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In abbinata obbligatoria con Italia Oggi. Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs) Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003 Tre foto e una mimosa Venerdì 9 marzo 2012 www.ilquotidianodellacalabria.it Dopo la proposta del Quotidiano la rivolta della normalità Un solo grido: no alla paura E nell’8 marzo per Lea, Cetta e Giuseppina una donna viene sfregiata con l’acido • La sorella della Garofalo «Un esempio» • A Petilia è silenzio ricordato solo il sisma • A Rosarno la voglia di cambiare dei ragazzi ANASTASI, GALATÀ, GALATI GRILLONE, RIZZA, MAURELLA e VELTRI da pagina 4 a pagina 7 Reggio. 34 assoluzioni e 93 condanne Processo Crimine per i boss condanne mitigate NOVANTATRÉ condanne e 34 assoluzioni. La sentenza emessa al processo “Crimine”, che ha comunque certificato l’esistenza di una struttura unitaria e verticistica anche nella ’ndrangheta, è stata accolta con un po’ di amarezza dai magistrati. L’impianto dell’inchiesta nel suo complesso ha retto ma i giudici hanno mitigato le condanne dei boss rispetto alle richieste del pm. Soddisfatti i vertici della Procura di Reggio che parlano di «dispositivo storico» e di conferma della bontà del lavoro svolto dalla Dda. BALDESSARRO, CORDOVA e VIOLI da pagina 8 a pagina 11 Il capocrimine Mico Oppedisano I ragazzi del liceo Piria di Rosarno con le magliette gialle con su scritto “io non ho paura” A Salice i funerali dei due giovani Blitz degli inglesi Il giallo Francesco e Chiara insieme oltre la vita Nigeria ucciso un ostaggio italiano Midiri tre mesi per arrivare alla verità Strage di Brescia: folla attonita per l’addio alle due vittime Un ingegnere rapito a maggio: il Governo chiede spiegazioni Riesumati i cadaveri dei genitori dell’uomo latitante da 20 anni a pagina 2 B. APICELLA a pagina 20 CLAUDIA TAMIRO a pagina 17 I feretri portati a spalla fuori dalla chiesa da pagina 49 a 57 Caulonia. L’uomo è finito in ospedale e i medici gli hanno dovuto asportare la milza Sombrero Lo spread I POVERI in Italia sono otto milioni. La disoccupazione è arrivata al 9% (ma è al 31 per i giovani, al 38 al Sud, al 49 per le donne). La benzina verde costa due euro al litro, e il diesel pure. Le tasse sono le più alte di sempre, e a pagare sempre gli stessi (per gli altri, compresi i beni della Chiesa, si fa solo un po' di scena). Sono crollati i consumi di tutti i generi, dai vestiti al teatro, dai mobili ai viaggi, tranne (per ora) gli alimenti di prima necessità. Però è calato lo spread, il governo Monti ha salvato l'economia. Allora, perché ci sentiamo così infelici? Sventa il furto della sua auto, meccanico ferito SCOPRE due ladri che gli stanno rubando l’auto e cerca di fermarli, ma viene ferito. La vittima è un meccanico di Caulonia. FRANCESCO SORGIOVANNI a pagina 20 20309 9 771128 022007 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro ANNO 18 - N. 68 - € 1,20 4 Primo piano Tre foto e una mimosa Venerdì 9 marzo 2012 Primo piano 5 Venerdì 9 marzo 2012 Il caso a Reggio. M.L. rischia di perdere un occhio Il significato dell’appello, centinaia le adesioni e le iniziative L’INIZIATIVA del Quotidiano, “Tre nomi e una mimosa”è stato in questi giorni una sorta di appello per ricordare tre donne, Lea Garofalo, morta in Lombardia, originaria di Petilia Policatro, un Comune in provincia di Crotone, uccisa e sciolta nell’acido, Giuseppina Pesce, scampata alla morte per puro caso e oggi testimone di giustizia, testimonierà al processo “All inside” a Reggio contro il clan Bellocco e infine c’è Maria Co- cetta Cacciola, cugina della Pesce, indotta al suicidio, con l’acido muriatico dalla sua stessa famiglia. Queste tre donne la mafia la conoscevano. Hanno avuto vicende giudiziarie e infine hanno deciso di pentirsi. Di raccontare ciò che sapevamo. Due di loro hanno pagato con la vita. Da qui nasce l’iniziativa che ha avuto finora tantissime adesioni. L’idea era di dedicare l’8 marzo a loro. Perchè la festa della donna dive- nisse monito di riflessione. Non una, ma cento manifestazioni, in nome di Cetta, Lea, Giuseppina si sono tenute in tutta la Calabria. Facciamo la cronaca di alcune. Ce ne sono state altre, come a Settingiano, a Decollattura, a Reggio (in un liceo il “Preti” hanno scritto una lettera alla Pesce). Tutto perché l’acido muriatico ha potuto cancellare la vita di due di loro, ma non la loro memoria. E da qui, c’è un messaggio chiaro, cheè la sintesi di tutte le manifestazioni: le donne possono essere la nuova leva della Calabria, anche contro la malapianta che distrugge il sud e si espande come macchia d’olio al nord. E non è un caso che ci son Comuni del nord d’Italia, come Cologno Monzese che all’iniziativa hanno aderito, con decisione. Centinaia sono state le adesioni in questi giorni. Nel giorno delle donne sfregiata dall’acido in strada Giuseppina Pesce Maria Concetta Cacciola L’altra Calabria rinasce donna diffuso per le nuove generazioni: «Va affermato con forza - spiega - il senso della cosa pubblica, rompendo le logiche individuali e introducendo forme di civiltà fra le persone. Gli esempi di queste tre donne vanno illuminati. Abbiamo una rappresentazione del mondo della 'ndrangheta come chiuso e lontano da noi, ma non si nasce 'ndranghetista. E' il mondo in cui siamo calati che ci induce a compiere delle scelte. Ecco perché diventa decisivo lavorare sulle nuove generazioni e innescare processi educativi». Il sindaco di Isola Capo Rizzuo, Carolina Girasole, porta la sua esperienza forte e paradigmatica di donnache decidediimpegnarsi inpolitica e conosce da subito il peso e la violenza delle cosche: «Quando mi hanno chiesto di candidarmi cinque anni fa - racconta - dopo lunghi anni di commissariamento del Comune, sono scappata via impaurita.Poi mi sono interrogata e ho capito che il mio impegno poteva essere diverso e non dovevo girarmi dall'altra parte. Abbiamovinto eil paesesi èconsegnato nelle mani di una donna. Da allora coerenza e bene comune sono stati al centro dell'azione del Comune». Racconta un altro percorso di legalità Nunzia Coppedé, a nome dell'associazione Fish impegnata sul terreno della disabilità ma soprattutto nelle vesti di fondatrice della comunità di don Panizza a Lamezia Terme, in ultimo di recente al centro dell'aggressione delle cosche. Un'altra storia di donna, che nella sua professione coltiva la buona pianta delle regole e del merito, è quella di Anto- nella Barbarossa, direttrice del Conservatorio Torrefranca di Vibo Valentia: «Abbiamo bisogno di modelli viventi per andare avanti. Io mi spendo per plasmare attraverso la musica le anime dei calabresi del domani e i frutti, poi,maturano seè verocome è vero che una ragazza di 19 anni di Vibo è riuscita ad entrare, unica italiana, nell'orchestra della Scala». «Dobbiamo dire tutti grazie a Matteo Cosenza - esordisce Mimma Pacifici, a nome della Cgil di Reggio Calabria - perché dopo la bellissima manifestazione anti 'ndrangheta di Reggio Calabria, oggi abbiamo un'altra occasione per costruire una Calabria migliore». Tra le poche voci al maschile che hanno accesso al dibattito quella del giornalista dell'Unità, il calabrese Gianluca Ursini, che raccontando la sua vita da cronista di processi alla 'ndrangheta, dà voce ai primi protagonisti della lotta alla mafia: forze dell'ordine e magistratura. Le donne, dunque, come grimaldello per far saltare le trame familistiche delle cosche, e più in generale, gli schemi di una Calabria retriva? «Attenzione alle concezioni salvifiche - ammonisce Giovanna Vincelli, sociologa dell'Unical - dobbiamo stare attenti oggi a caricare di eccessive responsabilità e funzioni le donne calabresi. Il vero investimento va fatto sui giovani». In campo ci sono anche le parlamentari del Pd: «Tra le donne che muoiono in questa regione - dice Doris Lo Moro - voglio ricordare Orsola Fallara, un'altra figura che con la sua morte ha disvelato una pagina Il convegno della Cgil organizzato a Catanzaro al Muesmi della storia politica calabrese ma è servita per dire all'Italia quale fosse il vero modello Reggio». Chiama alla mobilitazione della società civile, Amalia Bruni, direttrice del Centro di neurogenetica: «mi occupo di malattie ereditarie - spiega - e la mafiosità anche se non si trasmette geneticamente, si contagia. Ecco allora che il rispetto delle regole e la proposizione di modelli di vita positivi diventa decisivo». Tocca a Vera Lamonica, pasionaria calabrese dellaCgile oggi componente della segreteria nazionale, tracciare una linea per terra: «Come dare seguito a questaesperienza? - si chiede - Il rischio, quando si parla di Calabria, è di scadere nella retorica, i temi della legalità sono frequentati da anni, per cui rischiamo di trasmettere un messaggio di impotenza. Il nostro impegno ora è quello di andare oltre. Non dobbiamo tagliare con l'accetta, dobbiamo elaborare e partire da una lettura storica del ruolo della donna nella 'ndrangheta e di un protagonismo che hanno sempre avuto. Il dato dell'oggi - afferma infine - è che c'è una ribellione al femminile, perché si rompe la catena di trasmissione dei valori mafiosi. Dobbiamo produrre un quadro di rottura ognuno nel nostro ruolo». La sorella di Lea: «Stimolo per tutti» CATANZARO - Ha deciso di costituirsi parte civile, insieme alla nipote e alla madre, nel processo contro coloro che hanno torturato, ucciso e sciolto nell’acido la sorella Lea. E anche ieri, Marisa Garofalo, non ha voluto fare mancare la sua vicinanza a tutti coloro che, in nome della sorella, di Maria Concetta e Giuseppina hanno deciso di mobilitarsi per una Calabria anti’ndrangheta epiùgiusta.Trai momenti più toccanti e intensi, infatti, della giornata organizzata dalla Cgil a Catanzaro, per dare seguito e sfogo all’appello lanciato dal “Quotidiano”, c’è stato proprio quello del messaggio inviato da Marisa Garofalo. «Grazie a Lea, Maria Concetta e Giuseppina perchè ci confermano che la lotta alla 'ndrangheta è soprattutto unabattagliaculturale. Lasperanzaèche illoroesempio possa diventare lo spunto per una presa di coscienza che incida nei comportamenti individuali e collettivi», scrive Marisa, ricordando Lea uccisa e sciolta nell’acido perchè ribellatasi alle leggi della 'ndrangheta nella lettera inviata al direttore del Quotidiano della Calabria Matteo Cosenza e alla Cgil calabrese che, a Catanzaro. In tanti, tra rametti di mimose e fasce «No alla 'ndrangheta» al braccio, hanno risposto all’appello per l’8 marzo da dedicare a Lea; a Maria Grazia Cacciola indotta al suicidio e a Giuseppina Pesce che si è ribellata ed è sfuggita per un miracolo alla vendetta del clan. Poche ma toccanti righe, lette al microfono dal segretario della Cgil Catanzaro, Giuseppe Valentino, in cui Marisa spiega il dolore immenso figlio dell’uccisione barbara della sorella. Ma il riferimento di Marisa va a tutte le donL’intervento di una studentessa a Catanzaro ne di mafia, costrette nella loro vita a declinare lacrime e lutti «penso - scrive ancora la sorella di Lea Garofalo - alle madri, alle mogli, alle sorelle ingabbiate nelle logiche della criminalità organizzata». Emozione nella sala del Musmi del Parco delle Biodiversità anche quando a prendere le parola sono quattro studentesse del liceo classico Galluppi, Maria Rigillo, Cristina Rigillo, Martina Mancuso Maria Concetta Molica. Le parole di Lea, Cetta e Giuseppina rivivono, infatti, dopolaproiezionediunvideo cheharaccontatolelorovicende, nella lettura che ne hanno proposto il gruppo di studentesse. Stralci di loro lettere, quasi testamenti spirituali, che mostrano plasticamente il senso del cambiamento in atto nella regione dove il fenomeno 'ndrangheta è nato e si è irraggiato fuori dai confini fino ad interessare il nord del Paese e l’Europa. Numerose le adesioni anche a livello nazionale all’appello lanciato dal Quotidiano e ripreso ieri dalla Cgil. Un messaggio al sindacato è arrivato anche dal presidente della Provincia di Catanzaro, Wanda Ferro: «Sono convinta, infatti, che la lotta alla mafia sarà più forte se a rappresentarla saranno i volti di quelle donne capaci di ribellarsi alla violenza e a quella mentalità criminale che soffoca la libertà e uccide la speranza di futuro migliore. La rivoluzione culturale di cui le donne sono il simbolo, ha come valore fondante quello della difesa della vita. Delle tante vite spezzate dalla ‘ndrangheta, degli innocenti uccisi dalla malasanità, delle famiglie distrutte dall’incubo dell’usura o del racket, degli operai morti nei cantieri insicuri». g. v. A Petilia convegno sul terremoto In sala anche la sorella della Garofalo M.L., la donna delle Seychelle in ospedale, in un’immagine del TgR Calabria «Mi sono sentito come acqua tirata in faccia - ha raccontato la donna - e non sono riuscita a vedere chi era stata a lanciarla. Era una cosa che non mi aspettavo e mi dispiace che sia accaduto in questa città». I carabinieri del comando provinciale si sono attivati immediatamente dopo l’accaduto per fare chiarezza su quanto successo e indagini sono in corso per identificare l’aggressore, dal momento che la donna, separata da tempo, non ha saputo fornire notizie utili per identificarlo. Sembra comunque improbabile che il gesto possa ricondursi a quello di un folle. Forse una sorta di ritorsione che la donna ancora non si sente in grado di raccontare. Accanto a lei fin dai primi momenti una donna-carabiniere per aiutarla in questo momento difficile a ricordare meglio fatti e circostanze alla ricerca di qualche indizio o elemento che possa essere ricondotto al folle gesto e eventualmente all’aggressore. Quel che è certo è che proprio nel giorno in cui si celebra la festa delle donne, una signora è rimasta vittima di una violenza inaudita; nel giorno in cui si fanno i bilanci di diritti ancora negati, ancora una volta una donna ha visto i suoi diritti calpestati da un atto di barbarie senza limiti. E se ogni tre giorni in Italia una donna viene uccisa dal propriopartner, ildato siriferisce al 2011, è facile immaginare l’esercito delle donne che quotidianamente subisce una qualsiasi forma di violenza. In tutto questo conforta il messaggio che le donne hanno voluto lanciare da tutta la Calabria per la giornata dell'8 marzo dedicata a Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce. A Trebisacce il corteo in piazza Nella città di Lea Convegno a Cutro “Donne e dignità” nessun ricordo Diario rosa a Crotone manifesto dei bimbi di FRANCESCO RIZZA PETILIA POLICASTRO Nella città di Lea Garofalo il giorno dell’8 marzo si ricorda il terremoto del 1832 che produsse morte e disperazione nell’intero Crotonese producendo 29 morti su una popolazione di circa 5.000 abitanti. È questo l’unico appuntamento pubblico nella cittadina dell’alto Marchesato crotonese. Nessuna manifestazione pubblica, invece, per ricordare quella giornata mondiale che dall’8 marzo 1908 viene dedicata alla donna per ricordare quell’incendio in una camiceria new yorkese che produsse la morte di numerose operaie. Ed è caduto nel vuoto nella cittadina dell’alto Marchesato crotonese l’invito de “Il Quotidiano della Calabria” che da alcune settimane invita l’intera Calabria a dedicare la giornata della festa delle donne a Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo, «donne coraggiose che si sono opposte alla criminalità, arrivando a denunciare anche i propri cari e pagando prezzi altissimi, in due casi anche con la vita». La non organizzazione di nessuna iniziativa in memoria delle tre paladine della giustizia, contrariamente a quanto è invece succes- so in numerose città della Calabria come Crotone e Cutro, assume una particolare gravità a Petilia Policastro alla luce del fatto che era una figlia di Petilia Policastro, Lea Garofalo una delle tre donne cui la stessa giornata, almeno nelle idealità dei proponenti, avrebbe dovuta essere dedicato almeno un momento di riflessione. A tre donne calabresi, che hanno conosciuto la ndrangheta, che hanno condiviso i segreti, ma che ad un certo punto della loro vita, hanno detto no, denunciandola, nessun accenno. Neanche a Lea che a Petilia è nata, che è stata uccisa e sciolta nell’acido muraitico, perché non avesse memoria. Non avesse più corpo. Neanche a Denise, sua figlia che attende dallo Stato il riconoscimento di vittima di mafia e che è nata a Petilia Policastro, consoce quella terra. L’amministrazione comunale del sindaco pidiellino Dionigi Fera che, per fare gli auguri alle donne petiline, ha preferito citare un pensiero di Ghandi, lo ha messo in un manifesto, e non il ricordo di Lea Gaforalo che dalla sua sonnacchiosa Petilia, evidententente, meritava una maggiore attenzione, almeno una mimosa, una foto, un segno, anche se piccolo. di ANTONIO ANASTASI CROTONE - Cutro e Crotone ricordano le donne coraggio. Cutro lo fa con un convegno nella sala Falcone e Borsellino, gremita di studenti. Crotone con il diario rosa. A Cutro la partecipazione è stata grande. E sta, forse, nelle parole della preside Maria Pia Ferrante, dirigente del Polo scolastico di Cutro, che si rivolge a una platea di studenti di varie fasce d'età, il senso di una giornata speciale. «I genitori di alcuni di voi vi lasciano lontano da questi problemi, magari per proteggervi - ha detto la preside facendo riferimento ai video realizzati dal Quotidiano sulle storie di tre testimoni di giustizia, Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce e la toccante intervista a Paola Emmolo, moglie del pentito crotonese Luigi Bonaventura - e in effetti sono cose che sconvolgono. Ma sconvolgersi fa riflettere e aiuta a comprendere. Noi docenti spesso siamo abbarbicati ai programmi, ma bisogna parlare dell'attualità». Il sindaco, Salvatore Migale, ha colto la «valenza nazionale, non solo regionale e locale» della campagna del Quotidiano e ha spiegato il perché della sua adesione. «Il messaggio educativo rivolto ai giovani da donne che si sono ribellate perché non vedevano più un futuro per i loro figli». In sala ieri c'era anche Marisa Garofalo, la sorella di Lea, giunta dalla vicina Pagliarelle, frazione di Petilia. E' stata poi la volta del vicesindaco di Crotone, Teresa Cortese, che nel pomeriggio ha tirato le fila del diario rosa; di Nella Scalise, presidente del Lions club del Marchesato; di Carmen Messinetti, del dipartimento Immigrazione della Cgil, che ha definito come «dirompente» l'intuizione del direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza, che ha proposto di dedicare l'8 marzo a «tre esperienze di vita difficile e di morte che hanno un significato fondamentale di riscatto»; della consigliera comunale delegata alle Pari opportunità, Maria Grazia Lorenzano che annunciato l'adesione del Comune al progetto “Tre strade tre donne” perché c'è discriminazione di genere anche nella toponomastica. Tutte donne impegnate. Come quelle che nel pomeriggio si sono confrontate a Crotone sui valori veicolati dalle tre testimoni di giustizia che hanno detto no alla violenzadel sistemamafioso, anche a costo della vita, come nel caso di Lea e Maria Concetta. La psicologa romana Paola Piccirilli ha poi relazionato sulle nuove frontiere delle politiche di conciliazione. Le iniziative sono state promosse e organizzate dai Comuni di Cutro e Crotone. lenze palesi ed occulte”, ha di FRANCO MAURELLA preso il via con il raduno TREBISACCE - Si chiama dei partecipanti in Piazza “Donne e Dignità” la mani- della Repubblica da dove è festazione promossa ieri a partito un corteo che, con Trebisacce, in adesione palloncini gialli e fasci di all’iniziativa “Tre foto ed mimose distribuiti ad ogni una mimosa” promossa da donna incontrata, ha attraIl Quotidiano, per celebra- versato le principali vie cittadine manire la giornata festando solimondiale dedarietà per dicata alle Giuseppina donne. Pesce, Maria Ad orgaConcetta Cacnizzarla l’asciola e Lea sociazione Garofano ol“Passaggi” tre al coraged il gruppo gio delle dondel social netne calabresi, work faceagli appelli book “La dialla pari discriminaziognità ed al dine della donsprezzo per na nel monogni forma di do”. violenza sulL’iniziatile donne. va è stata La manifecondivisa stazione è poi dalle associaproseguita zioni locali alle 17 e 30 “Bene comunella hall del ne”, “Le nove Miramare lune”, MuoPalace Hotel versi insiedove è stata me”, “Tra inaugurata Mondi”, “Ri- La manifestazione a Trebisacce la mostra di zoma”, “Unial femminile tre – Università delle tre pittura età”, “Età serena”, “Fida- dell’artista locale Loredapa”, “L’Albero della memo- na Fiammetta Aino. A concludere l’evento ria”, “Aopca”, “Arsa.Sa” ed il gruppo locale dei Ran- una conferenza sul tema gers. La manifestazione della giornata dedicata alle “contro le discriminazioni donne che ha avuto grande delle donne e contro le vio- partecipazione. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro di GIULIA VELTRI REGGIO CALABRIA - Nel giorno delle donne. Mentre in tutta la Calabria si ricordano Maria Concetta Cacciola, Giuseppina Pesce e Lea Garofalo e qualcosa (la morte, in due casi) lega loro all’acido, a Reggio quella sostanza, l’acido torna a diventare un’arma. È accaduto ieri mattina. Una donna era in attesa dell’autobus ed invece il gesto orribile di un uomo rischia ora di compromettere la vista di una donna seychellese, M.L. di 46 anni, residente a Reggio con regolare permesso di soggiorno e occupata come domestica presso una famiglia della città. Aggredita senza un apparente motivo da un uomo che l’ha sfregiata in volto con l'acido mentre stava raggiungendo a piedi via Frangipane, zona sud della città, in direzione di viale Galilei per prendere un mezzo pubblico. Un gesto fulmineo, quello dell’uomo, che ha lasciato la donna in preda a dolori atroci. Soccorsa da un passante, è stata portata subito al Pronto soccorso dei Riuniti. Da qui, dopo una prima valutazione da parte dei medici,èstata trasferitanellaDivisione di dermatologia. La donna si trova in prognosi riservata per l’occhio destro, per l’ustione alla cornea provocata dall’acido. Non si trova in pericolo di vita ma rischia seriamente di perdere un occhio, oltre a presentare ustioni cutanee al palmo delle mani, al volto e nella regione della palpebra dell’occhio destro. «Non so chi mi abbia colpito A me pareva acqua» Dall’evento della Cgil parte la rivolta della normalità «La forza di tre madri coraggio sia d’esempio per tutti» CATANZARO - Parte con le tre foto di Maria Concetta, Lea e Giuseppina simbolicamente nel giorno della festa della donna - la battaglia di tutti per una Calabria libera dalla mafia e dalla diseguaglianze. Con questo impegno si sono lasciati ieri - al termine di una lunga e intensa discussione pubblica sul complicato tema dell'essere donna in una terra di 'ndrangheta e illegalità - le decine e decine di persone che si sono ritrovate a Catanzaro, nella sede del Museo Musmi, troppo piccola per ospitare le tante (ma anche i tanti) che volevano ascoltare, partecipare, stare in un 8 marzocheunavolta tantoentraconi piedi nel piatto dell'attualità della storia e della cronaca calabrese. Non più voli pindarici, ma una domanda ed una risposta, collettiva, giunta anche ieri - così come in quell'indimenticabile manifestazione di un anno e mezzo fa a Reggio Calabria - a dimostrazione che se c'è una sollecitazione giusta, una domanda appropriata, giungono anche le risposte. Decine di persone prendono parte all'evento, organizzato dalla Cgil per accogliere e dare seguito all'appello di alcune settimane fa del direttore de"Il Quotidiano",Matteo Cosenza,a rendere l'8 marzo ilgiorno delle donne vittima della criminalità. Si entra in medias res attraverso il video del "Quotidiano" dedicato alle storie di Cetta, Lea e Giuseppina, e attraverso le testimonianze di quattro studentesse del liceo classico Galluppi, Maria Rigillo, Cristina Rigillo, Martina Mancuso Maria Concetta Molica. Il filo rosso sono le storie di amore e morte di Maria Concetta che, sposa a 13 anni con un mafioso, si ammazza in una sera d'estate. La vita è il volto sorridente di Lea prima di morire a Milano sciolta nell'acido. La vita è Giuseppina, che decide di perdere il suo passato pur di avere un futuro lontano dalle cosche per sé e i suoi figli. Tutte e tre hanno rotto il muro dell'omertà e hanno denunciato mariti, padri e fratelli, pagando a caro prezzo il costo del proprio coraggio. Tre testimonianze forti di impegno civile assunti da tutti gli intervenuti a paradigma di un nuovo modo di vivere la Calabria, attraverso la quotidiana affermazione della legalità e del rispetto del bene comune. In questa direzione va l'intervento del segretario provinciale della Cgil Catanzaro, Giuseppe Valentino, seguito dalla collega catanzarese Michela Avenoso, che con voce commossa indica nel coraggio la vera chiave di volta per un percorso di emancipazione che attraverso le donne recuperi la Calabria intera. Dalla più larga tutela dei diritti passa, secondo Mimma Iannello, segretaria regionale del sindacato della Camusso,la stradadell'emancipazione: «oggi - dice - è arrivato il momento di sporcarsi le mani e noi vogliamo esserci per difendere tutti i presidi di legalità». Il direttore Cosenza, nella sua chiavedilettura, chiedeunimpegno di DOMENICO GRILLONE Lea Garofalo 6 Primo piano Tre foto e una mimosa Venerdì 9 marzo 2012 A Cosenza Radio Ciroma legge l’ultima lettera della Cacciola COSENZA - Anche la città degli Bruzi ha aderito alla manifestazione del Quotidiano. E così ieri " il Centro "Lanzino" ha saputo trovare un modo significativo per parlarne, per dare voce alle donne, attraverso i microfoni di Radio "Ciroma", nella giornata dell'8 marzo. Una trasmissione composita in onda alle 17, dedicata in particolare a tre donne coraggio Maria Concetta Cacciola, Giuseppina Pesce e Lea Garofalo vittime della violenza della 'n- drangheta. «Abbiamo aderito alla campagna di sensibilizzazione avviata dal "Quotidiano - hanno affermato la delegata del Centro Vincenza Zoccari e dalla responsabile alla formazione, Daniella Ceci - per ricordare il valore di queste tre grandi donne, ma dedichiamo questa trasmissione a tutte le donne che rischiano la propria vita e la propria libertà contro le realtà patriarcali e mafiose. Noi da oltre 20 anni sosteniamo e difendiamo le don- ne vittime di violenze ed oggi intendiamofarloin unmododiverso,attraverso le frequenze di radio Ciroma". Uno "spazio di ascolto non facile- ha aggiunto la psicologa Erika Galloperchè si parla di violenza, di una violenza non solo fisica ma psicologica, di un modo di essere insensibili al linguaggio della violenza laddove spesso si veicolano messaggi della cultura della violenza», ricordando la frase simbolo del Centro "Chi usa la violenza conta sul tuo silenzio". Una trasmissione, coordinata da Francesco Febbraio e Pierluigi Vattimo di Radio Ciroma, intessuta di frasi, poesie, stralci di libri di donne e dedicati alle donne. Drammatica e toccante la lettera lettain trasmissionescritta dallaCacciola alla madre: «Sono sola con tutto e con tutti ed a me la vita non ha dato niente ma solo dolori. L'unica felicità i miei figli. Volevo serenità ed amore». e.c. Primo piano 7 Venerdì 9 marzo 2012 LA RIFLESSIONE La Commisso: «Mi pongo l’interrogativo su quanto debba essere profondo un sentimento di rottura» UN breve, ma significativo messaggio, quello di Rita Commisso, già deputato e commissario Ardis: «C'e' sempre qualcuno che ci dice come sarebbe meglio fare...Credo che la giornata dell'8 marzo possa essere utilizzata per una riflessione su di noi donne calabresi. - e ancora aggiunge - Ho aderito all'appello lanciato dal Quotidiano e col passare dei giorni mi sono convinta di avere ben fatto. Non sono abituata ad usare termini enfatici, anzi in genere peso le parole quando mi confronto con gli scenari che fanno da sfondo al mondo di Concetta o di Lea. Però' il ripetersi di simili vicende ( l'ultima è avvenuta a Melicucco ) mi pone un interrogativo su quanto possa essere profondo e pervasivo un sentimento di rottura e di affermazione della libertà. Voglio essere vicina a quelle donne. Soprattutto l'8 marzo». Grido di libertà dalla terra di Cetta La platea al liceo di Rosarno durante la manifestazione di adesione all’iniziativa del Quotidiano. Qui sotto a destra, una immagine dell’intervista sul sito del Quotidiano alla moglie del pentito Luigi Bonaventura | IL CASO | Il pentito alle Iene «La famiglia gestisce dallo stadio ai rifiuti» Al liceo di Rosarno gli studenti: «Noi non abbiamo paura» Il procuratore Prestipino: «Siamo di più e i migliori» di DOMENICO GALATÀ e KETY GALATI Marco Ferrandini in tutti coloro che vi hanno partecipato. Erano visibilmente colpiti dall’energia dei ragazzi il Procuratore della Repubblica di Palmi, Giuseppe Creazzo, il Procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Michele Prestipino, il direttore de “Il Quotidiano della Calabria”, Matteo Cosenza, il sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi e tutta la platea presente all’auditorium del Piria. Le note di Morricone e Mozart, eseguite dall’orchestra dell’istituto diretta dal maestro Maurizio Managò, le parole cantate dall’ospite d’eccezione, Marco Ferradini, hanno fatto da corollario ad una manifestazione che ha avuto il sapore di un punto di partenza sulla strada della libertà tracciata dagli esempi di Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce. Loro, insieme a Paola Emmolo, la moglie del collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, Felicia Impastato, Nicoletta Inzitari, Mamma Africa, Rosanna Scopelltiti (solo per citare alcune delle donne apparse in un video proiet- tato durante la manifestazione), sono state il fulcro dell’evento di Rosarno. «Noi siamo con loro - ha ripetuto la Russo - con tutte quelle donne che riescono a dare un contributo alla formazione globale. Con tutte le donne vittime di ingiustizie e di violenza che hanno il coraggio di ribellarsi alla’ndrangheta. Lo vogliamo fare in maniera plateale, consapevolmente, con un dialogo aperto, con un confronto continuo». Un’iniziativa, quella del “Quotidiano”, che non ha lasciato indifferente il sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi: «scegliere è il contrario di rinunciare –sono state le sue parole - scegliamo come schierarci, cosa dare della nostra vita, ognuno di noi può impegnarsi in questo cammino di cambiamento. Tutto sarà inutile se questo rimarrà un momento di celebrazione. Alle ragazze ed ai ragazzi dico, scegliete, impegnatevi per il vostro paese, allora questa giornata sarà servita». Quello della scelta è stato un tema affrontato anche dal procuratore Creazzo: «La scelta si deve fare. Oggi è la giornata delle donna, è giusto che ci sia una giornata in cui ciascuno di noi celebra nel proprio spirito l’importanza della vita femminile. La famiglia è fatta dalle madri, sono loro a doversi ribellarsi. Bisogna dire basta ad una condizione in cui non si può scegliere, è tempo di conquistare la libertà». «C’è chi si chiede che senso abbia l’otto marzo – ha affermato invece il procuratore Prestipino – noi invece siamo più avanti, perché il senso è quello che siamo oggi. Il senso non è la celebrazione di un rituale, di ANTONIO ANASTASI ma lo stare insieme, misurasi, contarci: siamo di più e siamo migliori». La forza della gioventù del Piria, per il direttore Matteo Cosenza, «è la risposta al bisogno di una nuova Calabria, di un nuovo mezzogiorno. La Calabria non si libera da sola da questo cancro che corrode nel profondo la vita delle persone. Io credo che lo dobbiamo ai giovano, non dev’esserci spirito di odio o di vendetta davanti ai lutti, alle tragedie, alle sofferenze. Non c’è bisogno di rivendicare il diritto alla giustizia, al rispetto della dignità delle persone. La libertà e la felicità sono un diritto. Lo stato deve reprimere, perseguire i reati, ga- Il sindaco «Scegliere è il contrario di rinunciare» rantire la sicurezza. Sta a tutti noi creare un clima positivo, partendo dai piccoli comportamenti individuali. Le regole non sono dei vincoli, le regole ci servono bene per vivere con gli altri. Abbandonare l’idea che la regola vale per gli altri, è il primo mattone della convivenza. Le donne hanno un ruolo straordinario, noi maschi abbiamo fallito. Le donne entrino, irrompano sulla scena e portino la loro sensibilità nella vita pubblica». Da ieri, l’esempio di Lea, Maria Concetta e Giusy ha assunto un significato nuovo: il loro coraggio, l’eco delle loro parole non risuonerà nel vuoto perché tanti giovani hanno scelto di ascoltare quel grido di libertà e giustizia su cui dovrà fondarsi una nuova Calabria. Costrette a decidere tra lavoro e maternità si continui a legiferare a favore delle donne di SABRINA CAGLIOTI * L’8 MARZO è il simbolo delle vessazioni che le donne hanno dovuto subire nel corso dei secoli ed il punto di partenza per il riscatto. Dunque l’8 marzo, festa della donna non come lotta tra i sessi, ma come rifiuto della sopraffazione e della violenza, e rilancio dei valori di solidarietà, giustizia e legalità. Tante ancora le conquiste da ottenere per le donne ma tanti sono gli obiettivi che le stesse nel corso dei secoli hanno raggiunto nel mondo del lavoro, della Utile partecipare di più alla vita politica politica e dell’associazionismo. Le donne oggi non devono dimostrare più nulla alla società, dal coraggio di Giuseppina Pesce, di Maria Concetta Cacciola, di Lea Garofano al coraggio di tante mamme che portano ogni giorno un pesante fardello, alla caparbietà ed alla intelligenza politica di Nilde Iotti a donne come Rita Levi o Madre Teresa di Calcutta . Pertanto questa società deve ripartire, e per ripartire occorre non discostarsi dall’applicazione costante dell’art. 3 della Costituzione legiferando a favore della donna affinché si possano ridurre gli ostacoli che si frappongono tra le stesse e il mondo del lavoro , dell’associazionismo, della politica. Spesso si è costrette a scegliere tra un figlio e il lavoro, subire l’umiliazione di essere retribuite di meno rispetto ai colleghi uomini, o non poter per mille motivi ribellarsi alla violenza del marito o del compagno, o fuggire da una famiglia di ndrangheta. Pertanto il mio appello da Presidente Provinciale dell’Udc vuole essere quello di prendere nella società il posto che ci spetta, conquistandolo con le capacità intellettive e culturali, e con l’abnegazione, ma soprattutto con una maggiore partecipazione alla vita politica e sociale necessaria al fine di garantire quella democrazia effettiva di cui oggi più che mai la società ha bisogno, per la costruzione, in sinergia con tutte le forze sane, di un mondo migliore per i nostri figli. * presidente provinciale Udc di Vibo Il presidente della Repubblica Napolitano al Quirinale «Basta violenze sulle donne» ROMA - Riformare subito la politica dei congedi parentali estendendoli ad entrambi i genitori, abolire la pratica indecente delle dimissioni in bianco, aumentare le retribuzioni delle donne ed intervenire sulla grave penuria di asili nido. Piena sintonia oggi tra Quirinale e Governo sulle misure minime necessarie per ridurre il gap economico e normativo che ancora oggi colloca l’Italia nei gradini più bassi della speciale classifica sulle pari opportunità. Ma in una lunga cerimonia per la festa della donna al Quirinale – ingentilito per l’occasione con cascate di mimo- dell’Istruzione Francesco Profumo, Napolitano ètornato all’attualità politica legando il tema della discriminazione femminile a quello della riforma del lavoro, necessaria anche per la crescita futura del Paese. «Una riforma del mercato del lavoro" darebbe "pi— sicurezza economica ai giovani producendo "anche una maggiorepropensione adaverefigli e tutto questo gioverebbe di certo alla nostra economia", ha assicurato il capo dello Stato. Più lavoro alle donne porta una crescita del Pil, più servizi di base creano sicurezza alle famiglie e alzano il tasso di natalità». La lettera diffusa sul web da parte del movimento interno al Pd Da San Giovanni in Fiore Dalla scuola media di Vena Dal Lodigiano: «Cetta, Lea, Giuseppina hanno affrancato le future generazioni» «Iniziative fuori dalla retorica» «Noi ragazzi siamo con voi» DA San Giovanni in Fiore, il Comune che aveva già aderito all’iniziativa, ecco la mail dell’assessore alla Cultura e alle Politiche giovanili, Giovanni Iaquinta: «Egregio direttore, ancora una bella iniziativa - cerebrale, vera, sensata fuori dalle fiumane retoriche odierne. Passi attraverso l'esperienza forte di Lea, Giuseppina e Maria Concetta un messaggio significativo per tutte le donne calabresi e non solo. La presente vale come adesione, oltre che come occasione per ribadirLe la mia stima, insieme all'espressione della più viva cordialità, del Sindaco e di tutta l'Amministrazione comunale». Anche la giornata dell’8 marzo di San Giovanni in Fiore è stata dedicata all’iniziativa del Quotidiano. IRAGAZZI della scuola media di Vena hanno aderito all’iniziativa del Quotidiano e scrivono: «Abbiamo deciso di aderire all’iniziativa che quest’anno ha voluto dedicare questa importante ricorrenza al coraggio di tre donne, tre madri, tre calabresi, Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola, Lea Garofalo, che hanno avuto il coraggio di ribellarsi alla ‘ndranghetae, per questo, sono state uccise o istigate al suicidio. Questa iniziativa - scrivono i ragazzi - ci ha toccati e riteniamo necessario ricordare le loro storie affinchè il loro sacrificio non sia vano in questa nostra terra dove per alcuni ribellarsi alla ‘ndrangheta e rompere le catene dell’omertà è ritenuto impossibile. Quest’anno l’8 marzo per noi è la giornata internazionale deidirittidelledonna, maèanchela loro giornata». ARRIVA dal Lodigiano l’adesione all’iniziativa del Quotidiano (ma tante sono anche le adesioni arrivate da altre città d’Italia come Cologno Monzese nel milanese) e il gruppo in una lettera inviata alla redazione scrive: «Prossima Lodi non ha dubbi, la Festa della Donna di quest'anno dedichiamola a tre donne coraggiose: Giuseppina, Maria Concetta e Lea, che per difendere la legalità e la dignità hanno pagato un prezzo altissimo». La nota che circola anche sul web aggiunge: «Adesione convinta all’iniziati- «Anche nelle nostre terre divenga una priorità» La preside Ferro e il direttore del Quotidiano Matteo Cosenza, a Rosarno se - è stato Giorgio Napolitano ad usare i toni più duri, evidentemente sconvolto dagli ultimi «recenti e recentissimi» casi di brutali aggressioni verso le donne: «la violenza e la furia omicida diuomini che colpiscono ciecamente le compagne e persino i figli rivelano una visione e proprietaria e distruttiva degli affetti». Casi «orribili» che, ha detto il presidente tra gli applausi, dovrebbero «indurci a ripartire dai fondamentali del discorso sulle minacce e sulle diminuzioni che la società ancora riserva alle donne».Dopo gliinterventi deiministri del Lavoro, Elsa Fornero, e CROTONE - Ha concluso con un invito alle donne delle famiglie di 'ndrangheta a ribellarsi, il pentito Luigi Bonaventura di Crotone, la sua intervista a viso scoperto alle Iene andata in onda ieri sera. Un invito a «spezzare la catena». Perché a restare nella 'ndrangheta «non c'è futuro per i propri figli». Quasi un corollario all'intervista alla moglie del collaboratore di giustizia, Paola Emmolo, pubblicata dal Quotidiano (la versione integrale è sul sito). Un'altra donna coraggio calabrese, che già aveva aderito, con uno scritto apparso sempre sul nostro giornale, alla campagna del Quotidiano per dedicare l'8 marzo a tre testimoni di giustizia calabresi. Bonaventura la sua escalation mediatica l'aveva iniziata un mese fa con un'intervista rilasciata al nostro giornale. Denunciava la presenza di "talpe" all'interno del sistema di protezione. Accusava alcuni affiliati di una cosca del Crotonese che volevano, a suo avviso, tendergli una trappola e fargli fare la stessa fine di Lea Garofalo, scomparsa nel nulla e uccisa per la sua scelta coraggiosa di collaborare con la giustizia. Da allora è stato un continuo incalzare. Interrogazioni parlamentari e iniziative legali volte a ottenere un trasferimento all'estero e un maxi risarcimento dallo Stato. Ieri, dunque, l'apparizione su Italia Uno. A viso scoperto. Quasi una sfida al sistema giudiziario che impone riservatezza. Una riservatezza, però, soltanto di facciata se, qualora fosse confermata la versione di Bonaven- va lanciata dal Quotidiano della Calabria ) da parte di Prossima Lodi, il movimento nato all’interno del Partito Democratico del lodigiano, presente con una folta delegazione a Canossa sabato scorso all’iniziativa nazionale organizzata da Prossimaitalia contro la corruzione e per la cultura della legalità. Anche nei nostri territori tutto ciò deve diventare una priorità dell’agenda politica. Ed è il motivo per il quale la Festa dell'Otto Marzo vogliamo ricordarla attraverso la testimonianza drammatica di tre donne, che hanno deciso di combattere coraggiosamente la ‘ndrangheta all’interno dei clan, per affrancare le future generazioni dalle catene della criminalità, della corruzione e dell’illegalità». tura (oggetto di indagini incrociate della Dda di Catanzaro e di quella della località cosiddetta protetta dove il pentito si trova), emissari di un clan del Crotonese hanno avuto la possibilità di contattare il pentito, per tentare, a suo dire, di coinvolgerlo in traffici illeciti al fine di tendergli un agguato. Bonaventura ha così potuto dire a milioni di italiani quello che, sulla base dei verbali utilizzati nell'ambito di inchieste che hanno operato a maxi retate e maxi processi, abbiamo raccontato negli ultimi anni. Una vita da soldato della 'ndrangheta, addestrato a sparare sin dall'età di dieci anni. I pomeriggi trascorsi percorrendo il lungomare e via per Capocolonna alla ricerca di obiettivi della cosca avversa da eliminare. La scalata alla gerarchia criminosa fino al grado di reggente della cosca Vrenna Bonaventura Corigliano con l'incarico di gestire gli affari del clan, dall'estorsione all'usura alla droga agli omicidi. Fino alla decisione di «spezzare la catena». Perché il padre Salvatore, nel settembre 2007, proprio il giorno della storica partita Crotone Juventus in serie B, gli sparò addosso. Secondo il codice 'ndranghetista, spettava al parente più stretto «lavare la macchia». Da allora, secondo Bonaventura, nulla è cambiato. «Dallo stadio allo smaltimento di rifiuti gestisce tutto la mia famiglia». Il finale della storia è un messaggio di speranza, lanciato la sera di un otto marzo speciale. E rivolto alle donne che con il loro rifiuto del sistema mafioso fanno sempre più paura alla 'ndrangheta La preside Ferro e il sindaco di Rosarno Tripodi E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro ROSARNO - Se avessero potuto esserci, se Lea, Maria Concetta e Giuseppina fossero state ieri a Rosarno, l’entusiasmo, il calore, l’energia degli studenti dell’Istituto “Piria” avrebbe quantomeno alleggerito il peso delle loro scelte. Si respirava voglia di cambiare, di voltare pagina in una terra in cui tre donne hanno detto no alla ‘ndrangheta, pagando una posta altissima: la lontananza dai figli o addirittura la via. Gli alunni rosarnesi, in centinaia, erano lì per loro, per tutte quelle donne che hanno avuto coraggio e hanno urlato al mondo di non voler più subire logiche che poco hanno a che fare con la libertà dell’individuo. Gli studenti di Rosarno, rappresentati sul palco dai giovani Patrizia Chiodo e Savino Pesce, non hanno paura, come recitava lo slogan stampato sulle magliette che indossavano. “Io non ho paura”è più di una frase, è un progetto, un obiettivo da conquistare sulla scorta dell’esempio fornito dal coraggio delle tre donne calabresi. Una “sfida” verso il cambiamento lanciata dalle colonne de “Il Quotidiano della Calabria” e raccolta da Mariarosaria Russo, il dirigente scolastico dell’istituto di Rosarno che ha voluto appunto dedicare la manifestazione all’iniziativa, “Tre nomi e una mimosa”, che alla fine non era che un appello lanciato dal direttore sulle pagine del Quotidiano. «Da questa scuola sta partendo una rivoluzione sociale, morale e culturale, ci siamo, siamo tanti, non abbiamo paura», ha urlato la preside, vera trascinatrice di una giornata che ha lasciato il segno 8 Primo piano Venerdì 9 marzo 2012 Primo piano 9 Venerdì 9 marzo 2012 Vertici della Procura della Repubblica compatti nei commenti Processo Crimine «Un dispositivo storico» 93 condanne e 34 assoluzioni del gup a conclusione dell’abbreviato Pignatone: «E’ la conferma del lavoro svolto dalla Dda» Pene mitigate per i boss «Si ripete nella sostanza quanto già detto da diversi giudici» Regge l’impianto sulla ’ndrangheta unitaria e verticistica ma il giudice abbatte le richieste dei pm di oltre due terzi di GIUSEPPE BALDESSARRO di Ciccio Pesce oppure Peppe Pelle). Ora, se a loro vengono comminate condanne di tale portata come è possibile che altri capi, di caratura anche superiore (almeno stando alle accuse), vengano condannati a pene ridotte di due o tre volte? E’ questa in fondo la domanda che si fanno i magistrati della Procura. E non è una domanda casuale, visto che naturalmente la sentenza di ieri sarà portata anche a sostegno delle tesi difensive dei processi che si svolgeranno in primo e secondo grado nei prossimi mesi e anni. Non è un caso che il procuratore Giuseppe Pignatone ed i suoi aggiunti, ieri abbiano avidenziato il grande risultato ottenuto con la tenuta dell’impianto accusatorio, ma allo stesso tempo abbiano sottolineato la necessità di leggere le motivazioni della sentenza per valutare gli eventuali ricorsi in appello, da fare caso per caso. L’attesa dei familiari degli imputati per la sentenza dell’operazione ”Crimine” (foto A. Sapone) | LA SCHEDA LE CONDANNE PIÙ ALTE Gli arresti di luglio 2010 Rocco Acquino Isidoro Callà Giuseppe Commisso Giorgio Demasi Raffaele Oppedisano Remingo Iamonte Giovanni Tripodi Vincenzo Tavernese Savino Pesce Maisano Filiberto Vincenzo Longo Cosimo Leuzzi L’OPERAZIONE “Crimine” scattò il 13 luglio del 2010, quando su richiesta della Dda d i Milano e di quella di Reggio Calabria, centinaia di carabinieri e poliziotti entrano in azione simultaneamente. A fine giornata le persone arrestate o fermate furono oltre trecento. Secondo le due indagini la ‘ndrangheta era un’unica organizzazione. Indipendentemente dal fatto che agisse in Calabria o nel resto dell’Italia e nel mondo. Un’organizzazione criminale verticistica dunque, con base in Calabria, ma diramazione nei cinque continenti. La vicenda processuale fu tuttavia sempre tenuta distinta nel suo iter. A Milano è stata infatti processata la ‘ndrangheta infiltrata nell’economia lombarda, che in Lombardia aveva le sue sedi operative. A Reggio, invece, si è si è svolto il processo contra la così detta “casa madre”, ossia sui vertici dell’organizzazione, intesi come struttura custode delle regole che muovono le fila della mafia. Tra i materiali delle due inchieste altrettanti documenti di straordinario interesse investigativo. Ossia un filmato che registra un summit in Lombardia per la decisione del nuovo capo della ‘ndrangheta in quella regione. Il secondo un filmato che riprende un summit che si era svolto al Santuario della Madonna di Polsi per sancire chi sarebbe stato (Domenico Oppedisano) il nuovo capo crimine della ‘ndrangheta. I CONDANNATI L’arresto del capocrimine Domenico “Mico” Oppedisano emersa grazie a indagini basate su intercettazioni, riprese video e accertamenti della polizia giudiziaria». In merito alle assoluzioni che ci sono state nella sentenza odierna, Pignatone ha così risposto: «Naturalmente quando saranno depositate le motivazioni il mio ufficio valuterà le singole posizioni e potrà proporre appello nei termini e nelle forme di legge». Per il Procuratore aggiunto Michele Prestipino, «questa è una sentenza importante perchè riconosce un principio, peraltro già riconosciuto in altre sentenze dal Gup di Reggio e di Milano, che sarà molto importante non solo per i futuri processi ma anche per le future attività di indagine sulla ‘ndrangheta. Al giudice abbiamo portato un processo estremamente complesso e articolato, frutto di indagini durate due anni che hanno visto impegnate le Dda di Reggio Calabria e di Milano. La valutazione complessiva del Gup ha confermato, per quanto si può comprendere dal dispositivo, l’impostazione nostra e dei colleghi milanesi in questo processo secondo cui la ‘ndrangheta è un’organizzazione unitaria governata da un | Sono stati giudicati in 118 ECCO l’elenco completo delle condanne e delle assoluzioni del processo “Crimine” in abbreviato, conclusosi ieri mattina. Tra parentesi le richieste avanzate a suo tempo dalla Procura. Agnelli Giovanni Agostino Mario Gaetano Alampi Giovanni Albanese Giuseppe Altamura Antonio Andrianò Emilio Aquino Domenico Aquino Gianfranco Aquino Giuseppe Aquino Nicola Rocco Aquino Rocco Archinà Michele Archinà Vincenzo Belcastro Domenico Belcastro Giuseppe Bellocco Domenico assolto Boschetto Saverio Bruzzese Carlo Callà Isodoro Cosimo Chilà Domenico Chilà Stefano Cianciaruso Claudio Ciancio Bruno Comisso Francesco Comisso Giuseppe Comisso Vincenzo Correale Michele Costa Carmelo D'Agostino Domenico D'Agostino Raffaele Dattola Filippo De Leo Cosimo Demasi Giorgio Femia Salvatore Fida Massimo Figliomeni Giuseppe Filippone Rosario Focà Domenico Fragomeni Salvatore Frascà Domenico Fratto Donato 4anni e 8 mesi (10 anni) assolto (20 anni) 8 anni (16 anni) 8 anni e 10 mesi (16 anni) assolto (12 anni) 5 anni e 4 mesi (18 anni) 3 anni (6 anni) assolto (5 anni) 3 anni e 4 mesi (16 anni) stralciato 11 anni e 2 mesi (20 anni) assolto (assolto) assolto (assolto) 8 anni (18 anni) assolto (12 anni) (14 anni) assolto (14 anni) 6 anni (12 anni) 10 anni e 8 mesi (20 anni) 4 anni e 8 mesi (14 anni) assolto (10 anni) 4 anni e 8 mesi (...) 4 anni e 8 mesi (...) 4 anni e 8 mesi (14 anni) 14 anni e 8 mesi (20 anni) assolto (...) 8 anni e 4 mesi (18 anni) 7 anni (16 anni) assolto (18 anni) 5 anni e 6 mesi (16 anni) assolto (12 anni) assolto (16 anni) 10 anni e 8 mesi (18 anni) 5 anni e 4 mesi (.....) 8 anni (12 anni) assolto (14 anni) 4 anni e 8 mesi (14 anni) 5 anni e 4 mesi (18 anni) assolto (16 anni) ..... 6 anni (....) Gagliuso Giuseppe assolto (4 anni) Galati Salvatore Giuseppe 4 anni e 8 mesi (14 anni) Galea Antonio classe ‘54, assolto (16 anni) Galea Antonio classe ‘62, 8 anni (16 anni) Gattellari Antonio 10 anni e 8 mesi (16 anni) Gattuso Andrea 8 anni (14 anni) Gattuso Antonino assolto (14 anni) Gattuso Carmelo assolto (12 anni) Gattuso Domenico 5 anni e 4 mesi (14 anni e 8 mesi) 10 anni e 8 mesi (20 anni) Gattuso Nicola Gattuso Vincenzo 8 anni (18 anni) Gioberti Osvaldo assolto (14 anni) Gioffrè Bruno 5 anni e 4 mesi (20 anni) Iamonte Remingo 9 anni (20 anni) Iannone Giuseppe 1 e 8 mesi (4 anni) Iaria Giuseppe Romeo 2 anni e 2 mesi (8 anni) Iaropoli Domenico assolto (12 anni) Ietto Francesco 8 anni (14 anni) Lamari Rocco 8 anni e 2 mesi (20 anni) Larizza Sotirio Santo 8 anni (14 anni) Leuzzi Cosimo Giuseppe 8 anni (20 anni) Longo Vincenzo 10 anni e 8 mesi (20 anni) Macheda Antonino assolto (10 anni) Macrì Salvatore assolto (16 anni) Maesano Antonio assolto (12 anni) Maesano Giovanni assolto (12 anni) Maisano Claudio Umberto 9 anni (14 anni) Maisano Filiberto 10 anni e 8 mesi (20 anni) Maisano Francesco assolto (12 anni) Manglaviti Saverio 4 anni e 8 mesi (14 anni) Marasco Michele 8 anni (18 anni) Marasco Rocco assolto (10 anni) Martello Giuseppe assolto (12 anni) Marvelli Giuseppe 8 anni(20 anni) Marzano Francesco 4 anni e 8 mesi (16 anni) Mazzaferro Rocco 4 anni e 8 mesi (10 anni) Meduri Paolo 10 anni (20 anni) Meleca Francesco assolto (10 anni) Meniti Demetrio 4 anni e 8 mesi (16 anni) Minniti Giovanni assolto (10 anni) Modafferi Leone assolto (12 anni) Mollica Saverio 8 anni (16 anni) Muià Carmelo 5 anni e 4 mesi (16 anni) Napoli Domenico Antonio 5 anni e 6 mesi (14 anni) Napoli Pasquale stralciato Napoli Salvatore 4 anni e 8 mesi (14 anni) Nesci Bruno 6 anni e 4 mesi (20 anni) Oppedisano Domenico 10 anni (20 anni) Oppedisano Michele Oppedisano Pasquale Oppedisano Pietro Oppedisano Raffaele Palmanova Luigi Papaluca Antonio Nicola Paviglianiti Bruno Paviglianiti Carmelo Paviglianiti Paolo Pesce Antonino Pesce Savino Pisano Bruno Praticò Sebastiano Prestopino Giuseppe Prochilo Domenico Pronestì Giovanni Raso Giuseppe Romeo Salvatore Sapone Antonino Scali Rodolfo Schiavo Tonino Sgambelluri Damiano Stelitano Sebastiano Surace Luca Tassone Domenico Ilario Tavernese Vincenzo Tramonte Biagio Trapani Giuseppe Trichilo Giuseppe Tripodi Giovanni Vecchio Giuseppe Violi Rocco Zappia Vincenzo Zavaglia Carlo Domenico Zavattieri Annunziato Zoccali Rocco Zurzolo Kevin 10 anni (16 anni) 8 anni (14 anni) 8 anni (14 anni) 8 anni (12 anni) 4 anni e 8 mesi (12 anni) 4 anni e 8 mesi (14 anni) 4 anni e 8 mesi (12 anni) 4 anni e 8 mesi (14 anni) 4 anni e 8 mesi (12 anni) 6 anni (10 anni) 4 anni e 8 mesi (10 anni) assolto (10 anni 5 anni e 4 mesi (18 anni) 8 anni (14 anni) 4 anni e 8 mesi (12 anni) assolto (10 anni) 5 anni e 4 mesi (18 ann) 4 anni (18 anni) 4 anni e 8 mesi (14 anni) 5 anni e 4 mesi (18 anni) 4 anni e 8 mesi (...) assolto (10 anni) 7 anni (18 anni) 5 anni e 4 mesi (14 anni) 5 anni e 6 mesi (12 anni) 8 anni e 8 mesi (15 anni) 4 anni e 8 mesi (12 anni) 8 anni (20 anni) 2 anni e 4 mesi (6 anni) 9 anni (16 anni) 4 anni (12 anni) 9 anni (14 anni) 4 anni e 8 mesi (12 anni) 1 anno e 4 mesi (4 anni) 6 anni e 8 mesi (14 anni) 8 anni (18 anni) 4 anni e 8 mesi (8 anni). organismo di vertice. La stragrande maggioranza degli imputati è stato condannata e tra essi tutti i principali esponenti delle cosche di cui la ‘ndrangheta si compone». Altrettanto convinto il Procuratore aggiunto Nicola Gratteri: «E’ una sentenza che farà storia, una pietra miliare nella lotta alle mafie, riuscire a dimostrare nel 2012 che la ‘ndrangheta è una struttura ben articolata con organismi sovraordinati che regolamentano l’osservanza del codice, così come andiamo ripetendo da decenni». Per Nicola Gratteri «la ‘ndrangheta ha la sua testa pensante ed il potere decisionale in Calabria, ma arriva in tutto il mondo». In merito al ruolo di Domenico Oppedisano, il magistrato rileva che «non si tratta del capo dei capi ma dell’uomo che custodiva le regole del codice della ‘ndrangheta. ‘Ndrangheta che si fa forte grazie ai legami di sangue ed alle infiltrazioni nella società, grazie al fatto che ormai diversi capi clan sono amministratori, medici o avvocati». g. bal. | LA DECISIONE | La Cassazione annulla tutto per Antonio Commisso di PASQUALE VIOLI SIDERNO - La Corte di Cassazione ha annullato, senza rinvio, l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Antonio Commisso, classe 1925. La decisione della Suprema Corte è arrivata poche ore prima della maxi sentenza “Crimine”, processo in cui l'ottantasettenne di Siderno è imputato nello stralcio del rito ordinario. I giudici della sezione penale della Corte di Cassazione hanno accolto invece le istanze degli avvocati Antonio Speziale e Sandro Furfaro per la posizione di Commisso nell'inchiesta “Recupero”, l'altra indagine della Dda di Reggio Calabria che aveva fatto luce sui traffici illeciti e la pressione mafiosa che ci sarebbe stata sulla cittadina di Siderno. Anche Antonio Commisso era finito in manette nell'ambito dell'operazione “Il Crimine” scattata il 14 luglio del 2010 e secondo i magistrati della Dda di Reggio Calabria sarebbe stato una delle figure di primo piano della famiglia Commisso di Siderno. Una teoria caduta però davanti ai giudici della Corte di Cassazione che hanno dato ragione agli avvocati Antonio Speziale e Sandro Furfaro, gli stessi difensori che qualche mese fa avevano incassato un'altra vittoria giudiziaria ricevendo l'ok del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria che aveva tramutato la custodia cautelare in carcere dell'ottantasettene in custodia al regime domiciliare diverse perizie mediche che avrebbero accertato che Commisso non sarebbe compatibile con il regime carcerario e all'età di 87 anni avrebbe bisogno di costanti cure e assistenza. Infatti il 27 luglio scorso, a seguito dell'ultima perizia medica disposta dall'autorità giudiziaria, è stato lo stesso Giudice per le indagini preliminari a giungere alla conclusione che il “detenuto Antonio Commisso doveva essere ricoverato in un centro cardiologico ospedaliero d'eccellenza per uno studio completo della sua situazione cardiologica, e ne disponeva l'immediato trasferimento presso un centro diagnostico terapeutico dell'amministrazione penitenziaria”. Cure che in carcere non sono mai arrivate ed hanno indotto i giudici a optare per i domiciliari. Adesso da poche è arrivata la sentenza della Corte di Cassazione che stabilisce l'annullamento della custodia cautelare dell'inchiesta “Recupero”per Antonio Commisso. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - I volti tesi dei magistrati in aula ieri mattina la dicevano lunga su come sia stata accolta la sentenza del processo “Crimine”. Certo, 93 condanne non sono poche, tutt’altro. E tuttavia nell’aula bunker di Viale Calabria la decisione del Gup Giuseppe Minutoli non è propio piaciuta all’accusa. E’benechiarire che l’inchiesta nel suo complesso ha tenuto bene, nonostante le 34 assoluzioni. La sentenza certifica infatti che la ‘ndrangheta è un’organizzazione unitaria e verticistica. In altri termini, che è retta da una sorta di cupola garante di alcune dinamiche interne e talmente autorevole da potere intervenire per risolvere le frizioni tra “famiglie”. Dunque, una sorta di gran consiglio pro tempore che dispone e impone le regole dell’organizzazione. Qualcosa di diverso rispetto a “Cosa nostra” siciliana, ma ugualmente o, forse, più potente. Per questo l’obiettivo principale della Procura della Repubblica va considerato raggiunto. Da questo punto di vista il dispositivo del Gup conferma quanto scritto in altre sentenze (ad esempio “Infinito” a Milano, “Reale” e “All Inside” a Reggio) e allo stesso tempo mette una cornice solida alle stesse sentenze. Stabilendo, ad esempio, che esiste un vertice della ‘ndrangheta detto “Provincia”, composto dai tre mandamenti (Jonico, Tirrenico e Centro), e che la “Provincia” ha un direttorio guidatodal “Capo crimine”. Detto questo, detto di un risultato storico e strategicamente importante, anche per le future inchieste sulle ‘ndrine, quello che ha fatto venire il sangue agli occhi ai magistrati dell’accusa (in aula erano presenti gli aggiunti Michele Prestipino e Nicola Gratteri, ed i sostituti Marialuisa Miranda, Antonio De Bernardo e Giovanni Musarò) è la consistenza delle pene. Niente da dire sulle assoluzioni: se non ci sono le prove della colpevolezza di un imputato è giusto che il giudice lo assolva. Quindi su questo versante non c’è nulla da discutere. Quello che non ha gradito la Procura è invece la valutazione che si è fatta sull’entità della pena. L’accusa aveva chiesto condanne che, tranne poche eccezioni, andavano dai 10 ai 20 anni, distinguendo il ruolo dei capi, da quello dei dirigenti odegli affiliatiall’organizzazione. Invece il giudice ha deciso che meno di una dozzina di imputati dovranno scontare più di dieci anni. Tra questi ci sono alcuni big come don Mico Oppedisano, Rocco Aquino, Isidoro Cosimo Callà, Giorgio De Masi, Nicola Gattuso, Paolo Meduri e Michele Oppedisano. Poi, ad una quindicina di altre persone sono state comminate condanne che vanno dai 6 ai 9 anni. Mentre per gli altri le pene si aggirano attorno ai 4-5 anni. Di fatto il Gup ha dimezzato o ridotto di due terzi gliauspici dei pm dellaDda. Il giudice è arrivato a tale definizione non accogliendo le aggravanti (come ad esempio quella della transnazionalità dell’organizzazione criminale) e concedento a tutti le attenuanti generiche. Ed è chiaro che ai magistrati dell’accusa questo è parso una contraddizione in termini. Nel senso che se da una parte si riconosce la ‘ndrangheta come una delle mafie più potenti e ramificate nel mondo, diventa difficile poi comprendere le ragioni di riduzioni tanto corpose. In buona sostanza, se uno è mafioso lo condanni per mafia, oppure lo assolvi. E’ incomprensibile condannarlo a metà. Il ragionamento è piuttosto semplice, anche in virtù di condanne emesse in altri procedimenti. L’esempio classico che si può fare è “Reale” oppure “All Inside”. Due procedimenti in cui negli abbreviati di primo grado alcuni imputati sono stati condannati a 20 anni (ve- REGGIO CALABRIA - «Sentenza Storica». «Risultato importante», «Conferma del buon lavoro svolto». La Procura della Repubblica è compatta nel commentare la sentenza “Crimine”. Nelle note ufficiali, come è ovvio che sia, i magistrati reggini evidenziano il dato più importante. Ossia che l’impianto ha tenuto, anche se naturalmente l’ultima parola la si potrà pronunciare con le motivazioni in mano, quando nei prossimi mesi saranno depositate. Il Procuratore Giuseppe Pignatone a ridosso del trasferimento alla Procura di Roma ha detto che si tratta di «una ulteriore conferma del lavoro condotto in questi anni dalla Procura antimafia di Reggio Calabria per delineare il fenomeno mafioso in provincia di Reggio e le sue diramazioni in Italia e all’estero». «Ricordiamo tutti –ha detto ancora Pignatone – che il 13 luglio 2010 le Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e di Milano hanno portato a conclusione una lunga e complessa indagine che aveva come suoi punti centrali l’affermazione dell’unitarietà della ‘ndrangheta come organizzazione mafiosa, l’esistenza di un organismo di vertice sia pure in termini diversi da Cosa nostra siciliana e l’espansione della ‘ndrangheta fuori dai confini della Calabria in importanti zone del nord Italia ed all’estero. Questi punti centrali - ha concluso - sono stati confermati nelle sentenze dei giudici di Milano e di Reggio Calabria che si sono susseguiti in questi mesi. La sentenza odierna rappresenta un’ulteriore fondamentale conferma proprio perchè il giudice ha preso in esame oltre 120 posizioni e al termine di un giudizio estremamente accurato ha riconosciuto la colpevolezza di oltre 90 imputati, tra cui tutti i principali esponenti delle cosche reggine. Sotto questo profilo, quindi, non possiamo che essere soddisfatti di questo ulteriore riconoscimento della validità della ricostruzione, 10 Primo piano Venerdì 9 marzo 2012 Primo piano 11 Venerdì 9 marzo 2012 L’ansia dei parenti degli imputati Processo Crimine In fila davanti al bunker per prendere posto aspettando la sentenza L’accusa aveva chiesto per i capibastone condanne fino a 20 anni di reclusione La pena più alta al ras di Siderno Dieci anni a don “Mico Oppedisano”, più di 14 a Peppe Commisso, 11 a Rocco Aquino, 10 a Gattuso e De Masi di CLAUDIO CORDOVA nel territorio di Marina di Gioiosa Jonica, dove da sempre il suo cognome significa “qualcosa”, è stato condannato a undici anni e due mesi di carcere, a fronte dei vent’anni di reclusione richiesti dai pubblici ministeri. E’ andata ancora meglio a Isidoro Cosimo Callà, il presunto boss originario di Mammola, nella Locride: anche per lui i magistrati della Direzione distrettuale antimafia avevano invocato vent’anni di carcere, ma il Gup lo ha condannato a dieci anni e otto mesi. Stessa sorte per Vincenzo Longo, ritenuto boss del locale di Polistena, che ha rimediato dieci anni e otto mesi a fronte dei venti chiesti dalla Dda, così come Filiberto Maisano, 81enne originario di Palizzi. Un altro “vecchietto”, Paolo Meduri, nome ricorrente nelle indagini della Dda, ha invece potuto usufruire della continuazione con una sentenza definitiva del 2007, venendo punito con dieci anni complessivi di carcere. Anche per Remingo Iamonte, membro della storica famiglia di Melito Porto Salvo, la Procura aveva invocato vent’anni di galera, ma il Gup, pur riconoscendone la colpevolezza, ha abbassato l’asticella a nove anni di carcere. Otto anni, a fronte dei venti richiesti, per Cosimo Giuseppe Leuzzi, originario di Stignano, mentre spicca la condanna a “soli” cinque anni e quattro mesi per Bruno Gioffrè, 50enne originario di San Luca, ritenuto dagli inquirenti come un soggetto assai importante, per il quale erano stati richiesti ben vent’anni di galera. Una condanna assolutamente mite quella comminata a Gioffrè, | LIBERI La conferenza stampa dell’operazione “Crimine” condotta dalla Dda di Reggio In alto il summit di ’ndrangheta ripreso dalle telecamere dei carabinieri alla Madonna di Polsi, a San Luca A sinistra il centro commerciale “I Portici” di Siderno sequestrato dalla polizia alla cosca Commisso simile a quella rimediata da Demetrio Meniti, condannato a quattro anni e otto mesi a fronte dei sedici richiesti, l’imprenditore sidernese della vendita all’ingrosso delle carni, Carmelo Muià detto “Mino” (cinque anni e quattro mesi, invece dei sedici richiesti dalla Procura) e Giuseppe Raso (cinque anni e quattro mesi a fronte di una richiesta di diciotto | Cinquecento anni di galera e trentaquattro assoluzioni REGGIO CALABRIA - A fronte dei milleseicento anni di carcere invocati dalla Dda di Reggio Calabria diversi mesi fa, il Gup Giuseppe Minutoli ha disposto condanne per circa cinquecentocinquanta anni di reclusione complessivi. In abbreviato le condanne vengono ridotte di un terzo per come stabilito dal codice, in ossequio ad un rito che consente di snellire le lungaggini del dibattimento di un processo ordinario. E comunque ieri c’è stata una riduzione di due terzi, rispetto alle richieste dei pm. Ma la “mano morbida” del Gup Giuseppe Minutoli, che ha valutato scrupolosamente ogni posizione e che è noto per essere un magistrato equilibrato, non si concretizza soltanto con le cospicue riduzioni di pena operate rispetto alle dure richieste della Direzione distrettuale antimafia reggina. Sono trentaquattro infatti le assoluzioni disposte dal Giudice per l’udienza preliminare, con il dispositivo di sentenza letto all’interno dell’aula bunker di Reggio Calabria, ancora più blindata dalle forze dell’ordine per l’occasione. Circa un quarto degli imputati, dunque, è scampato alla condanna, nonostante l’impegno profuso dai pm Gratteri, Prestipino, De Bernardo, Musarò e Miranda. E tra le assoluzioni disposte ve ne sono alcune di grande peso rispetto all’impostazione accusatoria. Per il Giudice le prove non erano sufficienti, oppure i fatti non sono stati commessi da alcuni degli imputati, anche importati. A parte i fratelli Michele e Vincenzo Archinà, per cui era stata la stessa accusa a richiedere l’assoluzione, per diversi altri, infatti, il Gup Minutoli non ha riscontrato gli elementi sufficienti per arrivare a una sentenza di condanna. Assoluzione, dunque, per Mario Gaetano Agostino, ritenuto un affiliato di peso al locale di San Giorgio Mor- geto, per cui erano stati richiesti ben vent’anni di carcere: Agostino è l’unico degli imputati per i quali la Procura aveva invocato la pena massima, vent’anni, a uscire indenne dalla sentenza letta all’interno dell’aula bunker. Cognome importante, invece, quello del giovane Domenico Bellocco, che però ha evitato la dura condanna a quattordici anni di carcere invocata dai pm. Diciotto anni, invece, erano stati invocati per Domenico D’Agostino, originario di Siderno, mentre Cosimo De Leo ha evitato la condanna a sedici anni di galera. Assolto anche Giuseppe Martello, inquisito per una serie di conversazioni dei Gattuso che facevano riferimento a lui: dodici anni era stata la richiesta dei pm. Proprio due Gattuso, Antonino e Carmelo, per cui erano stati chiesti quattordici e dodici anni di carcere, sono riusciti, invece, a evitare la dura condanna. Dodici anni di carcere erano stati richiesti anche per Antonio Altamura, originario del vibonese, ma ritenuto vicino ai clan reggini; dodici anni erano stati richiesti anche per Giuseppe Belcastro e per Filippo Dattola, mentre Saverio Boschetto, originario di Motta San Giovanni, è scampato alla condanna a quattordici anni, così come Giuseppe Figliomeni, originario di Siderno. Di Siderno è originario anche Salvatore Fragomeni, per cui, invece, i pm avevano invocato ben sedici anni. Dieci anni ciascuno erano stati invece chiesti per Rocco Marasco, originario di Polistena, e per il 35enne reggino Giovanni Minniti. Assolti anche due soggetti originari di Rosarno, Bruno Pisano e Giovanni Pronestì, per cui l’accusa aveva chiesto dieci anni di carcere. Assoluzione per non aver commesso il fatto, infine, per Antonio Galea, classe 1954, ritenuto un elemento importante del locale di Siderno. Per lui i pm avevano chiesto sedici anni di galera. cla. cor. anni di carcere). Ancor meglio, però, è andata a Giuseppe Aquino, ritenuto un elemento di spicco del clan di Marina di Gioiosa Ionica: assolto per le imputazioni principali, è stato condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione, nonostante la richiesta di sedici anni di galera dei pubblici ministeri. E’ vero come sostiene la Procu- INFINITO Milano, 110 condanne fino a 16 anni LA ‘NDRANGHETA in Lombardia fu colpita duramente dalla sentenza emessa a novembre scorso. Il giudice per le udienze preliminari di Milano Roberto Arnaldi, inflisse pene dai due ai 16 anni a 110 imputati. Otto, invece, furono le assoluzioni. Le condanne più severe furono inflitte ai capi delle “locali” disseminate in Lombardia. In particolare, Alessandro Manno, ca- Tanti i nomi noti per i quali il gup ha ritenuto le prove insufficienti ra della Repubblica che gli imputati che l’inchiesta “Crimine” individua come capi sono quasi tutti stati condannati. Ma è altrettanto vero che nessuno di loro è stato condannato per la pena chiesta dopo le requisitoria dell’accusa. In molti casi la pena e solo la metà della richiesta, in altri invece è un terzo di quanto auspicato dalla Dda. | Per capire la scelta fatta dal Giudice Minutoli è quindi necessario attendere le motivazioni che stanno alla base. Sapendo che ci vorranno alcuni mesi perchè vengano depositate. Da quelle pagine si potrà capire quale parte dell’impianto accusatorio ha retto al giudizio del Gup e quale, invece, non ha convinto il giudice per l’udienza prelimina- DIBATTIMENTO IN CORSO | A Locri le prime battute del troncone con 34 imputati di PASQUALE VIOLI SIDERNO - E la sentenza pronunciata ieri nell'aula bunker di Reggio Calabria potrebbe essere uno dei perni a cui si potrebbero appoggiare le difese nell'ambito del dibattimento in rito ordinario scaturito dal maxi blitz della Dda di Reggio Calabria il 13 luglio del 2010. Davanti ai giudici del Tribunale di Locri si stanno celebrando le battute iniziali dell'altro troncone dell'inchiesta dell'Antimafia. La decisione del Gup Minutoli potrebbe avere delle chiare ripercussioni sull'andamento e sull'esito del processo che è solo alla terza udienza a Locri. In particolare a pesare in dibattimento potrebbe essere il fatto che il Gup reggino non ha riconosciuto carattere trasnazionale all'associazione mafiosa per cui si sta giudicando. Un particolare che per alcuni imputati potrebbe risultare determinante ai fini della sentenza. Insomma le motivazioni che hanno spinto il giudice di Reggio Calabria a ridimensionare le pene chieste dai magistrati antimafia e concedere 34 assoluzioni condizioneranno di certo il prosieguo del processo di Locri dove a comparire per rispondere tra le altre alle accuse di associazione mafiosa sono 34 imputati, quelli che hanno scelto di non essere giudicati a Reggio Calabria con il rito abbreviato. Due indagati erano stati i prosciolti nell'udienza preliminare, Michele Palmigiano, 56 anni e Saverio Foti, 51 anni. Stanno invece comparendo come imputati davanti ai togati del Tribunale di Locri Anna Maria Agostino; Franca Agostino; Francesco Agostino; Rocco Agostino; Vittorio Barranca; Giuseppe Bruzzese; Giuseppe Caccia; Giuseppe Capasso; Michele Capasso; Domenico Rocco Cento; Giuseppe Chiera; Domenico Chilà; Guido Cillo; Antonio Commisso; Roberto Commisso; Vincenzo Commisso; Antonio Cuppari; Carmelo Ferraro; Michele Fiorillo; Vincenzo Fleres; Domenico Frascà; Antonio Futia; Domenico Gangemi; Giuseppe Giampaolo; Giuseppe Iannone; Rocco Marasco; Giuseppe Martello; Ernesto Mazzaferro; Marzia Mazzaferro; Vincenzo Nunnari; Salvatore Pepè; Nicola Perrotta; Giuseppe Primerano; Giuseppe Siviglia; Mario Giuseppe Stelitano; Rocco Tassone; Giuseppe Velonà; Vincenzo Zappia. Tra gli imputati che hanno scelto il rito ordinario spicca senza dubbio Domenico Gangemi, considerato il referente dei clan in Liguria. Secondo le indagini Gangemi aveva contatti con politici del ponente ligure e gestiva gli affari delle cosche in stretto contatto con i boss in Calabria. E per il processo che si sta celebrando a Locri la figura di Gangemi può risultare fondamentale per l'accusa per fa reggere l'impalcatura costruita dalla Dda di Reggio Calabria che ha descritto una mafia composta da tre diversi mandamenti (Jonico, Tirrenico e Reggio), ma con una sorta di camera di regia unica. Una specie di gotha chiamato a dirimere le controversie tra clan e a riconoscere i nuovi locali di 'ndrangheta, oltre che ad essere garante delle regole dell'organizzazione. Un consiglio superiore con limitati poteri esecutivi certo, ma con grandissimo carisma e influenza criminale. Capace cioè di governare le dinamiche interne all'organizzazione e di essere punto di riferimento per le cellule della 'ndrangheta sparse nel territorio nazionale. Infatti in varie parti d'Italia le indagini hanno documentato più di 40 summit tenuti dagli indagati nell'arco dei due anni di indagine, spesso organizzati durante cresime, battesimi e matrimoni. Dall'inchiesta dell'antimafia reggina è venuto fuori il nuovo assetto della 'ndrangheta, con una sorta di cupula che aveva potere decisionale tra il Nord e il Sud del Paese. Il boss di Genova Gangemi sceglie di essere giudicato con il rito ordinario po della locale di Pioltello, venne condannato a 16 anni di carcere; Vincenzo Mandalari, capo della locale di Bollate, a 14 anni; Pasquale Varca a 15 anni; Pasquale Zappia, nominato capo dei capi durante una riunione a Paderno Dugnano, nel centro intitolato a Falcone e Borsellino, a 12 anni. Salvatore Strangio, il punto di contatto dei calabresi con la ditta “Perego”, venne condannato a 12 anni, mentre Rizieri Cua ricevette una condanna a sei anni di reclusione. Pene, quindi, più alte di quelle inflitte a Reggio. re. Non è una dettaglio. Infatti la Procura si sta preparando ad un’eventuale ricorso in Appello, cosa che d’altra parte faranno molte delle difese per tentare di ridurre qualche pena o di ottenere qualche assoluzione. Insomma, la partita è ad un passaggio decisivo, ma non ancora a quello definitivo. bene. Il timore di una decisione più severa lo avevano in tanti. Sia i legali che i familiari sapevano bene che la Procura aveva puntato molto sull’inchiesta “Crimine”, e sapevano anche che si è trattato di un processo complesso e lungo nonostante il rito abbreviato. Basta pensare che l’accusa per esporre le proprie ragioni ha parlato, per voce dei diversi magistrati, per 9 udienze di seguito. Legittimo quindi temere l’esito della decisione. I magistrati hanno ascoltato l’intera lettura con il volto teso. In faccia l’espressione di chi sa di avere lavorato a lungo per quell’inchiesta. Ci sono anche tanti ufficiali dei carabinieri. Quegli stessi che a Polsi avevano piazzato le telecamere che erano riuscite e riprendere il summit del 2 settembre del 2009, quando riuscirono ad immortalare molti degli imputati in “circolo formato”attorno alla statua della Madonna della Montagna. Anche per loro era il giorno per capire se gli sforzi investigativi compiuti sarebbero stati ripagati. Tante le condanne, ma anche tante le assoluzioni. Un sentenza che soddisfa a metà sia la Procura che parte dei detenuti. Come in tutti i processi complessi e difficile anche immaginarne l’epilogo. A conclusione della lettura volti felici, svolti smarriti, volti perplessi. La sentenza va letta con calma, capita e solo dopo commentata. I magistrati hanno lasciato il bunker in fretta con le loro scorte. Nessuna reazione a caldo. Solo nel pomeriggio arrivano le dichiarazioni sollecitate dalle agenzie di stampa. E’ il segno che qualcosa non è andata come sperato. E non è tanto per le assoluzioni che in un maxi processo possono esserci. E’ che 34 sono tante, ma che soprattutto le condanne sono di molto inferiori alle richieste, anche se l’impianto ha retto bene. Fuori dall’aula una giovane donna piange appoggiata alle sbarre della recinzione. Attorno a lei la solidarietà dei familiari e di qualche amico. Le sue non sono lacrime di gioia per un’assoluzione, è il pianto della disperazione per un padre, un marito o un fratello condannato, forse a 8 o 10 anni. Non sono i 20 anni chiesti dall’accusa, ma sono comunque tanti, tantissimi. E’ un pezzo di vita che resta dentro una cella. Il giudice ha ritenuto che quell’uomo ha sbagliato e lo ha condannato a pagare. La ‘ndrangheta non paga quando ordina, pagano gli uomini e le donne, che la seguono. g. bal. I volti tesi qualche sorriso ma anche le lacrime dopo la decisione IL RAPPORTO DELLA DIA Dopo Calabria e Lombardia la roccaforte è il Piemonte DOPO la Lombardia e la Calabria dove storicamente nacque, è il Piemonte la regione in cui le attività criminali della 'Ndrangheta hanno maggiormente attecchito. A rivelarlo nelle scorse settimane sono i dati della Dia, la Direzione Nazionale Antimafia, che ogni anno stila un rapporto in base alle operazioni svolte. Naturalmente pesano per il 2011 i numeri dell'operazione “Minotauro” che ha portato all'arresto di ben 148 persone. Nell'efficacia delle strategie criminali gioca un ruolo importante l'abilità nel lavorare sottotraccia, il saper ottenere risultati di carattere estorsivo senza l'effettivo uso della violenza ma solo grazie alla minaccia di ricorrervi. In più, sempre secondo la Dia, i contrasti interni all'organizzazione sono ridotti al minimo e i contatti con il mondo della politica, emersi proprio durante i giorni di "Minotauro", rendono la 'Ndrangheta ancora più potente, soprattutto quando si tratta di reinvestite i proventi dei traffici illeciti in attività alla luce del sole. L'efficacia criminale dell'organizzazione si basa sull'asse spaccio di droga-edilizia: i soldi che arrivano dalla prima attività vengono investiti nel settore delle costruzioni, "maggiormente inquinato in Piemonte". Un elemento di contrasto all'infiltrazione criminale è il fatto che ogni rapporto deve essere costruito da zero, non c'è una "cultura mafiosa congenita". E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - Per i magistrati della Dda andava punito con vent’anni di reclusione. In realtà don Mico Oppedisano se l’è cavata con “soli” dieci anni di carcere, inflitti dal Gup di Reggio Calabria Giuseppe Minutoli. Il “vecchietto” Oppedisano, sconosciuto praticamente a tutti fino al blitz del 13 luglio 2010, sarebbe, nell’impostazione del pool di pm coordinati da Michele Prestipino e Nicola Gratteri, l’elemento principale dell’indagine “Crimine”, condotta per dimostrare, dopo anni, l’unitarietà della ‘ndrangheta. E Oppedisano sarebbe proprio il simbolo della coesione delle cosche dei tre mandamenti, che avrebbero esteso i propri tentacoli anche sul nord Italia: in virtù della propria età (è nato nel 1930) e del proprio carisma, sarebbe stato investito di un ruolo altissimo all’interno delle gerarchie della criminalità organizzata calabrese, quello di “Capo Crimine” nell’annuale riunione presso il Santuario di Polsi, «con compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle azioni e delle strategie e, altresì impartendo le direttive agli associati». E’ lui, infatti, l’uomo che viene intercettato, sia a Polsi, sia nel proprio agrumeto di Rosarno, a parlare di cariche, gerarchie e dinamiche criminali. E la pena inflitta dal Gup Minutoli, sebbene sia dimezzata rispetto alla richiesta della Dda, potrebbe comunque non incidere sull’impostazione portata avanti dagli inquirenti. PENE MITIGATE Quella di Oppedisano, comunque, non è la pena più alta inflitta dal Gup: il prezzo più caro, infatti, lo paga Giuseppe Commisso “il mastro”. Il boss di Siderno, punito con quattordici anni e otto mesi di galera (a fronte di una richiesta di vent’anni), avrebbe gestito gran parte dei rapporti illeciti, anche con l’estero, dalla sua lavanderia, l’Ape Green, vera e propria “stanza dei bottoni” della ‘ndrangheta. Neanche per lui, comunque, il Gup Minutoli ha inteso assecondare le richieste della Procura. Anche in caso di condanna, infatti, tutte le pene sono state ampiamente mitigate, rispetto alla requisitoria effettuata, oltre che dagli aggiunti Prestipino e Gratteri, anche dai sostituti Antonio De Bernardo, Giovanni Musarò e Maria Luisa Miranda. Personaggi del calibro di Nicola e Giuseppe Gattuso, infatti, sono stati puniti con dieci anni e otto mesi e otto anni, a fronte delle rispettive richieste di vent’anni e di diciotto anni di reclusione. E quelli dei Gattuso, non sono comunque gli unici nomi “eccellenti” ad aver beneficiato di condanne lievi rispetto alle dure richieste: il 51enne Rocco Aquino, infatti, ritenuto dagli inquirenti un personaggio di grande rilievo REGGIO CALABRIA - I parenti degli imputati del processo “Crimine” ieri mattina erano tanti. Fin dalle 8 e mezza del mattino hanno atteso in fila davanti all’ingresso dell’aulabunker diVialeCalabria. Non una parola di fuori posto, non un accenno di impazienza. Con calma hanno atteso il loro turno per lasciare i documenti di riconoscimento alle guardie, per passare sotto i metal detector e prendere posto nei posti riservati al pubblico. Eranopiù di centinaio,donne e uomini, ad occupare la gradinata. Volti tesi, poche parole. Sotto di loro, neppure a contatto visivo, le gabbie dei detenuti. Anche quelle stracolme. Dai monitor arrivavano invece i video collegamenti con altre 14 carceri dove sono detenuti gli imputati reclusi al 41 bis. Erano talmente tanti i collegamenti che sui televisori si vedevano poco più che francobolli. Impossibile riconoscere luoghi e volti. Gremiti gli spazi per il pubblico e anche le gabbie, ma gremita anche l’Aula Uno del bunker. Sulla destra, alla prima fila tutti e cinque i magistrati dell’accusa: Nicola Gratteri, Michele Prestipino, Marialuisa Miranda, Antonio De Bernardo e Giovanni Musarò. Il resto dell’aula era occupata dai difensori degli imputati, dai legali della parti civili e dai giornalisti. Presenti anche alcuni altri magistrati che hanno voluto essere presenti alla lettura della sentenza. E’ il caso dei pm Giuseppe Buontempo, di Gabriella Cama e Annalisa Arena. Insomma che si trattasse di una sentenza “storica”, ci voleva poco a capirlo. Inizio fissato per le 10, in realtà l’udienza è partita pochi minuti dopo le 11. Quando il giudice Giuseppe Minutoli è entrato in aula assieme ai suoi collaboratori è calato un silenzio surreale. Poi la lenta sequenza dei nomi, scanditi con calma, con i riferimenti del codice, l’elenco dei capi d’imputazione e la sentenza. Alle parole “assolto” dalle gabbie e dalla tribunetta i sospiri di sollievo di familiari e detenuti. Mai in maniera scomposta (anche se il giudice ha fatto due richiami), mai un commento fuori luogo. L’uditorio ha continuato ad ascoltare con pazienza. E c’è voluto più di un’oraper leggerel’intera sentenza. Alla fine i commenti erano diversi. E’ chiaro che per molti il rischio era di condanne ben più pesanti. Per questo alcuni degli avvocati presenti in aula hanno commentato la sentenza come “equilibrata”. Una maniera garbata per dire che tuttosommato era andata 24 ore Venerdì 9 marzo 2012 La vittima, un meccanico di Caulonia, finisce in ospedale. I medici gli asportano la milza Sventa il furto d’auto, ferito I due ladri scoperti hanno fatto fuoco contro il proprietario del mezzo di FRANCESCO SORGIOVANNI CAULONIA - Un uomo è rimasto gravemente ferito mentre cercava di bloccare due ladri che gli stavano rubando l'auto. Alla sua reazione, uno dei due malviventi ha sparato colpendo l'uomo al fianco sinistro. Il fatto è accaduto nella tarda serata di mercoledì, in località Marano di Caulonia Marina. E' successo a Francesco Bava, meccanico 48enne, originario di un comune del vibonese ma da molto tempo residente a Caulonia. Ricoverato d'urgenza presso l'ospedale di Locri, il meccanico, in prognosi riservata, è stato operato nella notte. I medici del nosocomio hanno dovuto asportargli la milza, ma non sarebbe in pericolo di vita. Secondo la ricostruzione dei carabinieri della compagnia di Roccella Jonica, guidati dal capitano Marco Comparato, che indagano insieme ai militari della stazione di Caulonia sul ferimento dell'uomo, non ci sarebbe un movente diverso alla base del fatto di sangue. In base anchealle testimonianze raccolte dagli investigatori, mercoledì sera, verso le 20,30, alcuni congiunti della persona ferita si trovavano appena fuori dalla porta della loro abitazione, intenti a fumarsi una sigaretta. Avevano da poco cenato. All'improvviso, captavano dei rumori strani localizzati ad un centinaio di metri dal punto in cui gli stessi si trovavano. Ponevano maggioreattenzione eriuscivano a stabilire che c'era qualcuno nei pressi di un capannone utilizzato da una impresa edile del luogo per il deposito di macchine e materiali. Forse stavano cercando di forzare l'entrata del magazzinodeposito per asportarne i mezzi o le attrezzature. La certezza sulla presenza effettiva dei due malintenzionati, i congiunti di Francesco Bava, l'hanno avuta nel momento in cui, in quel preciso istante, una macchina che circolava sulla stra- da che collega il centro abitato con la zona periferica di Caulonia marina, dov'è successo il fatto, con i fari ha illuminato per un istante e casualmente il punto preciso da dove provenivano i rumori. I due malviventi hanno cercato di nascondersi dietro un mezzo parcheggiato vicino. Ma qualcuno li aveva scoperti, pur non riuscendo ad individuarli con precisione. Francesco Bava, a quel punto, veniva avvertito dai suoi congiunti e immediatamente si precipitava fuori di casa. I due ladri, intanto, stavano cercando di darsi alla fuga, dopo essersi introdotti nell'autovettura del meccanico, che era parcheggiata nei pressi dell'abitazione. Sembra, peraltro, che le portiere dello stesso mezzo non fossero chiuse a chiave, la qual cosa avrebbe favorito sul tempo i due malviventi. Con tutto ciò, non curante del pericolo, Bava ha cercato in tutti i modi di bloccare i ladri. Uno di questi, per potersi coprire la fuga, ha impugnato la pistola e l'ha puntata in direzione del meccanico. Questi ha continuato ad opporsi al tentativo dei due malviventi. E' stato a quel punto che uno dei due, quello con la pistola in mano, ha fatto partire un colpo. Francesco Bava è stato raggiunto al fianco sinistro. Un ferimento che si è dimostrato subito grave. Sentendo il colpo dell'arma da fuoco (quasi sicuramente una pistola di grosso calibro), i familiari di Bava si sono immediatamente precipitati fuori dalla loro abitazione e hanno soccorso il congiunto. Sono stati loro stessi a trasportarlo al posto fisso del 118, distante poco meno di un chilometro dalla contrada Marano, sempre a Caulonia marina. Con una ambulanza del Suem è stato trasportato all'ospedale di Locri, dove i sanitari sono intervenuti per asportargli la milza, rimasta compromessa dalla pallottola sparata. I due ladri sono riusciti a scappare. I carabinieri stanno indagando sul caso. I carabinieri sulle tracce dei malviventi DIRITTO DI REPLICA «Solo cortesia a una cittadina» Il fratello del governatore chiarisce i motivi della telefonata all’ingegnere Crucitti SCRIVO nell'interesse e per conto del Signor Consolato Scopelliti (cfr. conosciuto come Tino), il quale si è rivolto a questo Studio legale per tutelare la propria dignità e reputazione a seguito delle dichiarazioni rese dal teste colonnello Valerio Giardina nel processo “Meta” per comunicare l'assoluta estraneità alle circostanze e alle deduzioni investigative, da questi riferite. In particolare sull'intercettazione telefonica, si precisa che in data 3 marzo 2009 il Si- gnor Consolato Scopelliti, mentre svolgeva, per conto dell'Agenzia delle Entrate, attività di rappresentanza processuale davanti la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria, fu avvicinato da una Funzionaria (cfr. all'occorrenza e se è necessario verranno divulgare le generalità), che gli chiedeva se era possibile avere notizie riguardo ad alcuni lavori che erano in corso di esecuzione, in Contrada Aretina di questa Città, dall' Ammi- nistrazione Comunale di reggio Calabria. Tale interesse nasceva perché la Funzionaria era proprietaria di un immobile in tale area. Infatti a seguito di fenomeni temporaleschi la zona era stata interessata da frane e smottamenti di terreno che bloccavano il transito stradale. Il Signor Consolato Scopelliti, quindi, contattò telefonicamente l'ingegnere Pasquale Crucitti (cfr. Dirigente dei lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria), per conoscere lo stato delle procedure amministrative e, quindi, poter rispondere alla suddetta Funzionaria, che ogni volta che lo incontrava, chiedeva a che punto era l'attività dell'Amministrazione comunale su tale intervento. Un atto di cortesia ad una cittadina, che manifestava un disagio e che non aveva avuto alcuna risposta. E' illegittimo, irrilevante, non conducente e, perciò, ingiustificato, il riferito collegamento del Sig. Consolato Scopelliti con le attività, perseguite dagli inquirenti nell'ambito dell'indagine e del processo denominato "Meta", tanto da rappresentarlo quale appartenente ad una lobby affaristico-mafiosa che gestirebbe i lavori pubblici nella Città dello Stretto. Quindi, quanto riferito è privo dei requisiti di verità oggettiva, di pertinenza e di continenza. Il Comune di Reggio Ris al lavoro sul Dna dei resti che potrebbero appartenere a Midiri Il crollo del palco della Pausini Tre mesi per trovare la verità Autopsia sul corpo Riesumati i cadaveri dei genitori dell’uomo scomparso 20 anni fa di BRUNETTO APICELLA BOTRICELLO – Tre mesi di tempo o forse di più per mettere un punto fermo su una vicenda che da anni è avvolta nel mistero. Tre mesi per stabilire realmente se quei resti, trovati il 1 ottobre del 2000 nei pressi di Botricello Superiore, appartengono realmente a Vincenzo Midiri, l'uomo di cui non si hanno più notizie dal mese di ottobre del 1990, da quando, uscito dal carcere per un permesso, ha fatto perdere le tracce e che le cronache nazionali definiscono come «un soggetto capace di commettere qualsiasi tipo di reato». E, adesso, i resti rinvenuti nel 2000 che si trovano nei laboratori del Ris di Messina e il cui Dna, nei prossimi giorni, saranno comparati a quello di Ignazio Midiri, deceduto nel 1981 e di sua moglie Rosa Condito, deceduta nel 1985. Sono loro i genitori di Vincenzo Midiri, i cui corpi, proprio nella mattinata di ieri, sono stati riesumati nel cimitero di Botricello situato in localitàArango.È statoqui,infatti che, intorno alle 9,30 di ieri mattina, sono iniziate tutte le operazioni che, lo sperano gli inquirenti che lavorano al caso, potrebbero mettere un primo punto fermo sulla vicenda. È stato il medico legale, in- La riesumazione delle salme al cimitero di Botricello caricato dal sostituto procuratore Emanuela Costa, Massimo Rizzo, ad effettuare gli accertamenti sui due corpi. Accertamenti importanti per iquali leportedel cimitero,ieri, sono state rigorosamente chiuse, così come disposto dall'ordinanza firmata nei giorni scorsi dal sindaco Giovanni Camastra. Solo i familiari dei congiunti hanno potuto presenziare alla riesumazione dei corpi e, nello svolgere ilsuo lavoro, ilmedico legale è stato supportato anche dai carabinieri di Sellia Marina, dagli operai del Comune di Botricello e dall'Agenzia funebre Loprete. Dopo l'estra- zione delle salme, il dottore Rizzo, assieme alla sua assistente, la dottoressa Valentina Lagamba, ha iniziato gli esami più approfonditi sui corpi. Effettuata la valutazione, il medico legale ha prelevatotre tipidi ossain tredifferenti parti del corpo. Ed è da lì che, nei prossimi giorni, saranno portate avanti tutte le attività necessarie per il prelievo del Dna e la successiva comparazione per un confronto diretto. Ma per conoscere i risultati ci vorrà qualche mese, forse tre o forse di più. L'indagine sulla scomparsa di Midiri, che ieri ha porta- to alla riesumazione dei corpi dei due congiunti, è stata riaperta nel 2006 ed è seguita dai carabinieri della Compagnia di Sellia Marina ma gli interrogativi sono tanti. Quei resti rinvenuti nel 2000 nei pressi del cimitero di Botricello Superiore, sono realmente di Vincenzo Midiri? E se non dovessero essere i suoi, Vincenzo Midiri è morto? E se non è morto, è vivo ed è latitante dal giorno della sua fuga? È a questo che si cercherà di rispondere, considerando anche il fatto che sono troppi i dubbi attorno a tutta la vicenda e poche le certezze. Una certezza è data dal fatto che lo scheletro rinvenutonel 2000, così come stabilito nella relazione del medico legale Massimo Rizzo, appartiene ad un uomo, con un'età compresa tra i 45 e i 65 anni, alto tra 1,67 e 1,75 centimetri, con un'epoca della morte risalente almeno al 1997 ma con un margine di dieci anni, quindi dal 1987 in poi. Ed a rendere tutto ancora più inquietante, la causa della morte: un colpo di fucile calibro 12 caricato a pallettoni. Ma se c'è un collegamento tra quei resti e se appartengono realmente a Vincenzo Midiri, adesso, solo l'accertamento sul Dna comparato a quello dei suoi congiunti lo potrà svelare. di Armellini REGGIO CALABRIA - E’stata eseguita ieri pomeriggio l’autopsia sul corpo di Matteo Armellini, il tecnico rimasto ucciso domenica notte dal crollo del palco in allestimento per lo spettacolo di Laura Pausini. L’incarico di eseguire l’esame autoptico è stato affidato dal pm Rosario Ferracane, titolare dell’inchiesta, al dottor matarazzo. Ovviamente prima di avere l’esito della perizia ci vorranno alcune settimane. Dall’esame stesso, d’altra parte, la Procura non si attende molto. Se non la conferma del fatto che il 31enne romano è morto a seguito del colpo ricevuto alla testa da uno dei tubi d’acciaio della struttura venuta già durante la costruzione. Subbito dopo l’esame stesso il corpo è stato consegnato alla famiglia per i funerali che si svolgeranno molto probabilmente nella giornata di oggi al paese d’origine della famiglia. Il pm attende l’esito della perizia più importante. E cioè quella dei tecnici che dovranno stabilire la causa del collasso della struttura. Solo allora si potrà capire quale strada prenderà l’inchiesta per arrivare ad individuare le eventuali responsabilità. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 20 Calabria L’assessore regionale parla di incompatibilità per via del processo al quale è sottoposta a Locri «Errori sanitari, Laganà via» Tallini sollecita Orlando a rimuovere la deputata dalla Commissione di PASQUALE VIOLI SIDERNO - «La presenza dell'onorevole Maria Grazia Laganà nella commissione nazionale d'inchiesta sugli errori sanitari non è più compatibile con la strategia difensiva che il deputato del Pd calabrese sta adottando al fine di ostacolare il lavoro dei giudici di Locri nel processo per tentata truffa, falso e abuso che la vede direttamente coinvolta». L’assessore regionale Domenico Tallini getta benzina sul fuoco delle polemiche scaturite dalla decisione della vedova Fortugno di avvalersi della facoltà di non rispondere nel processo nella quale è imputata insieme ad altre quattro persone per una presunta truffa ai danni della sanità pubblica nella Locride. E l’assessore della Regione Calabria, in una dai toni durissimi, chiama in causa anche l’ex sindaco di Palermo LeoLuca Orlando, oggi a capo della commissione d’inchiesta per gli errori sanitari: «Se l'onorevole Laganà – dice ancora Tallini - che non si è presentata davanti al tribunale di Locri, non avvertirà la sensibilità di dimet- L’assessore Mimmo Tallini e la deputata Maria Grazia Laganà tersi, chiediamo direttamente a LeoLuca Orlando di rimuoverla dall’incarico per una evidente incompatibilità etica che danneggia l'immagine del Parlamento e dell'organismo che ha il compito di indagare sulle cause del disavanzo delle Regioni in campo sanitario». La parlamentare del Pd, dunque, bersaglio delle critiche che arrivano dal centro destra. Un polverone alzatosi tre giorni fa quando Maria Grazia Laganà si è detta impegnata in attività parlamentari, ed ha presentato ai giudici di Locri una memoria in cui indicava la sua intenzione di avvalersi della facoltà di non rispondere. Sulla sponda del Partito Democratico per adesso tutto tace, nessun intervento sulla questione neppure da parte della diretta interessata. La vedova Fortugno all’epoca dei fatti contestati dalla Procura di Locri era vice direttore sanitario, ed oggi è imputata per presunte irregolarità nella fornitura di materiale medico. Insieme al titolare dell’impresa di forniture di medicinali Medinex di Reggio Calabria, Pasquale Rappoccio, l’ex direttore amministrativo dell’Asl, Maurizio Marchesi, un funzionario amministrativo dell’ente, Nunzio Papa, ed un medico dell’ospedale, Albina Micheletti. E per l’assessore Regionale Domenico Tallini potrebbe essere anche tardiva la decisione della Laganà di lasciare la commissione d’inchiesta guidata da Orlando. «La parlamentare –affonda ancora Tallini - avrebbe dovuto dimettersi già a dicembre, quando venne rinviata a giudizio. La credibilità delle istituzioni viene oggi fortemente compromessa dagli atteggiamenti dell'onorevole Laganà che utilizza il suo mandato parlamentare per sottrarsi ai suoi doveri verso l'autorità giudiziaria». E secondo l’opinione dell’assessore in quota Scopelliti la presenza della parlamentare del Pd in commissione d’inchiesta potrebbe anche compromettere il lavoro della squadra di LeoLuca Orlando. Progetto della Regione Il deputato Belcastro “interroga” il ministro Passera Master per fermare la fuga dei cervelli «Serve un commissario sull’uso dei fondi» CATANZARO - L'assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri, nell'annunciare l'incontro di martedì prossimo, 13 marzo, alle ore 16, al Centro Agroalimentare di Lamezia Terme con gli studenti dei Master in Management pubblico e Management sanitario promossi dalle Università “Luiss” di Roma e “Bocconi” di Milano, ha dichiarato che «il Presidente Scopelliti intende trasformare la Calabria da terra dell'esodo intellettuale in terra del riconoscimento del merito e del ritorno, dove le persone di talento non siano costrette ad emigrare, ma contribuiscano allo sviluppo di tutti». A tali corsi - informa una nota dell'ufficio stampa della giunta regionale - sono iscritti 65 giovani laureati calabresi, ammessi al rimborso previsto dalla Regione Calabria che riguarda complessivamente 1.230 laureati. Per fare diventare la pubblica amministrazione e la sanità fattori di sviluppo, la Regione Calabria ha richiesto un innovativo percorso di studio, che rappresenta una novità nel sistema formativo italiano. Tale percorso è stato messo a punto dagli Atenei “Luiss” e “Bocconi” che, per la prima volta insieme e per la prima volta al di fuori delle rispettive regioni, collaborano per questo progetto. I master si concluderanno nel prossimo mese di ottobre con la discussione delle tesi finali. CATANZARO – Il deputato Elio Belcastro, vicesegretario nazionale di «NpS – Noi Sud’' e componente della Commissione parlamentare antimafia ha depositato un’ interrogazione al Ministro allo Sviluppo economico, Corrado Passera, sulla gestione dei fondi destinati allo sviluppo del Mezzogiorno «e, in particolar modo – prosegue il testo – per ribadire che gli stessi necessitano di un maggior controllo e di una maggiore trasparenza». Nell’interrogazione Belcastro evidenzia «che la gestione e l'utilizzo corretto dei fondi destinati allo sviluppo del Mezzogiorno rappresenta un capitolo fondamentale per la reale crescita delle regioni meridionali ed in particolar modo di una regione come la Calabria dove sussistono forti commistioni fra ambienti illegali ed esponenti della classe imprenditoriale» e che «per tali ragioni, in Il deputato Elio Belcastro ordine ad alcune aziende, la Regione Calabria su alcuni finanziamenti già concessi ha richiesto alla Guardia di Finanza di verificare l’attendibilità o addirittura la presunta mancanza di requisiti indispensabili per ottenere i finanziamenti. Nello stesso tempo, nonostante le richieste emanate dal Dipartimento Attività produttive della Regione, la stessa Regione ha inspiegabilmente omesso la conseguenziale e logica procedura di autotutela per revocare i i finanziamenti e richiederne il dovuto rimborso». Il vicesegretario nazionale di “NpS – Noi Sud’” conclude invitando il ministro a «poter procedere, per quanto di propria competenza e tenuto conto delle prerogative della Regione Calabria, con apposita nomina di un commissario ad acta per la gestione dei fondi,o, in alternativa alla nomina di un funzionario del Ministero con delega di poter ispezionare la correttezza delle procedure atte a gestire, monitorare e controllare i finanziamenti che sempre più spesso divengono poi non più recuperabili, onde consentire, con il loro corretto utilizzo, che gli stessi, nella massima trasparenza, possano conseguire obiettivi di reale sviluppo ed evitare che, invece, vengano gestiti da imprenditori senza scrupoli che non operano certamente per il bene del territorio, della Calabria e del Mezzogiorno». LOCRI Francese muore sulla Costa Serena a 10 miglia dalla costa LOCRI - Ancora un lutto Roccella Jonica. Da acsu una delle navi della certare principalmente Costa Crociere, a 10 mi- se a causare il decesso del glia dalle coste della Lo- cinquantenne francese cride muore un turista sia stato un evento natufrancese e la Procura di rale, come un infarto o Locri apre un fascicolo. un ictus, oppure se la Questa volta a balzare morte del passeggero agli onori della cronaca è possa essere imputata la “Costa Serena”, una ad agenti o fattori esterdelle navi impegnate nel ni. Le indagini sono in giro del Mediterraneo. I corso, sicuramente si fatti raccontano di una aspetta una relazione del medico di chiamata di bordo e versoccorso ranno sentite giunta dalla le persone “Costa Sereche erano in na” verso la crociera con Capitaneria la vittima per di Porto di capire quanReggio Calado l’uomo di bria. Nella riNizza si sia chiesta di sentito male e aiuto si parlacome siano va di un uoandati i socmo a bordo corsi. che ha perso Torna conoscenza. quindi al cenL’interven- La “Costa Serena” tro della croto della Capinaca una deltaneria di le navi “CoPorto è stato sta”, questa immediato, volta con infatti subito ogni probabiuna motonalità, per la ve ha ragbrutta vicengiunto la “Seda, nulla è da rena” per cerimputare alla care di verifisocietà di nacare cosa fosvigazione o al se successo e personale di in quali condizioni si trovasse il pas- bordo ma per spazzare seggero. Ma al loro arri- via ogni dubbio si dovrà vo gli uomini della Capi- attendere l’esito delle intaneria di Porto di Reg- dagini della Procura di gio Calabria non hanno Locri. Intanto la “Costa Serepotuto fare altro che constatare il decesso di na”, un gigante del mare N.J.C, classe 1962 di na- con 1.500 cabine, 5 ristozionalità francese e resi- ranti e 13 bar, oltre ai centri benessere, sta dente a Nizza. Il cadavere è stato poi continuando la sua croportato all’ospedale di ciera in direzione delle Locri. Dalle prime indi- isole greche. Saranno i cazioni fornite anche dal responsabili della sociemedico di bordo, la causa tà di navigazione adesso della morte potrebbe es- a dover interagire con il sere da imputare ad un pubblico ministero Deinfarto, ma sarà l’autop- bora Rizza che sta coorsia a chiarire ogni cosa. dinando le indagini per Infatti sull’accaduto è competenza, visto che il stato aperto un fascicolo decesso dell’uomo di Nizdal magistrato della Pro- za sarebbe avvenuto a 10 cura di Locri Debora Riz- miglia dalle coste della za che sta coordinando le Locride, in acque di comindagini di polizia giudi- petenza della Procura ziaria insieme ad Anto- della Repubblica di Lonio Ripoli, comandante cri. dell’ufficio marittimo di p. v. La Procura ha aperto un fascicolo sul decesso Nasce l’associazione “Buongiorno Mezzogiorno”, come pungolo all’azione del Governo locale Professionisti e universitari insieme per dare la svolta CATANZARO - Professionisti e studenti insieme per lo sviluppo del territorio. Nasce l'associazione culturale “Buongiorno Mezzogiorno”, su iniziativa di Marco Gallippi, con il supporto della forte volontà di un gruppo di giovani professionisti e di studenti universitari di tutta la Calabria, determinati a dare una svolta al loro futuro e a quello dell’intera regione. Attraverso la costituzione di un “libero pensatoio” di idee e progetti, l'associazione si prefigge di ritrovare il piacere del dialogo costruttivo e la voglia di credere in un futuro migliore. L’obiettivo è quello di dare vita ad un nuovo strumento di aggregazione di idee ed esperienze, di cui la regione è ricca. Da qui l'intento manifestato dai giovani «di risvegliare la voglia di mobilitarsi per cambiare, favorendo la massima partecipazione di ogni singolo cittadino ai meccanismi di formazione delle decisioni, con idee e proposte progettuali che possano stimolare l'azione del governo locale, fin qui poco attento ai reali bisogni della collettività calabrese. Basta con la politica che non è servizio ma giustificazione di potere e di indennità garantita - dicono -. Essa deve essere libera e soprattutto al servizio delle istanze della gente». Il direttivo dell’Associazione è composto dal presidente Marco Gallippi, laureato alla Facoltà di architettura di Reggio Calabria, dalla vice Giulia Chiara Massara, laureanda in Farmacia, dal segretario Gregorio Comi, studente universitario di Ingegneria, dal tesoriere Valentina De Marco, laureanda in Farmacia, e da Francesco Dileo, architetto. I componenti del direttivo dell’associazione “Buongiorno Mezzogiorno” E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Calabria 21 24 ore Venerdì 9 marzo 2012 Venerdì 9 marzo 2012 La Cassazione ha accolto i rilievi degli avvocati D’Ascola e Genovese e ha rinviato gli atti Annullato l’arresto di Rappoccio Era stato fermato nell’ambito dell’inchiesta Reggio Nord della Dda reggina E’ STATA annullata con rinvio l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Reggio nei confronti dell’imprenditore Pasquale Rappoccio. Ieri mattina la Cassazione ha accolto il ricorso degli avvocati Emanuele Genovese e Nico D’ascola, legali dell’uomo arrestato nell’ambito dell’operazione “Reggio Nord”. Per la Corte non vi sarebbero i gravi indizi sostenuti invece dal pm che hanno condotto l’inchiesta e giudicati tali dal Gip. Roppoccio è un imprenditore particolarmente noto della città. Imprenditore su più fronti, accusato di aver favorito la cosca Condello. La storia colpì anche alla luce di quanto scoperto dalle forze dell’ordine a casa sua durante la perquisizione. Rappoccio teneva il grembiulino della loggia accanto all’immagine della Madonna di Polsi e della Consolazione. E aveva anche la lettera con la quale l’onorevole Giuseppe Caminiti, allora deputato di Forza Italia, lo aveva raccomandato per il titolo di Commendatore della Repubblica. Quando i carabinieri sono piombati a casa sua per arrestarlo, scoprirono un mondo. Saltarono fuori una marea di documenti, lettere, faldoni e computer pieni di informazioni. Tutto materiale sequestrato. Sono tante le facce mostrate in giro da Rappoccio. Quella di imprenditore certo, di commendatore anche, e poi di massone e di personaggio dai mille contatti, dalle innumerevoli relazioni. Chi era l’uomo fermato ieri per i suoi rapporti con i Condello era scritto nero su bianco su una informativa della Guardia di Finanza L’arresto di Pasquale Rappoccio inserita nel processo per le truffe all’ospedale di Locri (ancora in corso). Carte che lo inquadrano come un tipo che in politica era capace di parlare con Raffaele Lombardo, e sponsorizzare Lele Mora a Giuseppe Scopelliti. Secondo le Fiamme gialle era un imprenditore «dall’intensa attività che spazia nei comparti della vendita di prodotti sanitari, nella valorizzazione e vendita immobiliare, nell’attività svolta da ospedali e case di cura in generale, nell’attività di gestione di villaggi turistici». Interessi vari, per alimentare i quali l’imprenditore utilizza anche i canali della politica e della massoneria». Un tipo strano certo, ma per il quale i giudici non hanno ritenuto sufficienti le ragioni che hanno portato al suo arresto. La conferenza stampa dell’operazione Si è tenuta in Prefettura la riunione del Comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza Furti cavi Enel, controlli intensificati Varratta ha rivolto un augurio al neoprocuratore di Roma Giuseppe Pignatone NELLA mattinata di ieri si è tenuta, sotto la presidenza del Prefetto Luigi Varratta, una riunione del Comitato Provinciale dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica alla quale hanno partecipato, oltre al Procuratore ed al Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone e Ottavio Sferlazza, il sindaco Demetrio Arena, ed i vertici provinciali delle Forze di polizia. In avvio di riunione il sindaco Arena ha illustrato le iniziative finora assunte dall’Amministrazione comunaleallo scopodiaccelerare laripresa dei lavori di realizzazione del nuovo mercato ortofrutticolo in località Mortara riservandosi di presentare, entro la prossima settimana, un aggiornato cronoprogramma dei medesimi. Si è quindi affrontato il più ampio fenomeno dell’abusivismo commerciale nel territorio urbano con segnato riguardo all’area mercatale della centrale Piazza del Popolo. In proposito siè concordato chei competenti Uffici comunali diano sollecita definizione alle procedure di rilascio di nuovi atti autorizzativi in favore dei commercianti ambulanti chesiano in condizione di poter ottenere la sanatoria delle proprie posizioni. A fini di deterrenza del fenomeno, la Polizia Municipale, che sarà sup- portata in caso di necessità dalle Forze di polizia, assicurerà un’intensificazione dei controlli nella zona interessata. Si sono poi esaminate le situazioni di degrado urbano esistenti nei quartieri di Arghillà e Modena – Ciccarello in relazione alle quali l’Amministrazione comunale si è impegnata a valutare l’adozione di appositi piani di intervento volti al recupero ed alla bonifica delle aree maggiormente compromesse. In prosieguo si è affrontata, con la presenza dei rappresentanti territoriali della società Enel, la questione connessa all’incremento registratosi negli ultimi mesi di furti di rame e di energia elettrica. In proposito si è delineata una strategia di intervento imperniata in chiave repressiva sulla verifica da parte della locale Procura della Repubblica - cui la societàEnel farà pervenireuna dettagliata relazione sugli episodi criminosi denunciati in provincia – di presupposti che consentano la diversa rubricazione di tali fattispecie di reato ai fini di un inasprimento delle relative pene edittali. Al termine della riunione il Prefetto ha colto l’occasione per rivolgere a Pignatone un cordiale augurio di buon lavoro nel nuovo delicato incarico che assumerà, a breve, presso l’Ufficio inquirente della Capitale. A scuola educazione ambientale e legalità LA LETTERA La Forestale tra i banchi dello Scientifico “Volta” «Non siamo amici di cartapesta» versi. Dalla lotta agli incendi boschivi al controllo del territorio finalizzato alla prevenzione generale e repressione dei reati, con particolare attenzione a quelli inerenti la tutela ambientale. Verrà illustrato anche il ruolo, quasi esclusivo, che il Corpo svolge per l’applicazione della Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione, denominata in sigla C.I.T.E.S. Entrata in vigore nel 1980, con l'esigenza di controllare il commercio degli animali e delle piante (vivi, morti o parti e prodotti derivati), in quanto lo sfruttamento commerciale è, assieme alla distruzione degli ambienti naturali nei quali vivono, una delle principali cause dell'estinzione e rarefazione in natura di numerose specie. Attualmente viene applicata in ben 175 Stati aderenti ed, in Italia, il Corpo Forestale cura la gestione amministrativa ai fini della certificazione e del controllo tecnico-specialistico per il rispetto della Convenzione. Di recente attuazione, ma sicuramente non meno importante, è l’attività di indagine e controllo nel settore agroalimentare, la cui attenzione si è maggiormente focalizzata CHIEDIAMO cortesemente di dare voce a coloro che sono stati definiti "amici di cartapesta", pubblicando la nota stampa che trova in allegato. Di darci la possibilità di rispondere alle dichiarazioni calunniose fatte dal Bentivoglio, nel suo “libro-denuncia” intitolato “Colpito” e pubblicato da Libera, nel quale ci definisce “soci mendaci”. Sono successe delle brutte cose al Bentivoglio, non c’è dubbio, ma sulle stesse avrà modo la Magistratura di fare luce. Se egli avesse, però, agito con correttezza, sincerità e gratitudine oggi avrebbe ancora al suo fianco gli amici di un tempo a sostenerlo. Sulla menzogna non si può costruire una immagine credibile, soprattutto a danno di persone corrette e sincere e che oltre ad essere timorose di Dio e credenti sono altrettanto rispettose dello Stato e delle Sue Leggi! Anna Maria Manduci Concetta Aloisio OGGI, in concomitanza con la chiusura della settimana dello studente, che si sta svolgendo presso il Liceo Scientifico Statale “A. Volta”di Reggio Calabria, personale del Corpo Forestale dello Stato che presta servizio negli uffici di Reggio Calabria, incontrerà gli allievi del prestigioso istituto reggino dislocato nella nuova struttura del quartiere di San Sperato per promuovere alcuni principi di legalità di educazione ambientale e rispetto dei sistemi naturali nonché di sicurezza agroalimentare. Un momento d’incontro importante per illustrare ai giovani studenti reggini le attività che il Corpo Forestale dello Stato svolge sul territorio per prevenire e reprimere i reati nel settore ambientale e agroalimentare, grazie anche ad una percepibile sensibilizzazione mostrata, negli ultimi anni, da parte dell’opinione pubblica nei confronti delle predette materie. Verranno illustrate le principali attività che, quotidianamente, il personale del Corpo Forestale dello Stato svolge sul territorio, con particolare attenzione ai servizi e agli eventi che la cronaca ed i media in genere hanno ultimamente portato alla ribalta dell’opinione pubblica. Gli argomenti trattati saranno di- Tra sicurezza agroalimentare e lotta all’abusivismo I controlli della Forestale sul territorio a seguito dell’avvento della globalizzazione. Questo fenomeno, per alcuni aspetti, ha inciso negativamente sull'integrità ambientale e sulla qualità e quantità di alimenti disponibili per la popolazione con l'apertura dei mercati economici a società con modelli organizzativi diversi quali i Paesi dell'Est e la Cina. Questo ha favorito anche la sofisticazione e contraffazione degli alimenti con destinazione umana e, pertanto, è nato nel Corpo Forestale, il Nucleo Agroalimentare e Forestale (NAF), una struttura centrale, altamente specializzata nel contrasto alla criminalità in ambito agroalimentare e alla contraffazione dei prodotti di qualità. In tutto il territorio nazionale, dove l'attività operativa è garantita dagli 87 Comandi provinciali, dagli altrettanti Nuclei Investigativi di Polizia Ambientale e Forestale (N.I.P.A.F.) e dai 1.100 Comandi stazione del Corpo Fore- stale dello Stato, il N.A.F. svolge funzioni di coordinamento ed indirizzo info-investigativo e di analisi in tema di sicurezza agroalimentare, fornendo supporto operativo, e logistico ai Comandi territoriali. In ultimo si accennerà anche al monitoraggio ambientale, ai servizi di protezione civile, di sorveglianza dei parchi e ad alcuni servizi speciali, come quello a cavallo e il servizio cinofilo destinato principalmente ad attività di ricerca e soccorso di persone scomparse in superficie, o travolte da macerie, detriti e valanghe. Nelle aree interne del plesso scolastico, infine, verrà dislocato il Comando Stazione Mobile in uso nella provincia di Reggio Calabria, corredato da alcune delle dotazioni tecniche e strumentali utilizzate quotidianamente dal personale del CfS nelle attività di prevenzione e repressione. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 28 Reggio Provincia Venerdì 9 marzo 2012 Aldo De Marco per uccidire il figlio di Presta ha usato una vecchia pistola degli anni ’20 «Domenico morto per un caso» Il perito dice che il proiettile sarebbe stato innocuo se avesse incontrato un osso COSENZA – La vittima sfortunata e il carnefice scaramantico. Non è il titolo di un racconto noir ma è quanto emerso ieri mattina al termine dell’udienza del processo in corte d’assise di Cosenza contro Aldo De Marco, il 42enne elettrotecnico che il 17 gennaio 2011 a Spezzano Albanese ha ucciso Domenico, il figlio del boss latitante Franco Presta. La sorte ha voluto che il proiettile della quasi innocua pistola utilizzata da De Marco passasse tra due costole del ragazzo invece che fermarsi sull’osso: se avesse impattato contro una costola, oppure contro un muscolo teso, il proiettile della vecchia pistola tedesca - una calibro 25 degli Anni ’20, addirittura riverniciata – non sarebbe riuscito nemmeno a perforare i tessuti superficiali. Invece, per la malasorte del ventiduenne, nel punto in cui è stato colpito l’ogiva gli ha attraversato la scapola desta e reciso l’aorta. Lo ha spiegato alla corte presieduta da Antonia Gallo (a latere Vincenzo Lo Feudo) il perito balistico nominato dalla procura di Castrovillari, Luca Chianelli. Il criminologo ha illustrato ai giudici l’intera dinamica cat- Aldo De Marco turata dalle telecamere di sicurezza del negozio di abbigliamento di proprietà della vittima e della sorella Marianna dove è avvenuto l’omicidio: dal momento in cui Presta è sceso dalla sua Audi A4 appena parcheggiata sul marciapiede (è questa la causa scatenate della furia omicida) all’esplosione dei due colpi che hanno raggiunto il ragazzo sulla porta del negozio. Ma, lo aveva detto già il medico legale Walter Caruso e lo ha ribadito ieri anche il perito balistico, uno solo è stato quello letale, che ha fatto sì che il corpo morto di Domenico Presta cadesse dentro l’outlet di abbigliamento dove è stato trovato dai carabinieri che sono intervenuti dopo che lo stesso De Marco si è costituito e ha confessato l’omicidio. Al termine dell’udienza il presidente della corte d’assise ha fissato la prossima udienza per il 17 aprile e pregato il pubblico ministero di Castrovillari, Francesco Pellecchia, di tentare di concludere sia con l’esame dell’imputato sia con la richiesta di pena. Così, paventandosi il rischio che in quella stessa data potesse arrivare anche la sentenza, il tecnico riparatore di elettrodomestici dalla gabbia destinata agli imputati ha preso la parola per chiedere alla corte di cambiare data: «no – ha detto - il 17 no: il fatto è successo il 17, tutto il diciassette no» per intendere una certa indisposizione scaramantica per quel giorno del mese. Nessuno, naturalmente, lo ha preso in considerazione; ma è improbabile –vista la già annunciata impossibilità per la pubblica accusa di chiudere tutto nella prossima udienza - che il destino gli riserverà la coincidenza di venire condannato il 17 del mese. fra. mo. San Donato. Il Consiglio di Stato respinge il ricorso presentato De Rose ufficialmente sindaco SAN DONATO DI NINEA –Il Consiglio di Sta- to fuori tempo, per far annullare le votazioni e to ha confermato con sentenza definitiva la ritornare così alle urne. Dopo la notizia giunta a Palazzo di Città il validità delle elezioni di maggio 2011, che vedono confermato Francesco De Rose a sinda- sindaco De Rose è categorico: «Spero che chi, co. La notizia è stata accolta positivamente in tutti questi mesi, tramando alle spalle dei dall'amministrazione comunale che ora fa sandonatesi e provando a delegittimare in un bel respiro di sollievo su questa faccenda ogni modo questa Amministrazione, senza definita “inutile e incresciosa”. Il 28 febbraio riconoscere la propria sconfitta politica, con questa ennesima dichiarazione di scorso, dunque, il Consiglio di Stavalidità e conferma della volontà to ha messo punto su una vicenda popolare, potrà finalmente ritrovache si era aperta poiché l’attuale re la tranquillità perduta e accettaamministrazione si affermò conre serenamente la nostra azione tro la lista avversaria con un solo amministrativa. Nonostante in voto di scarto, 519 contro i 518 delquesti nove mesi i ricorrenti e i sola lista “Rinascita sandonatese”. stenitori di tale azione insensata I magistrati che si sono espressi hanno saputo solo esser causa di un sulla questione, nella sentenza profondo dispiacere per la propria hanno dichiarato “inammissibile” comunità, oltre al danno economiil ricorso presentato contro la lista co che questo inutile ricorso ha ar“San Donato nel cuore”, perché recato alle casse comunali, doven?nessun presente al seggio elettorale, come nessuna altra figura de- Francesco De Rose do il Comune pagare ventimila euro per il costo di difesa e per le spese putata alla contestazione del voto o alle segnalazioni sul verbale, ha contestato di giudizio compensate con ragioni equitatitempestivamente quanto dichiarato nella de- ve, in qualità di sindaco di tutta la comunità nuncia. Pertanto, non avendo i ricorrenti o al- sandonatese voglio rassicurare i nostri sotri per loro adempiutoall’onere di specificare stenitori, ma soprattutto chi non ci ha votato, in quella sede vizi o irregolarità, la Quinta Se- che opereremo sempre e comunque per il bezione ha respinto il ricorso accettando la tesi ne comune e per la creazione di uno sviluppo difensiva percui le motivazionidei ricorrenti che porti benefici alla popolazione». erano soltanto un pretesto, per di più utilizzae. a. BREVI SAN MARCO ARGENTANO Termine pronto al rimpasto SAN MARCO ARGENTANO – Manca poco ormai alla fine della “pausa di riflessione” che il sindaco di San Marco Argentano, Alberto Termine, si è concesso per decidere chi sarà l’assessore mancante nell’esecutivo. A renderlo noto è lo stesso primo cittadino che, dopo le recenti polemiche scoppiate fra le ex colleghe dell'esecutivo, ora punta a rimettere in equilibrio l'organico per portare a compimento il proprio mandato. Quindi, nonostante da dicembre sia vacante il posto lasciato da Antonella Iannoccaro, la macchina amministrativa «continua la sua missione speditamente. Ciò - spiega Termine - è merito della compagine che mi sta ancora sostenendo ma soprattutto di tutti gli assessori, a cominciare dal vice sindaco Michele Argondizzo fino agli altri che sono Glauca Cristofaro, Domenico Diodato, Nando Lanzillotta ed Ermanno Martino». E se di crisi di maggioranza non ne vuol nemmeno sentir parlare, dal canto suo Termine resta fiducioso della sua azione amministrativa, senza però far trapelare nulla sul possibile “fortunato” che ricoprirà l'incarico di assessore. Eppure i numeri sono decisamente chiari, nel 2009 alla maggioranza sedevano 12 consiglieri, oggi invece sono solo nove, fra cui vi sono gli ex assessori Cupone e Bruno, che avevano mollato l'incarico per allinearsi alle linee guida del Pd e che oggi, invece, tengono in piedi la stessa maggioranza. E per molti proprio su uno di questi due potrebbe cadere la scelta del sindaco. em.arm. CASTROVILLARI Abbreviato per i baby rapinatori CASTROVILLARI - Saranno giudicati con rito ordinario, davanti al tribunale collegiale di Castrovillari i tre giovani arrestati dai carabinieri di Castrovillari prima di Natale con l’accusa di aver messo a segno alcune rapine aggravate compiute l’estate scorsa: Antonio Martire, 22 anni; Dario Ferrarini, 18 anni; e Salvatore Vacca, 20 anni. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Castrovillari, Carmen Ciarcia, al quale gli avvocati Liborio Bellusci, Vittorio Cosentino, e Michele Donadio - che assistono i tre giovani - avevano fatto richiesta di giudizio abbreviato condizionato – non ha consentito l’escussione delle vittime della prima rapina di cui sono accusati i tre ragazzi. È stata comunque ammessa l’indagine difensiva condotta da Bellusci, con la quale il penalista tenderebbe di dimostrare che una delle rapine – quella di un telefono cellulare del tipo I-phone 4 -non si sarebbe verificata, ma sarebbe invece frutto di delazione da parte della presunta vittima. SPEZZANO ALBANESE Signora scippata in centro SPEZZANO ALBANESE -Seminascosto dal cappuccio di una felpa, un malvivente mercoledì sera ha messo a segno nel centro di Spezzano Albanese uno scippo ai danni di una signora. Fortunatamente la donna non ha riportato conseguenze né fisiche né economiche, visto che nella borsa levata con la violenza non erano custoditi soldi ma solo i documenti, ma la paura per quanto accaduto resta alta. Arrestato ventenne Spacciava marijuana davanti alla sua scuola di FRANCESCO MOLLO CASTROVILLARI - Nel corso di un servizio di controllo destinato a reprimere il fenomeno dello spaccio di droga all’interno degli istituti scolastici, una pattuglia del nucleo radiomobile dei carabinieri della compagnia di Castrovillari ha fermato Costantino Nicodemo, uno studente ventenne di Terranova da Sibari. Il giovane, come tutte le mattine, si stava recando nella sua scuola, che si trova in corso Calabria, Castrovillari, quando è stato notato dai carabinieri. I militari sono stati insospettiti dal suo atteggiamento nervoso, e dopo averlo perquisito gli hanno trovato addosso tre dosi di marijuana. A quel punto gli uomini del capitano Sabato Santorelli hanno continuato la ricerca di droga all’interno dell’abitazione del giovane, dove sono state ritrovate, nascoste all’interno della camera da letto - altre due buste contenti circa 40 grammi di marijuana, un bilancino di precisione e un trita foglie. Il ventenne è stato accompagnato prima presso il comando della compagnia dei carabinieri e poi davanti al giudice Antonio Gatto, del tribunale di Castrovillari, per il giudizio direttissimo. Su richiesta della del sostituto procuratore Larissa Catella, il giudice ha convalidato il fermo e concesso il termini a difesa al legale che assiste il giovane e che, dunque, sarà effettivamente giudicato il mese prossimo. Il ragazzo dovrà rispondere del reato di spaccio di sostanze stupefacenti aggravato dalla circostanza che si è svolto in luoghi frequentati da minori. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 32 Cosenza 38 Venerdì 9 marzo 2012 REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected] Per cinque presunti esponenti del clan Tornicchio ridimensionate le condanne del primo grado Ergastolo azzerato e pene ridotte In Appello cade per Fazio l’accusa di aver compiuto il delitto alla Biomasse di ANTONIO ANASTASI UN ERGASTOLO azzerato per l'omicidio, avvenuto a Strongoli, di Michele Ma succi e pene ridotte per cinque presunti esponenti del clan Tornicchio di Crotone grazie alla concessione di attenuanti generiche e, per i reati in materia di stupefacenti, all'esclusione dell'aggravante mafiosa. E' il verdetto emesso nel primo pomeriggio di ieri dalla Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro, alla quale il procuratore generale, in una precedente udienza, aveva chiesto di confermare sei condanne, una delle quali all'ergastolo, inflitte con il rito abbreviato, nel troncone del processo Apocalypse Now che nonha seguito lavia ordinaria. La sentenza di primo grado fu emessa nel gennaio 2011 dal gup distrettuale al cui vaglio resse sostanzialmente l'impianto accusatorio formulato dal pm Salvatore Curcio, che aveva ereditato l'inchiesta condotta, in fase di indagine, dal pm Sandro Dolce; inchiesta che fece luce, tra l'altro, sulla strage al campetto del giugno 2009 in cui morirono due persone, tra cuiun bimbo di undici anni raggiunto dalla traiettoria dei colpi e spirato dopo tre mesi di coma (vicende finite all'esame, però, della Corte d'assise di Catanzaro). E' stata, dunque, annullata la condanna all'ergastolo per Mario Giuseppe Fazio, 42enne di Strongoli, uno degli imputati dell'omicidio di Michele Masucci, commesso sempre a Strongoli il 27 novembre 2007 all'interno della centrale a biomasse, dove la vittima lavorava. Fazio è stato condannato a 8 anni e 4 mesi per narcotraffico (esclusa, comunque, l’aggravante di aver agito con modalità mafiose). Proprio da quell'assassinio prese le mosse l'indagine. E all'alba del 25 settembre 2009 i carabinieri fecero scattare l'operazione “Apocalypse now”, con un'appendice nell'aprile dell'anno successivo. Le pene per gli altri imputati, presunti appartenenti al clan Tornicchio operante nella contrada Cantorato di Crotone, legati alla cosca Giglio di Strongoli, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, traffici di droga, estorsioni, rapinee reatiinmateria diarmi, variarono da 14 a un anno e mezzo. Ieri sono state tutte ridotte. LA SENTENZA In particolare, 14 anni di reclusione furono inflitti a Carolina Amodeo, di 54 anni (è la madre del presunto capoclan, Francesco), e Luigi Tornicchio (35), condanne ridotte rispettivamente a 10 anni e 4 mesi e 10 anni e 5 mesi; 10 anni a Nicola Tornicchio (52), ridotti a 8 anni e 4 mesi; 8 anni a Maurizio Lumare (23), ridotti a2 anni e6 mesi; 8anni e Carolina Amodeo Luigi Tornicchio Nicola Tornicchio Mario Giuseppe Fazio Maurizio Lumare 6 mesi a Piero Maneli (23), ridotti a 2 anni e 10 mesi. Non sono state appellate le assoluzioni di Francesco Sorbaro (24) e Giuseppe Mazzaccari (24); la condanna a un anno e sei mesi per Giuseppe Morise (23); il non luogo a procedere per precedente giudicato per il pentito Vincenzo Marino (36). Confermato il risarcimento da liquidare in separata sede per il Comune e la Provincia, parti civili difese rispettivamente dagli avvocati Pasquale Carolei e Paola De Masi. Incassano con soddisfazione i difensori degli imputati, gli avvocati Francesco Laratta, Aldo Truncè, Luigi Villirilli, Pietro Pitari, Gregorio Viscomi, Sergio Rotundo. Ma ecco le accuse che venivano contestate (per Maneli e Lumare in parte cadute). ASSOCIAZIONE MAFIOSA Carolina Amodeo, Luigi e Nicola Tornicchio, Maurizio Lumare, Piero Maneli, Francesco Sorbaro, Giuseppe Mazzaccari, Giuseppe Mario Fazio erano accusati di aver costituito un'associazione mafiosa in stretta ed attuale alleanza conla cosca Giglio di Strongoli. Francesco Tornicchio avrebbe avuto compiti di direzione della consorteria, derivati dall'affiliazione ndranghetista ricevuta nel 2002 da Salvatore Giglio, ruolo mantenuto anche in regime di detenzione carceraria per il tramite della madre, Amodeo, e dei fratelli, Luigi e Andrea, con direttive impartite rispetto a tutti gli affari illeciti della cosca, dal traffico di droga all'attività estorsiva. Carolina Amodeo, Luigi e Nicola Tornicchio avrebbero gestito il traffico di droga, l'attività estorsiva e gli altri reati contro il patrimonio, rapine, furti e danneggiamenti, occupandosi anche della custodia e del reperimento di armi ed esplosivo. DELITTO MASUCCI Fazio (e il coimputato Donatello Le Rose che ha scelto altro rito) erano accusati di aver procurato lo scooter ed il fucile poi utilizzati nell'agguato, disponendo che gli stessi fossero custoditi da Francesco Tornicchio. Il primo avrebbe esploso all'indirizzo di Masucci diversi colpi di fucile calibro 12, due dei quali lo attinsero al capo, il secondo avrebbe guidato lo scooter per raggiungere il luogo dell'omicidio. L'omicidio avvenne il 29 novembre 2007 nella centrale di Srongoli. I tre erano accusati anche dei reati connessi in materia di armi. Tornicchio avrebbe custodito moto e fucile usati nell'agguato. DROGA Reati di droga erano contestati a Amodeo, Sorbaro, Mazzaccari, Luigi e Nicola Tornicchio, Maneli,anche conriferimento alla coltivazione di almeno due piantagioni di canapa indiana. Luigi Tornicchio e Amodeo avrebbero anche detenuto marijuana in panetti venduta a cirotani. ARMI Reati di armi erano contestati a Luigi e Nicola Tornicchio, Amodeo. ESTORSIONI La Amodeo, insieme a imputati che hanno scelto altro rito, avrebbe costretto l'imprenditore Geremia Iona, amministratore della Geremia srl, a consegnare loro, in almeno un'occasione, 500 euro, 200 dei quali venivano fatti avere a Francesco Tornicchio in carcere il 6 giugno 2008. L'estorsione sarebbe avvenuta a Rocca di Neto. Luigi Tornicchio e Amodeo avrebbero intimidito i soci della ditta “Edil M s.r.l., dei fratelli Maneli, costretti a consegnare, mensilmente, somme di denaro non compiutamente accertate nell'entità, parte delle quali venivano fatte avere a Francesco Tornicchio in carcere e parte sarebbero state consegnate da Gabriele Marrazzo (ucciso nella strage) a Pietro Corigliano. Gli accordi tra i Tornicchio e Corigliano prevedevano, secondo l’accusa, che i Maneli avrebbero versato 1000 euro al mese, somma da dividere in parti uguali tra le due consorterie. Luigi Tornicchio e Amodeo avrebbero, in occasione della festa religiosa della “Madonna delle Sette Porte” svoltasi a Rocca di Neto nel maggio 2008, costrettoititolari dellegiostrea consegnare loro una somma di denaro e un cospicuo numero di gettoni. Luigi Tornicchio e Amodeo, avrebbero danneggiato una serra di pomodori e due veicoli, nel febbraio 2008, e avrebbero fatto varie richieste di denaro per costringere gli imprenditori agricoli Giovanni e Francesco Sculco a consegnare loro una somma di denaro mensile. Gli stessi insieme a Sorbaro avrebbero dato fuoco a due autovetture,una CitroenC4e Nissan Micra di proprietà di Roberto Pagliuso, costretto a consegnare 200 euro, rinchiuso in un capannone e al quale venne detto che “davanti a certe persone doveva continuare a comportarsi bene”. Luigi Tornicchio, Amodeo e Maneli avrebbero costretto l'imprenditore edile Francesco Murano, che eseguiva lavori presso la scuola elementare di Cantorato, a conse- gnare loro 400 euro al mese. RAPINE Due tentate, avvenute il 29 ottobre e il 4 dicembre 2008; una consumata, il 16 novembre 2008. Il colpo riuscito l'avrebbe messo a segno anche Lumare. Nel mirino il distributore Esso sulla 106, bottino 1.194 euro. Con altri imputati Lumare avrebbe tentato di rapinare lo stesso distributore Esso nelle altre due circostanze. FURTO DI ARMI Giuseppe Morise e altri, il 24 agosto 2009, avrebbero rubato tre fucili, una pistola e munizioni più 1300 euro nell'abitazione di uno zio dello stesso Morise. Piero Maneli Esclusa l’aggravante mafiosa per i reati di droga Concesse le attenuanti generiche Dati ancora parziali delle elezioni delle Rsu Cisl, Uil e Ugl in crescita crollo Cgil al Comune di GIACINTO CARVELLI CISLin crescita,seguita a ruota dallaUil e Cgil in calo e buona performance dell’Ugl: questa, in sintesi il bilancio, sia pur ancora sommario, delle elezioni per le Rsu svoltesi nei giorni scorsi. Tra i dati completi e più significativi, quelli riguardanti il Comune di Crotone, dove la Uil ha preso 80 voti e quattro seggi; la Cisl ha ottenuto 77 voti e 3 seggi; la Cgil, 59 voti e 3 seggi; un seggio ciascuno anche all’Ugl e alla Cisal con 17 voti,; l’Usb, con 12 voti, non ha ottenuto nessun rappresentante eletto. Alla Provincia, invece, la Cisl ha ottenuto 105 voti e 4 seggi; la secondo posto la Cgil, con 81 voti e 4 seggi; la Cislha avuto66 votie tre seggi, mentre un seggio è spettato anche all’Usb con 9voti. Altrodatosignificativo è quello della scuola, settore nel quale ha primeggiato la Uil con 1203 voti, seguita dalla Cisl con 914. Sono stati, invece, 315 i voti presi dalla Cgil, con 315 voti; a seguire, Snals e Gilda. Nel reparto Mimmo Tomaino sanità, a primeggiare è stata la Cisl, con 470 voti; al secondo posto la Uil, con 198 voti; a seguire, un sindacato autonomo, il Sials con 179 voti. La Cgil ha ottenuto 71voti,precedendo unaltrosindacatoautonomo, Fls, con 34 voti. Ribadiamo che si tratta si dati non definitivi, dati solo per segnalare una tendenzain questoimportanteappuntamento elettorale per il sindacato. Soddisfatto per gli esiti dei risultati il segretario provinciale della Uil,MimmoTomaino. «Inalcunirepartiabbia- mo confermato il risultato ottenuto nelle precedenti elezioni, mentre in altri abbiamo superato anche le più rosee previsioni. Per noi - ha continuato Tomaino - il dato eclatante è quello nella scuola, dove abbiamo ottenuto trecento voti in più rispetto ai nostri 900 iscritti. Ciò vuol dire - ha continuato Tomaino - che il consenso si deve andare a conquistare anche oltre le sigle di appartenenza. Infine - ha concluso Tomaino - da sottolineare anche il fatto che abbiamo recuperato la leadership anche nel Comune di Crotone, cheavevamo personellepassate elezioni». Un appuntamento, quello per le Rsa, che registra anche qualche elemento di polemica, per la paventata ingerenza da parte della politica. «Noi - ha detto in merito Tomaino - non abbiamo volutofare polemiche,ma inquesta campagna elettorale ci hanno segnalato, negli uffici di comune e della Provincia, aggirarsi sindaci e assessori che davano indicazioni di voto. La politica vuole mettere le mani in pasta anche nel sindacato, ma non cisono riuscitied hapremiato la nostra scelta di non avere rapporti con la politica e le istituzioni». Soddisfatto dell’esito delle votazioni anche Pino Putortì, responsabile provicniale dell’Ugl, che sottolinea il consolidamento nel settore giustizia, con «il seggio conquistato in tribunale, i due in procura ed altrettanti in prefettura. All’Atero, poi, di seggi ne abbiamo conquistati tre. Si tratta - ha concluso Putortì - di una elezione che ha sancito una nostra forte crescita». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Crotone Provincia Venerdì 9 marzo 2012 Stefanaconi. A “lezione” dai rappresentanti istituzionali, della magistratura e delle forze dell’ordine L’illegalità si può sconfiggere A margine della riunione di comitato, l’incontro con gli alunni della scuola STEFANACONI – Sono loro le nuove leve. Il futuro a cui spesso si fa riferimento, quasi ormai ossessivamente, e sul quale si fa affidamento. Scolari, alunni, studenti. In una parola: giovani. E una piccola parte di essi ha voluto chiedere, carpire, ascoltare dai rappresentanti delle forze dell’ordine come si può diventare un buon cittadino, ligio al proprio dovere e osservante delle regole della società civile. Sono i ragazzi della scuola media che il prefetto Michele Di Bari, il procuratore Mario Spagnuolo, il questore Giuseppe Cucchiara, il comandanti provinciali di Carabinieri (Daniele Scardecchia), Finanza (Paolo Valle) e Corpo Forestale (Lorenzo Lopez) hanno incontrato a margine della riunione di comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Sono gli alunni delle tre classi (sezione A) dell’istituto comprensivo che stanno seguendo il progetto “Legalità” portato avanti con passione e dedizione dalla docente Antonia Angillieri sotto l’attenta supervisione della preside Maria Basile e del prof. Giuseppe Foca Anello. È stata la stessa dirigente scolastica ad introdurre la serie di interventi non senza aver fatto riferimento all’allievo quale custode attivo della costituzione e futuro garante delle regole civili improntate alla legalità, mentre la Angillieri ha illustrato le finalità del progetto che coinvolge gli istituti del paese e di Sant’Onofrio e si propone lo scopo di formare la persona e la sua esistenza democratica. E in questa direzione vanno le iniziative volte alla formazione del “BaIl sindaco Franzè by sindaco” e del consiglio comunale dei ragazzi. Il primo a rispondere al “fuoco di fila”dei ragazzi è stato proprio il rappresentante territoriale del governo il quale ha evidenziato come la presenza del Comitato non sia solo fisica ma anche morale, di solidarietà alla comunità di Stefanaconi «per le difficoltà che sta affrontando sotto l’aspetto dell’ordine pubblico che hanno toccato il culmine con l’ultimo evento delittuoso. Lo Stato è chiamato a fornire risposte – ha aggiunto –e lo farà con una maggiore e più intensa attività delle forze dell’ordine non solo sotto il profilo repressivo ma anche preventivo. Il concetto è che non tutto quello che vediamo assume un colore negativo. E, in tal senso, il compito del Comitato stesso è anche quello di infondere fiducia alla gente. La scelta di svolgere il vertice nell’istituto cittadino non è casuale, ma il segno che le istituzioni sposano l’attività scolastica per educare alla legalità. La scuola, infatti, fornisce le risposta futura alle preoccupazioni di un’intera comunità. Noi, come Stato, ce la stiamo mettendo tutta per consentire una vita normale e serena al cittadino onesto». Concetti ripresi dal procuratore Spagnuolo il quale ha specificato come una delle “armi” migliori a disposizione della gente è la cultura. «Senza di essa la criminalità ha gioco facile in quanto si nutre della sua assenza. Si approfitta «Solidarietà alla comunità ferita dagli atti di criminalità» della paura delle persone, del loro sottosviluppo trovando, così terreno fertile per mettere radici. Già, perché parlare della paura vivendola in prima persona cambia radicalmente il modo di pensare e di agire di tutta una comunità, non solo del singolo. Ma nel momento in cui essa si trova davanti soggetti che hanno fatto della cultura un loro punto cardine allora la sua arroganza viene indebolita». Come lo si supera questo stato d’animo? Per il magistrato non bisogna aspettare che siano altri a risolverci i problemi; «sì, è vero che le istituzioni sono sempre vicine a chi denuncia, ma è anche necessario che ci sia chi lo fa. E questo può avvenire solo nell’istante in cui la gente prende coscienza dei propri mezzi, delle proprie volontà. Gente che fa della cultura un Gli alunni dell’Istituto comprensivo pongono le domande ai rappresentanti delle forze dell’ordine (foto servizio Armando Lo Gatto) valore fondante della sua esistenza. E, sotto questo regole, anche se più difficile ed che portano all’ospedale, alla caso, del patrimonio ambientale». aspetto, la Scuola riveste un ruo- ardua da perseguire, conduce prigione a all’obitorio». Alla fine volti contenti da parte Per il colonnello Valle, infine, lo primario. C’è una nuova gene- tuttavia a risultati importanti razione che sta crescendo – ha che, anche se non immediati a riferendosi all’elezione del sin- dei giovani alunni della scuola concluso Spagnuolo – e che sta causa dei tempi della giustizia daco baby, l’amministratore che hanno ringraziato i rapprepretendendo il rispetto dei pro- che, purtroppo, in diverse occa- pubblico, anche in tenera età, è sentanti istituzionali e quelli mipri diritti che sono sacri ed ina- sioni si dilatano, ma che alla fine un’attività al servizio alla comu- litari. Questi i nomi dei ragazzi che nità e non un modo di apparire, sono certi». lienabili». Da parte sua il colonnello Scar- mentre il maggiore Lopez, pren- hanno rivolto domande: Elvira Il questore Cucchiara ha evidenziato come la legalità si veda decchia ha voluto far capire ai dendo spunto dalla presenza di Raniti, Nicola Matina, Valeria anche nelle piccole cose aggiun- ragazzi l’importanza della for- una scuola di educazione am- Barbuto, Francesco Costantino, gendo che «l’illegalità non porta mazione del carattere già in que- bientale del Corpo Forestale del- Maria Ilenia Destito, Anna Loda alcuna parte. Ha una prospet- sta età, evidenziando in modo lo Stato ha invitato tutti i ragazzi preiato, Domenico Lococo, Cartiva bruciata, mente la strada particolare «la necessità di dire a farvi visita «per trascorrere melo La Gamba, Francesco Grifche conduce ad una esistenza “no” ad ogni forma di illegalità una giornata all’insegna della fo e Daniela Suriano. corretta, fatta di rispetto delle anche perché essa ha tre strade legalità e al rispetto, in questo gl. p. Il vertice si è svolto presso l’istituto comprensivo come segno di vicinanza alla comunità La presenza dello Stato a Stefanaconi Comitato per l’ordine e la sicurezza dopo i recenti fatti delittuosi in paese di GIANLUCA PRESTIA STEFANACONI – Un segno, un segnale importante per mezzo del quale si vuole far capire che le istituzioni e le forze dell’ordine, e quindi lo Stato nel suo termine più pieno, non ha alcuna intenzione di abbandonare Stefanaconi. Tutt’altro; vuole far sentire maggiormente la sua presenza sul territorio. Questo territorio e la sua gente spesso messi a dura prova dalla presenza inquietante della criminalità che cerca di dominarlo con lo scopo di renderlo succube al suo volere commettendo atti delittuosi. Come quello dello scorso mese di febbraio: l’agguato al 33enne Giuseppe Matina, barbaramente ucciso da due killer mentre si trovava nel giardino della sua abitazione. La decisione di rafforzare ulteriormente l’attività repressiva e preventiva è stata assunta già nei giorni scorsi dal prefetto Michele Di Bari nel corso di un’apposita riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica e, sostanzialmente, ratificata durante il vertice di ieri svoltosi proprio nel paese limitrofo alla città capoluogo. Non al palazzo municipale, come forse era lecito attendersi, non in qualche altra sede di enti o associazioni. No; il luogo individuato non è stato una scelta casuale, come ha riferito lo stesso rappresentante del governo, ma una decisione ben precisa: l’istituto comprensivo del paese. Quale luogo migliore per educare le giovani generazioni alla cultura della legalità? Trasmettere loro il senso del vivere civile e del rispet- Riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza to delle regole fin dall’età in cui il loro carattere è in via di formazione. E con gli alunni sia il prefetto che i vertici della magistratura inquirente e delle forze dell’ordine si sono intrattenuti successivamente (del quale riferiamo più approfonditamente nell’articolo a fianco). Hanno ascoltato le loro domande fornendo risposte e dando rassicurazioni: Lo Stato c’è, fa la sua parte ma ha bisogno anche dell’apporto della cittadinanza, e questo può avvenire solo se essa ha assunto una “forma mentis” che fa della legalità uno dei suoi principali punti cardine. Tornando alla questione meramente operativa, la riunione si è protratta per circa due ore alla presenza, in una prima parte, anche del sindaco Saverio Franzé e il parroco don Salvatore Santaguida sempre attento e sensibile alle problematiche criminali che investono il suo paese, i quali hanno voluto ringraziare prefetto, il procuratore Mario Spagnuolo e gli esponenti delle forze dell’ordine per la sensibilità dimostrata nell’occasione Deciso l’invio di più uomini sul territorio e non soltanto a parole. Sì, perché il potenziamento della stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio, competente per territorio, va proprio in questa direzione. Ma non solo. Verranno, infatti, intensificati sul territorio anche i controlli da parte della Polizia di Stato, della Finanza e del Corpo forestale. Una task force che dovrebbe fornire una maggiore tranquillità alla popolazione tornata a rivivere, con i casi di Michele Penna, Salvatore Foti prima e l’omicidio di Matina poi, nonché con i continui danneggiamenti ad auto, case e quant’altro, sotto una cappa, se non di paura, certamente di forte apprensione. In più c’è la volontà di portare a compimento, da parte dell’amministrazione comunale, il progetto per la video sorveglianza che rappresenterà un ulteriore deterrente per i malviventi a commettere atti criminosi. «La comunità di Stefanaconi anche se provata dagli ultimi eventi delittuosi – ha aggiunto il primo cittadino – non ha intenzione di piegarsi ai soprusi della criminalità e vede nello Stato un punto di riferimento. La decisione di tenere la riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza non solo qui, in paese, ma in una scuola testimonia come le istituzioni sono vicine con i fatti. Per questo il mio ringraziamento sentito va al prefetto Di Bari, al procuratore Spagnuolo ed a tutti i rappresentanti delle forze dell’ordine. Sono sicuro che la gente di Stefanaconi oggi si senta più tranquilla rispetto al passato». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 30 Vibo 16 VENERDÌ 9 marzo 2012 calabria ora R E G G I O La Cassazione annulla il Riesame di Rappoccio rettifica Il ristorante Le Palme non è del boss Alvaro Reggio Nord. L’imprenditore torna davanti al Tdl La Corte di Cassazione ha annullato il di- di particolare rilievo fu attribuito ai due imspositivo emesso dal tribunale del Riesame prenditori fermati, ovvero Pasquale Rappocnei confronti dell'imprenditore Pasquale Rap- cio e Pietro Siclari. poccio. L'uomo, difeso dall'avvocato FranceSecondo l'accusa i due avrebbero acquistasco Calabrese, era stato tratto in arresto nel- to l'attività commerciale “Il limoneto” a Catol'ambito dell'operazione “Regna, struttura a loro fittiziagio Nord”, con l'accusa di inmente intestata, ma in realtà terposizione fittizia di beni agriconducibile a Domenico gravata dall'aver favorito la Condello ed al cognato Bruno cosca Condello. Il legale difenTegano. Queste furono le 13 sivo ha sostenuto l'insussipersone fermate dai carabistenza degli elementi indizianieri nell'ambito dell'operari in capo a Rappoccio, così zione “Reggio Nord”: Gaetacome invece evidenziato dal no Francesco Belfiore, di 38 dispositivo del Tribunale del anni; Giuseppe Caronfolo Riesame. La Cassazione, in (63); Alessandro Idone (30); accoglimento dell'istanza diRenato Marra (49); Robertifensiva, ha annullato la decino Morgante (41); Pasquale sione del giudici reggini. A Rappoccio (55); Giuseppe questo punto Rappoccio doScappatura (50); Fabio Pavrà essere nuovamente giudi- Pasquale Rappoccio squalino Scopelliti (40); Brucato dal Tdl. Con l'operazione no Antonino Tegano (38) e “Reggio Nord”, la Dda di Reggio Calabria ha Domenico Viglianisi (50). In carcere i provfermato 14 persone con l'accusa, a vario tito- vedimenti di fermo sono stati notificati a Palo, di associazione mafiosa e intestazione fit- squale Bertuca (54); Gianluca Ciro Domenico tizia di beni. A finire nel mirino dei magistra- Favara (44) e Pietro Siclari (64). L'inchiesta ti furono le consorteria mafiose dei Condello, nasce da due diversi rami d'indagine seguiti dei Libri, dei Tegano, dei Garofalo e degli Zi- dai carabinieri: una del comando provinciale to-Bertuca. Il provvedimento di fermo rag- sull'operatività delle cosche nella zona di Vilgiunse anche il latitante Domenico Condello, la San Giovanni e Campo Calabro; l'altra del alias “u pacciu”, alla cui cattura stanno anco- Ros che, come detto, sta lavorando alacremenra lavorando le forze dell'ordine. Ma un ruolo te alla cattura di Condello. “Obiettivo Occupazione” va in graduatoria L’Amministrazione comunale informa che si è proceduto allo scorrimento della graduatoria relativa al Progetto “Obiettivo Occupazione”, prezioso strumento di politiche attive del lavoro che prevede l’erogazione di mille euro al mese per 15 anni a quelle imprese che assunsero giovani disoccupati. Lo scorrimento permetterà alle aziende in graduatoria di poter assumere ulteriori 89 unità lavorative che rappresentano una boccata d’ossigeno per l’economia cittadina e, al contempo, consentono di fronteggiare la principale emergenza della nostra terra: la disoccupazione. Il lido Calajunco sequestrato nell’indagine Meta L’avvocato Enzo Caccavari ha inviato una nota di rettifica nell’interesse della sua assistita Drgova Andrea, in relazione all’articolo del 3 marzo dal titolo “Dagli appalti al boss Alvaro Giardina torna a parlare”, in cui sarebbero state riportate «affermazioni che risultano incomplete e fuorvianti». In particolare, «nel riportare le dichiarazioni rese dal colonnello Valerio Giardina, l’articolista scrive “(…) Giardina ha poi parlato della figura di Cosimo Alvaro, boss di Sinopoli trapiantato a Reggio, e “titolare” di numerosi interessi, tra cui il Lido Calajunco, il ristorante Le Palme e la clinica Villa Speranza (…)”. Si segnala come il ristorante Le Palme, del quale risulta titolare la mia assistita, invero non risulti oggetto di alcun provvedimento ablativo o cautelare e come, anzi, dapprima col decreto di sequestro preventivo con provvedimento del 10.03.2011, il gip di Reggio Calabria abbia precisato come il suddetto ristorante costituisca ramo d’azienda del tutto disgiunto e autonomo rispetto al Lido Calajunco». Dunque va evidenziato, secondo la sollecitazione dell’avvocato Caccavari che correttamente riportiamo, l’esclusione del ristorante Le Palme dal novero delle attività ricondotte ad Alvaro Cosimo. «Bonifica nei quartieri» L’impegno di Arena in Prefettura. Disposti controlli con l’Enel Si è riunito ieri, sotto la presidenza del prefetto Luigi Varratta, una riunione del Comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica alla quale hanno partecipato, oltre al procuratore Giuseppe Pignatone e al procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza, il sindaco Demetrio Arena, e i vertici provinciali delle Forze di polizia. In avvio di riunione il sindaco Arena ha illustrato le iniziative finora assunte dall’amministrazione comunale allo scopo di accelerare la ripresa dei lavori di realizzazione del nuovo mercato ortofrutticolo in località Mortara riservandosi di presentare, entro la prossima settimana, un aggiornato cronoprogramma dei medesimi. Si è quindi affrontato il più ampio fenomeno dell’abusivismo commerciale nel territorio urbano con segnato riguardo all’area mercatale della centrale Piazza del Popolo. In proposito si è concordato che i competenti Uffici comunali diano sollecita definizione alle procedure di rilascio di nuovi atti autorizzativi in favore dei commercianti ambulanti che siano in condizione di poter ottenere la sanatoria delle proprie posizioni. A fini di deterrenza del fenomeno, la Polizia municipale, che sarà supportata in caso di necessità dalle Forze di polizia, assicurerà un’intensificazione dei controlli nella zona interessata. Si sono poi esaminate le situazioni di degrado urbano esistenti nei quartieri di Arghillà e Modena – Ciccarello in relazione alle quali l’amministrazione comunale si è impegnata a valutare l’adozione di appositi piani di intervento volti al recupero ed alla bonifica delle aree mag- giormente compromesse. In prosieguo si è affrontata, con la presenza dei rappresentanti territoriali della società Enel, la questione connessa all’incremento registratosi negli ultimi mesi di furti di rame e di energia elettrica. In proposito si è delineata una strategia di intervento imperniata in chiave repressiva sul- la verifica da parte della locale Procura della Repubblica cui la società Enel farà pervenire una dettagliata relazione sugli episodi criminosi denunciati in provincia – di presupposti che consentano la diversa rubricazione di tali fattispecie di reato ai fini di un inasprimento delle relative pene edittali. La Prefettura la polemica «Aiuto e solidarietà a Bentivoglio ma lui era diventato autoritario» Riceviamo e pubblichiamo - 2 parte «Dall’inaugurazione della sede sociale e fino a tutto il tempo in cui sono rimaste come associate le sig.re Manduci ed Aloisio hanno contribuito anche economicamente (e non solo limitatamente alla sola quota sociale) alla manutenzione e all’arredamento della sede (tende, arredi vari, pulizia effettuata personalmente dopo ogni festicciola organizzata dal presidente per gente estranea all’associazione e quant’altro…), nonché all’organizzazione degli eventi (gazebo, tendaggi per la copertura degli stessi, disbrigo delle formalità e della burocrazia presso i vari enti ecc.). Nell’aprile del 2005 ci fu l’incendio che devastò la sanitaria di proprietà del Bentivoglio. Nel suo libro spiega che è riuscito a venirne fuori grazie solo all’aiuto della moglie. Ciò che in merito sgomenta e crea sdegno è che egli non abbia fatto alcun riferimento alla solidarietà ricevuta dagli amici e dai tan- ti conderesi accorsi in quei giorni a dargli una mano. Tra questi c’erano soprattutto le due socie che senza guardare orari, famiglia e altri impegni anche importanti, rinunciando anche a fare i pasti, si sono rimboccate le maniche, da intendersi proprio fisicamente, per svuotare e ripulire il negozio devastato, lavare e stirare la roba annerita (e in alcuni casi portandola in lavanderia a spese proprie!), per poi risistemare il negozio ripulito ed agevolando, così facendo, il suo riavvio alla vendita. (...) Tutto ciò senza mai essere invadenti e senza mai porre al Bentivoglio domande indiscrete sull’accaduto e sul quale lo stesso si è ben guardato dal dare lumi. Questa si chiama solidarietà che egli ha sicuramente ricambiato con evidente ingratitudine prima e, cosa ben più grave, con le calunnie contenute nelle denunce rivolte in seguito ai soci per fatti inesistenti ed infamanti. Dopo tale periodo di solida- rietà e di sostegno morale al Bentivoglio i soci continuarono a riunirsi, organizzando altri eventi come la “Festa della mamma”. Evento svoltosi nella piazza di Condera, dopo la S. Messa presieduta dal parroco, persona sempre disponibile alle necessità dell’associazione, ed durante la quale fu premiata la mamma più anziana del quartiere. Le sig.re Manduci ed Aloisio però avevano iniziato a capire che il Bentivoglio stava diventando troppo autoritario nel comportamento che lo portava quasi ad avere manie di protagonismo in tutte le iniziative dell’Associazione. Ed, infatti, in seguito il Bentivoglio, durante una riunione in parrocchia, autonomamente prese l’iniziativa di organizzare il buffet per l’inaugurazione della nuova Chiesa parrocchiale (10 luglio 2005). Per poter sostenere le spese dell’inaugurazione, il Bentivoglio, chiese una quota di euro 25 individuali ai soci. I soci, comunque, non si opposero in tale occasione al volere del Bentivoglio ed anzi lo aiutarono nell’organizzazione dell’evento. Per tutta risposta egli, invece di ringraziarli pubblicamente, mosse loro rimproveri dinanzi a tutti i partecipanti». Anna Maria Manduci e Concetta Aloisio continua - 2 16 VENERDÌ 9 marzo 2012 calabria ora C O S E N Z A overloading I legali di alcuni imputati del processo Overloading hanno chiesto la ricusazione del gup distrettuale, chiamato a giudicare la presunta associazione finalizzata al narcotraffico internazionale, oggetto dell’inchiesta. Il motivo della richiesta affonda le radici nella presunta incompatibilità del giudice, già titolare del processo “Squarcio” con alla sbarra alcune delle persone oggi coinvolte in Overloading come Barberio e Roveto. Prima di formalizzare la richiesta, i difensori hanno “suggerito” al gup di astenersi spontaneamente, ma davanti al suo “niet” è scattata la propo- Chiesta la ricusazione del giudice Aveva già condannato alcuni degli odierni imputati in un precedente processo sta di ricusazione. A decidere, sarà ora la Corte d’appello di Catanzaro. L’attività di narcotraffico è attribuita a due clan cosentini: i Muto di Cetraro e i Chirillo di Paterno Calabro con la complicità di esponenti del crimine reggino e vibonese. L'inchiesta vede in tutto 84 persone a un passo dall'incriminazione per associazione a delinquere di stampo mafioso o finalizzata alla vendita di stupefacenti in ingente quantità. Un'ipotesi che, all'inizio di dicembre del 2010, consigliò agli inquirenti di spiccare una valanga di mandati di cattura. Nella vicenda risultano coinvolti anche un immobiliarista romano, Angelo Marcaccini, considerato uno dei finanziatori del gruppo e, soprattutto, il colonnello dei carabinieri Luigi Verde che, in virtù del ruolo ricoperto, avrebbe aiutato i trafficanti a eludere i controlli, consentendo che la droga sbarcasse a Fiumicino proveniente dal Sudamerica o dalla Spagna. L'ipotesi è che, a gestire il tutto per contro della cosca Muto, fosse Luigi Scornajenchi, ma l'avrebbe fatto seguendo le indicazioni del padre, Lido Franco, detenuto da tempo in carcere. Il gruppo Chirillo, invece, avrebbe potuto contare anche sull'apporto di una colonna bolognese che, attraverso Francesco Galdi, avrebbe esercitato l'attività di spaccio anche nella città felsinea. A ciò, si aggiungono anche sospetti relativi a un canale di approvvigionamento privilegiato con la Spagna, inaugurato grazie al contributo di Luis Francisco Canelo, considerato l'importatore della droga dalla penisola iberica. Droga che sarebbe stata poi rivenduta tra Cosenza e il Tirreno. A tal proposito, l'indagine si è avvalsa di intercettazioni telefoniche e ambientali ed è stata corroborata da 2 sequestri di stupefacente effettuati a Lauria e all'aeroporto di Malpensa. (mcr) Domenico ucciso a bruciapelo Ricostruito al processo l’omicidio del figlio del latitante Franco Presta La Corte d’assise del Tribu- no litigato per un parcheggio nale di Cosenza ha acquisito e De Marco vuol fargliela paagli atti la perizia balistica e gare. Estrae la pistola dalla taun dvd con la ricostruzione sca, scarrella, inserendo il coltridimensionale dell’omicidio po in canna, e la infila di nuodi Domenico Presta, 22 anni, vo nella tasca del giubbotto. figlio del pericoloso latitante Inizia a camminare e intanto Franco Presta, ucciso con due tiene d’occhio il giovane. A un colpi di pistola il 17 gennaio certo punto si dirige decisadel 2011 a Spezzano Albanese. mente verso di lui acceleranUna ricostruzione molto ac- do il passo e estraendo l’arcurata, poiché basata in gran ma... l’uomo esce dal cono parte sul filmato registrato dell’obiettivo del circuito di vidalla telecamera di un circui- deosorveglianza... Riappare to di videodieci secondi sorveglianza dopo, ha riIl consulente: che docuposto la pi«De Marco menta l’agstola fumante guato teso al nella tasca, gli sparò giovane da esita, indecida meno Aldo De Marso sul da fardi due metri» co, 45 anni, si, finché ricommercianmonta sul te di Spezzano Albanese unico Fiorino, mette in moto, fa imputato al processo per omi- marcia indietro e se ne va. Ma cidio. Sono le sette di sera. De che cosa è successo in quei Marco arriva in via Cassiani, dieci secondi che la telecameparcheggia il suo Fiorino da- ra non ha ripreso? vanti al negozio, smonta e Ecco la ricostruzione: De guarda dall’altra parte della Marco si avvicina a Presta, strada: Domenico Presta, 23 quando arriva a pochi passi e anni, è davanti al bar, non di- punta la pistola. Il giovane stante dal negozio d’abbiglia- tenta di sottrarsi alla minacmento della sorella. I due han- cia infilandosi nel negozio del- L’imputato Aldo De Marco La vittima Domenico Presta la sorella ed è proprio mentre si gira per correre via che il commerciante spara. Due colpi in rapida successione: il primo colpisce Presta al mento, di striscio, rimbalzando sullo stipite della porta; il secondo centra il ragazzo ormai di spalle proprio sotto la scapola: l’ogiva di piombo incamiciato penetra tra due costole e si arresta nel polmone dopo aver reciso l’arteria. Il ragazzo riesce entrare nel negozio, ma dopo aver percorso pochi metri si accascia e muore. Il resto è nel filmato. I dieci secondi che non sono documentati dalle indagini sono stati ricostruiti dai consulenti del pm Pellecchia: l’anatomopatologo Walter Caruso per la parte medico-legale e il criminalista Luca Chianelli per la perizia balistica. Il primo ha dichiarato che a uccidere Presta è stata l’emorragia causata dal proiettile che ha raggiunto il polmone. Chianelli, anch’egli sentito durante s. stefano di rogliano tribunale Bancarotta fratelli Fedele L’esame di Pagliuso salta Denunciato dalle vittime Arrestato usuraio violento Prestava denaro a strozzo applicando tassi usurai che variavano dal 100 al 240% annuo. È con questa accusa che ieri la Guardia di finanza di Cosenza ha arrestato e posto ai domiciliari Daniele Dodaro, di 39 anni, di Santo Stefano Prestava soldi di Rogliano. a interessi La vicenda, in realtà, risale a fino al 240% più di due anConcessi ni fa, quando i domiciliari la Procura di Cosenza, nell’ambito di un’inchiesta a carico di sei persone, aveva chiesto nei mesi scorsi la detenzione in carcere, ma il gip l’aveva negata. Successivamente la Cassazione ha dato ragione al pm (Cozzolino). Dodaro l’udienza di ieri mattina, ha ri- – ha sparato da non più di 2 ferito sull’arma, sulle prove metri e non meno di 50 centistub e sulle traiettorie dei pro- metri. Lo si evince dai residui iettili. L’arma del delitto è una di polvere lasciati sul giubbot«pistola da taschino», una se- to smanicato della vittima: se miautomatica calibro 6.35, la distanza fosse stata maggioserbatoio da 8 colpi di fabbri- re non ci sarebbero stati resicazione tedesca, «risale agli dui, se fosse stata minore anni 20/30, riverniciata di ne- avrebbero formato i cosiddetro a mano, perfettamente fun- ti “tatuaggi”». Nel corso dell’udienza ci sazionante, matricola abrasa. Una pistola non molto poten- rebbe stato il tempo di sentire te, di una certa efficacia sol- anche l’imputato. Impegni del tanto se usata a distanza rav- pm non l’hanno consentito. Ma quando vicinata. De Marco ha «Presta è staL’imputato appreso la dato molto sforscaramantico ta del rinvio tunato – ha (il 17 aprile detto il conchiede al giudice prossimo) si è sulente – se il di non essere alzato e ha proiettile sentito di 17 chiesto alla avesse colpito presidente una costola non sarebbe morto, forse non della corte Antonia Gallo di esl’avrebbe nemmeno spezzata. sere sentito subito. Motivi scaEd è probabile non sarebbe ramantici, a quanto pare: «Simorto nemmeno se De Marco gnor giudice – ha detto – proavesse sparato da una distan- prio di 17 si deve fare? Io sono za di qualche metro maggiore: disponibile anche subito. Il 17 capita spesso che con calibri aprile è un brutto giorno». Mai così piccoli l’ogiva si fermi sot- come il 17 gennaio del 2011, evidentemente. topelle». La distanza. «L’assassino – ALESSANDRO BOZZO ha detto ancora il consulente [email protected] avrebbe anche minacciato e aggredito le sue vittime. L’attività d’indagine condotta dalle fiamme gialle ha permesso di portare alla luce numerose azioni delittuose e vessatorie praticate da Dodaronei confronti di diverse vittime e consistite nella concessione di prestiti in denaro per la cui restituzione, ottenuta anche con l’uso della violenza, erano applicati interessi altossimi. Un importante contributo al buon esito dell’attività investigativa è stato fornito dalle vittime che con le loro dichiarazioni hanno contribuito a incastrare l’uomo e i complici (denunciati a piede libero). L’arresto operato dalla Guardia di finanza rappresenta una concreta risposta delle istituzioni per il Daniele Dodaro contrasto al gravissimo fenomeno dell’usura la cui incidenza, in questa fase di marcata crisi economica che interessa le famiglie e non risparmia le imprese, è particolarmente avvertita. Non è stata necessaria la testimonianza di Paolo Fabiano Pagliuso, ex patròn del Cosenza calcio, al processo sul fallimento della Ultimo Jeans, che si sta celebrando a palazzo di giustizia e che vede imputati i fratelli Carmelo e Vincenzo Fedele. Il pubblico ministero Antonio Cestone vi ha rinunciato in seguito all’istanza dell’avvocato Pierluca Bonofiglio, che aveva chiesto l’estinzione del reato relativo a uno dei tre capi d’imputazione per intervenuta prescrizione. Pagliuso doveva testimoniare in relazione a uno dei tre capi d’imputazione: all’inizio degli anni ’90 la Ultimo jeans aveva sponsorizzato la squadra di calcio della città. Il giudice scioglierà le riserve sull’stanza di Bonofiglio il 12 giugno prossimo. Secondo la Procura, Carmelo Fedele avrebbe distratto in maniera indebita delle somme di denaro (un milione e 700mila euro) dal patrimonio dell’azienda poi dichiarata fallita il 7 maggio del 2003. Tre anni più tardi, però, il crack finanziario avrebbe interessato anche la “Ultimo jeans system”, ovvero una derivazione della prima società alla cui guida c’era Vincenzo Fedele (difeso da Brunella Bonofiglio). Tale circostanza è valsa la sua incriminazione. Gli viene contestata la stessa condotta di suo fratello sebbene per una cifra assai più bassa: 50mila euro. (a. b.) 32 VENERDÌ 9 marzo 2012 calabria ora V I B O N E S E Quando lo Stato si fa sentire Stefanaconi, in una scuola la riunione del Comitato per la sicurezza STEFANACONI Massima prudenza e rassicurazioni dalle autorità competenti al termine del vertice del Comitato per l’ordine e la sicurezza che ieri si è svolto, in via del tutto straordinaria e per scelta dei partecipanti, in una scuola di Stefanaconi. All’incontro sono intervenuti, oltre al prefetto Michele Di Bari e al capo di gabinetto Aurora Colosimo, il procuratore capo Mario Spagnuolo, il questore Giuseppe Cucchiara e i rappresentanti di Guardia di finanza, Carabinieri e Corpo forestale dello Stato, rispettivamente i colonnelli Paolo Valle e Daniele Scardecchia e il comandante Lorenzo Lopez. In platea il sindaco Saverio Franzè e il parroco don Salvatore Santaguida. La scelta della scuola come luogo di un’assemblea ufficiale non è stata casuale. «Qui risiede - ha dichiarato Spagnuolo nel suo intervento - una vitalità entusiasmante dalla quale ripartire insieme». L’obiettivo è ambizioso. Programmare una strategia comune basata non solo sulla repressione del fenomeno criminale, ma anche e soprattutto sulla collaborazione con la società civile. Che molto conosce e poco denuncia. Paralizzata da una paura motivata, sulla quale però la criminalità costruisce il suo più grande potere. Nessun allarmismo e molta cautela nelle parole dei rappresentanti delle forze dell’ordine e delle istituzioni, che, interrogati dagli studenti, hanno risposto alle loro domande affermando concetti, talvolta forti, ma sicuramente efficaci. Ad esempio, che la strada della criminalità, anche se può sembrare comoda da percorrere, lastricata di soldi e potere, ha due destinazioni finali obbligate. Il carcere o l’obitorio. «E quindi - come sottolineato dal colonnello Scardecchia- semplicemente occorre rendersi conto che delinquere non conviene in termini pratici e che bisogna correggere immediatamente la rotta». Dello stesso tenore le affermazioni del questore Cucchiara: «La via della legalità è più difficile da seguire, non presenta grandi attrattive, e spesso fa sentire soli e stanchi. Ma è un esercizio quotidiano necessario che porta a un cambiamento interiore. Schierarsi dalla parte della giustizia - ha concluso diventa così un gesto spontaneo e non una forzatura». Infine l’attenzione si è spostata sulle iniziative concrete di contrasto al fenomeno criminale da mettere in campo in questo particolare frangente. Come dichiarato dal sindaco di Stefanaconi e confermato dal prefetto Di Bari, verrà sfruttato al meglio il sistema di videosorveglianza presente in città, incrementata la presenza di forze dell’ordine sul territorio e potenziata la caserma di Sant’Onofrio. Anche se non ci sono, per fortuna, i numeri di una guerra di mafia, la preoccupazione è tanta. Certo è che, nel Mesima, è in corso una faida per il riassetto degli equilibri criminali che ha come epicentro proprio il piccolo comune di Stefanaconi. Agli altri due vertici del triangolo maledetto Piscopio e Sant’Onofrio. Qui si intrecciano e si scontrano gli interessi delle cosche, e qui si scrivono i destini di intere comunità ignare. La barbara esecuzione di Giuseppe Matina, avvenuta il 21 febbraio scorso, ha riportato brutalmente l’attenzione sul corso del sangue che ha ripreso a sgorgare a Stefanaconi dopo qualche mese di relativa calma. E ha riportato tutti a un passato buio, fatto di omicidi, scomparse e ritorsioni. Un passato che tutti, a cominciare dal sindaco Saverio Franzé, hanno tentato invano di lasciarsi alle spalle. Dal caso di lupara bianca di Michele Penna alla scomparsa di Salvatore Foti, sospettato di essere uno dei suoi aguzzini. Due giovani spariti nel nulla a pochi giorni di distanza, nell’autunno del 2007. Nell’aprile del 2008 l’agguato al 46enne Antonino Lopreiato. Poi qualche anno di relativa tregua, ma nell’autunno scorso gli equilibri sono saltati definitivamente. A settembre l’omicidio di Michele Mario Fiorillo, seguito a ruota dall’assassinio di Fortunato Patania, presunto boss di Stefanaconi. Da quel momento, la storia, ancora senza un finale, si inizierà a scriverla col sangue. LOREDANA COLLOCA [email protected] la denuncia Sanità e disservizi Michele Grenci critica la gestione dell’Asp REAZIONE La sede dell’amministrazione comunale di Stefanaconi il provvedimento Ufficio giudice di pace, Comune pronto a scongiurare la chiusura SERRA SAN BRUNO E’ un servizio di grande rilevanza su cui è pronta ad abbattersi la scure dei tagli governativi. Il giudice di pace costituisce una sorta di rappresentazione dell’applicazione concreta della giustizia sul territorio, oltre che un ufficio che il cittadino sente vicino e a cui non vuole rinunciare per non incorrere in nuovi disagi derivanti dall’ennesima privazione. Proprio per tali motivi l’amministrazione comunale si è attivata avviando le procedure per scongiurare un rischio concreto. La normativa prevede, infatti, che gli enti locali interessati, entro 60 giorni dalla pubblicazione sul bollettino ufficiale e sul sito internet del ministero della Giustizia degli elenchi degli uffici del giudice di pace da sopprimere o accorpare, possono richiedere ed ottenere il mantenimento degli uffici del giudice di pace con competenza sui rispettivi territori, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio di giustizia, ivi incluso il fabbisogno di personale amministrativo che sarà messo a disposizione dagli enti medesimi. L’impegno dell’amministrazione serrese non è finalizzato al mantenimento di una scatola vuota effettuato per trattenere ciò che appare come una bandiera, ma per conservare un servizio reale e di una certa utilità. I carichi di la- voro sono, d’altronde, non indifferenti: presso l’ufficio del giudice di pace di Serra San Bruno per il 2011 risultano iscritti 1398 procedimenti civili, 41 procedimenti penali e 1382 decreti ingiuntivi, mentre nei primi 2 mesi del 2012 risultano già iscritti 279 procedimenti civili, 4 procedimenti penali e 16 decreti ingiuntivi. Consistente è inoltre la popolazione a cui è rivolto il servizio (oltre a Serra fanno parte del comprensorio San Nicola da Crissa, Vallelonga, Simbario, Spadola, Brognaturo, Mongiana, Fabrizia e Nardodipace) e pressanti sono le richieste per mantenere la sede del giudice di pace per poter garantire ai cittadini della comunità dell’area montana la soddisfazione della domanda di giustizia in tempi ragionevoli e senza aggravi di spese derivanti dalla necessità di recarsi in un luogo diverso rispetto a quello predisposto nel proprio territorio. Alla luce di queste considerazioni, la giunta guidata dal sindaco Bruno Rosi (foto), con un’apposita deliberazione, ha manifestato agli organi competenti la volontà del Comune di Serra San Bruno di continuare a mantenere la sede del giudice di pace. Copia dell’atto è stata pertanto trasmessa al ministero di Grazie e giustizia, al presidente del Tribunale di Vibo Valentia e al presidente della Corte d’Appello di Catanzaro. Biagio La Rizza il progetto A lezione di ecologia con il centro Arssa SPADOLA Ha preso il via nei giorni scorsi nella scuola primaria “F. Papa” di Spadola il percorso didattico intitolato “AAA/Agricoltura - Ambiente - Alimentazione”, elaborato dal centro Arssa di Serra San Bruno con il contributo degli insegnanti dell’istituto. Il progetto formativo, destinato agli alunni delle classi terza, quarta e quinta, prevede una serie di attività teoriche e pratiche indi- rizzate alla comprensione del ruolo che ciascun cittadino può svolgere per la salvaguardia dell’ambiente ed alla conoscenza delle produzioni agro-forestali, con particolare riferimento a quelle tipiche del territorio delle Serre. Nel corso del primo incontro si è discusso sul tema: “L’acqua come risorsa preziosa e da risparmiare”. Altri argomenti oggetto di trattazione da parte dei tecnici del centro Arssa riguarderanno la dieta mediterranea, lo sviluppo sostenibile, il bosco, il percorso del latte e del miele, la raccolta differenziata. Nel progetto, inoltre, è previsto anche l’intervento di alcune istituzioni operanti sul territorio o, comunque, competenti nelle materie di volta in volta trattate al fine di realizzare un processo formativo ed informativo integrato. Ale. De Pa. SERRA SAN BRUNO «Nella consapevolezza di dover massimizzare i servizi offerti, considerato il piano di rientro in corso, ogni dirigente della nostra Azienda sanitaria dovrebbe mettere al primo posto tra le sue priorità la tutela della salute del cittadino. Questo non sembra essere il caso dei dirigenti dell’Asp di Vibo». Michele Grenci, coordinatore del gruppo “Al lavoro per il cambiamento”, passa all’attacco e critica i vertici dell’Asp. «All’inizio di febbraio - prosegue - la direzione amministrativa del presidio ospedaliero di Serra informava gli elettricisti e i centralinisti della struttura che la ditta addetta al servizio di manutenzione degli ascensori non era più la Paravia, ma la Vibam. Fino a qui non si registrerebbe nulla di strano considerando che il provvedimento, deciso dall’ Asp, ricadrebbe nella normale amministrazione. Sta di fatto che nella giornata di domenica, in piena emergenza dovuta all’arrivo di un paziente e nella conseguente necessità di trasferirlo in reparto - precisa Grenci - , gli ascensori non erano attivi. All’arrivo del personale elettricista si constatava un guasto al funzionamento dell’ascensore e quindi di competenza della Vibam. Dopo vari tentativi di contattare l’azienda attraverso il numero verde rimasti senza risposta alcuna, il medico del pronto soccorso ha deciso di chiamare le forze dell’ordine per denunciare il disservizio, mentre il personale interno all’ospedale si occupava del paziente che veniva trasferito al reparto attraverso una manovra manuale eseguita per far ripartire momentaneamente l’ascensore. All’arrivo dei tecnici, nella giornata di lunedì si scopre che la Vibam avrebbe dato in subappalto ad una terza ditta i lavori di manutenzione, essendo sita fuori regione e non potendo rispondere in tempo alle emergenze; a questo sarebbe dovuta la difficoltà di intervenire subito sui guasti. Tutto questo fa sorgere degli importanti interrogativi: perché è stato revocato il servizio di manutenzione alla Paravia, costruttrice degli ascensori che si è sempre attivata per tempo durante le emergenze? Che vantaggio trae l’Asp di Vibo nell’affidare il servizio ad una ditta che è sita fuori regione e che ha la necessità di subappaltare i lavori, con le relative difficoltà di cui si è avuta esperienza durante l’emergenza di domenica scorsa? Fortunatamente tutto è stato risolto nel migliore dei modi, ma in una situazione diversa e con esiti diversi per il paziente di turno saremmo qua a parlare di un nuovo caso di malasanità. Non sarebbe più facile risolvere i problemi più gravi che il nostro sistema sanitario ha, invece di limitarsi ad occuparsi di sottigliezze tecniche che nulla hanno a che vedere con la crisi degli ospedali e che portano più danni che benefici? Questi sono gli interrogativi che il movimento da me presieduto, e che sin dalla sua nascita si è dimostrato sensibile rispetto alle problematiche della sanità - conclude l’attivista -, si pone e per i quali attende risposta da chi di competenza». Alessandro De Padova VENERDÌ 9 marzo 2012 PAGINA 33 l’ora di Crotone Telefono: 0961 702056 - Posta elettronica: [email protected] FARMACIE Alessio Cavarretta Arrighi Artese Bianchi A. Bianchi N. Brutto Cantafora De Vennera 0962.966072 0962.21973 0962.26009 0962.902889 0962.964762 0962.69164 0962.21247 0962.21608 NUMERI UTILI Conforti Gualtieri Lucente-Ascani Megna Morrone Parrilla Primerano 0962.62039 0962.22860 0962.21202 0962.905841 0962.908038 0962.63271 0962.26670 Omicidio Masucci La Corte assolve Fazio In primo grado era stato condannato all’ergastolo Colpo di scena. I giudici della Corte d’assise d’appello di Catanzaro hanno assolto Mario Giuseppe Fazio condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Michele Masucci, ucciso a Strongoli (Crotone) nel novembre del 2007 all’interno della “Centrale Biomasse” dove la vittima lavorava.. I giudici hanno anche ridotto le pene ad altri cinque imputati coinvolti nell’operazione chiamata “Apocalypse now” contro la cosca crotonese della ’ndrangheta dei Tornicchio. Fazio è stato condannato per alcuni episodi di cessione di droga alla pena di otto anni e quattro mesi di reclusione. Ridotte anche le condanne per Carolina Amodeo alla quale è stata inflitta la pena di dieci anni, dieci mesi e trenta giorni. A lui erano stati inflitti 14 anni in primo grado, Luigi Tornicchio condannato a dieci anni, cinque mesi e dieci giorni (14 anni in primo grado); Nicola Tornicchio, otto anni e quattro mesi (10 anni), Pietro Maneli, due anni, dieci mesi e venti giorni (8 anni e 6 mesi) e Maurizio Lumare, due anni e sei Il palazzo dove ha sede la Corte d’appello mesi (inflitti 8 anni in primo grado ). Il sostituto procuratore generale Alessia Miele al termine della sua requisitoria aveva chiesto la conferma delle condan- diario rosa Lanciato dal Comune il forum delle denunce Diario Rosa si è rivelato un forum in grado di rilanciare il dialogo al femminile, fatto anche di denunce dai toni forti. È apparsa la volontà delle donne di voler riaffermare una parità di genere che ancora oggi resta sulla carta. Tant’è che un messaggio lasciato da Letizia poteva essere assunto come slogan per l’intera iniziativa: “Donna è sinonimo di libertà” Ma la vera sterzata c’è stata quando l’amministrazione comunale ha deciso di dedicare la giornata che si è vissuta oggi nella sala consiliare dedicata alla lettura del Diario Rosa da parte di tutte le donne crotonesi a tre donne che hanno scritto, a carissimo prezzo, una pagina fondamentale di legalità per il riscatto del- la Calabria: Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo. Nel segno di queste donne coraggiose si è aperto l’incontro al quale hanno partecipato donne delle istituzioni, del mondo e dell’associazionismo. della società civile. Corpo Forestale Polizia Stradale Polizia Municipale Servizio Taxi Aeroporto S. Anna Cinema Teatro Apollo Sala Raimondi Pronto soccorso 0962-902555 Guardia medica Kr 0962-21074 Guardia medica Papanice 0962-69086 Prefettura 0962.954111 Comando Cc 0962.21021 Capitaneria di porto 0962.6116 Questura 0962.951111 Polizia Ffss 0962.21259 ne di primo grado. L’operazione “Apocalypse now”, condotta dai carabinieri di Crotone e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, scattò all’alba del 25 settembre 2009 per l’esecuzione di quattordici provvedimenti di custodia cautelare, dopo lunghe indagini partite proprio dall’omicidio di Michele Masucci. Un secondo filone dell'operazione, poi, il 23 aprile 2010 consentì di notificare otto provvedimenti di custodia cautelare nei confronti degli indagati già raggiunti dall’ordinanza precedente. Fra le accuse di quest’ultima tranche dell’indagine anche la strage avvenuta nel campo di calcetto “Margherita”, a Crotone, che costò la vita a Domenico Gabriele, il bambino di appena 11 anni ferito alla testa e deceduto in ospedale dopo tre mesi di agonia, oltre che al vero obiettivo del commando, il 35enne Gabriele Marrazzo. Nel collegio difensivo compaiono i nomi di Gregorio Viscomi, Pietro Pitari e Aldo Truncè. ga. pa. 0962.21900 0962.929411 0962.21569 0962.27934 0962.791150 0962.26650 0962.21762 dopo i danni alluvionali Il sottosegretario Torchia in tour nelle zone colpite Il sottosegretario alla Protezione civile della Regione, Franco Torchia, ha compiuto una serie di sopralluoghi nel territorio provinciale di Crotone a seguito dei ripetuti eventi alluvionali che hanno ulteriormente aggravato la situazione della viabilità. Torchia è stato accompagnato dal presidente della Provincia, Stano Zurlo, dall’assessore alle Infrastrutture Marcello Praticò, dal consigliere provinciale Pietro Caterisano, dai tecnici della Provincia Francesco Benincasa e Giuseppe Germinara. E con il sottosegretario erano presenti il segretario dell’autorità di Bacino Salvatore Siviglia ed il dirigente del settore Protezione civile della Regione Salvatore Mazzeo. Prima tappa è stata la popolosa frazione Papanice di Crotone. Qui erano presenti anche l’assessore provinciale Antonio Leotta ed i consiglieri comunali di Crotone Antonio Curatola ed Enrico Pedace. Subito dopo il sottosegretario, percorrendo le diverse strade provinciali, ha fatto visita a Scandale, San Mauro Marchesato, Santa Severina dove ha incontrato il sindaco Diodato Scalfaro. Infine il sopralluogo sulla provinciale per Strongoli, altro comune del crotonese pesantemente danneggiato dal maltempo dove Torchia ha incontrato il primo cittadino Luigi Arrighi. Gd lancia la ricetta del riscatto I democratici junior puntano su sanità e bonifica ambientale È stata un’attività svolta sul campo quella che i Giovani democratici hanno portato avanti nella provincia di Crotone, un’attività politica che non ha trascurato i territori e i cittadini nella convinzione che quello fosse il modo giusto di radicare il partito tra la gente e di capire ed affrontare le esigenze e le difficoltà delle persone. «Siamo riusciti hanno detto - a creare un clima di entusiasmo capace di coinvolgere numerosi giovani pronti ad impegnarsi su temi, su problemi, su tante situazioni che abbiamo avuto modo di registrare nei vari incontri dai quali sono emersi diversi spunti di riflessioni, dalla situazione infrastrutturale alla sanità, dall’ambiente alla legalità». È quanto si legge in una nota di Giuseppe Dell’Aquila, coordinatore Giovani democratici provincia di Crotone convinto che «questi temi non siano stati da loro sottovalutati che, anzi, hanno intrapreso numerose iniziative dibattendo dei temi su citati senza la presunzione di avanzare soluzioni, ma con la consapevolezza di poter offrire un contributo grazie a delle proposte giovani e nuove che possono significare anche un nuovo approccio per migliorare le condizioni di vita nel nostro territorio. Non possiamo infatti, proprio noi giova- ni, - si legge ancora nella nota - assistere passivamente all’agonia della nostra regione e della nostra provincia in particolare. Non possiamo far finta che il piano di rientro della sanità, sancito dalla Giunta regionale guidata da Scopelliti, non mortifichi l’utenza crotonese, obbligata a fare i conti con servizi sempre più carenti che la costringono a cercare fuori regione quelle prestazioni che il nostro servizio sanitario non è più in grado di offrire in maniera dignitosa e in tempi utili. Ma non possiamo neanche trascurare il fatto che il nostro territorio risulta essere sempre più isolato non solo dal resto del mondo, ma anche dal resto dell’Italia, e mentre c’è chi si affanna a propagandare che presto sarà elettrificata la nostra linea ionica, dobbiamo purtroppo registrare la soppressione, proprio su quella tratta ionica, dei treni a lunga percorrenza; siamo altrettanto costretti a lottare per scongiurare la chiusura dell’aeroporto di Crotone dopo il suo declassamento; e dobbiamo ancora constatare che tanti di noi giovani sentono parlare di ammodernamento della SS 106 da quando sono nati, senza però che nessun intervento sia mai stato fatto, almeno sulla fascia ionica, per cancellare a quella strada l’appellativo di “strada della morte”. Ironicamente, considerate le nostre condizioni infrastrutturali, si può affermare che nel nostro territorio si è risolto il problema della fuga dei cervelli, considerato che anche scappare ormai è diventata impresa titanica. E poi, infine ma non per ultimo - conclude la nota - il problema ambientale. Siamo convinti quindi che occorra ripartire dalla bonifica del territorio crotonese e puntare sulle peculiarità della nostra terra, sul turismo, sulla cultura, sull’agroalimentare».