I BALCONI IN CONDOMINIO: LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE E

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I BALCONI IN CONDOMINIO: LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE E
I BALCONI IN CONDOMINIO:
LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE
E DEI DANNI
Questo articolo approfondisce dettagliatamente, attraverso
un’analisi puntuale della normativa contenuta nel Codice civile e
della giurisprudenza di legittimità, il tema della ripartizione delle
spese in presenza di lavori di manutenzione dei balconi in
condominio, tenendo conto di tutte le funzioni che tali strutture
possono ricoprire.
Tra gli aspetti trattati, anche quello della responsabilità in caso di
danni come conseguenza del distacco di parti comuni decorative dei
balconi.
A cura di Giuseppe Bordolli (*)
PREMESSA
La legge di riforma del condominio, pur inserendo espressamente le facciate tra i beni
comuni di cui all’art. 1117 Codice civile, non ha previsto alcuna specifica novità in
merito ai balconi.
Il riferimento alla facciata appare sinceramente inutile: infatti, è pacifico che, essendo
destinata indifferentemente al servizio di tutte le porzioni immobiliari, e non solo di
quelle che vi si affacciano, sia da ritenersi, a tutti gli effetti, parte comune.
I balconi di un edificio condominiale invece, in linea generale, non rientrano tra le parti
comuni, ai sensi dell’art. 1117 Codice civile, non essendo necessari per l’esistenza del
fabbricato, né essendo destinati all’uso o al servizio di esso.
Questa situazione è evidente relativamente ai balconi aggettanti (che sporgono dalla
facciata) i quali, dal punto di vista strutturale, sono del tutto autonomi rispetto agli altri
piani, in quanto possono sussistere indipendentemente dall’esistenza di altri balconi nel
piano sottostante o sovrastante.
E’ vero però che, in particolari situazioni di fatto, determinate dalla peculiare
conformazione architettonica del fabbricato, i balconi (o meglio la loro soletta) possono
essere considerati alla stessa stregua dei solai e, pertanto, svolgono
(*)
Consulente legale in Genova, esperto di diritto immobiliare, autore di numerose pubblicazioni
in materia di condominio, mediazione immobiliare, locazione, divisione ereditaria, mediatore e
docente in corsi di formazione.
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contemporaneamente funzioni di sostegno del piano superiore e di copertura del piano
inferiore, come può avvenire quando sono “incassati” nel corpo dell’edificio.
Di conseguenza la giurisprudenza, che continua a colmare il vuoto legislativo in
materia, distingue i balconi in due tipi: quelli aggettanti e quelli incassati.
In ogni caso è un dato pacifico che tutte queste strutture siano considerate di proprietà
esclusiva, laddove di pertinenza di una singola unità immobiliare.
Tuttavia, bisogna rilevare che tali manufatti e, in particolare alcuni singoli elementi
degli stessi, sono parte integrante e strutturale della facciata e possono contribuire al
decoro e all’aspetto estetico dello stabile.
È pertanto decisiva la funzione del bene, e nell’ambito dello stesso bene quella dei
singoli elementi, per determinare il regime giuridico, che può essere quello della
proprietà esclusiva o quello della proprietà comune.
In ogni caso le considerazioni successive non si riferiscono ai balconi di cui sono dotate
le scale di un edificio condominiale, che sono accessibili unicamente da queste ed hanno
una funzione architettonica, lucifera e di aerazione: tali manufatti si presumono di
proprietà comune, ai sensi dell’art. 1117 Codice civile.
BALCONI AGGETTANTI E BALCONI INCASSATI IN GENERALE
I balconi “aggettanti” (Foto 1), sono quelli che sporgono dalla facciata dell’edificio,
costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono.
Tali manufatti non fungono da copertura del piano inferiore in quanto essi, dal punto di
vista strutturale sono del tutto autonomi rispetto agli altri piani, poiché possono
sussistere indipendentemente dall’esistenza di altri balconi nel piano sottostante o
sovrastante.
Foto 1
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I balconi “incassati” (Foto 2) invece sono quelli che formano una rientranza nella
facciata dell’edificio e solitamente sono chiusi su due o tre lati.
Non sporgono rispetto ai muri perimetrali, restando incassati nel corpo dell’edificio.
In altre parole possono essere incassati a U quando hanno tre lati chiusi dal muro
verticale di facciata e un solo parapetto frontale, oppure incassati a L o a L rovesciata
quando hanno due lati chiusi dal muro verticale di facciata e due parapetti, uno frontale
e l’altro laterale.
Foto 2
La distinzione tra balconi aggettanti e balconi incassati ha inciso sui rapporti tra i
proprietari di appartamenti posti sulla stessa verticale (l’uno posto al piano di sopra e
l’altro al piano sottostante), determinando un mutamento nell’orientamento della Corte
di Cassazione.
In passato, infatti, si era talvolta ritenuta operante una presunzione di comunione per la
piattaforma o soletta del balcone dell’appartamento del piano superiore: essa, infatti, per
le sue caratteristiche strutturali e funzionali (separazione in senso verticale, sostegno,
copertura), veniva assimilata al solaio, di cui, in effetti, costituisce prolungamento,
finendone attratta nel medesimo regime giuridico (art. 1125 Codice civile).
Conseguiva, dunque, che per tale piattaforma si configurasse un compossesso degli
indicati proprietari, esercitato dal proprietario del piano superiore, anche e soprattutto,
in termini di calpestio ed estrinsecantesi, per l’altro proprietario, oltre che nella
fruizione del commodum, proveniente dalla copertura, nell’acquisizione di ogni ulteriore
attingibile utilità, cui non ostassero ragioni di statica e di estetica.
Tale principio consentiva, perciò, il riconoscimento, per il proprietario
dell’appartamento sottostante, della liceità di alcune limitate utilizzazioni della facciata
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inferiore del balcone, come l’ancoraggio di telai, la collocazione di apparecchi
d’illuminazione, l’impegno con piante rampicanti, e così via (1).
Successivamente, però, la Suprema Corte, al fine di accertare l’assetto proprietario della
soletta che divide i due balconi, ha ritenuto necessario verificare la funzione del balcone
soprastante rispetto al balcone sottostante ed al resto dell’edificio, distinguendo tra
balconi sporgenti e balconi incassati nel corpo condominiale.
LE SPESE PER I BALCONI AGGETTANTI
O BALCONATE A CIELO APERTO
Secondo un principio consolidato in giurisprudenza i balconi “aggettanti” (Foto 3), i
quali sporgono dalla facciata dell’edificio, costituiscono solo un prolungamento
dell’appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno
né di necessaria copertura dell’edificio - come, viceversa, accade per le terrazze a livello
incassate nel corpo dell’edificio - non possono considerarsi a servizio dei piani
sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani; pertanto ad essi
non può applicarsi il disposto dell’art. 1125 Codice civile.
Ne consegue che i balconi “aggettanti”, pertanto, rientrano nella proprietà esclusiva
dei titolari degli appartamenti cui accedono (2).
Questo tipo di balcone (aggettante), non avendo la funzione di copertura del piano
sottostante, non soddisfa un’utilità comune ai due piani e non svolge neppure una
funzione a vantaggio di un condomino diverso dal proprietario del piano (3).
Pertanto, la soletta del balcone (cioè pavimento, struttura della soletta, sottobalcone o
c.d. cielino cioè faccia rivolta verso il basso della soletta) appartiene ai titolari degli
appartamenti cui accedono in quanto l’assenza di una sua funzione divisoria tra i due
piani comporta l’insussistenza del necessario presupposto per ritenerla di proprietà
comune tra i proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastante (4).
Per quanto sopra sono a totale carico del proprietario dell’appartamento, in primo luogo,
le spese per la manutenzione del pavimento (costituito da mattonelle, ceramica o gres,
ecc.).
Lo stesso discorso riguarda gli elementi di finitura dell’estradosso delle solette del
balcone sovrastante - da individuarsi nei “correntini” coevi alla pavimentazione (5).
Il proprietario del balcone sostiene pure le spese della struttura della soletta (travi
portanti, l’armatura di ferri, gli elementi per il livellamento, gli elementi per
(1)
Cassazione, 14/07/1983, n. 4821; Cassazione, 16/01/1987, n. 283; vedi, inoltre, Corte
d’Appello di Roma, 09/05/1990.
(2)
Cassazione, 29/05/2015, Sezione III, n. 11156; Cassazione, 05/01/2011, n. 218.
(3)
Cassazione, 21/01/2000, n. 637.
(4)
Cassazione, 12/01/2011, n. 587; Cassazione, 28/05/1963, n. 1406.
(5)
Cassazione, 29/05/2015, n. 11156.
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l’isolamento acustico e/o termico, il laterizio speciale, la pignatta ecc.) e del
sottobalcone salvo che su quest’ultimo (cioè sul cielino) non vi siano componenti
decorative (decorazioni, stucchi, ecc.) che contribuiscono a costituire l’aspetto estetico
del caseggiato (e allora le spese per le decorazioni sono a carico della collettività
condominiale perché il principio della comproprietà condominiale sugli elementi
decorativi del balcone rimane valido anche nel caso dei balconi aggettanti).
Alle stesso modo sono a carico del predetto condominio le spese di manutenzione dei
davanzali e della parte interna dei parapetti.
Naturalmente il proprietario del balcone dovrà risarcire i danni subito dal proprietario
sottostante per mancata manutenzione della soletta.
Del resto, proprio perché il sottobalcone è di esclusiva proprietà del titolare
dell’appartamento a cui accede ne consegue che il proprietario dell’appartamento
sito al piano inferiore, non può agganciare le tende alla soletta del balcone
“aggettante” sovrastante, se non con il consenso del proprietario dell’appartamento
sovrastante (6).
Foto 3
(6)
Cassazione, 17/07/2007, n. 15913.
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BALCONI INCASSATI O A CASTELLO: SPESE E DANNI
È frequente, soprattutto nelle costruzioni più recenti, che nella facciata del caseggiato si
inseriscano balconi incassati che, come dice la parola stessa, non sporgono rispetto ai
muri perimetrali dell’edificio, restando incassati nell’interno.
In tal caso, ogni balcone del condominio, esclusi quelli dell’ultimo piano, è coperto
dall’analogo balcone sovrastante, e delimitato lateralmente da muri - che costituiscono
un “continuum” per i vari piani - realizzandosi così uno spazio pienamente vivibile.
Pertanto la giurisprudenza, argomentando dalla disposizione dell’art.1125 Codice civile,
secondo la quale il solaio divisorio tra i due piani di un edificio condominiale è comune
ai proprietari degli stessi due piani, ha esteso il principio, sorretto dalla medesima ratio,
anche alla soletta o piattaforma che sostiene il balcone o terrazzo dell’appartamento
superiore di cui costituisce un prolungamento.
In particolare si è precisato che è possibile applicare, mediante l’interpretazione
estensiva, la disciplina stabilita dalla citata norma di cui all’art.1125 all’ipotesi non
contemplata dei balconi soltanto quando esiste la stessa ratio.
Quest’ultima consiste nella funzione, vale a dire nel fatto che il balcone - come il
soffitto, la volta ed il solaio - funga, contemporaneamente, da sostegno del piano
superiore e da copertura del piano inferiore (7).
Nei balconi incassati, quindi, si configura un compossesso della soletta del balcone
esercitabile, per il proprietario del piano superiore soprattutto in termini di calpestio e
per quello del piano inferiore nella fruizione del commodum derivante dalla copertura e
nell’acquisizione di ogni altra attingibile utilità, cui non ostino ragioni di statica o di
estetica (8).
Ciò significa che, ai sensi dell’art. 1125 Codice civile, le spese per la manutenzione e
ricostruzione dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani
l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la
copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta
e la decorazione del soffitto.
In tal caso il condomino del piano inferiore, potrà fare della parte di soletta che gli
funge da copertura tutti gli usi che ritiene utili e necessari sempre nel rispetto delle
prescrizioni contenute nell’art. 1102 Codice civile.
BALCONATE E BALLATOI A CIELO APERTO
Considerando che a essere serviti da ciascuna balconata sono più appartamenti, le spese
per la manutenzione e ricostruzione del parapetto interno e piano di calpestio sono
a carico dei proprietari di tutti gli appartamenti che la utilizzano (e solo di quelli).
(7)
Cassazione, 21/01/2000, n. 637.
(8)
Cassazione, 16/01/1987, n. 283.
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Il ragionamento vale anche per il sottobalcone, a meno che non vi siano elementi
decorativi.
Pertanto la proprietà esclusiva delle balconate si estende a tutte le opere necessarie al
godimento e all’utilizzazione, quali la pavimentazione, la parte interna ed i davanzali
dei parapetti, mentre, invece, sono di proprietà condominiale la parte esterna dei
parapetti, la fascia di coronamento (cornicione o marcapiano) e quella di rivestimento
dei bordi aggettanti (frontalini) con relativi intradossi.
Quindi le spese per il rivestimento del parapetto della balconata (intonaco, piastrelle),
sono a carico di tutti i condomini.
Infatti non è possibile tracciare una netta distinzione tra il rivestimento della facciata e
quello della balconata stessa: l’unità stilistica dei due elementi è comune.
GLI ELEMENTI DECORATIVI DEI BALCONI
Come sopra detto, i balconi, qualunque sia il tipo (aggettante o incassato nella
facciata) possono svolgere una funzione estetica a favore dell’intero stabile, cioè
possono concorrere a formare le linee architettoniche dell’edificio.
La giurisprudenza meno recente (9) ha affermato che le spese concernenti gli elementi
del balcone che prospettano all’esterno dell’edificio condominiale gravano sempre e
comunque sul condominio, in quanto tali elementi (frontalini, balaustre, ecc.) ineriscono
alla facciata e concorrono a conferire all’immobile, attraverso l’armonia e l’unità di
linee e di stile, quel decoro architettonico che costituisce bene comune,
economicamente valutabile e - come tale - autonomamente tutelato ex art. 1120 Codice
civile.
In particolare con riguardo al “rivestimento”, si è ritenuto che gli elementi decorativi
situati al di sotto dei balconi, avendo soltanto una funzione estetica, volta a rendere
armonica la facciata dell’edificio condominiale, sono cose che servono all’uso ed al
godimento comune, e, quindi, ai sensi dell’art. 1117, n. 3, Codice civile, sono oggetto di
proprietà comune e non di proprietà esclusiva del condomino cui appartengono i singoli
balconi.
Di conseguenza si è concluso che le spese relative ad interventi sui balconi e sulle parti
a vista delle terrazze di un edificio condominiale vanno ripartite in proporzione ai
millesimi di proprietà generale (10).
Inoltre, si è sostenuta la legittimità della deliberazione che - a ragione della duplice
funzione dei balconi quali elementi ornamentali ed individuali della facciata - distingue
correttamente tra le spese per il ripristino della parte interna (gravanti sui singoli
proprietari) e quelle per la parte esterna (ripartite in proporzione delle quote
millesimali).
(9)
Tribunale di Napoli, 27/10/1993.
(10)
Tribunale di Roma, 07/10/1985.
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In ogni caso si è precisato pure che i balconi progettati e costruiti in modo
simmetrico ed armonioso rispetto all’intera facciata, costituiscono parte integrante
della facciata, della quale sono elemento decorativo, concorrendo a formare il decoro
architettonico dello stabile; conseguentemente, qualora questo sia in condominio, la
manutenzione dei relativi frontalini o cornicioni, ovvero dell’intonaco esterno delle
balaustre deve essere posta a carico di tutti i condomini.
Nel corso del tempo però questa posizione della giurisprudenza è cambiata.
Così più recentemente si è sottolineato che, con riguardo ai rivestimenti della fronte
della soletta dei balconi di un edificio in condominio, la qualificazione dei suddetti
manufatti come beni comuni, in quanto destinati all’uso comune a norma dell’art. 1117,
n. 3, Codice civile, ovvero come pertinenze ad ornamento del corrispondente
appartamento di proprietà esclusiva, va compiuta in base al criterio della loro precipua e
prevalente funzione in rapporto al menzionato appartamento ed in rapporto alla struttura
ed alle caratteristiche dell’intero edificio (11).
In modo più esplicito si è sottolineato che soltanto i rivestimenti e gli elementi
decorativi della parte frontale e di quella inferiore si debbono considerare beni
comuni a tutti, ma solo quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e
contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (12).
Tali parti decorative non devono essere necessariamente complesse, bensì tutte quelle
che in relazione alla tipologia del fabbricato (compreso quello di disegno lineare)
contribuiscono al decoro della facciata (13).
In ogni caso si devono considerare come facciata gli elementi anche semplicemente
cromatici (cioè la semplice diversa colorazione della superficie), che si armonizzano
con la facciata del fabbricato dal quale sporgono, i quali non sono progettati e realizzati
per fornire utilità al titolare del balcone (che, infatti, può essere utilizzato a prescindere
dalla presenza, o meno, di tali elementi), ma concorrono insieme alla facciata a
conferire allo stabile, attraverso l’armonia e l’unità di linee e di stile, quel decoro
architettonico che costituisce bene comune dell’edificio.
Questi elementi decorativi o semplicemente cromatici, quando contribuiscono a
determinare l’aspetto estetico-formale della facciata (cimose, basamenti, frontali e
pilastrini, copertine in pietra, corrimani, fregi, stucchi, statue, aggiunte di malta
cementizia, viti di ottone e piombi con funzione decorativa, cimase, basamenti, cordoli,
fasce di coronamento, i doccioni che allontanano l’acqua dalla facciata, ecc.), attengono
al decoro architettonico dell’edificio e quindi ad un bene comune a tutti i condomini;
pertanto le opere relative a detti elementi decorativi, in difetto di una diversa
disposizione del regolamento condominiale, devono essere ripartite tra tutti i
condomini in base alle tabelle millesimali.
(11)
Cassazione, 03/08/1990, n. 7831.
(12)
Cassazione, 30/04/2012 Sezione II, n. 6624; Cassazione, 30/07/2004, n. 14576.
(13)
Cassazione, 19/05/2015, n. 10209.
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In particolare merita di essere chiarito che, posta la natura di parte comune delle parti
decorative, ne consegue che anche i proprietari dei negozi o i condomini con unità
immobiliari al piano terra sono tenuti a concorrere con le rispettive quote millesimali
alle spese di manutenzione del prospetto, deliberate dall’assemblea (14).
In particolare sono da suddividere per millesimi i frontalini se vi è continuità cromatica
con strisce orizzontali poste in facciata in corrispondenza dei rispettivi solai e,
conseguentemente, rappresentano un elemento fondamentale che caratterizza l’estetica
della facciata e ne assicura il decoro (15).
Ciò vale anche per le lastre applicate alla parte inferiore di ogni balcone e i listelli
incollati sotto la copertina di finitura dei parapetti dell’edificio condominiale,
costituendo elementi con funzione estetica, volti a rendere armonica la facciata
dell’edificio (le copertine) ovvero anche posti al servizio di una parte comune quale è la
facciata (i listelli), devono essere considerati di proprietà comune dei condomini.
Al contrario i vetri di separazione fra due balconi, che non siano visibili dall’esterno,
possono essere considerati del tutto al di fuori del concetto di asservimento all’interesse
comune.
(14)
Cassazione, 19/05/2015, n. 10209.
(15)
Tribunale di Genova, 20/07/2015, n. 2324.
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Elemento decorativo della facciata.
BALCONI E DELIBERE CONDOMINIALI
L’assemblea può legittimamente deliberare solo per le spese di sistemazione delle parti
a vista dei balconi. Per tutte le altre parti, però, fra cui ad esempio il piani di calpestio,
elementi strutturali interni non facenti parte della facciata del caseggiato, ogni decisione
deve essere presa dal singolo condomino.
Di conseguenza non sono solo annullabili, ma radicalmente nulle quelle delibere (o
quelle parti di esse) con cui l’assemblea decide spese relativamente a beni di
proprietà esclusiva, includendole nel piano di riparto e nel consuntivo degli oneri
relativi ai lavori di ristrutturazione del palazzo (16).
Allo stesse conclusioni si deve arrivare per quelle delibere condominiali che ratificano a
maggioranza l’operato dell’amministratore che ha disposto l’esecuzione dei lavori di
riparazione di alcuni balconi dello stabile ripartendo i relativi costi a carico della
collettività condominiale secondo i valori proporzionali fissati nella tabella millesimale
generale.
(16)
Cassazione, 09/10/2014, n. 21343; Corte d’Appello di Roma, 09/01/2013, n. 105.
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Tali decisioni, quindi, sono impugnabili senza limiti di tempo dai condomini
interessati, ricomprendendo anche quelli che inconsapevolmente hanno approvato la
delibera senza sollevare alcuna obiezione.
DISTACCO DI PARTI COMUNI DECORATIVE DEI BALCONI:
LA RESPONSABILITÀ
L’amministratore di condominio è titolare per legge del potere-dovere di ordinare lavori
di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza, cioè deve eliminare
tutti i pericoli, anche potenziali, con obbligo di riferirne nella prima assemblea
condominiale.
In altre parole l’obbligo giuridico di rimuovere il pericolo per l’incolumità delle
persone, derivante dalla minacciante rovina di elementi decorativi dei balconi
condominiali, incombe all’amministratore del condominio, il quale deve attivarsi,
con la necessaria urgenza - avvalendosi dei poteri riconosciutigli dagli artt. 1130, n.3 e
4, e 1135, comma 2, Codice civile - per l’eliminazione delle situazioni potenzialmente
idonee a cagionare la violazione del principio del neminem laedere (17).
In questo caso sussiste la piena responsabilità dell’amministratore per danni subiti dai
singoli condomini o da terzi per crolli o distacchi di parti comuni, qualora non si sia
attivato senza indugio per eliminare le situazioni particolarmente pericolose o,
comunque, non abbia provveduto alle necessarie riparazioni già deliberate
dall’assemblea.
Del resto in tal caso può sussistere anche responsabilità penale, in quanto, ai sensi
dell’art. 40 Codice penale, non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di
impedire, equivale a cagionarlo.
In particolare l’obbligo di rimuovere il pericolo derivante dalla rovina di parti comuni,
la cui violazione integra il reato contravvenzionale previsto dall’art. 677 Codice penale,
in tema di lesioni colpose, incombe sull’amministratore.
Tuttavia la responsabilità dell’amministratore, per omissione di lavori, non può essere
intesa in senso assoluto, in quanto va preliminarmente accertato se lo stesso poteva
concretamente agire ed aveva i mezzi finanziari necessari per effettuare i lavori atti a
scongiurare il pericolo.
Infatti per la mancata formazione della volontà assembleare e l’omesso stanziamento
dei fondi necessari a porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo non può
ipotizzarsi alcuna responsabilità dell’amministratore per non avere attuato interventi che
non era in suo materiale potere adottare e per la realizzazione dei quali non aveva le
necessarie provviste, ricadendo in siffatta situazione la responsabilità in capo ai
(17)
Cassazione Penale, Sezione I, 17/02/2012, n. 25221; Cassazione Penale, Sezione I,
19/06/1996, n.7764.
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proprietari e a ciascun singolo condomino, indipendentemente dall’attribuibilità ai
medesimi dell’origine della situazione di pericolo (18).
D’altronde, poiché la fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 677 Codice penale, è
configurabile allorquando dall’omissione di lavori in edifici o costruzioni che
minacciano rovina derivi un concreto pericolo per l’incolumità delle persone, è
sufficiente per l’amministratore, al fine di andare esente da responsabilità penale,
intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina, ovverosia prevenire la specifica
situazione di pericolo prevista dalla norma incriminatrice interdicendo - ove ciò sia
possibile - l’accesso o il transito nelle zone pericolanti.
(18)
Cassazione Penale, 21/05/2009, n. 21401.
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