Signore abbiamo bisogno di te. Maranatha!

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Signore abbiamo bisogno di te. Maranatha!
Signore abbiamo bisogno di te.
Maranatha!
È Avvento, di nuovo. Come ogni anno.
Come ogni periodo che precede il Natale.
Come ogni tempo in cui l'uomo attende.
E spera. E lavora perché “l'arrivo”,
quell'arrivo sia ancora più importante, più
partecipato.
Signore, abbiamo bisogno di te.
È Avvento, di nuovo. Un Avvento - come ce
ne sono stati nella storia - contrassegnato
da venti di guerra, da dolori e da sconfitte,
da ansie e da paure. Come ai profeti una
volta, anche oggi a noi il Signore, però,
torna a dire: “Preparate le mie vie”.
Signore, abbiamo bisogno di te.
È Avvento, di nuovo. Ma è Avvento ogni
giorno se l'uomo si impegna perché la
giustizia e la pace possono nascere ancora,
come in quella notte nella stalla di
Betlemme. È Avvento ogni momento se il
credente combatte per una giustizia per
tutti, e non per pochi; per gli ultimi anziché
per i primi.
Signore, abbiamo bisogno di te.
È Avvento, di nuovo. È Avvento ogni giorno
se sapremo leggere questo periodo come
attesa per riscoprire la nostra identità di
uomini e di cristiani; la nostra spiritualità di
figli di Dio; la nostra verità di custodi di un
messaggio di salvezza; la nostra realtà di
battezzati nella Chiesa e per la Chiesa.
Signore, abbiamo bisogno di te.
E con te, abbiamo bisogno degli altri, di
tutti gli altri. Nostri fratelli, nel
pellegrinaggio comune che ci conduce al tuo
regno, già presente e non ancora goduto;
già in noi e non ancora disgelato.
Signore, abbiamo bisogno di te.
Perché attraverso il nostro impegno in
questo Avvento si possa, finalmente, vivere
un Natale un po' meno di guerra, almeno
nei nostri cuori.
Signore, abbiamo bisogno di te.
Per ridare vigore alla vita, stupenda e da te
donata e salvata. Troppe “ossa aride”
abitano i nostri giorni. Tante sono le
malinconie generate da fatue libertà.
Signore, abbiamo bisogno di te.
Noi ti crediamo anche se ci viene la tentazione dei primi discepoli di volerti vedere e sappiamo che
sei con noi sempre in attesa di vederti quando tu vorrai e verrai. Qui, ora, ci custodisca la
maternità di Maria e della Chiesa. Amen!
Don Tonino Bello
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TU SEI RE!
TU SEI RE,
TU SEI RE
SEI RE GESU’.
Che vuoi da me Signore, perché io oggi dovrei celebrarti mio Re,
Signore della mia vita?
Io ho bisogno della mia libertà, in una società che mi dice a gran voce
che tutto è lecito, che io posso tutto, che nessuno può impedirmi di
essere o fare quello che io voglio. E invece tu arrivi e travolgi tutto, i
tuoi comandamenti riducono le mie possibilità. Con te ho limiti ed io
non ne voglio.
A TE ELEVIAMO
I NOSTRI CUORI,
A TE ELEVIAM
LE NOSTRE MANI,
RIVOLTI VERSO
IL TUO TRONO,
LODANDO TE.
TU SEI RE,
TU SEI RE
SEI RE GESU’.
Io ho bisogno del mio tempo, del tempo da dedicare alle cose che per
me sono importanti, da dedicare al piacere, al benessere, alla cura di
me stesso. Ed invece eccoti di nuovo a dirmi che Tu sei il Signore del
tempo e della storia, che sei tu che decidi e che il mio tempo deve
essere speso in una lode incessante a te. Mi dispiace, io ho ben altro da
fare.
Io voglio gestire la mia vita. Non mi servi tu che vieni a fare la scaletta
delle mie priorità. È un capitolo che riguarda solo me. Tu non sei il
centro del mio mondo, tu, semmai, sei qualcosa per cui se voglio posso
trovare dello spazio.
Come faccio in tutto questo caos a trovare posto per te?
Perché sei io ti riconoscessi realmente mio Re, allora la mia vita
dovrebbe prendere tutta un’altra direzione.
Allora io dovrei prendere veramente coscienza della mia chiamata, del
mio essere figlio di Dio, della mia vocazione a fare non la mia, ma la
Tua volontà.
Se io avessi il coraggio di proclamarti mio Re la mia libertà sarebbe
sublimata nel percorrere la strada che tu hai tracciato per me, uomo
libero solo lungo il sentiero che mi conduce a Te. Se io trovassi la forza
di accettarti Re non sarei più padrona del tempo e della mia vita, tu
saresti il solo in grado di non farmi perdere nemmeno un istante di
questa avventura meravigliosa per cui mi hai scelto fin da prima che io
nascessi.
E tutto questo è troppo bello e troppo perfetto per poter essere vero.
Tu non lo sai quanto è difficile oggi Signore fare quello che tu mi dici,
sarei un fallito agli occhi del mondo se cercassi di incarnare anche solo
una parte di quello che mi chiami a vivere. Ma se riuscissi … se potessi
trovare il coraggio di seguirti..allora la mia vita diventerebbe veramente
piena di significato!
Signore vieni, rapisci il mio cuore troppo spesso sordo alle tue parole e
al tuo amore, il mio cuore che teme il giudizio del mondo e la sua
condanna e rendimi una persona veramente libera, che non ha paura di
mettere la sua vita nelle tue mani e che possa essere degna del progetto
d’amore che tu hai per me. Allora si, non avrò paura oggi di proclamare
a gran voce… TU SEI RE GESU’.
Giusy e Ilvia
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Cristo Re
e il servizio del diacono
uomini. Io condanno il potere consegnandomi come uno
schiavo. Sì, sconfiggo il potere! Perché sia ben chiaro: Io
sono re! La vittoria è di Dio. Non abbiate paura: “Io ho
vinto il mondo”.
Sono vere queste parole? Un supplizio, la croce, stoltezza
per i greci e scandalo per gli ebrei,è diventato il centro
della storia. Secondo la logica umana, la vicenda di
Cristo doveva finire sul Calvario e tutto doveva essere
dimenticato. Non è stato così. Aveva ragione Cristo?
Un poverello che ha avuto il coraggio di seguirlo, ha
segnato tutto il secondo millennio dopo Cristo:
Francesco d’Assisi. È inspiegabile il fenomeno di San
Francesco se Cristo non avesse ragione. Ma quale è la
nostra risposta? Guardate l’ora della Passione! Giuda
tradisce, Pietro rinnega, gli altri scappano. Eppure Gesù
aveva detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò
tutti a me”.
Solo il “buon ladrone” ha potuto intuire il vero senso
della regalità di Gesù e di questa morte regale che
conduceva entrambi verso la gloria. “Gesù, ricordati di
me quando entrerai nel tuo regno”. Ma questo regno non
riguarda solo un lontano futuro. Esso esiste fin da ora
per tutti quanti osano implorare la misericordia. Dio
vince portando la croce e non esiste altra strada per
vincere la battaglia della vita.
Nell’ultima domenica del tempo Ordinario, che conclude
l’anno liturgico, la Chiesa ci propone la solennità di
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’ Universo.
Il Vangelo ci descrive l’interrogatorio di Pilato a Gesù.
È evidente che siamo vicini alla morte sulla croce del
Figlio di Dio; ma se all’occhio dell’uomo questa sembra
una sconfitta, in realtà Gesù è glorificato e proclamato
Re proprio quando è innalzato sulla croce.
È l’ultimo gesto di amore che Gesù compie per l’umanità.
Nella Diocesi di Roma è tradizione che in questa
solennità vengano ordinati i Diaconi Permanenti, per
sottolineare come Cristo Servo sale sul patibolo per
offrirci il suo “servizio” più prezioso.
Nella Chiesa romana di San Salvatore in Lauro è
possibile ammirare una bellissima icona: Cristo
Crocifisso vestito da Diacono con la dalmatica, la
tunicella, veste propria degli schiavi, oggi veste liturgica
del diacono che impersona Cristo Servo.
È proprio nell’ora della Passione che maggiormente
risalta la divergenza tra la via di Dio e la via dell’uomo
che rifiuta Dio. Pilato chiede a Gesù: “Ma tu sei re?”
Gesù risponde: “Il mio Regno non è di questo mondo”.
Tradotto per noi: “ Io rifiuto il potere, come lo intendete
voi uomini; io condanno il potere, come lo intendete voi
Qualche domanda: i drammi di oggi non sono forse
legati al fatto che, seguendo il mondo, noi abbiamo
rifiutato il sacrificio? Rifiutando il sacrificio, non diventa
insopportabile ogni dovere? Il comportamento
disfattista e violento di una parte della gioventù
moderna, non ha origine proprio in una educazione
senza sacrificio?
Diceva don Primo Mazzolari: “Fratelli, potreste
inventare una civiltà senza croce, ma ricordatevi che sarà
una civiltà senza Dio”. E allora non sarà civiltà.
diacono Rolando Sugaroni
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Chiesa, Società e Cultura
Ogni
responsabilità
e
impegno
delineati da tale dottrina sono attinti
Introduzione
all’enciclica
«Caritas in veritate»
-Papa Benedetto XVI-
1.La carità nella verità, di cui
Gesù Cristo s'è fatto testimone
con la sua vita terrena e,
soprattutto, con la sua morte e
risurrezione, è la principale forza
propulsiva per il vero sviluppo di
ogni persona e dell'umanità
intera.
L'amore - "caritas" - è una forza
straordinaria, che spinge le
persone
a
impegnarsi
con
coraggio e generosità nel campo
della giustizia e della pace.
È una forza che ha la sua origine in
Dio, Amore eterno e Verità assoluta.
Ciascuno trova il suo bene aderendo al
progetto che Dio ha su di lui, per
realizzarlo in pienezza: in tale progetto
infatti egli trova la sua verità ed è
aderendo a tale verità che egli diventa
libero (cfr. Gv 8, 22). Difendere la
verità, proporla con umiltà e
convinzione e testimoniarla nella vita
sono pertanto forme esigenti e
insostituibili di carità. Questa, infatti,
"si compiace della verità" (1 Cor 13, 6).
Tutti gli uomini avvertono l'interiore
impulso ad amare in modo autentico:
amore e verità non li abbandonano mai
completamente, perché sono la
vocazione posta da Dio nel cuore e
nella mente di ogni uomo. Cristo stesso
è la Verità (cfr. Gv 14, 6).
2. La carità è la via maestra della
dottrina sociale della Chiesa.
alla carità che, secondo l'insegnamento
di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge
(cfr. Mt 22, 36-40). Essa dà vera
sostanza alla relazione personale con
Dio e con il prossimo; è il principio
non
solo
delle
micro-relazioni:
rapporti amicali, familiari, di piccolo
gruppo, ma anche delle macrorelazioni: rapporti sociali, economici,
politici. Sono consapevole degli
sviamenti e degli svuotamenti di senso
a cui la carità è andata e va incontro,
con il conseguente rischio di
fraintenderla, di estrometterla dal
vissuto etico e, in ogni caso, di
impedirne la corretta valorizzazione.
In ambito sociale, giuridico, culturale,
politico, economico, ossia nei contesti
più esposti a tale pericolo, ne viene
dichiarata facilmente l'irrilevanza a
interpretare
e
a
dirigere
le
responsabilità morali. Di qui il bisogno
di coniugare la carità con la verità non
solo nella direzione, segnata da san
Paolo, della "veritas in caritate" (Ef 4,
15), ma anche in quella, inversa e
complementare, della "caritas in
veritate". La verità va cercata, trovata
ed espressa nell'"economia" della
carità, ma la carità a sua volta va
compresa, avvalorata e praticata nella
luce della verità.
3.
Per
questo
stretto
collegamento con la verità, la
carità può essere riconosciuta
come espressione autentica di
umanità e come elemento di
fondamentale importanza nelle
relazioni umane, anche di natura
pubblica.
Senza verità, la carità scivola nel
sentimentalismo. L'amore diventa un
guscio
vuoto,
da
riempire
arbitrariamente. È il fatale rischio
dell'amore in una cultura senza verità.
Esso è preda delle emozioni e delle
opinioni contingenti dei soggetti, una
parola abusata e distorta, fino a
significare il contrario. La verità libera
la carità dalle strettoie di un
emotivismo che la priva di contenuti
relazionali e sociali, e di un fideismo
che la priva di respiro umano ed
universale.
4. Perché piena di verità, la carità
può essere dall'uomo compresa
nella sua ricchezza di valori,
condivisa
e
comunicata.
Nell'attuale
contesto
sociale
e
culturale, in cui è diffusa la tendenza a
relativizzare il vero, vivere la carità
nella verità porta a comprendere che
l'adesione ai valori del Cristianesimo è
elemento
non
solo
utile,
ma
indispensabile per la costruzione di
una buona società e di un vero
sviluppo
umano
integrale.
Un
Cristianesimo di carità senza verità
può venire facilmente scambiato per
una riserva di buoni sentimenti, utili
per la convivenza sociale, ma
marginali. In questo modo non ci
sarebbe più un vero e proprio posto
per Dio nel mondo.
5. La carità è amore ricevuto e
donato. Essa è "grazia" (cháris).
La sua scaturigine è l'amore sorgivo del
Padre per il Figlio, nello Spirito Santo.
È amore che dal Figlio discende su di
noi. È amore creatore, per cui noi
siamo; è amore redentore, per cui
siamo ricreati. Amore rivelato e
realizzato da Cristo (cfr. Gv 13, 1) e
"riversato nei nostri cuori per mezzo
dello Spirito Santo" (Rm 5, 5). Senza
verità, senza fiducia e amore per il
vero, non c'è coscienza e responsabilità
sociale, e l'agire sociale cade in balia di
privati interessi e di logiche di potere,
con effetti disgregatori sulla società.
6) "Caritas in veritate" è principio
intorno a cui ruota la dottrina
sociale della Chiesa, un principio
che prende forma operativa in
criteri
orientativi
dell'azione
morale.
Ne desidero richiamare due in
particolare, dettati in special modo
dall'impegno per lo sviluppo in una
società in via di globalizzazione: la
giustizia
e
il
bene
comune.
La carità eccede la giustizia, perché
amare è donare, offrire del "mio"
all'altro; ma non è mai senza la
giustizia, la quale induce a dare
all'altro ciò che è "suo", ciò che gli
spetta in ragione del suo essere e del
suo operare. Non posso "donare"
all'altro del mio, senza avergli dato in
primo luogo ciò che gli compete
secondo giustizia. Chi ama con carità
gli altri è anzitutto giusto verso di loro.
Non solo la giustizia non è estranea
alla carità, non solo non è una via
alternativa o parallela alla carità: la
giustizia è "inseparabile dalla carità".
La giustizia è la prima via della carità
o, com'ebbe a dire Paolo VI, "la misura
minima" di essa. Dall'altra, la carità
supera la giustizia e la completa nella
logica del dono e del perdono. La "città
dell'uomo" non è promossa solo da
rapporti di diritti e di doveri, ma ancor
più e ancor prima da relazioni di
gratuità, di misericordia e di
comunione
7. Bisogna poi tenere in grande
considerazione il bene comune.
Amare qualcuno è volere il suo
bene e adoperarsi efficacemente
per esso. Accanto al bene individuale,
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c'è un bene legato al vivere sociale
delle persone: il bene comune.
È il bene di quel "noi-tutti", formato da
individui, famiglie e gruppi intermedi
che si uniscono in comunità sociale .
Volere il bene comune e adoperarsi per
esso è esigenza di giustizia e di carità.
Impegnarsi per il bene comune è
prendersi cura, da una parte, e
avvalersi, dall'altra, di quel complesso
di
istituzioni
che
strutturano
giuridicamente,
civilmente,
politicamente, culturalmente il vivere
sociale, che in tal modo prende forma
di pólis, di città.
Si ama tanto più efficacemente il
prossimo, quanto più ci si adopera per
un bene comune rispondente anche ai
suoi reali bisogni. Ogni cristiano è
chiamato a questa carità, nel modo
della sua vocazione e secondo le sue
possibilità d'incidenza nella pólis. È
questa la via istituzionale - possiamo
anche dire politica - della carità, non
meno qualificata e incisiva di quanto lo
sia la carità che incontra il prossimo
direttamente, fuori delle mediazioni
istituzionali della pólis.
Quando la carità lo anima, l'impegno
per il bene comune ha una valenza
superiore a quella dell'impegno
soltanto secolare e politico.
8.Pubblicando nel 1967 l'Enciclica
Populorum progressio, il mio
venerato predecessore Paolo VI
ha illuminato il grande tema
dello sviluppo dei popoli con lo
splendore della verità e con la
luce soave della carità di Cristo.
Egli ha affermato che l'annuncio di
Cristo è il primo e principale fattore di
sviluppo
9. L'amore nella verità - caritas in
veritate - è una grande sfida per
la Chiesa in un mondo in
progressiva
e
pervasiva
globalizzazione.
Solo con la carità, illuminata dalla luce
della ragione e della fede, è possibile
conseguire obiettivi di sviluppo dotati
Perché l’educazione
di una valenza più umana e
umanizzante. La condivisione dei beni
e delle risorse, da cui proviene
l'autentico sviluppo, non è assicurata
dal solo progresso tecnico e da mere
relazioni di convenienza, ma dal
potenziale di amore che vince il male
con il bene (cfr. Rm 12, 21) e apre alla
reciprocità delle coscienze e delle
libertà.
La Chiesa non ha soluzioni tecniche da
offrire e non pretende "minimamente
d'intromettersi nella politica degli
Stati" .Ha però una missione di verità
da compiere, in ogni tempo ed
evenienza, per una società a misura
dell'uomo, della sua dignità, della sua
vocazione. Questa missione di verità è
per
la
Chiesa
irrinunciabile.
per la chiesa irrinunciabile.
dal bisogno d’amore la conoscenza, l’attitudine a capire e a
valutare, la libertà e la responsabilità.
( Card. Camillo Ruini)
Scrive Benedetto XVI:” il rapporto educativo è anzitutto
l’incontro di due libertà e l’educazione ben riuscita è
formazione al retto uso della libertà”.
In ogni epoca l’educazione delle nuove generazioni ha
rappresentato per ciascun gruppo umano un compito
fondamentale, a cui dedicare attenzione, risorse ed energie,
dando vita a regole, percorsi, usanze e anche riti formativi.
Hanno bisogno di educazione, prima ancora di essere buoni
cittadini o buoni cattolici, ma semplicemente esseri umani.
Nel nostro tempo, però, l’educazione è diventata un problema:
un nodo che sembra ogni giorno più difficile da sciogliere, un
territorio quasi sconosciuto. Sono diventati incerti i rapporti
tra le generazioni, riguardo ai modelli di comportamento e di
vita, tanto da parlare di vera frattura.
E si restringono le possibilità di una autentica formazione della
persona, la capacità di orientarsi nella vita, di trovare motivi di
impegno e di fiducia, di sapersi rapportare agli altri senza
smarrirsi di fronte alle difficoltà e alle contraddizioni.
Mentre si sono dilatate le opportunità e le facilitazioni della
vita, diventa più arduo giungere alla consapevolezza di sé e del
mondo attorno, alla libertà e alla responsabilità delle nostre
decisioni.
La Chiesa è interpellata da tutto questo, da sempre ha
esercitato una vocazione educativa.
“L’uomo è la via della Chiesa”. In questi anni la Chiesa ha
richiamato più volte l’attenzione sull’attuale “emergenza
educativa”, sapendo che non si tratta di un suo compito
specifico, ma di cercare la più ampia collaborazione.
Noi consideriamo l’educazione come un processo umano
globale, nel quale entrano in gioco le strutture portanti
dell’esistenza degli uomini e delle donne: le relazioni umane,
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Vita di COMUNITA’
EUCARESTIA:
CENTRO DELLA VITA
LITURGICA E PARROCCHIALE
Lunedì 12 ottobre scorso si è tenuto presso la parrocchia di
Sant’Andrea Corsini a Gregna, il primo incontro formativo
per la “verifica” sulla partecipazione alla Messa domenicale,
come ci è stato richiesto dal Cardinal Vallini nell’ambito delle
riflessioni avviate dal Convegno diocesano del maggio 2009.
Per la nostra parrocchia erano presenti i alcuni componenti
del Consiglio pastorale. È intervenuto all’incontro Mons.
Marco Frisina, il quale ricopre, tra gli altri, l’incarico di
Maestro del Coro della Diocesi di Roma e Direttore dell’Ufficio
Liturgico del Vicariato di Roma. Pubblichiamo di seguito la
sintesi della sua catechesi sull’Eucarestia.
La Messa non è solo un precetto, ma la fonte e il culmine della
vita parrocchiale e liturgica delle persone e della comunità. Il
termine domenica deriva dal latino dies dominica, giorno del
Signore ( dominus= signore; dies = giorno, in latino è al
femminile). La domenica non è l’ultimo giorno della settimana,
come intendiamo noi con la mentalità del weck end, ma è il
primo ed ha inizio al tramonto del sabato ( i primi vespri della
domenica).
Ogni eucarestia è un’eco della Pasqua. Il centro di tutta la vita
cristiana è appunto la Pasqua. Il calendario liturgico si
costruisce a partire dalla Pasqua, che cade variabilmente nella
domenica di luna piena intorno all’equinozio di primavera.
La grande settimana santa si ripropone in qualche modo in
tutte le settimane dell’anno: il giovedì, giorno eucaristico per
eccellenza con l’adorazione, il venerdì giornata di penitenza e il
sabato, giorno della vigilia e dell’attesa, dedicato a Maria,
donna dell’attesa, che conservava ogni cosa nel suo cuore .
I giorni della settimana richiamano anche i sette giorni della
creazione. Il settimo giorno, Dio si riposò, per gli Ebrei lo
Shabbat, il sabato in cui l’uomo sperimenta la libertà dai
vincoli della vita e dal lavoro. Gesù, dice la Scrittura, risuscitò il
primo giorno dopo il sabato, appunto la domenica, giorno
santo per i cristiani, giorno dedicato a Dio, giorno della
Risurrezione, primo ed ultimo. Tutto si compie in quel giorno.
La redenzione dell’uomo.
Ogni volta che si celebra l’Eucarestia si rinnova la Pasqua e si
proclama: Cristo è risorto. Per i martiri la domenica era una
consolazione. Per i cristiani è un dono da godere, non un
semplice precetto. L’Eucarestia è il pane per nutrire il cuore, il
viatico del nostro cammino (il viatico era il pane che il
pellegrino si portava per il viaggio).
Per parlare del sacramento dell’eucarestia mi piace partire dal
concetto di corpo. Il corpo è lo strumento essenziale per vivere,
è il nostro compagno di viaggio. È un dono di Dio che ci
permette di relazionare con gli altri e con tutto il creato. Uno
strumento di relazione. Senza il corpo non si può amare.
Il corpo si stanca, cura, abbraccia; la mamma che allatta nutre
il piccolo con il suo corpo. Dio ci dona il corpo per amare, per
donarci, non per usarlo per il nostro interesse o piacere.
Il corpo è felice quando ci doniamo e ci stanchiamo per amore
agli altri. Anche Gesù accoglie un corpo che dorme, mangia, si
affatica: un corpo mi hai dato, ecco io vengo, o Signore, per
fare la tua volontà... Il corpo di Gesù è il modo che Dio ha
scelto per rivelare il suo amore.
Il corpo donato per amore è l’apice della gloria dell’uomo
(pensiamo all’estremo sacrificio di un Padre Kolbe). Ma Gesù
non solo ha un corpo che muore, ma risorge con il corpo e ci
ama con il corpo da oltre 2.000 anni. Questo corpo risorto
è l’Eucarestia.
Cristo non ci ha lasciato solo il Vangelo, ma, nell’Eucarestia, il
suo stesso corpo. Che fa e realizza la sua Chiesa. Tutti facciamo
parte dello stesso corpo, che continua ad amare in noi. Quando
amiamo, soffriamo è Cristo che ama e soffre. Come diceva S.
Paolo: non sono io che vivo, ma Cristo vive in me! Nel
battesimo ci è stato conferito il sigillo ( fatto di ceralacca,
plasmabile come noi) con il fuoco ( lo Spirito Santo)
l’immagine di Gesù Cristo . Sempre S. Paolo esorta ad offrire i
nostri corpi come sacrificio a Dio, questo è il nostro culto
spirituale (cfr. Rm 12, 1)
Come vivere questo sacrmento? Con bellezza, ordine,
solennità, intensità, significato, perché è un atto d’amore a
Cristo e a noi stessi. Insopportabile è una liturgia sciatta, non
tanto per la povertà dei mezzi, piuttosto per una partecipazione
distratta e superficiale. Il rischio, in primis di noi preti, è la
routine. Il rispetto dovuto all’Eucarestia non è tanto culturale o
rituale, ma è reale; per questo noi abbiamo una particolare
attenzione per una serie di cose, vediamole:
La cura dei segni
L’atteggiamento
personale
La preparazione della
celebrazione
I canti e il silenzio
Servizio alla Parola
La pulizia della sala
La partecipazione dei
bambini
La catechesi
Cura per i paramenti, le tovaglie, il
leggio, i fiori, il modo di stare
seduti o in piedi o in ginocchio
Il rispetto dovuto al sacramento,
non arrivare tardi, i gesti liturgici,
confessarsi stabilmente (allo scopo
è utile avere una disciplina
personale)
Preparare bene tutto quello che
serve
per
la
celebrazione,
importanza di un gruppo liturgico
La musica e il canto aiutano la
contemplazione e la preghiera.
Vanno curati bene e scelti canti il
più possibile significativi del
momento liturgico
Meditare per tempo la Parola,
proclamare con responsabilità
come servizio ai fratelli, fare delle
brevi monizioni per introdurre le
letture
Il servizio di pulizia contribuisce
non poco a godere della bellezza
della liturgia
I
bambini
vanno
istruiti
gradualmente, Vogliono vedere,
capire, sono curiosi e partecipano
ad una messa non noiosa, ma
gioiosa, la festa di Cristo Risorto.
Non è opportuno far leggere le
letture ai piccoli durante la Messa.
Certamente aiuta a partecipare
alla liturgia se sostenuta da una
appropriata catechesi.
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GESTIRE I CONFLITTI
I conflitti sono inevitabili…
Un Consiglio pastorale o una Comunità perdono la loro
funzione e diventano insensati se non affrontano i conflitti. Ciò
comporta
‘imparare
a
litigare’;
passare
dalla
demonizzazione alla valorizzazione del conflitto come
momento di crescita e anche di illuminazione.
Termini come irritazione, litigio, conflitto, contrapposizione,
fallimento, incomprensione, tensione, difficoltà ricorrono nella
narrativa pastorale dei consigli e mettono in evidenza la
inevitabile fatica che una valida attuazione di essi comporta.
L’assenza di conflitti (o perlomeno di questioni dibattute) in
una comunità non è sintomo di buona salute: mostra o
disinteresse, o partecipazione da parte prevalentemente di
assenzienti, o mancanza di relazione tra le diverse realtà e forze
che agiscono nell’ambito della vita ecclesiale (parrocchia –
movimenti).
La presenza di conflitti non positivamente risolti è ugualmente
sintomo di patologie.
Scarsa attitudine del pastore a svolgere compiti di leadership;
tendenza a voler far prevalere la propria posizione; necessità
un nuovo stile di leadership ecclesiastica: stile partecipativo,
capace di favorire l’espressione di tutti. Occorre la leadership
‘direttiva’ che annuncia le decisioni e chiede adesione e
collaborazione, scegliere invece uno stile consultativo, capace
di decidere, ma che chiede indicazioni e suggerimenti.
Gli atteggiamenti che non favoriscono sono:
la rimozione del conflitto;
1)
2)
3)
4)
la generalizzazione dei problemi: la causa viene
rinviata a fenomeni generali, quali la secolarizzazione,
o l’indifferenza religiosa
la personalizzazione dei problemi: se avessimo un
altro parroco… un altro vescovo…
l’ istituzionalizzazione dei problemi: vengono indicate
come responsabili le strutture:
incapacità organizzativa, mancanza di competenza… o
la Gerarchia.
Poi bisogna tener conte della tipologia dei ‘contendenti’: tipo
Paolo: temperamento forte, che non ama mimetizzarsi;
apocalittico:
tutto
o
niente;
retorico:
argomenta
minuziosamente in molteplice forma…;creativo: segue propri
percorsi sui quali incontra gli oppositori; cercatori: mai
decisi…ecc.
Vige nell'ambito ecclesiale la tendenza a demonizzare
teoreticamente e a rimuovere praticamente il
conflitto. La conflittualità, certo, non appartiene al progetto
originario del Creatore, ma é piuttosto un segno emergente
dello squilibrio originale. Tale situazione, tuttavia, non
deforma a tal punto la realtà umana da dover essere totalmente
respinta. In essa, al contrario, sono presenti elementi positivi e
fattori di riscatto.
Ecco perché i conflitti non vanno mitologicamente consacrati,
ma neppure demonizzati. Eludere il conflitto non consente più
di ritrovarsi. Traccia un'invisibile cortina di incomunicabilità,
che falsa ogni rapporto. Anche la comunità cristiana conosce i
conflitti. Anche in essa possono diventare motivo di
approfondimento e di crescita.
O di involuzione autoritaria, o di tragica divisione, quando non
siano correttamente compresi, quando non si attivino quelle
strutture di partecipazione che sono in grado di trasformare il
conflitto in un fattore di crescita. “La contestazione, finché si
esprime, non é poi così negativa, perché rappresenta pur
sempre una forma di dialogo e di comunicazione, per quanto
non quella ottimale. Molto più negativa invece é la mancanza
di comunicazione, la noncuranza, il disinteresse, l'andare
ciascuno per i fatti propri (Cf. W.KASPER, Chiesa come
comunione…, 289).”
La comunità cristiana non si contenta di gestire
diplomaticamente le divisioni. Non accetta le scorciatoie
(riconciliazioni strategiche, o per via di subordinazione).
Percorre la via difficile della verità. Il conflitto si supera, non
rimuovendolo, ma affrontandolo.
Mons. Sergio Lanza,
prof. di Teologia pastorale
Avvisi Importanti
DOMENICA 13 DICEMBRE 2009
GIORNATA DELLA CARITA’
Il 13 dicembre la Chiesa festeggia Santa Lucia, giovane martire
a Siracusa nel 304 d.C., venerata dal la pietà popolare, a causa
del suo nome, come protettrice degli occhi. Nella chiesa
ambrosiana è tradizione fare i regali nel giorno di Santa Lucia.
Anche in sintonia con questo spirito del dono, la nostra
parrocchia indice per il 13 dicembre la Giornata della Carità,
per consentire alla nostra Caritas parrocchiale di far fronte alle
sempre più frequenti richieste di cibo e di prodotti di igiene.
Siamo tutti invitati per l’intera giornata a portare in chiesa
pacchi dono contenenti
1) Derrate alimentari in scatola: pelati, legumi,
frutta sciroppata, carne in scatola ecc.
2) Olio, caffè, biscotti, latte in polvere, confezioni
non degradabili ecc.
3) Prodotti di igiene personale e ambientale:
sapone, dentifricio, shampoo, detersivi vari ecc.
Data la presenza di numerose famiglie bisognose con bambini
piccoli servono anche alimenti idonei: Omogeneizzati,
biscottini, poppatoi, latte di svezzamento ecc.
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Vita di FAMIGLIA
successivo sviluppo della fede.
Così il piccolo, scoprendo nella
madre il primo «altro» che
l’accoglie e gli dà fiducia, entra in
qualche modo nella dimensione
del sacro e si prepara a scoprire
in Dio il definitivo «Altro», le
«braccia eterne» di Dio.
L’educazione religiosa
dei bambini piccoli
(seconda parte)
Alla scoperta del mondo e della sua
dimensione trascendente
La memoria implicita
Le neuroscienze confermano che
oltre alla memoria, si forma in
noi nei primi due anni una
memoria implicita che non potrà
più essere rievocata, ma neanche
eliminata, anzi rimane parte
attiva della psiche. Tanto da
conservare
l’atteggiamento di
fondo verso la realtà, a secondo
dell’amore con cui siamo stati
accolti.
L’importanza di
parlare al bambino
Parlare al bambino fin dai primi
giorni di vita è fondamentale. Guai
a pensare che “tanto non capisce”.
O rivolgersi al piccolo come fosse
un animaletto o un bambolotto.
Egli gradisce che gli diciate le cose,
come per esempio: “adesso ti
cambio
il
pannolino”.
“In
principio era la parola” vale anche
per i bambini. Anzi la parola, per
così dire, li nutre più del latte
stesso.
(continua)
Il bambino conosce progressivamente il mondo.
È attraverso i genitori che egli dà un nome alle cose e ne
comprende la funzione; che arriva a capire ciò che è buono e
ciò che è cattivo (o pericoloso), ciò che è bello e ciò che è
brutto. È attraverso mamma e papà che pian piano acquisisce
la scansione del tempo (del giorno e della notte, delle
stagioni…), che entra nei ritmi della vita (mangiare, dormire,
tempi della pulizia personale, giocare, osservare…), che impara
a comunicare, a comportarsi, a entrare in rapporto con gli altri.
Insomma, tutta la realtà prende corpo, si struttura nella mente
del piccolo sotto la guida quotidiana e determinante dei
genitori (altre figure familiari ed extrafamiliari hanno per ora
un ruolo secondario).
In questo compito così fondamentale si deve collocare
l’educazione religiosa. È necessario che i genitori aiutino il
bambino a capire che la realtà non si esaurisce in ciò che
vediamo e tocchiamo con mano, ma che ha anche una
dimensione trascendente, ultraterrena: misteriosa, non
percepibile con i sensi, ma profondamente vera.
Che c’è un Dio che ci ama, che ci è vicino, che ci accompagna
lungo le strade della vita.
La crescita del
religioso nel bambino
E’ importante non dimenticare la
crescita religiosa nel bambino,
così come – giustamente – quella
fisica,
psichica
e
mentale.
Aiutiamo nostro figlio nella
consapevolezza che in lui agisce la
grazia del Battesimo
La ricettività del
bambino rispetto
all’ambiente
circostante
Come trasmettere concretamente
la fede ai nostri figli? Attraverso
la vicinanza della mamma, le sue
coccole, le sue parole affettuose, la
comunione profonda, il bambino
si fa sicuro e fiducioso rispetto al
mondo. All’interno di questa
comunicazione, in cui anche il
padre
comincia
ad
avere
importanza, si sviluppa la parte
religiosa dell’educazione.
La fiducia,
fondamentale per lo
sviluppo della fede
La fede passa al bambino anche
attraverso lo sguardo e il sorriso
dei suoi genitori. Egli non pensa e
non parla ancora, ma percepisce,
prova emozioni e così comunica
con il mondo esterno. In questo
stadio preverbale, il bambino
forma
inconsciamente
una
disposizione verso il mondo.
Prende corpo in lui una fiducia di
base su cui potrà fondarsi il
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SONO STATI BATTEZZATI
3 ottobre 2009 CLAUDIA Arrigoni;
TOMMASO Zambardi
ROCCO Pompei;
GABRIELE Gallo
10 ottobre
2009
11 ottobre
2009
18 ottobre
2009
GIULIA Catini
24 ottobre
2009
SIMONE Siracusa;
ALESSANDRA Di Paolantoni
27 ottobre
2009
7 novembre
2009
FRANCESCA Buono
8 novembre
2009
CESARE Castrignanò
FEDERICO Risati
ALESSIO Tuccio; MATTEO
Leopardi
DANIELE Matarrese; ZOE
Russo
ANNIVERSARI
Auguri vivissimi ai coniugi Ruggieri Mario e
La Valle Loredana, che sabato 10 ottobre
2009 hanno celebrato il loro XXV° anno di
matrimonio.
SONO TORNATI AL PADRE
Giovedì 15
ottobre 2009
Venerdì 16
ottobre 2009
Lunedì 26
ottobre 2009
Lunedì 9
novembre
2009
DOMENICO
Gianferro
ANNITA Pellegrini
Anni 89
ANNA MARIA
GIUSEPPINA
Germani
VINCENZO
Ciarafoni
Anni 69
Anni 73
Anni 82
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FEDE e VITA
Salvatore e Maria:
oltre la paura c’è la vita!
L’ultima volta che ho fatto loro visita, Maria mi ha accolto
immobile, distesa sul letto, con l’apparecchio che attraverso la
sua gola, la fa respirare, guardandomi sorridente con i suoi
occhi penetranti, struggenti e bellissimi.
Maria, madre di tre splendidi figli, aveva appena 40 anni, solo
sei anni fa, quando si ammalò di SLA (Sclerosi Laterale
Amiotrofica).
assistita da una macchina. In ospedale era conosciuta da tutti
come “la signora che sorride”.
Maria si alimenta con la PEG ( un preparato senza sapore
immesso direttamente nello stomaco, ma ha ancora tanta fame
di vita e di bellezza: la vestono sempre dignitosamente e
qualcuno provvede a curarle persino le unghie, con dei colori
sgargianti, vivi. Comunica fissando con le pupille le lettere
disegnate su una lastra trasparente, mentre l’interlocutore
alzando la lastra indica con il dito la letterina guardata e che
Maria conferma abbassando le palpebre.
Così compone le parole per organizzare il compleanno di
Salvatore in tutti i suoi dettagli, per chiedere aiuto e per
spandere ai suoi amici le sue perle preziose: - il mio cervello
funziona meglio di prima, io voglio vivere, gridare ai quattro
venti l’amore di Dio per me, per Salvatore, che vedo bene
quanto si affatichi, per i miei figli, per tutti. Voglio scrivere
un libro intitolato “ Oltre la paura c’è la vita”.
Sì, la paura di perdere se stessi, lo spavento che ci fa chiudere
in noi stessi e non ci permette di amare veramente, di sentirci
liberi, di lasciare che la speranza prenda il largo.
- Il combattimento quotidiano è proprio la conversione – ha
detto in sintesi don Romano, venuto a rispondere alle angosce
di Salvatore - ogni giorno abbiamo bisogno che Cristo ci
trasferisca dalla difesa codarda del nostro Io impaurito e
stanco, alla serena accoglienza del destino preparatoci dal
Signore, prendendo coscienza, sempre più, che non è un
destino cieco e crudele, ma un senso compiuto della nostra
salvezza e della nostra liberazione.
Non si tratta di salvare, da noi, la nostra vita, ma di lasciarla
condurre e di scoprirla, con rinnovata meraviglia, da un Dio
Padre che fa nuove tutte le cose.
All’inizio sembrava una banale occlusione del tunnel carpale,
così ci diceva quando veniva in Comunità per l’Eucarestia del
sabato sera, ci raccontava i suoi “guai” con la sua voce che
sembrava acqua sorgiva, con il suo aspetto di donna procace,
mediterranea, fiera della sua femminilità.
Come va, Maria? – gli ho chiesto baciandola sulla fronte
distesa – Bene! Grazie a Dio! – mi risponde lei, ma non più
con la sua voce cristallina, perché ormai non ce l’ha più; lei
esprime il suo sì con un lento battito di ciglia, che tu devi
cogliere se vuoi “sentirla”.
Accanto a lei c’è sempre Salvatore, suo marito, uomo
sanguigno e schietto, pieno d’amore per la sua donna, stanco e
disfatto per le diuturne 24 ore per lavorare, chiedere assistenza
ai servizi sociali e per accudire la sua sposa, giorno e notte,
ogni giorno, tutti i giorni della settimana, festività comprese,
senza mai staccare.
Non ce la faccio più, Dio mi sta massacrando , mi stende come
un asfalto per portarmi non so dove!? - mi dice sconsolato Stasera vengono a casa mia i fratelli della mia comunità per la
celebrazione della Parola, ma sono così stanco!
Vuoi
che
telefoni
per
non
farli
venire?
- No, no, la mia testa è invasa da demoni inferociti, se lascio la
Parola addio Salvatore. Sono sempre arrabbiato con me stesso
che non arrivo a fare tutto, con le istituzioni, con voi che non
venite a trovare Maria, con Dio che….non si accontenta mai!
Vorrei tanto gridargli in faccia le mie angustie, parlare con suo
Figlio Gesù o con un suo amico.
Salvatore e Maria vivono nella nostra parrocchia l’esperienza
del Cammino neocatecumenale, ma ormai non possono più
venire. Stavamo ancora sotto la tenda, l’ultima volta che Maria
e Salvatore hanno partecipato alla Liturgia parrocchiale.
Ora vivono nella loro casa di Torre Angela, dopo che Maria si è
dovuta sottoporre alla tracheotomia per la respirazione
Salvatore e Maria sembrano l’icona di una Pietà a rovescio: il
Figlio Gesù che stringe tra le sue braccia la mamma sofferente.
Prima di consegnarsi totalmente per le nostre paure, per le
nostre resistenze, per le nostre fughe, alle cui dipendenze ci
azzanniamo ed eleviamo barriere. “ Fate questo in memoria di
me… oltre la paura c’è la vita!”
(Livio Bottone)
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Un uomo che ha creduto in sorella Provvidenza.
UNA STORIA
(la testimonianza di un parrocchiano)
Vorrei condividere con la comunità parrocchiale una storia di
cui ancora oggi si continuano a scrivere le pagine.
La storia di un frate francescano - padre Valerio Vittor - e di
una comunità parrocchiale che frequentai per alcuni
anni, dal Febbraio 1983.
Fui accolto come uno di loro. Da subito feci parte del gruppo
giovani di S. Maria Maggiore a Trieste. Tale comunità era
guidata da frate Valerio. Guidata con l’esempio che incarnava
le parole. Ero ancora lì quando avvenne il suo trasferimento a
Treviso. Breve fu il tempo trascorso nella nuova destinazione,
perché Valerio sentiva forte il desiderio di esprimersi
attraverso l’esperienza a Mondo X, realtà attiva nel recupero
dalle schiavitù della droga, dell’alcool, della depressione.
Da quel momento soprattutto si è preso sempre cura delle
persone che dalla società venivano giudicate come “scarti,
rifiuti umani”. Con loro ha restaurato a Rieti il santuario di S.
Maria della Foresta e lì ha vissuto anni di vita quotidiana con
”reietti” che ricostruivano il loro essere uomini. E lui la guida.
Con i rigidi principi morali, con l’esempio e con l’affetto
paterno. E lui Il sostegno. Per la crescita di molte persone.
Anche il mio sostegno. Di ieri e di oggi.
Il Padre, nei Suoi inconfutabili disegni, ha però deciso che lo
scorso anno frate Valerio salisse a Lui dopo circa un anno di
grandi sofferenze.
Però non è di lui che voglio parlare, ma di quella comunità
di Trieste che, in questa esperienza sacerdotale ed umana,
non ha mai perso la “guida”, il riferimento, il “porto sicuro”!
Nessuno si è “perso” benché molti sparsi nel “mondo”. Anzi,
nell’unione dei suoi “fioi” si esprime, in concreto, il modello di
vita testimoniato da Valerio.
Ma la “storia” che ancora si sta scrivendo narra di un
momento ancora più terribile ed insopportabile, vissuto quasi
contemporaneamente alla grave malattia di Valerio.
Non immaginavamo che sarebbe arrivato di peggio.
Purtroppo anche Gianni, uno dei suoi “fioi”, si ammala
gravemente. Sposato con Ersilia e padre di tre figlie in
giovane età. Tuttora infermo.
Ebbene, non è neanche la storia di Gianni che voglio
raccontare, la cui gravità è tale da lasciare attoniti, ma di
quella comunità che è rimasta viva ed unita nel
Signore, nonostante abbiano perduto la presenza fisica del
loro pastore ed alcuni membri fossero gravemente provati
dalla vita. Il “sostegno” non è più presente, ma non gli
insegnamenti.
Essi
ci
risuonano
nelle
orecchie
quotidianamente. E di esempi, di questi uomini, ne è
piena la storia. Grazie a Dio!
Ecco, questa comunità è stata capace di trovare nuove
modalità per stare insieme, per dare vicinanza e
partecipazione alla famiglia di Gianni. Pensate che ad agosto
2009 hanno affittato per un mese una grande casa in
montagna per consentire la presenza di tutte le famiglie
del gruppo di SMM; chiunque poteva andare secondo le
proprie disponibilità.
Il 26 settembre scorso è stato il primo anno dalla
“trasformazione” di frate Valerio e quella “datata”
comunità era tutta presente alla messa di commemorazione.
Anche a distanza eravamo tutti uniti, consapevoli che frate
Valerio è vivo tra di noi e ci unirà sempre.
La sua vita è stata riassunta in “Pennellate di vita” (titolo
scelto da Gianni). Inizia in questo modo:“Vivere il Vangelo
per poter continuare a conoscere ed amare quanto il
Signore ogni giorno ci offre” (frate Valerio)
Questa “storia” che sono certo non avrà mai fine, perché è la
storia dell’uomo nell’umanità, vuole essere la condivisione di
un “pezzo di vita” di una persona qualunque che è venuta a
contatto con le meraviglie del Signore. E’ una
esternazione di gioia al fine di dare incoraggiamento
e fiducia. Incoraggiamento affinché anche la nostra
comunità sia fervida di esempi d’amore e di fiducia,
perché il Padre compie meraviglie in ogni luogo e
tempo. Noi “poveri strumenti” nelle Sue mani per
intonare meravigliosi suoni.
(Daniele Refrigeri)
APPU NTAMENTI
Counseling psicologico
Tutti i lunedì dalle ore 16 alle ore 18, è presente in parrocchia
uno psicologo per un aiuto gratuito in soccorso di disagi
personali e famigliari.
Comunità Neocatecumenali
Celebrano l’Eucarestia il sabato alle ore 20,00 nel salone
parrocchiale, la partecipazione è aperta a tutti.
Figli spirituali di Giovanni Paolo II
Incontri di preghiera, con cadenza mensile, ogni secondo
martedì alle ore 17,00 in chiesa, per l’Adorazione eucaristica e
alle ore 18.00 per la Santa Messa.
Fratelli di Sangue
La prossima donazione si sangue è prevista per gennaio 2010.
Caritas parrocchiale
La distribuzione dei viveri si effettua il primo e il terzo martedì
del mese dalle ore 16,00 alle ore 17,30.
Chi ha bisogno di
indumenti può recarsi presso la Caritas il secondo e il quarto
martedì del mese dalle ore 16,00 alle ore 17,30. Domenica 13
dicembre, giornata della carità
Oratorio
Per tutti i bambini ogni domenica dalle ore 11.00 alle ore
12.00. L’incontro degli animatori è fissato ogni mercoledì alle
ore 19.00.
Cresima per adulti
Per le persone di oltre 18 anni. Ogni martedì alle ore 20.30
Preparazione al matrimonio
Il diacono Rolando incontra i fidanzati il lunedì alle ore 20.30,
fino al 21 dicembre.
Coro parrocchiale
Si raduna per le prove ogni giovedì alle ore21
Legio Mariae
Alle ore 17,00 dei giorni feriali per il Santo Rosario.
Lectio divina
Don Antonio prosegue la riflessione biblica sul tema sulla
preghiera il martedì alle ore 21,00, ogni quindici giorni.
Gruppo delle giovani coppie
Ci si incontra il mercoledì, ogni quindici giorni, alle ore 21.00.
Adorazione Eucaristica
TUTTI I SABATI
OGNI PRIMO VENERDI’
DEL MESE
ORE 17.00 – 18.00
ORE 21.00 – 22.00
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LA PAROLA DEL PARROCO
preparare realmente la giusta accoglienza al Cristo che
viene, non cerchiamo solo nei centri commerciali
addobbati a festa o nella frenetica corsa ai regali,
accogliamolo anche e soprattutto nei nostri cuori, nelle
nostre case, permettiamo al Signore di entrare nella
nostra storia.
Vorrei inoltre ricordarvi attraverso questo scritto ciò di
cui vi ho parlato la volta scorsa: il nostro Cardinal
Vicario, Agostino Vallini, desidera che tutte le comunità
parrocchiali della diocesi di Roma riflettano in questo
tempo sulla Domenica. Mi piacerebbe organizzare un
incontro aperto a tutti per riflettere su questo tema, ma
che a motivo dei mille impegni di ciascuno sarebbe
difficile immaginare una partecipazione consistente.
Permettetemi lo stesso di porvi alcune domande,
secondo voi parrocchiani :
1) La nostra comunità come vive la domenica?
2) Come celebriamo il sacrificio eucaristico di
Gesù?
3) Voi che partecipate puntualmente alla Messa
domenicale, gustate la bellezza delle nostre
celebrazioni?
4) Attraverso il servizio venite aiutati nella
preghiera, oppure disturbati?
Carissimi parrocchiani,
con grande gioia, attraverso il nostro giornalino
parrocchiale, mi rivolgo a voi per informarvi su tutto ciò
che viviamo
come comunità, e soprattutto sulla
possibilità di arrivare a voi attraverso questo strumento,
così da sentirci sempre più uniti, anche se purtroppo,
tante volte per diversi motivi non riusciamo ad
incontrarci.
Con la Solennità di Cristo Re termina l’anno liturgico,
termina cioè un tempo di Grazia che, domenica dopo
domenica, ci ha visti alla scuola della Parola di Dio così
da crescere nella fede e nella conoscenza di Cristo. Mi
domando, tante volte se, durante questo tempo,
riusciamo ad aiutare tutta la comunità a crescere e a
fortificarsi nella fede.
Oggi viviamo in una mondo dove i valori, ed in modo
particolare i valori cristiani, sono sempre più messi in
difficoltà da una società apparentemente emancipata e
che è ormai sgombra da ogni limite e da ogni buon gusto.
Quali strumenti abbiamo per resistere ad un secolarismo
così marcato e così irruento? L’anno liturgico è
sicuramente un tempo che dovremmo sfruttare sempre
meglio per poter maturare una coscienza cristiana che
non si perde e non si disorienta nelle difficoltà della vita.
Inizia
domenica il tempo dell’Avvento, tempo di
preparazione al Santo Natale; mi piacerebbe dirvi, da
pastore e da fratello, cercate in questo periodo di
Vorrei confrontarmi con voi su questi argomenti e su
tanti altri, (chi volesse approfondire tale tema può
scaricare dal sito della diocesi www.diocesidiroma.it lo
strumento di riflessione donatoci dal nostro cardinale)
credetemi sono sempre a vostra disposizione per un
sereno e fraterno confronto, tutti dobbiamo sentirci
impegnati in una attenta revisione che ci consenta di
crescere come singoli e come comunità.
Vi garantisco che il parere di tutti è prezioso, non abbiate
paura di esprimere considerazioni mossi dal desiderio di
costruire e di migliorare; dobbiamo crescere nella
correzione fraterna, dobbiamo gareggiare nello stimarci
a vicenda, dobbiamo aiutarci nel cammino verso Cristo.
Tutti protagonisti, nessuno spettatore, proprio per
arrivare a ciò vi condivido questi miei pensieri
desideroso di un riscontro da parte di chiunque lo
desideri.
Fratelli carissimi, sentiamoci sempre più uniti nella
diversità dei percorsi di vita e dei carismi che abbiamo
ricevuto, camminiamo insieme per sentirci sempre più
Chiesa che testimonia Cristo, soprattutto con la coerenza
della vita.
Augurandovi ogni bene, prego per ciascuno di voi
affinché l’Avvento, ormai alle porte, sia tempo forte di
conversione e di preparazione al Signore che viene.
Don Antonio