Neue Zuercher Zeitung

Transcript

Neue Zuercher Zeitung
Laboratorio: La lingua curiosa
Maestro dell'arte culinaria: Fabio Picchi
La cucina italiana gode di fama internazionale. La pizza e la pasta dei ristoranti fast-food hanno però poco a che fare
con le vecchie tradizioni. Sotto l'incalzare dei tempi che perfino in Italia, come in tutto il mondo, impongono la
razionalizzazione dell'economia domestica. Le tradizioni si sono nascoste in locali esclusivi di primissima qualità. Il
Cibrèo di Firenze è uno di questi.
Il laboratorio in cui Fabio Picchi lavora da vent'anni è piccolo per il cuoco del miglior ristorante di Firenze. Al suo fianco,
nella cucina del Cibrèo, quattro cuochi col cappello bianco e tre aiuto cucina si muovano indaffarati, e tuttavia senza
intralciarsi, tra forni e fornelli, in uno spazio sapientemente organizzato. Con la destrezza dei giocolieri manovrano
pentole di rame, casseruole di alluminio e padelle, secondo una coreografia che ai profani pare incomprensibile. Un
giovane cuoco è intento a strinare colli di pollo spiumati alla fiamma di un fornello; un altro, con due lunghi, sfavillanti
coltelli, affetta a ritmo regolare su una lastra di marmo le cipolle rosse e dolci di Troppa; accanto, con imperturbabile
calma, un giovane tailandese gratta il parmigiano in una grande scodella. Si parla poco in questa cucina; il sottofondo
sonoro proviene soprattutto dal continuo tagliuzzare, battere, sfrigolare, gorgogliare, sibilare; i cuochi sanno
esattamente cosa devono fare e comunicano con sguardi, gesti o frasi stringate. In mezzo sta lo chef, cuoce spicchi di
carciofo, avvolge in fogli di alluminio i funghi porcini con santoreggia e olio di oliva, risponde a una telefonata
importante e conversa con noi, senza che le sue mani riposino neppure per un attimo.
Tra le undici e mezzogiorno è il momento più importante della mattina, il momento della verità, in cui si esamina ciò che
si è cucinato. Adesso è ancora possibile correggere gli errori, rimediare le imperfezioni: la peperonata ha bisogno di un
cucchiaino di zucchero, i carciofi di un po' di sale, la maionese per i colli di pollo ripieni deve essere presente e rendere
conto dei risultati; è bello e al tempo stesso faticoso, perché si ripete ogni giorno, che lo si voglia o no: fa parte del
mestiere.
Il gusto: un talento naturale
E se al patron più tardi si domanda qual è il presupposto più importante perché un giovane arrivi a desiderare di
diventare cuoco, lui risponde: «Mangiare, mangiare e ancora mangiare». Questo significa soprattutto osservare le cose
semplici: distinguere un aglio dall'altro, una cipolla dall'altra, valutare il pane, assaporare i diversi oli, respirare il
profumo degli aromi e delle spezie. Solo chi mangia con attenzione, può ricordarsi delle sfumature di sapore; solo
dall'esperienza personale e quotidiana nasce il patrimonio di ricordi di aromi e fragranze che può essere rievocato in
ogni momento quando si cucina. Chi non vuole o non può avere questa memoria, deve imparare un altro mestiere o
accontentarsi di diventare un buon tecnico di cucina.
Fabio Picchi parla dai suoi circa quarant'anni di esperienza. Già a sette anni, con l'aiuto della nonna, aveva preparato le
sue prime melanzane alla griglia. Nella sua famiglia si è sempre cucinato bene, mangiato bene e parlato molto di cibo.
Suo padre ha sempre speso tutto quello che guadagnava per mangiare. Sapeva dove si comprava la carne migliore, il
pesce più fresco, la verdura più prelibata. E siccome ogni settimana mangiava al ristorante con la famiglia, conosceva
anche tutti i migliori locali di Firenze e dintorni. Queste sono le premesse ideali per la nascita di un grande cuoco,
soprattutto se ha un naso raffinato e una lingua curiosa come Fabio Picchi. Il suo gusto è un talento innato, come per
altri è l'orecchio alla musica.
Quanto si affidi anche agli altri sensi, lo si scopre al mercato di Sant'Ambrogio, che ha luogo ogni giorno in piazza
Ghiberti, proprio davanti al Ristorante Cibrèo. Per comprare i carciofi, Picchi non ha bisogno solo della vista e
dell'olfatto: li afferra anche, ne piega una foglia carnosa e gode dello scricchiolio di soda freschezza. Non è importante
però solo la freschezza: bisogna anche sentire come cambia di settimana in settimana l'aroma del basilico e delle
melanzane, dei peperoni e della menta, osservare come questo diventa più pieno, ricco, forte. Un buon cuoco è solo che
sa reagire hic et nunc alla qualità del prodotto naturale. Per questo non sarà mai possibile indicare al grammo gli
ingredienti di una ricetta.
Un buon cuoco, per essere preciso, ha bisogno di libertà di azione. Che stupidaggine, prescrivere otto foglie di basilico,
quando le foglie di basilico sono ciascuna di grandezza diversa! Per non parlare poi dell'aroma cangiante di quest'erba
meravigliosa. Una ricetta, per valere qualcosa, non deve essere altro che una partitura che indichi le linee essenziali. Un
valore di riferimento nella molteplicità casuale e mutevole dei prodotti naturali è il mestiere: un cuoco deve ripetere per
tanto tempo processi di lavorazione sempre uguali, finché non li esegue in modo perfetto, che si tratti di strinare un
piccione, o di passare una salsa, di grattare il formaggio, o di preparare un battuto.
Il segreto della routine
Picchi è un maestro severo, che addestra i suoi cuochi con la monotonia della tecnica culinaria, sollecitandoli a ripetere
per settimane e mesi le stesse manovre, finché certi gesti non diventano naturali. Di fronte a un arrosto di coniglio
disossato dice: «Per riempire questo coniglio, occorre salsiccia, scorza di limone, salvia, rosmarino, carne di manzo,
pane, latte, noce moscata, parmigiano. Ma più necessario di tutto è l'amore. Se prepari ogni giorno questo ripieno,
finirai sicuramente per annoiarti, a meno che non ti innamori del tuo lavoro; allora ti riuscirà sempre meglio, diventerai
un maestro che conosce a menadito ogni elemento, da poter elaborare e trasformare a piacimento».
Della cosiddetta cucina creativa non ha una grande considerazione; trova ridicolo essere ogni giorno creativi, e dice di
aver inventato al massimo quattro nuove pietanze nella sua ventennale carriera di cuoco. Se tutto va bene, ne creerà
forse altre quattro. Sarebbe più che sufficiente. Soprattutto per la cucina italiana, dove praticamente è già stato
inventato tutto. L'ambizione di un cuoco è di cucinare bene, non di inventare novità.
Questo suona pragmatico e un po' troppo modesto per un locale splendido come il Cibrèo, dove un tavolo per la cena
deve essere prenotato con uno o due giorni di anticipo in qualunque periodo dell'anno. Un ristorante dove mancano i
prodotti di lusso internazionali come l'astice, il caviale e gli scampi, e un piccione ripieno arrosto costa quanto un piatto
di trippa alla fiorentina. Il patron trova che la preparazione di piatti semplici richieda altrettanta cura, sensibilità e
raffinatezza quanto la preparazione di un piccione o di un pesce costoso. La sua arte si sottrae alle definizioni e alle
mode. Ciò risulta evidente anche quando gli si domanda del suo rapporto con la cucina toscana. Il suo retroterra
familiare è la Toscana. Questo però non gli impedisce di imparare qualcosa da una cuoca libanese o da un cuoco
canadese. Lui stesso apprezza moltissimo le melanzane napoletane alla griglia e uno dei piatti più richiesti del Cibrèo è il
cervello di agnello al burro, una specialità turca.
I deliziosi piatti di Fabio Picchi sono forse semplicemente quelli che piacciono a lui. Perché dovrebbe seguire
qualcos'altro che non sia la sua lingua curiosa e il suo gusto innato?
14 maggio 2000 · Alice Vollenweider · Neue Zuercher Zeitung
(traduzione del tedesco)
stampa · print

Documenti analoghi

Corriere della Sera - febbraio 2001

Corriere della Sera - febbraio 2001 E seguito da una sequenza di quattro assaggi di un unico, ecceezionale pecorino «colto» in quattro diversi momenti della sua evoluzione e stagionatura. Forse non tutti piatti socially correct stant...

Dettagli

Panorama Travel - Teatro del Sale

Panorama Travel - Teatro del Sale Se l'imperativo dell'epoca era stupire il cliente, Fabio mirava a suscitare emozioni gustative, convinto che la sua missione fosse quella di far godere chi va al ristorante per mangiare, e non già ...

Dettagli