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Tre foto e una mimosa
Venerdì 9 marzo 2012
www.ilquotidianodellacalabria.it
Dopo la proposta del Quotidiano la rivolta della normalità
Un solo grido: no alla paura
E nell’8 marzo per Lea, Cetta e Giuseppina una donna viene sfregiata con l’acido
• La sorella
della
Garofalo
«Un esempio»
• A Petilia
è silenzio
ricordato
solo il sisma
• A Rosarno
la voglia
di cambiare
dei ragazzi
ANASTASI, GALATÀ, GALATI
GRILLONE, RIZZA, MAURELLA
e VELTRI
da pagina 4 a pagina 7
Reggio. 34 assoluzioni e 93 condanne
Processo Crimine
per i boss
condanne mitigate
NOVANTATRÉ condanne e
34 assoluzioni. La sentenza
emessa al processo “Crimine”, che ha comunque certificato l’esistenza di una
struttura unitaria e verticistica anche nella ’ndrangheta, è stata accolta con un po’
di amarezza dai magistrati.
L’impianto dell’inchiesta
nel suo complesso ha retto
ma i giudici hanno mitigato
le condanne dei boss rispetto
alle richieste del pm. Soddisfatti i vertici della Procura
di Reggio che parlano di «dispositivo storico» e di conferma della bontà del lavoro
svolto dalla Dda.
BALDESSARRO, CORDOVA e VIOLI
da pagina 8 a pagina 11
Il capocrimine Mico Oppedisano
I ragazzi del liceo Piria di Rosarno con le magliette gialle con su scritto “io non ho paura”
A Salice i funerali dei due giovani
Blitz degli inglesi
Il giallo
Francesco
e Chiara insieme
oltre la vita
Nigeria
ucciso
un ostaggio
italiano
Midiri
tre mesi
per arrivare
alla verità
Strage di Brescia: folla attonita
per l’addio alle due vittime
Un ingegnere rapito
a maggio: il Governo
chiede spiegazioni
Riesumati i cadaveri
dei genitori dell’uomo
latitante da 20 anni
a pagina 2
B. APICELLA a pagina 20
CLAUDIA TAMIRO a pagina 17
I feretri portati a spalla fuori dalla chiesa
da pagina 49 a 57
Caulonia. L’uomo è finito in ospedale e i medici gli hanno dovuto asportare la milza
Sombrero
Lo spread
I POVERI in Italia sono
otto milioni. La disoccupazione è arrivata al 9%
(ma è al 31 per i giovani,
al 38 al Sud, al 49 per le
donne). La benzina verde costa due euro al litro,
e il diesel pure. Le tasse
sono le più alte di sempre, e a pagare sempre
gli stessi (per gli altri,
compresi i beni della
Chiesa, si fa solo un po'
di scena). Sono crollati i
consumi di tutti i generi,
dai vestiti al teatro, dai
mobili ai viaggi, tranne
(per ora) gli alimenti di
prima necessità. Però è
calato lo spread, il governo Monti ha salvato
l'economia. Allora, perché ci sentiamo così infelici?
Sventa il furto della sua auto, meccanico ferito
SCOPRE due ladri che gli
stanno rubando l’auto e cerca di fermarli, ma viene ferito. La vittima è un meccanico di Caulonia.
FRANCESCO SORGIOVANNI
a pagina 20
20309
9
771128
022007
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
ANNO 18 - N. 68 - € 1,20
4 Primo piano
Tre
foto
e una
mimosa
Venerdì 9 marzo 2012
Primo piano 5
Venerdì 9 marzo 2012
Il caso a Reggio. M.L. rischia di perdere un occhio
Il significato dell’appello, centinaia le adesioni e le iniziative
L’INIZIATIVA del Quotidiano, “Tre
nomi e una mimosaӏ stato in questi
giorni una sorta di appello per ricordare tre donne, Lea Garofalo, morta
in Lombardia, originaria di Petilia
Policatro, un Comune in provincia
di Crotone, uccisa e sciolta nell’acido, Giuseppina Pesce, scampata alla
morte per puro caso e oggi testimone di giustizia, testimonierà al processo “All inside” a Reggio contro il
clan Bellocco e infine c’è Maria Co-
cetta Cacciola, cugina della Pesce,
indotta al suicidio, con l’acido muriatico dalla sua stessa famiglia.
Queste tre donne la mafia la conoscevano. Hanno avuto vicende giudiziarie e infine hanno deciso di pentirsi. Di raccontare ciò che sapevamo. Due di loro hanno pagato con la
vita. Da qui nasce l’iniziativa che ha
avuto finora tantissime adesioni.
L’idea era di dedicare l’8 marzo a loro. Perchè la festa della donna dive-
nisse monito di riflessione. Non
una, ma cento manifestazioni, in
nome di Cetta, Lea, Giuseppina si sono tenute in tutta la Calabria. Facciamo la cronaca di alcune. Ce ne sono state altre, come a Settingiano, a
Decollattura, a Reggio (in un liceo il
“Preti” hanno scritto una lettera alla Pesce). Tutto perché l’acido muriatico ha potuto cancellare la vita di
due di loro, ma non la loro memoria.
E da qui, c’è un messaggio chiaro,
cheè la sintesi di tutte le manifestazioni: le donne possono essere la
nuova leva della Calabria, anche
contro la malapianta che distrugge
il sud e si espande come macchia
d’olio al nord. E non è un caso che ci
son Comuni del nord d’Italia, come
Cologno Monzese che all’iniziativa
hanno aderito, con decisione. Centinaia sono state le adesioni in questi
giorni.
Nel giorno delle donne
sfregiata dall’acido in strada
Giuseppina Pesce
Maria Concetta Cacciola
L’altra Calabria
rinasce donna
diffuso per le nuove generazioni:
«Va affermato con forza - spiega - il
senso della cosa pubblica, rompendo
le logiche individuali e introducendo
forme di civiltà fra le persone. Gli
esempi di queste tre donne vanno illuminati. Abbiamo una rappresentazione del mondo della 'ndrangheta
come chiuso e lontano da noi, ma non
si nasce 'ndranghetista. E' il mondo
in cui siamo calati che ci induce a
compiere delle scelte. Ecco perché diventa decisivo lavorare sulle nuove
generazioni e innescare processi
educativi».
Il sindaco di Isola Capo Rizzuo, Carolina Girasole, porta la sua esperienza forte e paradigmatica di donnache decidediimpegnarsi inpolitica e conosce da subito il peso e la violenza delle cosche: «Quando mi hanno chiesto di candidarmi cinque anni fa - racconta - dopo lunghi anni di
commissariamento del Comune, sono scappata via impaurita.Poi mi sono interrogata e ho capito che il mio
impegno poteva essere diverso e non
dovevo girarmi dall'altra parte. Abbiamovinto eil paesesi èconsegnato
nelle mani di una donna. Da allora
coerenza e bene comune sono stati al
centro dell'azione del Comune».
Racconta un altro percorso di legalità Nunzia Coppedé, a nome dell'associazione Fish impegnata sul
terreno della disabilità ma soprattutto nelle vesti di fondatrice della comunità di don Panizza a Lamezia
Terme, in ultimo di recente al centro
dell'aggressione delle cosche. Un'altra storia di donna, che nella sua professione coltiva la buona pianta delle
regole e del merito, è quella di Anto-
nella Barbarossa, direttrice del Conservatorio Torrefranca di Vibo Valentia: «Abbiamo bisogno di modelli
viventi per andare avanti. Io mi spendo per plasmare attraverso la musica
le anime dei calabresi del domani e i
frutti, poi,maturano seè verocome è
vero che una ragazza di 19 anni di Vibo è riuscita ad entrare, unica italiana, nell'orchestra della Scala».
«Dobbiamo dire tutti grazie a Matteo Cosenza - esordisce Mimma Pacifici, a nome della Cgil di Reggio Calabria - perché dopo la bellissima manifestazione anti 'ndrangheta di Reggio Calabria, oggi abbiamo un'altra
occasione per costruire una Calabria
migliore».
Tra le poche voci al maschile che
hanno accesso al dibattito quella del
giornalista dell'Unità, il calabrese
Gianluca Ursini, che raccontando la
sua vita da cronista di processi alla
'ndrangheta, dà voce ai primi protagonisti della lotta alla mafia: forze
dell'ordine e magistratura.
Le donne, dunque, come grimaldello per far saltare le trame familistiche delle cosche, e più in generale,
gli schemi di una Calabria retriva?
«Attenzione alle concezioni salvifiche - ammonisce Giovanna Vincelli,
sociologa dell'Unical - dobbiamo stare attenti oggi a caricare di eccessive
responsabilità e funzioni le donne
calabresi. Il vero investimento va fatto sui giovani».
In campo ci sono anche le parlamentari del Pd: «Tra le donne che
muoiono in questa regione - dice Doris Lo Moro - voglio ricordare Orsola
Fallara, un'altra figura che con la
sua morte ha disvelato una pagina
Il convegno
della
Cgil
organizzato
a Catanzaro
al Muesmi
della storia politica calabrese ma è
servita per dire all'Italia quale fosse il
vero modello Reggio».
Chiama alla mobilitazione della
società civile, Amalia Bruni, direttrice del Centro di neurogenetica: «mi
occupo di malattie ereditarie - spiega
- e la mafiosità anche se non si trasmette geneticamente, si contagia.
Ecco allora che il rispetto delle regole
e la proposizione di modelli di vita positivi diventa decisivo».
Tocca a Vera Lamonica, pasionaria calabrese dellaCgile oggi componente della segreteria nazionale,
tracciare una linea per terra: «Come
dare seguito a questaesperienza? - si
chiede - Il rischio, quando si parla di
Calabria, è di scadere nella retorica, i
temi della legalità sono frequentati
da anni, per cui rischiamo di trasmettere un messaggio di impotenza. Il nostro impegno ora è quello di
andare oltre. Non dobbiamo tagliare
con l'accetta, dobbiamo elaborare e
partire da una lettura storica del ruolo della donna nella 'ndrangheta e di
un protagonismo che hanno sempre
avuto. Il dato dell'oggi - afferma infine - è che c'è una ribellione al femminile, perché si rompe la catena di trasmissione dei valori mafiosi. Dobbiamo produrre un quadro di rottura
ognuno nel nostro ruolo».
La sorella di Lea: «Stimolo per tutti»
CATANZARO - Ha deciso di costituirsi parte civile, insieme alla nipote e alla madre, nel processo contro coloro che
hanno torturato, ucciso e sciolto nell’acido la sorella Lea.
E anche ieri, Marisa Garofalo, non ha voluto fare mancare la sua vicinanza a tutti coloro che, in nome della sorella,
di Maria Concetta e Giuseppina hanno deciso di mobilitarsi per una Calabria anti’ndrangheta epiùgiusta.Trai
momenti più toccanti e intensi, infatti, della giornata organizzata dalla Cgil a Catanzaro, per dare seguito e sfogo
all’appello lanciato dal “Quotidiano”, c’è stato proprio
quello del messaggio inviato da Marisa Garofalo.
«Grazie a Lea, Maria Concetta e Giuseppina perchè ci
confermano che la lotta alla 'ndrangheta è soprattutto
unabattagliaculturale. Lasperanzaèche illoroesempio
possa diventare lo spunto per una presa di coscienza che
incida nei comportamenti individuali e collettivi», scrive
Marisa, ricordando Lea uccisa e sciolta nell’acido perchè
ribellatasi alle leggi della 'ndrangheta nella lettera inviata al direttore del Quotidiano della Calabria Matteo Cosenza e alla Cgil calabrese che, a Catanzaro.
In tanti, tra rametti di mimose e fasce «No alla 'ndrangheta» al braccio, hanno risposto all’appello per l’8 marzo
da dedicare a Lea; a Maria Grazia Cacciola indotta al suicidio e a Giuseppina Pesce che si è ribellata ed è sfuggita
per un miracolo alla vendetta del clan.
Poche ma toccanti righe, lette al microfono dal segretario della Cgil Catanzaro, Giuseppe Valentino, in cui Marisa spiega il dolore immenso figlio dell’uccisione barbara
della sorella. Ma il riferimento di Marisa va a tutte le donL’intervento di una studentessa a Catanzaro ne di mafia, costrette nella loro vita a declinare lacrime e
lutti «penso - scrive ancora la sorella di Lea Garofalo - alle
madri, alle mogli, alle sorelle ingabbiate nelle logiche della criminalità organizzata».
Emozione nella sala del Musmi del Parco delle Biodiversità anche quando a prendere le parola sono quattro
studentesse del liceo classico Galluppi, Maria Rigillo,
Cristina Rigillo, Martina Mancuso Maria Concetta Molica. Le parole di Lea, Cetta e Giuseppina rivivono, infatti,
dopolaproiezionediunvideo cheharaccontatolelorovicende, nella lettura che ne hanno proposto il gruppo di
studentesse. Stralci di loro lettere, quasi testamenti spirituali, che mostrano plasticamente il senso del cambiamento in atto nella regione dove il fenomeno 'ndrangheta
è nato e si è irraggiato fuori dai confini fino ad interessare
il nord del Paese e l’Europa.
Numerose le adesioni anche a livello nazionale all’appello lanciato dal Quotidiano e ripreso ieri dalla Cgil. Un
messaggio al sindacato è arrivato anche dal presidente
della Provincia di Catanzaro, Wanda Ferro: «Sono convinta, infatti, che la lotta alla mafia sarà più forte se a rappresentarla saranno i volti di quelle donne capaci di ribellarsi alla violenza e a quella mentalità criminale che soffoca la libertà e uccide la speranza di futuro migliore. La
rivoluzione culturale di cui le donne sono il simbolo, ha
come valore fondante quello della difesa della vita. Delle
tante vite spezzate dalla ‘ndrangheta, degli innocenti uccisi dalla malasanità, delle famiglie distrutte dall’incubo
dell’usura o del racket, degli operai morti nei cantieri insicuri».
g. v.
A Petilia convegno sul terremoto
In sala anche la sorella della Garofalo
M.L., la donna delle Seychelle in ospedale, in un’immagine del TgR Calabria
«Mi sono sentito come acqua tirata in faccia - ha raccontato la donna - e non sono
riuscita a vedere chi era stata
a lanciarla. Era una cosa che
non mi aspettavo e mi dispiace
che sia accaduto in questa città». I carabinieri del comando
provinciale si sono attivati
immediatamente dopo l’accaduto per fare chiarezza su
quanto successo e indagini
sono in corso per identificare
l’aggressore, dal momento
che la donna, separata da tempo, non ha saputo fornire notizie utili per identificarlo.
Sembra comunque improbabile che il gesto possa ricondursi a quello di un folle. Forse una sorta di ritorsione che
la donna ancora non si sente
in grado di raccontare.
Accanto a lei fin dai primi
momenti una donna-carabiniere per aiutarla in questo
momento difficile a ricordare
meglio fatti e circostanze alla
ricerca di qualche indizio o
elemento che possa essere ricondotto al folle gesto e eventualmente
all’aggressore.
Quel che è certo è che proprio
nel giorno in cui si celebra la
festa delle donne, una signora
è rimasta vittima di una violenza inaudita; nel giorno in
cui si fanno i bilanci di diritti
ancora negati, ancora una
volta una donna ha visto i suoi
diritti calpestati da un atto di
barbarie senza limiti.
E se ogni tre giorni in Italia
una donna viene uccisa dal
propriopartner, ildato siriferisce al 2011, è facile immaginare l’esercito delle donne che
quotidianamente subisce una
qualsiasi forma di violenza.
In tutto questo conforta il
messaggio che le donne hanno voluto lanciare da tutta la
Calabria per la giornata dell'8
marzo dedicata a Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e
Giuseppina Pesce.
A Trebisacce il corteo in piazza
Nella città di Lea Convegno a Cutro
“Donne e dignità”
nessun ricordo Diario rosa a Crotone manifesto dei bimbi
di FRANCESCO RIZZA
PETILIA POLICASTRO Nella città di Lea Garofalo il
giorno dell’8 marzo si ricorda il terremoto del 1832 che
produsse morte e disperazione nell’intero Crotonese
producendo 29 morti su
una popolazione di circa
5.000 abitanti.
È questo l’unico appuntamento pubblico nella cittadina dell’alto Marchesato
crotonese. Nessuna manifestazione pubblica, invece,
per ricordare quella giornata mondiale che dall’8
marzo 1908 viene dedicata
alla donna per ricordare
quell’incendio in una camiceria new yorkese che produsse la morte di numerose
operaie. Ed è caduto nel
vuoto nella cittadina dell’alto Marchesato crotonese
l’invito de “Il Quotidiano
della Calabria” che da alcune settimane invita l’intera
Calabria a dedicare la giornata della festa delle donne
a Giuseppina Pesce, Maria
Concetta Cacciola e Lea Garofalo, «donne coraggiose
che si sono opposte alla criminalità, arrivando a denunciare anche i propri cari e pagando prezzi altissimi, in due casi anche con la
vita».
La non organizzazione di
nessuna iniziativa in memoria delle tre paladine della giustizia, contrariamente a quanto è invece succes-
so in numerose città della
Calabria come Crotone e Cutro, assume una particolare
gravità a Petilia Policastro
alla luce del fatto che era
una figlia di Petilia Policastro, Lea Garofalo una delle
tre donne cui la stessa giornata, almeno nelle idealità
dei proponenti, avrebbe dovuta essere dedicato almeno un momento di riflessione.
A tre donne calabresi, che
hanno conosciuto la ndrangheta, che hanno condiviso
i segreti, ma che ad un certo
punto della loro vita, hanno
detto no, denunciandola,
nessun accenno.
Neanche a Lea che a Petilia è nata, che è stata uccisa
e sciolta nell’acido muraitico, perché non avesse memoria. Non avesse più corpo. Neanche a Denise, sua
figlia che attende dallo Stato il riconoscimento di vittima di mafia e che è nata a Petilia Policastro, consoce
quella terra.
L’amministrazione comunale del sindaco pidiellino Dionigi Fera che, per fare gli auguri alle donne petiline, ha preferito citare un
pensiero di Ghandi, lo ha
messo in un manifesto, e
non il ricordo di Lea Gaforalo che dalla sua sonnacchiosa Petilia, evidententente,
meritava una maggiore attenzione, almeno una mimosa, una foto, un segno,
anche se piccolo.
di ANTONIO ANASTASI
CROTONE - Cutro e Crotone
ricordano le donne coraggio.
Cutro lo fa con un convegno
nella sala Falcone e Borsellino, gremita di studenti. Crotone con il diario rosa.
A Cutro la partecipazione è
stata grande. E sta, forse, nelle parole della preside Maria
Pia Ferrante, dirigente del
Polo scolastico di Cutro, che
si rivolge a una platea di studenti di varie fasce d'età, il
senso di una giornata speciale. «I genitori di alcuni di voi
vi lasciano lontano da questi
problemi, magari per proteggervi - ha detto la preside facendo riferimento ai video
realizzati dal Quotidiano sulle storie di tre testimoni di
giustizia, Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce e la toccante intervista a Paola Emmolo, moglie del pentito crotonese Luigi Bonaventura - e in effetti
sono cose che sconvolgono.
Ma sconvolgersi fa riflettere
e aiuta a comprendere. Noi
docenti spesso siamo abbarbicati ai programmi, ma bisogna parlare dell'attualità».
Il sindaco, Salvatore Migale, ha colto la «valenza nazionale, non solo regionale e locale» della campagna del
Quotidiano e ha spiegato il
perché della sua adesione. «Il
messaggio educativo rivolto
ai giovani da donne che si sono ribellate perché non vedevano più un futuro per i loro
figli». In sala ieri c'era anche
Marisa Garofalo, la sorella di
Lea, giunta dalla vicina Pagliarelle, frazione di Petilia.
E' stata poi la volta del vicesindaco di Crotone, Teresa
Cortese, che nel pomeriggio
ha tirato le fila del diario rosa;
di Nella Scalise, presidente
del Lions club del Marchesato; di Carmen Messinetti, del
dipartimento Immigrazione
della Cgil, che ha definito come «dirompente» l'intuizione del direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza, che ha
proposto di dedicare l'8 marzo a «tre esperienze di vita difficile e di morte che hanno un
significato fondamentale di
riscatto»; della consigliera
comunale delegata alle Pari
opportunità, Maria Grazia
Lorenzano che annunciato
l'adesione del Comune al progetto “Tre strade tre donne”
perché c'è discriminazione di
genere anche nella toponomastica. Tutte donne impegnate.
Come quelle che nel pomeriggio si sono confrontate a
Crotone sui valori veicolati
dalle tre testimoni di giustizia che hanno detto no alla
violenzadel sistemamafioso,
anche a costo della vita, come
nel caso di Lea e Maria Concetta. La psicologa romana
Paola Piccirilli ha poi relazionato sulle nuove frontiere
delle politiche di conciliazione. Le iniziative sono state
promosse e organizzate dai
Comuni di Cutro e Crotone.
lenze palesi ed occulte”, ha
di FRANCO MAURELLA
preso il via con il raduno
TREBISACCE - Si chiama dei partecipanti in Piazza
“Donne e Dignità” la mani- della Repubblica da dove è
festazione promossa ieri a partito un corteo che, con
Trebisacce, in adesione palloncini gialli e fasci di
all’iniziativa “Tre foto ed mimose distribuiti ad ogni
una mimosa” promossa da donna incontrata, ha attraIl Quotidiano, per celebra- versato le principali vie cittadine manire la giornata
festando solimondiale dedarietà per
dicata
alle
Giuseppina
donne.
Pesce, Maria
Ad orgaConcetta Cacnizzarla l’asciola e Lea
sociazione
Garofano ol“Passaggi”
tre al coraged il gruppo
gio delle dondel social netne calabresi,
work faceagli appelli
book “La dialla pari discriminaziognità ed al dine della donsprezzo per
na nel monogni forma di
do”.
violenza sulL’iniziatile donne.
va è stata
La manifecondivisa
stazione è poi
dalle associaproseguita
zioni locali
alle 17 e 30
“Bene comunella hall del
ne”, “Le nove
Miramare
lune”, MuoPalace Hotel
versi insiedove è stata
me”,
“Tra
inaugurata
Mondi”, “Ri- La manifestazione a Trebisacce
la mostra di
zoma”, “Unial
femminile
tre – Università delle tre pittura
età”, “Età serena”, “Fida- dell’artista locale Loredapa”, “L’Albero della memo- na Fiammetta Aino.
A concludere l’evento
ria”, “Aopca”, “Arsa.Sa” ed
il gruppo locale dei Ran- una conferenza sul tema
gers. La manifestazione della giornata dedicata alle
“contro le discriminazioni donne che ha avuto grande
delle donne e contro le vio- partecipazione.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
di GIULIA VELTRI
REGGIO CALABRIA - Nel
giorno delle donne. Mentre in
tutta la Calabria si ricordano
Maria Concetta Cacciola, Giuseppina Pesce e Lea Garofalo e
qualcosa (la morte, in due casi) lega loro all’acido, a Reggio
quella sostanza, l’acido torna
a diventare un’arma. È accaduto ieri mattina. Una donna
era in attesa dell’autobus ed
invece il gesto orribile di un
uomo rischia ora di
compromettere la vista di una donna seychellese, M.L. di 46
anni, residente a
Reggio con regolare
permesso di soggiorno e occupata come
domestica
presso
una famiglia della
città. Aggredita senza un apparente motivo da un uomo che
l’ha sfregiata in volto
con l'acido mentre
stava raggiungendo a piedi
via Frangipane, zona sud della città, in direzione di viale
Galilei per prendere un mezzo
pubblico. Un gesto fulmineo,
quello dell’uomo, che ha lasciato la donna in preda a dolori atroci. Soccorsa da un
passante, è stata portata subito al Pronto soccorso dei Riuniti. Da qui, dopo una prima
valutazione da parte dei medici,èstata trasferitanellaDivisione di dermatologia. La
donna si trova in prognosi riservata per l’occhio destro,
per l’ustione alla cornea provocata dall’acido. Non si trova
in pericolo di vita ma rischia
seriamente di perdere un occhio, oltre a presentare ustioni cutanee al palmo delle mani, al volto e nella regione della palpebra dell’occhio destro.
«Non so
chi mi abbia
colpito
A me pareva
acqua»
Dall’evento della Cgil parte la rivolta della normalità
«La forza di tre madri coraggio sia d’esempio per tutti»
CATANZARO - Parte con le tre foto di
Maria Concetta, Lea e Giuseppina simbolicamente nel giorno della festa della donna - la battaglia di tutti
per una Calabria libera dalla mafia e
dalla diseguaglianze. Con questo
impegno si sono lasciati ieri - al termine di una lunga e intensa discussione pubblica sul complicato tema
dell'essere donna in una terra di 'ndrangheta e illegalità - le decine e decine di persone che si sono ritrovate a
Catanzaro, nella sede del Museo Musmi, troppo piccola per ospitare le
tante (ma anche i tanti) che volevano
ascoltare, partecipare, stare in un 8
marzocheunavolta tantoentraconi
piedi nel piatto dell'attualità della
storia e della cronaca calabrese. Non
più voli pindarici, ma una domanda
ed una risposta, collettiva, giunta
anche ieri - così come in quell'indimenticabile manifestazione di un
anno e mezzo fa a Reggio Calabria - a
dimostrazione che se c'è una sollecitazione giusta, una domanda appropriata, giungono anche le risposte.
Decine di persone prendono parte
all'evento, organizzato dalla Cgil per
accogliere e dare seguito all'appello
di alcune settimane fa del direttore
de"Il Quotidiano",Matteo Cosenza,a
rendere l'8 marzo ilgiorno delle donne vittima della criminalità.
Si entra in medias res attraverso il
video del "Quotidiano" dedicato alle
storie di Cetta, Lea e Giuseppina, e attraverso le testimonianze di quattro
studentesse del liceo classico Galluppi, Maria Rigillo, Cristina Rigillo,
Martina Mancuso Maria Concetta
Molica.
Il filo rosso sono le storie di amore e
morte di Maria Concetta che, sposa a
13 anni con un mafioso, si ammazza
in una sera d'estate. La vita è il volto
sorridente di Lea prima di morire a
Milano sciolta nell'acido. La vita è
Giuseppina, che decide di perdere il
suo passato pur di avere un futuro
lontano dalle cosche per sé e i suoi figli. Tutte e tre hanno rotto il muro
dell'omertà e hanno denunciato mariti, padri e fratelli, pagando a caro
prezzo il costo del proprio coraggio.
Tre testimonianze forti di impegno
civile assunti da tutti gli intervenuti
a paradigma di un nuovo modo di vivere la Calabria, attraverso la quotidiana affermazione della legalità e
del rispetto del bene comune. In questa direzione va l'intervento del segretario provinciale della Cgil Catanzaro, Giuseppe Valentino, seguito dalla collega catanzarese Michela
Avenoso, che con voce commossa indica nel coraggio la vera chiave di
volta per un percorso di emancipazione che attraverso le donne recuperi la Calabria intera.
Dalla più larga tutela dei diritti
passa, secondo Mimma Iannello, segretaria regionale del sindacato della Camusso,la stradadell'emancipazione: «oggi - dice - è arrivato il momento di sporcarsi le mani e noi vogliamo esserci per difendere tutti i
presidi di legalità».
Il direttore Cosenza, nella sua
chiavedilettura, chiedeunimpegno
di DOMENICO GRILLONE
Lea Garofalo
6 Primo piano
Tre
foto
e una
mimosa
Venerdì 9 marzo 2012
A Cosenza Radio Ciroma legge l’ultima lettera della Cacciola
COSENZA - Anche la città degli Bruzi
ha aderito alla manifestazione del
Quotidiano. E così ieri " il Centro "Lanzino" ha saputo trovare un modo significativo per parlarne, per dare voce alle donne, attraverso i microfoni di
Radio "Ciroma", nella giornata dell'8
marzo. Una trasmissione composita
in onda alle 17, dedicata in particolare
a tre donne coraggio Maria Concetta
Cacciola, Giuseppina Pesce e Lea Garofalo vittime della violenza della 'n-
drangheta. «Abbiamo aderito alla
campagna di sensibilizzazione avviata dal "Quotidiano - hanno affermato
la delegata del Centro Vincenza Zoccari e dalla responsabile alla formazione, Daniella Ceci - per ricordare il
valore di queste tre grandi donne, ma
dedichiamo questa trasmissione a
tutte le donne che rischiano la propria
vita e la propria libertà contro le realtà
patriarcali e mafiose. Noi da oltre 20
anni sosteniamo e difendiamo le don-
ne vittime di violenze ed oggi intendiamofarloin unmododiverso,attraverso le frequenze di radio Ciroma".
Uno "spazio di ascolto non facile- ha
aggiunto la psicologa Erika Galloperchè si parla di violenza, di una violenza non solo fisica ma psicologica,
di un modo di essere insensibili al linguaggio della violenza laddove spesso si veicolano messaggi della cultura
della violenza», ricordando la frase
simbolo del Centro "Chi usa la violenza
conta sul tuo silenzio". Una trasmissione, coordinata da Francesco Febbraio e Pierluigi Vattimo di Radio Ciroma, intessuta di frasi, poesie, stralci di libri di donne e dedicati alle donne. Drammatica e toccante la lettera
lettain trasmissionescritta dallaCacciola alla madre: «Sono sola con tutto e
con tutti ed a me la vita non ha dato
niente ma solo dolori. L'unica felicità i
miei figli. Volevo serenità ed amore».
e.c.
Primo piano 7
Venerdì 9 marzo 2012
LA RIFLESSIONE
La Commisso: «Mi pongo l’interrogativo su quanto
debba essere profondo un sentimento di rottura»
UN breve, ma significativo messaggio, quello di Rita Commisso, già deputato e commissario Ardis: «C'e'
sempre qualcuno che ci dice come sarebbe meglio fare...Credo che la giornata dell'8 marzo possa essere
utilizzata per una riflessione su di noi donne calabresi. - e ancora aggiunge - Ho aderito all'appello lanciato
dal Quotidiano e col passare dei giorni mi sono convinta di avere ben fatto. Non sono abituata ad usare
termini enfatici, anzi in genere peso le parole quando mi confronto con gli scenari che fanno da sfondo al
mondo di Concetta o di Lea. Però' il ripetersi di simili vicende ( l'ultima è avvenuta a Melicucco ) mi pone un
interrogativo su quanto possa essere profondo e pervasivo un sentimento di rottura e di affermazione della libertà. Voglio essere vicina a quelle donne. Soprattutto l'8 marzo».
Grido di libertà
dalla terra di Cetta
La platea al
liceo di Rosarno
durante la
manifestazione
di adesione
all’iniziativa
del Quotidiano.
Qui sotto a
destra, una
immagine
dell’intervista
sul sito del
Quotidiano alla
moglie del
pentito Luigi
Bonaventura
|
IL CASO
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Il pentito alle Iene
«La famiglia gestisce
dallo stadio ai rifiuti»
Al liceo di Rosarno gli studenti: «Noi non abbiamo paura»
Il procuratore Prestipino: «Siamo di più e i migliori»
di DOMENICO GALATÀ
e KETY GALATI
Marco Ferrandini
in tutti coloro che vi hanno partecipato.
Erano visibilmente colpiti
dall’energia dei ragazzi il Procuratore della Repubblica di Palmi,
Giuseppe Creazzo, il Procuratore
aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Michele Prestipino, il direttore de “Il Quotidiano della Calabria”, Matteo Cosenza, il sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi e
tutta la platea presente all’auditorium del Piria.
Le note di Morricone e Mozart,
eseguite dall’orchestra dell’istituto diretta dal maestro Maurizio
Managò, le parole cantate
dall’ospite d’eccezione, Marco
Ferradini, hanno fatto da corollario ad una manifestazione che ha
avuto il sapore di un punto di partenza sulla strada della libertà
tracciata dagli esempi di Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e
Giuseppina Pesce.
Loro, insieme a Paola Emmolo,
la moglie del collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, Felicia
Impastato, Nicoletta Inzitari,
Mamma Africa, Rosanna Scopelltiti (solo per citare alcune delle
donne apparse in un video proiet-
tato durante la manifestazione),
sono state il fulcro dell’evento di
Rosarno.
«Noi siamo con loro - ha ripetuto la Russo - con tutte quelle donne che riescono a dare un contributo alla formazione globale. Con
tutte le donne vittime di ingiustizie e di violenza che hanno il coraggio di ribellarsi alla’ndrangheta. Lo vogliamo fare in maniera plateale, consapevolmente,
con un dialogo aperto, con un
confronto continuo».
Un’iniziativa, quella del “Quotidiano”, che non ha lasciato indifferente il sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi: «scegliere è il
contrario di rinunciare –sono state le sue parole - scegliamo come
schierarci, cosa dare della nostra
vita, ognuno di noi può impegnarsi in questo cammino di cambiamento. Tutto sarà inutile se
questo rimarrà un momento di
celebrazione. Alle ragazze ed ai
ragazzi dico, scegliete, impegnatevi per il vostro paese, allora questa giornata sarà servita». Quello
della scelta è stato un tema affrontato anche dal procuratore Creazzo: «La scelta si deve fare. Oggi è la
giornata delle donna, è giusto che
ci sia una giornata in cui ciascuno
di noi celebra nel proprio spirito l’importanza della vita femminile. La famiglia è fatta
dalle madri, sono loro
a doversi ribellarsi. Bisogna dire basta ad
una condizione in cui
non si può scegliere, è
tempo di conquistare
la libertà».
«C’è chi si chiede che
senso abbia l’otto marzo – ha affermato invece il procuratore Prestipino – noi invece siamo più avanti, perché il senso è
quello che siamo oggi. Il senso
non è la celebrazione di un rituale,
di ANTONIO ANASTASI
ma lo stare insieme, misurasi,
contarci: siamo di più e siamo migliori». La forza della gioventù
del Piria, per il direttore Matteo
Cosenza, «è la risposta al bisogno
di una nuova Calabria,
di un nuovo mezzogiorno. La Calabria
non si libera da sola da
questo cancro che corrode nel profondo la vita delle persone. Io credo che lo dobbiamo ai
giovano, non dev’esserci spirito di odio o di
vendetta davanti ai lutti, alle tragedie, alle
sofferenze. Non c’è bisogno di rivendicare il diritto alla
giustizia, al rispetto della dignità
delle persone. La libertà e la felicità sono un diritto. Lo stato deve reprimere, perseguire i reati, ga-
Il sindaco
«Scegliere
è il contrario
di rinunciare»
rantire la sicurezza. Sta a tutti noi
creare un clima positivo, partendo dai piccoli comportamenti individuali. Le regole non sono dei
vincoli, le regole ci servono bene
per vivere con gli altri. Abbandonare l’idea che la regola vale per
gli altri, è il primo mattone della
convivenza. Le donne hanno un
ruolo straordinario, noi maschi
abbiamo fallito. Le donne entrino,
irrompano sulla scena e portino
la loro sensibilità nella vita pubblica».
Da ieri, l’esempio di Lea, Maria
Concetta e Giusy ha assunto un significato nuovo: il loro coraggio,
l’eco delle loro parole non risuonerà nel vuoto perché tanti giovani hanno scelto di ascoltare quel
grido di libertà e giustizia su cui
dovrà fondarsi una nuova Calabria.
Costrette a decidere tra lavoro e maternità
si continui a legiferare a favore delle donne
di SABRINA CAGLIOTI *
L’8 MARZO è il simbolo delle vessazioni che le donne hanno dovuto subire nel corso dei secoli ed il
punto di partenza per il riscatto.
Dunque l’8 marzo, festa della
donna non come lotta tra i sessi,
ma come rifiuto della sopraffazione e della violenza,
e rilancio dei valori di solidarietà,
giustizia e legalità.
Tante ancora le
conquiste da ottenere per le donne
ma tanti sono gli
obiettivi che le
stesse nel corso dei
secoli hanno raggiunto nel mondo
del lavoro, della
Utile
partecipare
di più
alla vita
politica
politica e dell’associazionismo.
Le donne oggi non devono dimostrare più nulla alla società,
dal coraggio di Giuseppina Pesce,
di Maria Concetta Cacciola, di Lea
Garofano al coraggio di tante
mamme che portano ogni giorno
un pesante fardello, alla caparbietà ed alla intelligenza politica di
Nilde Iotti a donne come Rita Levi
o Madre Teresa di Calcutta .
Pertanto questa società deve ripartire, e per ripartire occorre
non discostarsi dall’applicazione
costante dell’art. 3 della Costituzione legiferando a favore della
donna affinché si possano ridurre gli ostacoli che si frappongono
tra le stesse e il mondo del lavoro ,
dell’associazionismo, della politica.
Spesso si è costrette a scegliere
tra un figlio e il lavoro, subire
l’umiliazione di essere retribuite
di meno rispetto ai colleghi uomini, o non poter per mille motivi ribellarsi alla violenza del marito o
del compagno, o fuggire da una
famiglia di ndrangheta.
Pertanto il mio appello da Presidente Provinciale dell’Udc vuole
essere quello di prendere nella società il posto che ci spetta, conquistandolo con le capacità intellettive e culturali, e con l’abnegazione,
ma soprattutto con una maggiore
partecipazione alla vita politica e
sociale necessaria al fine di garantire quella democrazia effettiva di cui oggi più che mai la società ha bisogno, per la costruzione,
in sinergia con tutte le forze sane,
di un mondo migliore per i nostri
figli.
* presidente provinciale
Udc di Vibo
Il presidente della Repubblica Napolitano al Quirinale
«Basta violenze sulle donne»
ROMA - Riformare subito la politica
dei congedi parentali estendendoli
ad entrambi i genitori, abolire la pratica indecente delle dimissioni in
bianco, aumentare le retribuzioni
delle donne ed intervenire sulla grave penuria di asili nido. Piena sintonia oggi tra Quirinale e Governo sulle misure minime necessarie per ridurre il gap economico e normativo
che ancora oggi colloca l’Italia nei
gradini più bassi della speciale classifica sulle pari opportunità. Ma in
una lunga cerimonia per la festa della donna al Quirinale – ingentilito
per l’occasione con cascate di mimo-
dell’Istruzione Francesco Profumo,
Napolitano ètornato all’attualità politica legando il tema della discriminazione femminile a quello della riforma del lavoro, necessaria anche
per la crescita futura del Paese. «Una
riforma del mercato del lavoro" darebbe "pi— sicurezza economica ai
giovani producendo "anche una
maggiorepropensione adaverefigli
e tutto questo gioverebbe di certo alla
nostra economia", ha assicurato il
capo dello Stato. Più lavoro alle donne porta una crescita del Pil, più servizi di base creano sicurezza alle famiglie e alzano il tasso di natalità».
La lettera diffusa sul web da parte del movimento interno al Pd
Da San Giovanni in Fiore
Dalla scuola media di Vena
Dal Lodigiano: «Cetta, Lea, Giuseppina
hanno affrancato le future generazioni»
«Iniziative fuori
dalla retorica»
«Noi ragazzi
siamo con voi»
DA San Giovanni in Fiore, il Comune che aveva già aderito all’iniziativa, ecco la mail dell’assessore
alla Cultura e alle Politiche giovanili, Giovanni Iaquinta: «Egregio
direttore, ancora una bella iniziativa - cerebrale, vera, sensata fuori dalle fiumane retoriche
odierne. Passi attraverso l'esperienza forte di Lea, Giuseppina e
Maria Concetta un messaggio significativo per tutte le donne calabresi e non solo. La presente vale come adesione, oltre che come
occasione per ribadirLe la mia stima, insieme all'espressione della
più viva cordialità, del Sindaco e
di tutta l'Amministrazione comunale».
Anche la giornata dell’8 marzo
di San Giovanni in Fiore è stata
dedicata all’iniziativa del Quotidiano.
IRAGAZZI della scuola media di Vena hanno aderito all’iniziativa del
Quotidiano e scrivono: «Abbiamo
deciso di aderire all’iniziativa che
quest’anno ha voluto dedicare questa importante ricorrenza al coraggio di tre donne, tre madri, tre calabresi, Giuseppina Pesce, Maria
Concetta Cacciola, Lea Garofalo,
che hanno avuto il coraggio di ribellarsi alla ‘ndranghetae, per questo,
sono state uccise o istigate al suicidio. Questa iniziativa - scrivono i ragazzi - ci ha toccati e riteniamo necessario ricordare le loro storie affinchè il loro sacrificio non sia vano
in questa nostra terra dove per alcuni ribellarsi alla ‘ndrangheta e rompere le catene dell’omertà è ritenuto
impossibile. Quest’anno l’8 marzo
per noi è la giornata internazionale
deidirittidelledonna, maèanchela
loro giornata».
ARRIVA dal Lodigiano l’adesione all’iniziativa del Quotidiano
(ma tante sono anche le adesioni
arrivate da altre città d’Italia come Cologno Monzese nel milanese) e il gruppo in una lettera inviata alla redazione scrive:
«Prossima Lodi non ha dubbi, la
Festa della Donna di quest'anno
dedichiamola a
tre donne coraggiose: Giuseppina, Maria Concetta e Lea, che per difendere la legalità
e la dignità hanno
pagato un prezzo
altissimo».
La nota che circola anche sul
web
aggiunge:
«Adesione convinta all’iniziati-
«Anche
nelle
nostre terre
divenga
una priorità»
La preside Ferro e il direttore del Quotidiano Matteo Cosenza, a Rosarno
se - è stato Giorgio Napolitano ad usare i toni più duri, evidentemente
sconvolto dagli ultimi «recenti e recentissimi» casi di brutali aggressioni verso le donne: «la violenza e la furia omicida diuomini che colpiscono
ciecamente le compagne e persino i
figli rivelano una visione e proprietaria e distruttiva degli affetti». Casi
«orribili» che, ha detto il presidente
tra gli applausi, dovrebbero «indurci
a ripartire dai fondamentali del discorso sulle minacce e sulle diminuzioni che la società ancora riserva alle donne».Dopo gliinterventi deiministri del Lavoro, Elsa Fornero, e
CROTONE - Ha concluso con un
invito alle donne delle famiglie di
'ndrangheta a ribellarsi, il pentito Luigi Bonaventura di Crotone,
la sua intervista a viso scoperto alle Iene andata in onda ieri sera. Un
invito a «spezzare la catena». Perché a restare nella 'ndrangheta
«non c'è futuro per i propri figli».
Quasi un corollario all'intervista
alla moglie del collaboratore di
giustizia, Paola Emmolo, pubblicata dal Quotidiano (la versione
integrale è sul sito). Un'altra donna coraggio calabrese, che già
aveva aderito, con uno scritto apparso sempre sul nostro giornale, alla campagna del Quotidiano
per dedicare l'8 marzo a tre testimoni di giustizia calabresi. Bonaventura la sua escalation mediatica l'aveva iniziata un mese fa con
un'intervista rilasciata al nostro
giornale. Denunciava la presenza di "talpe" all'interno del sistema
di protezione. Accusava alcuni affiliati di una cosca del Crotonese
che volevano, a suo avviso, tendergli una trappola e fargli fare la
stessa fine di Lea Garofalo, scomparsa nel nulla e uccisa per la sua
scelta coraggiosa di collaborare
con la giustizia.
Da allora è stato un continuo incalzare. Interrogazioni parlamentari e iniziative legali volte a
ottenere un trasferimento all'estero e un maxi risarcimento dallo Stato. Ieri, dunque, l'apparizione su Italia Uno. A viso scoperto.
Quasi una sfida al sistema giudiziario che impone riservatezza.
Una riservatezza, però, soltanto
di facciata se, qualora fosse confermata la versione di Bonaven-
va lanciata dal Quotidiano della
Calabria ) da parte di Prossima
Lodi, il movimento nato all’interno del Partito Democratico
del lodigiano, presente con una
folta delegazione a Canossa sabato scorso all’iniziativa nazionale organizzata da Prossimaitalia contro la corruzione e per la
cultura della legalità. Anche nei
nostri territori tutto ciò deve diventare una priorità dell’agenda
politica. Ed è il motivo per il quale la Festa dell'Otto Marzo vogliamo ricordarla attraverso la
testimonianza drammatica di
tre donne, che hanno deciso di
combattere coraggiosamente la
‘ndrangheta all’interno dei clan,
per affrancare le future generazioni dalle catene della criminalità, della corruzione e dell’illegalità».
tura (oggetto di indagini incrociate della Dda di Catanzaro e di
quella della località cosiddetta
protetta dove il pentito si trova),
emissari di un clan del Crotonese
hanno avuto la possibilità di contattare il pentito, per tentare, a
suo dire, di coinvolgerlo in traffici illeciti al fine di tendergli un agguato. Bonaventura ha così potuto dire a milioni di italiani quello
che, sulla base dei verbali utilizzati nell'ambito di inchieste che
hanno operato a maxi retate e maxi processi, abbiamo raccontato
negli ultimi anni. Una vita da soldato della 'ndrangheta, addestrato a sparare sin dall'età di dieci anni. I pomeriggi trascorsi percorrendo il lungomare e via per Capocolonna alla ricerca di obiettivi
della cosca avversa da eliminare.
La scalata alla gerarchia criminosa fino al grado di reggente della
cosca Vrenna Bonaventura Corigliano con l'incarico di gestire gli
affari del clan, dall'estorsione all'usura alla droga agli omicidi. Fino alla decisione di «spezzare la
catena». Perché il padre Salvatore, nel settembre 2007, proprio il
giorno della storica partita Crotone Juventus in serie B, gli sparò
addosso. Secondo il codice 'ndranghetista, spettava al parente
più stretto «lavare la macchia».
Da allora, secondo Bonaventura,
nulla è cambiato. «Dallo stadio allo smaltimento di rifiuti gestisce
tutto la mia famiglia».
Il finale della storia è un messaggio di speranza, lanciato la sera di un otto marzo speciale. E rivolto alle donne che con il loro rifiuto del sistema mafioso fanno
sempre più paura alla 'ndrangheta
La preside Ferro e il sindaco di Rosarno Tripodi
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
ROSARNO - Se avessero potuto
esserci, se Lea, Maria Concetta e
Giuseppina fossero state ieri a Rosarno, l’entusiasmo, il calore,
l’energia degli studenti dell’Istituto “Piria” avrebbe quantomeno
alleggerito il peso delle loro scelte.
Si respirava voglia di cambiare,
di voltare pagina in una terra in
cui tre donne hanno detto no alla
‘ndrangheta, pagando una posta
altissima: la lontananza dai figli o
addirittura la via.
Gli alunni rosarnesi, in centinaia, erano lì per loro, per tutte
quelle donne che hanno avuto coraggio e hanno urlato al mondo di
non voler più subire logiche che
poco hanno a che fare con la libertà dell’individuo.
Gli studenti di Rosarno, rappresentati sul palco dai giovani
Patrizia Chiodo e Savino Pesce,
non hanno paura, come recitava
lo slogan stampato sulle magliette che indossavano. “Io non ho
paura”è più di una frase, è un progetto, un obiettivo da conquistare
sulla scorta dell’esempio fornito
dal coraggio delle tre donne calabresi.
Una “sfida” verso il cambiamento lanciata dalle colonne de
“Il Quotidiano della Calabria” e
raccolta da Mariarosaria Russo,
il dirigente scolastico dell’istituto
di Rosarno che ha voluto appunto
dedicare la manifestazione all’iniziativa, “Tre nomi e una mimosa”,
che alla fine non era che un appello lanciato dal direttore sulle pagine del Quotidiano.
«Da questa scuola sta partendo
una rivoluzione sociale, morale e
culturale, ci siamo, siamo tanti,
non abbiamo paura», ha urlato la
preside, vera trascinatrice di una
giornata che ha lasciato il segno
8 Primo piano
Venerdì 9 marzo 2012
Primo piano 9
Venerdì 9 marzo 2012
Vertici della Procura della Repubblica compatti nei commenti
Processo Crimine
«Un dispositivo storico»
93 condanne e 34 assoluzioni
del gup a conclusione dell’abbreviato
Pignatone: «E’ la conferma del lavoro svolto dalla Dda»
Pene mitigate
per i boss
«Si ripete
nella sostanza
quanto già detto
da diversi
giudici»
Regge l’impianto sulla ’ndrangheta unitaria e verticistica
ma il giudice abbatte le richieste dei pm di oltre due terzi
di GIUSEPPE BALDESSARRO
di Ciccio Pesce oppure Peppe Pelle).
Ora, se a loro vengono comminate
condanne di tale portata come è
possibile che altri capi, di caratura
anche superiore (almeno stando
alle accuse), vengano condannati a
pene ridotte di due o tre volte?
E’ questa in fondo la domanda
che si fanno i magistrati della Procura. E non è una domanda casuale, visto che naturalmente la sentenza di ieri sarà portata anche a
sostegno delle tesi difensive dei
processi che si svolgeranno in primo e secondo grado nei prossimi
mesi e anni.
Non è un caso che il procuratore
Giuseppe Pignatone ed i suoi aggiunti, ieri abbiano avidenziato il
grande risultato ottenuto con la tenuta dell’impianto accusatorio,
ma allo stesso tempo abbiano sottolineato la necessità di leggere le
motivazioni della sentenza per valutare gli eventuali ricorsi in appello, da fare caso per caso.
L’attesa dei familiari
degli imputati
per la sentenza
dell’operazione
”Crimine”
(foto A. Sapone)
|
LA SCHEDA
LE CONDANNE PIÙ ALTE
Gli arresti
di luglio 2010
Rocco Acquino
Isidoro Callà
Giuseppe Commisso
Giorgio Demasi
Raffaele Oppedisano
Remingo Iamonte
Giovanni Tripodi
Vincenzo Tavernese
Savino Pesce
Maisano Filiberto
Vincenzo Longo
Cosimo Leuzzi
L’OPERAZIONE “Crimine”
scattò il 13 luglio del 2010,
quando su richiesta della
Dda d i Milano e di quella di
Reggio Calabria, centinaia di
carabinieri e poliziotti entrano
in azione simultaneamente.
A fine giornata le persone arrestate o fermate furono oltre
trecento. Secondo le due indagini la ‘ndrangheta era
un’unica organizzazione. Indipendentemente dal fatto
che agisse in Calabria o nel
resto dell’Italia e nel mondo.
Un’organizzazione criminale
verticistica dunque, con base
in Calabria, ma diramazione
nei cinque continenti.
La vicenda processuale fu
tuttavia sempre tenuta distinta nel suo iter. A Milano è stata
infatti processata la ‘ndrangheta infiltrata nell’economia
lombarda, che in Lombardia
aveva le sue sedi operative. A
Reggio, invece, si è si è svolto
il processo contra la così detta
“casa madre”, ossia sui vertici
dell’organizzazione, intesi come struttura custode delle regole che muovono le fila della
mafia. Tra i materiali delle due
inchieste altrettanti documenti di straordinario interesse investigativo. Ossia un filmato
che registra un summit in
Lombardia per la decisione
del nuovo capo della ‘ndrangheta in quella regione. Il secondo un filmato che riprende
un summit che si era svolto al
Santuario della Madonna di
Polsi per sancire chi sarebbe
stato (Domenico Oppedisano) il nuovo capo crimine della ‘ndrangheta.
I CONDANNATI
L’arresto del capocrimine Domenico “Mico” Oppedisano
emersa grazie a indagini basate su intercettazioni, riprese video e accertamenti della polizia giudiziaria». In merito alle assoluzioni che ci sono state
nella sentenza odierna, Pignatone ha
così risposto: «Naturalmente quando
saranno depositate le motivazioni il
mio ufficio valuterà le singole posizioni e potrà proporre appello nei termini
e nelle forme di legge».
Per il Procuratore aggiunto Michele
Prestipino, «questa è una sentenza importante perchè riconosce un principio, peraltro già riconosciuto in altre
sentenze dal Gup di Reggio e di Milano,
che sarà molto importante non solo per
i futuri processi ma anche per le future
attività di indagine sulla ‘ndrangheta.
Al giudice abbiamo portato un processo estremamente complesso e articolato, frutto di indagini durate due anni
che hanno visto impegnate le Dda di
Reggio Calabria e di Milano. La valutazione complessiva del Gup ha confermato, per quanto si può comprendere
dal dispositivo, l’impostazione nostra e
dei colleghi milanesi in questo processo secondo cui la ‘ndrangheta è un’organizzazione unitaria governata da un
|
Sono stati giudicati in 118
ECCO l’elenco completo delle condanne e delle assoluzioni del processo
“Crimine” in abbreviato, conclusosi
ieri mattina. Tra parentesi le richieste
avanzate a suo tempo dalla Procura.
Agnelli Giovanni
Agostino Mario Gaetano
Alampi Giovanni
Albanese Giuseppe
Altamura Antonio
Andrianò Emilio
Aquino Domenico
Aquino Gianfranco
Aquino Giuseppe
Aquino Nicola Rocco
Aquino Rocco
Archinà Michele
Archinà Vincenzo
Belcastro Domenico
Belcastro Giuseppe
Bellocco Domenico assolto
Boschetto Saverio
Bruzzese Carlo
Callà Isodoro Cosimo
Chilà Domenico
Chilà Stefano
Cianciaruso Claudio
Ciancio Bruno
Comisso Francesco
Comisso Giuseppe
Comisso Vincenzo
Correale Michele
Costa Carmelo
D'Agostino Domenico
D'Agostino Raffaele
Dattola Filippo
De Leo Cosimo
Demasi Giorgio
Femia Salvatore
Fida Massimo
Figliomeni Giuseppe
Filippone Rosario
Focà Domenico
Fragomeni Salvatore
Frascà Domenico
Fratto Donato
4anni e 8 mesi (10 anni)
assolto (20 anni)
8 anni (16 anni)
8 anni e 10 mesi (16 anni)
assolto (12 anni)
5 anni e 4 mesi (18 anni)
3 anni (6 anni)
assolto (5 anni)
3 anni e 4 mesi (16 anni)
stralciato
11 anni e 2 mesi (20 anni)
assolto (assolto)
assolto (assolto)
8 anni (18 anni)
assolto (12 anni)
(14 anni)
assolto (14 anni)
6 anni (12 anni)
10 anni e 8 mesi (20 anni)
4 anni e 8 mesi (14 anni)
assolto (10 anni)
4 anni e 8 mesi (...)
4 anni e 8 mesi (...)
4 anni e 8 mesi (14 anni)
14 anni e 8 mesi (20 anni)
assolto (...)
8 anni e 4 mesi (18 anni)
7 anni (16 anni)
assolto (18 anni)
5 anni e 6 mesi (16 anni)
assolto (12 anni)
assolto (16 anni)
10 anni e 8 mesi (18 anni)
5 anni e 4 mesi (.....)
8 anni (12 anni)
assolto (14 anni)
4 anni e 8 mesi (14 anni)
5 anni e 4 mesi (18 anni)
assolto (16 anni)
.....
6 anni (....)
Gagliuso Giuseppe
assolto (4 anni)
Galati Salvatore Giuseppe 4 anni e 8 mesi (14 anni)
Galea Antonio
classe ‘54, assolto (16 anni)
Galea Antonio
classe ‘62, 8 anni (16 anni)
Gattellari Antonio
10 anni e 8 mesi (16 anni)
Gattuso Andrea
8 anni (14 anni)
Gattuso Antonino
assolto (14 anni)
Gattuso Carmelo
assolto (12 anni)
Gattuso Domenico 5 anni e 4 mesi (14 anni e 8 mesi)
10 anni e 8 mesi (20 anni)
Gattuso Nicola
Gattuso Vincenzo
8 anni (18 anni)
Gioberti Osvaldo
assolto (14 anni)
Gioffrè Bruno
5 anni e 4 mesi (20 anni)
Iamonte Remingo
9 anni (20 anni)
Iannone Giuseppe
1 e 8 mesi (4 anni)
Iaria Giuseppe Romeo
2 anni e 2 mesi (8 anni)
Iaropoli Domenico
assolto (12 anni)
Ietto Francesco
8 anni (14 anni)
Lamari Rocco
8 anni e 2 mesi (20 anni)
Larizza Sotirio Santo
8 anni (14 anni)
Leuzzi Cosimo Giuseppe
8 anni (20 anni)
Longo Vincenzo
10 anni e 8 mesi (20 anni)
Macheda Antonino
assolto (10 anni)
Macrì Salvatore
assolto (16 anni)
Maesano Antonio
assolto (12 anni)
Maesano Giovanni
assolto (12 anni)
Maisano Claudio Umberto
9 anni (14 anni)
Maisano Filiberto
10 anni e 8 mesi (20 anni)
Maisano Francesco
assolto (12 anni)
Manglaviti Saverio
4 anni e 8 mesi (14 anni)
Marasco Michele
8 anni (18 anni)
Marasco Rocco
assolto (10 anni)
Martello Giuseppe
assolto (12 anni)
Marvelli Giuseppe
8 anni(20 anni)
Marzano Francesco
4 anni e 8 mesi (16 anni)
Mazzaferro Rocco
4 anni e 8 mesi (10 anni)
Meduri Paolo
10 anni (20 anni)
Meleca Francesco
assolto (10 anni)
Meniti Demetrio
4 anni e 8 mesi (16 anni)
Minniti Giovanni
assolto (10 anni)
Modafferi Leone
assolto (12 anni)
Mollica Saverio
8 anni (16 anni)
Muià Carmelo
5 anni e 4 mesi (16 anni)
Napoli Domenico Antonio 5 anni e 6 mesi (14 anni)
Napoli Pasquale
stralciato
Napoli Salvatore
4 anni e 8 mesi (14 anni)
Nesci Bruno
6 anni e 4 mesi (20 anni)
Oppedisano Domenico
10 anni (20 anni)
Oppedisano Michele
Oppedisano Pasquale
Oppedisano Pietro
Oppedisano Raffaele
Palmanova Luigi
Papaluca Antonio Nicola
Paviglianiti Bruno
Paviglianiti Carmelo
Paviglianiti Paolo
Pesce Antonino
Pesce Savino
Pisano Bruno
Praticò Sebastiano
Prestopino Giuseppe
Prochilo Domenico
Pronestì Giovanni
Raso Giuseppe
Romeo Salvatore
Sapone Antonino
Scali Rodolfo
Schiavo Tonino
Sgambelluri Damiano
Stelitano Sebastiano
Surace Luca
Tassone Domenico Ilario
Tavernese Vincenzo
Tramonte Biagio
Trapani Giuseppe
Trichilo Giuseppe
Tripodi Giovanni
Vecchio Giuseppe
Violi Rocco
Zappia Vincenzo
Zavaglia Carlo Domenico
Zavattieri Annunziato
Zoccali Rocco
Zurzolo Kevin
10 anni (16 anni)
8 anni (14 anni)
8 anni (14 anni)
8 anni (12 anni)
4 anni e 8 mesi (12 anni)
4 anni e 8 mesi (14 anni)
4 anni e 8 mesi (12 anni)
4 anni e 8 mesi (14 anni)
4 anni e 8 mesi (12 anni)
6 anni (10 anni)
4 anni e 8 mesi (10 anni)
assolto (10 anni
5 anni e 4 mesi (18 anni)
8 anni (14 anni)
4 anni e 8 mesi (12 anni)
assolto (10 anni)
5 anni e 4 mesi (18 ann)
4 anni (18 anni)
4 anni e 8 mesi (14 anni)
5 anni e 4 mesi (18 anni)
4 anni e 8 mesi (...)
assolto (10 anni)
7 anni (18 anni)
5 anni e 4 mesi (14 anni)
5 anni e 6 mesi (12 anni)
8 anni e 8 mesi (15 anni)
4 anni e 8 mesi (12 anni)
8 anni (20 anni)
2 anni e 4 mesi (6 anni)
9 anni (16 anni)
4 anni (12 anni)
9 anni (14 anni)
4 anni e 8 mesi (12 anni)
1 anno e 4 mesi (4 anni)
6 anni e 8 mesi (14 anni)
8 anni (18 anni)
4 anni e 8 mesi (8 anni).
organismo di vertice. La stragrande
maggioranza degli imputati è stato
condannata e tra essi tutti i principali
esponenti delle cosche di cui la ‘ndrangheta si compone».
Altrettanto convinto il Procuratore
aggiunto Nicola Gratteri: «E’ una sentenza che farà storia, una pietra miliare nella lotta alle mafie, riuscire a dimostrare nel 2012 che la ‘ndrangheta è
una struttura ben articolata con organismi sovraordinati che regolamentano l’osservanza del codice, così come
andiamo ripetendo da decenni». Per
Nicola Gratteri «la ‘ndrangheta ha la
sua testa pensante ed il potere decisionale in Calabria, ma arriva in tutto il
mondo». In merito al ruolo di Domenico Oppedisano, il magistrato rileva che
«non si tratta del capo dei capi ma
dell’uomo che custodiva le regole del
codice della ‘ndrangheta. ‘Ndrangheta
che si fa forte grazie ai legami di sangue ed alle infiltrazioni nella società,
grazie al fatto che ormai diversi capi
clan sono amministratori, medici o avvocati».
g. bal.
| LA DECISIONE |
La Cassazione annulla tutto
per Antonio Commisso
di PASQUALE VIOLI
SIDERNO - La Corte di Cassazione ha annullato, senza rinvio, l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Antonio Commisso, classe 1925. La decisione della Suprema Corte è
arrivata poche ore prima
della maxi sentenza “Crimine”, processo in cui l'ottantasettenne di Siderno è
imputato nello stralcio del
rito ordinario. I giudici della sezione penale della Corte di Cassazione hanno accolto invece le istanze degli
avvocati Antonio Speziale e
Sandro Furfaro per la posizione di Commisso nell'inchiesta “Recupero”, l'altra
indagine della Dda di Reggio Calabria che aveva fatto
luce sui traffici illeciti e la
pressione mafiosa che ci
sarebbe stata sulla cittadina di Siderno. Anche Antonio Commisso era finito in
manette nell'ambito dell'operazione “Il Crimine”
scattata il 14 luglio del
2010 e secondo i magistrati della Dda di Reggio Calabria sarebbe stato una delle
figure di primo piano della
famiglia Commisso di Siderno. Una teoria caduta
però davanti ai giudici della Corte di Cassazione che
hanno dato ragione agli
avvocati Antonio Speziale e
Sandro Furfaro, gli stessi
difensori che qualche mese
fa avevano incassato un'altra vittoria giudiziaria ricevendo l'ok del Tribunale
della Libertà di Reggio Calabria che aveva tramutato
la custodia cautelare in
carcere dell'ottantasettene
in custodia al regime domiciliare diverse perizie mediche che avrebbero accertato che Commisso non sarebbe compatibile con il regime carcerario e all'età di
87 anni avrebbe bisogno di
costanti cure e assistenza.
Infatti il 27 luglio scorso, a
seguito dell'ultima perizia
medica disposta dall'autorità giudiziaria, è stato lo
stesso Giudice per le indagini preliminari a giungere alla conclusione che il
“detenuto Antonio Commisso doveva essere ricoverato in un centro cardiologico ospedaliero d'eccellenza per uno studio completo della sua situazione
cardiologica, e ne disponeva l'immediato trasferimento presso un centro
diagnostico terapeutico
dell'amministrazione penitenziaria”. Cure che in
carcere non sono mai arrivate ed hanno indotto i giudici a optare per i domiciliari. Adesso da poche è arrivata la sentenza della Corte
di Cassazione che stabilisce l'annullamento della
custodia cautelare dell'inchiesta “Recupero”per Antonio Commisso.
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REGGIO CALABRIA - I volti tesi
dei magistrati in aula ieri mattina
la dicevano lunga su come sia stata
accolta la sentenza del processo
“Crimine”. Certo, 93 condanne
non sono poche, tutt’altro. E tuttavia nell’aula bunker di Viale Calabria la decisione del Gup Giuseppe
Minutoli non è propio piaciuta
all’accusa. E’benechiarire che l’inchiesta nel suo complesso ha tenuto bene, nonostante le 34 assoluzioni. La sentenza certifica infatti che
la ‘ndrangheta è un’organizzazione unitaria e verticistica. In altri
termini, che è retta da una sorta di
cupola garante di alcune dinamiche interne e talmente autorevole
da potere intervenire per risolvere
le frizioni tra “famiglie”. Dunque,
una sorta di gran consiglio pro
tempore che dispone e impone le
regole dell’organizzazione. Qualcosa di diverso rispetto a “Cosa nostra” siciliana, ma ugualmente o,
forse, più potente.
Per questo l’obiettivo principale
della Procura della Repubblica va
considerato raggiunto. Da questo
punto di vista il dispositivo del Gup
conferma quanto scritto in altre
sentenze (ad esempio “Infinito” a
Milano, “Reale” e “All Inside” a
Reggio) e allo stesso tempo mette
una cornice solida alle stesse sentenze. Stabilendo, ad esempio, che
esiste un vertice della ‘ndrangheta
detto “Provincia”, composto dai tre
mandamenti (Jonico, Tirrenico e
Centro), e che la “Provincia” ha un
direttorio guidatodal “Capo crimine”.
Detto questo, detto di un risultato storico e strategicamente importante, anche per le future inchieste sulle ‘ndrine, quello che ha
fatto venire il sangue agli occhi ai
magistrati dell’accusa (in aula erano presenti gli aggiunti Michele
Prestipino e Nicola Gratteri, ed i sostituti Marialuisa Miranda, Antonio De Bernardo e Giovanni Musarò) è la consistenza delle pene.
Niente da dire sulle assoluzioni: se
non ci sono le prove della colpevolezza di un imputato è giusto che il
giudice lo assolva. Quindi su questo versante non c’è nulla da discutere.
Quello che non ha gradito la Procura è invece la valutazione che si è
fatta sull’entità della pena. L’accusa aveva chiesto condanne che,
tranne poche eccezioni, andavano
dai 10 ai 20 anni, distinguendo il
ruolo dei capi, da quello dei dirigenti odegli affiliatiall’organizzazione. Invece il giudice ha deciso
che meno di una dozzina di imputati dovranno scontare più di dieci
anni. Tra questi ci sono alcuni big
come don Mico Oppedisano, Rocco
Aquino, Isidoro Cosimo Callà,
Giorgio De Masi, Nicola Gattuso,
Paolo Meduri e Michele Oppedisano. Poi, ad una quindicina di altre
persone sono state comminate
condanne che vanno dai 6 ai 9 anni.
Mentre per gli altri le pene si aggirano attorno ai 4-5 anni. Di fatto il
Gup ha dimezzato o ridotto di due
terzi gliauspici dei pm dellaDda. Il
giudice è arrivato a tale definizione
non accogliendo le aggravanti (come ad esempio quella della transnazionalità dell’organizzazione
criminale) e concedento a tutti le
attenuanti generiche.
Ed è chiaro che ai magistrati
dell’accusa questo è parso una contraddizione in termini. Nel senso
che se da una parte si riconosce la
‘ndrangheta come una delle mafie
più potenti e ramificate nel mondo,
diventa difficile poi comprendere
le ragioni di riduzioni tanto corpose. In buona sostanza, se uno è mafioso lo condanni per mafia, oppure lo assolvi. E’ incomprensibile
condannarlo a metà.
Il ragionamento è piuttosto semplice, anche in virtù di condanne
emesse in altri procedimenti.
L’esempio classico che si può fare è
“Reale” oppure “All Inside”. Due
procedimenti in cui negli abbreviati di primo grado alcuni imputati
sono stati condannati a 20 anni (ve-
REGGIO CALABRIA - «Sentenza Storica». «Risultato importante», «Conferma del buon lavoro svolto». La Procura
della Repubblica è compatta nel commentare la sentenza “Crimine”. Nelle
note ufficiali, come è ovvio che sia, i magistrati reggini evidenziano il dato più
importante. Ossia che l’impianto ha tenuto, anche se naturalmente l’ultima
parola la si potrà pronunciare con le
motivazioni in mano, quando nei prossimi mesi saranno depositate.
Il Procuratore Giuseppe Pignatone a
ridosso del trasferimento alla Procura
di Roma ha detto che si tratta di «una
ulteriore conferma del lavoro condotto
in questi anni dalla Procura
antimafia di Reggio Calabria per delineare il fenomeno mafioso in provincia di
Reggio e le sue diramazioni
in Italia e all’estero».
«Ricordiamo tutti –ha detto ancora Pignatone – che il
13 luglio 2010 le Direzioni
distrettuali antimafia di
Reggio Calabria e di Milano
hanno portato a conclusione
una lunga e complessa indagine che aveva come suoi
punti centrali l’affermazione dell’unitarietà della ‘ndrangheta come organizzazione mafiosa, l’esistenza
di un organismo di vertice sia pure in
termini diversi da Cosa nostra siciliana
e l’espansione della ‘ndrangheta fuori
dai confini della Calabria in importanti
zone del nord Italia ed all’estero. Questi
punti centrali - ha concluso - sono stati
confermati nelle sentenze dei giudici di
Milano e di Reggio Calabria che si sono
susseguiti in questi mesi. La sentenza
odierna rappresenta un’ulteriore fondamentale conferma proprio perchè il
giudice ha preso in esame oltre 120 posizioni e al termine di un giudizio estremamente accurato ha riconosciuto la
colpevolezza di oltre 90 imputati, tra
cui tutti i principali esponenti delle cosche reggine. Sotto questo profilo,
quindi, non possiamo che essere soddisfatti di questo ulteriore riconoscimento della validità della ricostruzione,
10 Primo piano
Venerdì 9 marzo 2012
Primo piano 11
Venerdì 9 marzo 2012
L’ansia dei parenti degli imputati
Processo Crimine
In fila davanti al bunker
per prendere posto
aspettando la sentenza
L’accusa aveva chiesto per i capibastone
condanne fino a 20 anni di reclusione
La pena più alta
al ras di Siderno
Dieci anni a don “Mico Oppedisano”, più di 14 a Peppe
Commisso, 11 a Rocco Aquino, 10 a Gattuso e De Masi
di CLAUDIO CORDOVA
nel territorio di Marina di Gioiosa Jonica, dove da sempre il suo
cognome significa “qualcosa”, è
stato condannato a undici anni e
due mesi di carcere, a fronte dei
vent’anni di reclusione richiesti
dai pubblici ministeri.
E’ andata ancora meglio a Isidoro Cosimo Callà, il presunto
boss originario di Mammola, nella Locride: anche per lui i magistrati della Direzione distrettuale antimafia avevano invocato
vent’anni di carcere, ma il Gup lo
ha condannato a dieci anni e otto
mesi.
Stessa sorte per Vincenzo Longo, ritenuto boss del locale di Polistena, che ha rimediato dieci anni e otto mesi a fronte dei venti
chiesti dalla Dda, così come Filiberto Maisano, 81enne originario di Palizzi. Un altro “vecchietto”, Paolo Meduri, nome ricorrente nelle indagini della Dda, ha
invece potuto usufruire della
continuazione con una sentenza
definitiva del 2007, venendo punito con dieci anni complessivi di
carcere.
Anche per Remingo Iamonte,
membro della storica famiglia di
Melito Porto Salvo, la Procura
aveva invocato vent’anni di galera, ma il Gup, pur riconoscendone la colpevolezza, ha abbassato
l’asticella a nove anni di carcere.
Otto anni, a fronte dei venti richiesti, per Cosimo Giuseppe
Leuzzi, originario di Stignano,
mentre spicca la condanna a “soli” cinque anni e quattro mesi per
Bruno Gioffrè, 50enne originario di San Luca, ritenuto dagli inquirenti come un soggetto assai
importante, per il quale erano
stati richiesti ben vent’anni di galera.
Una condanna assolutamente
mite quella comminata a Gioffrè,
|
LIBERI
La conferenza stampa dell’operazione “Crimine” condotta
dalla Dda di Reggio
In alto il summit di ’ndrangheta ripreso dalle telecamere
dei carabinieri alla Madonna di Polsi, a San Luca
A sinistra il centro commerciale “I Portici” di Siderno
sequestrato dalla polizia alla cosca Commisso
simile a quella rimediata da Demetrio Meniti, condannato a
quattro anni e otto mesi a fronte
dei sedici richiesti, l’imprenditore sidernese della vendita all’ingrosso delle carni, Carmelo Muià
detto “Mino” (cinque anni e quattro mesi, invece dei sedici richiesti dalla Procura) e Giuseppe Raso (cinque anni e quattro mesi a
fronte di una richiesta di diciotto
|
Cinquecento anni di galera
e trentaquattro assoluzioni
REGGIO CALABRIA - A fronte dei milleseicento
anni di carcere invocati dalla Dda di Reggio Calabria diversi mesi fa, il Gup Giuseppe Minutoli ha
disposto condanne per circa cinquecentocinquanta anni di reclusione complessivi. In abbreviato le condanne vengono ridotte di un terzo per
come stabilito dal codice, in ossequio ad un rito
che consente di snellire le lungaggini del dibattimento di un processo ordinario.
E comunque ieri c’è stata una riduzione di due
terzi, rispetto alle richieste dei pm.
Ma la “mano morbida” del Gup Giuseppe Minutoli, che ha valutato scrupolosamente ogni posizione e che è noto per essere un magistrato equilibrato, non si concretizza soltanto con le cospicue riduzioni di pena operate rispetto alle
dure richieste della Direzione distrettuale antimafia reggina.
Sono trentaquattro infatti le assoluzioni disposte dal Giudice per
l’udienza preliminare, con il dispositivo di sentenza letto all’interno
dell’aula bunker di Reggio Calabria, ancora più blindata dalle forze
dell’ordine per l’occasione.
Circa un quarto degli imputati, dunque, è
scampato alla condanna, nonostante l’impegno
profuso dai pm Gratteri, Prestipino, De Bernardo, Musarò e Miranda. E tra le assoluzioni disposte ve ne sono alcune di grande peso rispetto
all’impostazione accusatoria. Per il Giudice le
prove non erano sufficienti, oppure i fatti non sono stati commessi da alcuni degli imputati, anche
importati.
A parte i fratelli Michele e Vincenzo Archinà,
per cui era stata la stessa accusa a richiedere l’assoluzione, per diversi altri, infatti, il Gup Minutoli non ha riscontrato gli elementi sufficienti per
arrivare a una sentenza di condanna. Assoluzione, dunque, per Mario Gaetano Agostino, ritenuto un affiliato di peso al locale di San Giorgio Mor-
geto, per cui erano stati richiesti ben vent’anni di
carcere: Agostino è l’unico degli imputati per i
quali la Procura aveva invocato la pena massima,
vent’anni, a uscire indenne dalla sentenza letta
all’interno dell’aula bunker. Cognome importante, invece, quello del giovane Domenico Bellocco,
che però ha evitato la dura condanna a quattordici anni di carcere invocata dai pm. Diciotto anni,
invece, erano stati invocati per Domenico D’Agostino, originario di Siderno, mentre Cosimo De
Leo ha evitato la condanna a sedici anni di galera.
Assolto anche Giuseppe Martello, inquisito per
una serie di conversazioni dei Gattuso che facevano riferimento a lui: dodici anni era
stata la richiesta dei pm. Proprio
due Gattuso, Antonino e Carmelo,
per cui erano stati chiesti quattordici e dodici anni di carcere, sono
riusciti, invece, a evitare la dura
condanna. Dodici anni di carcere
erano stati richiesti anche per Antonio Altamura, originario del vibonese, ma ritenuto vicino ai clan
reggini; dodici anni erano stati richiesti anche per Giuseppe Belcastro e per Filippo Dattola, mentre
Saverio Boschetto, originario di Motta San Giovanni, è scampato alla condanna a quattordici
anni, così come Giuseppe Figliomeni, originario
di Siderno. Di Siderno è originario anche Salvatore Fragomeni, per cui, invece, i pm avevano invocato ben sedici anni. Dieci anni ciascuno erano
stati invece chiesti per Rocco Marasco, originario
di Polistena, e per il 35enne reggino Giovanni
Minniti. Assolti anche due soggetti originari di
Rosarno, Bruno Pisano e Giovanni Pronestì, per
cui l’accusa aveva chiesto dieci anni di carcere.
Assoluzione per non aver commesso il fatto, infine, per Antonio Galea, classe 1954, ritenuto un
elemento importante del locale di Siderno. Per lui
i pm avevano chiesto sedici anni di galera.
cla. cor.
anni di carcere).
Ancor meglio, però, è andata a
Giuseppe Aquino, ritenuto un
elemento di spicco del clan di Marina di Gioiosa Ionica: assolto per
le imputazioni principali, è stato
condannato a tre anni e quattro
mesi di reclusione, nonostante la
richiesta di sedici anni di galera
dei pubblici ministeri.
E’ vero come sostiene la Procu-
INFINITO
Milano, 110 condanne
fino a 16 anni
LA ‘NDRANGHETA in Lombardia fu colpita duramente dalla
sentenza emessa a novembre
scorso. Il giudice per le udienze
preliminari di Milano Roberto
Arnaldi, inflisse pene dai due ai
16 anni a 110 imputati. Otto, invece, furono le assoluzioni.
Le condanne più severe furono inflitte ai capi delle “locali” disseminate in Lombardia. In particolare, Alessandro Manno, ca-
Tanti i nomi noti
per i quali il gup
ha ritenuto le prove
insufficienti
ra della Repubblica che gli imputati che l’inchiesta “Crimine” individua come capi sono quasi tutti stati condannati. Ma è altrettanto vero che nessuno di loro è
stato condannato per la pena
chiesta dopo le requisitoria
dell’accusa. In molti casi la pena e
solo la metà della richiesta, in altri invece è un terzo di quanto auspicato dalla Dda.
|
Per capire la scelta fatta dal
Giudice Minutoli è quindi necessario attendere le motivazioni
che stanno alla base. Sapendo che
ci vorranno alcuni mesi perchè
vengano depositate.
Da quelle pagine si potrà capire
quale parte dell’impianto accusatorio ha retto al giudizio del Gup e
quale, invece, non ha convinto il
giudice per l’udienza prelimina-
DIBATTIMENTO IN CORSO
|
A Locri le prime battute
del troncone con 34 imputati
di PASQUALE VIOLI
SIDERNO - E la sentenza pronunciata ieri nell'aula bunker di Reggio Calabria potrebbe essere uno
dei perni a cui si potrebbero appoggiare le difese
nell'ambito del dibattimento in rito ordinario scaturito dal maxi blitz della Dda di Reggio Calabria il
13 luglio del 2010. Davanti ai giudici del Tribunale di Locri si stanno celebrando le battute iniziali
dell'altro troncone dell'inchiesta dell'Antimafia.
La decisione del Gup Minutoli potrebbe avere delle
chiare ripercussioni sull'andamento e sull'esito
del processo che è solo alla terza udienza a Locri.
In particolare a pesare in dibattimento potrebbe essere il fatto che il
Gup reggino non ha riconosciuto
carattere trasnazionale all'associazione mafiosa per cui si sta giudicando. Un particolare che per alcuni imputati potrebbe risultare determinante ai fini della sentenza.
Insomma le motivazioni che hanno
spinto il giudice di Reggio Calabria
a ridimensionare le pene chieste dai
magistrati antimafia e concedere
34 assoluzioni condizioneranno di
certo il prosieguo del processo di Locri dove a comparire per rispondere tra le altre alle accuse di associazione mafiosa sono 34 imputati, quelli che
hanno scelto di non essere giudicati a Reggio Calabria con il rito abbreviato.
Due indagati erano stati i prosciolti nell'udienza preliminare, Michele Palmigiano, 56 anni e Saverio Foti, 51 anni. Stanno invece comparendo come imputati davanti ai togati del Tribunale di Locri Anna Maria Agostino; Franca Agostino; Francesco Agostino; Rocco Agostino; Vittorio Barranca; Giuseppe Bruzzese; Giuseppe Caccia; Giuseppe Capasso; Michele Capasso; Domenico Rocco
Cento; Giuseppe Chiera; Domenico Chilà; Guido
Cillo; Antonio Commisso; Roberto Commisso;
Vincenzo Commisso; Antonio Cuppari; Carmelo
Ferraro; Michele Fiorillo; Vincenzo Fleres; Domenico Frascà; Antonio Futia; Domenico Gangemi;
Giuseppe Giampaolo; Giuseppe Iannone; Rocco
Marasco; Giuseppe Martello; Ernesto Mazzaferro; Marzia Mazzaferro; Vincenzo Nunnari; Salvatore Pepè; Nicola Perrotta; Giuseppe Primerano;
Giuseppe Siviglia; Mario Giuseppe Stelitano; Rocco Tassone; Giuseppe Velonà; Vincenzo Zappia.
Tra gli imputati che hanno scelto il rito ordinario
spicca senza dubbio Domenico Gangemi, considerato il referente dei clan in Liguria. Secondo le indagini Gangemi aveva contatti con politici del ponente ligure e gestiva gli affari delle cosche in
stretto contatto con i boss in Calabria. E per il processo che si sta celebrando a Locri la figura di Gangemi
può risultare fondamentale per l'accusa per fa reggere l'impalcatura
costruita dalla Dda di Reggio Calabria che ha descritto una mafia composta da tre diversi mandamenti
(Jonico, Tirrenico e Reggio), ma con
una sorta di camera di regia unica.
Una specie di gotha chiamato a dirimere le controversie tra clan e a riconoscere i nuovi locali di 'ndrangheta, oltre che ad essere garante delle regole dell'organizzazione.
Un consiglio superiore con limitati poteri esecutivi certo, ma con grandissimo carisma e influenza criminale. Capace cioè di governare le dinamiche interne all'organizzazione e di essere
punto di riferimento per le cellule della 'ndrangheta sparse nel territorio nazionale. Infatti in varie parti d'Italia le indagini hanno documentato
più di 40 summit tenuti dagli indagati nell'arco
dei due anni di indagine, spesso organizzati durante cresime, battesimi e matrimoni. Dall'inchiesta dell'antimafia reggina è venuto fuori il nuovo
assetto della 'ndrangheta, con una sorta di cupula
che aveva potere decisionale tra il Nord e il Sud del
Paese.
Il boss di Genova
Gangemi sceglie
di essere giudicato
con il rito ordinario
po della locale di Pioltello, venne
condannato a 16 anni di carcere; Vincenzo Mandalari, capo
della locale di Bollate, a 14 anni;
Pasquale Varca a 15 anni; Pasquale Zappia, nominato capo
dei capi durante una riunione a
Paderno Dugnano, nel centro
intitolato a Falcone e Borsellino,
a 12 anni. Salvatore Strangio, il
punto di contatto dei calabresi
con la ditta “Perego”, venne condannato a 12 anni, mentre Rizieri Cua ricevette una condanna a
sei anni di reclusione. Pene,
quindi, più alte di quelle inflitte a
Reggio.
re.
Non è una dettaglio. Infatti la
Procura si sta preparando ad
un’eventuale ricorso in Appello,
cosa che d’altra parte faranno
molte delle difese per tentare di
ridurre qualche pena o di ottenere qualche assoluzione. Insomma, la partita è ad un passaggio
decisivo, ma non ancora a quello
definitivo.
bene. Il timore di una decisione più
severa lo avevano in tanti. Sia i legali che i familiari sapevano bene
che la Procura aveva puntato molto sull’inchiesta “Crimine”, e sapevano anche che si è trattato di un
processo complesso e lungo nonostante il rito abbreviato. Basta
pensare che l’accusa per esporre le
proprie ragioni ha parlato, per voce dei diversi magistrati, per 9
udienze di seguito.
Legittimo quindi temere l’esito
della decisione.
I magistrati hanno ascoltato
l’intera lettura con il volto teso. In
faccia l’espressione di chi sa di avere lavorato a lungo per quell’inchiesta. Ci sono anche tanti ufficiali dei carabinieri. Quegli stessi
che a Polsi avevano piazzato le telecamere che erano riuscite e riprendere il summit del 2 settembre del 2009, quando riuscirono
ad immortalare molti degli imputati in “circolo formato”attorno alla statua della Madonna della
Montagna. Anche per loro era il
giorno per capire se
gli sforzi investigativi compiuti sarebbero stati ripagati.
Tante le condanne,
ma anche tante le assoluzioni. Un sentenza che soddisfa a
metà sia la Procura
che parte dei detenuti. Come in tutti i processi complessi e difficile anche immaginarne l’epilogo.
A conclusione della lettura volti felici, svolti smarriti, volti perplessi. La sentenza va
letta con calma, capita e solo dopo
commentata. I magistrati hanno
lasciato il bunker in fretta con le loro scorte. Nessuna reazione a caldo. Solo nel pomeriggio arrivano
le dichiarazioni sollecitate dalle
agenzie di stampa. E’ il segno che
qualcosa non è andata come sperato. E non è tanto per le assoluzioni
che in un maxi processo possono
esserci. E’ che 34 sono tante, ma
che soprattutto le condanne sono
di molto inferiori alle richieste,
anche se l’impianto ha retto bene.
Fuori dall’aula una giovane
donna piange appoggiata alle
sbarre della recinzione. Attorno a
lei la solidarietà dei familiari e di
qualche amico. Le sue non sono lacrime di gioia per un’assoluzione,
è il pianto della disperazione per
un padre, un marito o un fratello
condannato, forse a 8 o 10 anni.
Non sono i 20 anni chiesti dall’accusa, ma sono comunque tanti,
tantissimi. E’ un pezzo di vita che
resta dentro una cella. Il giudice
ha ritenuto che quell’uomo ha sbagliato e lo ha condannato a pagare.
La ‘ndrangheta non paga quando
ordina, pagano gli uomini e le donne, che la seguono.
g. bal.
I volti tesi
qualche sorriso
ma anche
le lacrime
dopo la decisione
IL RAPPORTO DELLA DIA
Dopo Calabria e Lombardia
la roccaforte è il Piemonte
DOPO la Lombardia e la Calabria dove storicamente nacque, è il Piemonte la regione in
cui le attività criminali della 'Ndrangheta hanno
maggiormente attecchito. A rivelarlo nelle
scorse settimane sono i dati della Dia, la Direzione Nazionale Antimafia, che ogni anno stila
un rapporto in base alle operazioni svolte. Naturalmente pesano per il 2011 i numeri dell'operazione “Minotauro” che ha portato all'arresto di ben 148 persone. Nell'efficacia delle
strategie criminali gioca un ruolo importante l'abilità nel lavorare sottotraccia, il saper ottenere risultati di carattere estorsivo senza l'effettivo uso
della violenza ma solo grazie alla minaccia di ricorrervi. In più, sempre secondo la Dia, i contrasti interni all'organizzazione sono ridotti al minimo e i
contatti con il mondo della politica, emersi proprio durante i giorni di "Minotauro", rendono la 'Ndrangheta ancora più potente, soprattutto quando
si tratta di reinvestite i proventi dei traffici illeciti in attività alla luce del sole.
L'efficacia criminale dell'organizzazione si basa sull'asse spaccio di
droga-edilizia: i soldi che arrivano dalla prima attività vengono investiti nel
settore delle costruzioni, "maggiormente inquinato in Piemonte". Un elemento di contrasto all'infiltrazione criminale è il fatto che ogni rapporto deve essere costruito da zero, non c'è una "cultura mafiosa congenita".
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
REGGIO CALABRIA - Per i magistrati della Dda andava punito
con vent’anni di reclusione. In
realtà don Mico Oppedisano se l’è
cavata con “soli” dieci anni di carcere, inflitti dal Gup di Reggio
Calabria Giuseppe Minutoli. Il
“vecchietto” Oppedisano, sconosciuto praticamente a tutti fino al
blitz del 13 luglio 2010, sarebbe,
nell’impostazione del pool di pm
coordinati da Michele Prestipino
e Nicola Gratteri, l’elemento
principale dell’indagine “Crimine”, condotta per dimostrare, dopo anni, l’unitarietà della ‘ndrangheta.
E Oppedisano sarebbe proprio
il simbolo della coesione delle cosche dei tre mandamenti, che
avrebbero esteso i propri tentacoli anche sul nord Italia: in virtù
della propria età (è nato nel 1930)
e del proprio carisma, sarebbe
stato investito di un ruolo altissimo all’interno delle gerarchie
della criminalità organizzata calabrese, quello di “Capo Crimine”
nell’annuale riunione presso il
Santuario di Polsi, «con compiti
di decisione, pianificazione e individuazione delle azioni e delle
strategie e, altresì impartendo le
direttive agli associati». E’ lui, infatti, l’uomo che viene intercettato, sia a Polsi, sia nel proprio
agrumeto di Rosarno, a parlare
di cariche, gerarchie e dinamiche
criminali. E la pena inflitta dal
Gup Minutoli, sebbene sia dimezzata rispetto alla richiesta della
Dda, potrebbe comunque non incidere sull’impostazione portata
avanti dagli inquirenti.
PENE MITIGATE
Quella di Oppedisano, comunque, non è la pena più alta inflitta
dal Gup: il prezzo più caro, infatti, lo paga Giuseppe Commisso “il
mastro”. Il boss di Siderno, punito con quattordici anni e otto mesi di galera (a fronte di una richiesta di vent’anni), avrebbe gestito
gran parte dei rapporti illeciti,
anche con l’estero, dalla sua lavanderia, l’Ape Green, vera e propria “stanza dei bottoni” della
‘ndrangheta. Neanche per lui, comunque, il Gup Minutoli ha inteso assecondare le richieste della
Procura. Anche in caso di condanna, infatti, tutte le pene sono
state ampiamente mitigate, rispetto alla requisitoria effettuata, oltre che dagli aggiunti Prestipino e Gratteri, anche dai sostituti Antonio De Bernardo, Giovanni Musarò e Maria Luisa Miranda. Personaggi del calibro di
Nicola e Giuseppe Gattuso, infatti, sono stati puniti con dieci anni
e otto mesi e otto anni, a fronte
delle rispettive richieste di
vent’anni e di diciotto anni di reclusione.
E quelli dei Gattuso, non sono
comunque gli unici nomi “eccellenti” ad aver beneficiato di condanne lievi rispetto alle dure richieste: il 51enne Rocco Aquino,
infatti, ritenuto dagli inquirenti
un personaggio di grande rilievo
REGGIO CALABRIA - I parenti degli imputati del processo “Crimine” ieri mattina erano tanti. Fin
dalle 8 e mezza del mattino hanno
atteso in fila davanti all’ingresso
dell’aulabunker diVialeCalabria.
Non una parola di fuori posto, non
un accenno di impazienza. Con
calma hanno atteso il loro turno
per lasciare i documenti di riconoscimento alle guardie, per passare
sotto i metal detector e prendere
posto nei posti riservati al pubblico. Eranopiù di centinaio,donne e
uomini, ad occupare la gradinata.
Volti tesi, poche parole.
Sotto di loro, neppure a contatto
visivo, le gabbie dei detenuti. Anche quelle stracolme. Dai monitor
arrivavano invece i video collegamenti con altre 14 carceri dove sono detenuti gli imputati reclusi al
41 bis. Erano talmente tanti i collegamenti che sui televisori si vedevano poco più che francobolli. Impossibile riconoscere luoghi e volti. Gremiti gli spazi per il pubblico
e anche le gabbie, ma gremita anche l’Aula Uno del
bunker. Sulla destra, alla prima fila
tutti e cinque i magistrati dell’accusa:
Nicola Gratteri, Michele
Prestipino,
Marialuisa Miranda, Antonio De Bernardo e Giovanni
Musarò. Il resto
dell’aula era occupata dai difensori degli
imputati, dai legali
della parti civili e dai
giornalisti. Presenti anche alcuni
altri magistrati che hanno voluto
essere presenti alla lettura della
sentenza. E’ il caso dei pm Giuseppe Buontempo, di Gabriella Cama
e Annalisa Arena. Insomma che si
trattasse di una sentenza “storica”, ci voleva poco a capirlo.
Inizio fissato per le 10, in realtà
l’udienza è partita pochi minuti
dopo le 11. Quando il giudice Giuseppe Minutoli è entrato in aula
assieme ai suoi collaboratori è calato un silenzio surreale. Poi la
lenta sequenza dei nomi, scanditi
con calma, con i riferimenti del codice, l’elenco dei capi d’imputazione e la sentenza.
Alle parole “assolto” dalle gabbie e dalla tribunetta i sospiri di
sollievo di familiari e detenuti. Mai
in maniera scomposta (anche se il
giudice ha fatto due richiami), mai
un commento fuori luogo. L’uditorio ha continuato ad ascoltare
con pazienza. E c’è voluto più di
un’oraper leggerel’intera sentenza. Alla fine i commenti erano diversi. E’ chiaro che per molti il rischio era di condanne ben più pesanti. Per questo alcuni degli avvocati presenti in aula hanno commentato la sentenza come “equilibrata”. Una maniera garbata per
dire che tuttosommato era andata
24 ore
Venerdì 9 marzo 2012
La vittima, un meccanico di Caulonia, finisce in ospedale. I medici gli asportano la milza
Sventa il furto d’auto, ferito
I due ladri scoperti hanno fatto fuoco contro il proprietario del mezzo
di FRANCESCO SORGIOVANNI
CAULONIA - Un uomo è rimasto
gravemente ferito mentre cercava
di bloccare due ladri che gli stavano rubando l'auto. Alla sua reazione, uno dei due malviventi ha sparato colpendo l'uomo al fianco sinistro. Il fatto è accaduto nella tarda
serata di mercoledì, in località Marano di Caulonia Marina.
E' successo a Francesco Bava,
meccanico 48enne, originario di
un comune del vibonese ma da molto tempo residente a Caulonia. Ricoverato d'urgenza presso l'ospedale di Locri, il meccanico, in prognosi riservata, è stato operato
nella notte. I medici del nosocomio
hanno dovuto asportargli la milza, ma non sarebbe in
pericolo di vita.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri
della compagnia di
Roccella Jonica, guidati dal capitano Marco Comparato, che indagano insieme ai militari della stazione di
Caulonia sul ferimento dell'uomo,
non ci sarebbe un movente diverso
alla base del fatto di sangue.
In base anchealle testimonianze
raccolte dagli investigatori, mercoledì sera, verso le 20,30, alcuni
congiunti della persona ferita si
trovavano appena fuori dalla porta della loro abitazione, intenti a fumarsi una sigaretta. Avevano da
poco cenato. All'improvviso, captavano dei rumori strani localizzati ad un centinaio di metri dal punto in cui gli stessi si trovavano. Ponevano maggioreattenzione eriuscivano a stabilire che c'era qualcuno nei pressi di un capannone
utilizzato da una impresa edile del
luogo per il deposito di macchine e
materiali. Forse stavano cercando
di forzare l'entrata del magazzinodeposito per asportarne i mezzi o le
attrezzature. La certezza sulla presenza effettiva dei due malintenzionati, i congiunti di Francesco
Bava, l'hanno avuta nel momento
in cui, in quel preciso istante, una
macchina che circolava sulla stra-
da che collega il centro abitato con
la zona periferica di Caulonia marina, dov'è successo il fatto, con i fari ha illuminato per un istante e casualmente il punto preciso da dove
provenivano i rumori. I due malviventi hanno cercato di nascondersi dietro un mezzo parcheggiato
vicino. Ma qualcuno li aveva scoperti, pur non riuscendo ad individuarli con precisione. Francesco
Bava, a quel punto, veniva avvertito dai suoi congiunti e immediatamente si precipitava fuori di casa. I
due ladri, intanto, stavano cercando di darsi alla fuga, dopo essersi
introdotti nell'autovettura del
meccanico, che era parcheggiata
nei pressi dell'abitazione.
Sembra, peraltro, che le portiere
dello stesso mezzo non
fossero chiuse a chiave,
la qual cosa avrebbe favorito sul tempo i due
malviventi. Con tutto
ciò, non curante del pericolo, Bava ha cercato
in tutti i modi di bloccare i ladri. Uno di questi,
per potersi coprire la
fuga, ha impugnato la pistola e
l'ha puntata in direzione del meccanico. Questi ha continuato ad
opporsi al tentativo dei due malviventi. E' stato a quel punto che uno
dei due, quello con la pistola in mano, ha fatto partire un colpo. Francesco Bava è stato raggiunto al
fianco sinistro. Un ferimento che
si è dimostrato subito grave. Sentendo il colpo dell'arma da fuoco
(quasi sicuramente una pistola di
grosso calibro), i familiari di Bava
si sono immediatamente precipitati fuori dalla loro abitazione e
hanno soccorso il congiunto.
Sono stati loro stessi a trasportarlo al posto fisso del 118, distante
poco meno di un chilometro dalla
contrada Marano, sempre a Caulonia marina. Con una ambulanza
del Suem è stato trasportato all'ospedale di Locri, dove i sanitari sono intervenuti per asportargli la
milza, rimasta compromessa dalla
pallottola sparata. I due ladri sono
riusciti a scappare. I carabinieri
stanno indagando sul caso.
I carabinieri
sulle tracce
dei malviventi
DIRITTO DI REPLICA
«Solo cortesia a una cittadina»
Il fratello del governatore chiarisce i motivi
della telefonata all’ingegnere Crucitti
SCRIVO nell'interesse e per
conto del Signor Consolato
Scopelliti (cfr. conosciuto come Tino), il quale si è rivolto a
questo Studio legale per tutelare la propria dignità e reputazione a seguito delle dichiarazioni rese dal teste colonnello
Valerio Giardina nel processo
“Meta” per comunicare l'assoluta estraneità alle circostanze
e alle deduzioni investigative,
da questi riferite.
In particolare sull'intercettazione telefonica, si precisa
che in data 3 marzo 2009 il Si-
gnor Consolato Scopelliti,
mentre svolgeva, per conto dell'Agenzia delle Entrate, attività di rappresentanza processuale davanti la Commissione
Tributaria Provinciale di Reggio Calabria, fu avvicinato da
una Funzionaria (cfr. all'occorrenza e se è necessario verranno divulgare le generalità),
che gli chiedeva se era possibile
avere notizie riguardo ad alcuni lavori che erano in corso di
esecuzione, in Contrada Aretina di questa Città, dall' Ammi-
nistrazione Comunale di reggio Calabria.
Tale interesse nasceva perché la Funzionaria era proprietaria di un immobile in tale
area.
Infatti a seguito di fenomeni
temporaleschi la zona era stata
interessata da frane e smottamenti di terreno che bloccavano il transito stradale.
Il Signor Consolato Scopelliti, quindi, contattò telefonicamente l'ingegnere Pasquale
Crucitti (cfr. Dirigente dei lavori pubblici del Comune di
Reggio Calabria), per conoscere lo stato delle procedure amministrative e, quindi, poter rispondere alla suddetta Funzionaria, che ogni volta che lo incontrava, chiedeva a che punto
era l'attività dell'Amministrazione comunale su tale intervento.
Un atto di cortesia ad una cittadina, che manifestava un disagio e che non aveva avuto alcuna risposta.
E' illegittimo, irrilevante,
non conducente e, perciò, ingiustificato, il riferito collegamento del Sig. Consolato Scopelliti con le attività, perseguite dagli inquirenti nell'ambito
dell'indagine e del processo denominato "Meta", tanto da rappresentarlo quale appartenente ad una lobby affaristico-mafiosa che gestirebbe i lavori
pubblici nella Città dello Stretto.
Quindi, quanto riferito è privo dei requisiti di verità oggettiva, di pertinenza e di continenza.
Il Comune di Reggio
Ris al lavoro sul Dna dei resti che potrebbero appartenere a Midiri Il crollo del palco della Pausini
Tre mesi per trovare la verità Autopsia sul corpo
Riesumati i cadaveri dei genitori dell’uomo scomparso 20 anni fa
di BRUNETTO APICELLA
BOTRICELLO – Tre mesi di
tempo o forse di più per mettere un punto fermo su una vicenda che da anni è avvolta nel
mistero. Tre mesi per stabilire
realmente se quei resti, trovati il 1 ottobre del 2000 nei pressi di Botricello Superiore, appartengono realmente a Vincenzo Midiri, l'uomo di cui
non si hanno più notizie dal
mese di ottobre del 1990, da
quando, uscito dal carcere per
un permesso, ha fatto perdere
le tracce e che le cronache nazionali definiscono come «un
soggetto capace di commettere qualsiasi tipo di reato».
E, adesso, i resti rinvenuti
nel 2000 che si trovano nei laboratori del Ris di Messina e il
cui Dna, nei prossimi giorni,
saranno comparati a quello di
Ignazio Midiri, deceduto nel
1981 e di sua moglie Rosa
Condito, deceduta nel 1985.
Sono loro i genitori di Vincenzo Midiri, i cui corpi, proprio nella mattinata di ieri, sono stati riesumati nel cimitero di Botricello situato in localitàArango.È statoqui,infatti che, intorno alle 9,30 di ieri
mattina, sono iniziate tutte le
operazioni che, lo sperano gli
inquirenti che lavorano al caso, potrebbero mettere un primo punto fermo sulla vicenda. È stato il medico legale, in-
La riesumazione delle salme al cimitero di Botricello
caricato dal sostituto procuratore Emanuela Costa, Massimo Rizzo, ad effettuare gli
accertamenti sui due corpi.
Accertamenti importanti per
iquali leportedel cimitero,ieri, sono state rigorosamente
chiuse, così come disposto
dall'ordinanza firmata nei
giorni scorsi dal sindaco Giovanni Camastra. Solo i familiari dei congiunti hanno potuto presenziare alla riesumazione dei corpi e, nello svolgere ilsuo lavoro, ilmedico legale è stato supportato anche
dai carabinieri di Sellia Marina, dagli operai del Comune di
Botricello e dall'Agenzia funebre Loprete. Dopo l'estra-
zione delle salme, il dottore
Rizzo, assieme alla sua assistente, la dottoressa Valentina Lagamba, ha iniziato gli
esami più approfonditi sui
corpi. Effettuata la valutazione, il medico legale ha prelevatotre tipidi ossain tredifferenti parti del corpo. Ed è da lì
che, nei prossimi giorni, saranno portate avanti tutte le
attività necessarie per il prelievo del Dna e la successiva
comparazione per un confronto diretto. Ma per conoscere i risultati ci vorrà qualche mese, forse tre o forse di
più.
L'indagine sulla scomparsa di Midiri, che ieri ha porta-
to alla riesumazione dei corpi
dei due congiunti, è stata riaperta nel 2006 ed è seguita dai
carabinieri della Compagnia
di Sellia Marina ma gli interrogativi sono tanti. Quei resti
rinvenuti nel 2000 nei pressi
del cimitero di Botricello Superiore, sono realmente di
Vincenzo Midiri? E se non dovessero essere i suoi, Vincenzo Midiri è morto? E se non è
morto, è vivo ed è latitante dal
giorno della sua fuga? È a
questo che si cercherà di rispondere, considerando anche il fatto che sono troppi i
dubbi attorno a tutta la vicenda e poche le certezze. Una certezza è data dal fatto che lo
scheletro rinvenutonel 2000,
così come stabilito nella relazione del medico legale Massimo Rizzo, appartiene ad un
uomo, con un'età compresa
tra i 45 e i 65 anni, alto tra 1,67
e 1,75 centimetri, con un'epoca della morte risalente almeno al 1997 ma con un margine
di dieci anni, quindi dal 1987
in poi. Ed a rendere tutto ancora più inquietante, la causa
della morte: un colpo di fucile
calibro 12 caricato a pallettoni. Ma se c'è un collegamento
tra quei resti e se appartengono realmente a Vincenzo Midiri, adesso, solo l'accertamento sul Dna comparato a
quello dei suoi congiunti lo
potrà svelare.
di Armellini
REGGIO CALABRIA - E’stata eseguita ieri pomeriggio
l’autopsia sul corpo di Matteo Armellini, il tecnico rimasto ucciso domenica notte dal crollo del palco in allestimento per lo spettacolo di
Laura Pausini. L’incarico di
eseguire l’esame autoptico è
stato affidato dal pm Rosario Ferracane, titolare
dell’inchiesta, al dottor matarazzo. Ovviamente prima
di avere l’esito della perizia
ci vorranno alcune settimane. Dall’esame stesso, d’altra parte, la Procura non si
attende molto. Se non la conferma del fatto che il 31enne
romano è morto a seguito
del colpo ricevuto alla testa
da uno dei tubi d’acciaio della struttura venuta già durante la costruzione. Subbito dopo l’esame stesso il corpo è stato consegnato alla famiglia per i funerali che si
svolgeranno molto probabilmente nella giornata di
oggi al paese d’origine della
famiglia.
Il pm attende l’esito della
perizia più importante. E
cioè quella dei tecnici che dovranno stabilire la causa del
collasso della struttura. Solo allora si potrà capire quale strada prenderà l’inchiesta per arrivare ad individuare le eventuali responsabilità.
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20 Calabria
L’assessore regionale parla di incompatibilità per via del processo al quale è sottoposta a Locri
«Errori sanitari, Laganà via»
Tallini sollecita Orlando a rimuovere la deputata dalla Commissione
di PASQUALE VIOLI
SIDERNO - «La presenza
dell'onorevole Maria Grazia Laganà nella commissione nazionale d'inchiesta
sugli errori sanitari non è
più compatibile con la strategia difensiva che il deputato del Pd calabrese sta
adottando al fine di ostacolare il lavoro dei giudici di
Locri nel processo per tentata truffa, falso e abuso che
la vede direttamente coinvolta».
L’assessore regionale Domenico Tallini getta benzina sul fuoco delle polemiche scaturite dalla decisione della vedova Fortugno di
avvalersi della facoltà di
non rispondere nel processo nella quale è imputata insieme ad altre quattro persone per una presunta truffa ai danni della sanità pubblica nella Locride. E l’assessore della Regione Calabria, in una dai toni durissimi, chiama in causa anche
l’ex sindaco di Palermo LeoLuca Orlando, oggi a capo
della commissione d’inchiesta per gli errori sanitari:
«Se l'onorevole Laganà – dice ancora Tallini - che non si
è presentata davanti al tribunale di Locri, non avvertirà la sensibilità di dimet-
L’assessore Mimmo Tallini e la deputata Maria Grazia Laganà
tersi, chiediamo direttamente a LeoLuca Orlando
di rimuoverla dall’incarico
per una evidente incompatibilità etica che danneggia
l'immagine del Parlamento
e dell'organismo che ha il
compito di indagare sulle
cause del disavanzo delle
Regioni in campo sanitario».
La parlamentare del Pd,
dunque, bersaglio delle critiche che arrivano dal centro destra. Un polverone alzatosi tre giorni fa quando
Maria Grazia Laganà si è
detta impegnata in attività
parlamentari, ed ha presentato ai giudici di Locri una
memoria in cui indicava la
sua intenzione di avvalersi
della facoltà di non rispondere. Sulla sponda del Partito Democratico per adesso
tutto tace, nessun intervento sulla questione neppure
da parte della diretta interessata. La vedova Fortugno all’epoca dei fatti contestati dalla Procura di Locri
era vice direttore sanitario,
ed oggi è imputata per presunte irregolarità nella fornitura di materiale medico.
Insieme al titolare dell’impresa di forniture di medicinali Medinex di Reggio Calabria, Pasquale Rappoccio, l’ex direttore amministrativo dell’Asl, Maurizio
Marchesi, un funzionario
amministrativo dell’ente,
Nunzio Papa, ed un medico
dell’ospedale, Albina Micheletti. E per l’assessore
Regionale Domenico Tallini potrebbe essere anche
tardiva la decisione della
Laganà di lasciare la commissione d’inchiesta guidata da Orlando.
«La parlamentare –affonda ancora Tallini - avrebbe
dovuto dimettersi già a dicembre, quando venne rinviata a giudizio. La credibilità delle istituzioni viene
oggi fortemente compromessa dagli atteggiamenti
dell'onorevole Laganà che
utilizza il suo mandato parlamentare per sottrarsi ai
suoi doveri verso l'autorità
giudiziaria». E secondo
l’opinione dell’assessore in
quota Scopelliti la presenza
della parlamentare del Pd
in commissione d’inchiesta
potrebbe anche compromettere il lavoro della squadra di LeoLuca Orlando.
Progetto della Regione
Il deputato Belcastro “interroga” il ministro Passera
Master
per fermare
la fuga
dei cervelli
«Serve un commissario
sull’uso dei fondi»
CATANZARO - L'assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri,
nell'annunciare l'incontro di martedì prossimo,
13 marzo, alle ore 16, al
Centro Agroalimentare
di Lamezia Terme con
gli studenti dei Master
in Management pubblico e Management sanitario promossi dalle
Università “Luiss” di
Roma e “Bocconi” di Milano, ha dichiarato che
«il Presidente Scopelliti
intende trasformare la
Calabria da terra dell'esodo intellettuale in terra del riconoscimento
del merito e del ritorno,
dove le persone di talento non siano costrette ad
emigrare, ma contribuiscano allo sviluppo di
tutti».
A tali corsi - informa
una nota dell'ufficio
stampa della giunta regionale - sono iscritti 65
giovani laureati calabresi, ammessi al rimborso previsto dalla Regione Calabria che riguarda
complessivamente 1.230 laureati.
Per fare diventare la
pubblica amministrazione e la sanità fattori
di sviluppo, la Regione
Calabria ha richiesto un
innovativo percorso di
studio, che rappresenta
una novità nel sistema
formativo italiano.
Tale percorso è stato
messo a punto dagli Atenei “Luiss” e “Bocconi”
che, per la prima volta
insieme e per la prima
volta al di fuori delle rispettive regioni, collaborano per questo progetto. I master si concluderanno nel prossimo
mese di ottobre con la discussione delle tesi finali.
CATANZARO – Il deputato
Elio Belcastro, vicesegretario nazionale di «NpS – Noi
Sud’' e componente della
Commissione parlamentare
antimafia ha depositato un’
interrogazione al Ministro
allo Sviluppo economico,
Corrado Passera, sulla gestione dei fondi destinati allo
sviluppo del Mezzogiorno
«e, in particolar modo – prosegue il testo – per ribadire
che gli stessi necessitano di
un maggior controllo e di
una maggiore trasparenza».
Nell’interrogazione Belcastro evidenzia «che la gestione e l'utilizzo corretto dei
fondi destinati allo sviluppo
del Mezzogiorno rappresenta un capitolo fondamentale
per la reale crescita delle regioni meridionali ed in particolar modo di una regione
come la Calabria dove sussistono forti commistioni fra
ambienti illegali ed esponenti della classe imprenditoriale» e che «per tali ragioni, in
Il deputato Elio Belcastro
ordine ad alcune aziende, la
Regione Calabria su alcuni
finanziamenti già concessi
ha richiesto alla Guardia di
Finanza di verificare l’attendibilità o addirittura la presunta mancanza di requisiti
indispensabili per ottenere i
finanziamenti. Nello stesso
tempo, nonostante le richieste emanate dal Dipartimento Attività produttive della
Regione, la stessa Regione
ha inspiegabilmente omesso la conseguenziale e logica
procedura di autotutela per
revocare i i finanziamenti e
richiederne il dovuto rimborso».
Il vicesegretario nazionale di “NpS – Noi Sud’” conclude invitando il ministro a
«poter procedere, per quanto di propria competenza e
tenuto conto delle prerogative della Regione Calabria,
con apposita nomina di un
commissario ad acta per la
gestione dei fondi,o, in alternativa alla nomina di un funzionario del Ministero con
delega di poter ispezionare
la correttezza delle procedure atte a gestire, monitorare
e controllare i finanziamenti
che sempre più spesso divengono poi non più recuperabili, onde consentire, con il loro corretto utilizzo, che gli
stessi, nella massima trasparenza, possano conseguire obiettivi di reale sviluppo ed evitare che, invece,
vengano gestiti da imprenditori senza scrupoli che non
operano certamente per il
bene del territorio, della Calabria e del Mezzogiorno».
LOCRI
Francese muore
sulla Costa Serena
a 10 miglia dalla costa
LOCRI - Ancora un lutto Roccella Jonica. Da acsu una delle navi della certare principalmente
Costa Crociere, a 10 mi- se a causare il decesso del
glia dalle coste della Lo- cinquantenne francese
cride muore un turista sia stato un evento natufrancese e la Procura di rale, come un infarto o
Locri apre un fascicolo. un ictus, oppure se la
Questa volta a balzare morte del passeggero
agli onori della cronaca è possa essere imputata
la “Costa Serena”, una ad agenti o fattori esterdelle navi impegnate nel ni. Le indagini sono in
giro del Mediterraneo. I corso, sicuramente si
fatti raccontano di una aspetta una relazione del
medico
di
chiamata di
bordo e versoccorso
ranno sentite
giunta dalla
le
persone
“Costa Sereche erano in
na” verso la
crociera con
Capitaneria
la vittima per
di Porto di
capire quanReggio Calado l’uomo di
bria. Nella riNizza si sia
chiesta
di
sentito male e
aiuto si parlacome siano
va di un uoandati i socmo a bordo
corsi.
che ha perso
Torna
conoscenza.
quindi al cenL’interven- La “Costa Serena”
tro della croto della Capinaca una deltaneria
di
le navi “CoPorto è stato
sta”, questa
immediato,
volta
con
infatti subito
ogni probabiuna motonalità, per la
ve ha ragbrutta vicengiunto la “Seda, nulla è da
rena” per cerimputare alla
care di verifisocietà di nacare cosa fosvigazione o al
se successo e
personale di
in quali condizioni si trovasse il pas- bordo ma per spazzare
seggero. Ma al loro arri- via ogni dubbio si dovrà
vo gli uomini della Capi- attendere l’esito delle intaneria di Porto di Reg- dagini della Procura di
gio Calabria non hanno Locri.
Intanto la “Costa Serepotuto fare altro che constatare il decesso di na”, un gigante del mare
N.J.C, classe 1962 di na- con 1.500 cabine, 5 ristozionalità francese e resi- ranti e 13 bar, oltre ai
centri benessere, sta
dente a Nizza.
Il cadavere è stato poi continuando la sua croportato all’ospedale di ciera in direzione delle
Locri. Dalle prime indi- isole greche. Saranno i
cazioni fornite anche dal responsabili della sociemedico di bordo, la causa tà di navigazione adesso
della morte potrebbe es- a dover interagire con il
sere da imputare ad un pubblico ministero Deinfarto, ma sarà l’autop- bora Rizza che sta coorsia a chiarire ogni cosa. dinando le indagini per
Infatti sull’accaduto è competenza, visto che il
stato aperto un fascicolo decesso dell’uomo di Nizdal magistrato della Pro- za sarebbe avvenuto a 10
cura di Locri Debora Riz- miglia dalle coste della
za che sta coordinando le Locride, in acque di comindagini di polizia giudi- petenza della Procura
ziaria insieme ad Anto- della Repubblica di Lonio Ripoli, comandante cri.
dell’ufficio marittimo di
p. v.
La Procura
ha aperto
un fascicolo
sul decesso
Nasce l’associazione “Buongiorno Mezzogiorno”, come pungolo all’azione del Governo locale
Professionisti e universitari insieme per dare la svolta
CATANZARO - Professionisti e studenti
insieme per lo sviluppo del territorio. Nasce l'associazione culturale “Buongiorno
Mezzogiorno”, su iniziativa di Marco Gallippi, con il supporto della forte volontà di
un gruppo di giovani professionisti e di
studenti universitari di tutta la Calabria,
determinati a dare una svolta al loro futuro e a quello dell’intera regione.
Attraverso la costituzione di un “libero
pensatoio” di idee e progetti, l'associazione si prefigge di ritrovare il piacere del dialogo costruttivo e la voglia di credere in un
futuro migliore. L’obiettivo è quello di dare vita ad un nuovo strumento di aggregazione di idee ed esperienze, di cui la regione è ricca. Da qui l'intento manifestato dai
giovani «di risvegliare la voglia di mobilitarsi per cambiare, favorendo la massima
partecipazione di ogni singolo cittadino ai
meccanismi di formazione delle decisioni,
con idee e proposte progettuali che possano stimolare l'azione del governo locale,
fin qui poco attento ai reali bisogni della
collettività calabrese. Basta con la politica
che non è servizio ma giustificazione di potere e di indennità garantita - dicono -. Essa deve essere libera e soprattutto al servizio delle istanze della gente».
Il direttivo dell’Associazione è composto
dal presidente Marco Gallippi, laureato alla Facoltà di architettura di Reggio Calabria, dalla vice Giulia Chiara Massara, laureanda in Farmacia, dal segretario Gregorio Comi, studente universitario di Ingegneria, dal tesoriere Valentina De Marco,
laureanda in Farmacia, e da Francesco Dileo, architetto.
I componenti del direttivo dell’associazione “Buongiorno Mezzogiorno”
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Calabria 21
24 ore
Venerdì 9 marzo 2012
Venerdì 9 marzo 2012
La Cassazione ha accolto i rilievi degli avvocati D’Ascola e Genovese e ha rinviato gli atti
Annullato l’arresto di Rappoccio
Era stato fermato nell’ambito dell’inchiesta Reggio Nord della Dda reggina
E’ STATA annullata con
rinvio l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal
Gip di Reggio nei confronti
dell’imprenditore Pasquale
Rappoccio. Ieri mattina la
Cassazione ha accolto il ricorso degli avvocati Emanuele Genovese e Nico
D’ascola, legali dell’uomo
arrestato
nell’ambito
dell’operazione
“Reggio
Nord”. Per la Corte non vi
sarebbero i gravi indizi sostenuti invece dal pm che
hanno condotto l’inchiesta
e giudicati tali dal Gip.
Roppoccio è un imprenditore particolarmente noto della città. Imprenditore
su più fronti, accusato di
aver favorito la cosca Condello.
La storia colpì anche alla
luce di quanto scoperto dalle forze dell’ordine a casa
sua durante la perquisizione.
Rappoccio teneva il
grembiulino della loggia
accanto all’immagine della
Madonna di Polsi e della
Consolazione. E aveva anche la lettera con la quale
l’onorevole Giuseppe Caminiti, allora deputato di Forza Italia, lo aveva raccomandato per il titolo di
Commendatore della Repubblica. Quando i carabinieri sono piombati a casa
sua per arrestarlo, scoprirono un mondo. Saltarono
fuori una marea di documenti, lettere, faldoni e
computer pieni di informazioni. Tutto materiale sequestrato.
Sono tante le facce mostrate in giro da Rappoccio.
Quella di imprenditore certo, di commendatore anche,
e poi di massone e di personaggio dai mille contatti,
dalle innumerevoli relazioni. Chi era l’uomo fermato
ieri per i suoi rapporti con i
Condello era scritto nero su
bianco su una informativa
della Guardia di Finanza
L’arresto di Pasquale Rappoccio
inserita nel processo per le
truffe all’ospedale di Locri
(ancora in corso). Carte che
lo inquadrano come un tipo
che in politica era capace di
parlare con Raffaele Lombardo, e sponsorizzare Lele
Mora a Giuseppe Scopelliti.
Secondo le Fiamme gialle
era
un
imprenditore
«dall’intensa attività che
spazia nei comparti della
vendita di prodotti sanitari,
nella valorizzazione e vendita immobiliare, nell’attività svolta da ospedali e case di cura in generale,
nell’attività di gestione di
villaggi turistici». Interessi vari, per alimentare i
quali l’imprenditore utilizza anche i canali della politica e della massoneria».
Un tipo strano certo, ma
per il quale i giudici non
hanno ritenuto sufficienti
le ragioni che hanno portato al suo arresto.
La conferenza stampa dell’operazione
Si è tenuta in Prefettura la riunione del Comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza
Furti cavi Enel, controlli intensificati
Varratta ha rivolto un augurio al neoprocuratore di Roma Giuseppe Pignatone
NELLA mattinata di ieri si è tenuta,
sotto la presidenza del Prefetto Luigi
Varratta, una riunione del Comitato
Provinciale dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica alla quale hanno partecipato, oltre al Procuratore ed al
Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone e Ottavio
Sferlazza, il sindaco Demetrio Arena,
ed i vertici provinciali delle Forze di
polizia. In avvio di riunione il sindaco
Arena ha illustrato le iniziative finora
assunte dall’Amministrazione comunaleallo scopodiaccelerare laripresa
dei lavori di realizzazione del nuovo
mercato ortofrutticolo in località
Mortara riservandosi di presentare,
entro la prossima settimana, un aggiornato cronoprogramma dei medesimi. Si è quindi affrontato il più ampio fenomeno dell’abusivismo commerciale nel territorio urbano con segnato riguardo all’area mercatale
della centrale Piazza del Popolo. In
proposito siè concordato chei competenti Uffici comunali diano sollecita
definizione alle procedure di rilascio
di nuovi atti autorizzativi in favore dei
commercianti ambulanti chesiano in
condizione di poter ottenere la sanatoria delle proprie posizioni.
A fini di deterrenza del fenomeno,
la Polizia Municipale, che sarà sup-
portata in caso di necessità dalle Forze di polizia, assicurerà un’intensificazione dei controlli nella zona interessata. Si sono poi esaminate le situazioni di degrado urbano esistenti nei
quartieri di Arghillà e Modena – Ciccarello in relazione alle quali l’Amministrazione comunale si è impegnata
a valutare l’adozione di appositi piani
di intervento volti al recupero ed alla
bonifica delle aree maggiormente
compromesse. In prosieguo si è affrontata, con la presenza dei rappresentanti territoriali della società
Enel, la questione connessa all’incremento registratosi negli ultimi mesi
di furti di rame e di energia elettrica.
In proposito si è delineata una strategia di intervento imperniata in chiave
repressiva sulla verifica da parte della
locale Procura della Repubblica - cui
la societàEnel farà pervenireuna dettagliata relazione sugli episodi criminosi denunciati in provincia – di presupposti che consentano la diversa
rubricazione di tali fattispecie di reato
ai fini di un inasprimento delle relative pene edittali. Al termine della riunione il Prefetto ha colto l’occasione
per rivolgere a Pignatone un cordiale
augurio di buon lavoro nel nuovo delicato incarico che assumerà, a breve,
presso l’Ufficio inquirente della Capitale.
A scuola educazione ambientale e legalità
LA LETTERA
La Forestale tra i banchi
dello Scientifico “Volta”
«Non siamo
amici
di cartapesta»
versi. Dalla lotta agli incendi boschivi al controllo del territorio finalizzato alla prevenzione generale
e repressione dei reati, con particolare attenzione a quelli inerenti la
tutela ambientale. Verrà illustrato
anche il ruolo, quasi esclusivo, che
il Corpo svolge per l’applicazione
della Convenzione di Washington
sul commercio internazionale delle
specie di fauna e flora minacciate di
estinzione, denominata in sigla
C.I.T.E.S. Entrata in vigore nel
1980, con l'esigenza di controllare il
commercio degli animali e delle piante (vivi, morti o parti e prodotti derivati), in quanto lo sfruttamento
commerciale è, assieme alla distruzione degli ambienti naturali
nei quali vivono, una
delle principali cause
dell'estinzione e rarefazione in natura di
numerose specie. Attualmente viene applicata in ben
175 Stati aderenti ed, in Italia, il
Corpo Forestale cura la gestione
amministrativa ai fini della certificazione e del controllo tecnico-specialistico per il rispetto della Convenzione.
Di recente attuazione, ma sicuramente non meno importante, è l’attività di indagine e controllo nel settore agroalimentare, la cui attenzione si è maggiormente focalizzata
CHIEDIAMO cortesemente di dare voce a coloro che sono stati definiti "amici di cartapesta", pubblicando la nota
stampa che trova in allegato.
Di darci la possibilità
di rispondere alle dichiarazioni calunniose
fatte dal Bentivoglio, nel
suo “libro-denuncia” intitolato “Colpito” e pubblicato da Libera, nel
quale ci definisce “soci
mendaci”.
Sono successe delle
brutte cose al Bentivoglio, non c’è dubbio, ma
sulle stesse avrà modo la
Magistratura di fare luce. Se egli avesse, però,
agito con correttezza,
sincerità e gratitudine
oggi avrebbe ancora al
suo fianco gli amici di un
tempo a sostenerlo. Sulla menzogna non si può
costruire una immagine
credibile, soprattutto a
danno di persone corrette e sincere e che oltre ad
essere timorose di Dio e
credenti sono altrettanto rispettose dello Stato e
delle Sue Leggi!
Anna Maria Manduci
Concetta Aloisio
OGGI, in concomitanza con la chiusura della settimana dello studente,
che si sta svolgendo presso il Liceo
Scientifico Statale “A. Volta”di Reggio Calabria, personale del Corpo
Forestale dello Stato che presta servizio negli uffici di Reggio Calabria,
incontrerà gli allievi del prestigioso
istituto reggino dislocato nella nuova struttura del quartiere di San
Sperato per promuovere alcuni
principi di legalità di educazione
ambientale e rispetto dei sistemi naturali nonché di sicurezza agroalimentare.
Un momento d’incontro importante per
illustrare ai giovani
studenti reggini le attività che il Corpo Forestale dello Stato svolge
sul territorio per prevenire e reprimere i reati
nel settore ambientale e
agroalimentare, grazie anche ad una percepibile sensibilizzazione
mostrata, negli ultimi anni, da parte dell’opinione pubblica nei confronti delle predette materie.
Verranno illustrate le principali
attività che, quotidianamente, il
personale del Corpo Forestale dello
Stato svolge sul territorio, con particolare attenzione ai servizi e agli
eventi che la cronaca ed i media in
genere hanno ultimamente portato
alla ribalta dell’opinione pubblica.
Gli argomenti trattati saranno di-
Tra sicurezza
agroalimentare
e lotta
all’abusivismo
I controlli della Forestale sul territorio
a seguito dell’avvento della globalizzazione. Questo fenomeno, per
alcuni aspetti, ha inciso negativamente sull'integrità ambientale e
sulla qualità e quantità di alimenti
disponibili per la popolazione con
l'apertura dei mercati economici a
società con modelli organizzativi diversi quali i Paesi dell'Est e la Cina.
Questo ha favorito anche la sofisticazione e contraffazione degli alimenti con destinazione umana e,
pertanto, è nato nel Corpo Forestale, il Nucleo Agroalimentare e Forestale (NAF), una struttura centrale,
altamente specializzata nel contrasto alla criminalità in ambito agroalimentare e alla contraffazione dei
prodotti di qualità. In tutto il territorio nazionale, dove l'attività operativa è garantita dagli 87 Comandi
provinciali, dagli altrettanti Nuclei
Investigativi di Polizia Ambientale
e Forestale (N.I.P.A.F.) e dai 1.100
Comandi stazione del Corpo Fore-
stale dello Stato, il N.A.F. svolge
funzioni di coordinamento ed indirizzo info-investigativo e di analisi
in tema di sicurezza agroalimentare, fornendo supporto operativo, e
logistico ai Comandi territoriali.
In ultimo si accennerà anche al
monitoraggio ambientale, ai servizi
di protezione civile, di sorveglianza
dei parchi e ad alcuni servizi speciali, come quello a cavallo e il servizio
cinofilo destinato principalmente
ad attività di ricerca e soccorso di
persone scomparse in superficie, o
travolte da macerie, detriti e valanghe.
Nelle aree interne del plesso scolastico, infine, verrà dislocato il Comando Stazione Mobile in uso nella
provincia di Reggio Calabria, corredato da alcune delle dotazioni tecniche e strumentali utilizzate quotidianamente dal personale del CfS
nelle attività di prevenzione e repressione.
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28 Reggio
Provincia
Venerdì 9 marzo 2012
Aldo De Marco per uccidire il figlio di Presta ha usato una vecchia pistola degli anni ’20
«Domenico morto per un caso»
Il perito dice che il proiettile sarebbe stato innocuo se avesse incontrato un osso
COSENZA – La vittima sfortunata e il carnefice scaramantico. Non è il titolo di un
racconto noir ma è quanto
emerso ieri mattina al termine dell’udienza del processo
in corte d’assise di Cosenza
contro Aldo De Marco, il
42enne elettrotecnico che il
17 gennaio 2011 a Spezzano
Albanese ha ucciso Domenico, il figlio del boss latitante
Franco Presta.
La sorte ha voluto che il
proiettile della quasi innocua
pistola utilizzata da De Marco
passasse tra due costole del
ragazzo invece che fermarsi
sull’osso: se avesse impattato
contro una costola, oppure
contro un muscolo teso, il
proiettile della vecchia pistola tedesca - una calibro 25 degli Anni ’20, addirittura riverniciata – non sarebbe riuscito nemmeno a perforare i
tessuti superficiali. Invece,
per la malasorte del ventiduenne, nel punto in cui è stato colpito l’ogiva gli ha attraversato la scapola desta e reciso l’aorta. Lo ha spiegato alla
corte presieduta da Antonia
Gallo (a latere Vincenzo Lo
Feudo) il perito balistico nominato dalla procura di Castrovillari, Luca Chianelli. Il
criminologo ha illustrato ai
giudici l’intera dinamica cat-
Aldo De Marco
turata dalle telecamere di sicurezza del negozio di abbigliamento di proprietà della
vittima e della sorella Marianna dove è avvenuto l’omicidio: dal momento in cui Presta è sceso dalla sua Audi A4
appena parcheggiata sul
marciapiede (è questa la causa scatenate della furia omicida) all’esplosione dei due colpi che hanno raggiunto il ragazzo sulla porta del negozio.
Ma, lo aveva detto già il medico legale Walter Caruso e lo ha
ribadito ieri anche il perito balistico, uno solo è stato quello
letale, che ha fatto sì che il corpo morto di Domenico Presta
cadesse dentro l’outlet di abbigliamento dove è stato trovato dai carabinieri che sono
intervenuti dopo che lo stesso
De Marco si è costituito e ha
confessato l’omicidio.
Al termine dell’udienza il
presidente della corte d’assise ha fissato la prossima
udienza per il 17 aprile e pregato il pubblico ministero di
Castrovillari, Francesco Pellecchia, di tentare di concludere sia con l’esame dell’imputato sia con la richiesta di
pena. Così, paventandosi il rischio che in quella stessa data
potesse arrivare anche la sentenza, il tecnico riparatore di
elettrodomestici dalla gabbia
destinata agli imputati ha
preso la parola per chiedere
alla corte di cambiare data:
«no – ha detto - il 17 no: il fatto
è successo il 17, tutto il diciassette no» per intendere una
certa indisposizione scaramantica per quel giorno del
mese.
Nessuno, naturalmente, lo
ha preso in considerazione;
ma è improbabile –vista la già
annunciata impossibilità per
la pubblica accusa di chiudere tutto nella prossima udienza - che il destino gli riserverà
la coincidenza di venire condannato il 17 del mese.
fra. mo.
San Donato. Il Consiglio di Stato respinge il ricorso presentato
De Rose ufficialmente sindaco
SAN DONATO DI NINEA –Il Consiglio di Sta- to fuori tempo, per far annullare le votazioni e
to ha confermato con sentenza definitiva la ritornare così alle urne.
Dopo la notizia giunta a Palazzo di Città il
validità delle elezioni di maggio 2011, che vedono confermato Francesco De Rose a sinda- sindaco De Rose è categorico: «Spero che chi,
co. La notizia è stata accolta positivamente in tutti questi mesi, tramando alle spalle dei
dall'amministrazione comunale che ora fa sandonatesi e provando a delegittimare in
un bel respiro di sollievo su questa faccenda ogni modo questa Amministrazione, senza
definita “inutile e incresciosa”. Il 28 febbraio riconoscere la propria sconfitta politica, con
questa ennesima dichiarazione di
scorso, dunque, il Consiglio di Stavalidità e conferma della volontà
to ha messo punto su una vicenda
popolare, potrà finalmente ritrovache si era aperta poiché l’attuale
re la tranquillità perduta e accettaamministrazione si affermò conre serenamente la nostra azione
tro la lista avversaria con un solo
amministrativa. Nonostante in
voto di scarto, 519 contro i 518 delquesti nove mesi i ricorrenti e i sola lista “Rinascita sandonatese”.
stenitori di tale azione insensata
I magistrati che si sono espressi
hanno saputo solo esser causa di un
sulla questione, nella sentenza
profondo dispiacere per la propria
hanno dichiarato “inammissibile”
comunità, oltre al danno economiil ricorso presentato contro la lista
co che questo inutile ricorso ha ar“San Donato nel cuore”, perché
recato alle casse comunali, doven?nessun presente al seggio elettorale, come nessuna altra figura de- Francesco De Rose do il Comune pagare ventimila euro per il costo di difesa e per le spese
putata alla contestazione del voto o
alle segnalazioni sul verbale, ha contestato di giudizio compensate con ragioni equitatitempestivamente quanto dichiarato nella de- ve, in qualità di sindaco di tutta la comunità
nuncia. Pertanto, non avendo i ricorrenti o al- sandonatese voglio rassicurare i nostri sotri per loro adempiutoall’onere di specificare stenitori, ma soprattutto chi non ci ha votato,
in quella sede vizi o irregolarità, la Quinta Se- che opereremo sempre e comunque per il bezione ha respinto il ricorso accettando la tesi ne comune e per la creazione di uno sviluppo
difensiva percui le motivazionidei ricorrenti che porti benefici alla popolazione».
erano soltanto un pretesto, per di più utilizzae. a.
BREVI
SAN MARCO ARGENTANO
Termine pronto al rimpasto
SAN MARCO ARGENTANO – Manca poco ormai alla fine della “pausa di riflessione” che il sindaco di San Marco
Argentano, Alberto Termine, si è concesso per decidere
chi sarà l’assessore mancante nell’esecutivo. A renderlo
noto è lo stesso primo cittadino che, dopo le recenti polemiche scoppiate fra le ex colleghe dell'esecutivo, ora punta a rimettere in equilibrio l'organico per portare a compimento il proprio mandato. Quindi, nonostante da dicembre sia vacante il posto lasciato da Antonella Iannoccaro, la macchina amministrativa «continua la sua missione speditamente. Ciò - spiega Termine - è merito della
compagine che mi sta ancora sostenendo ma soprattutto
di tutti gli assessori, a cominciare dal vice sindaco Michele Argondizzo fino agli altri che sono Glauca Cristofaro,
Domenico Diodato, Nando Lanzillotta ed Ermanno Martino». E se di crisi di maggioranza non ne vuol nemmeno
sentir parlare, dal canto suo Termine resta fiducioso della sua azione amministrativa, senza però far trapelare
nulla sul possibile “fortunato” che ricoprirà l'incarico di
assessore. Eppure i numeri sono decisamente chiari, nel
2009 alla maggioranza sedevano 12 consiglieri, oggi invece sono solo nove, fra cui vi sono gli ex assessori Cupone e Bruno, che avevano mollato l'incarico per allinearsi
alle linee guida del Pd e che oggi, invece, tengono in piedi
la stessa maggioranza. E per molti proprio su uno di questi due potrebbe cadere la scelta del sindaco.
em.arm.
CASTROVILLARI
Abbreviato per i baby rapinatori
CASTROVILLARI - Saranno giudicati con rito ordinario, davanti al tribunale collegiale di Castrovillari i tre
giovani arrestati dai carabinieri di Castrovillari prima di
Natale con l’accusa di aver messo a segno alcune rapine
aggravate compiute l’estate scorsa: Antonio Martire, 22
anni; Dario Ferrarini, 18 anni; e Salvatore Vacca, 20 anni. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di
Castrovillari, Carmen Ciarcia, al quale gli avvocati Liborio Bellusci, Vittorio Cosentino, e Michele Donadio - che
assistono i tre giovani - avevano fatto richiesta di giudizio abbreviato condizionato – non ha consentito l’escussione delle vittime della prima rapina di cui sono accusati
i tre ragazzi. È stata comunque ammessa l’indagine difensiva condotta da Bellusci, con la quale il penalista tenderebbe di dimostrare che una delle rapine – quella di un
telefono cellulare del tipo I-phone 4 -non si sarebbe verificata, ma sarebbe invece frutto di delazione da parte della presunta vittima.
SPEZZANO ALBANESE
Signora scippata in centro
SPEZZANO ALBANESE -Seminascosto dal cappuccio di
una felpa, un malvivente mercoledì sera ha messo a segno nel centro di Spezzano Albanese uno scippo ai danni
di una signora. Fortunatamente la donna non ha riportato conseguenze né fisiche né economiche, visto che nella borsa levata con la violenza non erano custoditi soldi
ma solo i documenti, ma la paura per quanto accaduto resta alta.
Arrestato ventenne
Spacciava
marijuana
davanti
alla sua scuola
di FRANCESCO MOLLO
CASTROVILLARI - Nel
corso di un servizio di controllo destinato a reprimere il fenomeno dello spaccio
di droga all’interno degli
istituti scolastici, una pattuglia del nucleo radiomobile dei carabinieri della
compagnia di Castrovillari
ha fermato Costantino Nicodemo, uno studente ventenne di Terranova da Sibari. Il giovane, come tutte le
mattine, si stava recando
nella sua scuola, che si trova in corso Calabria, Castrovillari, quando è stato
notato dai carabinieri.
I militari sono stati insospettiti dal suo atteggiamento nervoso, e dopo
averlo perquisito gli hanno
trovato addosso tre dosi di
marijuana.
A quel punto gli uomini
del capitano Sabato Santorelli hanno continuato la
ricerca di droga all’interno
dell’abitazione del giovane,
dove sono state ritrovate,
nascoste all’interno della
camera da letto - altre due
buste contenti circa 40
grammi di marijuana, un
bilancino di precisione e un
trita foglie.
Il ventenne è stato accompagnato prima presso
il comando della compagnia dei carabinieri e poi
davanti al giudice Antonio
Gatto, del tribunale di Castrovillari, per il giudizio
direttissimo. Su richiesta
della del sostituto procuratore Larissa Catella, il giudice ha convalidato il fermo
e concesso il termini a difesa al legale che assiste il
giovane e che, dunque, sarà effettivamente giudicato il mese prossimo.
Il ragazzo dovrà rispondere del reato di spaccio di
sostanze stupefacenti aggravato dalla circostanza
che si è svolto in luoghi frequentati da minori.
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32 Cosenza
38
Venerdì 9 marzo 2012
REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected]
Per cinque presunti esponenti del clan Tornicchio ridimensionate le condanne del primo grado
Ergastolo azzerato e pene ridotte
In Appello cade per Fazio l’accusa di aver compiuto il delitto alla Biomasse
di ANTONIO ANASTASI
UN ERGASTOLO azzerato
per l'omicidio, avvenuto a
Strongoli, di Michele Ma succi e pene ridotte per cinque
presunti esponenti del clan
Tornicchio di Crotone grazie
alla concessione di attenuanti generiche e, per i reati in
materia di stupefacenti, all'esclusione dell'aggravante
mafiosa. E' il verdetto emesso
nel primo pomeriggio di ieri
dalla Corte d'Assise d'Appello
di Catanzaro, alla quale il procuratore generale, in una
precedente udienza, aveva
chiesto di confermare sei condanne, una delle quali all'ergastolo, inflitte con il rito abbreviato, nel troncone del
processo Apocalypse Now
che nonha seguito lavia ordinaria. La sentenza di primo
grado fu emessa nel gennaio
2011 dal gup distrettuale al
cui vaglio resse sostanzialmente l'impianto accusatorio
formulato dal pm Salvatore
Curcio, che aveva ereditato
l'inchiesta condotta, in fase di
indagine, dal pm Sandro Dolce; inchiesta che fece luce, tra
l'altro, sulla
strage al campetto del giugno 2009 in
cui morirono
due persone,
tra cuiun bimbo di undici
anni raggiunto dalla traiettoria dei colpi e
spirato dopo tre mesi di coma
(vicende finite all'esame, però, della Corte d'assise di Catanzaro). E' stata, dunque,
annullata la condanna all'ergastolo per Mario Giuseppe
Fazio, 42enne di Strongoli,
uno degli imputati dell'omicidio di Michele Masucci, commesso sempre a Strongoli il
27 novembre 2007 all'interno
della centrale a biomasse, dove la vittima lavorava. Fazio è
stato condannato a 8 anni e 4
mesi per narcotraffico (esclusa, comunque, l’aggravante
di aver agito con modalità
mafiose). Proprio da quell'assassinio prese
le mosse l'indagine. E all'alba del 25
settembre
2009 i carabinieri fecero
scattare l'operazione “Apocalypse now”,
con un'appendice nell'aprile
dell'anno successivo. Le pene
per gli altri imputati, presunti appartenenti al clan Tornicchio operante nella contrada Cantorato di Crotone,
legati alla cosca Giglio di
Strongoli, accusati a vario titolo di associazione mafiosa,
traffici di droga, estorsioni,
rapinee reatiinmateria diarmi, variarono da 14 a un anno
e mezzo. Ieri sono state tutte
ridotte.
LA SENTENZA
In particolare, 14 anni di
reclusione furono inflitti a
Carolina Amodeo, di 54 anni
(è la madre del presunto capoclan, Francesco), e Luigi Tornicchio (35), condanne ridotte rispettivamente a 10 anni e
4 mesi e 10 anni e 5 mesi; 10
anni a Nicola Tornicchio (52),
ridotti a 8 anni e 4 mesi; 8 anni
a Maurizio Lumare (23), ridotti a2 anni e6 mesi; 8anni e
Carolina Amodeo
Luigi Tornicchio
Nicola Tornicchio
Mario Giuseppe Fazio
Maurizio Lumare
6 mesi a Piero Maneli (23), ridotti a 2 anni e 10 mesi. Non
sono state appellate le assoluzioni di Francesco Sorbaro
(24) e Giuseppe Mazzaccari
(24); la condanna a un anno e
sei mesi per Giuseppe Morise
(23); il non luogo a procedere
per precedente giudicato per
il pentito Vincenzo Marino
(36). Confermato il risarcimento da liquidare in separata sede per il
Comune e la
Provincia,
parti civili difese rispettivamente dagli
avvocati Pasquale Carolei
e Paola De Masi. Incassano con soddisfazione i difensori degli imputati,
gli avvocati Francesco Laratta, Aldo Truncè, Luigi Villirilli, Pietro Pitari, Gregorio
Viscomi, Sergio Rotundo.
Ma ecco le accuse che venivano contestate (per Maneli e
Lumare in parte cadute).
ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Carolina Amodeo, Luigi e
Nicola Tornicchio, Maurizio
Lumare, Piero Maneli, Francesco Sorbaro, Giuseppe
Mazzaccari, Giuseppe Mario
Fazio erano accusati di aver
costituito un'associazione
mafiosa in stretta ed attuale
alleanza conla
cosca Giglio di
Strongoli.
Francesco
Tornicchio
avrebbe avuto
compiti di direzione della
consorteria,
derivati dall'affiliazione ndranghetista
ricevuta nel 2002 da Salvatore Giglio, ruolo mantenuto
anche in regime di detenzione carceraria per il tramite
della madre, Amodeo, e dei
fratelli, Luigi e Andrea, con
direttive impartite rispetto a
tutti gli affari illeciti della cosca, dal traffico di droga all'attività estorsiva. Carolina
Amodeo, Luigi e Nicola Tornicchio avrebbero gestito il
traffico di droga, l'attività
estorsiva e gli altri reati contro il patrimonio, rapine, furti e danneggiamenti, occupandosi anche della custodia
e del reperimento di armi ed
esplosivo.
DELITTO MASUCCI
Fazio (e il coimputato Donatello Le Rose che ha scelto
altro rito) erano accusati di
aver procurato lo scooter ed il
fucile poi utilizzati nell'agguato, disponendo che gli
stessi fossero custoditi da
Francesco Tornicchio. Il primo avrebbe esploso all'indirizzo di Masucci diversi colpi
di fucile calibro 12, due dei
quali lo attinsero al capo, il secondo avrebbe guidato lo
scooter per raggiungere il
luogo dell'omicidio. L'omicidio avvenne il 29 novembre
2007 nella centrale di Srongoli. I tre erano accusati anche dei reati connessi in materia di armi. Tornicchio avrebbe custodito moto e fucile usati nell'agguato.
DROGA
Reati di droga erano contestati a Amodeo, Sorbaro, Mazzaccari, Luigi e Nicola Tornicchio, Maneli,anche conriferimento alla coltivazione di
almeno due piantagioni di canapa indiana. Luigi Tornicchio e Amodeo avrebbero anche detenuto marijuana in
panetti venduta a cirotani.
ARMI
Reati di armi erano contestati a Luigi e Nicola Tornicchio, Amodeo.
ESTORSIONI
La Amodeo, insieme a imputati che hanno scelto altro
rito, avrebbe costretto l'imprenditore Geremia Iona,
amministratore della Geremia srl, a consegnare loro, in
almeno un'occasione, 500 euro, 200 dei quali venivano fatti avere a Francesco Tornicchio in carcere il 6 giugno
2008. L'estorsione sarebbe
avvenuta a Rocca di Neto.
Luigi Tornicchio e Amodeo
avrebbero intimidito i soci
della ditta “Edil M s.r.l., dei
fratelli Maneli, costretti a
consegnare, mensilmente,
somme di denaro non compiutamente accertate nell'entità, parte delle quali venivano fatte avere a Francesco
Tornicchio in carcere e parte
sarebbero state consegnate
da Gabriele Marrazzo (ucciso
nella strage) a Pietro Corigliano. Gli accordi tra i Tornicchio e Corigliano prevedevano, secondo l’accusa, che i
Maneli avrebbero versato
1000 euro al mese, somma da
dividere in parti uguali tra le
due consorterie. Luigi Tornicchio e Amodeo avrebbero,
in occasione della festa religiosa della “Madonna delle
Sette Porte” svoltasi a Rocca
di Neto nel maggio 2008, costrettoititolari dellegiostrea
consegnare loro una somma
di denaro e un cospicuo numero di gettoni. Luigi Tornicchio e Amodeo, avrebbero
danneggiato una serra di pomodori e due veicoli, nel febbraio 2008, e avrebbero fatto
varie richieste di denaro per
costringere gli imprenditori
agricoli Giovanni e Francesco Sculco a consegnare loro
una somma di denaro mensile. Gli stessi insieme a Sorbaro avrebbero dato fuoco a due
autovetture,una CitroenC4e
Nissan Micra di proprietà di
Roberto Pagliuso, costretto a
consegnare 200 euro, rinchiuso in un capannone e al
quale venne detto che “davanti a certe persone doveva continuare a comportarsi bene”.
Luigi Tornicchio, Amodeo e
Maneli avrebbero costretto
l'imprenditore edile Francesco Murano, che eseguiva lavori presso la scuola elementare di Cantorato, a conse-
gnare loro 400 euro al mese.
RAPINE
Due tentate, avvenute il 29
ottobre e il 4 dicembre 2008;
una consumata, il 16 novembre 2008. Il colpo riuscito l'avrebbe messo a segno anche
Lumare. Nel mirino il distributore Esso sulla 106, bottino
1.194 euro. Con altri imputati Lumare avrebbe tentato di
rapinare lo stesso distributore Esso nelle altre due circostanze.
FURTO DI ARMI
Giuseppe Morise e altri, il
24 agosto 2009, avrebbero
rubato tre fucili, una pistola e
munizioni più 1300 euro nell'abitazione di uno zio dello
stesso Morise.
Piero Maneli
Esclusa l’aggravante
mafiosa
per i reati di droga
Concesse
le attenuanti
generiche
Dati ancora parziali delle elezioni delle Rsu
Cisl, Uil e Ugl in crescita
crollo Cgil al Comune
di GIACINTO CARVELLI
CISLin crescita,seguita a ruota dallaUil e Cgil
in calo e buona performance dell’Ugl: questa,
in sintesi il bilancio, sia pur ancora sommario,
delle elezioni per le Rsu svoltesi nei giorni scorsi. Tra i dati completi e più significativi, quelli
riguardanti il Comune di Crotone, dove la Uil
ha preso 80 voti e quattro seggi; la Cisl ha ottenuto 77 voti e 3 seggi; la
Cgil, 59 voti e 3 seggi; un
seggio ciascuno anche
all’Ugl e alla Cisal con 17
voti,; l’Usb, con 12 voti, non
ha ottenuto nessun rappresentante eletto. Alla
Provincia, invece, la Cisl
ha ottenuto 105 voti e 4
seggi; la secondo posto la
Cgil, con 81 voti e 4 seggi;
la Cislha avuto66 votie tre
seggi, mentre un seggio è
spettato anche all’Usb con
9voti. Altrodatosignificativo è quello della scuola,
settore nel quale ha primeggiato la Uil con 1203
voti, seguita dalla Cisl con
914. Sono stati, invece,
315 i voti presi dalla Cgil,
con 315 voti; a seguire,
Snals e Gilda. Nel reparto Mimmo Tomaino
sanità, a primeggiare è
stata la Cisl, con 470 voti; al secondo posto la
Uil, con 198 voti; a seguire, un sindacato autonomo, il Sials con 179 voti. La Cgil ha ottenuto
71voti,precedendo unaltrosindacatoautonomo, Fls, con 34 voti. Ribadiamo che si tratta si
dati non definitivi, dati solo per segnalare una
tendenzain questoimportanteappuntamento
elettorale per il sindacato. Soddisfatto per gli
esiti dei risultati il segretario provinciale della
Uil,MimmoTomaino. «Inalcunirepartiabbia-
mo confermato il risultato ottenuto nelle precedenti elezioni, mentre in altri abbiamo superato anche le più rosee previsioni. Per noi - ha
continuato Tomaino - il dato eclatante è quello
nella scuola, dove abbiamo ottenuto trecento
voti in più rispetto ai nostri 900 iscritti. Ciò
vuol dire - ha continuato Tomaino - che il consenso si deve andare a conquistare anche oltre
le sigle di appartenenza. Infine - ha concluso
Tomaino - da sottolineare
anche il fatto che abbiamo recuperato la leadership anche nel Comune di Crotone,
cheavevamo personellepassate elezioni».
Un appuntamento, quello
per le Rsa, che registra anche qualche elemento di polemica, per la paventata ingerenza da parte della politica. «Noi - ha detto in merito
Tomaino - non abbiamo volutofare polemiche,ma inquesta campagna elettorale ci
hanno segnalato, negli uffici di comune e della Provincia, aggirarsi sindaci e assessori che davano indicazioni di voto. La politica vuole mettere le mani in pasta
anche nel sindacato, ma non
cisono riuscitied hapremiato la nostra scelta di non avere rapporti con la politica e le istituzioni».
Soddisfatto dell’esito delle votazioni anche
Pino Putortì, responsabile provicniale
dell’Ugl, che sottolinea il consolidamento nel
settore giustizia, con «il seggio conquistato in
tribunale, i due in procura ed altrettanti in prefettura. All’Atero, poi, di seggi ne abbiamo conquistati tre. Si tratta - ha concluso Putortì - di
una elezione che ha sancito una nostra forte
crescita».
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Crotone
Provincia
Venerdì 9 marzo 2012
Stefanaconi. A “lezione” dai rappresentanti istituzionali, della magistratura e delle forze dell’ordine
L’illegalità si può sconfiggere
A margine della riunione di comitato, l’incontro con gli alunni della scuola
STEFANACONI – Sono loro le
nuove leve. Il futuro a cui spesso
si fa riferimento, quasi ormai ossessivamente, e sul quale si fa affidamento.
Scolari, alunni, studenti. In
una parola: giovani.
E una piccola parte di essi ha
voluto chiedere, carpire, ascoltare dai rappresentanti delle forze dell’ordine come si può diventare un buon cittadino, ligio al
proprio dovere e osservante delle regole della società civile. Sono i ragazzi della scuola media
che il prefetto Michele Di Bari, il
procuratore Mario Spagnuolo,
il questore Giuseppe Cucchiara,
il comandanti provinciali di Carabinieri (Daniele Scardecchia),
Finanza (Paolo Valle) e Corpo Forestale (Lorenzo Lopez) hanno
incontrato a margine della riunione di comitato per l’ordine e la
sicurezza pubblica. Sono gli
alunni delle tre classi (sezione A)
dell’istituto comprensivo che
stanno seguendo il progetto “Legalità” portato avanti con passione e dedizione dalla docente
Antonia Angillieri sotto l’attenta supervisione della preside
Maria Basile e del prof. Giuseppe
Foca Anello.
È stata la stessa dirigente scolastica ad introdurre la serie di
interventi
non
senza
aver fatto riferimento all’allievo quale custode attivo
della costituzione e futuro
garante delle
regole civili
improntate alla
legalità,
mentre la Angillieri ha illustrato le finalità del progetto che coinvolge gli istituti
del paese e di
Sant’Onofrio
e si propone lo
scopo di formare la persona e la sua esistenza democratica. E in
questa direzione vanno le
iniziative volte alla formazione del “BaIl sindaco Franzè
by sindaco” e
del consiglio comunale dei ragazzi.
Il primo a rispondere al “fuoco
di fila”dei ragazzi è stato proprio
il rappresentante territoriale del
governo il quale ha evidenziato
come la presenza del Comitato
non sia solo fisica ma anche morale, di solidarietà alla comunità
di Stefanaconi «per le difficoltà
che sta affrontando sotto l’aspetto dell’ordine pubblico che hanno toccato il culmine con l’ultimo evento delittuoso. Lo Stato è
chiamato a fornire risposte – ha
aggiunto –e lo farà con una maggiore e più intensa attività delle
forze dell’ordine non solo sotto il
profilo repressivo ma anche preventivo. Il concetto è che non tutto quello che vediamo assume un
colore negativo. E, in tal senso, il
compito del Comitato stesso è anche quello di infondere fiducia
alla gente. La scelta di svolgere il
vertice nell’istituto cittadino
non è casuale, ma il segno che le
istituzioni sposano l’attività scolastica per educare alla legalità.
La scuola, infatti, fornisce le risposta futura alle preoccupazioni di un’intera comunità. Noi,
come Stato, ce la stiamo mettendo tutta per consentire una vita
normale e serena al cittadino
onesto».
Concetti ripresi dal procuratore Spagnuolo il quale ha specificato come una delle “armi” migliori a disposizione della gente
è la cultura.
«Senza di essa la criminalità
ha gioco facile in quanto si nutre
della sua assenza. Si approfitta
«Solidarietà
alla comunità
ferita
dagli atti
di criminalità»
della paura delle persone, del loro sottosviluppo trovando, così
terreno fertile per
mettere radici. Già,
perché parlare della
paura vivendola in
prima persona cambia
radicalmente il modo
di pensare e di agire di
tutta una comunità,
non solo del singolo.
Ma nel momento in cui
essa si trova davanti
soggetti che hanno
fatto della cultura un
loro punto cardine allora la sua arroganza
viene indebolita».
Come lo si supera
questo stato d’animo?
Per il magistrato non
bisogna aspettare che
siano altri a risolverci
i problemi; «sì, è vero
che le istituzioni sono
sempre vicine a chi denuncia, ma è anche necessario che ci sia chi
lo fa. E questo può avvenire solo nell’istante in cui la gente prende coscienza dei propri mezzi, delle proprie volontà. Gente
che fa della cultura un Gli alunni dell’Istituto comprensivo pongono le domande ai rappresentanti delle forze dell’ordine (foto servizio Armando Lo Gatto)
valore fondante della
sua esistenza. E, sotto questo regole, anche se più difficile ed che portano all’ospedale, alla caso, del patrimonio ambientale».
aspetto, la Scuola riveste un ruo- ardua da perseguire, conduce prigione a all’obitorio».
Alla fine volti contenti da parte
Per il colonnello Valle, infine,
lo primario. C’è una nuova gene- tuttavia a risultati importanti
razione che sta crescendo – ha che, anche se non immediati a riferendosi all’elezione del sin- dei giovani alunni della scuola
concluso Spagnuolo – e che sta causa dei tempi della giustizia daco baby, l’amministratore che hanno ringraziato i rapprepretendendo il rispetto dei pro- che, purtroppo, in diverse occa- pubblico, anche in tenera età, è sentanti istituzionali e quelli mipri diritti che sono sacri ed ina- sioni si dilatano, ma che alla fine un’attività al servizio alla comu- litari.
Questi i nomi dei ragazzi che
nità e non un modo di apparire,
sono certi».
lienabili».
Da parte sua il colonnello Scar- mentre il maggiore Lopez, pren- hanno rivolto domande: Elvira
Il questore Cucchiara ha evidenziato come la legalità si veda decchia ha voluto far capire ai dendo spunto dalla presenza di Raniti, Nicola Matina, Valeria
anche nelle piccole cose aggiun- ragazzi l’importanza della for- una scuola di educazione am- Barbuto, Francesco Costantino,
gendo che «l’illegalità non porta mazione del carattere già in que- bientale del Corpo Forestale del- Maria Ilenia Destito, Anna Loda alcuna parte. Ha una prospet- sta età, evidenziando in modo lo Stato ha invitato tutti i ragazzi preiato, Domenico Lococo, Cartiva bruciata, mente la strada particolare «la necessità di dire a farvi visita «per trascorrere melo La Gamba, Francesco Grifche conduce ad una esistenza “no” ad ogni forma di illegalità una giornata all’insegna della fo e Daniela Suriano.
corretta, fatta di rispetto delle anche perché essa ha tre strade legalità e al rispetto, in questo
gl. p.
Il vertice si è svolto presso l’istituto comprensivo come segno di vicinanza alla comunità
La presenza dello Stato a Stefanaconi
Comitato per l’ordine e la sicurezza dopo i recenti fatti delittuosi in paese
di GIANLUCA PRESTIA
STEFANACONI – Un segno, un
segnale importante per mezzo
del quale si vuole far capire che le
istituzioni e le forze dell’ordine, e
quindi lo Stato nel suo termine
più pieno, non ha alcuna intenzione di abbandonare Stefanaconi. Tutt’altro; vuole far sentire
maggiormente la sua presenza
sul territorio. Questo territorio e
la sua gente spesso messi a dura
prova dalla presenza inquietante
della criminalità che cerca di dominarlo con lo scopo di renderlo
succube al suo volere commettendo atti delittuosi. Come quello
dello scorso mese di febbraio:
l’agguato al 33enne Giuseppe
Matina, barbaramente ucciso da
due killer mentre si trovava nel
giardino della sua abitazione.
La decisione di rafforzare ulteriormente l’attività repressiva e
preventiva è stata assunta già nei
giorni scorsi dal prefetto Michele
Di Bari nel corso di un’apposita
riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica e, sostanzialmente, ratificata durante il vertice di ieri svoltosi proprio
nel paese limitrofo alla città capoluogo. Non al palazzo municipale, come forse era lecito attendersi, non in qualche altra sede di enti o associazioni. No; il luogo individuato non è stato una scelta casuale, come ha riferito lo stesso
rappresentante del governo, ma
una decisione ben precisa: l’istituto comprensivo del paese. Quale luogo migliore per educare le
giovani generazioni alla cultura
della legalità? Trasmettere loro il
senso del vivere civile e del rispet-
Riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza
to delle regole fin dall’età in cui il
loro carattere è in via di formazione. E con gli alunni sia il prefetto
che i vertici della magistratura
inquirente e delle forze dell’ordine si sono intrattenuti
successivamente (del quale riferiamo più approfonditamente
nell’articolo a fianco). Hanno ascoltato le loro domande
fornendo risposte e
dando rassicurazioni: Lo Stato c’è, fa la sua parte
ma ha bisogno anche dell’apporto della cittadinanza, e questo
può avvenire solo se essa ha assunto una “forma mentis” che fa
della legalità uno dei suoi principali punti cardine.
Tornando alla questione meramente operativa, la riunione si è
protratta per circa due ore alla
presenza, in una
prima parte, anche
del sindaco Saverio Franzé e il parroco don Salvatore
Santaguida sempre attento e sensibile alle problematiche criminali che
investono il suo
paese, i quali hanno voluto ringraziare prefetto, il procuratore
Mario Spagnuolo e gli esponenti
delle forze dell’ordine per la sensibilità dimostrata nell’occasione
Deciso l’invio
di più uomini
sul territorio
e non soltanto a parole. Sì, perché
il potenziamento della stazione
dei carabinieri di Sant’Onofrio,
competente per territorio, va proprio in questa direzione. Ma non
solo. Verranno, infatti, intensificati sul territorio anche i controlli da parte della Polizia di Stato,
della Finanza e del Corpo forestale. Una task force che dovrebbe
fornire una maggiore tranquillità alla popolazione tornata a rivivere, con i casi di Michele Penna,
Salvatore Foti prima e l’omicidio
di Matina poi, nonché con i continui danneggiamenti ad auto, case e quant’altro, sotto una cappa,
se non di paura, certamente di
forte apprensione. In più c’è la volontà di portare a compimento, da
parte dell’amministrazione comunale, il progetto per la video
sorveglianza che rappresenterà
un ulteriore deterrente per i malviventi a commettere atti criminosi.
«La comunità di Stefanaconi
anche se provata dagli ultimi
eventi delittuosi – ha aggiunto il
primo cittadino – non ha intenzione di piegarsi ai soprusi della
criminalità e vede nello Stato un
punto di riferimento. La decisione di tenere la riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza
non solo qui, in paese, ma in una
scuola testimonia come le istituzioni sono vicine con i fatti. Per
questo il mio ringraziamento
sentito va al prefetto Di Bari, al
procuratore Spagnuolo ed a tutti
i rappresentanti delle forze
dell’ordine. Sono sicuro che la
gente di Stefanaconi oggi si senta
più tranquilla rispetto al passato».
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30 Vibo
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VENERDÌ 9 marzo 2012
calabria
ora
R E G G I O
La Cassazione annulla
il Riesame di Rappoccio
rettifica
Il ristorante Le Palme
non è del boss Alvaro
Reggio Nord. L’imprenditore torna davanti al Tdl
La Corte di Cassazione ha annullato il di- di particolare rilievo fu attribuito ai due imspositivo emesso dal tribunale del Riesame prenditori fermati, ovvero Pasquale Rappocnei confronti dell'imprenditore Pasquale Rap- cio e Pietro Siclari.
poccio. L'uomo, difeso dall'avvocato FranceSecondo l'accusa i due avrebbero acquistasco Calabrese, era stato tratto in arresto nel- to l'attività commerciale “Il limoneto” a Catol'ambito dell'operazione “Regna, struttura a loro fittiziagio Nord”, con l'accusa di inmente intestata, ma in realtà
terposizione fittizia di beni agriconducibile a Domenico
gravata dall'aver favorito la
Condello ed al cognato Bruno
cosca Condello. Il legale difenTegano. Queste furono le 13
sivo ha sostenuto l'insussipersone fermate dai carabistenza degli elementi indizianieri nell'ambito dell'operari in capo a Rappoccio, così
zione “Reggio Nord”: Gaetacome invece evidenziato dal
no Francesco Belfiore, di 38
dispositivo del Tribunale del
anni; Giuseppe Caronfolo
Riesame. La Cassazione, in
(63); Alessandro Idone (30);
accoglimento dell'istanza diRenato Marra (49); Robertifensiva, ha annullato la decino Morgante (41); Pasquale
sione del giudici reggini. A
Rappoccio (55); Giuseppe
questo punto Rappoccio doScappatura (50); Fabio Pavrà essere nuovamente giudi- Pasquale Rappoccio
squalino Scopelliti (40); Brucato dal Tdl. Con l'operazione
no Antonino Tegano (38) e
“Reggio Nord”, la Dda di Reggio Calabria ha Domenico Viglianisi (50). In carcere i provfermato 14 persone con l'accusa, a vario tito- vedimenti di fermo sono stati notificati a Palo, di associazione mafiosa e intestazione fit- squale Bertuca (54); Gianluca Ciro Domenico
tizia di beni. A finire nel mirino dei magistra- Favara (44) e Pietro Siclari (64). L'inchiesta
ti furono le consorteria mafiose dei Condello, nasce da due diversi rami d'indagine seguiti
dei Libri, dei Tegano, dei Garofalo e degli Zi- dai carabinieri: una del comando provinciale
to-Bertuca. Il provvedimento di fermo rag- sull'operatività delle cosche nella zona di Vilgiunse anche il latitante Domenico Condello, la San Giovanni e Campo Calabro; l'altra del
alias “u pacciu”, alla cui cattura stanno anco- Ros che, come detto, sta lavorando alacremenra lavorando le forze dell'ordine. Ma un ruolo te alla cattura di Condello.
“Obiettivo
Occupazione”
va in graduatoria
L’Amministrazione comunale informa che si è
proceduto allo scorrimento della graduatoria relativa al Progetto “Obiettivo
Occupazione”, prezioso
strumento di politiche attive del lavoro che prevede l’erogazione di mille
euro al mese per 15 anni a
quelle imprese che assunsero giovani disoccupati.
Lo scorrimento permetterà alle aziende in
graduatoria di poter assumere ulteriori 89 unità lavorative che rappresentano una boccata d’ossigeno per l’economia cittadina e, al contempo, consentono di fronteggiare la
principale emergenza della nostra terra: la disoccupazione.
Il lido Calajunco sequestrato nell’indagine Meta
L’avvocato Enzo Caccavari ha inviato una nota di
rettifica nell’interesse della sua assistita Drgova
Andrea, in relazione all’articolo del 3 marzo dal
titolo “Dagli appalti al
boss Alvaro Giardina torna a parlare”, in cui sarebbero state riportate «affermazioni che risultano
incomplete e fuorvianti».
In particolare, «nel riportare le dichiarazioni
rese dal colonnello Valerio Giardina, l’articolista
scrive “(…) Giardina ha
poi parlato della figura di
Cosimo Alvaro, boss di Sinopoli trapiantato a Reggio, e “titolare” di numerosi interessi, tra cui il Lido Calajunco, il ristorante
Le Palme e la clinica Villa
Speranza (…)”. Si segnala
come il ristorante Le Palme, del quale risulta titolare la mia assistita, invero non risulti oggetto di
alcun
provvedimento
ablativo o cautelare e come, anzi, dapprima col
decreto di sequestro preventivo con provvedimento del 10.03.2011, il
gip di Reggio Calabria abbia precisato come il suddetto ristorante costituisca ramo d’azienda del
tutto disgiunto e autonomo rispetto al Lido Calajunco».
Dunque va evidenziato,
secondo la sollecitazione
dell’avvocato Caccavari
che correttamente riportiamo, l’esclusione del ristorante Le Palme dal novero delle attività ricondotte ad Alvaro Cosimo.
«Bonifica nei quartieri»
L’impegno di Arena in Prefettura. Disposti controlli con l’Enel
Si è riunito ieri, sotto la presidenza del prefetto Luigi
Varratta, una riunione del Comitato provinciale dell’ordine
e della sicurezza pubblica alla
quale hanno partecipato, oltre al procuratore Giuseppe
Pignatone e al procuratore
aggiunto Ottavio Sferlazza, il
sindaco Demetrio Arena, e i
vertici provinciali delle Forze
di polizia. In avvio di riunione
il sindaco Arena ha illustrato
le iniziative finora assunte
dall’amministrazione comunale allo scopo di accelerare
la ripresa dei lavori di realizzazione del nuovo mercato
ortofrutticolo in località Mortara riservandosi di presentare, entro la prossima settimana, un aggiornato cronoprogramma dei medesimi. Si è
quindi affrontato il più ampio
fenomeno dell’abusivismo
commerciale nel territorio urbano con segnato riguardo all’area mercatale della centrale Piazza del Popolo. In proposito si è concordato che i
competenti Uffici comunali
diano sollecita definizione alle procedure di rilascio di
nuovi atti autorizzativi in favore dei commercianti ambulanti che siano in condizione
di poter ottenere la sanatoria
delle proprie posizioni. A fini
di deterrenza del fenomeno,
la Polizia municipale, che sarà supportata in caso di necessità dalle Forze di polizia,
assicurerà un’intensificazione
dei controlli nella zona interessata. Si sono poi esaminate le situazioni di degrado urbano esistenti nei quartieri di
Arghillà e Modena – Ciccarello in relazione alle quali l’amministrazione comunale si è
impegnata a valutare l’adozione di appositi piani di intervento volti al recupero ed
alla bonifica delle aree mag-
giormente compromesse. In
prosieguo si è affrontata, con
la presenza dei rappresentanti territoriali della società
Enel, la questione connessa
all’incremento registratosi
negli ultimi mesi di furti di rame e di energia elettrica. In
proposito si è delineata una
strategia di intervento imperniata in chiave repressiva sul-
la verifica da parte della locale Procura della Repubblica cui la società Enel farà pervenire una dettagliata relazione
sugli episodi criminosi denunciati in provincia – di presupposti che consentano la
diversa rubricazione di tali
fattispecie di reato ai fini di
un inasprimento delle relative pene edittali.
La Prefettura
la polemica
«Aiuto e solidarietà a Bentivoglio
ma lui era diventato autoritario»
Riceviamo e pubblichiamo - 2 parte
«Dall’inaugurazione della sede sociale e fino a
tutto il tempo in cui sono rimaste come associate
le sig.re Manduci ed Aloisio hanno contribuito
anche economicamente (e non solo limitatamente alla sola quota sociale) alla manutenzione e all’arredamento della sede (tende, arredi vari, pulizia effettuata personalmente dopo ogni festicciola organizzata dal presidente per gente estranea
all’associazione e quant’altro…), nonché all’organizzazione degli eventi (gazebo, tendaggi per la
copertura degli stessi, disbrigo delle formalità e
della burocrazia presso i vari enti ecc.). Nell’aprile del 2005 ci fu l’incendio che devastò la sanitaria di proprietà del Bentivoglio. Nel suo libro spiega che è riuscito a venirne fuori grazie solo all’aiuto della moglie. Ciò che in merito sgomenta e crea
sdegno è che egli non abbia fatto alcun riferimento alla solidarietà ricevuta dagli amici e dai tan-
ti conderesi accorsi in quei giorni a dargli una
mano. Tra questi c’erano soprattutto le due socie
che senza guardare orari, famiglia e altri impegni anche importanti, rinunciando anche a fare
i pasti, si sono rimboccate le maniche, da intendersi proprio fisicamente, per svuotare e ripulire il negozio devastato, lavare e stirare la roba
annerita (e in alcuni casi portandola in lavanderia a spese proprie!), per poi risistemare il negozio ripulito ed agevolando, così facendo, il suo
riavvio alla vendita. (...) Tutto ciò senza mai essere invadenti e senza mai porre al Bentivoglio
domande indiscrete sull’accaduto e sul quale lo
stesso si è ben guardato dal dare lumi. Questa si
chiama solidarietà che egli ha sicuramente ricambiato con evidente ingratitudine prima e, cosa ben più grave, con le calunnie contenute nelle
denunce rivolte in seguito ai soci per fatti inesistenti ed infamanti. Dopo tale periodo di solida-
rietà e di sostegno morale al Bentivoglio i soci
continuarono a riunirsi, organizzando altri eventi come la “Festa della mamma”. Evento svoltosi
nella piazza di Condera, dopo la S. Messa presieduta dal parroco, persona sempre disponibile alle necessità dell’associazione, ed durante la quale fu premiata la mamma più anziana del quartiere. Le sig.re Manduci ed Aloisio però avevano
iniziato a capire che il Bentivoglio stava diventando troppo autoritario nel comportamento che lo
portava quasi ad avere manie di protagonismo
in tutte le iniziative dell’Associazione. Ed, infatti,
in seguito il Bentivoglio, durante una riunione in
parrocchia, autonomamente prese l’iniziativa di
organizzare il buffet per l’inaugurazione della
nuova Chiesa parrocchiale (10 luglio 2005). Per
poter sostenere le spese dell’inaugurazione, il Bentivoglio, chiese una quota di euro 25 individuali
ai soci. I soci, comunque, non si opposero in tale
occasione al volere del Bentivoglio ed anzi lo aiutarono nell’organizzazione dell’evento. Per tutta
risposta egli, invece di ringraziarli pubblicamente, mosse loro rimproveri dinanzi a tutti i partecipanti».
Anna Maria Manduci e Concetta Aloisio
continua - 2
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VENERDÌ 9 marzo 2012
calabria
ora
C O S E N Z A
overloading
I legali di alcuni imputati del
processo Overloading hanno chiesto la ricusazione del gup distrettuale, chiamato a giudicare la presunta associazione finalizzata al
narcotraffico internazionale, oggetto dell’inchiesta. Il motivo della richiesta affonda le radici nella presunta incompatibilità del giudice,
già titolare del processo “Squarcio”
con alla sbarra alcune delle persone oggi coinvolte in Overloading
come Barberio e Roveto. Prima di
formalizzare la richiesta, i difensori hanno “suggerito” al gup di astenersi spontaneamente, ma davanti al suo “niet” è scattata la propo-
Chiesta la ricusazione del giudice
Aveva già condannato alcuni degli odierni imputati in un precedente processo
sta di ricusazione. A decidere, sarà
ora la Corte d’appello di Catanzaro.
L’attività di narcotraffico è attribuita a due clan cosentini: i Muto di
Cetraro e i Chirillo di Paterno Calabro con la complicità di esponenti
del crimine reggino e vibonese.
L'inchiesta vede in tutto 84 persone a un passo dall'incriminazione
per associazione a delinquere di
stampo mafioso o finalizzata alla
vendita di stupefacenti in ingente
quantità. Un'ipotesi che, all'inizio
di dicembre del 2010, consigliò agli
inquirenti di spiccare una valanga
di mandati di cattura.
Nella vicenda risultano coinvolti anche un immobiliarista romano, Angelo Marcaccini, considerato uno dei finanziatori del gruppo
e, soprattutto, il colonnello dei carabinieri Luigi Verde che, in virtù
del ruolo ricoperto, avrebbe aiutato i trafficanti a eludere i controlli,
consentendo che la droga sbarcasse a Fiumicino proveniente dal Sudamerica o dalla Spagna. L'ipotesi
è che, a gestire il tutto per contro
della cosca Muto, fosse Luigi Scornajenchi, ma l'avrebbe fatto seguendo le indicazioni del padre, Lido Franco, detenuto da tempo in
carcere. Il gruppo Chirillo, invece,
avrebbe potuto contare anche sull'apporto di una colonna bolognese che, attraverso Francesco Galdi,
avrebbe esercitato l'attività di spaccio anche nella città felsinea. A ciò,
si aggiungono anche sospetti relativi a un canale di approvvigionamento privilegiato con la Spagna,
inaugurato grazie al contributo di
Luis Francisco Canelo, considerato l'importatore della droga dalla penisola iberica. Droga che sarebbe stata poi rivenduta tra Cosenza e il Tirreno. A tal proposito,
l'indagine si è avvalsa di intercettazioni telefoniche e ambientali
ed è stata corroborata da 2 sequestri di stupefacente effettuati a
Lauria e all'aeroporto di Malpensa. (mcr)
Domenico ucciso a bruciapelo
Ricostruito al processo l’omicidio del figlio del latitante Franco Presta
La Corte d’assise del Tribu- no litigato per un parcheggio
nale di Cosenza ha acquisito e De Marco vuol fargliela paagli atti la perizia balistica e gare. Estrae la pistola dalla taun dvd con la ricostruzione sca, scarrella, inserendo il coltridimensionale dell’omicidio po in canna, e la infila di nuodi Domenico Presta, 22 anni, vo nella tasca del giubbotto.
figlio del pericoloso latitante Inizia a camminare e intanto
Franco Presta, ucciso con due tiene d’occhio il giovane. A un
colpi di pistola il 17 gennaio certo punto si dirige decisadel 2011 a Spezzano Albanese. mente verso di lui acceleranUna ricostruzione molto ac- do il passo e estraendo l’arcurata, poiché basata in gran ma... l’uomo esce dal cono
parte sul filmato registrato dell’obiettivo del circuito di vidalla telecamera di un circui- deosorveglianza... Riappare
to di videodieci secondi
sorveglianza
dopo, ha riIl consulente:
che
docuposto la pi«De
Marco
menta l’agstola fumante
guato teso al
nella tasca,
gli sparò
giovane da
esita, indecida
meno
Aldo De Marso sul da fardi due metri»
co, 45 anni,
si, finché ricommercianmonta sul
te di Spezzano Albanese unico Fiorino, mette in moto, fa
imputato al processo per omi- marcia indietro e se ne va. Ma
cidio. Sono le sette di sera. De che cosa è successo in quei
Marco arriva in via Cassiani, dieci secondi che la telecameparcheggia il suo Fiorino da- ra non ha ripreso?
vanti al negozio, smonta e
Ecco la ricostruzione: De
guarda dall’altra parte della Marco si avvicina a Presta,
strada: Domenico Presta, 23 quando arriva a pochi passi e
anni, è davanti al bar, non di- punta la pistola. Il giovane
stante dal negozio d’abbiglia- tenta di sottrarsi alla minacmento della sorella. I due han- cia infilandosi nel negozio del-
L’imputato Aldo De Marco
La vittima Domenico Presta
la sorella ed è proprio mentre
si gira per correre via che il
commerciante spara. Due colpi in rapida successione: il
primo colpisce Presta al mento, di striscio, rimbalzando
sullo stipite della porta; il secondo centra il ragazzo ormai
di spalle proprio sotto la scapola: l’ogiva di piombo incamiciato penetra tra due costole e si arresta nel polmone dopo aver reciso l’arteria. Il ragazzo riesce entrare nel negozio, ma dopo aver percorso
pochi metri si accascia e muore. Il resto è nel filmato. I dieci secondi che non sono documentati dalle indagini sono
stati ricostruiti dai consulenti
del pm Pellecchia: l’anatomopatologo Walter Caruso per la
parte medico-legale e il criminalista Luca Chianelli per la
perizia balistica. Il primo ha
dichiarato che a uccidere Presta è stata l’emorragia causata dal proiettile che ha raggiunto il polmone. Chianelli,
anch’egli sentito durante
s. stefano di rogliano
tribunale
Bancarotta fratelli Fedele
L’esame di Pagliuso salta
Denunciato dalle vittime
Arrestato usuraio violento
Prestava denaro a strozzo applicando tassi usurai che variavano
dal 100 al 240% annuo. È con questa accusa che ieri la Guardia di finanza di Cosenza ha arrestato e posto ai domiciliari Daniele Dodaro,
di 39 anni, di
Santo Stefano
Prestava soldi
di Rogliano.
a interessi
La vicenda, in
realtà, risale a
fino al 240%
più di due anConcessi
ni fa, quando
i domiciliari
la Procura di
Cosenza, nell’ambito di un’inchiesta a carico di
sei persone, aveva chiesto nei mesi scorsi la detenzione in carcere,
ma il gip l’aveva negata. Successivamente la Cassazione ha dato ragione al pm (Cozzolino). Dodaro
l’udienza di ieri mattina, ha ri- – ha sparato da non più di 2
ferito sull’arma, sulle prove metri e non meno di 50 centistub e sulle traiettorie dei pro- metri. Lo si evince dai residui
iettili. L’arma del delitto è una di polvere lasciati sul giubbot«pistola da taschino», una se- to smanicato della vittima: se
miautomatica calibro 6.35, la distanza fosse stata maggioserbatoio da 8 colpi di fabbri- re non ci sarebbero stati resicazione tedesca, «risale agli dui, se fosse stata minore
anni 20/30, riverniciata di ne- avrebbero formato i cosiddetro a mano, perfettamente fun- ti “tatuaggi”».
Nel corso dell’udienza ci sazionante, matricola abrasa.
Una pistola non molto poten- rebbe stato il tempo di sentire
te, di una certa efficacia sol- anche l’imputato. Impegni del
tanto se usata a distanza rav- pm non l’hanno consentito.
Ma quando
vicinata.
De Marco ha
«Presta è staL’imputato
appreso la dato molto sforscaramantico
ta del rinvio
tunato – ha
(il 17 aprile
detto il conchiede al giudice
prossimo) si è
sulente – se il
di
non
essere
alzato e ha
proiettile
sentito di 17
chiesto alla
avesse colpito
presidente
una costola
non sarebbe morto, forse non della corte Antonia Gallo di esl’avrebbe nemmeno spezzata. sere sentito subito. Motivi scaEd è probabile non sarebbe ramantici, a quanto pare: «Simorto nemmeno se De Marco gnor giudice – ha detto – proavesse sparato da una distan- prio di 17 si deve fare? Io sono
za di qualche metro maggiore: disponibile anche subito. Il 17
capita spesso che con calibri aprile è un brutto giorno». Mai
così piccoli l’ogiva si fermi sot- come il 17 gennaio del 2011,
evidentemente.
topelle».
La distanza. «L’assassino –
ALESSANDRO BOZZO
ha detto ancora il consulente
[email protected]
avrebbe anche minacciato e aggredito le sue vittime.
L’attività d’indagine condotta
dalle fiamme gialle ha permesso di
portare alla luce numerose azioni
delittuose e vessatorie praticate da
Dodaronei confronti di diverse vittime e consistite nella concessione
di prestiti in denaro per la cui restituzione, ottenuta anche con l’uso
della violenza, erano applicati interessi altossimi. Un importante
contributo al buon esito dell’attività investigativa è stato fornito dalle vittime che con le loro dichiarazioni hanno contribuito a incastrare l’uomo e i complici (denunciati a
piede libero).
L’arresto operato dalla Guardia
di finanza rappresenta una concreta risposta delle istituzioni per il
Daniele Dodaro
contrasto al gravissimo fenomeno
dell’usura la cui incidenza, in questa fase di marcata crisi economica
che interessa le famiglie e non risparmia le imprese, è particolarmente avvertita.
Non è stata necessaria la testimonianza di Paolo Fabiano Pagliuso, ex patròn del Cosenza calcio, al processo sul
fallimento della Ultimo Jeans, che si sta celebrando a palazzo di giustizia e che vede imputati i fratelli Carmelo e Vincenzo Fedele. Il pubblico ministero Antonio Cestone vi ha
rinunciato in seguito all’istanza dell’avvocato Pierluca Bonofiglio, che aveva chiesto l’estinzione del reato relativo a
uno dei tre capi d’imputazione per intervenuta prescrizione. Pagliuso doveva testimoniare in relazione a uno dei tre
capi d’imputazione: all’inizio degli anni ’90 la Ultimo jeans
aveva sponsorizzato la squadra di calcio della città. Il giudice scioglierà le riserve sull’stanza di Bonofiglio il 12 giugno prossimo. Secondo la Procura, Carmelo Fedele avrebbe distratto in maniera indebita delle somme di denaro (un
milione e 700mila euro) dal patrimonio dell’azienda poi
dichiarata fallita il 7 maggio del 2003. Tre anni più tardi,
però, il crack finanziario avrebbe interessato anche la “Ultimo jeans system”, ovvero una derivazione della prima società alla cui guida c’era Vincenzo Fedele (difeso da Brunella Bonofiglio). Tale circostanza è valsa la sua incriminazione. Gli viene contestata la stessa condotta di suo fratello
sebbene per una cifra assai più bassa: 50mila euro. (a. b.)
32
VENERDÌ 9 marzo 2012
calabria
ora
V I B O N E S E
Quando lo Stato si fa sentire
Stefanaconi, in una scuola la riunione del Comitato per la sicurezza
STEFANACONI Massima prudenza e rassicurazioni dalle autorità competenti al termine del vertice del Comitato per l’ordine e la sicurezza che ieri si è svolto, in via del tutto straordinaria e per scelta dei partecipanti, in una
scuola di Stefanaconi. All’incontro sono intervenuti, oltre al prefetto Michele Di Bari e al
capo di gabinetto Aurora Colosimo, il procuratore capo Mario Spagnuolo, il questore Giuseppe Cucchiara e i rappresentanti di Guardia di finanza, Carabinieri e Corpo forestale
dello Stato, rispettivamente i colonnelli Paolo
Valle e Daniele Scardecchia e il comandante
Lorenzo Lopez. In platea il sindaco Saverio
Franzè e il parroco don Salvatore Santaguida.
La scelta della scuola come luogo di un’assemblea ufficiale non è stata casuale. «Qui risiede
- ha dichiarato Spagnuolo nel suo intervento
- una vitalità entusiasmante dalla quale ripartire insieme». L’obiettivo è ambizioso. Programmare una strategia comune basata non
solo sulla repressione del fenomeno criminale, ma anche e soprattutto sulla collaborazione con la società civile. Che molto conosce e
poco denuncia. Paralizzata da una paura motivata, sulla quale però la criminalità costruisce il suo più grande potere. Nessun allarmismo e molta cautela nelle parole dei rappresentanti delle forze dell’ordine e delle istituzioni, che, interrogati dagli studenti, hanno risposto alle loro domande affermando concetti, talvolta forti, ma sicuramente efficaci. Ad
esempio, che la strada della criminalità, anche se può sembrare comoda da percorrere,
lastricata di soldi e potere, ha due destinazioni finali obbligate. Il carcere o l’obitorio. «E
quindi - come sottolineato dal colonnello Scardecchia- semplicemente occorre rendersi conto che delinquere non conviene in termini pratici e che bisogna correggere immediatamente la rotta». Dello stesso tenore le affermazioni del questore Cucchiara: «La via della legalità è più difficile da seguire, non presenta
grandi attrattive, e spesso fa sentire soli e stanchi. Ma è un esercizio quotidiano necessario
che porta a un cambiamento interiore. Schierarsi dalla parte della giustizia - ha concluso diventa così un gesto spontaneo e non una forzatura». Infine l’attenzione si è spostata sulle
iniziative concrete di contrasto al fenomeno
criminale da mettere in campo in questo particolare frangente. Come dichiarato dal sindaco di Stefanaconi e confermato dal prefetto Di
Bari, verrà sfruttato al meglio il sistema di videosorveglianza presente in città, incrementata la presenza di forze dell’ordine sul territorio
e potenziata la caserma di Sant’Onofrio. Anche
se non ci sono, per fortuna, i numeri di una
guerra di mafia, la preoccupazione è tanta.
Certo è che, nel Mesima, è in corso una faida
per il riassetto degli equilibri criminali che ha
come epicentro proprio il piccolo comune di
Stefanaconi. Agli altri due vertici del triangolo maledetto Piscopio e Sant’Onofrio. Qui si
intrecciano e si scontrano gli interessi delle
cosche, e qui si scrivono i destini di intere comunità ignare. La barbara esecuzione di Giuseppe Matina, avvenuta il 21 febbraio scorso,
ha riportato brutalmente l’attenzione sul corso del sangue che ha ripreso a sgorgare a Stefanaconi dopo qualche mese di relativa calma.
E ha riportato tutti a un passato buio, fatto di
omicidi, scomparse e ritorsioni. Un passato
che tutti, a cominciare dal sindaco Saverio
Franzé, hanno tentato invano di lasciarsi alle
spalle. Dal caso di lupara bianca di Michele
Penna alla scomparsa di Salvatore Foti, sospettato di essere uno dei suoi aguzzini. Due
giovani spariti nel nulla a pochi giorni di distanza, nell’autunno del 2007. Nell’aprile del
2008 l’agguato al 46enne Antonino Lopreiato.
Poi qualche anno di relativa tregua, ma nell’autunno scorso gli equilibri sono saltati definitivamente. A settembre l’omicidio di Michele Mario Fiorillo, seguito a ruota dall’assassinio
di Fortunato Patania, presunto boss di Stefanaconi. Da quel momento, la storia, ancora senza un finale, si inizierà a scriverla col sangue.
LOREDANA COLLOCA
[email protected]
la denuncia
Sanità e disservizi
Michele Grenci critica
la gestione dell’Asp
REAZIONE La sede dell’amministrazione comunale di Stefanaconi
il provvedimento
Ufficio giudice di pace, Comune
pronto a scongiurare la chiusura
SERRA SAN BRUNO E’ un servizio di
grande rilevanza su cui è pronta ad abbattersi la scure dei tagli governativi. Il giudice di
pace costituisce una sorta di rappresentazione dell’applicazione concreta della giustizia
sul territorio, oltre che un ufficio che il cittadino sente vicino e a cui non vuole rinunciare per non incorrere in nuovi disagi derivanti dall’ennesima privazione. Proprio per
tali motivi l’amministrazione comunale si è attivata avviando le procedure per
scongiurare un rischio concreto. La normativa prevede,
infatti, che gli enti locali interessati, entro 60 giorni dalla
pubblicazione sul bollettino
ufficiale e sul sito internet del
ministero della Giustizia degli elenchi degli uffici del giudice di pace da
sopprimere o accorpare, possono richiedere
ed ottenere il mantenimento degli uffici del
giudice di pace con competenza sui rispettivi territori, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle
spese di funzionamento e di erogazione del
servizio di giustizia, ivi incluso il fabbisogno
di personale amministrativo che sarà messo
a disposizione dagli enti medesimi. L’impegno dell’amministrazione serrese non è finalizzato al mantenimento di una scatola vuota effettuato per trattenere ciò che appare come una bandiera, ma per conservare un servizio reale e di una certa utilità. I carichi di la-
voro sono, d’altronde, non indifferenti: presso l’ufficio del giudice di pace di Serra San
Bruno per il 2011 risultano iscritti 1398 procedimenti civili, 41 procedimenti penali e
1382 decreti ingiuntivi, mentre nei primi 2
mesi del 2012 risultano già iscritti 279 procedimenti civili, 4 procedimenti penali e 16 decreti ingiuntivi. Consistente
è inoltre la popolazione a cui
è rivolto il servizio (oltre a
Serra fanno parte del comprensorio San Nicola da
Crissa, Vallelonga, Simbario,
Spadola, Brognaturo, Mongiana, Fabrizia e Nardodipace) e pressanti sono le richieste per mantenere la sede del
giudice di pace per poter garantire ai cittadini della comunità dell’area montana la
soddisfazione della domanda di giustizia in
tempi ragionevoli e senza aggravi di spese derivanti dalla necessità di recarsi in un luogo
diverso rispetto a quello predisposto nel proprio territorio. Alla luce di queste considerazioni, la giunta guidata dal sindaco Bruno Rosi (foto), con un’apposita deliberazione, ha
manifestato agli organi competenti la volontà del Comune di Serra San Bruno di continuare a mantenere la sede del giudice di pace. Copia dell’atto è stata pertanto trasmessa
al ministero di Grazie e giustizia, al presidente del Tribunale di Vibo Valentia e al presidente della Corte d’Appello di Catanzaro.
Biagio La Rizza
il progetto
A lezione di ecologia con il centro Arssa
SPADOLA Ha preso il
via nei giorni scorsi nella
scuola primaria “F. Papa” di
Spadola il percorso didattico
intitolato “AAA/Agricoltura
- Ambiente - Alimentazione”,
elaborato dal centro Arssa di
Serra San Bruno con il contributo degli insegnanti dell’istituto. Il progetto formativo, destinato agli alunni delle classi terza, quarta e quinta, prevede una serie di attività teoriche e pratiche indi-
rizzate alla comprensione del
ruolo che ciascun cittadino
può svolgere per la salvaguardia dell’ambiente ed alla conoscenza delle produzioni agro-forestali, con particolare riferimento a quelle
tipiche del territorio delle
Serre. Nel corso del primo incontro si è discusso sul tema:
“L’acqua come risorsa preziosa e da risparmiare”. Altri
argomenti oggetto di trattazione da parte dei tecnici del
centro Arssa riguarderanno
la dieta mediterranea, lo sviluppo sostenibile, il bosco, il
percorso del latte e del miele,
la raccolta differenziata. Nel
progetto, inoltre, è previsto
anche l’intervento di alcune
istituzioni operanti sul territorio o, comunque, competenti nelle materie di volta in
volta trattate al fine di realizzare un processo formativo
ed informativo integrato.
Ale. De Pa.
SERRA SAN BRUNO «Nella consapevolezza di dover massimizzare i servizi
offerti, considerato il piano di rientro in corso, ogni dirigente della nostra Azienda sanitaria dovrebbe mettere al primo posto tra
le sue priorità la tutela della salute del cittadino. Questo non sembra essere il caso
dei dirigenti dell’Asp di Vibo». Michele
Grenci, coordinatore del gruppo “Al lavoro
per il cambiamento”, passa all’attacco e critica i vertici dell’Asp. «All’inizio
di febbraio - prosegue - la direzione amministrativa del presidio
ospedaliero di
Serra informava
gli elettricisti e i
centralinisti della
struttura che la
ditta addetta al
servizio di manutenzione degli
ascensori non era più la Paravia, ma la Vibam. Fino a qui non si registrerebbe nulla
di strano considerando che il provvedimento, deciso dall’ Asp, ricadrebbe nella normale amministrazione. Sta di fatto che nella giornata di domenica, in piena emergenza dovuta all’arrivo di un paziente e nella
conseguente necessità di trasferirlo in reparto - precisa Grenci - , gli ascensori non
erano attivi. All’arrivo del personale elettricista si constatava un guasto al funzionamento dell’ascensore e quindi di competenza della Vibam. Dopo vari tentativi di
contattare l’azienda attraverso il numero
verde rimasti senza risposta alcuna, il medico del pronto soccorso ha deciso di chiamare le forze dell’ordine per denunciare il
disservizio, mentre il personale interno all’ospedale si occupava del paziente che veniva trasferito al reparto attraverso una manovra manuale eseguita per far ripartire
momentaneamente l’ascensore. All’arrivo
dei tecnici, nella giornata di lunedì si scopre
che la Vibam avrebbe dato in subappalto
ad una terza ditta i lavori di manutenzione,
essendo sita fuori regione e non potendo
rispondere in tempo alle emergenze; a questo sarebbe dovuta la difficoltà di intervenire subito sui guasti. Tutto questo fa sorgere degli importanti interrogativi: perché è
stato revocato il servizio di manutenzione
alla Paravia, costruttrice degli ascensori che
si è sempre attivata per tempo durante le
emergenze? Che vantaggio trae l’Asp di Vibo nell’affidare il servizio ad una ditta che è
sita fuori regione e che ha la necessità di subappaltare i lavori, con le relative difficoltà
di cui si è avuta esperienza durante l’emergenza di domenica scorsa? Fortunatamente tutto è stato risolto nel migliore dei modi, ma in una situazione diversa e con esiti
diversi per il paziente di turno saremmo
qua a parlare di un nuovo caso di malasanità. Non sarebbe più facile risolvere i problemi più gravi che il nostro sistema sanitario ha, invece di limitarsi ad occuparsi di
sottigliezze tecniche che nulla hanno a che
vedere con la crisi degli ospedali e che portano più danni che benefici? Questi sono
gli interrogativi che il movimento da me
presieduto, e che sin dalla sua nascita si è dimostrato sensibile rispetto alle problematiche della sanità - conclude l’attivista -, si
pone e per i quali attende risposta da chi di
competenza».
Alessandro De Padova
VENERDÌ 9 marzo 2012 PAGINA 33
l’ora di Crotone
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Omicidio Masucci
La Corte assolve Fazio
In primo grado era stato condannato all’ergastolo
Colpo di scena. I giudici della Corte
d’assise d’appello di Catanzaro hanno
assolto Mario Giuseppe Fazio condannato in primo grado all’ergastolo per
l’omicidio di Michele Masucci, ucciso a
Strongoli (Crotone) nel novembre del
2007 all’interno della “Centrale Biomasse” dove la vittima lavorava.. I giudici
hanno anche ridotto le pene ad altri cinque imputati coinvolti nell’operazione
chiamata “Apocalypse now” contro la
cosca crotonese della ’ndrangheta dei
Tornicchio. Fazio è stato condannato
per alcuni episodi di cessione di droga
alla pena di otto anni e quattro mesi di
reclusione. Ridotte anche le condanne
per Carolina Amodeo alla quale è stata
inflitta la pena di dieci anni, dieci mesi
e trenta giorni. A lui erano stati inflitti 14
anni in primo grado, Luigi Tornicchio
condannato a dieci anni, cinque mesi e
dieci giorni (14 anni in primo grado);
Nicola Tornicchio, otto anni e quattro
mesi (10 anni), Pietro Maneli, due anni,
dieci mesi e venti giorni (8 anni e 6 mesi) e Maurizio Lumare, due anni e sei
Il palazzo dove ha sede la Corte d’appello
mesi (inflitti 8 anni in primo grado ). Il
sostituto procuratore generale Alessia
Miele al termine della sua requisitoria
aveva chiesto la conferma delle condan-
diario rosa
Lanciato dal Comune
il forum delle denunce
Diario Rosa si è rivelato un forum in grado di
rilanciare il dialogo al
femminile, fatto anche di
denunce dai toni forti. È
apparsa la volontà delle
donne di voler riaffermare una parità di genere
che ancora oggi resta sulla carta.
Tant’è che un messaggio lasciato da Letizia poteva essere assunto come
slogan per l’intera iniziativa: “Donna è sinonimo
di libertà”
Ma la vera sterzata c’è
stata quando l’amministrazione comunale ha
deciso di dedicare la giornata che si è vissuta oggi
nella sala consiliare dedicata alla lettura del Diario Rosa da parte di tutte
le donne crotonesi a tre
donne che hanno scritto,
a carissimo prezzo, una
pagina fondamentale di
legalità per il riscatto del-
la Calabria: Giuseppina
Pesce, Maria Concetta
Cacciola e Lea Garofalo.
Nel segno di queste
donne coraggiose si è
aperto l’incontro al quale
hanno partecipato donne delle istituzioni, del
mondo e dell’associazionismo. della società civile.
Corpo Forestale
Polizia Stradale
Polizia Municipale
Servizio Taxi
Aeroporto S. Anna
Cinema Teatro Apollo
Sala Raimondi
Pronto soccorso
0962-902555
Guardia medica Kr
0962-21074
Guardia medica Papanice 0962-69086
Prefettura
0962.954111
Comando Cc
0962.21021
Capitaneria di porto
0962.6116
Questura
0962.951111
Polizia Ffss
0962.21259
ne di primo grado. L’operazione “Apocalypse now”, condotta dai carabinieri
di Crotone e coordinata dalla Direzione
distrettuale antimafia di Catanzaro,
scattò all’alba del 25 settembre 2009 per
l’esecuzione di quattordici provvedimenti di custodia cautelare, dopo lunghe indagini partite proprio dall’omicidio di Michele Masucci. Un secondo filone dell'operazione, poi, il 23 aprile
2010 consentì di notificare otto provvedimenti di custodia cautelare nei confronti degli indagati già raggiunti dall’ordinanza precedente. Fra le accuse di
quest’ultima tranche dell’indagine anche la strage avvenuta nel campo di calcetto “Margherita”, a Crotone, che costò la vita a Domenico Gabriele, il bambino di appena 11 anni ferito alla testa e
deceduto in ospedale dopo tre mesi di
agonia, oltre che al vero obiettivo del
commando, il 35enne Gabriele Marrazzo. Nel collegio difensivo compaiono i
nomi di Gregorio Viscomi, Pietro Pitari
e Aldo Truncè.
ga. pa.
0962.21900
0962.929411
0962.21569
0962.27934
0962.791150
0962.26650
0962.21762
dopo i danni alluvionali
Il sottosegretario Torchia
in tour nelle zone colpite
Il sottosegretario alla
Protezione civile della Regione, Franco Torchia, ha
compiuto una serie di sopralluoghi nel territorio
provinciale di Crotone a seguito dei ripetuti eventi alluvionali che hanno ulteriormente aggravato la situazione della viabilità.
Torchia è stato accompagnato dal presidente della
Provincia, Stano Zurlo,
dall’assessore alle Infrastrutture Marcello Praticò,
dal consigliere provinciale
Pietro Caterisano, dai tecnici della Provincia Francesco Benincasa e Giuseppe Germinara.
E con il sottosegretario
erano presenti il segretario
dell’autorità di Bacino Salvatore Siviglia ed il dirigente del settore Protezione civile della Regione Salvatore Mazzeo. Prima tappa è
stata la popolosa frazione
Papanice di Crotone. Qui
erano presenti anche l’assessore provinciale Antonio Leotta ed i consiglieri
comunali di Crotone Antonio Curatola ed Enrico Pedace. Subito dopo il sottosegretario, percorrendo le
diverse strade provinciali,
ha fatto visita a Scandale,
San Mauro Marchesato,
Santa Severina dove ha incontrato il sindaco Diodato
Scalfaro.
Infine il sopralluogo sulla provinciale per Strongoli, altro comune del crotonese pesantemente danneggiato dal maltempo dove Torchia ha incontrato il
primo cittadino Luigi Arrighi.
Gd lancia la ricetta del riscatto
I democratici junior puntano su sanità e bonifica ambientale
È stata un’attività svolta sul campo
quella che i Giovani democratici hanno
portato avanti nella provincia di Crotone, un’attività politica che non ha trascurato i territori e i cittadini nella convinzione che quello fosse il modo giusto
di radicare il partito tra la gente e di capire ed affrontare le esigenze e le difficoltà delle persone. «Siamo riusciti hanno detto - a creare un clima di entusiasmo capace di coinvolgere numerosi
giovani pronti ad impegnarsi su temi,
su problemi, su tante situazioni che abbiamo avuto modo di registrare nei vari incontri dai quali sono emersi diversi
spunti di riflessioni, dalla situazione infrastrutturale alla sanità, dall’ambiente
alla legalità». È quanto si legge in una
nota di Giuseppe Dell’Aquila, coordinatore Giovani democratici provincia di
Crotone convinto che «questi temi non
siano stati da loro sottovalutati che, anzi, hanno intrapreso numerose iniziative dibattendo dei temi su citati senza la
presunzione di avanzare soluzioni, ma
con la consapevolezza di poter offrire un
contributo grazie a delle proposte giovani e nuove che possono significare anche
un nuovo approccio per migliorare le
condizioni di vita nel nostro territorio.
Non possiamo infatti, proprio noi giova-
ni, - si legge ancora nella nota - assistere passivamente all’agonia della nostra
regione e della nostra provincia in particolare. Non possiamo far finta che il
piano di rientro della sanità, sancito dalla Giunta regionale guidata da Scopelliti, non mortifichi l’utenza crotonese, obbligata a fare i conti con servizi sempre
più carenti che la costringono a cercare
fuori regione quelle prestazioni che il
nostro servizio sanitario non è più in
grado di offrire in maniera dignitosa e in
tempi utili. Ma non possiamo neanche
trascurare il fatto che il nostro territorio
risulta essere sempre più isolato non solo dal resto del mondo, ma anche dal resto dell’Italia, e mentre c’è chi si affanna a propagandare che presto sarà elettrificata la nostra linea ionica, dobbiamo
purtroppo registrare la soppressione,
proprio su quella tratta ionica, dei treni
a lunga percorrenza; siamo altrettanto
costretti a lottare per scongiurare la
chiusura dell’aeroporto di Crotone dopo
il suo declassamento; e dobbiamo ancora constatare che tanti di noi giovani
sentono parlare di ammodernamento
della SS 106 da quando sono nati, senza però che nessun intervento sia mai
stato fatto, almeno sulla fascia ionica,
per cancellare a quella strada l’appellativo di “strada della morte”. Ironicamente, considerate le nostre condizioni
infrastrutturali, si può affermare che nel
nostro territorio si è risolto il problema
della fuga dei cervelli, considerato che
anche scappare ormai è diventata impresa titanica. E poi, infine ma non per
ultimo - conclude la nota - il problema
ambientale. Siamo convinti quindi che
occorra ripartire dalla bonifica del territorio crotonese e puntare sulle peculiarità della nostra terra, sul turismo, sulla cultura, sull’agroalimentare».