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Direttore: Pier Luigi Amata IL CENTRO BIOS DELLA CHIRURGIA E MEDICINA ESTETICA A ROMA • VALUTAZIONE PRE-OPERATORIA CLINICO-STRUMENTALE • SOLUZIONI FINANZIARIE PERSONALIZZATE • ASSISTENZA POST-OPERATORIA FOLLOW-UP 1, 3, 6, 12 MESI • VISITE E CONSULTAZIONI: BIOS SPA - VIA D. CHELINI 39, ROMA • MEDICINA ESTETICA • PRIMO COLLOQUIO GRATUITO www.bioscultura.it PRENOTATE SUBITO UN COLLOQUIO CON LO SPECIALISTA AL CUP BIOS - 06 809641 bimestrale di informazione e aggiornamento scientifico n. 4 - 2011 Nefropatie croniche e insufficienza renale cronica (IRC) Sincizi formatisi in infezione da HIV: immagini rivelatrici Promuovere la salute e la prevenzione delle malattie: il check-up intelligente Edizioni bios S.p.A. SISTEMA QUALITÀ CERTIFICATO UNI EN ISO 9001:2000 CUP - CENTRO UNIFICATO DI PRENOTAZIONE - 06 809641 [email protected] www.bios-spa.it BIOS S.P.A. - STRUTTURA SANITARIA POLISPECIALISTICA FAX - 06 8082104 00197 ROMA - VIA D. CHELINI, 39 APERTO TUTTO L’ANNO. ANCHE IL MESE DI AGOSTO * • IN REGIME DI ACCREDITAMENTO PER TUTTI GLI ESAMI PREVISTI DAL SSR PER INFORMAZIONI SU TUTTI I SERVIZI E PRENOTAZIONI: INFO CUP 06 809641 DIRETTORE SANITARIO: Dott. Francesco Leone DIAGNOSTICA DI LABORATORIO Direttore Tecnico Prof. Giovanni Peruzzi * ANALISI CLINICHE ESEGUITE CON METODICHE AD ALTA TECNOLOGIA PRELIEVI DOMICILIARI • LABORATORIO DI ANALISI IN EMERGENZA (DEAL) - ATTIVO 24h su 24h - 365 GIORNI L’ANNO CON REFERTI DISPONIBILI DI NORMA ENTRO 2 ORE DAL RICEVIMENTO DEL CAMPIONE PRESSO LA STRUTTURA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI Direttore Tecnico Prof. Vincenzo Di Lella Direttore Sanitario Dott. Francesco Leone • • • • • • • • DIAGNOSTICA RADIOLOGICA * RADIOLOGIA GENERALE TRADIZIONALE E DIGITALE * ORTOPANORAMICA DENTALE DIGITALE * SENOLOGIA TC MULTISTRATO R.M.N. (RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE) DENTASCAN MINERALOMETRIA OSSEA COMPUTERIZZATA (M.O.C.) • DIAGNOSTICA ECOGRAFICA • ECOGRAFIA INTERNISTICA: singoli organi e addome completo • DIAGNOSTICA ECOGRAFICA CARDIOLOGICA E VASCOLARE: ecocardiogramma, ecocolordoppler • ECOGRAFIA GINECOLOGICA: sovrapubica, endovaginale • ECOGRAFIA OSTETRICO-GINECOLOGICA IN 3D E 4D DI ULTIMA GENERAZIONE: - TRANSLUCENZA NUCALE O PLICA NUCALE - ECOGRAFIA MORFOLOGICA - FLUSSIMETRIA • ECOGRAFIE PEDIATRICHE DIAGNOSTICA SPECIALISTICA Direttore Sanitario Dott. Francesco Leone • • • • • • ALLERGOLOGIA ANDROLOGIA ANGIOLOGIA AUDIOLOGIA CARDIOLOGIA DERMATOLOGIA • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • DIABETOLOGIA E MALATTIE DEL RICAMBIO DIETOLOGIA ENDOCRINOLOGIA GASTROENTEROLOGIA GENETICA MEDICA - DIAGNOSI PRENATALE GINECOLOGIA - OSTETRICIA IMMUNOLOGIA CLINICA MEDICINA DELLO SPORT MEDICINA INTERNA NEFROLOGIA NEUROLOGIA OCULISTICA ODONTOIATRIA ORTOPEDIA OSTETRICIA - GINECOLOGIA OTORINOLARINGOIATRIA PNEUMOLOGIA PSICOLOGIA CLINICA REUMATOLOGIA UROLOGIA CENTRI E SERVIZI MULTIDISCIPLINARI Direttore Sanitario Dott. Francesco Leone • - CHECK-UP PERSONALIZZATI MIRATI: Sui principali fattori di rischio VELOCI: Nell’arco di una sola mattinata Convenzioni con le aziende • SERVIZIO DIAGNOSTICA RAPIDA: con referti e diagnosi in 24-48 ore • CENTRO ANTITROMBOSI: monitoraggio e counseling del paziente in terapia antitrombotica • CENTRO PER LA DIAGNOSI E CURA DELL’IPERTENSIONE • CENTRO PER LO STUDIO, DIAGNOSI E CURA DEL DIABETE • CENTRO PER LO STUDIO DELLE CEFALEE • SERVIZIO DI MEDICINA E BIOLOGIA DELLA RIPRODUZIONE: studio dell’infertilità di coppia, fecondazione assistita di I livello • SERVIZIO DI DIAGNOSTICA PRE E POST NATALE, MONITORAGGIO DELLA GRAVIDANZA • SERVIZIO DI ANDROLOGIA E PREVENZIONE DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE • SERVIZIO VACCINAZIONI Periodico della bIoS S.p.A. fondata da Maria Grazia Tambroni Patrizi L’editoriale Giuseppe Luzi Nefropatie croniche e insufficienza renale cronica (IRC) Giovanni Stirati 2 3 Direttore Responsabile Fernando Patrizi Direzione Scientifica Giuseppe Luzi Segreteria di Redazione Gloria Maimone Coordinamento Editoriale Licia Marti Mixing Alessandro Ciammaichella 10 Comitato Scientifico Armando Calzolari Carla Candia Vincenzo Di Lella Francesco Leone Giuseppe Luzi Gilnardo Novellli Giovanni Peruzzi Augusto Vellucci Anneo Violante Hanno collaborato a questo numero: Alessandro Ciammaichella, Giuseppe Luzi, Mario Pezzella, Giovanni Stirati, Maria Giuditta Valorani, Augusto Vellucci, Vincenzo Vullo. Sincizi formatisi in infezione da HIV: immagini rivelatrici Mario Pezzella, Giuseppe Luzi, Vincenzo Vullo 11 La responsabilità delle affermazioni contenute negli articoli è dei singoli autori. 1 Direzione, Redazione, Amministrazione bioS S.p.A. Via D. Chelini, 39 00197 Roma Tel. 06 80964245 [email protected] A tutto campo Alessandro Chiamaichella 16 Grafica e Impaginazione Vinci&Partners srl Impianti e Stampa ArtColorPrinting srl via Portuense, 1555 - 00148 Roma Edizioni bIoS S.p.A. Autorizzazione del Tribunale di Roma: n. 186 del 22/04/1996 Promuovere la salute e la prevenzione delle malattie: il check up intelligente Augusto Vellucci 18 In merito ai diritti di riproduzione la BIOS S.p.A. si dichiara disponibile per regolare eventuali spettanze relative alle immagini delle quali non sia stato possibile reperire la fonte Pubblicazione in distribuzione gratuita. Finito di stampare nel mese di settembre 2011 From bench to bedside Giuditta Valorani 33 bIoS SpA Struttura Sanitaria Polispecialistica Via D. Chelini, 39 - 00197 Roma Dir. Sanitario: Dott. Francesco Leone CUP 06.809.641 Un punto di forza per la vostra salute Gli utenti che, per chiarimenti o consulenza professionale, desiderano contattare gli autori degli articoli pubblicati sulla rivista Diagnostica bios, possono telefonare direttamente alla sig.ra Pina buccigrossi al numero telefonico 06 809641. EDItoRIALE Giuseppe Luzi Direzione Scientifica di Diagnostica-BIOS 2 L’EDItoRIALE CHECk-UP E SALUtE: UN IMPEGNo DELLA MEDICINA CLINICA L’uso del termine check-up è ormai diffuso nel comune linguaggio: significa letteralmente visita di controllo (routine medical examination) e ha lo scopo di sorvegliare lo stato di salute in un individuo “sano”. Nella buona pratica medica questo controllo, di solito annuale, si basa su una serie di indagini generiche che alcuni criticano per una sorta di aspecificità che non sarebbe di grande aiuto nella reale prevenzione delle malattie. Serve dunque il check-up? La risposta è sì, e vediamo perché. La salute è definta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non la semplice assenza di malattia”. Ben si comprende che lo stato di salute, della buona salute, rappresenta per l’individuo e la comunità una vera risorsa per le attività di lavoro, per migliorare il proprio status economico, per avere una miglior qualità di vita. è naturale attribuire una valutazione utopistica allo stato di salute così come delineato dall’OMS, ma è giusto che sia stato proposto in questi termini: la salute non è non-malattia. Con la nascita e lo sviluppo dell’approccio biologico (fine Settecento, inizio dell’Ottocento) alla conoscenza delle cause di malattia ovviamente l’attenzione della ricerca e della pratica clinica si è rivolta alla “malattia” (entità da descrivere nell’eziologia e nella patogenesi del danno anatomico e funzionale) e assai poco al “malato”. Il progredire delle nostre conoscenze ha poi incrementato la visione specialistica e ha provocato una perdita dell’approccio olistico. è soltanto da pochi anni che si parla seriamente di promozione e prevenzione della salute, tenuto conto della realtà ambientale, dei costi necessari alla sanità, del grande impiego dei farmaci. Puntare a una definizione del livello o del grado di salute di una popolazione implica un lavoro complesso nel quale le variabili, se non opportunamente codificate e interpretate, possono fornire dati di difficile e talora erronea interpretazione. L’essenza di ogni individuo si basa sul suo patrimono genetico, sull’assetto ambientale che lo circonda e sulle modalità di vita (qualcuno parla di stile di vita). Il concetto di salute si riferisce quindi alla persona nella sua integrità fisica e psicologica, nel contesto ambientale dove si svolge la vita e in funzione del la- voro che esercita per procacciarsi la propria possibilità di vivere e non di “sopra”-vivere. Il medico deve essere consapevole della complessità della sua professione proprio in quanto collegata e correlata al mondo nel quale viviamo e allora come possiamo quantificare una lettura di orientamento per promuovere e difendere la salute? Il check-up è un metodo, sicuramente non perfetto, ma utile e se ben gestito capace di ridurre la spesa sanitaria e identificare i fattori di rischio che devono essere considerati nella storia biologica, naturale di ogni individuo. Si prendano due esempi, banali, l’iperglicemia e l’ipertensione arteriosa. Si considerino le abitudini del mondo occidentale (eccesso di alimentazione, fumo, ridotta attività fisica, stress e competitività proprie delle civiltà industriali): quanti sanno di avere una stato di pre-diabete e conoscono i valori della propria pressione arteriosa? Può il check-up avere un ruolo nella diagnosi precoce? Probabilmente su questi temi il dibattito non finirà mai ed è assai difficile definire un check-up perfetto in assoluto, come “pacchetto” di analisi e di indagini ottimali. Questa è la vera sfida, il progetto. In questo numero della nostra rivista viene illustrato un progetto di “check-up intelligente” con lo scopo di arrivare a un’azione conoscitiva/preventiva mirata al singolo individuo, alla sua specifica area di rischio. Premessa di questo progetto è la visita medica, il classico approccio “internistico”, il colloquio con la persona: elementi che possono incidere sulla modificazione delle abitudini a rischio, su un’accurata conoscenza e valutazione dell’anamnesi, personalizzando la proposta di intervento e di azione. Bisogna evitare nella persona che si sottopone al check-up di ridurre la valutazione del proprio stato di salute alla sola lettura delle analisi, alla percezione “numerica” di indici che hanno possibilità di essere valutati e interpretati soltanto in un contesto unitario e con l’integrazione di competenze specialistiche. Alla visita medica, alla raccolta dei dati deve seguire una sintesi del materiale acquisito e questo va posto a disposizione del medico di fiducia del singolo individuo che potrà giovarsi di informazioni recenti e appropriate secondo l’indagine effettuata. NEFRoPAtIE CRoNICHE E INSUFFICIENZA RENALE CRoNICA (IRC) Giovanni Stirati Professore associato di Nefrologia 3 INtRoDUZIoNE Le malattie renali croniche (glomerulonefriti, nefropatia diabetica, nefroangiosclerosi conseguente ad ipertensione arteriosa cronica, rene policistico, nefriti tubulo-interstiziali, nefropatie vascolari) progrediscono, generalmente in modo irreversibile, nel corso di anni, verso la IRC (1). La progressione può essere più o meno rapida, a seconda della presenza di fattori variabili, rappresentati sia dalla natura della malattia di per sé, sia dalla presenza di elementi che, pur facendo parte del quadro clinico della stessa nefropatia [ipertensione arteriosa (IA), entità della protenuria, iperlipidemia, ecc.], ne possono peggiorare l’evoluzione (2). Sono attualmente disponibili farmaci che possono influire favorevolmente sull’andamento della progressione. D’altra parte, sono da evitare, se possibile, farmaci o altre sostanze usate a scopo diagnostico (per es. antinfiammatori non steroidei, alcuni antibiotici, mezzi di contrasto iodati per esami radiologici) che possono affrettare l’evoluzione verso stadi più gravi di IRC. Nello studio delle malattie renali croniche si distinguono attualmente 5 stadi, sulla base dell’entità della compromissione dei valori del filtrato glomerulare (FG), che rappresenta il grado della funzione renale residua (3) (v. tabella seguente): StADI DELLA IRC Stadio 1 Presenza di segni di danno renale all’es. urine (protenuria e/o ematuria) Stadio 2 FG = 60-89 ml/min Funzione renale lievemente compromessa Paziente asintomatico Stadio 3 FG = 30-59 ml/min Funzione renale moderatamente compromessa idem Paziente asintomatico o presenza di IA, anemia, alterazioni minerali ossee Stadio 4 FG = 15-29 ml/min Funzione renale gravemente compromessa Paziente sintomatico Stadio 5 4 FG > 90 ml/min Funzione renale normale Paziente asintomatico FG < 15 ml/min Funzione renale gravemente compromessa Paziente gravemente sintomatico, con necessità di terapia sostitutiva (dialisi o trapianto) I pazienti sono generalmente asintomatici fino allo stadio 4 avanzato e possono quindi non essere consapevoli della presenza della malattia renale. Tuttavia, già nello stadio 3 possono comparire alcuni sintomi: poliuria (aumento della quantità di urine nelle 24 ore) e nicturia (minzioni durante la notte), espressione della ridotta capacità di concentrare le urine, e possono comparire alcune complicanze (IA, anemia, alterazioni minerali ossee, anomalie del metabolismo dell’acqua, del sodio e del potassio), che dovrebbero essere riconosciute, studiate e eventualmente trattate prima che il paziente divenga sintomatico. Quando il FG si riduce al di sotto dei 15 ml/min, i pazienti presentano generalmente una sintomatologia grave che compromette le attività quotidiane, il senso di benessere, lo stato di nutrizione e l’equilibrio idro-elettrolitico. Con l’ulteriore peggioramento si arriva allo stadio terminale della IRC, cioè l’uremia, in cui è impossibile la sopravvivenza senza la terapia sostitutiva (emodialisi, dialisi peritoneale, trapianto renale). La progressiva riduzione del FG può essere seguita riportando in grafica il reciproco della creatininemia (ordinate) vs il tempo (ascisse). In tal modo il decremento as- idem idem idem sume un andamento lineare. Ciò permette, nel caso in cui il decremento della funzione renale sia relativamente costante, di prevedere la fase terminale della IRC e, quindi, la necessità della terapia sostitutiva. D’altra parte, se, nel corso di un intervento terapeutico prolungato, fosse dimostrabile una attenuazione della ripidità della retta, ciò potrebbe deporre per l’efficacia della terapia (1). La dialisi viene generalmente iniziata quando il FG è < 10 ml/min nei pazienti non diabetici e < 15 ml/min nei pazienti diabetici. Quando la retta di decremento diviene più ripida rispetto al previsto, si deve postulare la presenza di fattori aggravanti sovrapposti (disidratazione, dieta eccessivamente iposodica, farmaci nefrotossici, mezzi di contrasto iodati, infezioni delle vie urinarie). La figura seguente riassume le varie possibilità: PEGGIoRAMENto DELLA FUNZIoNE RENALE: FAttoRI DI RISCHIo. Il tipo istologico della nefropatia, l’entità della proteinuria e la risposta alla terapia rappresentano, il più delle volte, le variabili responsabili della progressione del danno renale. Tuttavia un ulteriore peggioramento della funzione renale (2) può essere indotto da i fattori che seguono. Riduzione della irrorazione (perfusione) renale Può verificarsi in conseguenza della riduzione del volume plasmatico circolante (grave disidratazione, emorragie, dieta prolungata priva di sale, scompenso cardiaco, cirrosi epatica). In queste condizioni e nel caso in cui la funzione renale sia già significativamente compromessa a causa della malattia renale cronica, l’uso dei FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) può ulteriormente peggiorare il grado di insufficienza renale, poiché si verifica un blocco dei meccanismi di autoregolazione renale che, nelle nefropatie croniche, si attivano per preservare il FG residuo. Con meccanismo analogo alcuni farmaci antiipertensivi (gli ACE-inibitori e i sartanici, antagonisti dei recettori della angiotensina II) possono provocare una riduzione del FG nei pazienti portatori di stenosi bilaterale dell’arteria renale. iodati (6), usati per urografia, arteriografia e angio-TC, il gadolinio in certe circostanze (vedi in seguito) e alcuni antibiotici (aminoglicosidi). Per altri antibiotici si rende necessaria una riduzione delle dose o il diradamento della somministrazione, sulla base dei valori di FG. La necessità di una coronarografia o di una angio-TC o di una RMN con mezzo di contrasto deve essere valutata clinicamente, secondo un criterio costi/benefici. Se l’esame deve essere comunque eseguito, si dovrebbe attuare una profilassi dell’aggravamento del danno renale. Per altri farmaci (es. ciclosporina, digossina, ecc.) se ne dovrebbero monitorizzare frequentemente i livelli ematici. Infezione e/o ostruzione delle vie escretrici La possibilità di infezione e/o ostruzione delle vie escretrici è da considerare in tutti i pazienti nei quali si sia verificato un non altrimenti spiegabile declino della funzione renale Fattori vascolari Il peggioramento di una stenosi dell’arteria renale (fig. 1 e fig. 2) o di uno stato ipertensivo in precedenza ben controllato può giustificare un declino della funzione renale. Analogamente può agire la trombosi della vena renale, che può verificarsi come complicanza di una sindrome nefrosica e si associa frequentemente a ematuria e dolore al fianco Ipertensione arteriosa non adeguatamente controllata Il trattamento della IA rappresenta uno dei fattori fondamentali per arrestare la progressione delle nefropatie croniche. Si ricorda che, secondo le moderne linee-guida della terapia dell’IA, il controllo si ritiene ottimale se PAS ≤ 130 mm Hg e PAD compresa tra 70 e 80 mm Hg. Nella pratica clinica non sempre si raggiungono tali obiettivi. è tuttavia necessario motivare fortemente il paziente attraverso una stretta collaborazione tra specialista e medico curante (4, 5). Agenti nefrotossici Sono considerati tali i mezzi di contrasto Fig. 1 5 può essere arrestata l’inesorabile evoluzione della nefropatia diabetica verso la IRC terminale. A tale proposito si ricorda che la nefropatia diabetica rappresenta una delle principali cause dell’ingresso in dialisi. (7, 8). Fig. 2 ESAMI DIAGNoStICI Esami di laboratorio 6 Esame delle urine Nel soggetto affetto da una malattia renale cronica l’esame fondamentale rimane l’esame delle urine (esame chimico ed esame del sedimento). L’esame chimico, che si esegue attraverso il dipstick, è necessario per la determinazione del pH, del peso specifico e della presenza di proteine, sangue, glucosio, nitriti, esterasi leucocitaria. Una più accurata determinazione della proteinuria si ottiene con la misurazione delle proteine nelle urine delle 24 ore. Sono da considerare patologici valori > 150 mg/die. Nella nefropatia diabetica uno dei segni più precoci è la presenza nelle urine di piccole quantità di albumina (una delle proteine del plasma), non rilevabile con le comuni metodiche di laboratorio. In questo caso si parla di microalbuminuria, che deve essere ricercata con test specifici ed è presente quando ancora mancano gli altri segni della nefropatia diabetica. La semplice presenza della microalbuminuria impone un più rigoroso controllo dei valori glicemici che, a sua volta, può rallentare la progressione della nefropatia. Ciò assume particolare importanza perché Esame del sedimento urinario L’esame può rivelare la presenza di emazie (> 3 per campo microscopico a 400 ingrandimenti), la cui origine può essere infettiva, infiammatoria o neoplastica. La presenza di emazia dismorfiche (fig. 3) (globuli rossi di dimensioni e conformazione non uniformi) suggerisce una origine glomerulare dell’ematuria, come avviene nelle glomerulonefriti. Lo stesso vale per la presenza di cilindri ematici. L’assenza di globuli rossi in pazienti con urine “rosse”, che risultano positive all’esame chimico per il sangue, suggerisce emolisi o rabdomiolisi (presenza di mioglobina da grave danno muscolare). La presenza di leucociti depone per la presenza di un processo infettivo o infiammatorio, come si osserva nelle infezioni delle vie urinarie o nella nefrite interstiziale acuta. Fig. 3 Esami particolari sulle urine La sodiuria “spot” permette la diagnosi differenziale tra insufficienza renale acuta funzionale (o prerenale) e necrosi tubulare acuta. Quando il sodio è praticamente assente (< 20 mEq/l), ciò depone per una conservata funzione tubulare. In tal caso l’insufficienza renale acuta può ancora essere ritenuta funzionale e, quindi, reversibile. In presenza di sodiuria elevata (> 40 mEq/l) si fa generalmente diagnosi di danno tubulare e, quindi, di necrosi tubulare acuta. La determinazione di sodiuria e potassiuria delle 24 ore è spesso necessaria in numerosi contesti clinici (per es. nelle nefriti interstiziali con grave perdita di sale e nell’iperaldosteronismo primitivo). La determinazione dell’osmolalità nel corso del test di privazione dei liquidi, test che va condotto con le dovute cautele, permette la diagnosi di diabete insipido. Con la immunoelettroforesi è possibile la scoperta della presenza patologica di catene leggere (paraproteinemie), non rilevabili con il dipstick di routine. L’esame citologico viene infine utilizzato per la ricerca di atipie cellulari, nel sospetto di neoplasie delle vie urinarie Esami ematochimici Nel sospetto di una nefropatia cronica si dovrebbero eseguire basalmente azotemia o BUN, protidemia totale con elettroforesi, esame emocromocitometrico (determinazione di sodio, potassio, cloro, calcio, fosforo), uricemia, lo studio elettrolitico e creatininemia. Questi dati vanno naturalmente controllati frequentemente nel tempo, allo scopo di seguire l’evoluzione della nefropatia cronica. Quando il FG si riduce al di sotto di 50 ml/min è opportuno anche il controllo dei valori del paratormone (PTH) e della vitamina D plasmatici. La creatininemia rappresenta un attendibile marker del FG. La determinazione più precisa di tale importante indice di funzione renale si ottiene attraverso la clearance della creatinina. Tuttavia il FG può essere calcolato, senza necessità di raccolta urinaria delle 24 ore, attraverso la formula di Cockroft-Gault (9): (140-età) x peso ideale (kg) x 0.85 (nelle donne) / 72 x creatininemia (mg/dl) Esami di imaging L’ecografia renale permette di definire le dimensioni dei reni, la loro morfologia, il grado di ecogenicità cortico-midollare e l’eventuale presenza di idronefrosi o di cisti. La presenza di reni di volume ridotto (diametro longitudinale < 9 cm) depone per una nefropatia cronica. Tuttavia, nella nefropatia diabetica, nella nefropatia membranosa, nella nefropatia da HIV, nel rene da mieloma e nel rene policistico le dimensioni renali possono mantenersi conservate anche in presenza di insufficienza renale. Una differenza di diametro longitudinale tra i due reni > 2 cm suggerisce una stenosi dell’arteria renale nel rene di minori dimensioni (atrofia da ischemia cronica). L’urografia è utile per lo studio della ematuria non glomerulare, della calcolosi urinaria e delle varie forme di difficoltà minzionali. Tuttavia, a causa dell’impiego del mezzo di contrasto iodato, l’urografia è indicata solo nei pazienti con normale funzione renale. La scintigrafia renale, che utilizza isotopi del tecnezio, non trova indicazioni in nefrologia per determinare lo stato funzionale globale dei reni. è invece particolarmente indicata per definire il contributo funzionale di ciascuno dei due reni alla funzione complessiva, specie quando questo dato diviene di particolare importanza in vista dell’asportazione di un rene (nefrectomia) a causa di una neoplasia maligna. Altre indicazioni importanti sono lo studio preliminare alla donazione di rene da vivente e lo studio del rene trapiantato in caso di insorgenza di insufficienza renale. Gli studi di risonanza magnetica, la MRI (Magnetic Resonance Imaging) e la MRA (Magnetic Resonance Angiography) sono utili per lo studio di masse renali, stenosi dell’arteria renale e trombosi della vena renale. L’impiego del mezzo di contrasto (composti del gadolinio) è controindicato nei pazienti in dialisi o con IRC negli stadi 4 e 5, a causa del rischio di insorgenza di una grave complicanza, la sclerosi sistemica nefrogenica (10, 11). Nei pazienti con IRC anche la TC comporta il rischio di peggioramento della funzione renale, allorché si renda necessaria la sommini- 7 strazione del mezzo di contrasto iodato. Tuttavia non vi sono riserve per l’impiego della TC spirale senza mezzo di contrasto. Altre procedure diagnostiche 8 Nello studio delle malattie glomerulari (glomerulonefriti, vasculiti, nefropatie associate a paraproteinemie) la biopsia renale permette, oltre a una diagnosi precisa, di formulare spesso una prognosi e di guidare la terapia. La biopsia va eseguita sotto guida ecografica, in regime di ricovero presso strutture altamente specializzate che siano in grado di eseguire uno studio completo di microscopia ottica, microscopia elettronica e immunofluorescenza. Nella insufficienza renale post-trapianto la biopsia renale è spesso indicata per la diagnosi differenziale tra rigetto acuto, tossicità da farmaci immunosoppressivi e altre cause di disfunzione renale. Negli adulti con proteinuria > 3.5 g/die (sindrome nefrosica) la biopsia renale è sempre indicata, a meno che non si tratti di una forma di nefropatia diabetica avanzata, la cui diagnosi è possibile sulla base di elementi clinici e anamnestici, senza necessità di esame bioptico. Nei pazienti con ematuria di origine glomerulare (presenza, all’esame del sedimento urina- Fig. 4 Fig. 5 rio, di emazie dismorfiche) la biopsia è indicata solo se la proteinuria è > 1g/die e se il FG (clearance della creatinina) è ridotto, ma non al di sotto di 50 ml/min. Nella nefropatia da lupus eritematoso sistemico la biopsia è generalmente indicata, per permettere la stadiazione della malattia e indicare la terapia più appropriata. Si deve comunque osservare che, indipendentemente dalla natura della nefropatia, se, all’esame ecografico, le dimensioni renali risultano nettamente ridotte (diametro longitudinale < 9 cm) e il parenchima appare significativamente iperecogeno, la biopsia non è indicata (fig. 4). Si tratterebbe di un esame inutile a causa della irreversibilità della forte componente fibrosa ormai presente nei reni. In tali casi la biopsia potrebbe essere addirittura pericolosa a causa del rischio di sanguinamento di un parenchima particolarmente resistente alla puntura bioptica. La figura 5 mostra l’aspetto ecografico di un rene normale. La preparazione all’esame bioptico comprende l’ecografia renale (anche per essere certi della presenza di entrambi i reni; in caso di monorene congenito vi sarebbe una controindicazione relativa), lo studio della coagulazione sanguigna e dell’esame emocromocitometrico per la determinazione dei livelli basali di emoglobina. Nelle ore successive alla biopsia l’emoglobina va monitorizzata con frequenza, per il rischio di emorragie post-bioptiche. Si deve infine tenere presente che va sospesa, almeno 7 giorni prima dell’esame, una eventuale terapia antiaggregante piastrinica, mentre l’eventuale somministrazione di eparina può essere continuata fino al giorno precedente l’esame bioptico e, se necessario, ripresa dopo 48 ore, dopo essersi accertati dell’assenza di sanguinamento nella sede della biopsia. bibliografia 1) Jaber b.L., Madias N.E. Progression of chronic kidney disease: can it be prevented or arrested? Am. J. Med. 118, 1323, 2005. 2) Sheridan A.M. et al. Secondary factors and progression of chronic renal disease. Up-to-date, Sept. 2009. 3) kDoQI Clinical practice guidelines for chronic kidney disease evaluation, classification and stratification. Am. J. Kid. Dis., 39 (Suppl), 46, 2002. 4) kDoQI Clinical practice guidelines on hypertension and antihypertensive agents in chronic renal disease. Am. J. Kid. Dis. 43:5 (Suppl.), 51, 2004. 5) Sarafidis P.A. et al. Antiypertensive therapy in the presence of proteinuria. Am. J. Kid. Dis 49, 12, 2007. 6) Laville M., Juillard L. Contrast-induced acute kidney injury: how should at-risk patients be identified and managed? J. Nephrol. 23, 387, 2010. 7) Gross M.L. et al. Diabetic nephropathy: recent insight into the pathophysiology and the progression of diabetic nephropathy. Kid. Intern. 9, 550, 2005. 8) Lewis E.J. et al. Renoprotective effect of the ARA irbesartan in patients with nephropathy due to type 2 diabetes. New Eng. J. Med. 345, 851, 2001. 9) Cockroft D.W., Gault M.H. Prediction of creatinine clearance from serum creatinine. Nephron 16, 31, 1976. 10) Chrysochou C. et al. Low risk for nephrogenic systemic fibrosis in nondyalisis patients who have chronic renal disease. Clin. J. Am. Soc. Nephol. 5, 484, 2010. 11) kim k.H. et al. Change in use of gadolinium-enhanced MR studies in kidney disease patients. Am. J. Kid. Dis. 56, 458, 2010. Il prof. Giovanni Stirati, già docente di nefrologia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” è il responsabile del Servizio di Nefrologia della Bios S.p.A. di via D. Chelini 39. info cup 06 809641 9 bRUXISMo è il frequente digrignamento dei denti, specie di notte e talora inavvertito, che può alterare l’articolazione temporo-mandibolare con possibile sub-lussazione del menisco (alla RMN): causa dolori nella massima apertura della bocca. Diagnosi permessa dalla stratigrafia, ma soprattutto dalla risonanza magnetica. mento dei radicali liberi di ossigeno, dovuto al sistema ACE e alla distensione arteriosa: inattiva l’ossido nitrico e stimola l’endotelina. 10 MIXING CIStI DELLA MILZA: RottURA? Quanto più la cisti è distante dal perisplenio tanto minore è il pericolo che si rompa, ad esempio per trauma. Tale rischio aumenta se la cisti è grande: diametro 4 5 cm o più. CoMA FARMACoLoGICo: QUANDo CoME PERCHé? Attuato con barbiturici, è indicato in tutte quelle condizioni di grave compromissione anatomo-funzionale dell’encefalo, quali emorragie cerebrali e impegnativi interventi di neuro-chirurgia. Ha lo scopo di ridurre il metabolismo basale e quindi la richiesta di ossigeno per evitare l’ischemia encefalica. EMoRRAGIE DIGEStIVE RARE Nel 5 % dei casi di sanguinamento gastroenterico la gastroscopia e la colonscopia risultano negative: si deve allora studiare il tenue mediante l’enteroscopia con videocapsula. NICotINo-DIPENDENZA è strettamente legata alla capacità di inattivare la Nicotina a Cotonina. I fumatori si distinguono in merito in 2 varianti: a) “Normal metabolizers” che inattivano rapidamente la nicotina, per cui tendono a fumare di più; b) “Slowers metabolizers” che la metabolizzano lentamente, onde fumano di meno. ULCERE DoLENtI AL RISVEGLIo Le ulcerazioni degli arti inferiori diventano spesso molto dolenti al mattino quando ci si alza: ciò per aumento del circolo locale. Terapia: un analgesico 1 ora prima di mettersi in piedi (caso di oss. pers.). VINo RoSSo E RESVERAtRoLo Il paradosso francese “bassa mortalità coronarica e alimentazione ricca di colesterolo” si spiega con l’alto consumo in Francia di vino, specie quello rosso, che protegge le coronarie: analoga azione hanno le Procianidine. IPERtENSIoNE E StRESS oSSIDAtIVo Operano due meccanismi: a) distensione della parete arteriosa, dovuta all’ipertensione: aumenta la produzione di anione superossido; b) au- ZANZARA tIGRE Anche se non veicola il plasmodio della malaria, questo fastidioso insetto, specie in estate, va combattuto soprattutto non mettendo i sottovasi con acqua in giardino ed evitando di accatastare i copertoni delle auto. A cura di A. Ciamaichella SINCIZI FoRMAtISI IN INFEZIoNE DA HIV: IMMAGINI RIVELAtRICI Mario Pezzella - Biochimico Clinico Giuseppe Luzi - Specialista in Immunologia Clinica Vincenzo Vullo - Specialista in Malattie Infettive 11 Sincizio è la fusione di due o più cellule tra loro, con la formazione di una sola cellula multinucleata. Entrando nella specifica definizione una cellula multinucleata è chiamata sincizio vero (caso tipico del muscolo striato scheletrico) se esistono più nuclei all’interno del citoplasma mentre in alcuni casi, come si verifica a livello delle cellule muscolari del miocardio, le singole cellule conservano la loro individualità, non si fondono tra loro, ma esprimono connessioni di tipo funzionale (canali ionici), rendendo l’intero tessuto, in sostanza, un sincizio. In questo caso si parla di sincizio funzionale. Se i macrofagi si fondono tra loro formano cellule polinucleate (macrofagi polinucleati). Un altro esempio di sincizio (sinciziotrofoblasto) viene a costituirsi nella differenziazione delle cellule trofoblastiche dell’embrione, proprio nelle prime fasi di sviluppo embrionale. La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (da cui l’acronimo AIDS Acquired Immune Deficiency Syndrome - AIDS in ingleseutilizzato in prevalenza) è un insieme di manifestazioni dovute alla deplezione del numero di linfociti T CD4+ derivante da infezione con virus HIV-1 o HIV-2. L’infezione virale provoca un deficit funzionale e quantitativo del sistema immunitario. Sono interessate varie cellule dell’organismo ma evento cardine nel danno biologico è l’interessamento dei linfociti T CD4+, linfociti più noti come T helper, perché essenziali nel coordinare le diverse fasi della risposta immunitaria. In generale se una risposta immunitaria è sufficientemente forte la replicazione virale è abbastanza ben controllata, anche per anni, ma l’evoluzione nel tempo (in assenza di adeguate terapie) causa un progressivo esaurimento della risposta 12 immunitaria e clinicamente compaioni gravi infezioni e/o varie neoplasie. In corso di infezione da HIV vengono a crearsi due compartimenti del virus distinti ma tra loro in relazione: - un compartimento è attivo e risulta costituito sia dal virus libero nel sangue sia da particelle in elevata replicazione all’interno dei linfociti; - un compartimento è considerato di latenza ed è rappresentato da linee cellulari e strutture anatomiche nelle quail il virus persiste in uno stato di latenza; questo reservoir del virus svolge un ruolo patogenetico importante perché provoca un danno cronico nel sistema immunitario e rappresenta lo status critico responsabile della mancata eradicazione del virus dall’organismo infetto. Le modalità con le quali il virus provoca un danno a carico del sistema linfatico sono state studiate per lungo tempo e hanno consentito la messa a punto di approcci terapeutici che hanno modificato radicalmente la prognosi della malattia da HIV. In questa rassegna vengono illustrate alcune immagini ottenute osservando cellule infettate da virus HIV in grado di formare sincizi. Infatti l’HIV è in grado di generare sincizi per la fusione delle membrane di cellule infette tra loro oppure dopo fusione con cellule sane a causa del legame che si può formare tra gp120 (una proteina espressa dal virus) e CD4 (struttura di membrana dei linfociti T helper). A seguito della fusione si determina un marcato rigonfiamento e ne consegue morte cellulare in poche ore. La capacità di formare sincizi sembra caratterizzare alcuni ceppi del virus HIV. Le immagini sono un interessante contributo “storico” alle ricerche effettuate quando l’epidemia esplose all’inizio degli anni Ottanta del XX secolo e mostrano con chiarezza alcune delle condizioni che sono alla base della formazione dei sincizi in cellule infettate dal virus HIV. Lo studio è stato effettuato usando un sistema noto come ibridazione in situ utilizzando cellule mononucleate ottenute da sangue periferico di in- dividui con infezione da HIV in diverso stadio clinico. La dimostrazione di sincizi, assieme alla carica virologica, ha rappresentato uno degli strumenti essenziali per una valutazione del danno biologico e talora per monitorizzare i risultati di un trattamento antivirale. La morfologia delle cellule è risultata varia e dipendente dallo stato clinico dei pazienti. Nei soggetti sieropositivi nei primi stadi di infezione abbiamo evidenziato cellule singole separate una dall’altra con morfologia circolare sferica ben conservata. La presenza degli ibridi molecolari è stata evidenziata dalla colorazione granulare a livello citoplasmatico in un numero variabile di cellule comunque <0,1 %. In alcuni casi le cellule ibridate sono apparse scarsamente colorate significando una minima quantità di virus (fig. a). In alcuni casi le cellule risultavano intensamente colorate, a causa della presenza di maggiore quantità di virus in numero variabile tra 1-10 % (fig. a1). Fig. a Fig. a1 Fig. b Nei casi di soggetti in fase avanzata di infezione le singole cellule appaiono con nuclei frammentati come avviene nel processo di apoptosi (fig. b). Talvolta le singole cellule apoptotiche presentano estensioni in forma di pseudopodi di diversa grandezza, utilizzati per coinvolgere la cellula nel processo di adesione e fusione di altre cellule (fig. c, d, e). In alcuni soggetti abbiamo rilevato anche la presenza di cellule infette con dettagli morfologici consistenti con quelli dei monociti (fig. f, g). L’interazione cellulare che porta alla fusione e quindi alla formazione dei sincizi è espressione di attività virale e indice della presenza di un clone virale attivo. in vivo, la formazione dei sincizi è dovuta alla presenza di isolati virali che formano sincizi con un maggiore effetto citopatico. 13 Fig. c Fig. d Fig. f Fig. e Fig. g Fig. h 14 La fusione di due o più cellule è assunta come dipendente dalla interazione dei recettori CD4 e la proteina virale gp120 inserita nella membrana plasmatica delle cellule infette. Studi sperimentali in vitro hanno evidenziato che nel processo di sviluppo dei sincizi si osservano le seguenti fasi che noi abbiamo rilevato su linfociti freschi non coltivati e riconosciuti infetti tramite la tecnica di ibridazione molecolare: - singole cellule si fondono tra loro; - singole cellule fondono con i sincizi; - sincizi fondono tra loro. Fig. i L’incontro tra le cellule nelle tre condizioni inizia per contatti dinamici. Nelle figure h) e i) osserviamo il processo di fusione di due cellule di cui una intensamente colorata, e quindi intensamente infetta, che presenta una protrusione verso l’altra trasmettendo l’infezione. In altri casi abbiamo rilevato la presenza di due cellule collegate attraverso uno pseudopodo talvolta di lunghezza maggiore a quella del diametro cellulare (fig. l, m, n, o) Sincizi maggiori sono conseguenti al legame fra tre o più cellule. Fig. l Fig. n Fig. m Fig. o Fig. p Fig. r – Grande sincizio con almeno 10/15 cellule fuse Fig. q Fig. s 15 Vengono illustrati nelle figure p, q e r tre tipici esempi di sincizi a 3, 4 e almeno dieci cellule fuse. La figura s) consente di fare alcune considerazioni. Appare evidente la formazione di uno pseudopodio che lega una terza cellula a due già fuse mentre la morfologia cellulare delle altre cellule non è ben conservata esi- stendo delle protrusioni indicatrici della tendenza alla fusione. In conclusione le immagini presentate ottenute su linfociti periferici freschi, non coltivati, rappresentano le tappe fondamentali della formazione dei sincizi e nello stesso tempo possono indicare l’evoluzione verso uno stato della malattia in senso peggiorativo. bibliografia di riferimento Emilie D., Maillot M.C., bonnerot C., Devergne o., Delfraissy J.F., Nicolas J.F. and Galanaud P. Syncytium induction by fresh isolates: quantitative analysis using a transactivation beta-gel assay. AIDS 1990; 4:791-797. koot M., keet I.P., Vos A.H., de Goede R.E.Y., Roos M.t., Coutinho R.A., Niedema F., Schellekens P.t., tersmette M. Prognostic value of HiV-1 syncytium-inducing phenotype for rate of CD4+ cell depletion and progression to AiDS. Ann Intern Med 1993; 118:681-9. koot M., keet I.P., Vos A.H., De Goede R.E.Y., Roos M.t., Coutinho R.A., Niedema F., Schellekens P.t., tersmette M. Syncytium-inducing phenotype for rate of CD4+ cell depletion and progression to AiDS. Annals Internal Medicine 1993;118:681-688. Sylwester A., Wessels D, Anderson S.A., Warren R.Q., Shutt D.C., kennedy R.C. and Soll D.R. HiV-induced syncytia of a T cell line formsingle giant pseudopods and are motile. J Cell Science 1993;106:941-953. tersmette M., De Goede R.E.Y., bert J.M. et al. Differential syncytium-inducing capacity of human immunodeficiency virus isolates: frequent detection of syncytium-inducing isolates in patients with acquired immunodeficiency syndrome (AiDS) and AiDS-related complex. J Virol 1988; 62:2026-2032. 16 A tUtto CAMPo tUMoRI NEL tERZo MILLENNIo L’Oncologia è una delle branche della Medicina nella quale si stanno accumulando sempre più le acquisizioni della Genetica. Sono infatti le anomalie dei geni che predispongono ai più vari tipi di tumore: i soggetti a rischio vanno identificati anche sotto il profilo genetico. All’“Oncologo molecolare” spetta di individuare quei farmaci antineoplastici altamente selettivi, capaci cioè di agire solo contro le cellule staminali neoplastiche, responsabili delle metastasi. Anche la chirurgia urologica è diventata robotica: nei pazienti sottoposti a cistectomia totale per carcinoma oggi si ricostruisce la “vescica ileale”. L’inquinamento ambientale da amianto è ancora responsabile delle neoplasie. Il fumo resta fra gli agenti più spiccatamente cancerogeni: in tutto il mondo aumentano le donne fumatrici e, parallelamente, le donne che decedono per cancro polmonare. Negli U. S. A. i fumatori sono in diminuzione. In Italia ai monopoli di Stato è stata inflitta una mega-multa di l milione di euro per risarcire la famiglia di un dipendente impiegato come “assaggiatore di tabacco” e deceduto per tumore dei polmoni. GEMELLI E PRobLEMAtICHE CoRRELAtE I gemelli dizigoti sono dovuti a impianto contemporaneo di 2 embrioni originati da 2 distinti ovociti, fecondati da 2 diversi spermatozoi. I gemelli omozigoti derivano dalla divisione di 2 cloni cellulari totipotenti di un singolo disco embrionario, proveniente da un unico zigote: avviene così l’impianto di 2 embrioni distinti ma geneticamente identici. I nati da gravidanze multiple hanno un rischio di morbilità e di mortalità maggiore rispetto ai nati singoli, correlato con la prematurità e la malnutrizione fetale. Frequenti il parto prematuro e il basso peso alla nascita. Da circa 30 anni si sta verificando un’aumentata incidenza delle gravidanze gemellari dovuta a: a) innalzamento dell’età materna del concepimento; b) induttori farmacologici dell’ovulazione; c) metodiche di riproduzione medicalmente assistita. IL SoLE: UtILE MA PERICoLoSo Un bambino non sufficientemente esposto al sole, almeno 15 minuti al giorno, è a rischio di rachitismo: il rischio aumenta se è di carnagione scura poiché -per questa fotoprotezione naturale riceve solo una piccola porzione del suo fabbisogno in vitamina D. Ma l’eccessiva esposizione alla luce solare, e in particolare ai raggi ultravioletti (UV), comporta molti effetti negativi. Luglio è il mese con la maggior potenza degli UV. Tra le ore 11 e le 15 si libera circa il 30 -50 % dell’energia UV. Salendo di altitudine l’energia UV aumenta del 4 % ogni 300 metri. Gli effetti acuti delle radiazioni solari causano colpo di calore, eritema attinico, ustione solare. Il sole è tra gli agenti più sicuramente carcinogeni, anche per la contemporanea depressione immunitaria. Il rischio di fotocarcinogenesi diminuisce se vi è una buona risposta pigmentaria al sole. Il danno al DNA nucleare e ai mitocondri determina fotoinvecchiamento e anche, specie nelle prime due decadi di vita, la comparsa di nevi melanocitici. UN FARMACo PER IL DIAbEtICo tIPo 2 obESo Se un diabetico obeso in cura con ipoglicemizzanti orali non riesce ad avere un buon controllo glicemico può essere candidato al passaggio all’insulina, ciò che non fa sempre piacere. Ecco allora, per cercare di evitarla, l’exenatide sottocute, che va aggiunta all’antidiabetico orale. Iniziare con la dose di 5 microgr., due volte al dì, 1 ora prima dei pasti principali per almeno un mese: se la risposta non è ottimale si può aumentare a 10 microgr. x 2, non oltre. Se poi neppure questo aumento non è sufficiente per un buon controllo si deve passare all’insulina. Il farmaco è sconsigliato oltre 70-75 anni e nei soggetti piuttosto magri, con BMI inferiore a 25. Nei magri è preferibile il Sitagliptin, incretino-simile. Tenere anche presente che il farmaco rallenta lo svuotamento gastrico: se il paziente, ad esempio, deve assumere anche antibiotici per os, questi vanno assunti almeno 1 ora prima dell’iniezione di Exenatide. A cura di A. Ciammaichella 17 PRoMUoVERE LA SALUtE E LA PREVENZIoNE DELLE MALAttIE: IL CHECk UP INtELLIGENtE Augusto Vellucci Specialista in Malattie Infettive e Clinica Medica 18 PRoMoZIoNE E CoNtRoLLo DELLA SALUtE La Salute è il nostro bene più prezioso! è necessario salvaguardarla! Nella nostra Costituzione (1947) è scritto, all’articolo 32: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, definendo la salute nella sua Costituzione dell’aprile 1948 (“a state of complete physical, mental and social well-being”), afferma che assicurare alle persone il più alto standard di salute possibile è uno dei fondamentali diritti dell’uomo; che quindi l’impegno delle autorità nella promozione e nella protezione della salute, individuando e modificando tutti i fattori che influiscono negativamente su di essa, assume il più alto valore nel mondo; e che la utilizzazione di tutti i benefici derivanti dalle conoscenze mediche costituisce elemento essenziale per tale impegno. Il ruolo della Medicina contemporanea non può più essere limitato alle classiche prestazioni di diagnosi e di terapia delle malattie. Oggi infatti si riconosce una fondamentale importanza al controllo di tutti i fattori fisici, psichici, comportamentali e ambientali che influenzano lo stato della salute. L’evento di maggior rilievo è stato proprio la nascita della Medicina Preventiva, così come sostenuto, tra gli altri, da uno dei più grandi medici della storia, Sir William Osler, che, agli inizi del 1900, nella sua memorabile opera intitolata “L’evoluzione della Medicina Moderna” dedicò il principale capitolo proprio al “the rise of Preventive Medicine”. Quindi, a parte le condizioni socio-economiche sfavorevoli che debbono essere migliorate da altre istituzioni, la nuova Medicina può operare a tutto campo per la salvaguardia della salute, basandosi soprattutto sulle conoscenze derivate dalle tre seguenti aree di studio: 1) igienica: finalizzata al miglioramento della salubrità ambientale e all’individuazione di comportamenti non idonei, la cui correzione possa ridurre i fattori nocivi; 2) epidemiologica: tendente alla valutazione dei rischi per la salute, esistenti per una data po- polazione in relazione a età, sesso e stili di vita; 3) diagnostica (clinica, strumentale, laboratoristica) per individuare le malattie al loro esordio. Gli obiettivi principali della prevenzione medica sono due: 1) evitare che le malattie insorgano, contrastando tutti i fattori di rischio che possano causarle (prevenzione primaria); 2) se, nonostante tutto, si verifica uno stato patologico, riconoscerlo al suo inizio, affinché il necessario intervento terapeutico possa ottenere il migliore successo (prevenzione secondaria). La prevenzione primaria si attua con il controllo dei comportamenti (dieta, esercizio fisico, fumo, consumo di alcolici, ecc.), delle principali caratteristiche fisiologiche (peso corporeo, colesterolemia, trigliceridemia, glicemia, pressione arteriosa, densità minerale ossea, ecc.) e dell’esposizione a condizioni ambientali sfavorevoli, consigliando le modifiche necessarie per evitare i fattori nocivi, che possano alterare la salute e indurre malattie. I più recenti, ampi studi epidemiologici hanno fornito una notevole serie di conoscenze che permettono di consigliare i comportamenti di vita più utili a questo fine. La prevenzione secondaria si attua con il controllo delle principali caratteristiche biologiche e fisiologiche dell’individuo, per rilevarne eventuali variazioni patogene, al fine di individuare le malattie al loro inizio, prima che il nostro intervento sanitario possa divenire inefficace. Si usa il termine inglese di “screening” per definire le indagini impiegate per identificare le malattie presenti in una comunità in una fase precoce, permettendo così di giungere a interventi terapeutici tempestivi. Come si deve operare per attuare una salvaguardia, la più efficace possibile, della nostra salute? Si definisce “check-up” l’effettuazione di una serie di indagini, previste e scritte in successione in un elenco, dal quale si cancellano (si “spun- tano”: “to check up”) quelle che via via vengono eseguite. E quindi dobbiamo prevedere gli interventi necessari da effettuare e riportarli in programmi prefissati. Ma, attenzione! Noi riteniamo che i controlli della Medicina Preventiva non possano e non debbano essere attuati secondo schemi uniformi e analisi standardizzate; ma debbano essere mirati alla singola persona in studio, in relazione all’età e al sesso, e dopo un attento esame, da parte del medico, alle sue caratteristiche familiari e personali. Un corretto check-up deve necessariamente essere basato su test di screening acquisiti dopo rigorose valutazioni scientifiche, soprattutto in relazione alla loro sensibilità, specificità, impatto sulla malattia e rapporto costo-efficacia. Per quanto riguarda questo rapporto, esso deve essere valutato, oltre che in termini economici, anche e soprattutto per evitare effetti dannosi sul soggetto in studio, sia fisici (come può talvolta avvenire con l’impiego esagerato di tecniche radiologiche o comunque invasive), sia psichici, per l’eventuale insorgenza di paure immotivate causate da riscontri sospetti di patologie anche gravi, poi risultati del tutto irrilevanti. Spesso molti degli esami proposti appaiono privi di quella utilità loro attribuita. Insomma le indagini, utilizzando il vasto armamentario dei test di laboratorio e strumentali oggi a nostra disposizione, vanno effettuate nel rigoroso rispetto di un piano preventivo mirato, il più possibile personalizzato, con la finalità di valutare, integrando tutti i dati alla fine raccolti, il migliore inquadramento clinico della persona esaminata. IL CHECk-UP INtELLIGENtE Senza ombra di dubbio, il primo atto del nostro check-up non può che essere la visita del Medico Internista che valuta il soggetto in studio effettuando un esame clinico il più completo possibile, raccogliendo una anamnesi familiare e personale molto precisa ed estesa, e accertando le sue condizioni cliniche al momento dell’esame. è importante poi rendersi ben conto degli stili di 19 20 vita della persona in esame, relativi soprattutto al fumo di sigaretta, al tipo e all’entità dell’alimentazione, all’uso o abuso di alcolici, all’eventuale assunzione di sostanze tossiche, ai comportamenti che espongono a infezioni sessualmente trasmesse, al rispetto di una giornaliera attività fisica, al tipo della sua attività lavorativa, ecc. è poi utile, specialmente nei giovani, accertare se sono state effettuate correttamente le vaccinazioni consigliate o i loro richiami, e, nelle persone oltre i 65 anni di età, indagare su insufficienze uditive e problemi vestibolari, che possono favorire cadute e traumi. La visita medica è l’elemento più importante e insostituibile di un’indagine intelligente per la promozione e la protezione della salute; diceva il già citato grande clinico Sir William Osler: “se ascoltate attentamente i pazienti, saranno loro a dirvi quello che hanno” (“if you listen carefully to the patients they will tell you the diagnosis”). Appaiono pertanto del tutto errati i frequenti comportamenti che si limitano a effettuare una serie di analisi di laboratorio, con la convinzione che bastino a conoscere lo stato della propria salute. Si sta arrivando addirittura all’assurdo, come è stato proposto in Inghilterra, di effettuare i controlli presso un “chiosco”, costruito negli USA, chiamato proprio “il dottor Kiosk, il bancomat della Salute”, posto nei supermercati per effettuare facilmente e rapidamente le indagini più note e popolari! è sempre consigliabile che il medico completi la visita, oltre che ovviamente con la misurazione della pressione arteriosa, anche con l’effettuazione di un ECG, ben sapendo che possono esistere alterazioni cardiache anche importanti, del tutto silenti all’esame obiettivo. Noi riteniamo inoltre di grande aiuto nella valutazione dello stato clinico di un soggetto un’altra indagine, non da tutti ritenuta sempre utile, e cioè l’esame ecografico completo dell’addome e della pelvi, i cui organi possiedono spesso alterazioni che la sola obiettività clinica non permette di accertare (malformazioni, calcoli colecistici o urinari, epatosteatosi – fegato grasso –, iperplasia prostatica negli uomini, condizioni dell’utero e delle ovaie nella donna, ecc., fino alla rilevazione di neoformazioni tumorali ancora piccole e silenti). D’altro canto l’ecografia è una metodica di indagine che utilizza gli ultrasuoni e non è nociva né dolorosa né invasiva e, se occorre, può essere ripetuta anche più volte. Il medico può ora proporre il check-up più idoneo al soggetto, e anche il calendario delle indagini da effettuare nei successivi anni, sempre tenendo conto dell’età e del sesso. Le conoscenze della medicina moderna suggeriranno i comportamenti migliori da seguire, che sono numerosi e molto particolareggiati, specie se si tengono nel debito conto le indicazioni riportate nella più importante letteratura medica specializzata in questo campo, come “The Guide to Clinical Preventive Services of U.S. Preventive Service Task Force”, “Disease Prevention and Health Promotion – CMDT”, “Screening and Prevention of Disease – The Safety and Quality of Health Care” (Harrison’s internal Medicine 17th ed.), “2011 Preventive Service Guide – University of Rochester”, ecc. I PRINCIPALI FAttoRI DI RISCHIo E LE PAtoLoGIE ASSoCIAtE Esaminiamo quali sono i principali fattori nocivi da considerare per la salvaguardia della nostra salute e quindi gli accertamenti strumentali e di laboratorio da proporre. Oggi assumono rilevanza particolare, per attuare una prevenzione primaria che impedisca l’insorgenza delle malattie, due gruppi di fattori di rischio, che sono alla base delle principali alterazioni metaboliche, particolarmente dannose sulle nostre arterie, specie quelle coronariche e quelle cerebrali: 1) l’aumento dei grassi nel sangue (iperlipidemia: da colesterolo e/o trigliceridi), l’obesità, spesso correlata al diabete mellito tipo due, e la vita sedentaria; 2) il fumo di sigaretta, l’ipertensione arteriosa, l’esposizione a tossici ambientali o voluttuari e le tensioni emotive (con danno su vari organi, ma con particolare effetto lesivo sulle nostre arterie, dove causano proprio quella “disfunzione endoteliale” che permette ai lipidi circolanti di insinuarsi nell’intima arteriosa e di dare inizio all’insorgenza della aterosclerosi). L’associarsi nello stesso soggetto di alcuni dei suddetti fattori di rischio viene oggi definita “Sindrome Metabolica”. Gli effetti negativi di queste condizioni sfavorevoli per la nostra salute sono alla base soprattutto della patologia cardio-vascolare, prima causa di morbosità e di mortalità in tutto il mondo, ove i decessi causati da queste malattie sono stati circa 17 milioni nel 2002, e quest’anno se ne prevedono oltre 18 milioni! Le malattie vascolari sono dovute soprattutto all’alterazione che i vari fattori patogeni causano sulle pareti dei vasi che regolano il flusso del sangue al cuore (coronarie), al cervello (arterie cerebrali), ad altri organi importanti (reni, ecc.), e agli arti (arterie periferiche), con la progressiva e talora improvvisa riduzione di tale flusso. è per questo che i fattori di rischio di maggior rilievo per la nostra salute sono tutti quelli che possono danneggiare le arterie. Riteniamo utile far cono- scere, ovviamente in modo molto sintetico, le situazioni cliniche sulle quali incidono negativamente questi fattori. La patologia più importante delle arterie, quella che col tempo può determinare proprio le alterazioni del flusso ematico e quindi l’irrorazione degli organi, è l’aterosclerosi, nella cui genesi assumono preminente importanza i disordini lipidici. Aterosclerosi L’aterosclerosi è un processo patologico che interessa le pareti arteriose, con formazione sulla loro superficie interna di placche costituite da tessuto fibroso e materiale lipidico; queste si formano per la elevata presenza in circolo dei grassi (colesterolo e trigliceridi, facilmente dosabili in laboratorio) che, nei tratti dove si determina disfunzione endoteliale con alterata permeabilità di barriera, si infiltrano nella parete arteriosa e la danneggiano, attivando poi localmente una risposta infiammatoria (rilevabile con il dosaggio della Proteina C Reattiva) che aggrava e consolida le placche. Successivamente si può verificare l’adesione di piastrine all’intima denudata e il formarsi di trombi sulla parete interna dei vasi, conseguenti all’erosione delle placche aterosclerotiche, con possibile riduzione del lume arterioso fino alla sua progressiva lenta o rapida occlusione. Per rilevare alterazioni parietali delle arterie e il loro eventuale restringimento, nel check-up si effettua sempre uno studio ecografico (impiego degli ultrasuoni)-Doppler (analizzando anche la velocità del sangue in movimento nei vasi) o (utilizzando i colori) eco-color-Doppler, dei vasi arteriosi sopraortici e transcranico arterioso. L’indagine consente di individuare precocemente coloro che sono predisposti a sviluppare la patologia aterosclerotica e a consigliare in tempo i trattamenti che possano contrastarla. La BIOS S.p.A. è dotata di apparecchiature di ultima generazione, che permettono di studiare, oltre al circolo arterioso, anche il circolo venoso cerebrale, con rilevazione di eventuali cause vascolari per le vertigini, le cefalee, gli acufeni, ecc. 21 22 Colesterolemia Il colesterolo è un componente essenziale della membrana cellulare di tutte le cellule animali e costituisce un elemento importante nella fisiologia del nostro organismo, che lo produce, negli adulti, tra 1 e 2 grammi al giorno. Solo una piccola parte (al massimo 0,5 grammi) viene assunta con l’alimentazione: la maggior parte del metabolismo del colesterolo avviene nel fegato, organo preposto alla sua regolazione, dato che lo sintetizza e lo libera in circolo, ma anche lo ricapta dal circolo e lo elimina con la bile, mantenendone la concentrazione ematica entro certi livelli considerati normali. Il colesterolo, come i trigliceridi, non è solubile nel sangue. Per il trasporto ematico i lipidi devono essere aggregati a sostanze proteiche, chiamate lipoproteine. Secondo la loro composizione in colesterolo, fosfolipidi, proteine, trigliceridi e acidi grassi, queste vengono ulteriormente distinte in diverse classi, soprattutto in relazione alla loro densità. A noi interessano le LDL (low density), più ricche di colesterolo, che trasportano questa sostanza verso i vasi sanguigni, dove lo depositano (lipoproteine “cattive”) e le HDL (high density) che invece portano il colesterolo al fegato, che poi lo elimina con la bile (lipoproteine “buone”). Quando si dosa in laboratorio la colesterolemia, è importante quindi conoscere sia il colesterolo totale, sia quello HDL e LDL; è evidente che più sono alte le LDL (specie quelle di dimensioni più ridotte), e più sono basse le HDL, più facilmente avviene la deposizione del colesterolo nelle arterie. La colesterolemia dipende dalla quantità della sostanza introdotta con il cibo, da quella sintetizzata dal fegato, dal ritorno del colesterolo al fegato (tramite le HDL e anche le LDL circolanti), e dalle capacità del fegato stesso di prelevare dal sangue queste lipoproteine attraverso i suoi recettori e di eliminare il colesterolo con la bile. è evidente che queste conoscenze ci permetteranno di consigliare il comportamento più idoneo per ridurre la colesterolemia; ricordando comunque che, fortunatamente, possediamo diversi farmaci che possono agire sul metabolismo del colesterolo, riducendone il livello ematico. L’altra sostanza grassa implicata nella genesi della aterosclerosi è costituita dai trigliceridi. trigliceridemia Un trigliceride è formato dall’unione di una molecola di glicerolo (un alcool oleoso) con tre acidi grassi, e i grassi contenuti negli alimenti sono in gran parte trigliceridi (oltre il 90 %). Come il colesterolo, anche i trigliceridi non sono solubili nel sangue e il loro trasporto nel sangue avviene nelle lipoproteine. Raggiunti i capillari, gli acidi grassi vengono staccati dal glicerolo e distribuiti ai tessuti, per i fabbisogni energetici delle cellule; il quantitativo in eccesso viene depositato sotto forma di tessuto adiposo in cellule chiamate adipociti. La quota di trigliceridi presente nel sangue (trigliceridemia) è normalmente compresa tra valori di 50 e 150/200 mg/dl. Si considera alto il valore tra 200 e 500, molto alto se supera i 500 mg/dl. Per misurare correttamente il tasso dei trigliceridi è necessario essere a digiuno al momento del prelievo da almeno 12 ore e aver consumato la sera precedente un pasto leggero. Anche il fegato ha la capacità di sintetizzare trigliceridi a partire da altre sostanze alimentari come gli aminoacidi e il glucosio; è noto ad esempio come una dieta ricca di zuccheri sia spesso correlata a un aumento della trigliceridemia. A differenza della ipercolesterolemia, che può essere ben controllata con i farmaci, sono ancora poche le medicine in grado di tenere a bada il livello dei trigliceridi e quindi la prevenzione resta un’arma irrinunciabile contro l’ipertrigliceridemia, che è per lo più dovuta ad abitudini di vita scorrette (diete errate, sovrappeso, sedentarietà con ridotta attività fisica, ecc.). è necessario consigliare diete ipocaloriche, senza eliminare del tutto i grassi (ma solo abolendo quelli saturi animali e mantenendo quelli insaturi vegetali) e riducendo anche gli zuccheri (specie quelli “semplici” come i dolci, rispetto a quelli più complessi della pasta) che vengono depositati proprio come trigliceridi nel tessuto adiposo; vanno prescritte diete ricche di vegetali e di pesce ricco di acidi grassi polinsaturi omega- 3 e va proibito l’alcool. Accanto alle attenzioni dietetiche va consigliata una necessaria attività fisica, anche moderata ma giornaliera. obesità La capacità di immagazzinare nel tessuto adiposo sia grassi sia carboidrati (trasformati in grassi), dopo i pasti, ha assicurato una adattabilità metabolica, che ha contribuito in maniera determinante alla sopravvivenza dei nostri antenati, esposti frequentemente a carenze di cibo. Il tessuto adiposo è come una banca dell’energia, con depositi fatti al momento dei pasti e con possibilità di prelievo quando è necessario. Ricordiamo che la cellula adiposa è uno dei principali bersagli sui quali agisce l’insulina nel trasformare il glucosio in grassi di deposito, da riutilizzare nei momenti del bisogno. Come nel diabete di tipo 2, anche nell’obesità si instaura spesso una insulinoresistenza, cioè una diminuita capacità dell’insulina a svolgere la sua usuale attività sui tessutitarget periferici, specie fegato e muscoli. La capacità del nostro corpo di conservare energia per poi poterla utilizzare nel momento del bisogno era essenziale per la vita, quando il cibo era scarso. Ma, nella storia umana più recente, la quantità di energia che l’uomo accumula come adipe è notevolmente aumentata, oltre alle vere necessità della sua vita (almeno nei paesi sviluppati); quando l’accumulo di adipe si avvicina a livelli che compromettono la salute della persona, si parla di obesità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene che l’obesità rappresenti uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo, una ve- ra e propria epidemia globale, che si sta diffondendo in molti Paesi, a causa di un’alimentazione scorretta e di una vita sedentaria. L’eccesso di grasso corporeo può essere valutato sia come quantità assoluta sia a seconda della sua distribuzione in punti precisi del corpo: sono utili a tal fine le seguenti metodiche: 1) l’indice di massa corporea (BMI: body mass index) è definito come il rapporto tra il peso (in chilogrammi) e il quadrato dell’altezza (in metri). Si parla di sovrappeso corporeo se l’indice supera i 25; oltre i 30 si parla di obesità, di I classe fino a 35, di II classe fino a 40 e di III classe per valori superiori; 2) il cosiddetto Waist-hip ratio (WHR): indica il rapporto della circonferenza dell’adome (misurata circa all’altezza dell’ombelico) e quella delle anche (misurata all’altezza delle teste femorali), in centimetri, stando il soggetto in piedi e con i muscoli addominali rilassati. Negli uomini questo rapporto deve essere inferiore a 0.90-1.0 e per le donne inferiore a 0.800.90. 23 WAISt HIP RAtIo (WHR) Uomini Donne Rischio malattie vascolari meno di 0.90 meno di 0.80 basso rischio da 0.9 a 0.99 da 0.8 a 0.89 Rischio moderato oltre 1.0 oltre 0.9 Alto rischio Comunque l’adiposità concentrata nella zona addominale rappresenta un rischio più elevato per le malattie cardiocircolatorie, anche se recenti indagini hanno contestato tale assunto. Questo grasso, chiamato “viscerale”, è molto attivo metabolicamente e produce più acidi grassi di quello delle cosce o delle anche. Il rischio si valuta anche sulla sola circonferenza addominale, cioè quella minima tra la gabbia toracica e l’ombelico; per un individuo adulto: - valori superiori a 94 cm nell’uomo e a 80 cm nella donna sono indice di obesità viscerale e si associano a un “rischio moderato”; - valori superiori a 102 cm nell’uomo e a 88 cm nella donna sono associati a un “rischio accentuato”. Nei soggetti con sovrappeso corporeo va inoltre sempre studiato, periodicamente, il livello glicemico, data la frequente associazione di uno stato diabetico tipo 2. Il dosaggio della glicemia e della emoglobina glicosilata ci permette di seguire l’andamento di questo settore metabolico. Ricordiamo infine che attualmente la prevalenza dell’obesità è più che raddoppiata negli adulti e specialmente nei bambini. In Italia è obeso il 10% della popolazione (in Germania il 21%). Si tratta di una “bomba a tempo” per le altre patologie che possono derivarne, come ad esempio per il rischio dell’insorgenza del diabete tipo 2, che aumenta da 3 a 20 volte a seconda dei valori che raggiunge il già ricordato BMI. Riteniamo molto valida l’esortazione che compare ripetutamente nella letteratura medica anglosassone: “lose weight, live longer”. 24 Disfunzione endoteliale Abbiamo detto che l’iperlipidemia danneggia le arterie in quanto i trigliceridi e il colesterolo presenti in eccesso nel sangue trasudano e si accumulano all’interno di alcune regioni dell’intima vasale, facilitati da una qualche disfunzione endoteliale con alterata permeabilità di barriera. E qui entrano in gioco tutti i fattori di rischio che possono ledere la funzionalità delle pareti intimali delle arterie, soprattutto determinando a loro carico quello che oggi viene definito “stress ossidativo”. Lo stress ossidativo è un danno chimico indotto dalla presenza, in un organismo vivente, di un eccesso di specie chimiche reattive (come le ROS o reactive oxygen species). è la conseguenza di uno squilibrio tra processi antiossidanti e pro ossidanti, causato da numerosi fattori, come radiazioni, inquinanti atmosferici (le cosiddette polveri sottili, specie i sottoprodotti della combustione, tra cui quelli che avvengono nei motori a scoppio, negli impianti di riscaldamento, in molte attività industriali, negli inceneritori e nelle centrali termoelettriche), ecc. Per la patologia cardio-vascolare assumono particolare importanza il fumo e l’ipertensione. Fumo di sigaretta Il fumo ha un’azione dannosa sulle arterie, sia diretta (danno alla parete vascolare e formazione di placche trombotiche) sia indiretta (vasocostrizione, esaltata aggregabilità piastrinica, iperincrezione di catecolamine, aumentata produzione di fibrinogeno, alterazioni metaboliche con elevato consumo di ossigeno miocardico, ecc.). è la causa principale di infarto e di malattie coronariche in uomini e donne e si associa al 30% delle morti causate da questa patologia con un aumentato rischio di morte improvvisa. Ovviamente non possiamo non ricordare che, oltre a danneggiare le arterie, il fumo di sigaretta, che contiene circa 60 cancerogeni certi, altera le cellule delle vie respiratorie e costituisce un sicuro fattore di rischio per la malattia polmonare cronica ostruttiva e per il cancro sia polmonare, sia anche delle alte vie respiratorie e digestive, cioè lingua, laringe, esofago. E il carcinoma del polmone rappresenta la prima causa di mortalità per cancro nell’uomo e la seconda nella donna (dopo il cancro della mammella). La misura preventiva più efficace per limitarne l’incidenza è ridurre al minimo l’esposizione al fumo di sigaretta, sia esso attivo o passivo. Purtroppo i risultati delle argomentazioni mediche che noi regolarmente esponiamo alle persone che fumano per indurle a smettere sono spesso senza esito. Non dobbiamo dimenticare che il fumatore ha una doppia dipendenza: fisica (legata alle sostanze introdotte) e psicologica (legata alla ritualità). è stato calcolato che, ogni anno, oltre il 40% dei fumatori tenta in vario modo di smettere, ma che solo il 4% ci riesce. Comunque durante il nostro check-up l’impegno di far cono- scere i danni che produce il fumo di sigarette e di invitare a smettere di fumare continua e continuerà. Nei soggetti che fumano noi consigliamo sempre di effettuare un esame assolutamente innocuo e non invasivo, che però fornisce dati importanti sulla funzione respiratoria: la spirometrìa, che misura flussi e volumi aerei mobilizzati con gli atti respiratori lenti o forzati, e può evidenziare soprattutto difetti ventilatori ostruttivi. Ipertensione arteriosa Le malattie cardio- e cerebro-vascolari sono spesso associate all’ipertensione arteriosa. Un importante problema nel controllo dell’ipertensione risiede nel fatto che si tratta di una situazione morbosa per tanti anni silente, non dando luogo a sintomi evidenti. Pertanto il primo incontro con l’ipertensione arteriosa è per lo più occasionale, e spesso ci si accorge di una pressione elevata dopo molti anni dalla sua insorgenza, quando già si sono determinati danni a carico degli organi più colpiti, come cuore, reni e cervello. L’ipertensione arteriosa è infatti il principale fattore di rischio in termini di morbosità e mortalità per la cardiopatia ischemica (infarto miocardio), lo scompenso cardiaco, la rottura di aneurismi aortici e le malattie vascolari cerebrali (ictus) e renali. I danni possono comparire dopo parecchi anni dall’inizio della malattia e sono favoriti da altri fattori di rischio come il diabete, l’abitudine del fumo, l’obesità e un eccessivo contenuto di grassi nel sangue. In tutto il mondo le persone con ipertensione arteriosa sono più di 800 milioni. Dalle statistiche risulta che il 33% degli uomini e il 31% delle donne in Italia sono ipertesi e che, dopo i 65 anni, il 52 % degli uomini e il 57 % delle donne presentano ipertensione arteriosa. E, come già accennato, oltre il 27% degli ipertesi non sa di esserlo, e solo 2 individui su 10, ipertesi, pongono la dovuta attenzione al problema. Ne deriva la necessità che nei controlli proposti, la misurazione della pressione arteriosa deve essere posta in primo piano. Il livello da non superare, in assenza di altri fattori di rischio, è quello dei 130/80, comunque mai superiore a 140/90 mmHg. Talora non è sufficiente la misurazione nel solo momento della visita medica, anche se più volte ripetuta. Esistono metodiche di studio della pressione arteriosa che possono determinare il valore pressorio anche per 24 ore, come il cosiddetto monitoraggio ambulatoriale, che viene effettuato applicando sulla persona da studiare un piccolo strumento di misurazione da portare per 24 ore, al termine delle quali può essere registrato e studiato l’andamento che la pressione arteriosa ha avuto in questo periodo (la metodica viene talvolta chiamata, un po’ impropriamente “Holter pressorio”, analogamente al test di Holter che studia invece, sempre per 24 ore, il tracciato elettrocardiografico). Come abbiamo già detto, riteniamo sempre necessario il completamento della visita medica con effettuazione di un ECG; se si ha il sospetto di una eventuale ipertrofia ventricolare, indotta dall’ipertensione, si proporrà di effettuare anche un ecocardiogramma, che fornirà preziosi elementi di valutazione. Non dimentichiamo che all’ipertrofia miocardica spesso si associa la presenza di danni cerebrali asintomatici e il rischio di insorgenza dell’ictus. 25 26 Rischio cardiovascolare Abbiamo esposto a grandi linee quali sono i principali fattori di rischio per le malattie vascolari. Come abbiamo già accennato, oggi è di moda parlare della cosiddetta sindrome metabolica, condizione clinica che si realizza per la contemporanea presenza nello stesso soggetto di almeno tre dei seguenti fattori: ipertensione, ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, obesità addominale, iperglicemia; tutto ciò aumenta significativamente le probabilità di subire un incidente cardiovascolare. è possibile fare in un paziente previsioni in tal senso? A tal fine, sono nate metodiche per tentare di stimare, in soggetti sani, il rischio di insorgenza della patologia cardio-vascolare nei 10 anni di vita successivi all’indagine. Attualmente si impiega o il “Framingham Risk Score” o il “Reynolds Risk Score”. Il primo metodo studia soggetti da 20 anni in su, non diabetici, e tenta di valutare il rischio di infarto miocardico o di morte coronarica; oltre che sulla età e sul sesso, esso si basa sui seguenti fattori: colesterolemia totale (media di 2 misurazioni), colesterolemia HDL (media di 2 misurazioni), fumo (almeno nel mese precedente, qualsiasi numero di sigarette) e pressione arteriosa sistolica (rilevata al momento dell’indagine), precisando se è in atto un trattamento farmacologico. Il Reynolds Risk Score, utilizzato sempre per soggetti non diabetici, tenta di valutare il rischio di attacchi cardiaci o di ictus; oltre al sesso, all’età, alla colesterolemia totale e HDL e alla pressione arteriosa sistolica (come nel Framingham), valuta anche se vi siano stati attacchi cardiaci nei genitori prima dei 60 anni e il livello della Proteina C Reattiva ad alta sensibilità, quale marker ematico dell’infiammazione a livello arterioso. In base ai risultati di queste indagini, si possono distinguere i soggetti a rischio cardiovascolare basso (meno del 10%), moderato alto (più del 10% ma meno del 20%) e alto (più del 20%) e si possono giustificare interventi farmacologici più aggressivi nei soggetti delle classi di rischio più elevato. LE PRINCIPALI INDAGINI DA EFFEttUARE Abbiamo finora esaminato soprattutto i più importanti fattori di rischio da conoscere e da influenzare positivamente per la prevenzione primaria della salute, cioè le metodiche di valutazione e controllo dei comportamenti vitali (dieta, esercizio fisico, fumo, ecc.), e delle principali caratteristiche fisiologiche (peso corporeo, colesterolemia, trigliceridemia, pressione arteriosa, ecc.), consigliando le opportune modifiche. Ora vediamo, in breve, le più idonee linee guida preposte all’accertamento dello stato di salute, con la possibilità di riscontrare alterazioni fisiopatologiche anche minime che possano far riconoscere l’inizio di una malattia. Analisi di laboratorio Il laboratorio fornisce elementi preziosi per il controllo della salute; le indagini che si propongono, oltre a quelle già indicate nell’esame dei fattori di rischio (come colesterolemia totale e frazionata, trigliceridemia, glicemia), sono quelle che studiano i vari aspetti dell’andamento fisiologico del nostro organismo, potendo accertare: - la funzionalità di molti organi, come il fegato (transaminasi, gamma-GT, bilirubinemia, ecc.), i reni (creatininemia, azotemia, ecc.), la tiroide (TSH, FT3, FT4 e, se si sospetta una patologia autoimmune, i vari anticorpi antitiroide), e così via, e di alcuni metabolismi (uricemia, calcemia, ecc.); - il normale assetto ematologico (esame emocromocitometrico, con il rilievo e le caratteristiche dei globuli bianchi, della emoglobina e delle emazie, eventualmente associato al dosaggio della sideremia e della ferritinemia per conoscere il metabolismo del ferro e tipizzare eventuali stati anemici) e siero-proteico (come l’esame del protidogramma elettroforetico e, quando necessita, il dosaggio del livello delle immunoglobuline); importante poi la determinazione della VES (velocità di eritrosedimentazione delle emazie, indice aspecifico di flogosi, che aumenta in alcune situazioni, come malattie reumatiche, - - neoplasie, ecc.) e della Proteina C Reattiva (PCR, che oggi viene anche considerata come indice di attivazione infiammatoria nella patologia cardio-vascolare); utile in molti casi studiare l’assetto emocoagulativo (tempo di protrombina, ecc.); numerosi elementi diagnostici possiamo poi rilevare nell’esame delle urine (note infiammatorie, abbondanza di alcuni cristalli, eventuale glicosuria, cilindruria, ecc.) e delle feci (insufficienze digestive, note di infiammazione, uova di elminti, presenza di sangue occulto: la positività di quest’ultimo rilievo, da effettuare in almeno tre prelievi, va attentamente studiata per la possibilità che possa essere correlata a un tumore colon-rettale); per gli uomini si effettua, tra i 40 e i 75 anni di età, anche il dosaggio del PSA (Antigene Prostato-Specifico), che è un enzima prodotto dalla prostata. Si considera normale sotto 4 ng/mL; valori tra 4 e 10 ng/mL e soprattutto quelli che superano i 10 indicano un rischio di tumore più alto del normale. Esistono altre indagini per definire meglio questi valori (rapporto tra PSA libero e PSA totale, ecc.), ma attenzione: molti soggetti con tumore prostatico non hanno livelli elevati di PSA e la maggioranza di uomini con un elevato PSA non ha il tumore; infatti il suo aumento può essere più frequentemente legato a iperplasia della prostata o a sue infezioni (prostatiti). Siamo entrati in un campo minato, quello dei cosiddetti “marker tumorali” che possono essere riscontrati nel nostro siero; ciò richiede, per effettuare un check-up intelligente, alcune precisazioni. Si definisce “marcatore tumorale” qualunque sostanza la cui comparsa o elevazione nel vivente può essere indicativa della presenza e della attività di una neoplasia. è infatti nota da molti anni la possibilità di dosare, nel siero di soggetti con tumore maligno, biomarcatori circolanti, in qualche modo correlati al tumore stesso, di diversissima natura e struttura (antigeni tumore-associati, citocheratine, mucine, ormoni, enzimi, ecc.). I principali marker che possono essere riscontrati nel siero sono: Alfafetoproteina (AFP), Antigene carboidrato 15-3 (CA 15-3), Antigene carboidrato 19-9 (CA 19-9), Antigene carboidrato 125 (CA 125), Antigene carcinoembrionario (CEA), Antigene prostatico specifico (PSA), Calcitonina (CT), Cromogranina A, Enolasi neurono-specifica (NSE), Citocheratina 19, (Cyfra 21-1), Gonadotropina corionica umana (HCG) S-100 Tireoglobulina. Va subito messo in evidenza che la maggior parte dei marcatori oggi noti sono antigeni on- 27 28 cofetali o di differenziazione e che la loro sintesi può essere correlata anche a eventi biologici diversi da quelli tumorali, come processi infiammatori o displasici o di rigenerazione cellulare; insomma si può avere una elevazione significativa del marcatore, pure in condizioni di patologie benigne e addirittura di completa normalità, soprattutto nei soggetti anziani. Il marcatore ideale (dotato di grande sensibilità e specificità e correlato al volume della massa tumorale) non è stato ancora identificato per alcun tipo di neoplasia. Questo rende ragione dell’incertezza che tuttora esiste nell’utilizzare questi marker per lo screening di soggetti asintomatici. La ricerca di tali biomarcatori è specificamente indicata in 3 casi: 1) per confermare una diagnosi sospettata con altre indagini più significative; 2) per monitorare, in caso di neoplasia, la risposta alla terapia; 3) per svelare eventuali recidive a distanza. Comunque i marcatori di maggiore specificità rivelatisi più attendibili in alcune neoplasie, oltre al PSA per il carcinoma prostatico, sono: l’alfafetoproteina per l’epatocarcinoma, il CA-125 per il carcinoma dell’ovaio, la beta-HCG per il coriocarcinoma e i tumori germinali del testicolo, la calcitonina per il carcinoma midollare della tiroide, l’NSE nel microcitoma polmonare. I cosiddetti marcatori dei tumori gastro-enterici sono dotati solo di “un potenziale valore diagnostico”, come il CEA nel cancro del colon e il CA 19-9 nelle neoplasie dell’apparato digerente e del pancreas in particolare. Inoltre il laboratorio può essere di notevole valore nella rilevazione di alcune diffuse patologie infettive, come ad esempio la ricerca nel sangue dell’antigene di superficie del virus della epatite B (HBsAg) e degli anticorpi contro il virus della epatite C, ricordando che esistono molti portatori cronici di queste infezioni, spesso senza saperlo. Importante nelle donne anche il test per la Clamydia (batterio che rappresenta oggi l’eziologia più comune delle infezioni sessualmente trasmesse) che si effettua sia sulle urine sia su fluidi raccolti nelle zone infette; il test è indicato dal momento nel quale inizia l’attività sessuale, fino ai 24-25 anni. Tra le indagini di laboratorio da includere nel check-up femminile assume particolare importanza l’esame citologico del materiale prelevato dal collo dell’utero con una spatola e un tampone cervicale, effettuando il cosiddetto test di Papanicolau o PAP-test, esame di screening per individuare nella popolazione femminile donne a rischio di sviluppare un cancro del collo uterino. Il test può dare utili indicazioni anche sull’equilibrio ormonale della donna e permettere il riconoscimento di infezioni batteriche, virali o micotiche. è corretto associare anche la ricerca dell’HPV (papilloma virus umano) con l’HPV-DNA Test, che solitamente può essere effettuato sullo stesso campione di cellule usato per l’analisi del Pap test, e sfrutta la tecnologia molecolare per rilevare la presenza del virus. Riferendoci ai vaccini disponibili, ricordiamo che i tipi 16 e 18 dell’HPV sono la causa primaria dell’alterazione delle cellule cervicali in senso neoformativo, mentre i tipi 6 e 11 non sono oncogeni, ma possono causare i condilomi genitali (“genital warts”). L’Italia è il primo paese europeo a pianificare una strategia di vaccinazioni pubblica gratuita contro l’HPV, e per le ragazze fra 11 e 12 anni il vaccino è gratuito. Non è dimostrato però che esso sia efficace contro infezioni da HPV già presenti a causa di contatti sessuali precedenti. Per questa ragione da vari autori è consigliato vaccinarsi, sia nelle femmine sia nei maschi, entro i 26 anni, comunque prima che inizi l’attività sessuale. Anche se vaccinate, le donne debbono continuare a effettuare annualmente il PAP-test per lo screening del cancro cervico-uterino. Accenniamo ora ai cosiddetti “test genetici” cioè alle analisi a scopo clinico di DNA, RNA, cromosomi, proteine, metaboliti o altri prodotti genici, fatte per evidenziare genotipi, mutazioni, fenotipi o cariotipi correlati o meno con patologie ereditabili umane; questi test dovrebbero permetterci di quantificare il rischio dei nostri pazienti di ammalarsi di alcune particolari patologie. Ricordiamo, come esempio, l’importanza che si dà alle mutazioni di due geni (BRCA1 e BRCA2 – BReast CAncer 1 e 2), riscontrate nel- le donne malate con neoplasia mammaria ma non in quelle sane della stessa famiglia; si può solo affermare che donne portatrici di mutazioni dei geni BRCA e appartenenti a quel tipo di famiglie sono ad alto rischio di sviluppare un tumore al seno e all’ovaio. I test genetici però non possono ancora essere effettuati estesamente nello screening generico di soggetti “sani”, sia perché le malattie riconoscono in genere l’influenza di più geni alterati e sia perché il loro impiego deve essere mirato per ora solo a soggetti appartenenti a famiglie a rischio. Ricordiamo che sono in studio alcune nuove analisi per l’individuazione precoce di importanti patologie, come, ad esempio, quelle che oggi cominciano a essere proposte per scoprire l’insorgenza della malattia di Alzheimer (grave patologia senile neurodegenerativa). Utile la ricerca delle proteine a-beta-42 o tau-181, marker spesso associati alle alterazioni neuropatologiche tipiche della malattia, come gli ammassi cerebrali di sostanza beta-amiloide. Noi seguiamo costantemente questi studi, pronti ad aggiungere al nostro check-up le nuove analisi quando avranno assunto una sicura validità clinica. INDAGINI StRUMENtALI Abbiamo già accennato all’utilità di alcuni esami importanti come l’ECG, la spirometria, l’ecografia addomino-pelvica completa e l’esame Eco-doppler delle arterie sopraortiche e dell’aorta addominale, che noi consigliamo sempre di effettuare. Ricordiamo che l’esame Doppler va effettuato anche sui vasi degli arti inferiori, soprattutto quando esiste il sospetto di patologia venosa (varici, flebotrombosi, ecc.). Sempre per l’identificazione di processi tumorali in fase iniziale, a fianco del PSA (per l’eventuale neoplasia prostatica), del PAP-test (per il tumore uterino) e alla ricerca del sangue occulto nelle feci (tumore del colon), già ricordati, viene oggi consigliato di effettuare nelle donne lo screening del tumore mammario con la mammografia e, in ambedue i sessi, quello del cancro del colonretto con la colonscopia; un discorso a parte meritano la radiografia del torace e la TAC Spirale. Mammografia è un esame radiografico che dura pochi minuti e non causa particolari fastidi; è considerata l’indagine più importante per scoprire in anticipo i tumori mammari. Se ne consiglia l’effettuazione annuale dai 50 anni di eà, mentre dai 30 ai 50 il controllo può essere fatto, sempre annualmente, mediante ecografia, con associata una mammografia biennale dopo i 40. L’eventuale predisposizione per la presenza di più casi in famiglia deve suggerire controlli più personalizzati; resta sempre l’importanza di rendere edotte tutte le giovani donne sull’effettuazione di una efficace auto-palpazione periodica delle mammelle. Colonscopia Permette di esaminare visivamente la superficie interna del colon tramite un fibroendoscopio, sottile e flessibile. Può essere studiato l’intero colon o soltanto la parte sinistra, cioè il sigma e il retto (retto-sigmoido-scopia, meno fastidiosa e con ridotti rischi di complicazioni). L’indagine permette di evidenziare lo stato della mucosa del grosso intestino e anche di prelevarne frammenti (da studiare poi in laboratorio), di tamponare eventuali sanguinamenti e soprattutto di riscontrare la presenza dei polipi, tumori benigni, che vanno asportati (polipectomia) perché possono degenerare in senso maligno e dare 29 origine al cancro. Attualmente si ritiene che tutti dovrebbero, dai 50 agli 80 anni, oltre che effettuare annualmente la ricerca del sangue occulto nelle feci, sottoporsi alla colonscopia ogni 5 anni. Altri ricercatori consigliano di effettuare la rettosigmoidoscopia ogni 5 anni e la colonscopia ogni 10. Ovviamente i controlli dovranno essere più precoci in caso di familiarità positiva per polipi o neoplasie del colon e più frequenti se si riscontra la presenza dei polipi. 30 Radiografia del torace e tC Spirale Come è noto la radiografia del torace è stata ed è tuttora una delle indagini di più frequente impiego nella pratica clinica, per studiare il nostro apparato respiratorio; le indicazioni dell’esame sono numerose, ma spesso ne viene fatto un uso eccessivo, specie quando viene effettuata in soggetti sani, del tutto asintomatici, senza rischi specifici, per la individuazione precoce del tumore polmonare. Ma numerosi studi, effettuati su larga scala in diversi centri, non hanno dimostrato reali utilità dello screening per il cancro del polmone con la radiografia del torace, che in genere evidenzia la neoformazione quando già è evoluta. Noi riteniamo di non effettuare in tutti i casi questa indagine come screening nei soggetti privi di patologie o di elementi di rischio. Diverso valore si deve invece assegnare alla TC spirale che, sempre usando i raggi X ma con una scansione rapidissima (meno di 10 secondi), permette di misurare la densità del tessuto polmonare in ogni millimetro cubo, evidenziando precocemente la presenza di un eventuale nodulo polmonare. Un recente studio italiano è stato effettuato con questa metodica su 1.000 volontari, tutti forti fumatori (un pacchetto al giorno per oltre 20 anni), studiati annualmente per cinque anni. Ogni anno sono stati rilevati tra i 10 e i 15 casi di carcinomi polmonari, di cui più dell’80% in fase iniziale; tutti trattati e guariti. Ma gli inconvenienti dell’indagine non sono pochi, soprattutto perché noduli e opacità fuori della norma compaiono perfino in ¾ dei forti fumatori, e non certo tutti di natura neoformativa, ma che comunque inducono ad effettuare altre indagini, come la PET o addirittura una biopsia; necessitano insomma protocolli molto precisi per effettuare la TC spirale come esame di screening, protocolli ancora non definiti. MoC (Mineralometria ossea Computerizzata) Ricordiamo poi l’utilità del controllo della massa ossea, al fine di rilevare note di osteoporosi, patologia caratterizzata da un progressivo processo di demineralizzazione della struttura scheletrica; inizia frequentemente nella donna dopo la menopausa e nell’uomo dopo i 65 anni, del tutto silente per tanti anni, fino alla insorgenza della prima frattura dovuta appunto alla fragilità ossea. Il processo può essere facilitato dalla immobilizzazione prolungata, dalla assunzione di alcuni farmaci, come i cortisonici, ecc. La MOC misura la massa e la densità minerale ossea in certi distretti scheletrici (vertebre, femore, ecc.); l’indagine si dovrà ripetere per controllare nel tempo l’eventuale evoluzione e per definire i rischi di fratture, specie vertebrali. Il controllo, da effettuarsi almeno ogni due anni, tra i 60 e gli 85 anni, permette di consigliare, per i soggetti con osteoporosi, i principali comportamenti per la prevenzione delle fratture, utilizzando farmaci che possono inibire il riassorbimento osseo, quelli che ne stimolano la formazione, e altri ancora con ambedue le azioni. L’apparecchiatura MOC di ultima generazione, di cui la BIOS S.p.A. è fornita, permette di accertare meglio il grado di impegno delle vertebre e di definire il rischio di fratture a 10 anni, così come codificato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Per completare il nostro check-up dobbiamo ricordare che assumono particolare utilità alcune visite specialistiche, come quella dell’oculista, che può riscontrare difetti di rifrazione o alterazioni retiniche e, nei soggetti oltre i 45 anni, con la tonometria, la possibile elevazione della pressione endoculare (glaucoma); dell’otorinolaringoiatra, che effettua l’esame del faringe, delle cavità nasali (rinoscopia), del laringe (laringoscopia) e dell’orecchio esterno (otoscopia), e può valutare eventuali disturbi dell’udito (audiometria) e dell’equilibrio vestibolare. Nelle donne deve essere sempre consigliata la consulenza ginecologica, che ha un ruolo molto importante per la loro salute, permettendo di esaminare gli organi genitali femminili, sia esterni che interni, valutandone gli aspetti fisiologici e le eventuali patologie; la visita andrebbe effettuata la prima volta verso i 16-18 anni (e sempre prima di utilizzare contraccettivi) e va ripetuta una volta all’anno. 31 32 Infine, se il soggetto presenta nèi sul corpo, si ritiene utile un controllo del dermatologo, prima clinico e poi, se occorre, con la dermoscopia in epiluminescenza; tutto ciò va attuato per la prevenzione del melanoma, tumore maligno che si origina dal melanocita (cellula che produce melanina), presente nella cute e nelle mucose. Raro prima della pubertà, il melanoma si sviluppa in genere in soggetti di età compresa tra i 30 e i 60 anni; oggi mostra un’incidenza in crescita in tutto il mondo, forse raddoppiata negli ultimi 10 anni. La prognosi dipende dallo spessore raggiunto nella pelle al momento della sua diagnosi e asportazione. Se è ancora rimasto confinato agli strati cutanei superficiali, il tumore è curabile e si ottiene per lo più la guarigione del paziente. Se il melanoma ha raggiunto gli strati più profondi, essendo stato diagnosticato in ritardo, i rischi di vita per il paziente sono molto elevati. è fondamentale quindi il controllo periodico dei nèi per individuare il melanoma quanto più precocemente possibile. Abbiamo esposto, anche se necessariamente a grandi linee, quali sono le visite e le indagini cliniche più importanti da realizzare periodicamente per il controllo della nostra salute, con un CHECK-UP che noi definiamo “intelligente” (e che, nella BIOS S.p.A. si riesce a svolgere – visite mediche, prelievi e indagini strumentali – in una sola mattinata, con risparmio temporale e economico per l’interessato che si sottopone al controllo). Gli elementi raccolti permetteranno al medico responsabile di redigere una valutazione complessiva di tutti i risultati ottenuti (eventualmente da esporre e discutere con il soggetto in un successivo incontro), al fine di rilevare situazioni patologiche da combattere, definire tutti i comportamenti a rischio della persona in studio (suggerendo le modifiche più importanti) e consigliare i migliori intervalli di tempo per il controllo periodico delle indagini effettuate. Riteniamo inoltre necessario e estremamente utile che la valutazione conclusiva di un checkup, con l’esito di tutte le indagini effettuate, venga sottoposta dall’interessato al controllo del proprio medico curante di fiducia, il quale solo potrà ulteriormente definire i comportamenti terapeutici più efficaci e stabilire la eventuale utilità di ulteriori controlli. Il servizio check-up di Bios S.p.A. di Via D. Chelini 39 si avvale delle competenze di medici specialisti nell'area Internistica (cardiologia, immunologia clinica, allergologia, endocrinologia, broncopneumologia, clinica medica, infettivologia) e della consulenza di altri specialisti (ginecologia, urologia, chirurgia, gastroenterologia, diabetologia, nefrologia, otirinolarngoiatria, radiologia, nutrizionistica) in relazione alle esigenze di completamento e/o integrazione diagnostica, al fine di ottimizzare un check-up personalizzato. info cup 06 809641 CELLULE StAMINALI PLURIPotENtI INDottE PER CAPIRE I MECCANISMI ALLA bASE DELLE MALAttIE GENEtICHE brennand k.J., Simone A, Jou J., Gelboinburkhart C., tran N., Sangar S., Li Y., Mu Y., Chen G., Yu D., McCarthy S., Sebat J., Gage F.H. Modelling schizophrenia using human induced pluripotent stem cells. Salk Institute for Biological Studies, Laboratory of Genetics, 10010 North Torrey Pines Road, La Jolla California 92037, USA. Nature, 2011 May 12, 473 (7346). http://www.nature.com/nature/journal/v473/n73 46/pdf/nature09915.pdf Liu G.H., barkho b.Z., Ruiz S., Diep D., Qu J., Yang S.L., Panopoulos A.D., Suzuki k., kurian L., Walsh C., thompson J., boue S., Fung H.L., Sancho-Martinez I., Zhang k., Yates J. 3rd, Izpisua belmonte J.C. Recapitulation of premature ageing with iPSCs from Hutchinson-Gilford progeria syndrome. Salk Institute for Biological Studies, Gene Expression Laboratory, 10010 North Torrey Pines Road, La Jolla, California 92037, USA. Nature, 2011 Apr 14, 472 (7342). http://www.nature.com/nature/journal/v472/n73 42/pdf/nature09879.pdf Le Cellule staminali pluripotenti indotte, abbreviate comunemente in iPS o iPSCs (dall’inglese induced Pluripotent Stem Cells) sono un tipo di cellule staminali pluripotenti, derivate artificialmente da una cellula non-pluripotente, tipicamente una cellula somatica adulta, attraverso l’induzione di una “forzata” espressione di specifici geni. Le cellule iPS FRoM bENCH to bEDSIDE I bENEFICI CLINICI DELLA RICERCA: SELEZIoNE DALLA LEttERAtURA SCIENtIFICA 33 stanno rivelando il loro immenso potenziale come mezzo per capire i meccanismi alla base delle malattie genetiche. Nel laboratorio del professor Fred Gage in California, USA, si è realizzato un importante passo avanti nella comprensione delle cause alla base della schizofrenia. Attualmente si conoscono le alterazioni morfologiche macro e microscopiche causate da questa malattia. Non si è però a conoscenza di quali siano i tipi di cellule nervose che vengono colpiti e i meccanismi che portano all’insorgenza di questa grave malattia. Questo importante risultato, pubblicato nella rivista Nature nel maggio 2011, è stato ottenuto mediante la derivazione di cellule iPS da cellule non-pluripotenti di pazienti affetti da schizofrenia. Le cellule iPS sono state indotte a differenziarsi in neuroni ottenendo così un elevato numero di queste cellule che non possono essere raccolte dai pazienti. Questo ha permesso di studiare l’intero profilo d’espressione dei neuroni malati e di osservare che 34 Esempio di mappa dal sito http://prtr.ec.europa.eu le cellule nervose ottenute dai pazienti schizofrenici hanno una minore capacità di interconnettersi tra loro. Utilizzando la stessa strategia sperimentale, il gruppo diretto dal Professor Juan Carlos Izpisua Belmonte, sempre in California, ha compreso la genesi della Progeria, un’altra malattia genetica molto più rara della schizofrenia, che causa l’invecchiamento precoce del soggetto senza alterarne la mente. MAPPE DELL’INQUINAMENto AtMoSFERICo IN EURoPA oN LINE, A PoRtAtA DI tUttI http://prtr.ec.europa.eu/DiffuseSourcesAir.as pxen L’inquinamento atmosferico è un importante problema per la salute e ora c’è la possibilità di consultare un documento interattivo, disponibile on line, che certifica la qualità dell’aria. Si tratta esattamente di 32 mappe sovrapponibili, che riportano i dati relativi alle principali informazioni sull’inquinamento, sulle principali fonti e sui relativi inquinanti in Europa. Il nuovo servizio è frutto di un’iniziativa congiunta della Commissione Europea e dell’Agenzia europea dell’ambiente. La Dottoress Jacqueline McGlade, direttrice esecutiva dell’Agenzia europea per l’ambiente, ha voluto fortemente la creazione e, soprattutto, la diffusione delle mappe proprio per rendere consapevoli i cittadini dei rischi che corrono e, di conseguenza, spingerli a una reazione decisa nei confronti delle autorità locali. “L’inquinamento atmosferico è una seria minaccia per la salute e in particolare per i soggetti vulnerabili come i bambini e le persone che soffrono di malattie respiratorie” afferma la direttrice. “Informando i cittadini sull’inquinamento atmosferico determinato dai trasporti, dalle case e da altre fonti presenti nell’ambiente dove vivono, queste mappe danno la possibilità ai cittadini di agire e sollecitare le autorità a migliorare la situazione”. Le fonti di inquinamento considerate sono il traffico stradale, l’industria, i consumi residenziali, l’agricoltura, l’aviazione e la navigazione. Per ciascuno di questi settori sono disponibili diverse mappe, ognuna relativa a una specifica sostanza inquinante: gli ossidi di azoto (NOX), gli ossidi di zolfo (SOX), il monossido di carbonio (CO), l’ammoniaca (NH3) e il particolato (PM10). Le mappe hanno una risoluzione di 25 chilometri quadrati: il livello di emissioni di una certa sostanza proveniente da una determinata fonte è espresso con un puntino colorato che rappresenta un’area di 5 chilometri per 5. Il colore indica la concentrazione. Il sistema permetterà a tutti i cittadini interessati di accedere facilmente alle informazioni. Le mappe saranno utili anche agli esperti di qualità dell’aria, per elaborare modelli più precisi e aggiornati, e infine ai politici, per prendere con maggiore cognizione di causa le decisioni in materia di protezione dell’ambiente. LA CULtURA CI MANtIENE SANI E PIù FELICI Cuypers k., krokstad S., Lingaas Holmen t., Skjei knudtsen M., olov bygren L., Holmen J. Patterns of receptive and creative cultural activities and their association with perceived health, anxiety, depression and satisfaction with life among adults: the HUNT study, Norway. J Epidemiol Community Health. 2011 May 23. http://jech.bmj.com/content/early/2011/05/04/jec h.2010.113571.full.pdf Da uno studio che si è svolto presso la Norvegian University of Science and Technology di Trondheim, il gruppo di ricerca guidato dal Professore Koenraad Cuypers ha messo in evidenza che la cultura può aiutare a mantenerci sani. Infatti, sulla base dei risultati raccolti da questionari distribuiti a 50.797 persone, si è potuto osservare che chi va ai concerti, a teatro, al cinema, s’interessa di letteratura, visita musei o addirittura si cimenta con la pittura, la musica, la scrittura, è più sano e contento di chi non è interessato al mondo della cultura. Nella prima parte dei questionari gli interessati dovevano dare un giudizio sul loro stato di salute fisica e psichica; successivamente dovevano rispondere a domande relative a interesse e attività culturali. Risultato: il grado di soddisfazione per la propria salute appariva direttamente proporzionale alla curiosità culturale (intesa in senso ampio). I ricercatori parlano di un legame causale. Più un individuo è in contatto con la cultura, da fruitore o da produttore, e meno soffre e si lamenta di dolori fisici o psichici. La cosa curiosa è la differenza di genere. Se infatti all’uomo fa bene anche la semplice fruizione passiva, la donna per star bene deve tradurre l’interesse in qualcosa di concreto. Rifacendosi anche a studi precedenti, il Professor Cuypers spiega che partecipare a eventi culturali abbassa la pressione sanguigna e, col tempo, il calo di stress incide positivamente sul- 35 l’intero organismo. Buona notizia finale: i risultati prescindono da reddito e formazione. LA SALUtE NEI PAESI INDUStRIALIZZAtI: SEMPRE MENo INFARtI Hardoon S.L., Morris R.W., Whincup P.H., Shipley M.J., britton A.R., Masset G., Stringhini S., Sabia S., kivimaki M., Singh-Manoux A., brunner E.J. Rising adiposity curbing decline in the incidence of myocardial infarction: 20-year followup of British men and women in the Whitehall II cohort. Eur Heart J. 2011 Jun 8. http://eurheartj.oxfordjournals.org/content/early/ 2011/06/04/eurheartj.ehr142.full.pdf+html 36 Medici e epidemiologi britannici, diretti dalla Professoressa Sarah Hardoon dell’University College of London, UK, hanno indagato sull’entità della riduzione degli infarti nei Paesi più sviluppati e sui possibili motivi (European Heart Journal, online). “L’evidente calo di infarti in due decenni mostra quanto si possa ottenere se si combattono i fattori di rischio e cambiando il proprio stile di vita”, sostiene la professoressa Sarah Hardoon. I ricercatori hanno osservato la situazione di 10.308 impiegati di Londra nello studio chiamato: Whitehall. All’inizio i partecipanti avevano un’età compresa tra i 35 e i 55 anni. La valutazione periodica dei dati ha consentito di stabilire che in vent’anni (1985-2004) la quota di infarti è scesa del 74%, e in misura simile per uomini e donne. Le indagini condotte in altre nazioni industrializzate giungono a risultati analoghi. Nello studio in questione, i ricercatori segnalano che oltre la metà del calo è riconducibile a mutamenti intervenuti in cinque fattori di rischio. In confronto al 1985, vent’anni dopo gli impiegati fumavano meno, la pressione sanguigna era più bassa, il “colesterolo buono”, le lipoproteine ad alta densità (HDL), era più alto e il colesterolo “cattivo”, le lipoproteine a bassa densità (LDL), era più basso. Inoltre, queste persone mangiavano più frutta e verdura; l’effetto era palese, anche se ancora non rilevabile statisticamente. La tendenza a meno infarti sarebbe stata ancora maggiore, se nel frattempo non fosse aumentata la percentuale dei sovrappeso, dicono i ricercatori. a cura di Maria Giuditta Valorani HANNo CoLLAboRAto IN QUESto NUMERo Prof. Alessandro Ciammaichella già Primario Medico Ospedaliero Medico Internista Prof. Giuseppe Luzi Specialista in Immunologia Clinica e Allergologia Professore associato di Medicina Interna (f. r.) Docente “La Sapienza” Università di Roma Facoltà di Medicina e Psicologia Dott. Mario Pezzella Biochimico Clinico Professore associato di Medicina di Laboratorio (f. r.) Docente “La Sapienza” Università di Roma Prof. Giovanni Stirati Medico Chirurgo Specialista in Nefrologia “La Sapienza” Università di Roma Dott.ssa Maria Giuditta Valorani Postdoctoral Research Assistant Blizard Institute of Cell and Molecular Science, “Queen Mary” University of London - GB Prof. Augusto Vellucci Specialista in Malattie Infettive e Clinica Medica già Primario di Malattie Infettive Dott. Vincenzo Vullo Specialista in Malattie Infettive Direttore della Cattedra di Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” DIAGNOSTICA PER IMMAGINI AD ALTA TECNOLOGIA SERVIZIO PRIVATO DI RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE - R.M.N. CUP 06 809641 TC MULTISTRATO UN PUNTO DI FORZA PER LA VOSTRA SALUTE