MUSEO PIETRO CANONICA Marta Jovanovic Dance Rehearsal

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MUSEO PIETRO CANONICA Marta Jovanovic Dance Rehearsal
MUSEO PIETRO CANONICA
Marta Jovanovic
Dance Rehearsal Project
25 Settembre - 25 Ottobre 2009
Comune di Roma
Patrocinio
Ambasciata della Repubblica di Serbia - Roma
Giovanni Alemmano, Sindaco
Umberto Croppi, Assessore alle Politiche Culturali
e della Comunicazione
Umberto Broccoli, Sovraintendente ai Beni
Culturali del Comune di Roma
U.O. Ville e Parchi Storici
Alberta Campitelli, Dirigente
Museo Pietro Canonica
Bianca Maria Santese, Responsabile
Carla Scicchitano
Servizio Comunicazione e Relazioni Esterne
Renata Piccininni, Responsabile
Alberto Federici
Teresa Franco
Servizio Mostre e Attività Espositive e Culturali
Federica Pirani, Responsabile
Monica Casini e Gloria Raimondi
Mostra a cura di
Simone Verde
Performance di
Maria Borgese
Organizzazione
Bosi Artes - Roma
Coordinamento e Comunicazione
Sandro Bosi
Progetto grafico
Dsignedby - Belgrado
Iva Kilibarda
Ufficio Stampa
Studio Orsini - Roma
Si ringraziano:
Nebojsa Babic, Orietta Biasetti, Alessandro e
Tiziana Bosi, Sandro Bosi, Fabrizio Bulckaen,
Teodora Djilovic, Ljupka Ivosevic, Divna i Esad
Korjenic, Vesna Lazic, Arturo e Ornella Leone,
Marlena Markovic, Marijana Cvetkovic-Markovic,
Vesna Mitrovic, Dino Adam Mujanovic, Fabiana
Nobile, Viktor Perolo, Hossein Taheri, Biljana,
Martin i David Tasic, Ana Urosevic, Antonio
Veneziani, Eugenio Vicedomini, Rene Antonio
Villalta Sanchez, Petar Vujanic, Ziza.
APPARATI
n nome della danza
Nell’anno del centenario della nascita dei Ballets Russes,
siamo felici di ospitare al Museo Pietro Canonica un progetto che reinterpreta “La sagra della primavera”, rappresentata per la prima volta a Parigi dalla Compagnia di Djagilev
nel maggio del 1913 su musica di Igor Stravinskij e coreografia del grande Vaslav Nijinsky. In quegli anni Pietro Canonica era spesso ospite in Russia, presso la corte degli Zar,
per lavorare ai diversi ritratti che gli venivano commissionati
dai membri della famiglia imperiale. Djagilev esportava
l’avanguardia russa e l’apriva alle contaminazioni più ardite,
Pietro Canonica approdava presso le corti europee, e quella
russa in particolare, come rappresentante della grande tradizione artistica italiana. Modernità e tradizione si incrociano,
si scontrano, ma a volte dialogano. Ne nasce un confronto
assolutamente indispensabile a legare memoria e futuro. Il
progetto di Marta Jovanovic e Maria Borgese, negli spazi del
Museo Canonica, ne è una conferma.
Carla Scicchitano
Resposabile Attività Culturali Museo Pietro Canonica
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arta Jovanovic :
di Simone Verde
un incendio a casa del pompiere
«Cos’è l’arte? – si chiede Pietro Canonica nelle sue inedite
memorie – è la manifestazione di quanto, con la sensibilità
del suo spirito, l’artista vede nella bellezza del creato,
nell’infinita varietà delle sue forme, dei suoi colori, della sua
musica. Nasce dall’aspirazione dell’uomo a elevarsi spiritualmente con l’umiltà di chi guarda attonito all’infinita bellezza
di quanto ci circonda, è l’inno di glorificazione e di riconoscenza che l’uomo innalza a Dio per la bellezza dell’universo».
Nel chiuso del suo fortino nel cuore classico di Roma, non
lontano dal casino di Raffaello, dalla villa Borghese del cardinal Scipione, dai fasti classici di Villa Medici, Pietro Canonica avrebbe difeso fino alla morte, sopraggiunta nel 1969, le
verità dell’accademismo. Asserragliato dietro le merlature
della sua casa-fortezza avrebbe continuato a ricercare il bello,
come manifestazione del vero. Ossia, come prova
dell’esistenza di Dio. Fuori sarebbero infuriate rivolte e
rivoluzioni, ma dentro casa Canonica sarebbe regnato sempre
lo stesso frigido ritmo. Fiumi di musica dal pianoforte del
salone doppio. Qualche sussurro dal tubo portavoce che
ancora collega un piano all’altro, il brusio del rosario fatto
recitare ogni mattina alla servitù. Un’atmosfera che si respira
ancora oggi in una casa mausoleo, tomba di velleità tardivamente classiche amaramente smentite dalla storia.
Non è un caso che Pietro Canonica sarebbe diventato
assai presto ricercatissimo scultore di monumenti funebri.
Pubblici e privati.
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Che sarebbe stato chiamato a celebrare militi ignoti, caduti
massacrati nelle macellerie delle guerre mondiali, sculture
equestri di monarchi e aristocratici morenti, quando non
agonizzanti, ritratti nostalgici ispirati al classicismo che fu. Le
sue opere pullulano ovunque di citazioni accademiche, Fajsal
I, re iracheno in groppa al cavallo del Marco Aurelio,
l’Afrodite accovacciata di palazzo Massimo alle Terme che,
riscolpita in marmo di Carrara, nel 1896 sarebbe diventata
Torso di donna. Come nell’esemplare antico, anche qui manca
la testa e un braccio, nell’ambizione di nascere da subito come
classico, intellettualmente riesumato e a uso della posterità.
Certo, con l’arrivo del nuovo secolo, Canonica fa qualche
concessione a un Novecento che ama il movimento, allunga
il canone per non dispiacere troppo una certa inclinazione
Liberty, ma interpreta la novità nella sua assonanza con la
scultura ellenistica, strizza l’occhio a Giovanni Boldini, ma in
lui ritrova forme manieriste e i panneggi di certe Menadi
antiche che sembrano antesignane dell’Art nouveau. Avanti
così, il fortino di villa Borghese sarebbe diventato pian piano
come ce lo restituisce oggi il suo significativo museo: il cimitero monumentale di un accademismo morto e sepolto. Difficile compito, perciò, quello di Marta Jovanovic, chiamata a
dialogare con Canonica. Difficile quanto parlare ai defunti
attraverso le foto affisse sulle lapidi delle tombe. Difficile
quanto riportare al mondo i morti nati morti. La scelta era
obbligata: dare fuoco perché dalle ceneri nascesse nuova vita.
Dare alle fiamme la casa del più ostinato “pompiere” italiano,
del più incallito nemico delle avanguardie e difensore
dell’accademismo, cioè, inoltratosi fin nella seconda metà del
Novecento.
Raccogliendo la difficile sfida, Marta riparte proprio da dove
Canonica si era fermato, dalla forza dirompente del Novecento. Ciò che nelle sue memorie inedite lo scultore qualifica
così: «Questi artisti e critici novecentisti […] rifiutano l’arte
del passato in una ostinata ricerca di nuove forme di arte che
permettano di evitare un confronto, che non potrebbero vincere, coi grandi del passato. Secondo loro una testa non deve
avere occhi o, se li ha, non deve averli dove li ha messi la
natura».
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Ma dove li ha messi la natura? Quale rapporto esiste tra il
canone di bellezza alla base dell’ideale accademico e i corpi
degli esseri umani, quelli veri? Bassi, alti, magri, grassi, a
volte storpi e difformi. Marta Jovanovic riparte proprio da
qui. Lo shock tra il mondo reale, finalmente penetrato
all’interno del fortilizio, non poteva essere più efficace. Da
un lato i ritratti eroici, i monumenti funerari destinati a
celebrare un assoluto fobico. Dall’altra, il gioioso quanto tragico passaggio della vita. Tragico, poiché destinato a finire.
Gioioso, però, perché pienamente vissuto. Questa l‘etica
della cultura contemporanea esibita da Marta, all’opposto di
sculture e monumenti che, per paura della vita, corrono
verso l’eternità della morte.
Il conflitto suscitato dal confronto, così, evoca immediatamente le ragioni essenziali dell’arte nata nel secondo Novecento. La fine dell’ideologia, il diluirsi della verità nel
tempo, la critica dell’alienazione in nome di assoluti che non
hanno niente a che fare con la vita e che, esaltando modelli
di esistenze perfette, si abbattono come macigni sugli esseri
umani in carne e ossa. L’accostamento tra il ritratto di Adam
e il monumento funerario per la signora Schenabl-Rossi che
apre la mostra non vuole essere una provocazione, ma la
dimostrazione di uno stravolgimento culturale e del gusto.
Nel mondo contemporaneo la femminilità non è più una
condizione biologica e sociale ma la libera scelta individuale
di aderire a un modello piuttosto che a un altro. In un
mondo borghese, dove gli individui sono liberati grazie al
benessere e alla tecnica, la verità e il bello non consistono in
un ideale avulso dalla vita. Vero e bello è ciò che autenticamente è. L’infinita varietà di ciò che esiste ed è sotto i
nostri occhi. Bella è l’imperfezione dei corpi veri che ci trasmettono il loro modo di attraversare l’esistenza.
Affrontando l’estetica accademica di Canonica, così, il lavoro
di Marta Jovanovic diventa immediatamente un discorso
sull’alienazione. Sulla sofferenza subita da milioni di individui nel voler aderire a modelli irraggiungibili, proiezioni
utopiche della ragione. I soggetti in tutu fotografati
dall’artista ci ricordano le sevizie subite da migliaia di ballerini classici, le violenze imposte a muscoli, ossa, articolazioni
perché funzionassero secondo un’impossibile anatomia perfetta.
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Dietro tutto ciò, ovviamente, si nasconde la stessa paura, la
stessa esorcizzazione del limite umano e della morte che
finisce per traumatizzare la vita e che in Canonica ha trasformato in mausoleo l’abitazione di un artista. A fare da
contrappunto, perciò, è la gioiosa esuberanza di esseri umani
ritratti mentre tentano di costruire un senso come meglio
possono, a interpretare con edonismo, finché dura, la difficile festa dell’esistenza. Ovvero, come indica il titolo della
mostra: Fuck art, let’s dance.
Negli appartamenti privati del museo, il Canonica scultore
diventa soprattutto musicista, autore di melodrammi a soggetto classico, intrisi anche questi di paralisi fobica e di
morte accademica. Al primo piano, sul pianoforte a coda del
salone doppio campeggia ancora lo spartito della sua Medea.
Tragedia di Euripide ma anche figura mitica che, tradita dal
marito Giasone e divorata dalla vendetta, incapace di dimenticare e di tornare a vivere, si sarebbe avvelenata, trascinando con sé i figli nella tomba. Quelle stanze imbalsamate,
così, vengono irretite da Marta con la musica di Igor Stravinsky, con Le sacre du printemps eseguita per la prima
volta nel 1913 con la celebre coreografia di Vaslav Nijinsky,
atto fondatore della danza moderna. Soggetto, il rito di una
giovane vergine che per evocare gli spiriti dei defunti, per
spingerli a fuoriuscire dalle viscere alla fine dell’inverno e
riportare la vita sulla terra, si immola danzando fino alla
morte. Il rituale messo in scena da Stravinsky e da Nijinsky
avrebbe propiziato la rinascita dell’Europa dalle sue ceneri
accademiche e nazionalistiche. Avrebbe svelato le potentissime energie che si apprestavano a dare forma al Novecento
e alla sua modernità. Analogamente, anche se con incomparabile tatto e garbatezza, fa Marta Jovanovic che tra quelle
musicalità dissonanti che preludono al contemporaneo, con
oggetti discretamente disseminati qua e là riempie di allegre
imperfezioni della vita, di aspirazioni destinate a rimanere
vane, gli spazi di un’ideologia disertata dai contemporanei.
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Dance Rehearsal Project MMIX
“Nella Sagra, non c’è nessuna tradizione e nessuna teoria” scrisse Stravinski nel suo Cronache della Mia Vita
a Parigi nel 1935.
L’ idea per il Dance Rehearsal Project
nasce dall’analisi sia della condizione
femminile nella società contemporanea che del “ruolo” della persona
femminile. “ Tu sei una ragazza, è
normale che tu prenda lezioni di
danza classica, non lo si discute
neanche!” - quante volte avete sentito
mamme, nonne, zie ripetere questa
frase quando la bambina invece si
lamenta perché non vuole andare a
lezione a causa del dolore alle dita dei
piedi, alla schiena, o semplicemente
perché preferisce passare il tempo
giocando con il fratellino senza fare
“cose da femminucce”? Ah, si, c’è la
tradizione e c’è la teoria e non importa
quanto pensiamo che la nostra mente
sia contemporanea. La tradizione e la
teoria nella società sono molto più
presenti di quanto non ci piacerebbe
pensare, anche nel ventunesimo
secolo.
L’ oggetto del Dance Rehearsal
Project, come nel mio lavoro e nella
mia ricerca in generale, è la femminilità. Esamino le maschere mentali che
le persone “indossano” per glorificare
il proprio femminile.
Durante la
ricerca, discutendo il progetto con le
varie persone che ho avuto la fortuna
di incontrare, ho superato il confine del
sesso e ho esteso la mia ricerca a tutti
livelli dell’umanità fin nella sua flora e
fauna emotiva in ordine al femminile –
lato che a nessuno di noi manca.
Le scarpette da punta di danza classica sono il simbolo, la metafora del
femminile. La scelta della scarpetta
da punta di danza classica rispetto a
tacchi alti, piedi fasciati delle Giapponesi, colli ad anello o immagini da
disordine alimentare, avviene per
ragioni puramente personali. Come
tema portante per il Dance Rehearsal
Project, ancora una volta attingo da
un tema della selvaggia mitologia
slava, ambito a me familiare e conosciuto: La Danza della Vergine del vulcanico capolavoro di Igor Stravinsky La
Sagra di Primavera, composto per i
Ballets Russes di Diaghilev a Parigi
all'inizio del '900. L’installazione Decadens ritrae tutte le “Vittime”. La
grande specchiera neoclassica che
ne fa parte proviene dagli arredi della
Casina Valadier nei giardini di Villa
Borghese a Roma e rappresenta, in
tutta la sua bellezza, i canoni e le
norme che determinano i giochi di
ruolo, i soliti vecchi giochi (, i giochi dei
soliti
vecchi
ruoli).
Lo
spettatore/spettatrice vede il proprio
viso e corpo riflessi nello specchio
sopra la pila di vecchie, strausate
scarpette da punta di danza classica,
le quali rappresentano la gloria
passata, e si riconosce nello schema,
nel circolo vizioso.
Chi è la Vittima?
Oltre all’istallazione Decadens, altri
due elementi compongono il Dance
Rehearsal Project : la Portrait Gallery,
piccole sculture realizzate su vecchie
tele piene di polvere proprio con le
strausate scarpette da punta di danza
classica, e Fuck Art Lets Dance, una
serie di fotografie di grande formato.
PROJECT
(Filosofia e descrizione)
I ritratti della Portrait Gallery rappresentano i souvenir che ricordano la
gloria una volta, o mai, raggiunta. I
protagonisti della serie di fotografie
esprimono ironicamente il proprio
lato femminile. Ogni personaggio
indossa un tutù improvvisato nel
proprio “glorioso” modo.
Dance Rehearsal Project ricerca,
reinventa, reinterpreta, smonta e
rimonta, schernisce e glorifica la
femminilità nella sua essenza e a tutti
livelli.
L’istallazione Decadens racchiude
interamente la filosofia di tutto il
progetto.
Marta Jovanovic
Roma, 19.01.2009
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L’ispirazione per Dance Rehearsal Project nasce dal mio fascino per
l’immagine del sacrificio di una giovane vergine ad ogni inizio di pripri
mavera tratta dal balletto La Sagra della Primavera di Igor
Stravinsky. La vergine deve essere sacrificata per assicurare una
stagione ricca e fertile: danzando fino alla morte! “Nella Sagra, non
c’è nessuna tradizione e nessuna teoria” scrive Stravinsky nel Cronache
della Mia Vita, Parigi 1935.
Le mie fotografie esprimono la forte metafora del “brutto anatrocanatroc
colo” – i protagonisti danzano ognuno sul proprio palcoscenico senza
ambire alla Scala di Milano o al Teatro Nazionale di Belgrado, essi
gioiscono del fatto che il loro danzare non deve sottostare alle norme
del balletto o di altre discipline. Goncourt, a suo tempo, chiamò le
ballerine di Degas “scimmiette”. I miei “brutti anatroccoli” si sentono
celebrità nel proprio personale mondo e credono fortemente in se stessi,
senza riversarsi nell’alta stilizzazione delle ballerine di Vanessa
Beecroft o lo status di super-vip dei modelli di David Lachapelle.
Così come io non sono ne VB ne Lachapelle, loro non sono ne Mikhail BaBa
rysnikov ne Pina Bausch. Io, e “gli anatroccoli”, ci rivolgiamo alla non
pateticità : non c’è niente da perdere, si fa ciò che si vuole, perciò
Fuck Art Lets Dance*!
Questa mostra è dedicata alla mia amatissima Nonna che non ha mai
smesso di sognare!
Marta
* Scritta letta su una T-shirt di Johnny Knoxville in Jackass.
kass.
COLLABORAZIONE
Nella ricerca artistica di Marta Jovanovic per Dance Rehearsal Project, oltre
alle istallazioni, le fotografie ed i video, è nato il bisogno di reinterpretare e di
rinnovare La Sagra, ovvero di una vera performance che dia al rituale del
sacrificio la ciclicità che la natura da alle stagioni. Da qui la necessità di far
interagire le opere d’arte con il movimento, con il calore di un corpo femminile
(Madre Natura).
È così che nasce la collaborazione con Maria Borgese, ballerina, coreografa e
attrice italiana con una ricca esperienza nell’interazione multimediale.
Maria nelle sue esperienze ha danzato La Sagra della Primavera di Vittorio
Biagi.
La Sagra della Primavera, sia dal punto di vista musicale che coreografico, è
uno dei nodi evolutivi dell’arte del 900.
Nella reinterpretazione e nella collaborazione tra Marta e Maria il tema della
Sagra evolve nella sua contemporaneità: lo stereotipo estetico e culturale della
donna “fanciulla e ballerina”, viene abbandonato per esprimere la reale bellezza
della propria Persona, non per rappresentare ma per Essere.
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Photo credits : Milan Radovanovic
Photo credit : Marta Jovanovic
Marta Jovanovic
“La sua opera indica la crisi della designazione del genere e insiste sulla vera percezione delle donne.” (Maja
Ciric, curatrice padiglione Serbo, 52a Biennale dell’Arte,Venezia 2007)
Nata in Serbia (1978), cresciuta tra Serbia e Israele, Marta ha studiato arte nella capitale del Rinascimento,
Firenze e si è laureata alla Tulane Univeristy, New Orleans (USA), nel 2001.
La sua vita artistica inizia a New York, dove ha vissuto dopo gli studi.
Nel 2003 Marta torna a Belgrado, sua città natale, dove consolida la sua maturazione artistica con quattro
mostre personali collaborando con i curatori più eminenti del paese: FUCK ART LETS DANCE, 2009, a cura
di Marina Martic; NO WONDERLAND, 2007, a cura di Maja Ciric; PRIVATE SCREENING, 2006, e 1059, 2006;
a cura di Milica Pekic Konev.
Marta si è presentata per la prima volta al pubblico italiano nell’estate del 2009 esponendo la PORTAIT
GALLERY presso l’Electronic Art Cafè curato da Umberto Scrocca e Achille Bonito Oliva.
Marta vive e lavora a Roma dal 2007.
Maria Borgese
Danzatrice, coreografa, attrice, regista
La ricerca di fusione tra movimento, inteso come gesto dettato da un’urgenza emotiva, parola, e la dinamica, è
la base di lavori di codirezione tra cui “Perché ce l’ho tanto con . . .”
Tra le sue coreografie: “Madeleine la folle e Ramakrisna il santo” e “Marsa Xlockk”. Vive e lavora a Roma.
OPERE
DEVOJCICA
AGE ? / ?
19
DIVNA
AGE 76 / ACCOUNTANT - RETIRED
21
TEODORA
AGE 6 / ?
23
VESNA
AGE 32 / MARKETING SPECIALIST
25
MARIJANA
AGE 37 / ART HISTORIAN & ART MANAGER
27
ADAM
AGE 34 / STOMAGOLOGIST
29
NOBILE FABIANA
AGE 31 / BARTENDER & DANCER UNTIL 6:26 AM
31
BILJANA
AGE 39 / JOURNALIST
33
PORTRAIT GALLERY
35
DECADENS
OPERA NON IN MOSTRA
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PASSÈ
OPERA NON IN MOSTRA
39
DESCRIZIONE DELLE OPERE
DEVOJCICA, Age ? / ? - lambda print, carta fotografica su alluminio, 1m x 1.5m DIVNA, Age 76 / Accountant
- Retired - lambda print, carta fotografica su alluminio, 1m x 1.5m TEODORA, Age 6 / ? - lambda print, carta
fotografica su alluminio, 1m x 1.5m VESNA, Age 32 / Marketing Specialist - lambda print, carta fotografica su
alluminio, 1m x 1.5m MARIJANA, Age 37 / Art Historian & Art Manager - lambda print, carta fotografica su alluminio, 1m x 1.5m ADAM, Age 34 / Stomagologist - lambda print, carta fotografica su alluminio, 1m x 1.5m NOBILE
FABIANA, Age 31 / Bartender & Dancer Until 6:26 Am - lambda print, carta fotografica su alluminio, 1m x 1.5m
BILJANA, Age 39 / Journalist - lambda print, carta fotografica su alluminio, 1m x 1.5m PORTRAIT GALLERY
- istallazione con le usate, vecchie scarpette di danza classica e tele artistiche DECADENS - istallazione con
le usate, vecchie scarpette di danza e stroboscopio PASSÈ - istallazione con le usate, vecchie scarpette di
danza e specchio antico proveniente da Casina Valadier in Villa Borghese
1 - Colophon
5 - "In nome della danza"
Carla Scicchitano, Responsabile
Attivà Culturali Museo Pietro
Canonica
7 - "Marta Jovanovic : un
incendio a casa del pompiere"
Simone Verde
12 - "Dance Rehearsal
Project (Filosofia e descrizione)"
Marta Jovanovic
14 - Artist Statement
Marta Jovanovic
15 - Collaborazione Marta
Jovanovice Maria Borgese
16 - Biografia Marta Jovanovic
e Maria Borgese
19 - Devojcica, Age ? / ?
21 - Divna, Age 76 / Accountant - Retired
23 - Teodora, Age 6 / ?
25 - Vesna, Age 32 / Marketing
Specialist
27 - Marijana, Age 37 / Art
Historian & Art Manager
29 - Adam, Age 34 /
Stomagologist
31 - Nobile Fabiana, Age 31 /
Bartender & Dancer Until
6:26 Am
33 - Biljana, Age 39 / Journalist
35 - Portrait Gallery
37 - Decadens
39 - Passè
41 - Descrizione Delle Opere
43 - Index
INDEX
Finito di stampare a Roma, Settembre 2009
www.m-art-a.net
www.dancerehearsalproject.com
www.fuckartletsdance.com
copyright © 2009 marta jovanovic - all rights reserved