Considerazioni sulla psicopatologia del tossicodipendente

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Considerazioni sulla psicopatologia del tossicodipendente
Considerazioni sulla psicopatologia del tossicodipendente
Considerations about psychopathology of drug addiction
OZREM CARELLA PRADA, MARCO PERALI, MARIA GIUBETTINI
Dipartimento di Medicina Legale e delle Assicurazioni Cesare Gerin, Sapienza, Università di Roma
RIASSUNTO. In questo studio, l’uso di sostanze psicotrope, la dipendenza fisica e le crisi di astinenza vengono rivalutate alla luce di una disamina della letteratura e di un’efficace interpretazione psicodinamica. La tossicomania può essere considerata come una particolare modalità di aggravamento per cause ambientali di un preesistente disturbo di personalità che si
struttura appunto intorno a una dipendenza, che può essere verso una sostanza, un oggetto significativo o un comportamento in generale. Negli ultimi anni sono stati pubblicati lavori che dimostrano la prevalenza di un preesistente disturbo della
personalità interpretabile come perdita di un “sentimento di sicurezza” psichico: quando le difese messe in atto si dimostrano inefficienti, la droga interviene ripristinandone l’efficienza attraverso effetti di scissione e negazione-mimetici. I fenomeni fisici classicamente correlati con la crisi d’astinenza sono interpretabili come una sindrome complessa metabolica e neurovegetativa: è verosimile dunque che la tossicodipendenza mutui dai processi del sistema nervoso centrale che supportano
attività istintuali i propri modelli comportamentali.
PAROLE CHIAVE: tossicodipendenza, personalità.
SUMMARY. In this study, the drug addiction, the physical dependence and the abstinence crisis are explained with analysis
of literature and effective psychodynamic interpretation. Drug addiction can be considered similar to a particular procedure
of deterioration of pre-existing personality disorder dependent on the environment. The addiction is structured around a dependency for a substance or significant object or behaviour. During the last years many articles have shown the prevalence
of this personality disorder that is interpretable as a loss of psychic “feeling of safety”. In the event that the psychic mechanisms of defence become inadequate, drug repairs the efficiency of psychic feeling of safety through mimetic splitting and
negation mechanism. Physical correlations of drug addiction, physical dependence and abstinence crisis are interpretable as
a complex metabolic and neurovegetative syndrome: is therefore likely that behavioural patterns of addiction comes from
processes of the central nervous system that support activities instinctual.
KEY WORDS: drug addiction, personality.
INTRODUZIONE
connessa, dal punto di vista genetico, non con una singola alterazione neuroendocrina corrispondente a una
sola mutazione ma a un intreccio di polimorfismi cromosomici capaci di agire come concause nel determinare il livello di vulnerabilità (1,2). Risulterebbero
compromessi i sistemi dopaminergico, serotoninergico,
GABAergico, noradrenergico e il sistema recettoriale
oppioide. Queste teorie, che portano a concepire la
tossicodipendenza come una sindrome isolata a sé
stante sostenuta da quella situazione biologica che vie-
Nel definire le basi psicopatologiche che favoriscono e sostengono l’uso di sostanze psicoattive, la letteratura scientifica dibatte su molteplici fronti, a partire
da considerazioni puramente biologico-organiciste, fino a ipotesi psichiatriche e sociologiche.
I lavori di indirizzo biologico sono concordi nell’ipotizzare come causa della condotta tossicomanica
una carenza endogena di endorfine, che sembrerebbe
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ne definita da Blum, et al. (3) il tratto ipo-dopaminergico, appaiono fortemente riduzioniste, configurando
la pericolosa ipotesi di una “predeterminazione” biologica per i comportamenti umani e per tutte le loro
espressioni devianti.
Riteniamo, invece, la tossicodipendenza come una
particolare modalità di aggravamento per cause ambientali di un preesistente disturbo di personalità che
si struttura appunto intorno a una dipendenza, che può
essere verso una sostanza, un oggetto significativo o un
comportamento in generale. Nello studio della psicopatologia del tossicodipendente è sempre possibile, infatti, mettere in evidenza uno stato premorboso le cui
caratteristiche psicodinamiche sono sovrapponibili a
quelle di diversi soggetti che hanno poi sviluppato personalità psiconevrotiche o francamente psicotiche.
zione di rappresentazioni buone e cattive di sé e degli oggetti.
Il comportamento (intendendo, quindi, anche la tossicomania come comportamento) sarebbe espressione
dell’organizzazione quali-quantitativa della personalità. Quando questi comportamenti o strategie che caratterizzano il funzionamento socio-relazionale e occupazionale di un individuo sono maladattativi, si costituisce un disturbo di personalità.
Sandler (6) considera poi il concetto di principio di
sicurezza come mediatore dello sviluppo del principio
di realtà a partire dal principio del piacere. Questo autore sostiene che “la maggior parte dei nostri comportamenti quotidiani ha la funzione di mantenere un livello minimo di sentimento di sicurezza e che molte
manifestazioni cliniche (incluse le tossicomanie) diventano più comprensibili se le consideriamo come tentativi dell’Io per preservare tale livello di sicurezza”.
In quest’ottica ha un ruolo preponderante il meccanismo difensivo di scissione che secondo Klein (7) rappresenta proprio uno dei modi per garantire il sentimento di sicurezza, cioè di garantire l’integrità del sé
rispetto a obiettivi e tendenze incompatibili, vale a dire l’autonomia funzionale dell’Io. L’analogia con gli
abusatori di eroina è appariscente: in primo luogo questi pazienti determinano nell’interlocutore rappresentazioni di sé diverse in tempi diversi, e rappresentazioni del sé diverse fra loro in persone diverse, a causa di
un uso prevalente di meccanismi di scissione e negazione quali meccanismi di difesa. Ne conseguono una
percezione e un’espressione del sé multiple e discontinue, che si accentuano sinergicamente con l’uso delle
droghe che determinano stati diversi del sé scissi fra
loro.
LA TOSSICOMANIA COME COMPORTAMENTO
Negli ultimi anni sono stati pubblicati lavori che forniscono dati suggestivi e coerenti circa la netta prevalenza proprio dei disturbi della personalità nei soggetti tossicodipendenti. Si può dunque ipotizzare che la
tossicomania rappresenti lo scompenso specifico di
una patologia psichiatrica preesistente, che orienta il
soggetto in senso tossicofilico sotto le spinte socio-ambientali (il mercato, la cultura di gruppo, il disagio giovanile). Una valutazione di Comptom, et al. (4) sui soggetti in trattamento per la dipendenza da sostanze, secondo i criteri del DSM, ha rilevato le associazioni percentuali con i disturbi psichiatrici: 44% per disturbo
antisociale di personalità, 39% per disturbi fobici, 25%
per depressione maggiore, 12% per disturbi distimici,
10% per disturbo d’ansia generalizzato, 3% per disturbo di panico, 3% per mania, 3% per disturbo ossessivo-compulsivo, 2% per bulimia, 1% per schizofrenia.
In un seminario tenuto nel 1993 riguardo i disturbi
di personalità, V. Volkan (5) ha tracciato una definizione del concetto di personalità così concepito: la personalità può essere considerata come un contenitore che
include il carattere, l’identità, le relazioni oggettuali,
l’esame di realtà, gli elementi di tempo, le emozioni.
Tutti questi aspetti si esprimono attraverso il comportamento, i pensieri, i processi decisionali, la ripetizione
e la compulsività, le difese e il transfert.
La personalità risulterebbe essere perciò una complessa organizzazione che si può studiare a partire da
due precoci funzioni dell’Io:
1. la capacità di distinguere la rappresentazione di sé
dalla rappresentazione degli altri;
2. l’integrazione delle rappresentazioni di sé e delle
rappresentazioni degli oggetti, vale a dire l’integra-
L’ESAME DI REALTÀ E IL SENTIMENTO
DI SICUREZZA
Analizzando ora l’esame di realtà, appare chiaro come questo rappresenti un punto di congiunzione tra
disturbi di personalità e tossicomania. Alcuni autori
come Kernberg (8,9) citano l’integrità dell’esame di
realtà come criterio clinico per la diagnosi di organizzazione borderline di personalità. Utilizzando test
proietti (in primo luogo il test di Rorschach) si possono osservare “indebolimenti” dell’esame di realtà sia
nei pazienti tossicomani sia nei pazienti affetti da disturbi di personalità senza tossicomania.
L’esame della realtà appare correlato con il mantenimento di un sentimento di sicurezza. Si può ipotizzare che l’Io intervenga sulla percezione della realtà attraverso meccanismi di difesa, quali la rimozione, la su-
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blimazione, l’idealizzazione, la negazione, la scissione,
l’identificazione proiettiva, la svalutazione, aventi lo
scopo di manipolare il processo percettivo di quel tanto da neutralizzare la componente affettiva della rappresentazione della realtà, ottenendo così lo scopo di
mantenere l’omeostasi affettiva, mediante meccanismi
di adattamento, e quindi lasciando inalterato il sentimento di sicurezza.
Ebbene, quando le difese messe in atto si dimostrano inefficienti, la droga interviene ripristinandone per
così dire l’efficienza, attraverso effetti di scissione e negazione-mimetici. Tale è l’effetto che si riconosce alla
droga se si prova a interpretarne gli effetti dal punto di
vista delle difese dell’Io. In tale ottica sono allora facilmente riconoscibili nelle droghe (in particolare nell’eroina) effetti scissione-mimetici, negazione-mimetici,
realizzati attraverso l’annullamento della quota affettiva di ogni esperienza.
La tossicomania sembra a questo punto interpretabile come scompenso di tecniche di fronteggiamento
per mantenere un sentimento di sicurezza integro.
Differenze psicobiologiche individuali (riguardanti
ancora una volta il sistema oppioide che presenta un
ruolo di difesa da stimolazioni dannose e in senso filogenetico-evoluzionistico, come sistema che presiede i
meccanismi innati di attaccamento e separazione) relative all’intensità e alla regolazione di emozioni, all’impulsività, all’aggressività, all’ansia, all’inibizione,
influenzano l’organizzazione cognitivo-percettiva della
realtà e il modo con cui il bambino in via di sviluppo in
definitiva elabora le strategie di fronteggiamento.
Il soggetto in crescita si trova progressivamente ad
affrontare dei compiti e, dovendo fare delle scelte, si
trova a lottare tra tendenze incompatibili tra di loro
che, talvolta, impongono la scissione come mezzo di difesa, cioè la separazione di parti opposte che, non potendo stare insieme, generano un costante conflitto. Il
primo conflitto nella separazione-individuazione è ovviamente quello fra i vantaggi del dipendere e gli svantaggi e le angosce del separarsi. Il problema della separazione-individuazione si deve studiare dunque nell’ottica dei meccanismi di difesa. Il passaggio dall’età
adolescenziale all’età adulta corrisponderebbe con il
passaggio da meccanismi di difesa primitivi o “immaturi” a meccanismi “maturi” come la sublimazione e la
rimozione. Il problema nasce dal momento in cui l’utilizzo di difese immature produce un conseguente indebolimento dell’Io e quindi ha un effetto similare all’utilizzo di sostanze stupefacenti. Quanto più si utilizzano difese immature tanto più il soggetto perde la capacità di costruirsi come un adulto.
L’individuo si presenta quindi al compito della separazione-individuazione essendosi abituato a difese
estremamente svantaggiose per la sua evoluzione psichica. Si viene quindi a costituire una personalità premorbosa, cioè una personalità che costituisce una strategia esistenziale fondata sull’evitamento della captazione di alcuni segnali; viene preferita una rappresentazione della realtà modulata sul desiderio di come
“dovrebbe essere”, poiché una rappresentazione realistica imporrebbe proprio quello sforzo adattativo che
si vuole evitare.
L’analisi psicodinamica rinverrebbe nei tossicodipendenti un’incapacità di gestire le proprie emozioni e
i propri impulsi sulla base di una distimia personale
per l’incapacità di riconoscere e identificare gli stati affettivi interni (alessitimia). A questo proposito è stato,
quindi, introdotto il concetto dell’automedicazione: la
sostanza diventerebbe un farmaco autoprescritto e autosomministrato che tampona le carenze strutturali
degli individui.
Diretta derivazione di tale concetto sono alcune ricerche che hanno ipotizzato l’esistenza di uno specifico tropismo tra determinati substrati psichiatrici e assunzione di particolari sostanze d’abuso: probabilmente per tentativi ed errori, la sostanza viene scelta per
specifici effetti psicologici e farmacologici, in rapporto
ai bisogni di ciascun tossicodipendente (10).
Schneider (11), nella sua tipologia delle psicopatie,
ritrova negli ipertimici, nei depressi, negli insicuri di sé,
nei fanatici, negli avidi di sentirsi valorizzati, negli
esplosivi, negli anaffettivi, negli abulici, negli astenici,
possibili sviluppi psicoreattivi con tendenzialità assuntive tossicomaniche.
Il cocainomane è un soggetto in cui è predominante
“l’edonismo narcisistico e il protagonismo e sul quale
il valore dell’esteriorità del successo dell’affermazione
sociale è predominante” (12).
Gli eccitanti come la cocaina avrebbero un effetto
di sbilanciamento su alcuni aspetti di un vissuto altrimenti depressivo.
I narcotici verrebbero scelti dai depressi, dagli insicuri, dai timolabili, dagli esplosivi, dagli abulici e dagli
astenici, che attuano una scelta tossicomanica verso
una riduzione della complessità del vivere del quotidiano, verso il “nichilismo eroinico”.
Nel gruppo dei narcotici l’effetto primario è legato,
quindi, a un’intensa sedazione dell’individuo tramite
una sorta di schermatura-ovattamento dei meccanismi
di connessione intersinaptica; nel gruppo degli eccitanti, invece, è presente un effetto eccitatorio neurotrasmetttoriale. La distinzione è fondamentale per comprendere il legame che l’individuo ha con la realtà materiale e con il rapporto interumano: nel primo caso si
perde la relazione mentre nel secondo si mantiene,
però alterandola.
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LA FANTASIA DI SPARIZIONE VERSO
L’OGGETTO E L’INTROIEZIONE-NEGAZIONE
manico, contraddistinto dalla bramosia irrefrenabile
per una sostanza: essa scatena e mantiene il drug
seeking behaviour (comportamento di compulsiva ricerca) e le ricadute a distanza che sono determinate
dalla ricomparsa, talora condizionata da fattori esterni,
di un antico craving non completamente eliminato. E
proprio le ricadute sono riconosciute essere la vera
malattia del tossicodipendente. È la dipendenza psichica, dunque, la vera dipendenza, di cui tolleranza e
dipendenza fisica sono corollario (14): vediamo in che
modo.
Due delle principali espressioni di alterazioni del
vissuto umano intese in senso psicodinamico sono rappresentate dall’annullamento e dalla dinamica dell’introiezione-negazione. La prima viene intesa come la
tendenza a sviluppare una fantasia di sparizione verso
l’oggetto. Questo meccanismo di difesa rende l’avvenimento o l’emozione “non esistente”. La seconda
espressione è rappresentata dalla dinamica dell’introiezione-negazione dell’altro. Introiezione come
operazione fantasmatica che attraverso una dinamica
orale (Freud faceva risalire la tossicomania a una regressione allo stadio orale) porta a introiettare l’altro
e a creare un oggetto interno nero e deteriorato, arrivando poi alla negazione. L’annullamento della realtà
di rapporto tramite fantasie di sparizione verso l’oggetto potrebbe essere favorita dall’uso di sostanze narcotiche le quali spengono la dimensione del rapporto
interumano. Le sostanze eccitanti avrebbero, utilizzando il meccanismo negazione-introiezione, la capacità
di alterare la realtà oggettuale esterna pur mantenendo un legame con essa.
Tra le due ipotesi la distinzione è netta e permette di
individuare un certo criterio di gravità: l’abuso di narcotici sarebbe assimilabile a una condizione psicopatologica di tipo autistico o anoressico, l’abuso di eccitanti si esprimerebbe in modo simile a un disturbo di tipo
nevrotico o bulimico.
L’ASTINENZA E LA DIPENDENZA
Leary, et al. (15), che sperimentarono su loro stessi
gli allucinogeni, definirono “set” l’insieme dei sentimenti delle paure delle aspettative del soggetto che si
accinge al viaggio, e “setting” le caratteristiche della situazione esteriore, la familiarità dell’ambiente, la presenza di persone amiche o di fiducia, i rumori e le luci
che circondano chi assume le droghe. Questo comporta che il viaggiatore sperimenterà, proverà, vedrà, udrà
quello che si aspetta di sperimentare, provare, vedere,
udire e quello che l’ambiente gli consente e suggerisce
di sperimentare, provare, vedere, udire. A tal proposito
sono stati condotti esperimenti dai quali è emerso che
soggetti con particolari inclinazioni religiose verranno
più facilmente indotti dalla droga a esperienze mistiche.
Se le proprietà farmacologiche di una sostanza fossero le uniche a contare, il setting, quindi i modi e le
circostanze di assunzione, non avrebbero alcuna importanza; ma se è la funzione simbolica, l’attribuzione
di significato da rilevare, allora essa potrà, addirittura,
condizionare le proprietà farmacologiche.
Partendo da queste interessanti premesse concettuali, è possibile reinterpretare il fenomeno della dipendenza e dei suoi correlati clinici: la crisi astinenziale e la dipendenza fisica.
In un articolo apparso nel 1990 “Il dramma della
sofferenza inutile” di Ronald Melzack (16), si è discusso del problema del trattamento del dolore, neoplastico e non, con analgesici oppioidi. In questo lavoro
emerse che il 95% dei pazienti studiati ottenne sollievo dal dolore senza presentare la necessità di aumentare la dose cioè senza sviluppo di tolleranza.
Sempre in tema di tolleranza farmacologica in corso di terapia del dolore con morfina, numerosi altri
studi (17,18) con casistiche di decine di migliaia di soggetti hanno messo in evidenza che anziché la tolleranza farmacologica, il fattore principale dell’aumento
della dose orale di morfina nella gestione del dolore
LO STATO PREMORBOSO
Un’altra ipotesi di impostazione psicodinamica sottolinea la presenza di un carattere premorboso come
espressione di un’identità fragile, conflittuale, poco
strutturata, che si trova ad affrontare situazioni particolarmente impegnative sul piano psichico, emotivo e
affettivo, in uno stato di forte e pressante angoscia, tali da suscitare quella “paura di impazzire” tipica di ogni
situazione a rischio. Posto che l’assunzione di droga è
un atto almeno inizialmente volontario, e che peraltro
l’immagine droga sovente suscita reazioni fobiche, è
stato proposto che il contatto con la sostanza si possa
considerare come una sorta di comportamento controfobico. Di base ci sarebbe la sua fantasticheria onnipotente di controllo sulla sostanza stupefacente, che
altresì significherebbe di poter controllare la paura di
impazzire, con il conseguente superamento dell’angoscia (13).
A nostro avviso sono dunque i tratti psichici a prevalere nella caratterizzazione del fenomeno tossico-
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oncologico è l’aumento stesso del dolore dovuto alla
progressione di malattia. A questo proposito Weissman e Haddox (19) hanno presentato un’inchiesta in
cui hanno dimostrato come sia il trattamento inadeguato del dolore a condurre a cambiamenti del comportamento simili a quelli visti nella “dipendenza psicologica idiopatica” da sostanze stupefacenti. Hanno
definito questo comportamento come una sindrome
iatrogenica, chiamata pseudo-addiction, che presenta
una progressione in tre fasi:
– la prescrizione inadeguata degli analgesici per dolore;
– l’escalation delle richieste dal paziente per una maggiore analgesia;
– i cambiamenti del comportamento per convincere
della gravità del dolore.
In un’indagine comparativa sull’uso voluttuario e
sull’uso terapeutico di sostanze morfino-simili (20), è
stato analizzato un gruppo di pazienti in terapia per
dolore cronico non neoplastico e un gruppo di utilizzatori voluttuari. Diversamente dai pazienti in trattamento per il dolore, gli utilizzatori voluttuari hanno
mostrato modelli di uso compulsivo della droga. Quanto alla crisi d’astinenza, valutata con la positività a tipici sintomi somatici, è interessante rilevare che in meno del 10% dei pazienti con dolore cronico questa si è
presentata e prevalentemente sotto forma di insonnia
correlata però al ritorno del dolore.
Nell’89,5% dei consumatori voluttuari si sono verificati sintomi astinenziali di varia gravità: questi soggetti hanno mostrato una certa polarizzazione nel richiamare alla memoria i sintomi di astinenza quasi
che questi fossero una sorta di “rischio professionale”
dovuto alla loro condizione di tossicomani che stavano sforzandosi continuamente di evitare. A questo
proposito, secondo la teoria dell’omeostasi, l’assuntore di droga raggiunge uno stato di equilibrio che per
essere mantenuto richiede la continua presenza della
droga. Se ciò non è possibile, insorge lo stato di astinenza. Le droghe, infatti, diversamente da altre sostanze, non solo sono in grado di diminuire le sensazioni di dolore fisico e mentale, ma “possiedono una
rappresentazione mentale che ne consente il riconoscimento a livello cosciente”. Per tornare al suo stato
iniziale di equilibrio raggiunto con la droga, l’organismo deve iperattivare queste rappresentazioni coscienti che determinano un’intollerabile sensibilità al
dolore e ad altri fenomeni psichici e fisici fortemente
spiacevoli. Ecco perché solo il tossicodipendente in
astinenza collega i suoi disturbi alla mancanza della
droga (21).
Un’analisi della sindrome astinenziale è stata condotta (22) su un gruppo di detenute tossicodipendenti
di una casa circondariale. Il campione aveva un’età
media tra i 20 e i 39 anni, era composto da monoassuntrici e poliassuntrici, con una durata della condotta
tossicomanica variabile tra i 2 e i 14 anni, con diverse
vie di assunzione e una dose media giornaliera oscillante tra 0,5 e i 3,5 grammi. L’analisi condotta ha sottolineato un’omogeneità della sindrome astinenziale
manifestata contrastante con l’estrema variabilità delle forme di tossicodipendenza in analisi.
La sindrome astinenziale può, dunque, essere assimilata a un attacco di panico e come tale sottesa a
istanze e meccanismi di tipo puramente psichico. I sintomi fisici sono riferibili a un’imponente reazione neurovegetativa che insorge in modo indipendente dal tipo di droga, dalla dose, dalla durata della pratica tossicomanica. La sintomatologia fisica è piuttosto la fenomenologia clinica di una dipendenza psichica e non la
spiegazione del fenomeno.
In fase d’astinenza, il soggetto spesso è disperato
per aver rinunciato a qualcosa che è più della droga,
cioè a un meccanismo adattativo e di controllo dell’angoscia. Infatti, è di frequente osservazione da parte
degli operatori nel settore la ricomparsa di sintomi carenziali (brividi-crampi) in soggetti che hanno da diversi giorni superato la crisi d’astinenza, quando vengono posti in particolari situazioni emotive. Soggetti
“disintossicati” da più di 15 giorni, nel corso dei colloqui volti a dare loro un’adeguata consapevolezza del
loro stato e “costretti” in tal modo a familiarizzare con
l’idea di dover prendere delle decisioni coerenti con
l’intenzione di curarsi, presentano spesso i sintomi carenziali (23).
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce che la cosiddetta “crisi astinenziale” non è affatto un criterio necessario o sufficiente per parlare di dipendenza (24).
SOSTANZE PSICOTROPE IN GRAVIDANZA
Anche la sindrome da astinenza neonatale può essere rivisitata soprattutto alla luce dei dati discordanti
emersi su questo argomento in diversi studi (25,26).
Le maggiori conseguenze che derivano dall’uso degli stupefacenti durante la gravidanza riguardano la ritardata maturazione del sistema nervoso, il diminuito
accrescimento somatico, e infine lo stabilirsi di un corretto rapporto madre-bambino.
Tipici sono i feti piccoli per l’età gestazionale dovuti all’insufficienza placentare e all’effetto diretto dell’eroina di inibizione sulla replicazione cellulare (ipoplasia fetale).
Bogdanoff, et al. (27) hanno compiuto uno studio
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dettagliato di tipo neuropatologico su 117 feti da madri tossicodipendenti deceduti e sono state evidenziate
tre lesioni cerebrali specificamente correlate:
1. degenerazione di cellule nervose cerebrali;
2. aree necrotiche infartuati cerebrali;
3. ritardata maturazione SNC.
Rilevanti sono anche le complicanze ostetriche associate più comunemente alla eroinodipendenza che
includono l’aborto, il distacco placentare, l’eclampsia,
le morti intrauterine, il diabete gestazionale, l’insufficienza placentare e i parti prematuri (nel 50% dei casi).
Questi neonati sono sottopeso o dismaturi praticamente in tutti casi e presentano sintomi quali iperattività, irritabilità, iperreflessia, vomito, diarrea, pianto
acuto, starnuti frequenti, febbre, congestione nasale,
sudorazione, convulsioni, fame eccessiva e suzione del
pugno, insonnia, tachipnea.
Molti autori sottolineano la necessità di diagnosi
differenziale: in questa sindrome, infatti, si presentano
molti sintomi potenzialmente letali propri di altre patologie neonatali come ipoglicemia, ipocalcemia, meningiti ed emorragie intracraniche. Eguchi, et al. (28),
nel 1980, dimostrano per esempio che le gravi difficoltà respiratorie risultano associate a polmonite ab
ingestis conseguente a sofferenza fetale acuta. Anche
la tetania e le convulsioni possono ricondursi all’ipocalcemia da alcalosi per l’insufficienza respiratoria.
Nel complesso emerge che la gravidanza della donna tossicodipendente si può far rientrare nel gruppo
delle gravidanze a rischio. A parte l’uso della droga, infatti, vari sono i fattori che intervengono nel condizionare lo sviluppo del feto: scarsi controlli medici, ridotta alimentazione, infezioni, scarse condizioni igienicosanitarie. Il problema della sindrome astinenza quindi,
anche alla luce di evidenze sperimentali sugli animali,
appare piuttosto espressione del danno iatrogeno, teratogeno, della sostanze stupefacente durante lo sviluppo intrauterino.
Le basi essenzialmente biologiche e fisiche della sindrome carenziale neonatale e di quella dell’adulto, anche se mediante osservazioni diverse, appaiono dunque notevolmente ridimensionate.
Si cade ancora nello psichico, dunque.
Il vantaggio di questa moderna visione della dipendenza “motivazionale” alle sostanze è che in questo
modo sono spiegabili gli effetti “comportamentali” e i
“sintomi” correlati con l’abuso e l’astinenza dalle più
svariate sostanze psicoattive di varia classificazione
farmacologica.
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CONCLUSIONI
L’elusione del bisogno sfocia in una sindrome complessa metabolica ormonica, neurovegetativa: è verosimile dunque che la tossicodipendenza mutui dai processi del sistema nervoso centrale che supportano attività istintuali, i propri modelli comportamentali.
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