotto la sapiente guida del Professor
E. Morelli, dal quale ha appreso la totale
dedizione per il lavoro, la passione per la
microchirurgia e l’interesse, trasformatosi
Giorgio Pajardi, Paola Bortot, Laura Loda, Elena Sicilia, Chiara Novelli
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
poi in vera devozione, per le malformazioni
congenite della mano e dell’arto superiore.
Ha perfezionato poi la sua crescita ed evoluzione accompagnato dal Professor Guy
Foucher, co-fondatore del Centro Studi
Mano, ed importante guida nel trattamento delle malformazioni congenite e delle
patologie di ricostruzione complessa posttraumatica della mano.
Già nel 1997 il Professor Giorgio Pajardi
ha fondato il “Centro Studi Mano”, che vedeva da subito una stretta ed inscindibile
compresenza di chirurgia e di riabilitazione
della mano; questa associazione culturale
senza fini di lucro promuove iniziative ad
ogni livello con corsi di aggiornamento per
terapisti della riabilitazione, partecipazioni
a congressi, allestimenti di dispense e schede informative, aggiornamento costante dei
medici di base (sia con il contatto diretto
interpersonale sia mediato dai sistemi più
moderni di comunicazione quali la posta
elettronica e la gestione di un sito web). Lo
scopo è promuovere ogni iniziativa culturale, didattica e divulgativa affinché una più
precisa e tempestiva diagnosi delle malattie della mano ne permetta un trattamento
adeguato e mirato a tutto vantaggio del paziente.
L’attività clinica dell’Unità Operativa
Complessa di Chirurgia della Mano è originata inizialmente nella sede di Sesto San
Giovanni dove ha ubicazione il Policlinico
MultiMedica IRCCS e si è poi distribuita
nelle ulteriori sedi successivamente acquisite dal Gruppo MultiMedica (Ospedale
San Giuseppe di Milano e Casa di Cura
Santa Maria di Castellanza), con un unico
organico ed un unico direttore interstruttura, che coordina le risorse e le attività.
Le patologie trattate sulle tre strutture spaziano da condizioni di urgenza a condizioni
Cultura
elettive della mano dell’adulto e del bambino, includendo competenze di traumatologia, malformazioni e patologia degenerativa.
È attivo un servizio di Pronto Soccorso
presso l’Ospedale San Giuseppe e presso
il Policlinico MultiMedica, in grado di assorbire e gestire tutte le urgenze microchirugiche e ortopediche che coinvolgono la
mano; i centri risultano infatti riferimento
per “Centro regionale per le urgenze della
mano”.
Vi sono numerose iperspecializzazioni
che connotano le diverse sfaccettature del
reparto. Vi è un gruppo dedicato al trattamento delle malformazioni congenite della
mano e dell’arto superiore.
Oltre alla diagnosi e al trattamento precoce della malformazione, diventa importante la presenza di una figura professionale
che permetta ai genitori di esprimere le
emozioni che sperimentano in relazione al
bambino, per questo è prevista una consulenza psicologica gratuita e continua rivolta
ai piccoli pazienti e alle famiglie. Non di
meno un percorso riabilitativo ad hoc, plasmato sul singolo bambino in cui chirurgo,
fisioterapista, terapista occupazionale collaborano all’unisono e con la famiglia per
il recupero funzionale.
Proprio intorno al bambino il Professor
Giorgio Pajardi ha fondato nel 2007 l’associazione La Mano del Bambino. Scopo
dell’associazione è, in primo luogo, quello di fornire consulenza, assistenza e cure
ai piccoli pazienti e alle loro famiglie attraverso il lavoro di un équipe polispecialistica. Per realizzare tale obiettivo l’associazione – con l’ausilio di un sito internet
interattivo: www.manobambino.org – si
propone di svolgere: attività di prevenzione
e diagnosi precoce mediante “consulenza
genetica”, attività culturali e ricerca (borLa storia della chirurgia della mano a Milano
79
Cultura
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
se di studio per giovani medici per la formazione chirurgica specialistica nel campo
delle malformazioni congenite della mano
e dell’arto superiore), educazione sanitaria,
riabilitazione fisica e psicologica.
Nasce così l’idea del Campus per la mano
del bambino, momento annuale e luogo
di incontro tra le famiglie e i loro piccoli,
giornata di informazione, scambio, gioco e
svago per ogni età, per i piccoli pazienti già
operati, in corso di cura o in attesa di intervento, i loro fratelli, amici, genitori, educatori. L’unità operativa vede la presenza di 3
chirurghi dedicati alla patologia malformativa, 7 fisioterapisti (con spazi dedicati alla
riabilitazione del bambino), una neuropsicomotricista (con sala dedicata ed allestita per
la psicomotricità), 3 psicologhe e 3 anestesisti specializzati. Vengono seguiti ambulatorialmente 1500 bambini, con ambulatori
quotidiani dedicati alla patologia pediatrica;
vengono operati 600 bambini l’anno.
Ulteriori campi di iperspecializzazione
sono la Microchirurgia d’urgenza e la Microchirurgia ricostruttiva. Si tratta di procedure ad alta specializzazione, che richiedono un ambiente protetto e dedicato per
la loro realizzazione e che consentono di
ottenere risultati sino a alcuni anni fa impensabili. Micro e macroreimpianti, trasferimento microchirurgico di parti di tessuto
cutaneo, o osseo o composito, ricostruzione
del pollice con porzioni di alluce, ricostruzione delle dita della mano con dita del piede o loro parti, sono alcune delle procedure
eseguite. Vi sono nel servizio una sala alla
settimana 12 ore su ciascuna sede riservate
alla esecuzione di lembi liberi o interventi microchirurgici, oltre alle procedure che
vengono eseguite in regime di urgenza.
Sempre maggiore rilevanza ricoprono il
servizio di Traumatologia sportiva e Patologia del Polso, e il servizio di Neuro-Or80
topedia, quest’ultimo nato dall’esigenza di
riunire il lavoro e l’esperienza di chirurghi
della mano, ortopedici, fisiatri e fisioterapisti specializzati nel trattamento dei pazienti
con disabilità motorie conseguenti a lesioni
del sistema nervoso centrale. Inoltre vi è un
servizio che si occupa delle lesioni del sistema nervoso periferico con ricostruzioni microchirurgiche del plesso brachiale e degli
altri tronchi nervosi sia dell’arto superiore
che inferiore, includendo la ricostruzione
a breve termine della lesione nervosa e la
eventuale successiva chirurgia palliativa.
Il servizio è formato da 8 chirurghi senior,
oltre al Direttore, 7 chirurghi specializzandi
in formazione (dalla Scuola di Specialità in
Chirurgia Plastica e Ricostruttiva) e 5 studenti in medicina frequentatori e ben presto
medici interni del reparto.
Spaziando sulle numerose patologie trattate
e contando le tre sedi, il reparto opera circa
8000 pazienti all’anno, contando su 30 sale
operatorie a settimana (escluse le sale dedicate alle urgenze).
Nel corso degli anni molti collaboratori sia
chirurghi, sia terapisti si sono autonomizzati, creando loro realtà professionali in Italia
e all’estero improntate sugli insegnamenti
ricevuti.
All’interno del reparto il momento chirurgico è inscindibile con il percorso riabilitativo fornito dai terapisti della mano. Il reparto conta globalmente 27 terapisti, che attraverso una formazione continua ed avanzata
hanno raggiunto competenza massima nel
trattamento delle patologie dell’arto superiore derivanti da traumi, malattie o deformità sia congenite che acquisite.
Il servizio di riabilitazione, presente in ciascuna sede degli ospedali di MultiMedica,
con accessi 7-19, 6 giorni su 7, tratta 15
mila pazienti all’anno e produce circa 7000
ortesi all’anno.
Giorgio Pajardi, Paola Bortot, Laura Loda, Elena Sicilia, Chiara Novelli
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Data l’enorme importanza e rilievo posto al
campo riabilitativo, e data l’ampia specializzazione del personale in carico, il reparto collabora – come momento di tirocinio
formativo e sede di studio per lavori scientifici e tesi universitarie – con 4 reparti universitari per l’istruzione di nuovi terapisti
della riabilitazione (Università di Milano,
Università dell’Insubria-Varese, Università di Lugano, Università Salute e Vita San
Raffaele).
Sempre grazie a un armonioso coordinamento didattico tra parte chirurgica e parte
riabilitativa sono presenti due importanti
momenti di Istruzione, diretti dal Professor
Giorgio Pajardi e rivolti a giovani in formazione, ossia il Corso Base in Chirurgia
e Riabilitazione della mano, che nel 2015
è giunto alla sua 19° edizione, che prevede momenti di didattica frontale e di parte
pratica la fine di formare fisioterapisti nelle
conoscenze di base di riabilitazione della
mano e confezionamento di ortesi.
Cultura
Il secondo momento di Insegnamento, organizzato dal Professor Pajardi nel servizio
di Chirurgia della Mano da lui diretto è il
Master di primo livello in Riabilitazione
della Mano, con patrocinio dell’Università
degli Studi di Milano, giunto nel 2015 alla
sua 9° edizione. Il Master prevede un percorso formativo di un anno con settimane
di didattica e settimane di tirocinio in reparto, che si svolge prevalentemente nelle
sedi MultiMedica, integrate da alcune sedi
ospedaliere di rilievo in territorio nazionale; questo percorso fornisce un’importante
preparazione a 360° sulla chirurgia della
mano, sulla riabilitazione e lo sviluppo di
una notevole abilità e competenza nel confezionamento di ortesi dedicate.
Si ringraziano i Dottori: Maurizio Musso,
Elisabetta Saporiti, Piero Di Giuseppe,
Jane Messina (e Virgilio Pedrini e Ferruccio Torretta), Luca Vaienti, Franco Berzero, Alberto Lazzerini
I colleghi di Monza hanno preferito non
aderire a questa iniziativa.
La storia della chirurgia della mano a Milano
81
Regolamento
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
REGOLAMENTO
ART. 1 - Quote Sociali
Non sono tenuti al pagamento della quota
sociale i Presidenti Onorari, i Soci Onorari
e i Soci Corrispondenti.
Per i SOCI ORDINARI la quota di ammissione è di Euro 15,00 e la quota associativa
annuale di Euro 130,00. Per gli ADERENTI
la quota di ammissione è di Euro 15,00 e la
quota associativa annuale di Euro 70,00. Al
raggiungimento del 75° anno i Soci Ordinari
e gli Aderenti manterranno la loro qualifica
senza dover più pagare la quota associativa
annuale.
La quota associativa comprende l’abbonamento alla rivista di Chirurgia della Mano,
al Bollettino di Informazione della SICM e
al Sito informatico.
La quota associativa comprende inoltre l’iscrizione alla IFSSH e alla FESSH, esclusi
i Soci Corrispondenti e gli Aderenti.
Eventuali modifiche delle quote di ammissione e associativa annuale saranno decise
dall’Assemblea generale, mantenendo l’attuale rapporto proporzionale.
ART. 2 - Iscrizione e Permanenza
Le domande di iscrizione come SOCIO
ORDINARIO devono essere indirizzate
alla Segreteria della Società su apposito
modulo fornito dalla Segreteria stessa e
devono contenere oltre la esatta e ben leggibile indicazione del Cognome e Nome,
del domicilio e indirizzo, il curriculum
vitae, l’elenco di tutti i titoli che il Candidato ritiene utile presentare. Sarebbe
opportuno accludere una copia delle Pubblicazioni.
Le firme dei due Soci Ordinari presentatori devono essere facilmente comprensibili.
Le domande di iscrizione in qualità di
82
Regolamento
ADERENTE devono anch’esse pervenire
alla Segreteria della Società con i dati anagrafici e i titoli eventuali.
Il Consiglio Direttivo in base all’art. 5 dello Statuto vaglia le domande e si riserva di
richiedere la documentazione dei titoli di
ammissione.
Le decisioni del Consiglio Direttivo saranno comunicate per iscritto agli interessati e
l’ammissione sarà effettiva dal 1 gennaio
dell’anno successivo a quello in cui è stata
presentata la domanda (anche se la deliberazione è avvenuta successivamente a tale
data) solo però se nel frattempo sarà stata
versata la relativa quota.
La quota annuale deve essere versata alla
Segreteria della Società in Firenze entro il
31 gennaio di ogni anno per mezzo del bollettino di C/C postale che sarà inviato a tutti
i Soci allo inizio di ogni anno o con altra
forma di pagamento (assegno bancario, vaglia postale, ecc.).
La rivista di “Chirurgia della Mano”, organo ufficiale della SICM spetta di diritto ai
soli Iscritti in regola con il pagamento della
quota annuale.
ART. 3 - Diploma
Ai Soci viene rilasciato un Diploma di nomina firmato dal Presidente e dal Segretario, a richiesta e a spese dell’interessato.
ART. 4 - Indirizzi
È fatto obbligo agli Iscritti di tenere informata la Segreteria della Società degli eventuali cambiamenti di indirizzo lavorativo e
di domicilio.
ART. 5 - Cessazioni
Gli Iscritti che non intendono più far parte
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
della Società debbono comunicarlo per lettera raccomandata alla Segreteria.
La disdetta decorre dal 1 gennaio purché sia
stata comunicata entro il 31 ottobre dell’anno precedente. Gli Iscritti morosi nel pagamento della quota annuale, i cui nominativi
verranno pubblicati su due numeri di ogni
anno del Bollettino della Società qualora
non si fossero messi in regola entro il 31
dicembre dell’anno perderanno la qualità di
Iscritto.
Quegli Iscritti che, per la loro condotta,
fossero ritenuti indegni di appartenere alla
Società, possono essere segnalati per la radiazione, da parte di qualsiasi Iscritto, al
Consiglio Direttivo, il quale deciderà insindacabilmente tenendo conto della relazione
del Collegio dei Probiviri.
ART. 6 - Compiti dei Revisori
I Revisori dei Conti riferiscono per iscritto al Consiglio Direttivo sull’andamento dell’amministrazione alla fine del loro
incarico in occasione dell’Assemblea. Il
controllo amministrativo societario va effettivamente svolto del Collegio dei Revisori dei Conti, secondo le norme del Codice
Civile, dello Statuto e Regolamento sociali.
ART. 7 - Compiti dei Probiviri
I Probiviri esaminano e giudicano le eventuali questione insorte:
- per investitura da parte del Presidente della Società;
- su domanda di uno o più Soci, qualora il
Consiglio Direttivo non avesse accolto
le loro istanze;
- di propria motivata e documentata iniziativa preventivamente comunicata,
per il necessario assenso, al Presidente
della Società.
La composizione di ogni eventuale controversia, di cui all’art 11 dello Statuto,
Regolamento
ivi comprese le eventuali segnalazioni di
Iscritti per la radiazione dalla Società, è affidata al Collegio dei Probiviri. Il Collegio
dei Probiviri, nel più breve tempo possibile,
comunque nel termine massimo di sessanta
giorni dalla notifica della vertenza, esprimerà le proprie conclusioni al Consiglio
Direttivo. Eventuali documentate richieste
di proroga saranno sottoposte al Consiglio
Direttivo dal Collegio dei Probiviri con lettera spedita entro cinquanta giorni dalla notifica della vertenza al Collegio stesso. Le
spese di carattere eccezionale sostenute dal
Collegio, come quelle per acquisizione di
varie documentazioni, visione di filmati, di
interviste televisive o radiofoniche ecc., saranno sostenuti dai Soci che su loro istanza
avranno dato luogo alla vertenza.
Eventuali vertenze in corso, non espletate
allo scadere del mandato, saranno demandate al Collegio subentrante al quale parteciperà, soltanto come relatore, il Presidente
del Collegio uscente.
ART. 8 - Relazioni Esterne
Il Consiglio Direttivo promuove le relazioni culturali sia con le altre Società medicochirurgiche che nell’ambito delle attività
scientifiche organizzate dalla Federazione
Internazionale della Società di Chirurgia
della Mano, e dalla Federazione Europea
di Chirurgia della Mano, promuove e cura
inoltre gli opportuni contatti con Enti Pubblici e poteri pubblici sia centrali che locali
(Ministeri, Regione ecc.).
Le relazioni culturali con la Federazione
Internazionale e con la Federazione Europea, i cui Statuti e Regolamenti vengono
accettati dalla SICM (e sono di seguito allegati), sono promosse dal CD attraverso la
figura di un Delegato per ogni Federazione.
I Delegati devono essere scelti tra i Soci
Ordinari di provata esperienza clinicoRegolamento
83
Regolamento
scientifica che abbiano padronanza almeno
della lingua inglese.
Essi sono eletti dal CD a maggioranza semplice, il loro mandato è: TRIENNALE, rinnovabile per una volta e revocabile dal CD
stesso, ove si verifichino condizioni di inadempienza o scorrettezza nello svolgimento
del mandato di rappresentanza.
I Delegati partecipano alle riunioni del CD
con parere consultivo, ma senza diritto di
voto, con il compito di informare il CD circa le iniziative delle Federazioni e di trasferire in quegli organismi i deliberati del
Consiglio della SICM.
Se un Delegato è impedito a svolgere temporaneamente il suo mandato, il Presidente
nomina un suo sostituto.
Quando il Delegato italiano ricopre cariche
rappresentative o direttive delle Federazioni
sono tenute a farsi carico delle sue spese le
Federazioni stesse; quando svolgono il compito di Delegati della SICM hanno diritto al
rimborso delle sole spese di viaggio quando
le riunioni non coincidono con i Congressi.
I Delegati, nel partecipare alle riunioni delle
Federazioni, trasferiscono a queste le decisioni del CD circa le rappresentanze italiane
ai vari Comitati operativi delle Federazioni
stesse preoccupandosi che la rappresentatività italiana sia tutelata e si fanno parte diligente presso il CD affinché, per quanto è
possibile, statuti e regolamenti nazionali e
internazionali nel loro evolversi siano mantenuti affini. L’attività internazionale della
Società, gli impegni assunti dal CD attraverso i Delegati, vengono sottoposti annualmente all’Assemblea per l’approvazione.
ART. 9 - Segreteria
Il Segretario della Società:
• cura i rapporti con gli Iscritti, esegue
l’aggiornamento dell’elenco di tutti gli
Iscritti, informandone ogni anno la Re84
Regolamento
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
•
•
•
•
dazione della rivista di Chirurgia della
Mano, del Bollettino di Informazione e
il Coordinatore del Sito SICM;
provvede ad inviare con tre mesi di anticipo a tutti gli Iscritti l’avviso di convocazione di una Assemblea Generale in
cui vi siano all’ordine del giorno “modifiche dello Statuto e del Regolamento”
come da art. 8 dello Statuto;
cura i rapporti con le altre Società Scientifiche Italiane, Straniere, Enti Pubblici e
Privati;
cura la stesura e le conservazione dei
verbali delle Assemblee generali ordinarie e straordinarie;
ricopre le funzioni di Responsabile Sicurezza Prevenzione Protezione (RSPP) e a
tale scopo cura che vengano rispettate le
norme ed attuati gli adempimenti relativi
al Decreto Legislativo 626 del 1994.
ART. 10 - Tesoreria
Il Tesoriere:
• gestisce il patrimonio secondo le indicazioni e previa approvazione del Consiglio Direttivo ed ha diritto di firma e
rappresentanza per i rapporti economici,
bancari e patrimoniali, disgiuntamente al
Presidente;
• cura la riscossione delle quote di ammissione e delle quote sociali, registrando in
apposito bollettario (madre e figlia) ogni
esazione fatta sotto qualsiasi titolo;
• provvede al saldo delle fatture di spese
fatte per conto della Società;
• presenta, durante l’Assemblea ordinaria
il bilancio biennale dopo averlo sottoposto al Collegio dei Revisori per essere
approvato dall’Assemblea degli Iscritti
nella seduta dell’Assemblea ordinaria;
• ricopre le funzioni di R.G.S.Q. (Rappresentante Direzione e Responsabilità Sistema di Gestione della Qualità).
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
ART. 11 - Responsabilità Sistema di Gestione della Qualità (R.G.S.Q.)
Il Rappresentante Direzione e Responsabilità Sistema di Gestione della Qualità
(R.G.S.Q.), su delega del Consiglio Direttivo gestisce il Sistema di Qualità come
descritto nel relativo manuale, affinché, interagendo con il Consiglio Direttivo stesso
e con:
• il Personale Amministrativo e di Gestione, i Collaboratori esterni ed il Personale Docente;
• i Soci, i Fornitori, i Clienti e gli interlocutori Istituzionali;
• gli Enti di certificazione e di controlli
esterni, possa garantire il corretto funzionamento del sistema finalizzato alla massima soddisfazione di tutti gli Utenti.
All’interno del Sistema il Responsabile Gestione Sistema Qualità si occupa delle seguenti attività:
• verifica tutte le fasi dell’attività aziendale per garantire il rispetto dei requisiti
specificati dal Manuale e nelle prescrizioni contrattuali;
• coordina le attività e i metodi di preparazione, gestione e identificazione della
Qualità ( procedure, modulistica, istruzione operativa, ect: ) sino alla definitiva
approvazione e verifica di non conflittualità delle stesse;
• promuove la diffusione delle informazioni sulla Qualità a tutto il personale
interessato;
• ha l’autorità di interrompere qualsiasi
processo sia chiaramente “fuori controllo” rispetto a quanto sopra detto;
• coordina le attività di verifica ispettiva e
le relative azioni correttive;
• garantisce la sorveglianza sul Sistema e
l’aggiornamento costante del Manuale della Qualità della documentazione corretta;
• riferisce al Consiglio Direttivo sulle pre-
Regolamento
stazioni del Sistema di Gestione per la
qualità e su ogni esigenza di miglioramento;
• assicura la promozione della consapevolezza dei requisiti del cliente nell’ambito di tutta l’organizzazione.
ART. 12 - Congresso Nazionale annuale,
simposi e altre attività scientifiche
L’Assemblea generale decide con tre anni
di anticipo la Sede e il Tema di relazione
del Congresso Nazionale scegliendo fra le
varie proposte con votazione per alzata di
mano a maggioranza semplice. Con le stesse modalità nomina il Presidente del Congresso.
Il Congresso si svolge di norma nel periodo
autunnale.
Su proposta del Consiglio Direttivo l’Assemblea degli Iscritti può stabilire, con un
anno e mezzo di anticipo, lo svolgimento
di un Simposio primaverile, a tema libero,
decidendone la Sede e nominando il Presidente con le stesse modalità previste per il
Congresso.
Il Presidente del Congresso aggiorna, quando convocato, il CD sulla articolazione e sui
contenuti del Congresso, il cui programma
definitivo è sottoposto all’approvazione
del Consiglio Direttivo. Tutti gli Iscritti
potranno richiedere di partecipare ai lavori scientifici del Congresso e del Simposio
Primaverile inviandone richiesta entro la
data stabilita dal Presidente del Congresso.
Di essa verrà data notizia sul Bollettino della Società e sul Sito SICM.
Il Consiglio Direttivo può proporre riunioni
congiunte con altre Società di Chirurgia della Mano o di discipline attinenti, e promuove la partecipazione dei Soci Italiani ai Congressi organizzati dalle Federazioni Internazionali. Il Consiglio Direttivo può incentivare l’aggiornamento culturale e professionale
Regolamento
85
Regolamento
dei giovani Soci Ordinari o Aderenti con varie modalità (borse di studio, rimborso spese
per viaggi di istruzioni, o rimborso spese per
pubblicazioni meritevoli).
ART. 13 - Congressi, corsi di insegnamento e di aggiornamento
La SICM può organizzare direttamente
Corsi di insegnamento o aggiornamento da
sola o con il concorso di Istituti o Dipartimenti.
La SICM può dare il suo patrocinio a Congressi e Corsi di insegnamento e aggiornamento, organizzati da Soci, se il programma di questi e la rinomanza dei Docenti li
fanno ritenere idonei.
La valutazione è fatta a maggioranza dal
Consiglio Direttivo.
ART. 14 - Elezioni degli Organi Societari
Le elezioni per il rinnovo delle cariche sociali (Vice Presidente, Consiglieri, Segretario, Tesoriere, Collegio dei Probiviri e Collegio dei Revisori dei Conti) per il biennio
successivo hanno luogo in occasione del
Congresso Nazionale degli anni dispari.
Le elezioni avvengono sulla base di una lista di Candidati proposta dalla Commissione per le nomine.
COMMISSIONE NOMINE
Composizione: la Commissione nomine è
costituita dal Vice Presidente in carica, con
il ruolo di Presidente della Commissione,
e dagli ultimi tre Past President. Tali ruoli non sono rinunciabili. Nel caso uno dei
Past President sia deceduto viene cooptato
il Past President immediatamente precedente.
Ruolo: la Commissione nomine valuta l’eleggibilità dei Candidati alle varie cariche
secondo i criteri sotto esposti. In caso di più
Candidati idonei al ruolo tenta una sintesi
86
Regolamento
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
politica sulla base delle piattaforme programmatiche dei Candidati.
Presenta al Consiglio Direttivo della SICM
le candidature rimaste in campo dopo l’opera di mediazione con un verbale firmato
da tutti i Componenti della Commissione.
Modalità operative: la Commissione riceve
le Candidature entro il 31/3 dell’anno elettorale.
La Commissione conclude i lavori di valutazione delle Candidature entro il 30/6
dell’anno elettorale, per poter presentare il
Verbale conclusivo al Consiglio Direttivo
della SICM.
La Commissione pubblica, ad opera del Segretario SICM, il Verbale validato dal Consiglio Direttivo sul sito SICM entro il 31/7
dell’anno elettorale.
CARATTERISTICHE DEI CANDIDATI:
Candidati alla Vice Presidenza devono
possedere le seguenti caratteristiche: Essere Socio Ordinario della SICM da almeno
10 anni.
Deve aver già ricoperto uno dei ruoli elettivi (Consigliere, Segretario, Tesoriere) per
almeno un mandato.
Deve avere un curriculum dedicato alla
Chirurgia della mano.
Deve avere una riconosciuta valenza scientifica nazionale e internazionale, almeno a
livello europeo.
Candidati al ruolo di Consigliere devono
possedere le seguenti caratteristiche: Essere
Soci ordinari della SICM da almeno 3 anni.
Devono avere un curriculum scientifico
e operativo dedicato alla Chirurgia della
mano.
Devono aver dimostrato interesse e partecipazione alle iniziative scientifiche della
SICM (Congresso Nazionale, Corso Microchirurgia, Corso dissezione, Commissioni SICM).
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
MODALITÀ di PRESENTAZIONE:
La dead line per la presentazione delle Candidature è il 31/3 dell’anno elettorale.
La Candidatura deve essere corredata dal
curriculum vitae dettagliato.
I Candidati alla Vice Presidenza devono
allegare il programma operativo che intendono attuare nel loro eventuale periodo di
Presidenza.
RIELEGGIBILITÀ delle CARICHE:
Vice Presidente: Il Socio Ordinario che ha
svolto la funzione di Presidente della SICM
non può più presentarsi alle elezioni di Vice
Presidente.
Consigliere: Un Socio non può ricoprire il
ruolo di Consigliere per più di 3 (tre) mandati anche non consecutivi.
Le elezioni avvengono sulla base di una lista di Candidati proposta dalla Commissione per le nomine.
In caso di parità fra gli eletti nelle cariche di
Vice Presidente, Segretario-Tesoriere, Consigliere, Collegio dei Probiviri, Revisori
dei Conti viene considerato eletto l’Iscritto
con più anzianità nella categoria ed in caso
di ulteriore parità eletto l’Iscritto con maggiore anzianità anagrafica.
ART. 15 - Partecipazione straordinaria
ai Consigli Direttivi
A discrezione del Presidente della SICM,
possono essere invitati, anche singolarmente, a riunioni del Consiglio Direttivo,
Iscritti o non Iscritti alla SICM, quando la
funzione o la particolare competenza degli
interessati sia utile per la discussione di alcuni punti all’ordine del giorno.
ART. 16 - Attività editoriale e rivista
La SICM pubblica una Rivista scientifica
che si intitola “Chirurgia della Mano. Chirurgia e riabilitazione della mano dell’arto
Regolamento
superiore e microchirurgia” e il Bollettino
di Informazione.
Il Comitato di Redazione per la Rivista è
composto da un Direttore, cinque Redattori, una Segreteria redazionale (scelta dal
Direttore e composta da un Segretario generale e alcuni Membri Coadiutori) e un
Comitato consultivo.
Il Direttore e i Redattori sono nominati dal
Consiglio Direttivo e durano in carica 5
anni.
Gli articoli, inviati al Direttore, verranno da
lui esaminati da un punto di vista formale
per valutare l’osservanza delle norme editoriali e saranno poi inviati, in forma anonima, a due componenti del Comitato di redazione che ne dovranno valutare il contenuto. Entro 30 giorni i testi dovranno essere
restituiti al Direttore con un parere scritto
che indichi una delle seguenti possibilità:
• il lavoro può essere accettato integralmente o con modifiche da richiedere
all’Autore.
• il lavoro non può essere accettato ma
potrebbe essere ripreso in considerazione se l’Autore lo modificasse seguendo i
suggerimenti indicati.
• il lavoro non può essere accettato.
In caso di discordanza tra i due giudizi, il Direttore può far valere il suo giudizio o sottoporre l’articolo al Comitato di Redazione in
una riunione collegiale.
In casi particolari il Direttore può inviare gli
articoli a esperti al di fuori del Comitato di
redazione. Per ciò che riguarda le relazioni
ai Congressi annuali della SICM, la loro selezione per la presentazione al Congresso,
spetta al Comitato scientifico di questo, mentre la selezione per la pubblicazione sulla Rivista avviene con la normale procedura da
parte del Comitato di Redazione. Gli atti del
Congresso dovranno essere pubblicati a cura
dell’organizzazione, sotto forma di abstract
Regolamento
87
Regolamento
o di resoconto, sul Bollettino o sulla Rivista.
Le linee programmatiche editoriali della
Società vengono pianificate dalla Commissione di Programmazione Editoriale e sottoposte al Consiglio Direttivo per l’approvazione definitiva.
La Commissione è composta da:
• Presidente Onorario di Commissione
(con riconosciuta esperienza editoriale)
con mandato consultivo;
• Presidente di Commissione con compiti
di Direzione e Coordinamento ricoprendo anche la carica di Direttore del Comitato di Redazione;
• Vice Presidente (Membro della SICM
con interesse specifico nel settore editoriale);
• Presidente della Commissione per le
Monografie;
• Presidente della Commissione Informatica;
• Web-Master del sito della SICM;
• Rappresentante per la/le Casa/e Editrice/i;
Il Presidente della Commissione è nominato, su proposta del Presidente, dal Consiglio Direttivo e dura in carica 5 anni.
ART. 17 - Gruppi di Studio
Su iniziativa di uno o più promotori, che ne
abbiano fatto richiesta scritta e motivata al
Consiglio Direttivo, e dopo l’approvazione
di questo, può essere costituito un Gruppo
di Studio su un argomento specifico inerente la Chirurgia della Mano.
I Gruppi di Studio fanno parte integrante
della Società e agiscono all’interno di essa;
di conseguenza tengono rapporti diretti
solo con il Consiglio Direttivo della Società
e solo attraverso di esso, e con il suo consenso, possono intrattenere rapporti e partecipare ad attività scientifiche con Gruppi
analoghi di altre Società scientifiche italiane o straniere.
88
Regolamento
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Ogni Gruppo di Studio avrà non meno di
due Membri che sceglieranno al proprio interno un Coordinatore: questi avrà il compito di coordinare l’attività, organizzando
le riunioni, mantenendo i contatti con il
Consiglio Direttivo della Società (che dovrà essere informato, tramite il Presidente
o il Segretario, dell’attività e degli indirizzi del Gruppo), presentando in tempo
utile eventuali richieste del Gruppo di intervenire come tale a Congressi o riunioni,
interpellando il Consiglio Direttivo della
Società su qualsiasi decisione, che non sia
di ambito strettamente scientifico, inerente
l’attività del Gruppo stesso.
Le richieste di entrare a far parte del Gruppo di Studio dovranno essere presentate per
iscritto al Coordinatore, direttamente o tramite la Segreteria della Società da lui saranno sottoposte al Gruppo, che su di esse
delibererà a maggioranza; se presentate da
persone non iscritte alla SICM le richieste
dovranno essere corredate di dettagliate
motivazioni.
Ogni Membro può recedere dal Gruppo
di Studio di cui fa parte con una semplice
dichiarazione scritta indirizzata al Coordinatore direttamente o tramite la Segreteria
della Società.
Un Gruppo di Studio può sciogliersi in
qualsiasi momento quando allo scioglimento non faccia opposizione più di un suo
Membro.
Il Coordinatore notifica per iscritto lo scioglimento e le sue ragioni al Consiglio Direttivo della Società.
ART. 18 - Commissioni
La Commissione è costituita da un Presidente, un Segretario Coordinatore e da
Membri anche esterni alla Società.
Il Consiglio Direttivo, in relazione alle
esigenze di promozione e controllo che si
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
affacciano alla vita della Società, istituisce
delle Commissioni, formate da Soci Ordinari, della cui attività si avvale, che hanno
carattere permanente o temporaneo.
I Membri di tali Commissioni, ad eccezione della Commissione nomine, vengono nominati dal Presidente e ratificate dal
Consiglio Direttivo, durano in carica 2 anni
e sono rinnovabili.
Tutti sono sottoposte in qualunque momento al giudizio e all’autorità del CD.
Le Commissioni a carattere temporaneo
sono sottoposte a giudizio di scioglimento
da parte del CD quando questo ne ravvisi
l’opportunità e su notifica del Presidente
della Commissione quando la stessa abbia
espletato il proprio mandato.
Per lo scioglimento delle Commissioni a
carattere permanente, quando non si tratti
di scadenza naturale, è necessaria l’approvazione dell’Assemblea.
Le Commissioni a carattere permanente
sono:
- Commissione per le nomine;
- Commissione Statuto e Regolamento;
- Commissione di Programmazione Editoriale;
- Commissione per le Monografie;
- Commissione Soci;
- Commissione CUMI;
- Commissione Informatica;
- Commissione Amministrativa Gestione
Tesoreria;
- Commissione Formazione e Istruzione
Permanente.
ART. 19 - COMPITI DELLE COMMISSIONI
Premesso che ogni singolo elaborato delle Commissioni deve essere sottoposto al
Consiglio Direttivo per la relativa approvazione, i compiti delle Commissioni sono:
• La Commissione delle nomine propone
Regolamento
la lista dei Candidati alla cariche sociali,
che deve essere resa pubblica all’inizio
del Congresso.
• La Commissione Statuto e Regolamento
ha il compito di vigilare sull’ attualità ed
efficacia dello Statuto e del Regolamento e, avvalendosi dei Delegati internazionali, uniformare, per quanto è possibile, questi strumenti a quelli internazionali. Propone al CD eventuali modifiche
allo Statuto e al Regolamento.
• La Commissione di Programmazione Editoriale (i compiti sono riportati
nell’art. 16 - Attività Editoriale e Rivista
- del presente Regolamento).
• La Commissione per le Monografie ha il
compito di proporre al CD gli argomenti
delle Monografie e di curarne la realizzazione.
La Commissione Soci ha il compito di:
- esaminare periodicamente l’attività dei
Soci Ordinari e dei Soci Corrispondenti,
valutando il loro diritto a far parte integrante della Società;
- valutare le domande a Socio Ordinario e
Aderente;
- proporre al CD la nomina del/i
Presidente/i Onorario/i, dei Soci Onorari
non di diritto e dei Soci Corrispondenti.
La Commissione CUMI ha il compito di
implementare le linee guida nazionali nel
settore dell’emergenza-urgenza, e di elaborare i protocolli per la definizione ed il
raccordo tra attività di I e II livello su tutto
il territorio nazionale. La Commissione, attraverso i suoi esponenti, partecipa attivamente ai lavori dell’analoga Commissione
della FESSH.
La Commissione informatica operativa del
sito della SICM elabora le strategie eventuali sulle modalità applicative.
La Commissione Amministrativa Gestione
e Tesoreria, in base alle direttive impartiRegolamento
89
Regolamento
te dal Consiglio Direttivo, cura la gestione economica-amministrativa, l’approvvigionamento e la logistica unitamente alla
gestione delle risorse umane e dei Soci. È
diretta dal RSGQ (Tesoriere).
La Commissione Formazione e Istruzione
Permanente cura i rapporti con il Ministero
della Salute, con le Regioni, con il MIUR
e gli altri Enti e Privati, Ospedalieri ed
Universitari preposti. Segue le iniziative
dell’uomo ed in particolare: progettare e
realizzare percorsi formativi residenziali ed
a distanza per chirurghi della mano e altre
figure professionali coinvolte nella disciplina della Chirurgia della Mano secondo
quanto stabilito dai programmi di Educazione Continua in Medicina dal Ministero
della Salute, dalle Regioni, Province Autonome ed altri soggetti.
ART. 20 - Premio “Augusto Bonola”
La Società Italiana di Chirurgia della
Mano, per onorare la memoria del Professore Augusto Bonola, istituisce un Premio “A. Bonola” biennale per il migliore
lavoro scientifico pubblicato sulla rivista
di Chirurgia della Mano e un Premio “A.
Bonola” quadriennale per la migliore opera monografica di chirurgia della mano.
Il Premio è riservato agli Iscritti sia Italiani
che Stranieri, è indivisibile e consiste in una
mano che regge un bisturi, modellata in argento, con inciso rispettivamente “Premio A.
Bonola 20..” o “Premio A. Bonola 20.. 20..”
Il Premio viene consegnato dal Presidente
della Società nella seduta inaugurale del
Congresso. All’Autore o a ciascuno degli
Autori viene consegnato un Diploma.
Per il Premio biennale vengono presi in
considerazione tutti i lavori pubblicati sui
fascicoli della rivista di Chirurgia della
Mano sino al 31 marzo di ogni anno.
90
Regolamento
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Per il Premio quadriennale vengono prese
in considerazione le opere monografiche di
Chirurgia della Mano di argomenti strettamente attinenti pubblicati nell’ultimo quadriennio anche in lingua straniera, e inviate
in quattro copie, in allegato alla domanda,
alla Segreteria della Società entro il 31 marzo dell’anno corrispondente alla scadenza
quadriennale del Premio.
Ogni anno, nel periodo compreso tra il 1
aprile e il 31 maggio, il Consiglio Direttivo nomina una Commissione formata da tre
Membri scelti, per autorevolezza e competenza, fra tutti i Soci (esclusi i Membri del
Consiglio Direttivo e i Candidati al Premio).
I Membri della Commissione variano ogni
anno e non sono rieleggibili prima di cinque anni.
Nell’anno del doppio Premio, biennale e
quadriennale, la Commissione è la stessa
per entrambi.
Essa può avvalersi della consulenza del Comitato Scientifico consultivo della rivista di
Chirurgia della Mano.
La Commissione decide con criterio insindacabile e deve consegnare alla Segreteria della Società il verbale dei lavori entro
quindici giorni dalla data del Congresso
annuale.
Il Verbale, dopo essere stato preso in visione dai Membri del Consiglio Direttivo, resta agli atti della Società e può essere consultato da ogni Socio.
La Commissione può non assegnare il Premio.
Il Premio non può essere assegnato per motivazioni diverse da quelle previste dal presente Regolamento.
ART. 21 - Codice Etico
Ogni socio deve attenersi al Codice Etico
della Società, allegato al seguente regolamento.
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Statuto
STATUTO
(approvato dall’Assemblea Straordinaria di Torino, 7 Ottobre 2011)
ART. 1 - Denominazione – Scopi
È costituita una ASSOCIAZIONE sotto la
denominazione di: SOCIETÀ ITALIANA
DI CHIRURGIA DELLA MANO, con la
possibilità di utilizzare la sigla SICM.
L’Associazione si propone di promuovere in
Italia lo sviluppo della fisiopatologia sull’arto superiore e delle tecniche chirurgiche e riabilitative dell’arto superiore o della mano,
raccogliendone i cultori della materia per
liberi scambi di idee e programmi di studio.
L’Associazione ha conseguito il riconoscimento della Personalità Giuridica dalla
Prefettura di Firenze, dove risulta iscritta al
n. 47 dell’apposito Registro delle Persone
Giuridiche.
La Società è Membro dell’International
Federation of Societies for Surgery of the
Hand (IFSSH) e della Federation of the European Societies for Surgery of the Hand
(FESSH). L’Associazione è apartitica, non
ha scopi di lucro e pertanto è fatto divieto
di distribuire, anche in modo indiretto, utili
o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o
capitale durante tutta la vita dell’Associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla Legge.
ART. 2 - Sede
L’Associazione ha la sua Sede e rappresentanza legale in Firenze, presso l’Istituto di
Clinica Ortopedica dell’Università - Largo
Piero Palagi, 1.
ART. 3 - Patrimonio
Il patrimonio dell’Associazione è costituito:
• dalle quote associative;
• da doni ed elargizioni che pervenissero
all’Ente;
• da sponsorizzazioni;
• da qualsiasi forma di finanziamento, derivante da rapporti con soggetti pubblici
purché in conformità con gli scopi ed i
compiti di cui all’art. 1 nel rispetto delle
vigenti norme di Legge. Le disponibilità
patrimoniali sono erogate per provvedere alla realizzazione degli scopi istituzionali, nonché alle spese inerenti alle
assemblee, all’amministrazione, gestione e rappresentanza dell’Associazione,
nonché per eventuali incoraggiamenti a
pubblicazioni scientifiche e didattiche.
Gli Iscritti all’Associazione non possono
richiedere la divisione del fondo comune
e la restituzione delle quote versate, salvo
nel caso di scioglimento previsto dall’art.
15 del presente Statuto. Le quote e i contributi associativi sono intrasmissibili e non
soggetti a rivalutazione.
ART. 4 - Organizzazione in Categorie degli Iscritti
La Società si compone di Iscritti Italiani e
Stranieri che partecipano alla sua vita scientifica e amministrativa con diverse modalità secondo la categoria di appartenenza.
Le Categorie di appartenenza sono:
- PRESIDENTI ONORARI;
- SOCI ONORARI;
- SOCI CORRISPONDENTI STRANIERI;
- SOCI ORDINARI;
- ADERENTI.
ART. 5 - Identificazione delle Categorie
di Iscritti
PRESIDENTI ONORARI
Diventano Presidenti Onorari, di diritto,
Statuto
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Statuto
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
al compimento del 70° anno di età, i Soci
Ordinari che siano stati Presidenti della
IFSSH e/o Segretari FESSH o annoverati
tra i Membri fondatori (Pionieri) da parte
della IFSSH nonché i Soci Fondatori della
Associazione. I Presidenti Onorari hanno
diritto di voto per tutte le cariche sociali e
non sono tenuti al pagamento della quota
associativa.
SOCI ONORARI
Diventano Soci Onorari, di diritto, al compimento del 70° anno di età, i Soci Ordinari
che siano stati Presidenti della SICM. Possono diventare Soci Onorari e devono essere
nominati dall’Assemblea Generale su proposta del Consiglio Direttivo note personalità italiane o straniere, di età superiore ai 70
anni, che abbiano dato un importante contributo allo sviluppo della Chirurgia della
Mano in Italia. I Soci Onorari hanno diritto
di voto per tutte le cariche sociali e non sono
tenuti al pagamento della quota associativa.
SOCI CORRISPONDENTI
Possono diventare Soci Corrispondenti
i Membri di una Società straniera di Chirurgia della Mano che abbiano frequentato
Congressi della SICM. I Soci Corrispondenti devono partecipare ai Congressi della
SICM e riferire alla Segreteria della SICM,
al termine di ogni anno, le principali notizie
relative alla attività della Società di Chirurgia della mano cui appartengono. Tali notizie potranno essere pubblicate sul Bollettino
della SICM e nel Sito SICM. I Soci Corrispondenti vengono nominati per un quadriennio, non rinnovabile automaticamente,
dalla Assemblea Generale su proposta del
Consiglio Direttivo, previo parere favorevole della Commissione Soci. Al termine del
quadriennio, la Commissione Soci esprime
un parere sulla attività svolta dal Socio Cor92
Statuto
rispondente. In caso di parere favorevole
della Commissione Soci, il Consiglio Direttivo propone all’Assemblea Generale il rinnovo della nomina per un altro quadriennio.
I Soci Corrispondenti possono mantenere la
carica al massimo per tre mandati quadriennali. I Soci Corrispondenti hanno diritto di
voto all’Assemblea Generale, fatto eccezione per le cariche sociali. Non sono tenuti al
pagamento della quota associativa.
SOCI ORDINARI
Possono diventare Soci Ordinari i laureati in Medicina e Chirurgia, in possesso di
una Specialità Chirurgica (Chirurgia della
Mano, Ortopedia e Traumatologia, Chirurgia Plastica Ricostruttiva, Chirurgia Generale) in grado di dimostrare di aver acquisito una buona esperienza chirurgica ed
una buona preparazione culturale nel campo della Chirurgia della Mano. La qualifica di Aderente non è indispensabile per la
nomina a Socio Ordinario. I Soci Ordinari
vengono nominati dal Consiglio Direttivo,
previo parere favorevole della Commissione Soci. I Soci Ordinari hanno l’obbligo di
partecipare ai Congressi della SICM e di
svolgere una continuativa attività professionale e scientifica nel campo della Chirurgia della Mano. Ogni quattro anni l’attività
svolta dal Socio Ordinario viene valutata
dalla Commissione Soci. In caso di parere sfavorevole della Commissione Soci, il
Consiglio Direttivo, previa informazione
all’interessato lo retrocede alla qualifica di
Aderente. I Soci Ordinari, in regola con la
quota sociale, votano in Assemblea e per
tutte le cariche sociali.
ADERENTI
Possono diventare Aderenti i laureati in
Medicina e Chirurgia che abbiano un interesse professionale e culturale per la Chi-
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
rurgia della Mano, ma non abbiano ancora
maturato i requisiti per diventare Soci Ordinari. Possono diventare Aderenti anche
coloro che, non in possesso della laurea in
Medicina e Chirurgia, abbiano un interesse
culturale nella Materia. Gli Aderenti vengono nominati dal Consiglio Direttivo, previo parere favorevole della Commissione
Soci. Gli Aderenti, in regola con la quota
sociale, votano nell’Assemblea Generale e
per le elezioni di uno dei tre Probiviri e uno
dei tre Revisori dei Conti.
ART. 6 - Cessazioni
Gli Iscritti cessano di far parte della Società per dimissioni, per morosità e per radiazione. La qualità di Iscritto, se perduta
per morosità viene recuperata con il pagamento delle quote dovute, se perduta per
dimissioni o per radiazione, può essere recuperata solo con le modalità di una nuova
iscrizione. La radiazione può avvenire solo
per gravi motivi, tali da rendere l’Iscritto
indegno di appartenere alla Società. Detti
motivi saranno vagliati dai Probiviri.
ART. 7 - Organi Sociali
Sono organi della Società:
- Assemblea Generale degli Iscritti;
- Consiglio Direttivo;
- Presidente del Consiglio Direttivo;
- Collegio dei Probiviri;
- Collegio dei Revisori dei Conti;
- Segretario;
- Tesoriere.
Tutte le cariche sono gratuite.
ART. 8 - Assemblea
L’Assemblea degli Iscritti, presieduta dal
Presidente della Società, rappresenta l’universalità degli Associati e le sue deliberazioni, prese in conformità alle Leggi vigenti, impegnano tutti gli Associati.
Statuto
L’Assemblea ordinaria è convocata una
volta all’anno durante il Congresso Nazionale della SICM.
In particolare all’Assemblea ordinaria spetta di:
• deliberare sugli argomenti iscritti all’ordine del giorno;
• approvare il bilancio consuntivo;
• deliberare sul Congresso Scientifico Nazionale;
• procedere ad eventuali modifiche del
Regolamento.
L’Assemblea straordinaria è convocata su
iniziativa del Consiglio Direttivo o dietro
richiesta di almeno un quarto degli Iscritti o
di diritto in caso di dimissione di almeno 4
(quattro) Consiglieri (art. 14) e delibera su:
- modifiche dello Statuto;
- scioglimento dell’Associazione.
La loro convocazione avviene mediante avviso inviato a tutti gli Iscritti, almeno venti
giorni prima della data fissata per l’assemblea indicando il luogo, la data e l’ora dove
l’assemblea si terrà in prima ed eventualmente in seconda convocazione, trascorsa
almeno un’ora che la prima sia andata deserta. L’avviso potrà essere trasmesso oltre
che per posta ordinaria anche mediante posta elettronica o per fax.
Hanno diritto di voto nell’Assemblea generale tutti gli Iscritti. Non sono previsti
voti per delega. Le Assemblee generali sia
ordinaria che straordinaria, saranno valide, in prima convocazione, qualora siano
presenti la metà più uno degli Iscritti; in
seconda convocazione, l’Assemblea è valida qualunque sia il numero dei presenti.
Le Deliberazioni sono valide se raccolgono la metà più uno dei voti favorevoli degli
Iscritti presenti. Le Deliberazioni adottate
con tali maggioranze sono parimenti valide
anche nel caso di Assemblea straordinaria
convocata per approvare modifiche allo
Statuto
93
Statuto
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
Statuto. Tuttavia per deliberare lo scioglimento dell’Associazione e la devoluzione
del patrimonio, occorre il voto favorevole
di almeno tre quarti degli Iscritti aventi diritto di voto. Lo svolgimento dell’Assemblea ordinaria dovrà risultare da apposito
verbale sottoscritto dal Presidente e dal
Segretario. Invece per l’Assemblea straordinaria, avente per oggetto modifiche statutarie, il verbale dovrà risultare da atto pubblico redatto da un Notaio.
ART. 9 - Condizioni di Eleggibilità e Elezioni degli Organi Societari
I SOCI ORDINARI sono eleggibili alle
seguenti cariche da parte dei Soci Onorari
ed Ordinari e dei Presidenti Onorari: Vice
Presidente, Segretario, Tesoriere, otto Consiglieri, due dei tre Probiviri e due dei tre
Revisori dei Conti.
Il Vice Presidente subentra di diritto alla
carica di Presidente al termine del biennio.
Il nuovo Presidente nomina Segretario alla
Presidenza un iscritto alla Società.
Gli Aderenti sono eleggibili da parte degli
Aderenti alle seguenti cariche: uno dei tre
Probiviri, uno dei tre Revisori dei Conti.
HANNO DIRITTO AL VOTO tutti gli
Iscritti in regola con il pagamento delle
quote sociali.
I SOCI ONORARI e i SOCI ORDINARI
possono votare per le elezioni di tutte le cariche sociali.
Gli ADERENTI possono votare solo per
l’elezione del Collegio dei Probiviri e per il
Collegio dei Revisori dei Conti.
Non sono previsti voti per delega.
ART. 10 - Consiglio Direttivo
Il Consiglio Direttivo è formato da tredici
Membri con diritto di voto:
- PRESIDENTE;
- VICE PRESIDENTE;
- PAST-PRESIDENT;
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Statuto
- OTTO CONSIGLIERI;
- SEGRETARIO;
- TESORIERE.
Fanno parte del Consiglio Direttivo senza
diritto di voto:
- Delegato alla IFSSH;
- Delegato alla FESSH;
- Segretario alla Presidenza.
Tutte le cariche elettive durano due anni.
Il Presidente non è più rieleggibile.
I Consiglieri, sono rieleggibili per non più
di 3 (tre) mandati anche non consecutivi.
Il Segretario ed il Tesoriere sono sempre
rieleggibili.
Il Segretario alla Presidenza provvede alle
convocazioni del Consiglio Direttivo e
cura la stesura e la conservazione dei verbali dello stesso Consiglio Direttivo. A fine
mandato i verbali originali approvati vanno
consegnati alla Segreteria della Società.
Il Consiglio Direttivo è investito dei più
ampi poteri per la gestione e l’Amministrazione ordinaria e straordinaria della Società.
Esso ha pertanto la facoltà di compiere tutti
gli atti che ritenga opportuni per promuovere l’incremento e lo sviluppo della Società e
per tutelare gli interessi della Specialità, ha
la responsabilità dell’andamento amministrativo della Società dandone il rendiconto
consuntivo, in occasione dell’Assemblea
per mezzo del Segretario e del Tesoriere.
Il Consiglio Direttivo è validamente riunito
quando siano presenti almeno 7 (sette) dei
suoi componenti aventi diritto di voto.
Il Consiglio Direttivo delibera a maggioranza semplice e cioè con il voto di almeno
la metà più uno dei Consiglieri presenti; in
caso di parità di voti il voto del Presidente
è dirimente.
ART. 11 - Collegio dei Probiviri
Il Collegio dei Probiviri è composto di TRE
Membri (due Soci ordinari e uno Aderente)
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
che restano in carica per un biennio e sono
rieleggibili. Vengono eletti anche tre Membri supplenti (due Soci Ordinari e uno Aderente). Nella prima riunione dopo la nomina provvedono ad eleggere nel loro seno il
Presidente del Collegio dei Probiviri. È di
competenza del Collegio dei Probiviri, vera
e propria magistratura interna, la soluzione
pro bono et equo di tutte le controversie che
nell’ambito dell’Associazione dovessero insorgere tra i Soci e la Società e i suoi Organi.
È compito dei Probiviri inoltre di intervenire presso gli Iscritti, nelle forme che
riterranno opportune, per la tutela del prestigio scientifico e culturale e della dignità dell’Associazione, Spetta ad essi anche
dare parere consultivo al Consiglio Direttivo sulle proposte di radiazioni.
I Probiviri decidono a maggioranza e le
loro decisioni sono inappellabili.
ART. 12 - Collegio dei Revisori dei Conti
Il Collegio dei Revisori dei Conti è composto di tre Membri (due Soci ordinari e
uno Aderente), che restano in carica per un
biennio e sono rieleggibili. Vengono eletti tre Membri supplenti (due Soci ordinari
e uno Aderente). I Revisori dei Conti dovranno accertare la regolare tenuta della
contabilità sociale, redigendo una relazione
al bilancio annuale, potranno accertare la
consistenza di cassa e l’esistenza dei valori e dei titoli di proprietà della Società.
Potranno procedere in qualsiasi momento,
anche individualmente, ad atti di ispezione
e di controllo.
ART. 13 - Rappresentanza Legale
Il Presidente del Consiglio Direttivo ha la
firma e la rappresentanza legale dell’Associazione. In caso di sua assenza o impedimento le sue funzioni vengono assunte
dal Vice Presidente. Se il Vice Presidente
Statuto
è assente o impedito la rappresentanza legale dell’Associazione è devoluta al Consigliere che ha riportato maggior numero
di voti al momento della sua elezione, e
in caso di parità di voti al Consigliere più
anziano di età. In caso di assenza o di impedimento del Segretario le sue funzioni
vengono assunte dal Segretario addetto alla
Presidenza. In caso di assenza o di impedimento del Tesoriere le sue funzioni vengono assunte dal Presidente della Società.
ART. 14 - Sostituzione di Componenti gli
Organi Collegiali
Se nel corso del proprio mandato viene a
mancare o è impedito un Membro del Consiglio Direttivo o del Collegio dei Probiviri o del Collegio dei Revisori dei Conti, il
rispettivo incarico viene assunto dal primo
dei non eletti, e in caso di parità di voti, dal
primo non eletto più anziano di età. In caso
di dimissioni di quatto Consiglieri, l’intero
Consiglio Direttivo si considera decaduto e
resta in carica solo per il disbrigo degli affari ordinari e fino alla sua sostituzione per
la quale si dovrà provvedere alla convocazione straordinaria dell’Assemblea dei Soci
Ordinari e Onorari entro sessanta giorni.
ART. 15 - Scioglimento
In caso di scioglimento della Associazione
per le cause previste dalla Legge, l’Assemblea straordinaria degli Iscritti provvederà a
nominare uno o più liquidatori determinandone i poteri. Esaurita la liquidazione i beni
costituenti il patrimonio dell’Associazione
saranno devoluti ad altra Associazione o
Istituzione avente finalità analoghe o a fini
di pubblica utilità, sentito l’organismo di
controllo di cui all’art. 3, comma 190, della Legge 23 dicembre 1996 n. 662 e salvo
diversa destinazione imposta dalla Legge.
Statuto
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Statuto
Chirurgia della Mano - Vol. 52 (2) 2015
ART. 16 - Commissioni
Sono costituite delle Commissioni all’interno della Società, secondo le modalità
previste dal Regolamento, utili a raggiungere gli scopi ed i compiti di cui all’art. 1
del presente Statuto.
ART. 17 - Regolamento
Il funzionamento dell’Associazione è disciplinato oltre che dal presente Statuto da un
Regolamento predisposto dal Consiglio Direttivo e soggetto all’approvazione dall’Assemblea ordinaria degli Iscritti. Eventuali
modifiche al Regolamento potranno essere
apportate sempre in base a delibera dell’Assemblea degli Iscritti. Le norme del Regolamento non possono essere in contrasto
con quelle statutarie, in tal caso sarebbero
prive di effetto.
96
Statuto
ART. 18 - Modifiche allo Statuto e al Regolamento
Le modifiche allo Statuto e al Regolamento
devono essere proposte al Consiglio Direttivo dalla Commissione Statuto e Regolamento o da singoli Soci (previa valutazione
della Commissione Statuto e Regolamento)
e devono essere inviate alla Segreteria della Società entro il 31 marzo di ogni anno.
Le proposte di modifica verranno inviate a
tutti gli Iscritti entro tre mesi dalla discussione nell’Assemblea. Su tali proposte, tutti
gli Iscritti possono inviare, per scritto, osservazioni e suggerimenti prima dell’Assemblea dove saranno discusse e votate.
ART. 19 - Rinvio
Per quant’altro non espressamente previsto
dal presente Statuto si fa espresso rinvio
alle norme del Regolamento e a quelle del
Codice Civile che disciplinano le Associazioni riconosciute.
Dupuytren’s Disease
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La malattia di Dupuytren consiste in un ispessimento della fascia palmare, del tessuto interposto tra la cute del palmo della mano e i tendini flessori. Tale ispessimento può dar origine ad una vera e propria corda tesa
dal palmo della mano fino alle dita che limita il movimento di estensione
di un dito o di più dita rendendo impossibile la completa apertura della
mano. Insorge spontaneamente senza causa apparente.
I pazienti più colpiti dalla malattia di Dupuytren sono di sesso maschile.
La malattia insorge solitamente all’età di 40/45 anni e, in alcuni pazienti, si può presentare in forme più severe: in tal caso l’età di insorgenza è
più precoce e la localizzazione è diffusa ad entrambe le mani e, a volte,
anche ai piedi.
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L’utilizzo del mini fissatore esterno nel trattamento
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La tenolisi mini-invasiva dei tendini flessori negli
esiti delle fratture alle dita della mano. Preliminary
report
Barbed sutures vs conventional tenorrhaphies in
flexor tendon repair: biomechanical tests in an animal model
Bilateral volar lunate dislocation with radial styloid
fracture associated: a case report
Timing nelle coperture microchirurgiche dell’arto
superiore
Lesione bilaterale del nervo mediano al polso: caso
clinico
Il morbo di Kienböck: considerazioni generali sulla
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