LAVORO DISUMANO: IL CASO FOXCONN “Ok, sei assunto ma

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LAVORO DISUMANO: IL CASO FOXCONN “Ok, sei assunto ma
LAVORO DISUMANO: IL CASO FOXCONN
“Ok, sei assunto ma giura di non suicidarti!”
Avete capito bene, è più o meno questo ciò che chi cerca lavoro ad iPad City si sente dire e,
attenzione, deve sottoscrivere. Ma andiamo per ordine e cerchiamo di capire bene cosa succede.
iPad City è un campus cinese della Foxconn, ove si fabbricano le famose tavolette della Apple,
tanto in voga attualmente nel mondo, oltre ad occuparsi di assemblaggi di cellulari e di altri
strumenti per la connessione ad internet anche per altri colossi mondiali della tecnologia. E qui
non solo si lavora, ma si dorme, vi sono aree comuni per socializzare e tavoli da ping-pong. Beh,
almeno questo è quello che vogliono farci vedere, perché la storia è ben diversa, diciamo pure che
non si tratta proprio di un paradiso.
Dobbiamo partire infatti, dalla raffica di suicidi, ben 13 in otto mesi, oltre ad una trentina di
tentativi per fortuna non riusciti, avvenuti nel 2010, tra i lavoratori di questa azienda, molti dei
quali a poche settimane dall’assunzione. Fatto un po’ strano, no? Per fugare ogni dubbio sulla
situazione lavorativa dei suoi dipendenti, la Foxconn decise di aprire le porte del suo fantastico
campus ai giornalisti, oltre che alla dirigenza della Apple, per mostrare al mondo le reali condizioni
di vita dei lavoratori: la sicurezza di un pasto, di un letto su cui dormire, di stanze per socializzare e
giochi per passatempo, affermando, inoltre, che avrebbe assunto altro personale, per ridurre il
numero massimo di ore di lavoro, in conformità con le leggi cinesi.
All’indomani dello scandalo, poi, la Foxconn, per migliorare la vita dei propri dipendenti e
scoraggiarne i suicidi, fece installare delle reti di sicurezza alle finestre, non fosse mai che
violassero il contratto sottoscritto! Beh, chi di noi non vorrebbe un datore di lavoro così attento
alle nostre esigenze?! Organizzò persino una festa, alla quale i dipendenti si presentarono
indossando magliette con su scritto “Amiamo la Foxconn”, e urlando “con la Foxconn il futuro è
sempre migliore”. Non convinta però neanche da tali manifestazioni di affetto verso la propria
azienda, la malfidata associazione Sacom (Students & Scholars Against Corporate Misbehaviour),
iniziò ad indagare su quali fossero le cause che spingessero i dipendenti addirittura al suicidio, su
quale potesse essere il problema. Ritmi inumani, con straordinari che arrivano anche ad 80-100
ore al mese, lavoro in piedi per circa 10 ore consecutive senza possibilità di parlare con i colleghi,
pubblica gogna per gli errori commessi, e tanto altro: questi sono i problemi rilevati ad un anno
dallo scandalo. Per non parlare dell’assoluta non trasparenza nelle assunzioni, poiché si omettono
sistematicamente particolari sul salario, sui benefit e sul luogo di lavoro. E, udite udite, non
credessero di potersi suicidare, perché le loro famiglie non avrebbero introiti derivanti da tale
gesto.
Nulla di nuovo, dunque, rispetto a quanto rilevato un anno fa. Ad oggi, nonostante le promesse,
niente è cambiato nei campus della Foxconn e i dipendenti continuano ad essere vessati di
continuo, con ritmi di lavoro inumani e continue esposizioni a polveri tossiche.
Nessuno dovrebbe mai essere costretto a sopportare nulla del genere, non dimentichiamolo
mentre giochiamo con il nostro stupendo cellulare di ultima generazione.
Anna Loiacono