Introduzione alla teoria della diffusione in meccanica quantistica

Transcript

Introduzione alla teoria della diffusione in meccanica quantistica
Introduzione alla teoria della diffusione
in meccanica quantistica
Mosè Giordano
5 maggio 2013
Indice
Sommario
1
1 Concetti generali
2
2 Diffusione in meccanica quantistica
2.1 Forma asintotica degli stati stazionari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Sezione d’urto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
4
6
3 Metodo delle onde parziali
3.1 Sviluppo in onde parziali . .
3.2 Sfasamenti . . . . . . . . . .
3.3 Calcolo della sezione d’urto
3.4 Calcolo degli sfasamenti . .
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8
8
9
12
15
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16
16
17
19
21
23
5 Operatori di diffusione
5.1 Equazione di Lippmann-Schwinger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.2 Calcolo dell’ampiezza di diffusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
25
27
28
Riferimenti bibliografici
29
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4 Metodo dell’approssimazione di Born
4.1 Equazione integrale di diffusione
4.2 Serie di Born . . . . . . . . . . . .
4.3 Prima approssimazione di Born .
4.4 Validità dell’approssimazione . .
4.5 Esempi . . . . . . . . . . . . . . .
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Sommario
Queste note presentano un’introduzione alla teoria della diffusione da potenziale nella meccanica quantistica non relativistica, senza alcuna pretesa di completezza. Sono una rielaborazione personale degli appunti delle lezioni di Fisica
Teorica tenute dal professor Luigi Martina nel corso di Laurea Magistrale in
1
Fisica all’Università del Salento nell’anno accademico 2011-2012. I testi di riferimento seguiti sono Ballentine (1998); Cohen-Tannoudji, Diu e Laloë (2006),
in aggiunta ho integrato del materiale preso da Gottfried e Yan (2004); Griffiths (2004); Landau e Lifšits (2010). Ogni errore presente in queste note è da
attribuire a me.
1
Concetti generali
Flusso di proiettili per unità di area e tempo
Ja =
n
numero proiettili
= a
area · tempo
St T
(1)
St = sezione trasversale, T = tempo. Numero di processi di diffusione per unità
di tempo
nt = σtot Ja Na
(2)
NA = numero di bersagli A, σtot = sezione d’urto totale.
Numero dnb di particelle diffuse per unità di tempo nell’angolo solido dΩb .
È intuitivo capire che dnb deve essere proporzionale al flusso Ja di proiettili e
all’angolo solido dΩb in cui si vanno a rilevare le particelle diffuse. Indichiamo
con σ (θ, ϕ) il coefficiente di proporzionalità
dnb =
numero di eiettili in dΩb
= Ja dΩb σ (θ, ϕ).
T
(3)
La quantità σ (θ, ϕ) prende il nome di sezione d’urto differenziale. Dividendo dnb
per l’area Sd del rivelatore otteniamo il flusso Jb di particelle diffuse per unità di
tempo e di area. L’area Sd del rivelatore è data dal prodotto fra il quadrato della
distanza r in cui si trova il rivelatore e l’apertura angolare dΩb del rivelatore:
Sd = r 2 dΩb . Allora
Jb =
dnb Ja σ (θ, ϕ) dΩb Ja σ (θ, ϕ)
=
=
,
Sd
r 2 dΩb
r2
(4)
da cui ricaviamo che la sezione d’urto differenziale è data da
σ (θ, ϕ) =
Jb r 2
.
Ja
(5)
La sezione d’urto differenziale dipende anche dall’energia del fascio di proiettili
e dallo specifico canale di diffusione seguito. Nota σ (θ, ϕ), la sezione d’urto
totale si ottiene integrando su tutto l’angolo solido
Z
σtot =
Z
2π
σ (θ, ϕ) dΩ =
Z
π
dϕ
0
sin θ dθσ (θ, ϕ).
0
2
(6)
2
Diffusione in meccanica quantistica
Tutto quello che abbiamo detto finora è valido in generale. Introdurremo ora
la teoria della diffusione da potenziale nell’ambito della meccanica quantistica non relativistica. Prima di procedere precisiamo le ipotesi sotto le quali
affronteremo il problema
• supponiamo che le particelle coinvolte nella diffusione siano prive di spin;
• non consideriamo la struttura interna delle particelle. In questo modo
escludiamo dalla trattazione le diffusioni anelastiche e ci occuperemo solo
di quelle elastiche;
• supponiamo che il bersaglio sia sufficientemente piccolo da poter trascurare processi di diffusione multipla;
• trascuriamo la possibilità di coerenza fra onde diffuse dalle differenti particelle che costituiscono il bersaglio;
• supponiamo che l’interazione fra proiettile e bersaglio sia descritta da un
potenziale V dipendente dalla posizione relativa fra le due particelle r1 −
r2 : V = V (r1 − r2 ). Questo ci permetterà di adottare il formalismo noto del
problema dei due corpi.
Abbiamo fatto queste assunzioni non perché non siano possibili casi differenti
(sono per esempio molto importanti i casi di diffusione di particelle dotate di
spin e di diffusioni anelastiche) ma solo per semplificare la presente trattazione.
L’hamiltoniana per un sistema di due particelle senza spin interagenti fra
loro è
H =−
}2 2 }2 2
∇ −
∇ + V (r1 − r2 ).
2m1 1 2m2 2
(7)
Come anticipato, tratteremo il problema come il solito problema dei due corpi,
quindi definiamo la posizione R del centro di massa e la posizione relativa r
rispettivamente come
m1 r1 + m2 r2
,
m1 + m2
r = r1 − r2 .
(8a)
R=
(8b)
In questo modo l’hamiltoniana assume la forma più semplice
H =−
}2
}2 2
∇2R −
∇ + V (r).
2(m1 + m2 )
2m
(9)
Il primo termine è l’energia cinetica del centro di massa, gli ultimi due sono
l’energia della particella fittizia di massa ridotta m = m1 m2 /(m1 + m2 ). Vogliamo
determinare gli autovalori dell’hamiltoniana e dal momento che essa è indipendente dal tempo possiamo considerare gli autostati stazionari. In particolare siamo interessati agli autostati con valori positivi dell’energia E, associati
3
a stati non legati, perché se lo stato delle due particelle fosse legato sarebbe
nulla la probabilità di trovarle a distanza reciproca infinita. Grazie alla forma dell’hamiltoniana (9), possiamo cercare suoi autostati della forma separabile Ψ (R, r) = Φ(R)ψ(r), con ψ(r) tale da soddisfare la seguente equazione di
Schrödinger stazionaria
!
}2 2
∇ + V (r) ψ(r) = Eψ(r).
(10)
−
2m
Il moto del centro di massa, descritto dalla funzione d’onda Φ(R), non è di nostro interesse in quanto la sua hamiltoniana, −}2 ∇2R /2(m1 +m2 ), è semplicemente
quella di particella libera, dunque ci occuperemo di studiare solo il moto relativo fra la particella incidente e il bersaglio. In pratica equivale a supporre che
il proiettile abbia massa m e che il bersaglio sia infinitamente pesante e a riposo
nell’origine del sistema di riferimento.
2.1
Forma asintotica degli stati stazionari
Siamo interessati a individuare una forma asintotica per la funzione d’onda
di diffusione, lontano dall’influenza del potenziale di interazione, poiché negli
esperimenti i rivelatori vengono posti molto lontani dal centro diffusore. Molto
tempo prima di raggiungere il bersaglio, il proiettile si muove come una particella libera perché per valori sufficientemente grandi della distanza relativa
r il potenziale V (r) è praticamente nullo. La funzione d’onda conterrà un termine di onda piana del tipo ei k·r , con k vettore d’onda associato alla particella
di massa m il cui modulo è legato all’energia da E = }2 k 2 /2m. Nella vicinanza
del bersaglio, la funzione d’onda della particella subirà una profonda modifica a
causa dell’interazione con il diffusore. Tuttavia molto tempo dopo l’interazione,
l’onda sarà lontano dall’influenza del potenziale e la sua funzione d’onda avrà
raggiunto una forma più semplice: essa sarà la sovrapposizione di una funzione
d’onda trasmessa ψk,a che continua a propagarsi nella direzione k̂, quindi ha la
forma ei k·r , e una funzione d’onda di diffusione ψk,b (r)
ψk (r) = ψk,a (r) + ψk,b (r).
(11)
Nei pedici delle funzioni d’onda abbiamo evidenziato la dipendenza dall’energia attraverso il numero d’onda k.
L’espressione esplicita dell’onda di diffusione ψk,b (r) dipende dal particolare
potenziale di interazione considerato, ma facendo un’analogia con l’ottica ondulatoria possiamo prevedere una struttura generale per il suo comportamento
asintotico, vale a dire per grandi valori di r:
• in una fissata direzione angolare (θ, ϕ) la funzione ψk,b (r) avrà la forma di
un’onda sferica uscente del tipo ei kr /r con la stessa energia dell’onda incidente ei k·r . Il fattore 1/r assicura che il flusso della densità di probabilità
|ψk,b |2 sia costante per ogni superficie sferica centrata nel bersaglio;
• il processo di diffusione non è in generale isotropico, quindi l’ampiezza
dell’onda di diffusione sarà modulata da un fattore fk (θ, ϕ) dipendente
4
r
k0
k
O
θ
k
dopo la diffusione
prima della
diffusione
Figura 1: Cinematica della diffusione di un’onda piana. Prima della diffusione c’è la
sola onda piana incidente, dopo la diffusione ci sono l’onda sferica uscente e
l’onda piana trasmessa. Il punto O rappresenta la posizione del centro diffusore, r quella del rivelatore. Il vettore d’onda k0 è associato all’onda sferica
uscente e ha lo stesso modulo di k, per la conservazione dell’energia dell’urto
elastico.
dall’energia mediante il numero d’onda k e dalle due coordinate angolari
sferiche θ e ϕ.1
In definitiva il comportamento asintotico della funzione d’onda ψk (r) sarà del
tipo
!
ei kr
i k·r
,
(12)
ψk (r) = ψk,a (r) + ψk,b (r) ∼ A e +fk (θ, ϕ)
r→∞
r
con A fattore di normalizzazione. Nei paragrafi successivi vedremo che questa
forma asintotica della funzione d’onda in un problema di diffusione, ricavata qui su basi intuitive, è ben giustificata sotto opportune ipotesi. Nella figura 1 è riportata una rappresentazione schematica della cinematica del processo
diffusivo.
Un’onda piana non rappresenta una particella, o un fascio di particelle, incidente fisicamente accettabile dal momento che ha estensione infinita nello
spazio e nel tempo. Una descrizione più realistica della particella incidente
si ottiene considerando un pacchetto di onde con dimensione limitata del tipo
Z∞
2
ψ(r, t) =
e− i }k t/2m g(k)ψk (r) dk,
(13)
0
in cui la funzione g(k), che per semplicità può essere presa reale, ha un picco
intorno a un punto k = k0 ed è praticamente nulla altrove. Si può verificare
1 L’ampiezza
di diffusione f dipende, oltre che dalle variabili angolari θ e ϕ, dal numero
d’onda solo perché stiamo considerando diffusioni elastiche, nelle quali il modulo del momento
del proiettile è conservato. Nel caso più generale f dipenderà dal momento iniziale e finale,
vedi per esempio l’equazione (101).
5
che il pacchetto ψ(r, t) così costruito è soluzione dell’equazione di Schrödinger
e quindi descrive l’evoluzione temporale della particella relativa, vedi CohenTannoudji, Diu e Laloë (2006, pp. 910-911). L’approssimazione del pacchetto
di onde con un’onda piana è accettabile se la dimensione del pacchetto è molto
più grande di quella del diffusore, oppure del raggio d’azione del potenziale di
diffusione.
2.2
Sezione d’urto
Lo stato quantico ψ(r) di una particella non descrive esattamente la sua posizione ma l’ampiezza della probabilità di trovare la particella nella posizione r.
Analogamente, il flusso che dobbiamo considerare per calcolare la sezione d’urto differenziale è il flusso di probabilità, cioè la probabilità per unità di tempo
che la particella attraversi l’area unitaria. È noto che per una particella di massa
m nello stato ψ il flusso di probabilità vale
J=
}
=(ψ ∗ ∇ψ).
m
(14)
Applicando questa equazione alla funzione d’onda asintotica (12) abbiamo
J=
}
∗
∗
∗
=(ψk,a
∇ψk,a + ψk,a
∇ψk,b + ψk,b
∇ψk,a + ψk,b ∇ψk,b ).
m
(15)
∗
∗
Trascuriamo momentaneamente i termini di interferenza ψk,a
∇ψk,b e ψk,b
∇ψk,a
e identifichiamo il flusso associato alla sola funzione d’onda incidente ψk,a con
il flusso Ja delle particelle incidenti e il flusso della sola funzione d’onda diffusa
ψk,b con il flusso di particelle diffuse Jb . In particolare, Ja è
|A|2 }k
}
∗
,
Ja = =(ψk,a ∇ψk,a ) =
m
m
(16)
mentre le componenti del flusso di diffusione Jb sono
!
}
}k
∗ ∂ψk,b
(Jb )r = = ψk,b
= |Afk (θ, ϕ)|2 2 ,
m
∂r
mr
!
∂
} 1
1
(Jb )θ =
< fk∗ (θ, ϕ) fk (θ, ϕ) ,
3
mr
i
∂θ
!
}
1
1 ∗
∂
(Jb )ϕ =
f (θ, ϕ) .
< fk (θ, ϕ)
m r 3 sin θ
i
∂ϕ k
(17a)
(17b)
(17c)
Poiché stiamo considerando il comportamento asintotico, grandi r, le componenti angolari del flusso (Jb )θ e (Jb )ϕ sono trascurabili rispetto alla componente
radiale (Jb )r e approssimiamo Jb ≈ (Jb )r . Inserendo questi risultati nell’equazione (5) troviamo che la sezione d’urto differenziale è
σ (θ, ϕ) =
Jb r 2
= |fk (θ, ϕ)|2 .
Ja
(18)
6
rivelatore
O
O
θ
prima della
diffusione
dopo la diffusione
Figura 2: Cinematica della diffusione di un pacchetto di onde piane. Prima della diffusione il pacchetto di onde piane si dirige verso il centro diffusore O. Dopo
la diffusione sono presenti un pacchetto di onde piane trasmesse e un pacchetto di onde sferiche uscenti diffuse dal potenziale. Questi due pacchetti
interferiscono distruttivamente nella direzione in avanti (θ = 0).
Nei casi in cui la forma asintotica (12) della funzione d’onda è valida, la sezione
d’urto differenziale è calcolabile con la formula precedente. La sezione d’urto
differenziale è la quantità di maggior interesse nei problemi di diffusione perché
è quella misurabile sperimentalmente e abbiamo trovato che è uguale al modulo
quadro dell’ampiezza di diffusione fk (θ, ϕ). La sezione d’urto non dipende dal
fattore di normalizzazione A e spesso nel seguito lo trascureremo ponendolo
uguale a 1. Nei prossimi paragrafi studieremo due metodi differenti per calcolare l’ampiezza di diffusione: il metodo delle onde parziali e l’approssimazione
di Born.
Ritorniamo all’equazione (15) e riprendiamo la descrizione del processo di
diffusione in termini del pacchetto d’onda, schematizzata nella figura 2. Il fascio incidente prima dell’urto, che nella pratica ha larghezza finita,2 è diretto
verso il bersaglio. Dopo aver interagito con questo, sono presenti due pacchetti:
un pacchetto di onde piane, come se il bersaglio non ci fosse, e un pacchetto
di onde diffuse dal bersaglio in tutte le direzioni. Il pacchetto trasmesso è dato
dall’interferenza fra questi due pacchetti. A causa della sua larghezza limitata,
a distanze infinite dal bersaglio il pacchetto incidente ha densità di probabilità
non nulla solo nella direzione in avanti, cioè θ = 0 o comunque θ molto piccolo,
nelle altre direzioni l’interferenza fra i due pacchetti è assente. Negli esperimen2 Negli
esperimenti questa condizione può essere raggiunta, per esempio, convogliando
il fascio in un diaframma di larghezza sufficientemente grande da evitare anche gli effetti
diffrattivi.
7
ti, il rivelatore che misura il flusso di particelle diffuse è generalmente posto in
direzioni diverse da quella in avanti, come mostrato nella figura 2, e non riceve
particelle trasmesse. In questo modo si osservano solo pacchetti di onde diffuse,
non è necessario prendere in considerazione i termini di interferenza fra i due
pacchetti e i risultati sperimentali possono essere confrontati correttamente con
la sezione d’urto (18). Se il rivelatore fosse posto nella direzione θ = 0, da un
punto di vista pratico risulterebbe difficile misurare separatamente i due flussi
di particelle, mentre nel calcolo della sezione d’urto bisognerebbe tener conto
dei termini di interferenza fra i pacchetti di onde incidente e diffuse in avanti.
Questa interferenza distruttiva assicura la conservazione del flusso di probabilità o, equivalentemente, del numero di particelle causando una diminuzione
del flusso per θ = 0 rispetto al flusso del solo pacchetto incidente: le particelle
che non sono diffuse in avanti sono rimosse dal fascio incidente che, dopo aver
superato il bersaglio, avrà quindi un’ampiezza minore.
3
3.1
Metodo delle onde parziali
Sviluppo in onde parziali
Il primo metodo che studieremo è particolarmente utile nei casi in cui il potenziale di interazione ha simmetria sferica, cioè dipende solo dal modulo r
della distanza relativa fra i due corpi: V (r) = V (r). L’equazione di Schrödinger
stazionaria assume la forma
(∇2 + k 2 − U (r))ψk (r) = 0,
(19)
con U (r) = (2m/}2 )V (r). L’hamiltoniana commuta con gli operatori di momento angolare L2 e Lz e sappiamo che una soluzione dell’equazione precedente è
del tipo separabile Rkl (r)Ylm (θ, ϕ), in cui Ylm (θ, ϕ) è un’armonica sferica e Rkl (r)
è una funzione puramente radiale che può essere posta nella forma Rkl (r) =
ukl (r)/r con la condizione ukl (0) = 0. La soluzione generale dell’equazione precedente, autostato dell’hamiltoniana con autovalore di energia E = }2 k 2 /2m, sarà
una combinazione lineare delle soluzioni appena illustrate con somma su tutti
i possibili valori di momento angolare l e terza componente m, ma con fissato
valore del numero d’onda k in quanto stiamo considerando gli stati stazionari
dell’hamiltoniana
ψk (r) =
+∞ X
l
X
l=0 m=−l
ψklm (r) =
+∞ X
l
X
alm
l=0 m=−l
ukl (r) m
Yl (θ, ϕ).
r
(20)
Ciascuna delle funzioni ψklm prende il nome di onda parziale e la loro combinazione lineare è detta sviluppo in onde parziali. L’equazione radiale che soddisfa
Rkl è
!
l(l + 1)
1 d 2d
2
r
+ k − U (r) −
Rkl (r) = 0.
r 2 dr dr
r2
8
(21)
Sostituendo Rkl = ukl /r troviamo che la funzione ukl soddisfa un’equazione differenziale più semplice
!
l(l
+
1)
d2
+ k 2 − U (r) −
ukl (r) = 0.
(22)
dr 2
r2
Il potenziale di interazione è a simmetria sferica, la particella incidente rompe
la completa simmetria definendo una direzione precisa che identifichiamo con
l’asse ẑ (poniamo ẑ tale che k = k ẑ), tuttavia non è presente alcuna dipendenza
dall’angolo azimutale ϕ e ci sarà pertanto simmetria cilindrica. Per annullare
la dipendenza della funzione d’onda ψk (r) da ϕ nello sviluppo in onde parziali (20) dobbiamo considerare solo i termini con m = 0 perché le armoniche
sferiche dipende da ϕ attraverso ei mϕ .
Tenendo anche presente quanto appena notato, possiamo ipotizzare una forma più precisa per lo sviluppo in onde parziali di ψk (r). Partiamo dall’osservare
che un’onda piana, in assenza di potenziale, con vettore d’onda k = k ẑ può essere sviluppata in onde parziali nel seguente modo (vedi Cohen-Tannoudji, Diu e
Laloë (2006, pp. 928-929))
X
ei k·r =
(2l + 1) il jl (kr)Pl (cos θ),
(23)
l
in cui jl è la funzione di Bessel sferica di ordine l, Pl è il polinomio di Legendre
di grado l e θ è l’angolo compreso fra k = k ẑ e r. Supponiamo che il potenziale
di interazione sia a rapida decrescenza, o a corto raggio, vale a dire per r tendente
all’infinito va a 0 più rapidamente di 1/r 2
lim r 2 V (r) = 0.
(24)
r→∞
In questo modo stiamo escludendo dalla trattazione il potenziale di Coulomb,
nonostante sia a simmetria sferica, perché decresce come 1/r. Con questa ipotesi
possiamo supporre che l’andamento asintotico della funzione d’onda di diffusione stazionaria, con fissato valore dell’energia e di conseguenza di k, sia del
tipo
X
ψk (r) =
(2l + 1) il Al Rkl (r)Pl (cos θ),
(25)
l
Rispetto al caso di potenziale nullo stiamo dunque assumendo che al posto delle
funzioni di Bessel sferiche ci siano le funzioni Rkl precedentemente introdotte e
inoltre dei coefficienti Al da determinare.
3.2
Sfasamenti
Sotto l’ipotesi di potenziale a corto raggio, con riferimento alla figura 3 possiamo suddividere lo spazio in tre regioni: la regione di diffusione, in cui il
potenziale di interazione è sensibilmente diverso da zero, la regione intermedia
in cui U l(l + 1)/r 2 e la zona di radiazione, in cui kr 1 e anche il termine di
9
Regione intermedia
V ≈0
Zona di radiazione
kr 1
Regione di
diffusione
V ,0
Figura 3: Diffusione da potenziale a corto raggio con simmetria sferica. Nelle immediate vicinanze del bersaglio, r ≈ 0, si ha la regione di diffusione nella quale
il potenziale non è trascurabile. All’aumentare della distanza dal bersaglio
il potenziale centrifugo }2 l(l + 1)/2mr 2 domina su V (r) e questa condizione
determina la regione intermedia. La zona di radiazione si trova a grande distanza dal bersaglio, kr 1, e sia il potenziale di interazione sia il potenziale
centrifugo sono trascurabili rispetto a k 2 .
momento angolare è trascurabile nell’hamiltoniana. Nella zona di radiazione,
cioè per grandi valori di r, l’equazione di Schrödinger radiale (22) si riduce a
d2 ukl
dr 2 2
= −k 2 u.
(26)
La soluzione generale è data da
ukl (r) = D ei kr +F e− i kr .
(27)
Il primo termine rappresenta un’onda sferica uscente, il secondo un’onda sferica entrante. Nel problema di diffusione è presente solo l’onda sferica uscente,
allora F = 0 e
Rkl (r) ∼
ei kr
r
(28)
come avevamo previsto nella forma asintotica (12).
Nella regione intermedia l’equazione radiale (22) è
d2 ukl l(l + 1)
−
ukl = −k 2 ukl .
dr 2
r2
(29)
La soluzione di questa equazione è data dalla combinazione lineare delle funzioni di Bessel sferiche jl e delle funzioni di Neumann sferiche nl
ukl (r) = Brjl (kr) + Crnl (kr) =⇒ Rkl (r) = Bjl (kr) + Cnl (kr).
10
(30)
1
j0 (x)
j1 (x)
j2 (x)
j3 (x)
0.8
0.6
0.4
0.2
0
-0.2
-0.4
0
5
10
x
15
20
(a) Funzioni di Bessel sferiche di prima specie, o semplicemente funzioni di Bessel
sferiche, degli ordini più bassi.
0.4
0.2
0
-0.2
-0.4
-0.6
n0 (x)
n1 (x)
n2 (x)
n3 (x)
-0.8
-1
0
5
10
x
15
20
(b) Funzioni di Bessel sferiche di seconda specie, chiamate anche funzioni di Neumann
sferiche, degli ordini più bassi.
Figura 4: Andamenti delle prime funzioni di Bessel sferiche.
11
Le funzioni sferiche di Bessel e di Neumann hanno i seguenti comportamenti
asintotici
ρl
,
ρ→0 (2l + 1)!!
!
1
π
jl (ρ) ∼
sin ρ − l ,
ρ→∞ ρ
2
(2l − 1)!!
nl (ρ) ∼
,
ρ→0
ρl+1
!
1
π
nl (ρ) ∼ − cos ρ − l .
ρ→∞ ρ
2
(31a)
jl (ρ) ∼
(31b)
(31c)
(31d)
Gli andamenti delle funzioni di Bessel e di Neumann sferiche degli ordini più
bassi sono rappresentati nella figura 4. Nell’origine le funzioni di Bessel convergono, mentre le funzioni di Neumann divergono. Per normalizzare Rkl scegliamo i coefficienti B e C tali che |B|2 + |C|2 = 1, in particolare poniamo B = cos δl e
C = − sin δl , da cui
Rkl (r) = jl (kr) cos δl − nl (kr) sin δl .
(32)
L’equazione differenziale che soddisfa Rkl è reale, la soluzione può essere scelta reale e anche i δl dovranno essere reali. Con questa posizione, usando le
proprietà (31) troviamo che il comportamento asintotico di Rkl nella zona di
radiazione è
Rkl (r) ∼
kr→∞
sin(kr − lπ/2 + δl )
.
kr
(33)
Se non ci fosse potenziale di interazione, l’espressione (32) della funzione radiale sarebbe valida fino a r = 0, non solo nella regione intermedia. Abbiamo osservato che le funzioni di Neumann sferiche nell’origine divergono come 1/r l+1 ,
ma la parte radiale della funzione d’onda non può avere questo comportamento,
dunque deve essere δl = 0 per ogni l e r in assenza di potenziale e in questo caso
si avrebbe Rkl (r) = jl (kr). Questo risultato supporta lo sviluppo in onde parziali
ipotizzato nell’equazione (25). A questo punto confrontiamo l’andamento asintotico (33) di Rkl (r) con quello (31b) del caso di potenziale nullo e riconosciamo
che l’effetto di un potenziale sferico a corto raggio a grandi distanze r è quello di
introdurre uno sfasamento δl in ciascuna funzione radiale asintotica Rkl (r) dello
sviluppo in onde parziali (25).
3.3
Calcolo della sezione d’urto
Nel paragrafo 2.2 abbiamo visto che la sezione d’urto differenziale è determinata dal comportamento asintotico della funzione d’onda. I potenziali sferici a
corto raggio introducono uno sfasamento negli stati stazionari di diffusione, ci
aspettiamo che in questo caso la sezione d’urto differenziale sia esprimibile in
funzione degli sfasamenti.
12
Sostituiamo gli sviluppi in onde parziali (23) e (25) nell’espressione asintotica (12) della funzione d’onda, con A = 1 per semplicità, ricordando i comportamenti asintotici (31b) e (33)
X
(2l + 1) il Pl (cos θ)Al
l
=
sin(kr − lπ/2 + δl )
kr
X
(2l + 1) il Pl (cos θ)
l
sin(kr − lπ/2)
ei kr
+ fk (θ, ϕ)
. (34)
kr
r
Usando la relazione sin x = (ei x − e− i x )/2 i e uguagliando i coefficienti di e− i kr in
ambo i membri così ottenuti troviamo
X
(2l + 1) il Pl (cos θ)Al exp(i lπ/2 − i δl )
l
=
X
(2l + 1) il Pl (cos θ) exp(i lπ/2). (35)
l
I polinomi di Legendre sono funzioni linearmente indipendenti e affinché l’equazione precedente sia valida devono essere uguali i coefficienti dei Pl dello
stesso grado l, da cui ricaviamo che
Al = ei δl .
(36)
Procedendo in maniera analoga, uguagliando i coefficienti di ei kr nella (34) e
ricordando il risultato appena determinato troviamo l’ampiezza di diffusione
il (− i)l =1
z }| {
1 X
fk (θ, ϕ) = fk (θ) =
(2l + 1) il e− i lπ/2 (e2 i δl −1)Pl (cos θ)
2ik
l
1 X
(2l + 1)(e2 i δl −1)Pl (cos θ)
=
2ik
l
1X
=
(2l + 1) sin δl ei δl Pl (cos θ).
k
(37)
l
L’ampiezza di diffusione dipende solo dalla colatitudine θ perché, come notato
in precedenza, nelle diffusioni da campi sferici c’è simmetria cilindrica. Inoltre
fk (θ) non cambia per effetto di una sostituzione δl → δl + π.
Poiché abbiamo verificato che la forma asintotica (12) della funzione d’onda
è valida, possiamo calcolare la sezione d’urto differenziale con l’equazione (18)
σ (θ, ϕ) = σ (θ) = |fk (θ)|2 .
(38)
La sezione d’urto totale si ricava integrando la sezione d’urto differenziale su
tutto l’angolo solido. I polinomi di Legendre sono ortogonali, infatti soddisfano
la seguente relazione
Z1
2δll 0
Pl (u)Pl 0 (u) du =
(39)
2l + 1
−1
13
e da questa ricaviamo
Z
2π
σtot =
Z
π
dϕ
0
0
|fk (θ)|2 sin θ dθ
1 X
(2l + 1)(2l 0 + 1) sin δl e− i δl sin δl 0 ei δl 0
= 2π 2
k
ll 0
X
X
4π
= 2
(2l + 1) sin2 δl =
σl ,
k
l
Z
1
−1
Pl (cos θ)Pl 0 (cos θ) d(cos θ)
l
(40)
con σl = (4π/k 2 )(2l + 1) sin2 δl componente parziale l-esima della sezione d’urto totale. Utilizzando le altre espressioni dell’ampiezza di diffusione fk (θ) si
possono trovare con calcoli analoghi espressioni differenti per σtot
σtot =
X
σl =
2π X
πX
2
(2l
+
1)|1
−
S
|
=
(2l + 1)(1 − <(Sl )),
l
k2
k2
l
l
(41)
l
con Sl = e2 i δl . Infine notiamo che ponendo θ = 0 nell’ultimo membro dell’equazione (37) e ricordando che Pl (1) = 1 abbiamo
1X
fk (0) =
(2l + 1)(sin δl cos δl + i sin2 δl ),
k
(42)
l
quindi
σtot =
4π
=(fk (0)).
k
(43)
Quest’ultimo risultato è conosciuto come teorema ottico e ci dice che la sezione
d’urto totale è determinata dall’ampiezza di diffusione elastica in avanti θ = 0.
In questa direzione c’è la sovrapposizione e interferenza tra il pacchetto di onde
incidenti e onde diffuse elasticamente e questa causa la rimozione di flusso dal
fascio di particelle incidenti, come discusso alla fine del paragrafo 2.2. La sezione d’urto totale quantifica proprio questa rimozione e il teorema ottico rendo
conto della conservazione del flusso di probabilità totale. L’aggettivo “ottico” è
dovuto al fatto che in ottica l’interferenza fra un’onda incidente e l’onda diffusa
in avanti è l’origine dell’ombra di un oggetto opaco. Anche se abbiamo dimostrato il teorema ottico solo per la diffusione elastica da potenziale sferico, esso
vale anche per processi di diffusione anelastica da altri tipi di potenziali. In
questo caso la sezione d’urto totale è la somma di quelle dei canali elastico e
anelastico, l’ampiezza di diffusione in avanti che compare al secondo membro è
solo quella elastica.
Se il potenziale U (r) fosse identicamente nullo, avremmo Rkl (r) = jl (kr) e
dall’equazione (31a) vediamo che Rkl (r) per kr l va come (kr)l e diventa sempre più piccolo al crescere di l. Se U (r) è a corto raggio, in particolare con raggio
uguale a L, nell’equazione (21) il potenziale è moltiplicato per la piccola quantità Rkl (r) e avrà un piccolo effetto sulla soluzione. Questo rozzo ragionamento
14
ci permette di intuire che gli sfasamenti δl sono piccoli se kL l e in questo
caso la serie (40) converge già dopo pochi termini e risulta maggiormente utile
a livello pratico. In molti casi già il termine con l = 0 è sufficiente a dare una
buona stima della sezione d’urto e in questi casi si parla di diffusione in onda s.
La condizione kL l è vera, indipendentemente dal valore del raggio L del potenziale, per piccoli valori dell’energia della particella incidente. D’altra parte
potevamo aspettarci questo risultato perché se il potenziale è centrale e l’energia
della particella incidente è bassa, la simmetria sferica è poco perturbata e nello
sviluppo in onde parziali domina il termine di onda s, la quale è isotropica.
3.4
Calcolo degli sfasamenti
Se il potenziale è non nullo per una distanza relativa r < L ed è assente per distanze maggiori è possibile trovare una formula che fornisce direttamente gli
sfasamenti δl . Bisogna risolvere, eventualmente con metodi numerici, l’equazione differenziale (21) nella regione di diffusione r < L ed effettuare il raccordo
con la forma (32) valutata nel punto r = L. La (21) è un’equazione differenziale
del secondo ordine e ci saranno due soluzioni linearmente indipendenti, di cui
solo una non diverge per nell’origine, come succede per esempio in assenza di
potenziale con le funzioni sferiche di Bessel e Neumann. Per determinare gli
sfasamenti possiamo imporre la continuità in r = L di Rkl e dRkl /dr , ma è più
conveniente imporre che sia continua da sinistra in r = L la derivata logaritmica
γkl =
d log Rkl
1 dRkl
=
,
dr
Rkl dr
(44)
che ha il vantaggio di essere indipendente dalla normalizzazione della funzione
radiale. Sostituiamo l’espressione (32) di Rkl , valida nella regione intermedia,
nell’equazione precedente e valutiamo il risultato nel punto r = L
γkl =
k(jl0 (kL) cos δl − n0l (kL) sin δl )
,
jl (kL) cos δl − nl (kL) sin δl
(45)
in cui jl0 (kL) indica la derivata di jl (kr) rispetto a kr e valutata nel punto kr = kL.
Significato analogo per n0l (kL). Riarrangiando l’equazione precedente si ricava
la tangente di δl
tan δl =
kjl0 (kL) − γkl jl (kL)
.
kn0l (kL) − γkl nl (kL)
(46)
Si definiscono le funzioni di Hankel sferiche di prima e seconda specie
(1)
hl (ρ) = jl (ρ) + i nl (ρ),
(47a)
(2)
hl (ρ) = jl (ρ) − i nl (ρ)
(47b)
e vediamo come possono essere utilizzate per calcolare gli sfasamenti. Tramite
gli sviluppi in esponenziali delle funzioni seno e coseno si trova la seguente
relazione valida in generale
e2 i x =
i tan x + 1
,
1 − i tan x
(48)
15
da cui
(2) 0
Sl = e2 i δl
(2)
(2)
W [Rkl (r), hl (kr)] . (49)
=−
=−
(1)
(1)
(1)
Rkl (L)khl 0 (kL) − R0kl (L)hl (kL)
W [Rkl (r), hl (kr)] r=L
Rkl (L)khl
(kL) − R0kl (L)hl (kL)
Il simbolo W [·, ·] indica il wronskiano delle due funzioni, con derivate rispetto
alla coordinata r, per le funzioni di Hankel si ha ∂r h(kr) = k∂ρ h(ρ) = kh0 (ρ).
Se il potenziale non è esattamente nullo per r > L ma è comunque a corto
raggio, possiamo calcolare gli sfasamenti usando ancora la formula (46) nel limite L → ∞, ricordando che anche γkl dipende da L. Infine si può dimostrare
che
δl ∼
l→∞
4
1
.
l!
(50)
Metodo dell’approssimazione di Born
Abbiamo visto che il metodo dello sviluppo in onde parziali è utile nei processi a
bassa energia. Il metodo dell’approssimazione di Born che andiamo a presentare
è più utile, invece, nel caso di alte energie delle particelle incidenti.
4.1
Equazione integrale di diffusione
L’equazione di Schrödinger stazionaria (10) può essere riscritta nella forma
(∇2 + k 2 )ψk (r) = Q(r),
(51)
in cui
Q(r) = U (r)ψk (r) =
2m
V (r)ψk (r).
}2
(52)
L’equazione (51) assomiglia all’equazione di Helmholtz non omogenea, qui però
il termine noto Q(r) dipende a sua volta dall’incognita ψk (r). Dalla teoria delle
funzioni di Green si sa che la soluzione generale dell’equazione (51) è data da
Z
ψk (r) = ψ0,k (r) + G(r, r0 ; k)Q(r0 ) d3 r0
Z
(53)
2m
3
= ψ0,k (r) + 2
G(r, r0 ; k)V (r0 )ψk (r0 ) d r0 ,
}
in cui G(r, r 0 ; k) è una funzione di Green dell’operatore ∇2 +k 2 , cioè è la soluzione
dell’equazione
(∇2 + k 2 )G(r, r 0 ; k) = δ3 (r − r 0 ),
(54)
mentre ψ0,k (r) è una soluzione particolare dell’equazione di Helmholtz omogenea
(∇2 + k 2 )ψ0,k (r) = 0.
(55)
16
Quest’ultima equazione non è altro che l’equazione di Schrödinger stazionaria
di particella libera, quindi ψ0,k (r) = A ei k·r , con A costante di normalizzazione.
Due soluzioni dell’equazione (54) sono le funzioni di Green uscente G+ (r, r 0 ; k)
ed entrante G− (r, r 0 ; k) definite da (vedi Ballentine (1998, pp. 450-452), Griffiths
(2004, pp. 408-411))
0
e± i k|r−r |
.
G± (r, r ; k) = −
4π|r − r 0 |
0
(56)
Poiché vogliamo che il comportamento asintotico della funzione d’onda sia del
tipo (12), si intuisce che dobbiamo prendere in considerazione la funzione di
Green uscente G+ e in effetti verificheremo più avanti che questa scelta soddisfa
la nostra richiesta. In definitiva la soluzione dell’equazione (51) è data da
Z i k|r−r |
0
e
m
i k·r
V (r0 )ψk (r0 ) d3 r0 .
(57)
ψk (r) = A e −
|r − r0 |
2π}2
Questa è l’equazione integrale di diffusione, chiamata anche equazione di Lippmann–Schwinger. Essa è equivalente all’equazione di Schrödinger stazionaria (10) ma in più contiene al suo interno la condizione al contorno data dal
termine ψ0,k (r) = A ei k·r che descrive il comportamento della funzione d’onda in
assenza di potenziale.
4.2
Serie di Born
Poniamo il vettore d’onda del flusso diffuso uguale a k0 = k r̂ perché per la conservazione dell’energia ha lo stesso modulo k del vettore d’onda incidente k = k ẑ.
Supponiamo anche in questo caso che il potenziale sia a corto raggio, cioè che risulti limr→∞ r 2 V (r) = 0. Inoltre vogliamo determinare ψk (r) molto lontano dalla
regione di diffusione, dunque |r| |r0 |, e in questa zona utilizziamo le seguenti
approssimazioni, con α angolo compreso fra r e r0 ,
!
r02 1/2
r0
(58a)
|r − r0 | = r 1 − 2 cos α + 2
≈ r − r̂ · r0 ,
r
r
!
r02 −1/2 1 r · r0 1
1
1
r0
(58b)
= 1 − 2 cos α + 2
≈ + 2 ≈ .
|r − r0 | r
r
r
r
r
r
La funzione di Green uscente può allora essere approssimata con
G+ (r, r 0 ; k) =
ei k|r−r0 | ei kr − i k0 ·r0
≈
e
.
|r − r0 |
r
(59)
Abbiamo così trovato che per grandi valori di r la funzione d’onda è data da
!
i kr m Z
ei kr
3
i k·r
i k·r e
− i k0 ·r0
e
V (r0 )ψk (r0 ) d r0 = A e +fk (θ, ϕ)
ψk (r) = A e −
, (60)
r 2π}2
r
con
m
fk (θ, ϕ) = −
2π}2 A
Z
0
e− i k ·r0 V (r0 )ψk (r0 ) d3 r0 .
17
(61)
g
g
ψ=
ψ0
+
ψ0
V
+
ψ0
V
V
g
+
Vg
ψ0
V
V
g
g +···
Figura 5: Interpretazione fisica della serie di Born (65). Il termine di ordine zero è la
sola onda piana ψ0 incidente, il termine di ordine 1 è un’onda piana diffusa
una volta, il termine di ordine 2 è un’onda piana diffusa due volte, il termine
di ordine 3 è un’onda piana diffusa tre volte, ecc.
Questo risultato conferma anche in questo caso la forma asintotica (12) della
funzione d’onda di diffusione. D’ora in poi porremo, per semplicità, il coefficiente di normalizzazione A = 1. Nella rappresentazione bra-ket l’ampiezza di
diffusione può essere scritta come
Z
0
m
m
hψ0,k0 |V |ψk i = −
e− i k ·r0 V (r0 )ψk (r0 ) d3 r0
(62)
fk (θ, ϕ) = −
2
2
2π}
2π}
0
in cui ψ0,k0 = ei k ·r è autostato dell’hamiltoniana H0 = −}2 ∇2 /2m.
Riscriviamo schematicamente l’equazione di Lippmann–Schwinger (57) in
questo modo
Z
ψ = ψ0 + gV ψ,
(63)
in cui per brevità abbiamo posto g = 2mG/}2 . Sostituiamo il secondo membro
sotto il segno di integrale
Z
"
ψ = ψ0 + gV ψ0 +
gV gV ψ.
(64)
Possiamo continuare la procedura ottenendo
Z
"
$
ψ = ψ0 + gV ψ0 +
gV gV ψ0 +
gV gV gV ψ0 + · · · .
(65)
Questa è la serie di Born. Il termine ψ0 di ordine zero della serie rappresenta la
funzione d’onda incidente ψ0 non disturbata dal potenziale, negli integrali successivi essa compare con un numero crescente di potenze del prodotto gV fra
la funzione di Green e il potenziale di interazione. Nella figura 5 è rappresentata
l’interpretazione fisica della serie di Born: possiamo interpretare il termine
R
gV ψ0 di ordine 1 come l’onda piana
! ψ0 che viene diffusa una sola volta e poi
si propaga liberamente, il termine gV gV ψ0 di ordine 2 come due processi di
diffusione in sequenza, ecc. In questo contesto la funzione di Green è chiamata propagatore perché spiega come l’onda disturbata dal potenziale si propaga
fra un’interazione e la successiva. I diagrammi di Feynman, espressi in termini di vertici (V ) e propagatori (g), alla base della formulazione della meccanica
quantistica relativistica di Feynman sono ispirati proprio alla serie di Born.
18
0
k
=k
r̂
q = k0 − k
θ
k = k ẑ
4.3
Figura 6: Il momento trasferito q = k0 − k è la base del triangolo isoscele di lati lunghi k e
con angolo al vertice θ, quindi q = |q| =
2k sin(θ/2).
Prima approssimazione di Born
Se il potenziale V è sufficientemente piccolo, i termini della serie (65) contenenti
potenze di V di ordine 2 o superiori sono trascurabili rispetto al termine di
ordine 1 e arrestiamo la serie al termine lineare in gV
Z
g(r, r0 ; k)V (r0 )ψ0,k (r0 ) d3 r0
i kr m Z
0
i k·r e
=e −
e− i(k −k)·r0 V (r0 ) d3 r0 .
2
r 2π}
ψk (r) = ψ0,k (r) +
(66)
Questa è l’approssimazione di Born, chiamata a volte prima approssimazione di
Born proprio perché la serie si arresta al termine di ordine 1. È possibile migliorare l’approssimazione considerando anche termini successivi nella serie. La
prima approssimazione di Born può essere espressa dicendo che se il potenziale è tale da non modificare sostanzialmente la funzione d’onda della particella
incidente, nell’equazione (60) possiamo porre ψk (r0 ) ≈ ψ0,k (r0 ) = ei k·r0 . In linea
di principio diciamo che questa condizione è soddisfatta se il potenziale è una
debole perturbazione dell’hamiltoniana di particella libera H0 = −}2 ∇2 /2m, ma
l’applicabilità dell’approssimazione di Born verrà discussa più estesamente nel
paragrafo 4.4. L’ampiezza di diffusione di Born è, come al solito, il coefficiente
di ei kr /r nell’equazione (66)
m
m
0 |V |ψ0,k i = −
hψ
fk (θ, ϕ) = −
0,k
2π}2
2π}2
Z
e− i q·r0 V (r0 ) d3 r0 ,
(67)
con q = k0 −k momento trasferito. L’ampiezza di diffusione di Born è quindi proporzionale alla trasformata di Fourier del potenziale fatta rispetto al momento
trasferito q.
Per basse energie, cioè bassi valori di k, l’esponenziale nell’integrale è essenzialmente costante nella regione di diffusione e l’ampiezza di diffusione diventa
m
fk (θ, ϕ) = −
2π}2
Z
V (r) d3 r.
(68)
Per semplicità abbiamo soppresso il pedice 0 dalla variabile di integrazione r0
dato che qui non c’è pericolo di ambiguità.
Nel caso di potenziale a simmetria sferica, V (r) = V (r), scegliamo l’asse ẑ0
per la variabile di integrazione r0 nell’equazione (67) lungo la direzione del
19
momento trasferito, in modo che q · r0 = qr0 cos θ0 , così
Z 2π
Z∞
Z1
m
2
fk (θ) = −
dϕ0
r0 dr0 V (r0 )
e− i qr0 cos θ0 d(cos θ0 )
2π}2 0
0
−1
Z
2m +∞
rV (r) sin(qr) dr.
=− 2
q} 0
(69)
Nel risultato finale abbiamo nuovamente soppresso il pedice 0 dalla variabile
di integrazione. Il modulo q del momento trasferito vale q = 2k sin(θ/2), come
mostrato nella figura 6, e la dipendenza angolare e dall’energia dell’ampiezza
di diffusione è tutta contenuta in q. L’ampiezza di diffusione di Born per un
potenziale centrale dipende solo dalla colatitudine θ, coerentemente con quanto
detto nel paragrafo 3.1. Poiché l’approssimazione di Born è applicabile se il
potenziale è sufficientemente debole, le deflessioni δl prodotte dal potenziale
di interazione sferico saranno piccole,3 δl 1, e e2 i δl −1 ≈ 2 i δl . L’ampiezza di
diffusione (37) si può approssimare con
fk (θ) ≈
1X
(2l + 1)δl Pl (cos θ).
k
(70)
l
Apparentemente questo risultato è una contraddizione con il teorema ottico:
un’ampiezza di diffusione puramente reale implicherebbe una sezione d’urto totale nulla. Tuttavia dobbiamo ricordare che la prima approssimazione di Born
prende in considerazione solo il termine lineare del potenziale, mentre il teorema ottico coinvolge la sezione d’urto totale che è un’espressione quadratica
dell’ampiezza di diffusione. Per risolvere questo “paradosso” bisogna considerare le potenze di V di ordine superiore a 1 nell’espressione dell’ampiezza di
diffusione, che contribuiscono con termini complessi anche se il potenziale è
reale. Per esempio si può verificare che l’ampiezza di diffusione in seconda approssimazione di Born soddisfa il teorema ottico con la sezione d’urto totale
calcolata con la prima approssimazione di Born, vedi Gottfried e Yan (2004,
pp. 361-362). Il teorema ottico implica che l’ampiezza di diffusione esatta contenga tutte le potenze di V nella serie di Born, questo però solleva il problema
della convergenza della serie, problema di cui non ci occuperemo. Nel limite
di basse energie, quindi piccoli valori k e di q, possiamo porre sin(qr)/q ≈ r e
l’ampiezza di diffusione di Born (69) diventa
Z
2m ∞ 2
r V (r) dr.
(71)
fk (θ) = fk = − 2
} 0
Questa può essere ricavata anche dall’equazione (68) calcolando l’integrale per
V (r) = V (r). La diffusione da un potenziale centrale nel limite di basse energie
è approssimativamente isotropa e nello sviluppo in onde parziali sono non trascurabili solo i primi termini, in accordo con le considerazioni fatte alla fine del
paragrafo 3.3.
3 Non
è vero il contrario: si possono costruire potenziali che producono piccoli sfasamenti
ma per i quali non è possibile applicare l’approssimazione di Born. Le condizioni di validità
dell’approssimazione sono discusse nel paragrafo 4.4.
20
Anche in approssimazione di Born vale la forma asintotica (12) della funzione d’onda, allora la sezione d’urto differenziale è il modulo quadro dell’ampiezzaR di diffusione,R σ (θ, ϕ) = |fk (θ, ϕ)|2 , e la sezione d’urto totale è dato da
σtot = σ (θ, ϕ) dΩ = |fk (θ, ϕ)|2 dΩ.
4.4
Validità dell’approssimazione
In questo paragrafo determineremo delle condizioni che stabiliscono in quali
casi è possibile utilizzare l’approssimazione di Born. Per semplicità di calcoli
assumiamo che qui il potenziale sia centrale: V (r) = V (r). Riscriviamo la serie
di Born (65) più esplicitamente nel seguente modo
ψk (r) = ψ0,k (r) + ψ1,k (r) + ψ2,k (r) + ψ3,k (r) + · · ·
Z
2m
d3 r0 G+ (r, r0 ; k)V (r0 )ψ0,k (r0 )
= ψ0,k (r) + 2
}
!2 Z
Z
2m
3
+ 2
d r0 G+ (r, r0 ; k)V (r0 ) d3 r1 G+ (r0 , r1 ; k)V (r1 )ψ0,k (r1 )
(72)
}
!3 Z
Z
2m
+ 2
d3 r0 G+ (r, r0 ; k)V (r0 ) d3 r1 G+ (r0 , r1 ; k)V (r1 )
}
Z
· d3 r2 G+ (r1 , r2 ; k)V (r2 )ψ0,k (r2 ) + · · · .
È possibile applicare la prima approssimazione di Born se |ψ1,k (r)| |ψ0,k (r)| =
1. Ci aspettiamo che l’onda di diffusione assuma i valori più grandi nelle vicinanze del centro diffusore, cioè intorno al punto r = 0 dove è più importante il
contributo di V all’integrale, poiché lontano dall’origine è fuori dall’influenza
del potenziale e si comporta come un’onda sferica. Pertanto valutiamo
Z i kr
e 0
m
ψ1,k (0) = −
V (r0 ) ei k·r0 d3 r0
2
r
2π}
(73)
Z +∞ 0
2m
i kr0
=− 2
e V (r0 ) sin(kr0 ) dr0 .
} k 0
La quantità F(k) = ei kr0 sin(kr0 )/k assume il massimo valore in modulo4 per k =
0 e risulta F(0) = limk→0 F(k) = r0 . Dunque troviamo una prima condizione
per l’applicabilità della prima approssimazione di Born per qualunque valore
di k valutando l’espressione (73) per k = 0, cioè nel limite di basse energie, e
imponendo che risulti |ψ1,0 (0)| 1
Z
2m +∞
|V (r0 )|r0 dr0 1.
(74)
}2 0
Da qui si capisce perché l’approssimazione di Born possa essere applicata solo
a potenziali a corto raggio, tali che limr→∞ r 2 V (r) = 0.5 Naturalmente il poten4 Senza
fare lo studio della funzione F(k) è sufficiente osservare che |F(k)| = r0 |sin(kr0 )/(kr0 )| e
l’andamento della funzione sin(x)/x è noto.
5 A basse energie l’ampiezza di diffusione di Born è data dall’equazione (71) e, affinché quell’integrale converga, il potenziale all’infinito deve tendere a zero ancora più rapidamente, in
particolare deve risultare limr→∞ r 3 V (r) = 0.
21
ziale V (r) deve avere anche un comportamento tale da rendere l’integrale non
divergente nell’origine, in particolare nell’origine può tendere eventualmente
all’infinito con un ordine minore o uguale ad α, con α ∈ ]0, 1[. Per esempio, l’approssimazione di Born è inapplicabile ad alcuni importanti potenziali che descrivono gli urti fra atomi ma che per piccole distanze hanno andamenti del tipo
r −12 . Il potenziale coulombiano, che va come 1/r e non è quindi un potenziale a
corto raggio, causa una divergenza nell’integrale precedente sia nell’origine sia
all’infinito.
Una condizione più stringente, spesso però troppo forte, può essere ricavata
se supponiamo che il potenziale abbia un valore massimo V0 e raggio d’azione
L. Sostituendo questi valori nell’equazione precedente abbiamo
Z
}2
|V0 |mL2
2m L
1
⇐⇒
|V
|
.
(75)
|V
|r
dr
=
0
0 0 0
}2 0
}2
mL2
La quantità }2 /mL2 ha un’interpretazione fisica: per il principio di indeterminazione di Heisenberg essa è l’ordine di grandezza dell’energia cinetica di una
particella di massa m confinata in un volume di dimensione lineare L. Quindi
la condizione (75) equivale a dire che l’approssimazione di Born è applicabile
quando il potenziale (se attrattivo) è sufficientemente debole da non creare uno
stato legato per la particella relativa.
Ad alte energia possiamo ricavare una condizione meno restrittiva. Infatti, per grandi valori di k la quantità F(k) nell’integrale dell’equazione (73) diventa molto piccola per via del fattore 1/k e delle rapide oscillazioni del termine ei kr0 sin(kr0 ) = (e2 i kr0 −1)/2 i. In particolare, facciamo nuovamente l’approssimazione che il potenziale abbia valore massimo V0 e raggio L, se risulta
kL 1 le oscillazioni diventano molto frequenti all’interno del raggio d’azione
del potenziale e l’integrale
Z
ZL
V0 L 2 i kr0
1 − e2 i kL
e2 i kr0
dr0 ∼
e
(76)
dr0 = V0
V (r0 )
2i
2i 0
4k
0
è circa nullo. Così troviamo la seguente condizione
Z
mL|V0 |
m L
}2 k
}2
|ψ1,k (0)| ≈ 2 V (r0 ) dr0 ∼
1
⇐⇒
|V
|
=
kL. (77)
0
mL mL2
} k 0
}2 k
Come preannunciato, questa condizione, nel regime kL 1, è meno restrittiva
della (75), quindi se è possibili trattare un potenziale come una perturbazione
a basse energie è possibile farlo anche ad alte, ma non è necessariamente vero il
contrario.
Anche se non è semplice individuare una condizione precisa sotto la quale
sia possibile applicare l’approssimazione di Born, dai precedenti ragionamenti
è chiaro che questa diventa più affidabile per grandi valori dell’energia della
particella incidente ed è proprio in questi casi che è maggiormente utilizzata.
Bisogna però osservare che la condizione di energia del fascio incidente molto maggiore del potenziale non è una condizione sempre sufficiente a giustificare l’uso dell’approssimazione di Born. Se il potenziale è debole ma ha un
22
100
Yukawa
Coulomb
1
V (r)
0.01
0.0001
1 · 10−6
1 · 10−8
1 · 10−10
0
2
4
6
8
10
r
12
14
16
18
20
Figura 7: Andamento in scala log-lin dei potenziali di Yukawa (VY (r) = e−r /r) e di Coulomb (VC (r) = 1/r). Il potenziale di Yukawa va rapidamente a zero, mentre
quello di Coulomb ha una coda molto lunga.
raggio molto grande, la funzione d’onda rimarrà simile a un’onda piana nella
regione di influenza del potenziale, ma acquisterà nello stesso tempo un grosso
sfasamento, che non è compatibile con questa approssimazione.
4.5
Esempi
Calcoliamo l’ampiezza di diffusione di Born per il potenziale centrale di Yukawa
V (r) = V0
e−αr
e−µcr/}
= V0
,
r
r
(78)
con µ massa della particella scambiata nell’interazione. Per semplicità abbiamo
posto α = µc/} e 1/α rappresenta il raggio d’azione. Nella figura 7 è rappresentato l’andamento del potenziale di Yukawa. Questo potenziale fu introdotto
da Hideki Yukawa nel 1935 per descrivere le interazioni nucleari fra protoni e
neutroni dovute allo scambio di una particella massiva, successivamente identificata con il pione. Il comportamento del potenziale di Yukawa nell’origine e
all’infinito soddisfa le ipotesi di applicabilità dell’approssimazione di Born viste
in precedenza. Dall’equazione (69) abbiamo che l’ampiezza di diffusione Born
per il potenziale di Yukawa è
Z
2mV0 +∞ −αr
2mV
1
fk (θ) = −
e sin(qr) dr = − 2 0 2
,
(79)
2
q}
} q + α2
0
con q = 2k sin(θ/2). La sezione d’urto differenziale è
23
(k/α)2 = 0.1
(k/α)2 = 1
(k/α)2 = 10
(k/α)2 = 100
1
F(θ) =
α 2 }2
2mV0
!2
σ (θ)
10
0.1
0.01
0.001
0
π/4
π/2
θ
3π/4
π
Figura 8: Distribuzione angolare della diffusione elastica da potenziale di Yukawa in
approssimazione di Born. Nella figura è rappresentata la funzione F(θ) =
1/(4(k/α)2 sin2 (θ/2) + 1)2 per diversi valori di (k/α)2 .
2mV0
σ (θ) =
}2
!2
1
.
(4k 2 sin (θ/2) + α 2 )2
2
(80)
Questa sezione d’urto permette di evidenziare delle caratteristiche comuni a
molti tipi di potenziali. Innanzitutto V0 compare al quadrato ed essa non dipende dal fatto che il potenziale sia attrattivo o repulsivo. Inoltre se k/α 1
la sezione d’urto è approssimativamente isotropa e per k → 0 la sezione d’urto
diventa indipendente dall’energia. Invece all’aumentare di k la particella viene deflessa solo di angoli piccoli, la sezione d’urto diventa sempre più piccata
intorno alla direzione θ = 0 e si comporta come 1/q4 , o 1/θ 4 per piccoli angoli. Nella figura 8 è rappresentata la distribuzione angolare della sezione d’urto
differenziale. La sezione d’urto totale del potenziale di Yukawa è
!2
Z
4π
2mV0
.
(81)
σtot = σ (θ) dΩ =
2
2
}
4k + α 2
Questa va a 0 per k → ∞, caratteristica generale dei potenziali di diffusione
perché l’interazione diventa trascurabile rispetto all’energia cinetica. Ciò, però,
non è più vero nella meccanica quantistica relativistica.
Abbiamo più volte ripetuto che la teoria qui sviluppata non è applicabile,
senza opportune modifiche che però non tratteremo,6 al potenziale coulombiano, il cui andamento è rappresentato nella figura 7. Tuttavia osserviamo che
l’interazione elettromagnetica è mediata dal fotone, che ha massa nulla, e il
6 Si
può trovare la trattazione completa e rigorosa della diffusione dal potenziale di Coulomb
in Gottfried e Yan (2004, pp. 368-373) e Landau e Lifšits (2010, pp. 655-659).
24
potenziale di Yukawa tende a quello di Coulomb nel limite µ → 0. Possiamo
provare a calcolare la sezione d’urto coulombiana facendo tendere α a 0 nella
formula (80) e ponendo V0 = Z1 Z2 e2
2mZ1 Z2 e2
σ (θ) =
4}2 k 2 sin2 (θ/2)
!2
=
(Z1 Z2 e2 )2
16E 2 sin4 (θ/2)
(82)
che è proprio la sezione d’urto di Rutherford. La sezione d’urto totale è infinita
perché integrando questa sezione d’urto differenziale su tutto l’angolo solido si
ottiene una divergenza, a causa dell’andamento sin−4 (θ/2). Ciò è dovuto al fatto
che il potenziale coulombiano non è a corto raggio. In un certo senso possiamo
dire che nessuna particella (carica) riesce a sfuggire al potenziale di Coulomb.
Nella pratica questo non si verifica e non si osserva la divergenza della sezione d’urto totale perché p difficile sottoporre effettivamente una particella a un
singolo potenziale coulombiano. È interessante che la sezione per questo potenziale calcolata secondo le regole della meccanica quantistica, sebbene per via
indiretta,7 sia uguale a quella ottenuta classicamente da Rutherford. Questa
coincidenza può essere attribuita al fatto che il risultato non contiene }, se si
identifica }2 k 2 /2m con l’energia, quindi non cambia eseguendo il passaggio al
limite classico con } → 0.
5
Operatori di diffusione
Fino a qui abbiamo trattato la teoria della diffusione in meccanica quantistica
facendo uso della rappresentazione nella base delle coordinate. In questo paragrafo svilupperemo la teoria anche con la più elegante e generale notazione
operatoriale dei bra-ket che permette di svincolarsi da una particolare rappresentazione. Fra le altre cose, riotterremo l’equazione di Lippmann–Schwinger e
la serie di Born, valgono anche in questo caso le considerazioni e interpretazioni
di carattere fisico fatte precedentemente.
Consideriamo l’hamiltoniana H nella forma
H = H0 + V
(83)
con H0 hamiltoniana di particella libera e V potenziale di diffusione. Introduciamo gli operatori risolventi, rispettivamente, dell’hamiltoniana di particella
libera e dell’hamiltoniana completa
G0 (z) = (zI − H0 )−1 ,
(84a)
−1
G(z) = (zI − H) ,
(84b)
con I operatore identità e z, in generale, numero complesso. Per semplicità di
scrittura, nel seguito ometteremo l’operatore I. I risolventi non sono ben definiti nel campo dei numeri reali perché se z appartiene allo spettro dell’operatore
autoaggiunto H0 o H, a seconda del risolvente considerato, l’operatore z − H0 o
7 La
sezione d’urto (82) è valida anche nello studio “esatto” del potenziale coulombiano.
25
z − H non è invertibile. Il valore del risolvente nel campo dei reali può essere ottenuto mediante un passaggio al limite dal campo dei complessi. Introduciamo
l’operatore di trasferimento T definito dalla relazione
G(z) = G0 (z) + G0 (z)T (z)G0 (z).
(85)
Dalla definizione di T abbiamo
T = G0−1 GG0−1 − G0−1
= (z − H0 )(GG0−1 − 1)
(86)
= (z − H0 )(GG0−1 − GG−1 )
= (z − H0 )GV ,
in cui abbiamo sfruttato la relazione G0−1 − G−1 = V . D’altra parte il secondo
membro dell’equazione precedente può anche essere fattorizzato come (G0−1 G −
1)(z − H0 ) e con calcoli analoghi si trova che
T = V G(z − H0 ).
(87)
Confrontando i due risultati abbiamo
G0 T = GV ,
T G0 = V G.
(88a)
(88b)
Sostituendo questo nella definizione (85) dell’operatore di trasferimento risulta
G(z) = G0 (z) + G(z)V G0 (z) = G0 (z) + G0 (z)V G(z).
(89)
Questa equazione può essere risolta iterativamente ottenendo una serie perturbativa formale
G = G0 + G0 V G0 + G0 V G0 V G0 + · · ·
(90)
chiamata serie di Born. Inoltre abbiamo
T − V = G0−1 GV − V
= (G0−1 G − 1)V
(91)
= (G0−1 − G−1 )GV
= V GV
da cui
T = V + V GV .
(92)
Sostituendo la definizione (85) dell’operatore di trasferimento, oppure la serie (90), nell’equazione precedente e poi risolvendo iterativamente l’equazione
risultante troviamo
T = V + V G0 V + V G0 V G0 V + · · · .
(93)
Nel paragrafo 5.2 vedremo che, grazie a questo risultato, la matrice di trasferimento può essere messa in relazione con l’ampiezza di diffusione in approssimazione di Born.
26
5.1
Equazione di Lippmann-Schwinger
Nella notazione bra-ket, l’equazione di Schrödinger stazionaria è
(+)
(+)
(94)
H |ψa i = E |ψa i ,
in cui a indica l’insieme di numeri quantici, fra cui il vettore d’onda ka , che caratterizzano lo stato. Possiamo riscrivere l’equazione di Schrödinger precedente
anche come
(+)
(+)
(95)
(E − H0 ) |ψa i = V |ψa i .
(+)
(+)
Da qui si vede che |ψa i è data dalla somma della quantità G0 (E + )V |ψa i, con
G(E + ) = limε→0+ G0 (E + i ε), e di una funzione |ψ0 i tale che (E − H0 ) |ψ0 i = 0,
cioè |ψ0 i deve essere autostato dell’hamiltoniana H0 con lo stesso autovalore di
(+)
energia di |ψa i. Dunque abbiamo
(+)
(+)
|ψa i = |ψ0 i + G0 (E + )V |ψa i
(96)
e questa è l’equazione di Lippmann–Schwinger nella notazione operatoriale. In
rappresentazione di coordinate questa diventa proprio l’equazione (57). L’equazione (96) contiene “più informazione” della semplice equazioni di Schrödinger (95) perché incorpora la condizione al contorno data dal termine |ψ0 i che
descrive il comportamento della funzione d’onda in assenza di potenziale. Se
poniamo nell’equazione di Lippmann–Schwinger V = 0 la soluzione sarà |ψ0 i,
che è autostato dell’hamiltoniana di particella libera e rappresenta il fascio incidente. Quindi la forma dello stato di diffusione è del tipo: fascio incidente
+ onda diffusa dal potenziale e con la stessa energia del fascio incidente, come
nella funzione d’onda asintotica (12). Il risolvente G0 (E + ) è associato a stati di
diffusione |ψ (+) i uscenti, vedi Ballentine (1998, pp. 450-452). L’apice (+) sta proprio a indicare questo comportamento asintotico. Un’altra possibile scelta per il
risolvente potrebbe essere G0 (E − ) = limε→0+ G0 (E − i ε), ma si può far vedere che
questa è associata a stati di diffusione |ψ (−) i entranti dati da
(−)
(−)
|ψa i = |ψ0 i + G0 (E − )V |ψa i .
(97)
Avevamo incontrato una simile ambiguità anche per le funzioni di Green nel
paragrafo 4.1 e anche in quel caso avevamo scelto la funzione G+ (r, r 0 ; k) perché
corrispondente a stati di diffusione uscenti. In effetti le funzioni di Green sono
strettamente legate ai risolventi. Dalla definizione di G0 (E ± ) abbiamo
!
}2 k 2 }2 2
± 0
0
hr|(E − H0 )G0 (E )|r i = hr|r i ⇐⇒
+
∇ hr|G0 (E ± )|r 0 i = δ3 (r −r 0 ) (98)
2m 2m
e confrontando con l’equazione (54) riconosciamo che
hr|G0 (E ± )|r 0 i =
2m
G± (r, r 0 ; k).
}2
(99)
27
(−)
Studiando l’evoluzione temporale delle funzioni d’onda ψa si scopre che
rappresentano stati che per t → −∞ sono dati dalla sovrapposizione di un’onda
piana e un’onda di implosione verso il centro, invece per t → +∞ si ha un’onda
piana che si propaga nella direzione −k̂a . In definitiva, gli stati di diffusione en(−)
tranti ψa rappresentano l’inversione temporale degli stati di diffusione uscenti
(+)
ψa . Sebbene gli stati entranti siano una soluzione matematicamente accettabile dell’equazione di Schrödinger e giochino un ruolo importante nella teoria,
essi sono fisicamente difficili da preparare, perché è necessario mantenere la
coerenza della funzione d’onda iniziale in una regione macroscopica. È questo
il motivo per il quale utilizziamo l’insieme degli stati di diffusione uscenti come
base completa degli stati con energia positiva, invece degli stati di diffusione entranti. L’intera base dello spazio di Hilbert si ottiene aggiungendo gli eventuali
stati legati agli stati di diffusione.
(−) (+)
Il prodotto scalare fra due stati di diffusione entrante e uscente hψb |ψa i
associati a due insiemi di numeri quantici a e b (e in particolare ai vettori d’onda
ka e kb ) definisce gli elementi della cosiddetta matrice S o matrice di diffusione o
matrice di scattering
(−)
(+)
Sb,a = hψb |ψa i .
5.2
(100)
Calcolo dell’ampiezza di diffusione
Mettiamo ora il relazione la matrice di trasferimento con l’ampiezza di diffusio(+)
ne fab (Ωkb ) che nella teoria generale della diffusione si dimostra essere uguale
a (vedi Ballentine (1998, pp. 436-441))
(+)
fab (Ωkb ) = −
m
(+)
hψ0,b |V |ψa i ,
2π}2
(101)
dove a indica lo stato del fascio incidente (quindi l’onda incidente ha vettore ka ),
b quello dell’onda diffusa (che ha vettore d’onda kb ), Ωkb è l’angolo di kb , |ψ0,b i
è autostato dell’hamiltoniana di particella libera con autovalore Eb = }2 kb2 /2m.
Avevamo trovato lo stesso risultato anche nel paragrafo 4.2, equazione (62), in
cui abbiamo utilizzato una notazione differente. Dall’equazione (89) abbiamo
G(z) = (1 + G(z)V )G0 (z), da cui
G(z)G0−1 (z) = 1 + G(z)V .
(102)
Dall’equazione (89) abbiamo anche G0 (z) = G(z)−G0 (z)V G(z) = (1−G0 (z)V )G(z),
da cui
G0 (z)G−1 (z) = 1 − G0 (z)V .
(103)
Moltiplicando membro a membro le due equazioni sopra ricavate, da entrambi
i lati, abbiamo
(1 + G(z)V )(1 − G0 (z)V ) = (1 − G0 (z)V )(1 + G(z)V ) = 1.
28
(104)
Scriviamo l’equazione di Lippmann–Schwinger (96) come
(+)
(1 − G0 (E + )V ) |ψa i = |ψ0 i
(105)
e sostituendo il risultato precedente abbiamo
(+)
|ψa i = (1 + G(E + )V ) |ψ0 i .
(106)
(+)
Abbiamo trovato che V |ψa i = (V + V G(E + )V ) |ψ0 i = T (E + ) |ψ0 i. Gli elementi della matrice di trasferimento fra gli stati |ψ0,kb i e |ψ0,ka i, associati a vettori
d’onda, rispettivamente, kb e ka , sono
hψ0,kb |T (E
+
2π}2 (+)
(+)
)|ψ0,ka i = hψ0,kb |V |ψa i = −
fab (Ωkb ),
m
(107)
o, equivalentemente,
m
m
(+)
(+)
(108)
fab (Ωkb ) = −
hψ0,kb |T (E + )|ψ0,ka i = −
hψ0,kb |V |ψa i .
2
2
2π}
2π}
Abbiamo visto che l’operatore di trasferimento T può essere espanso nella serie (93), quindi possiamo espandere anche l’ampiezza di diffusione in una serie
del tipo
fab =
∞
X
(n)
(1)
(2)
(3)
fab = fab + fab + fab + · · · .
(109)
n=1
Infatti sostituendo la serie (93) nell’espressione (108) dell’ampiezza di diffusione abbiamo
m
hψ0,kb |(V + V G0 (E + )V + V G0 (E + )V G0 (E + )V + · · · )|ψ0,ka i . (110)
fab = −
2π}2
I primi termini della serie sono
m
(1)
hψ0,kb |V |ψ0,ka i ,
fab = −
(111a)
2π}2
m
(2)
hψ0,kb |V G0 (E + )V |ψ0,ka i ,
fab = −
(111b)
2
2π}
m
(3)
hψ0,kb |V G0 (E + )V G0 (E + )V |ψ0,ka i .
(111c)
fab = −
2π}2
(1)
In particolare, il termine fab nella rappresentazione della base di coordinate è
esattamente l’ampiezza di diffusione (67) nella prima approssimazione di Born,
scritta con una notazione differente. È facile verificare partendo dalla serie (65),
(2)
(3)
o dalla forma più esplicita (72), che i termini fab , fab , ecc. sono le ampiezze di
diffusione in seconda, terza approssimazione di Born ecc.
(+)
La serie di Born per |ψa i può essere ottenuta risolvendo iterativamente
l’equazione di Lippmann–Schwinger (96)
(+)
|ψa i = |ψ0 i + G0 (E + )V |ψ0 i + G0 (E + )V G0 (E + )V |ψ0 i + · · · ,
(112)
oppure inserendo la serie di Born (90) del risolvente G nell’equazione (106).
L’ampiezza di diffusione di Born (110) poi si ricava sostituendo l’equazione
precedente nella (108).
29
Riferimenti bibliografici
Ballentine, Leslie E. (1998). Quantum Mechanics: A Modern Development. World
Scientific. Cap. 16.
Cohen-Tannoudji, Claude, Bernard Diu e Franck Laloë (2006). Quantum mechanics. Vol. 2. John Wiley & Sons. Cap. 8.
Gottfried, Kurt e Tung-Mow Yan (2004). Quantum Mechanics: Fundamentals.
2a ed. Springer. Cap. 8.
Griffiths, David J. (2004). Introduction to quantum mechanics. 2a ed. Pearson
Prentice Hall. Cap. 11.
Landau, Lev Davidovič e Evgenij Mikhailovič Lifšits (2010). Meccanica quantistica. Teoria non relativistica. Vol. 3. Fisica teorica. Roma: Editori Riuniti
university press.
30