Marzo – Aprile - GERIATRIA – Rivista
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GERIATRIA RIVISTA BIMESTRALE - ANNO XXV n. 2 Marzo/Aprile 2013 – Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Roma ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETà ITALIANA DI GERIATRIA OSPEDALE E TERRITORIO (S.I.G.O.T.) DIRETTORE LUIGI DI CIOCCIO DIRETTORE ESECUTIVO PIERLUIGI DAL SANTO REDATTORE CAPO MASSIMO MARCI COMITATO DI REDAZIONE Paolo Chioatto Antonio De Giovanni Vincenzo Fiore Gianfranco Fonte Andrea Galanti Matteo Grezzana (Vicenza) (Pavia) (Tivoli) (Torino) (Tivoli) (Verona) Rosa Maria Mereu Salvatore Raffa Barbara Rosso Domenico Sabatini Rosanna Termini (Cagliari) (Roma) (Torino) (S. Benedetto del T.) (Palermo) Enzo Laguzzi Antonio Nieddu Michele Pagano Lorenzo Palleschi Massimo Palleschi Demetrio Postacchini Manuela Rebellato Bernardo Salani Stefano Maria Zuccaro (Alessandria) (Sassari) (Palermo) (Roma) (Roma) (Fermo) (Torino) (Firenze) (Roma) COMITATO SCIENTIFICO Gianfranco Conati Silvio Costantini Carlo D’Angelo Francesco De Filippi Alberto Ferrari Filippo Luca Fimognari Massimo Fini Fabrizio Franchi Luigi Giuseppe Grezzana Biagio Antonio Ierardi (Belluno) (Rimini) (Pescara) (Sondrio) (Reggio Emilia) (Cosenza) (Roma) (Piacenza (Verona) (Potenza) Direttore Responsabile ANTONIO PRIMAVERA Segreteria Scientifica Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 06.44.290.783 Editore C.E.S.I. - Via Cremona, 19 00161 Roma - Tel. 06.44.290.783 www.cesiedizioni.com E.mail: [email protected] Ufficio amministrativo e Pubblicità Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 06.44.290.783 - Fax 06.44.241.598 C.E.S.I. Fotocomposizione Stampa Progetto di copertina: Gaia Zuccaro Litografica IRIDE - Via della Bufalotta, 224 Roma • Finito di stampare per conto della C.E.S.I. nel mese di Luglio 2013. Condizioni di abbonamento per il 2013: E 30,00 (Enti: E 52,00) da versare sul C/C N. 52202009 intestato a CESI - Estero E 70 • Un fascicolo singolo: E 20,00 - Estero E 40. Arretrato: E 25,00 • L'abbonamento non disdetto prima del 31 dicembre si intende rinnovato • Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 201/89 del 18/04/1989. ISSN: 1122-5807 Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio - S.I.G.O.T. Convegno Interregionale Marche, Lazio, Abruzzo e Molise L’ECCELLEnzA SAnITARIA nEL pASSATO E nEL FuTuRO... COME CAMbIERà L’ASSISTEnzA... Fermo 27-28 Settembre 2013 Centro Congressi San Martino - Palazzo dei Priori Segreteria Organizzativa CONGRESS LINE Via Cremona, 19 – 00161 Roma Tel. 06.44.24.13.43 • 06.44.29.07.83 - Fax 06.44.24.15.98 E.mail: [email protected] www.congressline.net Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile 47 SOMMARIO Ai lettori – Palleschi M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 Editoriale: Figli di ieri, figli di oggi D’Angelo C. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 Il management farmacologico del dolore persistente/cronico di tipo non-oncologico nel paziente anziano complesso. Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio Ceci M., Gianni W., Madaio R.A., Zuccaro S.M., Costarella M., Fiore V., Marci M., Abbatecola A., Di Cioccio L., Triggiani L., Berti F. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 Effetti della somministrazione di integratori a base di colina, Vit. E, Vit. C e acido alfa lipoico in un gruppo di pazienti con demenza tipo Alzheimer e/o vasculopatici cerebrali Suraci D., Mileto A., Argirò R.A.,Tedesco L., Polimeni V. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 Cibo e sacro: una epicrisi delle nostre abitudini alimentari? Franchi F. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 Progetto Virgilio - Studio sperimentale per la valutazione dell’utilità di localizzatori e metodiche inerenti, in associazione con tecniche assistenziali Vismara V., Bulleri M., Sestini F., Scarselli G., Aldera C., D’Ercoli F., Bena E.D., Larini G. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 L’importanza del monitoraggio glicemico nel paziente anziano ospedalizzato Renna P., Caroleo P. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 RUBRICHE Geriatria nel mondo Zanatta A., Galanti A., Fiore V., . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 Calendario Congressi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 S an C arlo azienda sanitaria matera Azienda Ospedaliera Regionale Luci ed ombre in diagnosi e terapia nel crepuscolo degli anni SOCIETà ITALIANA DI GERIATRIA OSPEDALE E TERRITORIO XXvI SEMINARIO NAZIONALE MATERA 10 - 12 Ottobre 2013 10 Ottobre - Palazzo Lanfranchi 11 Ottobre - Auditorium Ospedale Madonna delle Grazie 12 Ottobre - Domus padri Trinitari - bernalda SEGRETERIA ORGANIZZATIvA CONGRESS LINE Via Cremona, 19 – 00161 Roma Tel. 06.44.290.783 – 06.44.241.343 - Fax 06.44.241.598 E.mail: [email protected] - www.congressline.net Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile 49 AI LETTORI Gli anziani sono fortemente condizionati nella loro esistenza dalla paura di ammalarsi? Il ruolo del Geriatra Massimo Palleschi Io non sono uno Psicologo, non ho quindi competenze specifiche per approfondire il tema della paura di ammalarsi e di morire. Sembra comunque che il timore delle tribolazioni relativo alla presenza di alcune malattie e soprattutto la perdita dell’autonomia costituiscano un motivo di preoccupazione e/o di angoscia persino superiore a quello di per se stesso della nostra fine. Premetto anzitutto, rivolgendo lo sguardo ad un antico passato, che questo stato di tensione ha perso oggi completamente la sua relazione con le nostre colpe. Da tempo immemorabile malattie e peccati sono stati ritenuti un binomio quasi indissolubile. Le alterazioni e le sofferenze del corpo e della mente erano ritenute la conseguenza delle punizioni divine per le colpe commesse, per cui la guarigione o il miglioramento delle malattie poteva ottenersi solo con il perdono. Da qui deriva la tendenza a rivolgersi a Dio, quasi sempre non direttamente, ma ricorrendo alla mediazione dei Santi, alcuni dei quali avevano sofferto delle stesse malattie dei credenti. Questa comunanza di sofferenze faceva sentire molto vicini, partecipi, alcuni Santi. Ricordo che San Luca veniva chiamato da San Paolo “amico medico” e che i monasteri divennero luoghi di cura in quanto promuovevano e facilitavano le invocazioni al perdono e alla grazia. Di queste problematiche ed implicazioni spirituali e psicologiche non so che cosa sia rimasto oggi, forse è ancora rintracciabile in alcuni casi un senso di colpa, ma relativo soprattutto a comportamenti dannosi per la salute (fumo, superalimentazione, inattività fisica, ecc.). Ad ogni modo mi sembra più praticabile e forse più utile una riflessione ed una descrizione fenomenologica dello stato d’animo delle persone anziane di fronte ai problemi della salute, alla presenza di malattie e di invalidità, agli inconvenienti di doversi sottoporre a continue indagini ed alle difficoltà economiche implicite nell’espletamento di cure ed indagini. Vi è una notevole differenziazione degli stati d’animo tra i vari anziani di fronte al problema della salute, come del resto di fronte a numerosi motivi stressanti. È noto che le persone anziane differiscono tra loro sia da un punto di vista biologico, sia da un punto di vista psicologico, comportamentale e sociale, più di quanto si verifichi per i soggetti di età meno avanzata. Vi è una quota significativa di anziani che sono piuttosto soddisfatti della loro qualità di vita ed in particolare del loro stato di salute. Sono le persone che si vedono frequentemente in giro, nei teatri, nelle mostre, nelle città a fare i turisti, nelle Università della terza età, ecc. Vi è però un’altra parte di anziani con tono dell’umore depresso, che soffre di solitudine, assume numerosi farmaci al giorno, si sottopone a frequenti controlli clinici e strumentali e teme di andare incontro ad un ulteriore peggioramento delle condizioni di salute. In effetti la polipatologia di questi pazienti può essere così numerosa e rilevante, gli impegni sanitari così frequenti, da fare prevalere il problema della salute su qualsiasi altro interesse. Tutto questo è facilmente comprensibile, vorrei piuttosto discutere con i nostri lettori, con gli amici appassionati della nostra disciplina geriatrica, quale sia il ruolo del Geriatra di fronte ad un’altra tipologia di persona anziana e di malato anziano: quella di un soggetto con polipatologia di modesta gravità, tuttavia in grado di indurre molteplici cambiamenti del 50 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile regime di vita, un frequente ricorso a controlli clinici e strumentali, oltreché all’assunzione di numerosi farmaci. Si tratta cioè di persone che senza avere gravi patologie e senza una franca patologia ipocondriaca si fanno condizionare pesantemente dal problema salute, sia perché hanno realmente una serie multipla di disturbi, anche se non rilevanti, sia perché non hanno molti altri interessi, sia perché trovano Medici non troppo equilibrati nelle loro decisioni diagnostiche e mediche che vanno con lancia in resta all’accertamento di qualsiasi anomalia e alla sua correzione terapeutica. Generalmente i più disperati sono soggetti di sesso femminile, ultra 7580enni, che impiegano gran parte della loro giornata per controlli clinici, ma soprattutto radiografici, laboratoristici e strumentali, i più disperati. Tra gli esami più richiesti ricordo: – le analisi di routine di laboratorio, comprese quelle relative all’assetto lipidico; – la MOC per l’accertamento dell’osteoporosi; – gli esami radiografici del rachide soprattutto in presenza di lombosciatalgia; – l’ecg e la visita cardiologica; – la mammografia; – la colonscopia. Per l’esecuzione di questi esami, si può incorrere in un vero calvario, in quanto ci si imbatte spesso nel problema delle cosiddette liste di attesa dipendenti da varie ragioni, tra le quali emerge proprio l’esagerata richiesta di prestazioni. In questo contesto quale può essere il ruolo del Geriatra? Io credo di non dare una risposta di parte se affermo che il Geriatra dovrebbe svolgere una funzione di primo piano in questo ordine di problemi. È necessario far comprendere che il fattore di salute più importante per le persone molto anziane è un adeguato regime di vita, caratterizzato da una sana alimentazione, da una discreta attività fisica, dalla conservazione degli interessi, dal mantenimento delle abitudini di vita precedenti comprendenti il domicilio nella propria dimora, da una felice integrazione con i propri familiari e non dal mito di una salute perpetua e dal ricorso ossessivo a controlli ed indagini. Per quanto riguarda la prevenzione, ritengo che non sia da raccomandare il ricorso agli esami a tappeto, mentre è più utile una diagnosi precoce al minimo fondato sospetto. Infine vorrei fare una considerazione forse un po’ singolare, oltreché peculiarmente geriatrica, sulla quale desidererei il vostro parere. Non è raro che soggetti anziani che seguono questo iter ossessivo di ricorso alle indagini, quando vengono istituzionalizzati, interrompono la circumnavigazione strumentale. Come va interpretato il fatto? Si tratta di una difficoltà di accesso alle multiple indagini? O il paziente è gravato psichicamente da disagi inerenti al ricovero in istituto, o che altro ancora? Attendo un vostro parere. Con i saluti più affettuosi. EDITORIALE Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile 51 FIGLI DI IERI, FIGLI DI OGGI D’Angelo C. Direttore f.r. U.O.C. di Geriatria, Ospedale Civile, Pescara Ad una prima lettura della frase, figli di ieri figli di oggi, sembra che si parli solo di figli mentre l’elemento variabile è quello temporale: ieri e oggi. Eppure manca un termine, sottinteso: è quello di padri. I padri dei figli di ieri, che poi sarebbero i nostri nonni, i figli di ieri che sono i padri di oggi, i figli di oggi spesso già padri di altri figli. Il titolo della relazione perde allora un nesso semantico o temporale per diventare qualcosa di molto più semplice, bello ed umano, per testimoniare la vita che continua sempre: fino a quando ci saranno figli di ieri e figli di oggi ci saranno anche i figli di domani. Al di sopra di ogni cosa ho sempre creduto nella vita, ho creduto in questa forza vitale che si perpetua nei secoli, nei millenni, dai tempi biblici dell’universo umano. Ho sempre creduto in questa “catena vitale” dove ogni singolo anello è importante ma in cui la forza della catena è data dall’insieme degli anelli che si chiama “umanità”. Questo ragionamento mi porta spesso a riflettere che la cosa più importante è la vita del mondo, non la mia. Non fraintendetemi, non sono stanco di vivere, come capita spesso di sentire, a noi geriatri, da alcuni pazienti ultraottuagenari, ma solo da alcuni pazienti per fortuna. Voglio dire che la mia vita è meno importante del totale della vita stessa per cui, quando non ci sarò io, la mia vita continuerà in quella dei miei figli, dei nipoti, di altri che verranno e non vedrò mai: la mia vita continuerà e continueranno i valori della mia vita se li avrò trasmessi ai miei figli sulle cui gambe i valori continueranno a camminare. Eppure tra i figli di ieri e quelli di oggi a volte sembrano scavarsi delle trincee, delle profonde Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Carlo D’Angelo Primario Geriatra f.r. Via Pian delle Mele, 70 65124 Pescara Tel. 335371232 [email protected] vallate, dei canyons. È lo scontro tra due mondi, tra conservatori e rivoluzionari, tra passato e presente anche se, alla fine, un vecchio proverbio afferma che “si nasce rivoluzionari ma si muore conservatori”. È un po’ come il destino dell’acqua che nasce in montagna da piccoli rivoli, scorre poi impetuosa tra sassi, pietre e dislivelli, inizia a quietarsi in pianura per giungere alla foce con una velocità quasi impercettibile da sembrare ferma. Mi viene da pensare alla vita dell’uomo, al suo nascere da due piccole cellule, al suo correre gattonando o giocando per giungere poi, governo permettendo, ad un periodo di calma vitale ed anche oltre ad un’età in cui la senectus diventa decrepitas, quando il cammino del centenario, a piccoli passi, senza fretta, richiama a noi geriatri quello di un paziente con encefalopatia multinfartuale. Ma torniamo al tema figli di ieri, figli di oggi. Certamente tra ogni epoca ed ogni periodo storico sono esistite ed esisteranno anche in futuro delle differenze. Allo stesso modo esistono tra i figli di ieri ed i figli di oggi. ALIMENTAZIONE, ATTIVITà FISICA E AMORE I figli di ieri erano contenti di mangiare la carne solo qualche volta, magari la domenica, e si accontentavano a colazione di una zuppa di latte o di orzo con il pane secco avanzato nei giorni precedenti. Quando a tavola andava bene, c’era anche la mortadella al posto del prosciutto di Parma o del lardo di colonnata di oggi. La pasta non si vendeva confezionata in pacchi da chilo o da mezzo chilo ma sfusa e si avvolgeva con la carta gialla dei maccheroni, quella che i figli di oggi vedono come ornamento nei piatti dei ristoranti di lusso. Il latte arrivava casa per casa non in tetrapack ma con il lattaio. I figli di ieri non erano in sovrappeso fin dall’infanzia sia perché da mangiare c’era poco, sia perché non erano state inventate patatine fritte, brioche confezionate, cornetti alla marmellata, alla nutella o alla crema e soprattutto perché noi figli di ieri non avevamo modo di stare fermi per ore e per giorni davanti al televiso- 52 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile re, al computer, all’iPod, iPad, al Nintendo o alle altre mille diavolerie cui ci hanno abituati. Potevamo però giocare a nascondino o correre nel campetto vicino casa, usare un barattolo di latta al posto del pallone che non sempre c’era, fermarci a guardare di sera le stelle o il primo satellite spaziale che appariva come un puntino luminoso che attraversava lentamente il cielo. Forse eravamo felici, più dei figli di oggi. I più grandi, invece di guardare il satellite, preferivano guardare qualche ragazza che approfittando dell’oscurità, se ti andava bene ti permetteva di darle al massimo un bacio. Siamo ben lontani dai figli che passano la notte in discoteca, ubriachi di musica a tutto volume, di alcool, spesso di droghe. Il ballo era un’occasione per stringere una ragazza e, salutandosi, ci si stringeva la mano. Oggi, spesso, il contatto umano scende al di sotto della mano ed amarsi diventa un atto formale, quasi meccanico, con il primo venuto, per poi dimenticare il primo venuto e passare al secondo, al terzo… all’infinito. Tutto questo porta alla decostruzione della mortalità e della moralità. LA DECOSTRUZIONE DELLA MORTALITÀ E DELLA MORALITÀ I figli di ieri, secondo il sociologo Zygmunt Bauman, per rendere l’idea della morte meno terribile l’hanno scomposta in tante parti, derubricandola sotto cause diverse (cancro, cattiva alimentazione, fumo, comportamenti nocivi etc.), illudendosi ingenuamente di poter vivere quasi all’infinito, allontanando le cause di morte, quasi si potesse affermare che morire non è una condizione inevitabile ma si viene uccisi da errori che noi o la scienza non siamo ancora in grado di risolvere. È un approccio chiamato da Bauman “modernità solida”. I figli di oggi invece di pensare che in futuro sia possibile sconfiggere la cause di cui la morte è l’effetto non pensano al futuro. È il concetto, secondo Bauman, di “modernità liquida” in cui i giovani preferiscono ritenere che il futuro sia oggi e quindi vada riempito di soddisfazioni che noi tendevamo a posticipare, costi quel che costi, per noi stessi, per il pianeta, per il debito che i figli lasceranno ai figli dei figli. Lo slogan è: immortalità subito, attraverso una vacanza esotica o vestiti all’ultima moda pagati a rate oppure case e ville pagate con mutui subprime oppure sostanze allucinogene o droghe mai pensabili prima. Per i padri, per noi padri, il lavoro e la famiglia erano scelti una volta per sempre. Per i nostri figli il lavoro è variabile, precario, in continuo mutamento così come la relazione coniugale, la famiglia, la moglie. È una ricerca di identità senza fine perché i figli di oggi hanno perso l’identità in ossequio alla globalità, alle tendenze dei costumi e della società contemporanea. Tutto cominciò con il dottor Benjamin Spock, nel 1946, quando pubblicò la prima edizione del manuale di consigli ai genitori: ”Allattate i bebè quando piangono per la fame, non imponete degli orari fissi”. Il libro rompeva le regole consolidate, capovolgeva le abitudini secolari. Il messaggio centrale di Spock era quello di amare i figli e dimostrare l’affetto più della disciplina. Il messaggio fu troppo permissivistico. La generazione Spock, venti anni dopo, cominciò a ribellarsi nelle università in America, a protestare contro la guerra in Vietnam, ad occupare le scuole e l’università, contagio ben presto vissuto anche in Europa ed in Italia. Le aule occupate erano piene di studenti e studentesse ed i valori umani presero il sopravvento su quelli politici: ricordo che nelle aule occupate, per terra c’erano più preservativi che volantini rivoluzionari. Mentre le aziende farmaceutiche producevano i primi blister con la pillola di Pincus, una nuova libertà arrivava per tutti: amore libero, senza i rischi dell’Ogino Knaus che tanti figli ha dato al mondo. Nasceva la più grande rivoluzione sessuale dai tempi della mela di Eva. Senza fare il moralista, è necessario ammettere che tale rivoluzione, in parte positiva per aver liberato la donna dall’obbligo della maternità, ha portato indirettamente ad altre conseguenze. Libertà sessuale, permissivismo, nuove mode, nuovi stili di vita, ad un ritmo vorticoso. Ogni idea antica del matrimonio è stata sconvolta, fino a destabilizzare o balcanizzare l’istituzione della famiglia che aveva retto per millenni. La famiglia ha subito uno shock. I figli si sono sposati o si sposano meno spesso dei loro genitori e mediamente più tardi, hanno meno figli, divorziano molto di più, forse anche in seguito all’abbandono dei valori religiosi e del matrimonio tradizionale. Il divorzio impera. Per non perdere tempo, in Olanda prima, in America attualmente, hanno inventato gli Hotel divorzio che attualmente raggiungono il 50% dei matrimoni. Un weekend in albergo, tutto compreso: soggiorno(camere separate), avvocati, commercialisti, studi legali specializzati in diritto matrimoniale. Si divorzia in 48 ore. Si volta pagina, per risposarsi e divorziare di nuovo, con la stessa semplicità con cui ci si cambia gli slip o la camicia. COSE PIÙ SEMPLICI Ma veniamo a cose più semplici e più familiari che differenziano i figli di ieri da quelli di oggi. I figli di oggi ed i nipoti di oggi usano TELEFONI, TELEFONINI, TABLET, WIFI DIABOLICI, SMS, MMS, email, social network etcetera. I figli di ieri avevano solo un telefono, nero il più delle volte, attaccato al muro e chiedevano alla centralinista il numero interurbano desiderato. Era il periodo in cui si faceva ancora uso di lettere e di francobolli e si aspettava con ansia una D’Angelo C. - Figli di ieri, figli di oggi lettera che quando arrivava era già vecchia di giorni. Lettere d’amore, lettere di affari, lettere di notizie. C’era ancora il gusto di aprire una lettera, di vivere un momento personale, in diretta differita di giorni, una lettera scritta a mano, non con i freddi caratteri di una email. Il riscaldamento in casa era affidato non ad impianti di termosifone autonomo o a split inverter ma ad un banale focolaio o da una stufa “economica” che serviva per asciugare i panni con una raggiera sul tubo di scarico, per scaldare l’acqua con un serbatoio tipo un parallelepipedo laterale alla stufa, per cucinare con pentole di diametro diverso, variando i “cerchi” concentrici sul pianale della stufa. A scuola, molti dei figli di ieri ricordano che il riscaldamento non c’era oppure – quando c’era una stufa, in genere rossa, di terracotta su cui era scritto” Forlì” – mancava la legna ed ogni alunno portava da casa un pezzo di legno per scaldare la comunità scolastica. Ogggi, se a scuola il termosifone è rotto, si indice uno sciopero perché è impensabile studiare al freddo. I figli di oggi trovano vicino al water carta igienica a due veli, tre veli, alla camomilla, all’aloe, carta profumata mentre i loro padri si accontentavano spesso di fogli di carta infissi con un chiodo alla parete del bagno: carta di giornale o carta della pasta, senza dimenticare, come dice Benigni, che c’erano anche quelli che per le loro necessità… scendevano in campo. I figli di oggi sopportano con difficoltà una zanzara o una mosca che si aggira solitaria in casa e disturba tutti. Spray moschicidi, spay profumati, apparecchi al piretro, emanatori elettrici al vapore. Noi padri, soprattutto in campagna, avevamo spesso le mosche come coinquilini: quando erano stanche di volare si riposavano tutte insieme lungo il filo del lampadario che poi era costituito da una lampadina appesa ad un filo. Il capofamiglia, stanco di vedere le mosche, usava un apparecchio costituito da un serbatoio e da una pompa a mano per aspirare e diffondere nell’ambiente il DDT(diclodifeniltricloroetano) in una miscela chiamato “flit”, da cui l’aforisma “ammazza la mosca col flit”. Solo decenni di anni dopo abbiamo scoperto che il DDT ammazzava le mosche ma anche le persone e che viaggiava nell’acqua del mare fino a ritrovarsi nel grasso degli animali che popolano il Polo Nord. La sera, dopo cena, c’era tempo per parlare in cucina, per giocare i piccoli con una bambola di pezza o una macchinina di latta e i grandi a carte. Poi, quando la guerra era ormai terminata da dieci anni, i più fortunati potevano passare la sera guardando una scatola magica chiamata televisore, con un solo canale all’inizio, rigorosamente in bianco e nero. Quelli meno fortunati erano invitati come ospiti a vedere la TV, portandosi da casa 53 una sedia. I figli di allora, anche se già padri, non potevano sentire pronunciate in TV parole quali “profilattico, aborto, divorzio, pillola anticoncezionale, perché erano vietate né epiteti vari richiamanti in modo dialettale… l’organo genitale maschile”. E dopo “carosello” i bambini tutti a nanna ed i grandi a vedere qualche spettacolo osè, fatto non di tette, cosce o deretani vari in colore naturale ed inquadrati da generose zummate del cameramen ma soltanto le gambe delle sorelle Kessler, rigorosamente coperte da calze nere. Spesso la fantasia è meglio della realtà. I figli di ieri potevano ancora fantasticare su ciò che vedevano, i figli di oggi spesso hanno nausea di ciò che vedono o che hanno a buon prezzo o gratuitamente tutti i giorni. Allora, meglio i figli di ieri o i figli di oggi? È difficile rispondere perché gli stessi figli di ieri oggi vivono in un mondo diverso. Negli stessi figli di ieri, oggi c’è l’aspirazione ad inseguire l’immortalità. Vegetariani. Sostenitori dell’agricoltura biologica. Abbonati a palestre o piscine, cultori di sport agonistici spesso estremi, vaccinati contro le tentazioni del fumo e dell’alcool.I nuovi 60 anni-70 anni sono come i 40-50 anni di ieri e pare che il ciclo biologico sia spostabile a piacere, complici anche il viagra, il cialis ed il levitra, per non fare torto a nessuno dei farmaci. Oggi non esistono più figli di ieri e figli di oggi, siamo tutti figli del mondo, quarantenni, cinquantenni, sessantenni ed oltre. Siamo tutti la prima generazione ad essere vissuta senza una guerra combattuta nei nostri Paesi, senza l’ombra di carestie o di depressioni, tranne quella ultima, attuale, incombente. Lo straordinario aumento della longevità è il risultato di miglioramenti della qualità di vita: l’avvento delle fognature, del frigorifero, dell’acqua potabile, dei vaccini, degli antibiotici. Ma tutto questo non ha il potere di alterare l’orologio biologico che è in noi. Eppure, nonostante la realtà che ci accomuna, rimane un solco, una voragine tra i figli di ieri e quelli di oggi. Rimane spesso il conflitto generazionale che noi figli abbiamo vissuto con i nostri padri, che i nostri figli hanno vissuto o vivono con noi, che i nostri nipoti vivranno con i nostri figli. È quasi una legge inesorabile di vita che il giovane scalzi il vecchio e prenda a ragione il suo posto. “Papà sa tutto, papà può fare tutto” dice il bambino in tenera età. Poi, più tardi, comincia a pensare che forse il padre non sa tutto, fino a sostituirsi in adolescenza al padre e negare la sua supremazia. Prima o poi, il padre scompare e resta il figlio, con un vuoto incolmabile. Allora, sotto il peso degli anni e del tempo, il figlio si accorge che il padre davvero sapeva tutto e poteva tutto: peccato che non ci sia più. Così, in una catena infinita, i figli di ieri, di oggi e di domani si susseguono e si alternano, in 54 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile nome di qualcosa che ci tramandiamo e ci dividiamo, in nome della vita che continua, inesorabilmente, il suo lungo infinito cammino. Conosciamo i figli di avantieri, siamo figli di ieri, vediamo i figli di oggi, abbiamo già i figli di domani. Non sappiamo da dove veniamo né dove andremo, sappiamo però che vogliamo vivere questo lunga, infinita avventura della vita, infinita perché quando noi non ci saremo e la nostra memoria sarà scomparsa, sarà il nostro DNA a perpetuare la vita, a dare ai figli di domani quello che abbiamo avuto dai figli di ieri. Concluderei con le parole di una donna appena scomparsa, Rita Levi Montalcini: “La mia vita è tanto lunga e piena di splendide cose, ma quello che importa sono i valori”, aveva detto la Montalcini per i suoi suoi 100 anni e l’unico regalo che davvero desiderava era “un mondo che credesse nei valori etici”. Orazio scriveva “non omnis moriar” – non morirò del tutto, affidandosi alla poesia. E Catullo da parte sua asseriva “Soles occidere possunt et redire” – i giorni possono tramontare e poi tornare – ma noi, dopo il tramonto, dovremo vivere una lunga notte. Ma ora pensiamo a vivere, non ad aspettare che il sole tramonti: ognuno di noi deve andare dietro al sole e restare nel raggio di luce finché gli basteranno le forze. Anche quando noi non ci saremo, ci sarà il sole. E fin quando ci sarà il sole, fin quando ci sarà il mondo, noi vivremo, nei figli di domani, portatori del nostro DNA, portatori soprattutto di quei valori che abbiamo loro insegnato, portatori dei valori della vita e della vita stessa, figli, soltanto, senza un riferimento a ieri, oggi o domani. Figli della vita. Figli. BIBLIOGRAFIA BAUMAN Z. – Amore liquido, Edizioni Laterza. RAMPINI F.- Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo, Edizioni Mondadori. GUCCINI F.- Dizionario delle cose perdute, Edizioni Mondadori. 55 IL MANAGEMENT FARMACOLOGICO DEL DOLORE PERSISTENTE/CRONICO DI TIPO NON-ONCOLOGICO NEL PAZIENTE ANZIANO COMPLESSO. SOCIETà ITALIANA DI GERIATRIA OSPEDALE E TERRITORIO Ceci M., Gianni W.1, Madaio R.A., Zuccaro S.M., Costarella M., Fiore V.2, Marci M.2, Abbatecola A.3, Di Cioccio L.3,Triggiani L.4, Berti F.5 Ospedale Israelitico, Roma,1 NRCA Roma, 2 Ospedale di Tivoli, Roma, 3 Ospedale di Cassino, 4 Ospedale San Giovanni Battista Cavalieri di Malta, Roma, 5 Ospedale San Camillo, Roma Riassunto: Ci sono prove convincenti che il dolore cronico nell’anziano possa interferire con la qualità di vita ed autonomia. Tuttavia, una percentuale significativa di queste persone non ricevono un adeguato trattamento del dolore. Il dolore cronico nella popolazione anziana rappresenta uno dei problemi più rilevanti in materia di salute pubblica. Il Ministero della Salute italiano, con un decreto del giugno 2001, ha istituito una commissione per monitorare e ridurre la prevalenza del dolore negli ospedali pubblici, e più recentemente una nuova legge è stata introdotta con l'obiettivo di facilitare l'accesso dei cittadini al trattamento del dolore, ma nonostante questo, poca attenzione è stata data al trattamento del dolore negli anziani. Questo è il motivo principale per cui SIGOT ha cercato di integrare le migliori linee guida internazionali per il trattamento del dolore con nuove raccomandazioni per la gestione del dolore cronico negli anziani, con particolare riferimento alle interazioni tra farmaci e alle patologie concomitanti. Parole chiave: dolore cronico, dolore non oncologico, anziani, oppioidi. The pharmacological management of persistent /chronic non-cancer pain in the elderly Summary: There is compelling evidence that a significant majority of the elderly experience pain which may interfere with normal functioning. Nonetheless, a significant proportion of these individuals do not receive adequate pain management. Chronic pain in elderly population represents one of the most relevant problem in public health. Despite the Italian Ministry of Health, with a decree of June 2001, established a commission to monitor and decrease the prevalence of pain in public hospitals, and more recently a new law has been introduced with the aim to facilitate the access of citizens to pain treatment, little attention has been given to pain approach in elderly. This is the main reason why SIGOT sought to integrate the best international guidelines for pain treatment with new recommendations to manage chronic pain in elderly, specifically referring to drugs interactions and concomitant pathologies. Key words: chronic pain, non-cancer pain, elderly, opioids. INTRODUZIONE “Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a un danno tissutale effettivo o potenziale” secondo la definizione dello IASP-International Association of Study Pain; per la WHO è una “esperienza soggettiva” e dunque il clinico è sempre tenuto a considerare il dolore per come il paziente lo racconta, non avendo la possibilità di oggettivare un sintomo. Quando questa sensazione si perpetua nel tempo il dolore diventa cronico. Secondo la ASIPP-American Society of Interventional Pain Physicians (1) “il dolore cronico è quel dolore che persiste per 6 mesi dopo un danno tissutale associato a condizioni patologiche croniche che causaIndirizzo per la corrispondenza: Moira Ceci Ospedale Israelitico Via Fulda 14, 00148 Roma Tel. 3292415232 E-mail [email protected] no un dolore continuo o intermittente per mesi o anni, che può continuare in presenza o assenza di patologie dimostrabili e che può interferire con le attività della vita quotidiana”. Una delle principali cause di dolore cronico nella popolazione anziana è quello di tipo non-oncologico, provocato prevalentemente da patologie croniche quali il dolore muscolo-scheletrico, il low back pain, il dolore neuropatico diabetico o posterpetico. Il dolore cronico non oncologico nel soggetto anziano rappresenta uno dei maggiori problemi di salute pubblica, sia per l’elevata prevalenza, sia per i suoi effetti invalidanti dal punto di vista fisico, sociale ed emotivo. Inoltre grava pesantemente sui costi diretti ed indiretti della sanità pubblica. Negli Stati Uniti è stato calcolato che il dolore cronico incide sulla spesa sanitaria per circa 210 bilioni di dollari (2) annui. L’approccio al tema del dolore nel paziente anziano rappresenta certamente una sfida difficile, anche perché quando il dolore diventa cronico, di fatto, va conside- 56 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile rato come un dolore misto dove si intrecciano la componente nocicettiva e quella neuropatica/ neurologica. In questo contesto, ogni fase del percorso diagnostico-terapeutico è resa problematica dalla scarsità di elementi obiettivi di rilevamento, dalla presenza di dati bioumorali aspecifici e talora da situazioni di inaffidabilità descrittiva del paziente, che rende incerta l’interpretazione del tutto (3). A questo va aggiunto che, una volta definita la presenza di dolore in una sede precisa e di una diagnosi clinica, la decisione di trattamento è subordinata ad una valutazione globale del rischio di effetti collaterali, che nei pazienti con multimorbidità e polifarmacoterapia è sempre presente. Molte indagini epidemiologiche evidenziano il tema del dolore cronico come problema ricorrente nella popolazione anziana e come uno dei determinanti della fragilità. L’incidenza di dolore cronico raddoppia a partire dai 60 anni per ogni decade (4). La sua prevalenza varia in relazione al setting di osservazione tra il 25% e l’83% della popolazione anziana con prevalenza maggiore nelle strutture di long term care. In una recente survey del nostro gruppo ad esempio abbiamo documentato la presenza di dolore cronico nel 67,3% dei ricoverati in reparti di geriatria per acuti nel territorio nazionale (5). Il Ministero della Salute con decreto del 29 giugno 2001, ha istituito una Commissione di Studio allo scopo di arginare la prevalenza del dolore negli ospedali e di aumentare l’attenzione del personale coinvolto nei processi assistenziali nelle strutture sanitarie italiane affinché venissero messe in atto tutte le misure possibili per contrastare il dolore, indipendentemente dal tipo di dolore rilevato, dalle cause che lo originano e dal contesto di cura. Recentemente la legge 38 del 15 marzo 2010 che “tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore” ha cercato di facilitare l’accesso del cittadino alla terapia del dolore. Nell’ambito della legge si prevede una formazione del personale medico e sanitario in questa materia (6). La SIGOT in considerazione della scarsa attenzione che è stata data al dolore nel soggetto anziano ed in particolare alle problematiche di multipatologia oltre a quelle legate alle interazioni farmacologiche, ha deciso di supportare l’implementazione di raccomandazioni provenienti da Linee Guida internazionali di buon livello metodologico, con eventuale integrazione per quanto riguarda l’interazione tra farmaci. Il gruppo di lavoro, formato da medici specialisti SIGOT provenienti da tutta Italia, con l’ausilio di un facilitatore ha deciso di adottare la metodologia proposta dal GIMBE (Gruppo Italiano di Medicina Basata sull’Evidenza) per la ricerca, valutazione e adattamento locale (FAIAU) di una linea guida sulla gestione del dolore cronico. Ove l’acronimo FAIAU indica le varie fasi del proces- so ed in particolare: Finding - ricerca delle Linee Guida nelle principali Banche Dati Internazionali Appraising - valutazione delle Linee Guida con lo strumento AGREE nel tentativo di selezionare la Linea Guida a più alto contenuto metodologico Integrating - integrazione di argomenti non trattati dalla Linea Guida stessa Adapting - adattamento locale, in questo caso alla situazione italiana, della Linea Guida Updating - definizione di una strategia per l’aggiornamento della Linea Guida adattata La ricerca di linee guida sulla gestione del dolore cronico è stata condotta sulle principali banche dati di linee guida (7-39) con le parole chiave indicate. Sono state identificate 34 linee guida sul dolore di cui 8 pertinenti all’argomento trattato: “Management farmacologico del dolore persistente/cronico nel paziente anziano complesso”. VALUTAZIONE DELLE LINEE GUIDA E SCELTA (APPRAISING) Il gruppo, diviso in 4 sottogruppi, ha effettuato la valutazione delle 8 linee guida selezionate. 2 linee guida sono state escluse poiché non rispettavano i Criteri di Grilli e le restanti 6 sono state valutate con lo strumento AGREE II (Appraisal of Guidelines for Research and Evaluation). Le 3 Linee Guida che hanno presentato i migliori punteggi (SIGN, VETERANS, CANADIAN) sono state valutate da tutti e 4 i sottogruppi. La linea guida che ha ottenuto il punteggio più alto è stata la linea guida “Canadian guideline for safe and effective use of opioids for chronic non-cancer pain”. Si è dunque deciso di implementare questa linea guida anche se è diretta solo alla gestione del dolore cronico non da cancro con oppioidi nel paziente anziano considerati i dati ottenuti dalla verifica effettuata in fase di definizione della priorità. Con lo stesso criterio il gruppo di lavoro ha poi deciso di integrare le raccomandazioni della Canadian con quelle dell’American Geriatrics Society nella sezione del trattamento senza oppioidi. Le altre linee guida valutate sono risultate di qualità e sono state utilizzate durante il lavoro come documenti di integrazione alla linea guida scelta, come ad esempio l’utilizzo delle scale di valutazione nell’anziano. Nell’attesa di completare il position paper completo relativo alle raccomandazioni sulla gestione farmacologica del paziente anziano complesso affetto da dolore cronico di tipo non oncologico, riteniamo opportuno produrre un documento di indirizzo di facile consultazione e di grande diffusione. Ceci M., Gianni W., Madaio R.A., et al. - Il management farmacologico... RACCOMANDAZIONI DI CARATTERE GENERALE Quando si fa diagnosi di dolore cronico in un soggetto anziano è tassativo utilizzare gli oppioidi ed evitare l’uso off label dei FANS. DECISIONE DI INIZIARE LA TERAPIA CON OPPIOIDI Prima di iniziare la terapia con oppioidi a) è opportuno raccogliere una documentazione completa sul livello di dolore del paziente che tenga conto della sua condizione medica generale, della storia psicosociale, dello stato psichiatrico e della presenza di un’eventuale storia pregressa o attuale di abuso. b) occorre spiegare ai pazienti i potenziali benefici, gli effetti avversi, le possibili complicanze e gli eventuali rischi per costruire un’alleanza terapeutica (aderenza/compliance). c) occorre tener conto delle possibili interazioni con altri farmaci assunti dal paziente (polifarmaco terapia). Iniziare la terapia con oppioidi a) per rendere sicura ed efficace la terapia con oppioidi nei pazienti anziani è necessario adottare adeguate precauzioni, tra cui basse dosi iniziali, titolazione graduale, frequente monitoraggio fino al raggiungimento della dose ottimale. b) all’inizio di una nuova terapia con oppioidi, durante la titolazione della dose, sarebbe opportuno consigliare al paziente di evitare di guidare un veicolo a motore fino a quando non si è raggiunto un dosaggio stabile e fino a quando non si è certi che l’oppioide non determini sedazione; evitare inoltre l’assunzione contemporanea di oppioidi con alcool, benzodiazepine, o altri psicofarmaci. c) il dolore cronico non oncologico può essere gestito in modo efficace nella maggior parte dei pazienti con dosi di oppioidi medio-basse. Dosaggi alti richiedono un’attenta rivalutazione del dolore e un più frequente monitoraggio del paziente. d) per prevenire e contrastare i principali eventi avversi prevedibili, tipici degli oppioidi, nella fase iniziale del trattamento (nausea, vomito) o peggiorare situazioni cliniche preesistenti nel soggetto anziano (stipsi) si consiglia di associare presidi farmacologici e non farmacologici atti a ridurne l’insorgenza e/o la gravità. Monitoraggio terapia a lungo termine oppioide a) durante il monitoraggio di un paziente in terapia a lungo termine, valutare ed osservare l’efficacia degli oppioidi ed i possibili eventi avversi. 57 b) per i pazienti che presentino eventi avversi gravi o scarsamente accettati dal paziente, o un’insufficiente efficacia terapeutica di uno specifico oppioide è consigliabile prescrivere un oppioide diverso (rotazione degli oppioidi). c) nella terapia con oppioidi a lungo termine è opportuno rivalutare periodicamente se sussistono ancora le condizioni cliniche che hanno motivato il ricorso a tale terapia. OPPIOIDI In Italia per il trattamento del dolore cronico sono disponibili i seguenti farmaci oppioidi: • Codeina: in Italia presente solo come farmaco in associazione con paracetamolo. Può presentare una variabilità di risposta in base alle sue caratteristiche metaboliche, deve essere metabolizzata a livello epatico ed è stato calcolato che tra il 7 ed il 10% della popolazione di razza caucasica e tra il 2 e il 4% della razza asiatica non è in grado di metabolizzarla. • Tramadolo: è un oppioide di sintesi che associa l’effetto sui recettori µ tipico degli oppioidi a quello noradrenergico e a quello serotoninergico. Nell’anziano la concentrazione sierica del tramadolo è lievemente aumentata e l’emivita di eliminazione è lievemente prolungata, pertanto non sono raccomandate dosi superiori a 300 mg/die. Nel dolore cronico di intensità > 6 NRS è opportuno iniziare il trattamento con oppioidi forti con le precauzioni riportate precedentemente (vedi “iniziare la terapia con oppioidi”). • Morfina: ha un assorbimento variabile, la via metabolica principale è epatica, via UGT; i metaboliti principali sono M6G e M3G, quest’ultimo neurotossico, la concentrazione dei metaboliti attivi si incrementa nei pazienti con ridotta funzionalità renale. • Ossicodone: è metabolizzato a livello epatico in diversi metaboliti attivi tra cui il più importante è l’ossimorfone. In studi farmacocinetici controllati in pazienti anziani la clearance dell’ossicodone è solo leggermente ridotta, nell’anziano, pertanto non sono necessari adeguamenti posologici rispetto all’adulto. • Idromorfone: è metabolizzato a livello epatico dall’UGT ed è escreto per via renale. Non sono necessari adeguamenti posologici nell’anziano. • Tapentadolo: è un analgesico centrale che associa in modo sinergico l’effetto oppioide all’azione noradrenergica (MOR-NRI), è metabolizzato a livello epatico dalla via UGT, non ha metaboliti attivi ed è escreto per via renale. Non sono necessari adeguamenti posoligici nell’anziano. Gli oppioidi per via transdermica hanno raggiunto una notevole popolarità nel trattamento dei pazienti anziani. Questi sistemi dovrebbero 58 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile essere riservati a pazienti con dolore stabile, a quelli che necessitano di un regime terapeutico semplificato, a quelli con problemi di compliance e a quelli che non possono assumere terapia orale. • Buprenorfina: somministrata per via transdermica, è metabolizzata a livello epatico ed escreta per via biliare. Può essere utilizzata nel paziente con insufficienza renale e dializzato. Nell’anziano non è necessario ridurre il dosaggio rispetto all’adulto. • Fentanyl: presente in Italia in formulazione transdermica per il dolore cronico, è metabolizzato a livello epatico ed escreto per via renale. La concentrazione plasmatica di fentanyl nell’anziano non è sostanzialmente diversa rispetto al giovane. NON OPPIOIDI (DA AGS) (I) Nel trattamento del dolore cronico paracetamolo, grazie alla sua dimostrata efficacia e al buon profilo di sicurezza, dovrebbe essere considerato come uno dei farmaci iniziali di scelta. (A) controindicazioni assolute: insufficienza epatica (B) controindicazioni relative: insufficienza epatica, abuso cronico di alcool o dipendenza (C) non deve essere superato il dosaggio massimo giornaliero di 4 g nelle 24 ore. (II) I FANS non selettivi e gli inibitori selettivi delle COX-2 vanno prescritti con estrema cautela, in individui altamente selezionati e comunque non in trattamento cronico (uso off label). (A) controindicazioni assolute: malattia peptica ulcerosa attiva; insufficienza renale cronica; scompenso cardiaco. (B) Controindicazioni e precauzioni relative: ipertensione, Helicobacter pylori, anamnesi di ulcera peptica, uso concomitante di corticosteroidi, antidepressivi della classe SSRI, anticoagulanti orali e antiaggreganti. (III) Le persone anziane che assumono i FANS non selettivi o gli inibitori selettivi anti COX-2 dovrebbero utilizzare un inibitore della pompa protonica per la protezione gastrointestinale. (IV) I pazienti non devono assumere più di un FANS non selettivo o un inibitore COX-2 selettivo per il controllo del dolore. (V) Tutti i pazienti che assumono FANS non selettivi o inibitori COX-2 selettivi dovrebbero essere valutati di routine per eventuale tossicità gastrointestinale e renale, ipertensione, scompenso cardiaco, e di interazioni tra farmaci e farmacomalattia. ALTRI FARMACI La duloxetine, il gabapentin ed il pregalbalin rappresentano la prima scelta nel trattamento del dolore neuropatico, in accordo con le linee guida della federazione Europea delle Società di Neurologia (EFNS)(40). Bisogna porre particolare attenzione agli alti dosaggi per il pregabalin che possono comportare sedazione e predisposizione alle cadute. Va posta attenzione ai pazienti con insufficienza renale. La lidocaina in formulazione transdermica ha dimostrato un effetto analgesico variabile, presumibilmente per il blocco delle piccole fibre interessate nel dolore nocicettivo. È approvata nel trattamento della nevralgia posterpetica, ha dimostrato efficacia nella neuropatia diabetica, nel low-back pain (40). La capsaicina per via transdermica è correntemente indicata in EU per il trattamento del dolore neuropatico nel paziente adulto non diabetico. L’assorbimento sistemico è lento per cui è ben tollerato, può determinare un transitorio incremento della pressione arteriosa ed eritema nella zona di applicazione (41). Il PEA (Palmitoylethanolamide) è un aminoacido endogeno, analogo dell’endocannabinoide anandamide (AEA), recenti studi suggeriscono un suo fondamentale ruolo nella fisiopatologia del dolore neuropatico da infiammazione, previene la degranulazione delle mast-cellule, necessitano però altri studi per confermare la significatività clinica dell’utilizzo del PEA nel trattamento del dolore neuropatico (42). INTERAZIONI FARMACOLOGICHE Esistono molte forme d’interazioni farmacologiche e, in particolare nei pazienti anziani, è possibile riscontrare interazioni farmaco-farmaco, che sono anche le più comuni, ma anche interazioni farmaco-malattia. Anche per ciò che riguarda le interazioni farmacologiche, l’uso di un numero elevato di farmaci in pazienti con comorbilità multiple è uno dei principali fattori di rischio. In uno studio condotto su pazienti anziani arruolati in 6 Paesi europei, il numero medio di farmaci utilizzati era pari a 7 e nel 46% dei pazienti era presente almeno una potenziale interazione che veniva considerata severa nel 10% dell’intero campione di popolazione. Inoltre, la prevalenza d’interazioni potenzialmente pericolose aumenta dal 7,8% dei soggetti di età < 55 anni al 18,4% rilevato negli ultrasettantacinquenni (43). Il numero di farmaci non è però l’unico fattore di rischio per interazioni farmaco-farmaco, contribuendo ad aumentare la probabilità di tali interazioni anche il numero di medici consultati dal paziente e la contemporanea assunzione di farmaci a effetto ipotensivo, sedativo e/o anticolinergico. Inoltre, bisogna tenere in considerazione il fatto che i farmaci a maggiore rischio per interazione sono quelli a più stretto indice terapeutico. Tra questi, farmaci di larghissimo impiego nella pratica clinica, quali digitale, calcioantagonisti, antiaritmici, ipoglicemizzanti orali, antidepressivi ciclici, war- Ceci M., Gianni W., Madaio R.A., et al. - Il management farmacologico... farin, salicilati, analgesici ad azione centrale, fenitoina, teofillina. Infine, le interazioni farmaco-farmaco rappresentano un rilevante problema potenziale ogni qualvolta un paziente anziano accede al Pronto Soccorso. Infatti, le comorbilità presenti e il concomitante elevato numero di farmaci regolarmente assunti aumentano il potenziale rischio di reazioni avverse quando nuovi farmaci vengono somministrati in urgenza. L’interazione tra farmaci è uno dei principali problemi di ogni terapia e dunque anche di quella con oppioidi. Con il seguente metodo abbiamo valutato le classi farmacologiche utilizzate nelle principali patologie età correlate. METODO 1) ricerca su MedLine con descrizione della stringa di ricerca 2) lettura dei termini Mesh nell’articolo più rilevante ed eventuale ulteriore ricerca con i nuovi termini Mesh 3) valutazione sul titolo circa la pertinenza degli articoli trovati 4) successiva ulteriore valutazione su abstract sulla pertinenza degli articoli trovati 5) reperimento del full text degli articoli pertinenti 6) valutazione del singolo articolo viene fatta da due valutatori a cieco 7) risoluzione dei dubbi con la discussione e in caso di dissenso con un terzo valutatore 8) ricerca interazioni farmacologiche utilizzando il sito www.drugs.com prendendo in considerazione gli oppioidi utilizzati più frequentemente: morfina, buprenorfina, idromorfone, fentanyl, ossicodone, tramadolo 9) ricerca utilizzando la banca dati EMBASE. 10) ricerca utilizzando Cochrane Database of Systematic Reviews. 11) ricerca nella banca dati www.micromedex.com. Premesso che dati clinici certi non sono disponibili, essendo presenti viceversa molti dati di farmacocinetica e farmacodinamica, le principali segnalazioni sono le seguenti. DEMENZA La demenza rappresenta un vero e proprio problema di salute pubblica nel mondo, con prevalenza in Italia pari al 10%, circa 800 mila pazienti. Abbiamo preso in considerazione i farmaci più comunemente utilizzati per la terapia delle demenze, inibitori dell’acetilcolinesterasi (donepezil, rivastigmina, galantamina) e memantina, ed inoltre gli antipsicotici tipici ed atipici utilizzati per i disturbi comportamentali nelle demenze (44-46). Memantina, donepezil, galantamina e rivastigmina non hanno mostrato interazioni farmacolo- 59 giche con morfina, buprenorfina, ossicodone, fentanyl e idromorfone. Donepezil non ha mostrato avere interazioni con morfina, buprenorfina, idromorfone, ossicodone e fentanyl ma con tramadolo (www.drugs.com). L’associazione può far aumentare il rischio di convulsioni perché si riduce la soglia epilettogena. Questi farmaci sono spesso individualmente epilettogeni e possono avere effetti additivi se combinati. Per memantina non sono state rilevate interazioni con gli oppioidi presi in considerazione. Galantamina e rivastigmina hanno mostrato interazioni con tramadolo, anch’esse per riduzione della soglia epilettogena, ma non con gli altri oppioidi presi in esame (www.drugs.com). È stata analizzata anche la possibile interazione tra oppioidi ed antipsicotici. In particolare quetiapina presenta interazione con la somministrazione di tramadolo per ridotta soglia epilettogena (www.drugs.com). Un incremento di rischio di depressione respiratoria è risultato inoltre dall’interazione tra morfina, ossicodone e fentanyl con le fenotiazine (prometazina, tioridazina, proclorperazina, flufenazina, perfenazina, promazina), tale interazione si è dimostrata con grado di severità alto per effetto additivo (47-49). Ossicodone e idromorfone hanno mostrato interazioni di grado severo anche con alcuni sedativi (fenobarbital, idrossizina, pentobarbital, buspirone, flumazenil, doxylamina, zolpidem, butabarbital, mepobramate, dexmedetomidine, zaleplon, ramelteon per ossicodone e si aggiungono alprazolam, lorazepam, clorazepam, diazepam, triazolam, midazolan, propofol per idromorfone) (48,50). Idromorfone ha evidenziato interazioni farmacologiche di grado severo anche con alcuni antipsicotici (loxapine, mesoridazine, molindone, thioridazine, chlorpromazine, thiothixene, haloperidol, fluphenazine, aripripazole, clozapine, pimozide, perphenazine, promazine, risperidone, olanzapine, quetiapine, ziprasidone, paliperidone) per effetto di sommazione sull’effetto depressivo a livello SNC (50). GASTROINTESTINALI Sono state analizzate le eventuali interazioni tra patologia gastroenterica ed oppioidi e dunque sono stati incrociati i singoli oppioidi con i seguenti farmaci comunemente utilizzati in questa patologia: Antiacidi (mesh “anti-Ulcer Agents”) sali di magnesio, di alluminio, di sodio o di calcio (bicarbonati e citrati); antisecretori: inibitori della pompa protonica (omeprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo); antagonisti del recettore H2, (cimetina, ranitidina, famotidina, nizatidina); citoprotettori: sucralfato, bismuto colloidale, carbenoxolone, misoprostolo, alginati; procinetici e antiemetici: metoclopramide, cisapride, domperidone; antinfiammatori: mesalazina e salazopirina; spasmoli- 60 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile tici: scopolamina, ottatropina metilbromuro + diazepam (valpinax), papaverina cloridrato e belladonna, cimetropio bromuro (alginor), rociverina (rilaten), floroglucina biidrata (spasmex); lassativi: polisaccaridi; osmotici: lattulosio, mannitolo; stimolanti della motilità intestinale: bisacodile, fenolftaleina; antidiarroici: oppioidi: loperamide, difenossilato. Non c’è letteratura specifica d’interazioni tra oppioidi e farmaci dell’apparato gastroenterico in pazienti anziani con dolore cronico, eccetto uno (51) su metilnatrexone/oppiodi, in cui l’età media dei pazienti esaminati è 70-72, ma nel 40% dei casi sono pazienti oncologici ed in un 14% “other”non meglio specificato. Cimetidina può incrementare l’azione narcotica di ossicodone, fentanyl, idromorfone e morfina con casi di depressione respiratoria ed apnea. Ossicodone e idromorfone possono ridurre o abolire l’effetto procinetico di metoclopramide. Scopolamina, belladonna e loperamide se associate ad ossicodone, fentanyl, buprenorfina, idromorfone e morfina possono, agendo a livello del SNC, incrementarne l’effetto di stipsi portando ad ileo paralitico (www.drugs.com). Per morfina sono risultate 4 interazioni moderate (cimetidina, scopolamina, belladonna, loperamide) e 2 interazioni minori (metoclopramide, cisapride). L’associazione di metoclopramide con morfina può determinare una riduzione del tempo richiesto per ottenere il picco di concentrazione ematico di morfina determinando un incremento del livello di sedazione. Cisapride può incrementare la concentrazione di morfina ma spesso questa interazione non è associata ad un incremento della sedazione a dosaggi bassi. Il significato clinico di tale effetto per dosaggi superiori al momento non è noto. Metadone se somministrato in concomitanza con cimetidina può avere un’incrementata concentrazione plasmatica perché metabolizzato dallo stesso isoenzima del citocromo CYP450. Può inoltre, come altri oppioidi, ridurre l’effetto procinetico di metoclopramide. Importante non somministrare metadone in associazione con cisapride e lattulosio per gli effetti di questi farmaci sull’allungamento del QT con possibilità di incremento del rischio di aritmie ventricolari e torsioni di punta; il rischio è aumentato nel caso del lattulosio per le possibili alterazioni elettrolitiche causate dall’eventuale abuso di lassativi. Metadone interagisce anche con scopolamina, loperamide e belladonna incrementando il rischio di ileo paralitico e stipsi severa. L’interazione tra cimetidina e morfina emerge su www.micromedex.com come incremento della tossicità di morfina sul SNC ma non è chiaro il meccanismo d’interazione tra questi farmaci, ci sono studi contrastanti sulla presenza di effetti collaterali da co-somministrazione (52-55). DIABETE MELLITO Non esistono su pubMed studi RCT che esaminino gli effetti della terapia con oppioidi sulla qualità di cura del diabete, sulle interferenze farmacologiche e sui rapporti con la patologia diabetica fatta eccezione per il lavoro di Rose AJ che presenta dati che indicano nel dolore cronico un motivo di distrazione e peggioramento nell’effettuare i controlli della malattia diabetica (57). È stato effettuato uno studio di coorte retrospettivo presso le US Department of Veterans Affairs Facilities nel corso del 2004 il cui scopo era quello di chiarire se l’uso di oppioidi potesse promuovere o impedire la cura del diabete. Il significato dello studio era di esaminare se tra i diabetici, quelli che ricevevano terapia cronica con oppioidi avessero un peggioramento delle misure di performance. Venivano analizzate misure di processo (HbA1c, LDL, dilatazione pupillare) e misure di outcome (HbA1c < 9; LDL < 130 mg/dl). I casi avevano un moderato peggioramento delle misure di performance vs i controlli (diabetici non riceventi oppioidi) (86.4% vs 89). Tra i casi quelli che ricevevano oppioidi ad alte dosi avevano un ulteriore decremento nelle misure di performance. Si concludeva quindi che tra i pazienti del Veterains Affairs, quelli che ricevevano terapia cronica con oppioidi presentavano un moderato peggioramento delle misure di performance rispetto ai diabetici che non ricevevano oppioidi; i diabetici che ricevevano alte dosi di oppioidi avevano un decremento addizionale nelle misure di performance. Esistono molti lavori rivolti al dolore della neuropatia diabetica e a studi su modelli animali. Alcuni studi si concentrano sull’effetto degli oppioidi sull’omeostasi glicemica (56-60). Su pubMed escludendo i lavori sulla neuropatia diabetica, sui pazienti under 65, non si evidenziano studi recenti e pertinenti. La stessa ricerca su www.drugs.com mostra solo interazione tra oppioidi e metformina (dato non confermato su pubMed). Morfina teoricamente può far diminuire l’escrezione di metformina per la competizione a livello renale, il conseguente incremento della metformina in circolo può aumentare il rischio di acidosi lattica (61-62). UROGENITALE Su pubMed pochi sono i risultati per le interazioni tra oppioidi e farmaci utilizzati per patologie urogenitali. Alcuni risultati sono stati rilevati su questo motore di ricerca per l’interazione con alcuni antibiotici. Si è evidenziato la possibile sindrome serotoninergica dall’associazione di metadone e ciprofloxacina e venlafexina (63-65). Con stringa di ricerca “Analgesics, Opioid” (Mesh) e “Kidney Failure, Chronic” (Mesh) sono stati trovati 15 lavori solo 7 inerenti (66). In questo lavoro si conclude che l’emodialisi non influisce sull’ef- Ceci M., Gianni W., Madaio R.A., et al. - Il management farmacologico... fetto analgesico di buprenorfina. Un altro studio ha dimostrato ridotta biodisponobilità di trovafloxacina e ciprofloxacina se somministrate in contemporanea ad oppioidi per via venosa (6773). La ricerca su www.drugs.com ha messo in evidenza interazioni farmacologiche tra tramadolo e cirofloxacina, l’associazione può causare sindrome serotoninergica ed aumentato rischio di epilessia. Tamsulosina e alfuzosina in associazione con farmaci oppiodi (morfina, ossicodone, tramadolo, buprenorfina, idromorfone, fentanyl) possono comportare crisi ipotensive. Sono risultati casi di interazione tra gli oppioidi e ceftriaxone. 61 CARDIOVASCOLARE Le patologie cardiovascolari sono molto frequenti nella popolazione anziana. Sono state prese in considerazioni le patologie più frequenti ed i farmaci in queste utilizzati. In particolare si è ricercata interazione tra farmaci oppioidi ed ipertensione arteriosa (74), ischemia miocardica (75). Per quanto riguarda le interazioni tra oppioidi e farmaci cardiovascolari abbiamo innanzitutto valutato gli anticoagulanti e antiaggreganti piastrinici, si sono evidenziati alcuni studi interessanti ma non con riferimento all’anziano (76-81). Un solo risultato si è ottenuto incrociando gli oppioidi con i diuretici (82) e uno studio con i nitrati (83). In conclusione su pubMed sono stati reperiti diversi lavori ma tra questi non vi sono RCT, CT, metanalisi ma solamente articoli molto generici come rassegne e scarsamente specifici per il paziente anziano. Utilizzando il motore di ricerca www.micromedex.com sono state rilevate interazioni farmacologiche tra codeina e chinidina, in particolare l’associazione di tali farmaci comporta una riduzione plasmatica di morfina (metabolita attiva di codeina) per metabolismo legato al citocromo P4502D6, stessa interferenza che possono causare farmaci che inibiscono il CYP2D6 (84). Diltiazem può causare ipotensione ed incrementare la tossicità di fentanyl se associate a tale farmaco, entrambi inibitori del citocromo CYP3A4 (85-86). La concentrazione plasmatica di fentanyl può aumentare anche se si somministra contemporaneamente ad amiodarone (87-88). L’associazione di fentanyl con nicardipina e nifedipina può portare a severa ipotensione (87). degli inibitori selettivi del reuptake della serotonina. La ricerca d’interazioni sul motore di ricerca www.drugs.com ha evidenziato interazioni tra oppioidi e escitalopram per effetto concomitante sul SNC, si consiglia un’associazione monitorata soprattutto nel paziente anziano, in particolare l’associazione con tramadolo ed ossicodone potrebbe causare sindrome serotoninergica, stessa interazione si potrebbe avere dall’associazione di duloxetina o paroxetina con tramadolo, ossicodone e fentanyl. L’effetto concomitante sul SNC si ha anche con duloxetina e morfina, paroxetina e morfina e idromorfone. Importanti interazioni tra queste classi farmacologiche sono risultate anche al motore di ricerca www.micromedex.com in particolare per l’azione sul citocromo CYP3A4 si manifestano interazioni tra ossicodone e buprenorfina con carbamazepina per ridotta concentrazione plasmatica di ossicodone (48, 98-99). Sindrome serotoninergica per effetto additivo si è dimostrata nella somministrazione combinata di tramadolo con venlafaxine, mirtazapina, fluoxetina, citalopram, sertralina, duloxetina, paroxetina e fluvoxamina; stessa sindrome si è verificata dall’associazione di fentanyl con paroxetina, di ossicodone con escitalopram, sertralina e fluvoxamina, e con cosomministrazione di tapentadolo e duloxetina, triptani, inibitori MAO, SSRI, triciclici, venlafaxina (100-108). Un incremento dell’effetto sedativo per l’azione sinergica a livello del SNC si può avere dalla somministrazione di inibitori MAO e ossicodone o idromorfone (110, 50). Il concomitante utilizzo di morfina e gabapentin può determinare un incremento della concentrazione plasmatica del gabapentin con conseguente sonnolenza ed aumentato rischio di depressione del SNC (109-111). Il rischio di depressione respiratoria è incrementato notevolmente dall’associazione degli oppioidi con le benzodiazepine (112-114). Con l’associazione buprenorfina e diazepam può comportare collasso cardio-respiratorio (115). La ricerca su micromedex ha mostrato come l’associazione tra oppioidi e sedativi (diphenhydramine, meprobamate, ethchlorvynol, pentobarbital, secobarbital, idrossizina, fenobarbital, buspirone, flumazenil, doxylamine, zolpidem, butabarbital, dexmedetomidine, zaleplon, eszopiclone, ramelteon) determini un incremento di rischio di depressione respiratoria per l’azione sul SNC (48, 116). DEPRESSIONE La ricerca d’interazioni tra farmaci antidepressivi ed oppioidi sul motore di ricerca pubMed ha mostrato solo 4 articoli con titolo pertinente (8992), la maggior parte di questi sono sul rischio di sindrome serotoninergica. Anche la ricerca svolta con i singoli farmaci ha portato a risultati analoghi (92-97). Nessun risultato si è ottenuto con la ricerca di interazioni con la classe farmacologica BPCO Sul motore di ricerca pubMed non ci sono stati risultati pertinenti dall’associazione di oppioidi e patologia respiratoria cronica, né con l’associazione di oppioidi e farmaci anticolinergici. Su www.micromedex.com la ricerca di interazione tra oppioidi ed alcuni antibiotici ha mostrato un incremento di concentrazione plasmatica di buprenorfina, ossicodone e fentanyl in associazio- 62 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile ne a co-somministrazione di azitromicina, eritromicina e claritromicina (99, 48, 88). REUMATOLOGICI Utilizzando il motore di ricerca pubMed sia su www.micromedex.com, la ricerca delle interazioni tra oppioidi e farmaci utilizzati nelle principali patologie reumatologiche ha evidenziato l’esistenza di una documentata interazione di entità moderata, ad insorgenza ritardata, tra ciclosporina e morfina. Infatti, la co-somministrazione di questi due farmaci sembra che possa determinare un rischio aumentato di alterazioni del sistema nervoso. I pazienti che ricevono una terapia concomitante con ciclosporina e morfina, dovrebbero essere monitorizzati per lo sviluppo di complicanze neurologiche quali ansia, insonnia, deficit mnesico, stato confusionale anche severo, e afasia. Si ipotizza come possibile meccanismo fisiopatologico, una diminuzione della soglia di eccitazione delle cellule nervose causata dall’ipercalcemia intracellulare indotta da ciclosporina, il che potrebbe amplificare l’effetto disforico di morfina, e comunque far insorgere complicanze neurologiche. Il riferimento bibliografico, definito di grado buono, riporta una maggiore incidenza, in pazienti trapiantati, di complicanze neurologiche derivanti dalla somministrazione simultanea di ciclosporina e morfina (117). MORBO DI PARKINSON La ricerca bibliografica è stata ottenuta incrociando nel Database MeSH i seguenti termini: “Parkinson Disease” (Mesh) e “Analgesics, Opioid” (Mesh) fornendo 9 lavori di cui 2 possono essere considerati parzialmente rilevanti (118119). La stringa di ricerca “Parkinson Disease” (Mesh) e “Analgesics, Opioid” (Pharmacological Action) ha fornito 39 lavori, di questi solo 1 può essere considerato parzialmente rilevante (120). Le stringhe di ricerca “Analgesics, Opioid” (Pharmacological Action)) e “Antiparkinson Agents” (Pharmacological Action) e “Analgesics, Opioid” (Pharmacological Action)) e “Antiparkinson Agents” (Mesh) non hanno fornito articoli rilevanti. A fronte di questo occorre notare che non sono stati condotti studi specifici per valutare le possibili interazioni tra analgesici oppiacei e farmaci utilizzati per la terapia del morbo di Parkinson e quindi le evidenze in questo momento disponibili derivano solo da sporadiche segnalazioni circa l’uso degli oppioidi in corso di anestesia in pazienti parkinsoniani sottoposti ad interventi chirurgici, quindi con dosi e modalità di somministrazione molto differenti da quelle degli oppioidi usati per la terapia del dolore. Incrociando su pubMed i principali analgesici oppioidi con i farmaci utilizzati per la terapia del morbo di Parkinson (L-dopa, carbidopa, entacapone, selegiline, rasagiline, pramipexole, rotigotine, ropinirole) non sono stati trovati lavori (trials clinici, studi non controllati, case report o esperienze cliniche) che risultassero rilevanti. La medesima ricerca condotta con Medscape Drug Interaction Checker e Micromedex for iPhone (ver. 1.1.13.725) mostra la rilevante interazione tra inibitori delle MAO e analgesici oppioidi: una ricerca bibliografica mirata a indagare tale interazione ha consentito di individuare due lavori (121-122). Il primo lavoro è una review sulla possibile insorgenza di una sindrome serotoninergica in conseguenza dell’interazione tra MAO inibitori e analgesici oppioidi. Infatti tale sindrome può essere determinata dall’interazione tra farmaci serotoninergici e farmaci inibitori del reuptake della serotonina (SRI) con conseguenti marcati effetti collaterali serotoninergici e, nel 15% dei casi, moderata tossicità serotoninergica di grado non severo, che produce ipertermia e rischio di morte. La combinazione di farmaci serotoninergici che agiscono attraverso meccanismi diversi può causare un aumento della serotonina intra-sinaptica fino a livelli pericolosi per la vita. La combinazione che più comunemente conduce a questo è costituita dall’interazione tra MAO inibitori e SRI. Alcuni analgesici oppioidi possiedono attività serotoninergica: gli oppioidi della serie delle fenilpiperidine quali petidina (meperidina), tramadolo. Metadone, destrometorfano e propossifene sembrano essere deboli inibitori del reuptake della serotonina e sono stati implicati in reazioni tossiche serotoniniche con MAO inibitori (compresi alcuni casi fatali). Morfina, codeina, ossicodone e buprenorfina non sono SRI e non precipitano reazioni tossiche serotoniniche con MAO inibitori. Il secondo lavoro, di Lecht et al., è una review su rasagilina. Gli autori stressano il concetto che la somministrazione contemporanea dell’agonista dei recettori oppioidi meperidina (petidina) con rasagilina è controindicato per la possibile insorgenza di una sindrome serotoninica. Dovrebbero trascorrere almeno 14 giorni tra la sospensione di rasagilina e l’inizio di una terapia con meperidina. Inoltre è ipotizzabile in teoria una interazione con tramadolo, metadone, propossifene poiché questi agonisti dei recettori oppioidi hanno dimostrato in vitro di inibire il reuptake della serotonina. Ceci M., Gianni W., Madaio R.A., et al. - Il management farmacologico... 63 BIBLIOGRAFIA 1. MANCHIKANTI L., SINGH V., KLOTH D., et al.: ASIPP Practice Guidelines Interventional Techniques in the Management of Chronic Pain: Part 2.0. Pain Physician 2001; 4: 24-98. 2. TURK D.C., WILSON H.D., CAHANA A.: Treatment of chronic non-cancer pain. Lancet 2011; 377, 9784: 2226-2235. 3. Il dolore cronico in Medicina Generale. Ministero della Salute. Available from: www.salute.gov.it. 4. AGS Clinical Practice Guideline: Pharmacological Management of Persistent Pain in Older Persons 2002. 5. GIANNI W., MADAIO R.A., DI CIOCCIO L., et al.: Prevalence of pain in elderly hospitalized patients. Arch Gerontol and Geriatrics 2010; 51: 273-276. 6. Italia, Decreto legislativo 15.03.2010 N. 38. 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C E ACIDO ALFA LIPOICO IN UN GRUPPO DI PAZIENTI CON DEMENZA TIPO ALZhEIMER E/O vASCULOPATICI CEREbRALI Suraci D.1, Mileto A.2, Argirò R.A.3,Tedesco L.4, Polimeni V.5 1 2 3 4 5 Dirigente medico U.V.A.- U.O. Complessa Geriatria, P.O. Locri, ASP 5 R.C. Dirigente medico U.O. Medicina Fisica e Riabilitazione, P.O. Locri, ASP 5 R.C. Responsabile U.O.C. Medicina Fisica e Riabilitazione, P.O. Locri, ASP 5 R.C. Dirigente medico U.O. Complessa Geriatria, P.O. Locri, ASP 5 R.C. Dirigente medico U.O. di Fisiatria, A.O. Bianchi Melacrino Morelli R.C. Riassunto: Lo studio nasce dalla collaborazione tra fisiatri e geriatri per valutare l’efficacia terapeutica e l’affidabilità di un integratore a base di citicolina combinata con antiossidanti come l’acido alfa lipoico, le vitamine C ed E (Rischiaril) sul decadimento cognitivo e sulle neuropatie in genere, specie diabetiche, su un gruppo di 40 anziani con cluster di fattori indicativi di disabilità quali deficit cognitivi e/o con demenza conclamata e/o con polineuropatia, e tutti con variabile grado di disabilità funzionale e di deterioramento globale. Tutti i soggetti arruolati ed eletti alla somministrazione di tale terapia sono stati sottoposti a valutazione multidimensionale (V.M.D.) con scale specifiche, all’inizio del trattamento e periodicamente valutati per saggiare l’efficacia, gli effetti e la tollerabilità di tale integratore. Lo stesso si è dimostrato efficace nel migliorare la performance cognitiva, il tono dell’umore, la stabilità emotiva, i disturbi del sonno e quelli comportamentali e funzionali nella demenza di Alzheimer (A.D.) lieve, specie in associazione con i farmaci antidemenza. Tale integratore, contrastando lo stress ossidativo a livello neuronale, rappresenta un aiuto nei deficit vascolari cognitivi lievi e un supporto terapeutico aggiuntivo nei pazienti con AD o con demenza vascolare. Parole chiave: demenza, valutazione multidimensionale, citicolina, acido alfa lipoico, stress ossidativo. Effects of the amministration of integrators containing choline, vitamin E and C and alpha lipoic acid (Rischiaril) on a group of patients with Alzheimer disease and/or cerebrovascular disease with cognitive impairment and/or diabetes mellitus complicated by polyneuropathy Summary: This study is a collaboration between geriatricians and physiatrists. It evaluates the therapeutic efficacy and the reliability of an integrator containing citicoline combined with antioxidants such as alpha lipoic acid, vitamins C and E (Rischiaril) on cognitive impairment and on neuropathy in general and more specifically on diabetic neuropathies. This study was carried out on a group of 40 elderly people with cluster of various disabilities such as cognitive deficits and/or with overt dementia and/or with polyneuropathy all having a variable degree of functional disability and of global deterioration. All the patients involved in the therapy have undergone a multidimensional evaluation (assessment) with structured scales. Each patient was tested at the beginning and has been periodically re-evaluated in order to verify the efficacy, the level of tolerance and the effects of this integrator. It has proved effective in improving cognitive performance, mood levels, emotional stability, sleeping disorders and behavioural and functional disorders in mild Alzheimer’s dementia (AD), especially in association with anti-dementia drugs. This integrator counteracting oxidative stress at neuronal level is an aid in mild vascular cognitive impairment and is an additional therapeutic support in the patients with AD or vascular dementia. Key words: dementia, assessment, citicoline, alpha lipoic acid, oxidative stress. INTRODUZIONE È nota in letteratura l’efficacia terapeutica combinata di molecole neurotrofiche come la citicolina ed antiossidanti come l’acido alfa lipoico sul decadimento cognitivo e sulle polineuropatie. La colina sotto forma di colina citidina-5’-fosfato interviene quale precursore dei fosfolipidi nella genesi e riparazione delle membrane cellulari, rappresentando un fattore atto a mantenere a Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Domenico Suraci S.O.C. Geriatria Centro U.V.A. P.O. LOCRI (RC) ASP 5 Reggio Calabria livello delle membrane neuronali il fisiologico assetto della compagine fosfolipidica. L’acido alfa lipoico e le vitamine C ed E sostanze anti-radicaliche contrastano lo stress ossidativo responsabile della vulnerabilità neuronale. La funzione dell’implementazione di tali sostanze nella dieta è quella di contrastare il danno delle membrane neuronali, favorendo attività fisiologiche molto importanti per le funzioni mentali, specie quelle cognitive quali memoria, attenzione, concentrazione e orientamento spazio temporale. L’acido lipoico è un cofattore di numerosi sistemi enzimatici, interviene nel controllo del glucosio e nella prevenzione dei fenomeni ischemici cerebrali e della cataratta. La colina viene anche utilizzata 68 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile dai neuroni per la sintesi dell’acetilcolina, favorendo la trasmissione degli impulsi nervosi (1-4). SCOPO DELLO STUDIO Valutare l’efficacia, la tollerabilità e gli effetti collaterali della somministrazione di citicolina, addizionata all’acido alfa lipoico, vitamina C ed E (Rischiaril) (4), nel migliorare il trofismo neuronale corticale e il trofismo dei nervi periferici, in una coorte di pazienti, specie anziani, con cluster di fattori indicatori di disabilità quali deterioramento cognitivo iniziale (3) o avanzato da vasculopatia cerebrale cronica ischemica (5) e/o degenerativa (6) e/o polineuropatia diabetica e/o alcolica e/o da altri fattori eziopatogenetici, con variabile grado di disabilità funzionale e, quindi, di deterioramento globale; valutare con scale specifiche di valutazione multidimensionale (V.M.D.) (7-12) i soggetti arruolati all’inizio del trattamento e periodicamente testarli, monitorando, così, nel contempo, l’efficacia e l’affidabilità di tale integratore; evidenziare se, effettivamente, si riscontri un miglioramento della performance globale sia cognitiva e comportamentale che funzionale e della neuropatia dei soggetti, sia mediante l’obiettività dei test che come sensazione di livello di qualità percepita dai pazienti stessi e/o dai loro caregivers; valutare eventuali effetti avversi. In base ai criteri adottati i pazienti sono stati distinti in vari sottogruppi, classificati in base a sesso, età, performance fisica residua e loro correlazione alla minore o maggiore efficacia clinica. Lo studio nasce da una collaborazione tra fisiatri e geriatri. MATERIALI E METODI Nel periodo Gennaio-Dicembre 2011, dei pazienti afferiti al centro UVA di Geriatria ed all’ambulatorio di Fisiatria dell’Ospedale di Locri, sono stati arruolati nel nostro studio e quindi eletti al trattamento con Rischiaril n. 40 (M. 21 F. 19) (M. età min-max 50-88 aa.) (F. età min-max 57-90 aa.). I pazienti selezionati per il trattamento erano affetti da deficit cognitivo da tipizzare e/o Mild Cognitive Impairment (MCI) e/o da cerebropatie vascolari e/o degenerative già conclamate e diagnosticate, inclusa Demenza Tipo Alzheimer (A.D.) lieve-moderata, già in trattamento con altri farmaci specifici per l’A.D.; un sottogruppo di n.12 pazienti era anche contemporaneamente affetto da dolore neuropatico riferito, a varia eziologia; 8 pz. erano affetti da diabete mellito con neuropatia e con valori di Hbg (emoglobina glicosilata) in fase di labile compenso. Quasi tutti alla 1a visita (T0) avevano eseguito esami chimici e strumentali (molti con neuroimaging positivo per atrofia cerebrale). I 40 pazienti valutati in T0 sono stati sottoposti a terapia con Rischiaril per 12 mesi al dosaggio di 1 c. x 2/die, rivalutati in T1 a tre mesi, in T2 a sei mesi, in T3 a 12 mesi, continuando le restanti terapie farmacologiche, a cui erano già sottoposti per altre patologie, inclusi i farmaci per l’A.D. (6). Tutti i pazienti eleggibili al trattamento con Rischiaril sono stati sottoposti ad attenta anamnesi, valutazione clinica obiettiva ed alla somministrazione di scale di valutazione appropriate; in altre parole, essi sono stati sottoposti a Valutazione Multidimensionale (V.M.D) (7-12). La valutazione V.M.D., con somministrazione di scale appropriate validate in campo internazionale, da noi applicata con verifica obiettiva, era così strutturata: VALUTAZIONE ANAMNESTICO-MEDICO-CLINICA (visita medica con valutazione clinica obiettiva e degli esami chimico clinici e strumentali)/V. COGNITIVA (Mini Mental State - M.M.S.) (da M.F. Folstein et al.): DEFICIT COGNITIVO GRAVE score (0-10) DEFICIT COGNITIVO MEDIO score (11-20) DEFICIT COGNITIVO LIEVE score (21-23) NORMALITÀ score (24-30)/ V. FUNZIONALE: A.D.L. (da Katz et al. mod. da L.Z. Rubenstein) suddividendo i pz. in 3 gruppi in base al grado di competenza autonoma: AUTOSUFFICIENTE o Indipendente (score 5-6) - IN PARTE non AUTOSUFFICIENTE o parzialmente Dipendente (score 3-4) - NON AUTOSUFFICIENTE o totalmente Dipendente (score 0-2); I.A.D.L. (da Law-ton & Brody, mod. da L.Z. Ruben-stein) NORMALITÀ (score 7-8) - COMPROMISSIONE MEDIA (score 4-6) - COMPROMISSIONE GRAVE (score 0-3). DEFICIT SENSORIALI (Vista e Udito) (da F. Fabris)/V. AFFETTIVA (G.D.S.) (da T.L. Brinke e J.A. Yesavage) per la depressione: score 0-10 NORMA-LITÀ/score 11-20 DEPRESSIONE LIEVE/score 21-30 DEPRESSIONE GRA-VE/V. SOCIO-AMBIENTALE (V.S.A.) (Scala di L.Z. Rubenstein) rapporti con i pa-renti/con gli amici/ livello rapporti sociali/grado di utilità e di adattamento sociale percepiti/situazione abitativa/ livello di capacità di gestione e controllo dell’ambiente circostante (score range 0-50)/V.A.S. per evidenziare il grado di dolore neuropatico avvertito/V. FISIATRICA E GERIATRICA GLOBALE che, aldilà dei dati numerici emersi dai singoli test, calibrava il peso di ogni singola valutazione nell’ambito della performance globale del paziente (7-12). Nella nostra esperienza, considerando l’influenza del setting di valutazione sulla performance globale dei pazienti, i test erano somministrati dall’esaminatore implementando alla valutazione anamnestica (con raccolta anche di informazioni di tipo descrittivo-osservazionale della quotidianità psico-cognitivo-comportamentale dei soggetti da parte dei loro caregivers), la verifica obiettiva del grado di competenza prassica autonomica; non ci si è quindi, basati solo su un momento d’impatto compartecipativo emoziona- Suraci D. - Effetti della somministrazione... 69 le specifico coinvolgente il paziente all’atto di somministrazione dei test, in quanto, spesso, egli o per negativismo psicologico o diffidenza o scarsa aderenza o setting inadeguato o basso indice di scolarità o altro, ci fornisce dei dati numerici non del tutto corrispondenti all’effettiva quotidianità del suo status. Tale metodica, a nostro avviso, consente così, di ottenere una misura quali-quantitativa prestazionale più aderente alla realtà del pz. ed alla sua percezione di severità della patologia e più facilmente reiterabile come controllo nel tempo, anche al fine di valutare l’efficacia di un trattamento. RISULTATI E DISCUSSIONE I 40 pazienti (M. 21, F. 19) (Fig. 1) arruolati nel nostro studio sono stati suddivisi per sesso in 4 classi di età: < 65 aa./65-75 aa./76-85 aa./> 85 aa. (range età min-max dei soggetti esaminati aa. 50–90) (Tab. 1). In buona parte dei pazienti vi era un deficit cognitivo e/o comportamentale e/o della vita relazionale di grado lieve-moderato. Nella nostra esperienza dei 40 pazienti trattati con Rischiaril 21 erano anche in terapia per A.D. lieve e/o moderata con i farmaci prescritti dal nostro Centro UVA, quali inibitori dell’acetil-colinesterasi (donepezil) rivastigmina e memantina. Dei pazienti trattati e valutati a distanza di 3 mesi circa dal tempo 0, il 35% presentava alla V.M.D., miglioramento psico-comportamentale, percepito anche dai caregivers, miglioramento del tono dell’umore, miglioramento della capacità di attenzione e di iniziativa nello svolgere compiti della vita quotidiana senza alterazioni bioumorali, né effetti collaterali. A 6 mesi, la percentuale di “responders” era del 45% e a 12 mesi del 52% con migliore capacità di gestione dell’ambiente e della vita relazionale (Scala V.S.A. di Rubenstein), lieve incremento al M.M.S., nelle A.D.L. (indice di Katz) e I.A.D.L. e miglioramento alla G.D.S. Nel 65% dei pazienti diabetici, si era riscontrato un buon compenso dell’Hbg glicata. In circa il 70% dei pz. esaminati, affetti da neuropatia e artromialgie diffuse, in buona parte diabetici, si era notata una riduzione oggettiva e soggettiva percepita dei sintomi dolorosi, con miglioramento della vita di relazione. Da segnalare in 2 pazienti lievi e transitori episodi dispeptici, regrediti spontaneamente, e non necessariamente imputabili all’integratore. I risultati del M.M.S., delle A.D.L. e I.A.D.L., G.D.S., V.S.A. sono esplicitati e riassunti nelle tabelle (Tabb. 2, 3, 4) e nei rispettivi grafici (Figg. 2, 3, 4, 5, 6). CONCLUSIONI Da questi dati si evince l’effetto positivo di questo integratore sui disturbi cognitivi, comportamentali e funzionali della A.D. lieve, specie in Fig. 1 Tab. 1 - N. 40 pz. divisi per sesso e classi di età (range Età min - max aa. 50 - 90) ETÀ < 65 65 - 75 76 - 85 > 85 TOT. PZ. MASCHI 3 7 10 1 21 FEMMINE 4 6 7 2 19 PZ. 7 13 17 3 40 Fig. 2 - N. 40 pazienti trattati con Rischiaril divisi per gruppi di età e sesso (Range di età minima-massima dei pazienti esaminati: aa.50-90) Tab. 2 - M.M.S. SU N. 40 PZ SCORE DEFICIT GRAVE (0-10) MEDIO (11-20) LIEVE (21-23) NORM.(24 -30) TOT. PZ. MASCHI 1 8 10 2 21 FEMMINE 1 9 8 1 19 PZ. 2 17 18 3 40 Fig. 3 - Risultati della Valutazione Cognitiva con M.M.S. (Mini Mental State) su 40 pazienti trattati con Rischiaril. 70 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile Tab. 3 - A.D.L. SU N. 40 PZ. SCORE DEFICIT MASCHI AUTOSUFF (5-6) 11 IN PARTE AUTOSUFF. (3-4) 9 NON AUTOSUFF. (0-2) 1 TOT. PZ. 21 FEMMINE 10 8 1 19 Tab. 4 - I.A.D.L. SU N. 40 PZ PZ. 21 17 2 40 Fig. 4 - (V.M.D.) risultati dellaValutazione Funzionale a T0 nello svolgimento delle attività basali della vita quotidiana mediante scala A.D.L. (Katz) su 40 pazienti trattati con Rischiaril. Fig. 5 - (V.M.D.) Risultati a T0 della Valutazione Funzionale nello svolgere le attività strumentali della vita quotidiana, mediante scala L.A.D.L. (Lawton e Brody) su 40 pazienti trattati con Rischiaril. associazione con i farmaci antidemenza, con miglioramento del tono dell’umore, della stabilità emotiva, dell’orientamento, dei disturbi del sonno, in genere (4) e nelle ADL e IADL, GDS, VSA in oltre il 50% dei pazienti esaminati. Da segnalare, comunque, la stabilizzazione della performance cognitiva e dei BPSD nel 35% dei pazienti con demenza moderata sia A.D. che vascolare, sia come sensazione soggettiva dei pz. e come grado di soddisfazione percepita dai caregivers, che oggettiva, obiettivabile cioè con i test di valutazione multidimensionale applicati (7-12). Da segnalare, inoltre, in una buona percentuale di pazienti trattati, una riduzione del dolore neuropatico diabetico. Il miglioramento prestazionale con aumento di circa 1-2 punti al MMS è stato riscontrato in modo più eclatante nel 75% dei soggetti con minimo declino cognitivo (MCI), non SCORE DEFICIT GRAVE (0-3) MEDIO (4-6) AUTOSUFF. (7-8) TOT. PZ. MASCHI 2 7 12 21 FEMMINE 1 8 10 19 PZ. 3 15 22 40 Fig. 6 - Risultati della Valutazione Affettiva mediante G.D.S. (Geriatric Depression Scale) (da Brinke e Yesavage) su 40 pazienti trattati con Rischiaril. Fig. 7 - Risultati della Valutazione Socio-Ambientale (Scala di L.Z. Rubenstein) su 40 pazienti trattati con Rischiaril. trattati con altri farmaci nootropi e che sono risultati essere, quindi, i più responders alla somministrazione dell’integratore. Probabilmente i vantaggi ottenuti, con la somministrazione del Rischiaril sono imputabili all’azione antiradicalica dei principi attivi, che contrastano lo stress ossidativo a livello neuronale, migliorando le normali attività fisiologiche e trasmettitoriali neuronali, rappresentando un aiuto per chi ha deficit vascolari cognitivi lievi, MCI e un supporto terapeutico aggiuntivo stabilizzante del quadro cognitivo comportamentale funzionale nei pazienti con A.D., già in terapia con inibitori dell’acetilcolinesterasi, o con demenza vascolare. Ulteriori studi potranno confermare quanto da noi osservato in questo studio. Suraci D. - Effetti della somministrazione... 71 BIBLIOGRAFIA 1. MCDANIEL M.A, EINSTEIN G.O.: “The neuropsychology of prospective memory in normal aging: a componential approach”. Neuropsychologia, 2011; 49: 2147- 2155. 2. CARLESIMO G.A, COSTA A.: “An introduction to the special issue on the neuropsychology of prospective memory”. Neuropsychologia 2011; 49: 21432146. 3. 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Dipartimento di non autosufficienza e riabilitazione, Unità Operativa Complessa di Geriatria, Ospedale Guglielmo da Saliceto, Piacenza Riassunto: Il cibo rivisitato non per le sue peculiarità biologiche, ma poiché essenziale alla vita dell’uomo, proprio per questo rimanda al rapporto che da sempre ha legato l’uomo al Divino, al Creatore: il cibo come anche dono Divino e pertanto Sacro; il cibo in quanto essenziale, che rimanda al senso della vita. Fin dall’antichità il cibo è intimamente legato ad un simbolismo antropologico e religioso. Il mangiare dei nostri avi un determinato alimento per modo e quantità, il digiuno, il divieto (tabù) per alcuni cibi o la moderazione assumono profondo significato di sacralità. Molti di questi rituali che abbiamo dimenticato stanno alla base della nostra cultura alimentare attuale e delle diversità tra i vari popoli, ma proprio queste diversità ci insegnano a comprendere meglio come attraverso il cibo è comunque possibile la convivenza pacifica fra i popoli in una realtà di globalizzazione. E anche, come molti precetti religiosi non sono in contrasto con le “regole di una sana alimentazione”. Parole chiave: cibo, sacro, religione, pane, moderazione, culture. Food and sacred are an epicrisis of our eating habits Summary: In this paper the food is not revisited for its biological characteristics, but because essential to human life the food refers to the relationship that has always linked the man to the Divine, the Creator. The food as God's gift and therefore sacred, and the food as essential need that refers to the meaning of life. Since ancient times, the food is intimately linked to an anthropological and religious symbolism. Eating a particular food in a manner and quantity, and fasting or prohibition (taboo) for certain foods or moderation too, overall assume great significance of sacredness. Many of these rituals that we have forgotten are the basis of our current food culture and diversity among various peoples, but precisely these differences teach us to better understand how by the knowledge into different food uses and choises is still possible a peaceful coexistence between peoples in a world of globalization. Noteworthy, many religious precepts are not in conflict with the "standards of healthy eating." Key words: food, sacred, religion, bread, moderation, culture. INTRODUZIONE Il termine “sacro” deriva dal termine latino arcaico sakros rinvenuto sul Lapis Niger (Fig. 1), in un sito archeologico romano (nell’area del Foro romano a Roma, sul luogo dei comizi a poca distanza dalla Curia Iulia) risalente al VI secolo a.C. e, in un significato successivo, indica anche ciò che è dedicato alla divinità e al suo culto (1). La radice di sakros è il radicale indoeuropeo sak il quale indica qualcosa a cui è stata conferita validità ovvero che acquisisce il dato di fatto reale, suo fondamento e conforme al cosmo. Da qui anche il termine, sempre latino, di “sancire” evidenziato nelle leggi e negli accordi. Seguendo questo insieme di significati, il sakros sancisce una alterità, un essere “altro” e “diverso” rispetto all’ordinario, al comune, al profano. Il termine sakros corrisponde all’ittita saklai, al greco hagois, al Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Franchi Fabrizio Dipartimento di non autosufficienza e riabilitazione, Unità Operativa Complessa di Geriatria, Ospedale G. da Saliceto, Via Taverna 49 – 29100 Piacenza, Azienda Sanitaria Locale di Piacenza Tel: 0523 302705 Email: [email protected] gotico sakan. Ancora, sacro è un termine storico religioso, fenomenologico religioso e antropologico che indica una categoria di attributi e realtà che si aggiungono o significano ulteriormente il reale ordinariamente percepito e indicato come profano. L’esperienza del “sacro” è al cuore di tutte le religioni (2). “Il sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della storia della coscienza. L’esperienza del sacro è indissolubilmente legata allo sforzo compiuto dall’uomo per costruire un mondo che abbia un significato. Le ierofanie (scienza delle religioni) e i simboli religiosi costituiscono un linguaggio preriflessivo. Trattandosi di un linguaggio specifico, sui generis, esso necessita di un’ermeneutica propria” (3). Perché una relazione tra cibo e sacro? Più si percorre all’indietro la storia e maggiore è il rispetto e la compassione manifestata per ogni essere vivente. Questo sentimento d’amore universale, questa ricchezza morale e spirituale è andata gradualmente affievolendosi, specialmente nei Paesi occidentali, a causa della filosofia aristotelica, agostiniana, d’aquiniana, cartesiana… i cui principi antropocentrici se da una parte hanno posto l’uomo al centro della creazione dall’altra lo hanno staccato dalle sue origini naturali causando 74 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile un progressivo disprezzo per tutto ciò che era ed è dissimile da lui. Abituati come siamo a consumare qualsiasi cosa in ogni momento della giornata, da soli, di fretta, magari in piedi o guardando la televisione o navigando in internet, le religioni ci ricordano uno stile di vita completamente diverso (4). Il cibo è un elemento costante della nostra vita quotidiana, e tuttavia non risponde solamente a esigenze o bisogni legati al corpo, ma è stato fatto oggetto fin dall’antichità di attenzioni di natura simbolica che rimandano a caratteri di sacralità, di ritualità, di seduzione e mistero. Non è un caso che il cibo sia presente come fatto culturale in ogni realtà comunitaria e nazionale, e d’altro canto esso è pure fattore caratterizzante delle religioni. L’uomo soddisfa l’universale biologico della nutrizione in modo non dissimile dagli altri mammiferi. Soltanto l’uomo possiede però quel dispositivo simbolico che lo obbliga a trasformare i cibi in cose “buone da pensare” oltre che da mangiare. L’uomo è cioè qualche cosa di più di ciò che mangia, dal momento che dà ai cibi forma e valore (5,6). I fatti alimentari sono, in altri termini, parte integrante di quell’universo simbolico che non soltanto ci fa unici tra gli altri animali, ma è anche all’origine della varietà culturale che ci caratterizza come specie. Sostiene Franco Cardini: “Comunque la si affronti la storia è sempre, in un modo o nell’altro, storie di cose da mangiare o della loro mancanza”(7). L’alimentazione è un argomento complesso in cui si intrecciano antropologia, psicologia, folclore, storia delle religioni. Il pasto, insomma, è un fenomeno del corpo, della mente e dell’esistere. Il pasto è un evento così largamente diffuso nello spazio, nel tempo e nei più vari orizzonti religiosi e culturali, da legittimare l’ipotesi che esprima proprio alcuni valori fondamentali. E in ogni festa, fiera o ricorrenza religiosa vi è l’offerta e il consumo collettivo di grandi quantità di cibo. Non è un caso quindi che il cibo sia presente come fatto culturale in tutte le realtà nazionali o comunitarie, ma esso è comunque un elemento che caratterizza le religioni, sia universali che locali, sia istituzionali che popolari. È innegabile il legame tra il divino e il cibo, definibile come “sacralità del cibo”, dovuto al fatto che in molte religioni il cibo ha come prerogativa l’essere considerato dono di Dio… “santificazione del lavoro umano”. Lo si ricerca attraverso l’ausilio dell’implorazione della preghiera (es. dacci oggi il nostro pane quotidiano), con cui lo si riconosce come bisogno umano, dono di Dio che ne è il bene-factor, il bene-fattore. Molte usanze alimentari delle società arcaiche e che ancora oggi ci portiamo appresso, hanno elementi simbolici strettamente legati alle credenze sul mondo degli dei (8). A partire dai grandi monoteismi è riscontrabile una centralità del cibo come fattore impregnato di sacralità. E, tutte, pur nella loro specificità, ma da sempre, ritengono il cibo un vettore che facilita il dialogo tra gli uomini e realizza, al tempo stesso, l’incontro con Dio. Anche la rinuncia del cibo assume caratteri di sacralità, e comunque virtuosi: pensiamo ai digiuni nei loro molteplici significati, insieme culturali e religiose. Un pasto consumato sia in forma liquida che solida, sia crudo o cotto, scarso o opulento assume caratteristiche che contengono e manifestano un’aura di sacralità. La stessa regolamentazione delle quantità e delle qualità differenziate da ingerire può rispondere a motivazioni che rimandano ad una prospettiva legata al sacro. Dare cibo è vita, è creare solidarietà fra chi dà e chi riceve, e non a caso gran parte degli usi e dei saperi si fondano sull’offerta del cibo, come scambio, come dono, come rito, come sacrificio (8-11). Del resto lo stesso cibo ha una sua dinamica che ha molto a che vedere con il ciclo della vita, dunque ancora una volta con un’esperienza che non può non richiamare l’interrogativo sul significato dell’esistenza e, pertanto, sul valore del sacro (8,9). Tra spiritualità e cibo c’è sempre stato un rapporto molto stretto, nonostante si mettano spesso in antagonismo i bisogni corporali con quelli spirituali. È indispensabile alla vita biologica, e il principio base di ogni religione è sempre improntato alla moderazione. Le due contrapposte componenti umane, lo spirito e la carne, appunto, vanno in direzioni opposte. Alimentando la parte “fisica” si alimentano pulsioni terrene, come la sfera sessuale, a scapito dello spirito, che resta rin- Franchi F. - Cibo e sacro: una epicrisi... tuzzato. Solo mortificando tali pulsioni lo spirito può elevarsi. In via generale i precetti alimentari hanno la funzione di far comprendere all’uomo che esiste una volontà divina superiore che pone dei limiti al di là dei quali l’individuo non si deve spingere, come prova di obbedienza e stimolo all’autocontrollo. Da qui nascono i divieti a consumare certi prodotti o a uccidere certi animali. È qui che nasce il concetto di tabù. Molte religioni vietano un gran numero di pietanze per un duplice motivo: a - dare ai fedeli un’identità di gruppo, b - per scoraggiarli dal frequentare miscredenti che potrebbero far nascere in loro il seme dell’empietà (12-14). Il rito, che ricopre un ruolo fondamentale nelle culture primitive, è il tentativo di porsi in armonia con il ciclo naturale, celebrando eventi fondamentali come il quotidiano sorgere e tramontare del sole, il mutare delle stagioni, il variare delle fasi lunari, la semina annuale e il raccolto. Si diceva che tra spiritualità e cibo c’è sempre stato un rapporto molto stretto. Basti pensare al pane e al vino nell’Eucarestia della religione cristiana o all’alimentazione vegetariana di certe religioni orientali o all’uso del digiuno nel ramadan. Il cibo come storia e cultura, memoria e gusto, concetto rituale e simbolico, incontro e integrazione. Conoscere piatti e abitudini alimentari può aiutare a capire meglio l’identità delle diverse culture. Ma può essere prezioso anche per comprendere lo spaesamento, il disagio e la necessità di dialogo dei molti immigrati con i quali ormai conviviamo. Il cibo non è finalizzato a se stesso, ma diventa il punto da cui partire per indagare sulla spiritualità, sulla socialità, oltre che su suoni, colori, architetture, paesaggi delle varie comunità spirituali. Il cibo e le sue valenze diventano allora un filo rosso che si dipana attraverso culture che possono anche trovare un palato comune (9,14,15). Il rapporto che instauriamo con il cibo è quindi complesso e legato a fattori diversi. È senza dubbio un fatto culturale: noi non mangiamo tutto ciò che è commestibile, e si diceva sopra che deve anche essere buono da pensare, oltre che da mangiare. Però non tutti pensiamo il cibo allo stesso modo, perché interviene la mediazione culturale propria della società in cui viviamo. E di certo la religione è un elemento culturale, un marcatore, molto importante. Ribadendo che tutte le religioni considerano il cibo un dono del Dio o degli Dei, ne consegue che l’atto di mangiare non può essere un gesto qualsiasi, ma la consapevolezza che gli alimenti non sono solo il frutto delle mani dell’uomo (8,9). Troppo spesso il ritmo che conduciamo rende veramente proibitivo il ricordo che, legato al cibo, 75 c’è un mondo di valori che non dovremmo mai dimenticare. Il tempo del pasto, così come lo spazio del pasto possono diventare preziose occasioni per avvicinarci al sacro. Purtroppo ci scordiamo che sono un’occasione e un luogo dove è possibile ed auspicabile incontrare non solo Dio ma anche l’uomo! (16,17) In questo quadro alimentare profondamente cambiato rispetto a un passato anche recente le religioni contribuiscono, mantenendo le loro peculiarità, al processo di conoscenza e di convivenza tra i popoli, offrendo una chiave di lettura che impone il riconoscimento del cibo come valore assoluto. Una consapevolezza che le diverse religioni traducono in una prassi che, pur nella logica del rispetto delle differenze, trova importanti punti in comune. Ad esempio il cibo come un dono di Dio. Il mangiare non è solo frutto delle mani dell’uomo ma dono divino. Il ringraziamento a Dio spinge ogni fedele a un’azione di lode e benedizione per il cibo posto sulla tavola. La preghiera sul cibo è una prassi fondamentale nelle religioni orientali. In modo particolare l’induismo invita i fedeli a preparare il pasto secondo prasada (cucinato con devozione per Dio). Non solo: prima di consumare cibi e bevande essi ricordano il suo nome recitando formule di ringraziamento, dette puja. Anche i cristiani possono ricavare dal Nuovo Testamento molti passi dove Gesù pregava prima di accostarsi al cibo: ricordiamo la moltiplicazione dei pani. “Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione” (Mc 6, 41). Una consuetudine mantenuta dalla Chiesa primitiva: “spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio” (At 2, 46-47). La preghiera di ringraziamento prima dei pasti è ben presente anche nell’Islam: “Non cibatevi di ciò su cui non è stato invocato il nome di Dio, sarebbe cosa ingiusta, sicuramente” (sura VI, 121) (8,9,15,17). Si potrebbe concludere questa parte introduttiva considerando il cibo essenziale alla nostra sopravvivenza, sia in senso realistico che in senso simbolico, essendo i simboli necessari per l’ancoraggio dell’uomo nella sua esistenza, nella sua società. Ancora che “Cibo e sacro” non va visto soltanto come endiadi, ma come affermazione, sostituendo alla ‘e’ della congiunzione la ‘è’ del verbo. Infine, Cibo è sacro perché il cibo si dispiega nella cultura come essenziale forma della sacralità e il sacro è cibo nel senso che si materializza attraverso gli alimenti, si invera in essi (15). IL RAPPORTO “CIBO-SACRO” NELLA STORIA E RELIGIONI DELL’UOMO Fin dal mondo antico il cibo ha assunto valore simbolico legato alla dimensione di un rapporto particolare con il sacro e con il divino, con il mistero. In tutte le religioni dell’antichità questo 76 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile valore simbolico si è espresso in vari rituali legati alla consumazione del cibo. La stessa separazione (ma anche il rapporto) tra il mondo dei vivi e quello dei morti è quasi sempre garantito dalla circolazione di cibi: quelli consumati nei giorni del lutto, quelli offerti periodicamente dai vivi o deposti nelle tombe per accompagnare il viaggio dei morti, ma anche i cibi donati da questi ultimi ai vivi, soprattutto ai bambini. Durante il periodo Mesolitico (9000-4000 a.C.) la pratica di inumazione viene realizzata nella posizione fetale, modalità che indica che la tomba è considerata un uovo pronto a generare nuova vita (6,18). Gli antichi egiziani ritenevano che la vita continuasse dopo la morte e che l’anima avesse ancora bisogno di mangiare, di bere e di tutte le cose di cui godeva in vita; nelle tombe sono state rinvenute quantità abbondanti di cibi e bevande conservati in vari tipi di contenitori, che dovevano garantire al morto di che sopravvivere nell’aldilà. Troviamo inoltre alcune serie di oggetti con una funzione essenzialmente magica, che dovevano fornire da mangiare e da bere per l’eternità all’anima del defunto, poiché i cibi nel corredo funerario potevano esaurirsi o deperire (stele funerarie, con la formula magica dell’offerta e la raffigurazione del pasto funerario da parte del defunto e dei parenti; delle statuette di servitori in atto di produrre alimenti di vario tipo; delle tavole d’offerta con le raffigurazioni dei vari cibi, ecc). Ma l’antica saggezza egiziana non esitava ad ammonire contro gli stravizi e le esagerazioni della tavola! In alcuni papiri con “insegnamenti morali” si leggono infatti delle massime molto significative e anche molto attuali, come “Non ti abbuffare di cibo: chi lo fa avrà la vita abbreviata”, oppure “è gran lode dell’uomo saggio contenersi nel mangiare”, o infine “è meglio stentare dalla fame che morire d’indigestione”(19). Il pane e la birra erano la base dell’alimentazione degli antichi egiziani e pertanto costituivano anche la base delle offerte funerarie per i defunti, come riporta la classica formula dell’offerta che compare sulle stele e su numerosi oggetti dei corredi delle tombe. A conferma dell’importanza di questi alimenti venivano deposti nelle tombe dei modelli di servitori, caratteristici dell’Antico Regno, che raffigurano donne in atto di macinare cereali o di preparare la birra per l’anima del defunto. La cottura avveniva in forni domestici, o anche su lastre di pietra arroventata; per particolari tipi di pane, per usi religiosi e soprattutto per l’offerta nei templi del pane bianco conico, venivano utilizzate delle forme di terracotta preriscaldate (19,20). Nel panorama delle espressioni religiose fiorite nell’antica Grecia è possibile individuare due componenti fondamentali: la religione olimpica e le religioni misteriche (misteri eleusini e misteri orfici) (21,22). Queste ultime avevano un carattere non pubblico, in quanto solo coloro che venivano sottoposti ai rituali di iniziazione potevano conoscere i contenuti dottrinali e i riti di tali religioni. Avevano conoscenze, credenze ed un’organizzazione gerarchica molto diverse dai non iniziati. Il culto di Demetra (dea della terra e del grano) nei riti eleusini (dalla città greca Eleusi) inizialmente era volto a propiziare nella stagione della semina la fecondità dei campi. I misteri orfici devono il loro nome al mitico cantore tracio Orfeo protagonista del tentativo fallito di liberare la moglie Euridice dal mondo degli Inferi e poi ucciso da una schiera di baccanti in preda al furore orgiastico. Venivano rispettati determinati principi morali che consistevano soprattutto nel rinunciare completamente ai piaceri del mondo e al compimento di azioni malvagie: perciò presso gli Orfici si trova così vivo l’orrore del sangue, così possente il desiderio della Giustizia (Dike) e della Legge (Nomos): Nomos e Dike, che così sovente ritornano nei frammenti orfici. Dio centrale della teologia e del culto orfico viene assunto Dioniso. La religione dei misteri (che ha influenzato il pensiero di filosofi come Pitagora e Platone), si fonda sull’insopprimibile bisogno di “salvezza” che attraversa l’esistenza dell’uomo greco e che lo spinge a ricercare attraverso pratiche rituali liturgiche la purificazione da una colpa originaria e ad attuali per accedere ad una immortalità beata che gli restituirà la propria natura divina, perduta con la sua entrata nel corpo a motivo di una colpa originaria (22). Utilizzo del cibo e dell’acqua come purificazione del corpo e dell’anima; importanza del cibo in una visione sacra: l’acqua (elemento purificatore del corpo e dello spirito), il latte , l’agnello. Hanno accettato anche il rituale di uccisione dell’animale sacro con ingestione delle sue carni crude (omv jagia); ma hanno considerato questo sacrificio, come il memoriale, la riproduzione di un sacrificio primordiale, in cui Dioniso, sotto la forma di toro, subì per altrui violenza lo sbranamento (un misfatto, un deicidio, da cui deriva la triste posizione dell’uomo sulla terra, la sua oscura prigionia, dalla quale è lunga e difficile la liberazione). L’Orfico si impone una vita di purità, di ascetismo, di purificazioni cerimoniali (22). Anche segni esteriori contraddistinguono chi mena una vita siffatta: una veste bianca; orrore di tutto che implichi un contatto mortuario, come: a) la vicinanza delle tombe, b) il mangiare i legumi che sono l’offerta precipua che si fa ai defunti, c) il vestir di lana, anche nella tomba, perché la lana fu il mantello di un animale, d) il gustare uova e carne, perché anch’esse in contatto con le anime peregrinanti nei cicli vari della metempsicosi. Il vegetarismo orfico e poi pitagorico è “conditio sine qua non” per il superamento mistico della mondanità e come espressione di rottura con Franchi F. - Cibo e sacro: una epicrisi... quello tradizionale, che prevedeva il consumo rituale delle carni sacrificate. Le modalità con cui le antiche religioni celebravano il sacrifico rituale dell’animale, le cui carni venivano riservate agli uomini e il fumo e il grasso agli dei “comportava 2 diversi modi di essere: umano (mortale) e divino (immortale). La condizione umana in particolare come quella di dover sacrificare agli dei, di dover mangiare, di dover morire (21,22). Il sacrifico cruento significa: diversa condizione rispetto agli Dei. I primi devono sacrificare ai secondi e della vittima sacrificale, gli uomini devono mangiare la carne mentre gli dei immortali godono del sacrificio come atto di omaggio e non come cibo: gli uni sono coloro che hanno bisogno di mangiare per vivere e perciò mangiano le carni sacrificali, gli altri non hanno bisogno di mangiare e perciò non ne mangiano. La scuola Pitagorica riteneva il cibo non solo mezzo per nutrire il corpo, ma mezzo di educazione allo spirito della filosofia. In questa scuola dove la riflessione filosofica e spirituale si univa alla ricerca scientifica, sono state scoperte proprietà curative del cibo. Ed è anche in questa scuola che vengono fondati i principi del vegetarianesimo. Celebri anche i precetti salutisti della Scuola salernitana: “se ti mancano i medici, siano per te medici queste tre cose: “l’animo lieto, la quiete, e la moderata dieta”. Si fondava precisamente sul principio del cibo come cura del corpo e a motivo della concezione dell’unità dell’anima con il corpo, come fonte del benessere non solo fisico ma anche spirituale dell’uomo. Il cibo dunque, sia nelle religioni che in scuole filosofiche dell’antichità, ha avuto un grande valore simbolico perché mette in luce alcune importanti dimensioni antropologiche rivelatrici del mistero dell’uomo che è composto di corpo e di spirito e che per questo avverte un bisogno di rapporto sempre più profondo con ciò che è spirituale e sacro (22-24). La simbologia del cibo nella Bibbia, testo fondamento delle tre grandi religioni monoteiste, è rilevante. Dio nella prospettiva biblica e cristiana ci tocca per mezzo di realtà materiali attraverso doni del creato che egli assume al suo servizio, facendone strumenti dell’incontro tra noi e Lui stesso (es. la manna). Queste realtà materiali sono precipuamente i 4 elementi della creazione che si ritrovano nei sacramenti: acqua, pane di frumento, vino e olio di oliva. Il pane, in particolare, ha assunto un significato fondamentale nel simbolismo sacro. Alla sua nascita concorrono la terra che genera il grano, l’acqua che impasta la farina, l’aria che favorisce la lievitazione, il fuoco che lo cuoce: i quattro elementi primordiali in cui il filosofo Empedocle vide l’origine del mondo, terraacqua-aria-fuoco s’incontrano nel cibo primordiale della storia umana, il pane. Un poema, possia- 77 mo dire, cui hanno posto mano cielo e terra (15,17,19). Come tutto ciò che sta all’origine della vita e della storia, questo alimento è sacro. Il pane, come altri cibi, è stato usato ben prima dell’avvento del cristianesimo in riti religiosi come oggetto da offrire alla divinità (9). Dall’Epopea di Gilgamesh, un racconto epico di fondamentale importanza della religione babilonese, apprendiamo che già nel 2° millennio a.C. il pane era offerto agli dèi come oggetto consacrato. In alcune antiche feste ebraiche, attestate nell’Antico Testamento, sono presenti usi sacrali del pane. Per Shavu’ot, la festa del raccolto o Festa delle Settimane, ad esempio, gli israeliti recavano al loro Dio come oblazione due pani di grano. Questa festa aveva luogo cinquanta giorni (sette settimane) dopo la Pasqua e divenne perciò nota col nome greco di Pentecoste (commemorava il giorno in cui Mosè ricevette le Tavole della Legge sul monte Sinai). “Pane della presenza”, che gli israeliti erano soliti deporre davanti al Santo dei Santi nel Tempio di Gerusalemme (Levitico 24,5-9): sopra una tavola, su due pile, venivano poste dodici focacce di pura farina di grano, rappresentanti le dodici tribù di Israele e la loro alleanza eterna con Jahvé (19). Diverse sono le citazioni del pane nella bibbia. Ad esempio quando tre angeli si presentarono alla tenda di Abramo, questi li pregò di entrare, ordinando alla moglie Sara: “Pane non ce n’è più, prendi tre misure di farina, impastala e fai delle schiacciate”. Cacciato dal Paradiso terrestre, che cosa dovette guadagnarsi col sudore della fronte il povero Adamo? Il pane. A Satana che lo tentava nel deserto, durante il digiuno, Gesù rispose: “Non di solo pane vive l’uomo”, confermando l’importanza di questo alimento, che poi nobilitò inserendolo nella preghiera del Pater Noster, e convertendolo nella sua carne durante l’Ultima Cena. Il pane azzimo (cioè non lievitato) significa: a-un ricordo dell’antica festa delle primizie quando si faceva il nuovo lievito con il nuovo raccolto e si eliminava il vecchio lievito fatto con la farina dell’anno precedente; b-un ricordo della fuga dall’Egitto quando gli Ebrei non ebbero il tempo per lasciare lievitare il pane per il viaggio; c-un richiamo all’umiltà davanti a Dio, perché il lievito fa gonfiare la pasta come l’orgoglio fa gonfiare il cuore dell’uomo (8,9,19). Soltanto nel cristianesimo, d’altro canto, la consacrazione del pane e il suo sacrificio in quanto “corpo di Cristo” hanno assunto un valore così centrale e assoluto. Su questo punto, il cristianesimo si differenzia dalle religioni classiche come quella greca e quella romana (7,8,10). Nel cristianesimo il pane si configura, a livello simbolico, come funzione fisica e spirituale: è fisico in quanto indica simbolicamente il corpo di Cristo che è corpo umano storico; è spirituale perché la rap- 78 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile presentazione simbolica rinvia ‘spiritualmente’ alla dimensione divina e non umana del figlio di Dio. Il pane è, insomma, ‘materia spirituale’ (o ‘spirito materializzato’) sia che si guardi all’atto originario di Cristo raccontato nei Vangeli (“il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 51) , sia che si osservi il ripetersi della sua consumazione nell’eucarestia (identificazione di Gesù come “pane di vita” (Gv 6) col pane offerto dal sacerdote), che è riattualizzazione, nutrirsi collettivo del cibo della religione, in una parola ‘com-unione’(9). Nell’Ultima Cena compare un prodotto finito, un pane già da consumare, così come è giunto a maturazione l’iter terreno del figlio di Dio (4). Di fatto, le parole di Gesù trasformano il pane nei termini anzi detti e l’atto fisico consiste nel distribuirlo, nel metterlo a disposizione dei commensali, come in una fase precedente della vita e della predicazione di Gesù il pane era stato moltiplicato (prodotto allo stato finito, senza i passaggi precedenti, in quanto “miracolo”, ovvero pane per lo spirito) per sfamare una grande folla e come, nella preghiera cristiana per eccellenza, il Padre Nostro (Mt. 6, 11; Lc. 11, 3), si impetra il pane quotidiano da intendersi non già solo come nutrimento del corpo bensì dello spirito, donato da Dio agli uomini fisicamente, appunto, e spiritualmente (8,9). Se si vuole trovare un parallelo occorre guardare a una religione lontana nel tempo e nello spazio, una religione tipicamente sacrificale come quella degli Aztechi (19). Essi usavano fare un impasto simile al pane dai semi del papavero e lo modellavano a forma del dio Huitzilopochtli. Questo pane (a forma di figura umana) veniva poi spezzato e mangiato dai sacrificanti, con lo scopo di “mangiare il Dio” per assimilarne sostanza e poteri. Tra le pratiche alimentari più comuni tra le religioni troviamo anche l’invito all’astinenza e al digiuno. In quanto dono di Dio, ogni cibo ed ogni bevanda sono sacri, positivi, buoni compresi quelli interdetti permanentemente. Ad esempio il digiuno rappresenta il bisogno di purificazione interiore in ordine al contatto con il divino e nelle sue diverse pratiche come un’assenza di cibo che introduce ad un più profondo rapporto con la divinità. Chi si astiene e chi digiuna non lo fa contro Dio. Astinenza e digiuno sono strumenti, vie, occasioni per incontrare Dio insieme ai fratelli. Nel Vecchio Testamento, gran parte del Levitico è dedicata all’elencazione dei piatti empi; una norma in particolare, che proibiva di mischiare carne e latte, era ritenuta sembra così importante da far parte originariamente dei 10 comandamenti. “La carne è figlia del latte” e per tre volte la Torah ripete sempre lo stesso verso: “non cucinare l’agnello nel latte di sua madre”(12,13,19). La presenza di tabù gastronomici in ogni reli- gione è connotata da una polarità di significati: alla babele gastronomica segue la convinzione che il rispetto delle norme permette al fedele di sfruttare una filiera che parte dalla creazione e termina nel divino (8,9). Nella religione Ebraica le prescrizioni ed i riti alimentari sono molto complicati: la normativa ebraica sul cibo è detta Kasherut ed è essenzialmente fondata sulla Torah e sull’interpretazione che di essa hanno fornito i rabbini. Le principali prescrizioni si riferiscono al consumo di carne: quando Dio creò l’uomo lo concepì come un essere vegetariano anche se sovrano su tutti gli animali. La carne entra a far parte dei cibi concessi all’uomo solo dopo il diluvio, con Noè, per cui la Kasherut riguarda essenzialmente il consumo di carne. In primo luogo è fondamentale fare la distinzione tra animali permessi o Kasher, cioè adatti, validi, ed animali proibiti; le motivazioni che sono alla base di questa distinzione sono molte complesse e non sempre riconducibili ad un motivo scientificamente provato. Il precetto dice: “Nessuna persona tra voi mangi sangue ed anche lo straniero che soggiorni con voi non mangi sangue. La vita di ogni carne è sangue, nel sangue sta la vita”. Il sangue, infatti, oltre ad essere testimone, attraverso il sacrificio, del patto tra Dio ed il popolo d’Israele, contiene il segreto della vita ed è quindi patrimonio esclusivo del Creatore (9,11,12). Sono proibiti tutti i vini usati per culti non ebraici: nella religione ebraica il vino ha un significato simbolico molto importante come, ad esempio, quello di essere uno strumento durante le cerimonie di santificazione all’inizio di ogni festa ed, inoltre, il suo consumo è per lo più circoscritto al pasto; per la cultura ebraica la tavola simboleggia l’altare e, quindi, non si può rischiare di portare, davanti al tavolo-altare, atti di culto stranieri. Nella pratica, sono considerati proibiti se in assenza di controlli. Secondo il Corano, il Profeta (13) riteneva che “il tuo corpo ha dei diritti su di te, pertanto, il consumo di cibi sani ed un corretto stile di vita sono da considerarsi dei veri e propri obblighi religiosi”. In particolare il divieto di consumare carne di maiale trarrebbe le sue origini dal fatto che il maiale è un animale sudicio, che sguazza nello sporco e, quindi, la sua carne, in mancanza di controlli igienico-sanitari e di allevamenti modello, si presterebbe a far da ricettacolo ai peggiori parassiti. Ancora, i maiali hanno bisogno di ombra e di acqua per rinfrescarsi in quanto sprovvisti di ghiandole sudoripare e quindi non possono regolare la temperatura corporea con la sudorazione; inoltre sono sostanzialmente stanziali, cioè non sopportano lunghi spostamenti, per cui il maiale risultava poco adatto a popolazioni originariamente nomadi e con le quali, tra l’altro, entrava in competizione per l’acqua in un ambiente arido e caldo come quello del deserto. Franchi F. - Cibo e sacro: una epicrisi... Infine motivazioni di natura “ecologica”: i suini sono talmente simili a noi da prediligere i nostri stessi alimenti come frutta, cereali, legumi; non ruminano, ciò vuol dire che non digeriscono la cellulosa, esattamente come accade per gli uomini, per cui, dove i boschi non abbondavano ed i cereali erano cibo per gli uomini, si preferiva consumare carne di ovini e di bovini che si sostenevano degli scarti della produzione cerealicola (8,13, 15,17). Ancora, è proibito consumare carne di animali morti naturalmente o per cause accidentali; gli animali devono essere sgozzati quando sono ancora vivi e devono essere completamente dissanguati mentre sono rivolti alla Mecca: solo così la loro carne è Halal cioè pura e quindi mangiabile; nutrirsi di sangue è, infatti, un peccato mortale anche se il sangue proibito è solo quello che si spande e non quello che resta nella carne. Questa proibizione alimentare, come del resto molte altre, è mediata dalla tradizione ebraica e risale a Mosè che, a sua volta, sembra l’abbia ripresa dal faraone egiziano. Il Ramadan è il mese del digiuno: dall’alba al tramonto bisogna astenersi dal cibo e ogni attività rallenta mentre per quanto riguarda le bevande, il divieto va esteso ad ogni tipo di bevanda alcolica compreso il vino in quanto l’alcol creerebbe un’alterazione della coscienza, uno stato di ebbrezza che distoglierebbe il credente impedendogli di pregare. Buddhisti, jainisti e induisti (20) non possono cibarsi di carne. Questo perché tutte le religioni dell’oriente condannano la violenza, la guerra e la crudeltà. Tuttavia sono consentite alcune deroghe al divieto della carne: è consentito il consumo negli ospedali, nelle caste più basse dell’induismo (come i paria, gli intoccabili, che addirittura consumano la carne di cavallo, spesso rifiutata da altre caste inferiori come quelle dei lavoratori del cuoio e degli spazzini) che costituisce una sorta di marchio sociale (la dieta vegetariana è riservata alle caste più alte, la cui osservanza determina in qualche modo lo status sociale) in quanto i diversi regimi alimentari corrispondono spesso alla divisione della società. In genere anche i buddhisti tollerano l’uso della carne, ma solo se chi la mangia non ha partecipato all’uccisione degli animali. I jainisti, invece, condannano l’uccisione di qualsiasi animale e seguono una dieta puramente vegetariana. Secondo gli insegnamenti di alcune sètte jainiste è necessario usare delle scope per aprirsi il “cammino onde evitare la calamitosa eventualità di uccidere anche una sola formica”. E questo perché i jainisti considerano sacra la vita: essa condivide una anima con tutta la natura (in altre parole, gli addetti al culto che sacrificano animali non sono migliori degli assassini). Da questa dottrina, che si chiama “panpsichismo”, (secondo questo pensiero tutto ciò che esiste possiede un’anima, gli animali come le piante, gli uomini come i minerali) 79 deriva il comandamento più importante: il rispetto per ogni forma di vita. I sacerdoti sono soliti camminare per vie e sentieri preceduti da assistenti, che servendosi di fasci di ginestrone, scopano via insetti e ragni che potrebbero venir calpestati accidentalmente. Sono inoltre soliti coprirsi la bocca e il naso con mascherine per evitare di inspirare, quindi uccidere, mosche e zanzare e non bevono acqua senza filtrarla. “Sento che il nostro progresso spirituale ci porterà a smettere, prima o poi, di uccidere altre creature per soddisfare i nostri bisogni materiali” (Mohandas Gandhi 1869-1948). “Qualsiasi offerta di una foglia, fiore, frutto o acqua fatta a me con devozione da un’anima pura Io l’accetto con amore” (Krishna). Ricordo, infine, che tutte le religioni dell’India prevedono il rifiuto delle bevande alcoliche anche perché l’ebbrezza è capace di sottrarre all’uomo il controllo del suo corpo (8,13,20,25). L’astinenza dalle carni e il digiuno di mercoledì delle ceneri e del venerdì santo costituiscono le principali restrizioni alimentari alla libertà introdotta da Gesù: “Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna? Dichiarava così mondi tutti gli alimenti” (Mc 7, 18-19). Come il consumo di cibo anche la rinuncia ad esso ha un valore sacrale e comunitario: è incontro con Dio nella comunione con i fratelli. Oltre alla condivisione di un pasto, ai fedeli è anche richiesto di rispettare insieme un tempo di digiuno, dove far emergere, anche fisicamente, la necessità di porre attenzione a Dio durante il vivere quotidiano (8,9,10,13). Le feste, in tutte le religioni, sono un’occasione per ricordare gli impegni dell’uomo nei confronti di Dio, che lo invita a non dimenticare la sua opera realizzata nel tempo e nello spazio (26,27). Fare festa significa riconoscere che l’uomo vive in uno spazio, il cosmo, e in un tempo, l’arco della vita, dove Dio è presente e accessibile: un menù che volutamente nei suoi piatti e nelle sue bevande rimanda al significato religioso della festa, contribuendo così, mangiando e bevendo, a costruire un clima propizio all’incontro con il sacro. Gesù nel memoriale della sua morte e della sua risurrezione al “pane” e “vino” della cena ebraica. Il cibo richiama anche la festa. Lo è nella quotidianità, quando ci si siede a tavola, dopo avere ringraziato Dio, si festeggia e si ringrazia per il “pane quotidiano”. “Il trionfo del banchetto è universale: è il trionfo della vita sulla morte” (24). Ma attenti a non abusare! Del “cibo e sacralità” c’è anche l’altra faccia della medaglia. Si può stare a tavola con Dio con l’approvazione anche dei dietologi. I menù dei testi sacri di tutte le religioni, che per millenni hanno raccomandato ai propri fedeli cibi prescritti, divieti, dinieghi, digiuni e tanti altri moniti, sembra che facciano parte di un 80 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile interessante capitolo di un moderno volume sulle “buone norme di nutrizione”. Dal divieto Coranico che vieta la carne di maiale, riccamente presente di grassi saturi – potenzialmente nocivi alla salute – alla saggia precauzione ebraica della Torah, che obbliga i macellai a dissanguare le carni degli animali di grossa taglia, habitat ideale per lo sviluppo di micidiali microrganismi. Alimenti Kascer, cibi adatti, buoni, conformi ai precetti che accompagnano la vita nel percorso verso la santità. Ancora la moderazione e il digiuno, contrapposti allo stile odierno verso obesità e sindrome metabolica. In un’altra chiave di lettura, non necessariamente salutista, l’anoressia e la bulimia sono l’esigenza “di un rapporto diretto con la spiritualità perché negando la necessità del corpo lo vuole senza bisogni e quindi eterno”(8). Cibo e sacralità, cibo e festa, cibo e gioco, cibo come identità, cibo e tradizione, cibo e cultura, insomma, da qualunque sfaccettatura lo si guardi il cibo nel “Villaggio globale”, giorno dopo giorno, va perdendo quelle conclamate connotazioni che per millenni hanno caratterizzato la nostra storia (26,27). In conclusione, le diverse appartenenze religiose trovano in campo alimentare importanti punti in comune. Pur nella variegata esperienza umana del sacro, la tavola si pone come momento di incontro tra gli uomini e con Dio. La preghiera sul cibo, la prassi del digiuno, la festa religiosa ricordano che l’alimentazione costituisce una via di accesso al sacro percorsa da quasi tutta l’umanità. Il cibo proprio per il suo significato simbolico del rapporto con il sacro, esso assume il senso più autentico dell’esistenza dell’uomo. Una esistenza che il cibo-sacro mostra non essere legata solamente alla dimensione materiale ma aperta ad una dimensione spirituale e religiosa, nonché come fatto culturale di indispensabile strumento di comunicazione tra i popoli. BIBLIOGRAFIA 1. RIES J.: Saggio di definizione del sacro. Opera Omnia. Vol. II. Jaca Book, Milano 2007, p. 3. 2. POUPARD P.: Saggio di definizione del sacro, in Grande dizionario delle Religioni. Cittadella-Piemme, Assisi 1990, pp. 1847-1856. 3. MIRCEA E.: Trattato di storia delle religioni. Boringhieri, Torino 1984, p. 19 e segg. 4. ALES BELLO A., S. MOBEEN S.: Lineamenti di antropologia filosofica. Apes 2012, p. 364. 5. RIES J.: Il valore del sacro nelle risorse umane. in Opera omnia, vol. II. Jaca Book, Milano 2007, p. 356. 6. RIES J.: L'uomo e il sacro nella storia dell'umanità Jaca Book, Milano 2007, p. 606. 7. CARDINI F.: Cristiani perseguitati e persecutori. Feltrinelli, 2012, p. 150. 8. AA.VV. CONVEGNO INTERNAZIONALE: CIBO E SACRO. CULTURE A CONFRONTO. Università la Sapienza, Roma 23-24 marzo 2011. 9. CIPRIANI R. , MURA G.: Corpo e religione. Collana “i Prismi”. Ed. Città Nuova 2009, p. 520. 10. DOUGLAS M.: Antropologia e simbolismo. Religione, cibo e denaro nella vita sociale, Il Mulino, Bologna 1985. 11. AA.VV. (http://www.vergaviagrande.it/scuola/alu/altro/MUSMECI/alimentazione/alimentazione_e_religione.html). 12. CHIZZONITI A.G., TALLACCHIN M.C.: Cibo e religione: Diritto e diritti. Università Cattolica del Sacro Cuore- Sede di Piacenza. Quaderni del dipartimento di Scienze Giuridiche. Libellula Edizioni, Tricase 2010, p. 322. 13. MOKRANI A.: Leggere Il Corano a Roma. Ed. Icone, 2010. 14. CIPRIANI A.: Mangiare per vivere. Breve storia sociale dell'alimentazione, Gli Ori, 2005. 15. MARCHISIO O.: Religione come cibo e cibo come religione, Franco Angeli, Milano 2004. 16. CIPRIANI A.: Tradizioni alimentari e cultura, Gli Ori, 2002. 17. MONTANARI M.: Il Cibo come cultura. Ed Economico Laterza, 2006, p. 390. 18. BOTTINI A.: Archeologia della salvezza. Longanesi, Milano 1992. 19. LAZZARI A.Q.: Storia dell’uomo (attraverso il “suo cibo”). Osservatorio Internazionale Food-Beverage-Equipment. Edizioni Osservatorio, Milano 2012. 20.AA.VV.(http://www.scuolidea.it/didattika/5A/religioni_e_cibi_trovarsi_di_ fro.htme). 21. LOMBARDI SATRIANI L. M., ARIÑO A.: L'utopia di Dioniso. Festa tra tradizione e modernità. Roma 1997. 22. SCARPI P.: Le religioni dei misteri. Vol 1. Fondazione Valla - Mondadori, Milano 2002. 23. DE FALCO MAROTTA M. (http://www.gazzettadisondrio.it/2888il_mangiare_e_il_bere_nelle_religioni.html). 24. INTROVIGNE M., ZOCCATELLI P.L.: Le religioni in Italia, Elledici Velar, Leumann (Torino) - Gorle (Bergamo), 2006. 25. LOMBARDI SATRIANI L. M., SCAFOGLIO PULCINELLA D.: Il mito e la storia. Milano 1992. 26. AA.VV. (http://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/usi--curiosita/Cibo-e-Religione.html). 27. AA.VV. (http://www.lafrecciaverde.it/storia-e-tradizioni-cibo-e-sacralitanella-storia-e-nelle-tradizioni-popolari/html). 81 PROGETTO vIRGILIO - STUDIO SPERIMENTALE PER LA vALUTAZIONE DELL’UTILITà DI LOCALIZZATORI E METODIChE INERENTI, IN ASSOCIAZIONE CON TECNIChE ASSISTENZIALI Vismara V.1, Bulleri M.2, Sestini F.3, Scarselli G.4, Aldera C.5, D’Ercoli F.5, Bena E.D.5, Larini G.5 1 2 3 4 5 Geriatra, Consulente Fondazione RSA “Vincenzo Chiarugi” Onlus, Empoli Direttrice Centro Residenziale, Fondazione RSA “Vincenzo Chiarugi” Arciconfraternita della Misericordia, Empoli Direttore della Misericordia, Fondazione RSA “Vincenzo Chiarugi” Arciconfraternita della Misericordia, Empoli Infermiere, RGSQ RSA “V. Chiarugi”Arciconfraternità della Misericordia, Empoli Telecom Italia,TILab, Global Consulting, Services Platforms & Technology Evolution Riassunto: Lo studio aveva l’obiettivo di valutare l’utilizzo di soluzioni di localizzazione e geofencing per la riduzione del rischio di fuga e smarrimento di persone anziane fragili con deficit psico-cognitivi. Il sistema utilizzato ha permesso di monitorare con continuità le persone dotate di un opportuno dispositivo atto alla localizzazione geografica, in modo da avvisare un famigliare o un operatore nei casi in cui si verificavano condizioni anomale. La principale condizione anomala si riferisce all’uscita della persona monitorata da una “zona sicura” o “Safe area”, definita in precedenza da parte del famigliare o di un operatore. La “safe area” è una porzione di spazio entro la quale il paziente si muove con “sicurezza”; quando il paziente esce dalla safe area, il sistema genera un allarme. Inoltre l’applicazione permette al famigliare o all’operatore di richiedere la localizzazione del paziente in un qualsiasi momento lo ritenga necessario. La persona da monitorare è dotata di un dispositivo (in questo caso di un cellulare) atto a localizzare il paziente ed a comunicare con l’applicazione e la piattaforma in rete. Le funzionalità di monitoraggio e impostazione dei parametri sono fruibili da parte del famigliare o dall’operatore direttamente dal cellulare o accedendo ad un portale web su internet previa autenticazione ed accesso sicuro ai dati. Lo studio è iniziato a metà dicembre 2011 e si è concluso al 31/12/2012 ed ha coinvolto un campione di 10 persone in parte seguite nella RSA e in parte presso il loro domicilio. In base ai criteri di inclusione stabiliti nel progetto che tenevano conto anche della tollerabilità dell’uso del cellulare, le persone che hanno partecipato alla sperimentazione erano: - persone affette da vari gradi di disorientamento temporo-spaziale complicato da rischio di vagabondaggio e fuga; - pazienti relativamente compensati ma necessitanti di controllo, durante ad esempio le uscite dalla RSA; - pazienti non dementi ma psicologicamente e psichicamente fragili che comunque godono di autonomia di spostamento nell’ambito territoriale prospiciente la RSA. La sperimentazione ci ha consentito di confermare l’iniziale intuizione dell’importanza dell’utilizzo di questi sistemi nelle persone fragili con deficit psicocognitivo, a rischio di fuga e smarrimento, sia in ambito RSA che domiciliare. Inoltre la definizione della modalità d’uso e selezione dei pazienti ha consentito un utilizzo migliore del sistema di localizzazione in quanto ha comportato una presa in carico ed una identificazione della patologia onde poter selezionare le persone che veramente possono utilizzare al meglio il servizio. L’utilizzo della metodica rende ragione della diminuzione dello stress sia dell’utente che del caregiver e dunque del miglioramento della qualità della vita per il nucleo assistenziale/familiare. Lo sviluppo della tecnologia e della miniaturizzazione, con netto miglioramento della tollerabilità da parte dell’utente, potranno influire positivamente sull’incremento dell’utilizzo del servizio di localizzazione e geofencing. Parole chiave: Progetto Virgilio, tecniche assistenziali, anziani fragili, deficit psico cognitivi Experimental study for the evaluation of the usefulness of locators and methods inherent, in association with technical assistence Summary: The study aimed to evaluate the use of geofencing and location-based solutions to reduce the risk of flight and loss of frail older people with mental and cognitive deficits. The system used has allowed us to monitor continuously the people equipped with a suitable device adapted to the geographical location, in order to alert a relative or an operator in cases in which abnormal conditions occurred. The main abnormal condition refers to the going out of the person monitored by a "safe area", previously defined by the relative or by the operator. The "safe area" is a portion of space within which the patient moves with "security", and when the patient leaves the safe area, the system generates an alarm. Furthermore, the application allows the relative or the operator to request the location of the patient at any time should we see fit. The person to be monitored is equipped with a device (in this case from a mobile phone) able to locate the patient and to communicate with the application and the platform in the network. Monitoring and setting parameters functionalities are accessible to the family or the operator directly from the phone or by accessing a web portal on the Internet prior authentication and secure access to data. The study began in mid-December 2011 and ended at 31/12/2012 and involved a sample of 10 people in part followed in the RSA and partly in their own homes. Based on the criteria for inclusion in the project that took into account also the tolerability of using mobile phone, the people who participated in the trial were: - People suffering from various degrees of temporo spatial disorientation complicated Indirizzo per la corrispondenza: by the risk of wandering and escape; Dott. Vincenzo Vismara - Relatively compensated patients but in need of control during outgo from the RSA; Cell. 3357760899 - Non-demented patients but psychologically and mentally fragile, however, enjoy E-mail: [email protected] autonomy of movement within the area in front of the RSA. 82 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile The trial has allowed us to confirm the initial intuition of the importance of using these systems in people with fragile psychological cognitive deficit, a flight risk and loss, both in the RSA and at home. Furthermore, the definition of the mode of use and patient selection has allowed a better use of the localization system as it involved taking charge and an identification of the disease in order to be able to select people who really can best utilize the service. The use of this method allowed the decrease in stress both the user and the caregiver and thus improving the quality of life for the core care / family. The development of technology and miniaturization, with improvement in tolerability by the user, will have a positive impact on increasing use of the service location and geofencing. Key words: Virgilio Project, technical assistence, frail older people, cognitive deficits PREMESSE La demenza, in particolare quella di Alzheimer rappresenta nel nostro Paese una realtà di circa 600.000 persone e coinvolge 600.000 famiglie; i nuovi casi sono circa 80.000 all’anno. L’80% di questi malati sono assistiti in famiglia con un carico assistenziale che grava sul coniuge o sul figlio; negli ultimi anni si è verificato un massiccio utilizzo di personale non qualificato per l’assistenza (badanti). Nel mondo ci sono circa 18 milioni di malati, che secondo le previsioni saranno 34 milioni nel 2025. Nello specifico un ultra sessantacinquenne su 20 è malato, mentre sopra gli 80 anni si passa ad 1 su cinque. Da un recente rapporto commissionato a quattro gruppi specializzati da parte dell’OMS e dell’Alzheimer Di-sease International (ADI) emergono alcuni dati meritevoli di riflessione anche nella nostra realtà. Emerge prepotentemente il dato che la demenza in generale è un problema che riguarda tutto il mondo, e non solo quello industrializzato. Nel 2010 si stimerebbero 36 milioni di dementi, con un incremento annuo di 7,7 milioni, pari quasi ad 1 nuovo caso al mondo ogni 4 secondi. Nelle persone sopra i 65 anni i casi sono 1 su 8, mentre in quelle sopra gli 85 anni sono 2 su 5. In Italia la stima è di un milione di persone con demenza. Su un recente editoriale di Toscana Medica (n 10 del 2011)“Confrontarsi con la Sindrome demenza”, gli esperti A. Bavazzano e L. Tonelli evidenziavano come per il Milione e seicentomila pazienti dementi i costi sostenuti dall’economia italiana nel 2010 siano nell’ordine di 36.700.000.000,00 trentaseimiliardi e settecento milioni di euro pari all’1,58 del PIL. Preoccupanti le proiezioni che vedono 1180.000,00 casi nel 2030 con costi pari a 57.500.000.000. I disturbi del comportamento rappresentano la fase critica dell’assistenza ai malati e sono caratteristici del quadro patologico. Tra le forme di disturbo del comportamento, che più mettono in crisi l’assistenza familiare, abbiamo deciso di focalizzare la nostra attenzione nel monitoraggio del vagabondaggio quale attività propedeutica alla fuga ed allo smarrimento. Non esistono dati certi sulle percentuali di pazienti affetti da queste problematiche, ma le stime più prudenti parlano di 20-30%. Questo rende necessario un costante controllo del paziente con il timore che esca di casa e si perda rendendo prigioniero anche chi assiste. Abbiamo poi allargato il monitoraggio a soggetti non dementi ma psicologicamente e psichicamente fragili. MATERIALI E METODO Descrizione dell’applicazione L’applicazione di Geofencing permette di monitorare con continuità le persone dotate di un opportuno dispositivo atto alla localizzazione geografica, in modo da avvisare un famigliare o un operatore nei casi in cui si siano verificate condizioni anomale. La principale condizione anomala si riferisce all’uscita della persona monitorata da una “zona sicura” o “safe area”, definita in precedenza da parte del famigliare/operatore. La “safe area” è una porzione di spazio entro la quale il Paziente si muove con “sicurezza”; quando il paziente esce dalla safe area, il sistema genera quindi un allarme. La persona da monitorare è dotata di un dispositivo (cellulare o altro dispositivo) atto a localizzare il paziente ed a comunicare con l’applicazione e la piattaforma in rete. Il dispositivo del paziente svolge la propria attività in modo “silenzioso”, senza interferire con la normale attività del paziente stesso. Il famigliare utilizza l’applicazione tramite un pc o un cellulare, per ricevere gli allarmi, richiedere di localizzare il paziente o modificare i parametri dell’applicazione. Per alcuni pazienti, l’operatore può aiutare o sostituirsi al ruolo del famigliare. In tal senso gestisce e tiene sotto controllo più pazienti in modo contemporaneo tramite una consolle di facile utilizzo. Le funzionalità dell’applicazione sono fruibili direttamente dal cellulare o accedendo ad un portale web su internet previa autenticazione ed accesso sicuro ai dati. Le funzionalità più importanti del servizio sono le seguenti: • il controllo automatico della posizione del Paziente; nel caso in cui il Paziente esca dalla safe area, il sistema invia un messaggio di allarme; • la richiesta, da parte del aamigliare di un paziente o dell’operatore, della localizzazione del paziente in qualsiasi momento e la visualizzazione della posizione sulla mappa; • l’attivazione/disattivazione del servizio di geofencing tramite il portale web e cellulari utilizzabile dai famigliari/operatori sui Famigliari e/o pazienti da loro monitorati; • la definizione e la modifica della safe area di forma circolare per ogni paziente richiede l’inserimento tramite portale web, delle coordina- Vismara V., Bulleri M., Sestini F., et al. - Progetto Virgilio ... 83 te del centro e della lunghezza del raggio. Il centro può essere definito a partire dalle coordinate dell’ultima posizione localizzata o in base ad un indirizzo; il raggio viene definito inserendo la lunghezza in metri. La disabilitazione, tramite portale web, della safe area, consente al famigliare/operatore la disattivazione degli allarmi per permettere uscite controllate dei pazienti monitorati. Una consolle di controllo sul portale web che permette di monitorare se ci sono condizioni di allarme per i pazienti monitorati. L’applicativo del Geofencing si basa sulla localizzazione del paziente con modalità best effort, utilizzando la migliore localizzazione disponibile tra quella satellitare GPS (es. con accuratezza < 50 m) e quella basata su rete cellulare (es. con accuratezza > 50 m). In generale in ambiente outdoor la localizzazione è di tipo GPS mentre in ambiente indoor la localizzazione si basa su rete cellulare. ORGANIZZAZIONE SOCIO-SANITARIA Questa parte consiste di diversi aspetti: • Criteri di reclutamento degli utenti da ammettere allo studio • Diagnosi di demenza complicata da disturbi comportamentali • Soggetti non dementi ma psicologicamente e psichicamente fragili • Capacità alla deambulazione autonoma • Presenza di caregivers affidabili • Disponibilità a sottoscrivere la liberatoria da parte del paziente o di un tutore • Criteri di ammissione allo studio • Valutazione cognitiva tramite (Mini-Mental State Examination) • Valutazione della consapevolezza di malattia (Clinical Insight Rating Scale, CIR) • Valutazione del vagabondaggio (Neuropsychiatric Inventory N.P.I) • Valutazione gravità demenza (Clinical Dementia Rating Scale CDR) • Capacità motoria autonoma (Tinetti ME Performance-oriented assesment of mobility • Valutazione del caregivers (Caregiver Burden Inventory CBI) • Formazione del personale all’uso degli strumenti di localizzazione • Formazione del familiare all’uso della strumentazione in ambito domiciliare Quanto sopra ha consentito di selezionare all’interno della RSA un gruppo di 10 persone con le seguenti caratteristiche: • affette da vari gradi di disorientamento temporo-spaziale complicato da rischio di vagabondaggio e fuga; • pazienti relativamente compensati ma necessitanti di controllo durante ad esempio le uscite dalla RSA; • pazienti non dementi ma psicologicamente e psichicamente fragili che comunque godono di autonomia di spostamento nell’ambito territoriale prospiciente la RSA. Per ovvi motivi di riservatezza i localizzatori avevano una registrazione con lo pseudonimo del paziente; per questo abbiamo utilizzato la favola di Pinocchio di Collodi. Gli pseudonimi che apparivano sull’apparato erano dunque Mangiafuoco, Melampo, Tonno, Gatto, Geppetto, Volpe, Balena, Fatina, Lucignolo e Pinocchio. ll nome vero, associato allo pseudonimo, era a conoscenza solo dell’operatore in servizio all’RSA. Dei 10 localizzatori sette sono stati consegnati a ospiti con problematiche psico-sociali in grado di spostarsi autonomamente e abitualmente al di fuori della struttura. Queste persone hanno utilizzato autonomamente il cellulare portandolo a ricaricare ogni 2/3 giorni ad un operatore referente. Queste persone sono uscite spesso dalla struttura, alcune tutti i giorni per varie volte. È stato spiegato scopo e modalità del localizzatore ed è stato gradito da quasi tutti. Solo un ospite, con grave oligofrenia e sintomi psichici, ha, dopo un iniziale approvazione, riferito dubbi e perplessità (paura di essere spiato…). Non a caso il cellulare per ora non si trova… Nella stragrande maggioranza dei casi ciò ha aumentato il senso di sicurezza negli utilizzatori i quali vengono regolarmente a ricaricare il cellulare. Gli altri 3 cellulari sono stati consegnati ad ospiti con gravi deficit cognitivo-comportamentali residenti nel nucleo Alzheimer in occasioni di uscite (gite, passeggiate, ecc.) con la supervisione del personale. Lo scopo è stato, oltre che di sperimentare la localizzazione con esito sempre positivo, anche di valutare la tollerabilità dello strumento con esiti solo parzialmente positivi. È stato possibile inoltre sperimentare la metodica in sede domiciliare, applicando al soggetto in esame lo stesso protocollo di ammissione allo studio, ed affidando il monitoraggio a familiari dopo adeguata formazione ed informazione. Gli stessi potevano, in caso di necessità, contattare il personale della RSA. DATI RIASSUNTIVI: • Cellulari utilizzati: 10 • Cellulari smarriti: 2 • Frequenza utilizzo: 2/3 volte la settimana in media • Utilizzatori costanti: 5 • Localizzazione: precisa 100% Da un punto di vista organizzativo l’impegno consiste nel fornire ai residenti-utilizzatori un punto di riferimento per spiegazioni ed indicazioni nella fase iniziale e un supporto per ricaricare il cellulare. DISCUSSIONE La sperimentazione è iniziata a metà dicembre 2011 e si è conclusa al 31/12/2012 coinvolgendo persone sia in RSA che al domicilio. Abbiamo scelto soggetti con problematiche psichiche-sociali per la sperimentazione, il telefonino è ben gestito dagli ospiti che mantengono una minima consapevolezza dei comportamenti (lo conservano con cura, lo portano per la ricarica, si sentono più tranquilli quando escono) mentre è tollerato meno da soggetti con problemi psichici 84 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile che determinano alterazioni del comportamento (allucinazioni, deliri, ecc.) e ridotta consapevolezza. Anche per quel che riguarda i pazienti con demenza le caratteristiche rimangono le stesse: il cellulare se è percepito e compreso viene tollerato, altrimenti è difficile da gestire per lunghi periodi. Dimenticarsi il cellulare non è cosa rara per chiunque, per un paziente con deficit di memoria lo è maggiormente. Quindi l’uso del cellulare per brevi periodi (uscita, gita, ecc.) in paziente con Alzheimer va bene, più difficile, per la tollerabilità, la gestione per lunghi periodi (ad esempio per una persona che viene assistita al domicilio). Riassumendo possiamo distinguere: 1 - dati positivi: • la rintracciabilità dell’apparecchio e la facilità d’uso sono ottime, sia dalla RSA che in ambito familiare. Anche il cambio della safe area non ha comportato problemi, lo stress del personale e della famiglia è apparso più contenuto. 2 - criticità: • fondamentale appare la necessità di identificare correttamente il soggetto cui dedicare la metodica. • necessità di formazione del caregiver all’utilizzo della metodica • tollerabilità del mezzo; si intende l’accettazione del telefonino da parte del soggetto, la sua custodia e la ridotta possibilità che venga smarrito. Ciò diventa sempre più difficile col peggiorare della consapevolezza e della situazione cognitiva, per cui si auspica una ulteriore miniaturizzazione del sistema onde poterlo mimetizzare in oggetti d’uso comune (orologi, collane). CONCLUSIONI La sperimentazione ci ha consentito di confermare l’iniziale intuizione dell’importanza dell’utilizzo della metodica nelle persone fragili con deficit psico-cognitivo, a rischio di fuga e smarrimento, sia in ambito RSA che domiciliare. Questa metodica consente un utilizzo migliore rispetto agli altri localizzatori in commercio perché comporta una presa in carico ed una identificazione della patologia onde poter selezionare le persone che veramente possono utilizzare al meglio la metodica. L’utilizzo della metodica rende ragione della diminuzione dello stress sia dell’utente che del caregiver e dunque del miglioramento della qualità della vita per il nucleo assistenziale/familiare. Lo sviluppo della tecnologia e della miniaturizzazione, con netto miglioramento della tollerabilità da parte dell’utente, potranno influire positivamente sull’incremento dell’utilizzo della metodica. L’augurio è che sia possibile commercializzare questo pacchetto assistenziale a prezzi adeguati onde poter garantire uno strumento di controllo ed assistenza per le persone più fragili e bisognose. BIBLIOGRAFIA 1. VISMARA V.: Relazione. I bisogni della persona con malattia di Alzheimer e la risposta dei servizi nell’Azienda Sanitaria 11 di Empoli. Atti del convegno Strategie e metodi di intervento per l’assistenza ai malati di Alzheimer. Strutture residenziali e reti dei servizi. Montaione 19, Dicembre 1997. Ed UNICOOP, Firenze. 2. VISMARA. V., BANDINI P., BERNINI L., et al.: Il progetto MEM: rete di assitenza al demente ed alla famiglia. Tre anni di esperienza. Geriatria. 2001; 4: 195-198; A come Alzheimer. Breve inquadramento delle demenze. Convegno “Un nido per l’Alzheimer”. Ed. Comune di Montaione. 3. VISMARA V., BANDINI P., BERNINI L., et al.: Valutazione nel tempo del paziente alzheimeriano in trattamento comportamentale diurno: lo schema “Ambrogiana”, Geriatria 2000; 6: 327-330. 4. BANDINI P., CAPONI I., VISMARA V., et al.: Il progetto M.E.M.: rete di asistenza al demente ed alla famiglia: ulteriore sviluppo. Comunicazione 47° Congresso nazionale SIGG Montecatini 6-10 Novembre 2002. Giorn.Geront. 2002; S-5. 5. VISMARA V., BANDINI P., L. BERNINI, et al.: Accesso ai servizi per dementi Protocollo sperimentale Comunicazione 47° Congresso nazionale SIGG Montecatini 6-10 Novembre 2002. Giorn.Geront. 2002; S-5. SCARSELLI G.P., BANDINI P., CAPONI I., et al.: Il nucleo dedicato Alzheimer come ambiente terapeutico: nostra esperienza. Comunicazione 47° Congresso nazionale SIGG Montecatini 6-10 Novembre 2002. Giorn.Geront. 2002; S-5. 7. VISMARA V., FALASCHI E.: Protocollo operativo Accesso ai servizi per i dementi. Medicina e chirurgia. Quaderni di aggiornamento e selezione bibliografica, 2002; 1. 8. VISMARA V., GERINI A., RISTORI A.: La qualità in un percorso assistenziale della demenza: spunti di riflessione. Medicina e Chirurgia. Quaderni di aggiornamento e Selezione Bibliografica. 2002; 1. 9. VISMARA V., MONCINI C., SCARSELLI G.P., et al.: La variabile tempo come espressione di qualità assistenziale. Esperienza del gruppo MEM. Giornale di Gerontologia e geriatria 2004; S5. 10. VISMARA V., MONCINI C., SESTINI F., et al.: “Progetto Virgilio” Il volontariato nella risposta assistenziale integrata al demente con BPSD. Giornale di Gerontologia 2005; S2. 11. VISMARA V., FALASCHI E., MONCINI C., et al.: Protocolli e percorsi per l’Alzheimer Toscana Medica 2005; 10. 12. VISMARA V., SCARSELLI G.P., SESTINI F., et al.: Dieci anni di gestione di un nucleo Alzheimer. L’esperienza della fondazione RSA “Vincenzo Chiarugi” di Empoli. Geriatria 2008; 6. 13. VISMARA V., SCARSELLI GP., BULLERI M., et al.: Servizio di sostituzione domiciliare in “L’utilità di integrazione tra associazioni a supporto delle famiglie con dementi agitati.L’esperienza di intergrazione tra nucleo Alzheimer della RSA “V.Chiarugi” e l’A.I.M.A. Empolese-Valdelsa”. Geriatria 2010; 1. 14. TRABUCCHI M. , BIANCHETTI A.: La valutazione clinica del demente, in “Le demenze” Trabucchi M., Milano 2000; p. 59. 15. FINKEL S.I., BURNS A. Behavioural and Psycological signs and symptoms of dementia (BPSD): a clinical and research update. Int. Psycogeriatrics 200; 12 (suppl 1): 9-14. 16. BOIERO G., COLONNA M., PARATA D.: La localizzazione nei sistemi radiomobili, Notiziario Tecnico Telecom Italia. Anno 15 n. 3 - Dicembre 2006 http://www.researchgate.net/publication/228519993_La_localizzazione_nei_si stemi_radiomobili/file/d912f50d32fdd6f90f.pdf 17. TIM K. WO.; LEE A.T.L. ; XIAOMING X.: An AGPS-based elderly tracking system, Wong, A.K.-S.; Dept. of Electron. & Comput. Eng., Hong Kong Univ. of Sci. & Technol., Hong Kong, China; IEEE 2009 http://repository.ust.hk/dspace/bitstream/1783.1/6023/1/agps.pdf 18. Geofencing and Background Tracking – The Next Features in LBSs, Axel Küpper, Ulrich Bareth, and Behrend Freese- informatik 2011 (http://www.user.tu-berlin.de/komm/CD/paper/010221.pdf). 85 L’IMPORTANZA DEL MONITORAGGIO GLICEMICO NEL PAZIENTE ANZIANO OSPEDALIZZATO Renna P.1, Caroleo P.2 1 Infermiera, S.O.C Geriatria, Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro 2 Dirigente Medico, S.O.C Geriatria, Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro Riassunto: Il controllo glicemico in ospedale viene spesso considerato di secondaria importanza, mentre è stato dimostrato che vi è un aumento della mortalità per valori elevati di glicemia, così come per l’ipoglicemia. Obiettivi glicemici in ospedale sono di circa 180 mg/dl nei pazienti critici, e inferiori a 140 mg/dl in quelli non critici. Una raccomandazione, che apparentemente può sembrare banale, è quella di controllare la glicemia al momento del ricovero e ricontrollarla il giorno dopo, ma il dosaggio dell’ HbA1c è importante per distinguere un diabetico già noto (valori > 6,5) da un’iperglicemia da stress (valori < 6,5). Qualunque sia la causa, l’iperglicemia va trattata con insulina, che è il farmaco di prima scelta. È facile intuire l’importanza del monitoraggio glicemico per poter controllare e trattare gli squilibri glicemici. Parole chiave: diabete mellito, anziano, monitoraggio. The importance of blood glucose monitoring in elderly patients hospitalized Summary: Glycemic control in hospitals is often considered of secondary importance, as it has been demonstrated that there is an increase in mortality for high levels of blood glucose, as well as for hypoglycemia. Glycemic targets in hospital are about 180 mg/dl in critically ill patients, and less than 140 mg/dl non-critical ones. A recommendation, which apparently may seem trivial, is that to check blood glucose at admission and to control the same the next day, but the determination of HbA1c is important to distinguish a diabetic already known (values > 6.5) from stress hyperglycemia (values < 6.5). Whatever the cause, hyperglycemia should be treated with insulin, that is the drug of first choice. It is easy to understand the importance of glycemic control to monitor and treat blood glucose imbalances. Key words: diabetes mellitus, elderly, monitoring. INTRODUZIONE Il Diabete Mellito (D.M.) è un insieme di condizioni morbose caratterizzato da iperglicemia, conseguenti a una carenza assoluta (Diabete tipo 1) o relativa (Diabete tipo 2) di insulina, ormone prodotto dalle beta cellule del pancreas endocrino (isole di Langerhans). L’insulina è il principale ormone che regola il metabolismo dei carboidrati ed è l’unico ad avere effetto ipoglicemizzante. Gli altri ormoni implicati nel controllo del metabolismo dei carboidrati hanno tutti effetto iperglicemizzante (H. contro regolatori). Ci occuperemo prevalentemente del Diabete tipo 2 che è molto frequente nell’anziano. Il D.M. di per sé è una patologia asintomatica, ma è temibile per le sue complicanze che possono essere acute (ipoglicemia-chetoacidosi-coma iperosmolare-iperglicemia estrema) e croniche (oculari-renali-neurologichemacrovascolari) (1). Nel paziente anziano diabeti- Indirizzo per la corrispondenza: Dott.ssa Patrizia Caroleo Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” Viale Pio X, Catanzaro Tel/fax 0961/883379 E-mail: [email protected] co ospedalizzato occorre una valutazione globale che tenga conto dell’età, comorbilità, autosufficienza, condizioni psichiche, stato affettivo e spettanze di vita. Circa il 50% degli anziani presenta più di 3 patologie (comorbilità): ipertensione, cardiopatie, D.M. circa il 25%, depressione, altro (artrosi, osteoporosi, BPCO). Particolare rilevanza va alla presenza di disabilità soprattutto dopo i 75 anni. Il D. M. è una patologia molto presente nell’anziano soprattutto dopo i 75 anni, raggiungendo una prevalenza in entrambi i sessi del 19%, responsabile di un aumento della mortalità, di malattie cardiovascolari, insufficienza renale, amputazione arti inferiori (2). OBIETTIVI Trattandosi di pazienti con possibili deficit sensoriali visivi e/o uditivi, deficit cognitivo, problemi di mobilità, fino alla disabilità, presenza di comorbilità spesso sono istituzionalizzati, l’obiettivo è quello di prevenire o ridurre le complicanze, prevenire le sindromi geriatriche con l’obiettivo di riduzione della disabilità fisica e/o cognitiva, per garantire una migliore qualità della vita (35). Nella nostra pratica clinica quotidiana l’utilità del monitoraggio glicemico consente di arginare 2 fenomeni, che sono fondamentalmente ipoglice- 86 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile mia e iperglicemia, che secondo numerosi studi sono responsabili di un aumento di mortalità nei pazienti anziani ospedalizzati. Pertanto è importante conoscere e saper riconoscere per poter agire tempestivamente. Il nostro scopo (tramite il monitoraggio glicemico) è quello di arginare appunto l’eccessiva iperglicemia considerando che nel diabetico anziano ospedalizzato molti fattori possono causare scompenso glicemico quali: lo stress legato all’ospedalizzazione, immobilità, febbre, farmaci (diuretici, corticosteroidi); e arginare il fenomeno opposto quale l’ipoglicemia, complicanza temibile, spesso iatrogena che richiede un particolare addestramento specifico sia del paziente che dei “caregivers”, necessitando di controlli glicemici regolari e di prudenza nella prescrizione dei farmaci ipoglicemizzanti (6). METODI L’introduzione nella pratica clinica del monitoraggio glicemico risale agli anni 50 (strisce reattive per glicosuria). Nel 1964 vennero introdotte le strisce reattive per la glicemia capillare. Attualmente si usano dei glucometri che rivelano la glicemia con metodo reflettometrico e elettrochimico; si tratta di strumenti con tecnologia accurata e affidabile, facili da usare, semplici nel prelievo del campione di sangue, che risulta indolore, rapidi nel mostrare i risultati glicemici, di piccole dimensioni, con un ampio display, capaci di archiviare dati (7). Il monitoraggio glicemico svolge un ruolo diagnostico, terapeutico, educativo. Il ruolo diagnostico ci aiuta a ottimizzare il trattamento in corso e a mantenere la glicemia nei valori ottimali (glicemia a digiuno 120-140 mg%, glicemia 2 ore dopo i pasti 140-180 mg%). Nell’anziano ricordiamo che il target si sposta su valori leggermente più alti, che noi riteniamo accettabili e più sicuri (glicemia a digiuno ≤180 mg%; glicemia 2 ore dopo i pasti < 200 mg%). Il ruolo terapeutico ci aiuta a valutare l’efficacia della terapia, e a modificarla se necessario. Il ruolo educativo è utile per l’autogestione della malattia dopo la dimissione. Quindi l’utilità del monitoraggio glicemico consiste nel misurarecorreggere-verificare gli effetti della correzione (vedi Tab. 1). Nella nostra pratica clinica adottiamo un sistema di monitoraggio di 4 controlli al giorno nei pazienti con terapia insulinica intensiva, mentre nei pazienti con trattamento combinato il numero di controlli è legato al numero di iniezioni di insulina. Nel caso di squilibrio glicemico il numero di controlli non può essere stabilito a priori, ma in base alla necessità. Ricordiamo inoltre che negli anziani diabetici ospedalizzati manteniamo una dieta di circa 1600 Kcal. ed è importante che l’apporto delle calorie sia costante per ridurre il rischio di fluttuazioni glicemiche e per evitare continue modifiche terapeutiche. Nel paziente con terapia insulinica in infusione esistono degli schemi di monitoraggio più complessi (6) (Tab. 2). Abbiamo proposto delle schede per il singolo paziente da utilizzare nei diabetici ospedalizzati (Tabb. 3,4,5). CONCLUSIONI Il messaggio da lasciare è la possibilità di prevenire le complicanze acute, in particolare ipo e iperglicemia, mediante uno strumento semplice ed efficace quale il monitoraggio glicemico, metodo che sicuramente comporta un certo impegno del Team infermieristico operante in una struttura geriatrica di per sé complessa e impegnativa. Concludiamo con un aforisma “Non si può non misurare ciò che si vuole migliorare”. Tab. 1 - Schema di Metodologia di Monitoraggio Tempistica esecuzione test Potenziale utilizzo a) Glicemia a digiuno Aggiustare il dosaggio dei farmaci (Insulina basale). b) Prima dei pasti • modificare i pasti o i farmaci. c) 1-2 ore dopo i pasti • verificare l’adeguatezza della dose insulinica somministrata; d) Alle ore 22 circa • eventuale modifica del dosaggio dell’insulina pronta le sere successive; questa determinazione glicemica non ha lo scopo di aggiustare la posologia dell’insulina basale ma: •nel corso di riscontro di “bassi valori glicemici” (<70 mg%) trattare come ipoglicemia, ricontrollare e se risalgono a valori normali praticare regolarmente l’insulina basale •per valori “relativamente bassi” occorre uno spuntino (esempio fette biscottate), allo scopo di riportare la glicemia a valori più alti e praticare, quindi, regolarmente l’insulina basale. Renna P., Caroleo P. - L’importanza del monitoraggio ... 87 Tab. 2 - Paziente critico che non si alimenta per os terapia insulinica in infusione venosa continua (6) 1a via e.v. pompasiringa contenente I.R. 50 U.I./50 ml S.F. Monitoraggio infermieristico Controllare glicemia dopo 3 h Niente S.G. 2a e.v. sacca 500 ml S.G. 5% con Kcl 0,3% in pompa Se la glicemia è > 500 Se la glicemia è compresa Tra 400 e 500 Impostare velocità di infusione ins. 4 ml/h Controllare glicemia dopo 3 h Niente S.G. Se la glicemia è compresa Tra 300 e 400 Impostare velocità di infusione ins. 3 ml/h Controllare glicemia dopo 2 h Niente S.G. Se la glicemia è compresa Tra 250 e 300 Impostare velocità di infusione ins. 2 ml/h Controllare glicemia dopo 2 h Somministrare anche gluc. a 30 ml/h Se la glicemia è compresa Tra 150 e 250 Impostare velocità di infusione ins. 1 ml/h Controllare glicemia dopo 2 h Somministrare anche gluc. a 30 ml/h Se la glicemia è compresa Tra 110 e 150 Impostare velocità di infusione ins. 0,5 ml/h Controllare glicemia dopo 1 h Somministrare anche gluc. a 60 ml/h Se la glicemia è < 110 STOP INSULINA Controllare glicemia dopo 1 h Somministrare anche gluc. a 60 ml/h Tab. 3 - Diabete mellito: schema orientativo di esecuzione glucostick in pazienti in trattamento con ipoglicemizzanti orali Al mattino a digiuno (h 7,30) 2 h esatte dopo pranzo (h 15) Prima di cena (h 18,30) * _ ____ ___ __ __ __ __ ________ ________ ________ ________ ________ _ ____ ___ __ __ __ __ ________ ________ ________ ________ ________ _ ____ ___ __ __ __ __ ________ ________ ________ ________ ________ _ ____ ___ __ __ __ __ ________ ________ ________ ________ ________ _ ____ ___ __ __ __ __ ________ ________ ________ ________ ________ *si aggiunge il controllo serale se il paziente pratica anche insulina basale. 88 Geriatria 2013 Vol. XXV n. 2 Marzo/Aprile Tab. 4 - Diabete mellito: schema orientativo di esecuzione glucostick in pazienti in trattamento insulinico Al mattino a digiuno (h 7,30) 2 h esatte dopo pranzo (h 15) Prima di cena (h 18,30) Tarda serata (h 22,30) __ _____ _ ____ _ ___ ________ ________ ________ ________ ________ __ _____ _ ____ _ ___ ________ ________ ________ ________ ________ __ _____ _ ____ _ ___ ________ ________ ________ ________ ________ __ _____ _ ____ _ ___ ________ ________ ________ ________ ________ __ _____ _ ____ _ ___ ________ ________ ________ ________ ________ Tab. 5 - Scheda su cui riportare i valori glicemici riscontrati mediante glucostick nei pazienti diabetici ospedalizzati ID PAZIENTE: DOSE DATA PRELIEVO FIRMA ORA RAPP. CON PASTO GLICEMIA INSULINA OPERATORE SOMMINISTRATA _ ___ ___ _ _ __ __ __ _ ________ ________ ________ ________ _ ___ ___ _ _ __ __ __ _ ________ ________ ________ ________ _ ___ ___ _ _ __ __ __ _ ________ ________ ________ ________ _ ___ ___ _ _ __ __ __ _ ________ ________ ________ ________ BIBLIOGRAFIA 1. FEDELE D.: La malattia Diabetica. Per operatori sanitari di Diabetologia. Edizione Tierre, Aprile 2000. 2. MUGGO M., ZOPPINI G., TARCHER G.: Il Diabete tipo 2 nell’anziano. Quaderni di diabetologia nella pratica clinica. Editore Edimes 2008. 3. ARAKI A., ITO H.: Diabetes mellitus and geriatric syndrome. Geriatric gerontol Int 2009; 9: 105-114. 4. YAMAZAKI Y., MIWA T., SAKURAI H., et al.: Clinical backgrounds and morbility of cognitive impairment in elderly diabetic patients. Endocrine Journal 2011; 58: 109-115. 5. OHARA T., DOI Y., NINOMIYA T., et. al.: State of glucose tolernce and the risck of dementia in the community. The Hysayama Study. Neurology 2011; 77: 1126-1134. 6. 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Le classi farmacologiche implicate nella maggioranza dei casi (67%) erano warfarin, ipoglicemizzanti orali, antiaggreganti piastrinici orali, insuline; il warfarin da solo era responsabile nel 33% dei casi. I 2/3 circa dei ricoveri suddetti era correlato a sovradosaggio non intenzionale e nel 48% dei casi si trattava di pazienti con età maggiore o uguale a 80 anni. COMMENTO Il “take home message” di questo studio per noi clinici è abbastanza chiaro: maggiore attenzione da rivolgere verso i nostri pazienti in cura con le classi farmacologiche di cui sopra, dedicare più tempo nello spiegare anche ai familiari e/o al “caregiver” l’importanza della corretta assunzione di farmaci che sono “salvavita”, ma che possono avere effetti collaterali talora pericolosi al punto da richiedere un ricovero ospedaliero ed evitare, quando possibile, i politrattamenti perché ormai non è raro vedere prescrizioni terapeutiche con più di 10 molecole/die. Blood pressure trends and mortality: the Leiden 85-plus Study Poortvliet Rosalinde K.E., De Ruijter Wouter, De Craen Anton J.M., Mooijaart Simon P., Westendorp Rudi G.J., Assendelft Willem J.J., Gussekloo Jacobijn, Blom Jeanet W. Journal of Hypertension 2013; 31: 63-70 Gli Autori hanno condotto uno studio osservazionale-prospettico di popolazione nella città olandese di Leida su un campione di 271 soggetti (74 uomini e 197 donne) di età compresa tra 85 e 90 anni nei quali è stato valutato il trend della pressione arteriosa sistolica (Pas). L’endpoint primario (valutato per oltre 5 anni) era la mortalità generale. Dall’analisi dei dati raccolti è emerso che un trend decrescente di Pas tra gli 85 e i 90 anni si associava ad una mortalità maggiore rispetto ad un trend costante di Pas all’età di 90 anni: questo dato era di maggiore entità nei soggetti “istituzionalizzati” rispetto a quelli che vivevano in com- pleta autonomia. È risultato inoltre che i soggetti di 90 anni con Pas < 150mmhg avevano un rischio di decesso di 1,62 volte superiore a quelli con Pas > 150mmhg, indipendentemente dal trend di Pas negli anni precedenti. Questo risultato era valido sia nei soggetti che assumevano una terapia antipertensiva che in quelli non trattati ed egualmente nei partecipanti con o senza storia di malattia cardiovascolare. COMMENTO Questo articolo conferma quanto già osservato da Odden Mc (Arch Intern Med 2012; 172: 1162): bisogna fare molta attenzione riguardo l’aggressività terapeutica rispetto ai valori di pressione arteriosa, in particolare sistolici, nel “grande vecchio” fragile e affetto da polipatologia. Le Linee Guida esistono e sono utili indubbiamente per permettere a noi tutti la “good practice”, ma devono essere usate con sapiente giudizio clinico ricordandoci sempre che ogni paziente è unico e pertanto deve essere valutato nella sua complessità ed univocità Fonte: Eur Heart J 2013; DOI:10.1093/eurheartj/eht.151 L’ESH (Società Europea dell'Ipertensione Arteriosa) e l'ESC (Società Europea di Cardiologia) hanno pubblicato le nuove linee guida per il trattamento dell'ipertensione arteriosa, con la raccomandazione che tutti i pazienti con una pressione arteriosa sistolica maggiore di 140 mmHg siano trattati; vanno comunque fatte alcune eccezioni rappresentate dai pazienti diabetici di pazienti e anziani. Per coloro che sono sofferenti di diabete mellito, infatti, il comitato ESH / ESC raccomanda di iniziare il trattamento per una PA diastolica maggiore o uguale a 85mmHg. Nei pazienti di età inferiore agli 80 anni, il target di pressione sistolica dovrebbe essere inferiore a 140150mmHg, considerandolo inferiore a 140mmHg in pazienti sani. Lo stesso target può essere considerato per ultra ottantenni, anche se, in questi soggetti, i medici dovrebbero anche considerare le capacità mentale del paziente, oltre che quelle fisiche. Le linee guida esprimono in modo esplicito che i medici scelgano la strategia di trattamento sulla base del livello complessivo del rischio cardiovascolare del paziente. È chiaro che le linee guida non sono prescrittive, né ordini, ma suggerimenti per medici. COMMENTO Anche le linee guida iniziano a segnalare alcune problematiche in merito al trattamento dell’ipertensione arteriosa nel “Grande Vecchio” e soprattutto viene considerato che le linee guida sono solo suggerimenti e va effettuata una accurata valutazione per ogni singolo paziente. 90 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile CALENDARIO CONGRESSI Società Italiana di Cardiologia dello Sport XVI CONGRESSO NAZIONALE Obiettivo: riduzione del rischio cardiovascolare durante sport PADOVA 12-14 Settembre 2013 Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio S.I.G.O.T. XXVI SEMINARIO NAZIONALE Luci ed ombre in diagnosi e terapia nel crepuscolodeglianni MATERA 10/12 Ottobre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio S.I.G.O.T. CONVEGNO INTERREGIONALE MARCHE, LAZIO, ABRUZZO E MOLISE L’Eccellenza Sanitaria nel Passato e nel Futuro... Come Cambierà L’Assistenza... FERMO 27-28 Settembre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net CONVEGNO NAZIONALE L’integrazione terapeutica con i farmaci target in oncologia ROMA 4-5 Ottobre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net W.A.P.S. - PAN.D.O.R.A. I CONVEGNO NAZIONALE Lifestyle and aging: come invecchiare bene attraverso una buona condotta di vita VIAREGGIO 11/13 Ottobre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net Convegno Attualità in Cardiologia APRILIA 19 Ottobre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net III CONGRESSO NAZIONALE Elettrocardiografia Clinica Deduttiva CONEGLIANO 25-26 Ottobre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net 114° CONGRESSO NAZIONALE Società Italiana di Medicina Interna ROMA 26-28 Ottobre 2013 Per informazioni: Aristea• Via Roma, 10 - 16121 Genova Tel. 010553591 Fax 0105535970 E.mail: [email protected] Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile 91 NORmE pER gLI AuTORI La rivista GERIATRIA prende in esame per la pubblicazione articoli contenenti argomenti di geriatria. I contributi possono essere redatti come editoriali, articoli originali, review, casi clinici, lettere al direttore. I manoscritti devono essere preparati seguendo rigorosamente le norme per gli Autori pubblicate di seguito, che sono conformi agli Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Editors editi a cura dell’International Committee of Medical Journal Editors (Ann Intern Med 1997; 126: 36-47). Non saranno presi in considerazione gli articoli che non si uniformano agli standards internazionali. I lavori in lingua italiana o inglese vanno spediti in triplice copia (comprendente pagina di titolo, riassunto in inglese, parole chiave in inglese, testo, figure, tabelle, didascalie, bibliografia) con relativo dischetto a: geriatria - C.E.S.I. - Casa Editrice Scientifica Internazionale Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 06 44241343-44290783 Fax. 06 44241598 [email protected] www.cesiedizioni.com In caso di invio on-line si prega di salvare il testo in word per Macintosh. L’invio del dattiloscritto sottintende che il lavoro non sia già stato pubblicato e che, se accettato, non verrà pubblicato altrove né integralmente né in parte. Tutto il materiale iconografico deve essere originale. L’iconografia tratta da altre pubblicazioni deve essere corredata da permesso dell’Editore. La rivista recepisce i principi presentati nella Dichiarazione di Helsinki e ribadisce che tutte le ricerche che coinvolgano esseri umani siano condotte in conformità ad essi. La rivista recepisce altresì gli International Guiding Principles for Biomedical Research Involving Animals raccomandati dalla WHO e richiede che tutte le ricerche su animali siano condotte in conformità ad essi. Il lavoro deve essere accompagnato dalla seguente dichiarazione firmata da tutti gli Autori: “I sottoscritti Autori trasferiscono la proprietà dei diritti di autore alla rivista geriatria, nella eventualità che il loro lavoro sia pubblicato sulla stessa rivista. Essi dichiarano che l’articolo è originale, non è stato inviato per la pubblicazione ad altra rivista, e non è stato già pubblicato. Essi dichiarano di essere responsabili della ricerca, che hanno progettato e condotto e di aver partecipato alla stesura e alla revisione del manoscritto presentato, di cui approvano i contenuti. Dichiarano inoltre che la ricerca riportata nel loro lavoro è stata eseguita nel rispetto della Dichiarazione di Helsinki e dei Principi Internazionali che regolano la ricerca sugli animali”. Gli Autori accettano implicitamente che il lavoro venga sottoposto all’esame del Comitato di Lettura. In caso di richiesta di modifiche, la nuova versione corretta deve essere inviata alla redazione o per posta o per via e-mail sottolineando ed evidenziando le parti modificate. La correzione delle bozze di stampa dovrà essere limitata alla semplice revisione tipografica; eventuali modificazioni del testo saranno addebitate agli Autori. Le bozze corrette dovranno essere rispedite entro 10 giorni a geriatria - C.E.S.I. - Casa Editrice Scientifica Internazionale, Via Cremona, 19 - 00161 Roma. In caso di ritardo, la Redazione della rivista potrà correggere d’ufficio le bozze in base all’originale pervenuto. I moduli per la richiesta di estratti vengono inviati insieme alle bozze. Gli articoli scientifici possono essere redatti nelle seguenti forme: Editoriale. Su invito del Direttore, deve riguardare un argomento di grande rilevanza in cui l’Autore esprime la sua opinione personale. Sono ammesse 10 pagine di testo dattiloscritto e 50 citazioni bibliografiche. Articolo originale. Deve portare un contributo originale all’argomento trattato. Sono ammesse 14 pagine di testo dattiloscritto e 80 citazioni bibliografiche. L’articolo deve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali e metodi, risultati, discussione, conclusioni. Nell’introduzione sintetizzare chiaramente lo scopo dello studio. Nella sezione materiali e metodi descrivere in sequenza logica come è stato impostato e portato avanti lo studio, come sono stati analizzati i dati (quale ipotesi è stata testata, tipo di indagine condotta, come è stata fatta la randomizzazione, come sono stati reclutati e scelti i soggetti, fornire dettagli accurati sulle caratteristiche essenziali del trattamento, sui materiali utilizzati, sui dosaggi di farmaci, sulle apparecchiature non comuni, sul metodo stilistico...). Nella sezione dei risultati dare le risposte alle domande poste nell’introduzione. I risultati devono essere presentati in modo completo, chiaro, conciso eventualmente correlati di figure, grafici e tabelle. Nella sezione discussione riassumere i risultati principali, analizzare criticamente i metodi utilizzati, confrontare i risultati ottenuti con gli altri dati della letteratura, discutere le implicazioni dei risultati. Review. Deve trattare un argomento di attualità ed Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 2 Marzo/Aprile interesse, presentare lo stato delle conoscenze sull’argomento, analizzare le differenti opinioni sul problema trattato, essere aggiornato con gli ultimi dati della letteratura. Sono ammesse 25 pagine di testo dattiloscritto e 100 citazioni bibliografiche. Caso Clinico. Descrizioni di casi clinici di particolare interesse. Sono ammesse 8 pagine di testo e 30 citazioni bibliografiche. L’articolo deve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, caso clinico, discussione, conclusioni. preparazione dei lavori I lavori inviati devono essere dattiloscritti con spazio due, su una sola facciata (circa 28 righe per pagina) e con margini laterali di circa 3 cm. Gli Autori devono inviare 3 copie complete del lavoro (un originale e due fotocopie) e conservare una copia dal momento che i dattiloscritti non verranno restituiti. Le pagine vanno numerate progressivamente: la pagina 1 deve contenere il titolo del lavoro; nome e cognome degli Autori; l’istituzione ove il lavoro è stato eseguito; nome, indirizzo completo di C.A.P. e telefono dell’Autore al quale dovrà essere inviata ogni corrispondenza. Nella pagina 2 e seguenti devono comparire un riassunto e le parole chiave in inglese; il riassunto deve essere al massimo di 150 parole. Nelle pagine successive il testo del manoscritto dovrà essere così suddiviso: Introduzione, breve ma esauriente nel giustificare lo scopo del lavoro. materiali e metodi di studio: qualora questi ultimi risultino nuovi o poco noti vanno descritti dettagliatamente. Risultati. Discussione. Conclusioni. Bibliografia: le voci bibliografiche vanno elencate e numerate nell’ordine in cui compaiono nel testo e compilate nel seguente modo: cognome e iniziali dei nomi degli Autori in maiuscolo, titolo completo del lavoro in lingua originale, nome abbreviato della Rivista come riportato nell’Index Medicus, anno, numero del volume, pagina iniziale e finale. Dei libri citati si deve indi- 92 care cognome e iniziali del nome dell’Autore (o degli Autori), titolo per esteso, nome e città dell’editore, anno, volume, pagina iniziale e finale. Tabelle: vanno dattiloscritte su fogli separati e devono essere contraddistinte da un numero arabo (con riferimento dello stesso nel testo), un titolo breve ed una chiara e concisa didascalia. Didascalie delle illustrazioni: devono essere preparate su fogli separati e numerate con numeri arabi corrispondenti alle figure cui si riferiscono; devono contenere anche la spiegazione di eventuali simboli, frecce, numeri o lettere che identificano parti delle illustrazioni stesse. Illustrazioni: tutte le illustrazioni devono recar scritto sul retro, il numero arabo con cui vengono menzionate nel testo, il cognome del primo Autore ed una freccia indicante la parte alta della figura. I disegni ed i grafici devono essere eseguiti in nero su fondo bianco o stampati su carta lucida ed avere una base minima di 11 cm per un’altezza massima di 16 cm. Le fotografie devono essere nitide e ben contrastate. Le illustrazioni non idonee alla pubblicazione saranno rifatte a cura dell’Editore e le spese sostenute saranno a carico dell’Autore. I lavori accettati per la pubblicazione diventano di proprietà esclusiva della Casa editrice della Rivista e non potranno essere pubblicati altrove senza il permesso scritto dell’Editore. I lavori vengono accettati alla condizione che non siano stati precedentemente pubblicati. Gli Autori dovranno indicare sull’apposita scheda, che sarà loro inviata insieme alle bozze da correggere, il numero degli estratti che intendono ricevere e ciò avrà valore di contratto vincolante agli effetti di legge. Gli articoli pubblicati su gERIATRIA sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. N.B.: I lavori possono essere inviati via e-mail a [email protected] oppure per posta su CD o pen drive salvati in word.