superman è arabo

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superman è arabo
Superman è arabo
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Ai miei figli, Mounir e Ounsi.
Che possano crescere diventando
meno “Superuomini” e più “uomini”:
uomini di cui essere orgogliosa,
uomini che loro stessi
siano orgogliosi di essere.
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E questo allora? Questo non è un libro [...] nel senso
convenzionale della parola. No, questo è un insulto
prolungato, uno scaracchio in faccia all’Arte, un calcio alla Divinità, all’Uomo, al Destino, al Tempo [...]
Canterò per voi, forse stonando un po’, ma canterò.
Henry Miller, Tropico del Cancro
Io, con istinto profondo, scelgo un uomo che esiga
da me la forza, che abbia enormi pretese su di me,
che non dubiti del mio coraggio o della mia solidità,
che non mi reputi ingenua o innocente, che abbia il
coraggio di trattarmi come una donna.
Anaïs Nin
La tragedia del machismo è che un uomo non sarà
mai uomo abbastanza.
Germaine Greer
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C’era una volta...
C’era una volta una ragazzina che amava leggere più
di ogni altra cosa al mondo. Leggeva tutto quello che le
capitava davanti: i giornali di suo padre, le riviste patinate di sua madre e ogni volume che tappezzava la libreria di casa loro. Leggeva persino i “bugiardini” che
trovava nelle confezioni dei medicinali, quei foglietti su
cui si indicano ai consumatori le dosi, il metodo di somministrazione e gli effetti collaterali. Così, fin dall’età di
otto anni ha imparato a non mischiare antiacidi e alcol,
e che: «La ranitidina può diminuire l’assorbimento e ridurre la concentrazione plasmatica di diazepam». Avvertimenti, questi, che poi, nella vita, non si sono rivelati particolarmente utili.
Leggeva a pranzo (per la disperazione di sua madre),
nell’intervallo a scuola (con il disappunto dei suoi amici),
durante le lezioni che non la interessavano (la geografia è troppo sopravvalutata), sull’autobus (ecco perché
saltava spesso le fermate e arrivava tardi), nel bunker
dove si rifugiava dalle bombe mentre all’esterno infuriava la guerra civile (molto più efficace dei tappi per le
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orecchie)... e di notte, quando dormivano tutti, si portava
di nascosto una lampada sotto le lenzuola per leggere.
Inutile dire che quella ragazza ero io.
Di fumetti a casa nostra non se ne trovavano mai. Primo,
perché erano un genere di lusso per cui ci volevano troppi soldi; o perlomeno, troppi per una famiglia modesta
della classe media come la mia. Secondo, non erano abbastanza “seri” da suscitare l’interesse di quel tradizionalista di mio padre, il quale trattava con sufficienza ogni
frase che non fosse necessario leggere almeno due volte
per comprenderla come si deve. Così ero per lo più ignara
dell’esistenza dei fumetti. Un giorno, però, dovevo avere
sui nove o dieci anni, mentre eravamo in visita a casa di
mia zia e mi sentivo terribilmente esclusa in mezzo a tre
cugini (tutti maschi) e un fratello che giocavano a “prendimi se ci riesci”, trovai in un angolo una pila di giornalini di Superman. Mi ci buttai all’istante. E che scoperta fu!
Mi innamorai di Clark Kent al volo. Era un uomo timido, impacciato, onesto, dolce e dal carattere docile.
In parole povere, autentico. Ma ogni volta che si strappava di dosso gli abiti di tutti i giorni per trasformarsi
in Superman, volando via da una finestra per salvare,
presumibilmente, la razza umana, sentivo una sorta di
malessere e angoscia. Non sapevo dire di preciso perché
provassi per lui una tale avversione, soprattutto trattandosi all’apparenza di un eroe così ammirevole. Tuttavia, non potevo farne a meno. Quel personaggio “Più
veloce di un proiettile! Più potente di una locomotiva!”,
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che “cambia il corso di fiumi maestosi e piega l’acciaio
a mani nude” mi infastidiva. Io non vedevo Clark Kent
come un suo travestimento, ma il contrario. E mi infastidiva enormemente anche l’attaccamento di Lois Lane
a Superman e il suo rifiuto di Kent.
Poi, un giorno, molto, molto tempo dopo, ho avuto un’illuminazione: questo mondo (e le donne in esso)
non ha bisogno di “uomini d’acciaio” artificiali. Ha bisogno di uomini veri. Sì, uomini veri, con tutte le loro debolezze, insicurezze, passi falsi e punti deboli. Uomini
veri senza identità segrete. Uomini veri che non pensano di vedere più lontano di te, sentire più distintamente di te, correre più veloce di te e, cosa più importante
di tutte, pensare meglio di te. Uomini veri che per sentirsi potenti non hanno bisogno di indossare calze blu e
una mantellina rossa (una strana metafora per la virilità). Uomini veri che non sono convinti di essere invincibili. Uomini veri che non hanno paura di mostrare i loro
lati più vulnerabili. Uomini veri che non vi nascondono
la loro vera personalità (e non la nascondano nemmeno a se stessi). Uomini veri che non si sentono imbarazzati a chiedere aiuto quando ne hanno bisogno. Uomini
veri che sono orgogliosi di essere sostenuti da te quanto orgogliosi di sostenerti. Uomini veri che non si identificano con le dimensioni del loro pene e la quantità di
peli sul petto. Uomini veri che non definiscono se stessi
in base alle loro performance sessuali. Uomini veri che
non definiscono se stessi in base al loro conto in banca.
Uomini veri che ti ascoltano con attenzione invece di cercare di soccorrerti con arroganza. Uomini veri che non
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si sentono mortificati e castrati se di tanto in tanto non
riescono ad avere un’erezione. Uomini veri che discutono con te su cosa è meglio per entrambi invece di dire:
“Lascia che ci pensi io”. Uomini veri che ti considerano una compagna e non una vittima/una missione/un
trofeo. Uomini veri che condividono i loro problemi e
le loro preoccupazioni invece di intestardirsi a risolverli da soli. In parole povere, uomini veri che non esitino
a chiedere “indicazioni stradali” invece di fingere di sapere tutto loro (a costo spesso di perdersi).
Questo mondo non ha bisogno per niente di Superman.
Perché? Be’, innanzi tutto, perché Superman è un personaggio di fantasia. Molti di voi a questo punto diranno:
«Puah! E dove sta la novità? Ovvio che è un personaggio
di fantasia». Ma, sapete che c’è: nel mio mondo (e anche
in certe parti del vostro, ne sono sicura) molti pensano
che esista realmente. Quello però non è il vero problema.
Non mi riferisco qui alla sindrome dell’“amico/salvatore
immaginario”. Il vero problema è che quelli che credono
nella sua esistenza sono convinti di essere loro stessi Superman. E agiscono di conseguenza. È allora che finisce
male. I leader si trasformano in despoti, i datori di lavoro in padroni schiavisti, i credenti in terroristi e i fidanzati in oppressori. Tutto in nome del concetto: “So io quali
sono i tuoi interessi meglio di te”. Sì, un personaggio di
fantasia può trasformarsi in una disgrazia per l’umanità.
E sebbene a volte possa sembrare una cosa buffa, in ve10
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rità non lo è per niente. È triste. E distruttiva. Per se stessi e per gli altri.
La realtà appena descritta è il motivo per cui in seguito
sono rimasta colpita da un’altra analogia che mi sembrava piuttosto attendibile: Superman è arabo.
La stessa doppia personalità. Lo stesso atteggiamento presuntuoso alla “Risolvo io la situazione”. Gli stessi
modi da macho. La stessa posizione alla “Io sono il Bene
e tutti gli altri il Male”. La stessa illusione alla “Sono indistruttibile”. Qui, nella mia cara vecchia regione araba,
sono davvero tanti questi supereroi che si autodefiniscono tali; sia spodestati sia ancora in carica. I più pericolosi sono i terroristi: come puoi combattere qualcuno che vuole morire, che lo desidera con tutto se stesso?
La battaglia è persa in anticipo. Davanti alla promessa
di cinquanta vergini che ti saranno consegnate nel cosiddetto Paradiso (un paradiso che, di conseguenza, assomiglia di più a un bordello), la persona indottrinata
diventa imbattibile (continuo a domandarmi come uno
possa far fronte a cinquanta vergini: due o tre “professioniste” non sarebbero più utili?).
Terroristi di quel genere, insieme ai dittatori e ai fanatici religiosi, sono i più famosi “Superman” arabi: Osama
bin Laden, Saddam Hussein, Muammar Gheddafi, Hosni
Mubarak, Abdullah bin Abdul Aziz Al Saud, Ayman Al
Zawahiri, Mahmoud Ahmadinejad... Naturalmente, per
fortuna, alcuni di loro non ci sono più e, quando leggerete questo libro, altri se ne saranno andati. Ma siccome
crescono e proliferano come funghi, sull’estinzione della specie non si può contare.
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E non trascuriamo i rappresentanti meno noti del genere. Non dimentichiamoci i prototipi numero uno di
“Superman arabo”: il padre, il fratello, il fidanzato, il
marito, il figlio, il vicino, l’amministratore, il prete, lo
sceicco, l’addetto ai media, il copywriter pubblicitario,
il politico, il collega d’ufficio eccetera. In breve: il ragazzo della porta accanto.
Certo, Superman è arabo. Può apparire potente, ma
i suoi muscoli sono solo una facciata con cui nasconde
le sue insicurezze. Può sembrare autentico, ma in realtà è finto. Una pallida replica di un originale al cui livello non riesce ad arrivare. Può avere l’aria di essere resistente, ma non dura a lungo. Una semplice sfida
lo può scuotere, spaventare e spezzare. La criptonite
è solo una verde allegoria delle sue infinite paure nascoste. Può dare l’impressione di essere utile, ma è solo
soffocante e opprimente. Può suonare intelligente, ma
ascoltatelo con attenzione e vedrete che confonde mascolinità con machismo, fede con fanatismo, etica con
tradizioni superate, bontà con interesse personale, protezione con soffocamento, amore con possesso e forza
con dispotismo. Può sembrare bello in superficie, ma è
marcio dentro. Aprite il guscio brillante e non troverete altro che bugie, falsità, vigliaccheria e ipocrisia. Può
sostenere di salvare il mondo, ma è il mondo in realtà
ad aver bisogno di essere salvato da lui; e soprattutto,
lui ha bisogno di essere salvato da se stesso.
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Ma quando ha avuto inizio sul serio questo “modello
alla Superman”?
Tutte le storie hanno un principio. Una storia in apparenza senza fine come questa, deve averne uno memorabile. Be’, tutto è cominciato così: come prima cosa dalla confusione è nata la paura. Poi dalla paura è nato Dio.
Poi da Dio è nato il concetto di peccato. Poi dal concetto
di peccato è nato l’uomo macho. Poi dall’uomo macho è
nata la donna docile. Poi dalla donna docile è nata la furtività. Poi dalla furtività sono nate le maschere di difesa.
Poi dalle maschere di difesa è nata la guerra dei sessi, e
un sacco di altre cose nel mezzo. Infine tutto è ritornato
alla confusione.
Superman non è l’unico con cui prendersela per la sua
stessa esistenza e persistenza. Non trascuriamo che sono le
donne, in origine, ad allevare i Superman: l’ignoranza delle
madri, la superficialità delle fidanzate, la sottomissione delle figlie, il vittimismo delle sorelle, la passività delle mogli,
e così via. L’ammirazione di Lois Lane per il personaggio
finto e appariscente, alle spese di quello vero, umile, non
è altro che un chiaro e indicativo esempio del ruolo che le
donne giocano nella continuazione della razza macho. Vedete, è un circolo vizioso. E molti vi sono rimasti intrappolati. Uomini e donne. Felici di esserlo. Inconsciamente o
deliberatamente. Ecco perché abbiamo bisogno di renderci
conto in fretta che Superman è un uomo fasullo e della più
misera pasta. È tempo che si strappi di dosso il costume e
resti nei suoi abiti casual. È tempo per noi di disprezzare
le sfarzose etichette e di cercare ciò che è autentico. Dentro
noi stessi, prima di tutto e tutti.
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Perché questo libro?
Se non dici la verità su te stesso,
non puoi dirla sugli altri.
Virginia Woolf
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Poesia
Ufficio parole smarrite
Il miglior libro che potrò mai scrivere
è nascosto da qualche parte
sotto i libri che ho già scritto.
Lo so.
E forse,
forse solo cercando bene
e abbastanza a lungo
lo troverò
un giorno.
... Eppure qualcosa continua a dirmi
che il miglior libro che potrò mai scrivere
sono quelle nere righe di sporco
sotto le mie unghie.
Le mie unghie testarde
che non si stancano mai di scavare.
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Invettiva
Elogio dell’egoismo
Questo è parte della bellezza di tutta la letteratura.
Scopri che i tuoi desideri sono desideri universali,
che non sei solo e isolato da chiunque altro. Sei
parte di qualcosa.
Francis Scott Fitzgerald
Lasciatemelo dire nel modo più sincero e diretto possibile: io non scrivo per cambiare il mondo. Non è quello
il mio scopo principale (anche presumendo che io possa
farlo). Il mio scopo principale non è nemmeno quello di
trasformare speranzosi monoteisti in ateisti consapevoli. Che i monoteisti continuino pure a crogiolarsi nella
beatitudine delle loro illusioni. Il mio scopo principale
non è convincere i macho della necessità di rispettare le
donne e la loro dignità. Il secondo castigo dei macho è
essere macho. Mentre il loro primo castigo è che io e le
altre donne (e uomini) come me esistiamo. E siamo destinati a incontrarci almeno una o due volte.
Il mio scopo principale non è trasformare gli ipocriti in esseri umani sinceri. È meglio lasciare gli ipocriti
a marcire nel pantano delle loro bugie: quelle che dicono agli altri, ma soprattutto quelle che dicono a se
stessi. Il mio scopo principale non è esporre la disonestà di gran parte dei rappresentanti religiosi. Ciarlatanismo e imbecillità si meritano l’un l’altra. Il mio sco19
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po principale non è demolire l’istituzione decadente
del matrimonio. Che i fervidi ammiratori del mito di
“finché morte non ci separi” prosperino e si nutrano
delle loro chimere.
Il mio scopo principale non è persuadere gli uomini
oppressivi che le donne (nel corpo e nella mente) non
sono di loro proprietà; non finché ci saranno donne persuase della stessa cosa tanto quanto gli uomini. Il mio
scopo principale non è provare alle signore sotto il burqa
che hanno subito il lavaggio del cervello con strumenti
di oppressione patriarcale. Il mio scopo principale non
è provare alle conigliette di «Playboy» che hanno subito anche loro il lavaggio del cervello con strumenti di
oppressione patriarcale. Il mio scopo principale non è
svelare i modelli doppi delle nostre società e dei nostri
sistemi ambigui. La condizione che sta alla base dell’affermazione “Tutti gli esseri umani sono nati liberi e uguali
in dignità e diritti” è che dobbiamo come prima cosa dimostrarci degli esseri umani. E alcune persone, semplicemente, non sono nate con questa capacità.
Giuro (non su “Dio”, ovvio) che il mio scopo principale non è guidare chi si è perso, o ridare la vista ai ciechi,
o corrompere i devoti, o calmare i nevrotici, o curare gli
impotenti e le frigide. Il mio scopo principale è far valere
il mio diritto di essere chi ho voglia di essere; il mio diritto di dire quello che ho voglia di dire; il mio diritto di
prendere quello che ho voglia di prendere; e il mio diritto di fare quello che ho voglia di fare; nonostante le responsabilità che derivano da questi diritti e che abbraccio con gioia.
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Non trascuriamo, poi, che utilizzo l’aggettivo “mio”.
Fateci caso bene. Non si trova lì per una coincidenza.
Lo trovate egocentrico? Va bene. Lo dico forte e chiaro.
È proprio quello di cui, secondo il mio modesto parere,
il mondo ha bisogno: più egoisti onesti e meno altruisti
e benefattori fasulli.
Tuttavia se, mentre sarò quella che ho voglia di essere, e dirò quello che ho voglia di dire, e prenderò quello
che ho voglia di prendere, e farò quello che ho voglia di
fare, inciterò anche solo pochi a essere, dire, prendere e
fare quello che anche loro hanno voglia di essere, dire,
prendere e fare, allora mi considererò la persona più fortunata sulla faccia della Terra. Ricaverò un tale orgoglio
da quei “danni collaterali” da me causati, che ne otterrò
forza, determinazione, tenacità e passione.
Credetemi, il mio scopo principale non è cambiare il
mondo. L’unica cosa che mi interessa è vivere e scrivere. È quella la mia vera battaglia. La mia vera causa. La
mia vera lotta. Vivere e scrivere me stessa senza compromessi, senza lasciarmi comprare, senza accordi sottobanco. Vivere e scrivere me stessa senza veli: nuda come
una poesia appena scaturita dal ventre.
Tutto qui.
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