GANDHI - Two Queens Holiday

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GANDHI - Two Queens Holiday
GANDHI
L'affermazione della Verità e della non violenza
Secondo Gandhi l'unico mezzo con il quale l'uomo giusto può proporsi di affermare
la Verità e dunque la ahimsa nei rapporti umani è la persuasione razionale di coloro
che
con
i
loro
comportamenti
violenti
causano
ingiustizia:
«Bisogna convertire l'avversario ad aprire le sue orecchie alla voce
della ragione».
I mezzi della persuasione (conversione, non costrizione), per Gandhi, sono
essenzialmente due: la discussione e la lotta non violenta. La discussione consiste nel
battersi contro un'ingiustizia sociale e politica appellandosi alle autorità ingiuste e
all'opinione pubblica. La lotta non-violenta (satyagraha) è la dimostrazione pratica
della Verità; essa dimostra la superiorità morale del ribelle, il suo essere dalla parte
della verità. Ed è a questo punto che il pensiero filosofico e morale di Gandhi si
unisce con quello politico: la nonviolenza per Gandhi è un mezzo per trovare la
verità, che è il suo fine, e la satyagraha è l'arma con la quale l'uomo non-violento
lotta.
La differenza tra questi due metodi di affermazione della verità sta nel fatto che,
mentre la discussione fa appello esclusivamente alla ragione dell'avversario attraverso
la dimostrazione teorica della sua ingiustizia, la lotta non-violenta fa appello anche al
cuore dell'ingiusto, perché contiene una portentosa dimostrazione pratica della sua
ingiustizia.
Il giusto, invece, dimostra, con la sua sfida basata sulla nonviolenza (ahimsa) che la
verità è qualcosa che sta molto al di sopra del suo interesse individuale, qualcosa di
talmente grande e importante da spingerlo a mettere da parte l'istintiva paura della
sofferenza e della morte. Rifacendosi alle parole dei Vangeli si potrebbe dire che, di
fronte all'ingiustiza perpetrata, il combattente non-violento "porge l'altra guancia",
affermando in questo modo la bontà della sua causa, cosa che l'ingiusto non potrebbe
mai fare.
Il combattente non-violento sfida l'ingiusto a mani nude, senza armi, e si espone alle
sue rappresaglie opponendo solo la forza della Verità (da cui l'espressione "forza
della verità"). È la capacità di soffrire senza offendere, senza imporre con la forza la
propria volontà, senza infliggere sofferenza, senza distruggere o uccidere e senza
nemmeno difendersi che rappresenta, secondo Gandhi, la più potente dimostrazione
pratica della validità della causa del ribelle non-violento, il suo essere dalla parte
della Verità:
« La sofferenza è la legge dell'umanità, così come la guerra è la legge della
giungla. Ma la sofferenza è enormemente più potente della legge della giungla,
ed è in grado di convertire l'avversario e aprire le sue orecchie alla voce della
ragione... Quando volete ottenere qualcosa di veramente importante non dovete
solo soddisfare la ragione ma anche toccare i cuori. L'appello della ragione è
rivolto al cervello, ma il cuore si raggiunge solo attraverso la sofferenza. Essa
dischiude la comprensione interiore dell'uomo. La sofferenza, e non la spada, è il
simbolo della specie umana. »
Gandhi insisteva spesso sulla distinzione tra la nonviolenza del debole, che consiste
nel subire passivamente e vigliaccamente l'oppressione o nell'opporsi a essa con la
semplice "resistenza passiva", e la nonviolenza del forte: quest'ultima è il satyagraha,
l'attiva e coraggiosa ribellione all'ingiustizia. Per lui i satyagrahi dovevano essere
dediti anima e corpo alla causa rivoluzionaria. Gandhi non predicava la nonviolenza
come forma di passività e rassegnazione all'ingiustizia, perché assoggettarsi
vigliaccamente all'oppressione significa annientare la propria umanità. Di fronte
all'ingiustizia la via indicata dall'ahimsa è invece quella di lottare per la verità,
facendo di tutto per cambiare ciò che è sbagliato (senza ricorrere alla violenza).
« Nessun uomo può essere attivamente non-violento e non ribellarsi contro
l'ingiustizia dovunque essa si verifichi».
«La nonviolenza è infinitamente superiore alla violenza, tuttavia nel caso in cui
l'unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza, io consiglierei la
violenza».
Oltre alla teorizzazione filosofica e morale dell'ahimsa e del satyagraha, oltre alle
qualità che deve avere il combattente non-violento, Gandhi nella sua lunga storia di
leader rivoluzionario ha teorizzato e sperimentato un'ampia varietà di tecniche di lotta
rivoluzionaria non-violenta, cioè i modi con cui si mette in pratica la lotta per la
verità:….
………..
- Lo sciopero non-violento, ed in particolar modo l'Hartal, uno sciopero generale
accompagnato da preghiera e digiuno.
- Le marce.
- Gli scioperi della fame o della sete (anche "fino alla morte").
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Gesù:
“Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati”
(Matteo 5:6)
“Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli”
(Matteo 5:10)