Capitolo 1 - L`acqua e l`uomo

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Capitolo 1 - L`acqua e l`uomo
L’ITINHERARIO INVISIBILE
IL CICLO IDRICO
Materiali di approfondimento
Capitolo 1 – L’acqua e l’uomo
Indice
Origine dell’acqua
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Che cosa è l’acqua
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Le proprietà dell’acqua
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I cambiamenti di stato dell’acqua
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Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua
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Classificazione delle acque naturali
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L’acqua, elemento essenziale per la vita
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Gli ecosistemi acquatici
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Il ciclo dell’acqua
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Sviluppo sostenibile
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Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo
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Agenda 21
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I Forum Mondiali dell’acqua: il vertice di Kyoto ed il Forum Alternativo
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Normativa Comunitaria sulle acque
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Normativa Nazionale sulle acque
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Legislazione Regionale Emilia Romagna
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Normativa di riferimento delle acque destinate al consumo umano (acque potabili)
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Innovazioni del D.Lgs. 31/2001 in materia di acque destinate al consumo umano
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Normativa di riferimento delle acque naturali minerali
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Riferimenti bibliografici e web
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Origine dell’acqua
Secondo teorie piuttosto recenti, tutta l’acqua che è presente sulla Terra, si sarebbe formata
alcuni miliardi di anni fa.
Tutta la superficie terrestre, durante le ere primordiali, fu interessata da intensi e continui
fenomeni vulcanici, che riversavano in superficie, oltre alla lava, anche grandi masse di gas ed
immense nubi di vapore acqueo. Grazie al lento e continuo raffreddamento dell’atmosfera e della
crosta terrestre, il vapore acqueo poté condensarsi ed accumularsi nelle depressioni della
terraferma, dando origine agli oceani primordiali, dove successivamente presero forma le prime
aggregazioni assimilabili a strutture viventi. In conseguenza a questo fatto l’acqua viene
considerata la chiave della vita.
La Terra può essere considerata un elemento molto simile ad un sistema chiuso: questo significa
che non acquista e non perde materia, inclusa l’acqua. E’ quindi possibile applicare a questo
elemento la famosa frase del padre della chimica moderna e filosofo francese Lavoisier: “nulla si
crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Quindi l’acqua originatasi sulla Terra nelle ere
remote è la stessa (salvo piccoli nuovi quantitativi prodotti durante le eruzioni vulcaniche) che
ritroviamo oggi sul nostro pianeta; essa, durante il trascorrere dei secoli, è stata solo oggetto di
un totale ed ininterrotto riciclaggio.
Quella di oggi, perciò, è la stessa acqua che vide nascere le prime civiltà umane ed è la stessa
acqua che lasceremo in eredità a coloro che verranno dopo di noi.
Che cosa è l’acqua
Aristotele (384 a.C – 322 a.C.) sosteneva che la materia fosse formata dall’interazione di quattro
elementi: terra, aria, acqua e fuoco.
La convinzione che l’acqua fosse un elemento indivisibile si protrasse fino al 1700, quando gli
scienziati Lavoisier e Cavendish scoprirono che questa sostanza è formata in realtà da due
costituenti: idrogeno e ossigeno.
La molecola d’acqua ha una struttura molto semplice, formata da due atomi di idrogeno ed uno di
ossigeno: la sua formula elementare è H2O.
Come è ben noto, gli atomi sono legati fra loro tramite forze dette “legami”: è come se un atomo
di ossigeno legasse a sé, con una specie di filo immaginario, un atomo di idrogeno da una parte
ed un altro atomo di idrogeno dall’altra. I moderni strumenti di oggi consentono di misurare con
grande precisione sia la distanza fra ciascun atomo di idrogeno e quello di ossigeno (poco meno
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di 100 picometri, cioè 100 miliardesimi di millimetro), sia il modo in cui gli atomi di idrogenoossigeno-idrogeno sono disposti nello spazio, che ricorda una V con un angolo di circa 105°.
Struttura molecola acqua
Modello generato al computer di una molecola d'acqua
Dato che l'ossigeno ha una elettronegatività maggiore, il vertice della molecola ospita una
parziale carica elettrica negativa, mentre le estremità recano una parziale carica elettrica positiva.
Una molecola che presenta questo squilibrio di cariche elettriche è detta essere un dipolo
elettrico. Le cariche fanno sì che le molecole vengano attratte reciprocamente l'una all'altra: ciò
significa che ciascun atomo di idrogeno è legato non solo con un “filo” all’atomo di ossigeno della
sua molecola, ma è legato anche con gli atomi di ossigeno delle molecole di acqua adiacenti, con
fili più sottili e lunghi. Si forma, in tal modo, una sorta di macromolecola formata da numerosi
legami. Molte molecole tenute assieme da tali legami formano un insieme di molecole che
possono ruotare tra di loro attorno ai legami, determinando in tal modo varie configurazioni nello
spazio dell'insieme molecolare dell'acqua. Si capisce pertanto che tra i possibili arrangiamenti dei
legami nello spazio, quella disposizione che lascia più vuoti intramolecolari, corrisponde alla
configurazione meno densa che è quella propria del ghiaccio. Questa attrazione nell'acqua è
particolarmente intensa, prende il nome di “legame idrogeno” e spiega molte delle proprietà
fisiche tipiche dell'acqua.
Le proprietà dell’acqua
L'acqua è l'unica sostanza che a temperatura e pressione dell'ambiente si presenta in tutti e tre
gli stati fisici: Solido, Liquido, Gassoso.
L’acqua allo stato liquido presenta diverse anomalie: punto di ebollizione molto alto; volume
molare piuttosto basso; calore specifico alto con un minimo a 35 °C; viscosità che presenta un
minimo alle alte pressioni; notevole aumento di volume nel congelamento; un massimo della
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massa volumica che indica la presenza, al di sotto della corrispondente temperatura, di uno stato
liquido che in modo anomalo all'aumentare della temperatura si contrae. Per spiegare queste
anomalie si tende ad ammettere che l'organizzazione cristallina, dovuta nel ghiaccio ai legami
idrogeno, sussista ancora nell'acqua liquida, costituendo un edificio macromolecolare lacunare
con legami interni mobili che diminuiscono di numero all'aumentare delle temperature e che
formano un insieme di agglomerati polimerici a grappolo in equilibrio dinamico, e di molecole
libere o legate in catene o in anelli.
A differenza di ogni altro composto chimico conosciuto, l’acqua non raggiunge la massima
densità a 0°C quando solidifica, ma bensì alla temperatura di 4°C, quando si trova ancora allo
stato liquido.
Quando una certa massa d’acqua viene raffreddata fino a 4°C, essa si comporta in modo del
tutto normale, dato che le sue molecole si avvicinano una all’altra riducendo gli spazi
intermolecolari e in conseguenza a ciò la sua densità aumenta ed il volume diminuisce. Ma se si
continua ad abbassare ulteriormente la temperatura, le molecole, invece di serrare ancora di più
le fila, ricominciano ad allontanarsi. La struttura cristallina del ghiaccio risulta quindi essere molto
leggera, perché nel suo interno vi sono molti spazi vuoti.
Per questa sua caratteristica, il ghiaccio è più leggero dell’acqua ed è in grado di galleggiare, così
come accade nelle zone polari, dove vere e proprie montagne di ghiaccio fluttuano e galleggiano
sulla superficie del mare.
Questa insolita espansione dell’acqua a basse temperature costituisce un vantaggio importante
per tutte le creature che vivono in ambienti di acqua dolce d'inverno. L'acqua, raffreddandosi in
superficie, aumenta di densità e scende verso il fondo innescando correnti convettive che
raffreddano uniformemente l'intero bacino. Quando la temperatura in superficie scende sotto i
4 °C questo processo si arresta; e per la spinta di Archimede, l'acqua più fredda rimane in
superficie, dove forma poi, con un ulteriore calo della temperatura, uno strato di ghiaccio. Se
l'acqua non avesse questa particolarità, i laghi ghiaccerebbero interamente, facendo morire tutte
le forme di vita presenti.
La situazione delle acque marine è in qualche modo diversa. Il sale contenuto nell’acqua
abbassa sia il punto di congelamento dell'acqua di circa 2 C, sia la temperatura cui l'acqua
raggiunge la sua massima densità fino a circa 0°C. Quindi, nelle acque oceaniche i moti
convettivi che portano verso il fondo l'acqua più fredda non sono bloccati dalla differenza di
densità come nelle acque dolci. Le creature che vivono sul fondo degli oceani artici sono adattate
a vivere a temperature prossime a 0°C.
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Alla normale salinità dell’acqua di mare l’acqua congela a circa -1,9°C. Il ghiaccio che si forma è
sostanzialmente privo di sale e ha densità paragonabile a quella del ghiaccio di acqua dolce.
Questo ghiaccio galleggia sulla superficie, mentre il sale che ne è stato "espulso" va ad
aumentare salinità e densità dell’acqua vicina, la quale scende per convezione verso il fondo.
L’acqua però, aumenta di volume anche quando passa allo stato di vapore. A questa forte
espansione dell’acqua è dovuta la possibilità di usare il vapore acqueo come forza motrice in
tutte le macchine termiche, come quelle che alimentano le centrali elettriche.
La massa volumica del vapore acqueo è, a parità di temperatura, circa due terzi rispetto a quella
dell’aria e quindi il vapore acqueo più leggero tende a salire negli strati alti dell’atmosfera.
I cambiamenti di stato dell’acqua
Come avviene per tutti i corpi, anche per l’acqua il passaggio da uno stato fisico all’altro (da
ghiaccio a liquido, da liquido a gas, e viceversa) comporta uno scambio di energia. Tale energia
si chiama “calore latente” (cioè nascosto dentro ciascuna molecola) di fusione o di solidificazione
e non è altro che la quantità di energia corrispondente alla transizione dallo stato solido a quello
liquido e viceversa. Il calore latente di fusione a 0°C è di 0,23 megajoule per chilogrammo e
questo significa che occorre fornire questo calore ad un chilogrammo di ghiaccio perché si
trasformi in acqua liquida. La stessa quantità di energia deve essere sottratta, mediante
raffreddamento, per trasformare un Kg di acqua liquida in ghiaccio.
Il calore latente di evaporazione o condensazione è quello coinvolto nelle trasformazioni da
liquido a vapore e viceversa. Il calore latente di evaporazione (o di condensazione) dell’acqua a
100°C è di 2,26 MJ/Kg.
Il calore latente di evaporazione varia a seconda della temperatura a cui l’evaporazione ha luogo.
Come è ben noto, se si lascia dell’acqua su una vasta superficie, l’acqua passa allo stato di
vapore anche a pochi gradi di temperatura, se l’aria è capace di accogliere del vapore acqueo.
A ciascuna temperatura l’aria è capace di contenere allo stato di vapore soltanto una certa
quantità d’acqua;quando l’aria contiene la massima quantità possibile di vapore acqueo si dice
che l’aria è “satura” di acqua, o satura di umidità.
L’acqua è una delle sostanze con più elevato calore latente di evaporazione.
Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua
Grazie ad un’altra sua proprietà fisica, l’acqua è capace di assorbire o cedere molto calore senza
che la sua temperatura cambi velocemente. Perciò, il nostro organismo, essendo costituito per
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oltre il 70% di acqua, può passare da un ambiente freddo ad uno caldo senza che la nostra
temperatura corporea cambi considerevolmente.
Per la stessa ragione le acque del mare o di un lago funzionano come veri e propri “ volani
termici”: d’estate, pur assorbendo calore, rimangono più fresche rispetto alle terre emerse,
mentre d’inverno cedono il calore assorbito durante la bella stagione alle zone costiere. Ciò
contribuisce a mitigare il clima delle regioni che si trovano affacciate sul mare o su acque lacustri.
L’acqua possiede un’elevata tensione superficiale, osservabile tramite la formazione di gocce:
tale forma sferica corrisponde al massimo grado di aderenza “interna” degli atomi di idrogeno e di
ossigeno e al massimo grado di repulsione verso le molecole esterne. Un esempio è il trasporto
dell'acqua negli xilemi degli steli delle piante; la tensione superficiale mantiene la colonna
d'acqua unita e forze adesive mantengono l'acqua aderente allo xilema. Colonne altrettanto alte e
sottili di liquidi meno coesi e meno aderenti andrebbero a spezzarsi formando sacche d'aria o di
vapore, rendendo inefficiente fino all'impossibilità il trasporto del liquido attraverso lo xilema
(insieme di tessuti vegetali presenti nelle piante vascolari ed adibito al trasporto dell’acqua e dei
soluti in essa disciolti).
Tramite un processo chiamato elettrolisi, l’acqua può essere scomposta nei suoi componenti
elementari, l’idrogeno e l’ossigeno. L'acqua è infatti parzialmente dissociata in ioni H+ e OH-, che
migrano verso i due poli della cella elettrolitica dove avvengono le seguenti reazioni:
anodo (+): 4 OH- → O2 + 2 H2O + 4 ecatodo (-): 2 H+ + 2 e− → H2
ossigeno ed idrogeno formano bolle di gas sulla superficie degli elettrodi, da cui possono essere
raccolti.
In teoria il pH dell’acqua pura a 25°C è 7. In pratica, date le sue buone capacità solventi, l’acqua
pura è difficile da produrre. Per semplice esposizione all'aria, l'acqua ne dissolve l'anidride
carbonica formando una soluzione molto diluita di acido carbonico che può arrivare fino ad un
valore di pH di 5,7. Similmente si comportano le gocce di pioggia, che quindi hanno sempre una
minima acidità. La presenza di ossidi di zolfo o di azoto nell'atmosfera, tramite la loro
dissoluzione nelle gocce di pioggia, porta a piogge acide aventi valori di pH ben inferiori (3,5 –
2,5) i cui effetti sull’ambiente sono ben più seri.
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L’acqua pura è un buon isolante elettrico (cioè un cattivo conduttore). Ma essendo anche un
buon solvente, dato che riesce a portare in soluzione un’enorme quantità di sostanze, siano esse
allo stato liquido, solido o gassoso, spesso reca in sé tracce di sali disciolti in essa, che con i loro
ioni la rendono un buon conduttore di elettricità. In conseguenza a ciò è molto difficile trovare
l’acqua allo stato puro.
Quando un composto ionico o polare viene messo in acqua, viene circondato dalle molecole di
acqua le quali, per via delle loro piccole dimensioni, si inseriscono tra uno ione e l'altro o tra una
molecola e l'altra di soluto orientandosi in modo da presentare ad ogni ione (o estremità polare)
del soluto la parte di sé che reca la carica opposta; questo indebolisce l'attrazione tra gli ioni (o
tra le molecole polari) e rompe la struttura cristallina. Ogni ione (o ogni molecola polare) si ritrova
quindi solvatato, cioè circondato completamente da molecole d’acqua.
L’acqua, tra le varie cose, chimicamente è considerata essere un anfotero, cioè un composto
capace di comportarsi sia da acido che da base.
A pH 7 (neutralità) la concentrazione di ioni idrossido OH- è uguale a quella di ioni idrogeno H+
(o idronio H3O+). Se questo equilibrio viene alterato si presentano due casi possibili: quando è
maggiore la concentrazione di ioni idrogeno la soluzione diventa acida, quando è maggiore la
concentrazione degli ioni idrossido la soluzione diventa basica.
Secondo la teoria di Bronsted-Lowry, un acido è una specie chimica capace di donare uno ione
H+ ed una base è una specie chimica capace di addizionarlo a sé. In presenza di un acido più
forte di lei, l'acqua si comporta da base, in presenza di un acido più debole di lei, l'acqua si
comporta da acido.
Classificazione delle acque naturali
Le acque naturali a seconda della loro provenienza si classificano in:
•
meteoriche: sono rappresentate da piogge e nevi, notevoli come fonte di
approvvigionamento, ma considerate scarsamente potabili, perché povere di sali e ricche
di gas disciolti e non sempre igienicamente sicure, soprattutto se hanno attraversato
strati di atmosfera inquinata.
•
superficiali: sono acque che possono essere dolci o salate. Le prime spesso vengono
usate per l’approvvigionamento idrico, ma richiedono notevoli e costosi trattamenti di
potabilizzazione. Le acque marine, invece, solo in casi eccezionali sono utilizzabili, dato
l’altissimo costo di potabilizzazione.
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telluriche: sono acque che provengono da falde freatiche o artesiane. Queste ultime (le
più profonde) sono qualitativamente migliori, perché prima di emergere hanno percorso
diversi strati di terreno che le hanno purificate. Le falde freatiche, invece, sono più
superficiali, di conseguenza i processi di autodepurazione dell’acqua non sono sempre
garantiti.
L’acqua, elemento essenziale per la vita
Come già detto in precedenza, l’acqua è un elemento estremamente importante per tutti gli esseri
viventi (compreso l’uomo), dato che questi sono costituiti in gran parte di acqua.
Gli esseri viventi primitivi sono formati da piccole cellule, chiuse dentro una membrana, nella
quale la percentuale dell’acqua è oltre il 98%; i primi animali probabilmente erano simili alle
attuali meduse, la cui composizione è di circa il 95% di acqua. Anche le piante presentano
un’elevata percentuale di acqua nella loro costituzione (in media l’80%) ed i mammiferi (uomo
compreso) hanno una composizione media nella quale l’acqua è circa il 70%.
Inoltre moltissime specie uni o pluricellulari trascorrono nei corpi d’acqua tutto il loro ciclo vitale,
trovandovi nutrimento e protezione, mentre per gli organismi terrestri spesso l’acqua risulta
essere il massimo fattore limitante proprio per la necessità di reperirla.
Anche l’essere umano necessita dell’acqua sia per le sue funzioni vitali, sia per le sue attività;
essa rappresenta una risorsa indispensabile per usi che vanno da quello potabile all’irriguo, da
quello civile all’industriale, dal ricreativo alla pesca e alla navigazione.
Quindi l’acqua risulta essere una risorsa di enorme importanza. Con la parola risorsa noi
indichiamo tutto quello che può essere utilizzato per ottenere un risultato vantaggioso o per
risolvere un problema.
L’acqua è una delle risorse più preziose presenti sul nostro Pianeta, ma oramai anche una delle
più rare e questo perché l’uomo non ha compreso a fondo che la quantità di acqua non è infinita,
ma solo rinnovabile e quindi, per definizione, sempre disponibile purché la velocità di prelievo non
superi la velocità di riproduzione e crescita della risorsa stessa.
L’acqua si rinnova continuamente attraverso il suo ciclo naturale, ma l’incuria e la superficialità
umana lo hanno distorto ed inquinato. Diventa sempre più impellente la necessità di rendersi
conto che la crescente scarsità delle risorse idriche e l’uso improprio che ne viene ancora oggi
fatto, rendono alquanto difficile uno sviluppo sostenibile a livello globale.
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Gli ecosistemi acquatici
L’ecosistema è una unità complessa, funzionale e fondamentale della biosfera, costituita da un
determinato ambiente fisico-chimico (detto biotopo) e da tutti gli organismi, sia vegetali che
animali, che lo popolano interagendo tra di loro (biocenosi) e con l’ambiente stesso. L’ecosistema
è la risultante dinamica tra il biotopo e la biocenosi che lo popola. Più semplicemente si può
definire come “l’insieme degli esseri viventi e dei fattori ambientali che interagiscono n una data
area dalle caratteristiche ben definite”.
In questo lavoro vengono presi in considerazione gli ecosistemi acquatici.
Il Fiume
Il fiume è un ecosistema complesso, caratterizzato da una forte dinamica evolutiva, dovuta
all’azione di modellamento delle acque correnti, condizionato da fattori quali il bilancio idrico, il
regime idraulico e pluviometereologico dell’area geografica. Il fiume è anche e soprattutto
un’unità biologica, un vettore di vita, in quanto è un ambiente dove convivono comunità di
vegetali ed animali costituite da batteri, alghe, protozoi, larve di insetti, crostacei, molluschi,
pesci,…. che nascono, si nutrono, si riproducono e muoiono nell’acqua. All’interno di questo
ambiente, come negli altri ecosistemi, gli organismi viventi si suddividono in produttori,
consumatori e decompositori, dando vita alla catena alimentare.
In questo ecosistema, per quanto riguarda la catena alimentare, i produttori (alghe e piante
acquatiche che effettuano la fotosintesi clorofilliana) risultano essere molto meno importanti di
quelli tipici degli altri ambienti acquatici, come ad esempio il mare o il lago, dove i produttori
rappresentano la fonte primaria del nutrimento di tutti gli organismi consumatori. Questo avviene
perché nei fiumi la forza trascinante delle correnti impedisce l’esistenza del plancton (esseri
microscopici sospesi nell’acqua, che non sono in grado di opporsi alle correnti) che invece popola
massicciamente le acque ferme dei mari e dei laghi. Caso diverso si verifica per i fiumi di pianura,
dove la presenza di alghe e di piante sommerse aumenta notevolmente grazie al rallentamento
dell’acqua.
Si potrebbe pensare che nelle parti montane dei fiumi, essendo scarsi i produttori, siano scarsi
anche i consumatori, ma ciò non avviene perché nel fiume la fonte primaria di alimenti necessaria
per le comunità dei consumatori viene tratta dai detriti organici (foglie e rami secchi, spoglie di
animali, rifiuti organici animali o umani) che provengono da tutto il territorio in cui il fiume scorre.
Grazie all’abbondanza di queste sostanze, all’interno del fiume si instaura la catena del detrito
che permette la sopravvivenza di tutti gli organismi animali.
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Il Lago
Un lago è una grossa massa d’acqua dolce raccolta nelle cavità terrestri.
L’origine di questo ambiente è particolare in quanto si forma in seguito a vari eventi quali
glaciazioni, intensa attività tettonica o vulcanica.
A seconda delle sue dimensioni un lago può essere definito anche “mare interno” (quando di
elevate dimensioni), mentre a volte, quando un mare è di piccole dimensioni, può essere
chiamato lago.
I laghi esistenti in natura sono di vario tipo:
•
laghi di superficie, comunemente chiamati soltanto laghi;
•
laghi sotterranei, che si possono trovare al di sotto dei ghiacci dell’Antartide;
•
laghi stagionali, che si riempiono quando le piogge stagionali sono consistenti.
Solitamente la classificazione dei laghi viene fatta sulla base del tipo di evento che li ha generati:
•
laghi endotermici: sono laghi privi di emissari;
•
laghi tettonici: si formano in seguito allo sprofondamento di tratti della superficie terrestre;
•
laghi vulcanici: laghi che si formano nei crateri dei vulcani;
•
laghi alluvionali: si formano quando un corso d’acqua trova sul proprio percorso dei
depositi alluvionali;
•
laghi glaciali: si originano in seguito alla erosione di lingue glaciali;
•
laghi morenici: laghi che si formano quando la controtendenza è dovuta ad un deposito
morenico di un fronte glaciale;
•
laghi carsici: possono essere laghi superficiali, in corrispondenza di doline (valli) e
spesso molto piccoli, oppure laghi sotterranei, all’interno di grotte, spesso collegate fra di
loro per mezzo di sifoni;
•
laghi da sbarramento: la loro origine è dovuta allo sbarramento da parte di un corso
d’acqua, all’interno di una valle, a causa di frane di grandi dimensioni;
•
laghi costieri: si trovano nelle estreme vicinanze della costa e spesso presentano acqua
salmastra;
•
laghi artificiali: sono laghi originatisi in seguito alla costruzione di opere da parte
dell’uomo, spesso delle dighe;
•
laghi effimeri: sono quei laghi che si originano in regioni aride in seguito ad intense
piogge stagionali. Le acque si raccolgono in depressioni poco profonde, sottoposte a
rapido essiccamento per l’intensa evaporazione durante la stagione arida.
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Geologicamente parlando la maggior parte dei laghi ha una vita relativamente breve e la loro
morte può essere legata all’interramento o all’erosione della soglia, il punto più basso del bordo
della conca lacustre, ad opera dell’emissario.
Spesso si è portati a pensare che l’acqua all’interno dei laghi sia ferma, ma ciò non è vero in
quanto, oltre alle correnti dovute alle presenza di immissari ed emissari, si possono formare
anche dei gorghi o delle onde dovute a varie cause, tra cui l’azione del vento sulla superficie
dell’acqua. Inoltre i laghi sono soggetti ad una serie di movimenti, detti sesse, che sono dei veri e
propri spostamenti periodici dell’acqua da una parte all'altra del bacino, osservabili come dislivelli
tra una parte e l'altra della costa.
Per quanto riguarda la catena alimentare, come si è già visto prima, in questo ecosistema i
produttori primari (alghe e piante acquatiche che effettuano la fotosintesi clorofilliana) sono molto
importanti in quanto rappresentano la fonte primaria del nutrimento di tutti gli organismi
consumatori.
La palude
Una palude è costituita da un terreno pianeggiante completamente intriso d’acqua, che risulta
essere meno profonda di quella dei laghi.
L’estensione di una palude può variare fortemente in relazione al regime delle acque e in
conseguenza a ciò possiamo avere:
•
lagune e stagni costieri: sono bacini d’acqua dolce o salmastra separati dal mare
mediante un esile cordone dunale e comunque sono situati a meno di 10 km dalla costa
marina;
•
acquitrini: sono acque stagnanti non necessariamente perenni;
•
torbiere: sono depressioni paludose di varia dimensione e profondità dove l’accumulo di
particolari vegetali porta alla formazione di sostanze decomposte acide, la cosiddetta
torba.
Una palude solitamente si origina in seguito alla mancanza del normale deflusso delle acque che
convergono nella superficie della zona, o mediante la falda sotterranea dell’area interessata,
oppure in seguito al lento prosciugarsi di un lago.
Questo ecosistema presenta specie animali peculiari ed una particolare vegetazione, che si è
adattata a vivere in presenza di un’elevata umidità e che è in grado di assimilare i nutrienti
(composti di N e P), favorendo la decomposizione microbica della sostanza organica.
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Le paludi hanno un ruolo importante in quanto attenuano e regolano i fenomeni naturali come le
piene dei fiumi, poiché lungo i corsi d’acqua si comportano come delle “spugne” che durante le
piene raccolgono le acque, rallentandone il deflusso e diluendo gli inquinanti. In questo modo
riducono il rischio di alluvioni e, durante i periodi di magra, restituiscono ai fiumi parte delle acque
accumulate. Inoltre sono degli importanti serbatoi per le falde acquifere.
A livello mondiale, le paludi rappresentano una delle tipologie di habitat più importanti per la
conservazione della biodiversità, in quanto il numero delle specie degli organismi viventi presenti
in questo ambiente è molto alto.
Spesso le paludi sono state oggetto di bonifica, soprattutto in passato, per poter essere
trasformate in zone agricole produttive.
Il mare
Il mare è una vasta distesa di acqua salata che si trova a ridosso dei continenti e che è connessa
con un oceano. A volte il termine mare viene usato per indicare laghi che non hanno sbocchi su
di un oceano e che presentano acque salate.
Il confine esistente tra l’acqua del mare e la terraferma è detto costa o litorale.
Un fenomeno caratteristico di questo ecosistema è rappresentato dalle maree, le quali sono
rilevanti nella determinazione sulla costa di una particolare zonazione degli organismi,
conseguenza di una maggiore o minore capacità di adattamento ai periodi di emersione.
A partire dal margine superiore della linea di costa si distinguono 3 zone che vengono più o meno
interessate dal fenomeno delle maree: il sopralitorale, il mesolitorale e l’infralitorale.
Il sopralitorale viene interessato solo dal moto ondoso, quindi presenta sia momenti di mancanza
d’acqua che momenti di immersione; nel mesolitorale si alternano periodi di immersione ed
emersione regolati dai cicli lunari e la sua estensione varia a seconda dell’ampiezza delle maree;
l’infralitorale è una zona che viene normalmente sommersa e che solamente nella parte
superiore, durante le maree più intense (le sigiziali), presenta periodi di emersione.
Anche in questo ecosistema i produttori risultano essere di fondamentale importanza per la
catena alimentare, in quanto producono e fungono da risorsa per tutti gli altri organismi che
vivono nel mare.
Il fitoplancton, che rientra nei produttori, ha anche un altro ruolo molto importante in quanto,
effettuando la fotosintesi clorofilliana, trattiene anidride carbonica. In conseguenza a ciò i mari
sono in grado di assorbire circa il 30% dell’anidride carbonica che viene emessa nell’atmosfera
dalle attività umane sotto forma di gas serra, mitigando così il surriscaldamento globale.
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Inoltre, il fitoplancton produce anche dei gas organici contenenti zolfo; uno di questi è il
dimetilsolfuro, che risulta essere un gas molto importante per il sistema climatico a causa delle
elevate quantità in cui è presente. Esso si ossida e forma piccole goccioline di acido solforico,
sulle quali l'acqua si condensa dando origine alle nuvole. Pertanto i gas che provengono dal
fitoplancton sono la fonte più importante per le nuvole che si sviluppano sopra gli oceani e la
fonte naturale più importante di zolfo in atmosfera, anche più dei vulcani.
Si pensa che i cambiamenti nella catena alimentare marina possano influenzare i cambiamenti
climatici.
Il ciclo dell’acqua
Il ciclo dell’acqua, insieme a quelli di alcuni elementi chimici, come il carbonio, l’azoto e altri,
costituisce uno dei più importanti cicli naturali che si ripetono ininterrottamente da milioni di anni
nella biosfera.
Lo studio del ciclo dell’acqua costituisce il nucleo fondamentale dell’idrologia.
Il ciclo a cui sono soggette in natura le acque è innescato da più fattori continuati nel tempo: la
presenza dei mari e dei laghi, l’azione dell’energia solare e della gravità.
Il ciclo naturale dell’acqua
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Le acque sono costantemente soggette ad evaporazione indotta dall’irraggiamento solare: il
vapore acqueo formatosi passa negli strati alti dell’atmosfera ove si condensa ed origina le
nuvole che possono essere trasportate dai venti a centinaia di chilometri di distanza dal punto di
formazione. Nel momento in cui la condensazione provoca un aumento di peso, tale da vincere la
gravità, si ha la ricaduta sulla terra delle precipitazioni a carattere nevoso o piovoso. Parte di
queste acque di precipitazione può essere temporaneamente immagazzinata nei ghiacciai,
scorrere sulla superficie raccogliendosi nei fiumi, laghi e torrenti, infiltrarsi nel suolo (andando a
costituire le riserve idriche del sottosuolo, le falde freatiche) oppure evaporare di nuovo per
azione dell’irraggiamento solare o per attività della vegetazione (traspirazione delle piante).
Le acque di falda non rimangono immobili, ma percolano sempre più verso il basso, fin quando
non incontrano una strato impermeabile, sul quale scorrono fino a che il banco di roccia
impermeabile non affiora, dando origine ad una sorgente. La superficie della falda, le
precipitazioni e il drenaggio sono in equilibrio dinamico; questo equilibrio rimane stabile se la
quantità e la frequenza delle precipitazioni sono sufficienti da compensare la perdita subita
attraverso i corsi d’acqua, i pozzi e le sorgenti; se gli apporti o i prelievi aumentano, la superficie
della falda si innalza o si abbassa. Questo spiega perché, nelle zone sottoposte a forte
pompaggio di acque, la superficie della falda si abbassa continuamente: infatti la ricarica
dell’acqua non riesce a compensare le perdite legate all’emungimento.
Le piante prelevano l’acqua dal terreno mediante le radici e la utilizzano nel processo di
fotosintesi clorofilliana per la produzione di composti organici (biomassa ed energia) secondo la
reazione:
6CO2 + 6H2O C6H12O6 + 6O2
A questo punto, l’acqua trasportata alle foglie può uscire dagli stomi (piccole aperture poste sulla
loro superficie), ritrasformandosi in vapore che ritorna all’atmosfera. Questo processo si chiama
traspirazione e rappresenta la maggior perdita di acqua da parte delle piante.
Anche gli animali necessitano di acqua per il loro ciclo vitale; essi prima la utilizzano e poi la
restituiscono al terreno mediante le deiezioni e all’atmosfera mediante la traspirazione.
Rispetto all’azoto e all’ossigeno, la quantità di vapore acqueo contenuto nell’atmosfera è molto
piccola; eppure esso ha un ruolo molto importante essendo l’origine delle nubi e delle
precipitazioni (pioggia, neve, grandine), attraverso le quali l’acqua ritorna sulla superficie
terrestre. A loro volta, le notevoli differenze nelle quantità di precipitazioni da luogo a luogo e, per
una stessa località, da periodo a periodo, finiscono per influire non solo sulla natura fisica del
paesaggio ma anche sulle abitudini di vita di intere popolazioni.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Se la superficie del suolo è coperta di vegetazione l’acqua delle piogge cade sulla superficie delle
foglie e la sua forza erosiva viene attutita, in quanto la vegetazione presente sul suolo assorbe
una parte dell’acqua, mentre lascia scorrere lentamente la restante acqua in modo che abbia il
tempo di penetrare nel suolo e di raggiungere ed arricchire le falde idriche sotterranee.
Se invece la superficie del suolo è priva di vegetazione le piogge esercitano una forte azione
erosiva e nel giro di poco tempo le terre rimangono aride, prive di sostanze nutritive, e
contribuiscono ad avviare un processo di desertificazione.
Sviluppo sostenibile
Il termine "Sviluppo Sostenibile" (Sustainable Development — S.D.) è stato utilizzato per la prima
volta nel Rapporto Brundtland nel 1987 (WCED, 1987). Anche se possedeva contorni concettuali
piuttosto vaghi, tale termine sembrava adatto a combinare e riconciliare gli esiti del dibattito,
maturato all'interno delle Nazione Unite, sulle politiche dello sviluppo e su quelle dell'ambiente.
Da quel momento in poi, la "questione ambientale" divenne un tema politico prioritario e mise in
discussione la visione fortemente antropocentrica dei tradizionali modelli di sviluppo, e cioè quella
basata sulla superiorità dell'uomo rispetto alla natura.
Come detto poco fa la prima definizione in ordine temporale fu quella contenuta nel rapporto
Brundtland (dal nome della presidente della Commissione, la norvegese Gro Harem Brundtland)
del 1987 e poi ripresa dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'ONU (World
Commission on Environment and Development, WCED) con l’obiettivo di mantenere uno sviluppo
economico compatibile con l’equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime di equilibrio
ambientale: lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo in grado di soddisfare i bisogni delle
generazioni presenti senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i
propri; un processo nel quale lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti,
l'orientamento dello sviluppo tecnologico ed il cambiamento istituzionale sono tutti in armonia, ed
accrescono le potenzialità presenti e future per il soddisfacimento delle aspirazioni e dei bisogni
umani.
Con questa dichiarazione vengono sintetizzati alcuni aspetti importanti del rapporto tra sviluppo
economico, equità sociale, rispetto dell’ambiente. E’ la cosiddetta regola dell’equilibrio delle tre
“E”: Ecologia, Equità, Economia. Tale definizione parte da una visione antropocentrica, infatti al
centro della questione non è tanto l’ecosistema, e quindi la sopravvivenza ed il benessere di tutte
le specie viventi, ma piuttosto le generazioni umane.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Schema dello sviluppo sostenibile, alla confluenza di tre preoccupazioni
Nel 1991 fu fornita una nuova definizione di sviluppo sostenibile dalla World Conservation Union,
UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, che includeva una visione più
globale: <<…un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli
ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende >>.
Questa potente dichiarazione significa che sostenibilità e sviluppo devono procedere insieme:
•
sostenibilità come pre-condizione per la conservazione di uno sviluppo duraturo,
ricostituendo e sostituendo le risorse delle attuali e future generazioni;
•
sviluppo come modo per superare la povertà, amministrando le risorse per affermare,
contemporaneamente: equità sociale (all'interno delle singole comunità e nel rapporto tra
esse e gli individui), equità interlocale e/o interregionale (tra le varie comunità territoriali),
equità intergenerazionale (tra le presenti e le future comunità).
Nello stesso anno Hermann Daly ricondusse lo sviluppo sostenibile a tre condizioni generali
concernenti l'uso delle risorse naturali da parte dell'uomo:
1. il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di
rigenerazione;
2. l'immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell'ambiente non deve superare la
capacità di carico dell'ambiente stesso;
3. lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.
In tale definizione venne introdotto anche un concetto di "equilibrio" auspicabile tra uomo ed
ecosistema.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Nel 1994, l'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) ha fornito un'ulteriore
definizione di sviluppo sostenibile: “Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di
base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato
e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi”. Ciò significa che le tre dimensioni economiche,
sociali ed ambientali sono strettamente correlate, ed ogni intervento di programmazione deve
tenere conto delle reciproche interrelazioni. L’ICLEI, infatti, definisce lo sviluppo sostenibile come
lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunità economiche a tutti gli abitanti di
una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del sistema naturale, urbano e sociale che
da queste opportunità dipendono.
Nel 2001, l'UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che "la diversità
culturale è necessaria per l'umanità quanto la biodiversità per la natura (...) la diversità culturale è
una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un
mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e
spirituale". (Art 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). In
questa visione, la diversità culturale diventa il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, accanto al
tradizionale equilibrio delle tre E.
Successivamente il rapporto Brundtland ha ispirato alcune importanti conferenze delle Nazioni
Unite, documenti di programmazione economica e legislazioni nazionali ed internazionali.
Per favorire lo sviluppo sostenibile sono in atto molteplici attività ricollegabili sia alle politiche
ambientali dei singoli stati e delle organizzazioni sovranazionali sia a specifiche attività collegate
ai vari settori dell'ambiente naturale.
Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo
A Rio de Janeiro, dal 3 al 14 Giugno del 1992, si è tenuta la conferenza delle Nazioni Unite
sull’Ambiente e lo Sviluppo, a cui hanno partecipato rappresentanti dei governi di 178 Paesi, più
di 100 capi di Stato e oltre 1000 Organizzazioni Non Governative.
Durante questa conferenza fu scritta la Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, che
definisce in 27 principi i diritti e le responsabilità delle nazioni nei riguardi dello sviluppo
sostenibile:
Principio 1
Gli esseri umani sono al centro delle problematiche per lo sviluppo sostenibile. Essi hanno diritto
a una vita sana e produttiva in armonia con la natura.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Principio 2
Gli Stati, in conformità alla Carta delle Nazioni Unite e ai principi delle leggi internazionali, hanno
il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse in funzione delle rispettive politiche ambientali e di
sviluppo e hanno la responsabilità di assicurare che tali attività nel loro ambito di competenza o
di controllo non provochino danni all’ambiente di altri Stati o territori oltre i confini della
giurisdizione nazionale.
Principio 3
Il diritto allo sviluppo deve essere attuato in modo da soddisfare equamente i bisogni di sviluppo
ed ambientali delle generazioni presenti e future.
Principio 4
Nel quadro della realizzazione dello sviluppo sostenibile, la tutela ambientale costituirà parte
integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo.
Principio 5
Tutti gli Stati e le persone collaboreranno al compito fondamentale di sradicamento della
povertà come requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile, al fine di ridurre le disparità dei
livelli di vita e soddisfare meglio i bisogni della maggior parte della popolazione mondiale.
Principio 6
Una speciale priorità deve essere accordata alle condizioni e ai bisogni particolari dei Paesi in
via di sviluppo, soprattutto di quelli meno sviluppati e più vulnerabili sotto l’aspetto
dell’ambiente. Gli interventi internazionali nel campo dell’ambiente e dello sviluppo devono
essere rivolti anche agli interessi e ai bisogni di tutti i Paesi.
Principio 7
Gli Stati devono cooperare in uno spirito di collaborazione globale per conservare, tutelare e
ripristinare l’integrità e la salute dell’ecosistema della Terra. Nel quadro dei diversi contributi al
degrado ambientale globale, gli Stati avranno responsabilità comuni, ma differenziate. I Paesi
sviluppati prendono atto della propria responsabilità nel perseguimento internazionale dello
sviluppo sostenibile, considerando le pressioni che le loro società esercitano sull’ambiente
globale e le tecnologie e delle risorse finanziarie che essi controllano.
Principio 8
Per realizzare lo sviluppo sostenibile e ottenere una migliore qualità della vita per tutte le
persone, gli Stati devono ridurre ed eliminare i modelli insostenibili di produzione e di
consumo e promuovere adeguate politiche demografiche.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Principio 9
Gli Stati devono collaborare per rafforzare la formazione endogena di competenze per lo
sviluppo sostenibile, promuovendo il sapere scientifico attraverso scambi di conoscenze
scientifiche e tecniche e favorendo lo sviluppo, l’adattamento, la diffusione e il trasferimento di
tecnologie, incluse quelle nuove ed innovative.
Principio 10
I problemi ambientali vengono affrontati al meglio con la partecipazione di tutti i cittadini
interessati, ciascuno a seconda del proprio livello. A livello nazionale ogni individuo dovrà avere
idoneo accesso alle informazioni riguardanti l’ambiente in possesso delle autorità pubbliche,
comprese le informazioni su materiali e attività pericolose nelle loro comunità, e dovrà avere la
possibilità di partecipare ai processi decisionali. Gli Stati dovranno facilitare e incoraggiare la
consapevolezza e la partecipazione dei cittadini rendendo ampiamente disponibili le
informazioni. Dovrà essere garantito un accesso effettivo ai procedimenti giudiziari e
amministrativi, comprese le iniziative di riparazione e di rimedio.
Principio 11
Gli Stati dovranno attuare un’efficace legislazione ambientale. Gli standard ambientali, gli
obiettivi e le priorità di attuazione dovranno riflettere il contesto ambientale e di sviluppo cui si
riferiscono. Gli standard applicati da alcuni Paesi possono risultare inadatti e con inaccettabili
costi economici e sociali per altri Paesi, in particolare per quelli in via di sviluppo.
Principio 12
Gli Stati devono collaborare per promuovere un sistema economico internazionale aperto e di
sostegno che possa condurre a una crescita economica e allo sviluppo sostenibile in tutti i
Paesi, al fine di affrontare meglio i problemi del degrado ambientale. Le misure di politica
commerciale per scopi ambientali non dovranno costituire uno strumento di discriminazione
arbitraria o ingiustificabile o una restrizione occulta nel commercio internazionale. Dovranno
essere evitate le iniziative unilaterali per affrontare le sfide ambientali al di fuori della giurisdizione
del paese importatore. Le iniziative ambientali concernenti i problemi ambientali transnazionali o
globali devono, per quanto possibile, essere basati su un consenso internazionale.
Principio 13
Gli Stati devono elaborare leggi nazionali riguardanti la responsabilità civile e l’indennizzo delle
vittime dell’inquinamento e di altri danni ambientali. Gli Stati devono anche cooperare in modo più
incisivo e determinato per emanare ulteriori leggi internazionali riguardanti la responsabilità civile
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
e l’indennizzo per gli effetti nocivi dei danni ambientali provocati nell’ambito della loro
giurisdizione o del loro controllo su zone al di fuori della loro giurisdizione.
Principio 14
Gli Stati devono cooperare efficacemente per scoraggiare o prevenire il dislocamento e il
trasferimento ad altri Stati di ogni attività e di ogni sostanza che provochi grave degrado
ambientale o che sia riconosciuta nociva alla salute delle persone.
Principio 15
Al fine di tutelare l’ambiente, gli Stati adotteranno ampiamente un approccio cautelativo in
conformità alle proprie capacità. Qualora sussistano minacce di danni gravi o irreversibili, la
mancanza di una completa certezza scientifica non potrà essere addotta come motivo per
rimandare iniziative costose in grado di prevenire il degrado ambientale.
Principio 16
Le autorità nazionali dovranno cercare di promuovere l’internazionalizzazione dei costi
ambientali e l’uso di strumenti economici, tenendo presente il principio che chi inquina deve
fondamentalmente sostenere il costo dell’inquinamento, con la dovuta considerazione
dell’interesse pubblico e senza distorsioni del commercio e degli investimenti internazionali.
Principio 17
La valutazione dell’impatto ambientale (V.I.A.)deve essere adottata come strumento nazionale
per le attività proposte che potrebbero avere un rilevante impatto negativo sull’ambiente e che
sono soggette a una decisione da parte di un’autorità nazionale competente.
Principio 18
Ogni Stato deve immediatamente comunicare agli altri qualsiasi disastro naturale o altre
emergenze che potrebbero produrre improvvisi effetti nocivi sull’ambiente di tali Stati. La
comunità internazionale farà tutti gli sforzi per aiutare gli Stati colpiti da tali emergenze.
Principio 19
Gli Stati daranno preventiva e tempestiva comunicazione e forniranno adeguate informazioni
agli Stati potenzialmente colpiti su attività che possano avere un negativo effetto ambientale
transnazionale e si consulteranno con tali Stati prontamente e in buona fede.
Principio 20
Le donne hanno un ruolo fondamentale nella gestione e nello sviluppo ambientale. La loro piena
partecipazione è pertanto essenziale per la realizzazione dello sviluppo sostenibile.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Principio 21
La creatività, gli ideali e il coraggio della gioventù di tutto il mondo devono essere mobilitati per
creare una collaborazione globale, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile e assicurare un
migliore futuro per tutti.
Principio 22
Le genti indigene e le altre comunità locali hanno un ruolo fondamentale nella gestione e nello
sviluppo ambientale grazie alla loro conoscenza e alle usanze tradizionali. Gli Stati devono
riconoscere e debitamente sostenere la loro identità, cultura e interessi e consentire la loro
efficace partecipazione per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile.
Principio 23
Le risorse ambientali e naturali dei popoli oppressi, sotto dominazione e occupazione dovranno
essere tutelate.
Principio 24
La guerra è intrinsecamente distruttiva per lo sviluppo sostenibile. Gli Stati pertanto dovranno
rispettare le leggi internazionali assicurando la tutela dell’ambiente nei periodi di conflitto armato
e, se necessario, collaborare nelle fasi successive.
Principio 25
La pace, lo sviluppo e la tutela dell’ambiente sono interdipendenti e indivisibili.
Principio 26
Gli Stati risolveranno le controversie ambientali pacificamente e con gli strumenti idonei in
conformità alla Carta delle Nazioni Unite.
Principio 27
Gli Stati e le persone collaboreranno in buona fede e in uno spirito di cooperazione per
l’attuazione dei principi stabiliti in questa Dichiarazione e per l’ulteriore evoluzione delle leggi
internazionali nel campo dello sviluppo sostenibile.
(Fonte: http://www.rete.toscana.it/sett/pta/svilsost/dichiarazione_rio.pdf; 12/03/08).
Sempre durante questa conferenza fu stabilità la Giornata Mondiale dell’Acqua, che ogni anno
cade il 22 Marzo. Questa giornata fu definita con lo scopo di ricordare a tutti quanti che l’acqua è
vita, che è un diritto per tutti e che è una risorsa limitata che dovrebbe essere conservata e
gestita con equità.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Agenda 21
Agenda 21 è il Piano di Azione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile di riferimento per il
21° secolo, sottoscritto da oltre 170 Paesi di tutto il mondo durante la Conferenza su Ambiente e
Sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel mese di Giugno del 1992.
Questo programma consiste in una pianificazione completa delle azioni da intraprendere, a livello
mondiale, nazionale e locale dalle organizzazioni delle Nazioni Unite, dai governi e dalle
amministrazioni in ogni area in cui la presenza umana ha impatti sull'ambiente.
L’organo, che ha il compito di supervisionare e controllare lo sviluppo sostenibile, è rappresentato
dalla Commissione sullo Sviluppo Sostenibile, che ha avuto anche il ruolo di commissione
preliminare per gli incontri e le sessioni sull’esecuzione dell’Agenda 21. La Divisione per lo
Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, invece, ha il ruolo di segretario per la Commissione e
lavora all’interno del contesto dell’Agenda 21.
L'Agenda 21 è composta da 40 capitoli, divisi in quattro sezioni:
Sezione I - Dimensioni Sociali ed Economiche: include la lotta alla povertà, il cambiamento della
struttura dei consumi, della popolazione e delle dinamiche demografiche, la promozione della
salute e dei programmi sostenibili di popolamento, e l'integrazione delle problematiche relative
all'ambiente e allo sviluppo nel processo di decision-making.
Sezione II - Conservazione e Gestione delle Risorse per lo Sviluppo: comprende la protezione
dell'atmosfera, la lotta alla deforestazione, la protezione degli ambienti deboli, la conservazione
della diversità biologica (biodiversità), e il controllo dell'inquinamento.
Sezione III - Rafforzamento del ruolo dei Major Groups: comprende i ruoli dei gruppi di
rappresentanza dei bambini e dei giovani, delle donne, delle ONG (Organizzazioni Non
Governative, vedi anche NGO), delle autorità locali, del commercio e dei lavoratori.
Sezione IV - Mezzi per l'Esecuzione (del programma): comprende la scienza, la diffusione della
tecnologia, l'educazione, le istituzioni internazionali e i meccanismi di finanziamento.
In Italia l'"Agenda 21" si concretizza dopo la Conferenza di Aalborg in Danimarca del 1994, dal
cui ambito nasce la "Campagna Europea Città Sostenibili" per promuovere processi di Agenda 21
Locale.
Un ulteriore impulso determinante in questa direzione si concretizzò con la nascita del
"Coordinamento Nazionale Agende 21 locali", avvenuta nel 1999 a Ferrara, con il proposito di
diffondere, valorizzare e monitorare le esperienze di "Agenda 21 locale" attualmente in corso e
nel favorire la partnership e lo scambio di informazioni tra gli enti locali.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
L’Agenda 21 locale è un piano d’azione, un laboratorio-cantiere per realizzare progetti di
sostenibilità ambientale, economica e sociale sul territorio; inoltre prevede un approccio integrato
ai problemi e coinvolge tutti gli attori di una comunità locale e i cittadini interessati, mettendoli
sullo stesso piano, a prescindere dai loro interessi e dal loro grado di influenza.
Nella nostra regione esistono più di 80 enti pubblici, tra province, comuni, comunità montane,
parchi regionali, ecc., che sono coinvolti in percorsi di Agenda 21, alcuni avviati da poco tempo,
altri in fase già più o meno avanzata.
I Forum Mondiali dell’acqua: il vertice di Kyoto ed il Forum Alternativo
Nella primavera del 2003 più di 10.000 rappresentanti di 160 Paesi si sono riuniti in Giappone per
il III Forum mondiale sull’acqua, seguito a quello dell’Aja (2000) e a quello di Marrakech (1997).
L’evento, organizzato dal Consiglio mondiale dell’acqua (una struttura privata con sede a
Marsiglia), era una sorta di proseguimento della conferenza sullo sviluppo sostenibile di
Johannesburg (settembre 2002). In quanto tale, il suo proposito era definire metodi adeguati per
il raggiungimento dell’obiettivo fissato a Johannesburg: dimezzare entro il 2015 il numero di
persone che non dispongono di acqua potabile. Da questo Forum l’accesso all’acqua è stato
riconosciuto come “bisogno” umano di base (nel Forum tenuto all’Aja, l’acqua era stata definita
come merce).
Con presupposti differenti da quelli del vertice di Kyoto si è svolto, sempre nella primavera del
2003, il primo Forum alternativo mondiale dell’acqua. L’iniziativa, nata dal confronto tra
associazioni e ONG con le istituzioni internazionali che si occupano dell’argomento, è scaturita
dalla valutazione in merito alla Dichiarazione del Consiglio Mondiale dell’Acqua, la quale
riconosce l’accesso alle risorse idriche come bisogno umano di base. Secondo le posizioni di
Firenze l’accesso alle risorse idriche deve esser visto come un “diritto” umano e sociale
inalienabile. I sostenitori di questa tesi richiedono un intervento che prenda in considerazione
concrete misure a carattere legislativo, economico-finanziario, sociale e culturale. Promuovono
inoltre la necessità di avviare campagne di sensibilizzazione e responsabilizzazione dei cittadini
nella definizione delle regole di gestione dell’acqua. Gli altri obiettivi includono l’organizzazione di
un sistema finanziario collettivo per sostenere i costi necessari ad assicurare il diritto di accesso
all’acqua per i Paesi poveri.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Normativa Comunitaria sulle acque
Direttiva Quadro sulle acque 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23
ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (Direttiva
“acque”).
Direttiva 2006/118/CE del 12 dicembre 2006, del Parlamento europeo e Consiglio, sulla
protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento.
Raccomandazione della Commissione del 20 dicembre 2001: Tutela della popolazione contro
l'esposizione al radon nell'acqua potabile [notificata con il numero C(2001)4580 ]
(2001/928/Euratom)
Decisione 2001/2455/CE: Parlamento Europeo e Consiglio del 20 novembre 2001 relativa
all'istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque e che modifica la direttiva
2000/60/CE. (GUCE L 15/12/2001, n. 331)
Direttiva 98/83/CE del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al
consumo umano
Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Direttiva “Habitat”)
Direttiva 91/676/CEE del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole
Direttiva 91/271/CEE del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane
Direttiva 80/778/CEE del 15 luglio 1980: Qualità delle acque destinate al consumo umano
(G.U.C.E. 30 agosto 1980, n. L 229)
Direttiva 75/440/CEE del 16 giugno 1975: Qualità delle acque superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile negli Stati membri. (G.U.C.E. 25 luglio 1975, n. L 194. Direttiva
76/160/CEE del 8 dicembre 1975 concernente la qualità delle acque di balneazione).
(Fonte: http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/politica_acqua/acqua_elenco_norme.htm; 12/03/08).
Normativa Nazionale sulle acque
D.Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale”. Il testo, come modificato da diversi successivi
decreti ministeriali, riorganizza e armonizza la normativa in materia ambientale, disciplinando:
•
le procedure per la valutazione ambientale strategica (V.A.S.), la valutazione di impatto
ambientale (V.I.A.) e per l’autorizzazione ambientale integrata (I.P.P.C.);
•
la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione;
•
la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche;
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
•
la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;
•
la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
•
la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.
D.Lgs. 31/2001: Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al
consumo umano (Supplemento alla Gazzetta ufficiale 3 marzo 2001 n. 52).
Legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c.d. Legge Galli) Disposizioni in materia di risorse idriche.
Abrogata da Dlgs 152/2006
(Fonte: http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/politica_acqua/acqua_elenco_norme.htm; 12/03/08).
Legislazione Regionale Emilia Romagna
Delibera n. 40 del 21 dicembre 2005: Piano di Tutela delle Acque. Il P.T.A., conformemente a
quanto previsto dal D. Lgs. 152/99 e dalla Direttiva europea 2000/60 (Direttiva Quadro sulle
Acque), è lo strumento regionale volto a raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale nelle acque
interne e costiere della Regione e a garantire un approvvigionamento idrico sostenibile nel lungo
periodo.
Delibera n. 1053 del 09 giugno 2003 recante gli indirizzi per l'applicazione del D. Lgs. 152/99 e
s.m.i., applicata anche a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 152/06 e s.m.i.;
Legge Regionale n. 25 del 6 settembre 1999, come modificata dalla L.R. 1/2003 (applicativa
della "legge Galli"): delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di
cooperazione tra gli enti locali per l'organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di
gestione dei rifiuti urbani.
Legge Regionale n. 3 del 21 aprile 1999: Riforma del sistema regionale e locale "Capo III
Sezione III "Inquinamento delle acque" Artt. 110 - 120, Capo IV Sezione I "Funzioni in materia di
risorse idriche, difesa del suolo e miniere" Artt. 138 - 144.
Normativa di riferimento delle acque destinate al consumo umano (acque potabili)
La legislazione delle acque destinate al consumo umano in Italia trova le sue basi nel Testo
Unico delle Leggi Sanitarie, R.D. 27 luglio 1934, n.1265 (art.248: “Ogni Comune deve essere
fornito per uso potabile, di acqua pura e di buona qualità”) e progressivi sviluppi con la Circolare
del Ministero della Sanità n. 33 del 27 aprile 1977 (“Controllo e sorveglianza delle caratteristiche
di qualità dell’acqua potabile”) che prende come riferimento per i vari parametri alcuni standard di
qualità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Con il DPCM 8 febbraio 1985 si ha la prima
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
normativa organica delle acque destinate al consumo umano che arriva alla piena realizzazione
con il DPR 236/88.
Con il D.Lgs. 31/2001 (che recepisce la direttiva 98/83/CE concernente la qualità delle acque
destinate al consumo umano) e con le integrazioni del D.Lgs. 27/2002 (in vigore dal 25 dicembre
2003) si afferma il quadro attuale per le acque destinate al consumo umano.
Innovazioni del D.Lgs. 31/2001 in materia di acque destinate al consumo umano
Il Dlgs n. 31 del 2001 emanato in applicazione della Direttiva CEE in materia e disciplinante la
"Qualità dell'acqua destinata al consumo umano", detta i parametri in base ai quali si misura la
qualità dell'acqua e la sua potabilità. In essa si ritrovano i valori di parametro, superati i quali, si è
in presenza di acqua non potabile.
Tale decreto apporta sostanziali modifiche ed innovazioni, sia di carattere qualitativo che
quantitativo, rispetto alla precedente normativa. Con tale decreto sono state apportate sostanziali
modifiche all’elenco dei parametri chimici (vedi cap. 6). Alcuni elementi, ritenuti oggi di scarso
significato sanitario, sono stati eliminati, mentre altri nuovi sono stati introdotti. Specifici valori
limite sono stati fissati per le sostanze come il clorito (sottoprodotto che ha origine dall’utilizzo di
biossido di cloro come disinfettante), il vanadio, l’acrilammide, il benzene, il benzo(a)pirene, il
bromato (sottoprodotto che ha origine dal trattamento con ozono di acque in cui è presente
bromuro), il dicloroetano, l’epicloridina, il tetracloroetilene ed il tricloroetilene, i trialometani totali
(sottoprodotti che hanno origine dall’ipoclorito di sodio come disinfettante), il cloruro di vinile. Con
tale decreto viene riportata anche la radioattività e i relativi parametri di controllo (non riportati nel
DPR 236/88). Valori di parametro più restrittivi sono stati fissati per elementi quali l’arsenico, il
nichel, il piombo, l’antimonio e gli idrocarburi policiclici aromatici; mentre sono stati eliminati dalla
lista dei parametri altri elementi quali il magnesio, l’azoto Kjeldahl, le sostanze estraibili con il
cloroformio, gli idrocarburi disciolti o emulsionabili, i fenoli, i tensioattivi, i composti
organoalogenati (in realtà presenti con differente denominazione), lo zinco, il fosforo e l’argento.
In sostanza il nuovo elenco dei parametri (e quindi dei rispettivi valori limite di concentrazione)
contempla un numero inferiore di voci. E’ stata omessa una serie di elementi considerati, alla luce
delle nuove conoscenze, di scarso significato sanitario o con bassa probabilità di presenza nelle
acque, mentre si è rivolta maggiore attenzione ai contaminanti di natura antropica ed in
particolare ai sottoprodotti dei processi di disinfezione.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Normativa di riferimento delle acque naturali minerali
La cultura delle acque minerali nel nostro paese trova origine con la legge del 16 luglio 1916,
n.947 che costituisce il primo atto legislativo che pone delle regole per la produzione e la
distribuzione delle acque minerali in Italia. Successivamente con il R.D. n.1924/1919, in parte
tuttora valido, viene disegnata la prima struttura normativa che ha consentito la base dei
successivi interventi legislativi.
Con la direttiva 80/777 recepita con D.Lgs. 105/1992, con successive direttive e decreti
integrativi, si arriva allo stato attuale, caratterizzato da una legislazione armonizzata con quella
europea.
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CD-Rom Tuttoambiente. Anima Mundi Editrice
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