Convenzione di Istanbul e dichiarazione AGEDO

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Convenzione di Istanbul e dichiarazione AGEDO
Articoli estrapolati dalla Convenzione di Istanbul
Art. 14 - Educazione
1 Le Parti intraprendono, se del caso, le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e
grado dei materiali didattici su temi quali la parità̀ tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la
soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto
all'integrità̀ personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.
2 Le Parti intraprendono le azioni necessarie per promuovere i principi enunciati al precedente paragrafo 1 nelle
strutture di istruzione non formale, nonché́ nei centri sportivi, culturali e di svago e nei mass media.
Articolo 15 – Formazione delle figure professionali
1 Le Parti forniscono o rafforzano un'adeguata formazione delle figure professionali che si occupano delle vittime o
degli autori di tutti gli atti di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione in materia
di prevenzione e individuazione di tale violenza, uguaglianza tra le donne e gli uomini, bisogni e diritti delle vittime, e
su come prevenire la vittimizzazione secondaria.
2 Le Parti incoraggiano a inserire nella formazione di cui al paragrafo 1 dei corsi di formazione in materia di
cooperazione coordinata interistituzionale, al fine di consentire una gestione globale e adeguata degli orientamenti
da seguire nei casi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione.
POI dal sito www.Agedonazionale.it
http://www.agedonazionale.org/2015/02/17/petizione-stop-allomofobia-scuola-nessuno-e-uguale-tutti-uguali/
Perché le lesbiche, i gay, i/le trans devono stare male a scuola?
“Le scuole devono essere luoghi sicuri, devono combattere gli atteggiamenti discriminatori, creare comunità
accoglienti, costruire una società inclusiva e permettere l’Educazione per Tutti.” (UNESCO 1994).
La scuola pubblica, così come è stata delineata dalla nostra Costituzione, rappresenta il luogo privilegiato in cui
riconoscere il diritto di tutti ad essere sostenuti nel cammino verso “il pieno sviluppo della persona umana”,
attraverso la rimozione degli “ostacoli di ordine economico e sociale”, che limitano di fatto “la libertà e l’uguaglianza
dei cittadini”. La scuola è uno strumento di attuazione dell’articolo 3, perché a scuola vengono poste le basi affinché
ogni bambino e bambina, ogni ragazzo e ragazza abbia tutte le opportunità per realizzarsi come persona.
Purtroppo in Italia per molti ragazzi e molte ragazze omosessuali, lesbiche e transessuali così non è: la scuola non è un
luogo sicuro, un posto dove trovare modelli positivi su cui progettare la propria vita. Anzi, la scuola può rappresentare
il luogo in cui essere gay, lesbiche o transessuali significa essere esposti all’insulto, alla derisione, all’isolamento; un
luogo in cui si impara che è meglio nascondersi per evitare violenza, bullismo, emarginazione.
Un luogo in cui è difficile anche chiedere aiuto perché significa esporsi, non trovare l’appoggio dei compagni o degli
adulti. Un luogo in cui il diritto all’istruzione passa in secondo piano, perché l’adolescente omosessuale, lesbica e
transessuale deve prima di tutto difendere la propria persona.
Tutto ciò provoca gravi conseguenze, anche irreversibili, sul piano educativo ed esistenziale: forte disagio e paura di
tornare a scuola, diminuzione del rendimento scolastico, abbandono degli studi, emarginazione, livello basso di
autostima, sentimenti di depressione e impotenza, rischio di tentato suicidio e suicidio.
Le ricerche nazionali e internazionali parlano chiaro: il 4% degli studenti ha subito ripetutamente, con cadenza
settimanale, atti aggressivi perché percepito come omosessuale, lesbica o transessuale, soprattutto nel periodo che
va dalla terza media al primo biennio della scuola superiore; sono quindi circa oltre 100.000 le vittime di bullismo
omofobico per anno scolastico. Ben un terzo dei giovani, che ogni anno si tolgono la vita, è costituito da omosessuali,
lesbiche, transessuali; inoltre gli omosessuali, lesbiche e transessuali tentano di uccidersi da due a tre volte più spesso
rispetto agli e alle eterosessuali della stessa età, a causa della discriminazione e stigmatizzazione sociale.
Per questi motivi le Associazioni che presentano questo documento da anni sono impegnate a lavorare con le scuole e
nella società per diffondere una cultura del rispetto, per dare visibilità e legittimità all’essere omosessuale, lesbica,
transessuale, sottolineando che non è una malattia, né contro natura o una perversione, ma, come affermato già nel
1990 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è “una variante naturale della sessualità”.
Un lavoro faticoso, soprattutto in un Paese in cui non vi è alcuna tutela giuridica per le coppie dello stesso sesso e non
vi è ancora una legge che contrasti l’omofobia e la transfobia. Ma un lavoro che ha iniziato a dare i suoi frutti e grazie
al quale molti studenti hanno potuto ascoltare nelle loro scuole, in una dimensione positiva ed educativa, parole
come gay, lesbica, omosessualità e transessualità, parole riferite a persone reali che potrebbero conoscere o che
conoscono già (compagni, sorelle e fratelli, genitori, insegnanti, amici), rifiutando quegli stereotipi, che ancora troppo
spesso nella nostra società sono fonte di stigma e discriminazione.
Purtroppo in questi ultimi tempi sembra essersi acceso un fuoco incrociato su chi sta cercando di costruire un clima
sociale di rispetto per la dignità delle persone omosessuali, lesbiche e transessuali: movimenti, associazioni, gruppi
religiosi oltranzisti e giornali fanno campagne martellanti cercando di creare allarme tra i genitori e i giovani per
impedire che nelle scuole si combatta l’omofobia e la transfobia e che ragazzi e ragazze, omosessuali, lesbiche,
transessuali e non, possano trovare nella scuola quella cultura che guarda al rispetto delle differenze e alla negazione
della violenza fisica, verbale e psicologica. In questo clima vengono sostenute le anacronistiche e pericolose “terapie
riparative”, sulle quali l’Ordine degli Psicologi ha preso una posizione forte e chiara:
“Le ‘terapie riparative’ e ogni teoria filosofica o religiosa che pretenda di definire l’omosessualità come
intrinsecamente disordinata o patologica, non solo incentivano il pregiudizio antiomosessuale, ma screditano la
professione e delegittimano il loro impegno come professionisti per l’affermazione di una visione scientifica
dell’omosessualità, variante normale dell`orientamento sessuale”.
Queste campagne si oppongono al lavoro voluto dal Consiglio d’Europa attraverso la Strategia Nazionale, che fatica a
realizzarsi nel mondo della scuola ma, cosa ancor più grave, delegittimano e colpiscono i giovani e le ragazze, volendo
riportare gay, lesbiche e transessuali in una condizione di esclusione sociale, privi di dignità e diritti.
Di fronte a questa grave situazione chiediamo alle cittadine e ai cittadini del nostro Paese, al mondo della scuola,
dell’università, della ricerca e della cultura di aderire al nostro appello affinché la scuola pubblica e laica, nata dalla
nostra Costituzione, sia una scuola che includa, aperta alle trasformazioni sociali, un luogo fondamentale per
contribuire alla produzione di identità, di tutte le identità: eterosessuali, omosessuali e transessuali. Una scuola che
faccia conoscere i problemi, le persone, le loro storie e le loro risorse, che sappia parlare di questi temi con i ragazzi e
con le ragazze ma anche con i bambini e le bambine, trovando il linguaggio adatto per ogni età, anche perché sono
sempre più numerose le famiglie formate da persone dello stesso sesso che iscrivono e seguono i propri figli a scuola,
che collaborano con il personale scolastico, che partecipano agli organi collegiali e alla vita democratica di questa
fondamentale istituzione. Una scuola che sia quindi attenta alla realtà specifica e ai bisogni educativi dei bambini e
delle bambine con un genitore omosessuale o con due mamme o con due papà, affinché non siano essi stessi vittime
del pregiudizio omofobico che colpisce i loro genitori.
Per tutti questi motivi chiediamo al Presidente del Consiglio e al Governo che sia rafforzata e data piena attuazione
alla “STRATEGIA NAZIONALE per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale
e sull’identità di genere (2013 -2015)”, anche nella prospettiva del triennio 2016-2018; chiediamo infine che alla
scuola sia data la possibilità di essere nel suo compito educativo uno spazio di elaborazione culturale e sociale che
risponda alle esigenze di cambiamento e che contribuisca a quella uguaglianza sostanziale tra tutti i cittadini, di cui il
nostro Paese ha tanto bisogno.
6 FEBBRAIO 201
Le Associazioni proponenti A.GE.D.O. ARCIGAY ARCILESBICA ASSOCIAZIONE RADICALE CERTI DIRITTI EQUALITY
ITALIA FAMIGLIE ARCOBALENO GAY CENTER